Il Periodo Della Ricostruzione a Napoli Note Sui Partiti E Sulle Elezioni *

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Il Periodo Della Ricostruzione a Napoli Note Sui Partiti E Sulle Elezioni * Il periodo della ricostruzione a Napoli Note sui partiti e sulle elezioni * Descrivere la vita politica a Napoli nel periodo della ricostruzione è particolar­ mente arduo, anche per la mancanza di documentazione e di studi. Ci limiteremo quindi ad offrire i primi elementi per una analisi dei partiti e sul comportamento elettorale. In via preliminare va richiamata ancora una volta l’attenzione sui limiti incontrati dagli uomini politici locali nella loro attività in questo periodo tanto per le pres­ sioni internazionali quanto per le condizioni economiche — e direi piuttosto an­ nonarie — a Napoli. Non bisogna dimenticare, infatti, che l’occupazione alleata si fece sentire a Napoli più pesantemente e più lungamente che in altre località meridionali anche perché il comune rimase sotto il controllo diretto deH’Allied Military Government1 fino al 1 gennaio 1946 a causa dell’importanza strategica del suo porto. I principi che ispiravano il comportamento degli alleati furono più o meno quelli dell’amministrazione coloniale britannica2 e, quindi, gli interventi furono tali per cui non è un’esagerazione affermare che i napoletani « furono soggetti a continui arbitri, vessazioni e spoliazioni » 3 da parte dei loro liberatori. Tanto per formulare degli esempi, si pensi: al veto posto alla fine del 1944 da parte dell’AMG alla nomina del CLN napoletano sia del professor Giovanni Lombardi sia dell’avvocato Mario Palermo a sindaco di Napoli, perché il primo era socialista ed il secondo era comunista4; al parere espresso da un ufficiale alleato sulla nomina dell’avvocato dello stato Francesco Selvaggi, democristiano e antifascista, a prefetto di Napoli nell’aprile 1944: « sembrerebbe una cosa strana nominare ad un posto governativo un uomo che ha combattuto tutta la sua vita * Questo testo trae origine dalla relazione presentata al seminario su Società e istituzioni a Na­ poli nel periodo della ricostruzione organizzato fra il febbraio e il maggio 1976 dall’Istituto Cam­ pano per la storia della resistenza e che sarà pubblicato negli Atti relativi. Desidero ringraziare il dottor M. Smart dell’Università di Reading per la gentile assistenza nel preparare il materiale statistico. 1 Per i rapporti fra gli Alleati e l’Italia, cfr. david w . ellwood, Allied Occupation Policy in Italy 1943-1946, (Unpublished PhD Thesis, University of Reading, 1976), ora tradotto in italiano, L ’alleato nemico. L ’occupazione militare alleata in Italia, Milano, 1977; Nicola galleeano, L ’in­ fluenza dell’amministrazione militare alleata sulla riorganizzazione dello stato italiano, in « Storia contemporanea», aprile-giugno 1974, n. 115, e Lamberto m ercuri, 1943-1945. Gli Alleati in Italia, Napoli, 1975. 2 Cfr. documenti citati in d. ellwood, Allied Occupation, cit., pp. 121-5. 3 L. MERCURI, 1943-1945, cit., p. 120. 4 Mario Palermo, Memorie di un comunista napoletano, Parma, 1975, pp. 271-4. 20 Percy Allum contro il governo del suo paese » 5; ai generali alleati, i quali avevano allacciato rapporti di amicizia e di lavoro con fascisti notori6; alla creazione a Napoli, promossa dagli Alleati, di un sindacato dei servizi pubblici contropposto a quello aderente alla Confederazione generale del lavoro7, ecc. Inoltre, gli Alleati, invece di dar un esempio di amministrazione efficace, onesta e democratica della cosa pubblica, si comportarono a Napoli nel modo opposto: l’amministrazione della città durante Tinverno 1943-44 rappresentò, secondo gli stessi Alleati8, la peg­ giore forma di governo militare, e la corruzione nella gestione del porto di Napoli fu allora tristemente famosa9. Per quanto riguarda le condizioni economiche, è necessario tener presente che Napoli fu la città più distrutta d’Italia: i bombardamenti avevano raso al suolo circa il 40 per cento della consistenza edilizia d’anteguerra ed il settore industriale aveva subito distruzioni che comprendevano complessivamente il 70 per cento degli edifici, il 50 per cento dei macchinari e circa il 90 per cento delle scorte, mentre gli impianti portuali furono totalmente distrutti10 11. Inoltre, tutti gli osser­ vatori dell’epoca (stranieri o italiani) non si serviranno, per descrivere la situazione, che di due parole « fame » e « cibo », tanto la soddisfazione dei più elementari bisogni era drammatica per larghi strati della popolazione n. Ma la cosa impor­ tante da sottolineare è che questa situazione di vera miseria del popolo napoletano non rappresentò una condizione limitata agli anni di guerra. Al contrario, fu un elemento fondamentale della vita napoletana che durò con qualche lieve miglio­ ramento, ma anche con qualche peggioramento, negli anni della ricostruzione e oltre. Un secondo elemento riguarda la periodizzazione della ricostruzione. Gli anni dal 1943 al 1950 vanno generalmente divisi in due fasi, molto diverse tra loro, dallo spartiacque nel maggio 1947 con l’espulsione dei partiti comunista e socia­ lista dal governo tripartito. Prima della rottura del governo di unità nazionale l’interesse dei partiti si rivolge essenzialmente alle questioni politiche, come il problema istituzionale, le prerogative dell’Assemblea costituente e le sue elezioni, l’epurazione ed il trattato di pace, ecc.; successivamente salgono in primo piano soprattutto i problemi economici e sociali. Si è detto 12 che l’elemento determi­ nante nella prima fase fu un certo spirito di collaborazione fra i partiti mentre nella seconda fase prevalse un clima politico e culturale totalmente diverso, legato alla guerra fredda, il quale fu espressione di uno scontro frontale: governo contro 5 Maurice F. neufield, The Fallure of AMG in ltaly, in « Public Administration Review », 1946, pp. 137-148, p. 145 (ora tradotto in italiano, Il fallimento del governo militare in Italia, in « Storia e politica », luglio-settembre 1971, n. 3). 6 Ibid., p. 140. 7 Intervista di Oreste Lizzadri in marisa malfatti e riccardo tortora, Il cammino dell’Unità, 1943-1969. Storia del sindacato italiano per testimonianze, Bari, 1976, p. 68. 8 t. r. fish er , Allied Military Government in Italy, in « Annals of American Academy of Politicai and Social Science », 1950, p. 122, citato in d. ellwood, Allied Occupation, cit., p. 98. 9 M. F. neufield, The failure of AMG, cit., p. 141. 10 pasquale schiano, La resistenza nel napoletano, Napoli, 1965, p. 70. 11 «Gli Alleati erano entrati a Napoli [...] accolti da < gente isterica, urlante >. Il problema non era la guerra o l’ostilità — scrisse in seguito il giornalista Alan Moorehead — la fame domi­ nava tutto. Di fatto stavamo assistendo al crollo morale di un popolo. Non avevano più nessun orgoglio, né dignità. La lotta bestiale per la sopravvivenza dominava su tutto. Il cibo era l’unica cosa che importava: cibo per i bambini, cibo per se stessi, cibo a costo di qualsiasi abiezione e depravazione. E dopo il cibo un po’ di caldo e un riparo », citato in d. ellwood, L ’alleato nemico, cit., p. 64; curzio malaparte, La pelle, Milano, 1949. 12 PIERO barucci in Introduzione a pasquale saraceno, Ricostruzione e pianificazione (1943-1948), Bari, 1969. Il periodo della ricostruzione a Napoli 21 opposizione, destra contro sinistra, reazione contro progresso, ecc. È vero d’altra parte che questa contrapposizione corrispose a due disegni, a due strategie di­ verse: l’una moderata, l’altra tendenzialmente progressista. Se una tale periodizzazione può ancora avere una certa utilità a livello nazionale (benché essa sia contestata dalla nuova storiografia)13 è dubbio che possa servire per capire la vita politica napoletana del periodo. Ad esempio, se si dovesse indicare un punto di rottura a Napoli, sarebbe possibile fissarlo anteriormente al maggio 1947, cioè nell’autunno del 1946, che vide il collasso della DC e la vittoria dei gruppi di destra alle elezioni amministrative di novembre con la formazione della tristemente famosa giunta detta « blocco dell’ordine » e l’elezione a sindaco di Napoli del monarchico, ex-socialista, ex-democristiano, professor Giuseppe Buo- nocore. Infatti, è chiaro che se la rottura del tripartito si consuma nel maggio 1947, la sua necessità, dal punto di vista democristiano, è resa evidente nei risultati elettorali del novembre 1946: l’affermazione deH’Uomo Qualunque a Roma come anche a Napoli, con lo spostamento a destra di una così larga parte dell’elettorato dei ceti medi, che in giugno aveva votato per la DC (a Napoli ridotta dal 23,6 per cento al 13,4 per cento, cioè dei due-terzi dei suoi voti, da 90.000 a 32.000; e a Roma dal 29,5 per cento al 20,3 per cento, cioè della metà), fu un avvertimento al presidente del Consiglio, Alcide De Gasperi, e soprattutto al suo stesso partito, che le autorità ecclesiastiche 14 e le forze economiche ave­ vano puntato alla rottura del tripartito e se la DC non avesse cambiato rotta, avrebbe rischiato di essere travolta. È da questo momento che nella DC si ma­ turò la rottura con lo schieramento socialcomunista; da qui trasse significato il viaggio di De Gasperi negli Stati Uniti d’America del gennaio 1947 che determinò la svolta nella situazione politica italiana. Dunque, se una rottura può essere stabilita anteriormente al maggio 1947, anche a livello nazionale, ci pare che tale frattura si riveli ancora più chiaramente a Napoli, dove il nuovo equilibrio si era determinato tra la fine del 1946 e il gen­ naio 1947 15, ci si può infine anche interrogare sulle motivazioni di tale frattura. Ci sono validi motivi per considerare tutto il periodo successivo alla svolta di Salerno (il Regno del Sud costituisce un periodo a sé a Napoli) come una con­ tinuità senza alcuna ulteriore lacerazione, se si tiene conto della grande fluidità partitica che esisteva fino alle elezioni del 2 giugno 1946. Questo permette una visione globale della vita politica napoletana nel più lungo periodo, sia cioè in rapporto al primo dopoguerra, sia in rapporto alla situazione odierna, trent’anni dopo. j Un terzo elemento infine è fornito dalla problematica meridionalistica del periodo. A me pare possa essere utilmente sintetizzata da una doppia polemica che ebbe luogo nelle estati 1944 e 1945 fra Guido Dorso e Paimiro Togliatti da una parte e lo stesso Dorso e Silvio Gava, uno dei fondatori della DC napoletana dall’altra.
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