Capitolo Secondo Preparare I Telespettatori Al Concilio (1959-1962)

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Capitolo Secondo Preparare I Telespettatori Al Concilio (1959-1962) Capitolo secondo Preparare i telespettatori al concilio (1959-1962) 1. Il concilio nella televisione di centrosinistra: il monopolio di una Rai fanfa- niana Utilizzare le fonti televisive per lo studio del Vaticano II significa anche analizzare il contesto che le ha prodotte e dunque una particola- re fase della Rai della prima metà degli anni Sessanta. Da qui l’obbligo di soffermarsi sulle vicende interne della televisione pubblica di quel periodo, contestualizzandone le influenze politiche e istituzionali, in- dividuando i differenti modelli culturali proposti e cercando tuttavia di sottrarsi alla critica mossa da Grasso quando scrive che parlare di televisione in Italia significa, nella maggior parte dei casi, parlare solo di intrecci politici, di giochi di potere per il controllo delle poltro- ne o di lottizzazione1. Secondo lo storico della televisione la vasta pubblicistica italiana sulla televisione ha una enorme colpa, quella di concentrarsi sull’indagine di questi legami con il mondo politico, sulla «telecrazia» per usare una terminologia popperiana, con la conseguen- za di relegare e mettere da parte l’unità fondante del piccolo schermo, 1 GR A SSO , Introduzione, in ID., Storia della televisione italiana, cit., p. X. La lette- ratura in questo filone di studi è abbondante e continua a crescere affollando le varie collane editoriali, senza però aggiungere quasi nulla al già noto: «Affrontare una storia della televisione italiana non è impresa facile. Intanto perché la ma- teria si presta a molteplici e non agevoli letture, e poi perché in Italia esiste una radicata tradizione storiografica, in materia televisiva, che da sempre avvantaggia l’aspetto politico e che di fatto riconosce alla televisione un potere smisurato nel determinare gli assetti istituzionali e sociali del paese» (ibidem). ruozzi.indd 85 27-07-2012 11:48:42 86 P RE pa R A RE I TELES P ETT A TORI A L CONCILIO che è appunto il programma – il textum della tradizione semiotica – che compone il palinsesto. Come sottolinea in modo ironico, queste storie sono prigionier[e] di una dimenticanza: i programmi. Si può scrivere una Storia della Letteratura senza parlare di romanzi? E una Storia del cinema senza film? Ebbene, in Italia si ha come la sensazione che […] la messa in onda è il trascurabile2. Le trasmissioni sono quindi componenti essenziali del discorso televisivo e il palinsesto diventa così la grande narrazione che connette eventi e vita quotidiana, spazi pubblici e domestici, tempi della nazione e tempi del singolo o del gruppo familiare, [esercitando] la funzione di mediazione e messa in relazione, dalla quale scaturisce il senso di appartenenza, da parte dello spettatore, a una stessa «comunità immaginata»3. Studiare in chiave storica il palinsesto, termine che preso a pre- stito dalla bibliografia e dalla filologia entrò nel linguaggio televisivo proprio nel 1963 – come memento, se ancora ce ne fosse bisogno, del retroterra umanistico della televisione italiana delle origini – significa dunque approfondire non solo le sequenze in cui è organizzato, ma capire qualcosa di più sia dell’intero sistema televisivo (strategie edi- toriali, fruizione, offerta, consumo, identità)4 sia, nel caso specifico, dell’evento Vaticano II teletrasmesso, diffuso e approfondito nell’ete- re. Oggi il telespettatore si costruisce un suo personale palinsesto, «saltando» tra i pacchetti di canali offerti dalle varie piattaforme. In 2 Ibidem. 3 Cfr. la prefazione di G. BETTETINI , in C. GI A CC A RDI , A. MA NZ A TO e G. SIMO - NELLI , Il paese catodico. Televisione e identità nazionale in Gran Bretagna, Italia e Svizzera italiana, Milano 1998, p. 33. 4 Cfr. l’importante capitolo La televisione come testo, in A. GR A SSO e M. SC ag LIONI , Cosa è la televisione. Il piccolo schermo fra cultura e società. I generi, l’industria, il pubblico, Mi- lano 2003, pp. 18-24. Per un approfondimento, anche P. AROLDI , Il palinsesto televisivo, in F. COLOM B O e R. EU G ENI (a cura di), Il prodotto culturale. Teorie, tecniche di analisi, case histories, Roma 2001, pp. 237-261 e la voce di S. BA LD A SS A RINI , Generi televisivi, in M. MORCELLINI e M. SORICE , Dizionario della comunicazione, Roma 1999. ruozzi.indd 86 27-07-2012 11:48:42 P RE pa R A RE I TELES P ETT A TORI A L CONCILIO 87 quegli anni di doppio canale, andare in onda in prima serata sul Pro- gramma Nazionale corrispondeva a una scelta precisa e significativa, e non equivalente al prime time del Secondo canale. Queste differenze offrono uno scarto eloquente e certo non trascurabile. In particolare, quando si parla di televisione in un’ottica storica, come scrive Grasso, sono infatti almeno tre le differenti «storie im- plementate», tre macroaree che gravitano nel continuum storiografico televisivo: oltre a una storia delle forme di produzione (il rapporto che si instaura tra il «potere politico» e il «potere del piccolo schermo»), si individua una storia delle forme di consumo (che si concentra sulle tra- sformazioni sociali e culturali apportate dal mezzo sui vari sistemi), e infine una storia delle forme di rappresentazione (lo studio dei meccani- smi linguistici ed espressivi messi in atto nei vari programmi, intesi qui nell’accezione di testi, per individuare nel linguaggio televisivo una estetica e una costruzione sottese a essi)5. Tre diverse storie delle for- me che riprendono le tre diverse dimensioni mediali del fenomeno televisivo e che si cercherà di non trascurare: la dimensione istituzio- nale tecnologica, la dimensione relazionale e sociale e la dimensione testuale, simbolica e rappresentazionale6. Parlare del Vaticano II attraverso il corpus eterogeneo delle fonti televisive significa dunque parlare della Rai di quegli anni, democri- stiana e di centrosinistra, significa parlare di opinione pubblica, per- ché la fonte televisiva è allo stesso tempo racconto, memoria e agente di storia7, e dunque ha un suo ruolo, rilevante o no ma comunque non trascurabile, nella ricezione dell’evento e nella costruzione di un suo 5 Cfr. GR A SSO , Storia della televisione italiana, cit., pp. XI-XII. Cfr. per una breve panoramica, il paragrafo Gli studi sulla televisione, un campo in via d’edificazione, in GR A S - SO e SC ag LIONI , Cosa è la televisione, cit., pp. 10-18. Anche T. MILLER , Television Studies, London 2002; J. SINCL A IR (a cura di), Contemporary World Television, London 2004; G. CREE B ER (a cura di), Tele-Visions. An Introduction to Studying Television, London 2006. 6 Grasso risponde con questa tripartizione alla domanda «Cosa è la televisio- ne?», cfr. GR A SSO e SC ag LIONI , Cosa è la televisione, cit., pp. 18-24. 7 Cfr. i saggi di M. SC ag LIONI , L’immagine come fonte, come evento, come memoria. Que- stioni e problemi nel rapporto fra televisione e storia, pp. 17-46, A. MELLONI , Lo storico e la fonte televisiva, pp. 129-140 e G. DE LUN A , L’immagine televisiva come documento e agente di storia, pp. 155-158, tutti raccolti in GR A SSO (a cura di), Fare storia con la televisione, cit. ruozzi.indd 87 27-07-2012 11:48:42 88 P RE pa R A RE I TELES P ETT A TORI A L CONCILIO immaginario, ma significa soprattutto parlare di programmi andati in onda nelle diverse forme: dalle dirette agli speciali, dalle rubriche ai telegiornali, dai collegamenti in mondovisione alle interviste. Come ha scritto Raniero La Valle, La televisione italiana, fin dall’inizio, aveva fatto un patto col Vaticano: [...] sarebbe stata l’unica ad avere libero accesso in Vaticano per le dirette e la copertura di tutti gli eventi papali, ma in cambio ne avrebbe trasmesso le immagini in tutto il mondo8. La copertura che la Rai di quei primi anni Sessanta garantì al con- cilio Vaticano II si inserisce in una duplice tendenza, una più intrinse- ca e l’altra più estrinseca. Da una parte, infatti, rientra in quello che da alcuni è stato definito come «il progetto culturale di stampo umanisti- co e cristiano»9 che i cattolici – in particolare gli eredi della corrente dossettiana10 – si erano prefissati di realizzare sulla neonata televi- sione, nella doppia variante dell’occupazione dei posti dirigenziali e dello stretto controllo sulla programmazione; il moderno sistema dei mass media, nel quale la televisione andava costituendosi come il più potente strumento, proprio perché percepito come responsabile della costruzione di un idem sentire11, veniva così usato dal partito cattolico 8 LA VA LLE , Essere giornalisti al tempo di papa Giovanni, cit., pp. 580-581. 9 MOR A NDI , La via dell’inferno, cit., p. 17. 10 Nella vasta bibliografia, si rimanda ai recenti lavori di GU A ZZ A LOC A , Una e divi- sibile, cit., anticipato in alcuni saggi, tra cui ID., La televisione è di tutti? I partiti politici e la gestione della Rai-Tv negli anni Cinquanta, in «Ricerche di storia politica», (2005), 2, pp. 183- 206; ID., Le principali culture politiche italiane di fronte al «boom» della televisione, in S. CA V A ZZ A e E. SC A R P ELLINI (a cura di), La rivoluzione dei consumi. Società di massa e benessere in Europa 1945-2000, Bologna 2010, pp. 309-353. Per un approfondimento, cfr. P. P OM B ENI , Il gruppo dossettiano e la fondazione della Democrazia cristiana (1938-1948), Bologna 1979. Per una analisi del ruolo dei cattolici nel periodo delle origini della televisione, si rimanda a VECCHIO , L’arrivo della televisione in Italia, in BREZZI , CA SUL A , GIOV ag NOLI e RICC A RDI (a cura di), Democrazia e cultura religiosa, cit., pp. 401-420; per un’analisi sul lungo periodo, dai primi anni Cinquanta a oggi, cfr. MOR A NDI , La via dell’inferno, cit. 11 L’espressione è di GU A ZZ A LOC A , La televisione è di tutti?, cit., pp.
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