COMUNE DI

PROVINCIA DI

Progetto di taglio di una Fustaia di Pioppo località Pianella

VALUTAZIONE DI INCIDENZA

AREA SIC-ZPS “VALLE BASENTO – SCALO - ” COD. IT9220260

IL TECNICO Dott. For. Antonio SATRIANO Sommario

INTRODUZIONE ...... 3

LA PIANIFICAZIONE NEL SITO DI INTERESSE COMUNITARIO (SIC-ZPS) “VALLE BASENTO – GRASSANO SCALO - GROTTOLE” ...... 4

PREMESSA ...... 4

INDIVIDUAZIONE E DESCRIZIONE DELL’AREA VASTA DI RIFERIMENTO ...... 10

IL SIC-ZPS “VALLE BASENTO – SCALO GRASSANO - GROTTOLE” ...... 16

IL TERRITORIO ...... 20

IL CLIMA ...... 21

Fattori climatici ...... 21

Analisi fitoclimatica ...... 24

CONTENUTI DELLA S.I.C.-Z.P.S. n° CODICE DEL SITO IT9220260 - Tipo C...... 26

Specie importanti di Flora ...... 26

VALUTAZIONE D’INCIDENZA ...... 27

VULNERABILITA’ ...... 30

VALUTAZIONI DELLE POSSIBILI INTERFERENZE SUGLI HABITAT, SULLE SPECIE E MISURE DI MITIGAZIONE INCIDENZA ...... 31

ALLEGATI ...... 33 INTRODUZIONE

Per incarico conferito dal Sig. Lorenzo Francesco di (Mt), il sottoscritto Dott. For. Antonio Satriano, iscritto al n. 492 dell’Ordine dei Dottori Agronomi e Forestali della provincia di , redige lo Studio di Valutazione di Incidenza a supporto dell’ intervento selvicolturale previsto nel lotto boschivo ricadente nel Sito Comunitario S.I.C. – Z.P.S. denominato Valle Basento – Grassano Scalo – Grottole con cod. IT9220260, preso atto che la superficie da utilizzare essendo pari ad ha 18.97.00 prefigge ai sensi della D.G.R. n° 655 del 06/05/2008 – Interventi correlati alla gestione dei complessi boscati di proprietà privata in assenza di Piani di Assestamento Forestale – quanto sopra. Il presente studio è stato eseguito a livello nazionale in applicazione del D.P.R. 8 settembre 1997, n. 357 - Regolamento recante attuazione della direttiva 92/43/CEE relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali, nonché della flora e della fauna selvatica. A livello regionale il presente studio è regolato, invece dal D.P.G.R. n. 65 del 19/03/2008 “Criteri minimi uniformi per la definizione di misure di conservazione relative a zone speciali di conservazione (Z.S.C.) e a zone di protezione speciale (Z.P.S.)” che all’art. 2 individua le tipologie ambientali di riferimento per le Z.P.S. tra cui nel caso in essere le zone umide (punto f) e gli ambienti fluviali (punto g) e per entrambi per una opportuna e corretta regolamentazione si recita quanto segue “taglio dei pioppeti occupati da garzaie, evitando interventi nei periodi di nidificazione” mentre per i secondi ambienti si recita che occorre regolare la conversione di terreni adibiti a pioppeto in boschi di latifoglie autoctone.

LA PIANIFICAZIONE NEL SITO DI INTERESSE COMUNITARIO (SIC-ZPS) “VALLE BASENTO – GRASSANO SCALO - GROTTOLE”

PREMESSA Nell’ambito della pianificazione territoriale la salvaguardia della biodiversità attraverso la conservazione e la riqualificazione degli habitat naturali, si è andata affermando sia a livello Comunitario, sia a livello nazionale (DPR n.357/1997, di recepimento della DIR92/43CEE sulla conservazione della Rete Natura 2000, recentemente sostituito dal DPR n.120/2003). Anche la Regione , con vari atti amministrativi e normativi, ha inteso adeguarsi al nuovo approccio alla pianificazione ambientale, realizzando – di concerto con il Ministero dell’Ambiente il Progetto Bioitaly, per l’individuazione dei Siti da proporre per l’inserimento nella Rete Natura 2000, perfezionando successivamente tale individuazione. Anche nella recente norma in materia di Valutazione di Impatto Ambientale (L.R. n. 47/1998 e successive modifiche ed integrazioni) la Regione, inserendo fra le aree sensibili i Siti individuati dal medesimo progetto, ha ribadito la necessità di una loro tutela. Il principio informatore comune a tutti questi atti amministrativi, consiste nel nuovo approccio alla tutela della qualità ambientale. Esso vede la tutela non come insieme di atti protezionistici riferiti a siti specifici dotati di grande rilevanza ambientale, ma come tutela diffusa all’intero ambiente in cui l’uomo vive ed opera. In tal senso, la tutela – attiva – si concretizza in azioni volte ad arrestare il degrado ambientale grazie all’ armonizzazione delle attività dell’uomo con le esigenze di mantenimento dell'integrità degli ecosistemi naturali. La Rete Natura 2000 costituisce il fulcro delle iniziative dell’Unione Europea per la tutela della natura. “E’ essenziale, ora, far capire che Natura 2000 porterà opportunità anziché limitazioni per gli abitanti, ed è per questo che la Commissione sostiene una campagna di comunicazione, intitolata “Natura Networking Iniziative”, la quale sottolinea che, per la riuscita del programma, le parti interessate locali – tra cui gli enti locali, le ONG e gli abitanti – devono essere chiamati a partecipare alla costituzione ed alla gestione della rete. Vi sono già molti validi esempi di partenariati riusciti, compresi quelli finanziati nell’ambito del programma LIFE” (Commissione Europea, 2004). Anche dal punto di vista scientifico tale assunto ha dato impulso a nuovi ambiti di ricerca applicata: di grande importanza è considerato quello delle reti ecologiche, considerate fondamentali elementi della riqualificazione ambientale. La presente relazione è richiesta dal DPR 357/1997 (regolamento di attuazione della direttiva 92/49/CEE, “Habitat”), per le disposizioni in ordine alle misure di conservazione ed alla valutazione di incidenza di piani e progetti, e viene elaborata sulla base della Guida metodologica e delle procedure e modalità operative prodotte dalla Regione Basilicata (D.G.R. n. 2454 del 22 dicembre 2003). Fra essi rientrano gli strumenti di pianificazione urbanistica, in quanto le modificazioni dell’assetto insediativo ed infrastrutturale sono potenzialmente causa di perturbazioni sui Siti di Natura 2000. Il presente studio pertanto viene redatto ai sensi dell’art. 6 del D.P.R. 12 marzo 2003, n.120 – “Regolamento recante modifica ed integrazioni al decreto del Presidente della Repubblica 8 settembre 1997, n. 357, concernente attuazione della Direttiva 92/43/CEE relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali, nonché della flora e della fauna selvatiche” - al fine di verificare l’eventuale incidenza del Progetto di taglio del pioppeto nei siti individuati dalla rete "Natura 2000", sugli habitat e le specie da conservare. Nel territorio amministrativo del Comune di Calciano ricadono oltre ad aree sottoposte a vincolo idrogeologico così come istituito dal regio decreto del 30 dicembre 1923 n. 3267, anche un SIC-ZPS (Siti d’Importanza Comunitaria – Zone di protezione speciale) denominato Valle Basento – Grassano Scalo – Grottole (codice del sito IT9220260 - Tipo C - superficie 882 ha), che interessa i Comuni di Calciano, , Grassano e Grottole in provincia di Matera. L’ area inserita nel S.I.C.-Z.P.S. interessante il lotto boschivo da utilizzare è evidenziata nelle cartografie allegate (Inquadramento catastale con i limiti del Parco Regionale di Gallipoli Cognato in scala 1: 10.000, Inquadramento catastale con limiti Sic-Zps, Inquadramento catastale in scala 1:10.000, Inquadramento corografico in scala 1:25.000, Inquadramento generale in scala 1:10.000). Catastalmente le particelle catastali ricadenti nel S.I.C-Z.P.S. sono la 107 del foglio di mappa 2 per una superficie complessiva catastale di ha 41.94.80 di cui da utilizzare ha 16.28.00, la particella catastale 303 del medesimo foglio per una superficie complessiva catastale di ha 22.48.03 di cui da utilizzare ha 2.24.00 e la particella catastale 208 del foglio di mappa 2 per una superficie complessiva catastale di ha 0.67.20 di cui da utilizzare ha 0.45.00 per un totale da utilizzare di ha 18.97.00 (progetto di taglio allegato). La vegetazione forestale nell’area oggetto dell’intervento selvicolturale si presenta piuttosto degradata soprattutto a causa dell’azione passata del pascolo di bovini e dell’assenza di interventi a carico dei pioppi che evidentemente sono specie a rapido accrescimento per cui si ritrovano un numero elevato di grandi piante storte e deperienti molte delle quali appartenenti alla diffusissima specie del Pioppo nero (Populus nigra L.). Subordinatamente la vegetazione forestale è rappresentata da nuclei piuttosto imponenti di pioppo grigio (Populus canescens Aiton Sm.) e alvanella (Populus tremula L.); meno frequente il pioppo bianco (Populus alba L.) contraddistinto da pochi esemplari. La vegetazione arboreo-arbustiva igrofila inquadrata nell’area appartiene soprattutto al “cod. Natura 2000: 92A0 Foreste a galleria di Salix alba e Populus alba”: si tratta di una vegetazione forestale con carattere pioniero di sponde e greti fluviali prevalentemente sabbiosi, con suoli non evoluti a basso tenore di humus, formati da depositi alluvionali recenti ed interessati da frequenti e talora prolungate piene. Trattasi prevalentemente di boschi ripariali che per loro natura sono formazioni azonali e lungamente durevoli essendo condizionati dal livello della falda e dagli episodi ciclici di morbida e di magra. Generalmente sono cenosi stabili fino a quando non mutano le condizioni idrologiche delle stazioni sulle quali si sviluppano; in caso di allagamenti più frequenti con permanenze durature di acqua affiorante, tendono a regredire verso formazioni erbacee; in caso di allagamenti sempre meno frequenti, tendono ad evolvere verso cenosi mesofile più stabili. Questa tipologia forestale è riferibile all’associazione Populetum canescentis Fascetti, 2002, descritta per analoghe situazioni rinvenute lungo il fiume Sinni ed al Bosco di (Fascetti et al 2004) ed è caratteristica dei terrazzi fluviali con substrato limoso-argilloso raramente interessati dalle esondazioni. Si può considerare vicariante delle formazioni planiziali a pioppo bianco (Populetum albae Braun-Blanquet 1931 ex Tchou 1947), rispetto alle quali differisce per le caratteristiche edafiche e per l’autoecologia del P. canescens. Lo strato arboreo, alto da 6 a 10 m, è presente non tanto nel lotto oggetto dell’intervento, quanto nella fascia demaniale posta a sud della particella catastale 107 la quale risulta occupata anche dall’ olmo campestre (Ulmus minor Miller). L’edera (Hedera helix L.) forma ampi tappeti nel sottobosco ed avvolge fino a notevole altezza i tronchi dei pioppi. In alcuni punti, il diradamento naturale, derivato dalla morte di vecchi alberi è occupato da specie infestanti quali Robinia pseudoacacia L. e Rubus caesius L. Nell’area oggetto degli interventi prevalgono i pioppi, in special modo il pioppo nero (Populus nigra), specie caratterizzate da facile disseminazione anemocora e forte rigenerazione vegetativa, che colonizzano velocemente tratti di sponda a diretto contatto con il corso d’acqua adattandosi sia ai periodi di piena che a quelli di emersione nella stagione asciutta; meno presenti per cui sporadici sono i salici (Salix alba, S. triandra, S. lambertiana, S. fragilis) presenti maggiormente sulle sponde dell’alveo per cui nel tratto demaniale che fungono anche da filtro in caso di piena. Le ripisilve a salici, comunemente diffuse nel medio e basso corso dei fiumi mediterranei, sono ben rappresentate lungo il fiume Basento e costituiscono dal tratto submontano fino alla foce, un importante corridoio ecologico per continuità e ruolo funzionale nell’ecosistema fluviale. Poco rappresentate nell’area oggetto dell’intervento anche se nel sito Sic-Zps piuttosto diffuse sono le fitocenosi arboreo-arbustive a salice bianco riferibili al Salicetum albae Issler 1996, associazione ad areale medio – europeo e mediterraneo. Il saliceto vero e proprio nell’area oggetto dell’intervento selvicolturale non si rinviene, piuttosto lo si ritrova con aspetti maturi e strutturati dove lo strato arboreo è pluristratificato con altezze variabili tra 8 e 15 m e coperture variabili tra 20 e 70%. Nell’area interessata dall’intervento a distanza dalla sponda sinistra per circa metri lineari 105 si osserva una fascia di transizione demaniale colonizzata da vegetazione forestale pioniera a prevalenza di pioppo nero con scarsa presenza di Salix alba quest’ultimo come peraltro già detto presente maggiormente sulla sponda del greto fluviale. In questi aspetti, il saliceto risulta relativamente povero di specie, con densi arbusteti e rari esemplari arborei. Lo strato arbustivo è poco sviluppato con prevalenza di polloni di pioppo nero (Populus nigra) e qualche pollone di salice bianco (Salix alba). Lo strato erbaceo presenta un basso grado di ricoprimento a causa dell'azione di dilavamento delle piene con specie nitrofile e ruderali quali Agrostis stolonifera, Artemisia vulgaris, Urtica dioica. Nelle situazioni in miglior stato di conservazione (pochi e limitati nuclei), il bosco si presenta pluristratificato, con strato arboreo dominante alto fino a 20-25 m e coperture elevate (80- 90%), formato in prevalenza da pioppo nero (Populus nigra), secondariamente dal pioppo grigio (Populus canescens) e dall’Alvanella (Populus tremula) e rare presenze di pioppo bianco (Populus alba) e frassino meridionale (Fraxinus angustifolia) quest’ultimo sotto copertura. La notevole componente limoso-argillosa del terreno favorisce la presenza di pioppo gatterino (Populus canescens), specie arborea a comportamento azonale delle foreste ripariali e planiziali dell’Europa meridionale, la cui distribuzione nell’Italia meridionale è ancora poco conosciuta. In Basilicata, la specie è diffusa e localmente abbondante in corrispondenza di suoli asfittici, pesanti e moderatamente salini, lungo il medio e basso corso dei fiumi con foce nel Mar Jonio e nelle zone umide e negli impluvi dei rilievi collinari (CERONE et al., 2002). La vegetazione arbustiva è piuttosto frammentaria e si estende su superfici ridotte; è presente con due aspetti condizionati da differenti situazioni di umidità edafica che sono la boscaglia aloigrofila (cod. Natura 2000: 92D0 Foreste riparali e delle depressioni umide a Tamarix sp. (Gallerie forteti ripari meridionali (Nerio-Tamaricetea e Securinegion tinctoriae), ovvero cespuglieti o alberi di bassa taglia di Tamarix gallica che si insediano alla base dei versanti argillosi, negli impluvi ed in prossimità del greto fluviale in presenza di substrati limoso-argillosi ad elevata ritenzione idrica e moderatamente alcalini. Sono riferibili alle comunità termoigrofile del Tamaricetum gallicae Braun-Blanquet et Bolòs 1957, caratterizzate da specie arbustive a distribuzione circummediterranea, pioniere lungo corsi d'acqua permanenti e temporanei, con elevata resistenza allo stress idrico del periodo estivo di magra. I cespuglieti termoxerofili di recente insediamento nel greto fluviale, rappresentano le trasformazioni in senso xerico della vegetazione di alveo, determinate dalla riduzione della portata del fiume e dalla scomparsa delle esondazioni. Questi lembi di macchia mediterranea e gariga si insediano nelle rotture di pendio dei terrazzi fluviali fossili e nelle zone più elevate del greto fluviale in corrispondenza di depositi alluvionali ciottolosi e sabbiosi. Sono dinamicamente collegati alla macchia mediterranea edafoclimatica a lentisco (Helictotricho convoluti-Pistacietum lentisci Di Pietro, Fascetti et Pompili 2003) presente sulle limitrofe colline argillose. Nello strato erbaceo accanto a specie tipicamente nemorali (Brachypodium sylvaticum, Viola alba ssp. dehenardtii, Luzula forsteri, Buglossoides purpureo- cerulea, ecc.), sono presenti piante indicatrici di suoli umidi a notevole contenuto di argilla, quali Tussilago farfara L. ed Arundo pliniana Turra. Inoltre quale indice del disturbo antropico dovuto alla frequentazione del bosco per il prelievo indiscriminato del legname e per il pascolo passato, è inoltre, la presenza, nello strato erbaceo, di specie nitrofile ed ubiquitarie quali, ad esempio, Urtica urens L., Blackstonia perfoliata (L.) Hudson e Clinopodium vulgare L. L’area oggetto dell’intervento, inoltre è parzialmente interessata da arbusteti caratteristici delle zone a termotipo termo-mediterraneo. Più specificatamente si tratta di cenosi piuttosto discontinue la cui fisionomia è determinata sia da specie legnose (Euphorbia dendroides, Chamaerops humilis, Olea europaea, Genista ephedroides, Genista tyrrhena, Genista cilentina, Genista gasparrini, Cytisus aeolicus, Coronilla valentina) che erbacee perenni. E’ presente sotto forma di cespugli anche la fillirea (Phyllirea latifolia L.) e il lentisco (Pistacia lentiscus L.) laddove il bosco diventa piuttosto rado. La forma di trattamento prescritta per i pioppeti è quella dei diradamenti selettivi orientati in primis ai soggetti deperienti, malformati e seccagginosi, secondariamente alle piante soprannumerarie sull’intera superficie oggetto dell’intervento. Tale sistema prevede un prelievo contenuto ma utile per lo sviluppo delle latifoglie sotto copertura oltre che al risanamento di un bosco composto in prevalenza da piante arrivate al massimo del loro accrescimento diametrico (senescenti) per giunta fisionomicamente pessime da un punto di vista vegetazionale (chioma danneggiata e/o pericolante, rami secchi, piante capitozzate per seccumi della chioma che con il passare del tempo e con gli eventi meteorici è crollata a terra, piante completamente divelte e/o malformate, piante piegate quasi a terra ma comunque ancorato al suolo per mezzo della radice, piante secche a terra e/o schiantate). L’analisi strutturale del popolamento mediante aggregazione di dati relativi al campionamento statistico eseguito in bosco, ci ha consentito di individuare delle aree omogenee (Aree di saggio in numero di 3) anche al fine di modulare le scelte tecniche conseguenziali. Il lotto riscontrato presenta una tipologia forestale a fustaia con struttura pressoché matura per ha 18.97.00 anche se non mancano giovani soggetti appartenenti a latifoglie autoctone in buono stato vegetativo su cui non saranno previsti interventi forestali; gli interventi di diradamento selettivo saranno rivolti a soggetti soprannumerari, dominati, codominanti, malformati, deperienti, seccagginosi che vantano di specifiche patologie a carico della chioma e/o del fusto per la quale è necessario intervenire con un taglio; tale intervento assume per certi versi carattere di fitosanitarietà considerato che saranno interessate al taglio anche piante morte in piedi e/o secche (preservandone almeno 4 ad ettaro) e in condizioni di precaria stabilità meccanica, allo scopo di assicurare alle piante più giovani e più vigorose un maggiore afflusso di luce che ne potrebbe consentire uno sviluppo più equilibrato e razionale quest’ultimo necessario anche per le garzaie che in quelle aree nidificano e prediligono piante di latifoglie in buono stato vegetativo quest’ultime molto ben presenti nella fascia demaniale posta a Sud della particella catastale 107 piuttosto profonda (circa 100 metri) che parte dal limite della particella 107 (cartografia allegata – Inquadramento generale) fino alla sponda che evidentemente non sarà oggetto di interventi selvicolturali e che peraltro fungerà da tampone anche per eventuali piene nella stagione invernale. In considerazione di quanto appena detto si può affermare che non si riscontrano condizioni tali che l’utilizzazione in progetto possa creare delle forzature di regimentazione idraulica con gravi conseguenze sull'ecosistema fluviale e sulla stabilità dei versanti appurato che l’ambiente fluviale del territorio del Sic-Zps nei pressi dell’area di intervento è caratterizzato anche da un ampio greto fluviale condizione che garantirebbe sicurezza sia per l’avifauna che per i mammiferi rispetto a potenziali inondazioni. In ottemperanza all’allegato G del D.P.R. 357/1997 le tipologie delle azioni consisteranno nell’intervento selvicolturale il quale è stato inquadrato nell’ottica del taglio di diradamento selettivo di grado medio, interessando soggetti deperienti, questi ultimi numerosi per cui sottoposti ad un’iniziativa tecnica tendente a migliorare lo stato dei luoghi con contestuale conservazione dei soggetti di pioppo nero giovani e/o adulti in buono stato vegetativo che evidentemente ospitano nidi di garzaie privi di condizioni vegetative avverse come patologie o instabilità meccanica ad esempio. Tale condizione garantirebbe maggiore stabilità e sopravvivenza agli aironi con contestuale valorizzazione della risorsa naturale forestale disponibile.

INDIVIDUAZIONE E DESCRIZIONE DELL’AREA VASTA DI RIFERIMENTO

L’area vasta può essere definita come l’ambito territoriale le cui unità ecosistemiche sono legate strutturalmente e funzionalmente al sito oggetto della valutazione. Tali legami e relazioni devono essere quantitativamente significativi. In altri termini, occorre tenere conto degli impatti indiretti che, anche se localizzati esternamente al sito, possono comunque determinare perturbazioni su di esso.

Il Sito di Interesse Comunitario Valle Basento - Grassano Scalo - Grottole, esteso per 882 ha, è costituito da un tratto del fiume Basento prevalentemente pianeggiante, lungo circa 6.5 km per una ampiezza media di circa 1.2 km. Interessa i comuni di Calciano, Garaguso, Grassano e Grottole (in provincia di Matera). In questo tratto l’alveo è di tipo alluvionale a tratti meandriforme. L’andamento del fiume in questa zona è stato modificato da interventi massicci orientati esclusivamente verso la difesa idraulica dei terreni della vallata e delle sue aree più antropizzate, creando delle forzature di regimentazione idraulica con gravi conseguenze sull'ecosistema fluviale e sulla stabilità dei versanti.

I connotati distintivi delle formazioni vegetali predominanti sono sintetizzabili nella foresta Mesoigrofila planiziale caratteristica dei terrazzi alluvionali superiori meno esposti alle piene, con Alnus glutinosa, Alnus cordata, Populus alba, P. nigra, P. alba, P. canescens, P. tremula, Salix sp., Ulmus minor e, sporadicamente Fraxinus angustifolia e Quercus cerris. Il sottobosco è ricco di specie nemorali. Tali caratteri della vegetazione sono in relazione con le particolarità geologiche e climatiche dell’area. Il bosco ripariale, anche se oggi ridotto ad un esiguo lembo rispetto alla ben più ampia estensione del passato, la buona copertura vegetale ricca di elementi igrofili in alveo, la presenza sui versanti di calanchi e di lembi di macchia, l'esistenza di colture ben gestite, costituiscono un interessante mosaico ambientale che rende l'area idonea alla presenza di una ricca componente faunistica. La vegetazione a idrofite, vegetazione acquatica edificata da idrofite radicanti di interesse fitogeografico è rappresentata dalla brasca comune (Potamogeton natans); la vegetazione a elofite, tipica di ambienti di tipo paludoso è rappresentata dalle Phragmites australis, Bolboschoenus maritimus, Holoschoenus australis, Typha latifolia; la vegetazione glareicola, laddove il greto si presenta ciottoloso, è rappresentata dalle Artemisia variabilis, Helichrysum italicum, Scrophularia canina; la vegetazione ripariale igrofila di tipo arboreo-arbustiva, con specie come Salix sp., Populus sp.; la vegetazione arboreo-arbustiva mesofila, che si insedia sulle aree meno esposte alle piene, con Quercus sp. (Quercus ilex, Quercus pubescens, Quercus cerris), Populus sp. e specie arbustive quali Pistacia lentiscus, Cornus sanguinea, Crataegus monogyna, Clematis vitalba, Rubus sp., Vitis sylvestris. Si può quindi riassumere che nel Sito d'interesse Comunitario-Z.P.S. Valle Basento- Grassano Scalo-Grottole gli habitat sono frammentati:

- la componente naturale longitudinale che si distende lungo le rive del Basento è ridotta;

- le rive sono circondate da colture ortive e cerealicole e da aree a pascolo;

- si riscontra una elevata fragilità dei sistemi naturali.

Nonostante tutto nell’area sono tuttora presenti elementi di rilevante interesse conservazionistico.

Fra gli uccelli migratori abituali elencati nell’Allegato I della Direttiva 79/409/CEE si segnalano:

nome scientifico codice Alcedo atthis A229 Anthus campestris A255 Ardea purpurea A029 Ciconia ciconia A030 Circus aeroginosus A081 Circus cyaneus A082 Coracias garrulus A231 Egretta alba A027 Egretta garzetta A028 Falco naumanni A095 Milvus migrans A073 Milvus milvus A074 Pandion haliaetus A094 Caprimulgus europaeus A224 Lanius collurio A338 Lanius minor A339

Fra gli uccelli migratori abituali non elencati nell’Allegato I della Direttiva 79/409/CEE si segnalano:

nome scientifico codice Aegithalos caudatos A324 Anas platyrhyncos A053 Apus apus A226 Ardea cinerea A028 Athene noctua A212 Corduelis cannabina A366 Carduelis carduelis A364 Carduelis chloris A363 Cettia cetti A288 nome scientifico codice Charadrius dubius A136 Picus viridis A235 Cuculus canorus A212 Oriolus oriolus A337 Otus scops A214 Upupa epops A232 Buteo buteo A087 Columba palumbus A208 Columba livia A206 Corvus corax A350 Corvus monedula A347 Corvus corone A349 Coturnix coturnix A113 Delichon urbica A253 Dendrocopos major A237 Erithacus rubecula A269 Falco tinnunculus A096 Fringilla coelebs A359 Fulica atra A125 Gallinago gallinago A153 Garrulus glandarius A342 Hirundo rustica A251 Lanius senator A341 Luscinia megarhynchos A271 Merops apiaster A230 Monticola solitarius A280 Motacilla alba A262 Motacilla cinerea A261 Oenanthe hispanica A278 Parus caeruleus A329 Parus major A330 Passer domesticus A354 Phalacrocorax carbo A017 Pica pica A343 Saxicola torquata A276 Serinus serinus A361 Sitta europaea A332 Streptopelia decaocto A209 Sylvia atricapilla A311 Sylvia melanocephala A305 Trachybaptus ruficollis A004 Troglodytes troglodytes A265 Turdus merula A283

Fra i mammiferi abituali elencati nell’Allegato II della Direttiva 92/43/CEE si segnalano popolazioni di Lutra lutra mentre tra gli anfibi e rettili elencati nell’allegato II della Direttiva 92/43/CEE si segnalano popolazioni di Emys orbicularis e Testudo hermanni. Per quanto concerne i pesci elencati nell’Allegato II della Direttiva 92/43/CEE si segnalano popolazioni di Barbus plebejus, mentre per gli invertebrati elencati nell’Allegato II della Direttiva 92/43/CEE no si segnalano popolazioni.

L’avifauna e le specie animali riportate ai fini della conservazione, sono evidentemente legate maggiormente all’ambiente acquatico piuttosto che a quello forestale per quanto concerne l’approvvigionamento di cibo e/o per la costituzione dei siti di nidificazione.

Nel caso degli uccelli, alcuni di questi vivono strettamente legati all’ambiente del bosco, come ad esempio la cinciallegra (Parus major) e la cinciarella (Parus caeruleus), appartenenti allo stesso genere Parus, di cui si distinguono circa 100 specie in Italia, piccoli uccelli dai colori per lo più vivaci, appartenenti all’ordine dei Passeracei, fam. Paridae, che nidificano a febbraio soprattutto in vecchi nidi di altri uccelli oppure in cavità naturali o artificiali come, ad esempio, vecchi nidi di scoiattoli, di scricciolo, buchi nei muri e non sono rari i casi di cassette delle lettere oppure gradisce in inverno le mangiatoie per il birdgarden dove ricerca soprattutto grasso, pezzettini di carne oppure pastone per uccelli da gabbia. Depone numerose uova immacolate o con macchie piccole; dal canto poco piacevole, tradizionalmente sono ritenuti uccelli utili all’agricoltura (mantenimento equilibrio ecologico in quanto predatori naturali di insetti parassiti delle colture).

Altri caratteristici abitatori di questo ecosistema sono il picchio rosso (Dendrocopos major), uccelli così denominati a causa del becco diritto e acuminato con cui picchiano sulla corteccia degli alberi per estrarne le larve di insetti di cui si nutrono; uccelli di dimensioni medie e piccole, stanziali o erratici, vivono nelle località boscose, nidificando nelle cavità degli alberi, o scavando l’apertura che serve di accesso al nido, sono considerati utili per la distruzione ch’essi fanno degli insetti, e soprattutto di larve dei coleotteri lignicoli che scavano gallerie nei tronchi degli alberi, danneggiandoli, però, seriamente. Il pettirosso (Erithacus rubecula), piccolo uccello passeriforme della famiglia dei Muscicapidae che si nutre in aperta campagna nel sottobosco. Il suo regime alimentare è composto soprattutto da invertebrati che vivono nel suolo (insetti, coleotteri, lumache, vermi e ragni). Durante l'autunno e fino alla primavera consuma anche molte bacche e frutti piccoli. La sua tecnica per procacciare il cibo è ben adattata alla vegetazione densa e agli spazi aperti che si trovano sia nel sottobosco sia nei giardini. Accovacciato su un ramo basso osserva l'ambiente vicino e quando individua una preda vola giù e l'afferra per poi accovacciarsi di nuovo. Può anche saltellare sul terreno, fermandosi qua e là per individuare una preda. Nella foresta l'uccello spesso approfitta dal fatto che altri animali (cinghiali, cervi o fagiani) disturbano gli insetti o altri animali nel sottosuolo. Forse per questo motivo è sempre molto interessato a seguire una persona intenta a zappare la terra. Il picchio muratore (Sitta europea), piccolo uccello dell’ordine Passeracei, dall’ala lunga 85 mm, che si arrampica sui tronchi degli alberi, e si nutre di insetti, bacche e semi, costruendo il nido nei buchi dei muri e degli alberi, o riadattando vecchi nidi di gazza e di altri uccelli, rimpicciolendo il foro di ingresso, se questo è troppo grande, con fango e pagliuzze cementati con la saliva; sedentario e nidificante, abbastanza abbondante, presente nei boschi di montagna e di collina.

Il cormorano comune (Phalacrocorax carbo) è un uccello di grandi dimensioni con corpo nero e becco ad uncino. Vi è comunque un'ampia variazione in termini di dimensioni nella vasta gamma di specie. Gli adulti si distinguono dai giovani dal piumaggio marroncino. Ben adattato sia all'acqua dolce sia salata, il cormorano gode di una buona vista fino a nove metri. I cormorani hanno le piume permeabili e perciò passano molto tempo al sole ad asciugarsi le penne. Le zampe, con grandi membrane, gli danno una grande spinta sott'acqua. Inoltre, quando si immerge, può arrivare fino ad una profondità di 6 metri. Vola molto bene grazie alle ampie ali e alla forma affusolata, invece il decollo dall'acqua è complicato a causa della posizione eretta delle zampe e del peso dell'acqua che impregna le piume. Si riproduce principalmente vicino alle zone costiere, dove nidifica sulle costiere o gli alberi, ma anche in zone più interne. Depone tre-quattro uova, in un nido composto da alghe o ramoscelli.

Il cormorano può immergersi a notevole profondità, ma solitamente si alimenta in acque poco profonde, portando la preda in superficie. Esso si ciba di una grande varietà di pesci.

Altro rappresentante dell’ecosistema è la poiana (Buteo buteo), tipico uccello rapace dall’apertura alare di 113-128 cm, dal colore molto variabile, con individui che vanno dal chiaro, al quasi completamente scuro, con in genere, le parti superiori castane e le parti inferiori bianche, spesso con collare scuro, con striature e barrature su petto, ventre e fianchi. Volteggia ad ali sollevate e spinte in avanti, a coda aperta, e scivola con ali piatte, a volte fa lo " spirito santo", emettendo una specie di miagolio lamentoso, sia in volo che da posatoio, ripetuto a brevi intervalli. Questa specie, diminuita da molte aree per la persecuzione umana, negli ultimi tempi ha registrato alcuni incrementi per la protezione accordata; complessivamente è ancora presente con buoni effettivi in vaste aree. L’habitat preferito è di zone boscose alternate a spazi aperti, ma anche ambienti umidi alberati. Si ciba soprattutto di piccoli mammiferi, fino alle dimensioni di un leprotto, ma anche di uccelli terricoli, nidiacei, rettili, anfibi, insetti. Nei periodi di carestia si alimenta anche di carogne o resti di prede di altri rapaci. Caccia soprattutto all'agguato, posata su pali, rami o rocce. Nei luoghi interessati da venti frequenti caccia spesso in " stallo" o "spirito santo", esplorando attentamente il terreno a quote medio-basse, generalmente catturando le prede a terra o a poca altezza dal suolo. La riproduzione è sedentaria. Nidifica su alberi e rocce con cespugli sporgenti.

Altra specie presente è il comune colombaccio (Columba palumbus), diffusa in tutta Europa, Asia occidentale, Africa settentrionale. In Italia è una specie invernale di passo anche se localmente si può trovare nidificante. Questa tendenza si è accentuata negli ultimi anni. In ottobre si verificano generalmente i maggiori picchi di passo. Il colombaccio ha becco appuntito e ricurvo, ali lunghe, il colore del piumaggio è grigio in entrambi i sessi, la coda è grigia e le zampe rosse, preferisce in assoluto foreste di alto fusto intervallate da radure e zone coltivate dove ama alimentarsi; specie gregaria, dal volo molto veloce. Monogamo, la femmina predispone il nido su un albero poi vi depone uova bianche covate con l'aiuto del maschio. Si alimenta di semi di graminacee, leguminose, bacche, ghiande, germogli.

Oltre all’avifauna descritta si evidenzia l’importanza della conservazione di altri animali come ad esempio mammiferi, tra cui il riccio europeo (Erinaceus europaeus), la volpe (Vulpes vulpes), la donnola (Mustela nivalis), la faina (Martes foina); i rettili, tra cui la biscia dal collare (Natrix natrix); i rettili, tra cui il ramarro (Lacerta viridis), la lucertola campestre e la raganella italiana (Podarcis sicula e Hyla intermedia); gli insetti e tra questi le molte specie di odonati come la damigella slanciata (Calopteryx splendens), che vola da fine aprile a ottobre le cui larve vivono esclusivamente in acque correnti di rogge, canali e fiumi, ma non di torrenti freddi di montagna. Gli adulti si addensano maggiormente presso le rive ricche di vegetazione acquatica. E' comune anche nei cavi irrigui presenti in zone di agricoltura intensiva. Infine si annovera la libellula panciapiatta i cui adulti sfarfallano a partire dalla fine di aprile e possono volare fino a oltre la metà di settembre, Ma sono più abbondanti in maggio e giugno. Le larve si sviluppano in acque stagnanti o debolmente correnti, preferendo i corpi d’acqua di piccole dimensioni, poco profondi e assolati. Si rinviene dalla pianura sino a 1500 metri di quota.

Tra le specie monitorate ed elencate nelle tabelle relative alla componente faunistica, quelle che si ritengono di grande interesse per la conservazione degli habitat del Sito di Interesse Comunitario Valle Basento - Grassano Scalo – Grottole sono le seguenti:

Lutra lutra: presente in Italia con popolazioni residue poco numerose e isolate: la Basilicata, insieme a Campania, Calabria e Puglia, riveste un ruolo fondamentale per la conservazione della specie.

Lanius minor: “ovunque vi siano serie storiche confrontabili, la specie appare in calo; apparentemente il declino dell’averla cenerina è verosimilmente iniziato in tempi storici e non si è mai arrestato” (Ministero dell’Ambiente, della Tutela del Territorio e del Mare, Valutazione dello stato di conservazione dell’avifauna italiana – Rapporto tecnico – 2009);

Ciconia nigra: migratore regolare e nidificante, la popolazione italiana di questa specie è estremamente ridotta e la Basilicata riveste una importanza fondamentale nella conservazione della specie poiché la regione rappresenta una delle zone d’Italia con il maggior numero di coppie nidificanti.

Milvus milvus: sedentario e svernante in Italia con diffusione concentrata nelle regioni centro- meridionali e isole maggiori, anche se con areale frammentato, è considerato in declino a livello europeo; la Basilicata con le sue 150/200 coppie nidificanti (in Italia 300/400) rappresenta una delle aree più importanti per la conservazione della specie.

Milvus migrans: migratore e nidificante in Italia, specie abbondante ma le cui popolazioni mostrano consistenti fluttuazioni e fenomeni più o meno vistosi di calo demografico, solo in alcuni casi seguiti da ripresa delle popolazioni. La Basilicata con le sue 200/300 coppie nidificanti (in Italia 700/1200) si colloca come una delle aree più importanti per la conservazione della specie in Italia.

Lanius senator: migratore regolare e nidificante, specie in declino all’interno dell’areale europeo; in Basilicata ancora presente anche se non più comune come in passato.

Lanius collurio: migratore regolare e nidificante, in Basilicata risulta ancora diffuso anche se non così comune come in passato; frequenta aree con presenza di cespugli, aree pascolate o coltivate, la popolazione europea appare in calo negli ultimi anni e, a livello di areale, si nota una generale rarefazione della specie, in alcuni casi conclusasi con l’estinzione locale.

Potamon fluviatile: Artropodo di interesse conservazionistico IUCN V; specie quindi ritenuta vulnerabile. Negli ultimi anni le popolazioni del granchio di fiume hanno subito una notevole riduzione in tutto l'areale e la specie è totalmente scomparsa da alcuni corsi d'acqua italiani.

A queste si aggiunge la ricchezza dell’ittiofauna la quale è attestata dalla presenza della seguenti specie: Leuciscus cephalus, Barbus plebejus, Alburnus alburnus, Cyprinus carpio, Carassius carassius, Anguilla anguilla.

IL SIC-ZPS “VALLE BASENTO – SCALO GRASSANO - GROTTOLE”

L’area corrispondente al S.I.C.-Z.P.S “Valle Basento-Scalo Grassano-Grottole” per più del 40% è occupato da colture varie (cereali, oliveti, frutteti, orti), circa il 15% è utilizzato per colture irrigue dove un sistema di irrigazione con canalizzazione ormai stabilizzato nel tempo garantisce discrete produzioni.

Questo tipo di “habitat agricolo”, orto misto con colture erbacee ed arboree, noto nella zona come “giardini di Grassano”, se ben gestito, rappresenta un ottimo compromesso e un buon banco di prova per l'uomo, spesso incerto tra interessi di tipo produttivo e di tipo conservazionistico.

Il bosco ripariale si colloca a breve distanza da un'area calanchiva di grande effetto scenografico.

I calanchi, spettacolari forme di erosione, (foto calanchi) si originano per il ruscellamento dell'acqua sulle rocce argillose plioceniche e pleistoceniche e sono dei tipi geomorfologici caratterizzati da estremo dinamismo che determina una notevole instabilità dei versanti.

Le acque meteoriche, concentrate in un breve periodo dell'anno, provocano la formazione di sistemi idrografici in miniatura con vallette principali e secondarie che si intersecano e si susseguono, creste, zone di accumulo e crepacci.

Queste condizioni geologiche associate a caratteristiche climatiche marcatamente mediterranee, risultano poco accoglienti per comunità vegetali stabili soprattutto dove i versanti sono più acclivi.

Anche l'ambiente calanchivo ha un equilibrio fragile e se non si vogliono accelerare i già veloci fenomeni erosivi occorre, almeno nelle aree sottoposte a protezione, evitare il pascolo.

Il bosco ripariale, anche se oggi ridotto ad un esiguo lembo rispetto alla ben più ampia estensione del passato, la buona copertura vegetale ricca di elementi igrofili in alveo, la presenza sui versanti di calanchi e di lembi di macchia, l'esistenza di colture ben gestite, costituiscono un mosaico ambientale. Questo mosaico ecologico rende l'area idonea alla presenza di una ricca componente faunistica.

Molto interessante all’interno dell’area, dove è assente il pascolo, la presenza di plantule di cerro, nate spontaneamente da semi probabilmente rilasciati dalla piena e provenienti dalle aree a monte del fiume. L’affermarsi di una rinnovazione naturale di specie forestali fa ben sperare in un lento, ma certo recupero dell’antica foresta mesoigrofila planiziale a latifoglie decidue, caratterizzata dalla presenza del pioppo gatterino, del frassino meridionale e del cerro, un tempo diffusa sui terrazzi alluvionali fossili lungo gli alvei dei fiumi meridionali, non soggetti alle inondazioni periodiche e a ridosso delle gallerie riparie a salice.

L’innestarsi di tali dinamiche vegetazionali è un buon indicatore del beneficio che porta l’assenza del pascolo intenso in aree fragili dal punto di vista conservazionistico, quali le aree ripariali mediterranee.

Gli habitat rinvenienti nel Sic-Zps così come si evince dal report conclusivo dell’area 6 delle misure di monitoraggio della Rete Natura 2000 Regione Basilicata sono il 3280 “Fiumi mediterranei a flusso permanente con il Paspalo-Agrostidion e con filari ripariali di Salix e Populus alba” caratterizzato da fiumi mediterranei a flusso permanente con vegetazione dell’alleanza Paspalo-Agrostidion e con filari ripari di Salix e Populus alba; presente lungo i corsi d’acqua mediterranei a flusso permanente, su suoli permanentemente umidi e temporaneamente inondati. Colonizza i depositi fluviali con granulometria fine (limosa), molto umidi e sommersi durante la maggior parte dell’anno, ricchi di materiale organico proveniente dalle acque eutrofiche. L’habitat 3250 “Fiumi mediterranei a flusso permanente con Glaucium flavum” caratterizzato da comunità erbacee pioniere su alvei ghiaiosi o ciottolosi poco consolidati di impronta sub- mediterranea. In Italia l’habitat comprende anche le formazioni a dominanza di camefite degli alvei ghiaiosi dei corsi d'acqua intermittenti del Mediterraneo centrale caratterizzati da ampi greti ciottolosi. I greti ciottolosi, interessati solo eccezionalmente dalle piene del corso d'acqua, costituiscono degli ambienti permanentemente pionieri, la cui vegetazione è caratterizzata da specie del genere Helichrysum (H. italicum, H. stoechas), Santolina (S. insularis, S. etrusca), Artemisia (A. campestris, A. variabilis). L’habitat 6220 denominato “Percorsi substeppici di graminacee e piante annue dei Thero-Brachypodietea” caratterizzato da formazioni erbose secche seminaturali e facies coperte da cespugli costituite da praterie xerofile e discontinue di piccola taglia a dominanza di graminacee, su substrati di varia natura, spesso calcarei e ricchi di basi, talora soggetti ad erosione, con distribuzione prevalente nei settori costieri e subcostieri dell’Italia peninsulare e delle isole, occasionalmente rinvenibili nei territori interni in corrispondenza di condizioni edafiche e microclimatiche particolari. L’habitat 5330 denominato “Arbusteti termo-mediterranei e pre- desertici” caratterizzato da arbusteti caratteristici delle zone a termotipo termo-mediterraneo. Trattasi prevalentemente di cenosi piuttosto discontinue la cui fisionomia è determinata sia da specie legnose (Euphorbia dendroides, Chamaerops humilis, Olea europaea, Genista ephedroides, Genista tyrrhena, Genista cilentina, Genista gasparrini, Cytisus aeolicus, Coronilla valentina) che erbacee perenni (Ampelodesmos mautitanicus sottotipo 32.23). In Italia questo habitat è presente negli ambiti caratterizzati da un termotipo termomediterraneo, ma soprattutto laddove rappresentato da cenosi a dominanza di Ampelodesmos mauritanicus può penetrare in ambito mesomediterraneo.

Nell’area, inoltre sono stati fatti impianti di riqualificazione ambientale realizzati con la messa a dimora di specie arboree ed arbustive. I moduli di impianto, pur presentandosi troppo distanti per garantire una rapida affermazione della vegetazione forestale, sono stati effettuati con specie idonee al recupero ambientale, soprattutto per quanto attiene la componente arbustiva, che si presenta in ottimo stato vegetativo. Il cerro tende, invece, a presentare fallanze e disseccamenti. L’innestarsi di tali dinamiche vegetazionali è un buon indicatore del beneficio che porta l’assenza del pascolo intenso in aree fragili dal punto di vista conservazionistico, quali le aree ripariali mediterranee.

In tratti di fiume dove è ben visibile, benché ridotta come superficie, la complessa serie vegetazionale tipica dei fiumi mediterranei a flusso permanente dove peraltro sembra ricostituirsi la foresta mesoigrofila planiziale è presente la vegetazione a idrofite, vegetazione acquatica edificata da idrofite radicanti di interesse fitogeografico come Potamogeton natans, la vegetazione a elofite, tipica di ambienti di tipo paludoso, che dal punto di vista fitosociologico rientra nella classe Phragmitetea, con specie del genere Carex e Typha; la vegetazione gleraicola, laddove il greto si presenta ciottoloso, con Artemisia variabilis, Helichrysum italicum, Scrophularia canina; la vegetazione ripariale igrofila di tipo arboreo-arbustiva, con specie come Salix spp., Populus spp.; la vegetazione arboreo-arbustiva mesofila, che si insedia sulle aree meno esposte alle piene, con Quercus spp. (Quercus ilex, Quercus pubescens, Populus spp. e specie arbustive quali Pistacia lentiscus, Cornus sanguinea, Crataegus monogyna, Clematis vitalba, Rubus sp., Vitis sylvestris.

L’altitudine minima dell’area oggetto dell’intervento è di 191 m s.l.m., la media 199 m s.l.m. e la massima 207 m s.l.m., infine appartiene alla Regione bio-geografica mediterranea. La qualità e l’importanza del sito sta nell’interessante componente biotica dal letto fluviale all'entroterra dove così come in tutti i fiumi, si osserva una prima fascia perennemente occupata dall'acqua dove la vita vegetale è estremamente povera o assente, seguita da una porzione sgombra dalle acque per un periodo limitato dove si impianta una vegetazione effimera fatta di piante annuali, spesso nitrofile.

Una seconda fascia è colonizzata da specie fortemente radicate al suolo poiché si colloca su terreni sommersi per periodi meno lunghi (come ad es. Agrostis stolonifera o Paspalum sp.) ed una terza fascia, con vegetazione legnosa arbustiva ed arborea, collocata appena al di sopra del livello estivo delle acque. Quest'ultima fascia, ancora ben rappresentata nel SIC è quella più appariscente ed è costituita da specie capaci di resistere alle piene del fiume ed a sopportare anche lunghi periodi di sommersione. Parliamo di salici e pioppi che in alcuni tratti del fiume formano lembi di foresta ripariale a galleria dove le cime degli alberi delle due sponde quasi si toccano con un effetto visivo da foresta primordiale.

Dal punto di vista geologico, i calanchi rappresentano spettacolari forme di erosione che si originano per il ruscellamento dell'acqua sulle rocce argillose plioceniche e pleistoceniche e sono dei tipi geomorfologici caratterizzati da estremo dinamismo che determina una notevole instabilità dei versanti.

Le acque meteoriche, concentrate in un breve periodo dell'anno, provocano la formazione di sistemi idrografici in miniatura con vallette principali e secondarie che si intersecano e si susseguono, creste, zone di accumulo e crepacci.

Queste condizioni geologiche associate a caratteristiche climatiche marcatamente mediterranee, risultano poco accoglienti per comunità vegetali stabili soprattutto dove i versanti sono più acclivi.

Pedologicamente, il suolo presenta la struttura della roccia - madre da cui ha avuto origine e dei successivi fenomeni di trasporto di materiali incoerenti.

Il terreno è a struttura glomerulare, una struttura cioè in cui vi è prevalenza della frazione argillosa seguita dalla sabbia ed infine dal limo.

IL TERRITORIO Tratto medio del fiume Basento, con orientamento ovest est, inserito nel caratteristico paesaggio delle colline argillose lucane.

L'alveo è di tipo alluvionale, a tratti meandriforme, costituito da depositi alluvionali attuali e recenti, ciottolosi e sabbiosi (Olocene).

La valle si presenta ampia, a superficie sub-pianeggiante, compresa tra i terrazzi più antichi e le aree più inondabili limitrofe al corso d'acqua.

I versanti evolvono da superfici ondulate a moderatamente acclivi, con spettacolari fenomeni calanchivi. La litologia è costituta da depositi marini argillosi e argilloso-limosi impermeabili, prevalentemente pliocenici. Il suolo del fondovalle è profondo, sabbioso, spesso a tessitura più fine in profondità, privo di scheletro, ben drenato e a permeabilità moderatamente alta.

IL CLIMA L’area oggetto del presente progetto è situata in agro di Calciano (Mt) nell’area del medio Basento e della collina materana. Il comune è posto tra le valli del fiume Basento e . La sua altitudine varia da un minimo di 183 m s.l.m. nei fondovalle ad un massimo di 1.151 m s.l.m. sulla sommità del centro abitato. Confina a nord con il comune di Tricarico, ad est con Grassano, a sud-est con Garaguso, a sud con e ad ovest con Campomaggiore.

Il territorio è riferibile al bioclima di transizione tra il mesomediterraneo umido- subumido delle aree collinari ed il mesomediterraneo arido sub-costiero dell'arco ionico (Biondi e Baldoni, 1991; Rivas-Martinez, 1995). Gli inverni sono miti e piovosi, le estati calde e secche, con temperatura media del mese più caldo superiore a 23°C. La fascia fitoclimatica è quella del Lauretum che corrisponde all'areale di diffusione della vegetazione mediterranea a macchia con boschi sempreverdi xerotermici e boschi misti con dominanza di specie sempreverdi a sclerofille. La piovosità media del mese più umido è di 100 mm, quella del mese più secco di 25 mm con una media delle precipitazioni tra i 500 e i 600 mm annui. Il regime pluviometrico è caratterizzato da una alternanza di lunghi periodi siccitosi con precipitazioni concentrate in inverno. I versanti argillosi esposti a sud sono il frutto dell’azione combinata della forte insolazione e dell’acqua piovana. Lo strato argilloso superficiale sottoposto all'azione del sole si fessura con fenditure anche profonde attraverso le quali avviene la risalita dell'umidità con un trasporto di sali minerali che depositandosi in superficie sono responsabili dell'instaurarsi di una vegetazione salso-nitrofila (come l'Atriplex halimus, detta localmente 'saldoscn').

Fattori climatici Come è noto, i fattori che influiscono decisamente sul clima di una regione, sono la latitudine, l’altitudine, la distanza dal mare, la posizione rispetto ai grandi centri di azione dell’atmosfera, l’esposizione, la vegetazione.

Per quanto riguarda il territorio compreso nei confini della nostra regione, la latitudine ha una limitata influenza, essendo l’intero territorio compreso nel piccolo intervallo di circa 1°. Ha invece notevole influenza la posizione della regione, che risente dell’influenza dei tre mari (Tirreno, Adriatico e Jonio) e la sua orografia particolarmente tormentata senza una direzione prevalente delle dorsali montuose, la distanza dal mare, l’esposizione dei versanti, la vegetazione ed infine l’altitudine, per la quale si ha una netta differenziazione tra la provincia di Potenza (tutta al di sopra dei 500 m s.l.m.) e quella di Matera.

Tale diversità è ancora accentuata dalla differente posizione rispetto alle perturbazioni atmosferiche, dato che il sistema appenninico attribuisce alle due province diverse influenze climatiche costituendo uno spartiacque tra i bacini del mar Tirreno e quello dello Jonio.

Il sistema orografico costituisce, infatti, una barriera alla traiettoria delle perturbazioni atlantiche nel Mediterraneo, che conseguentemente influenzano in misura maggiore la parte ovest della regione, nell’ambito della penisola italiana.

Il clima della Basilicata è di tipo mediterraneo con inverni piovosi ed estati calde e siccitose, salvo che nelle zone più interne del versante tirrenico dove l’inverno è più freddo e ricco di precipitazioni. Sul territorio lucano si registra la presenza di piogge in tutto l’anno, ma concentrate, in misura diversa da zona a zona, nel semestre autunno-inverno, e con temperature che seguono un regime generalmente analogo per tutto il territorio.

La diversa distanza dal mare influenza, inoltre, il grado di continentalità climatica di alcune zone, accentuando le escursioni termiche e gli scarti tra le precipitazioni del periodo autunno- inverno e quelle del periodo primavera-estate.

La rete di rilevamento della temperatura sul territorio lucano è abbastanza scarsa. Di seguito si riportano le stazioni operanti, (appartenenti all’ARPA Basilicata, ex Servizio Idrografico e Mareografico Nazionale).

Tabella 1 – Stazioni operanti appartenenti all’ARPA Basilicata

Rispetto ai parametri climatici generali esposti in tabella, il paese di Calciano presenta un clima definito delle colline orientali: clima temperato semiarido ad estate secca, con escursioni stagionali di circa 16°C, con una piovosità media che si aggira sui 600 mm ed un bilancio idrico fortemente deficitario nei mesi estivi. In particolare, la piovosità annua è compresa tra 550 e 700 millimetri, concentrata in autunno (circa il 31%) ed in inverno (circa il 34%) e con un’incidenza minima in estate (13%). La piovosità mensile maggiore si registra in novembre e dicembre, quella minore in agosto. L’intensità e la frequenza delle precipitazioni risultano decrescenti da nord a sud. Le temperature medie mensili sono comprese tra 3 e 28 °C, con punte massime in agosto (40-46 °C) e minime in febbraio (anche inferiori a 10 °C). I venti predominati sono lo scirocco, il maestrale e la tramontana; durante l’inverno lo scirocco viene sostituito dal ponente.

Dall’osservazione ed elaborazione dei dati delle stazioni termopluviometriche di Tricarico, Calciano ed Grassano, si nota come il tratto del fiume Basento che scorre nel territorio dell’area Sic –Zps sia caratterizzato da un bioclima di transizione tra il tipo mesomediterraneo umido-subumido delle aree interne a ridosso dei rilievi appenninici, ed il tipo mesomediterraneo arido dei territori costieri e sub-costieri dell’Arco Jonico.

Per la stazione di Calciano (stazione pluviometrica 8) (420 m s.l.m.) il periodo di osservazione delle precipitazioni e delle temperature è di 50 anni, dal 1921 al 1970. La piovosità media annuale risulta di 675 mm/a con punte massime nei mesi di novembre e dicembre e minime nei mesi di luglio e agosto (tab. 2). Dal diagramma ombrotermico di Bagnouls – Gaussen si evidenzia un periodo di aridità estiva nei mesi di giugno, luglio e agosto (fig. 1).

Tabella 2 - Precipitazioni medie mensili e media annuale per la stazione pluviometrica di Calciano

Figura 1 – Diagramma di Bagnouls – Gaussen della stazione termo-pluviometrica di Calciano (420 m s.l.m.)

Analisi fitoclimatica Per l’attribuzione della tipologia fitoclimatica si fa riferimento alla classificazione elaborata da Pavari. Dalla comparazione dei parametri termici e pluviometrici della stazione di Calciano e i parametri di riferimento proposti da Pavari (tabella 4) si è potuto stabilire che il territorio di Grassano ricade nella fascia fitoclimatica del Castanetum sottozona calda di 2° tipo (con siccità estiva).

Dal punto di vista delle fasce altitudinali, esso è posto nella fascia alta del piano basale dove troviamo l'orizzonte delle latifoglie termofile. In essa esistono boschi che, in moltissimi casi, a seconda della specie, sconfinano nei due orizzonti adiacenti. Qui troviamo, prevalentemente piante di roverella (Quercus pubescens Willd, 1805) che incidono l'orizzonte delle sclerofille sempreverdi giungendo a ridosso della costa. La roverella è una pianta frugale, dall'apparato radicale robustissimo, cresce in terreni anche piuttosto ostili, pietrosi ed aridi. Si trova facilmente sia mista al leccio, alle altitudini minori, sia seppur in minor numero, mista al castagno ed al pino nero nella parte inferiore dell'orizzonte delle latifoglie a riposo invernale.

La conformazione più diffusa dell'orizzonte delle latifoglie termofile è comunque il bosco misto. Oltre alla già citata roverella ne fanno parte piante quali l'orniello, il carpino nero, il ciliegio selvatico, l'ontano nero, il castagno, la farnia, il pino nero ed il pino silvestre.

Tabella 3 - Classificazione fitoclimatica di Pavari - Sottozone del Castanetum

Il Castanetum interessa gran parte della fascia supramediterranea dai 400-500 ai 600-800 m. di altitudine, occupata prevalentemente dalle latifoglie eliofile.

Secondo la classificazione di De Philippis, i tipi colturali dei boschi nel Comune di Grassano fanno parte del piano del castagno e delle querce caducifoglie (Boschi della Zona del Castanetum).

Secondo la classificazione biocenotica di Schimd la vegetazione della zona è da ascrivere al cingolo Q.T.A. (Quercus-Tilia-Acer) dominato della roverella (Quercus pubescens Willd, 1805). La vegetazione naturale potenziale è quella della foresta caducifoglia mesofila rappresentata dai querco-carpineti planiziali (Querceto-Carpinetum boreo-italicum).

Secondo la Carta della Vegetazione Potenziale del Tomaselli (1970) si tratta della formazione dell'Orizzonte Submediterraneo del Piano Basale, con prevalenza di querce mesofite, pertanto, le biocenosi forestali presenti sono caratterizzate prevalentemente da cerro (Quercus cerris L.), con presenza rada di roverella (Quercus pubescens Willd, 1805). Il territorio è riferibile al bioclima di transizione tra il mesomediterraneo umido-subumido delle aree collinari ed il mesomediterraneo arido sub-costiero dell'arco ionico (Biondi e Baldoni, 1991; Rivas-Martinez, 1995).

Gli inverni sono miti e piovosi, le estati calde e secche, con temperatura media del mese più caldo superiore a 23°C.

La fascia fitoclimatica è quella del Lauretum che corrisponde all'areale di diffusione della vegetazione mediterranea a macchia con boschi sempreverdi xerotermici e boschi misti con dominanza di specie sempreverdi a sclerofille.

La piovosità media del mese più umido è di 100 mm, quella del mese più secco di 25 mm con una media delle precipitazioni tra i 500 e i 600 mm annui.

Il regime pluviometrico è caratterizzato da una alternanza di lunghi periodi siccitosi con precipitazioni concentrate in inverno.

I versanti argillosi esposti a sud sono il frutto dell’azione combinata della forte insolazione e dell’acqua piovana. Lo strato argilloso superficiale sottoposto all'azione del sole si fessura con fenditure anche profonde attraverso le quali avviene la risalita dell'umidità con un trasporto di sali minerali che depositandosi in superficie sono responsabili dell'instaurarsi di una vegetazione salso- nitrofila (come l' Atriplex halimus, detta localmente 'saldoscn').

CONTENUTI DELLA S.I.C.-Z.P.S. n° CODICE DEL SITO IT9220260 - Tipo C

Specie importanti di Flora Nome scientifico:

Salix eleagnos Scop. - Salix fragilis L. - Salix purpurea L. - Salix triandra L. - Salix alba L. - Populus canescens (Aiton) Sm - Lythrum salicaria L. - Carex sp. - Arundo plinii Turra - Cyperus fuscus L. - Equisetum telmateia Ehrh. - Agrostis stolonifera L. - Alisma plantago-aquatica L. - Allium sphaerocephalon L. - Alnus cordata (Loisel.) Loisel. - Alnus glutinosa (L.) Gaertn. - Artemisia variabilis Ten. - Atractylis cancellata L. - Atractylis gummifera L. - Atriplex halimus L. - Bituminaria bituminosa (L.) C. H. Stirt. - Briza maxima L. - Camphorosma monspeliaca L. - Catananche lutea L. - Cercis siliquastrum L. - Cistus monspeliensis L. - Cynodon dactylon (L.) Pers. - Cyperus fuscus L. - Dactylis glomerata L. - Dorycnium hirsutum (L.) Ser. - Elytrigia repens (L.) Desv. - Equisetum telmateia Ehrh. - Fraxinus angustifolia Vahl - Helichrysum italicum (Roth) G. Don - Hyparrhenia hirta (L.) Stapf - Juniperus oxycedrus L. - Linum strictum L. - Lygeum spartum L. - Lythrum salicaria L. - Mantisalca duriaei (Spach) Briq. et avill. - Mentha longifolia (L.) Huds. - Ophrys sphegodes s.l. - Paliurus spina-christi Mill. - Paspalum dilatatum Poir. - Paspalum distichum L. - Phragmites australis (Cav.) Trin. ex Steud. - Pistacia lentiscus L. - Populus nigra L. - Potamogeton natans L. - Quercus cerris L. - Ruscus aculeatus L. - Salix caprea L. - Scorzonera laciniata L. - Scrophularia canina L. - Sulla coronaria (L.) Medik. - Tamarix africana Poir. - Tamarix gallica L. - Trachynia distachya (L.) Link - Trifolium arvense L. - Typha angustifolia L. - Ulmus minor Mill. - Vitis vinifera L. subsp. sylvestris (C. C. Gmel.) Hegi.

VALUTAZIONE D’INCIDENZA

Il Progetto di taglio ha, tra gli altri, l’obiettivo di individuare le linee di sviluppo del tessuto forestale e gli indirizzi di uso del territorio secondo un modello di sviluppo sostenibile che coniughi l’esigenza della progettazione con quello della compatibilità ambientale del sistema territorio.

Da questa premessa, che definisce le finalità del Progetto, si evince come l’attività delle utilizzazioni forestali debba tener conto di tutte le componenti ambientali, siano esse biotiche o abiotiche.

L’area oggetto dell’intervento ricade nel Comune di Calciano il quale ricade a sua volta nel sito di conservazione: S.I.C.-Z.P.S. (Siti d’Importanza Comunitaria – Zone di protezione speciale) denominato Valle Basento – Grassano Scalo – Grottole (codice del sito IT9220260 - Tipo C).

In ottemperanza all’allegato G del D.P.R. 357/1997 le tipologie delle azioni consistono nell’intervento selvicolturale il quale è stato inquadrato nell’ottica del taglio di diradamento selettivo di grado medio, interessando soggetti deperienti, questi ultimi numerosi per cui sottoposti ad un’iniziativa tecnica tendente a migliorare lo stato dei luoghi con contestuale conservazione dei soggetti di pioppo giovani e/o adulti in buono stato vegetativo che evidentemente ospitano nidi di garzaie privi di condizioni vegetative avverse come patologie ad esempio. Tale condizione garantirebbe maggiore stabilità e sopravvivenza agli aironi con contestuale valorizzazione della risorsa naturale forestale disponibile.

Sulla base delle esperienze gestionali selvicolturali maturate sulla stabilità dei popolamenti, anche non colonizzati da garzaie, si sono definiti alcuni parametri empirici di analisi e di intervento, da utilizzare come linea guida soprattutto per la conservazione delle colonie di ardeidi alcune delle quali inserite nell’allegato I della Direttiva 91/244/CEE (che modifica la direttiva 79/409/CEE) concernente la conservazione degli Uccelli selvatici per le quali sono previste “misure speciali di conservazione per quanto riguarda l’habitat, per garantirne la sopravvivenza e la riproduzione”. Inoltre misure di conservazione da adottare nei confronti di una specie di Mammiferi e due di rettili inserite nell’All. II Direttiva 92/43/CEE e una specie di Mammiferi (Hystrix cristata), tre di Rettili e tre di Anfibi (Hyla intermedia, Pelophylax sinkl. Hispanicus e Psedopidelea viridis) sono protette dalla "Direttiva habitat" 92/43 CEE all'allegato IV come "specie animali e vegetali d'interesse comunitario che richiedono una protezione rigorosa".

I valori di seguito indicati sono proposti come limite al disotto del quale la stabilità del popolamento forestale, e quindi la capacità di supportare i nidi di ardeidi, è assicurata nel breve- medio periodo (5-10 anni). Tali parametri vengono presi anche da esperienze reali similari in pioppeti ricadenti in aree Sic-Zps del territorio italiano.

Per rilevare adeguatamente i parametri di riferimento indispensabili per le misure di attenuazione e mitigazione è stato necessario fare alcune considerazioni di ordine pratico direttamente in campo durante i rilievi forestali, utili sia in fase di pianificazione, sia di progettazione degli interventi selvicolturali che costituiscono il quadro emergente. Innanzitutto:

- Composizione ed età: presenza di specie autoctone o naturalizzate a rapida crescita in equilibrio con la stazione, in fasce di età che mantengono la facoltà pollonifera (salici <10 anni; robinia <20 anni; pioppi <30 anni; ontani, acero campestre, frassini <35 anni); presenza di acero campestre, frassini in numero non superiore a 1/3 della copertura totale, quindi in netta minoranza rispetto alle altre specie forestali.

- Copertura arborea e densità: presenza di almeno 2/3 di copertura forestale arborea, garantita da almeno 200 piante/ettaro con classi diametriche prevalenti comprese tra 35 a 70 cm (dati rinvenienti dalle aree di saggio materializzate in campo);

- Struttura: verticale monoplana, o biplana con strato dominante oltre i 2/3 della superficie; orizzontale disforme o per piccoli gruppi (>4.000 m2);

- Stabilità fisico-meccanica e vitalità: oltre 2/3 delle piante inclinate, con chioma fortemente asimmetrica, con problemi di ancoraggio radicale avvalorate dalla presenza di Armillaria che da luogo ad una forte riduzione della capacità di sostegno e/o addirittura alla morte della pianta, con rapporto di snellezza h/d>100, con profondità delle chiome minore del 25% dell’altezza, con presenza di patologie al fusto cormometrico (tale parametro dovrà tener conto della necessità di rilasciare almeno 4 piante in piedi morte ad ettaro che costituiranno la necromassa).

In base al quadro emergente occorre definire il tipo e la priorità d’intervento. I sistemi selvicolturali individuati come idonei o comunque compatibili in presenza di altre funzioni rilevanti del bosco, pur subordinate, da mantenere (paesaggio, biodiversità, habitat forestali a priorità di conservazione, produzione legnosa) sono i seguenti:

- Le epoche di intervento saranno limitate nella prima parte del periodo di riposo vegetativo, ovvero tra agosto e febbraio, per non interferire con l’arrivo degli aironi migratori e l’inizio della nidificazione; in tal senso anche l’esbosco deve essere completato entro tale data, per non creare disturbo con il transito ed il rumore dei mezzi d’opera;

- Osservare un periodo di sospensione dei lavori di taglio (periodo di nidificazione delle garzaie dal 1 Marzo al 31 Luglio in cui depongono e covano le uova) per tenere conto del ciclo riproduttivo delle specie animali prioritarie presenti nell’area Sic-Zp;

- Le ramaglie residue possono essere lasciate sul posto sparse a contatto con il suolo, evitando accumuli che possano coprire o compromettere ricacci e rinnovazione o grandi cumuli che tendono a seccare ed a costituire una fonte di biomassa facilmente bruciabile;

- Rispetto alle misure di mitigazione ed attenuazione da porre in essere per limitare al massimo alterazioni durante l’esecuzione dei lavori è importante che non vengano danneggiate, manomesse o comunque alterate le caratteristiche naturali e seminaturali dei luoghi interessati dalla realizzazione dell’intervento selvicolturale previsto, ad esempio al fine della conservazione della biodiversità e dell’equilibrio degli ecosistemi preservare al taglio circa 4 alberi cavi per ettaro se presenti oppure conservare un’adeguata presenza di piante morte, annose o deperienti utili alla nidificazione e all’alimentazione dell’avifauna in genere;

- Evitare di interessare zone naturali limitrofe a quelle di intervento con aree di cantiere e porre in essere ogni misura di mitigazione possibile atta a contenere le emissioni di polvere e rumore;

- Intervenire con cautela avendo cura di migliorare il bosco orientando gli interventi sui soggetti senza avvenire. Tale iniziativa potrebbe essere un esempio rispetto a quanto ancora si dovrà fare nel comprensorio.

Le attività connesse e conseguenti all’iniziativa presuppongono che le utilizzazioni forestali nella fase di esbosco non debbano essere eseguite da mezzi cingolati ma esclusivamente gommati ed assolutamente non deve essere stravolto il territorio aprendo piste che non esistono; l’alternativa si ritrova nell’esistenza di alcune piste risalenti alle vecchie utilizzazioni che sono in modesto stato (cartografia allegata). Anche se l’area boscata è interessata da aspetti paesaggistici ed ambientali, essendo visibile dalla S.S. 407 sia in direzione che in direzione Potenza una fascia tampone di pioppo nero e ripisilve piuttosto fitta di oltre ha 2 che si sviluppa in senso longitudinale rispetto al lotto oggetto degli interventi e che quindi copre per certi versi la particella catastale 107, non sarà necessario rilasciare un’ulteriore fascia di rispetto.

Viceversa saranno adottate misure di salvaguardia per il lotto, e nello specifico, evitare di martellare piante di altre specie diverse dal pioppo nero, pioppo grigio, alvanella, saliconi, frassini maggiori (so se deperienti), aceri e in generale piante in buone condizioni vegetative oltre ad almeno 4 piante ad ettaro in condizioni di avanzata senescenza utili per la necromassa.

Il tipo di trattamento prescritto garantirà una copertura boschiva permanente e quindi sia la massima protezione idrogeologica sia il mantenimento costante dell’Habitat.

Le garzaie che in quelle aree nidificano e prediligono piante di latifoglie in buono stato vegetativo avranno a disposizione una fascia demaniale posta a Sud della particella catastale 107 piuttosto profonda (circa 100 metri) che parte dal limite della particella 107 (cartografia allegata – Inquadramento generale) fino alla sponda che evidentemente non sarà oggetto di interventi selvicolturali e che peraltro fungerà da tampone anche per eventuali piene nella stagione invernale.

In considerazione di quanto appena detto si può affermare che non si riscontrano condizioni tali che l’utilizzazione in progetto possa creare delle forzature di regimentazione idraulica con gravi conseguenze sull'ecosistema fluviale e sulla stabilità dei versanti appurato che l’ambiente fluviale del territorio del Sic-Zps nei pressi dell’area di intervento è caratterizzato anche da un ampio greto fluviale condizione che garantirebbe sicurezza sia per l’avifauna che per i mammiferi rispetto a potenziali inondazioni.

Inoltre, come peraltro già detto, l’epoca d’intervento sarà limitata alla prima parte del periodo di riposo vegetativo, tra l’inizio di agosto e la fine di febbraio per non interferire con l’arrivo degli aironi migratori e l’inizio della nidificazione; anche l’esbosco dovrà essere completato entro tale data, per non creare disturbo con i transito ed il rumore dei mezzi d’opera.

VULNERABILITA’

Elementi di vulnerabilità del sito sono rappresentati da diverse attività antropiche: pascolo, viabilità, piccole e medie industrie, depuratori, piccoli cantieri, recinzioni di dubbia legalità, incenerimento di materiale plastico, discariche diffuse e cumuli di vario materiale (lavatrici, pedane, lamiere, bottiglie, materiali- inerti derivanti da attività edilizia) che sviluppano lungo quasi tutta la destra idraulica del greto fluviale Influenze negative sul SIC. Di seguito vengono elencate:

- Il pascolo eccessivo (esso rappresenta senza dubbio il fattore più rilevante di vulnerabilità del sito con la presenza contemporanea e continuativa delle mandrie e l’uso dell’area come transito per la transumanza; ciò rende il carico di bestiame, soprattutto lungo il versante nord- ovest del sito, pericoloso per la conservazione degli habitat e delle specie animali associate).

- L’attività di smaltimento dei rifiuti lungo le opere di difesa spondale ( tale attività rappresenta un grave elemento di vulnerabilità del sito poiché crea interferenze al libero deflusso delle acque soprattutto quando il livello idrico del fiume aumenta permettendo alla corrente di trascinare con se il materiale depositato sulle sponde, il quale generando ostacoli restringe la sezione in alveo innescando fenomeni erosivi; esso crea notevoli danni all'ecosistema fluviale e genera degrado dal un punto di vista ambientale e paesaggistico).

- La contiguità del sito con la S.S. 407 Basentana (molti gli animali ritrovati investiti dalle auto soprattutto nel periodo primaverile).

- La riduzione lenta e continua dell’habitat ripariale a causa della pressione del pascolo e del prelievo non controllato di legname.

- L’erosione delle sponde (è determinata dall’azione erosiva della corrente che, spostandosi continuamente nel tempo, ha determinato fenomeni effossori di tipo generalizzato; tale azione si ritiene accentuata rispetto alla normale erosione perché prodotta da elementi antropici che hanno influenzato fortemente il libero deflusso delle acque - opere di regimentazione idraulica – gabbionate - sovrastrutture stradali).

- Il prelievo di acqua dal fiume di tipo stagionale (per usi agricoli e/o per la lavorazione di inerti provoca riduzione della portata influenzando l’ecosistema fluviale).

- Attività antropiche (presenza di attività produttive - area PIP).

VALUTAZIONI DELLE POSSIBILI INTERFERENZE SUGLI HABITAT, SULLE SPECIE E MISURE DI MITIGAZIONE INCIDENZA

In base a quanto sopra riportato, si può affermare che l’intervento previsto così come precedentemente descritto non andrà ad interferire direttamente sugli habitat e sulle specie oggetto di conservazione, poiché il governo del Bosco è improntato al mantenimento generalizzato della copertura forestale con effetti limitati sull’habitat. L’ intervento in linea generale non presuppone alcun cambiamento di destinazione d’uso dei suoli interessati, risulta coerente con gli obbiettivi prioritari di conservazione, la funzionalità biologica, la perpetuità e l’uso dei popolamenti forestali. Pertanto sicuramente l’intervento ipotizzato non modifica in senso radicale bensì crea costruttività di un “nuovo” equilibrio che tenderà a ripristinare l’originale ecosistema deterioratosi per un uso irrazionale delle risorse naturali (tagli irrazionali di piante e pascolo eccessivo – vulnerabilità sito), fino a determinarne il completo abbandono.

Possibili interferenze che le utilizzazioni forestali potranno apportare sono rappresentate dal disturbo legato all’operatività del cantiere in fase esecutiva ma è pur vero che le operazioni silvicole trattandosi di fustaia saranno caratterizzate da ripetuti tempi morti connessi con il taglio di gruppi di piante che seguiranno pause da parte degli operai per stanchezza oppure da successive operazioni di depezzatura e carico del materiale su autocarro per cui saranno solite le intermittenze collegate sia con la logistica del lavoro e sia con le fasi lavorative. Automaticamente il disturbo degli attrezzi e delle macchine nel cantiere forestale avverrà comunque in modo graduale anche in considerazione dell’estensione del lotto. Inoltre si deve aggiungere che un cantiere forestale di questo tipo non va oltre le venticinque giornate di lavorazione quindi si tratta di tempi veramente stretti che di certo non andranno a influenzare nessun ciclo riproduttivo.

Come già detto in precedenza il cantiere forestale rispetterà un periodo di stasi corrispondente alla prima parte del periodo di riposo vegetativo degli ardeidi, ovvero tra marzo e luglio, per non interferire con l’arrivo degli aironi migratori e l’inizio della nidificazione; anche l’esbosco deve essere completato prima di questo periodo, per non creare disturbo con il transito ed il rumore dei mezzi d’opera.

Effettivamente un utilizzazione del soprassuolo contenuta e rispettosa delle norme forestali vigenti così come quella indicata nel progetto di taglio potrà sentenziare la conclusione di ogni forma di pascolo dato che nella fase post-utilizzazione la normativa forestale impone che il pascolo non può accedervi in maniera alcuna essendo severamente vietato il pascolamento. Tale circostanza è anche un esigenza della committenza andando a debellare la vulnerabilità del pascolo eccessivo sul sito.

La fauna presente avrà quindi modo di riadattarsi alla originaria situazione senza subire una diminuzione del numero di individui.

Sebbene questi interventi incidano in modo non rilevante, è opportuno fornire delle indicazioni finalizzate alla ricostruzione di nuove strutture di vegetazione idonee a costituire corridoi ecologici e spazi utili alla nidificazione, fondamentali per consentire gli spostamenti locali e quindi la frequentazione dei diversi ambienti presenti all’interno del territorio comunale da parte della fauna.

Strutture di vegetazione idonee nell’area in questione sono rappresentate da aree demaniali occupate da vegetazione autoctone che appaiono essere veri e propri boschi ripariali assolvendo a pieno alla funzione di corridoio ecologico. Come già detto nel precedente paragrafo a Sud dell’area d’intervento è presente un tratto di bosco ripariale demaniale di circa 4 ettari molto simile a quello per cui si richiede il parere caratterizzato però da una vegetazione forestale più giovane in buono stato vegetativo che allo stesso tempo fungerebbe anche da tampone nei confronti di potenziali piene essendo limitrofo al fiume e quindi a diretto contatto con le acque concorrendo a rappresentare una vera e propria misura di mitigazione e compensazione sia nei confronti del rischio idraulico, sia nei confronti dell’impatto ambientale dalla S.S. 407.

Il Tecnico

Dott. For. Satriano Antonio

ALLEGATI

- Cartografia misura di compensazione (rischio idraulico sponde - contiguità del sito con la S.S. 407 Basentana - pascolo eccessivo - riduzione lenta e continua dell’habitat ripariale

Inquadramento Cartografico delle Misure di compensazione - Comune di Calciano (Mt)

Legenda

Area di intervento ha 18.97.00

Tara Azzeramento pascolo eccessivo Fascia tampone habitat 92A0

Contiguità SS 407

Recinzione

Esistente

Post intervento Scala 1:10.000 .

Dott. For. Antonio Satriano Via Vincenzo Verrastro 19 85100 - Potenza (Pz)

Fascia Tampone - Riduzione rischio idraulico e contenimento boschi ripariali HA: 4.00.00

SS 407

TRICARICO GRASSANO

CALCIANO SALANDRA GARAGUSO

OLIVETO LUCANO