Da Foppa a : dipinti dal Museo Statale Ermitage di San Pietroburgo e dai Musei Civici di Pavia Pavia, Castello Visconteo 20 marzo - 10 luglio 2011

I LEONARDESCHI NELLA PINACOTECA DELL’ERMITAGE

di Tatiana Kustodieva A partire dal XVI secolo i collezionisti dei paesi civilizzati nutrivano uno dei desideri più reconditi e quasi irrealizzabili: bramavano di possedere opere di Leonardo . Ancora oggi gli studiosi non hanno abbandonato la speranza di trovare un nuovo disegno del maestro, o scoprire un suo lavoro considerato perduto oppure ancora dimostrare che una delle versioni di una o di un’altra composizione appartiene alla sua mano.

Dopo aver intrapreso la strada dello sviluppo europeo nel XVIII secolo, la Russia iniziò a seguire le tendenze comuni europee anche nel tentativo di possedere dei capolavori pittorici del maestro da Vinci: sotto il suo nome alla fi ne del XVIII e nel XIX secolo pervennero all’Ermitage circa dieci opere.

L’idea di costruire musei apparteneva, come la maggior parte delle iniziative del Settecento, a Pietro il Grande, ma l’Ermitage venne costruito più tardi, sotto Caterina II. La data della sua fondazione è considerata l’anno 1764, quando presso il mercante di Berlino I.E. Gotzkowsky vennero acquistati 225 quadri.

Nella sua collezione, molto eterogena per contenuti, vi erano anche alcune opere di alto pregio artistico. L’imperatrice aveva intrapreso l’acquisto per ripicca verso il re di Prussia Federico II, il quale, a causa delle diffi coltà economiche, era stato costretto a rinunciare all’allettante affare. Appena cinque anni più tardi Jacob Staëhlin, che aveva compilato l’elenco dei quadri pervenuti all’Ermitage negli anni sessanta del Settecento, scriveva: “. Una delle cose più sublimi di questo maestro, ossia la Sacra famiglia o Giuseppe e Maria col Bambino Gesù sulle ginocchia, di fronte a loro la giovane santa Caterina con un ramo di palma in una mano e con l’altra si appoggia al bordo di una ruota. Altezza 35 pollici, larghezza 21. Acquistata nell’anno 1769 per 5000 rubli”. Proprio questo quadro aveva estasiato Stendhal, che l’aveva defi nita la cosa migliore creata da Leonardo. In effetti si tratta di un lavoro di , ma pur avendo perduto il nome di Leonardo, rimane uno splendido modello di pittura rinascimentale del XVI secolo.

Nel 1772 insieme con la collezione di Pierre Crozat, che rappresentò una nuova tappa fondamentale nella storia della pinacoteca dell’Ermitage, venne acquistato il San Sebastiano di Leonardo da Vinci. Non è possibile immaginare che cosa rappresentasse quest’opera, in quanto viene menzionata soltanto nei cataloghi del museo del XVIII secolo; quindi vi scompare e, a partire dalla fi ne dello stesso secolo, non se Promotori ne ha più alcuna notizia. In effetti esisteva una versione che si ripete anche nel Catalogo di Liphart del 1912, Comune di Pavia Associazione Pavia Città secondo la quale il San Sebastiano pervenuto al museo nel 1860 sotto il nome di Leonardo e defi nito in Internazionale dei Saperi seguito un lavoro di , era lo stesso quadro proveniente dalla collezione Crozat. Sarebbe Fondazione Banca del Monte di Lombardia stato donato a qualcuno da Caterina II e quindi, dopo essere passato per molte mani, era nuovamente Museo Statale Ermitage giunto al museo.Tuttavia, già nel catalogo manoscritto dell’Ermitage del 1773 era indicato che il quadro era

Con il patrocinio di stato trasferito su tela, mentre il San Sebastiano oggi esistente era stato trasportato dalla tavola alla tela Provincia di Pavia soltanto nel 1892 dal restauratore dell’Ermitage A.Sidorov. Inoltre, sui margini del catalogo Crozat del 1755

In collaborazione con vi è un disegno eseguito dall’artista Saint-Aubin: la fi gura del martire non ha però nulla in comune con il Fondazione Ermitage Italia santo del quadro di Luini. Università degli Studi di Pavia Nel XVIII secolo al museo pervennero altri due leonardeschi, naturalmente considerati allora originali Organizzazione generale Musei Civici di Pavia del maestro. Si tratta di Donna nuda, acquistata nel 1779 presso Robert Walpole, che fu ministro sotto Villaggio Globale International i due re inglesi Giorgio I e Giorgio II, e L’apostolo Giovanni (che nel presente catalogo è attribuito a

Catalogo Giampetrino), la cui provenienza rimane sconosciuta. Durante il secolo successivo la situazione non cambiò. Skira

Progetto grafi co

CEI DESIGN I pochi leonardeschi che pervennero a integrare la collezione del museo erano considerati originali di Leonardo e solo in seguito, con il progredire della critica d’arte, venne data loro un’altra attribuzione.

Ciò accadde alla Santa Caterina di Bernardino Luini, acquistata dallo tsar Alessandro I nel 1815 presso Eugéne Boharnais, il quale lo aveva ereditato dalla madre Giuseppina, e al Cristo con il simbolo della Trinità, che fu venduto all’Ermitage nel 1836 da W. Coeswelt e oggi è considerato un lavoro di Giampetrino. Dopo la morte del re dei Paesi Bassi Guglielmo II nel 1850 passò all’asta sotto il nome di Leonardo il quadro Flora di , per il quale vennero pagati 40 000 franchi.

Nel 1846 il museo si arricchì delle opere lasciate per volontà testamentaria dal collezionista e diplomatico russo Dmitrij Pavlovič Tatiščev allo zar Nicola I. Tra questi lavori vi era anche una vecchia copia dall’Ultima cena, il dipinto eseguito da Leonardo da Vinci per il refettorio del convento di Santa Maria delle Grazie a Milano.

Nel 1886 giunsero nella capitale San Pietroburgo da Mosca sei vagoni con opere d’arte e libri provenienti dal Museo Golitsyn e dalla sua biblioteca. Il direttore dell’Ermitage A.A. Vasil’čikov aveva fatto tutto il possibile affi nchè il principe Sergej Michailovič Golitsyn cedesse le opere al museo imperiale e non agli antiquari francesi. Nell’inventario degli oggetti accolti all’Ermitage vi era tra gli altri un certifi cato inerente all’Angelo di Leonardo, nel quale autorevolissimi esperti di quel tempo attestavano l’appartenenza del quadro alla mano di Leonardo (oggi riferito alla scuola del maestro). Quando all’inizio degli anni trenta dell’Ottocento il principe Golitsyn aveva acquistato l’Angelo per un’ingente somma presso l’insegnante di disegno e restauratore Luigi Fineschi, aveva avuto la certezza di essere entrato in possesso di un capolavoro di Leonardo.

Un’eccezione fu rappresentata dalla Crocifi ssione con astanti proveniente dallo stesso museo Golitsyn: il quadro non ricevette subito il nome del suo autore, Bernardino Luini, ma non fi gurava nemmeno come opera di Leonardo.

Infi ne, nel 1865 l’Ermitage acquisì un quadro, che fi no ad oggi non ha cambiato la propria attribuzione: si tratta della col Bambino di Leonardo, nota in tutto il mondo come Madonna Litta, dal nome del suo proprietario, il duca Antonio Litta, dalla collezione del quale proveniva. Appena fu presa la decisione di acquistare la Madonna Litta, il ministro della corte ricevette una lettera dal maggiore esperto a livello europeo, il professor G. Waagen: “Non posso mancare l’occasione di congratularmi con Lei per gli acquisti realizzati a favore dell’Ermitage. Non sapevo nulla dell’intenzione del duca Litta di vendere questo splendido quadro (Madonna Litta - T.K.), conosciuto in tutta Europa, altrimenti avrei intrapreso qualsiasi tentativo per persuadere Sua Altezza il re ad acquistarlo…È un quadro rarissimo, addirittura unico. Adesso, senza dubbio, è la perla più preziosa dell’Ermitage…”

L’opera più notevole che andò ad arricchire le collezioni dell’Ermitage del periodo prima della rivoluzione fu indubbiamente la Madonna col fi ore (Madonna Benois) di Leonardo da Vinci. Il quadro venne per la prima volta mostrato al pubblico in occasione dell’esposizione di opere provenienti da collezioni private, che venne organizzata dal giornale d’arte “Starye gody” (“Vecchi tempi”) a San Pietroburgo nel 1908. L’onore di aver scoperto quest’opera giovanile autentica di Leonardo appartiene a Ernst von Liphart, il quale scriveva: “ Sulla parete opposta alla tribuna si trova una piccolo Madonna (n° 283), che io riconosco decisamente come un Leonardo da Vinci (1452-1519), nonostante tutto il rumore che susciterà questa affermazione. Il quadro… ora appartiene a M. N. Benois, coniuge del famoso architetto”. Di fatto il “rumore” ci fu ma, una volta superata una serie di dubbi e incertezze, gli studiosi riconobbero la paternità di Leonardo che oggi risulta indiscutibile. L’Ermitage acquistò il quadro nel 1914: la sua proprietaria, Marija Nikolaevna Benois, mossa da sentimenti patriottici, elargì una parte della soma ricavata dalla vendita affi nchè la Madonna col fi ore rimanesse in Russia.

A partire dal XVIII secolo, parallelamente alle collezioni imperiali si vengono a formare anche famose raccolte di nobili russi. Un posto particolare è occupato da quanto posseduto dai baroni, in seguito divenuti conti, Stroganov. Gli Stroganov possedevano di tutto: dalle maschere azteche e di terracotta etrusche fi no alle icone russe; dagli smalti medievali, avorio alle tele di Luca Giordano e Antoine Watteau (….). Pavel Sergeevič aveva formato la propria collezione indipendentemente dal diritto di maggiorasco: il suo consigliere per l’arte in Italia era Karl von Liphart, un grosso conoscitore della pittura antica, padre di Ernst von Liphart (1847-1932), conservatore della pinacoteca dell’Ermitage ed eminente specialista in particolare di pittura italiana (…).

Una serie di opere capitò all’Ermitage o per volontà testamentaria o come donazione dei fratelli Stroganov, sebbene buona parte degli oggetti d’arte posseduti dalla famiglia fu trasmessa al museo al termine della nazionalizzazione, avvenuta in tutto il paese dopo la rivoluzione del 1917. Nel 1922 dall’ex collezione di Grigorij Stroganov pervenne il quadro San Giacomo Maggiore di Ambrogio Bergognone, e nello stesso anno la bellissima Madonna col Bambino di Giampetrino, appartenuta al fratello, Pavel Stroganov.

L’ultima opera di pittori leonardeschi comparsa all’Ermitage è la Maria Maddalena penitente di Giampetrino, che è stata acquistata nel 1977 presso un privato.