Per Una Polizia Nuova Il Movimento Per La Smilitarizzazione E Per La Riforma Della Pubblica Sicurezza in Italia (1969-1981)
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Scuola Superiore di Studi Storici, Geografici e Antropologici Dottorato di ricerca in Storia sociale europea dal Medioevo all’età contemporanea Ciclo XXVIII Anno di discussione 2016 Per una polizia nuova Il movimento per la smilitarizzazione e per la riforma della Pubblica Sicurezza in Italia (1969-1981) SETTORE SCIENTIFICO DISCIPLINARE DI AFFERENZA: M-STO/04 Tesi di Dottorato di Michele Di Giorgio, matricola 956012 Direttrice della Scuola dottorale Prof.ssa Maria Cristina La Rocca Coordinatore del Dottorato Tutor del Dottorando Prof. Mario Infelise Prof. Piero Brunello Indice Premessa………………………………………………………………..p. 1 Capitolo primo La Pubblica Sicurezza nel dopoguerra. Le origini del malcontento I. La riorganizzazione della polizia…………………………..……………p. 8 II. Il controllo delle opposizioni e la repressione…………………………p. 18 III. La vigilanza politica sui poliziotti ……………………………………...p. 26 IV. Il Corpo tra disagio e agitazione……………...………………..…….....p. 34 Capitolo secondo La polizia negli anni Settanta I. Preambolo. La modernizzazione tecnocratica……………………...…..p. 43 II. Struttura del Corpo e organizzazione………………………...…...…....p. 56 III. La selezione degli uomini e l’arruolamento………………………….....p. 74 IV. Le Scuole di polizia e l’addestramento…………………………...…......p. 94 V. Una polizia efficiente?......................................................................................p. 101 Capitolo terzo Il movimento per la smilitarizzazione e il sindacato della Pubblica Sicurezza I. Dall’“impercettibile brontolio” al malcontento diffuso. La protesta nella polizia………………………………………………………………...p. 112 II. La nascita del movimento e la fase clandestina……………………......p. 132 III. Alla luce del sole. La battaglia del movimento nel cuore degli anni Settanta………………………………………………………….…....p. 149 IV. La repressione………………………………………...…………...….p. 174 Capitolo quarto La riforma I. L’opposizione alla riforma……………………………...…………......p. 196 II. La lunga attesa e la nascita del sindacato unitario (1977-1980)…..…….p. 206 III. La legge 121/81………………………………..………………......…p. 221 Epilogo………………………………………....……………………...p. 235 Appendice…....……………………………...…………………………p. 242 Fonti e bibliografia………………………………...……………………p. 247 Premessa Nel periodo compreso tra il 1969 e il 1981, la polizia italiana fu attraversata da un movimento democratico che condusse il corpo a una riforma profonda. Smilitarizzazione e sindacato furono le parole d’ordine dei poliziotti che presero parte – nel corso di più di un decennio di lotte – alla battaglia per una nuova polizia. Partendo da una serie di riflessioni e di critiche all’organizzazione, alla gestione e al funzionamento della polizia italiana nel dopoguerra, i poliziotti democratici diedero vita ad un intenso dibattito che coinvolse, nel corso degli anni, i sindacati, i partiti e la società civile. Ciò avvenne anche grazie ad un parziale superamento della tradizionale divisione esistente tra la polizia e la società. Il Corpo delle Guardie di Pubblica Sicurezza era stato militarizzato nel 1943 e tutti i suoi appartenenti erano stati sottoposti a una rigida disciplina militare. Come se non bastasse, le paghe basse, l'addestramento inadeguato, le dure condizioni di lavoro e la carenza di democrazia rendevano difficile la vita degli agenti: tanto che la stessa efficienza ne risultava fortemente compromessa. Qualsiasi critica nei confronti dell'istituzione era destinata, in assenza di democrazia e di un organismo sindacale, a spegnersi sotto le pressioni della disciplina e sotto la minaccia del tribunale militare. Parallelamente, l’operato della polizia fu spesso criticato con durezza dentro e fuori il parlamento: eccessiva prossimità con il potere politico, militarismo, pervasività, faziosità, scarsa professionalità, inefficienza e brutalità erano le accuse più frequenti. Il movimento per la smilitarizzazione nacque clandestinamente, all’interno di questo contesto, grazie ad alcuni gruppi composti da poche decine di “carbonari” (così si autodefinirono i poliziotti del movimento). In pochi anni (nonostante la dura repressione operata dai vertici del Viminale e da alti funzionari e ufficiali di Pubblica Sicurezza), grazie all’attività frenetica dei primi militanti, le adesioni crebbero vertiginosamente sino alla costituzione – alla fine del 1974 – di comitati di coordinamento che portarono il movimento fuori dalla clandestinità. I poliziotti democratici si dotarono così di una piattaforma rivendicativa più stabile, creando saldi legami con la Federazione unitaria Cgil-Cisl-Uil. Dopo anni di battaglie (con l’appoggio di alcuni partiti politici e di una parte della società civile), nel 1981 si giunse alla smilitarizzazione, alla riforma e al riconoscimento del sindacato. 1 Questa ricerca si pone l’obiettivo di ricostruire gran parte delle vicende che portarono alla nascita e allo sviluppo del movimento. Parallelamente abbiamo tentato di restituire un’immagine dell’istituzione ripercorrendo questioni e nodi fondamentali della sua evoluzione nel corso del dopoguerra e, in particolare, negli anni Settanta. Nei contributi scientifici sulla storia dell’Italia repubblicana (e più in generale, dell’Italia contemporanea) le polizie 1 sono rimaste spesso nell’ombra; tema di studio ignorato, o più spesso evitato: una sorta di oggetto smarrito, o “buco nero” nella storiografia, per riprendere alcune definizioni usate da Jean-Marc Berlière e René Levy per riferirsi al panorama di studi sulla polizia francese prima del 19902. I motivi di questo parziale oblio sono essenzialmente due: un'estrema chiusura delle istituzioni oggetto di studio e una certa ritrosia preconcetta nei confronti del tema da parte degli studiosi. Combinati insieme questi due fattori (in special modo il primo: l’impossibilità di accedere a molte fonti non è un problema di poco conto) hanno avuto buon gioco nello scoraggiare studi scientifici su questi temi 3 . Sulle polizie italiane troviamo ancora pochi contributi di valore (di cui alcuni molto datati), a dimostrazione del ridotto spazio che questo settore di studi ha avuto nel nostro Paese. Già nel 1976, Franco Ferrarotti – in un interessante articolo pubblicato sulla rivista «Ordine Pubblico» – aveva segnalato la mancanza di studi scientifici sulle polizie, invitando i sociologi a colmare la lacuna con delle analisi che ponessero al centro dell’indagine proprio «il poliziotto»4. 1 Con il termine “polizie” ci riferiamo alla globalità del comparto sicurezza dell’Italia contemporanea e non soltanto alla Pubblica Sicurezza. Per alcune informazioni bibliografiche e metodologiche abbiamo fatto riferimento a: Nicola Labanca, Per lo studio delle polizie italiane in età contemporanea, in Pasquale Marchetto – Antonio Mazzei, (a cura di), Pagine di storia della polizia italiana. Orientamenti bibliografici, Rivoli, Neos edizioni, 2004, pp. 7-18. Una rassegna più recente delle ricerche si trova anche in Nicola Labanca, Un giornale per la gestione e per la riforma della polizia, in Nicola Labanca – Michele Di Giorgio, (a cura di), Una cultura professionale per la polizia dell’Italia liberale. Antologia del «Manuale del funzionario di sicurezza pubblica e di polizia giudiziaria» (1863-1912), Milano, Unicopli, 2015, pp. 18-37. 2 Jean-Marc Berlière e René Lévy, Histoire des police en France. De l’Ancien Régime à nous jours, Paris, Noveau Monde éditions, 2011, p. 9. 3 Sulla diffidenza reciproca istituzioni e studiosi, Francesco Carrer ha scritto: «Rigidi pregiudizi da parte di entrambi gli schieramenti rendevano difficili i rapporti e poco produttivi gli scambi reciproci. Anche il mondo cosiddetto scientifico, fra la paura dell’ignoto e la cultura post-sessantotto si adeguava di conseguenza. Se oggi si intrecciano danze intorno a prefetti e questori per offrire loro convenzioni, consulenze, master e progetti di ricerca, negli anni 80 chi s’interessava delle forze di polizia era guardato con sufficienza e sospetto». Francesco Carrer, La Polizia dello Stato dall’Unità ad oggi, in Id (a cura di), La Polizia di Stato a trent’anni dalla legge di riforma, Milano, Franco Angeli, 2014, pp. 25-26. 4 Ferrarotti scrisse: «È ora che i sociologi distruggano l'invisibilità del poliziotto. Credo che possano farlo a vari livelli. Ci devono dire innanzitutto chi è il poliziotto: da dove viene, quanti anni ha, cosa pensa, cosa vuole, in quali condizioni vive e lavora, come si ammala, come viene ingannato dai manifesti che vediamo per le strade e nelle stazioni, come muore e per colpa di chi». Franco Ferrarotti, Come si fabbrica il poliziotto?, in «Ordine Pubblico», a. XXV (1976), n. 10, p. 3. 2 A distanza di anni sono stati proprio dei sociologi a rispondere a quell’appello e ad aver proposto le analisi sulla polizia sinora più interessanti e più recenti. La ricerca di Donatella Della Porta ed Herbert Reiter (Polizia e protesta), pur partendo da una prospettiva centrata quasi esclusivamente sul controllo della contestazione (quindi soltanto su un aspetto specifico dell’esteso campo in cui operano le polizie), offre un resoconto efficace dei cambiamenti avvenuti negli interventi e nelle prassi di gestione dell’ordine pubblico dal 1945 al 2001; senza peraltro tralasciare la dimensione relativa all'auto-rappresentazione e alla mentalità5. Maggiormente focalizzato sull'attualità è uno studio precedente, fatto da un altro sociologo (Salvatore Palidda), che ha illustrato con una certa efficacia – facendo ampio uso di interviste ad operatori di polizia – in che modo le forze dell'ordine stiano rispondendo ai problemi e ai cambiamenti in atto nella società contemporanea6. Sul fronte