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Pie,vsara nel I 9—15.

Pieroa un tel I 988.

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IIIIIIlIIIIIIIIIIIIIIII IHllIllhI1IIl le esteso dalla pianura di alle gole del Sentino e della Rossa, L’organizzazione distributiva degli spazi e le funzioni 1recise dei singoli organismi costruttivi esaurisc000 ben

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VIABILITÀ CHIESA

MLRLS GERONIS i jAN[A CASTRI

\1UR[S Bt’RGI 2 PORTA CERO\TS

La porta jbrtficata. BORGO MURATO 3 PORTA BORGo GIANO

BORGO ESTERNO 4 T( )RRE

DIFESA NATi RALE

ORTI

PIANTA

ORTOFOTOCARTA SEZIONE

3 IIIIIIIIIIIIIIIIIII’II!II presto le limitate superfici a disposizione all’interno dcl su’a periette ancora oggi una lettura storica ed urbanisti— m)n 1111 cassero, consemendone ulteriori ampliamenti. ca dell’organizzazione degli spazi che caratterizzano que Questo stato di tatto Comporta una evoluzione urbani sto tipico castello medioevale cli cui si mantengono anco stiCa del castello che rimane sempre incentrata nel cassero ra la tessitura viaria. la torre, alcuni tratti delle mura di ma si sviluppa Con la costruzione di borghi murati e, suc cinta e delle abitazioni fortificate e due dell’e porte cli cessivamente, di borghi esterni lungo Li principale via di accesso. accesso. Al contrario, i singoli manufatti presentano le tipiche borgo Al murato ( ìnurzis btiii) si accede ora attraver manomisSioni e trasformazioni che hanno interessato tutti so una sola pcrta lortilicata ( iaiìiui castri) ad arco a tutto i nuclei minori sparsi nel territorio. soprattutto negli ultimi sesto e volta interna a botte in pietra, che immette decenni a causa delle mutate esigenze di vita; (li quasi nell’unica stradina che perimetra il Sovrastante cassero nel tutte le strutture solo a tratti si riesce infatti a percepire le lato ovest da nord a sud. caratteristiche costruttive originarie. (av.) La presenza in epoca medioevale di un ulteriore accesso, ora scomparso ma anch’esso munito delle neces sarie opere di protezione, si può desumere dalla docu— BENI ARTISTICI Nella chiesa parrocchiale, sulle pare nentazione dell’epoca ccl in particolare dagli antichi ti del presbiterio, si conservano due tele entro belle corni inventari che registrano il deposito nel palazzo cli $ chiavi ci coeve cli fine ‘500. di terro: —i del palazzo stesso, una della porta della torre e Vi sono raffigurate due coppie cli .Si,it/ e di .S’a,ite, in tre per ognuna delle porte del girone del e borgo murato, cui non arduo rintracciare stilemi che riconducono al Nel lato a valle, abitazioni le del tipo a schiera su due— mondo figurativo di certa cultura marchigiana sviluppatasi tre piani e costruite in pietra locale si appoggiano o costi dalla feconda costola cli Lorenzc Lotto, tuiscono parte integrante del miirus bziiti. mentre sul lato Nel caso specifico. i legami più stretti parrebbero a monte rimane ben visibile la base delle mura difensive doversi rintracciare con l’opera tenera e devota di Vincen del cassero. Per chi arriva cia sud la strada esterna giunge zo Pagani, al quale l’ignotc autore di queste tele sembra tino al borgo murato (fin nel XIII chiamato Borgo Giano accostarsi per ampiezza di forme e per le forti accensioni clic si presenta .s)n le case a schiera disposte lungo i due della tavolozza. lati della via. Databili alla seconda meG del XV secolo. (g.cl.) Lo stato cli conservazione generale del nucleo cli Piero—

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i I I I III I I III 111111• I•• SAN DONATO

Altitudine m. 501. Posizione: poggio. Abitanti: 50(1981).

TOPONI11O L a,ciotopon lino di?ril’erebhe dal Saiito bor— Ad av alorare questa tesi, accettata anche dal cronista ,(O,(ì1Oift’ Sc-’,diiciCe de la t’cc)la di S. C’olombano o da un Domenico Scevolini. ‘ iene riportato il testo latino cli una nlclrtii’e de/i a,itica Se;ilinu,n. ( lapide marmorea, anticamente inserita nelle mura, poi spostata sopra la porta di accesso alla rocca, a ricordo delle sventure del popolo sentinate TERRITORIO e della costruzione del E situato su un rilievo che si erge in una piccolo insediamento. sinclinale interna e che costituisce spartiacque lo ideale tra Posto a circa meta strada tra Sassoferrato e Fabriano 1 bacino del Giano e quello del Sentino. 1 terreni, pur se nei pressi cli un colle lambito dal torrente Marena, il iuttj lormatisi alla line del ,\liocene, Sono ari: il castello nuc’leo, sempre secondo la tradizione, deve il SLiO nome al giace su depositi torbiditico—arenacei, mentre a ESE pre— santo la cui festa si celebrava nel giorno in cuì il luogo era valgono rocce della lormazione gessoso—soltifera e ad \V stato eletto a sede della nuova edificazione. emergono marne, inarne calcaree e marne argillose (Sch— La lapide risulta gii distrutta nel Cinquecento lie r). ccl il testo trascritto dallo Scevolini appare cli autenticitl alquan 1 n base alle caratteristiche altitudinali. morfologiche e to sospetta: al contrario un’iscrizione marmorea prove climatiche, la vegetazione dovrebbe essere costituita cIa niente dalla pianura circostante bi presupporre lo sfrutta (luerceti di ro erella e da orno—ostrieti ma l’intensa utiliz mento agricolo del territorio anche in eti romana e la zazione agricola della zona ne ha cancellato praticamente conseguente localizzazione di piccoli ogni insediamenti rurali traccia. ( m.r.g.) sui poggi circostanti, Nei pressi. la presenza della piccola pieve di Santa \laria resta l’unica testimonianza della organizzazione LINEAMENTI STORICI La tradizione locale \uole civile ccl economica dell’area relativamente al periodo che il primo nucleo abbia avuto origine ad opera degli altomedioevale: per il basso medioevo la documentazione abitanti della vicina Sentiniim. dopo la devastazione della più ricca consente di ricostruire le vicende che interessano (ittt compiuta nell’Vili secolo dC. dagli eserciti longobar— cIa vicino l’incasato. Questo agli inizi di di del Duecento fa l)esiderio. parte del territorio soggetto al chicato (li Spoleto ed i jflfflfl governato da due famiglie appartiene alle quali la maggior nell’area a protezione delle ville di Viacce, Chigne e Fon parte del castello, sul quale, per minori, quote vantano i tanaldo, i cui beni si estendono sulle montagne limitrofe propri diritti il vescovo di Camerino ed altri nobili del fino ai confini con Sigillo. contado. Tornata la Marca ad opera del cardinale Alhornoz Il documento più antico risale al contiene 1203 e i sotto il dominio temporale della Chiesa di Roma, nel 1367 patti stipulati tra la comunità di Fabriano ed i due maggio il Vicario generale concede ad Alberghetto ed a Giovanni ri feudatari, Bernardo e Alovisio, che si aggregano agli Chiavelli la custodia della terra di Fabriano ed in particola altri nobili locali ricevendo, in cambio del riconoscimento re dei due castelli di Genga e San Donato: è in quest’ulti della giurisdizione comunale sul territorio ad essi soggetto, mo insediamento che la potente e battagliera famiglia le consuete assegnazioni di aree fabbricabili all’interno fabrianese costruisce un presidio ben fortificato da poter della città, la promessa di non distruggere l’impianto forti usare in caso di bisogno per potervisi asserragliare nella ficato di San Donato nè di diminuirne la popolazione, e eventualità di disordini cittadini, fondando in San Donato l’assicurazione ad essere protetti da ogni possibile nemico. quella solida rocca cui accenna anche lo Scevolini. piccolo Il castello è infatti posto in posizione strategica Di fatto, da questo periodo fino agli anni immediata rispetto alle due più grandi realtà comunali, Sassoferrato e mente successivi alla strage dei Chiavelli, la storia del pic Fabriano, che si vanno velocemente consolidando ed colo castello è strettamente legata alle sorti della famiglia entrambe costituiscono una reale minaccia per la politica fabrianese che vi possiede campi, vigne, orti, e case sia espansionistica tenacemente perseguita per il dominio sul nel castrum che nella sua corte. Quando infatti il 25 mag contado. Infatti pochi anni più tardi (1209) Bernardo ed i gio 1435 viene portato a termine il disegno di sterminare suoi figli sono costretti a stipulare con Fabriano un ulterio ogni componente della Signoria, Nolfo, figlio dell’odiato re atto che assume la forma di una vera e propria sotto Tommaso, si trova a presidiare la rocca di San Donato e missione al più forte che ha assaltato il castello e sfugge fortunosamente all’eccidio. Viene raggiunto pronta lo ha semidistrutto, costringendo buona parte della popo mente dal fratello Guido che milita al soldo dello Sforza di lazione a rifugiarsi nella città ed a costruirvi nuove case. stanza in , e con l’aiuto dei conti della Genga, La posizione di debolezza del feudatario, al quale gli rimasti fedeli ai chiavelleschi, da qui parte il primo tentati eserciti cittadini hanno distrutto persino le abitazioni pro vo per riconquistare alla Famiglia la città ribelle, tentativo prie. risulta ancora più evidenziata dalle condizioni di che viene sventato quasi per un caso fortuito. fatto poste da Fabriano per lassoggettamento: pur rima Dopo il fallimento, Nolfo si rifugia nuovamente nella nendo di proprietà del signore il castrum e le relative per roccaforte di San Donato, in attesa di tempi migliori e per tinenze, quanto rimane di questo sarà potenziato od oltre un anno costituisce una vera e propria spina nel abbattuto secondo la volontà del Comune, senza il cui fianco del nuovo governo cittadino. assenso non verranno costruite altre fortificazioni nel terri Nè va dimenticato che l’unica strada che collega torio. Fabriano con Sassoferrato e, attraversata Pergola, giunge Nel il 1213 riconoscimento della giurisdizione della fino all’Adriatico, passa necessariamente per San Donato; città sulle terre di confine con Sassoferrato viene sancito è una via antichissima che consente sia l’ingresso nella dallo stesso Diopuldo duca di Spoleto che, in cambio città seguendo la diramazione per Torre Cecchina, Trigo e della remissione delle pene pecuniarie per le violenze ed i Camaiano, sia di raggirarla piegando verso il tratto di Coc saccheggi effettuati dai fabrianesi ai danni degli abitanti, cere. Cupo, San Cassiano e, attraverso il passo di Chiaro- chiede la corresponsione di un censo annuo. monte, superare il valico di Fossato. Quest’ultima da Nel 1222 Pellegrino di Girardo, proprietario di molti tempo immemorabile viene preferita dai mercanti per beni nelle ville di Nebbiano. Avenano, Collestellano. Chi accorciare le distanze con l’Umbria e Roma. gne. Isola di Filello e nel castello di Collamato. vende Fabriano quindi, che si vede minacciato troppo da vici ogni diritto sulle terre comprese tra il monte Cucco, il tor no, il 29 maggio 1436 delibera di inviare il proprio eserci rente Marena ed il fiume Esino. Anche in questo caso la to per pacificare i confini e porre termine alla ribellione vendita non appare spontanea, ma forzata dalla aggres del contado, anche in considerazione del fatto che l’esem sione e dagli atti di violenza compiuti dai Fabrianesi per pio del piccolo castello è stato seguito da Genga e da indebolire la potenza dei feudatari circostanti, che vengo Precicchie, rimasti in mano ai fautori della famiglia Chia no privati degli ultimi baluardi di difesa e costretti a pro velli. mettere di abitare nella città e di non ricostruire nuovi Ma nonostante il feroce assedio la roccaforte di San punti di forza. Donato resiste agli assalti fino al 9 giugno e dà modo a Per quanto riguarda San Donato il castrum distrutto Nolfo di scendere a patti con gli assedianti, che in cambio negli anni precedenti non figura ancora ricostruito: il pic della capitolazione concedono a lui ed alle sue truppe di colo insediamento ha perso la denominazione di castello allontanarsi indenni. ed è citato con il termine più generico di “curia’. La vendetta della città su chi resta e su tutta la piccola Negli anni successivi, anche in considerazione della comunità giudicata ribelle è immediata; oltre alla “dìstru sua posizione di confine e delle minacce derivanti dal cre zione e desolazione” arrecate durante e dopo l’assedio, i scente potere militare esercitate dai conti Atti della vicina maggiori esponenti locali vengono posti al bando e con Sassoferrato, l’insediamento viene nuovamente dotato dannati alla confisca dei beni. Solo due anni più tardi, ad delle strutture difensive, tornando ad essere uno dei più opera di Francesco Sforza, gli espulsi potranno tornare, importanti castelli del contado fabrianese e l’unico rientrare in possesso delle proprietà alienate ed iniziare

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lIiIIIIIIIIlIIiIIIIIIIIIII lopera di ricostruzione delle case. ed il riattamento della strada Nello stesso anno inoltre Fabriano con tratti di percorso più ottiene anche la agevole. I lavori sulla remissione delle pene incorse cosiddetta “strada Pia” che, come la per la distruzione dei due più antica, attraversa castelli di Genga e San Donato. ancora San Donato per collegare Fabriano a Sassoferrato, comportano Negli uomini d’arme rimane però una spesa di oltre il ricordo della 2000 scudi; la via viene ben lunga difesa sostenuta dalla rocca; presto abbandonata per un così, quando l’armata nuovo tratto di raccordo, di Niccolò Piccinino nel detto della Genga, che attraversa 1443 viene sconfitta a Montelauro il nucleo di Pesaro di Collegiglioni. dalle truppe sforzesche, questi, che a suo tempo Solo agli inizi del secolo attuale aveva militato insieme a Guido Chiavelli, viene proposta la si rifugia in San costruzione di una arteria Donato per riorganizzare l’esercito dal tracciato pianeggiante che ed attendere gli aiuti segue l’asse di scorrimento promessi da Alfonso d’Aragona. del torrente Marena; la corre zione del collegamento Fortunatamente viene così ad emarginare comple anche Fabriano di lì a poco si ribella tamente allo Sforza il nucleo di San Donato. (n. 1.) ed accoglie i 2000 cavalieri inviati dì rinforzo al Piccinino, che abbandona il castello senza arrecare ulterio ri danni. Quest’ultimo episodio e l’aver dovuto forzata Il castello mente provvedere al mantenimento delle schiere è posto su di prostra un crinale che permette di controllare no definitivamente la piccola comunità, sia la vallata di che è costretta ad Fabriano che quella inviare una supplica di Sassoferrato; l’importanza di pri a Fabriano e ad Alfonso d’Aragona. missimo Ricordando piano che il sito riveste è evidente, soprattutto gli orrori della lunga guerra civile, l’assedio se e si pensa che, a differenza di quanto la distruzione dopo la resa, il saccheggio accade oggi, nel pas dei beni ed infi sato la via che univa i due ne l’estrema povertà degli abitanti importanti comuni attraversava tutti, vengono richiesti San Donato, rendendo la remissione dei processi così fondamentale il suo controllo e delle condanne pendenti dal politico-militare. 1435 in poi, speciali sgravi fiscali a favore della popolazio E’ un nucleo ne, diminuita di numero di poggio e pertanto il suo tessuto urba e quasi indigente, l’esenzione no si presenta Permanente al mantenimento come un perfetto modello di tipologia a di gente armata entro le ‘fuso”, mura ed con asse centrale identificato nella via il permesso di impiegare il ricavato della vendita principale che organizza due vie minori parallele ed dei beni mobili ed immobili, appartenuti ai il pomerio inter Chiavelli nelle no che corre tra la cinta murata pertinenze del castello, per il rifacimento e le abitazioni. e la riparazione Queste ultime si compongono delle opere di difesa del nucleo. lungo le vie con rego larissima tipologia rettangolare a schiera; Alfonso accetta tutti i punti della supplica i moduli, che imprimendo seguono le curve di livello, il placet di propria mano e la città sono singoli o doppi, tipici è costretta a registrare i della casa-torre medioevale patti con il castello tornato su due o tre livelli. sotto la sua giurisdizione nel I materiali gennaio del 1445. utilizzati per i manufatti sono la pietra cal carea ed i mattoni Nel 1486 tra il comune in cotto, mentre la cinta muraria, che i castelli si provvede a stipula esalta re appositi la buona difesa naturale del poggio, ha il basamen accordi in merito alla distribuzione dei carichi fiscali, to lievemente a scarpa ed è tuttora edificata ripartiti per il contado in relazione al numero con un para delle mento di mattoni in cotto a faccia famiglie residenti. San Donato conta vista. Lungo il suo peri 50 “fuochi” ma la metro sul lato sud si nota ripresa è lenta e nel 1564, quando una interruzione per consentire gli accordi debbono un accesso carrabile venir rinnovati, il castello al castello. invia un preciso memoriale in La cui si fa riferimento tipologia a fuso del tessuto urbano rispecchia alla diminuzione costante della popo l’organizzazione lazione. della rocca-recinto con il maschio a fian co della porta d’ingresso Si lamenta inoltre la poca fertilità fortificata, per giungere alla dei terreni di monta quale si deve gna, soggetti all’erosione salire lungo una ripida rampa a forma ed al dilavarnento continuo delle “esse” di acque, mentre che, una volta percorsa, espone direttamente la proprietà più appetibile posta in pianura al tiro è stata quasi per intero acquistata dai Fabrianesi, con la conseguenza che i residenti sandonatesi “ sono venuti in tanta povertà che non ci possono più restare”. La stessa proprietà collettiva, bene prezioso per le piccole comunità (li montagna, è ridotta ad appena 37 some, pari a poco più di 56 ettari. E’ all’inizio cli questo secolo che vengono trascritti gli Statuti che garantiscono una sia pur limitata autonomia amministrativa ed organizzativa. Nei secoli successivi le notizie riportate dai cronisti su San Donato sono scarse: nei primi anni del Settecento la popolazione ammonta a 400 abitanti; questi salgono poi a 454 nel 1808 e a 694 nel 1872. Verso la fine del Settecento vengono portati a termine il restauro completo della casa pubblica, antica sede del castellano e luogo di riunione degli amministratori locali, Il pomerio interno. i l’ci iìitc’rlici Coi? tiiidciiìieiìto a ‘/iiso

)venic’nte dagli spalti, COfl il lato destro esposto ed in evidente posizione di inferinritù. Al)pefiii superata la porta si apre la piazza mtistante il palazzo signorIle che pur nella disposizione urbana classi— ca modula, )itre al tipo formale di spazio chiuso, due aree minori: la prima si aifaccia con un belvedere su di un ampio panorama ora vi si trova l’ingresso carrabile al (:01db): la seconda clii risalto alla chiesa ed alla sua t’ac— ciata ed ‘ una piazza ben strutturata ed arricchita dalla presenza di importanti edifici, come la norma urbanistica medioevale mutua dal for romano. Inline merita di essere sottolineato come al pomerio interno corrisponda un ampio pomerio esterno, la cui ori— inale funzk)ne di spazio i libero nel quale gli assalitori non hanno alcuna difesa, e ancora pertetiamente leggibile ccl individuabile nella mappa catastale del 1 l4, nonostante che la proprielù figuri giù fi-azionata in più particelle colti vate ad orti e vigneti. Nello stesso periodo non risulta che oltre alla cinta muraria il castello sia anche difeso cia un fossato e del ‘estO proprio la sua posizione ne avrebbe reso problema tica la realizzazione. (g.p.h.

i’jrjiOCARTA

IIIIIII,alIIIIIIIItIIlIII -

Altitudine ms. 503. Posizione: versante. Abitanti: 6 (1989).

TOPONIMO La probabile derii ‘azione di questo topo eSogeni. nimo potrebbe ricondursi, piz che alla Jòrma comune Sulle aree circostanti, sia verso il Piano della Croce sia mente attestata nei documenti (sin da quelli più antichi) verso il monte di Nebbiano, permangono ancora cospicue di Tren quello. Trenquelle. Trinquelli e simili, alla variante. testimonianze della vegetazione originaria sotto forma di attestata in docz.menti del 1363 e del 1468. Tranquillo. piccoli boschi cedui che ricoprono i versanti più acclivi. Irse antroponimo. mentre la zona orientale digradante verso la valle fluviale Suggestiva potrebbe essere una derivazione dal fauno è interessata da coltivi in genere erbacei. (m.r.g.) nimo orso ‘. la cui presenza è attestata nei secoli passati nella nostra zona anche dal toponimo Orsaria. Ma non è da escludersi del tutto una origine antroponimica dal per lINEAMENTI STORICI Il marchese Venanzo Beni sonale Orso. (i.q.) gni nel suo lavoro dal titolo C’ompendioso ragguaglio delle cose pii notabili di Fabriano, spaccato di vita fabrianese degli inizi del XVIII secolo, nota: “Montorso o vero Tren fERRJTORIO In posizione centrale rispetto all’area quelle, 4 in 5 miglia distante da Fabriano”. Ed in realtà la considerata, tra Fabriano e Sassoferrato, si trova sul ver storia dei due insediamenti è spesso intrecciata così stret sante orientale di una piccola anticlinale interna costituita tamente che non è ficile distinguere l’evoluzione dell’uno dalla linea monte di Nebbiano-Piano della Croce delimita da quella dell’altro. ta ad ovest dal torrente Marena e ad est dal fosso delle Secondo lo Scevolini Monte Orso nasce per volontà di Fondiglie che influiscono entrambi più a nord del Sentino. Tommaso Chiavelli che, nel 1423”prima che fosse spento, li terreno, generalmente di natura calcarea. è costituito già aveva cominciato a porre i fondamenti”. Nella docu da scaglie di vari colori a contatto, nella zona orientale, mentazione dell’epoca però, ed in particolare in un elenco con detriti di falda, molto permeabili, formatisi durante il di castelli e ville dipendenti da Fabriano compilato nel Quaternario per accumulo di materiali erosi dagli agenti 11d6, non compare alcun riferimento al castello, mentre

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IIIIIIIIEIIl Trenquello I IIIIIIIIIIIII viene annoverata tra le ville assegnate al quar arrivare a Fabriano preferiscono passare per Trinquelli tiere di Castelvecchio. invece di dirigersi per San Donato. In effetti, fin nei documenti più antichi appare regi Nella documentazione dell’epoca anche i cronisti sas strato il toponimo clusa et curia Trenquelli; nel 1170 su soferratesi tendono ad identificare i due nuclei ed a pro quel territorio si estende già la giurisdizione di Fabriano posito della piccola chiesa del castello riportano: “San per effetto della aggregazione dei feudatari della zona Lorenzo di Trenquelli o cli Monte Orso”. posta a nord e densa di agglomerati e di castelli di una Nel 1827 con Moto proprio di Leone XII, che ingran certa importanza, quali Nebbiano, acquistato da Fabriano clisce il territorio del nuovo comune di Genga, Trinquelli nel 1220 e subito dopo smantellato nella parte fortificata, ne diviene frazione. Moscano trasformato in villa, Conca condannato alla Del castello di Montorso rimangono ora il toponimo distruzione già nel 1192 secondo la sentenza resa dal giu sulla cima del colle e poche rovine. (n. 1.) dice Omocleo, chiamato a dirimere le controversie nate tra i consoli fabrianesi ed i figli del conte Attolino, feudatario del luogo. ASSE’ITO URBAMSTIcO Il castello è un nucleo di Agli inizi del Trecento gli abitanti della villa di Trin versante posto sulle pendici del monte di Castel Montorso; quelli pagano annualmente un affitto simbolico di 30 soldi attualmente è abbandonato e gran parte del patrimonio per l’uso dei pascoli di proprietà comunale posti sui monti edilizio era già andato distrutto al tempo della stesura circostanti. della mappa catastale del 1814. Nel 1486 l’insediamento è annoverato tra i 12 castelli Gli edifici e, conseguentemente, il tessuto urbano del contado e conta 26 “fochi”: è uno dei pochi che non sono scomparsi con tutta probabilità a causa della migra ha proprietà in uso comune. Un cinquecentesco appasso zione degli abitanti del castello nel borgo di Pignano. I delle terre annota per il nucleo l’estensione di 215 some e manufatti, a cominciare dalle mura difensive, sono stati 6 coppe stimate 8.089 scudi, il cui valore medio — pari a smontati recuperando pietre, mattoni, coppi e travi in meno di 34 scudi per soma — è uno (lei 1Ù bassi dell’inte legno da utilizzare per le costruzioni del nucleo posto a ro territorio. valle, in un sito meno adatto alla difesa ma molto più In questo periodo vengono indirizzate alla Comunità (li comodo sia per il quotidiano lavoro agricolo (lei campi Fabriano due suppliche: una riguarda la richiesta intesa ad ottenere uno sgravio sulle contribuzioni imposte dalla città motivata dalla consistente diminuzione della popolazione. l’altra informa sui frequenti crolli di larghi tratti delle mura di cinta e sulla rovina (Iella casa del castello divenuta del tutto inagibile. Gli Homeni del castello de Trenquello lamentando che l’insediamento non sia più abitabile nè si giustifichi più tenere guardie armate, propongono che Fabriano destini al rifacimento delle mura e delle abitazio ni gli affitti pagati dagli abitanti per l’uso dei pascoli comunali. Nella documentazione ufficiale seicentesca ogni riferi mento a Trinquelli scompare, mentre tra i 16 castelli viene elencato anche Montorso, che verso il finire del secolo conta 140 abitanti, divenuti 148 circa cento anni dopo (l”98) e F4 nel 1808. Si hnurano le successive vicende dei due nuclei cd i motivi che spingono la municipalità (li Fabriano a ripren dere il disegno. forse interrotto, (li costruire una fortifica zione sulla vetta del colle sovrastante il villaggio (li Trin— quelli, o. quanto meno, a dare il via ad un progetto di restauro del castello di Montorso. Oltre alla effettiva necessità di provvedere alla incolu mità degli abitanti e di dotarli delle necessarie opere di difesa, probabilmente il comune intende controllare dall’alto anche l’importante ed antica strada interna che lo collega con Genga, via denominata “(li Valle Lunga” che trova riscontro in entrambi gli Statuti comunali. Nel Settecento per la stessa via, definita “via (li Valk)n— ga” viene specificato il tracciato che è ancora quello medioevale ed inizia dalla porta del Borgo. si dirige verso il ponte dei Sacramento o (li Someglia. attraversa Montor— so e e giunge fino a : è inoltre il tratto preferito dai mercanti perg lesi che, in questo periodo per I resti del castello.

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I resti della torre. che per il trasporto delle merci. Dei pochi edifici rimasti fino ai nostri giorni l’emer genza architettonica maggiore risulta la torre quadrangola re di 6 metri dilato ed una altezza cli circa 9 metri; è posta nel punto più alto del nucleo urhano dal quale si controlla ABILITÀ ± CHIESA un vasto spazio lungo tutta la valle che dal colle l3erhello— MURA 1)1 CINTA i PORTE ne giunge fino all’incrocio di Colleponi cli Genga dove si congiunge con la vallata formata dal fiume Sentino. BORGO MURATO 2 PORRI

BORGO ESIFRNO 3 PORTA

I)IFESA NAIT RALE

PTANTA

SEZIO E 9TOkOTOCt ti±

IIIII’IIIIIIIIIIIIIIIIII l)a (liii 51 controllano, oltre alla via che da Arce ia e Sassoferrato CofldUCe a Fabriano, gli insediamenti di Spi neto, Vallemontagnana, Rosenga, Colcello e l’ingresso dal lato occidentale alla gola di Frasassi. mentre il castello di Genga è coperto dalla ripida vetta del monte Gallo. La torre, sicuramente mozzata e quindi coperta con un tetto a doppio spiovente in mattoni, presenta nel prospet to che si affaccia sulla piazza una piccola porta con arco ogivale in conci di pietra; in linea. superiormente alla porta, si apre una finestra monofora con arco in mattoni a tutto sesto. Il manufatto è realizzato con pietra calcarea squadrata e la sua costruzione può farsi risalire al XIV secolo; sicura mente fa parte della cinta difensiva posta a monte, così come i resti di una seconda torre ancora ben visibile, ma mozzata fino ai 4 metri cli altezza. La tipologia del castello è clilficilmente rico’,truibile. ma non sembra rientrare in quella elaborata per i restanti centri fortificati del territorio preso in esame; dai riscontri con la situazione presente nei primi anni del XIX secolo si può formulare l’ipotesi che tutto il castello cli l’rinquelli si caratterizzi per la presenza cli molte torri quadrangolari o che ogni gruppo cli abitazioni avesse a disposizione un fortilizio in cui ritugiarsi in caso di assedio e dal quale controllare il sottostante territorio. Al centro del nucleo, il tessuto urbano si organizza con edifici a schiera posti intorno alla jiazza. sulla quale. al cli sopra cli un terrazzamento in muratura costruito in pietra, si affaccia la grande torre cli avvistamento che con la sua possente mole chiude il lato a monte dello spiazzo. Nulla sembra rimanere del castello di Montorso, posto più a monte rispetto a Trinquelli e forse demolito per la lì lgrL-’ss() cì/ki tOi7’L’. c( )struzione di quest’ultimo. (g.p.b.)

360 liii I I I 11111 1111111111 I Il I ToIuucE

Altitudine m. 534. Posizione: versante. Abitanti: 3 (1989).

TOPONIMO i 1,tjno “turricula”, mediato dal me sentito, sui versanti, la permanenza di un’area boschiva dioel alL’ tlIfl’iLe’l/(l. (i ‘i pur se molto degradata; le zone sommitali invece, in parti colare intorno al Piano della Croce, sono occupate da pascoli secondari. (rn.r.g.) TERRITORIO Posta a breve distanza da Sassoferrato in direzione ESE, si trova in una zona a notevole accliviG sul versante nord-orientale del Piano della Croce che, uni LEAMENTI STORIU L’importanza dell’insedia tamente al Piano dell’Ammandola. la separa dagli insedia mento appare evidente se si fa riferimento alla sua posi menti più meridionali. La posizione elevata le consente di zione geografica: posto ai confini nord-orientali con Sasso dominare la parte settentrionale dell’incisione valliva del ferrato, domina dall’altura l’antica strada romana che dalla fosso delle Fondiglie che, verso est, permette un’agevole Flaminia all’altezza del passo della Scheggia segue il corso comunicazione tra la valle del Sentino e quella del Giano. del Sentino fino a Gaville per proseguire poi verso Santa Il substrato geolitologico è abbastanza uniforme; le Croce di Tripozzo, Monte Gallo, Genga, Pierosara, San Vit pelagiti calcaree che lo costituiscono, originatesi dal Creta tore, Jesi, . cico superiore all’Eocene. sono organizzate a scaglia rosa Nel 1213 fa parte del feudo di Uguccione della Torre, ta e a scaglia bianca e solo più lontano sono a contatto che si estende dall’isola Centupera, a Colleponi di Sasso con detriti di falda quasi in corrispondenza del versante ferrato fino a Murazzano: quando questo feudatario, forse fluviale, a pendenza maggiore. per contrastare le minacce dei più grandi nobili sassoferra La morfologia abbastanza tormentata ed impervia ha tesi, si aggrega a Fabriano, il comune estende la sua giuri consentito solo limitatamente lo sviluppo di attività agrico sdizione su tutto il territorio. le: maggiore è l’utilizzazione silvo-pastorale che ha con- Verso il finire del secolo l’insediamento appare di pro-

lIIIIIIlIIIIIIIIIIIIIaIIII prietà comunale; al IIIHIIIIUIN 1297 risale infatti l’atto di procura con Definito il modello urbanistico dell’incasato, i magistra il quale si dà incarico a Boncagno di Benvenuto di prov ti provvedono alla assegnazione delle aree per la costru vedere alle necessarie opere di riparazione della torre, zione delle case, concedendo gli spazi a seconda del secondo quanto stabilito dal Consiglio generale speciale e numero di componenti delle famiglie. Dopo aver diviso il della città. La mancanza nell’atto di ogni altro accenno ad territorio del castello in due parti uguali ad iniziare dalla insediamenti limitrofi lascia pensare alla presenza di una porta di accesso, la metà del terreno libero verso Genga e isolata torre posta a guardia della importante strada inter Fabriano viene assegnata a 10 famiglie elencate nominati na. vamente e contrassegnate dal singolo numero dei compo Secondo lo Scevolini invece la fondazione del castello nenti distinti in maschi e femmine; trovano sistemazione risale al 1243 per volontà di Gualtiero Chiavelli. così 75 individui (33 maschi e 36 femmine). Più chiaro per risolvere ogni controversia è il riferi La metà verso Sassoferrato viene assegnata a 11 nuclei mento contenuto nella specifica rubrica dello Statuto familiari composti da 82 unità (46 maschi e 36 femmine). “chiavellesco” che obbliga i nobili proprietari di Torricella, Complessivamente vengono “incastellate” 21 famiglie cui appartengono la fortificazione e gli spazi entro le provenienti dalle “baylie” di Grognoleto, Trapozzo e Lave- mura, a concedere gratuitamente le aree libere agli abitan nano per un totale di 157 persone (85 maschi e 72 donne) ti delle ville limitrofe di Avenano e San Fortunato i quali, che riconoscono di aver ricevuto gratuitamente le aree privi di luoghi sicuri dove rifugiarsi, corrono gravi rischi in fabbricabili disponibili all’interno del nuovo castello tempi tanto turbolenti. Ma nel 1446 non si è ancora prov costruito a spese del comune di Fabriano: si impegnano a veduto a mandare in esecuzione quanto prestabilito: gli fabbricarvi le abitazioni per proprie conto, a difenderlo in unici centri fortificati del rione dì Castelvecchio sono caso di necessità, ad obbedire al castellano o all’ufficiale ancora San Donato e Genga, mentre tra le 14 ville dipen che verrà loro inviato. denti da questo viene annoverata anche “la Valle della Fanno seguito i consueti giuramenti di fedeltà e le Torricella’ Eppure il luogo rimane in posizione strategica promesse a non dar ricovero ai ribelli ed ai banditi, a non rispetto a Genga e consente il controllo cli quel castello tramare contro la pubblica utilità e contro la libertà, a per amministrato indipendentemente dai riottosi conti e spes seguire i nemici della Chiesa e di Fabriano, a riconoscere so ribelle a Fabriano. la giurisdizione di quest’ultima obbligandosi, come è con I lavori per il rifacimento completo delle mura e della suewdine per tutti i castelli, a portare ogni anno in palio torre hanno inizio nel 1451 quando nelle Riformanze del 9 un cero che, in occasione della festività di San Giovanni, aprile vengono trascritti i termini previsti per la concessio verrà offerto alla chiesa di San Venanzo. Dovranno inoltre ne dell’appalto; il comune dovrà preparare tutto l’occor eleggersi i “Capi quattro”, il sindaco ed i gualdari per la rente (pietre, calce, rena, acqua prelevata dalla cisterna, corretta amministrazione locale. legname per l’armatura dei ponteggi. una fune, una zappa Il 6 ottobre tutti i lavori in Torricella sono terminati ed e due pale) a proprie spese. mentre i muratori saranno i maestri muratori vengono saldati con 184 ducati cloro e tenuti a circondare tutto il castello di nuove mura alte 14 17 bolognini, a ragione di 40 bolognini per ogni ducato. piedi. innalzando le vecchie di circa 8 piedi e mantenen Nel 1486 le famiglie residenti scno già salite a 31. dune lo spessore cli piedi. 3 Relativamente alla torre si sta Nel 1579 un memoriale inviato dalla piccola comunità bilisce che le antiche fondamenta vengano ripulite dagli a Fabriano informa che a causa dei confini mal definiti tra ammassi del materiale di rovina nuovamente e disinterrate le vicine ville cli Avenale e San Fortunato, dipendenti da pr rinsaldarle; la nuova costruzione dovrà essere più alta Genga, ccl il territorio di pertinenza cli Pierosara, gli abi e sarà munita di porte e di “finestre balestriere”. tanti (li Torricella sono soggetti a continue molestie da Il 18 maggio vengono stipulati i patti di cottimo con ptrte dei due più popolosi insediamenti. due maestri” muratori cli Como: la nuova muraglia innal Sul finire del Settecento una “conta” delle anime zata sull’impianto precedente sarà alta 7 piedi e mezzo e estratta dagli atti parrocchialì su richiesta del nuovo larga 3, il lavoro dovrà essere terminato entro il prossimo governo giacobino instaurato in Fabriano. annovera a Tor— mese di settembre. In effetti il giorno 27 cli questo mese in ricella 118 abitanti; nel 1808 il piccolo nucleo è ancora forma solenne il Consiglio cli Credenza e i due priori dì inserito tra i castelli della terra fabrianese e conta 180 resi Fabriano si recano a controllare di personi lo stato cli denti. Viene annesso a Genga. cli cui diviene frazione. avanzamento dell’opera. quando questa nel 1827 viene dichiarata comune dal papa Dopo un’accurata misurazione dello spazio circoscritto l,eone XII, (n.l,’) dalle nuove mura, viene stabilito che nessuna abitazione possa venir costruita a riclosso della cinta, presso la quale scorrerà la via cli circonvallazione larga 6 piedi che unirà ASSErI’o URBANISTICO L’insediamento di Torri- le due porte di accesso. Inoltre l’insediamento dovrà esse cella è un nucleo cli versante posto in eccellente posizione re attraversato nel senso della lunghezza da una via mae strategica; purtroppo solo pochi resti sparsi rimangono a stra della ampiezza cli 10 piedi e nel senso della larghezza testimoniare frammentariamente (Iddio che clm’eva essere da un secondo tracciato cli o 6 piedi: vicino alla prima il tessuto urbano dell’antico castello fortificato. l)olta verrà lasciato libero un ampio spazio che costituirà Con l’aiuto della descrizione. sulficientemente detta la piazza del castello stesso, mentre vicino alla seconda gliata sulla sua costruzione cIa parte dei Fabrianesi. si pu pomi, a sinistra di chi entra, viene riservata un’area per la immaginare che la tipologia dell’impianto si afoso, con costruzione cli una piccola chiesa. un asse centrale che, a partire dai resti della torre, di fron

IIIIlIIIIIIIIIIIIIIIIIlII te alla quale si aprono la piazza principale ed una porta, cli Monterosso e Rotondo, ad ovest la visione si apre sul suddivide in due l’abitato formando internamente un asse monte Strega e sulle abitazioni costruite di recente a Sas minore ortogonale ed esternamente un pomerio circoscrit soferrato, ai lati della strada che corre sul crinale ed uni to dalle mura. sce il villaggio di Catohagli al castello sassoferratese. Le poche tracce che rimangono sono di difficile inter L’antico nucleo di quest’ultimo è occultato dalla dorsa pretazione in quanto il nucleo, progressivamente abban le del monte S. Croce ma è probabile che l’altezza della donato, è man mano stato usato come cava” di tutti quei torre fosse tale da offrirne una visione forse parziale. materiali utilizzabili per le nuove costruzioni poste più a La torre pertanto riesce a dominare dall’alto sia il terri valle. torio di Sassoferrato che quello di Genga, compresa la L’emergenza architettonica di maggiore interesse resta strada a valle che costeggiando il Sentino unisce i due la torre posta su uno scoglio di roccia, ora ridotta purtrop insediamenti e prosegue a nord per Arcevia mentre ad po ad un rudere, ma dalla quale si può abbracciare un est-sud-est si dirama. dirigendosi verso la gola di Frasassi esteso panorama: ad oriente il monte di Vallemontagnana. e verso Fabriano attraversando Trinquelli. Si tratta di una con l’ingresso occidentale della gola di Frasassi ed i nuclei robusta costruzione in conci di pietra calcarea le cui mura montani di Rosenga e Vallernania, verso ponente si sco ture hanno alla base uno spessore che varia cia 1,20 a 1,60 prono il castello di Genga ed il vicino villaggio di Monti- metri; doveva misurare circa 22 metri in altezza ed esten cclii. più sotto i centri rurali cii San Fortunato. Colleponi e dersi in larghezza per 7 ml. Casamontanara con alle spalle San Donnino. fino al ver Intorno al 1960 la torre si presentava mozzata fino alla sante sud del monte della Guardia. dietro al quale c’è meG e ricoperta con un tetto in legno a doppio spiovente: Arcevia. il manufatto veniva utilizzato come cappellina votiva: per Verso nord-ovest il controllo si estende fino ai castelli questo motivo era dotata, sul lato rivolto ad est, di una semplice apertura al piano terreno con architrave in quer cia che fungeva da porta. Al suo interno si trovava, sospesa ad una grande trave di quercia. una campana in bronzo: quando il castello viene abbandonato del tutto, la trave viene smontata e riu tilizzata dopo aver trasferito la campana nella vicina chie sa di San Fortunato. Anche la torre quindi subisce il fato delle meno illustri abitazioni dei castello; l’orditura in legnc) del tetto ed il manto in coppi vengono demoliti e. dopo la cernita. riuti— lizzati in altre costruzioni: la stessa sorte tocca a molti dei conci ben squadrati in pietra che formavano i suoi angoli. Priva del tetto ed esposta alle intemperie montane il forti— lizio rovina velocemente riducendosi alla condizione cli ruclere nella quale oggi si trova. (g.p.b.)

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o z SAN VITTORE DELLE CHIUSE

TOPON’IMO Dall ‘agionimo Vittore, martire della Licia prio nei locali dell’abbazia, che comprende anche

e dal latino ‘claiisus” ( “clausura” — “closura”) ad indicare un’esposizione cli armi antiche. la strettoia montana o gola eìut,’o d’O i’ scorre il ,S’entino. La originaria c’( )pertura vegetale della zona immediata fi./.) mente circostante l’abbazia è stata completamente distrutta clal1’inter ento antropico; ne permangono limitate tracce. rappresentate prevalentemente cL salici, lungo I corso del TER.Rr.roluo L’abbazia pOstd ,illo sl)OcCO della gola di Sentino. Sono stati effettuati, in epoche recenti, tentativi cli Frasassi, è lambita ari E dal Sentino che poco più a valle riforestazione a conifere che hanno sortito limitati effetti. confluisce nell’Esino. Lassetto geologico è abbastanza Nell’area occidentale che circonda il sito, la vegetazione si complesso in diuanft) la situazione attuale deriva dal siner— presenta ancora abbastanza ìntegra con aspetti diversi a gismo tra forze orogenetiche remote e azioni successive seconda della posizione e del substrato geolitologico tanto degli Jgenti esogeni quali l’erosione fluviale, L’abbazia c’he nel 1976 il comune cli Genga ha destinato la zona a sorge nella zona di contatto tra pelagiti calcaree ed emipe— riserva naturale. ( m.r.g.) lgiti mai nose cioè tra lormazioni di maiolica e di scaglia cinerea, mentre ad occidente l’azione erosiva del Sentino ha messo a i’iudo gli antichi depositi di piattaforma carbo— LINEAMENTI STORICI Non è possibile stabilire con natica (del Trias superiore) litificati in formazione cli calca precisione l’anno cli fondazione dell’abbazia cli S. Vittore re massiccio; più ad oriente, al (li Lì del Semino, sono pre delle Chiuse, menzionata per la prima olta in un clocu— senti invece scaglie cretatico—eoceniche e di nuovo pelagi mento del 100: Aclalberto e la moglie Gertrucle vendono ci calcaree. l)urante gli sbancainenti per la variante alla SS ad Amico, abate del monastero “de Victoriano”. tutti i beni sono venute alla luce numerose testimonianze fossili cli loro proprietì nel territorio cli Castel Petroso (oggi Pie— della fauna marina tra le quali è stata salvata quella di un rosara), Non plausibile sembra l’ipotesi avanzata cIa alctini ittiosauro attualmente in mostra nel museo, ospitato pro— studiosi, secondo la quale le origini cli S. Vittore risalireb—

IIIIII!IItIII,IIIIIIIIII IlIllhlIllIllI bero al secolo VIII o IX. Con più probabilità è verso la posto da Gandolfino nel 1289, nel 1293 (allorché, trovan fine del secolo X che i signori del luogo (domini loci), di do chiusa la porta del cenobio e rifiutandosi i monaci di derivazione longobarda, erigono “in fundo Victoriano” aprirgli, depone denaro e cera davanti alla soglia della una chiesa, dedicata a S. Benedetto, S. Maria e S. Vittore chiesa) e nel 1295. (in seguito denominata S. Vittore delle Chiuse), e la affida Nel 1091 l’abate Monco I conferma ad Alvino di Cuzio no ai monaci benedettini. fino alla terza generazione mascolina l’enfiteusi di alcune I fondatori, tuttavia, si riservano il giuspatronato, come terre con il castello di Frassineto e la chiesa di S. Lucia per risulta da un atto del 1011, con il quale Gozo del fu l’annuo canone di un denaro e della decima. Racombona, feudatario del castello della Sassa, dona Nel 1104 i feudatari di Civitella, delle Sassa, di Precic all’abate Giso (o Guso) 200 moggi (circa 88 ettari) di terre chie, di Ceresola, di Serrasecca e di Valle, grossa consorte di sua proprietà, rinunzia ad ogni diritto sulla chiesa e sul- ria signorile comprendente anche esponenti di una fami monastero annesso ed esclude ogni sua interferenza nella glia comitale, cedono, secondo la legge longobarda, i loro vita della comunità, concedendo ai monaci piena libertà castelli all’abate Raniero, rinunziando contemporaneamen nellosservanza della regola, nell’accettazione di nuovi te ad ogni forma di patronato su S. Vittore e sul limitrofo membri, nell’elezione dell’abate e nella pratica della vita monastero femminile di S. Salvatore di Valle. Il nuovo ente regolare; in cambio chiede il ricordo nella preghiera e il religioso viene così a costituirsi anche formalmente come tributo di una candela nell’anniversario della dedicazione signoria feudale. L’anno successivo lo stesso abate e i della chiesa, quale atto di soggezione simbolica. Gozo medesimi feudatari stringono un patto di reciproca sicurtà conferisce, inoltre, all’abate Giso e ai successori la facoltà con il conte Bucco di Sifredo e la moglie Diaditta, signori di esercitare la potestà feudale sui coloni e sugli uomini del castello di Pietrafitta. della corte della Sassa, impegnandosi a rispettare il con Nel 1135 Viviano del fu Gozo dona a 5. Vittore le terre tratto sotto pena di cento libbre di ravennati e anconetani. e i castelli di sua proprietà nel comitato di Camerino, nelle E’ probabile che in tale periodo influisca sull’ordina corti di Precicchie, della Frisula e di Pietrafitta; in caso di mento interno dell’abbazia l’azione riformatrice di S. inadempienza del contratto egli si dichiara disposto a sog Romualdo (+ 1027), la cui opera ha una vastissima riso giacere a rigorosa condanna nel giudizio futuro, chieden nanza nella zona. Certamente 5. Vittore viene a contatto do a Dio dì precipitarlo nel più profondo dell’inferno in con la spiritualità romualdina nel 1189. allorché Clemente compagnia di Lucifero, Erode, Nerone e Giuda il traditore. III ne affida la riforma ‘in temporalibus et spiritualibus” al Nel 1171 l’abate Perfetto rinnova ai conti Trasmondo, priore e ai monaci di Fonte Avellana. Due anni prima il Monaldo e Ruggero l’investitura della sesta parte del “monasterium Sancti Victoris de Clusis” è menzionato fra i castello di Pierosara, per l’annuo tributo di tre denari luc possedimenti avellanesi nella bolla del 3 novembre 1187 chesi. con la quale Gregorio VIII poneva Fonte Avellana sotto la Nel 1210 l’abate Monco Il concede in enfiteusi a Ranie diretta protezione della Sede Apostolica. Probabilmente S. ro. Bruno, Favarello e Trasmondo, figli di Guelfo di Bru Vittore ha fatto parte della Congregazione Avellanita negli nello, e ai loro discendenti fino alla terza generazione tutti anni 1186-1192, allorché alla guida della comunità trovia i beni, gli uomini e i feudi nella corte di Troila (tra Fabria mo un priore e non un abate. no e Collegiglioni). L’indipendenza spirituale e temporale dai patroni laici. E’ il periodo di massimo splendore, durante il quale gli il cui primo passo è rappresentato dall’atto del 1011. abati esercitano il loro potere spirituale sul territorio di 42 segna per S. Vittore il principio di unera di floridezza e di chiese, e quello temporale sui feudi dei dintorni, dai dluali splendore progressivi. Nel corso dei secoli XI-XII, infatti, riscuotono tributi annuì, e sui coloni dei fondi ceduti in si susseguono le donazioni e il monastero, anche attraver enfiteusi o dati a laborizio e a mezzadria, Alcuni abati so acquisti e permute che rivelano una oculata politica nella seconda metà del secolo XI si fregiano anche del economica, accomuna ad una incisiva presenza spirituale titolo onorifico di vescovo’ (ad esempio Monco I). una notevole posizione egemonica, che induce alcuni feu Fra le chiese fondate o ricevute in donazione da S. Vit datari dei territori di Fabriano, Genga, Sassoferrato e tore e amministrate direttamente dai monaci o da sacerdo Rocca Contrada (oggi Arcevia) a cedere a 5. Vittore la pro ti secolari nominati dall’abate, ci sono quelle di 5. Angelo prietà dei loro castelli, mentre gli abati si riservano, nei di Rosenga. 5. Stefano cli Genga, 5. Lorenzo di Cerreto, 5. confronti dei nuovi vassalli, il diritto di investitura. Marcello di Argignano (ceduta dai patroni con tutti i beni: Nel 1090 l’abate Monco I concede a Lgo. Alberto e altari, campane. libri, paramenti. cimitero, parrocchiani. Suppo, figli del conte (“nobilissimus comes) Alberico, il decime, case, terre ecc.), 5. Maria in Campo (nel 1298 castello di Genga a titolo di enfiteusi fino alla terza gene contesa con l’abbazia di S. Croce di Tripozzo), 5. Maria di razione Successivamente sorge una controversia tra 5. Vit Frasassi, 5. Paolo di Pierosara, 5. Pietro di Colcello, S. tore e i conti di Genga a proposito dei diritti enfiteutici del Lorenzo e S. Pietro di Moscano, S. Salvatore di Valleremita monastero sul castello: nel 1251 gli arbitri scelti di comune (già alle dipendenze dell’abbazia di S Maria d’Appenni accordo dalle due parti sentenziano che l’abate Grazia no), 5. Stefano cli Vallemontagnana, 5. Lorenzo di Fabria riconfermi l’affitto del castello al conte Gandolfino di no e le pievi di 5. Maria di Albacina e di S. Clemente di Simone, il quale è tenuto a pagare al monastero dieci lih Genga (in comproprietà con 5. Croce dei Conti). I rettori bre di ravennati e anconetani per l’investitura e il canone delle chiese, che hanno lobhligo della residenza sotto annuo di una candela doppia, lunga quanto la porta della pena di scomunica, sono tenuti a corrispondere agli abati chiesa (li S. Clemente di Genga. Tale canone risulta corri- un canone annuo in denaro o in natura (spalle di porco,

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11111111 IllIllIllilI III Il I capponi, focacce, grano). costumi e alla prevalenza degli interessi materiali nei III’’’ All’inizio del secolo XIII l’egemonia di S. Vittore inizia monaci (dediti ora anche all’attività cartaria e al commer ad essere contrastata dal comune di Fabriano, che sta cio), i conflitti di interesse con privati cittadini, con altri accentuando la sua politica di espansione e di controllo monasteri e con i castelli vicini, l’ingerenza del potere del territorio, e nonostante il prestigio e la consìstenza politico, le lotte sanguinose tra guelfi e ghibellini che pro economica il monastero non ha la forza di opporsi effica vocano stragi, devastazioni e saccheggi anche nel territo cemente alla nuova realtà emergente. rio fabrianese, il lento impoverimento dovuto alle crescen E’ del 1212 l’atto con il quale l’abate Monco Il assog ti spese non coperte dalle rendite, intaccano la floridezza getta a Todino, console di Fabriano, il castello, gli uomini dell’abbazia, che inizia un lento e inarrestabile declino. e il territorio di Pierosara alle stesse condizioni degli altri Per quanto attiene alla pratica della vita regolare, i castellani già sottoposti al comune: agli abitanti di Pierosa principali abusi si verificano nel campo della povertà. ra è concessa la facoltà di rimanere nel castello, mentre All’inizio del Trecento risulta assai praticato dai monaci di l’abate si impegna a pagare cinque soldi lucchesi per ogni S. Vittore il peculio privato; per reprimere tale abuso il 15 famiglia e concede al comune di costruire delle fortifica giugno 1306 l’abate Grazia III ordina a tutti i suoi religiosi, zioni nell’ambito del territorio, ma non dentro Pierosara: il sotto pena di scomunica e in virtù di santa obbedienza, di console da parte del comune promette di rispettare i legit compilare un inventano dei beni e degli oggetti in loro timi diritti dell’abbazia e dei vassalli, di conservare il possesso e di consegnare nel termine di otto giorni tutto castello e mai distruggerlo, di consegnare a ciascuna fami ciò che supera il valore complessivo di dieci soldi. glia soggetta ai monastero una tavola di area edificabile Dall’inventano, presentato il 22 giugno successivo, risulta entro Fabriano a patto che vi divenga abitatrice perpetua. che i monaci della comunità possiedono denaro, masseri Anche gli abati di S. Vittore accettano la politica di zie, crediti, libri: Nascimbene di Monicuccio, ad esempio, inurbamento del comune e, per provvedere ai bisogni spi ha nella sua cella alcuni codici liturgici, contenenti omelie rituali degli abitanti del “nuovo borgo” cresciuto fuori dei e l’ufficio dei defunti, e una grammatica; Paolo di Riccio due castelli di Fabriano, costruiscono la chiesa di S. Bia un breviario e un volume di decretali; Giacomo di Villa gio, alla quale Atto, vescovo di Camerino, nel 1218 ricono nuccio un breviario secondo l’ordine di S. Benedetto e sce il diritto di sepoltura e Filippo, altro presule camerte, cinque quaderni di sequenze. nel 1232 concede giurisdizione parrocchiale, togliendo del Non confacente alla povertà monastica è anche l’abbi territorio alla chiesa di S. Nicolò. che dipendeva dal mona gliamento ricercato e troppo costoso: nel 1298 Paolo di stero di S. Croce di Tripozzo. Il fatto suscita le proteste di Riccio, sindaco di S. Vittore, promette di pagare a France Compagno, abate di S. Croce, che ritiene un’intrusione sco di Pietro 50 libbre di ravennati e anconetani per 5 ingiustificata l’insediamento dei monaci di S. Vittore nel braccia di panno fiorentino e milanese e per 35 braccia di nucleo urbano. Ma il decreto di Filippo è confermato panno vergato da lui acquistati per gli “indumenti nello stesso anno dal pontefice Gregorio IX. dell’abate e dei monaci”. Negli anni successivi i monaci di S. Vittore costituisco Nel 1298, la comunità di S. Vittore, trovandosi gravata no a S. Biagio una piccola comunità con priore e dal pesante debito di 608 libbre di ravennati e anconetani incrementano notevolmente la propria potenza economica e di 160 fiorini d’oro, delibera di vendere al comune di in Fabriano con l’acquisto, per donazioni, compravendite Fabriano il castello di Pierosara con tutti i beni al prezzo e permute, di case e aree edificabili. Nel 1284 la chiesa di di 1.000 libbre (tale somma è pagata con 625 fiorini S. Biagio, distrutta da un terremoto, deve essere riedifica d’oro). Il contratto di compravendita viene stipulato in S. ta; il nuovo edificio è consacrato nel 1287 da Rambotto, Biagio di Fabriano il 14 luglio 1298 alla presenza, in qua vescovo di Camerino. lità di testimoni, di personaggi ragguardevoli, come Alber Un altro elemento che contribuisce ad indebolire il ghetto Chiavelli e Tommaso di Fidismido, capi, rispettiva potere di S. Vittore è il movimento di affrancazione. svi mente, della fazione ghibellina e guelfa dei comune. Suc luppatosi rapidamente nel secolo XIII. Ad iniziare dal cessivamente, allo scopo di far fronte alle spese. sono 1249 gli abati di S. Vittore. forse anche a causa delle sem alienate terre a Moscano, Vallemontagnana, Troila e Mon pre più gravose responsabilità dei propri feudi, concedo- tegiano. una bibbia, un calice, un turibolo. una “testa van no la libertà a molti vassalli e servi della gleba, perdendo geliorum” d’argento, una croce. Così un gran numero di uomini soggetti. In più di un caso, Nel 1306 S. Vittore entra in possesso di un ospedale tuttavia, l’affrancazione, che normalmente viene Concessa per i poveri, i pellegrini e i forestieri, sito presso Cerreto, in cambio di beni o di denaro, dà luogo a dispute e con ma fin dalle origini il monastero ha praticato l’ospitalità e troversie, in quanto il monastero non intende rinunziare a l’assistenza ai bisognosi di ogni tipo, Da un atto testameri tutti i propri diritti e cerca di barattare la libertà COtì alcuni tanio del 1432, quando già l’abbazia è unita al monastero servizi feudali. Ciò si verifica, ad esempio, nel 1287 allor olivetano di S. Caterina di Fabriano, l’ospedale “delle ché a dirimere la lite tra S. Vittore e alcuni uomini affran Chiuse” risulta ancora esistente. cati di Pierosara sono chiamati i priori delle arti del cornu Nel 1307 l’abate Grazia III, una delle figure più emi ne di Fabriano. nenti e più prestigiose fra i superiori di S. Vittore, e Sup I sintomi della decadenza si fanno più allarmanti nella polino, abate di S. Emiliano di Congiuntoli, sono scelti dai seconda metà del Duecento e nei primi decenni del Tre comuni di Sassoferrato e Rocca Contrada come arbitri con cento: la perdita di incidenza spirituale, imputabile alla piena e assoluta potestà per dirimere le loro controversie diminuita osservanza della regola. alla rilassatezza dei di confini. Nel 1308, con Li nomina ad abate del munac di Mon— 111111111 Nel 1577 Gregorio Nt. sospendendo la normale proce tefano Crescenzio Chiavelli, figlio di Alberghetto, succedu dura che prevede l’elezione del superiore da parte dei to a Grazia III (eletto dalla Sede Apostolica vescovo di monaci riuniti in capitolo, nomina abate claustrale di 5. Senigallia). S, Vittore si trova coinvolto nella lotta tra le Vittore Giacomo di Datadeo, 11 22 gennaio 1382 il capitolo varie [azioni fabrianesi, L’elezione del Chiavelli avviene in dell’abbazia, convocato da quest’ultimo, dà facoltà a fra modo irregolare. simoniaco (con versamento di denaro Giovanni cli Bartolomeo, già monaco silvestrino ed ora agli elettori) e anche drammatico: solo cinque monaci priore generale di S. Lorenzo di Lavareto presso Esanato altri dieci tuggono, parte a S. Croce dei Conti, parte nel glia, cli costruire ex noia la chiesa (li S. Caterina nel quar— castello di Genga presso Conwccio di Gandolfino), riuniti tiere di Castelvecchio ch Fabriano sopra un’area posta nel nella sala del capitolo, procedono alle operazioni di voto, territorio della p.urocchia di S. Biagio. Nel 1397 5. Cateri mentre nel chiostro del monastero controllano la situazio na, con l’annesso monastero, aderisce alla Congregazkme ne Casaleta e Tommaso Cliiavelli, fratelli di Crescenzio, cli Monte Oliveto. ci )fl un drappello di armigeri. La conterma del neoeletto Nel I iOi il card. Francesco Carbone. commendatario da parte del vicario di Camerino (la sede vescovile è cli 5. Vittore. concede in alfitto pm’ quattro anni l’abbazia, vacante) viene a costare tOO libbre di ravennati e anc’one— ridotta ormai in tristi condizioni proplel’ molo !einpoi’a cmi. seti ,.pieì’i’as (pochi monaci, tetti scoperchiati, terre incolte), a Il disegno politico (lei Chiavelli. ormai sufficientemente Chiavello Chiavelli, vicario apostolico cli Fabriano, al prez )tenhi aspirare al dominio assoluto di Fabriano. è zo cli cento ducati d’oro all’anno e con l’obbligo (Iella di estendere ouello la propria sfera di influenza anche alle manutenzione e del restauro, istituzioni religiose. Naturalmente il comportamento (lei L’anno successivo Innocenzo \‘Il sollecitato forse Chiavelli, non solo in questo frangente, provoca la reazio anche dai Chiavelli. clecreta l’annessione cli 5. \7ittore al ne dei Fid ismidi. che capeggiano la fazione guelfa (li fiorente monastero cli 5. Caterina (li Fabriano, nella spe— Fai )nano. i’anza che l’abbazia, ridotta a priorato olivetano, \ enga Le lotte di parte continuano per tutto il periodo (li riportata all’antico splendore. Contemporaneamente lo Loverno di Crescenzio t 1308— 13-iS i, che si trova coinvolto stesso pontefice incorpora i possedimenti cli 5. Vittore, anche nell’ultimo ‘grande duello medievale tra papato e situati nel territorio del comune (li Fabriani ), al monastero impero. Sci imunicato nel 1320 e nel 1324 per aver parteci— cii S. Biagio. erigendolo in abbazia e nominandone abate pau ) alla ril e1 1k ne contr( la Chiesa, capeggiata da Lippac— Giacomo di Datadeo, già superiore della sparuta comunita e Andrea Guzzolini da ()simo, l’abate guerriero e monastica cli S. Vittore, ora trasferita nel cenchio urbano, sjfl( >niaco” di 5. \ittore. incorre nuovamente nella censura Nel 1409, in seguito alla morte (li Giacomo, Gi’egorio XII ecclesiastica nel 1328, allorché si schiera dalla parte nomina abate cli 5. Biagio il monac’o silvestrino Anselmo. (lellimperatore Lod vico il ilavaro e dell’antipapa Nicolò Nello statuto del comune cli Fabriano dei 1-il viene \ c )fltr() il legittimo z intefice Giovanni XXII: ne ottiene sanciti.) che il potestà J»’o tempore deve provveclei’e alla l’assoluzione, insieme con due suoi monaci, nel 1331. Cre— manutenzione e alla ditesa dei beni di 5, Vittoi’e, scenzio. incorso nella scomunica anche nel 13-iS insieme Nel li 18 con il ricorso dell’abate Anselmo e clell’uni— o m tutti gli abati, i priori, i pievani e i rettori delle chiese versità degli uomini cli Pierosara a Martino V contro la (li Fabriano e del distretto per essersi rifiutato (li pagare soppressione dell’abbazia, che sarebbe stata c’ompiuta in una tassa imposta dal rettore della Marca, si dimette maniera surrettizia. con l’intervento del potere laico e dall’ufficio. Gli subentra nel governo abbaziale il pronipo all’insaputa dell’abate e dei monaci, ha inizio una lunga te diacono Francesco Chiavelli. figlio (li Alberghetto lI e controversia tra le comunità di S. Biagio e cli S. Caterina. h’atello (li (ìuido Napolitano, primo vicario apostolico (li Nel 1421, per evitare i danni d’una Fabriano. lite clispendiosa e cli esito incerto, i due monasteri giungono ad una Frequenti scno, transazio nel corso del Trecento, i casi di obla— ne, suggellata solennemente zii cia una bolla pontificia, in me, cioè di persone (l’ambo i sessi che affidano se stes forza della quale 5. Biagio rinuncia alla Sua opposizk)ne al se e i propri beni all’abbazia, impegnandosi a praticarne decreto cli unione (li Innocenzo VII del i 406 in cambio cli l’ sservanza e la regola; in cambio la comunità assicura alcuni beni in città e nelle balie (li Rocchetta e Moscano, agli oblati il sostentamento fino alla morte Anche se più 5, \‘ittore, trasformato in grangia o fattoria, s’iene com numerose risultano le oblazioni maschili, non mancano pletamente trascurato; dalle ingiurie del tempo e clall’incu— casi di donne che si offrono al monastero (li 5. \‘ittore: nel ria degli uomini si salva solo la chiesa’abbaziale, che con 1392, ad esempio. Letizia, vedova di Angeluccio (li Guido la soppressione napoleonica del 1810 passa alle dipen— da Genga, promette castità e obbedienza nelle mani clenze della curia vescovile e diventa chiesa suffraganea dell’abate Giacomo e dona al monastero tutti i propri della parrocchia cli Pierosara. beni, riservandosi, tuttavia, l’usufrutto e la somma cli 100 Nel 1406 l’archivio cli 5. Vittore, contenente documenti libbre cli ravennati per l’esercizio (li opere caritative. dli estrema importanza per la storia e la cultura fabrianesi Il processo (li decadenza cli 5. Vittore è accelerato nella (particolare interesse linguistico per il “volgare” italiano seconda metà del Trecento dal regime commendatario. nella nostra zona riveste la cosiddetta “carta cli I”ahriano” Nel 1373 il monastero si trova in commenda del card. Pie— del maggio 1186, proveniente appunto cia tale archivio), ti’o Stagno, il quale ne cura gli interessi materiali tramite viene smembrato: una parte è trasferita nel monastero cli Ufl Suo procuratoi’e laico (Matteo “(le Tancarariis’ (la Bolo 5. Biagio, sede dell’ultimo abate cli 5. Vittore (ora tale gna ) e quelli spirituali attraverso un abate claustrale. materiale è custodito nell’archivio cli Fonte Avellana ),

IIIIIIIIIIIIIIII)!!lii mentre la parte più cospicua passa al monastero di 5. no ad acqua con le relative opere cli canalizzazione e la IllIllIllIllIl Caterina. limitata edificazione dell’area confinante. Dopo la soppressione del 1810 il monaco l3enecletto L’attuale sviluppo urbanistico spontaneo di tutta una Rosei cli Fabriano trasferisce l’archivio di S. Caterina nel serie di costruzioni, a cominciare dallo stabilimento terrna palazzo della sua nobile famiglia, allo scopo cli salvarlo le per la cura con le acque sulfuree, hanno parzialmente dalla dispersione o dalla distruzione. Successivamente compromesso il preesistente equilibrato rapporto tra il monS. Aurelio Zonghi ha la possibilitì di studiare il mate monumento e la magnifica natura circostante, riale e di lasciarne un regesto, oggi preziosissimo. Gli Le residenze monastiche sono un’opera che risale al credi Rosei, infatti, hanno venduto gli originali all’america XIII secolo probabilmente portata a termine ristrutturanclo no Scheicle. che ha donato l’intera collezione alla Univer echfici coevi alla chiesa che, ormai a ragione, viene consi siG di Princeton (USA), dove oggi è conservata. (u. p.) clerata il prototipo di un nutrito gruppo di complessi ana loghi che caratterizzano consistentemente l’arte cli stile romanico nelle . In essa trovano espressione ARCH1TETI’URA quegli Il complesso si compone di due elementi cli rinascita architettonica tendenti alla monumen— grandi corpi cli fabbrica posti sul lato destro del fiume taliG propri cli questo stile, la effettiva reinvenzione cli tec Sentino; a nord è situato il tempio romanico mentre ad niche cli progettazione e costruzione che per 500 anni le )riente. incontrandosi con il pei’rìo costituito dalla grande tendenze filosofiche e religiose avevano cancellato e. non torre difensiva si aprono i locali destinati alla vita inona— ultima, la spinta al rinnovamento che investe l’ordine dei stica, chiudendo su due lati un ampio cortile recintato da benedettini e l)ortì a quella concretezza cli sintesi formale un muro (li pietra. fondata sulla essenzialiG di figLire geometriche giustappo— Nello stralcio planimetrico catastale a termine ste. nel 181-i tra l’abbazia ccl il fiume, in prossimiG del ponte [I tempio dedicato a San Vittore ha una planimetria a romano munito (li torre cli guardia, si estende il cimitero; croce greca, inscritta dove il modulo compositivo quadra— particolari interessanti sono inoltre la presenza cli un muli— to dell’architettura romanica trova una serrata e coerente

t 1ì)i)c(2ria da itna/hto iIliZi() secolo .VX.

:‘-)

I I liii 11111 II I, Interni. composizione; le leggere disuguaglianze, non rilevabili dall’occhio umano, sono dei tutto insignificanti nella valu tazione complessiva. La tipologia planimetrica a pianta centrale deriva diret tamente dall’estetica romana e trova la sua sintesi più feli ce a Costantinopoli durante l’impero di Giustiniano nelle chiese dei SS. Apostoli e di Hagia Sofia; in particolare quest’ultima fungerà da modello per le future moschee arabe. In linea generale il tipo a basilica sarà il preferito dall’architettura cristiana d’occidente, mentre quello a -I, pianta centrale costituirà il prototipo dell’architettura cri stiana d’oriente. l.o spazio interno che si sviluppa cia queste pianimetr e è più unitario e confluisce dai vari ambienti delimitati dalle campate: la sua chmensione, ed in modo particolare per quello originato dall’impianto centralizzato rispetto al tipo a basilica, si valuta con difficoltà ed in effetti la stessa chiesa di San Vittore, ad onta delle dimensioni non ecce zionali, dà con immediatezza una impressione di severa imponenza. Questa caratteristica è fondamentale per una religione i AMBIENTI MONASTICI SEC Nt-NV ù MULINO come quella bizantina, scossa dalla polemica iconoclasta. 2 CORTILE INTERNO 7 TORRE SEC. XIV che tende a creare uno spazio privo delle dimensioni umane per la casa di Dio, dissimulando le pareti con 3 CIMITERO 8 5, \TI7ORE SEC. XI mosaici dalle sospese raffigurazioni monodimensionali 4 ORTI T TORRE TESTA DI PONTE SEC. XI-XIII che riflettono la poca luce che entra nelle chiese. Ma il tempio di San Vittore, pur caratterizzato dalla pianta roma 5 PONTE ROMANO no-bizantina, risulta essere un’espressione architettonica PIANTA occidentale nella sua composizione formale, un romanico

I IIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIII IlIllIllhllIllIllI

a torre-testa di ponte. Foto inizio secolo.

3articolare copertura a pennacchi nel tiburio.

371

IIIIIIIIIIIIIIIIIIIIHIIII puro che rappresenta la nuova cui 1111111 grandezza dell’impero e masse danno un’impressione cli angustia. si apre uno del suo sistema feudale, le grandi riforme del monachesi spazio dalle proporzioni perfettamente calibrate, dominato mo e la volontà di clar vita ad una architettura che espri dalle linee tonde delle ahsicli con catini emisferici e dagli ma, oltre la forza dello spirito, anche quella terrena e archi a tutto sesto dì sostegno delle volte a crociera che materiale; concetti lontanissimi da quelli che ispirano lo coprono le tre navate ed il transetto, spazio metafisico concepito per le chiese di S. Vitale a Il tiburio che sorregge la cupola raccorda la sua forma Ravenna o per Marco 5, di Venezia, anchesse a planime ottagonale con il quadrato della campata centrale con ele tria centrale. ganti pennacchi; dalle monofore scende una luce unifor In altre parole. quegli elementi caratteristici dell’archi me su tutta la chiesa. L’area del preshiterio. leggermente tettura romano—bizantina, giustificati storicamente rialzata cIa tre scalini, prende luce anche dalle aperture dall’appartenenza dell’area alla pentapoli di Ravenna, ven presenti sulle lesene, risultando così le ahsidi zone cli gono ormai svuotati cIa! loro significato primario e reinter maggiore rilievo chiaroscurale. pretati secondo le nuove idee che, anche nell’arte e nelle La forze espressa dalle spesse murature esaltata dalle tecniche di progettazione e costruzione, ne determinano bucatui’e. la solidità delle coperture a crociera che sostitui significati diversi ed originali, al punto che il gruppo delle scono le coperture lignee paleocristiane, in altre parole chiese che ad essi si ispirano si caratterizzano per uno quella consistenza, a volte pesante, tipica del rornanico, stile dotato di proprie ed autonome peculiarità. nel tempio cli San Vittore delle Chiuse è attenuata dalle Esternamente la chiesa dedicata a San Vittore si pre soluzioni spaziali: la chiesa, anche se esprime compattez senta con un volume compatto costruito in conci di pietra za nei semplici e chiari rapporti spaziali, evidenzia un ele calcarea ben squadrati, la cui forma essenziale è mossa ganza che spesso viene a mancare nelle espressioni archi dalle linee curve delle absidi ccl ingentilita dalla scansione tettoniche romaniche. Così particolare attenzione viene verticale del panimento cli facciata, resa con lesene slan riposta nelle cluattro colonne costruite con conci cli pietra ciate collegate da archetti pensili, e cIa! cilindro appena calcarea scfuadlrata che sorreggono gli archi a lutto sesto. sporgente della scala a chiocciola posta a fianco del narte— sui quali poggiano le crociere e la cupola centrale che esprimono, in assonanza con il rimanente edificio, un \ello spessore delle murature si aprono eleganti ampio spessore. ma nel contempo le loro dimensioni ml )nofl )re doppio a strombo con archi a tutto sesto nel risultano slanciate ed eleganti, pur nella semplicità delle tiburio. nelle ahsicli del transetto rivolto verso valle ccl in forme essenziali e prive cli qualsiasi ornamento, delle (luelle navate: la monof ra dell’abside centrale pre Su un plinto quadrangolare in blocchi cli pietra poggia senta un’ampia strombatura doppia ccl un archetto triloba— la base della colonna a forma cli tronco cli cono con lo. che diverranno elc’nienti caratteristici anche in altre modanatura a toro cuneiforme, dalla quale pirte l’elemen o )struzioni. l)a questo volume emerge la torre campana— to verticale la cui sommità termina con un c’ollarino, rO, realizzata in epoca successiva con evidenti funzioni di anch’esso cuneiforme ma realizzato in c itto con un chiaro difesa e. centralmente. il tiburio ottagonale sul quale pog intento di spi )glia clecoi’azh )ne. gia la cupola emisferica e nel quale il ritmo delle lesene si E’ proprio questa essenzialita degli elementi che ricon fa Serrato e raccordato da archetti ciechi. ferma l’appartenenza della chiesa alk stile roinanico del Internamente, superato il nartece con volta a botte, le principio clell’XI secolo, (g. p,l.

l1IIIIIIIlIlIIIIIIIIIIIll MATEUcA ED ESANATOGLIA NELLE. TERRE DEGLI OTTONI E DEI DA VARANO PALAZZO DI ESANATOGLIA Altitudine mslni. 555. Posizione: poggio. AbitantI: 3(1989).

TOPONIIIO Come analoghi toponimi delle Marche e un piccolo fondo utilizzato per coltivi a cereali cIa cui ne della Romagna, con le Jrme diminutive “palazolo emerge un’ampia zolla. palazz(u)olo, deriva dal latino medioevale ‘palatiuin “, La copertura vegetale, distribuita nell’area in concor dimora, corte di un nobile. (i.q.) danza con i piani altitudinali, è stata notevolmente modifi cata da interventi antropici antichi e recenti: fino ad anni i(’lni il legname delle formazioni del querceto di roverella ‘l’ERHlTORIO E’ l’insediamentc) più meridionale tra e clell’orno—ostrieto (ancora presenti nelle zone più basse quelli considerati: si trova in una piccola sinclinale interna anche se in forma degradata veniva utilizzato dalle nume delimitata ad \V dalle pendici del monte Cafaggio (dal cui rose carbonaie delle quali permangono resti ben visibili: versante opposto si origina l’Esino) e ad E da quelle del l’introduzione di specie non autoctone, come lo scotano e monte Gemmo. le acacie ed i vari tentativi di rimboschimento a conifere, Le acciue ruscellanti che scendono dai rilievi si raccol effettuati anche nelle zone più elevate, hanno ulterior gono nel fosso di Palazzo e, dopo essere in parte sottratte mente alterato la composizione del manto vegetale. Le per alimentare un acquedotto che rifornisce la rete idrica :iree più elevate, originariamente coperte da faggeti, sono (li Matelica confluiscono nell’Esino appena a \‘alle cli Esa— state ampiamente dishoscate ccl utilizzate come pascoli natoglia. per ovini e bovini anche se faggi secolari isolati o in pic Il terreno su cui sorge Palazzo è costituito dalle forma— coli gruppi sono ancora un elemento caratteristico delle zOfli calcaree caratteristiche delle anticlinali appenniniche: cime arrontondate del monte Gemmo. (m.r.g. pelagiti calcaree, sotto forma di scaglia rosata e scaglia bianca, e formazioni riferibili alla maiolica nella parte più occidentale: le due emergenze sono separate \ erso E da LINEAMENTI STORICI Numerosi sono gli studi circa una sottile fascia di depositi alluvionali recenti particolar le caratteristiche storiche del territorio in etù medievale e mente visibili e appena a S dell’insediamento all’interno cli flOfl: più rari sono invece i testi in cui compaiono notizie

IIltIIIIIIIIIIIIIIIIaIIIII IIIWN specifiche circa Palazzo di Esanatoglia dalle sue origini ad ti religiosi, dice, facendo seguito alla citazione cli docu oggi. Validissimi risultano i contributi di studiosi come Bit menti per cui i farfensi sarebbero presenti nella zona fin tarelli, Feliciangeli, Luzzatto, Peclica; Saracco Previdi e dal IX secolo, che essi erano possessori cli fondi in t’alle Mazzalupi offrono preziosi approfondirnenti in relazione a Majana che, egli nota. “io leggo Acujana”. E che gli Otto tutta la zona di Esanatoglia (di cui Palazzo oggi è frazio ni matelicesi tra il 1162 e il 1166 si distinguessero per la ne particolarmente circa gli insediamenti medievali: come loro potenza è indubbio: lo conferma un’antica pergame pure determinanti SOflO i contributi offerti dal Grimaldi e na con cui concedono ai consoli matelicesi territori ed abi dal Vogel per la loro accurata analisi del più antico mate tanti tra il fiume Potenza ed il fosso di Rastia; sembra che riale documentario. fossero proprietari di montagne e colline anche verso Esa Oggi Palazzo vive solo delle voci (Iella natura: è da natoglia. qualche anno un centro disabitato che si raggiunge salen Il Mazzalupi annota che per la prima volta l’antica do da Esanatoglia verso Capriglia e percorrendo per alcu denominazione di Acuiano compare, rivelando quindi ni chilometri la strada che costeggia il (osso omonimo. l’esistenza dell’insediamento, nel Privilegio di Innocenzo Giustamente annota il Feliciangeli che questo è il punto III pro Monasterio Sancti Angeli infra Ostia: la chiesa di S. più vicino tra l’alto Potenza e il bacino dell’Esino che in Salvatore della Valle Acujana è ben presente nell’espres queste zone prende vita. A suo giudizio l’antico insedia sione “Ecclesiam S. Salvatoris de Vallecujana”, come pure mento di Esanatoglia non corrisponderebbe alla posizione (e non siamo più nel 1198 ma nel 1233) in quella che attuale ma a quella localizzabile allo sbocco del fosso di documenta le decime da pagare in natura al ‘Vescovo di Palazzo, ove oggi è Capriglia. Il Mazzalupi, dopo aver ben Camerino, in cui si dice “Santus Salvatoris n’e Valle Acuia rilevato la posizione strategica della zona in considerazio ai dei 1111 frum, e V copp. annon, apud Plebem Sanctae ne della morfologia dei luoghi, evidenzia come essa sia Anatholiae”, riecheggiando i documenti riportati dal Tur baricentrica tra Camerino, Matelica, Fabriano e annota che chi. A questi si affianca quanto un passaggio delle Ratio “cluesto villaggio compare nella documentazione col nes Decimarum Jtaliae indica: “DompnusJobannes rector nome attuale di Palazzo solo a partire dal secolo XVI”. ecclesiae 5’. Saluatoris de Vallecuiani de Sancta Anatolia La stessa Esanatoglia. posta laddove trova sbocco la adsignavit V liht pro se et suis heneJìciis”. riferendosi al vallata iniziale dell’Esino nel suo punto di confluenza con Trecento siamo a pochi anni di distanza (1283): nell’inven (osso 5. Angelo, nel Medioevo indubbiamente assunse tario dei censi dovuti alla chiesa romana, dice il Luzzatto. notevole valore strategico; e non minore ne ebbe Palazzo, S, Anatolia è giù compresa tra i castra occupati dai Carne che si trova lungo una delle tre direttrìci di viahilit dei rinesi, centri gi citati. Ma a proposito di Palazzo, non può esser taciuta la Bittarelli indica come il centro maggiore assuma una nota che Bittarelli inserisce, parlando di Esanatoglia, nella denominazione definibile come conta;ninatio tra Aesae sua ,llarca di camerino. Egli sostiene che, prima degli ed Anatolia: il fiume da sempre ha rappresentato elemen Ottoni, il castello di Esanatoglia dovette esser posseduto to (li culto, unendo consuetudini galliche alle successive dai “Cavalca di Fiuminata, padroni della rocca intermedia romane per approdare ai termini di una religiosit:ì nuova, cli Palazzo” (e aggiunge poi che, quando nel 1211 “Mateli la cristiana, con una figura di donna che rifulge anche nei ca e Fabriano Strinsero una provvisoria pace, il castrum 5’, mosaici splendidi (li S. Apollinare Nuovo cli Ravenna, Analoliae czim tota eius carte faceva parte del distretto cli Nel periodo medievale la piebs romana, forse preroma Matelica): la data del possesso dei Cavalca risalirebbe al na. aggiunge lo studioso, si trasforma in “pieve”, una pic 1015, Il Feliciangeli afferma che il dominio nell’alto Poten cola comunitt che si regge e si amministra: ed il moltipli za alla fine del Il decennio del secolo XIII fu cli una fami carsi dei nuclei monastici intorno al .Mille caratterizza glia detta dei nobiles de Rocca Sancte Lticie o domini anche la storia cli quest’area come delle vicine. Chvalca o C’at’alca de Rocca per la frequenza del nome di Ma per comprendere il rapporto tra questa indicazione battesimo o soprannome Cavalca o Malcavallo, e la localit:Ì cli Palazzo, è necessario dire che quest’ultima I ‘n Raniero Malcavalca della Rocca risulta tra i consoli sembra al Mazzalupi possa essere identificata con Acnia— pdesCi di Matelica dell’anno 1213: il fiocchi invece ìio e I ille Acuiani, non solo per la chiesa ivi esistente, e sostiene che cli tale famiglia si ignora la provenienza e la da sempre dedicata a S. Salvatore, ma per i dati contenuti discendenza. o almeno dei signori della Rocca di S. Lucia: negli statuti di Esanatoglia, che il Luzzatto ha pubblicato, e ne fa risalire l’etimo a ,ilarkwald, Marcovalclo, di origine che danno indicazioni topografiche cli riferimento che nordica o longobarda; egli aggiunge che nell’archivio appaiono inoppugnabili a favore di tale identiCi: si tratta comunale di Esanatoglia si conserva un documento del della valle e del villaggio di Palazzo. 1180 (una pergamena mutila) con cui “un signor Malcaval Il più antico documento cli cui si abbia notizia, relativo (che il Turchi, a suo giudizio, completò arbitrariamente in al territorio di Esanatoglia. è l’atto cli fondazione del ,I[ak’a,’a/lus). figlio di Albertino. dona per i suoi peccati e monastero di 5’, Aìite/o infra Hostia (1015). monastero in cambio solo di preghiere ad Attolino, abate cli 5’, A iigelo nato essendo la chiesa omonima ghì esistente: sono il infia 1-lostia, meni cli quanto gli spetta nella pieve di Esa— conte Atto di Attone (Ottoni cli Matelica?) e la contessa natoglia, con libri, campane e paramenti”, Forse imparen Berta cli Amezone, di origine longobarda, a permetterne la tati con gli Ottoni, vendono loro nello stesso periodo il realizzazk)ne con la donazione di terreni, vigne, boschi e castello cli S, Maria e sono tra i primi signorotti rurali à vari edifici, E non sari il solo atto cli cui saranno benefi— divenire (o almeno alcuni cli loro divennero) cittadini del ciari i benedettini l’Acquac’otta, a proposito cli insediamen— comune di \ latelica, Certo è che nel secolo Xl domina la

IIIIIIIIIIIIIIIIIIUIIIIII Rocca di S. Lucia Raniero, figlio di Malcavalca. monte Geinbi et in tota valle Acuiani. III” Essi gradualmente si staccano cia Matelica e ancor più Il Mazzalupi rende noto che in una relazione anonima, da Fabriano, avvicinandosi a Camerino, che li annovera riferibile alla fine del 500 o aì primi del 600, conservata tra i suoi cittadini, e a Perugia. Nel 1283 vendono a Came presso l’Archivio della Curia Generalizia degli Agostiniani rino per 2100 libbre di denari i diritti su Fiuminata ed in in Roma, è contenuta la prova che il nome è già quello di seguito altre importanti rocche; dopo che il terremoto del Palazzo: “Un’altra villa detta il Palazzo nella valle Acuiana 1279 aveva seminato devastazione e morte. Ed ancora quale fa circa 40 fuochi, villa antica e ricca”. Ciò trova oggi l’edificio più significativo di Palazzo porta il loro conferma in un documento ecclesiastico del 1592: in tale nome. data il vescovo dì Camerino visita simplicem ecclesiam Ricorda l’Acquacotta nelle Memorie di Matelica che nel Sancti Salvatoris de villa Palatii; ed il Feliciangeli, dando 1263 i signori di Cluzano vendono per quattromila lire di notizia di un’altra visita pastorale (ma siamo ormai nel Ravenna al comune di Matelica. “il Castello (di S. Maria) 1670) dice che questa avviene in San Salvatore nella Villa con tutte le sue pertinenze 1. .1 e particolarmente con quel di Palazzo parrocchiale. la parte del territorio che si estendeva dalla cima del Della villa il Mazzalupi parla come di uno dei luoghi monte Pero in linea retta alle Montagne di Somaregia, indi che sorgevano più lontani dal castrum e che trova in pd fosso di Cafagio fino a Santanatolia, e di là al fiume di Palazzo un caso “embiematico ed esemplare”. Acujano (usque in rivum acujaniY’ riservandosi il giuspa “Questa villa”, egli annota, “è costituita oggi da due dronato tanto della chiesa di 5. Maria, quanto di quella di parti, la più importante delle quali risulta ricavata dal vec S. Biagio e di San Salvatore della valle di Acujano, della chio Palazzo dei Cavalca. Questo si presenta tagliato lon Villa cioè, del Palazzo di Esanatoglia. Negli statuti di Esa gitudinalmente per una cinquantina di metri cia una viuzza natoglia, pubblicati dal Luzzatto, e risalenti al 1324, i riferi ai cui lati sorgono le case della villa che risulta fortificata, menti alle località di Palazzo (ancora indicata con la deno viste le pareti posteriori di tali abitazioni che presentano minazione cli Acuiano) sono ricorrenti ed attestano un muri perpendicolari in pietra viva. L’altra parte della villa, insediamento umano consistente. invece, è addossata alla chiesa al di là del fosso”. Per lo Il Luzzatto, nella premessa agli stessi Statuti, traccia stesso studioso la variazione cia Villa de Acujano a villa brevemente le vicende di Esanatoglia: nel 1303, Innocen Palatii, documentata fin dal 1500, si deve alla costruzione ZO III invita il podestà ed il popolo di 5. Anatolia ad aiuta del palatium, espressione di “sovrapposizione di edifici di re Matelica dopo la distruzione operata da Camerìno: e varia epoca, dal XII al XVII secolo”, mentre la chiesa (o ciò fa presupporre “che il comune fosse indipendente”. ciò che di essa resta) “presenta una struttura 1Ofl anteriore Con il rafforzarsi delle realtà comunali vicine, nel 1211 il al XVII secolo”. castruni S. tae Anaiholiae cum tota eius carte fa parte del La presenza in Esanatoglia e nella zona di numerosi distretto cli Matelica; “ma al dominio oppressivo del comu maestri lombardi, rilevabile cia molti contratti cli lavoro ne vicino i castellani di S. Anatolia doveano preferire quel risalenti al XIV e XV secolo, unitamente alle disposizioni lo cli una città più lontana”, a cui erano già uniti per giuri previste dagli Statuti, assicura le possibilità operative e le sclizione ecclesiastica sok dopo pochi anni Esanatoglia è qualità delle stesse nel settore edilizio. Ed il ventaglio di sotto Camerino e vi resta per oltre due secoli finchè, decli corporazioni presenti già in Esanatoglia tra il Trecento ccl nato l’astro dei da Varano, rientrerà nell’orbita del Gover il Quattrocento (giudici, notai, mercanti, muratori, maestri no pontificio, in cui resterà fino all’unità d’Italia. del legno, vasai, fabbri, calzolai, osti, macellai, barbieri, ed Essa, conferma ancora il Luzzatto, rimane soggetta “alla infine cartai) e vive nel Cinquecento, presuppongono un giurisdizione del Camerinesi” per lungo tempo; essi “vi rapporto intenso con i centri vicini come Camerino, Mate imponevano taglie, levavano soldati, esigevano multe, e lica, Fabriano, Recanati. Alla fine del XVI secolo Esanato approvavano i podestà, giudici e notai, eletti da quei cli 5. glia si caratterizza “per fortissimo commercio” dovuto a Anatolia tra i cittadini cli Camerino”. lanificio per pannine, di econci per corami, cartiere, Ma, tornando agli Statuti ed alle indicazioni relative ad Majioliche’; “la Terra [.1 era così piena cli denaro [.1 da Acujano, ecco le espressioni più significative, dedotte dai attrarre anche malviventi che prendono in ostaggio figli cli testi stessi: vi si parla cli una via quae vadit ad Jbntem famiglie abbienti chiedendo un riscatto di diecimila scudi’. Acuiani /. .1 ci iendit versus Cuprilia; si stabilisce che la Il riflesso di tutte le attività di cui sopra non possono fonte stessa venga curata per hom ines vicinantiae a serra non aver coinvolto Palazzo. Dopo la metà del Quattrocen campi versus (Japriliatn et Acuianum et de valle acuiani; to la presenza di maestri lombardi e stranieri nella zona e o anche per bomines contralae chiari sono i riferimenti nel castrum, potrebbe non essere estranea alla tecnica agli bomines de Acuiano; anche la jns de Venatoriis deve muraria delle volte a crocera ccl a botte o alle linee nitide esser curata per homines vallis 4cuiani; ccl il riferimento degli edifici cii Palazzo. Malgrado eventi calamitosi che agli abitanti della zona ccl alle loro case è palese allorchè colpiscono la comunità (carestia nel 1590 e 92 terremoti si parla della via quae inczpit a pede domorum i’allis nel Settecento, ancora carestie ed alluvioni), nel Breve cii Acuiani ci tendit adfinlem Cupi; essa riguarda gli bomi Clemente XIII (8 luglio 1766) Esanatoglia è definita “terra nes contratae /7 ci habitantes in villa t’allis Acuiani. In cospicua”. un altro passo degli Statuti si fa riferimento anche ad alcu Palazzo, centro cli interessi strategici ccl economici nel ne attività che si svolgono nella zona (e che gli abitanti passato. centro già nel 1960 di una Azienda di Stato, oggi, hanno praticato fino a vari decenni fa): sii licitum flicere nella parte abitativa è di proprietà privata, mentre il terri— va ncu m, ca rhones, cocta ai ca rbon u in ci /bca ria in in brio circostante è di pertinenza della Regione Marche: il I 111111 tempO ha ridato alla natura ed alle sue creature quanto in senso orario a partire da Fabriano. tocca Cerreto d’Esi, l’uomo, (la di mille anni ha goduto e plasmato Secofl Matelica, Casteiraimondo, Pioraco, Fiuminata, Campodoni do la sua volontì e le sue esigenze; ma il Palazzo fortifica co, Belvedere, Cancelli, unendo tra loro queste località e to, le vie, gli edifici in pietra squadrata, la torre mozzata, convergendo sulla prima. Questo stato di fatto fa sì che, le porte, meritano una ancora più completa lettura (Iella seppure Palazzo sia localizzato in una posizione chiave loro storia. (mf.c.) nella quale si scontrano e si fronteggiano gli interessi poli tico-militare cli tre distinte realtà comunali (Camerino, Fabriano e Matelica), il castello non assume un molo fon ASSETTO URBANISTICO li castello di Palazzo è un dainentale nelle strategie delle pur agguerrite municipalit. nucleo di poggio posto in una vallata dell’Appennino Allo stato attuale il nucleo è completamente disabitato umbro-marchigiano, dove sfrutta un rilievo del fondo valle e molto del suo tessuto urbano e del patrimonio edilizio è profondamente solcato dal torrente montano omonimo, andato perduto a causa dei crolli succedutisi recentemen affluente dell’Esino. te. Nonostante ciò, con gli apporti che provengono dalla Strategicamente il sito permette il controllo della tor planimetria catastale risalente al 1814, la morfologia urba tuosa via che da Esanatoglia conduce a Fiuminata. via che na dell’insediamento si può assegnare in parte alla tipolo può essere agevolmente aggirata dall’anello che, ruotando gia a scacchiera ed in parte a quella ad avvolgimento.

Il boiojorti/icato. ,lbitazioni del tipo ‘a torre’.

[ci chicsa di S. Sali ‘atore, Le strette zie interne.

378 IIttIIIINllhIIItIIIIIIIti Questa singolare situazione è determinata dalla pre ‘‘III’’’ senza di un nucleo più antico consistente in un palazzo fortificato posto sul lato meridionale dell’incasato, e da una successiva espansione verso nord del borgo fortifica to, espansione che segue l’andamento del crinale. Altrettanto singolare risulta la posizione della chiesa castrense di 5. Salvatore, quasi contrapposta a nord del castello; questa, costruita con solide ed alte murature in pietra scluadrata, forma, insieme ad altri ambienti, un edi ficio complesso con corte interna che denuncia chiari intenti di autodifesa. Il campanile, di poco più alto dei restanti manufatti, emerge solo per la parte della cella campanaria, in epoca più tarda costruita in cotto sulla base d’angolo in pietra. Le abitazioni sono edificate con pietra calcarea squa drata con l’uso frammisto di mattoni in cotto soprattutto nelle piattabande e negli archi di porte e finestre; le coperture sono realizzate con falde spioventi su orditura portante in legno e manto esterno in coppi. La tipologìa delle stesse èaschiera compatta, allineata lungo le vie interne molto strette. Sono tuttora ben identificabili gli edifici a torre risalenti ai secoli XIV e XV. che trasformano le singole unità abita Uve in parziali elementi fortificati, ognuno dei quali appor ta ulteriori contributi alle difese comuni del castello, costi— i uite dalla parte più rinforzata e dal vallo protettivo. (g.p.b.)

— VIAI3ILITA CHIESA

BORGO MURATO

BORGO ESTERNO

• FOSSO

PIANTA ROCCA DEGLI OTOM

Altitudine m. 661. Posizione: versante.

TERRITORIO ridosso del versante occidentale del cli Collamato, di Fabriano, Essa è inscindibilmenre legata san \ iciflo, SU uno sperone dilhcilnwnte accessibile (li cal— al m)me degli Ottoni I conti ( (4)nlitcs) compaiono con :iw massiccio a contatto coro formazioni di maiolica. certezza e tra i pri1 il conte Attone gLi erso Li meta domina Li vallata dcllEsino in corrispondenza di Ccrreto del XII secolo come signori di vasti territori tra il Potenza JEi. La copertura vegetale è abbastanza integra: predo— e lEsino: la loro l)rcI è confermata da una pergame— mina no le specie del (luerceto a roverc’lla e dell’o rno— mi dcl I 1ù2 o del i Iéù: e ti’o tro n a espressione la loro nelle zone pi(i basse. cI&l Loggeto nell area culmi— proi’onpente personilita. Pur nella succes’iva ac cettaziorce mole: è presente inoltre un discreto castagneto. Le attiviCo dell’incastellainento nel comune di \Iatelica, questa fami agricole e la p1stori7i:1 sono praticate solo in aree margi glia finirù per dominarne a lungo la vita politica. Ciò nali piuttosto ristrette, il bosco, o parte propriedo privata a verdi formalmente nel 1394, anno in cui”vennero nomi n arte demaniale, è governato a ceduo ed ampiamente nati Vicari della Chiesa, fino ai i 78, quando ennero I tlllzzatc) anche per la raccolta delle cat:igne. (m.r.g.> dichiarati decaduti dal governo della cittadina”: è la sintesi della loro paralola di potere offerta in un recente studio condotto da Luca Barbini su la S4inoria o/egli Ottoni. E le LINEAMENTI STORICI “Era la Rocca di Matclica fab loro caratteristiche forse trovano piena espressione nello bricata sul masso di un monte”. Per secoli e secoli cluesto stemma che li rappresenta: una scacchiera rossa e bianca nome, nelle sue accezioni più o 10cm) antiche ( Rocca sormontata da un’aquila nera: il tutto su campo cloro. I)o,o, liii .lcionis, ‘l:’ ,S. iicini, Rocca degli Ottoni, Roccac la S’furia popolare cli Sennen Bigiaretti, le .1 teniorie dO), è comparso nei documenti ufficiali in cui si specifica dell’,\ccluacotta. le .llemorje civili ed c’cclesiastic/?c’ dcl Raz c sì nassume la storia della cittù di Matelica csome di alcuni zanti, solo per citare gli storici locali, risultano co )ntinua— dei centri vicini (particolarmente pci’ essi riferita al perio mente soliecitate cia tali presenze cli cui la Rocca, data do medievale) di Esanatoglia. di Cerreto ci’Esi. cli Albacina, come esistente gia nei primi documenti, nel bene e nel

IIIIIIIiIiIliIIlIiIIIIII male, finisce con I 1H11 l’essere simbolo. Il cardinale Anglico, vicario generale, a questo proposito, Le più antiche pergamene dell’Archivio Comunale di così si esprime: “Qiio ululo ibsuiìfl posside!. nescio. credo Matelica documentano il tentativo degli Ottoni, forti della quoti permissive et conl’enienciam”, presenza imperiale in Italia. di assoggettare la cittù che Potere quindi incontestato cli l’atto, anche se legittima reagisce, ampliando a loro danno il suo dominio territoria to, La politica filopapale, che garantirà loro nel 1443 la le e strappando a Monco, come giù ai padre Rainalcio, i riconferma del vicariato generale cli Santa Romana Chiesa, territori che il nonno Attone si era riservatC. tra cui Colfer darù frutti sempre più consistenti, Ma l’anno 1462 vede il raio (Colferrao), Poggeto (Pugito). Castiglione. a risarci manifestarsi del malcontento popolare di cui si ignorano mento dei danni che con la guerra la comunitù ha subito. le cause. La Rocca vede probabilmente la morte di France Ma la nomina di Attone (1199) a Podestù di con sco Ottoni, che vi è rinchiuso a seguito della sommossa. vince Fabriano, Cingoli, San Severino a sostenerlo contro Altri Ottoni, Antonio e Alessandro, figli di Ranuccio, meno Matelica, che, pressata anche cia Camerino, subisce effetti invisi al popolo, si ritrovano alla guida della citO nel distruttivi. cIa cui la solleva l’intervento di Innocenzo III periodo successivo; alla loro morte, i figli succedono loro che invita Esanatoglia e Fabriano a favorirne la ricostruzio nel governo, secondo i termini di un accordo in cui SOflO ne, agevolata anche dalla successiva emanazione di un ripartiti beni e potere: “il dominio, -chiarisce il Barbini-, è Privilegio dell’imperatore Ottone IV. La vita comunale cosa comune spettante a tutti ma la direzione dello stato è riprende. consolidata da una transazione (1211) tra Fabria— di pertinenza del più anziano”: vive in questo caso di no e Matelica: e il Feliciangeli sostiene che la Rocca domi Ranuccio di Antonio, il cui vicariato è confermato da una in Actonis ivi nominata è certamente la Roccaccia “forse il bolla cii Innocenzo III. bolla che gli Ottoni proclurranno principale centro della forza militare degli Ottoni’”. nel 1698 nella causa contro Matelica ed in cui, dice L’Acquacotta aggiunge che “Catenaccio console di Fabria l’Acquacotta, “pretendevano che fosse dichiarato territorio no rinunciò ai diritti che credea cli avere sui Castelli e Ville esente la tenuta delle Macere” (alla sommitù della quale si poste al di qua dei confini verso Matelica I... I particolar trova la Rocca), mente rilasciò ai Matelicani il signor Atone cli Guarniero Nuovi accordi del 1513 tra i componenti della famiglia colla di lui Rocca e Territorio, non che gli Uomini di Poje— confermano la Rocca delle Macere “indivisa, di comune to Poggeto), il Castello di Colferrajo I..] il castello di 5. proprietù e dominio” (comprendendo la tenuta delle Natolia [.‘. ccl i rispettivi territori, annullando tutti gl’lstro— Macere), unitamente “alle sue aggiacenze, non che colle menti che a tal concordia poteano esser contrari”, lI 28 armi e artiglierie che ivi esistevano. Anzi. (prosegue giugno 1213 Attone di Guarnerio promette a Rainerio. l’Acquacotta) essendo quel forte un rifugio alle circostan podestù casti-i Matelice di porre sè e la sua fortezza al ser ze, i fratelli ed i nepoti Ottoni contraenti l’accordo statui vizio della difesa della comunitù: promittofacere guerram rono di migliorarne lo stato, Vollero perciò che i prodotti et pacem de rocca mea et de hominibus dicte roce ad di ogni specie derivati dalle possidenze delle Macere fos mearn expensam et reditam. sero tutti erogati nelle fortificazioni e munizioni della Il Barbini conferma che “fin dal loro primo inurbarsi. Rocca con divieto di distrarli in altro uso”. D’altra parte gli Ottoni rivendicano per sé la difesa della Terra; dopo anche in precedenza (1502), durante la breve parentesi in alcune traversie dovute soprattutto alla loro adesione ghi cui Alessandro Farnese è legato della Marca, allorché lo bellina, riescono a imporsi nuovamente esercitando la spagnolo Pietro Perez si impadronisce cli Matelica (come carica di capitani di guerra [‘.1 difensori della Terra 1..’] ma di Camerino e di altri centri), questi è ben consapevole anche protettori del Comune”. L’abile politica condotta della importanza della fortezza: il Razzanti conferma che adattandosi alle situazioni contingenti e più ricche di pro egli si preoccupa di “togliere ogni asilo di sicurezza alli spettive future permetterù loro di insediarsi e restare al signori [.1 assalendo i vari forti esistenti in citO. e nel suo vertice della vita cittadina, in una successione di anni ben territorio e fra gli altri E.,,] la Fortissima Rocca di Matelica, più ampia cli quella delle vicine signorie dei da Varano e appartenente alli signori Ottoni”, Addirittura ritiene la sua dei Chiavelli, conquista una garanzia necessaria per tutelare tutto il terri Un momento critico si registra nel 130: ma la riforma tono del Ducato di Camerino (è sempre lo storico mateli degli Statuti da parte di Egidio Albornoz, con cui rende cese ad affermano), “Il Perez, diffidando di viver sicuro a ereditaria la carica di consigliere, favorisce il consolidarsi Camerino, fuggì di cosO con molti fanti spagnoli dirigen del loro potere. che ha solo brevi pause intermedie pci’ dosi alla Rocca cli Matelica”. Con la morte cli papa Ales— eventi che coinvolgono zone ben più ampie (1462: una sandro VI (18 agosto 1503), le fortune del Milentino inizie rivolta popolare vede l’intervento del papa Alessandro VI ranno il loro declino; e la stessa Rocca, giù occupata dal che invia Giovanni Borgia; 1502: il cardinale Farnese e Perez. ritorna “al legittimo padrone”, grazie allo schiera Pietro Perez si impadroniscono della cittù). mento cli forze dei da Varano, “molto confederati con gli Nella Descritio Marchiae Anconitanae (1356). laddo Ottoni” (almeno in questa circostanza), e di questi ultimi, ve citO, castelli, rocche, terre della Marca risultano diligen Tornati al potere con Ranuccio, lasciano che gli succeda tememe censite e catalogate. tra le villae risultano Villa Giovanni, figlio cli Alessandro, E’ questo un periodo di Roccba, Polgeti, (llis Ferracii, in un tempo in cui a Mate prosperitù economica che trova espressione anche nella lica sono attribuiti” 1050 fumanti” (ML Jìmantes. Con il fioritura urbanistica della cìttù in cui prospera l’attivitù dei 1357 il titolo di gonfaloniere spetta ad un Ottoni: nel 1362 panni lana, Ma quando, nel 1520 a Giovanni succede il il pulcrum castrum di Matelica è tenuto dal nobile France fratello Ascanio, i contrasti caratterizzano la vita della sco, figlio di Guido Ottoni: e continua ad esserlo nel 1371. famiglia, “L’oggetto delle intestine amarezza -riferisce

382 IlIIIIIIIIIIIIIIIIIIIlIIII l’Acquacotta— era la Rocca delle Macere e il modo di se un ‘bollettino” (lasciapassare); ove nemmeno i compo tIIIII custodirla formava il punto della domestica controversia. nenti della famiglia erano ammessi nella parte più interna, Tutto il disordine l)ro’en dall’essersi di giù troppo mol se questo non era nella volontù del signore: al massimo si tiplicati gli Ottoni”. In effetti, all’epoca solo i maschi sono concedeva “dì accomoclarsi nelle stanze del giro fora della diciassette. Alla morte di Ascanio gli succede Cesare di roccha”, Al castellano sono affidate le chiavi gelosamente Ranuzio e sembrano affacciarsi quelle “apparenze di lace” custodite: castellano naturalmente prescelto dagli Ottoni: che scompaiono nel 1543, allorchè egli cessa di vivere, I consuetudini. queste. rigidamente seguite anche nei contrasti familiari divampano; ad essi si aggiunge una lite decenni precedenti Antonio, quindi, è catturato Accusato con San Severino per i confini: quella comunitù produce come ribelle, sarù condannato a morte e decapitato: poco eccezione contro gli Ottoni, dichiarandoli illegittimi paclro— più tardi la morte naturale prenderù con sé anche Antonio rii di Matelica e proprietari della Rocca’. In questo clima Maria. Nel frattempo viene ordinata la demolizione del di intolleranza che proviene anche dall’esterno, Antonio, forte: tra l’aprile ed il luglio del 1564 al forte accorre gente figlio cli Cesare, e Anton Maria, figlio di Ascanio, si con “per rovinarlo”; “è inesplicabile l’entusiasmo con cui i tendono il primato nella signoria; la malvagiO (li nostri abitanti si prestarono all’opera”, commenta l’Acqua- quest’ultimo lo spinge a soprusi ed intimidazioni di ogni cotta (ove inesplicabile è da intendere anche come me genere ed a quanto i cronisti dell’epoca riassumono con sprimibile). Il forte è “del tutto atterrato tra il giorno sei, e l’espressione “saggi di violenza”: tanto che è costretto alla nove cli luglio”. fuga. mentre i giudici pronunciano contro di lui sentenza Ma tanto giubilo si spegne allorchè Pio IV riammette. (li morte, E’ a questo punto che, ancora una volta, la ancora una volta, gli Ottoni al potere. forse più per i pro Rocca torna ad essere la chiave cli potere, E come tale è venti derivanti dal vicariato che per l’abilitù di Pirro Ottoni intesa da Ranuccio Ottoni che (ed è ancora l’Acquacotta a e, con lui, di Rinaldo, Vincenzo, Ranuzio, Ottaviano. Fede narrarlo), travestito da cacciatore, nel giorno 18 agosto rico, Giovanni Maria, Alfonso e Giulio. Unico obbligo ad 1547 entra con gente armata nella Rocca delle Macere e essi formalmente espresso: il divieto di ricostruire la Rocca dichiara cli impadronirsene ‘a nome di Paolo III sommo delle Macere, Ma i Matelicesi si tutelano, ammaestrati dalle Pontefice, spugliandone Anton Maria attuale signore del precedenti amare esperienze: richiedono e ottengono dal paese”. L’intento è di proporre a capo della signoria il fra papa “che il popolo sia astretto a star sotto di loro se sarù tello Antonio. Ma i Matelicesi, esasperati dai soprusi e di ragione et non altramente”. Il nuovo papa. l’io V. sem dalle violenze, reagiscono. accusandoli di essersi appro bra voler chiudere i contrasti tra la comunitù, gli Ottoni ed priati per un cinquantennio delle pubbliche rendite senza i loro sostenitori ed invia il cardinale Albani per un com renderne conto alcuno, oltre che cli altre soperchierie. Il promesso. La sua morte (1572) e la nomina di Gregorio comune pericolo riavvicina gli Ottoni contendenti, timoro XIII vede la reintegrazione formale di Pirro Ottoni al vica si che il popolo prenda il sopravvento. I Matelicesi si nato, purchè ci sia conciliazione tra le parti: ciò avviene appellano al papa che invia un commissario per dirimere ed i termini della stessa vengono accettati dal consiglio la grave situazione e dar corso al processo, stanti le generale. Ma l’assassinio di un importante esponente della pesanti accuse più volte reiterate. Ma tutto procede con parte che aveva trattato con gli Ottoni ad opera di “gente lentezza fino alla nomina, neI 1560, di l’io IV il quale pre inascarata” e il sospetto che Pirro ne sia il mandante, ferirù servirsi cli un nuovo commissario, Giovan Battista fanno precipitare i rapporti pacifici e rmnfocolano i sospet Doria, Nel frattempo viene assassinato Valentino Pellegri ti, Gli Ottoni sentono che il pericolo è in agguato e cerca ni; l’omicidio, secondo l’Acquacotta, sarebbe cIa attribuire no nuove iniziative: chiedono di vendere a Giacomo llon ai partigiani degli Ottoni che vogliono far tacere una delle compagni. duca di Sora. imparentato con il pontefice. i più autorevoli voci avversarie: e nel frattempo. mentre il loro diritti sopra Matelica, compresa” la Tenuta della rocca papa assolve inspiegabilmente gli Ottoni dalle pene in cui delle Macere”, Sorgono però difficoltù per la non disponi erano incorsi fino a quell’epoca (1563), un altro omicidio bilitù alla vendita da parte di uno degli Ottoni; due anni si verifica, nei pressi della Rocca delle Macere “nel calore dopo, comunque, a causa del non pagamento alla ‘l’esore di una contesa fra Cingolani e Apirani”: lo si attribuisce “ai ria della Camera Apostolica del canone dovuto, il papa banditi che tenevano gli Ottoni nella Rocca”. Il papa, che dichiara gli Ottoni definitivamente decaduti dal governo di aveva riammesso gli Ottoni al vicariato. dietro comunque Matelica, Niccolò di Aragona, governatore generale della l’eshorso di diecimila scudi da versare alla Camera Apo Marca, prenderù possesso della cittù a nome della Sede stolica, esasperato. ordina al commissario Doria “di dar Apostolica, Egli giunge a Matelica il 3 dicembre 1578. l’assalto alla Rocca e prendere con la forza quanti vi erano accolto dal tripudio generale dei cittadini” bilares et dentro rinchiusi”, Nel buio di una notte dell’anno 1503 /ucIl odi”, non solo gli armati ma i cittadini seguono il commissario E’ la fine della signoria e l’inizio della fuga e della dia alla volta del forte che viene assediato: se ne intima la spora di una famiglia il cui ultimo componente si spe resa in nome del papa. Lassù è Antonio Ottoni, che vi si è gnerà a Roma nel 1737; secondo alcuni, invece, parte dei rifugiato con i suoi armati e con i rinforzi avuti dai France— discendenti, dopo una permanenza in Portogallo, ove si schini. Al fuoco si risponde con il fuoco: segue la resa. sarebbero imparentati con la famiglia De Carbajo. trova Ben triste quel giorno per chi, come Antonio, sicuro del modo di raggiungere il I3rasile, ove riconsolida la sua pre Suo potere. ha continuato a fare della Rocca, come i suoi senza e le sue fortune. Uno dei discendenti nel 1979 è antenati, un inespugnabile punto di forza ove e lo attesta giunto a Matelica con la consorte: i tratti del volto erano no i coevi libri delle Rifirmanze) accedeva solo chi aves niconducibili a quelli deglì antenati: ha inoltre dimostrato

11111 I 111111 111111 I 11111 I I conoscere Omonimo, I 111111111 di benissimo la pianta del palazzo cia doppi gi’ossi baluardi, sorgeva in meo una torre che edificato alla fine del Quattrocento. palazzo che si affaccia serviva di ritirata per il caso che il nemico avessi penetrato sulla piazza Mattei, grazie a documenti che la famiglia ha li muraglioni esteriori, Dalla parte del monte era I...] guar— portato con sé il momento dell’abbandono della cittù e data cia scogli, il resto) era uno scosceso ccl inaccessibile che ha poi trasmesso ai discendenti. Ma è ancora la Rocca pendio che vedeva la rocca immune cia ciualunciue asse— a far parlare cli sé alla fine del Cinquecento. dio. Per vie difficili e tortuose si introclucevano viveri in comunitui La matelicese conferma che essa è parte del caso cli necessitui né questi potevano esser noti se non a suo territorio; nell’Archivio Storico Comunale: alla data del persone ben pratiche e fedeli; si vedono anche al presente 5 ottobre 1594, si ritrova una Mesura delle Macere, Rocca vestigia cli alcune cisterne, capaci cli contener per sommi— o’t loro pertiiieìitie l’incarico è dato dai magistrati gonfalo— nistrarsi molta quantifa d’acqua. Non senza ragione può nieri priori a “baglione de cenzi” ccl a “messer Vincenzo congetturarsi che questa fortissima Rocca sia stata fabbri Vespa de Matelica”. Essi rilevanc la presenza cli terre ara cata fin dal secolo XII” Stranamente fino ad oggi nessun tive, selvate arborate vigiliate prative e soclive I.. .1 poste cenno) o notizia certa si è avuta sugli icleatori, sui costrut nel territerio di Matelica I.. .1 che ora se posecleno cia Sig. tori o sulle successive manutenzioni o riattarnenti della orario bongiovannE: è invece dcl 16-tO il documento dei Rocca stessa. Nasce il giustificato sospetto che durante la Limiti tra il territorio di Matelica e la possessione delle loro signoria gli Ottoni mantenessero per ovvi motivi su .1 lacere estratto clall’istromento fatto cia Orazio Ilongio— tutto la più grande riservatezza e che, fuggendo. abbiano) vannì e la Comunitui. per rogito di Francesco Procaccini. in poi’tIto con sé i documenti relativi. impedendo che cacles— cui si stabiliscono i confini tra i terreni della Comunitui e sero in mani nemiche O) estranee, Pare impossibile che i quelli della Rocca delle Macere dalla cima del monte carteggi conservati nell’archivio comunale, tranne i citati, Cucco, in faccia al palazzo delle Macere, seguitando in giù non contengano, in riferimento a ciò, alcun cenno), alfine di detta Montagna”: e vi si annota: “Palazzo delle Oggi di questa Rocca, che è stata oggetto) oli aspre con dette Macere, nel piano detto di Coccetta”. tese e cli delitti, non restano) che pochi ruderi. tra cui un Risale invece fine alla del 1500 un decreto del governa buon tratto dlc’ll antico edificio c’on qualche’apertura. un tore della Marca Ferdinando Farnese. sulla localizzazione portale ad ogiva che regge ancora il peso cicO tempo). della della tenuta delle Macere. violenza e dell’incuria degli uomini: ma bastano a docu— [ai Rocca appare inoltre ben illustrata in una mappa mentare una notevole clignitO architettonica, oltre che catastale, probabilmente allegata ad un revisione dei con un’indiscussa validit/i strategica. Intorno al 1973. l’Unesco fini tra Matelica e Fabriano, databile verso la fine del Cm— se ne è interessato, chiedendo alla comunit/m locale notizie duecento: le sue caratteristiche non sono certo quelle cli in merito. essendo in corso una ricognizione sui castelli. un rudere dopo l’abbattimento e la sua consistenza arclu— Ma gli anni successivi non hanno i’egistrato niente di tettonica è assonanza in con la descrizione che ne fa il nuovo) so’ non il lenti) declino di quanto (e non era Razzanti. Nei libri delle Ri/rìnanze inate/icesi a1 c/U no è rimasto: in segiuto razziatori di nessuno) scrupolo hanno) I ‘2 usque ad aniiiun / “28. n. -i5 si ha notizia che il ac’celerato tale pera . Oggi l’intera si ma è parte dei beni i. nsigin ) incarica una delegazione cli effettuare la reco— della comunit/m come Azienda l)emaniale (cx Azienda cli su un terreno che x a dalla “tenuta delle Maecre Sta 9. Chi, da Matelica o da Cerreto. giunge alla trazione fino alla selva grossa di faggi”: zone oresso le quali si cli Poggeto, ai piedi della Rocca o alle Macere e, coraggio— SW O vangheggiare. samente. si inerpichi per ripidi sentieri fin lassù, raggiunge Risultano presenti “legnami di qualitO cli avellane. faggi gli speroni cli una roccia, a strapiomho sulla valle stretta e carpani’ . con faggi antichi di 50. 90, 100 anni di cui dietro la quale. in una breve spianata. resistono le antiche alc’uni periettoo cli attivare come per il passato la liberO mura: di IO. nelle giornate limpide, gli occhi possono di legnare”. Le zone non esposte al sole danno) solo terre ammirare quante distese, in basso, erano) visibili e control— ni ‘ineulti”:solc presso ‘villa la del Pugito” vi sono avel— labili a chi avesse tale posizione: dalle aspcm’itìi intorno ad Lane e faggi giovani nia non atti e buoni per le viti, Nella Esanatoglia, alle p otre interno a Matelica, al corso ptrte dell’archivio che conserva i Proce,ssi relativi al 1765, clell’Esino fin verso Cerreto cl’Esi. La vegetazione sponta si ritrova una citazione cli Niccolò di Pierandrea, custode nea vi ha pi’eso il sopravvento. Ed oggi, finalmente, della tenuta delle Macei’e, contro Giuseppe Paoletti, per nido oli aquile, che tutti c’hiamano Roccac’cia. gode cli una sc mfmnantento di I estiame. Preziosa testimonianza sulla pace che nom sempre i secoli trascorsi le hanno garantino: Rocc’a, la sua storia, la sua consistenza, viene dal testo Le non più assalti. vedette, armi. grida, violenza, lotte per il memorie cui/i ed ecc’/esiastiche del Razzanti, databile alla potere ma solo le voci del bosco, qualche reatiore che fine di quel ‘“00 che sembrerebbe non offrire altro che sfrecc’ia alto. in alcune stagioni i tagliatori cli legna che noie sporadiche. Eccone i brani più significativi: cercano, in un dialogo fatto di parole essenziali, un hi’e’e ‘Fra la Rocca di Matelica l’abricata sul masso cli un ristoro) alla fatio:a quotidiana. ( mIe, monte I. .1 in quella parte del territorio, che volgarmente chiamasi le Mace re, cinque miglia circa distante da Mateli— ca, posta alle falde del San Vicino per cui clenominavasi la ARCHr1’ErruRA La Rocca degli Ottoni nel panora Rocca del Sanvicino, Aveva il propio Castellano ccl munita ma dei c:istelli presi in esame non può essere studiata dli fortissime mura. Nonostante la sua presente decadenza applio’anclo il modello tipologico architettonico—urbanistico Isiamo alla fine del Settecentol. evidlentemente si rileva adottato per le altre emergenze dcl territorio, che doveva esser luogo quasi inespugnabile. Circondata l,a costruzione infatti deve \enir definita come i.in

lIIIIIII)IIIIIIIIIIIIIIII castello inteso nel significato essenziale del termine, quale III’’’ unico e grande edificio munito di mura, bastioni e torri. posto sulla vetta di un crinale roccioso con fianchi stra— piombanti ccl eretto in et. medioevale quale dimora forti l’icata di una importante famiglia feudale. Per raggiungerla ci si deve inoltrare lungo una vallata ai piedi del monte S. \‘icino, lasciando sulla destra la bella villa settecentesca posta in località “Le Macere”, caratteristica per la sua architettura organizzata su differenti livelli, con giardini pensili ccl una grande vasca d’acqua che nulla puo mvi diare ad una moderna piscina. Attraversata una breve gola calcarea, si apre una piccola valle interna di rara bellezza. circondata cIa un esteso bosco; cIa qui ha inizio il ripido e scosceso pendio che giunge fino ai piedi del castello il

li bastione di guardia all’ingresso.

kf’:

I ruderi a ‘strapioniho” sulla via di accesso. ‘I

I ì’ìiclerj del /ortilizi() dell dia ad o, ‘est. (di a,nbie,zti S()tte,7’(llli?i. lIIIIIIlIIIIIlIII

La porta architravata, [a torre di avvista mento.

quale, dall’alto del precipizio roccioso, incombe su tutto il nella parte che, con un elemento rettangolare molto allur sentiero. gato in direzione est-ovest. collega il corpo della roccafo Il primo impatto con la massiccia costruzione offre la te con i resti di un fortilizio, posto sullo strapiombo di un visione di un organismo architettonico formato da vari propaggine della roccia, formando forse un camminamer ambienti a livelli sovrapposti; delle possenti mura realizza to coperto ed articolato in vari ambienti. te con conci di pietra calcarea di notevoli dimensioni e Sulla inuraglia si apre un varco che lascia pensare a dallo spessore di 1,50 metri, rimane solo il basamento una porta raggiungibile attraverso una rampa posta superare l’ultimo dislivello; lasciando la torre alle spalh appare un bastione di grandi dimensioni, con un has mento a scarpa caratterizzato da una modanatura in pieti calcarea a forma cli toro, la cui notevole raffinatezza arch tettonica e costruttiva si ritrova anche negli angoli, reali; zati con concì perfettamente squadrati. Il corpo di fabbrica è dotato di una feritoia, con stron bawra interna per il tiro, che domina e tiene sotto contro lo la rampa d’accesso che sale incuneandosi tra il precip zio e la fortificazione. In corrispondenza sul lato opposn compare una seconda apertura con lo stipite svasato ver l’esterno per lo sparo con archibugi o con piccoli canno e quindi di fattura più tarda che si può far risalire all’mci ca al XV secolo. All’interno del castello, quanto sopravvive alle demol zioni effettuate dall’uomo ed ai crolli naturali è di diffici interpretazione: ci si trova sospesi sullenorme arco ogiv: le, impostato dirertamente senza mensole sulla roccia ma siccia, che ha una luce libera di una decina di metri; condotti (forse scoli per le acque piovane) e contrafforti livello del terreno si spalanca un’ampia voragine cf lascia intravedere un impressionante salto nel vuoto. sponclenza del manufatto alle norme dettate dall’architet 1111111111! Sulla sinistra si apre un ambiente a forma rettangolare tura romanica, con ampliamenti successivi organizzati coperto da resti di una volta a botte realizzata in pietra intorno all’edificato originale. che introduce a sinistra ad una adiacente sala parzialmen Lasciato questo alle spalle infatti, e proseguendo verso te demolita sulle cui pareti sono ancora visibili gli attacchi l’alto in direzione nord-est, nel luogo più elevato di tutto delle volte a crociera. il castello si innalza un’altra piccola torre con chiare fun Saliti i pochi ruderi di una scala in muratura ed oltre— zioni cli avvistarnento la cui edificazione risale al XV o XvJ passato un arco a tutto sesto in pietra. si schiude una serie secolo. cli locali disposti il primo parallelamente all’ambiente Si conferma così l’ipotesi di una grande rocca che d’ingresso cci il secondo in ortogonale: sono stanze dalle funge cia abitazione del feudatario, posta in punto quasi mi.irature possenti in pietra e dalla consueta forma rettan inaccessibile e resa ancora più isolata e protetta dagli golare con lato molto allungato. ambienti sottostanti disposti a raccogliersi intorno al corpo In fondo ad una delle due si apre una porta con un principale e formati una cerchia difensiva ulteriore. solido architrave monolitico sorretto da mensole con Tutto il complesso ricorda il modello del donjon fran modanatura ad ovolo che poggiano su stipiti formati da co-normanno. una tipologia architettonica presente nel XII grandi blocchi calcarei. secolo ma assai rara e della quale inoltre rimangono Sicuramente questa parte costituisce il nucleo più anti pochissimi esempi. facendo rimpiangere ancora cli più co del castello, formato da una serie cli ambienti che l’incuria umana che ha lasciato scomparire quasi del tutto doveva sostenere l’ampia fortezza costruita al di sopra: lo l’interessante struttura presente nel nostro territorio. stile ed i materiali usati restano a testimonianza della corri— (g.p.b.)

I\ ‘4

Ricostruzione ideale,

I I I 1111 Il I Il I Il I Il 1111 I III S. MARIA DE ROTIS

TO1ONIMO Da “rota” oppure dall ‘antroponimo ger— zona meridionale ed occidentale emergono pelagiti calca manico Roto, che, nella toponomastica di t’al d’lrno, si ree (fine Giurassico. inizio Cretacico) organizzate a maioli presenta nella forma Roti (Valdiroti, Badia a Roti). ca e separate dal calcare massiccio da formazioni di calca Il menziona Pieri ti ita nobile famiglia aretiiia “de’ ri diasprini anch’essi giurassidi che, incisi dal fosso di Roti’,fbndatrice dell’abbazia suddetta.(i. q.} Braccano. originano la spettacolare gola di Tana: verso oriente ancora pelagiti carbonatiche della formazione del Bugarone circondano quelle della corniola. TERRITORIO Diversa è la I resti dell’abbazia SOf0flO sul versan struttura lìtologica della zona nord-orientale nella quale le te interno della dorsale marchigiana, in corrispondenza azioni combinate degli agenti esogeni hanno originato ed della sezione più elevata, tra i monti Mondubbio e Canfai accumulato depositi eluvio—colluviali. to a nord (oltre i quali emerge la cima del San Vicino) ed i Di particolare interesse è anche l’aspetto vegetazionale: monti Lavacelli ed Argentaro a sud: l’area è molto ricca di a particelle coltivate a frumento e foraggio si alternano, acque ruscellanti. confluenti poi nel fosso di Braccano. nelle zone a maggiore accliviG, boschi a querceto di rove (he agendo su rocce di diversa struttura e consistenza rella e ad orno-ostrieto che, pur se periodicamente cedua hanno disegnato un paesaggio molto vario e sempre sug ti, costituiscono una significativa testimonianza della gestivo le cui gole mettono in comunicazione diretta, copertura originaria. Il sottobosco è molto ricco di spe. ie; anche se oggi non molto agevole, le valli del Potenza e ai margini delle zone boscate la presenza di una ricca del Musone con quella dell’Esino. vegetazione di scotano documenta la notevole antropizza I terreni sono fondamentalmente cli origine mesozoica; zione dell’area. I pochi tratti pianeggianti sono stati invece l’insediamento vero e proprio giace su un substrato di cal dishoscati ed utilizzati per pascoli secondari, come nella care massiccio formatosi da depositi di piattaforma carbo zona immediatamente a nord dell’abbazia: in alcuni casi nica tra la fine del Triassico e l’inizio del Giurassico: nella sono stati tentati, in tempi recenti. rimboschimenti a coni-

IIIIIIIIII!IIIIIIIIIIIIIII fljfl fere. Lungo gli argini dei fossi, poi, è presente una ricca col parere di Matteo prevosto, Ottone priore, don Gozo, vegetazione ripariale. Per l’alto valore documentario e per don Aibrigo, il russo, don Pietro sindico, Albrigo converso la facilità di comunicazione con il paese di Braccano è e Sifredo fino alla terza generazione, col patto che ogni stata prospettata l’utilizzazione di questa area a scopi anno il giorno dell’Assunzione sia pagato il canone di un didattici con l’istituzione di un’Aula Verde. (m.r.g.) denaro. Nel 1210 vengono stipulati quattro contratti; il primo riguarda un atto tra l’abate Ubaldo e Anglo Bonafemina LNEA&FNTISTOR1U Il monastero di Santa Maria Albrici, al quale viene concesso un pezzo di terra in loca de Rotis sorge a est del monte San Vicino, spartiacque lità Nubiano per 26 soldi e il pagamento annuo di un naturale tra la valle di San Clemente e l’alta valle lucenze. dell’Esino. Esso fa parte del gruppo dei quattro monasteri Nel secondo a Giovanni e Benvenuto figli di Bona sorti attorno al monte San Vicino: San Salvatore di VaI di viene concesso un pezzo di terra nelle valli di Vinano; nel Castro, la S.S. Trinità e Santa Maria di Valfocina. terzo a Giovanni e i suoi eredi vengono affidati alcuni ter Il primo documento in cui compare il nome del mona reni in località Carpeneta fino alla terza generazione; stero risale al 1195, anno in cui l’abate Ubaldo compare nell’ultimo contratto l’abate Bonomo concede alcuni pezzi come testimone in un atto di concordia tra il vescovo di di terra a Giovanni Galeffi di Matelica. Camerino Atto e Martino priore dell’ordine Camaldolese. Nel 1215 l’abate Admanìtus intende provare il diritto di All’inizio del 1200, nel monastero ci sono Otto monaci, possesso su due terreni posti a Vinano e concessi in enfi compreso l’abate, un prevosto, un priore e un converso. teusi alcunì anni prima a Giovanni Galeffi. L’abate chiede, Sono sotto la giurisdizione di Roti i monasteri di San a nome di tutto il monastero, dieci possessioni poste in ClaLidio de Acquaviva, San Giovanni de Fora e San Giaco Vinano, Carpeneta, Ysembardo, Valle, Montubi e Solegna mo, e le chiese dipendenti di San Savino de Clascìano, no dichiarando nulli i contratti di concessione enfiteutica. Santa Maria de Vibiano, Santa Maria de Platea e San Gio Il 15 gennaio dello stesso anno viene fissato il termine venale di Montecassiano. per rispondere ad un “libello” diffamatorio emesso contro All’inizio del 1200 l’abate Ubaldo concede in enfiteusi i il Galeffi. Attraverso la deposizione di 5 testimoni si stabì terreni posti nelle valli di Vinano, Nubìano e Carpeneta lisce che i terreni appartengono al monastero di Roti, non alla chiesa di San Pietro di Vinano; inoltre si verifica che per più di quarant’anni era stato pagato il censo agli abati Ubaldo, Rainaldo, Pietro e Bonomo. Il 30 novembre 1271 l’abate Admanitus assolve, secon do l’incarico conferitogli dal vescovo di Camerino, Gual tiero di San Severino, giudice e vicario di Matelica, dalla scomunica in cui era incorso per via di fatto contro il chie rico Vegnate e contro Ventura Petri di Costa.

Tra il 1299 - 1300 Fredovino Pasti paga per i membri del monastero, per l’abate e per il convento 17 libbre e 15 soldi per le decime, una somma relativamente alta rispetto agli altri enti della zona. Per le decime furono pagate da Leva e frate Benedetto, monaci di Roti e cappellani della chiesa di San Savino de Clasciano 18 soldi; da Jacopo e Tommaso 18 soldi e 6 denari; da Ventura Galeffi XIII soldi e X denari. Il 16 maggio 1300 l’abate Crescenzio nomina suo pro curatore il monaco Leva per recarsi dal vescovo di Came rino per chiedergli licenza di vendere al comune di Mateli ca i molini del monastero con il terreno adiacente. Il 4 marzo 1301 lo stesso monaco ricevette la somma di 1175 lire per la vendita del molini posti in contrada militu de cavalieri; col denaro furono acquistati terreni e vigne. Il 9 agosto 1300 vengono stipulati altri contratti con il Comune, per la vendita dei molini. All’inizio del XVI secolo i molini sui lungo il corso dell’Esino appartengono quasi tutti del monastero di Roti; le macine si trovano in località molendine de Rotis, rote de Roti, militu, inilitu de cavalieri. Il 16 maggio 1300 è eletto un sindaco nel consiglio Matelica: bassorilievo del secolo XI incastonato nel portale generale del monastero per determinare i confini d’ingresso della chiesa di S. Francesco, proveniente coll’abbazia di Valfocina; ìl confine viene segnato con ter dall’abbazia di S. Maria de Rotis. mini murati, dividendo macchine, pascoli e terreni coltivati.

lI 1111111111111111 I 111111 I Il 22 agosto 1308 fra Giacomo del monastero cli San ‘‘l’il’’’ Pietro di Gubbio e vicario generale del vescovo di Came rino Andrea autorizza il monastero a riscuotere la somma. che gli doveva il comune di Matelica per alcuni debiti contratti durante la guerra con Camerino, poiché allora non si erano potuti coltivare i terreni attorno al monaste ro, nonostante che il vescovo Rambotto avesse destinato la somma per la ricostruzione della chiesa crollata. Nella stessa data il monaco Tommaso chiede ed ottie ne da Jacopo, monaco del monastero di San Pietro di Gubbio e vicario del vescovo di Camerino che il possesso dei molini venduti al comune di Matelica possa essere impiegato per pagare i debiti del monastero contratti per il restauro della chiesa crollata durante la guerra tra Matelica e Camerino. Nel 1311 alcuni abitanti di Matelica. Jesi. Cingoli sac I resti di un arco a tutto sesto. cheggiano il monastero di notte portando via libri, calici e paramenti sacri. colonica e ricovero per gli anima Tra gli abati si ha memoria di: utilizzato ora come casa in un preoccupante ed ingiustifica 1195 Ubaldo 1262 Giovanni li. versano attualmente Rubeo 1268 Crescentio to stato di abbandono. chiarissima la tipolo l3onorno 1346 Bartolomeo Nonostante tutto dai resti emerge rispecchia le Rainalclo 13-i7 Nicolò gia regolare e razionale dell’edificato che ispirate alla regola bene Pietro 13-+9 Antonio concezioni spirituali ed umane spazi disponendo sul lato nord Con il periodo delle commende per il monastero inizia dettina, che compone gli monastici, composti dai la decadenza. Nel 1427 abate commendatario è Gaspare la chiesa ed a sud gli ambienti dalle sale cli lettura. dall’ampio Ottoni, a lui seguirono Giovanni Dini di Fabriano, Ludovi dormitori, dal refettorio, dalla cucina e dalle stanze annesse adibi co dei Natimbeni, Bartolomeo Colonna, umanista e erudi chiostro interno, to, LTrhano Silvestri di Ancona e Calisto Amadei. te a dispensa. formano un paralle Nel 1527 il conte Ascanio Ottoni ottiene da papa Cle Complessivamente questi ambienti possente risponde parti mente VIII con Bolla del 30 agosto 1527 che sia elevata a lepipedo regolare. la cui struttura l’attuale accesso, collegiata la chiesa di Santa Maria de Platea, allora sotto la colarmente bene alle esigenze di difesa: effettuato tra il XIII ed il giurisdizione di Roti. che fa palle di un ampliamento ingresso all’aggregato attra Nel 185 i possedimenti del monastero producono 60 XIV secolo, consente un unico conci di pietra disposti a some cli frumento e di vino; la rendita che si ricava dal verso un grande arco formato da di sotto degli edifici per taglio del bosco è di 12 scudi. sesto acuto, che si incunea al un successivo arco Alla fine chI XVI secolo vi si celebrano ancora messe immettere negli spazi interni attraverso pro det’otione et comoditate laboratorum.(a. a.) a forma ogivale. Questi costituiscono la parte più antica che forma il nucleo originale dell’importante organismo monastico. ed il materiale ARQUTETURA I manufatti architettonici che com come testimoniano lo stile architettonico a tutto sesto ed pongono la notevole struttura del complesso abbaziale, usato per la costruzione di un altro arco, in conci regolari di pietra calcarea, che si apre alla sinistra dell’ingresso, nonché la forma della stessa chiesa ad unica navata con abside piatto rivolto ad oriente, nel quale si schiude un’alta monofora a doppio strombo con arco a tutto sesto. Lambiente del tempio è ridotto all’essenziale e ricoper to da capriate in legno, elementi che fanno risalire la fon dazione del monastero intorno ai secoli IX o X e confer mano che S. Maria de Rotis risulta essere tra i primi inse diamenti benedettini nell’alta Marca. Sul lato occidentale la planimetria catastale redatta nel 181-i mette in evidenza ampi orti ed una grande edificio con manomis.sioni antiche e recenti la cui costruzione è difficilmente databile, anche se non è rara la presenza di queste pertinenze dai molteplici usi, ad iniziare dall’alleva mento e dalla custodia degli animali o degli attrezzi agri coli necessari per la coltivazione dei campi, o adibite ad La porta di accesso del secolo XIII. abitazioni per il personale che svolge i servizi.

391 IIIlIIIIIIIIIuIIIIIIIIIII L ‘abside piatta COfl un ‘alta morz(ilbra a doppio strombo.

L’opera costante svolta per la sensibilizzazione dell’opi — VT M31LITÀ i ET)TFICIO ORIGI”ALE SEC. IX-X lione pubblica ul problema urgente della sal aguarclia di queste grandi testimonianze architettoniche lascia sperare • \\IPLIA’vIE\F() sEC. Xlli-XTV che concreti interventi vengano predisposti per il recupe E1 ro e Li ruizione cli questi e di analoghi manufatti di inte 3 CHIESA SEC. IX-X resse storico ed artistico, prima che l’incuria dell’uomo contribuisca a distruggere progressivamente ccl inesorabil mente quanto l’incessante fluire del tempo ha fino ad oggi PIATÀ risparmiato. (g.p.b.)

IIlIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIII I, 1.4 ABBAZIA E I CASTELH DI SASSOFERRATO

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IIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIII CASTAGNA

Altitudine m. 410. Posizione: poggio. Abitantì: 7(1989).

TOPONIMO Con buone probabilitd. non (la “casta L’area, intensamente utilizzata da coltivi, conserva poche tracce della vegetazione originaria che dovrebbe gno “, ma dalfitonimo ‘quercia castagnola” (Quercus vir guiana), una volta esistente in alcune parti della regione essere stata formata da un’associazione riferibile al querce le cui grosse ghiande, nelle cattive annate, servivano alla io cli roverella. m.r.g.) popolazione rurale per conjèzionare una specie di pane. (i. .) LINEAMENTI STORICI Castagna è uno dei castelli più antichi del territorio sassoferratese. li toponimo appare ThRRITORIO L’insediamento, posto nella zona set rer la prima olta in un documento nonantoliano del tentrionale del territorio comunale di Sassoferrato nei 1200. in cui. pir non facendosi il nome della località, il pressi del confine con la provincia di Pesaro, sorge, come suo richiamo si definisce in documenti posteriori. altri castelli della zona, sulla linea di spartiacque tra Cesa Il documento riferisce di una adunanza tenuta a Sasso no e Misa anche se le acque che individuano a NW ed a ferrato alla quale partecipano sei conti e quattro signori SE il rilievo sul quale sorge il sito appartengono intera senza qualifica, ma rivestiti cli pari autorità; figurano inol mente al bacino del Cesano. tre presenti Lgo degli Atti, conte di Sassoferrato e Renaldo Il terreno è costituito essenzialmente da rocce marnose de Padre e Geraldo. di origine miocenica (ma anche in parte più tarde, plioce La riunione è convocata per l’investitura dei signori a niche) quali quelle dello Schlier nell’area SW e NE del sito nome e per autorità dell’abbate di Nonantola, rappresenta o organizzate in depositi torbiditici ed evaporitici, quali to da Renaldo e Geraldo. Certamente, è da ritenere, che quelle della formazione gessoso-solfifera che costituisce il uno dei conti è di Castagna. terra dipendente cia Nonanto substrato della parte meridionale dell’insediamento vero e la. insieme a tutto il comprensorio sentinate. venduto nel proprio. 1313 agli Atti per la somma di tremila lire bolognesi.

lIIiIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIII I 11111 Con il passaggio della proprieta ai nuo’ signori, il Nel decennio 1 +20—14,0 le lotte interne alla famiglia conte di Castagna abbandona il castello per ritirarsi nel dei conti Atti turbano la vita cittadina, finché nel 1430 il capoluogo e sarà difficile individuarlo fra i molti casati papa Martino V concede il vicariato cli Sassoferrato per nobiliari che troviamo a Sassoferrato nel i +00. una metà ad Atto e I fngaro cli Ermano, e, per l’altra metà, Il castello non doveva presentarsi nella forma più a Francesco cli Luigi degli Atti. comune di agglomerato abilativo circondato da mura, ma Nel 1433 il comune con tutti i suoi castelli cade sotto composto dal solo edificio difensivo abitato dal conte con lo Sforza: poi nel 1438 il territorio è occupato da France casolari spa nelle vicinanze. Tale almeno appare adesso, sco Pìccinino, il quale rinnova le atrocità e i massacri di anche se della difesa è rimasto soltanto un rudere della Braccio cli Montone. torre. Il toponimo di Castagna si ritrova in due pergame Benchè ricostruita ai tempi dei Malatesta, Castagna ne. che riguardano atti di donazione al monastero di perde lentamente la sua importanza strategica e assume Fonte Avellana, degli anni 1255 a 1216: riappare in altre sempre più l’aspetto cli villa rurale. due pergamene conservate nell’Archivio Comunale di L’organizzazione parrocchiale si concentra intorno alla \rcevia: nella prima del 1255 si cita Ismiduccio di Casta chiesa cli 5. Ermete, cIa cui dipendono quella cli S. Giovan gna. nella seconda deI 1299 si nomina un Idesmido di ni, che aveva il Fonte battesimale, e l’oratorio cli 5. Maria, Castagna. dove aveva sede la fiorente congregazione del Sacramento Più volte, nei documenti dell’Archivio comunale di Sas— e si seppellivano i morti. sofd’rrato, Fincasato e denominato espressamente castello. La parrocchia risulta attiva dal secolo XIII, ma la chie Agli inizi del secolo XV il dominio dei Malatesta si sa. per i continui rifacin+entì, non conserva la forma origi iene estendendo fino ai confini sassoferratesi e, nel 13+3, nana, comunque doveva godere cli una certa floriclezza Galeotto chiede ed ottiene dal pontefice Clemente VI, che economica, se nel 1333 paga alla Santa Sede la decima in risiede ad Avignone, l’autorizzazione di poter amministra soldi ravennati 5 e denari 7 semestralmente; una somma re, in nome della Chiesa, i territori occupati. piuttosto alta rispetto alle chiese del capoluogo che versa Quattro anni dopo Malatesta, fratello di Galeotto. assu no cIa uno a venti soldi, in proporzione alla rendita, me la signoria di Ancona e intanto il figlio Ungaro occupa Dopo l’occupazione cli Pergola cIa parte dei Francesi lesi. nel 1”97, Castagna è distaccata dal territorio sassoferratese Anche il territorio sassoferratese è nelle mire espansio— ccl inserita nel cantone pergolese nonostante la forte e nistiche dei signori riminesi. Infatti Galeotto Malatesta nel risentita opposizìone dei repubblicani locali. 13 18 asseclia Sassoferrato, senza riuscire ad impadronirse Da allora, pur con continue rivendicazioni da parte cli ne, sia per la resistenza dell’esercito comunale comandato Sassoferrato, il castello rimane nell’ambito della giurisclì— dal valoroso Ungaro degli Atti, sia per le difficoltà che zione pergolese fino al 1861. trova nella naturale solidità difensiva delle mura cittadine. Nel 1890, con l’apertura della miniera cli zolfo nel con l.’anno seguente Malatesta, con un forte e agguerrito finante villaggio cli Cabernardi, Castagna trae notevoli van esercito, occupa molti castelli, lungo la valle del Cesano, e taggi economici per le possibilità cli occupazione offerte si impadronisce anche di Sassoferrato. dlall’indlustria estrattiva. Cessata questa attività, vitale risor Quindi dal 13+9 inizia la signoria malatestiana su tutto sa per tutta la zona, la conseguente emigrazione di molte il territorio sentinate, compreso anche il castello di Casta famiglie cli minatori causa l’impoverimento del piccolo gna, che va giudicata positivamente per la saggezza con castello e cli tutta l’area cli sua pertinenza. (s.t.) cui viene esercitato il potere e per le molte opere iniziate e portate a compimento, non ultimo il consolidamento del sistema difensivo. ASSETI’O URBANISTICO E’ un nucleo di poggio Nel 1355, il cardinale Albornoz riforma lo Stato della posto sulla altura più elevata di una serie cli rilievi forman Chiesa e Sassoferrato, ormai libero comune, si dà un pro ti un crinale che domina l’alta valle del Nevola. Localizza prio statuto, terminato e reso esecutivo nel 1370. to a circa 13 chilometri cIa Sassoterrato, si pone come il Nel 1391 Antonio da Montefeltro occupa la città, ma baluardo più settentrionale nello scacchiere delle fortifica Carlo Malatesta, dopo duri scontri, riesce a sconfiggere i zioni erette cIa questo comune. feretrani e a riappropriarsi del castello. Il tessuto urbano del castello appare poco omogeneo Nel secolo XV Sassoferrato si trova ripetutamente coin anche alla lettura della mappa catastale redatta nel 1814, volta nelle lotte delle Signorie rivali e nelle scorrerie delle dove risulta chiaro che l’insediamento si configura ancora compagnie cli ventura, che, ovunque, portano distruzione, come una rocca feudale avente per nucleo il palazzo forti massacri e rapine. fic to dell’antico signore locale, posto al centro cli un Dopo un vano tentativo di impadronirsi di Gubbio, recinto formato dalle mura difensive e protetto dalle otti Braccio di Montone, nel 1418, assalta il castello cli Sasso me difese naturali. Questo si trova tangente sul lato occi ferrato, non trova resistenza, se ne impadronisce e impo dentale alla bella via che corre lungo il crinale preappen ne alla popolazione il pagamento di un tributo talmente ninico; è su questa parte, che risulta la meno riparata, che alto che provoca la generale protesta, alla quale partecipa viene organizzato l’ingresso principale all’incasato, il castello di Castagna. munendolo di una torre a guardia del lato meridionale, Il capitano di ventura, olfeso da tale comportamento. mentre per il resto il vallo difensivo è formato dalle accli lo assale, e, dopo un terribile saccheggio, lo dà alle fiam vità naturali. me. Probabilmente tutto il castello ha a disposizione un

liii Il liii 11111 I I 11111111 I 1111111111

5iOFOTOCARTA

pomerio esterno ed un fossato alla base delle mura. All’interno le unità abitative tracciano timidamente una tipologia a scacchiera con ampi spazi liberi, a teStllflonian— za della subalternità cli questi manufatti al nucleo Costitui to dal palazzo signorile. configurandosi la fortificazione concepita più come avamposto di avvistamento rivolto a controllare i territori settentrionali (li Sassoferrato. piutto— to che un vero e proprio baluardo posto a difesa del ter ritorio. A partire dal XIV secolo pertanto Castagna, che tuttavia continua ad essere classificato come castello in quanto

— I PORTA VIABIt,ITA conserva inalterato il nucleo fortificato, mostra i segni di residenza per MURA 1)1 CINTA 2 TORRE uno sviluppo edilizio finalizzato a semplice gli agricoltori dell’area. (g.p.b.) BORGO Mt IcVF()

E1 BORGO ESTERNO BENI ARTISTICI Nella chiesetta cli SantErmete, laltar maggiore si fregia cli una tela di medie dimensioni, esegui I’O\IERIO ESTERNO I. ta da Gio\an Battista Salvi detto il Sassoferrato. Ed anzi ne ()RTI costituisce uno dei rari esemplari visibili in patria. Vi è [EI effigiato Cristo in croce Ira la Vergine e S. Giovanni Er’an— ge/is/a. Nel fondo cli paese, addossata alle livide alture PIANTA dell’Appennino, si snoda la teoria delle piccole case di Castagna. Anche se nel dipinto vi risultano assenti i richiami al mondo figurativo post—caravaggesco. che tanta paite ebbe nel primo svolgimento del pittore. esso dovrebbe conside rarsi un episocho giovanile, e comunque spettante alla prima maturità del Salvi Nella sostanziale modestia della pittura, è dato cogliere appieno iì recupero di certa cultura raffaellesca e arcaizzante, dalla quale l’artista saprà trarre linfe vitali e caratterizzanti per il proprio messaggio figura I tivo. Oltre al cliafano Cristo crocifisso, cli chiara impostazio ne manieristica, cli maggior significato formale risultano essere le due gigamesche figure che lo fiancheggiano. dai toni estremamente pacati e dimessi. Ne scaturisce una pit— SEZ1O\ l flira fredda e cerebrale, senza tempo. per dirla con lo Zeri, c;ioi an Battista Salti detto il Sassotèrrato. Crocefissione. c;ian Giacomo Pandolfì (?, ,iiadonna e Santi. e sottilmente evocativa. E nel periodare molle e cadenzato provincia pesarese nel secondo quarto del ‘600. Vi si delle vesti. parrebbe di cogliere l’eco del Domenichino e riscontrano apporti emiliani e autoctoni, non immemori dei suoi affreschi della Cappella Nolfi, nel duomo di Fano. dell’opera del Guerrieri da Fossombrone e del Ridolfi. e Nella cappellina che sapre a destra dellaltar maggiore. del riflesso delle ultime propaggini della maniera harocce è una tela seicentesca raffigurante la Madonna col figlio sca. Il tutto è però rielaborato attraverso un’ottica meno assisa sulle nubi e in basso, inginocchiati, S. Michele e 5. acuta e puntigliosa. I toni grigi e pastosi, e l’accenno a Rocco. Sotto la pittura un pò sciatta e corsiva, si intuisco una marcata tipizzazione dei visi, parrebbero accostare la no doti espressive non prive di una loro impronta perso spigliata paletta al mondo popolaresco e bonario del nale. che sottendono la presenza di una personaliG artisti pesarese Gian Giacomo Pandolfi, in una fase ormai avan ca di qualche consistenza. zata del suo percorso figuratìvo.(g. d.) Il clima estetico è tipico della cultura circolante nella

398

ltIttIIIiIIIIIIIIIIltItIII COLDELLANOCE

Altitudine m. 390. Posizione: fondovalle. Abitanti: 32(1989).

TOPONJIWO Daljìtonimo. (i.q.) 11 sito ancora oggi si può individuare e per le scarse tracce rimaste e per il sopravvissuto toponimo “Castella ro”. TERRITORIO Situata nella vallata interposta tra mon L’agglomerato rimasto si denomìna Coldellanoce. Costi un villaggio raccolto in un pianoro delimitato da te Pianello a S e monte Gallo a . è delimitata a NW e SE tuisce tor da torrenti le cui acque confluiscono nel Sentino. una valle al cui fondo, fra il verde, scorre un tortuoso E’ allocata su una base di depositi detritici quaternari rente. distribuiti in parte su terreni calcarei a scaglia rosata e a La costruzìone del castello sul poggio viene attribuita scaglia bianca ed in parte su Bisciaro (anch’esso calcareo) alla famiglia Federici, del cui feudo si impossesSano. per mentre a SW emipelagiti marnose limitano l’area. Si tratta volonfa di Federico Il, i Collenuccio. il sempre comunque di substrati oligocenici e miocenici. Lo storico Pandolfo Collenuccio, infatti, asserisce che Il sito fa da confine tra la zona boscata, a NW e SE, castello è donato da Federico TI, tra 1220 e il 1224, ai suoi caratterizzata dalle formazioni dell’orno-ostrieto con inter antenati Guerra e Monaldo, unitamente al titolo di conti, calati pascoli sommitali secondari, e la zona orientale. per meriti militari e per la fedelfa al partito ghibellino. completamente ed intensamente coltivata. (m.r.g.) Il Brandimarte in Piceno Annonario cita un documento del 1226, ricordato dall’Abbondanzieri in Le scienze ravvi i’ate in Arcet’ia. dove si legge che Federico del fu Federi LINEAMENTI STORICI Della fortezza non rimane co [.1 fa comunantia con gli uomini di Rocca Contrada che il ricordo del sito dove era collocata fino al 100. sottomettendo la sua persona e i suoi beni alle stesse con quando viene completamente demolita. L’incuria degli dizioni di Ugo di Mariano e Rainerio di Geremia e impe uomini, l’usura del tempo, le calamifa naturali hanno con gnandosi a portare nella detta Comunanza tutti i suoi tribuito in modo irreparabile alla rovina. uomini residenti nel distretto di Rocca Contrada ad ecce

IaIlIIII,lI IlilItIllIl Il zione di quelli IIINIIIIIII di ( ivalalbo e Coldellanoce’. ne avesse cura a nome della Chiesa e con l’impegno cii Dal documento appare chiaro che i Federici sono i metter pace tra i conti Atti. primi signori di Colciellanoce e non è, quindi, improbabile Coinvolta nelle vicende sassoferratesi, Colciellanoce che ne siano stati anche i fondatori. Inoltre, in base alla attraversa un periodo ciifficile nel 1433. quando Francesco dedizione ad Arcevia, si può dedurre che questa famiglia Sforza viene creato marchese cIa papa Eugenio IV e nomi è schierata con la fazione guelfa, alla quale quel comune nato Gonfaloniere della Chiesa romana. appartiene. Sassoferrato si sottomette allo Sforza senza fare opposi Dal XIII al XV secolo la storia cli Colclellance è stretta zioni e i conti Atti sono riconosciuti signori. Lo Sforza mente connessa con quella dei Collenuccio ed è quindi vuole sottomettere anche il castello cli Coiclellanoce e cm opportuno tracciare con una rapida sintesi le vicende di un fortissimo esercito lo attacca dopo averlo assediato. questi nobili signori. Governava allora Coldellanoce Giovanni Collenuccio, I primi nomi cia ricordare sono quelli cii Gentile e dei figlio cli Panclolfo, che, per il suo carattere, la sua ecluca suoi figli Guerra Monaiclo. e ai quali, all’inizio dei Duecen zione, la sua prucienza. viene chiamato Giovanni Seneca: to. Federico dona. lI con il titolo di conti, il castello cli questi. contrariamente a quanto avevano fatto gli Atti. Coldellanoce. considerando l’azione dello Sforza gesto cli prepotenza e La donazione non può essere avvenuta se non dopo il di usurpazione, decide cii resistere, per salvaguardare la 1226. intatti. dal documento sopra citato, risulta che in liberG e la signoria e, nonostante le scarse e poco orga quell’anno il feudo è ancora in possesso dei Feclerici. nizzate milizie al suo servizio. prepara una fiera opposi Dei Collenuccio si fa menzione cli alcuni fra i più illu zione. stri rappresentanti della casata: Gentile, figlio di Guerra Giovanni, oltrechè uomo di grande saggezza ccl espe Giovanni, 1363): monaco e poeta che scrive in versi una rienza. è un soldato cli intrepido coraggio e di sperimenta vita di 5. Benedetto, un secondo Giovanni si cliinostra ta capacitl di stratega. quindi conduce cia valoroso le ope valoroso e feroce ghibellino. Da questi nasce Guerra, razioni militari, distinguendosi nei furiosi combattimenti, inflessibile nemico dei papato; per questa ragione è priva fino ad essere ferito a morte. to ciel possesso dei castello da I3enecletto XII nel 1335. Caduto il castello nelle mani dello Sforza. questi non lo Pandolfo, figho cii Guerra, rompendo la tradizione ghi fa demolire, ma lo ciona a Luigi degli Atti e, con un atto cli bellina cieil:i famiglia, si dimostra rispettoso verso il papa, generosit:Ì, acconsente che i Collenuccio prendano la via si schiera con i guelfi e addirittura imparentandosi con i dell’esilio.

conti Atti — guelfi cia sempre riottiene il dominio cii Col— Dopo la morte del padre. i figli di Giovanni Seneca. dcllanoce nel 1376. per volonCi di papa Gregorio XI. Monaido e Gentile si stabiliscono a Pesaro: Matteo — il più Dal 13—io al 1376 il castello si governa a regime comu giovane dei tre — trova rifugio presso i Chiavelli cli Fabria—

nale — poi ritorna — come si è detto sotto la signoria dei no, Qui viene iniziato agli studi umanistici per due anni, Collenuccio che dura fino alla conquista cli Francesco poi si trasferisce a Mantova, ove prosegue la sua formazio Sf )rza. ne sotto il magistero di Vittorino da Feltre. Terminati gli Nei primi decenni del liOO molte citG delle Marche, studi raggiunge, su loro invito, i fratelli a Pesaro. Dai dell’Umbria della Romagna sono governate cia tiranni che Malatesta ottiene onori e riconoscimenti. Si sposa con mal sopportano l’autoriG della Chiesa o, nei casi migli( )ri. Margherita Fanucci ch nobile famiglia, che gli pom’ta in dote mantengono con la Chiesa appena un filo di sudditanza. una casa tuttora esistente in piazza Collenuccio. ritenendosi suoi vicari. Da Matteo e Margherita Fanucci nasce a Pesaro, il 7 La figura emergente tra questi vassalli è Braccio cli gennaio 1444, il celebre Panclolfo. Anche se questo gran Montone. de personaggio non trova riscontro e riferimento nella sto Proprio con l’amicizia e l’aiuto di questi, \Iartino V ria del castello, merita almeno un cenno: studia a Padova. 1417—1431> può rientrare a Roma. ed, alfidindosi alla laureandosi in giurisprudenza, passa a Venezia. consc forza militare e alla ahiliG di quel condottiero, riesce a guenclovi la laurea in scienze naturali. A Ferrara sposa sottomettere Bologna. Beatrice C’ stabili. Tornato a Pesaro passa al servizio di In cambio di questi servigi il papa lascia a Braccio la Costanzo Sforza: è nominato podesG di Firenze e gode la vicaria cli Perugia. Assisi. l’odi. Orvieto. Terni. Spello. stima di Lorenzo dei Medici. Via via si viene rivelando Rocca Contrada e Sassoferrato, la quale è oc’cupata dalle grande letterato e poeta. A Ferrara, verso il 1500, è capita truppe del nuovo signore nel 14i. no cli giustizia. Durante il periodo delle sue peregrinazio Il dominio di Braccio a Sassoferrato si conclude forse ni. la famiglia risiede sempre a Pesaro. Rientrato in questa prima del li2 1. se è vero, come si legge in un Breve di citCi. per futili motivi è condannato alla prigione e in Mait mo V che in data 16 gennaio 1i21, r:m ccomancla a seguito è conciannato all’esilio e alla confisca di tutti i Bartolomeo cIa Vinci, cli adoperarsi in tutte le maniere per beni. riappacmfmcam’e i conti Atti allora iii lotta tra loro, per la Rifugiatosi a Ferrara. nel 1503 gli è consentita una visi custodia della Rocca e il g)verno della terra. ta ai f:mrniliari: lo Sforza. nuovamente con una futile moti Nei Breve si legge incltre che il Cardinale di 5. Cle vazione, lo condanna a morte, l’li luglio 1504. Mentre è mente è vicario generale del papa per la Marca Anconeta— in carcere in attesa dell’esecuzione della conclann:i com— mi cd ha la custodia della Rocca e della terra e che. dal pane la celebre Canzone della morte. iH( mento del ricevimento dei Breve, avrebbe dovuto, a Riprendendo la storia del castello dalla morte cli Gio ‘U:i volta, consegnare tutto a Bartolomeo da Vinci, perc’hè vanni Seneca e la dispersione della famiglia Collenuccio

iIIItIIIIIIIIIIIIIIIIIIII per volontà dello Sforza, i documenti attestano che dal che. nel 1700. è completa. ‘‘‘III’’’’ 1439 al 1460, Coldellanoce rimane sotto la giurisdizione Del sito non resta che il nome dell’antica fortezza, che, degli Atti; caduta la loro signoria, si trasforma in libero ancora oggi. si chiama Castello o Castellaro, comune appodiato a Sassoferrato. Fra le proprietà del piccolo comune si registrano un Verso la fine del 1400. l’incremento della popolazione mulino e alcuni terreni, detti “Campo del Comune” o impone l’allargamento della cerchia muraria per far spazio “Campo della fonte Grande”, che sono affittati ogni due a nuove abitazioni. I membri del Consiglio per le scarse anni al maggiore offerente. Nel libro delle entrate e delle disponibilità finanziarie, flOfl si trovano d’accordo sulle uscite si parla di un Monte Frumentario, in attività fin dal decisioni da prendere. Si fa allora ricorso al comune di 1594, quando viene acquistato il molino dagli eredi di Sassoferrato, che ritiene opportuno intervenire il 4 giugno Fabio degli Alessandri. 1492 con i suoi capi, i due Confalonieri, uno dei quattro Vari documenti attestano che in origine quel molino Priori, il Sindaco (economo) e un gruppo di testimoni. La appartiene alla nobile famiglia degli Alessandri di Sasso delegazione recatosi a Coldellanoce impartisce le istruzio ferrato. Avendolo avuto in eredità i due fratelli Alessandro ni per l’ampliamento delle mura e la costruzione delle abi e Fabio, il primo vende la sua parte al comune e, con il tazioni necessarie. consenso dell’altro fratello, si affitta al miglior offerente. A capo della sua amministrazione Coldellanoce pone il Morto Fabio degli Alessandri nel 1593, gli eredi pretendo Bailo. elettc fra gli uomini del castello, con gli stessi poteri no dal comune, per la parte del mulino di loro proprietà. del podestà. Nella chiesa parrocchiale di 5. Lorenzo si metà del guadagno. conservava un elenco dei candidati per tale incarico, I Dopo lunghe trattative, il Commissario di Sassoferrato Consigli maggiore e minore, le magistrature, gli ufficiali e la Sacra Consulta il 23 febbraio 1594 ne deliberano dai Massari al segretario-cancelliere, al notaio, all’esattore l’acquisto per il prezzo concordato cli 225 scudi. (camerlengo), ai sindaci. per funzioni e attribuzioni, sono Il molino rimane di proprietà della Comunanza di Col simili a quelli degli altri castelli e comuni appodiati della clellanoce fino al 5 agosto 1934, quando all’assemblea dei zona e vengono controllati dalla Consulta del Buon soci, il Presidente Egidio Nataloni, comunica che è stato Governo di Roma per il tramite del Commissario di Sasso venduto ad Antonio Serafini, con tutte le formalità di ferrato. legge. La somma ricavata dalla vendita. depositata presso Negli atti consiliari dal 1575 al 1615 affiorano spesso la Banca Popolare di Sassoferrato, in seguito, di molto notizie sulla manutenzione delle mura e dei torrioni del decurtata a causa del dissesto dell’istituzione, è utilizzata castello e sulla necessità di rendere efficienti i servizi per l’edificazione dell’eclifìcio scolastico. difensivi e i turni di guardia, in modo particolare nei Quando nel 1816 Pio VII con motu proprio ordina ai tempi di pericolo (li guerre o di transito di eserciti. piccoli comuni appodiati di unirsi ai più grandi. una dele Il consiglio nel 1583 propone che ‘si rifaccia il ponte gazione di Sassoferrato. in accordo con la Legazione Apo (levatoio) caduto e si riassetti il torrione e si provveda con stolica di Macerata, ottiene l’annessione di Coldellanoce. ogni mezzo perchè il castello non vada in rovina”. Però per salvare i beni della piccola comunità il parroco Un’opera di restauro delle mura è ordinata dal Commissa clon Angelo Strampelli in un memoriale riesce a dimostra rio ai Massari del 1598. Non molti anni dopo, nel 1607, il re che il castello non è stato mai un comune e pertanto v1assaro Betto di Sepio (Eusebio) lamenta che si lascia non può rientrare nei casi previsti dal motu proprio ponti andare in rovina il Castello. Il Consigliere Battista de ficio. Secondo il memoriale dello Strampelli il cosiddetto Cecco. approvando l’osservazione del Massaro, commen comune di Coldellanoce è da considerarsi una pura e ta:’ Lo arengo fatto da Betto di Sepio è buono e santo!” e semplice amministrazione di beni comuni o collettivi per precisa che il restauro deve essere eseguito a spese del delega popolare. La Legazione di Macerata accetta le tesi comune, con il consenso del Commissario. Qualora non ci del memoriale e gli amministratori cli Sassoferrato non fosse questo permesso. propone di ricorrere alla Sacra fanno opposizione. si accontentano di annettere il solo Consulta. Purtroppo le auspicate riparazioni non si ese territorio alla propria giurisdizione (23 luglio 1818). guono e le mura e il castello vanno sempre più in rovina. Con la nuova forma giuridico-amministrativa Sassof’er In rovina vanno pure le mura del paese; infatti nel fato è esclusa dagli organi istituzionali della Comunanza 1605 Pandolfo di Giacomo comanda ai Massari di ordinare che, frattanto prende diverse denominazioni: Comunità, a tutti i paesani, che abitano case sulle mura, di restaurarle poi, nel 1889. Società Collenuccio. infine, nel 1893, Comu o di cederle al comune entro 15 giorni. nanza ed Università di Coldellanoce. detta anche Società Dagli atti di un Consiglio minore del 1608 si ha notizia Pandolfo Collenuccio. di continua asportazione di pietre dalle mura del castello Nel 1830 dalla Comunanza si distaccano Coccore e e del paese. Nel documento si legge: “vedendosi questo Mandole e nel 1846 anche Aspro. La dispersione dell’unità povero nostro Castello essere ormai ridotto a niente come territoriale è preludio del declino definitivo del castello. anche il resto del Comune si consiglia cli scrivere al Cardi Nel 1939, con la divisione dei pochi beni rimasti fra le nale Borghese”. Sempre in quegli anni si ha notizia della 24 famiglie originarie, l’antica istituzione si estingue. (s.t.) completa caduta della volta del granaio e della proposta di “prendere una casa a navolo”. cli rifare la scarpa del comune per andare nel castello. Le proposte di restauro ASSEITO URBANISTICO Per l’antico castello di rimangono sulla carta e, via via, sia il castello come le Coldellanoce. ora completamente scomparso, è solo pos mura comunali, vanno sempre più verso la distruzione. sibile. attraverso l’analisi storica e la morfologia dell’area.

il) I )IIIIHII formulare ipotesi sulla articolazione interna che ricalca la forma più caratteristica dell’insediamento fortificato medioevale nel comprensorio montano, Si ritrova infatti l’impostazione del borgo murato con la presenza cli un nucleo fortificato (cassero) che in genere è cp posto al suo interno e situato nella parte più alta del pog gio e maggiormente idonea alla difesa. L’incasato. pur rispettando tale impostazione, presenta una eccezionalitù: il cassero, denominato castellaro. è esterno al borgo murato da cui risulta completamente staccato tanto (la formare un complesso fortificato a se ) sta nte L’analisi morfologica dell’area ove insiste l’attuale inse diamento consente di” leggere” e comprendere l’evolu zione urbanistica della struttura più antica, A differenza degli altri siti sui quali in questo periodo sorgono i castelli dell’area, posti generalmente su poggi, la localitù, scelta intorno al IX secolo per la costruzione cli un primo nucleo fortificato cli Colclellanoce che risulta giù realizzato intorno al 1200. si trova su cli un fonclovalle, in una posizione non consueta e poco adatta per la fonda zione cli un solido baluardo (li difesa. La particolaritù invece che ha guidato la scelta dei prilm ideatori della struttura è la presenza cli profonde o incisioni del terrazzo alluvionale provocate cIa due rami del (osso Vaiellame, che delimitano un ristretto triangolo cli terreno, quasi in piano e con il vertice rivolto a nord verso la confluenza cli entrambi i corsi d’acqua: ne risulta pertanto una posizione strategica munita cli eccezionali difese naturali sui due lati del triangolo costituiti pertanto dai torrenti stessi e dalle alte pareti a tratti strapiombanti. L’unico fianco cli facile accesso rimane quello disposto a sud, nel quale ancora oggi è visibile il vallo artificiale A PRIMO 1\SFDtAMENTO CI IIESA creato appositamente per isolare la fortificazione anche cia -— qciesto lato. Appare quindi chiara la posizione del castello VIABILITA i PORtA cli Colclellanoce, la cui struttura si dimostra in linea con tutti gli insediamenti dell’area montana, risultando MURA DI CiNTA 2 PORTA anch’esso edificato su un poggio creato artificialmente. BORGO MURATO 3 PONTE LE\ATOI()

I3ORGO ESTERNO

I)IFESA NVI’URALE

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l)alle poche notizie storiche si ricava che la costruzio ne era delimitata da alte mura più volte consolidate, e col— legata al borgo attraverso un ponte levatoio in legno. La sua importanza strategica ed il fertile fondovalle ricco di acqua, comportano nel tempo l’accrescimento del potenziale sociale ed economico richiamando sempre maggiore popolazione. La limitata superficie a disposizio ne all’interno delle mura castellane, unita all’impossibilità di edificare ulteriormente nelle immediate vicinanze, fa sì che l’ampliamento avvenga nel pianoro limitrofo. anch’esso delimitato ai due lati dai torrenti. Nasce così il borgo che probabilmente già nel secolo XIV è fortificato con mura di cinta, isolate e protette da munite porte di accesso. Oggi dell’antico insediamento non rimane che un pic colo nucleo di costruzioni che, con ogni probabilità, costi tuiva la parte centrale del borgo fortificato. L’antica chiesa castrense, posta a nord rispetto all’abita to e dedicata a S. Lorenzo, viene demolita; la nuova, rico struita ed ampliata nel 1853 ne rileva l’ubicazione e Iaite (Iella struttura preesistente, ancora rilevabile internamente nelle molteplici tracce degli archi in conci squadrati (li pietra calcarea. (av.)

BENI ARTISTICI L’opera più preziosa custodita nella chiesa di San Lorenzo è tipica creazione di uno dei pittori più vivaci e caratteristici del tardo Quattrocento umbro, Uno di quegli artisti la cui personalità si esprime con così estroversa e siglata parola da risultare inconfondibile tra la ridda dei comprimari che battevano le vie dell’arte nella sterminata provincia italiana. Mi riferisco a Matteo da (Jualdo, cui spetta il trittico raffigurante la Madonna in trono col Figlio e angeli al cen tro, e nei laterali S. Lorenzo e S.Sebastiano. Nelle cuspidi sono visibili l’Eterno Padre, 5. Michele Arcangelo e la Ver gine Annunciata. E’ firmato MACTEUS DE GUALDO PINX[T, e dovette essere portato a termine in una fase ormai matura della parabola del maestro, negli ultimi decenni del XV secolo. Nel dipinto, infatti, la consuetudi ne espressiva ha di già stemperato e svilito le forti compo Ercole Ranazzan4 Madonna del Rosario.

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IllIIIIIIIiIiIaIIIIIIiii 11111111111 nenti padovane, che così aspramente (e nobilmente) ave presenta notevole interesse artistico, trattandosi con pro VflO caratterizzato lo stile dell’umbro nei primi anni della babilità di una autografa testimonianza dell’arceviese Erco sua attività, sostenendone per lungo tempo la linfa creati le Ramazzani. Purtroppo la pittura è stata compromessa va. dall’ultimo terremoto, che ne ha pericolosamente rialzato Col trascorrere degli anni, questa tensione finirà fatal l’arriccio. In ogni caso, la qualità del tema figurativo, mente per sopirsi, lasciando il campo a una tematica più anche se non eccelsa, denuncia i caratteri stilistici del manierata e sterile, con ripetute incursioni nel mondo fan Ramazzani, in una fase avanzata del suo svolgimento. tasioso e irrealistico del folignate Bartolomeo di Tommaso Ai lati dell’altar maggiore, entro cornici d’epoca, sono e nelle sfera di Benozzo Gozzoli. E questa ultima analisi due tele con S. Giovanni Battista e S. cristoforo, impron bene si attaglia al trittico qui esposto, in cui si accentua la tate a un pungente espressionismo unito a un vicace, tendenza cli Matteo a un maggiore allungamento e stilizza gustoso colorismo, in cui parrebbe di rintracciare l’influsso zione delle figure, al punto da far pensare con arguzia allo di correnti romane tardo-seicentesche. Zeri ad un “bislacco Modigliani della provincia quattrocen Da segnalare, infine, anche l’attività che svolse in que tesca”. sta chiesa, subito dopo il 1850, un ignoto artista, al quale Sulla parete a destra dell’entrata, entro cappellina, è un spettano l’affresco sulla parete sinistra e su quella ahsida affresco tardo-cinquecentesco con la Madonna del Rosario le, nonchè le fresche, spigliate telette con raffigurazioni tra angeli, S. Domenico e s. caterina da Siena. Il reperto della Via Crucis. (g.d.)

404 lIaIIIIIIIIIIIIIIIIIIIlIII NlONTEROSSO

Altitudine m. 500. Posizione: versante. Abitanti: 76 (1989).

TOPONIMO Dall’ag,,gettivo “russus” (corrispondente di superiore) mentre a NW prevalgono terreni caratterizzati ruis, ,‘uheus, ruber), “rosso “, “rossiccio” e simili (i’edi da scaglie marnose terziarie. ciììche i composti coìi acqua. monte. f)O gio. terra. ecc. ), La zona, per struttura litologica e per condizioni (Id indica,’e caratteristiche rossastre del suolo ,.\on c’è. morfologiche, si presta ad essere ampiamente utilizzata qiiiiidi. raiiwie di peflscII’e ti/l’aiitropoiiiìno “l?ussus dal punto cli vista agricolo; le coltivazioni sia intensive che estensis e hanno ormai sostituito quasi completamente l’originaria copertura vegetale. (tu rg.)

TEIUUTORIO Lin.diamento è lo alizzato nella parte nord—orientale dell’area considerata; è dominato a \V dai IJNEAMENTI STORICI Il toponimo di Monterosso rilievi della dorsale umhro—marchigiana che con il fliassic— appare. per la prima volta, in un documento di Nonantola cm del Catria (in 110) raggiungono in questo Settore una dell’anno 1200. notevole altezza; si lso a sulla linea che da Venatura con I castelli sassof rratesi ricordati dai documenti sono giunge il castello con quelli di Rotondo (da cui è separato cinque: Sassoferrato, Rotondo, Castagna, Venatura, Monte— dal monte Castellaro) e cli Castagna, lungo la chsplu iale rosso; maa questi si clese aggiungere anche Coldellanoce,

Sentinc)—Misa: infatti le acque ruscellanti dal ‘ ersante meri— seppure nei confronti cli Sassoferrato goda cli quasi com diona le sono i ributa ne del Sa nguerone mentre quelle pleta autonomia, la ruttura tortihcata to meglio quello nord—orientali influiscono nel Nevola. clic resta di essa) è collocata al cli sopra del moderno L insediamento poggia direttamente sLi un substrato di insediamento, nella localitt oggi chiamata Castellaro. I origine quaternaria costituito da depositi detritici ccl elu— pochi resti non consentono la ricostruzione del disegno \ io—colluviali recenti circondati da scaglie calcaree di origi originario, anche perchè sono rimasti inglohati in costru ne geologica più remota (Cretacico superiore—Focene zioni clic ne hanno modificato, quasi completamente. la

Il III Il III I Il I III 1111111 I III INHN natura difensiva. Non ci SOflO documenti che ne descrivo— Guardia de’ Castelli”. no l’impianto, sia graficamente sia letterariamente. Fino al Nel 1592 Monterosso XVII conta ben sedici Consiglieri eleg secolo Monterosso è anche indicato come “villa”, vil gibili e per il consistente numero cli abitanti ha diritto alla laggio, in seguito quasi sempre, sia nei documenti eccle più alta rappresentatività consiliare fra le fazioni sassofer siastici, come in quelli civili, fino all’unità d’italia è deno ratesì. minato castello. Nel 1476 il Consiglio elegge il Gualclaro e il Viario cli Se la storia religiosa del luogo è abbastanza ricca cli Monterosso: il primo ufficiale è addetto a sorvegliare sugli fatti e di vicende, meno lo è quella civile del castello. affari della comunità, il secondo alla vigilanza delle strade, almeno stando alle notizie giunte fino a noi, Il 14 maggio 1479, nel timore di passaggi di armati, il Le conoscenze circa le origini sono molto vaghe, ma la Consiglio ordina di organizzare la difesa dei castelli, delle data che appare nella vecchia chiesa parrocchiale. 1112. fa fortezze e di fornire munizioni. Nell’ordinanza è compresa pensare che già attorno al 1100 doveva esistere un agglo anche Monterosso: appena un mese dopo, lo stesso Con merato abitativo abbastanza consistente, per avere neces siglio, ordina al Podestà cli restaurare le sità di mura dei castelli e un edificio per il culto piuttosto vasto e architettoni cli tenervi le guardie. camente curato. Nel 1482 si dispone ancora d’intervenire per restaurare La presenza della chiesa lascia supporre che anche il le more e le fortezze dei castelli cii tutto il territorio. castello sia sorto in quel tempo, come del resto gli altri Il Consiglio nel 1485 lamenta la lentezza con cui pro castelli del territorio sassoferratese, La chiesa appartiene al cedono i lavori nelle fortifìcazioni e il papa nel 1494 ordi monastero cli Fonte Avellana, che gode anche di parecchie na nuovamente cli restaurare le strutture difensive del ter proprietà terriere, nel luogo. conservate fino al secolo ritorio. XIX. Di certo il castello esiste nel 1237. come risulta cia Durante tutto il secolo XV, la vita sociale e politica cli una erg1mena. conservata nell’Archivio storico comunale Sassoferrato è molto travagliata a causa di molti funesti cli Arcevia, dove si parla di un Angelo cli Domenico di avvenimenti. Monterosso, che fa atto cli castellania al console Federico. Calamità naturali, come la peste e il colera, si abbatto Un documento dell’Archivio dell’abbazia cli Nonatola no frequentemente sia nel capoluogo che nel contado gli dà notizia cli una adunanza, tenuta nel castello di Sassofer atti del Consiglio le ricordano negli anni 1-i66, 1479. 1481. rato, alla cluale S000 presenti sei conti e quattro signori l’i85, 1486, 1493, 1497, 1498. Durante le epidemie si prov non dlualificati. ma cli pari autorità: “Qui ornnes rogal’e— vede alla guardia delle porte anche dei castelli, soprattutto ruìit ,ne. tabellionern zcribere quidquid D, Lo Saxiji’rrati cli quelli cli confine, per impedire l’entrata Cmes, una di forestieri e il cum J?enaldo de Padre et f3ertrando Gerardi diffondersi del male. cwnmuniter statueruni”. In cluesti casi la popolazione del comune è costretta a Secondo il Pagnani, Rinaldo e Bertranclo sono due rap pagare le tasse straordinarie per stipencliare il medico e le presentanti di Nonantola. il conte Ugo appartiene alla guardie. famiglia degli Atti che insieme avrebbero dovuto trattare Altra perniciosa situazione per la popolazione e le delle investiture dei signori a nome dell’abate di Nonanto autorità comunali è costituita dal passaggio degli eserciti. la. Certamente. lo si apprende dai documenti successivi, Nel 1464 scorrazzano per il territorio sassoferratese i uno dei conti è cli Monterosso. L’abbazia ha la giurisdi soldati del duca cli Urbino che rubano, clepredano zione, dice ancora e com— il Pagnani. su tutto il territorio, compre mettono “tante enormità”. SO nel triangolo Sassoferrato-Venatura-Rotondo, La vasta I Priori scrivono al Duca zona pregandolo cli allontanare le è soggetta a Nonantola, forse per donazione della truppe”imperacchè — dicono — ogni mese se paga per contessa Matilde. Monterosso, essendo compresa in que questo Comune de li ducati circa cinquanta a li soldati”. sto triangolo, dipende da quel feudo abbaziale, il quale Anche la popolazione monterossese è costretta a pagare vende solo nel 1313, i suoi clìritti ai conti Atti cli Sassofer— tasse a cjuesto fine, Nel 1478, cIa rato. una lettera inviata all’arci per tremila lire bolognesi. cescovo sipOfltinO. monsignor Niccolò Perotti. dal Duca cli In questo tempo anche i conti cli Monterosso lasciano i Urbino, si apprende che sono di passaggio Umberto Mala loro castelli per stabilirsi nel capoluogo. Il castello. cia testa e Costanzo Sforza, personaggi che vanno accolti ccl cluanto è dato Sapere, si conserva fino agli ultimi anni del ospitati COfl gli onori dovuti al loro rango. secolo XVII o agli inizi del secolo XVIII. Nel 1479 la minaccia cli eserciti nel territorio si I mutamenti sociali, politici, fa più locali, portano all’abban— pressante: il Consiglio allora dono ordina cli rinforzare tutte le e all’incuria delle strutture fortificate, con possibili difese dei castelli. Nel maggio 1482 circolano nel territorio cambi cli proprietà e con evidenti trasformazioni, Gli edifi— bande armate: si decide subito cli inviare due rappresen c’i attuali, sorti sul complesso fortilizio risalgono a quel tanti del comune a trattare l’epoca. con i capi dei mercenari per invocare la loro comprensione e benevolenza, in cambio Costante e attenta è la premura delle autorità comunali si offrono doni, pane, vino, coppe cli grano e un castrato. per la conservazione delle strutture difensive del territorio, Nel luglio dello stesso anno, temendo un attacco cIa tanto che Sisto IV elogia i Sassoferratesi per lo zelo climo— parte cii nemici. si predispone la difesa assolclando strato e concede loro, per 100 12 anni, i proventi derivati cIa fanti. Le casse comunali non varie tassazioni. dispongono cli tale somma e allora si ricorre a un prestito. Nel libro dei Consigli del 1581 si legge: “Si faccia un Un mese dopo transitano per il Libro dove si iscrivino territorio 13 squadre di tutti qtielli che sanno sottoposti alla armati diretti a Niclastore sotto la guidia cli Roberto cIa

i 06 IIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIII si trova su di Osin. ASSE1TO uRBANIS’flco Il castello lIllIllIllhlI Nell’ottobre 1482 il conte Girolamo (della Genga?) con un piccolo poggio alle pendici del monte Castellaro e del le sue milizie è nel Sassoferratese. Anche questa volta per sovrasta il sistema di piccole valli e dolci colline tipico subire il minore coinvolgimento possibile ed evitare il sac paesaggio interno marchigiano. cheggio si portano doni per i soldati. Nel 1552 Sassoferra Nonostante i crolli e le trasformazioni, rimangono io trasmette un’ordinanza papale che obbliga la vigilanza ancora tracce della conformazione urbanistica e costruttiva continua, giorno e notte, nei castelli (li Castagna. Rotondo cli tutto l’insediamento sorto nel secolo XIII. e Monterosso. Dalla mappa del catasto gregoriano del 1814 appare Altro fattore di degrado della vita sociale e politica chiara l’organizzazione della struttura urbana suddivisa in della comunità sassoferratese, in questo secolo, sono le due parti: il borgo situato a circa cento metri verso est ed continue lotte interne tra i cittadini e i signori, ma soprat il castello, che viene definito con il toponirno “torre tutto nuociono alla tranquillità e allo sviluppo del paese le nella mappa stessa. lotte insorte per cupidigia cli potere, nella famiglia degli E’ probabile che, esaurite le ridotte aree all’interno Atti e tra i nobili. della costruzione più antica, e non potendo utilizzare I documenti del tempo segnalano diversi omicidi e tur bolenze che non solo preoccupano gli abitanti e le auto rità locali, ma anche quelle centrali. Tra gli avvenimenti più drammatici si ricordano gli scontri armati avvenuti negli anni 1483 e 1486 e non c’è anno che non si consumino omicidi causati da queste discordie. Nel 1496 si nomina una commissione per rista bilire il buon ordine nel territorio e pci’ pacificare le fazio ni e gli animi. Nel 1421 la famiglia degli Atti attraversa un periodo (li grave tensione per l’affermazione del potere tra vari con tendenti. Altra questione grave sono le controversie sorte per la definizione dei confini con i comuni viciniori: Gubbio, ‘rbino. Fabriano. Genga: queste liti coinvolgono la vita di tutta la popolazione, e, più direttamente, dei castelli confi nanti come Castagna e Monterosso. 11 Quattrocento è il secolo delle compagnie e dei capi tani di Ventura, uomini che esercitano l’arte della guerra, come professione. generalmente a servizio di monarchi e signori in tempo di pace. per sopravvivere. p sano da un territorio all’altro, seminando ovi.Inque distruzionì. rapine. Arco in conci di un abitazione. crudeltà. 11 territorio sassoferratese, insieme a tanti altri, nella prima metà del secolo, subisce più volte invasioni, attac chi, saccheggi, con gravi danni per la sua stabilità socio- politica, per le sue finanze e per la sicurezza delle popola zioni, che sempre, comunclue, sono coinvolte in azioni di guerra. con perdita di uomini e cli beni. Nel 1460 la famiglia degli Atti, in una sanguinosa rivol ta popolare, viene cacciata da Sassoferrato, la città si sot tomette al papa Pio Il, clichiarandosi libero comune della Marca di Ancona. Da allora il castello cli Monterosso segue in tutto le vicende del capoluogo. ma. via via. perdendo. per le mutate condizioni sociali, la sua importanza cli luogo stra tegico; si consoliderà nelle forme di villaggio, radicato nelle tradizioni sociali e religiose del passato, ma allo stes so tempo aperto alle innovazioni del progresso. L’attribuzione cli ‘castello” continuerà ad accompagna re il toponimo cli Monterosso per i secoli XVI a XVIII ed entrerà pure nei documenti ufficiali della diocesi, ma il complesso architettonico fortificato va gradatamente scom parenclo quasi del tutto, per assumere nel giro di due secoli la forma attuale. (si..) Un tratto delle mura castellane.

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spazi esterni per le notevoli acclivitui naturali dei versanti, l’ampliamento dell’edificato sia infatti avvenuto nella zona pianeggiante più bassa, con la costruzione di un primo borgo a base quadrata con le abitazioni disposte sui lati a formare, con le stesse mura esterne, il recinto fortificato. L’area tra i due insediamenti, 1estinta alle coltivazioni. veniva probabilmente difesa con steccati in legno posti a confine della strada di collegamento tra i due nuclei. Il castello di Monterosso si presenta in torma compatta. quasi circolare senza mura di cinta: \/IABILITA i PORTA il compito difensivo iene affidato alle pareti esterne delle abitazioni che for \IUR\ DJ CDTA 2 TORRE mano esse stesse il recinto fortificato. Si rilevano ancora oggi tratti di mura muniti di speroni a scarpa in conci di BORGO Mt RATO a pictra calcarea squadrata; in particolare sul lato est, più prossimo BORGO FSTERO all’unica strada cli accesso, sulle pareti esterne delle abitazioni si ritrovano ancora le feritoie verticali DJFESA NATURALE usate per 1’ avvistamento e la difesa. Con ogni prohahilitt è su questo lato che si apriva la porta dingresso al castello, ora scomparsa, che attraverso un passaggio coperto immetteva nell’unica corte interna PI.\)’TA delimitata cia edifici di due piani. (av.)

BENI ARTISTICI \ulla di interessante è custodito nella parrocchiale, ove si eccettui uno stenclarclino seicen (esco, appeso sulla navata destra, con la Madonna del Rusario.S. Domenico e s. caterina da Siena, e intorno le scenene dei IIisteri entro piccoli tondi. Vi sOflO riecheg giati, alla lontana, i modi di Giovan Battista Salvi. Sulla parete opposta è unaltra tela, con lo posa1izio mistico di S. C’uterina, frutto dell’attività cli un modesto mestierante marchìgiano del Seicento. (g.d.) I

SEZIONE

IIIIIItIIIIIIIIIIlIIIIII RoTormo

Altitudine m. 535. Posizione: versante. Abitanti: 65 (1989).

effettuati nel TOPONIIO Da “rolundus”, che, con rifi?rimento alla dentale rimboschimenti a conifere sono stati acciivitù. . stabilizzare i versanti a più forte c’oui/òrmazione del sito, euutra in molteplici toon un tentativo di soprattutto con/posti (con monte, co//e, ecc’. ),‘ poco proba (m rg.) bile un origine antroponimica, (iq.) LINEAMENTI STORICI Scarse sono le notizie stori TERRflORIO Sulle pendici meridionali del monte che sulle origini di Rotondo. del feudo monastico di Fonte Rotondo, che costituisce l’ossatura di una piccola anticli— In alcune pergamene territorio di sua peni nile interposta tra le propaggini settentrionali (Iella ruga Avellana si parla del castello e del che Pietro Damiano. dcl del an Vicino e (li quelle (lei monte Catria, si trova in nenza. In una del 1066 si legge fino alla terza gene posizione elevata rispetto sia alla sinclinale occidentale sia comitato di Nocera, dona in enfiteusi Gozo figlio di Guiniso. di stirpe longobarda. .1 quella orientale determinata dall’alto bacino del Cesano razione. a citano espressamente. a N e dell’alto bacino del Misa a S. Le acque ruscellanti vari possedimenti. tra questi, senza Questo toponimo (contea e castello dal monte Rotondo e dal monte Castellaro confluiscono è compreso Rotondo. (li enfiteusi datato nel Ne ola settentrionale e sono quindi tributarie del baci di Rotondo) ricorre in un contratto

“ S’ansone. JIio no del Cesano. marzo 108. in cui testualmente si legge: dona Giace su un substrato di maiolica separato ad \V. per del!i (zr/o, secundum iioslra lege toiu,obardoni,n, propria anima, a//Eremo di Santa Croce di I’dnte meZZo di una probabile faglia diretta, da terreni marnosi per la possiede ud comitato di ,\ocera. riferibili allo Schlier; poco lontano, in direzione E. depositi 1iviIana, tutto quel/o che i ilsanib,tcaia. le detritici e depositi alluvionali terrazzati antichi SOflO a con— nei Jondi Isola. C’ordeìiosi. Linfrrno. Rotondo tatto con depositi arenacei anch’essi miocenici. i!eleta, Melo, SlqJfblo, C’o/e de Aibbi ci in!ìtndo Alberto. Tutta l’area è intensamente coltivata: nella zona occi Un’altra pergamena del maggio 1129 riferisce:

lIIIIIIjÌIIIIIIIIIIIIII flfl Guido, Franco e Viviano, figli di Giovanni, con Ingracla La nota rivela che in quel tempo si temono passaggi di loro madre, donano a Fonte Avellana. per la salvezza milizie. Nel 1480 ancora un ordine “superiore” informa delle proprie anime e dei loro parenti. i beni siti in Comi che il castello di Rotondo è consegnato. “per mano di tato di Nocera nel fondo Rotondo in loco la Curte Vecchia. notari’ a un Sindaco del comune, In data 14 aprile 1482 sì A /eterihus eius: a primo latere lo Caste/lare de Drudo. a ordina cli riparare le porte. i ponti levatoi di tutti i castelli secuìido latere fossa de Viii de Lupo. a tertio latere Viirro— e in particolare cli Rotondo. Sulla proprietà e i vari passag citia, a quarto latere colle de radicosa perl’eniente in gi di giurisdizione, sui nomi dei feudatari, questione con primo latere’. lI 24 maggio 1139. papa Innocenzo TI. su fusa fino a qualche decennio fa. lo storico Alberico Pagna richiesta del priore cli Fonte Avellana. Benedetto e dei ni, sulla base di alcuni documenti, è riuscito a chiarire suoi monaci, conferma all’eremo tutti i suoi possedimenti almeno alcuni aspetti e così scrive: “Le origini del castello e diritti, comprendendovi anche la chiesa di S. Maria di di Rotondo si perdono nella notte dei secoli, Certo esiste Rotondo, nella contea cli Nocera. Nel mese di marzo del va nel 1239. e più certo ancora nel 1291, quando una 1140, Raniero, figlio di Guido (secundum mea iex Longo Bolla di Celestino III in favore della celebre Baclia di bardorum) fa atto (li rinuncia a favore di Fonte Avellana, Nonantola, nomina tra i possessi di lei Sassoferrato con di tutta la terra compresa nella contea di Nocera e defì tutte le sue pertinenze”. Che cosa voglia dire questa nendone i confini, così si esprime: “a primo latere Nebuia espressione lo dichiara meglìo un documento del 1200, Sancti Vitorini, secundo latere Sanclo Laurencio de Cb/le dell’archivio di detta abbazia, Vi si parla di un’adunanza Alto at tercio latere Nebula qui venit de Rotondo et quarto tenuta nel castello di Sassoferrato da almeno sei conti, più latere si/va de C’ava/albo pervenientem in primo latere”, quattro signori senza qualifica, ma che discutono alla pari.

Rotondo è di nuovo citato nell’anno 1159 in un elenco “Credo — continua il Pagnani — che Rinaldo e Bertran degli obblighi che il castello ha nei confronti dei monaci do siano due rappresentanti cli Nonantola per assistere al di Fonte Avellana. Le fonti storiche non consentono cli giudizio. Presidente era il conte Ugo (degli Atti) cli Sasso individuare gli antichi feudatari del castello che, quasi cer ferrato. Questi tre dovevano decidere intorno alle investi tamente. dovevano essere di stirpe longobarda. ture dei suddetti Signori a nome dell’Abate di Nonantola. Da un documento dell’abbazia di Nonantola del 1200 Orbene la storia pcsteriore ci assicura che uno dei sei si apprencle che il suo signore riceveva l’investitura conti era conte di Rotondo. Degli altri cinque, quattro dall’abbate cli quel monastero pur non avendo su cli esso erano certamente i Conti di Sassoferrato, di Castagna, di alcuna giurisdizione, perché certamente la contea cli Monterossc) e cli Venatura (C’astrum Venatoris). Da esclu Rotondo fa parte di Sassoferrato. dere Coldellanoce. che nessuna dipendenza aveva da Con tutta prohahiliG Rotondo sorge intorno alla metà Nonantola. del XII secolo. In un atto cli castellania del 1250. conserva •‘Che il Castello di Rotondo fosse (dopo Sassoferrato e to nell’Archivio Storico Comunale cli Arcevia, si cita quale Coldellanoce) il più importante, tutta la storia di Sassofer— testimone un certo l3artolo di Rotondo. rato lo dimostra, Era pure dei più antichi certo più antico Il castello ha una cinta muraria molto solida che, con di Sassoferrato. Questo sorse intorno al 1150, mentre giunta alla naturale sicurezza del sito, si colloca tra i punti Rotondo esisteva prima del 1139, come abbiamo visto, Per strategici di maggiore rilevanza nel vasto territorio sentina cluali ragioni il conte di Sassoferrato aveva fin dal 1200 la te, Tuttavia il cardinale Albornoz vuole dotarlo anche di supremazia su tutti gli altri Conti suddetti è un mistero, ma un proprio cassero o rocca, stabilmente sorvegliato da un non troppo oscuro. I documenti di Nonantola ci fanno contingente militare, ben comprendere che per lo meno tutto il territorio chiu Non si conoscono le date precise della sua costruzio so nel triangolo Sassoferrato-Venatura-Rotondo era sogget ne, e tantomeno i prcgettisti: non si hanno neppure noti to alla Badia di Nonantola, forse per donazione della con zie. dalle fonti archivistiche, cli particolari avvenimenti bel tessa Matilde. Quindi è chiaro che la supremazia sopra la lici. tuttavia, con frequenza viene riportato il toponimo. li “Comunanza” ossia Confederazione delle dette Contee era li giugno t-C9 viene ordinato al podestà cli Sassoferrato voluta dall’abbate di Nonantola. Non si può pensare a una dalla legazione cli Macerata di conservare personalmente disposizione pontificia. poiché fino all’arrivo di Egidio le chiavi di tutte le porte del castello e del borgo. cli Alhornoz (1355) i Conti si consideravano sottratti ad ogni restaurare le mura dei castelli e cli tenervi le guardie. In esigenza temporale dei papi. questa ordinanza non si parla espressamente di Rotondo. “Anche prima che comparisse la spada di Egidlio Albor ma vi è compreso per quella parte che si riferisce alla noz. i conti soggetti a Nonantola avevano perdluta tale urgenza cli consolidamento della cinta muraria e della vigi soggezione. e si erano assogettati ai conti Atti. Questo lanza. Con un Breve del I7 Sisto IV ordina al legato avvenne nel 1313, quando l’abbate di Nonantola vendette della Marca cli adoperarsi per sopire le discordie sorte ai Conti Atti i suoi diritti per tre mila lire bolognesi. nella terra di Sassoferrato e all’arcivescovo sipontirio Nic ‘Allora o poco dopo, i Conti dalla campagna si ritiraro colò Perotti di restituire la fortezza di Rotondo al predetto no nel castello di Sassoferrato, conservando il titolo nobi— legato. liare. Erano cluei numerosi conti, che troviamo a Sassofer— Negli atti coijsiliari del 14 maggio 1479 si decide di rato nel quattrocento”. preparare quanto occorre per la difesa delle mura e delle Durante la prima metà del secolo XV il territorio sasso porte, cli rifornirsi di munizioni, cli inviare un ufficiale a ferratese è cli continuo sconvolto da disastrose vicende: Rotondo e un altro a Castagna per un mese, allo scopo di passaggi e invasioni di eserciti mercenari, capitani di ven provvedere al restauro della fortezza e alla sua custodìa. tura, lotte intestine fra opposte fazioni, contrasti tra signori

•il (1 IIHIIIIIIIIIIIIIINIIIIII locali e tra tiranni e popolazione. t’lIllIlfI’ in questi disastrosi avveniinent Rotondo non volge ruoli rilevanti nelle operazioni belliche, tuttavia subisce le cattive sorti (li tutte le altre localitìt del territorio sentinate. Per tutto il secolo e anche in avanti, almeno fino alla fine dei ‘OO, il castello ha rilevanza per la sua posizione ‘trategica. tanto è vero che la sua rocca è sempre provvi sta di armi. Nel 152 Sasoferrato ordina ai castelli di Rotondo. Castagna. Monterosso e Coidellanoce di fare la guardia giorno e notte, secondo il volere cli papa Giulio III, che terne attacchi per il passaggio di truppe. Nel 1612 il Commissario di Sassoferrato invita gli uomi del castello a restaurare le mura. Dalla fine del XVII secolo Rotondo, come anche gli altri castelli del territorio, va perdendo importanza e il degrado istituzionale-militare-difensivo si accompagna ad altri fattori che ne accelerano la rovina e la totale deca denza. Lna carta dell’Archivio storico comunale di Sassoferra— fo del 1 riferisce che molte sono le case demolite e fatiscenti e che le mura castellane e le strutture difensive vanno in rovina. Il suo ultimo bagliore si accende nel 1798 durante l’occupazione dei francesi ai quali oppone un’accanita resistenza. Se il paese ha potuto conservare abbastanza la sua Interno cieli ‘ingresso. immagine medioevale tanto da presentarsi ancora con tutto il suo fascino che deriva dalla bellezza del luogo e dal calore antico, delle costruzioni, della porta che raccon ta una gloriosa storia congiunta a quella dei suoi signori. gli Atti, il cui stemma orna l’ingresso, non altrettanto è avvenuto per le mura, quasi completamente scomparse, e per la Rocca, ridotta quasi ad un rudere. Sopra l’arco d’ingresso accanto allo stemma degli Atti si legge questa

iscrizione: ANO DNI MCCCCXXII ID - X (M.A.V.) VE DNS

5 (C D) AVRELIs - Ah. IOIS (SNCS OB J1SE) 5. M. PoS (Anno del Signore 1-i22 indizione X. mese di agosto. Il Signor sacerdote Aurelio, sindaco dell’abate Giovanni. pose dlrlesta lapide come segno del suo diritto),

“Resasi pericolante — scrive lo storico Sergio Sebastia

nelli in Il C’aste/lo di Rotondo — per le vicine abitazioni civili del l9S-t circa, la rocca fu restaurata a cura della Soprintendenza ai Monumenti di Ancona, con la rilevante spesa di lire duemilioniquattrocentomila. “Successivamente un fulmine squarciò la parte superio re, e gli amministratori dell’epoca. anzichè provvedere al restauro. abbatterono la porzione fatiscente. gettando le macerie all’interno del fabbricato, Fu un errore gravissimo. poichè il materiale inglobato lacera progressivamente le pareti esterne, Eseguendo lavori sistematici con urgenza. la residua torre centrale ccl i ani sottostanti, potrebbero cssere salvati, “Inoltre affiorerebbero le fondamenta dei muri cli cinta e delle parti abbattute, ora ricoperte di terra e di vegeta zione erbacea, Non è da escludere poi che vi siano anche

dei sotterranei o cunicoli ricolmi di macerie ‘. (s.t,)

ASSETtO URBANISTICO [insediamento è un nu La porta torre.

(11 iIIIIIIIIIIIlIIaIlIIIIIIII cleo di IIIIIIIIIIIIIIIIIINIIIII versante dal quale si controlla una vasta porzione di territorio collinare che comprende tutta l’alta valle del torrente Nevola. Il SUO tessuto urbano si organizza hnear— mente sulla porzione di cerchio descritta dall’unico asse viario interno e la morfologia del castello si può ascrivere a quella di nucleo a “ventaglio” L’impressione complessiva che si riporta ad una prima osservazione dell’intero complesso dall’inizio della vallata è che questo sia organizzato in cerchio, mentre la realtù planimetrica è completamente diversa; in realtù, ci si trova di fronte ad un hell’esernpio di assonanza tra i manufatti edifìcati e le peculiari caratteristiche del sito, che sono proprio quelle cli descrivere un cerchio formato dalle curve di livello del poggio posto sul versante montano, La rispondenza è resa possibile grazie all’uso del modulo compositivo rettangolare delle schiere medioevali che consente diverse soluzioni spaziali nelle quali l’ele mento naturale risulta essere uno dei fattori principali nella risoluzione della composizione architettonica; la natura e le sue caratteristiche sono nell’architettura del periodo un elemento compositivo e non un indifferente substrato sul quale inserire l’opera architettonica: ecco cluindli come il nome “Rotondo” risulta essere il più imme— cliato ccl indovinato per il castello, anche se di fatto que sto “rotondo” non è. Un’unica porta fortificata immette nel nucleo con un arco a tutto sesto in conci ben squadrati cli pietra calcarea; la forma e l’elemento utilizzato fanno risalire la sua origi ne all’XI—XlI secolo. l,a torre sovrastante è interamente c’ostruita in pre’a— lenza con lo stesso materiale ccl alcuni conci in pietra are— nadia; solida e minacciosa si aggetta fuori dal filo delle schiere che compongono il recinto fortificato ccl appare improvvisamente a sl’arm’are il passo di c’hi sale faticosa mente lungo la ripiclissirna rampa obbligata che conduce al castello, VL•U3ILITÀ vl MASC[11() Sopra l’arco campeggia uno stemma in pietra della prima metù del MURA XV secolo raffigurante una testa d’ariete. 1)1 CIN’I’A CHIESA

BORGO MURATO i PORI’A-TORRE

BORGO ESTERNO 2 ROCCA DELL’ALI3ORNOZ

PIANTA

l2 IIHhIIulIIIIIIlIIIIIIIH III’’’’

tua via interna. La torre di guardia, lato sud-est, simbolo della casta dei conti Atti di Sassoferrato. edifici che ne costituiscono la base, stagliandosi contro il

Nom)stante le recenti manomissioni — la porta aperta verde della vegetazione sul quale risalta maggiormente il alla sua sinistra nel 1989 e la scialbatura a cemento costi colore chiaro del paramento dovuto ai blocchi squadrati tuiscono due esempi emblematici — il torrione risulta (li calcare massiccio. La parte superiore dopo il crollo è ancora essere un manufatto che di stata in parte demolita per evitare ulteriori danni alle abi una precisa epoca storica; purtroppo è proprio l’intonaca tazioni sottostanti; le macerie sono state ammassate nel tura a non permettere di approfondirne ulteriormente suo interno e l’esposìzìone costante alle intemperie minac l’analisi. cia pesantemente quanto dell’antica costruzione tuttora Le abitazioni a schiera addossata al fianco della monta rimane. gna sono in pietra con evidenti restauri in cotto: realizzate La sua distruzione appare ormai certa. vista la pochissi su due livelli, presentano un piano sottostante che. origi ma sensihilit dimostrata nei confronti di strutture analo nariamente privo delle bucature attuali, veniva usato come ghe. anche se è tutto l’omogeneo complesso dell’insedia deposito e formava lo zoccolo della cinta fortificata. Il mento, in parte abbandonato ed in parte soggetto ad manufatto architettonico che emerge dal compatto tessuto interventi spontanei ed impropri sulle abitazioni, che ven urbano è la torre posta sul lato sud-est del castello; gono ristrutturate come “casette per le vacanze”, che meri costruita nella seconda metà, del XIV secolo in forma poli ta un intervento mirato alla salvaguardia ed alla valorizza gonale con lieve rastrematura verso l’alto, si eleva sugli zione. (g.p.b.)

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I il I Il I Il I Il I I I 1111111 I III S. CROCE DEI CONTI (o di TRIPOZZO)

l’insediamento ed il fiume è topono— La zona compresa tra TOP()N1i4O L ajon lino, frequeììtjssjnio nella sud a pascoli completamente antropizzata mentre verso crucis ‘ tripozzo è tì)rYe ,na.s’tica locale, ricorda il /ignum cedui molto degradati che è quella secondari si alternano boschi a “tre pozzi” (frinazione similare vegetale ori i’iconclucibile le ultime testimonianze della copertura pons “; meno sono del toponimo Tribonzo” (riconducibile a soluzione ginaria. (m.r.g.) prohahile un aggancio a “poggi “. anche se la “Zi” J)arrehbe attestata, per esempio nell’alternanza Giano—Za,io. (i.q. LINEAMENTI STORICI Scarse e frammentarie sono di vita dell’abbazia le notizie sulle origini e i primi secoli detta’•• dei Conti perché fonda p0— cli S. Croce cli Sassoferrato, TERRiTORIO Sorge appena fuori di Sassoferrato, secolo Xl, dagli ta, probabilmente nella seconda meG del Confluenza tra i torrenti Marena e Sangue la co a valle della del luogo: tuttavia nelle carte medievali sponda destra di quest’ulti Atti, feudatari rone Con il Sentino, quasi sulla è quella di monastero di 5. di Torricel— denominazione più frequente mo lungo la strada che la Collega Con Castelli compresa Croce di Tripozzo” la e cli Trinquelli posti nella parte meridionale l’opportunitù La mancanza di fonti d’archivio ha offerto Giano. E’ protetta a sud dai Con tra il fiume stesso e il fra tutti lo lacobilli, cli abbondare sale al Piano della ad alcuni studiosi, primo trafforti del monte 5. Croce dal quale si dai documen in ipotesi e illazioni, non sempre confortate CroCe posto a 7 9 in. del tutto prive cli fon operata dalle ti. sulle vicende iniziali dell’abbazia: GiaCe su una superfiCie di erosione le affermazioni damento, ad esempio, sono per il Pagnani hanno originato un terrazzo alluvionale acque fluviali che a proposito dell’unione cli 5. Croce substrato cli pelagiti dello storico folignate alto sull’alveo; a sud è presente un a Camaldoli nel a Valclicastro nel 1285 e dell’aggregazione calcaree a scaglia ariegata di origine cretatico-paleogeni recenti. 1353 per volere di Innocenzo VI. ca. mentre a sud-ovest emergono depositi detritici

IIIIuIIIIIIliIIIIIlIIIIII 1111111111 Con l)Olla emanata (la Perugia il 6 febhraio i 2S2, Inno pievano di S. Maria cli cenzo IV pone 5. Croce Civita, per incarico di Bonifacio VIII sotto la diretta protezione della dirirne la Sede Apostolica, controversia, assegnando salomonicamente concedendo alla comunità cli poter eleg gere due cenobi, rappresentati rispettivamente liberamente l’abate “secondo Dio e la regola dai monaco Cor di S. rado e dall’abate Egidio, Benedetto’ e dì accogliere chierici la metà dei beni e delle rendite e laici desiderosi (li appartenenti alle abbandonare il mondo chiese contese. l’abbazia, inoltre, viene esentata Tra dai pagamento il 1310 e il 1320 5. Croce è coinvolta delle decime sui prodotti dei campi e le è in una lunga concesso lite con l’abbazia di S. Maria d’Appennino, di ammettere alla sepoltura monastica che ha trasferi i fedeli to dalla collina di Cerchiano che lo richiedono, fatta eccezione presso Civita nel territorio per gli scomunicati e i della parrocchia pubblici usurai: in tempo cli 5. Nicolò la chiesa di S. Cristoforo. dli generale interdetto, infine, ai Lintervento monaci del comune cii Fabriano in di 5. Croce è permesso celebrare le funzioni questa circostanza sacre. è determinante per la soluzione purché la censura ecclesiastica non sia della controversia a favo imputabile a loro. re di 5. Maria d’Appennino. Dal documento pontificio del 1252 risulta che l’abbazia Nel periodo ha alle proprie dipendenze cli maggior floridezza spirituale dell’abba 35 chiese nelle diocesi di zia Camerino, di Tripozzo (secoli XIII-XIV), due monaci Nocera, Senigallia: 5. Pietro di Scorzano, si segnalano 5. per la loro santità di vita: il beato Angelo di Murazzano, S. Nicolò di Fabriano, Alberto e il beato Ghe 5. Cristoforo rarclo, i cui resti mortali di Almatano. 5. Severino di Collegiglioni, sono conservati rispettivamente 5. Maria in nella chiesa Campo, S Lorenzo di 5. Croce e in quella di 5. Maria di Trinquelli, 5. Clemente di Genga a Serra de’ (in Conti. La ricognizione delle ossa comproprietà con S. Vittore delle Chiuse), del beato Alberto sarà 5. Maria dei eseguita nel 1926. Corbi di Catobagli. 5. Biagio e 5. Maria di Valentana (pres Nei primi decenni so San Donato). 5. Lorenzo del Trecento durante l’aspra lotta cii Avenale, S. Pietro cli Sasso che ferrato, vede protagonisti guelfi e ghibellini, fautori 5. Maria del Cerro, 5. Lorenzo di Fabriano, cli Giovan S. ni XXII e cli Lodovico il Bavaro. Angelo cli Colleponi. S. Lorenzo di Montalboddo Sassoferrato si schiera (oggi dalla parte del re Ostra). 5. Maria “de Abhatissis” germanico e nel 1327 tenta di sottrarsi e la pieve di S. Lucia a all’autorità papale Serra de’ Conti, ecc. eleggendo Francesco, abate di S. Croce. a governatore del comune. Giovanni Dal 1224 i monaci di 5. Croce possiedono )XII ordina all’abate a Fabriano “usurpatore”, sotto anche l’ospedale dei Ponticelli pena della scomunica, di ritornare sulla riva sinistra del Giano, all’obbedienza nei pressi della Chiesa e incarica il rettore cii S. Nicolò. La chiesa annessa (S. Maria del ducato dei di Spoleto cli riprendere il possesso Piangato), dopo alterne vicende, diventerà del territorio sentinate. beneficio Scorrerie, devastazioni, ecclesiastico di nobili famiglie saccheggi - triste consuntivo fabrianesi e nel 1922 sarà quel di periodo - provocano sconsacrata e venduta a privati. gravi danni all’economia cli 5. Croce. Decisamente poco incoraggiante L’ampia giurisdizione parrocchiale cli è la situazione 5. Nicolò, che si dell’abbazia se nel estende anche al contado, abbracciando 1333 il rettore di 5. Maria di Catobagli un vasto territorio versa ai collettori tra le parrocchie cii S. Venanzo. della decima papale, per la metà spet Civita, Marischio, Nebbia tante al monastero, no, Collegìglìoni soltanto 16 soldi e 3 denari cortonesi. e 5. Maria in Campo. è all’origine di numerose Nella seconda metà del secolo XIV, controversie tra l’abbazia di S. Croce con la stabilità e alcuni politica seguita ai ripristino enti religiosi che, con l’appoggio del del potere papale nello Stato comune di Fabriano, pontificio ad intendono inurbarsi. opera del carci. Egidio Albornoz (Sassoferrato nel 1348 cade sotto NIel 1232, Filippo, vescovo il dominio dei Malatesta e nel 1355 di Camerino, erige a parroc dal porporato chia la chiesa di spagnolo è ricuperata alla Chiesa), S. Biagio - edificata dall’abate di S. Vittore il mona delle stero di 5. Croce riacquista vitalità, Chiuse (probabilmente Monco 11) all’inizio prestigio e potere eco del seco nomico. anche attraverso lo - diverse XIII sottraendo del territorio a S. concessioni cli terre Nicolò. Compagno, vescovili da parte abate di S. Croce, si appella del presule di Senigallia nel territorio a Roma, chiedendo la restitu Serra di zione del de’ Conti. Contemporaneamente, mal tolto e la demolizione o la riduzione però, inizia il dccli ad uso no spirituale della comunità, profano di 5. Biagio, ma la sua che, ridotta a pochi monaci, protesta è vana: Gregorio non riesce IX il 7 giugno 1232 conferma più ad assicurare un’adeguata pratica il decreto del presule camer dell’osservanza te. regolare e del culto divino, mentre abati gli Cinquant’anni si comportano alla stregua dei signori dcpo, 5. Croce (questa volta insieme dell’epoca. 5. con Croce. inoltre, deve subire le 5. Vittore) deve fronteggiare le indebite ingerenze dei conti mire espansionistiche Atti, che nel degli Agostiniani, che 1388 riprendono il controllo di Sassoferrato inducono . on denaro e parrocchiani due anni ciopo cia di 5. Nicolò e cli 5. Biagio Bonifacio IX sono nominati “vicari della a ricevere i sacramenti e a farsi Chiesa”. seppellire nella loro chiesa. Gabriele de’ Medici. cancellie All’inizio re della Marca d’Ancona, del secolo XV l’abate Giovanni, fa costruire affida la soluzione della contro campanile. il versia a Guarino, ordina la fusione cli due grosse campane priore del capitolo di S. Venanzo. il (nei quale il 1400 e nel 1412) ancora esistenti 12 marzo 1282 esamina i 25 testimoni e mette lo stemma degli presentati Atti sul castello cli Rotondo. dalle parti lese ed emana sentenza Nel 1406 Innocenzo VII lo favorevole alle due incarica di abbazie. ricuperare i beni di Valdicastro ‘illecitamente alienati” Per i diritti dai predecessori di Angelo, abate di giurisdizione sulle chiese di 5. Severino cli quel mona cli Collegiglioni stero. e di S. Maria in Campo, nel 1298 sorge una lite tra Nel 1448 Nicolò V cede 5. Croce S, Croce e 5. Vittore delle Chiuse; con tutte le rendite a Giovanni, Pandolfo degli Atti, fratello di Atto e Ungaro, vicari apo

:i 16 IIIIIIItIIlIIIIIIIIIIIIIII stolici di Sassoferrato. E’ l’inizio della commenda, che poca pratica della vita comune (la famiglia conventuale segna il tramonto definitivo dell’abbazia risulta formata da sei sacerdoti, due chierici e tre conver Nel 1453 a Pandolfo subentra Andrea de Pilis da Fano, si), scarsa istruzione nei monaci, grande trascuratezza chierico di Camera Il 31 agosto 1457 egli figura, insieme nella conservazione degli arredi sacri, gravi abusi soprat con Stefano di Antonio da Castelletta, priore generale dei tutto nel campo della poverG (peculio privato). Dagli atti Silvestrini, fra i testimoni all’atto di acquisto (la parte dei della visita risulta che 5. Croce frutta all’abate 576 scudi comune (li Fabriano, per 3.500 ducati d’oro, dei beni dei l’anno. Chiavelli, a lungo contesi con la Camera Apostolica; il Al card. Bonelli subentrano altri commendatari, che si contratto è stipulato con il card, Rodrigo Borgia (futuro clisinteressano totalmente del bene spirituale della comu Alessandro VI). legato della Marca d’Ancona, al quale il niG e della manutenzione degli edifici. In un memoriale consiglio di credenza il 2 febbraio 1457 ha decretato di del 1589 i monaci lamentano la mancanza di novizi e lo offrire un dono in argento del valore di 100 ducati in con stato di degrado della chiesa e del monastero; per gli stes siderazione della di lui” insigne virtù”! si motivi nel 1601 il comune di Sassoferrato ricorre alla Nel 1467, morto Pandolfo, i monaci, riuniti in capitolo Sede Apostolica, ma soltanto nel 1607 l’abate Antonio conventuale, eleggono abate il confratello Pietro Oliva, Maria Graziani procede al restauro del campanile perico sotto il cui governo rifiorisce l’osservanza e la comuniG lante. Nel 1610 gli ultimi due monaci della comuniG sono gode (li un breve periodo (li tranquillitìc sostituiti dal commendatario Camillo Graziani, nipote dei ‘crso il 1475 S. Croce cade di nuovo in commenda. A precedente, con quattro sacerdoti secolari. cavallo (lei secoli XV-XVT ne è abate il cardinale Girolamo Il cardinale Scipione Caffarelli Borghese, nipote di della Rovere (4- 1507), il quale, al pari degli altri commen— Paolo V, è l’ultimo commendatario di 5. Croce. Il porpra— datari, governa il monastero tramite un suo vicario. Per tu, che gode delle rendite di cospicui benefici per contrastare le defezioni dalla comuniG (nel 1500 la fami l’ammontare annuo cli circa 150.000 scudi, nell’intento di glia (li S. Croce è composta cli dieci sacerdoti, tre novizi, ristabilire nell’abbazia la vita monastica, nei 1613 (e non due servi e un fanciullo per servire le messe), ormai stan 1612 come si trova in più luoghi nella monografia del ca della vita grama che è costretta a condurre a causa del Pagnani) ottiene cIa Paolo V l’unione di S. Croce alla Con giogo commendatario, il porporato emana un decreto, con gregazione dei Camaldolesi Cenobiti, cli cui egli è protet il quale proibisce ai monaci (li allontanarsi dall’abbazia tore. Con la bolla Super eminenti, emanata il 24 gennaio sotto pena (li dieci soldi. Egli, inoltre, eleva a tredici scudi 1613, il pontefice ordina che a 5. Croce sia costituita una il vestiario” annuale cli ogni religioso, prescrive la recita comuniG di almeno quattro monaci sacerdoti, uno dei quol icliana dell’ufficio divino in coro e impone la celebra cluali con il titolo di priore, e cli un converso; che la zione (li almeno tre messe nei giorni feriali e (li cinque in “mensa” del commenclatario, ai cui procuratore o agente è quelli festivi (pertanto, non tutti i sacerdoti (Iella comuniG riservato il ‘palazzo” della commencla con la cella vinaria celebravano ogni giorno). e le botti ivi contenute, sia distinta cIa quella della comu— Secondo il Pagnani, nel 1515 diventa abate commenda nitìt, alla quale sono assegnati parte dei beni dell’abbazia lario di S. Croce Giovanni Domenico de Cupis, vescovo cli (orti, vigne, prati, bosco per la legna) e le entrate cli 17 ‘Frani, gui canonico della basilica cli 5. Pietro e segretario chiese dipendenti, che assommano complessivamente a di Giulio Il, poi cardinale (1517), protettore della Congre 400 ducati d’oro l’anno (5. Maria del Cerro, 5. Clemente di gazione Silvestrina (1534-1553), vescovo di Camerino Genga, S. Lorenzo cli Trinquelli, 5. Angelo cli Colleponì, 5. (1535-1537), legato della Marca d’Ancona (1536-1539), Maria cli Civita, ecc.); il pontefice impone, inoltre, alla decano del sacro collegio. Tuttavia giì il 6 dicembre 1514 comunitiì la recita diurna e notturna delle ore canoniche e il de Cupis, in veste di commenclatario, concede al mona obbliga il commendatario a fornire la chiesa e la sacrestia co Polidoro Valentino de Vecchi le rendite cli alcune chie cli tutto il necessario per il culto divino (paramenti, crcci, se. ciipenclenti dall’abbazia. calici, turiboli, libri liturgici, vasi sacri), Al de Cupis, morto nel 1553, subentra nella commencla Con la soppressione innocenziana del 1652 5. Croce I card. Tiberio Crispi, protettore della Congregazicne SiI deve rinunziare-alla conduzione diretta delle chiese cli 5, vestrina (1553-1566), gi governatore cli Perugia, prefetto Maria di Civita, cli 5. Giovanni cli Rocchetta, cli 5. Lorenzo cli Castel 5. Angelo, e successivamente amministratore cli Trinquelli e cli 5. Lorenzo cli Avenale in diocesi cli delle diocesi cli Nepi e Sutri. Nel 1564 la coinunitut cli 5. Camerino, come pure cli 5 Maria del Cerro in diocesi cli Croce risulta formata cIa tredici sacerdoti, due conversi, un Nocera Umbra: al priore, tuttavia, rimane la facoltui cli servo e un cantore laico, nominare, d’accordo con il vescovo locale, un sacerdote Al Crispi nel 1566 succede il cardinale Michele Bonellì, secolare in qualiG cli vicario amovibile o perpetuo. domenicano, pronipote di Pio V, comunemente chiamato Nel 1689 i fabbricati cli 5. Crcce risultano bisognosi cli il carclinal Alessandrino. Allo scopo cli attuare il progetto restauro, mentre la comuniG ha debiti per scudi 273.23. di restaurazione della vita religiosa promosso dal Concilio Nel 1781 un violento terremoto provoca gravi lesioni ai di Trento (1545-1563), che prevede l’abolizione della pro manufatti della zona (crolla, ad esempio, l’intera facciata prieG privata, il ripristino della vita comunitaria e della della chiesa cli 5, Giovanni cli Colle Cornacchiaro, dove si clausura, il miglioramento del noviziato e degli stuclì, nel conserva il corpo del bemto Ugo degli Atti): per 5, Croce i 1572 viene inviato a S. Croce un visitatore apostolico nella danni sono valutati in scudi 263. persona del vescovo cli Camerino Berarclo I3ongiovanni (e Nel periodo delle soppressioni, per ben tre volte S. non Gaetani comeafferma il Panani). Il presule riscontra Croce è colpita dalle leggi eversive: nel 1798, nei 1810,

I I I III I I I Il I III I 111111 I III lIllhllIlIlIl nel 1861. stica è costituita da oltre quaranta religiosi). Pio Xl, con Il 18 maggio 1798 i monaci sono espulsi dal cenobio bolla del 2 luglìo 1935, sopprime i Camaldolesi Cenobiti. ad opera della prima Repubblica Romana, che non asse unendone la Congregazione a quella degli Eremiti di gna loro neppure una modesta pensione: possono rientra Camaldoli. S. Croce viene chiusa e i monaci dispersi. re in comunità il 23 giugno dellanno successivo. Nel 1937 la parrocchia annessa alla chiesa di S. Croce è Sell’agosto 1808, dopo l’annessione di Sassoferrato al trasferita a Scorzano. (u.p.) Regno Italico, S. Croce è spogliata della maggior parte degli arredi sacri, soprattutto della suppellettile d’oro e d’argento. Fra l’altro al monastero è requisito dalle truppe ARflfE1TURA L abbazia di S Croce di Sassoter francesi un paio di buoi, e allorché il camerlengo d. rato è un complesso architettonico organizzato sulla tipo Mariangelo Bonarelli con il servo Ubaldo Paglia si reca al logia razionale tipica dei monasteri benedettini; nonostan comando per chiedere il risarcimento, entrambi vengono te gli interventi e gli ampliamenti succedutisi nel corso dei fucilati. Nel novembre successivo tutti i beni dì S. Croce secoli, che testimoniano l’importanza e le vicissitudini sto sono inventariati e demaniati, mentre ai monaci è assegna riche dell’insediamento, la sua organizzazione primitiva ta una piccola pensione: ‘OO lire ai sacerdoti, 450 ai con risulta ancora chiaramente leggibile. ad iniziare dalla versi. Nel maggio 1810, in seguito al decreto di soppres disposizione della chiesa collocata sul lato nord del paral sione degli istituti religiosi emanato da Napoleone il 25 lelepipedo costituito in pianta dai vari ambienti, mentre a aprile precedente. i monaci sono costretti ad abbandonare sud, intorno al chiostro, si aprono le residenze dei monaci

S. Croce: ‘ i può rimanere solo il iirroco con l’abito di e le varie pertinenze. formando una compatta cortina prete secolare. murata idonea anche alla difesa. La Congregazione Camaldolese, rientrata in possesso La chiesa è costruita in perfetto stile romanico; il suo del cenobio e relativi beni il 2 dicembre 1821, assegna a S. nucleo originario risale alla seconda meG del Mille e Croce una comuniG di Otto monaci (cinque sacerdoti e tre mostra una planimetria su modulo quadrato che ordina conversi). una composizione centrale a croce greca, con ahsidi per Nel 1833 il monastero è unito a Fonte Avellana, il cui le tre navate e per il transetto, sul modello della della con abate diventa ammninistratore di S. Croce, dove rimango sorella abbazia di 5. Vittore delle Chiuse. no il parroco e due conversi. Dieci anni dopo il cenobio La facciata, er gli interventi cli rinforzo effettuati con ritorna indipendente con un proprio superiore. solidi contrafforti nei secoli XIV-XV, risulta severa; è orien Il decennio 1844-1854 vede l’attuazione di importanti lavori di restauro nella chiesa di S. Croce, dove fra laltro viene tolto l’intonaco dalle pareti di travertino e dalle colonne di granito e vengono coperti con calce gli affre schi dell’altare del beato Alberto. Mentre il monastero sta in pieno ricupero spirituale e materiale, sopraggiunge una nuova soppressione. Il 3 gen naio 1861 il regio commissario Lorenzo Valerio estende a tutte le Marche le leggi anti ecclesiastiche piemontesi e la comuniG, fatta eccezione per il parroco, è costretta ad abbandonare per la terza volta il cenobio nell’arco di poco più di sessant’anni (ai sacerdoti viene assegnata una pensione di lire 500. ai conversi di lire 300). Nel 1882 S. Croce è messa in vendita con asta pubblica dal comune di Sassoferrato: i Camaldolesi Cenobiti si aggiudicano il lotto per £. 0.000. Compiuti i necessari restauri, a S. Croce è assegnata una comunit( di sei mona ci (tre sacerdoti e tre conversi) e, dal cenobio di Faenza. vi è trasferito il noviziato. Nel 1887 S. Croce diventa anche “professorio”, cioè casa di studio per le giovani leve. Durante la prima guerra mondiale la comuniG si trasfe risce a Fonte Avellana e S. Croce, offerta dai monaci per essere adibita ad ospedale militare, diventa alloggio per i prigionieri di guerra. Nel 1920 noviziato e professorio ritornano a S. Croce, dove, da S. Gregorio al Celio in Roma, si trasferisce anche l’abate generale della Congrega zione, Ai lavori cli ampliamento e di ristrutturazione ese guiti negli anni 1913-1914. altri se ne aggiungono nel 1924 per l’accresciuto numero degli aspiranti e dei giovani pro fessi. 1119 agosto 1926 la comunità riceve la visita del cav. Benito Mussolini. Mentre S. Croce è in piena fioritura (la famiglia mona Il portale.

418 III’

— L\BIIJTA i CAMPANII.E SEC. XV

ORTI 2 \!O\.SiERO SR:. \1XII1

FIIME 3 ‘1PI.IA.ME\TI SEC XI\ XV

i CIHESA SEC. XI

PIANTA

Interno. un delicato girale cli viticci. fiori e grappoli: i due archi tata ad occidente ed ha sulla sinistra una massiccia torre interni compongono sofisticate ed elaborate volute di campanaria, mentre un profondo nartece con volta a botte nastri e motivi vegetali di grande effetto e di chiara introduce al magnifico portale con archi a tutto sesto con influenza franco-longobarda: Anche la lunetta che sovrasta centrici e leggerissimo strombo, che poggiano su pilastrini l’ampio portale è finemente affrescata. L’interno colpisce U()lYìpoSiti Con capitelli scolpiti nei quali sono delineati. per il suo grande equilibrio spaziale e per labile utilizzo con stile del primissimo romanico, due leoni stilizzati e delle colonne di granito scuro incorporate nei pilastri due aquile rampanti, raffigurazioni che, legate a motivi di compositi che sostengono le volte a crociera e scandisco intreccio ed a rigidi segni di scalpello, pur nella mancanza no le campate delle navate e del transetto; l’inserimento di plasticitù risultano tuttavia estremamente espressive. nella struttura di questi manufatti e di molti capitelli pro Tutte le arcate sono scolpite: la più esterna presenta venienti dalla cittù romana di Sentinum, insieme alla pian un motivo geometrico formato da triangoli e la leggera ta centrale, conferiscono al tempio una scansione ordinata modanatura della successiva è ornata da un intreccio e da degli elementi architettonici ed una serena proporzione degli spazi che si possono ritrovare soltanto nelle chiese del primo rinascimento italiano, rendendo testimonianza di quanto bene gli artisti cli entrambe le epoche storiche sappiano usare gli elementi classici. comprendendone la proporzione ed inserendoli organicamente nell’edificato. I capitelli, scolpiti finemente nel bianco calcare sono di notevole fattura e presentano complicati intrecci floreali, foglie d’acanto. bestiari e figure umane: quelli romani sono di forma composita. mentre gli altri, che ne rilevano le proporzioni e la struttura, seguendo anche lo stacco elegante del collarino, sono in puro stile romanico, risa lenti alla seconda metù dellXI secolo. Alla base i pilastri compositi poggiano su di un ampio basamento reso più snello da una modanatura a forma di toro. Al centro l’originale cupola sostenuta da un tamburo. forse per motivi statici, è stata sostituita da una crociera a ifiCapitelli scolpiti. snelli costoloni di stile gotico. (g.p.h.) ÌIllhlHllhIII I

44 4, 4

4’ 4 4 i ii&1: V

Giovanni Antonio da Pesaro, Polittico.

+20 La chiesa BENI ARTISTICI custodisce alcune notevo di stilemi timhri e marchigiani. tra Bartolomeo cli Tomma li pitture sulle quali si impone, per vastità e distinzione so e il Maestro di . Il’’’’ artistica, il polittico di Giovanni Antonio cia Pesaro, Questa La somma cli così varie e diramate esperienze figurati complessa macchina d’altare fu a lungo riferita al pennello ve si condensa in un gergo formale dolce e pausato. Antonio di da Fabriano, ma da ultimo la critica ne ha giri— curiosamente trasognato e statico, in parte riscattato dalla stamente riaffermato la paternità in favore del maestro varia e lussureggiante cromia. pesarese Nel primo registro è dipinta, al centro, la Di grandi dimensioni si qualifica anche la pala cli Pie .1[adonna trono in col Bambino. attorniata da quattro tro Paolo Agabiti. raffigurante 5. Benedetto tra quattro santi:S. Girolamo. S. Benedetto, 5. Steftino e S. Elena. Santi e sei monaci in preghiera. Nella preclella. tre Storie Nella fascia superiore figurano la C,’ocfissione al centro e, della m’ud del santo titolare. La tavola, firmata e datata nei quattro pannelli laterali, S. Gherardo, S. Pietro, S. l1berto e S. Paolo. Nelle cuspidi: S.Marco, 5. Giovanma, il Rede,itom’e. S. ,llatteo e 5. Luca, I piccoli pannelli ciuadrilo— lii che svettano sopra le guglie. ospitano Cristo nel sepol cro e quattro angeli. Nella predella si vedono effigiate sei Storie della t’era Croce, alle quali va aggiunto il pannello mediano. con 5. Gioi’anni Battista e 5. Giacomo .lfaegiore. di mano diversa e sicuramente veneta. Per un totale cli ventisette scomparti. Pur se privo cli sicuri agganci clocumentari. il grande pulittico si colloca agevolmente nella fase tarda del pitto re. tra il settimo e lottavo decennio del secolo XV. Tendo no a confermarlo i riflessi cli varia estrazione che l’analisi riesce in quest’opera a ravvisare, che vanno dalla cono scenza dei modi più consueti all’ultima ondata emiliana e romagnola (specie nelle deliziose storiette della preclella ). Gioi’an,u Antonio da Pesaro, lunetta. .1 tadonna col Bam all’intrigante rapporto con l’ambiente fabrianese. soprattut bino. to con Antonio cIa Fabriano. Altre parti dell’opera alluclo— no c m buona evidenza, a un lento stratificarsi e fondersi

Pietro Paolo Agabiti, 5, Bemiedetto tra quattro Santi e sei Artista ,,icirchjciano .VlVsecolo..S’. Benedetto comunica un monaci in preghiera. com/i”atello.

42.1 1111111111 1524, costituisce uno dei più alti raggiungimenti toccati giati un frammentario Cristo in croce, un grande, ieratico dal pittore, per monumentalità di visione e finitezza ese 5. Benedetto e una lacunosa S. Scolastica. Dai loro modi cutiva. trapelano generici e svigoriti ricordi fabrianesi. Qui infatti l’Agabiti riesce a liberarsi da quelle pastoie Un’altra absidiola, che s’apre stavolta sulla navata sini formali che, per buona parte dei casi, lo tenevano relegato stra, ospita un interessante ciclo di affreschi, legati alla ai margini del popolaresco, coi suoi personaggi traballanti cultura artistica fabrianese dell’ultimo Trecento. Vi si leg e attoniti, che l’eleganza e la luminosità del colore non gono, infatti, puntuali riferimenti alla tematica di Allegretto riuscivano a sollevare dai livelli di un dignitoso, pur se Nuzi, e però riproposti secondo un codice interpretativo altissimo, artigianato. Il soggetto, ambientato in un’ampia, più nisticano e corrivo. Queste Storie di 5. Lorenzo fanno pesante architettura, è riportato in un’atmosfera di incana riandare la mente ai riquadri che compongono il noto ta sospensione. E il tutto è riassunto e orchestrato in un dossale con le Storie di 5. Giovanni Battista, che France tono di dignitosissima solennità, che è il merito maggiore scuccio Ghissi portò a termine per qualche chiesa fabria e caratteristico di questo tuttora frainteso e male indagato nese, ma che oggi risultano dispersi in alcuni musei degli pittore. Stati Uniti. Con ciò, non si vuole affermare un battesimo Sulla navata destra, nella seconda cappellina, è una degli affreschi in favore del Ghissi, ma è certo che con la buona tela del tardo Seicento con 5. Benedetto che comu sua gracile e commossa parlata essi hanno più di una nica unconfratelio. Nella parete absidale.sull’altare a cadenza in comune. destra del maggiore, è una grande tela con la Vergine del Sul primo pilastro sinistro è affrescato un mezzo busto Rosario, S.Benedetio e S. Domenico, ingenua per alcuni di 5. Alberto, di mano assai rustica e prossima a quella che aspetti figurativi ma fresca e vivace di colore, di arte mar eseguì il 5. Benedetto dipinto nell’abside sinistra, cui si è chigiana del 600. sopra accennato. Addossato al fronte dell’altar maggiore è un raro Degna di attenzione è meritevole anche la bella imma paliotto ligneo del XVII secolo, con un Santo genujlesso gine di 5. Rocco, in terracotta invetriata, situata in una pic dinnanzi alla Vergine a all’Eterno e due Santi entro nic cola nicchia aperta sulla navata, a sinistra dell’ingresso. La chia. Sulla parete dell’abside sinistra, emergono dall’into tradizione locale tende a riconoscervi un valido attestato naco tracce di dipinti a fresco del tardo 400. Vi sono effi dell’attività plastica di Pietro Paolo Agabiti. Da altri è inve

Arte italiana XVII secolo, Paliotto ligneo. Arte italiana XVII secolo, Santo.

Arte italiana XVII secolo, Santa. Arte italiana XVII secolo, La Vergine, 1 Eterno e Santo Ora nte.

422

liii IIIIIIIIIIIIIIIIIIIIII III’’’’

S. Toni inaso predica diii na nzi a Mido o ia.

A rtista jibrianese XIV secolo, Madonna dell ‘Umiltà.

ce considerato un prodotto della feconda bottega cli Mattia Della Robbia, eseguito nella seconda meti del XV secolo. Da segnalare, infine, l’affresco che adorna la lunetta del portale d’ingresso, con una dolce lladonna col Figlio tra due angeli alati. Di recente, esso haavuto un riferi fondato, allo stesso Giovanni Antonio da .1 rtista /ibrianese XiVsecolo S. Toni niasofri cadere I idolo mento, assai paga no. Pesaro. (g.d.)

423 lIIiIIIIIIIIiIIIIIIIIIIIII A1 CONFINI NORD ORIENTAH

v 4IPt N4P

Mtitudine in. 368. Posizione: poggio. Abitanti: 302 (1989).

FOPONIMO Su1/ci Iccise della forino ci/i//ca nierago \‘allenìani om oglia le acque superficiali della iona sud—

‘ci la/cnn niec/inel a/e ‘nierci ‘. “/nciic ;niliisti-i,c (I)u orientale: I area fl( rd-occidentale b invece da cc ,nsiclerare Oc’), Oli ,o /caliidos i ciiiche llera,coì. in /OOiiHìii di appartenente al bacino del \lisa in cfuantc) i \ ari torrentelli i/e ‘)?‘O/lìiL’ 1/ i/a/detti ultraicle lui iiidicno i/e/la crisi e O issi sI no tributari del l’osso di Colle cli Corte. Il clislivel—

1/ ‘ .‘ aiuti (iì’iC’ ‘la c’noia/la e quindi dell opera di lo altimetnco esistente tra il castello di Mergo ed il letto I ‘ua/uaz’a i(iule, co/i (cilsecgieiulI iinpa/iidauuenhiL dopo le cieli Esii’io e di cia a 200 in; questo l’atto determina una

‘‘ a a iii /)d i/in ,‘/cbe, la /0mb 1 lerago. 101 iìia ui/ala note ole ac cli\ ita del ersante orientale dal quale Si domi t Iuuleou’iitc’ dal/e finiti inedioe, ‘ci/i. esclude le derlici zio na il solco tluv iale dell’Esino dalla gola della Rossa fino a i lt’l tu/)iìllifliu dci “inemiis capogatmo ì ccimiiueìu/o di l’i/e Jesi ed ,ltre Situato all’esterno delle dorsali nieSoZOl( he, iii aiemL/il,s’’siulemo 1uic’ce/lo chc’p/5q07’o a causa dita/e I abitato giace su un substrato di origine piO opleistocenica ‘‘I.’u?/c’i’(/lu/ieii/(, eInno/niic’o, /iu)a cia/in cteiìiunci ,/t’/ cc ‘stituit cia formazu mi prevalentemente arenacee sulle )H1(o’ il cii//1,cs(ì — di() — ho/i’ en: altro. cjucilo cli «/7- un li l’eri sf( me operata dall’idrc )gratia su peri iciale ha dise :111 c’I’icci applicato so/i/cuneate a ulonii /cero,ncili ai gnato un p,ieigggl( molto mossc I e variak . La zona e I, i o ‘uiuciiui e cvii /diì’L/dI)nenie di//iio ne/I [tal/a uqk’ inipiamente utilizzata dal punto di vista agrario a semina— 0)11’ 111cl come lascia supporre la forniti a/testata l’lerci tivi e vigneti; la distruzione della \ egetazione arborea, non (casi mliin 1ferac/ii), s/ finirebbe pensare ci liii Urli//luci presente ancora limitatamente alle aree a maggiore pen oi//ic O) /atjizo ami/is, per cui ,tlemarui,n, tlema/ilnu. denza e lungo i lòssi, ha favorito processi molto intensi cii 7’ ;‘ii/niin. (i cI. I ‘rosione e di dilav amento. (m.r.g.)

ER..RJTORIO i, i seti,ijfleflto e l’o’to In Sini,ti’:l tiro— LINEAMENTI STORICI Le prime notizie del castello •t»fla ne ‘i le LII inc 1’, 1 a e ‘I cc c’Ole si 01 issono desumere da I in d cumento del 12’ in cui si

liti (lUI) I(’{ I )nI 11)1 iii \i LI i 1I’I ‘ In onu UIl, nr IIIJUIIJINI uì[ ‘rrtoruiì 1i uro uttin,i \krio. h r.i nt lJ (III r,uui, lUI’ WÌI) UI I (frUlli ro )fl11 rtipri dli I1IILUU (i ()ILILU(LI (i(’FLUt1L). 1)01)1) (‘PI. 1110(1110 ,L (1TIl. -FIlI)) (0 ìii0LlÌ/l I 00 10 Li 71k p,LPILI() doi triHuu. upi 1 )ILILLLI 1)11011)1 LII) i iii I li Lii,IUULI) rULLIO (101 (Un io S( 101 o I) I I /11 i iì I(I I) (IL t,l”0 (LI 71 )ILLI1L1 si rL,Lfll*( °IL(I 0 Iii \oIsitJ Il itoI (1 ‘ll1’LflC o)IU(L1i(f(LC lft’ttdiIlOfllC lP(Jt() I crra, tanto oho i-I OlI NLLIILO \\I oo ) o Joe I’sploiLImcnte IO I • oPILLUI, ‘PF 11,151 ({UOsILOUL UOfl (0fltOillp1iltI nollo ao 11117 t 1111,101’ J(’1)ll()fl() LttOUCrSi i Il stitUtI de la l’Oli J)o 1101)11)01 )L)0)ì(rIIft’ 1010011110 01111 lii. i itii o UIILU1I 1 110 1sia propri) .lero UtiucUr’ indulo I l l1L1Ll 1117111 11,L (III)(’11(lOUhui Lii erri. ho noi I ,iiLi,L iii L)ILII)( UL1I IIIIsiR’. i i 111.1 Li 1000i1L/il)P1i ir I I 111111 7/10111 11 Iii (ILOFI), i S5)li0. 10)11117 III O !k’o LI1IQUIO IL In \ Il1LI I’rUn1enI,Lno od LìoIIìotlo III I )L1I[i 1,1 PI)LI’1l1i I 111 LIi l kLp). (IF51 ultimi 15117 ;)0L ‘1 ‘11,1, 1110ml) ,LILL IL rLì IL’l \V 0’( 1)11) noili ‘1.1 0110 I liii li, Ul.I!IP •Il l1RliPl1tl) ,I1LL fIlo OLIO o tiol k’LI,nl 5 i i iJLi i ioiiiI I 1Lp1/I0Ik’ Ui I l1I( (III) \ liii i o u1L )L(’ di (i 1li. uiul I I — i lPi4LLLLi ((111 .1 kIiI IILILI O so ‘I)’ iii i7I i nuditi 171111 PIIS1LPIILIiII1(’. In Li 1,11 1 i 1, li j) i Lii ( l IL inno il j) LIII ,ilLi ti Ui i IL) l,L L/”Ui0 li \k 117)0 (Li 0FF i O Li sui i IL/Io )11l’ PLI l( °I1 I) 1. i 0 1111111111 LI LII 11)) ‘11111 i li OLI )I iL i I(l1’I,I lii ROtti 011111) il (,LS1(’IIW iii 1170110 i (LII Il) 001011 li i o U)( \Ii kI .1 7 )OL 0)0 1’ I’O)’PSUj di’ti’fic0 lfo IL’ ‘iI:L(LLI,I Li “oli/UI, Lo ‘‘ns)’ OLIO) i \I’rini, o )I 1 III -I 111(1111 111151 LI 117. U’21 lii I I iiili LI UI Il okl I i., ‘i. o I , I - i O o

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e ( i trasferita tuori del castello, add )ssandosi in parte alla cinta murata ed fi Pfl’t(( disponendisi cile sue inniediate vIcinanze. ,inclw con recenti edifici di puattro inclue piani clic mutano irriinediahilmente il rapporto spaziale tra il castello cd il paesaggio circostante. I maiìrifatti edilizi del tipo i s biera si caratterizzano per un interessante paramento di tacciata realizzato con \1 pietra arenaria e con alternanza di file di conci grandi on tile più soiiili. sul punto somnutale del poggio uincr’ae la clìiea pir i’ )ccIiIale, (ichi mando alla memoria situazioni spaziali iroanc tipiche della ur’aanizzazl ne nornianna d alo ne tiadine siuljane a (‘nuiguia/ione (lei essIlo iirhano a ca(( hier,i con le trcite le iilcciecvali te i di[tercnti I 1c tlliiiutriclie clic (ilsponm ne e cliicie (iella ai i a’ i nate i c Il di I’ e’ l( ‘III (il ‘t( I (I— iiik ((I in m,ci,) riiallelo su nelle cidciìl de. i (e i>ii una a lI i’aia cs ai pia e I iìi ri [a il iìa I t\O o inra s iI iuardia cd un add gallo ‘aiiiro, essendo aggionier ito lnr ora oiiìogeneo nella oig luI//azione li a ti i i liii s i i! isti( i meclioe ilc; un i ioie Intiro (de li i \ alcnza I lidi Olio dl iflsienic piuttosto clic in piiiicolaii iiiicr li/e ud liitcttona hc. (g.). >

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io lI1ll1IlIlllll La chiesa parrocchiale, dedicata a S. Lorenzo, conserva sulla parete destra della navata una tela con la Madonna del Rosario attorniata da angeli e. in basso, S. Domenico e S. Caterina da Siena. Nel fondo, a guisa di quinta, si accalca la folla delle “devote animucce”, tra le quali si distingue la coppia dei committenti, abbi gliati di tutto punto. Nessun dubbio sulla paternità del quadro, che spetta all’arceviese Ercole Ramazzani, fecondo facitore di temi devozionali in questa banda della Marca. Molto simile, per schema compositivo, agli analoghi soggetti già visti a Castiglioni. a Coldellanoce e a San Lorenzo in Campo, tela qui esposta la si impone per una più densa e smagliante tavolozza, sulla quale l’autore sembra particolarmente solerte a versare toni vellutati e bluastri, ingentiliti dall’uso costante di biacche e di teneri rosa. Ne scaturisce unopera di esteriore ma sicura eleganza, qua e là impre ziosita da godevoli inserti, quali i messali aperti ai piedi dei santi e la pioggia di rose e dì gigli che costella il prato, di lottesca memoria. In virtù della spinta emulativa mostrata dall’artista per moduli e forme divulgati in precedenza con instancabile dovizia, il dipinto tende a qualificarsi come un prodotto della sua tarda maturità, databile agli estremi decenni del XVI secolo, forse entro gli anni Ottanta.(g.d.)

Ercole Ramazzani, Madonna del Rosario, parrocchiale. Chiesa

430 IINIINIIIIIIIIIIIIINIII ‘i isi4i1jiøi Altitudine m. 380. Posizione: poggio. AbitantI: 223 (1989).

Le forme più antiche tramandate dai struttura prevalentemente arenacea di origine plio-pleisto alluvionali che hanno documenti, Rosorium, Rasorium, Rosoro, Rasoro. farebbe cenica, delimitata ad est dai depositi quasi sull’Esino. ro pensare ai tardo “rasorium” (dal latino parlato “rasa dato origine al terrazzo strapiombante territorio, che risale a tempi re”, Connesso COfl “radere’) ad indicare luogo ove qualco L’utilizzazione antropica del completa scompar sa è stato raso. oppure più semplicemente, la natura brul molto lontani, ha determinato la quasi recenti le coltiva la e spoglia del sito (il suffisso -orio indica talora un sa della vegetazione originaria; in tempi una cerealicoltura luogo). A tal proposito non è inutile ricordare l’antica zioni intensive a vigneti ed ortaggi ed della “, hanno cancellato anche le ultime tracce signijìcazione del participio ‘raso “, “campagna rasa nel estensiva senso di spoglia di boschi. copertura arborea. (m.r.g.) Le varianti Rosoni e Roserium, più vicine alJìtonimo etimo rosa “, potrebbero essere adattamenti dovuti afi4sa risa logia popolare. (i.q.) La sua origine potrebbe lire ad età altomedioevale, forse ai Longobardi, che in questa zona conoscono la loro massima espansione nei E’ posta sulle colline che delimitano in confronti dei territori controllati dai Bizantini, occupando 4 sinistra idrografica l’alveo dell’Esino nel punto in cui la per qualche tempo anche la vicina Jesi. Il: castello, entrato viene nel velocità della corrente diminuisce notevolmente; di conse a far parte dei domini dell’abbazia di S.Elena, e guenza i processi di sedimentazione prevalgono su quelli 1180 menzionato in un documento in cui Guglielmo monaste erosivi e la valle fluviale inizia a questo livello ad ampliar Guarnero, rispettivamente priore e preposto del beni si originando la bassa pianura alluvionale. La notevole ro di S. Elena, donano l’abbazia con tutti i suoi acclività del versante orientale (il dislivello altimetrico è di all’eremo di Camaldoli: tra i sottoscrittori del documento £divenuta circa 250 m) consente un’ampia visuale sulle colline ester c’è appunto un “Paganello de ”, oramai ne fino quasi all’Adriatico. La zona nord-occidentale è “castrum”, e sul “pantanum in piano Rasorii et Sesciani invece interessata da una serie di rilievi non molto elevati (=Scisciano); tale Santanum” era forse una zona limac ma ben individuati dai ruscellamenti delle acque superfi ciosa e paludosa, nei pressi del fiume. In età comunale il ciali che più a nord dei Pratelli di Rosora sono tributari del castello passa sotto il controllo di Jesi, anche se nel corso gode di una bacino del Misa. del XIII secolo, oramai divenuto comune, riferi Il castello vero e proprio sorge al centro di un’area a certa autonomia dalla potente vicina. Più frequenti

i31 lIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIII j menti al “castrum” si hanno I nel secolo successivo, quan comune al distretto di Jesi, dipartimento del Metauro. Infi do a Jesi comincia ad affermarsi la potente famiglia dei ne sarà riconosciuto Comune appodiato e poi con lUnità Simonetti, in particolare Lomo, che nel giro dei alcuni otterrà definitivamente la completa autonomia. (i.q.) anni rinsalda il suo dominio su Jesi e sul contado, conqui stando persino . Il figlio di Lomo, Manet to, nel 1337, come si può sapere da una relazione “sullo Il castello è un nucleo di stato della Marca Anconitana” redatta da Giovanni da poggio che proietta la sua influenza strategica lungo la Pereira per conto di Benedetto XII, “occupavit cum qui media vallata dell’Esino; il tessuto urbano è del tipo a busdam malandrinis castrum Rosori”. Nell’energica azio scacchiera con ampi spazi tra i manufatti edilizi, costruiti ne di riconquista dello Jesino al dominio della Chiesa con con tipologia a schiera, e la cinta muraria. dotta dal rettore della Marca all’inizio del 1341, Rosora Sul lato orientale la fortificazione difensiva addossata rimane l’unico centro di resistenza di Lomo, finchè allo scoglio naturale si presenta possente, edificata in quest’ultimo riesce a sbaragliare le truppe inviategli contro conci ben squadrati di pietra arenaria con un forte basa dal rettore stesso e guidate da Dalmazzino di Quagliano. mento a scarpa; lungo il perimetro interno corre un Negli anni successivi Rosora torna sotto la stabile giurisdi pomerio che in alcune parti si amplia fino a formare slar zione di Jesi, che provvede al completamento delle mura ghi non edificati, mentre in prossimità dell’antica porta del nel periodo cui le milizie in di Braccio di Montone imper castello si restringe fino a passare al di sotto degli edifici versàno nel contado e a Jesi, il castello rimane costante attraverso un camminamento coperto da volta a botte. mente fedele anche durante l’occupazione del territorio L’ingresso, per arrivare al quale si deve salire lungo iesino da parte di Francesco Maria della Rovere, duca di una doppia, ripida rampa che fiancheggia le mura, è pro Urbino, nel 1517. tetto da un fabbricato, forse una torre successivamente All’inizio del XVI secolo Rosora fa parte dello “Stato di mozzata, che poggia su un’ampia volta a botte ribassata; jesi” e figura, con altri castelli dalla valle, in posizione sull’arco della porta, realizzato a tutto sesto ed in cotto, subalterna rispetto alla città dominante ed è sempre sotto sono ancora visibili i cardini che sostenevano i possenti posta al gravoso pagamento di tributi, di taglie e di impo battenti. ste. Nella parte superiore dell’edificio è situato il posto di Nel suo territorio operano le Confraternite di S. Lucia e guardia, forse munito di difesa piombante; nel corso del della Morte o dei Poveri, dedite ad opere di misericordia, tempo al manufatto originale risalente al XIII secolo sono il Monte Frumentario (che nel 1549 dispone di 17 salme di stati apportati notevoli restauri, che hanno riguardato grano) e il pubblico molino, di cui si servono anche gli abitanti dei castelli vicini. A questo proposito si può ricor dare che la necessità di reperire nuove terre arative e di ricavare guadagni dalla vendita di legname provoca la lenta scomparsa della “Tassanaria” tra Poggio S. Marcello, e Rosora. così come era accaduto per le selve di Castagnola, Sterpara ed altre disseminate nella Vallesina. Rosora partecipa al mantenimento del contingente fisso di soldati comunali con 7 uomini, numero stabilito con ordinanza del 1623, emanata dal Governatore di Jesi; dispone di un Consiglio Generale di Castello formato di 24 Consiglieri. di magistrature proprie, di un capitano e di un sigillo con stemma o arme (regolarmente depositato nella Cancelleria Priorale del Comune di Jesi) raffigurante San Michele Arcangelo con l’asta nella mano destra, che va a colpire un demonio sotto i piedi, e nell’altra mano una bilancia, Dai pochi dati demografici disponibili si ricava che nel 149 Rosora conta 929 abitanti; nel l97 la popolazione aumenta e passa a 1.025 unità. E’ questo un fattore positi vo che all’inizio del XJX secolo spinge la piccola comunità a svincolarsi dal Comune di Jesi con il quale le contese amministrative sono piuttosto frequenti. Di questa volontà autonomistica e della fierezza di comportamento si ha riscontro durante la festa di San Floriano del 4 maggio 1803, quando il castello non si presenta ad offrire il Palio e a rendere omaggio a Jesi. Vi sarà costretto il 29 dello stesso mese dal Magistrato cittadino. Ma il gran rifiuto si ripete nel 1807. Poi con il nuovo assetto territoriale delle Marche imposto da Napoleone, Rosora è aggregata come L’ingresso.

32 IlltHlIIIIIIIlIIIII(ItIII soprattutto l’arco a tutto sesto, a voler giudicare dalla 11111111111 forma e dai materiali usati, caratteristici dei secoli XV e XVI. Nel lato occidentale dell’insediamento, dove le difese naturali sono quasi inesistenti, si erge un possente torno ne cilindrico in conci squadrati di pietra arenaria, con

I ORTOFOTOCARTA

433 all’opera del raro Andrea da Jesi, coi modi del quale sem bra spartire talune corrispondenze formali. Il giovane santo è colto in un gesto dinamico, piegato verso la sua destra nell’atto di attingere alla fonte con una bacinella. Un ampio manto rosso ne avvolge tutta intorno la guiz zante figura. Da destra sporge nel campo visivo il sacra- mentale agnellino. Nel fondo, oltre il cupo sperone roc cioso, si apre una veduta di paese, dove una turrita abba zia staglia il suo profilo. Un’opera intrigante e ricca di non pochi meriti figurati vi, s’è detto, che consente una lettura in chiave tardo-raf faellesca, nutrita di succhi lotteschi nel vigore tonale e di spigliate desinenze nella resa anatomica del soggetto. Tutte prerogative che lasciano intendere come il suo auto re affondi la propria cultura La struttura difensiva, lato Ovest. figurativa bene addentro ai fatti che avevano caratterizzato la pittura marchigiana basamento a scarpa ornato da una leggera modanatura a prima della metà del Cinquecento. forma di toro, sormontata da un motivo ornamentale geo Tra i quali, nello specifico caso di Andrea da Jesi, non metrico prodotto dalla sovrapposizione di elementi spor sono da sottacere gli insistenti rimandi a quel Giuliano genti in bassorilievo che configurano un triangolo rove Presutti da Fano, che fu attivo a lungo, e a più riprese, sciato dentellato, particolare assai interessante in quanto nella stessa Jesi. espressione di un gusto nordico-longobardo. Sè accennato al fatto che nella chiesa sono conservati Tutta la struttura constituisce il perno sul quale ruota la alcuni esemplari di sculture lignee degni di considerazione. composizione volumetrica del maschio che internamente A cominciare da un vigoroso e drammatico Crocifisso sei si presenta con una parete curva ad accompagnare il trac centesco, dall’anatomia indagata e risolta con grande acume ciato del pomerio, che in quel punto incontra l’ampia stilistico. Nella prima cappella destra è invece un possente piazza antistante il palazzo. gruppo raffigurante la Vergine col Figlio assiso in grembo, di Sicuramente il torrione è stato successivamente mozza sapore spiccatamente tardo barocco, ma con stilemi che to e rozzamente ricoperto da una falda spiovente con affondano il ricordo in più tenaci arcaismi.(g.d.) manto in coppi, mentre ulteriori manomissioni, soprattutto nelle bucature, ne hanno deturpato l’insieme; con ogni probabilità questo costituisce il nucleo più antico del castello, formato da un palazzo fortificato con al vertice la grande torre di avvistamento e di difesa e protetto, sul lato occidentale, dalle mura e dal fossato e, su quello orienta le, dalle munite ed inaccessibili difese naturali che in ori gine saranno state quasi sicuramente esaltate, tagliando lo scoglio arenaceo per rendere più strapiombanti le scarpa te. Una successiva espansione addossata al lato meridio nale si configura come borgo murato, dal quale emergono i volumi dell’abside e del campanile della chiesa parroc chiale. A fianco della attuale rampa che conduce al castello si può notare, ricavato sotto gli edifici, un singolare passag gio che, con volta a botte e due archi a tutto sesto in cotto, si apre sulla via del borgo, per accedere al quale era anticamente necessario superare questa porta, mentre il lato opposto era occupato dai fossato. Ora purtroppo vecchie e nuove costruzioni si sono addossate alle mura castellane, modificando irrimediabil mente l’aspetto dell’insediamento soprattutto nel lato che è rivolto verso la vallata dell’Esino. (g.p.b.)

BENL4RflSflQ Oltre a un im idiabile patrimonio plastico.cui si farà cerino più avanti, la chiesa parrocchiale annovera tra le varie testimonianze d’arte e di fede, una tela cinquecentesca, raffigurante S. Giovannino. Di buona mano, essa potrebbe costituire un prezioso riferimento Andrea daJesi (?), S. Giovanni Battista.

+34 :1 Altitudine m. 348. Posizione: poggio. Abitanti: 115 (1989).

Dal latino ‘saxum” o dagli antroponimi Dal Colucci si ricavano le Sassius o Saxo, rispettivamente latino e germanico. (i.g.) prime notizie circa l’insediamento che nel 1230, quando si aggrega a Jesi, è già strutturato in castello. Nel 1260 viene stipulato un successivo atto di aggrega Localizzata su una piccola anticlinale ‘ione a Serra San Quirico che amplia così la propria giuri delimitata a SW dal fosso Venella ed a NE dal torrente Esi sdizione su tutta l’area di pertinenza del castello, che si nante, è sita in posizione elevata e, data la notevole accli estende alla corte ed alle ville comprese nel territorio vità del versante, domina la bassa valle dell’Esino; in vista posto tra il castellare di Rotorscio, il torrente Esinante, il di Serra San Quirico, Mergo e Rosora sul versante oppo fiume Esino ed il territorio della stessa Serra San Quirico. sto, è posta lungo l’asse ideale che collega i castelli delle Sasso accetta di essere governato secòndo le leggi pendici orientali del San Vicino (Rotorscio, Domo, Precic vigenti nel vicino comune che, a sua volta, promette di chie) con la zona collinare a valle della gola della Rossa. mettere a disposizione ampi spazi all’interno della città o Il terreno è geologicamente giovane dato che è costi nelle immediate vicinanze per la costruzione di un intero tuito da depositi pliocenici come, del resto, tutta la zona borgo con case ed orti ad esclusivo beneficio dei nuovi di passaggio tra le dorsali calcaree e le colline esterne. cittadini, impegnandosi, qualora non sia possibile costrui L’area è diffusamente coltivata a seminativi fatta ecce re entro il circuito murario, a dotare le abitazioni di nuove zione per le zone a maggiore pendenza nelle quali sono mura entro cinque anni. ancora presenti piccoli boschi a roverella molto degradati, Gli abitanti di Sasso che si trasferiranno nella città retaggio della originaria copertura vegetale la cui distru avranno inoltre diritto all’esenzione di ogni tassa e tributi, zione ha accentuato, particolarmente nella parte orientale, eccettuato il palio e le spese per l’esercito, per dieci anni processi di erosione accelerata. (m.r.g.) e godranno degli stessi diritti degli abitanti di Serra sulle

435

1111111 Hill,, 111111111111 1111111111 terre pubbliche e comunali poste sulle montagne. Entram be le popolazioni si obbligano a costruire un nuovo ponte sull’ Esino ed a rifare la strada di collegamento tra i due nuclei. Dopo alcuni giorni l’atto viene ratificato da tutti gli 80 capofamiglia di Sasso che si recano nella sede del cp comune per il giuramento solenne e per la sottoscrizione dell’impegno di fedeltà: Otto anni più tardi, nel 1268, Serra San Quirico acqui sta per 500 libbre di denari ravennati e anconitani ogni diritto sul castello e sugli abitanti; i venditori sono Simo netto di Ranieri e la consorte Risabella, entrambi di Jesi. Per i secoli successivi le notizie sono assai scarse; il nucleo fa parte integrante del territorio di Serra San Quiri co, che vi costruisce una fortezza, la casa del capitano, restaurata più volte nel corso dei secoli e distrutta dal ter remoto del 1741; sul finire dell’Ottocento ne erano ancora visibili Lruderi. La popolazione, dedita alla pastorizia ed alla fabbrica zione della polvere pirica, ammonta a 415 abitanti nel 1809, sale poi a 450 unità nel 1827, a 635 nel 1880 ed a 669 nel censimento del 1882. (n.l.)

Nessuna traccia rimane dell’antico insediamento fortificato di Sasso. 1 La lettura della mappa gregoriana del 1814 dà modo di riconoscere nel nucleo un castello di poggio tangente a Sud con la viabilità principale che collega l’Esino con l’entroterra e che, per probabile analogia con il vicino castello di Domo, ha un’unica porta anch’essa rivolta a Sud. La strada, che nella mappa forma un anello, indica con buona approssimazione il tracciato del vallato che cingeva anticamente le mura castellane. poi trasformato in VIABILITÀ circonvallazione. i PORTA Già nel 1814, a causa del terremoto del 1741 e della MURA DI CINTA successiva demolizione dell’edificato per il recupero del materiale edilizio, non rimanevano dell’intero nucleo forti BORGO MURATO ficato che tre abitazioni ed una strada interna che dalla porta attraversava il castello. (av.) BORGO ESTERNO

FOSSO

ORTI

PIANTA

ORTOFOTOCARTA SEZIONE

436 IIIIIIIIIIIIIIIIIIIItIIIII TØ Dal nome della madre di Costantino e rimane della vegetazione originaria che doveva essere moglie di Costanzo. (i.q.) costituita, dato il piano altitudinale, da querceti di roverel la e, lungo il corso dei fiumi, da pioppeti e saliceti. (m.r.g.) TE$$41I4 E’ posta immediatamente a valle della gola della Rossa, all’inizio della pianura alluvionale ester na dell’Esino. La zona è particolarmente ricca di acque; un Secondo gli storici l’abba pò più a nord il torrente Esinante influisce nell’Esino che zia di 5. Elena è stata fondata da S. Romualdo all’inizio del scorre poco lontano, nella parte occidentale, e dal quale secolo XI. Tuttavia l’unico fondamento di tale affermazio-. canali di derivazione, che originano dopo la confluenza ne è un passo della Vita del Santo, nel quale il biografo S.1 con il fosso della Grotta, sono interrotti da briglie e da Pier Damiani scrive che 5. Romualdo, prima della sua par prese; la sorgente di Gorgo Vivo ed altre di subalveo rim tenza per la missione in Ungheria, avvenuta nel 1010, prnguano il fiume tanto che l’alveo non rimane mai asciut erige un monastero “presso il fiume Esino” (cap. 39). La to. data della fondazione di 5. Elena, secondo il Pierucci, va La zona sulla quale sorge l’abbazia è costituita da collocata tra il 1009 e ìl 1010. depositi alluvionali recenti; le aree circostanti sono Probabilmente anche le origini di 5, Elena, al pari di anch’esse di origine sedimentaria ma di derivazione mari quelle di altre abbazie della zona, sono feudali: lo si argui na e più antiche, probabilmente eoceniche, dato che sono sce dalla presenza di”patroni”, che si ingeriscono negli inclusi in esse banchi di sabbia argillosa coperti di arena- affari del monastero. I patroni sono i signori del luogo ne. (domini locfi, di origine longobarda, i quali rendono pos Tutta l’area è interessata da coltivazioni intensive orti sibile con donazioni di terre, ville, castelli e chiese e con cole ed estensive cerealicole e foraggere; niente, o quasi, la loro protezione, il sostentamento e lo sviluppo della

f37 dalla prima comunità monastica insediatasi nell’abbazia. Elena giurisdizione del vescovo diocesano, che in S. Elena, ubicata ai confini del comitato e della diocesi antecedenza aveva il diritto di confermare e benedire (e, di Camerino, raggiunge ben presto un notevole sviluppo se necessario, anche rimuovere) l’abate eletto dalla comu economico, sociale e religioso, con estesi possedimenti su nità, di visitare il monastero e di correggere gli abusi, di una vasta zona che abbraccia i territori dì Jesi, Serra San comminare l’interdetto, di esigere tributi, di’procedere alle Quirico, Fabriano, Osimo, Senigallia e Camerino. Secondo ordinazioni dei monaci. L’unione di S. Elena alla Congre il privilegio con cui Innocenzo III il 20 marzo 1199 pone gazione Camaldolese è perciò all’origine di un’aspra con l’abbazia e le sue dipendenze sotto la protezione della troversia tra Martino, priore di Camaldoli, e Nicola, abate Sede Apostolica, 5. Elena possiede 42 chiese (S. Giovanni, di 5. Elena, da una parte, e Atto, vescovo di Camerino, 5. Pietro e 5. Michele di Rosora, 5. Fabiano di Scisciano, 5. dall’altra. Entrambe le parti ricorrono alla Sede Apostolica. Pietro di Carpineto, 5. Lorenzo di Mergo, la canonica di 5. Celestino III delega a dirimere la lite Giordano, vescovo di Angelo del Pino a Serra San Quirico, la canonica di 5. , il quale nel 1195 impone ai contendenti un com Benedetto di Frondigliosi a ), 3 ville e alcuni promesso, più favorevole però al vescovo diocesano che castelli, fra i quali Castiglioni, la metà di quello di Sciscia al priore di Camaldoli. Il presule camerte riesce a conser no e la quarta parte di quello di Sasso, ceduta, quest’ulti vare quasi tutti i diritti precedenti, mentre il priore di ma al comune di Serra 5, Quirico nel 1260. Inoltre l’abba Camaldoli deve accontentarsi della facoltà di rimuovere zia ha vassalli e possedimenti in Massaccio, Mergo, Poggio l’abate, qualora lo ritenesse opportuno e previa informa Cupro e Rosora, un palazzo e tre case a Jesi e altri beni. zione al vescovo. L’elenco di tali proprietà costituisce una testimonianza Un’altra lite, conclusasi nel 1192, deve sostenere il preziosa per delineare il quadro degli insediamenti attorno priore di Camaldoli con Berardo, vescovo di Ancona, che ai quali ruotava la vita associativa della zona, nei suoi avanza delle pretese su alcuni beni di 5. Elena. molteplici aspetti religiosi, economici e politici, nella E’ certamente in seguito a tali controversie che l’abate seconda metà del secolo XII. Nicola nel 1199 chiede ed ottiene da Innocenzo III per la Sui vassalli (in un catasto del comune di Jesi della fine sua comunità, dove si praticano “la regola di 5. Benedetto del secolo XIII sono elencati 49 capifamiglia dipendenti da e le consuetudini camaldolesi”, la protezione della Sede 5. Elena nel territorio jesino) l’abate esercita giurisdizione Apostolica. Da quel momento ha inizio il periodo di mag civile e penale. giore splendore dell’abbazia (secoli XIII-XIV). Nel 1250 dodici uomini del castello di Scisciano giura Nell’agosto 1212, al tempo dell’abate Alberto, i vescovi no dinanzi a Bertolo da Foligno, giudice e assessore del di Camerino, Ancona, Senigallia, Fano e Jesi, alla presenza comune di Jesi, di essere vassalli del monastero di 5. del priore di Camaldoli consacrano l’attuale chiesa di 5. Elena e come tali di essere tenuti ai servizi usuali e obbli Elena. gatori e alla consegna all’abate di un “membro” di carne e Nella prima metà del Duecento la comunità monastica di 4 focacce nella festa di S. Stefano protomartire. si trova coinvolta nella lotta tra Gregorio IX (1227-1241) e Da un atto di quietanza rilasciato dal massaro Floriano Federico Il, incoronato imperatore da Onorio III nel 1220. di Gozo al sindaco di 5. Elena nel 1286, risulta che l’abba Nell’ottobre 1228, in seguito alla scomunica inflitta dal zia paga annualmente al comune di Jesi, secondo il con papa a Federico Il per aver interrotto arbitrariamente la venuto, 10 soldi ravennati e anconetani per ognuno dei crociata più volte promessa per la riconquista di Gerusa dodici vassalli di Scisciano. Altre quietanze per gli uomini lemme, le truppe imperiali fanno irruzione nella Marca di Scisciano sono conservate per gli anni 1304 (6 libbre), d’Ancona. Il vicario imperiale Benvenuto si reca personal 1307 (6 libbre), 1329 (10 libbre), 1333 (7 libbre di denari mente a 5. Elena e, convocati i monaci, ordina loro di pre piccoli), 1342 (6 libbre e 10 soldi), 1361 (9 libbre di denari stare giuramento di fedeltà a Federico Il. Abate e comu veneziani). nità accondiscendono “pro bono pacis”. Allo scopo di eliminare le ingerenze dei signori laici, Dopo prolungate trattative, nel 1230 viene stipulata tra nel luglio 1180 il priore Guglielmo con il consenso dei papa e imperatore la pace di S. Germano: Federico Il confratelli e dei patroni unisce l’abbazia alla Congregazio ottiene l’assoluzione dalla scomunica, ma deve rinunciare ne Camaldolese. sottomettendola all’eremo di 5. Salvatore alla Marca e promettere alla curia romana il risarcimento di Camaldoli nella persona del priore Rodolfo III, eletto dei danni. un mese dopo vescovo di Ancona. L’aggregazione viene Nel 1239, in seguito a ripetutè violazioni dei diritti confermata da Lucio III nel 1183. I monaci di 5. Elena della Chiesa, Federico Il è nuovamente scomunicato da devono riconoscere l’autorità del priore di Camaldoli, che Gregorio IX. Le città della Marca, divise, parteggiano o per funge anche da priore generale della Congregazione il papa o per l’imperatore. Nel 1243 Benedetto, abate di S. Camaldolese, e sono costretti ad accettare l’abito, le costi Elena, accetta la carica di console e rettore del castello di tuzioni e le consuetudini monastiche camaldolesi. Il priore Massaccio (oggi ), nonostante che gli abi di Camaldoli, tuttavia, nell’atto del 1180 si impegna a non tanti siano colpiti da interdetto per essersi schierati con sottoporre 5. Elena ad altra chiesa o monastero e a non Federico Il. alienarne i beni senza il consenso della comunità e dei Nel 1244 Guido, priore di Camaldoli, invia a 5. Elena patroni, i quali avrebbero difeso i diritti dell’abbazia sotto Uberto, abate di 5. Maria di Adelmo presso Volterra, in pena di 50 libbre d’oro e l’esclusione dal regno di Dio al qualità di visitatore e riformatore. Gli atti della visita per pari di Giuda il traditore. mettono di avere un quadro dello stato morale e materiale L’aggregazione a Camaldoli comporta l’esenzione di S. del monastero in quegli anni turbinosi. La vita regolare

438 della nobile e potente famiglia fabrianese dei Chia non risulta pregiudicata da particolari abusi: i 5 religiosi vanni, 111111111 esercita la propria influenza anche sugli enti della comunità (l’abate Benedetto e i monaci Biagio, Bar velli che facendo indossare la tonaca ad alcuni dei pro tolo, Angelo e Simone) praticano la povertà e la castità e ecclesiastici dichiara di avere con sé solo quattro familiari svolgono bene i propri uffici; le entrate sono sufficienti, pri membri, la preghiera liturgica è ridotta al solo vespro nelle anche se l’abbazia ha dei debiti con alcune persone per secolari; festività; le suppellettili sacre (due calici con 165 libbre e 52 soldi ravennati e anconetani. Che le rendi principali d’argento, un messale grande, paramenti ecc.) si te dell’abbazia nel secolo XIII siano discrete è comprovato coppe nel castello di Poggio Cupro in casa del fattore dal fatto che nel 1299 il monaco Gregorio, cappellano di trovano monastero. S. Lorenzo di Rotorscio e procuratore di 5. Elena, versa 19 del la comunità di 5. Elena è formata dall’abate libbre e 10 soldi ai collettori della decima imposta da Nel 1434 Mattei da (che ha 43 anni e si è fatto Bonifacio VIII per recuperare la Sicilia alla Chiesa. Federico in tenerà età, a 13 anni), da un converso, di Nel 1260 l’abate Angelo è scelto come arbitro nella camaldolese Saulo, e da due servi: Alessio e Francesco. controversia tra il monastero di S, Vittore delle Chiuse e nome della visita, condotta dal priore generale Pie quello di S. Savino di Jesi per il possesso della chiesa, e Dagli atti in tutti i monasteri camaldolesi nel 1481, risulta relativi beni, di 5. Pietro di Lappurano (ai confini tra Pie tro Delfino Angelo da Cingoli ha lasciato il monastero e rosara e Avacelli). Il compromesso proposto dall’abate di che l’abate con tre ragazzi aspiranti alla vita monastica in una 5. Elena viene accettato da entrambe le parti. risiede di Serra S. Quirico, dipendente da 5. Elena; Notevole è il prestigio degli abati di S. Elena anche casa privata l’ufficio divino privatamente, eccetto i all’interno della Congregazione camaldolese se nel 1263 con essi recita festivi, che vengono celebrati nella chiesa l’abate Angelo viene eletto dal capitolo generale, riunito vespri dei giorni del Mercato. Il visitatore ordina all’abate di nel monastero di 5. Maria di Urano in diocesi di Forlimpo di S. Maria costruzione dell’edificio iniziato pres i nove compromissari incaricati della scelta del portare a termine la poli, fra casa - essendo indecoroso coabitare in una nuovo priore generale. E nel 1315 l’abate Bonaventura da so detta chiesa di recarsi al - avere diligente cura delle anime, Fano è chiamato addirittura a ricoprire la suprema carica privata di con una cocolla meno sontuosa e di dell’Ordine. capitolo generale ai novizi di portare capelli lunghi al posto I contrasti interni verificatisi nella prima metà del Tre non permettere cento, le indebite ingerenze della nobile famiglia dei della tonsura monastica. VIII intorno al 1486 concede in Simonetti di Jesi nella vita della comunità, il diminuito Il papa Innocenzo di 5. Elena, con tutte le rendite, al numero dei monaci e altri motivi che ci sfuggono sono commenda l’abbazia Il 12 marzo 1487 il porporato sti all’origine della decadenza spirituale dell’abbazia, che card. Giovanni Colonna. suo procuratore Stefano Urbani, un d’altro canto incrementa sempre di più il proprio patrimo pula, per mezzo del triennale del monastero e beni annessi nio. Nel capitolo generale del 1351, infatti, S. Elena è elen contratto di affitto da Fabriano, rettore della chiesa cata al quarto posto tra i monasteri “maggiori” della Con con Matteo di Giacomo Pino in Serra 5. Quirico, e con Giovanni gregazione Camaldolese; la distinzione in maggiori, di 5. Angelo del Simone da Sasso, per 220 fiorini d’oro mediocri e minori, è fatta, appunto, non in base al nume di Pietro di il cottimo è assegnato, sempre per un ro dei monaci o alla pratica della vita regolare, ma ai beni all’anno. Nel 1290 camaldolese Benedetto da Faenza per posseduti, per una più equa suddivisione delle tasse da triennio, al monaco di 240 fiorini d’oro, con l’impegno di corrispondere per le spese comuni. la somma annuale Elena e quella di 5. Maria del Mer L’obbligo di tenere costantemente affisso alla porta del ufficiare la chiesa di S. palazzo comunale e del cassero di Serra S. Quirico lo cato in Serra S. Quirico. è l’inventano dei beni mobili stemma dell’abate di 5. Elena, attestato nel secolo XIV, Di notevole importanza nel 1487 da Stefano Urbani agli conferma il prestigio politico dei superiori del monastero, dell’abbazia, consegnato elencati i paramenti e gli ormai ridotti al rango di signori feudali. Forse gli abati di affittuari, in quanto vi sono della biblioteca, i documenti 5. Elena hanno esercitato anche qualche diritto di giurisdi oggetti sacri preziosi, i codici lavoro, gli arredi. zione sul comune di Serra 5. Quirico, che nel 1289 cede al dell’archivio, gli utensili da di S. Elena è Lodovico monastero una parte della piazza mèrcatale, dove i mona Secondo abate commendatario Tripoli, che per la sua nomina ci costruiscono la chiesa di 5. Maria del Mercato. Le auto Giustini, vescovo titolare di alla Camera Apostolica 504 rità comunali, poi, ogni anno il 3 maggio, festa della 5. (7 marzo 1492) deve versare i commendatari successivi i Croce, si recavano con grande pompa a 5. Elena con un fionini d’oro. Con lui e con trattano, ma senza risultato, la drappello di militi per presiedere alla festa e alla fiera che priori generali camaldolesi alla Congregazione. si svolgeva presso l’abbazia e per offrire doni alla chiesa. ricongiunzione dell’abbazia Antonio Saverio Gentili propone dì Nel 1368 l’amministrazione comunale paga a titolo di sala Nel 1746 il card. perpetua alla Congregazione rio ai militi che hanno l’incarico di mantenere l’ordine cedere 5. Elena in enfiteusi annua, da versarsi in due rate durante la festa 3 soldi e 6 denari, più 6 anconetani (21 Silvestnina per la somma il giorno della festa di 5. Gio soldi) per tre capretti, 22 soldi e 8 denari per un castrato e semestrali. rispettivemente e di 5. Giovanni Evangelista (27 50 soldi per una salma di vino (circa litri 70) e per il vitto. vanni Battista (24 giugno) moneta romana o l’equivalente Alla fine del Trecento a 5. Elena, priva di cura d’anime, dicembre), di 600 scudi di Tufi, con il consenso è rimasto solo l’abate che amministra i beni e gode le ric in grano. L’abate generale Porfinio Borghese, accetta l’offerta, che rendite del cenobio. del card. protettore Francesco Elena per la fonda- In occasione della visita canonica del 1407, l’abate Gio pensando di impiegare le rendite di S.

439 luIININIIIaIIaIIIIIIaII zione di un monastero a Jesi. Il Gentili, tuttavia, prima ta ad ovest; accanto all’ingresso la presenza dei resti di della stipulazione del contratto, ritratta la proposta, sti una torre, che all’esterno mostra solidi contrafforti con un mando più vantaggioso tenere l’abbazia per sé. arco a tutto sesto ed un secondo ribassato, lascia ipotizza Il 6 aprile 1845 S. Elena con i beni annessi viene con re un manufatto di notevoli dimensioni dalle chiare fun cessa in enfiteùsi dall’abate commendatario alla famiglia zioni di difesa. Questo, disposto sul lato sinistro del pro Pianesi di Macerata. Il 6 marzo 1897 la S. Sede unisce spetto principale così da creare uno slanciato volume, l’abbazia con tutte le rendite alla mensa vescovile di richiama formalmente il tipo paleo-romanico di Westwerk, Camerino. in quanto la “torre occidentale” forma anche un originale Il 21 dicembre 1922 la famiglia Pianesi riscatta l’enfi atrio. teusi, divenendone proprietaria. In seguito il torrione viene mozzato e l’atrio (ammesso Il 10 dicembre 1964 la mensa vescovile di Camerino che la supposizione sia esatta) di conseguenza scompare; torna ad essere intestataria della chiesa. (u.p.) l’ingresso alla chiesa si trova così delimitato tra massicce murature che ne esaltano la massa, nella quale si aprono le bucature del campanile a vela e della finestra con arco Il complesso si presenta come un a tutto sesto in asse con il portale. grande parallelepipedo che si organizza con severi volumi Quest’ultimo elemento si caratterizza con una netta giustapposti intorno ad ampi cortili interni, configurandosi composizione orizzontale marcata dalla linea dell’abaco come una fortezza nella quale gli edifici seguono ordina del capitello sorretto da pilastrini compositi da semicolon tamente gli assi nord-sud ed est-ovest. ne addossate. Le forme schiette dello stile romanico pre Da un ingresso che tnostra ancora la presenza di una valgono, nella loro essenzialità architettonica, sulla scultu massiccia torre di guardia con difesa piombante, si entra ra, anche se pregevole come in questo caso; in tutti gli in un primo cortile a fronte del quale un solido edificio elementi predomina la funzione statica, nello sforzo di comprende la residenza monastica organizzata con un sostenere le sovrastanhi masse di pietra arenaria con corpi piano terra, nel quale si svolgono i normali servizi, ed un di dimensioni ridotte al minimo indispensabile, come livello superiore strettamente riservato alle vita comunita avviene per la strombatura del portale ed anche nell’inter ria. no dell’edificato, ed esaltare, per contrasto, le ampie e Il manufatto si dispone con il lato maggiore rivolto in slanciate crociere. Qui infatti dai pilastrini compositi parto direzione nord-sud, al contrario della chiesa le cui navate no tre archi concentrici a tutto sesto: il più esterno poggia sono strutturate lungo una direttrice est-ovest; si forma sul capitello delle semicolonne ed è caratterizzato da un così a sud di questo impianto un secondo cortile più motivo geometrico a dentelli. seguito da un secondo arco ampio dove si affaccia un edificio minore, anchesso adi liscio in corrispondenza tra l’angolo dei pilastro e la bito a residenza, E’ questa una tipologia classica che evi modanatura a quarto di cerchio che prosegue il quarto di denzia come tutte le abbazie dell’area si configurano colonna di raccordo tra il pilastro composito agli stipiti anche come fortezza; l’uso nella organizzazione planime della porta; il tutto è unificato dall’ultimo arcone magistral

trica di”modelli” fissi - quali la posizione della chiesa mente decorato con girali di viticci, foglie e grappoli. lungo il lato nord, la localizzazione dei cortili e della resi La porta è architravata da un monolito sul quale spic

denza monastica sul lato sud - conferma ancora una volta cano, ai lati di una croce greca, due felini immaginari che come questi impianti vengano realizzati secondo un pro compongono le figure geometricamente secondo lo stile getto preciso che rispecchia gli stessi principi organizzativi bizantino. Questo elemento dà continuità alla linea oriz dell’ordine benedettino. zontale che marca tutta la composizione della facciata, La chiesa, che rimane l’elemento architettonico più mentre la decorazione scultorea, con la presenza dei felini importante, presenta l’abside rivolta ad oriente e la faccia- a guardia della croce, delle due aquile rampanti, scolpite

L abbazia, lato Occidentale. Il cortile interno con ingresso all’abbazia.

-140 IlIIIIIIIfIIItHIIIH1IH ‘I

Particolare del portale. Interno. con una evidente ricerca di plasticità sui capitelli dei quar ti di colonna, e degli arcangeli che sconfiggono draghi raf figurati sui capitelli interni, avvalorano l’ipotesi di un ata vico ricordo di”difesa occidentale” di chiara derivazione carolingia che rammenta Aquileia. La chiesa è di stile romanico avanzato, in quanto pre senta elementi architettonici innovativi, ma non è gotica, almeno nella concezione originaria e non prendendo in esame i singoli elementi ma “leggendo” il complesso nel suo insieme; del resto le ‘ olte a crociera con nervature, gli archi acuti e rampanti, nascono con il romanico pur dive nendo elementi principali dello stile gotico che, mutando la loro interpretazione, tende ad una differente sintesi architettonica. Così come in S. Vittore delle Chiuse gli elementi plani metrici bizantini sono combinati nella nuova sintesi elabo Capitello scopito. rata dallo stile romanico, a S. Elena elementi che saranno poi tipici dell’architettura gotica sono utilizzati ancora con un intento estetico che appartiene al romanico. Conse guentemente a questa interpretazione l’ipotesi avanzata dallo Zampetti risulta esatta e questi elementi sono “evolu zione e conquiste tecniche di carattere locale” e che di cp elementi di grande propulsione innovativa si tratti è indubbio, soprattutto per l’adozione di un modulo compo sitivo rettangolare, insolito rispetto a quello quadrato del primo romanico. Questa conquista è la diretta conseguenza dell’adozio ne di archi a sesto acuto che consentono di superare la campata quadrata con archi a volte a tutto sesto; così lo spazio della chiesa viene distribuito su tre navate, la cen trale quasi doppia delle laterali, in una grande armonia rafforzata dall’altezza dei corpi minori quasi uguale a quello di centro Lo spazio risulta imponente, severo nella poca luce che arriva dalle monofore intagliate sulla spessa muratura ORTI 3 CORTILE D’INGRESSO realizzata in conci squadrati di pietra arenaria; una Hal [] lenKirche romanica, dove i pilastri compositi risultano T TORRE SEC. XII 4 CORTILE INTERNO solidi, ma allo stesso tempo alti e slanciati, per seguire organicamente le linee di forza delle volte che sono a 1 AMBIENTI MONASTICI 5 AMBIENTI MONASTICI pianta cruciforme, con colonne addossate, sulle qualì una pregevole serie di capitelli romanici rivela una accurata 2 AMBIENTI MONASTICI 6 CHIESA SEC. XI-XIII ricerca di plasticità. Dotati di un proprio valore intrinseco anche come opera scultorea, questi elementi architettonici PIANTA sono di varia fattura e sintetizzano sia il gusto nordico per

441 1111111 III liii I Il Il 111111 I i motivi di intreccio e di modulazione geometrica, che una ampia abside semicircolare, coperta da un catino ed illu rilettura di elementi classici riscontrabili nelle volute e minata da due monofore con doppia strombatura; della nelle aggraziate foglie di acanto. Caratteristiche serie di stessa forma sono le monofore laterali, sotto alle quali due archetti su colonnine, collarini con intrecci geometrici ed bucature illuminano la cappella sotterranea. elementi simbolici strutturano elegantemente l’echino con Il presbiterìo è molto sopraelevato e contiene i locali una scultura più morbida, ricca e chiaroscurale e l’abaco destinati alla cripta, dove pilastrini di forma quadrata on motivi più leggeri dati da intrecciature nella parte sostengono essenziali capitelli cubici sui quali poggiano superiore e superfici piane o fasciate in quella inferiore; archi a tutto sesto e le volte a crociera, distribuendo lo non mancano infine figure simboliche, angeli, immagini spazio in sette piccole navate; il locale è stato ampiamente umane e bestiari. Chiude la navata centrale un’unica ricostruito nel 1925. (g.p.b.)

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IIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIII 4:th jj: a cura di Nora Lipparoni

Non si fornisce una bibliografia esaustiva, si se opere che costituiscono le basi della cultura e della gnala soltantQ un insieme di fonti e di informazioni storiografia locali, connesse ai principali epicentri indispénsabili per penetrare nel vivo della problema della zona: Arcevia, Cerreto, Esanatoglia, Fabriano, tica culturale e storica di una parte dell’entroterra Genga, Matelica, Sassoferrato, Serra San Quirico con marchigiano caratterizzata da tipologie insediative le rispettive pertinenze territoriali. con proprie irripetibili peculiarità. Il secondo settore è selettivo ed elenca i testi ri La bibliografia è divisa in due settori: per aree sto partiti e repertoriati per gruppi di materie o discipli rico-geografiche (ricollegabili alla ripartizione struttu ne, con l’intento di identificare e acquisire informa rale di questo volume, seconda parte) e per materia zioni e documentazioni su argomenti e soggetti spe o aree disciplinari. cifici, Il primo settore raggruppa sostanzialmente le

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I I Il 111111 IIIIIlIÌuIÌIÌIII $TO

- Arcevia ossia Roccacontrada, Senigallia, 1887. 1934.

- Arcevia nel Risorgimento italiano, Senigallia, 1911. O. ANGELELLI, La pià grande carestia 1591, Fabriano,

- Aspetti e problemi del Monachesimo benedettino nelle 1923. Marche, Fabriano, 1982. O. ANGELELLI, Frasassi e dintorni, notizie storiche Fa

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- Motu proprio di Papa Pio VII concernente regolamenti A. ANGELUCCI, L’antico palazzo e la torre della città di per la fabbricazione dei panni di lana, Roma, 1817. Matelica, Castelplanio, 1895.

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