Letterature Comparate Situazioni E Aspetti Della Coralità Cinematografica
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View metadata, citation and similar papers at core.ac.uk brought to you by CORE provided by AMS Tesi di Dottorato Alma Mater Studiorum – Università di Bologna DOTTORATO DI RICERCA IN Letterature comparate Ciclo XXIII Settore scientifico-disciplinare di afferenza: L-FIL-LET/14 Situazioni e aspetti della coralità cinematografica Presentata da Luca Pasquale Coordinatore Dottorato Relatore Prof.ssa Donata Meneghelli Prof.ssa Cristina Bragaglia Esame finale anno 2011 Indice Prefazione p. 4 1. Premesse teoriche e metodologiche: che p. 9 cosa è il cinema corale? 2. Situazioni ambientali p. 37 2.1. Città corali p. 37 2.2. Luoghi abitativi p. 58 2.3. Microcosmi in movimento p. 93 2.4. Spazi “forzati” e altri (non-)luoghi p. 108 3. Situazioni narrative p. 140 3.1. Gite fuori porta p. 140 3.2. Il pasto. Un rituale collettivo p. 150 3.3. In viaggio p. 168 3.4. “Arriva la tempesta” p. 178 4. Aspetti sociali p. 201 4.1. La famiglia p. 201 4.2. Il gruppo di amici p. 242 4.3. Intrecciando storie p. 267 5. Conclusioni e confutazioni: una p. 288 questione aperta Indice dei film corali p. 294 Indice delle serie televisive corali p. 302 Bibliografia p. 304 2 A mia moglie e alla mia bimba che sta per nascere... 3 Prefazione Non esiste, né in Italia né all'estero, un saggio specifico che approfondisca esaurientemente il concetto di coralità, né in cinema né in letteratura. Ovviamente senza alcuna pretesa di completezza – in una ricerca per la quale ci si è certamente posti un punto di partenza e uno di arrivo, ma che vuole essere soprattutto una base per ulteriori sviluppi, dibattiti e contestazioni –, il seguente lavoro si pone questo obiettivo in ambito cinematografico. Affrontare l'argomento in senso diacronico sarebbe un'operazione didascalica e prolissa; e il rischio diverrebbe quello di trovarsi di fronte a un'incompleta Storia del cinema 1. Un approccio sincronico è certamente più funzionale all'analisi del cinema corale, sempre tenendo presenti fattori ed elementi storici, economici e sociali, che fanno da sfondo e inevitabilmente influenzano la produzione cinematografica e letteraria presa in esame: rubando le parole di Tzvetan Todorov, 1 E le storie del cinema (tutte fonti indispensabili, soprattutto nel contestualizzare un “film tra i film”) sono già tante, mondiali e nazionali, compilate da un singolo autore o risultato di un lavoro collettivo, ognuna con aspetti nobili e aspirazioni adempiute o con mancanze, per lo più dovute a incompletezza o a scelte, estetiche o ideologiche, talvolta azzardate. Un esempio recente – senza dilungarsi in una panoramica, per la quale si rimanda al preciso ed efficace resoconto di Ermanno Comuzio Questioni di metodo. Una, dieci, cento storie del cinema (in «Cineforum», n. 461, gennaio-febbraio 2007, pp. 38-45) – è Il cinema nella cultura del Novecento. Mappa di una sua storia critica (Firenze, Le Lettere, 2006) di Guido Oldrini, filosofo, prima ancora che storico o critico del cinema: il testo, sin dal titolo, si presenta come una “storia critica”, attraverso la quale, nella prospettiva marxista caratterizzante anche altri suoi precedenti lavori, Oldrini ignora (o si limita a citare) alcuni registi, che mai si immaginerebbe fossero esclusi da un'ampia storia del cinema. Ma il suo non è un manuale, né un'“introduzione”, né un dizionario, dunque nessuna mancanza o buco nella memoria: solo cinema, scrive Comuzio nell'articolo sopra citato, «che ha l'uomo al centro […] questo è il valore primario […] Cultura e arte, tutto quello che non rientra in questo territorio non ha valore» (p. 43). È in definitiva sempre auspicabile, se pur difficile da raggiungere, l'optimum invocato da Gian Piero Brunetta, quando scrive a proposito di «compresenza nella stessa persona dell'intelligenza dello storico, delle buone capacità del ricercatore e di affilati strumenti critici che gli consentano di sezionare il resto senza perdersi nel decostruzionismo più caotico e arbitrario», da Storia e storiografia del cinema, in Gian Piero Brunetta (a cura di), Storia del cinema mondiale. Teorie, strumenti, memorie. vol. V, Torino, Einaudi, 2001, p. 196). 4 l'“approccio interno” (lo studio della relazione esistente tra gli elementi dell'opera) deve sempre completare l'“approccio esterno” (lo studio del contesto storico, ideologico, estetico)2. Tenendo presente che i due metodi dovrebbero sempre risultare complementari, si è affrontato il lavoro con modalità più deduttiva che induttiva: nell'introduzione si fornisce un tentativo definitorio di coralità, mentre nei tre capitoli centrali si analizzano opere che – più o meno, si vedrà – ne rispettano i canoni. Si procede dunque con una divisione per situazioni ambientali (le città; i luoghi abitativi come la villa, l'appartamento e il castello; i “microcosmi in movimento” come l'aereo, la nave e il treno; gli spazi “forzati” come la scuola, l'ospedale, l'isola e il carcere), situazioni narrative (la gita fuori porta, il rituale collettivo del pasto, il viaggio, l'ingresso in scena di una tempesta, in seguito alla quale le storie dei personaggi convergono con spinta centripeta o divergono con spinta centrifuga) e situazioni o aspetti sociali (la famiglia, il gruppo di amici, le storie di sconosciuti che s'intrecciano, secondo diverse strutture narrative). E tale elaborazione risulta appropriata anche nell'evincere tutti quei rapporti instauratisi nel corso degli anni tra cinema e letteratura, attraverso adattamenti o suggestioni, che ineluttabilmente influenzano reciprocamente le due arti. Ci si concentra sul cinema occidentale, europeo e statunitense, ambiti già vasti, se presi nella loro complessità. Circoscrivendo la ricerca all'interno di un arco temporale, il cinema del secondo dopoguerra – da Roma città aperta (1945) di Roberto Rossellini – è preso quale punto di partenza3 per un'analisi che trova il suo terminus 2 Cfr. Tzvetan Todorov, La littérature en péril [trad. it. La letteratura in pericolo, traduzione di Emanuele Lana, Milano, Garzanti, 2008, p. 28]. L'autore si riferisce sì alla letteratura, ma con parole pertinenti a qualunque forma d'arte. 3 D'altra parte, «la storia del cinema si divide in due ere: una prima e una dopo Roma città aperta», afferma in un'intervista Otto Preminger, cit. in Suso Cecchi D'Amico, Storie di cinema (e d'altro). L'Italia di scrittori, giornalisti, politici, registi, attori, musicisti dagli anni Trenta a oggi, Milano, Garzanti, 1996, p. 139. Non mancano comunque esempi di cinema corale ante litteram, che vengono esaminati: da The Birth of a Nation (Nascita di una nazione, 1915) di David Wark Griffith a The Cat 5 ad quem in A Prairie Home Companion (Radio America, 2006)4, ultimo lungometraggio di Robert Altman, autore occupante un posto di rilievo all'interno dell'elaborato, in quanto vero e proprio portavoce della coralità cinematografica. Ponendo un limite a una ricerca altrimenti in continuo aggiornamento, si è cercato di scegliere un film più o meno recente, pensando alle parole che Giacomo Debenedetti scrive nei suoi Quaderni del 1960, particolarmente attuali ancora oggi: sono contemporanei coloro che lavorano nell'hic et nunc e, «dovendo studiare un fenomeno […] contemporaneo, la data di arrivo non lascia dubbi: è la più vicina possibile, l'oggi che continuamente si sposta in avanti nel succedersi degli oggi, che andiamo attraversando lungo il cammino della vita»5; si mantiene così un distacco di qualche anno, indispensabile sia per contestualizzare adeguatamente le opere filmiche all'interno della Storia del cinema, sia per non perdere l'obiettività critica che deve contraddistinguere ogni processo metodologico. I film analizzati sono tanti, ma è scelta consapevole e necessaria, dal momento che si è deciso di affrontare un argomento tanto vasto e di fornire un panorama più ampio e completo possibile. Alcune opere sono fondamentali nel delinearsi della Storia del cinema, altre sono “minori”; e spesso lo spazio dedicato alle une o alle altre è il medesimo, poiché interessa in questa sede semplicemente il punto di vista della coralità, indipendentemente dalla “qualità” o dal valore storico del singolo lungometraggio. Nonostante questo, alcune opere corali sono rimaste escluse dall'analisi (o se non altro si è cercato di ricordarle in nota), poiché non rientrano nella tassonomia proposta in questo lavoro, mentre sono approfondite altre che talvolta non rispettano appieno i canoni and the Canary (Il castello degli spettri, 1927) di Paul Leni, da Grand Hotel (id., 1932) di Edmund Goulding a Dinner at Eight (Pranzo alle otto, 1933) di George Cukor, da La Règle du jeu (La regola del gioco, 1939) di Jean Renoir a The Grapes of Wrath (Furore, 1940) di John Ford. 4 Per i titoli dei film si antepone sempre il titolo originale alla traduzione italiana, presente solo la prima volta che l'opera viene citata; le opere letterarie vengono invece indicate solo con il titolo originale per l'inglese e il francese, con il titolo originale seguito da traduzione italiana tra parentesi per tutte le altre lingue. 5 Giacomo Debenedetti, Il romanzo del Novecento, Milano, Garzanti, 1998, p. 7. 6 della coralità, ma che rimangono interessanti proprio per il differente punto di vista che forniscono – per una “variante” della coralità –, talvolta anche solo in alcune significative sequenze. Su molti lungometraggi è già stato scritto tanto in passato, ma la novità del seguente lavoro è il differente approccio e l'accostamento di opere raramente, se non mai, messe in relazione tra loro. Un fondamentale e rilevante ruolo è rivestito poi dal corpus delle serie televisive