©MinisteroLa dei benipittura e delle attività culturali friulana e del turismo -Bollettino del d'Arte Rinascimento

e Giovanni Antonio da Pordenone 1)

Punto di partenza del linguaggio pit­ sata ad una muraglia da icona bizantina, torico di Giovanni Antonio da Pordenone è infissa, alla base, al di là dell'arco, men­ è l'idioma di compromesso, approssimati­ tre ne sporge, con le braccia, al di qua: e vo e instabile, dei maestri tolmezzini: il l'arco si ritaglia in un pronao ornato co­ cui carattere, nell'assieme, sembra · deter­ me un mosaico protocristiano: come uno minato da una polarità, di rado risolta di quegli «stofados» cari agli sfondi di in unità di stile, tesa tra il desiderio di Cristoforo Scacco. Anche per le pale scol­ fragili impostazioni spaziali, desunte da pite in legno, frutto della sua maggiore e un volgarizzato e campagnolo padovani­ più caratteristica attività, Domenico guar­ smo non ancora mantegnesco, e la per­ dò, più che alle zone montane, alla pia­ sistenza di calligrafismi gotici, rifatti di nura ed alla laguna venete: dove la sua continuo attuali dalla vicinanza, e dalla incerta simpatia d'artista di compromesso similarità di simpatie figurative, della pit­ si volse verso Bartolomeo Vivarini, i cui tura atesina intorno a Michele Pacher. polittici egli si sforzò a tradurre ili legno N el caposcuola Domenico da Tolmezzo, dipinto: e cosÌ venne introducendo nel nelle due sole opere pittoriche che di lui linguaggio carnico una staticità ritmica, siano rimaste: gli affreschi di S. Toscana assonnata, che contribuÌ a disciogliere la a Verona ed il polittico per il Duomo di tensione della calligrafia nordica, ed a ri­ Udine (1479), ora in S. Maria di Castel­ comporne la scheggiata superficie in mas­ lo 2), la giovanile esperienza veronese ral­ se uniformi, sommarie, non prive d'una lenta i divincolamenti lineari, stemperan­ certa ottusa monumentalità. doli sopra una superficie che, per essere N on è improbabile Domenico - il qua­ più effusa e fiorita, alla maniera del Be­ le, s'è visto, fu solo eccezionalmente pit­ naglio e dei suoi seguaci - d'un padova­ tore - abbia poi aderito in parte al lin­ nismo, cioè, che sembra più memore di guaggio d'un artista che, negli anni in cui Giorgio Schiavone che del Mantegna - egli scendeva dalla nativa Carnia al piano, non è sostanzialmente meno gotica: sol­ teneva il campo in Friuli: Andrea Bellu­ tanto timidi scarti prospettici, rigidi come nello, che nel 1470 era a Udine, dove salti di pedine sopra una scacchiera inu­ dipingeva le portelle dell'organo in Duo­ tile, rammentano gli eroismi spaziali di mo 8). Andrea era cadorino: più vecchio, Andrea. Tanto fraintende Domenico lo secondo ogni verisimiglianza, di Domenico spazio del Rinascimento, che interpreta il (nell'anno stesso, 1462 4 ), in cui questi è Crocifisso di S. Toscana quasi nel senso messo dal padre ser Candido a scuola di d'un avorio medievale: la croce, addos- pittura, il Bellunello è già iscritto nella

l) L'argomento, finora conosciuto piuttosto poco, è dell'arte friulana e del Pordenone molto farà la Mo­ trattato diffusamente e con ogni desiderabile precisione stra aperta a Udine nel IV centenario della morte del storica nella grande monografia di GIUSEPPE FIocco, pittore: amorosamente curata dalla R. Soprintendenza Giovanni Antonio Pordenone, ehe esce in questi giorni di Trieste. In questo studio ho indicato con un richia­ (Ediz. di « La Panarie », Udine). In un articolo, che pu­ mo le opere esposte a quella Mostra, per comodità del re sta comparendo, su Emporium ho cercato di fissare lettore. cronologicamente l'attività del pittore: lavoro non dif­ 2) Esposto alla Mostra di Udine. ficile data la grande abbondanza dei documenti, pub­ 3) Cfr. CAVALCASELLE, La Pittura Friulana, ms. alla blicati sopra tutto dallo IOPPI, i quali permettono di Biblioteca di Udine. L'opera è perduta. seguire l'artista quasi anno per anno. Per la conoscenza ') CAv ALCASELLE, op. cito ©Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo -Bollettino d'Arte - -- LE AR TI ------465 ---

compagnia dei pittori di S. Vito), aveva Giampietro da S. Vito: il quale infatti avuto una formazione analoga, ed anche par risentire ancora di lui, per es., nella cronologicamente parallela, a quella del Madonna tra S. Rocco e S. Sebastiano suo conterraneo Antonio Rosso, scolaro di nella chiesa di S. Filippo e Giacomo a Dario da , e continuatore di questo S. Martino di. Valvasone. Ma negli altri nell'opera di volgarizzazione del verbo affreschi del coro della stessa chiesa, e spe­ squarcionesco nelle montagne ancora bat­ cialmente nella caratteristica vòlta scom­ tute dagli ultimi facitori tirolesi di Vesper­ partita alla tolmezzina, con gli Evangeli­ bilder. Anche il Bellunello dovette, pro­ sti, i Dottori della chiesa nei loro scrittoi, habilmente, valersi degli insegnamenti del gli angeli dai lunghi filatterii serpentini, « pictor vagabundus », che non era di che con scatto di molle da scatola a sor­ Treviso ma di Pordenone: infatti il suo presa sembrano alzarne i busti, Giampie­ dialetto tradisce l'origine da un momento tro dichiara apertamente d'essere passato padovano anteriore al Mantegna. A lui, alla bottega di Domenico da Tolmezzo: il come al Rosso, non giunsero folate del­ che vuoI dire, in questo tempo (Domenico l'arido vento che scorre le vette deserte era morto nel 1507) ch'egli segue le orme del Mantegna: egli si limitò a concertare di Gianfrancesco dal Zotto e di Pietro per la sua stridula banda paesana que­ Fuluto. gli accenti di Filippo Lippi, che le pareti Nella bottega di Domenico 7), infatti, ancor sorde dell'officina dello Squarzon sebbene vi si lavorasse più d'intaglio che rimandavano ad echeggiare contro la chio­ di pittura, si formò tutta la generazione stra prealpina: nella bottega bassanese dei di artisti friulani viventi tra gli ultimi de­ N asocchi, o in quella trentina dei Basche­ cenni del Quattrocento e i primi del Cin­ nis, o in quella cadorina del Rosso. Seb­ quecento. Il padre di Domenico, ser Can­ bene non si possano riconoscere ad An­ dido Mioni, quando nel 1479 dal paese drea quelle doti ch'egli si riconosceva ge­ natale (Canale di Gorto) , lo aveva man­ nerosamente 5), è certo che la sua venuta dato ad Udine, gli aveva posto accanto in Friuli, agli inizii della seconda metà del l'altro suo figlio, Martino: e i due fratelli Quattrocento - cioè qualche decennio p.ri­ continuarono a lavorare insieme fino alla ma che Jacopo da Montagnana, dipingen­ morte di Domenico. I loro figlioli, Gi

. ') Esposto. Commes80 nel 1526; i pagamenti, a rate, in S. Pietro Martire, ora al Museo di Udine: non 8e n'han­ vanno fino al 1531. CAVALCASELLE, ms. cito no notizie, ma è del tempo della S. Orsola. l0) Contratto in data 21 agosto 1503; stima nel 1507; 11) Esposta. data sulla pala 1507. CAVALCASELLE, loc. cit; esposto. Il) Affreschi firmati e datati. La Mostra espone anche la lunetta con S. Domenico, già la) Affreschi firmati e datati. ©Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo -Bollettino d'Arte

Fig. 2. GHI'FRANCESCO DA TOLMEZZO: Affrt>schi in S. Gregorio a Castello d'Aviano. Particolar e: Pr~ghicr8nell' Orto.

,.." il>­< Ci :>< I:""' Fig. l. Pellegrino da S. Dani('!c: Maùonna di Oso ppo. Fig. 3. GIANFRAI'CESCO DA TOLMEZZO: Affreschi nella Chiesa a S. Antonio !"'"+ 11 Barheano. Soffitto. ©Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo -Bollettino d'Arte

Fi~.5. GU"II'RANCESCO DA ToulEzzo: Cbiesa di Provesano. Crocifissione.

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("":: >: t"" ~ ~ Fig. 4. GIANf'IlANCESCO DA TOI.MEZZO: Chiesa di Prowsallo. Ge s il davant i a PiJato Fig. 6. G'A NFRANCF:SCO DA TOI.MEZZO : Chic""

  • Giampietro da S. Vito, tuttavia, non lelo a quello di Giovanni Martini: Cloe aveva dall'origine il nerho lineare del tol­ suhito a suo modo sensibile ad influssi mezzino, e sempre conservò, malgrado della pittura di Alvise Vivarini, del Mon­ l'adesione ai suoi schemi, quel che di sla­ tagna, del Cima, tra persistenze di pro­ vato e di flaccido, che gli derivava dalla vinciale carpaècismo. L'eco del Cima si tradizione del Bellunello, e che trasmise fa più risonante in opere successive del anche a quello che il Fiocco 14) acutamente Pellegrino: nella pala di S. Giuseppe del suppose essere stato suo scolaro: Martino Duomo di Udine 20), per es., e nell'ancona da Udine, detto il Pellegrino da S. Da­ del Battista del Museo di Cividale 21): ma niele. Costui, difatto, fu il pittore che i primi haleni di prospettiva aerea, sen­ . riassunse, potenziò, e maturò in senso cin­ tita alla maniera morhida del Palma, quecentesco la corrente di linguaggio friu­ s 'hanno nel trittico del Duomo di Aqui­ lano più meridionale: quella che si inizia leia 22), del 1503, che pure nella sparti­ col Bellunello e con Domenico e prosegue zione e nell'inquadratura risente della tra­ con Pietro da S. Vito: corrente in appa­ dizione di Domenico da Tolmezzo. Ma renza più moderna e meno provinciale, ma nel 1504 il Pellegrino va a Ferrara 28), in realtà più stanca e, perchè fondamen­ ferI;Dandosi a Venezia e a Padova: suhito talmente eclettica, più inespressiva della infatti la sua eclettica pittura riflette le tolmezzina, di cui l'erede e il risoluto re nuove esperienze (di poco effetto le ferra­ fu invece Giovanni Antonio da Pordenone. resi, di maggior efficacia le padovane, spe­ I nessi di codesta trasmissione sono pro­ cie quelle degli affreschi della scuola del vati da due significativi equivoci: l'uno a Santo), ahhandona i residui di quattro­ proposito degli affreschi della parrocchiale centismo friulano, s'aggiorna, diviene cin­ di Tauriano, che già erano ritenuti di Do­ quecentesca. menico da Tolmezzo, e che il Cavalca­ TI Pellegrino fu artista più ahile che selle 15) giustamente restitui a Giampietro geniale. Era nato a Udine nel 1467 da da S. Vito; l'altro per gli affreschi di certo Battista « pictor sclavonius » o « pic­ S. Pietro e Paolo a Dignano, che il Ca­ tor de Dalmacia », della cui attività pre­ valcaselle 16) riteneva di Pietro da S. Vito, friulana non s'hanno notizie, a meno che e che il Fiocco 17) suppone invece essere non lo si voglia identificare con quel Bat­ opera del Pellegrino. La cui giovanile ade­ tista miniatore, con ogni probabilità dal­ sione a Giampietro, e dipendenza dalla mata appunto, noto per essere stato gra­ hranca che s'è chiamata meridionale della ziato il 12 maggio 1437 a Venezia, da pittura friulana, è del resto chiarissima nel­ una multa impostagli per aver ferito di la Madonna di Osoppo (TAV. CXLI, fig. 1), freccia per errore uno Schiavone, mentre 18 del 1494 ), e nella più antica zona di af­ con altri compagni si esercitava al tiro freschi, prima del 1498 19), in S. Antonio lungo il1ido di S. Erasmo 24). Martino fu abate a S. Daniele, che tradiscono un'in­ . dapprima alla scuola di Antonio da Fi­ tonazione di linguaggio affine a quella di renze, da cui, in arte, non imparò che Giampietro, ed evolvente in senso paral- « quella predilezione per il grigio che por-

    14) Ib Giov. An'. Pordenone cit., p. 17. 21) Del 1501 (docum.), dipinta probabilmente in col- U) Ms. cit., c. 18. laborazione con Gerolamo da Udine; esposta. iS) Loc. cito 22) Esposto. 17) G. A. P. cit., p. 17. 23) Cfr. i regesti, in VENTURI, loc. cit.. 568. 18) Docum. in data 25 aprile di quell'anno: CAVAL­ 24) Cfr. LUDWIG, Arch. Bei'rage :rur Gesch. d. von. CASELLE, loc. cit; esposta alla Mostra. Kunsl, 1911, p. 166. Battista mori nel 1484 (IOPPI). 19) Cfr. VENTURI, Storia, IX3, pp. 564 - 565 (re­ L'identificazione perciò sarebbe cronologicamente possi­ gesti). bile. A Udine tuttavia dipingeva casse ed anche una 20) Del 1501 (docum.). pala d'altare (CAVALCASELLE, op. ci'.); ©Ministero---468 dei beni e delle attività culturali e del turismo -Bollettino d'Arte LE ARTI --- tò per tutta la sua arte come un lascito e pesantezza dell'ombra» 28) la mano del negativo» 25); nel 1488 passò presso Do­ Florigerio, il quale, sebben rozzo, fu certo menico da Tolmezzo: poi dovette avvici­ il più personale dell'esiguo gruppo di pit­ narsi a Pietro da S. Vito, forse conosciuto tori che in Friuli seguissero le orme del nella bottega stessa del Mioni. Nel 1507- Pellegrino e del Pordenone. Sicchè non di­ 1508, quando s'incontrò col Pordenone e remmo la Madonna 29) di Sebastiano del­ lo condusse seco a Ferrara, il momento l'Accademia di Venezia una parafrasi della stilistico della sua pittura era quello in­ prua di Cividale del Pellegrino 30), ma solo dicato dalla Madonna, dipinta sul muro la variante d'un'opera dovuta in buona della chiesa della Vergine della Strada a parte a Sebastiano stesso. S. Daniele: ben poco poteva egli quindi Pellegrino da S. Daniele morÌ il 17 di­ insegnare allora a Giovanni Antonio, che cembre 1547 31). nel trittico a fresco di Valeriano, di que­ gli anni, mostrava di saper portare a cosi Ritorniamo, per rifarci alle prime fonti alta espressione il linguaggio di Gianfran­ del linguaggio pittorico del Pordenone, al­ cesco da Tolmezzo. E, in seguito, fu il l'altra corrente della pittura friulana della Pellegrino a mettersi nella scia del Por­ fine del Quattrocento: a quella che s'è denone, cercando invano di raggiungerne detta più settentrionale e più propriamen­ la forza del color costruttivo e la larga te carnica, e che s'è vista essere quasi onda di movimento: egli che non era per esclusivamente rappresentata da Gian­ nulla un frescante, ma piuttosto un mi­ francesco da Tolmezzo. Pietro Fuluto, sco­ nuto e, nei casi migliori, delicato pittore perto dal Fiocco 32), in seguito alla lettura di tavole. L'influsso di Giovanni Antonio della firma negli affreschi di S. Giorgio a sul Pellegrino si comincia infatti a notare Colza, del 1513, non fu che lo scolaro già nel 1513-15, nella ripresa della deco­ prima e poi il continuatore di Gianfran­ razione in S. Antonio abate a S. Daniele, cesco: la sua pittura, com'è rivelata dagli e diviene poi sempre più chiaro, mesco­ affreschi documentati di Colza, di Liariis, landosi a certo suo fioco palmismo. Nel di Luint, e da quelli attribuiti dal Fiocco periodo maturo, non è improbabile che il a Osais e a Mioni (già tutti assegnati dal malsicuro pittore si sia valso dell'aiuto del Crowe 33) a Domenico, ma dal Cavalca­ suo scolaro - o meglio collaboratore - selle 34) a Gianfrancesco « o qualche altro Sebastiano Florigerio. TI trittico di S. Ma­ pittore di quella scuola o fisonomia d'ar­ ria dei Battuti a Cividale 26), per il quale te »), ne segue le orllle, e ripete anacro­ vi son documenti dal 1525 al 1529 (ma nisticamente, fino alla seconda decade del eseguito tra il '27 e il '28), è appunto del Cinquecento, quel linguaggio intriso di go­ tempo dei contratti di matrimonio tra il ticismo altoatesino (malgrado l'innesto di F1origerio e la figlia del Pellegrino: e elementi padovani, che v'insinua accenti quanto a quest'ultimo premesse di legare simili a quelli di Domenico Morone) che a sè il F1origerio appare dal secondo sin­ Gianfrancesco aveva pur saputo diradare golare contratto 27). E l'ancona di Civi­ e rischiarare in una sorta di convulsa mo­ dale, specialmente nei due santi dei lati, numentalità, mentre il Fuluto non. giunse rivela « nell'invincibile legnosità del nudo mai a superarvi il livello stilistico di un

    26) Fiocco, Antonio da F., in Boll. d'Arie, marzo 1925. 30) VENTURI, loc. cit., p. 740. 88) Esposto. 31) Docum. in IOPPI. 27) Del 27 novembre 1528; cfr. CAVALCA SELLE, loc. cito 3a) FIOCCO, Pietro Fuluto, in Boll. d'Arte, marzo 1925. 88) VENTURI, loc. cit., p. 627. Non è improbabile che 33) History of Painting in North , 1912, III, p. 67. il Florigerio abbia avuto una prima edl1cazione lombarda. 34) Ms. autografo della Storia della Pittura nell' Italia 18) E8po8ta. settentrionale alla Marciana di Venezia, IV. TAV_ CXLIII.

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    Fig. 7. G. A. PORDENONE: Af­ Fig. 8. G. A. PORDENONE: Chiesa cii S. Stefano u Vuleriauo. Trittico affrescato. freschi del Ca.tcllo di Spilim­ bergo (parlic.).

    Fig. 9. G. A. PORDENONE: Particolare del soffitto Fig. lO. G. A. PORDENONE: Particolare del soffitto rlella Chiesa sussidiaria di Vaeile. della Chiesa sussidiaria di Vacile. TAV. CXUV. ©Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo -Bollettino d'Arte

    Fig. Il. G. A. PORDEl'"O NE: Chiesa Parrocchiale Fig. 12. G. A. PORDENONE: Duomo di Pordenone. di Susegana. Pala d'altaTP. Pala della Misericordia.

    Fig. 13. G. A. PORDENONE: Vallcnoncello. Fig. 14. G. A. PORDENONE : Duomo di Cremona. Madonna e Santi. Pala Sc ~ bizzi. ©Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo -Bollettino d'Arte ---LE ARTI ------469---

    Cristoforo Baschenis o di un Federico TI SUO linguaggio è finò ai primi del Pacher. Cinquecento ancora parzialmente gotico, «Zuane Francisco de Tolmezo depen­ o, dirò meglio, d'un «mezzo rinascimen­ tor fu di M.o Duri Daniel de Soclevo de to ». Appartiene genericamente ad una la Gharada de queli del Zoto »35) fu l'uni­ civiltà formale che, anche in quella che co vero artista che abbia avuto il Friuli si usa chiamar provincia, ha vita più d'un prima del Pordenone. Era nato intorno cinquantennio avanti: in un Dario da Tre­ al 1450, e le sue notizie vanno fino al 1510. viso, per es., in un Francesco de' Fran­ Disceso dalle Prealpi, dovette fissare la ceschi, in un Giovan Francesco da Rimini, sua residenza a Spilimbergo: ciò che ha o in altri, rimasti per tutto il Quattro­ una certa importanza nei riguardi del Por­ cento in margine al vero rinnovamento di denone, che appunto abitava a Spilim­ stile, i quali s'intestarono in tentativi di bergo nella sua giovinezza. Gianfrancesco risolvere, come disse il· Longhi, «per in­ infatti era nel 1481 investito d'un piccolo tuizione, empiricamente e non per me­ feudo da parte dei signori di Spilimber­ todo, persino i nuovi moventi che avevano go 36); nell'anno successivo affrescava la dato luogo al Rinascimento ». Ciò che tut­ facciata della parrocchiale di Vivaro 37); tavia distingue, nella diversità e nell'op­ poi, a distanza di sei o sette anni, l'in­ posizione delle fibre che vi convergono, il terno della chiesetta di S. Antonio a Bar­ tessuto artistico di questa estrema Tule beano 38); nel 1493 eseguiva gli affreschi italica da quello d'altre provincie (mentre e la pala di S. Martino a Socchieve; nel l'avvicina, anche per concordanze tempo­ 1496 quelli del coro della parrocchiale di rali, al Trentino d'un Simone Baschenis), Provesano 39), e infine nel 1500 quelli di è la componente atesina, che vi porta S. Floriano a Cella di Forni di Sopra 40) • . una tensione lineare, che innerva e in­ Probabilmente aveva dipinto anche nella calza la massiccia gravità delle forme de­ chiesa di S. Filippo e Giacomo a Valva­ sunte dai depositi vivarineschi della bot­ sone' dove, sotto l'attuale decorazione, del tega di Domenico Mioni. La pittura alto­ 1515, di Giampietro da S. Vito, appare atesina, da parte sua aveva risentito, forse qua e là uno strato anteriore d'intonaco proprio attraverso queste più consangui­ con figure della tipica maniera di Gian­ nee traduzioni ed alterazioni, dell'acerbo francesco (per es. sulla parete sinistra una Rinascimento : col «maestro di vil­ bella testa di donna, press'a poco del tem­ la d'Utta », per es., che, ancora prima po di Provesano) ed il grande ciclo, similis­ di guardare al vivarinismo dei carnici, simo a quello di Proves ano, sebbene oggi parve accogliere (per es. nell'altare di frammentario, della chiesetta di S. Grego­ S. Agostino a N ovacella) qualche eco rio a Castello d'Aviano )(TAV. CXLI, fig. 2). « squarcionèsca », cioè di deformata to­ Fu quasi esclusivamente un frescante: scanità mista d'accenti di Paolo Uccello la sola pittura di cavalletto, che di lui si e di Filippo Lippi, chissà come e per conosca, oltre alla pala citata di Socchie­ quanti rimbalzi riflessa da Padova; e .nello ve 41), è la Madonna a mezza figura con stesso Michele Pacher, sul cui tessuto ar­ angeli 42), dell' Accademia di Venezia, fir­ tistico è difficilmente ammissibile abbia mata Zuane Francischo de Tolmezo. direttamente agito il Mantegna. La com- 110) Firma, con data 1493, sugli affreschi di S. Mar- 39) Firma e data sulle pitture. La pala di Socchieve, tino a Socchieve. . tuttavia, ha accenti cosi cinquecenteschi, da far credere 38) CAVALCASELLE, ms. di Udine cito d'essere stata dipinta più tardi. 37) Distrutti nell'allargamento della chiesa del 1820. 40) Data sulle pitture. 88) Secondo un docum. del 20 novembre 1489 (CA- 41) Esposta. VALCASELLE, ms.) a quella data il lavoro era finito e gli (3) Esposta. doveva essere pagato.

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    prensione - s'egli materialmente vide o sfaccettatura cristallina in quattro vele non vide non è cosa che interessi - anche simmetriche, variate al centro dalle cat­ dei soli affreschi Ovetari, da parte d'uno tedre stalagmitiche dei Padri della Chiesa, spirito cosi geniale, avrebbe provocato lascia al gusto «un sapore padovano, che crolli ben più vasti nelle sue fragili impal­ si connette più al soffitto di Antonio e cature. Certa morfologia, certo cromati­ Bartolomeo Vivarini nella cappella Ove­ smo in Pacher sembrano volgere ancora tari, che al Mantegna» 43); ma negli an­ una volta verso Murano e Venezia, o, per goli gli Evangelisti e i Profeti con le loro certi accenti alla Crivelli, verso una Pa­ liste divincolanti terminano il pergolato dova para-mantegnesca, sensibile soprat­ in desinenze allitterate, zoomorfiche, mè­ tutto agli influssi di Filippo Lippi, piut­ mori degli accenti della scuola quattro­ tosto che verso lo stesso Mantegna. Trop­ centesca bolzanina - per es. negli affre­ pi sforzi dialettici son poi necessari per schi di S. Nicolò a Presule - riflessi nelle istituire un rapporto di similarità tra la vesti cartacee e fin nelle carni, costruite soluzione mantegnesca, unitaria, dello spa­ come a curve di livello per esigui e astrat­ zio, e l'insoluto lampeggiare di singoli mo­ ti gradi di tono: cosi che l'intera costru­ menti spaziali del Pacher, non coordinati zione si proietta sul fondale d'una spazia­ in unità di visione: laddove questa unità, lità illusoria, fragile come un lampadario che forma la sintassi elementare del lin­ di cristallo. Con gesto largo Gianfrancesco guaggio che solo si può dire del Rinasci­ dipana instancabilmente intorno alle pa­ mento, e in particolare del Mantegna, reti, appigliandolo alle figure fisse e come manca alle visioni del Pacher: ancora den­ tornite in legno, il suo rabesco lineare, se - malgrado quei violenti tentativi di che include le lunette con la Natività e « bucare» - del massiccio horror vacui l'Epifania - della cui composizione si ri­ medievale, soltanto sezionato in blocchi corderà - e con l'Ascensione traslucidi, che non si fondono ma si re­ e il Giudizio: e s'annoda al centro della spingono. Anche le articolazioni formali, vòlta in un'asola rigida. in questa dimensione sostanzialmente an­ Questa partitura (che anche il Porde­ cor gotica, non giungono ad aver valore none adotterà nei suoi primi cicli di af­ di cardini su cui volga un vero sviluppo freschi di Vacile, di Villanova, disartico­ spaziale, perchè sono di continuo incep­ landone sempre più lo scheletro) si ripete pate da frammenti di significato astrat­ nelle decorazioni di Gianfrancesco a Soc­ tamente plastico (nei quali cioè il valore chieve, a Proves ano, a Forni. Ma nelle plastico non: coincide col valore architet­ singole figure e nelle scene, il dualismo tonico: mentre è chiaro che solo coinci­ tardogotico si va risolvendo in una mo­ dendo immediatamente essi ~i fanno re­ numentalità rinascimentale, e nelle inqua­ ciprocamente concreti). Di modo che il drature architettoniche più rarefatte e còmpito di coordinazione figurativa rima­ ariose le figure si fissano con maggior ne affidato al baleno della linea, che scop­ agio in una dimensione meno spessa, meno pia solo apparentemente in profondità. Il invescata alle forme. Anche le piegature valore dell'arte atesina, per quella di Gian­ dei panni, dove più preme la calligrafia, francesco da Tolmezzo, risiede appunto in si liberano dall'irrealismo del rabesco, scio­ codesta dinamica lineare, che i friulani gliendosi dal viluppo d'una grafia che si della branca meridionale non posseggono, svolga con un proprio astratto ritmo, di­ mentre i veri tolmezzini assumono come sgiunto dalle coerenze struttive. Quella dato positivo nel loro linguaggio. Il soffitto

    di Barbeano (TAV. CXLI, fig. 3) nella sua 48) FIOCCO, Giov. Am. Pordsrwn6 cit., p. 18. ©Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo -Bollettino d'Arte - -- LE ARTI ------471 ------

    grafia assume ora un significato organico, nuncia alla funzione «zoomorfica» d'ara­ tendendo a coincidere fluidamente con i hesco, a evasioni in astratte assonanze: crinali ove s'incontrano le tenui zone cro­ incorporata nella composizione divien on­ matiche: gialli, rosa, malva, verdi di ter­ da di movimento. Le scene, tuttavia per­ retta, che rammentano certi toni ahhrivi­ corse da accenti di irrealismo, si situano diti o calcinosi del Witz, filtrati dall'arte in sezioni di spazio, ritagliate da una sce­ atesina, e, soprattutto, certo rosso di mat­ nografia elementare, che comprime in su­ tone non hen cotto, del tutto caratteri­ perficie i gruppi densi e concitati: ma il stico del pittore, e presente anche nel telaio sul quale si dipanano è, ora, un primo Pordenone. A Proves ano, a Forni, telaio rinascimentale, almeno quanto quel­ malgrado il persistere di divagazioni grafi­ lo d'uno Scaletti. Tralasciando quanto più che, di puro valore araldico; malgrado può le vedute profonde e disponendo le l'erompere d'un medievalismo concitato scene come hassorilievi, contro un fondo nelle stipate scene cristologiche e apoca­ chiuso, il pittore può ora mantenere un'or­ littiche, desunte dal visionario espressio­ ganica unità di composizione, ed evitare nismo della pittura tedesca, che aveva fino a un certo grado il contrasto, in­ disseminato le sue danze macahre sulle conciliato nell'arte atesina, tra le due vi­ pareti delle pievi di confine - talora con sioni, delle quali «l'una, trasformando accenti hoemi, forse mediati più che at­ ogni apparenza reale in dinamica di linee, traverso maestro Venceslao 44), attraverso tende ad una unità compositiva conchiu­ il pittore dell'altare di S. Sigismondo nella sa nella superficie, e l'altra vuoI dar forma vicina Pusteria e presenti anche nella cer­ ai particolari in un ordinamento in pro­ chia del Pacher -, s'impone decisamente fondità »(5). In certe figure singole persi­ una norma più logica, per la quale il ste, talora con accentuazione nettamente rahesco diviene indice di moto: cosÌ che espressionistica, il caratterismo del tardo l'arte di Gianfrancesco qui pare avvici­ gotico tedesco: ma più spesso a Prove­ narsi, per analogia di premesse culturali, sano, a Castel d'Aviano, e più ancora a a certo Quattrocento ferrarese. I cicli stret­ Forni, si svaga in tenere fisionomie quasi tamente affini di Castel d ' Aviano e di hotticellesche: ed il verismo epidermico, Proves ano hanno parti davvero notevoli, la caricaturale zoo grafia, da «predica lu­ nelle quali la dialettica tra le due opposte terana» del Quattrocento germanico, son premesse, se non si risolve ancora in una fatti rientrare, anche per un aurorale sUg­ sintesi del tutto coerente come a Ferrara, gerimento del Montagna, sotto la norma ne rimuove tuttavia le contraddizioni più ideale del cànone antropomorfico del ri­ aspre. TI gruppo delle Marie e dei Cava­ nascimento. Accanto alle grinte camuse e lieri, nella grande Crocifissione dietro l'al­ scimmie"SChe degli aguzzini nel Cristo de­ tare di Provesano (della quale si ricor­ riso di Proves ano, il sottarco, sopra la derà il Pordenone a Cremona) può per lapide con la firma di Zuane Francesco da analogia di tessuto richiamare concetti del Tolmezo, spiega una corona di Sante mar­ Cossa o di Ercole de Roherti nella cap­ tiri a mezzo husto, dolci e gentili, deli~ pella Bolognini. E nella Deposizione, so­ neate con la nitidezza da cammeo degli an­ prattutto nella Veronica di Provesano, gioIi del Mantegna; e nelle Palme di Castel Gianfrancesco raggiunge .a suo modo, col d'Aviano un coretto di putti serha, ana­ suo strano linguaggio, l'arte. La linea ri- cronisticamente, quasi intatto, l'acerho fà-

    ") Cfr. MORASSI, Storia della pittura nella Venezia sua pittura. (I. WEINGARTNER, Die Wandmalerei Deutsch­ Tridentina (Roma, XII), p. 415 sgg. A proposito di Ven­ tirols, in Iahrb~h d. Zentr. Komm. [Vienna, 1912]). cesIao, è forse prudente attenersi alla vecchia opinione 45) PACHT, Osterreichische Tafelmalerei der Gotik, 1929, del Weingartner, sull'origine quasi soltanto veronese della p. 49. ©Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo -Bollettino d'Arte ---472 ------LE A R TI

    scino d'un primo Quattrocento (TAV. CXLII, della grammatica rinascimentale, e pone figg. 4, 5, 6). i cavalli impennati retti da paggi con tale imminenza di scorcio, da irrompere oltre Giovanni Antonio da Pordenone 46), il «quadro », con un'intenzione che, per prohahile collahoratore di Gianfrancesco il suo non tener conto dell'unità e della a Forni 47), assunse dal maestro codesto solidità strutturale della parete, si pone linguaggio ancora d'un quattrocentismo sopra un piano manieristico, sehhene porti provinciale semigotico, e n'ehhe in lascito ad un effetto che non supera la seconda la modellazione astratta entro panneggi dimensione. E v'è già qui l'idea che Gio­ memori del metodo donatelliano della tela vanni Antonio riprenderà poi tante volte, hagnata, e insieme una grande energia nei ripetuti « Curzii» ed anche nelle por­ lineare, un'ahitudine alle composizioni am­ telle di S. Rocco a Venezia: qui è già piamente sfrenate in superficie: solo ap­ in nuce il suo mondo; cioè è già posto, prossimativamente conscie del còmpito elementarmente, il piano d'incontro tra di rappresentare ohhiettivamente spazii soggetto e àmhito di cultura, e il singolar idealmente misurahili, del Rinascimento modo di realizzarlo nell'unicità d'una for­ tipico. La superficie pittorica di Gianfran­ ma ricomprensiva d'amhedue. cesco, invasa da viluppi lineari, non oh­ N el trittico a fresco di Valeriano, con hedisce alle norme costruttive del Rinasci­ S. Michele tra S. Valeriano e il Battista mento: le linee in moto impediscono alle (1506) (TAV. CXLIII, fig. 8), le figure legno­ pareti di fissarsi in quella solidità strut­ se, le architetture variopinte, la ricchezza turale, che il Rinascimento poneva come dei finti marmi, sono ancora Gianfrancesco; termine dialettico di opposizione allo sfon­ ma il catino a mosaico che corona la pittu~ dato pittorico, si che ne risulta un effetto, ra è tipico Pordenone, e suoi sono l'espres­ grossòlanamente, manieristico: non per­ sione trasognata e immediatamente comu­ chè la pittura sia andata oltre alle leggi nicativa del S. Valeriano, già impostato rinascimentali di gravitazione, ma perchè con eleganza cinquecentesca suggerita dal ancor ignora queste leggi: si mantiene av­ Montagna, e i colori cangianti dall'oro al vinta ad una dimensione indifferenziata, verde, dal rosso al violaceo, stesi, alla o, se si vuole, si risolve in una spazialità Paolo Uccello, con un senso preciso della non illusionistica: in una spazialità «di loro funzione plastica su piani limitati, e circolazione d'un gioco di forze, che per con quella festosità ingenua, folcloristica, se stesso si tiene in perfetto equilibrio »48). che han le vecchie maioliche di campagna Quest 'insegnamento, diremo, premarieri­ infiorate: che sarà uno degli accenti più stico, e quest'impulso ad un moto vio­ freschi e più grati di Giovanni Antonio, lento di superficie, possono spiegare pa­ nelle decòrazioni delle chiese friulane. recchio degli atteggiamenti, che poi a ta­ L'esperienza ferrarese e marchigiana 50) luno appariranno già harocchi, del Porde­ semhra porre per un mofuento in secondo none. Il quale, già in quelli che forse sono i piano l'esempio del Montagna - che per il primissimi tra i suoi affreschi: le decorazio­ Pordenone significa mezzo per conquistare ni sulla facciata del castello di Spilimhergo il tono, cioè per risolvere in modo cinque- · (TA V. CXLIII, fig. 7) 49), seguendo da pres­ centesco il prohlema formale -: a Vacile so i modi del Tolmezzino, appare ignaro (TA V. CXLIII, figg. 9 e lO) 51) il pittore par

    ") Per la giU8tificazione della serie cronologica qui U) FIocco, G. A. P. cit., pp. 24·25. adottata, vedi il mio articolo in Emporium. &0) FIOCCO, ibid., p. 27. (7) FIOCCO, Giov. Ant. Pordenone cit., p. 20. &1) CAVALCASELLE, ms. cit. ; FIOCCO, loro cit., pa· (8) PACHT, loc. cito gina 28 sgg. Dipinti circa il 1510. ©Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo -Bollettino d'Arte --- LE A R T I ------473---

    ritornare in pieno Quattrocento, attenuan­ schi, sta per varcare stilisticamente le so­ do l'integrità antonellesca e distendendo in glie del Cinquecento veneto. brevi zone, rapprese tra le gualciture dei V'entra in pieno, più che con gli af­ panni, i colori violenti, metallici. In realtà freschi di Villanova 57), ancora legati a codesto apparente regresso nella sua evo­ schemi tolmezzini, o con le pitture per l'or­ luzione linguistica è dovuto al fatto che gano di Spilimbergo 58), con gli affreschi Giovanni Antonio, a cui i ferraresi e Me­ della Villa Rocca a Conegliano 59), ancora, lozzo, ma soprattutti il Signorelli, hanno malgrado la rovina, vibranti di magnifici insegnato a passar oltre la linea, per rea­ brani d'ùn colore ormai pienamente co­ lizzare le masse con torniture chiaroscu­ struttivo, intonato su un biondo caldo, con rali, ha qui inserito questa soluzione nelle le pale, intrise di giorgionismo, di Susegana vibranti volute tolmezzine: cosÌ che que- (TAV. CXLIV, fig. 11) 80) e del Duomo di . st'onda continua, sinuosa, ha ceduto al­ Pordenone (TAV. CXLIV, fig. 12) 61), e con gli quanto della sua nervosità ai singoli mo­ affreschi di Rorai 82). Nelle pale, tra le più menti plastici. Sarà questo anche più tardi belle cose ch'egli abbia dipinto e tra le più uno degli aspetti più caratteristici del lin­ squisite, anche, di tutto il Cinquecento, guaggio del Pordenone. Dei tratti decisi Giovanni Antonio mostra d'aver assimi­ che s'appoggiano, si inspessiscono un poco lato e interpretato il giorgionismo come nei segmenti essenziali del loro tragitto, forse nessun altro pittore. Ma resta in lui senza che nulla mai ne rallenti il movi­ sempre - lascito antonellesco del Mont

    61) Del 1511. Gli affreschi furon distrutti dalla guerra. FIocco, Ioc. cit., pp. 39-40. In cattive condizioni. Esposti. 68) Giovanni Antonio Pordenone (Lubecca, 1938), 68) Sono frammenti dell'abside della chiesa di S. An­ pp. 25, 142. tonio abate, affrescata dal P. nel 1514 (CAVALCASELLE, M) Giov. Ant. Pordenone cit., p. 32. loc. cit.). M) Dat. 1511; esposta. IO) Attribuita a quel tempo (c. 1514) per dati stili­ 68) FIOCCO, loc. cit., p. 30; esposta. stici; esposta. 67) Commessi il lO settembre 1514 (docum. IOPPI). Il) Docum. del 1515; esposta. 68) Docum. in data 15 giugno e 7 agosto 1514 (MA­ II) Iniziati, da docum., nel 1516; terminati dal Fo­ NIAGO); la data 1515 si legge alla base dell'organo. Cfr. golino nel 1521 (docum. IOPPI). ©Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo -Bollettino d'Arte ------474 ------LE ARTI ---

    modulazioni, impegnate nella stessa so­ provvisa, che il volto sembra denudato, stanza del mezzo. Nel Pordenone, invece, disarmato. Le :6hre non appaiono, come lo spazio è sempre in qualche guisa rare­ in Tiziano, modulazioni d'una stessa aria, fatto: creato dal movimento. Vi sono pit­ variazioni d'una stessa tonalità fondamen­ tori, che pur essendo coloristi consuma­ tale: sono un succedersi di momenti, so­ tissimi, s'esprimono di preferenza col mo­ spinti da un'ondulazione in profondità, vimento della forma, col quale raggiun­ che si presentano, poi volgono via. Os­ gono risalti incomparabili. La maniera con servate nella pala di Pordenone, che pure cui impercettibilmente una delle loro figu­ nel paesaggio conserva tanto «mistero» re ha l'aria di muoversi è indice inconfon­ giorgionesco, il movimento delle mani del­ dibile: pensate a certe sanguigne del Tie­ la Vergine: come un'onda che si ritira polo, a certi disegni di Degas. Il Porde­ mentre sotto, con opposto moto di risuc­ none è uno di questi artisti, naturalmente chio, l'onda del ruscello, d'uno strano ver­ cinquecentesco. Gli elementi assunti da de ombroso, ci viene incontro; osservate Giorgione sono da lui assimilati in modo a Torre l'oscura dilatazione delle pupille. originale per il potente movimento nello Guardate i suoi ritratti: quello cosi detto spazio, che porta con sè un'accentuazione Onigo a Richmond, quello di musicista 66) degli effetti visivi, che si concentrano sui a Vienna: a differenza che nei ritratti di brani emergenti, rompendo la calma unità Tiziano, il carattere non si dichiara com­ dell'insieme. Osservate le sue pale, che pur pletamente: s'arresta sull'orlo d'una im­ dopo l'esperienza raffaellesca e michelangio­ percettibile reticenza· che stilizza. N ella lesca si tengono cosi aderenti a Giorgione, struttura del genio pittorico del Pordenone di Torre 68), di Vallenoncello (TAV. CXLIV, l'impazienza sembra essere lo stesso as­ fig. 13) 64), o le splendide coppie di Santi sillo creativo: egli spesso taglia corto, li­ a mezza figura - cosi altere, solitarie, in­ bera il fondo della sua espressione con una solite dopo Antonello: dove l'assolutezza sorta di grandioso corruccio, e come al­ della forma raggiunge quasi un valore zando le spalle. Ma quale stile ebbe mai morale - già a S. Salvatore di Collalto 61i). tanta razza. I suoi scarti sono gli scarti N elle forme singole una sorprendente giu­ d'un purosangue ombroso. Osservate uno stezza di tono quasi impedisce a tutta dei suoi grandi cicli d'affreschi. Ogni scena prima di far attenzione a null'altro: poi ha una «presenza» cosi imperiosa, che quella perspicuità ferma, nuda, piena, ap­ sembra nata di getto. In Tiziano le scene, pare come l'affioramento d'una forza esplo­ notò per es. lo Dvoràk, rivelano un'arte siva, che investe il linguaggio d'un carat­ severamente architettonica. Nel Pordeno­ tere immediato; mentre per es. in Tiziano ne invece v'è abbandono, e par vi siano il senso d'una pienezza densa e stipata una invenzione, un'improvvisazione per­ appare ottenuto al termine d'una rego­ petue. Egli ha certo un'idea precisa del lare crescenza. Ogni brano del tessuto del quadro (lo vediamo dai disegni prepara­ Pordenone sorge come un volto nuovo che torii) , ma le vaste onde di movimento, si volga d'un tratto, che si percepisca che nascono solo sulle pareti, come le istantaneamente in piena luce: l' appari­ .vele si gonfiano solo nella libertà del ven­ zione è così diretta, psicologicamente im- to che vi si ingolfa, rompono da ogni

    68) FiDita nel 1520; esposta. 68) Già attribnite al 1511, come parti della pala di 64) Stilisticam. tra la pala di Torre (1520 c.) e quella Collalto; giustamente portate innanzi nel tempo da Ven­ di Varmo (1526); probabilm. del 1522. Vedi FIOCCO, in que­ turi e da Fiocco. Intorno al 1520. FIOCCO, loc. cit., p. 41. sta Rivista, I, p. 28 sgg; esposta. Certa singolarità tecnica Una copia è a Londra, presso Mr. Agnew. potrebbe suggerire si tratti del gonfalone per Vallenoncello. 86) Esposto. ©Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo -Bollettino d'Arte LE ARTI ------475----

    parte il guscio predisposto e traboccano cappella Malchiostro in Duomo 72), il ri­ in mille punti. In realtà le opere del Por­ cordo michelangiolesco si mescola a pro­ denone, a differenza di quelle di Tiziano, babili accenti di Andrea del Sarto e a non sono « dominate»: ciò che talora può persistenze giorgionesche: ne risulta una far nascere questa impressione, è il dono lingua potente ma un poco ambigua, dove che il Pordenone ha, in grado maggiore alla ricca e calda morbidezza dell'atmo­ d'ogni altro pittore veneto prima del Tin­ sfera tonale contrastano zone cromatiche toretto - e che Tiziano, per quanto si dilatate, non perfettamente in accordo con sforzi, non ha per nulla - il dono, carat­ lo slancio lineare - eredità tolmezzina - teristico degli artisti formali, dello « scor­ che sottolinea enfaticamente i contorni e cio ». L'uso dello scorcio in arte richiama imprime un violento moto alle composi­ involontariamente l'idea d'una sensibilità zioni, mentre gli stessi partiti plastici si che si domina: questo non è sempre vero: sforzano, con l'energia del modellato, ad il Pordenone ne è il miglior esempio. uscire da quella atmosfera che li invesca. Su un tale carattere l'esempio di Raf­ E infine, quel che risolve lo spazio è pur faello 67) non poteva valere che come orien­ sempre il movimento. N ella cupola della tamento verSo la « maniera grande»: non cappella trevisana «nuova nell'arte e in­ certo come avvÌo ad un largo e pacato tensa d'effetto è la distribuzione delle equilibrio euritmico, ad una quieta e re­ masse .... : il peso del grappolo umano solo golare solennità di masse. Nè nella Ma­ da un lato, dall'altro il vuoto atmosfe­ donna di Alviano 68), nè in quella della rico, che tutto risuona del rombo di quel Loggia di Udine 69), il Pordenone infatti nugolo roteante in un vortice turbino­ rinuncia alla sua divisa: sebbene le linee so .... »73). Non sembra tuttavia, come ri­ si facciano più fluide, le forme momenta­ leva il Fiocco, nel vero il Venturi 74) neamente più molli, vi permane il vasto quando osserva qui «chiari richiami al moto avvolgente. Michelangiolo, più tardi, Correggio nelle cupole di Parma », se non lo colpisce di più, per quanto egli lo ca­ altro per dati cronologici: giacchè gli af­ pisca a suo modo, valendosene «per rag­ freschi del Pordenone a Treviso sono del giungere gli effetti di rilievo e di moto 1519-20. Tale risoluzione della cupola, che essenziali alla sua arte, senza rinunciare, evidentemente già prelude alla pittura come Sebastiano michelangiolista, neppu­ secentesca d'un Berrettini o d'un padre re in parte, al tesoro ereditario di Venezia, Pozzo, è invece da ritenere una spetta­ il colore» 70). Ei diviene cosÌ il primo dei colosa e assolutamente nuova creazione « romanisti» veramente vene ti : precurso­ del Pordenone: perfettamente coerente, re in ciò, e forse maestro, non solo del del resto, con il suo t~mperamento e con Tintoretto, ma dello stesso Tiziano 71). E la sua evoluzione di linguaggio. Tanto la da questo momento che la sua pittura, soluzione del Pordenone, quanto quella già carnosa e sanguigna, si fa pletorica: del Correggio, derivano dal tentativo man­ e dà la tipica impressione di una grande tovano del Mantegna: è superfluo aggiun­ dilatazione dei volumi, accentuata dai ge­ gere che sono tuttavia, di fronte a que­ sti natanti delle figure, che sembrano vo­ sta, di assoluta novità, se non altro per­ lersi far spazio d'intorno. A Treviso, nella chè infrangono i limiti dello spazio quat-

    67) Cfr. FIOCCO, loe. eit., p. 46. 71) FIOCCO, Eredità del Porderwne, eit. in questa 68) Con ogni probabilità del 1516; cfr. FIOCCO, loe. Rivista. eit., pp. 46-47. 72) 1519-1520: questa data si legge, con la firma, sul 69) Doeum. del 1516; distrutta nella parte inferiore; riquadro dell'Adorazione dei Magi. esposta. 78) VENTURI, loe. cit., p. 669. 70) VENTURI, loe. eit., p. 666. ") Loe. eit. ©Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo -Bollettino d'Arte -----476------LE ARTI ----- trocentesco e disciolgono in illimitata at­ in un rapporto di valore - ma si spre­ mosfera la stessa parete, che nel Mante­ meva, per cosÌ dire, dallo stesso rapporto gna conservava, sia pure dialetticamente, tonale. Luce, che si potrà dire in questi il suo valore prospettico. E occorre dire primi tentativi astratta e «classicistica» che la soluzione pordenoniana - poi ripe­ al senso veneto; ma che non si potrà ne­ tuta e sviluppata a Venezia, a Cortemag­ gare nasca come naturale e necessaria ra­ giore, a Piacenza - è di gran lunga più gione figurativa in una lingua cosÌ dispo­ riuscita di quella del Correggio, il quale, sta agli illusionismi prebarocchi: dove le non essendo, come il Pordenone per ere­ forme, fin dal loro primissimo impennarsi dità giorgionesca, padrone dell'unico mez­ nei palafrenieri di Spilimbergo, tendono zo proprio, la prospettiva aerea, deve li­ ad uscir fuori d'improvviso dal piano del mitarsi a tentativi interessantissimi, ma quadro, a porsi in essere al di qua della indubbiamente empirici e di compromes­ parete, nella stessa libera aria: dove non so: anche l'~ltimo, quello della cupola si saprebbe che cosa le potrebbe soste­ del Duomo di Parma, dove l'Allegri, va­ nere cosÌ sospese e lihrate e imminenti, lendosi probabilmente di rinnovati sugge­ se non un colpo di proiettore luminoso. rimenti mantegneschi e pordenoniani, cer­ Di questo, Giovanni Antonio si vale ca di rendere la sua pittura più coerente, in maniera non soltanto pretintorettesca, col tentare la composizione per masse lu­ ma quasi precaravaggesca, a Cremona 75). minose, nella speranza di dare una reale Qui l'orchest.razione generale ha un im­ unità figurativa al «guazzetto di ranoc­ provviso abbassamento di registro: e, men­ chi ». E tuttavia anche questo mezzo, ef­ tre i colori perdono quel calore squillante, ficacissimo, come prova tutta l'arte vene­ in certo modo sov.ratonale, che avevano ziana, nel linguaggio della pittura tonale, negli .affreschi friulani - calano densi al ' doveva risultare insufficiente applicato al fondo d'un'ombra limpida -, le forme per semplice sfumato coloristico del Correg­ converso balzano a galla, a immediato gio. TI Pordenone invece - ed anche ciò contatto della retina, ponendosi asserti­ prova la sua originalità - lo aveva già vamente, al modo lombardo, come dati adottato, non solo nella cupola di Tre­ di fatto. Parallelamente i moti raggiun­ viso, ma fin dalla Madonna di Alviano, gono una violenza cosÌ esplosiva da supe­ dove per la prima volta comincia a no­ rare nettamente il canone rinascimentale. tarsi l'uso della luce in vista de' suoi ef­ Il movimento non è però solo creato dal fetti plastici: a radere le forme affioranti, tumultuoso agitarsi delle dramatis perso­ o ad accentuare il dinamismo della compo­ nae: dagli sgherri urlanti che puntano il sizione con sbattimenti contrapposti. piede contro la cornice dei riquadri, dalle Il Pordenone già prima del Tintoretto figure che vi si fermano con uno sforzo aveva sentito, quando l'esempio romano di reni sull'orlo, o si sporgono annaspando aveva d'improvviso esaltato il suo natu­ nel vuoto, dai cavalli enormi che s'impen­ rale amore per la forma e per il movi­ nano davanti agli occhi dello spettatore mento, che soltanto la luce poteva dare come sul punto di precipitare nella navata un'unità figurativa alle sue composizioni sotto stante, dalla croce del Cristo inchio­ sfrenate: una luce che non giungeva, co­ dato in bilico sulla cornice, dalle vesti del me nel Tintoretto, ad abbassare tutta la Cristo deposto traboccanti collie da una gamma - non si risolveva ancora, cioè, cengia di roccia, mentre le Marie s'adu-

    7~) Affreschi nel Duomo, compiuti nel 1520 (arcone del P. cfr. FIocco, Eredilà del Pordernme cito e G. A. P., con Pilato); nel 1521 (altri arconi dall'agosto all'ottobre; pa88im. Si tratta di « precedenze» di lessico: prive di va­ poi la Crociji&siom); nel 1522 (Deposuione e pala Schizzi). lori o sospetti deterministici. A proposito di precorrimenti caravaggeschi nella pittura TAV. CXLV.

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    Fig. 15. G. A. PORDENONE: Palazzo glU Tinghi di Udine. Fig. 16. G. A. PORDENONE: Duomo di Cremolla. Parlic. degli affreschi. Partic. della Crocifissione.

    Fig. 17. Venezia. S. Marco. - Resurrezione di Lazzaro. Mosaico su cartone di G. A. PORDJ,;NoNt: . TAV. CXLVI. ©Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo -Bollettino d'Arte

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    nano con le spalle alla parete- della nic­ so lirico iru;olubile che lega visione e chia temendo di cader di sotto. Il movi­ sentimento nella concretezza della sua mento più intenso è creato dal continuo poeSIa. contrapporsi in ogni direzione delle for­ TI linguaggio del Pordenone, già nello me, e più ancora dal chiaroscuro tonale, staccarsi da quel di Gianfrancesco da Tol­ che trascorre ondulando come un lungo mezzo, recava seco una prima sintesi ele­ baleno le composizioni: penetra nel cuore mentare forma-movimento; dopo l'espe­ dell'ombra, riaffiora sulle emergenze, fran­ rienza giorgionesca raggiungeva la secon­ ge la continuità delle masse: cosÌ che da sintesi forma-colore; ma l'incalzare del l'uniformità della dimensione prerinasci­ moto, a sua volta, entro codesta pacata mentale, ma insieme anche l'articolata forma-colore giorgionesca, portava neces­ struttura dello spazio del rinascimento, sariamente a cercare un nuovo elemento vengono spezzate, sciogliendosi dalle leggi sintattico, che fosse valido a dar unità a d'una naturale staticità. TI « pictor mo­ forme realizzate in colore costruttivo, ma dernus» è qui più che moderno, è già non ferme nell'idillica « sospensione» gior­ barocco. E se negli affreschi del '20 pre­ gionesca, anzi violentemente mosse: e que­ lude il Tintoretto, nella Deposizione, « che st'elemento non potea essere che la luce. è tutta una ripresa di naturalismo illusioni­ A Cremona, il Pordenone non ha ancora stico »76), e nella pala Schizzi (TAV. CXLIV, raggiunto questa nuova sintesi: ivi la luce fig. 14) 77), che par riassumere e fondere, non è una direttiva, ma una ondulazione nel fondo cupo a strappi di luce, i « 10m­ che s'appoggia ad una sintesi figurativa bardismi» dei pittori veneti occidentali, raggiunta, per cosÌ dire, anteriormente ad prelude il Caravaggio. essa, per mezzo d'un positivo rapporto Il risultato, tuttavia, a Cremona - come cromatico. Nè il Pordenone era tale arti­ negli affreschi, contemporanei, di palazzo sta da abbassare e quasi annullare, come Tinghi a Udine (TAV. CXLV, fig. 15) - è farà poi il Tintoretto, la propria gamma ancor ambiguo, e può essere ingrato, come ricchissima: egli, come il Bassano per al­ oggi tutti gli atteggiamenti oratorii. Ma bi­ tra via, era troppo veneto per rinunciare sognerebbe distinguere, e non fraintendere al colore. E ritornando in Friuli, e ripren­ lo spunto critico celato nel nostro disa­ dendo a dipingere a Spilimbergo 78), a Va­ gio di fronte a questa oratoria pittorica: leriano 79), a Pinzano 80) e a Pordenone 81), non confondere questa, per es., con certo e ritrovandosi a continuare la fatica gio­ accaloramento puramente verbale, con la vanile di Travesio 82), è portato nuova­ « locupletatio verborum » d'un Giulio Ro­ mente a rischiarare la tavolozza. In que­ mano. Giacchè, a parte la purezza e la sta ripresa di affreschi friulani egli par veneta realtà del colore, nel Pordenone è godere d'una rinnovata giovinezza: riaf­ la pittura stessa che ha in sè una sin­ fiorano i colori vivacissimi, esaltanti: rosei, tassi oratoria: la quale quindi va positi­ biondi, rossi rubino, cangianti violetti: tut­ vamente valutata, come elemento concre­ to ritorna chiaro e limpido, come veduto tamente, non metaforicamente formale. in una mattinata tra i monti sotto un La concitazione del « tempo» pordeno­ cielo dilavato, intensamente azzurro: le niano (un « presto» ampio e rapinoso) ombre son leggerissime, brevi, senza diret­ è la stessa « callida junctura», il nes- tiva. Mentre le composizioni attenuano la

    78) LONGW, Quesiti caratlaggeschi, II (in Pinaco~heca, 79) Del 1524 (MANIAGO, p. 309). I, p.299). 80) Del preciso momento stilistico di Valeriano. 17) Esposta. 81) La data 1525 è sotto il S. Rocco dipinto sopra 78) Portelle dell'organo, del 1524 (docum. IOPPI); un pilastro del Duomo. esposte. 82) Nel 1525 (CAVALCASELLE, ms. cit.).

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    densa oratoria, esagitata e sanguigna, che polavoro, dove il mondo dell' artista ap­ era stata lo splendore e il peso, di Cre­ pare con piena evidenza contessuto e ri­ mona, riaffiorano, come motivi d'improv­ solto nel battere istantaneo del suo intimo visa e irragionevole gioia, accenti croma­ « tempo» unificatore. tici di senso decorativo: il colore non si E questa anche l'opera più vicina al risolve totalmente in forma, lascia oltre Tintoretto di tutta l'arte veneziana che lo a questa un residuo, che è puro piacere precede: e quando si pensi ch'essa è del . sensuale non dominato. Se i documenti 1529, e che nel decennio successivo Ve­ non parlassero chiaro, credo sarebbe dif­ nezia fu riempita da pitture di Giovanni ficile convincersi per soli dati stilistici che Antonio, e che il Tintoretto, allora tra i queste opere furon dipinte dopo Cremona, quindici e i vent'anni, certo le studiò tra il '20 e il '30, tanto sembrano riattac­ (dove poteva meglio trovare riuniti, se gli carsi alle pitture giovanili, di Conegliano, si passa il programma, il disegno di Mi­ di Susegana. N elle pale tuttavia, sebbene chelangiolo e il colorito di Tiziano ?), nc;m anch' esse ricongiunte a schemi giorgio­ si potrà escludere che il passaggio della neschi, di S. Gottardo 88), di Varmo 84), meteora friulana abbia lasciato traccia di Moriago 85), e già negli sportelli del nell'artista che, a Venezia, era il più di­ Duomo di Spilimbergo, il Pordenone por­ sposto a comprenderla. Infatti il Tinto­ ta innanzi il suo studio inteso a risolvere retto sembra - beninteso relativamente - quel dualismo del suo linguaggio, ad in­ prendere le mosse da questo momento sti­ corporare cioè . la luce nelle masse: ad listico del Pordenone. Poi, maturando a esprimere sempre più per mezzo di una suo modo codesto spunto luministico, an­ luce ancora «naturalistica» come quella drà verso quelle «tempeste chiaroscura­ del primo Tintoretto il nascere e crescere li », in cui la luce avrà il duplice miraco­ della forma nello spazio: il quale, se per loso còmpito di trasfigurare irrealistica­ l'innanzi si accennava ancora simbolica­ mente le forme e insieme di disciplinarne mente lungo le orbite delle masse in mo­ i toni e i moti per mantenere allo spazio vimento, ora si realizza più concretamente la sua realtà concreta, sebbene idealmente attorno ai baleni dei brevi piani luminosi, infinita. Il Pordenone invece rimarrà sem­ che quelle masse traggono, come comete, pre lontano da ogni spiritualizzazione: me­ nella loro scia. Così anche quell'apparente no visionario, più violento, più immaturo, involuzione stilistica friulana non è in real­ più irreligioso, più cinquecentesco, non tà che un ritrarsi per un nuovo tentativo, vorrà mai staccarsi dal dato obbiettivo: che - dopo quelli non riusciti, di astratto sicchè alla fine la sua lingua apparirà più luminismo alla maniera del Lotto, nel pa­ vicina a quella del Caravaggio che a quella rapetto del Duomo di Udine 86) - porta del Tintoretto. Anche perchè le sue ricer­ l'artista ad uscire alfine dall'ambiguità ed che, a' differenza di quelle del Robusti, già a raggiungere la nuova sintesi nei SS. Mar­ indicavano la via che il Merisi doveva poi tino e Cristoforo di S. Rocco a Venezia 87), trionfalmente percorrere: cioè non tende­ nei quali il « colore perde importanza, per vano a far della luce una mistica essenza, lasciare alla luce il còmpito di creare il ma a fondere la plastica nel piano lumi­ rilievo delle forme giganti e il moto istan­ noso, includendo nella luce la definizione taneo della composizione» 88): assoluto ca- della forma.

    88) Contratto del 1525 (docum. IOPPI). La pala è 88) Contratto del 1527 (MANIAGO, p. 312). Esposti. esposta. . . 87) Eseguiti tra il 1527 e il 1528. Cfr. i regesti in 84) Contratto del 1526 (docum. IOPPI); esposta. FIocco, loc. cito 8&) Probabilmente dei primi del 1527; esposta. 88) VENTURI, loc. cit., p. 697. ©Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo -Bollettino d'Arte --- LE ARTI ----~------479------

    Tale fusione, più che nella pala di colore costruttivo. Come gla della «ma­ Terlizzi 89) o negli affreschi di Casarsa 90) niera grande» umbra e romana, di cui e di Corholone 91), appare raggiunta nei egli era stato il primo, precoce e geniale grandiosi cicli di Cortemaggiore 92) e di traduttore e diffusore in lingua veneta, Piacenza 98). Infatti «in nessun'altra ·ope­ così del parmigianinismo egli fu l'assimi­ ra della sua maturità il Friulano ottiene latore primissimo: non solo avanti che il un'immediata fusione tra il principio lu­ Lomazzo, l'Armenini e il Borghini teoriz­ ministico e il principio formale, come in zandola ne facessero una moda internazio­ questa (la pala oggi a Napoli, TAV. CXLVI, nale, ma prima che lo Schiavone, il Bas­ fig. 18) dipinta a Cortemaggiore» 94); e, si sano e il Tintoretto cominciassero ad aver­ può aggiungere, nessun' altra pittura del ne· qualche sentore a Venezia. Giacchè Cinquecento giunge più vicina al Cara­ sembra proprio che il Pordenone, nella vaggio - specie aU' ultimo, di Malta e di civiltà · pittorica di Venezia, ahhia avuto Sicilia - della splendida sehhene rovinata la funzione - in cui altri, per es. Seha­ Deposizione della stessa chiesa, o degli stiano del Piomho, avevano fallito - di affreschi in S. Maria di Campagna a Pia­ assumere e introdurre rielahorati i cOn­ cenza: dove tuttavia l'artista non rinun­ cetti formali della civiltà disegnatlva del cia a mettere in opera la sua spetta­ centro d'Italia: e quanto tale funZIone, colosa macchina decorativa, nè ai colori nell'interna dialettica del linguaggio vene­ hrillanti e dolcissimi delle pitture friulane . . to, fosse necessaria e feconda, dimostrano Si sofferma, anzi, in più sottili e squisiti il Tintoretto e lo stesso Tiziano. effetti cromatici, talora intavolati sul con­ Già nella pala di S. Lorenzo Giusti­ trappunto, nuovo nell'arte sua, di toni niani 96), che è del 1532, un tenue mazzo­ freddi e gemmei: suggeriti, evidentemen­ lismo è presente, ma ancor senza la forza te, dal Parmigianino. TI quale, se per l'in­ di introdurre squilihrii: infatti si limita nanzi aveva ricevuto da lui quel tanto a suggerire un lieve allungamento delle di veneto che c'è nella sua formazione figure ed un pur lieve raffreddamento dei prima 96), ora gli rende il camhio, inse­ toni, mentre il momento stilistico è sostan­ gnandogli a sua volta, non solo codeste zialmente ancor quello delle pitture di raffinatezze tonali, ma anche il suo mo­ Cortemaggiore, cioè, s'è visto, d'una sin­ dulo della figura allungato e sinuoso, e la tesi forma-colore-luce assai vicina al Ca­ sua linea serpentina, che il Pordenone, ravaggio: e così dovevano essere le pit­ per indole e per educazione pittorica, era ture, prohahilmente contemporanee, del portato ad accogliere immediatamente, soffitto di S. Francesco ai Frari, ora di­ quanto a fraintendere nel suo significato sperse tra Budapest e Londra 97): e di tal meno appariscente. Infatti il rahesco maz­ momento, pur con qualche maggiore in­ zoliano, squisitamente intellettualistico, ir­ quietudine mazzoliana, continuarono ad realistico, e puramente di superficie, vien essere le più coerenti tra le sue pitture subito grossolanamente da lui tradotto dell'ultimo tempo: la Trinità di S. Da­ alla veneta, risolto nella concretezza del niele 98), gli affreschi veneziani, la pala

    88) SALMI, in L'Arte, 1919, XXII, pp. 180-.181; FIoc­ cum. IOPPI) e lo lasciò interrotto. La decorazione della co, loc. cito L'opera è press'a poco del momento degli cupola fu terminata dal Sojaro. affreschi di Casarsa; esposta. 84) VENTURI, loc. cit., p. 720 .. 110) Del 1529 (la data è sul luogo). Terminati da 95) FIOCCO, loc. cit., p. 66. Pomponio Amalteo. . 95) Esposta. . 81) Attribuiti dal FIOCCO. Dello stile di Cortemag­ 87) Sebbene contemporanee, queste pitture non po­ giore: quindi del 1529-1530. tevano far parte, come suppone il Pilgher, del complesso ti) Con ogni probabilità del 1530: Cfr. il mio articolo cui a~parteneva il S. Lorenzo Giustiniani. in Emporium. 8 ) Pagamento nel 1535 (docum. IOPPI). Esposta. 88) Cominciò il lavoro nei primi mesi del 1531 (do- , ; t ©Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo -Bollettino d'Arte --- -- 480 ------~1~-- LE ARTI di S. Giovanni Elemosinario, i cartoni per se cosÌ si puD dire, teleologia artistica, il «pozzo» di S. Marco (TAV. CXLV, fig. 17), connesso col grofondo tramutarsi di tutta e soprattutto il formidahile ritratto del la concezione teleologica della vita). doge Gritti, una delle più solide pitture Il Pordenone tuttavia non giunse alla d'ogni tempo 99). Contemporanee a queste, sintesi: non giunse cioè, come il Bassano tuttavia, altre opere, non terminate - ciò e il Veronese, a ricondurre la sua intima che è significativo -: la pala di S. Marco inquietudine sotto l'impero della forma a Pordenone (TAV. CXLVI, fig. 19) 100), e cinquecentesca - l'uno trasformando, col l'Annunciazione di Murano 101), provano dominio dell'omhra notturna, l'anarchia che l'artista, quando lo raggiunse la morte del suo cromatismo dissidente in gerar­ improvvisa, si sforzava d'incorporare nel chia; l'altro risolvendo senza residuo ogni suo linguaggio la componente parmigiani­ valore plastico in valori cromatici, e fa­ nesca. Codeste appaiono quindi opere di cendo con questi immediatamente coinci­ transizione: gradi di passaggio verso una dere i valori architettonici - nè a portare, nuova sintesi in larga misura manieristica, come il Tintoretto, codesta inquietudine ove naturalmente per manierismo, specie a al grado di crisi: cioè ad accentrare in Venezia, non s'intenda quel generico pro­ essa l'intera responsabilità del fine arti­ cesso di sintesi forma-colore - alla cui stico. Appare essa, nel suo già sconnesso astrattezza e improprietà accennava re­ tessuto, solo l'intruso innesto d'un con­ centemente anche A. M. Brizio a proposito tenuto, che priva l'opera di universalità. di - ma s'intenda anzi la Quelle pitture, dunque, mancate, conti­ crisi di tale sintesi: vale a dire il sorgere nuano a gettare un'ombra sull'ultimo ri­ ormai dall'interno di essa di una nuova schio del Pordenone. prohlematica figurativa, destinata a scon­ Ma quando si pensi ch'esse furono ese­ nettere lo stesso sistema di valori che guite tra il '33 ed il '37: precedettero appunto la rendeva valida. Ciò che in essa quindi, e certo fecondarono in parte, an­ era mezzo, riassorhe nel suo immediato che rispetto a codesta variazione mazzo­ valore l'idealità del volere artistico e di­ liana, la nuova intonazione che nel lin­ venta fine: e quindi porta a dissolversi, guaggio veneto doveva affermarsi nella se­ per la sollecitazione di quelle stesse ener­ conda metà del secolo, si riconoscerà che, gie che dovrehhe coordinare, la forma in come avrehhe detto Platone, il suo fu un cui l'arte era giunta ad organizzarsi. (Si hel rischio. E, a chi di quel linguaggio vo­ capisce perciò come per es. lo Dvoràk glia fare la storia, apparirà senza dubhio possa aver dato al manierismo una valu­ un merito singolare del Pordenone anche tazione così nettamente positiva: giacchè questo: che non gli si possa rimproverare non si tratta solo dell'introduzione di nuo­ altro eccesso, se non quello d'una fecon­ vi contenuti nella categoria del fine arti­ dità cosÌ coraggiosa. stico, ma di un rivolgimento della stessa, SERGIO BETTINI.

    80) Della collez. Gutekunst, Londra. Attribuito al P. terminata (docum. IOPPI); esposta. Viva di precorrimenti dal FIocco, loc. cit., p. 93. secenteschi. 100) Cominciata nel 1533, proseguita nel 1535 e non 101) Dipinta intorno al 1537; esposta.