Appunti dimenticati. Giuseppe Fiocco a Capodistria

Luca Caburlotto

“Mi bastò salire sino all’altezza del dipinto, per accorgermi che esso consta di due tele, acco- state, non cucite; appiccicate poi, per costitui- re un’unità fittizia, sopra una tela maggiore, la quale ha ingannato anche i prudenti con le sue speciose apparenze”.

Quale fosse la qualità degli studi sull’arte veneta in Istria ancora fra le due guerre mondiali, ad onta dei sentimenti d’appartenenza geo-culturale che le opere avrebbero dovuto allora evocare, tanto più sotto un regime nazionalista quale quello che governava l’allora Regno d’Italia - e che anche oggi dovreb- be far riflettere chi retoricamente agita quei sentimenti per trattenerne molte lontane dai luoghi fisici della loro vera appartenenza materiale - lo dimostrano queste parole di Giuseppe Fiocco, patriarca della disciplina storico artistica veneta dalla cattedra di storia dell’arte dell’Università di Padova, alla quale, dopo un breve passaggio agli atenei di Pisa e Firenze, fu chiamato nel 1929 per iniziativa dell’allora preside della Facoltà di Lettere e Filosofia, poi rettore, Carlo Anti e per voto unanime del Senato Accademico, non appena di quella cattedra era avvenuta la tanto attesa istituzione: parole relative allaPresentazio - ne al Tempio e alla Strage degli Innocenti di Vittore Carpaccio scritte nel volume XLIII degli “Atti e Memorie della Società Istriana di Archeologia e Storia Pa- 127 Carpaccio. Sacra Conversatio: Contesto, iconografia, indagini tria”, pubblicati a Pola nel 1931 “presso il Reale Museo dell’Istria”, in un saggio dedicato alle tele dell’artista per l’organo del duomo di Capodistria1. Un testo non abbastanza considerato in bibliografia nella sua effettiva -por tata, innanzitutto perché era già disponibile e capillarmente diffusa - nonché più che sufficiente alla bisogna per l’argomento specifico delle opere istriane quando inserite in contesti scientifici e geografici più ampi - la sua monografia sull’artista veneziano, pubblicata dalla casa editrice di “Valori plastici” giusto un anno prima del saggio2; e non tuttavia solo per la sede di pubblicazione, periferica in partenza (ma accolta da Fiocco forse in omaggio all’Istria), ma ancor più, dopo le drammatiche vicende del secondo dopoguerra, per la di- stanza - più mentale che fisica, ma non per questo meno sensibile - in cui si

1 FIOCCO Giuseppe, Le pitture di Vittore Carpaccio per l’organo del Duomo di Capodistria, in “Atti e Me- morie della Società Istriana di Archeologia e Storia Patria”, a. XLIII (1931), fasc. I-II, Pola, pp. 223-240 (anche in estratto: Parenzo, G. Coana, 1932). Su Giuseppe Fiocco (Giacciano 1884 - Padova 1971) cfr. In memoria di Giuseppe Fiocco, in “Saggi e memorie di storia dell’arte”, a. 8 (1972), nro. 7, Venezia, pp. 7-41; SEMENZATO Camillo, Giuseppe Fiocco, in “Atti e memorie dell’Accademia patavina di scienze, let- tere ed arti”, a. 97 (1984-1985), nro. 1, Padova, pp. 65-75; COLTELLACCI Stefano, Fiocco, Giuseppe, in: Dizionario biografico degli italiani, vol. XLVIII, Roma, Istituto della Enciclopedia Italiana, 1997, pp. 86-88; TOMASELLA Giuliana, Le origini dell’insegnamento della storia dell’arte all’Università di Padova. Da Andrea Moschetti a Giuseppe Fiocco, in “Quaderni per la storia dell’Università di Padova”, a. 35 (2002), Padova, pp. 69-96; Eadem, Giuseppe Fiocco fra Toscana e . Note a margine di un carteggio, in: T. Franco - G. Valen- zano (a cura di), De lapidibus sententiae. Scritti di Storia dell’arte per Giovanni Lorenzoni, Padova, Il Poligrafo, 2002, pp. 383-395; PAVANELLO Giuseppe (a cura di), I disegni del professore: la raccolta Giuseppe Fiocco della Fondazione Giorgio Cini, catalogo della mostra (Padova, 8 maggio - 24 luglio 2005), Venezia, Marsilio, 2005; Il magistero di Giuseppe Fiocco, Atti del convegno (Padova, 6 giugno 2005), in “Saggi e memorie di storia dell’arte”, a. 29 (2005), Venezia, pp. 217-349; TOMASELLA Giuliana, Da Giuseppe Fiocco a Sergio Bettini. La critica d’arte dei “professori”, in: G. Dal Canton - B. Trevisan (a cura di), Donazione Eugenio Da Ve- nezia, Atti della Giornata di studio (Venezia, 15 dicembre 2006), in “Quaderni della Donazione Eugenio Da Venezia”, 2007, 16, Venezia, pp. 81-89; AGAZZI Michela, Per una biografia di Sergio Bettini, in: M. Agazzi - C. Romanelli (a cura di), L’opera di Sergio Bettini, Venezia, Marsilio, 2011, pp. 49-80, passim; AMENDOLA Adriano, Gli esordi di Giuseppe Fiocco alla Scuola di Perfezionamento in Storia dell’Arte di attra- verso un’inedita relazione di viaggio, in “Annali di critica d’arte”, a. 7 (2011), Torino, pp. 247-273; BETTINI Sergio, L’inquieta navigazione della critica d’arte. Scritti inediti 1936-1977, a cura di M. Agazzi - C. Romanelli, Venezia, Marsilio, 2011. Molto interessante dal nostro punto di vista, ancorché non vi siano trattate le opere capodistriane, PINNA Giuseppe, Un Carpaccio “nazionale” tra Giuseppe Fiocco e Roberto Longhi, in “Studi di storia dell’arte”, a. 7 (1996), Todi, pp. 333-346; cui far seguire DEL PUPPO Alessandro, Reframing formali- sm in 1930 . Giuseppe Fiocco, Rodolfo Pallucchini, and Roberto Longhi, in: H. Aurenhammer - R. Prange, Das Problem der Form. Interferenzen zwischen moderner Kunst und Kunstwissenschaft, in “Neue Frankfurter Forschungen zur Kunst”, (2016), 18, Berlino, pp. 163-170 e ancora Idem, Vittore Carpaccio. La fortuna mo- derna di un maestro antico (parte prima), in “Saggi e memorie di storia dell’arte”, a. 40 (2016), Venezia, pp. 205-221. Il contesto accademico patavino emerge in: FAVARETTO Irene - GHEDINI Francesca - ZANO- VELLO Paola - CIAMPINI Emanuele M. (a cura di), Anti. Archeologia. Archivi, Atti del convegno (Venezia, 14 - 16 giugno 2017), Venezia, Istituto veneto di scienze lettere arti, 2019. 2 FIOCCO Giuseppe, Carpaccio, Roma, Valori Plastici, 1930. Tuttavia, le lettere di ringraziamento a Fiocco per l’invio del libro, tra cui quelle di Tancred Borenius e Carlo Gamba, sono del luglio - agosto 1931: Fondazione Giorgio Cini, Istituto di storia dell’arte, Fondo Giuseppe Fiocco, Lettere, vol. 4. Cfr. poi Idem, Carpaccio, Milano, Hoepli, 1942 e Idem, Carpaccio, Novara, Istituto Geografico De Agostini, 1958, senza contributi nuovi sul nostro tema. 128 Luca Caburlotto: Appunti dimenticati. Giuseppe Fiocco a Capodistria trovavano fino a tempi recentissimi allontanate da quelle venete le coste orien- tali dell’Adriatico. Una distanza via via ridotta, nella vita culturale, dall’attività che l’Istitu- to di storia dell’arte della Fondazione Cini - per volontà dello stesso Fiocco, suo primo direttore tra 1954 e 1971 - ha sviluppato nei decenni postbellici e fino ad oggi con quelle medesime coste orientali che venete lo erano state; e questo non solo sotto il profilo accademico, ma ancor prima con l’accoglienza nei chiostri palladiani del convento benedettino di San Giorgio di tutti colo- ro che da qualsiasi provenienza studiassero l’arte veneta d’Istria e Dalmazia: un luogo d’incontro ove le ragioni della cultura sono sempre state al di sopra di quelle della politica, facendo dell’antica madre Venezia ancora la nutrice, amorevole, delle terre che le erano state legate per secoli3. Vicinissima nel tempo, la mostra sul Carpaccio ‘istriano’, tenutasi a Cone- gliano nel 2015, ha dato la stura - con il ‘coraggioso’ e lungimirante prestito della Presentazione al Tempio e della Strage degli Innocenti concesso dal duomo di Capodistria, in quel momento non in perfetto stato conservativo - ad un virtuoso effetto a catena, che comprende l’ottimo restauro delle due tele -com piuto dall’Istituto per la tutela dei beni culturali della Slovenia4; il convegno che si è celebrato l’anno successivo a Capodistria, al quale questo volume è

3 Alla direzione di Fiocco (1954-1972: cfr. BETTAGNO Alessandro,Giuseppe Fiocco a S. Giorgio, in: In memoria cit., pp. 20-21) è succeduta, in continuità d’intenti, quella di Rodolfo Pallucchini (1972-1989: cfr. Una vita per l’arte veneta, Atti della Giornata di studio in onore e ricordo di Rodolfo Pallucchini [Venezia, 10 novembre 1999], a cura di G. M. Pilo, Monfalcone, Edizioni della Laguna, 2001), secondo un indirizzo rimasto costante: cfr. il seminario di studi Le arti in Istria, tenutosi alla Fondazione Cini il 22 - 23 marzo 2007, i cui atti sono pubblicati in “Saggi e memorie di storia dell’arte”, a. 30 (2006), Venezia, pp. 133-386: cfr. DEGRASSI Massimo,“Ch’essa possa ritornare presto”: l’arte dell’Istria nelle pagine di “Vernice” (1946- 1949), ivi, pp. 337-346. Le aperture dei maestri sono state poi approfondite, con il coinvolgimento di giova- nissimi studiosi, da Giorgio Fossaluzza e Giuseppe Pavanello: per il primo si veda, al culmine di vasti studi, FOSSALUZZA Giorgio, Vittore Carpaccio a Pozzale di Cadore, 1519. Le ultime opere per Venezia, Istria e Cadore, Zero Branco, Edizioni Stilus, 2012, e per il secondo le attività promosse come direttore dello stesso Istituto di storia dell’arte della Fondazione Cini e docente di storia dell’arte moderna all’Università di Trie- ste, presentate nella sezione dedicata all’Istria e Dalmazia in “Arte in Friuli Arte a Trieste”; cfr. soprattutto PAVANELLO Giuseppe - WALCHER Maria (a cura di), Istria. Città maggiori. Capodistria, Parenzo, Pirano, Pola. Opere d’arte dal Medioevo all’Ottocento, Mariano del Friuli, Edizioni della Laguna, 2001. La storiogra- fia artistica istriana è esaminata in FOSSALUZZA Giorgio,Tracciato di storiografia dell’Istria Pittorica, in: V. Bralić - N. Kudiš Burić, Istria Pittorica. Dipinti dal XV al XVIII secolo. Diocesi di Parenzo-Pola, Rovigno, Centro di ricerche storiche, 2005, pp. XIII-XXXIV. Un sintetico aggiornamento in LUCCHESE Enrico, L’inventario del 1935 e vent’anni di studi dell’arte veneta ‘mobile’ in Istria, in: Provincia di Pola. Inventario degli oggetti d’arte, , Zel Edizioni, 2017, pp. VII-IX. Mi piace qui citare anche il recente volume di COZZI Enrica, Affreschi medievali in Istria, Crocetta del Montello, Antiga, 2017. 4 Si veda l’intervento di Barbka Gosar Hirci in questo volume, anche per la foto dei due dipinti ancora congiunti e dopo il recente restauro [n. d. c.]. 129 Carpaccio. Sacra Conversatio: Contesto, iconografia, indagini dedicato, e l’altro simposio tenutosi a Pirano nel dicembre 2018, di cui si at- tendono parimenti gli atti5. Riprendere il testo da cui siamo partiti, centrato su quelle stesse due tele, consente, oltre che di conoscere un seppur piccolo episodio della scrupolosa verifica in loco e dei viaggi di studio di Giuseppe Fiocco, anche di poter valu- tare come localmente si indagava, o si era indagato sino ad allora, nel campo storico artistico, segnatamente per l’eredità veneta rinascimentale. Poco, invero, annota lo stesso Fiocco, ricordando che alle pitture di Car- paccio a Capodistria si era data un’attenzione “così modesta, che è bastato au- mentarla di alquanto, perché ne nascessero utili e imprevedute conseguenze”; e celiando poi di seguito, non senza sarcasmo, le “simpatiche ma inattendibili pretese della graziosa cittadina, che reca nel volto l’impronta di Venezia come un ambito suggello”: pretese che avevano impegnato gli studiosi seri a ricon- durre al dato storico il campanilistico vanto d’aver dato i natali a Carpaccio, “e restituire il pittore alla sua sicura origine lagunare”: tanto impegno per essi “da non trovar forse tempo di andare molto più in là”6. Facendo seguito alla recentissima monografia - in cui ipotizzava per pri- mo che la Strage degli innocenti e la Presentazione al tempio allora congiunte a formare un solo grande dipinto fossero in realtà due opere distinte, e richia- mandone le dubbiose attribuzioni a Carpaccio e bottega di insigni studiosi7 - il Fiocco, citando L’Istria nobilissima di Giuseppe Caprin, “tanto benemeri- ta all’italianità della sua terra” (sciovinismo d’epoca - purtroppo - di un cat-

5 ROMANELLI Giandomenico (a cura di), Carpaccio. Vittore e Benedetto da Venezia all’Istria, catalogo della mostra (Conegliano, 7 marzo - 28 giugno 2015), Venezia, Marsilio, 2015: non possono non citarsi don Primož Krečič, parroco di Capodistria, e Jernej Hudolin, direttore dell’Istituto sloveno di tutela dei beni culturali (Zavod za varstvo kulturne dedisčine Slovenje): grazie a loro le portelle saranno prestate anche alla mostra monografica su Carpaccio che si terrà a Palazzo Ducale a Venezia dal 10 ottobre 2020 al 24 gennaio 2021, curata da Peter Humfrey. Gli atti del convegnoVittore Carpaccio a Pirano. A 500 anni dalla Pala di S. Francesco, tenutosi nel convento di S. Francesco dei frati minori di Pirano il 3 - 4 dicembre 2018, saranno pubblicati in “Il Santo. Rivista francescana di storia dottrina arte”.

6 FIOCCO Giuseppe, Le pitture cit., p. 223. Sinanco Molmenti e Ludwig si trovavano a dover chiarire la querelle, prima ancora della loro monografia sul pittore: MOLMENTI Pompeo - LUDWIG Gustav,Arte retrospettiva. La patria dei pittori Carpaccio, in “Emporium”, a. XX (1904), nro. 116, Bergamo, pp. 111-122. Eidem, Vittore Carpaccio. La vita e le opere, Milano, Hoepli, 1906. Cfr. ora KNEZ Kristjan, Capodistria e la patria di Vittore Carpaccio. Studi, ipotesi, discussioni e polemiche sul luogo natio del pittore, in “Atti del Centro di ricerche storiche”, a. 40 (2010), Rovigno, pp. 595-635. Aggiungi DE PELLEGRINI Giovanni, La famiglia del pittore Carpaccio, in “Bollettino Araldico storico-genealogico del Veneto”, a. IV (1903), Venezia, pp. 25- 27; FOSSALUZZA Giorgio, Vittore Carpaccio cit., p. 211-214, nota 43. 7 CROWE Joseph Archer - CAVALCASELLE Giovan Battista,A history of painting in North Italy, a cura di T. Borenius, London, J. Murray, 1912, p. 216; MOLMENTI Pompeo - LUDWIG Gustav, Vittore Car- paccio cit., p. 289. 130 Luca Caburlotto: Appunti dimenticati. Giuseppe Fiocco a Capodistria tedratico non sottrattosi al fascismo)8, annota come l’autore “in quanto poi all’esservi rappresentate due storie in un modo tanto inorganico, non si turba, pensando che il Carpaccio”, e qui cita direttamente il Caprin, che si richiama a sua volta al ciclo veneziano di Sant’Orsola, “era uso comprendere persino tre soggetti in una sola tela”9. Salvo questo, i giudizi dello studioso triestino, a dire del Fiocco, “rappresentano, tutto sommato, quanto di meglio si è scritto dalla vecchia critica intorno al complesso dipinto di Capodistria”10. Sarebbe stato tuttavia da apprezzare, per i tempi vicini, almeno Baccio Ziliotto che, nella sua garbatissima guida storica ed artistica di Capodistria, scriveva che “taluno attribuisce a Vettore [Carpaccio] anche un’altra tela del duomo, che divisa in due scomparti raffigura a sinistra una Presentazione al tempio e a destra una Strage degli Innocenti. Nel quadro di fattura qua buona, là scadentissima facilmente si colgono molte reminiscenze di altre invenzioni di Carpaccio, ma non può essere opera di lui, sì invece di altro pittore che ne subì potentemente l’influsso”. Meritevole di attenzione, per noi oggi, anche quanto egli scriveva sulla distruzione dell’altare della Ma- donna con il Bambino e santi del duomo stesso (Tav. I), il quale “accoglieva il quadro di Vettor Carpaccio continuandone il colonnato prospettico con quella gradevole illusione che ancor oggi esce dall’edicola della chiesa di S. Francesco nella vicina Pirano”: a riprova (non sospetta) delvulnus all’arte, alla storia e al godimento che la mancata ricollocazione del dipinto piranese di Carpaccio comporta11.

8 Si dilunga a difesa SEMENZATO Camillo, Giuseppe Fiocco cit., alle pp. 70-71, sfruttando il caso dell’ar- resto occorso nel 1944 per espressioni sgradite al regime, trascurando tuttavia i tempi precedenti; con stori- ca oggettività, in merito a espressioni di nazionalismo, cfr. PINNA Giuseppe,Un Carpaccio “nazionale” cit., p. 337, e TOMASELLA Giuliana, Giuseppe Fiocco al crocevia cit., p. 389. Va detto che la bandiera dell’italia- nità delle terre istriane (legittima o meno), nella temperie, precedente e non universalmente partecipata, dell’irredentismo, era agitata anche da chi non imputeremmo di nazionalismo: cfr. MOLMENTI Pompeo - LUDWIG Gustav, Arte retrospettiva cit., p. 111: “Vivissime, sopra tutte, le discussioni sul luogo natio. Anche in recenti feste patriottiche, dove alto, forte, nobilissimo vibrò il sentimento d’italianità delle terre ancora non nostre, s’inneggiò all’Istria, alla patria del Carpaccio”. 9 CAPRIN Giuseppe, L’Istria Nobilissima, Trieste, Schimpff, 1907, p. 103. Sull’autore cfr. KNEZ Kristjan, L’Istria nobilissima di Giuseppe Caprin. Retaggio del passato e patrimonio artistico-culturale della penisola istria- na, in “Atti del Centro di ricerche storiche”, a. 41 (2011), pp. 285-312 e a. 42 (2012), Rovigno, pp. 449-480. 10 FIOCCO Giuseppe, Le pitture cit., p. 226. 11 ZILIOTTO Baccio,Capodistria , Trieste, Mayländer, 1910, p. 58; cfr. anche VENTURINI Domenico, Guida storica di Capodistria, Capodistria, Lonzar, 1906, pp. 122-123 (una copia è nel Fondo Fiocco alla Fon- dazione Cini), con attribuzione delle opere a Benedetto Carpaccio. Sul duomo di Capodistria, nella rinnovata temperie di studi, cfr. TURK Sara, Baročni oltarji v koprski stolnici in njihova provenienca / Gli altari del duomo di Capodistria e la loro origine, in “Zbornik za umetnostno zgodovino”, a. LIII (2017), Ljubljana, pp. 99-129. 131 Carpaccio. Sacra Conversatio: Contesto, iconografia, indagini

Meglio, comunque, secondo Fiocco, quanto aveva scritto Caprin di quanto egli stesso avesse letto “in certo opuscolo del Sig. Antonio Alisi”, allora diret- tore del Museo civico di Capodistria, ovvero che fosse provata l’ipotesi che le due opere, divenute una sola, fossero parte delle portelle dell’organo: con la precisazione che questo sarebbe stato il motivo della committenza, ma che la cassa dell’organo non sarebbe poi stata eseguita. “Ma il bravo sig. Alisi - si inal- bera lo studioso - aveva proprio in serbo, pubblicando questo, le prove stori- che sicure che dimostrassero l’esistenza del citato progetto e il suo fallimento? Fallimento che sarebbe venuto poi a sanzionare come antico l’accozzamento offertoci dal grande quadro com’è oggi? Ne dubito”. Dubbio “al quale potrà semmai rispondere solo il citato studioso”12, per rimuovere il quale Giuseppe Fiocco non esita a procedere alla concreta verifica che s’è vista in apertura. Non senza, però, l’aiuto di un bravo discepolo, “il signor Francesco Semi, che s’interessa, per mio incitamento, delle vicende toccate al Duomo della sua Ca- podistria, con la serietà necessaria, e con risultanze positive” che pubblicherà due anni dopo sulla stessa rivista13. Invero il Fiocco si dimostra alquanto ingeneroso con l’Alisi, con il quale era stato in corrispondenza. Nella prima delle lettere conservate nel Fondo Fiocco alla Fondazione Cini, datata 28 luglio 1929, Alisi ragguaglia lo studio-

12 FIOCCO Giuseppe, Le pitture cit., p. 227: ALISI Antonio, Benedetto e Vittore Carpaccio, Capodistria, Stabilimento Tipografico M.C.L.P., 1929, pp. 11-12: era forse preoccupazione di Fiocco precisare che quanto in questo breve testo da Alisi a lui attribuito (“da quanto abbiamo inteso”, scrive il direttore del mu- seo capodistriano) era frutto di un fraintendimento. Cfr. poi ALISI Antonio,Il duomo di Capodistria, Roma, autoedizione, 1932, pp. 59-60 (una copia del volume nel Fondo Fiocco alla Fondazione Cini). Sull’autore (invero Anton Leiss von Laimburg, italianizzatosi in epoca fascista) cfr. PARENTIN Luigi, Antonio Alisi di Castelvarco (già Leiss von Laimburg), in “Archeografo Triestino”, IV s., a. LI (= XCIX) (1991), Trieste, pp. 411-413; PAVANELLO Giuseppe, Presentazione, in: ALISI Antonio, Istria. Città minori, Trieste, Italo Svevo, 1997, pp. 5-6 e ora CROSERA Claudia,L’attività di tutela della Soprintendenza nel primo dopoguerra: restauri di opere d’arte in Istria e nella Venezia Giulia, in: R. Novak Klemenčič (a cura di), Umetnost istrskih obalnih mest / Arte e architettura delle città istriane / Art and architecture of istrian towns, libro dei riassunti del con- vegno della Società slovena di storia dell’arte (Capodistria, 23-25 novembre 2018), Ljubljana, Slovensko umetnostnozgodovinsko društvo, 2018, c.s. 13 SEMI Francesco, Il Duomo di Capodistria, in “Atti e Memorie della Società Istriana di Archeologia e Storia Patria”, a. XLV (1933), fasc. I-II, Pola, pp. 161-254, ripubblicato in volume (Parenzo, G. Coana, 1934); nel Fondo Fiocco della Fondazione Cini si trova la copia dedicata dall’allievo al maestro: “Al mio Maestro / Giuseppe Fiocco, / omaggio riconoscente e devoto / F. Semi / Capodistria 26/VI/1934 - XII”; nello stesso fondo è conservato anche SEMI Francesco, Capodistria. Guida storica ed artistica, Capodistria, Cartoleria A. Tommasi, 1930; cfr. inoltre Idem, I quadri di Carpaccio scoperti a Capodistria, in “Emporium”, a. XXXVIII (1932), nro. 1, gennaio, Bergamo, pp. 51-53; Idem, L’arte in Istria, in “Atti e memorie della So- cietà istriana di archeologia e storia patria”, a. XLVII (1935), Pola, pp. 23-121, ripubblicato in volume con il corredo illustrativo ivi mancante: Idem, L’arte in Istria, con prefazione di G. Fiocco, Pola, Società istriana di archeologia e storia patria, 1937; Idem, Carpaccio, ossia delle mostre. Recensioni, in “I problemi della peda- gogia”, a. 9 (1963), nro. 4 (luglio-agosto), Roma (estratto nel Fondo Fiocco alla Fondazione Cini) e Idem, Capris Iustinopolis Capodistria. La storia, la cultura e l’arte, Trieste, Lint, 1975. 132 Luca Caburlotto: Appunti dimenticati. Giuseppe Fiocco a Capodistria

Fig. 1: Vittore Carpaccio, Ingresso del podestà Sebastiano Contarini nel duomo di Capodistria (Trieste, Civico museo Sartorio, in deposito dal Polo museale del Friuli Venezia Giulia, © Archivio fotografico della Soprintendenza archeologia, belle arti e paesaggio del Friuli Venezia Giulia su concessione del Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo) so circa le vicissitudini occorse per la foto dell’Ingresso del podestà Sebastia- no Contarini nel duomo di Capodistria (Fig. 1), da spedire all’editore Treves, 133 Carpaccio. Sacra Conversatio: Contesto, iconografia, indagini

Fig. 2: Vittore Carpaccio, Il profeta Zaccaria, Fig. 3: Vittore Carpaccio, Il profeta Geremia, dopo il restauro del 1926-1927 dopo il restauro del 1926-1927 (Venezia, Gallerie dell'Accademia, depositi, © (Venezia, Gallerie dell'Accademia, depositi, © Archivio fotografico della Soprintendenza archeologia, Archivio fotografico della Soprintendenza archeologia, belle arti e paesaggio del Friuli Venezia Giulia su belle arti e paesaggio del Friuli Venezia Giulia su concessione del Ministero per i beni e le attività concessione del Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo) culturali e per il turismo) proponendo poi alcune identificazioni dei personaggi che vi sono raffigura- ti14, mentre nella seconda, del 6 settembre successivo, lo ringrazia delle “be- nevoli parole” che Fiocco doveva avergli scritto per l’opuscolo che poi, come abbiam visto, censurerà aspramente; e mentre gli annuncia documenti per le vicende dell’organo e promette di essere “preciso sulla tela bipartita del 1523, che mi sembra tuttora nello stato originale sul suo telaio e mai impiegata” Alisi segnala, facendo riferimento alle tele raffiguranti i profetiZaccaria e Geremia, l’Andata al Calvario e la Flagellazione (Figg. 2-5), che i “quattro dipinti di que- sto Duomo sono già ritornati, ristaurati come suggerito da Lei, ma si trovano nella R.[eale] Soprintendenza di Trieste, né credo che questa abbia l’inten- zione di rimetterli tanto presto a posto. Uno è certamente un Vittore Carpac- cio, le grandi teste, secondo annotatori locali, dovrebbero essere di Pomponio Amalteo; il quarto dipinto, infine, ricorda la bottega di Alvise Vivarini”15. Alisi torna sul tema pochi giorni dopo, il 12 settembre, trascrivendo i docu- menti sull’organo esistenti nell’archivio del duomo, e precisando di aver “esa-

14 Fondazione Giorgio Cini, Fondo Giuseppe Fiocco, Lettere, vol. 4, Quaderno 1928-1929, lettera 26, Antonio Alisi a Giuseppe Fiocco, Capodistria 28 luglio 1929, pubblicata, insieme alle altre lettere che si citano dallo stesso fondo, senza segnatura, in PAVANELLO Giuseppe, Istria e Dalmazia: lettere a Giuseppe Fiocco, in “AFAT Arte in Friuli, arte a Trieste”, a. 24 (2005), Trieste, pp. 161-174. 15 Fondazione Giorgio Cini, Fondo Giuseppe Fiocco, Lettere, vol. 4, Quaderno 1928-1929, lettera 27, Capodistria 6 settembre 1929, p. 162. Sulla complessa vicenda del restauro delle quattro tele e della loro destinazione successiva cfr. CROSERA Claudia,L’attività cit. 134 Luca Caburlotto: Appunti dimenticati. Giuseppe Fiocco a Capodistria

Fig. 4: Vittore Carpaccio, L'Andata al Calvario, dopo il restauro del 1926-1927 (Venezia, Gallerie dell'Accademia, depositi © Archivio fotografico della Soprintendenza archeologia, belle arti e paesaggio del Friuli Venezia Giulia su concessione del Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo) minato quanto attentamente potevo quest’ultima [“tela bipartita”]; consta, di due parti o due teli, per lungo, credo non cuciti, ma tenuti insieme da una stri- scia incollatavi di sotto, e che a tratti ora si distacca. Non sono in grado di dire - aggiunge - se già sieno state impiegate queste due metà così eterogenee per le portelle d’organo o se sieno state unite così, quando il progetto dell’organo non ebbe la sua piena esecuzione”; deplora poi lo stato di conservazione della 135 Carpaccio. Sacra Conversatio: Contesto, iconografia, indagini

Fig. 5: Vittore Carpaccio (bottega), La Flagellazione, dopo il restauro del 1926-1927 (Venezia, Gallerie dell'Accademia, depositi © Archivio fotografico della Soprintendenza archeologia, belle arti e paesaggio del Friuli Venezia Giulia su concessione del Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo) grande pala con la Madonna in trono con il Bambino e santi: “sapesse quante pratiche ho fatto come R.[eale] Ispettore!”. Chiude infine con l’osservazione del costo del restauro delle quattro tele, assommante a 14 mila lire, una cui 136 Luca Caburlotto: Appunti dimenticati. Giuseppe Fiocco a Capodistria parte si attende sia pagata dal capitolo del duomo per rimetterle al loro posto “o comunque sistemarle (nel Museo Civico? magari!)”16. Provvidenziale intervento, quello sui profeti Zaccaria e Geremia e sull’An- data al Calvario e la Flagellazione - voluto su segnalazione di Fiocco dall’allora Soprintendente della Venezia Giulia Giacomo De Nicola, rilevante figura di studioso oltre che di pubblico funzionario17 - realizzato dal fiorentino Augu- sto Vermehren, e il cui esito aveva consentito al Fiocco, che le aveva viste nel 1925 supponendole già allora di Vittore, di attribuirle, e con la convinzione che vedremo oltre, alla mano del Carpaccio18; di fatto, Giuseppe Fiocco è sta- to sino ad oggi il primo ed ultimo studioso a poter vedere le due tele dopo il restauro compiuto a Firenze. Scartato l’Alisi, e in qualche modo annunciate le ricerche di Francesco Semi, il testo di Fiocco prosegue poi con la filologica verifica della materiale consistenza delle due tele e con la ricostruzione delle loro vicende, apparentando ad esse, nella considerazione che dell’organo doveva essere decorata non solo la cassa ma anche le cantorie, le due tele raffiguranti Zaccaria e Geremia. Opere, queste due ultime, che l’insipienza degli uomini - o meglio del sot- tobosco politico e dell’apparato statale italiano e di chi ben fuori dalla storia e per scopi strumentali spesso personali ancora soffia sul fuoco dei rancori fra popoli europei amici tra i quali è caduto il confine - ha impedito di vedere alla citata mostra carpaccesca di Conegliano, per la quale erano stati chiesti in prestito dai curatori, su suggerimento di chi scrive, che per ragioni di servizio li aveva a suo tempo potuti vedere (Figg. 6-7). Rimanendo così nei deposi- ti delle Gallerie dell’Accademia di Venezia, dove arrivarono a seguito delle

16 Ibidem, lettera 29, “da casa”, 12 settembre 1929, pp. 163-164. 17 PAOLINI Francesca, De Nicola, Giacomo, in Dizionario biografico degli italiani, 38, Roma, Istituto della Enciclopedia Italiana, 1990, pp. 722-723: soprintendente tra 1924 e 1926 per la Venezia Giulia, Giacomo De Nicola aveva redatto nel 1919 un catalogo delle opere d’arte in Dalmazia nel 1919, conservato dattilo- scritto al Kunsthistorisches Institut di Firenze; cfr. DE NICOLA Giacomo,Di alcuni dipinti veneziani in Dalmazia, in “L’arte”, a. XI (1908), Roma, pp. 386-387. Non è censito nel Dizionario biografico dei soprin- tendenti storici dell’arte (1904-1974), , Bononia University Press, 2007. Per l’occasione specifica cfr. CROSERA Claudia,L’attività cit. 18 Su Augusto Vermehren cfr. VENTRA Stefania, Restauri di dipinti nel Novecento. Le posizioni dell’Acca- demia di San Luca 1931-1958, Roma, Sapienza Università Editrice, 2014, pp. 124-126, e per il caso specifico CROSERA Claudia,L’attività cit. Segnalo che Lucia Borghese Bruschi dell’Opificio delle Pietre dure di Firen- ze sta svolgendo un lungo lavoro di ricerca sul restauratore, nella prospettiva di una specifica pubblicazione. 137 Carpaccio. Sacra Conversatio: Contesto, iconografia, indagini

Fig. 6: Vittore Carpaccio, Il profeta Zaccaria (Venezia, Gallerie dell'Accademia, depositi © Archivio fotografico Gallerie dell’Accademia, su concessione del Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo. Museo Nazionale Gallerie dell’Accademia di Venezia) complesse vicende della seconda guerra mondiale, e da dove si spera possano quanto prima riprendere la via di casa19.

19 Poco prima della fine del conflitto, il 2 marzo 1945, a San Daniele del Friuli, luogo di accentramento delle opere d’arte messe al riparo dai rischi di guerra, Mario Mirabella Roberti, funzionario ministeriale ma qui in veste di delegato del Vescovo di Trieste, prende in restituzione la cassa - espressamente dichiarata “di proprietà del Duomo di Capodistria” - contenente le quattro tele carpaccesche: di lì, sembrerebbe, le opere passano prima in Vescovado a Trieste poi, di qui, a Venezia (Archivio della Soprintendenza archeologia belle arti e paesaggio del Friuli Venezia Giulia, Trieste, Istria Quarnero Dalmazia, b. 35, fasc. 1447, Affari generali accentramento. Elenco opere d’arte. Richiesta restituzione). In seguito alla lettera della Soprintendenza di Trieste del 30 settembre 1943, il 17 gennaio 1945 il vescovo di Trieste, allora Antonio Santin, chiede la re- stituzione delle quattro opere e in data 1 febbraio 1945 il commissario prefettizio di Capodistria autorizza il segretario del vescovo di Trieste don Gildo Borsi a prelevarle: il giorno dopo, il presidente del curatorio del Museo di Capodistria, che le aveva ospitate, Giovanni de Madonizza, ne conferma la proprietà al duomo. Il ritiro del 2 marzo successivo avviene alla presenza di Carlo Someda De Marco, per conto della Soprin- tendenza, e di mons. Giovanni Savona, che verifica che il sigillo apposto alla cassa nel 1940 è intatto. Cfr. CROSERA Claudia,L’attività cit. Ringrazio Edvilijo Gardina, maestro e porta dell’amicizia tra persone e popoli, per avermi per primo fatta avere copia, ormai diversi anni fa, del verbale del 2 marzo 1945, e Claudia Crosera per avermi ora segnalato il fascicolo. 138 Luca Caburlotto: Appunti dimenticati. Giuseppe Fiocco a Capodistria

Fig. 7: Vittore Carpaccio, Il profeta Geremia (Venezia, Gallerie dell'Accademia, depositi © Archivio fotografico Gallerie dell’Accademia, su concessione del Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo. Museo Nazionale Gallerie dell’Accademia di Venezia)

Francesco Semi, portando a compimento il lavoro promosso da Giuseppe Fiocco in un corposo saggio sulla cattedrale di Capodistria, sgombrato nuova- mente il campo dalla leggenda sull’origine del pittore, perseverante localmen- te, affronta, con scientifica correttezza, la lettura delle opere lasciatevi da Vitto- re Carpaccio: ne discute con il maestro in alcune lettere del 1931; nella prima, del 12 novembre, riporta la voce di un signor Coceva “che sotto la direzione del Gniers ha intelaiata l’unità attuale. Non sono cucite le due metà - spiega - ma incollate, su una tela maggiore. Al momento del restauro (ultimi dell’800) non esistevano altrimenti le due tele, se non come ora si vedono”. Per questo egli non riesce a spiegarsi “l’irregolarità del visibilissimo taglio, che nella metà della Strage ha lasciato il margine vivo”, altrimenti che con l’ipotesi di Fiocco, ovvero che “la Strage sia la metà d’un grande dipinto e la Presentazione (dove avanza il pezzo di tela sovrapposto alla Strage e su cui il Gniers ha completato le figure di questa) un dipinto completo, a cui, sul rovescio della portella di 139 Carpaccio. Sacra Conversatio: Contesto, iconografia, indagini sinistra dell’osservatore (la Presentazione doveva essere sulla portella destra per apparire al pubblico a portelle aperte) faceva riscontro un altro dipinto”. La Strage degli Innocenti, ne ricavava Semi, si doveva presentare completa con le portelle chiuse. “Credo che in questo modo - egli conclude - la Sua ipotesi non possa essere messa in dubbio, e possa dirsi scientificamente provata. Lo proverebbe, ripeto, il margine della Presentazione, sovrapposto alla Strage, e su cui il Gniers ha dipinto”20. Nelle tre lettere successive, del 19 e 25 novembre e del 2 dicembre 1931, Semi trasmette documenti relativi alle vicende subite dall’organo e ai dipinti che lo decoravano mentre nell’ultima, del 18 settembre 1933, riporta alcune notizie pubblicate nel frattempo da Camillo De Franceschi21. Intanto Fiocco, nel “Bollettino d’Arte” del settembre 1932, insieme ad altre novità, racconta di “buoni documenti” - e sono evidentemente quelli trasmes- sigli da Francesco Semi - che vengono a dargli “l’aiuto ambito delle antiche te- stimonianze, non solo per la legittimità del nome di portelle dato ai due dipin- ti (…) ma anche per l’appartenenza sicura a questo assieme dei due profeti, da me trovati, appena discernibili, in un fianco del presbiterio, che la perizia del restauratore Vermehren ha restituito quasi all’antico splendore. Testimonian- ze - scrive, con rinnovato sarcasmo - che potrà leggere ogni persona di buona volontà, la quale non ami acquetarsi alle schermaglie fragorose, ma innocue, nella ultima puntata degli atti della Deputazione di Storia Patria dell’Istria”. Lo studioso ne ricava la conferma “non solo che le grandi scene del 1523 sono due parti delle quattro dipinte per adornamento delle portelle citate, a chiusu- ra dell’antico organo, ma che i due profeti, assieme a tre altri dipinti, ne ador- navano la cantoria. Dando unità e reciproca certezza - conclude - al complesso,

20 Fondazione Giorgio Cini, Fondo Giuseppe Fiocco, Lettere, vol. 5, Quaderno 1931-1932, lettera 40. Non è chiaro chi sia il Coceva, forse l’intagliatore Vittorio Cocever citato in CHERINI Aldo,Mezzo secolo di vita a Capodistria 1890-1945, Trieste, autoedizione, 1990, passim. Non molti dubbi invece che il Gniers sia il conservatore austriaco Anton Gnirs, non estraneo all’attività di restauro, per il quale cfr. MADER Brigitta, Sfinga z Belvederja. Nadvojvoda Franc Ferdinand in spomeniško varstvo v Istri, Koper, Zgodovinsko društvo za južno Primorsko - Znanstveno-raziskovalno središče Republike Slovenije - Pokrajinski muzej, 2000; BRÜCKLER Theodor - NIMETH Ulrike,Personenlexikon zur Österreichischen Denkmalpflege 1850- 1990, Wien, Berger, 2001, pp. 84-85; MATIJAŠIĆ Robert, Gnirs, Anton, in: Istarska enciklopedija, a cura di M. Bertoša - R. Matijašić, Zagreb, LZMK, 2005, pp. 265-266. Ringrazio Kristjan Knez e Dean Krmac per i loro suggerimenti. 21 Ibidem, lettere 41, 42, 43 e 54. DE FRANCESCHI Camillo,A proposito delle pitture di Vittore Carpac- cio per l’organo del Duomo di Capodistria, in “Atti e Memorie della Società Istriana di Archeologia e Storia Patria”, a. XLIV (1932), Pola, pp. 331-333 (anche in estratto: Parenzo, G. Coana, 1933). 140 Luca Caburlotto: Appunti dimenticati. Giuseppe Fiocco a Capodistria ultimo datato, da assegnarsi a Vittore Carpaccio, a conclusione non indegna della sua copiosa e luminosa attività”22. Il lavoro di Francesco Semi sul duomo di Capodistria è l’ultimo studio complessivo su queste opere, fatto salvo l’intervento del giovane Bruno Maier scritto durante il conflitto e con parte delle opere già allontanate. Si tratta del testo della conferenza tenuta nell’aula magna del ginnasio liceo Carlo Combi di Capodistria il 20 marzo 1942, due volte pubblicato23. L’intento, come egli stesso scrive, era di pervenire alla organica “sistemazio- ne e rielaborazione critica”, storica e filologica, di quanto si era scritto sino ad allora “di più soddisfacente e d’importante” su Carpaccio a Capodistria, con il controllo delle fonti e degli errori ripetuti, che potesse tornar utile ad un testo da pubblicare “quando le opere di cui si fa discorso, ritornate al loro posto, potranno consentire una critica più apertamente estetica di esse (…) che sinora mi è stata pressoché impossibile, per aver dovuto fondarmi non già sulle singole opere, portate lontano al sicuro, in seguito alle contingenze belliche, ma sulle riproduzioni fotografiche delle stesse”. Saggio invero chiaro, elegante e ben documentato, efficace riassunto delle vicende critiche appena prima che l’esito del conflitto spezzasse la relazione tra alcune di quelle opere e i loro luoghi naturali. Dopo la seconda guerra mondiale, mentre lentamente si degradano la Pre- sentazione al Tempio e la Strage degli Innocenti, si perdono le tracce di Zaccaria e Geremia insieme all’Andata al Calvario e alla Flagellazione che vengono volta a volta citate come esistenti nel duomo di Capodistria, nel locale Museo Civico o nel Museo dell’Istria di Pola. Ancora nel 1975, riportando forse appunti precedenti dato l’anacronismo sul territorio della diocesi di Trieste, Francesco Semi scrive che i due profeti e le due scene “sono stati riconsegnati a guerra finita dalla Soprintendenza di Trieste all’arcivescovo della diocesi di Trieste e Capodistria, che si rifiuta di dire dove li ha nascosti: ne ho la documentazione”, che tuttavia non riporta24.

22 FIOCCO Giuseppe, Nuovi documenti intorno a Vittore Carpaccio, in “Bollettino d’arte del Ministero della pubblica istruzione”, a. XXVI (1932), nro. 3 (settembre), Milano - Roma, pp. 115-127. 23 MAIER Bruno, Le pitture di Vittore Carpaccio a Capodistria, in “La Porta Orientale”, a. XIII (1943), nri. 7-12, luglio-dicembre, pp. 169-177, e Idem, Le pitture di Vittore Carpaccio a Capodistria, Trieste, Tipografia Giuliana, 1944. Sull’autore cfr. PIGNATTI Franco,Maier, Bruno, in: Dizionario biografico degli italiani, vol. LXVII, Roma, Istituto della Enciclopedia Italiana, 2006, pp. 537-539. 24 SEMI Francesco, Capris cit., p. 229, nota 74. Nella fototeca dell’Istituto di storia dell’arte della Fon- dazione Cini, sotto Slovenia, Capodistria, Duomo, Interno, si scrive in una delle quattro schede, poi richia- mandolo nelle altre tre: “Ubicazione Ignota. Lo sa l’Arcivescovo che non lo dice”. Chi scrive ha annotato a matita: “Sono a Venezia, Gallerie dell’Accademia, depositi. LC 2019”. 141 Carpaccio. Sacra Conversatio: Contesto, iconografia, indagini

Né risolve la ricerca, nonostante la disponibilità delle carte d’archivio della Soprintendenza, trenta anni dopo, Gino Pavan25. Benché sulle foto, ci si eser- citano comunque tutti gli studiosi di Carpaccio26. Risolto dunque l’enigma, si spera di vederle nella citata mostra monografica su Vittore Carpaccio l’anno prossimo a Venezia. Sui due Profeti le parole più belle, e che valgono di chiusura a questa pas- seggiata istriana, rimangono quelle della prima monografia carpaccesca di Giuseppe Fiocco. Riferendosi agli aiuti che il pittore si era procurati per la Presentazione al Tempio e la Strage degli Innocenti, nonché per la Flagellazione e l’Andata al Calvario, lo studioso prosegue osservando che “qualche cosa in questo grandioso complesso il Carpaccio volle riserbato a sé, e ne dobbiamo la resurrezione all’aiuto di Giacomo De Nicola, allora sopraintendente alle Belle Arti della Venezia Giulia, di cui amo ricordare l’indimenticabile chiaroveg- genza. Si trattava” precisa Fiocco “delle tele, o meglio di due delle tele, che un tempo dovevano aver adornato il frontale della cantoria; infisse sulle porte che dal presbiterio conducono alla sacristia. Ridipinte annerite, starebbero forse dimenticate ancora al loro posto, se l’acuto giudizio dell’amico non fosse venuto incontro al mio difficoltoso riconoscimento. Eccole” conclude il dato di cronaca, prima di passare all’analisi dello stile “come ci appaiono dopo un sapiente restauro, un po’ affievolite, ma comprensibili appieno. Degnissimo testamento e congedo pittorico del Carpaccio”. Rappresentano [descrive Fiocco] due profeti, costretto ciascuno entro una finestruola il corpo robusto; in atto di accogliere e trascrivere la ispirazione celeste. Sembrano gli stessi Niccodemo e Giuseppe d’Arimatea nello sfondo del Cristo morto di Berlino, ma veduti in grande, in pose arrovellate come i loro cospicui turbanti. Le fiere teste semitiche, dagli occhi scrutanti sotto le sopracciglia a cespugli, dal naso fortemente aquilino, dai baffi spioventi, dalla barba fitta, sembrano l’immagine della forza e della divina volontà. Pronta, ove non basti la persuasione, a percuotere le dure cervici, a debellare i superbi, a conculcare i nemici. Fiocco termina la descrizione delle due tele, e si avvia a concludere la mono- grafia stessa, con l’accalorata apostrofe che daiProfeti egli trae per sorvolare a volo d’uccello tutta la vita pittorica di Carpaccio.

25 PAVAN Gino, Note sulle opere istriane dei Carpaccio e altre notizie, in “Archeografo Triestino”, a. LXV (CXIII della raccolta) (2005), Trieste, pp. 161-174, scritto in riferimento alla mostraHistria. Opere restaurate da Paolo Veneziano a Tiepolo, allora aperta al Museo Revoltella di Trieste (23 giugno 2005 - 6 gennaio 2006). 26 Cfr. FOSSALUZZA Giorgio, Vittore Carpaccio cit., pp. 168-182, con bibliografia completa. 142 Luca Caburlotto: Appunti dimenticati. Giuseppe Fiocco a Capodistria

Ormai settantenne, si direbbe che Vittore volesse fissare alcunché di se stesso in quelle im- magini di potenza. Per dire che, fino al termine della sua battaglia, egli era stato per vincere, non per cedere, padrone di quelle armi che troppi gli hanno voluto togliere, sostituendole con il flauto e con la cetra del cantastorie. Strana sorte non solo dell’arte ma anche della vita per il Carpaccio, che, mentre le testimonianze storiche e quelle delle opere ci fanno apparire avido di ogni novità, navigatore imperterrito per tutti i mari, come i suoi concit- tadini mercanti, attento a raccogliere le voci più lontane e diverse, per trarre da tutto la sua poesia, randagia e virile, i più amorevoli suoi studiosi hanno voluto ridurre sedentario e torpido fra quattro pareti, come un notaio fra le pile muffite dei suoi atti. Trova la stura da questo, il Fiocco, per chiudere anche il proprio racconto, immaginare le aperture e la vibratile sensibilità dell’uomo Carpaccio, e tro- varne nell’altro da lui amatissimo pittore veneziano, Francesco Guardi, l’alter ego che chiude la nobilissima storia artistica della città, che in Vittore si era specchiata. Ascoltiamolo. Spalancando le porte della sua pittura, ci è parso di aver ventilato anche le infinite curio- sità della sua vita, avvolta dal mistero, di aver colto meglio lo sfavillio del suo inimitabile colore, la umanità perspicace delle sue scene, fatte di scienza, ma anche più di simpatia e di passione. Dall’esotico, dall’impreveduto, il passo al sogno è breve, e Vittore Carpaccio fu uno dei pochi che lo compì, come dietro a lui Giorgione, per fissare, nelle sue musiche di colore e di forme, nei suoi ariosi tonali, un poco di quel panico georgico che i grandi sanno cogliere dalla natura, e un poco di quell’immenso mistero che l’uomo chiude nel cuore, non meno procelloso dei mari che il pittore aveva tanto amato e tanto percorso. Il regno di quella Serenissima - termina - figlia meravigliosa dell’Oriente e dell’Occidente, di cui fu il poeta primo, con lo stesso inconscio fervore con cui Francesco Guardi doveva esserne l’ultimo. A commento di una grandezza che il tempo ha spento, ma che l’arte eterna27.

27 FIOCCO Giuseppe, Carpaccio cit., pp. 50-51. 143 Carpaccio. Sacra Conversatio: Contesto, iconografia, indagini

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147 Carpaccio. Sacra Conversatio: Contesto, iconografia, indagini

Riassunto Luca Caburlotto: Appunti dimenticati. Giuseppe Fiocco a Capodistria Vittore Carpaccio è stato uno degli artisti più studiati soprattutto nelle sue prime ricerche da Giuseppe Fiocco, docente all’Università di Padova e grande “patriarca” della storia dell’arte veneta. Autore di una monografia sul pittore nel 1930, egli si reca l’anno successivo a Capodistria e verifica direttamente lo stato delle portel- le d’organo di Carpaccio nel duomo, raffiguranti la Presentazione al Tempio e la Strage degli Innocenti. Si accorge subito che non si tratta di una unica tela ma di due tele accostate, rilevando la scarsa qualità delle ricerche precedenti, esprimendo osservazioni sugli studi di Giuseppe Caprin e Antonio Alisi ed annunciando studi scientificamente più approfonditi del suo allievo Francesco Semi. Fiocco inoltre rico- nosce l’importanza delle due tele di Carpaccio con San Zaccaria e San Geremia che per suo interessamento vengono restaurate dalla Soprintendenza di Trieste. Negli anni seguenti Fiocco intrattiene una corrispondenza con Alisi e con Semi sui dipinti di Carpaccio del duomo di Capodistria, analizzati anche da Bruno Maier. Con la seconda guerra mondiale si perdono la tracce delle due opere, la cui attuale colloca- zione si segnala qui per la prima volta.

Povzetek Luca Caburlotto: Pozabljeni zapiski. Giuseppe Fiocco v Kopru Vittoreju Carpacciu se je v svojih prvih raziskavah posebej poglobljeno posvetil Giuseppe Fiocco, docent na univerzi v Padovi in veliki 'patriarh' umetnostne zgo- dovine Veneta. Leta 1930 je objavil monografijo o slikarju, naslednje leto pa se je odpravil v Koper, kjer je preveril stanje Carpacciovih orgelskih kril Predstavitev Jezusa v templju in Pokol nedolžnih otrok v koprski stolnici. Nemudoma je opazil, da ne gre za eno samo platno, ampak za dve, ki se stikata in opozoril na skromno kakovost preteklih raziskav. Podal je svoje mnenje o študijah Giuseppa Caprina in Antonia Alisija in napovedal znanstveno bolj poglobljeno študijo svojega učenca Francesca Seme. Fiocco je tudi prepoznal pomen dveh Carpacciovih platen Prerok Zaharija in Prerok Jeremija, ki ju je na njegovo pobudo restavrirala Zavod za spome- niško varstvo (Soprintendenza) iz Trsta. V letih ki so sledila, si je o Carpacciovih slikah iz koprske stolnice dopisoval z Alisijem in Semo, analiziral jih je tudi Bruno Maier. V času druge svetovne vojne se je za slikama izgubila vsaka sled in tukaj se prvič opozarja, kje se danes nahajata.

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