La Pittura Friulana Del Rinascimento E Giovanni Antonio

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La Pittura Friulana Del Rinascimento E Giovanni Antonio ©MinisteroLa dei benipittura e delle attività culturali friulana e del turismo -Bollettino del d'Arte Rinascimento e Giovanni Antonio da Pordenone 1) Punto di partenza del linguaggio pit­ sata ad una muraglia da icona bizantina, torico di Giovanni Antonio da Pordenone è infissa, alla base, al di là dell'arco, men­ è l'idioma di compromesso, approssimati­ tre ne sporge, con le braccia, al di qua: e vo e instabile, dei maestri tolmezzini: il l'arco si ritaglia in un pronao ornato co­ cui carattere, nell'assieme, sembra · deter­ me un mosaico protocristiano: come uno minato da una polarità, di rado risolta di quegli «stofados» cari agli sfondi di in unità di stile, tesa tra il desiderio di Cristoforo Scacco. Anche per le pale scol­ fragili impostazioni spaziali, desunte da pite in legno, frutto della sua maggiore e un volgarizzato e campagnolo padovani­ più caratteristica attività, Domenico guar­ smo non ancora mantegnesco, e la per­ dò, più che alle zone montane, alla pia­ sistenza di calligrafismi gotici, rifatti di nura ed alla laguna venete: dove la sua continuo attuali dalla vicinanza, e dalla incerta simpatia d'artista di compromesso similarità di simpatie figurative, della pit­ si volse verso Bartolomeo Vivarini, i cui tura atesina intorno a Michele Pacher. polittici egli si sforzò a tradurre ili legno N el caposcuola Domenico da Tolmezzo, dipinto: e cosÌ venne introducendo nel nelle due sole opere pittoriche che di lui linguaggio carnico una staticità ritmica, siano rimaste: gli affreschi di S. Toscana assonnata, che contribuÌ a disciogliere la a Verona ed il polittico per il Duomo di tensione della calligrafia nordica, ed a ri­ Udine (1479), ora in S. Maria di Castel­ comporne la scheggiata superficie in mas­ lo 2), la giovanile esperienza veronese ral­ se uniformi, sommarie, non prive d'una lenta i divincolamenti lineari, stemperan­ certa ottusa monumentalità. doli sopra una superficie che, per essere N on è improbabile Domenico - il qua­ più effusa e fiorita, alla maniera del Be­ le, s'è visto, fu solo eccezionalmente pit­ naglio e dei suoi seguaci - d'un padova­ tore - abbia poi aderito in parte al lin­ nismo, cioè, che sembra più memore di guaggio d'un artista che, negli anni in cui Giorgio Schiavone che del Mantegna - egli scendeva dalla nativa Carnia al piano, non è sostanzialmente meno gotica: sol­ teneva il campo in Friuli: Andrea Bellu­ tanto timidi scarti prospettici, rigidi come nello, che nel 1470 era a Udine, dove salti di pedine sopra una scacchiera inu­ dipingeva le portelle dell'organo in Duo­ tile, rammentano gli eroismi spaziali di mo 8). Andrea era cadorino: più vecchio, Andrea. Tanto fraintende Domenico lo secondo ogni verisimiglianza, di Domenico spazio del Rinascimento, che interpreta il (nell'anno stesso, 1462 4 ), in cui questi è Crocifisso di S. Toscana quasi nel senso messo dal padre ser Candido a scuola di d'un avorio medievale: la croce, addos- pittura, il Bellunello è già iscritto nella l) L'argomento, finora conosciuto piuttosto poco, è dell'arte friulana e del Pordenone molto farà la Mo­ trattato diffusamente e con ogni desiderabile precisione stra aperta a Udine nel IV centenario della morte del storica nella grande monografia di GIUSEPPE FIocco, pittore: amorosamente curata dalla R. Soprintendenza Giovanni Antonio Pordenone, ehe esce in questi giorni di Trieste. In questo studio ho indicato con un richia­ (Ediz. di « La Panarie », Udine). In un articolo, che pu­ mo le opere esposte a quella Mostra, per comodità del re sta comparendo, su Emporium ho cercato di fissare lettore. cronologicamente l'attività del pittore: lavoro non dif­ 2) Esposto alla Mostra di Udine. ficile data la grande abbondanza dei documenti, pub­ 3) Cfr. CAVALCASELLE, La Pittura Friulana, ms. alla blicati sopra tutto dallo IOPPI, i quali permettono di Biblioteca di Udine. L'opera è perduta. seguire l'artista quasi anno per anno. Per la conoscenza ') CAv ALCASELLE, op. cito ©Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo -Bollettino d'Arte - -- LE AR TI ------- ------ --------465 --- compagnia dei pittori di S. Vito), aveva Giampietro da S. Vito: il quale infatti avuto una formazione analoga, ed anche par risentire ancora di lui, per es., nella cronologicamente parallela, a quella del Madonna tra S. Rocco e S. Sebastiano suo conterraneo Antonio Rosso, scolaro di nella chiesa di S. Filippo e Giacomo a Dario da Treviso, e continuatore di questo S. Martino di. Valvasone. Ma negli altri nell'opera di volgarizzazione del verbo affreschi del coro della stessa chiesa, e spe­ squarcionesco nelle montagne ancora bat­ cialmente nella caratteristica vòlta scom­ tute dagli ultimi facitori tirolesi di Vesper­ partita alla tolmezzina, con gli Evangeli­ bilder. Anche il Bellunello dovette, pro­ sti, i Dottori della chiesa nei loro scrittoi, habilmente, valersi degli insegnamenti del gli angeli dai lunghi filatterii serpentini, « pictor vagabundus », che non era di che con scatto di molle da scatola a sor­ Treviso ma di Pordenone: infatti il suo presa sembrano alzarne i busti, Giampie­ dialetto tradisce l'origine da un momento tro dichiara apertamente d'essere passato padovano anteriore al Mantegna. A lui, alla bottega di Domenico da Tolmezzo: il come al Rosso, non giunsero folate del­ che vuoI dire, in questo tempo (Domenico l'arido vento che scorre le vette deserte era morto nel 1507) ch'egli segue le orme del Mantegna: egli si limitò a concertare di Gianfrancesco dal Zotto e di Pietro per la sua stridula banda paesana que­ Fuluto. gli accenti di Filippo Lippi, che le pareti Nella bottega di Domenico 7), infatti, ancor sorde dell'officina dello Squarzon sebbene vi si lavorasse più d'intaglio che rimandavano ad echeggiare contro la chio­ di pittura, si formò tutta la generazione stra prealpina: nella bottega bassanese dei di artisti friulani viventi tra gli ultimi de­ N asocchi, o in quella trentina dei Basche­ cenni del Quattrocento e i primi del Cin­ nis, o in quella cadorina del Rosso. Seb­ quecento. Il padre di Domenico, ser Can­ bene non si possano riconoscere ad An­ dido Mioni, quando nel 1479 dal paese drea quelle doti ch'egli si riconosceva ge­ natale (Canale di Gorto) , lo aveva man­ nerosamente 5), è certo che la sua venuta dato ad Udine, gli aveva posto accanto in Friuli, agli inizii della seconda metà del l'altro suo figlio, Martino: e i due fratelli Quattrocento - cioè qualche decennio p.ri­ continuarono a lavorare insieme fino alla ma che Jacopo da Montagnana, dipingen­ morte di Domenico. I loro figlioli, Gi<?­ do a Belluno, a Conegliano 6), ed anche, vanni Mioni, figlio di Domenico, e Gio­ come forse si potrà chiarire, a Cividale, vi vanni Martini, figlio · di Martino" eredita­ portasse una nuova ondata di Rinasci­ ron la bottega: il prin1o, attivo fino a mento: questa volta davvero, sebbene sfi­ circa il 1530 8), tirò innanzi con quel me­ brato, mantegnesco -, ebbe la funzione e stieraccio di facitore di pupazzi per le il valore di aprire su quelle terre uno pievi di campagna, l'altro, che fu l'ulti­ spiraglio, privo se non altro di ingolfi go­ mo dei tplmezzini che amasse insieme scol­ tici tedeschi, alle prime arie rinnovatrici pire e dipingere, rinfrescò, in certo modo, che soffiavano da Padova. la tecnica dell'intaglio, sull'esempio del­ Dal Bellunello prese le mosse un pit­ l'opera d'un lombardo immigrato in Friuli, tore, che il vecchio Andrea probabilmente Antonio Tironi, che gli trasmise un accento trovò e svezzò nella sua patria adottiva: rinascimentale lombardo, il quale venne 6) Una sua pala d'altare per una chiesa di Porde­ I) Cfr. FIocco, loc. cit., p. 19. none, oggi perduta, del 1468, portava la firma: «An· 7). FIOCCO, Domenico da T., in Boli. d'arte, maggio 1925. dreas Zeusis nostra eque aetatis Apelles, Hoc Bellunellu8 Giampietro dipinse anche a Casarsa (frammento fir· nobile pinxit opus ». (Cfr. LANZI, 94; MANIAGO, 36). Del mato). Bellunello la Mostra espone: la CTocifiuione del Museo ) Si han notizie di lui, riguardanti lavori di intaglio di Udine (1476); la tavola di S. Floriano di Forni (1480); in legno, t1'8 il 1505 e il 1530. CAVALCASELLE. ms. cito il trittico del Duomo di S. Vito (1488). ©Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo -Bollettino d'Arte ----466--- -------- ---------- LE ARTI --- ad innestarsi sopra la sua maniera, affine, tendo il tacco », e s'appoggiavano ai com­ forse per influsso pacheriano, a quella de­ paesani che insegnavano il mestiere e pro­ gli scultori tedeschi, di' N orimherga e di curavano ordinazioni, Gianfrancesco del Augsburg, come prova soprattutto il gran­ Zotto e Pietro Fuluto. Questi carnici fu­ de altare ligneo di Mortegliano 9): e insie­ rono in realtà, quanto a stile, i fondatori me cercò d'aggiornare la propria pittura, della scuola tolmezzina. Infatti Domenico mettendosi nella scia di Alvise Vivarini, era stato assai poco pittore, e d'altra in­ del quale si dichiarò discepolo nella scritta tonazione da quella che s'usa propriamen­ aggiunta alla firma sotto la Madonna con­ te chiamar « tolmezzina »: e dei suoi figli servata al Louvre. CosÌ che nelle sue pri­ e nipoti, s'è visto, uno fu soltanto inta­ me pitture, per es., nella Madonna tra gliatore, l'altro orientò decisamente il suo S. Giuseppe e S. Simone al Museo Correr linguaggio verso il sud: verso le Lagune di Venezia (firmata Joannes de Utino, e i Muranesi. Quindi il vero pittore tol­ p. 1498), egli si direbbe poco diverso e mezzino non fu Domenico, ma Gianfran­ poco migliore d'un tardo Jacopo da Va­ cesco. Egli, scendendo al piano, portava lenza. Più innanzi, per es. nel S. Marco seco una schietta forza lineare, attinta al in trono tra santi, dipinto nel 1501 per flusso vivo d'una tradizione ancor attuale il Duomo di Udine (ora al Museo) inne­ e feconda, non sopraffatta da inquietudini stò, sulla persistente intonazione vivarine­ rinascimentali.
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