Indice Capitolo I: La Teoria Della Formatività
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View metadata, citation and similar papers at core.ac.uk brought to you by CORE provided by Electronic Thesis and Dissertation Archive - Università di Pisa INDICE Introduzione…………………………………………………………………….. 3 CAPITOLO I: LA TEORIA DELLA FORMATIVITÀ 1.1 Che c’è l’estetica……………………………………………………...9 1.2 Forma e formatività………………………………………………...15 1.3 Contenuto, stile e materia nel prodotto artistico………………...21 1.4 Forma formata e forma formante…………………………………35 1.5 L’opera si fa da sé eppure la fa l’artista…………………………..48 1.6 Compiutezza dell’opera d’arte……………………………………62 1.7 Esemplarità dell’opera d’arte……………………………………...69 1.8 Estetica ed ermeneutica…………………………………………….74 1.9 Interpretazione e formatività……………………………………...79 1.10 Attività e recettività nell’interpretazione……………………...…84 1.11 Forma e persona…………………………………………………….91 1.12 L’interpretazione: un compito infinito e inesauribile………….100 1.13 Interpretazione e contemplazione……………………………….107 1.14 Interpretare ed eseguire l’opera d’arte………………………….114 1 CAPITOLO II: VERITÀ E INTERPRETAZIONE 2.1 Oltre l’estetica………………………………………………………125 2.2 Pensiero espressivo e pensiero rivelativo………………………..130 2.3 Un dialogo con la verità…………………………………………...143 2.4 L’essere nella storia………………………………………………...152 2.5 Rivelazione ed espressione: il personalismo ontologico……….164 2.6 La verità e le interpretazioni……………………………………...173 2.7 L’ideologia: l’alternativa negativa e tralignante della filosofia......................................................................................................180 2.8 La verità e la filosofia……………………………………………...190 2.9 L’attualità della filosofia…………………………………………..201 Conclusioni………………………………………………………………….....212 Bibliografia…………………………………………………………………….222 2 INTRODUZIONE Luigi Pareyson è indubbiamente uno dei maggiori filosofi italiani del ventesimo secolo. Nato a Piasco nel 1918, si laurea in filosofia nel 1939 e diviene professore ordinario nel 1950, prima a Pavia e poi all’Università di Torino, dove insegna Estetica e Filosofia teoretica. È stato accademico dei Lincei, membro dell’Institut International de Philosophie e direttore della Rivista di estetica. Muore a Rapallo l’8 settembre del 19911. La sua prospettiva filosofica, che può essere definita, riprendendo le parole di Ferraris, una riattualizzazione ermeneutica dell’esistenzialismo tedesco2, è imperniata su un concetto centrale, quello di interpretazione. Questo processo, inteso come una “conoscenza di forme da parte di persone”3 soggiace a ogni relazione, ogni attività e ogni pensiero umano. Nei due capitoli che costituiscono questa tesi, intitolata non a caso Estetica ed ermeneutica in Luigi Pareyson, abbiamo cercato di comprendere come si attui questo meccanismo conoscitivo innanzitutto nel campo dell’arte e poi più in generale in ogni aspetto della vita dell’uomo. Nel primo capitolo ci siamo concentrati su Estetica. Teoria della formatività, l’opera pubblicata nel 1954 in cui Pareyson espone compiutamente la 1 Cfr. Francesco Tomatis, Pareyson.Vita, filosofia, bibliografia, Editore Morcelliana, Brescia 2003. 2 Cfr. Maurizio Ferraris, Storia dell’ermeneutica, Bompiani, Milano 1997, p. 292: “Luigi Pareyson ha sviluppato una prospettiva filosofica nella quale l’ermeneutica si pone come l’esito più coerente dell’esistenzialismo, e quest’ultimo costituisce un momento centrale nella dissoluzione dell’hegelismo”. 3 Pareyson, Esistenza e persona, Editore Taylor Torino, Torino 1966, p. 218. 3 propria filosofia dell’arte, dopo essersi dedicato, negli anni precedenti, all’estetica degli idealisti tedeschi e dopo aver tratto da essi spunti importanti4. Desideroso di superare l’estetica contemplativa crociana5, Pareyson propone un’estetica produttiva, elaborando il concetto di formatività, intesa come “un tal fare che, mentre fa, inventa il modo di fare”6. Questa formatività, che inerisce a tutta l’esperienza, nell’arte si fa pura, specifica, intenzionale e fine a se stessa. L’uomo, artista o semplice lettore che sia, quando si trova di fronte al prodotto artistico, forma l’immagine che riveli, anzi sia, la cosa stessa, utilizzando degli schemi interpretativi di cui dispone. Abbiamo sottolineato che questo processo, basato su un vincolo indissolubile tra produzione e invenzione, si configura inequivocabilmente come un interpretare. Nel campo artistico è possibile rintracciare dunque la presenza dell’atto ermeneutico, che si attua grazie all’incontro proficuo fra la forma, conclusa e perfetta, e la persona, dotata, a differenza del soggetto chiuso in se stesso, di un’imprescindibile apertura; si tratta di un incontro in cui ciascuno dei protagonisti non rinuncia a sé e alle proprie istanze, 4 Uno su tutti: la nozione goethiana di forma. 5 Croce proponeva un’estetica contemplativa e sosteneva l’identità fra intuizione ed espressione. Pareyson, pur riconoscendo l’importanza dell’intuizione, ritiene che essa vada coniugata sempre con la produzione: l’opera d’arte è frutto di una produzione e non soltanto di una intuizione. 6 Pareyson, Estetica. Teoria della formatività, Bompiani, Milano 2010, p. 18. 4 assumendo modalità che ci ricordano quella fusione di orizzonti elaborata da Gadamer in Verità e metodo7. Ma cosa significa, per un artista, interpretare un’opera d’arte, se non eseguirla? L’esecuzione è propriamente la manifestazione e l’esteriorizzazione dell’interpretazione di un prodotto artistico: è attraverso l’esecuzione che l’artista può innescare un dialogo con l’opera stessa; e lo farà a partire dalla propria particolarissima e singolare prospettiva. Ci siamo concentrati a questo punto sul rapporto che lega la forma, unica e invulnerabile, alle molteplici, infinite esecuzioni che la stessa può suscitare, esecuzioni fedeli alla forma e al contempo libere rispetto a essa. Ogni esecuzione è personale e può quindi intraprendere percorsi e metodi diversi, ma nel rispetto di una forma che è invece incondizionata. Pareyson stesso definisce quello che sembra sussistere fra l’unicità della forma e la molteplicità delle esecuzioni un “falso dilemma”8: vedremo infatti, seguendo la linea del pensiero pareysoniano, che in ogni esecuzione risiede l’opera stessa e che ogni esecuzione è e non solo rappresenta l’opera stessa. Il legame identitario che intercorre fra l’opera e le esecuzioni che se ne danno ha la stessa natura del rapporto che sussiste tra la verità e le plurali formulazioni in cui essa è declinabile. Dopo aver rintracciato questa 7 Cfr. Hans Georg Gadamer, Wahrheit und Methode, trad. it. di G. Vattimo, Mohr, Tübingen 1960. 8 Pareyson, Verità e interpretazione, Mursia, Milano 2012, p. 66. 5 analogia abbiamo abbandonato il campo specifico dell’arte e ci siamo addentrati in una considerazione della dimensione ontologica dell’interpretazione, intesa come una conoscenza originaria che realizza la solidarietà primordiale dell’uomo con la verità. Del resto, lo stesso Pareyson pensava che dal campo dell’arte fosse possibile poi allargare i propri confini, e che l’estetica fosse un settore privilegiato per studiare l’atto ermeneutico e per testare la validità che l’interpretazione doveva avere in ogni campo del sapere e dell’agire umano.9 In Verità e interpretazione, opera del 1971 a cui abbiamo dedicato il secondo capitolo di questa tesi, non troviamo più l’artista di fronte all’opera d’arte, ma l’uomo di fronte alla verità. Muovendo dalla distinzione fra il pensiero espressivo, pensiero meramente storico, e il pensiero al contempo espressivo e rivelativo, abbiamo visto come quest’ultimo, frutto dell’incontro fra la persona storicamente determinata e la verità sovrastorica, sia il pensiero tipico del processo interpretativo, e sia quindi l’unico che possa aiutare l’uomo nella ricerca e nella conoscenza della verità. Mentre il pensiero meramente espressivo rende l’uomo schiavo dell’ideologia, lo sottopone al dominio delle idee e di quel relativismo che caratterizza il mondo contemporaneo, l’interpretazione avvicina l’uomo alla filosofia. 9 “Ma gli approfondimenti decisivi mi vennero dal campo dell’estetica, dove il concetto di interpretazione mi parve fecondo, e tale da contribuire alla soluzione non soltanto di problemi relativi all’arte, ma anche di altri problemi, come lo studio della natura, la conoscenza storica, la vita sociale, e così via”: Pareyson, Verità e interpretazione, cit, p. 239. 6 La filosofia, personale e al contempo ontologica, pensiero rivelativo e insieme espressivo, è sia espressione di un tempo che pura speculazione. Pareyson supera la sterile opposizione fra soggetto e oggetto, sostituendoli con i concetti di persona e di verità; la persona e la verità trascendente nell’atto ermeneutico, e quindi nella filosofia, dialogano e instaurano un terreno comune di compartecipazione. La filosofia è allora la sede della verità da un lato e il frutto di un’interpretazione personale dall’altro. Così come l’artista non può lasciarsi alle spalle, quando intende eseguire un’opera d’arte, le proprie esperienze, passioni e abitudini, allo stesso modo l’uomo che guarda alla verità non deve e non può prescindere dalla situazione storica in cui è collocato. Se l’artista, riprendendo le parole di Schiller, “è sì figlio della sua epoca, ma guai a lui se né al tempo stesso il pupillo”10, ogni uomo non può essere avulso dal tempo in cui vive, ma non per questo deve esserne schiavo. La filosofia, che si configura come un’interpretazione personale dell’incondizionata verità, è in grado di opporsi al relativismo odierno, senza però scadere nella mera astrazione. Pareyson auspica una filosofia capace di collocarsi realmente