ARGENTERA (BERSEZIO)

CHIESA DI SAN LORENZO

La chiesa di San Lorenzo di Bersezio è una delle più antiche del territorio diocesano. Il priorato di San Lorenzo di Bersezio fu fondato intorno all’anno Mille dai monaci di San Teofredo di Le Puy che nell’XI secolo costruirono numerose chiese nel nostro territorio, non solo in Valle Stura, ma anche nella vicina e fino a e . Tracce del tessuto murario medievale sono visibili sui fianchi dell’edificio, soprattutto sul versante meridionale. Sullo spigolo della facciata è collocata una lapide di epoca romana. Il periodo più fiorente fu tra XIII e XV secolo, epoca alla quale appartengono molte delle suppellettili per la celebrazione ancora custodite nel piccolo tesoro allestito nel presbiterio. A quest’epoca la chiesa doveva già avere la conformazione attuale, fatto salvo per le volte e il campanile che furono sopraelevati tra XVII e XVIII secolo, in seguito ad un incendio. Il terzo quarto del Seicento dovette essere certamente un momento di grande rinnovo degli arredi come confermano gli altari lignei, le tele e l’acquasantiera in marmo che porta la data 1676 e lo stemma della famiglia Javelli. L’interno è a navata unica, non presenta decorazioni ad affresco sulle pareti e sulla volta, ma diversi altari in legno di buona qualità con tele seicentesche. La tela della Sacra Famiglia, attribuita ad un pittore franco piemontese, è databile al 1674 grazie all’iscrizione presente sulla cornice ed ha la particolarità di ritrarre Gesù già adolescente. Particolarmente interessante è il dipinto con la Madonna del Rosario che mostra nella parte centrale lo scontro navale della battaglia di Lepanto. Molto bella è anche la tela dell’altare maggiore, attribuita al pittore di Triora Lorenzo Gastaldi, ampiamente attivo in valle Stura: l’opera raffigura i santi Lorenzo e Vincenzo, con ricche dalmatiche da diaconi indosso, in contemplazione della Madonna con il Bambino. Poiché la tela non viene menzionata dal visitatore apostolico Mons. Beggiamo nel 1664, si ritiene che sia stata realizzata dopo questa data.

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nell’ambito del bando Particolarmente interessanti sono anche gli altari lignei, che rientrano a pieno titolo nel catalogo della scultura lignea seicentesca molto fiorente in Valle. L’altare del Rosario, fu interessato da un consistente restyling nel 1672, data a cui afferiscono sia la già citata tela, sia l’ancona lignea, pagata a Mastro Pietro Marco da Contes 131 lire, 12 soldi e 6 denari. Si tratta del medesimo autore che tra 1676 e 1682 realizzerà il monumentale altare della Confraternita della Misericordia di , segno di un fruttuoso scambio di artisti e suggestioni tra i vari centri della Valle. Il piccolo armadiolo blindato posto nel presbiterio ospita una strabiliante selezione delle migliori e più antiche opere di oreficeria del territorio diocesano, segno della ricchezza e del prestigio del priorato di San Lorenzo. Il pezzo più significativo è senza dubbio il braccio reliquiario di San Lorenzo, impostato su una base esagonale sorretta da quattro piccoli lupi accucciati; sul lato frontale è posta una placchetta con l'iscrizione in lettere gotiche che dichiara la committenza e l'anno di esecuzione dell'opera. Sugli altri lati sono applicati, mediante viti, cinque scudetti che recano al centro la testa dorata di un lupo, vista di profilo, su fondo rosso. Il primo a notare e descrivere il braccio è stato Monsignor Rorengo di Rorà quando, nel 1770, compie la sua visita in Valle Stura: «vidit brachium argenteum passim deauratum formae perantiquae cum inscriptione in parte anteriori aius basis tenoris sequentis HOC RELIQUIARUM IN QUO RECUNDUNTUR OSSA BRACHII INVICTI MARTIRI S. LAURENTII FECIT FIERI EXIMIUS D. ET JURIUM DOCTOR D. STEPHANUS LUPI DE S° STEPHANO PRIOR DE BERSEZIO SUB 1496 ET DIE X JULII. Sub cujus Brachii carpo extat Imago S. Laurentii veluti super tabella argentea omni ex parte occlusa intra brachium finissime aptatas conspicitur […]» . L'opera è il solo esemplare locale di questa tipologia in epoca medievale e, data la sua decorazione, si propone tanto come oggetto d'arte, quanto come testimonianza storica. Colpisce, infatti, la forte connotazione araldico- celebrativa che pervade l'intero manufatto; il simbolo del lupo è riproposto in ben due versioni: l'una con funzione portante e decorativa, l'altra con chiaro significato di blasone. L'esaltazione della casata continua, poi, sulla targhetta con l'iscrizione che dichiara la committenza del canonico Stefano Lupi di Santo Stefano, dottore in entrambe le leggi. Allo stato attuale delle ricerche, non sono ancora emersi altri documenti che definiscano meglio la figura di questo priore; l'unica ipotesi che si può

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nell’ambito del bando avanzare è una sua provenienza dall'abbazia benedettina di St. Etienne de Tinée (Santo Stefano, appunto), appena al di là della catena alpina e parte della Contea di Nizza, acquistata da Amedeo VII nel 1388, durante la piena espansione dello Stato Sabaudo. Nella teca è esposta anche la piccola croce limosina, ad oggi il più antico oggetto di oreficeria presente in diocesi: presenta, sul recto, la figura di Cristo, realizzata a tutto tondo e poi applicata; lo stesso procedimento è stato utilizzato per la statuetta di sinistra, oggi decisamente consunta, a cui faceva da pendant un esemplare analogo sul braccio destro. In base ai confronti con opere analoghe possiamo immaginare che si trattasse dei due dolenti. La figura di Cristo è coronata ed indossa un lungo perizoma che scende a coprire le gambe; le incisioni che suggerivano la struttura del costato e dell'arcata addominale sono quasi illeggibili. I bracci della croce sono percorsi da incisioni con decori geometrici e fitomorfi; al centro del verso nel tondo che evidenzia l'incrocio dei bracci, è raffigurato Gesù benedicente, inciso a bulino. I crocifissi di questo tipo manifestano uno spiccato ritardo iconografico rispetto all’evoluzione della figura del Cristo in atto nel resto d’Europa tra la fine del XII e l’inizio del XIV secolo. La vasta produzione di croci limosine è abitualmente suddivisa in quattro tipologie principali, in base alla loro posizione cronologica; la croce di Bersezio appartiene all’ultimo gruppo di manufatti. Gli smalti – abbondanti ed eseguiti a “champlevé” nei secoli precedenti – sono quasi del tutto scomparsi, sostituiti da una più modesta doratura. La figura del Cristo evidenzia caratteri di transizione tipici del passaggio ad una sensibilità più marcata propria del XIV secolo; si inizia, infatti, a percepire la sofferenza e, sebbene permangano elementi di vitalità (quali gli occhi spalancati, le mani aperte, il corpo rigido) si accentua l’evoluzione verso il Cristo morto: si notano, infatti, un’inclinazione più marcata del capo, un naturalistico innalzamento della linea delle braccia al di sopra delle spalle e – dettaglio molto caratteristico – l’incrocio degli arti inferiori, sempre assente negli esemplari di primo Duecento. Il perizoma copre ancora gran parte delle gambe, ma è mosso e drappeggiato e suggerisce la fisionomia sottostante. Non è chiara la modalità di arrivo del manufatto nell’alta valle Stura: prodotto a Limoges, esso giunse a Bersezio forse per volere di qualche priore di particolare gusto, seguendo la tendenza che ha

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nell’ambito del bando arricchito di simili opere i tesori del territorio aostano e di quello lombardo. Grazie ai preziosi studi di Riberi, conosciamo i nomi di numerosi priori di San Lorenzo di Bersezio; tra la fine del XIII e l'inizio del XIV secolo diversi esponenti della famiglia De Garda ricoprirono questa carica. In particolare, lo studioso concede spazio a Bernardo De Garda, priore nei primissimi anni del Trecento, il quale fu "uno dei più distinti per abilità ed uffici coperti".

Bibliografia ~ A. M. Riberi, Parroci di Bersezio, in “Lo Stendardo” 7 marzo 1916, ora ripubblicato in R.A.M. Repertorio di antiche memorie, a cura di G. M. Gazzola, Cuneo2002, pp. 459-460. ~ A. M. Riberi, Priori di San Lorenzo in Bersezio, in “Il Dovere” 18 e 25 marzo 1933, ora ripubblicato in R.A.M. Repertorio di antiche memorie, a cura di G. M. Gazzola, 2002, pp. 179-182. ~ A. M. Riberi, Cenni storici su Bersezio, in “Il Dovere” 13 maggio 1933, ora ripubblicato in R.A.M. Repertorio di antiche memorie, a cura di G. M. Gazzola, Cuneo 2002, pp. 199-201. ~ C. Dutto, Storia e leggenda di Bersezio: il campanile ricorda le voci del passato, in “La Guida” (12 dicembre 1958), p. 5, ora pubblicato in Carlo Dutto: Arte Nostra ed altri scritti a cinquant’anni dalla 1° Mostra di Arte Sacra Cuneese, a cura di G. M. Gazzola, Cuneo 2009, pp.210-212.. ~ M. Ristorto, Storia religiosa delle Valli Cuneesi. La Diocesi di Cuneo, Borgo S. Dalmazzo 1968. ~ Conti Chiara, Censimento archeologico del Cuneese, in Radiografia di un territorio. Beni culturali a Cuneo e nel Cuneese, catalogo della mostra a cura di M. Cordero (Cuneo, San Francesco; maggio- settembre 1980), Cuneo 1980, p. 43-44. ~ Indagine storico culturale sulla Valle Stura. Comitato comprensoriale di Cuneo, Cuneo 1985, pp. 56- 66. ~ M. Perotti, Repertorio dei monumenti artistici della Provincia di Cuneo, vol. 1, Territorio dell’antica marca saluzzese, Cuneo 1980, pp. 35. 401-402. ~ S. Dalmazzo di Pedona un’abbazia tra Provenza e pianura Padana, 1990, pp. 42-43. ~ G. M. Gazzola, A la puaia (là in alto). Segni religiosi ad , Bersezio e Ferrere, Cuneo 1994. ~ W. Cesana, Campanili in Valle Stura, Cuneo 1999, pp. 86-89. ~ Custodia della memoria dei Santi, a cura del Servizio Beni Culturali Ecclesiastici della Diocesi di Cuneo, Cuneo 2002. ~ Il Tesoro della Diocesi, a cura del Servizio Beni Culturali Ecclesiastici della Diocesi di Cuneo, Cuneo 2002.

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nell’ambito del bando ~ S. Damiano, F. Quasimodo, Proposte per un itinerario fra tardomanierismo e neoclassicismo nel territorio cuneese, in Storia di Cuneo e del suo territorio 1198-1799, a cura di R. Comba, 2002, pp. 559-561. ~ Parrocchie San Pietro e Paolo – Argentera- San Lorenzo – Bersezio – Ex parrocchiale San Giacomo – Ferrere, a cura del Servizio Beni Culturali Ecclesiastici della Diocesi di Cuneo, Cuneo 2003. ~ L. Marino, F. Quasimodo, L. Senatore, Testimonianze artistiche dal XII al XVI secolo, in Storia di Cuneo e del suo territorio 1198-1799, a cura di R. Comba, Savigliano 2002, pp.282-291. ~ F. Quasimodo, Sulle orme di Monsignor Riberi: arte ed artisti nelle chiese della Valle , in La pietà dei laici. Fra religiosità, prestigio familiare e pratiche devozionali: il Piemonte sud-occidentale dal Tre al Settecento, a cura di G. Comino, Cuneo 2002, pp 161-168. ~ L. Marino, F. Quasimodo, La , in Cantieri e documenti del Barocco – Cuneo e le sue valli, catalogo della mostra a cura di G. Romano, G. Spione (Cuneo, ex chiesa San Giovanni e Museo Civico, 4 maggio – 22 giugno 2003), pp. 151-174.

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