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copertina.15_Laporte_copertina.15 05/11/19 13.02 Pagina 1 Federico Nicolao T Uno scrittore sconosciuto, appena identificato r Guarda il lume e considera la sua bellezza. a sotto il nome di Roger Laporte pag. 3 s p Bernard Noël Batti l’occhio e riguardalo: a r Lettera Verticale XXXIII pag. 19 e ciò che di lui tu vedi, prima non era; n SUPPLEMENTO NON PERIODICO A “QUADERNI DI POESIA” Roger Laporte z Tra spa renze e ciò che di lui era, più non è. e Ricordo di Reims pag. 23 René Char Leonardo Da Vinci Elisa Bricco Une migration - Prefazione pag. 39 René Char Roger Laporte Thierry Guichard Una migrazione pag. 41 Roger Laporte Roger Laporte Federico Nicolao An die Musik pag. 61 Bernard Noël Roger Laporte Working room pag. 63 Roger Laporte «Vivere più musicalmente» Van Gogh pag. 69 Roger Laporte Luminosità di René Char pag. 71 Roger Laporte Vincent e Van Gogh pag. 79 Roger Laporte Kafka e l’esigenza di scrivere pag. 97 Thierry Guichard Diciotto anni di silenzio Intervista a Roger Laporte pag. 113 Roger Laporte A che punto è la notte? pag. 125 Roger Laporte La leggenda della vedetta pag. 127 Roger Laporte Foglio volante pag. 129 Roger Laporte Passo falso pag. 131 Roger Laporte Risposta a un’inchiesta pag. 133 Elisa Bricco Appunti a margine della traduzione pag. 137 Federico Nicolao Bibliografia critica pag. 141 20 E. P RAMPOLINI Danzatrice n. 52, matita e carbone su carta cm. 42,8 x 34 20 15 /02 15/02 Edizioni San Marco dei Giustiniani in Genova Via Cairoli 5/2 sc. D - 16124 Genova Tel. e Fax +390102474747 Tras parenze Supplemento non periodico a «Quaderni di poesia» a cura di Giorgio Devoto Edizioni San Marco dei Giustiniani in Genova Il presente numero monografico di Trasparenze dedicato a Roger Laporte è stato curato da Federico Nicolao che ha anche tradotto i testi “Lettera ver - ticale XXXIII ” di Bernard Noël e, di Roger Laporte, “Kafka e l’esigenza di scrivere”, “A che punto è la notte” e “La leggenda della vedetta”. I restan - ti saggi sono stati invece tradotti da Elisa Bricco che qui vogliamo, con Federico Nicolao, ringraziare per la disponibilità e collaborazione. Federico Nicolao Uno scrittore sconosciuto, appena identificato sotto il nome di Roger Laporte « On sait que mon idéal se résumait en deux formules voisines: “Habiter chez Vermeer”, “Vivre plus musicalement” » ROGER LAPORTE , Cahier Posthume 1 utti conoscono le pagine della Prigioniera di Marcel Proust, in Tcui Bergotte muore. Si tratta, per finezza di dettaglio, di un momento di grazia, in cui la scrittura ha permesso di dar letteral - mente vita alla morte: a una morte così ben descritta che, al pari di altre, rimane – molti commentatori concordano – tra i passi più alti della letteratura. Il ritornare di un motivo infinito, la possibilità per la parola di acce - dere al ripetersi, senza fine, dell’avventura umana, permette a quelle pagine di restare. Esse accompagnano Bergotte sino ad innamorarsi di qualcosa di infinitamente piccolo ed essenziale davanti alla celebre Vista di Delft del pittore olandese Vermeer, e poi a morire. “ Il était mort. Mort à jamais? Qui peut le dire? ”2 Tutti conoscono la morte di Bergotte nella Prigioniera . Lo scrittore, venuto ad ammirare “l e petit pan de mur jaune ”3, spera fino all’ultimo di poter confondere la propria morte con una semplice indigestione. Pochi lettori ricordano forse le parole esatte del narratore che seguo - no di pochissime righe questa morte. Vanno rilette perché possono costituire la migliore introduzione possibile all’opera di Roger Lapor - te. Riassumono infatti quanto c’è di più misterioso e di grande nella sua avventura letteraria e scorciano il progetto che – non so se consa - pevolmente o meno (non l’ho mai capito, pur avendolo conosciuto) – Roger Laporte ha realizzato nella seconda metà del XX secolo, diven - tando uno degli autori più preziosi della letteratura contemporanea. Federico Nicolao 3 “Il n’y a aucune raison dans nos conditions de vie sur cette terre pour que nous nous croyions obligés à faire le bien, à être délicats, même à être polis, ni pour l’arti - ste athée à ce qu’il se croie obligé de recommencer vingt fois un morceau dont l’ad - miration qu’il excitera importera peu à son corps mangé par les vers, comme le pan de mur jaune que peignit avec tant de science et de raffinement un artiste à jamais inconnu, à peine identifié sous le nom de Ver Meer .” 4 Mi piacerebbe soffermarmi giusto su queste ultime parole, soste - nendo che non possono essere frutto del caso, ripromettendomi di tornare in un’altra occasione sul progetto di analizzare l’episodio del - la morte di Bergotte, che tante volte è stato già esaminato e la cui ana - lisi richiederebbe ben altro spazio 5. Questo perché se oggi si riuniscono per la prima volta in italiano in un’antologia alcune opere di Roger Laporte, grazie all’editore San Marco dei Giustiniani, alla traduzione di Elisa Bricco, e all’aiuto di Jacuqline Laporte, è per rendere omaggio a uno scrittore che non può che essere designato come il narratore della Ricerca del tempo perduto designava, in una maniera così moderna, Vermeer di Delft: un autore “à jamais inconnu, à peine identifié sous son nom ”6. La cosa non dispiacerebbe di sicuro a Roger Laporte. Conoscevo un po’ i suoi gusti, in letteratura e in arte, e coltivo volentieri l’illusione d’intravvedere la natura dell’amore che destinava al pittore Vermeer di Delft e al silenzio senza tempo – all’evidenza e al segreto – che per - vade quasi tutti i suoi quadri, anche i suoi quadri “minori”. Ora alle spalle di questa brevissima definizione del pittore Vermeer di Delft, assolutamente non appariscente, eppure folgorante da parte di Marcel Proust, che mi propongo di utilizzare per spiegare il pro - getto letterario di Laporte, vi è una genesi del tutto singolare, cosa che rende tra l’altro ancora più affascinante una sua lettura in chiave laportiana. Proust sceglie di designare Vermeer come un pittore “ à jamais incon - nu ”7; utilizza quest’espressione precisamente quando i suoi quadri sono ormai stati scoperti. È un gesto letterario di grande invenzione, e fermezza; prossimo tra l’altro ai punti più alti della pittura di Vermeer, poiché con nulla crea un capovolgimento impercettibile del reale, la cui portata è infinita. Torneremo altrove sul rapporto che esiste in una certa tradizione tra la letteratura e la visione, e sull’uso che entrambe riservano al variare 4 Federico Nicolao infinito e nascosto del dettaglio. Restiamo invece a quanto l’episodio della morte di Bergotte ci può rivelare sull’opera di Roger Laporte. Proust è venuto a conoscenza dell’esistenza di una mostra sulla pit - tura olandese attraverso le cronache dell’amico, scrittore e critico d’arte, Jean-Louis Vaudoyer che sono apparse sul giornale L’Opinion a partire dal mese d’aprile del 1921 8. Gli scrive così tra il 18 e il 21 Maggio di quello stesso anno per farsi accompagnare al Jeu de Pau - me e vi si reca con lui malgrado sia malato e stanco. L’episodio gli offrirà poco dopo l’occasione per quello che si ricorda come uno dei passaggi più conosciuti della Ricerca del tempo perduto : appunto la morte di Bergotte. Quanto alla formula che è importante analizzare, non sufficiente - mente percepita sino a oggi in tutta la sua forza, si tratta precisamen - te di un calco fatto a partire da una delle prime cronache di Jean-Louis Vaudoyer: quella apparsa sull’ Opinion del 30 aprile 1921. Laddove questi scriveva: “ Au milieu du siècle dernier Vermeer de Delft était exactement non point un méconnu, mais un inconnu ”9, Proust opta per una variazione infinitesimale che implica precisamente una visio - ne dell’arte rivoluzionaria, che coincide con quella che Roger Lapor - te porterà sul finire del XX secolo ai suoi limiti estremi. Perturbando il senso delle parole dell’amico Vaudoyer, Proust parla di “ un artiste à jamais inconnu, à peine identifié sous le nom de Ver Meer ”10 . Rivelando, nel momento in cui la scoperta della grandezza di Ver - meer è oramai storicamente visibile, che resta per sempre una parte inconoscibile nella sua come in ogni arte, e rendendo appena identi - ficabile con il nome che ce ne rimane l’autore della celebre Vue de Delft , Marcel Proust – questa è la nostra ipotesi – schizza probabil - mente per i posteri in poche righe il destino della letteratura, dell’ar - te e a suo modo per così dire incanta la storia di ogni possibile inter - pretazione ulteriore. Si attribuisce a Roger Laporte nel XX secolo l’invenzione di un genere il cui nome non deve trarre in inganno: la biografia. Nulla a che vedere con il genere omonimo che ci racconta le gesta di alcuni uomini. Nella sua sobrietà la biografia di cui Laporte si fa alfiere è un genere che fa segno verso qualcosa di sconosciuto e appunto appena identificabile con un nome. Federico Nicolao 5 Philippe Lacoue-Labarthe riprendendo alcune formulazioni dello stesso Laporte, nella prefazione della Lettre à personne , ha forse defi - nito meglio di qualsiasi altro lettore il genere biografico inaugurato da Roger Laporte : « Il faut prendre “biographie” au sens le plus strict: écriture de la vie. La vie, non pas une certaine vie, mais la vraie vie, l’“expérience majeure”, n’arrive qu’avec – et comme – l’écriture, c’est-à-dire le fait d’écrire. Ecrire, c’est vivre, parce qu’il existe une vie qui “n’est ni antérieure, ni extérieure à l’écriture.” »11 Nella concezione di Roger Laporte – che riprende per altro spunti di autori che l’hanno preceduto (Rilke, Kafka e Baudelaire hanno lasciato delle definizioni mirabili della biografia che gli aprono senza dubbio la via) – la biografia, senza più raccontare gli episodi ordina - ri della vita di un uomo preciso, diventa qualcosa di assolutamente unico: un’esperienza in cui l’autore si spoglia di sé.