CONFIMI

Rassegna Stampa del 24/04/2014

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CONFIMI

24/04/2014 Corriere di Verona - Verona 5 Moretti punta sulle imprese «Credito e burocrazia battaglie per l'Europa»

24/04/2014 L'Arena di Verona 6 La Mostra riparte con grinta Aumentano gli espositori

CONFIMI WEB Il capitolo non contiene articoli

SCENARIO ECONOMIA

24/04/2014 Corriere della Sera - Nazionale 8 Spesometro, ecco tutti gli errori da evitare Come far pace con il Fisco in caso di ritardo

24/04/2014 Corriere della Sera - Nazionale 10 Bonus sui redditi fino a 24 mila euro Ma resiste il «registro delle auto»

24/04/2014 Corriere della Sera - Nazionale 12 Unicredit, parte la trattativa-pilota sui bancari

24/04/2014 Corriere della Sera - Nazionale 13 Tassara mette Alior sul mercato, la banca di Helene Zalesky

24/04/2014 Il Sole 24 Ore 15 Lavoro, sì della Camera alla fiducia

24/04/2014 Il Sole 24 Ore 17 Generali, bond a 12 anni fa il pieno di richieste

24/04/2014 Il Sole 24 Ore 19 Apple e , boom di utili

24/04/2014 La Repubblica - Nazionale 20 CARO PADOAN FACCIAMO GLI SCONGIURI

24/04/2014 La Repubblica - Nazionale 22 Alitalia-Etihad in bilico verdetto tra due giorni

24/04/2014 La Repubblica - Nazionale 23 Tetto alle proroghe, ma non ai rinnovi 24/04/2014 La Repubblica - Nazionale 25 Ultima colata alla Lucchini addio a un altro pezzo d'acciaio siderurgia italiana al tramonto

24/04/2014 La Stampa - Nazionale 27 "Se deve restare così è meglio abolirla"

24/04/2014 MF - Nazionale 28 Msc bussa a Fincantieri per due navi da 700 mln

24/04/2014 MF - Nazionale 29 Anche Tirreno Power può fi nire alle banche

24/04/2014 MF - Nazionale 30 Ardian raccoglie fondo di fondi da 10 miliardi di dollari

24/04/2014 MF - Nazionale 31 Grandi Stazioni modello duty free

24/04/2014 Panorama 32 Quel genio che guida BlackRock

24/04/2014 Panorama 33 Lottizzati, ma da 7 +

SCENARIO PMI

24/04/2014 Il Giornale - Nazionale 35 La seconda vita del gruppo Ing riparte dalle pmi

24/04/2014 ItaliaOggi 36 L'Europa guida l'espansione: indice Pmi a 54 punti

24/04/2014 ItaliaOggi 37 BREVI

24/04/2014 MF - Nazionale 38 Pechino vuole alzare il piede dal freno Tutte le borse ci sperano molto

24/04/2014 Panorama 40 Maxi affari con i minibond

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2 articoli 24/04/2014 Corriere di Verona - Verona Pag. 8 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa pagina. Il ritaglio stampa da intendersi per uso privato

Moretti punta sulle imprese «Credito e burocrazia battaglie per l'Europa»

VERONA - Intensa giornata veronese per Alessandra Moretti, capolista del Pd alle prossime elezioni europee. L'esponente vicentina (41 anni, avvocato, oggi parlamentare italiana) ha puntato in particolare sul mondo imprenditoriale. In mattinata, quindi, visita agli stabilimenti dell'Aia a Quinto e a San Martino Buon Albergo, con Giordano Veronesi nel ruolo di cicerone. Subito dopo, una sorta di mini-vertice coi leader della piccola e media industria: il presidente di Confimi Verona, Arturo Alberti, quello di Confimi Vicenza, Flavio Lorenzin, e quello di Confimi Modena, Dino Piacentini. Dopo un rapido pranzo, infine, una puntata alla sede del Pd scaligero, in via Valverde, per incontrare il segretario provinciale, Alessio Albertibni, e quello cittadino, Orietta Salemi. Tirando le somme, la Moretti ha spiegato che «il Veneto ha bisogno di essere rappresentato in Europa da persone che partano proprio dai valori del territorio, che sono quelli di gente che si impegna quotidianamente nel lavoro e che sa rimboccarsi le maniche. Sempre». Per quanto riguarda il mondo delle piccole imprese, cui era stata dedicata buona parte della mattinata, la Moretti ha ricordato che «quel mondo rappresenta il 95 per cento del nostro tessuto produttivo. Fondamentali, per esso, sono i temi dell'accesso al credito, dell'abbassamento del peso fiscale, della semplificazione burocratica: e proprio questi saranno tra i punti prioritari di cui intendo farmi portavoce in Europa».

CONFIMI - Rassegna Stampa 24/04/2014 5 24/04/2014 L'Arena di Verona Pag. 24 (diffusione:49862, tiratura:383000) La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa pagina. Il ritaglio stampa da intendersi per uso privato

SAN BONIFACIO. Oggi ci sarà il taglio del nastro di «Est Verona produce» al parcheggio Palù. Domani Fiera di San Marco La Mostra riparte con grinta Aumentano gli espositori

Una passata edizione della Mostra Est Verona Produce: molti figli eventi in programma Oggi pomeriggio, alle 16, prende il via la 31a edizione della Mostra Est Veronese produce con l'apertura della grande tensostruttura allestita al parcheggio Palù dalla «Gu & Gi Equipe» di Lonigo. Il taglio del nastro ufficiale da parte delle autorità sarà alle 18. Il dato più significativo di questa edizione è sicuramente il fatto che, data per scontata la sua soppressione per la situazione dell'amministrazione comunale, è invece ripartita con uno slancio impensabile in un momento di crisi come quello attuale: sono infatti oltre un centinaio gli espositori presenti, contro i 60 dell'anno scorso, un boom imprevedibile che fa ben sperare per il futuro. Il commissario straordinario Iginio Olita, cui va il merito di questa ripresa dell'evento nonostante tutto, nell'opuscolo di presentazione della manifestazione scrive che queste ricorrenze «rappresentano per la nostra comunità motivo di grande soddisfazione, in quanto vanno a premiare l'impegno dell'amministrazione comunale e l'operosità che caratterizza le attività economiche dei cittadini, che hanno sempre creduto nella possibilità che il nostro Comune possa svolgere il ruolo di motore trainante dell'economia del territorio dell'est veronese». Sottolinea però che «in un momento di crisi, come è quello attuale, sarà una Fiera «sobria», mirata all'essenziale, per valorizzare cioè i prodotti locali e le attività imprenditoriali, artigianali e industriali del territorio». Olita tiene poi a esprimere «un doveroso ringraziamento alla Camera di Commercio artigianato agricoltura industria di Verona, che contribuisce dal punto di vista economico a sostenere le spese organizzative dell'evento. Un grazie», aggiunge, «va anche alle associazioni di categoria Confcommercio, Apindustria, Unione Provinciale degli Artigiani e Coltivatori diretti». Senza dimenticate tuttavia i funzionari dell'amministrazione comunale, oltre a Studio Immagine e Radio San Bonifacio-Radio 80 , per l'apporto fornito all'organizzazione delle manifestazioni in programma. Domani tutta la giornata sarà dedicata alla tradizione, cioè alla Fiera di San Marco, alla quale è legata la Mostra Est Veronese produce, che però proseguirà fino a domenica. Questo il programma delle quattro giornate. Oggi pomeriggio alle 18, durante l'inaugurazione, ci sarà la consegna del zPremio San Bonifacio Produce 2014», poi alle 19 l'apertura degli stand gastronomici e la chiusura della Mostra alle 23. Domani, dalle 8 alle 18, fiera di San Marco per le vie del centro storico, mentre la Mostra rimarrà aperta dalle 9.30 alle 23. Dalle 9 alle 21, Giochi Crazy, nell'area ex Tiro a segno e dalle 9. 30 alle 23 saranno in funzione gli stand gastronomici nell'area della Mostra. Quindi, dalle 21 alle 23, in piazza Costituzione, Radio 80 presenterà «Sambo show». Gli ospiti saranno cantanti locali, poi ci sarà la rappresentazione di danza della scuola «Studio danza Academy», Zelig cabaret con Diego Carli e l'ospite Renato dei King's. Sabato, dalle 9 alle 21, Giochi Crazy e Mostra Est Veronese Produce dalle 16 alle 23. Gli stand gastronomici resteranno aperti dalle 19 alle 23 e in piazza Costituzione, dalle 21 alle 24, Radio 80 presenterà «Models for Italy: bellezza e talento in passerella», con la partecipazione del gruppo «Euro Project». Domenica, dalle 9 alle 21, Giochi Crazy, dalle 10 alle 17, in piazza Costituzione, quindi «Circoliamo sicuri», divertente corso di giuda sicura per ragazzi e non dai 14 anni in su, promosso dalla SB Motor Sport, con esposizione di auto sportive; dalle 15. 30 alle 18. 30 sarà dato spazio a «Le botteghe degli antichi mestieri», laboratori creativi per bambini con abili artigiani, a cura di «Alegria Eventi Verona». L'apertura della Mostra sarà prevista dalle 16 alle 23 e gli stand gastronomici dalle 19 alle 23. Infine dalle 21 alle 24, in piazza Costituzione, Radio 90 presenterà Miss Mondo Italia, con sfilata e selezione per Miss Est Veronese. © RIPRODUZIONE RISERVATA

CONFIMI - Rassegna Stampa 24/04/2014 6

SCENARIO ECONOMIA

18 articoli 24/04/2014 Corriere della Sera - Ed. nazionale Pag. 2 (diffusione:619980, tiratura:779916) La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa pagina. Il ritaglio stampa da intendersi per uso privato

La guida Dalle scadenze al ravvedimento operoso, al limite da 3.600 euro: come orientarsi tra regole e sanzioni Spesometro, ecco tutti gli errori da evitare Come far pace con il Fisco in caso di ritardo Isidoro Trovato

Tempo massimo scaduto. Ma c'è ancora una via d'uscita per i ritardatari. Come qualsiasi adempimento di natura tributaria, anche lo spesometro è soggetto a sanzioni in caso di irregolarità. La legge prevede, per chi omette di presentare la comunicazione o la presenta con dati incompleti o non veritieri, una sanzione amministrativa che va da un minimo di 258 euro fino ad un massimo di 2.065 euro. E allora come fare per evitare sanzioni piene? Giancarlo Allione, esperto di Eutekne.info, spiega che «il contribuente che si accorge di errori o dimenticanze può ricorrere al meccanismo del ravvedimento operoso. In altre parole, se provvede alla presentazione della dichiarazione corretta entro un anno dall'originaria scadenza, può regolarizzare la violazione beneficiando della riduzione della sanzione ad un ottavo del minimo (32 euro anziché 258). In base al tenore letterale della norma, il ravvedimento operoso dovrebbe essere applicabile anche in caso di omessa presentazione della comunicazione». Il ravvedimento però, per essere efficace, deve assolutamente avvenire prima che il Fisco abbia contestato la violazione, ma anche prima che abbia dato inizio in modo formale ad una qualche attività di controllo mediante accessi , ispezioni o verifiche. Proprio perché l'iter del ravvedimento deve essere completato prima dell'eventuale intervento del Fisco, pena la sua inefficacia, oltre alla presentazione della comunicazione corretta, occorre procedere tempestivamente anche al versamento della sanzione ridotta (32 euro) utilizzando il modello F24 e il codice tributo "8911". Attenzione però: è molto importante conservare la ricevuta di pagamento della sanzione ridotta per poterla esibire all'Agenzia delle Entrate in caso di contestazione . Ma in che modo il Fisco utilizzerà gli acquisti dei contribuenti? Chi rischia e perchè? L'obiettivo è verificare la fedeltà fiscale del contribuente, per questo i dati acquisiti con lo spesometro verranno utilizzati dal tanto temuto redditometro ma le variabili sono parecchie. Priviamo a ipotizzare qualche simulazione con l'aiuto esperto di Afio Cissello, di Eutekne. Ipotizziamo, per esempio, che il signor Tizio abbia acquistato, presso una gioielleria di via Montenapoleone, un anello, che ha pagato 6 mila euro. Questa informazione va a finire dritta nell'Anagrafe tributaria e, si badi bene, non è l'unica informazione in possesso del Fisco in merito alle spese sostenute dal signor Tizio, o meglio, in merito agli elementi che, in un modo o nell'altro, possono essere indici di pericolosità fiscale. Infatti, oltre allo spesometro, altri sono i dati che finiscono nel sistema informativo fiscale: le informazioni sulle giacenze iniziali e finali dei conti correnti, il numero di accessi alle cassette di sicurezza, gli acquisti di immobili anche da privati non titolari di partita Iva e così via. L'accertamento da redditometro si basa comunque su una valutazione di una pluralità di elementi che verranno confrontati con il reddito (spese sostenute, risparmio accumulato, incrementi patrimoniali ...). Per questa ragione, anche qualora il signor Tizio fosse nullatenente, non dovrebbe avere problemi. Questo perché, come più volte ribadito dall'Agenzia delle Entrate, la ragione del redditometro sta nello scovare i grandi evasori. In base a questo ragionamento il nostro signor Tizio difficilmente avrà problemi se l'unico elemento derivante dal sistema informativo fosse inerente all'acquisto del gioiello: si avrebbe una spesa, e quindi un reddito non dichiarato presunto, di appena 6 mila euro. Ma se a ciò cominciamo ad aggiungere l'acquisto di un immobile, e un frequente accesso a cassette di sicurezza, tutto può cambiare. Certo, ci saranno le situazioni più varie. Pensiamo ad un contribuente che, in un anno, effettua quattro o cinque acquisti del valore di 3 o 4 mila euro ciascuno, che magari risulta avere un

SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 24/04/2014 8 24/04/2014 Corriere della Sera - Ed. nazionale Pag. 2 (diffusione:619980, tiratura:779916) La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa pagina. Il ritaglio stampa da intendersi per uso privato

conto corrente con saldo iniziale di 20 mila euro e un saldo finale di 90 mila euro, e un reddito dichiarato molto esiguo. In tal caso, il «rischio redditometro» è concreto. Invece, se Tizio spende 12 mila euro all'anno (dati derivanti dallo spesometro), possiede un'autovettura di cilindrata media e risiede in una casa di proprietà, dichiarando un reddito molto esiguo, pari grossomodo a 10 mila euro, potrebbe scattare il redditometro, ma con un «indice di pericolosità» inferiore. © RIPRODUZIONE RISERVATA 5Milioni Sono le partite Iva che verranno coinvolte dall'operazione spesometro. In questo non sono inclusi i contribuenti minimi che sono esclusi dall'incombenza 258 Euro La sanzione amministrativa per chi omette di presentare la comunicazione o la presenta con dati incompleti o non veritieri. Rientra nel ravvedimento che può effettuare chi è fuori tempo massimo 400 Foto: Milioni Sono le operazioni registrate dall'Agenzia delle Entrate nell'ambito delle dichiarazioni richieste dallo spesometro. Al 31 gennaio di quest'anno scadeva l'incombenza per le dichiarazioni 2012 Le scadenze previste quest'anno per le spese sostenute nel 2013: il 10, 22 e 30 aprile. Per imprese, commercianti e professionisti il termine ultimo è scaduto. Gli operatori finanziari avranno tempo fino a fine mese. 3 Foto: Milioni Sono le operazioni registrate dall'Agenzia delle Entrate nell'ambito delle dichiarazioni richieste dallo spesometro. Al 31 gennaio di quest'anno scadeva l'incombenza per le dichiarazioni 2012 Le scadenze previste quest'anno per le spese sostenute nel 2013: il 10, 22 e 30 aprile. Per imprese, commercianti e professionisti il termine ultimo è scaduto. Gli operatori finanziari avranno tempo fino a fine mese. 5 258

SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 24/04/2014 9 24/04/2014 Corriere della Sera - Ed. nazionale Pag. 1,2 (diffusione:619980, tiratura:779916) La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa pagina. Il ritaglio stampa da intendersi per uso privato

Bonus sui redditi fino a 24 mila euro Ma resiste il «registro delle auto» Atteso per oggi in Gazzetta il decreto. Cottarelli: 3,5 miliardi dalla Difesa I magistrati Prima l'esclusione dei magistrati dal tetto di 240 mila euro, poi il reinserimento del taglio nella versione definitiva Lorenzo Salvia

ROMA - Il bonus da 80 euro «avrà ripercussioni positive sul prodotto interno lordo», che quest'anno potrebbe salire anche di più rispetto allo 0,8% fissato nel Def, il Documento di economia e finanza approvato dal Consiglio dei ministri pochi giorni fa. La previsione arriva dal ministro dell'Economia Pier Carlo Padoan nel giorno in cui il testo definitivo del decreto legge è stato inviato al Capo dello Stato, che lo dovrebbe firmare oggi. Il bonus per i lavoratori dipendenti, 80 euro netti al mese nella fascia da 8 mila a 24 mila euro lordi l'anno, costa in tutto 6 miliardi e 655 milioni di euro. Il calo dell'Irap per le imprese vale 700 milioni quest'anno e 3,1 miliardi nel 2015. Rispetto alle bozze degli ultimi giorni è sparita l'abolizione del Pra, il pubblico registro automobilistico, che ha già resistito a diversi tentativi di abrogazione e pure ad un referendum. Il governo assicura che si farà con un prossimo provvedimento. Le Regioni protestano per i 700 milioni di euro che dovranno portare alla causa e oggi i loro presidenti si troveranno a Roma per una conferenza straordinaria. I magistrati, invece, aspettano di vedere la Gazzetta ufficiale. Nel testo inviato al Quirinale il tetto agli stipendi da 240 mila euro lordi l'anno riguarda anche loro. Questa versione della norma viene confermata sia dal ministero del Tesoro sia dalla presidenza del Consiglio. Ma l'articolo in questione, il numero 13, è stato riscritto più volte, in alcune bozze che avevano in calce la dicitura «definitivo» i magistrati erano effettivamente esclusi dal tetto. Segnale di un lungo braccio di ferro che riguarda non solo gli stipendi ma anche le pensioni, visto che per i magistrati vale il sistema retributivo dove gli ultimi stipendi pesano ancora parecchio. Nel testo inviato al Quirinale viene fissata la dotazione del fondo per rendere stabile il bonus nei prossimi anni quando, secondo il premier Matteo Renzi, prenderà la forma di un taglio ai contributi sociali. Il fondo avrà una dotazione di 1,94 miliardi in termini di saldo netto da finanziare e di 2,7 miliardi di euro in termini di indebitamento netto per il 2015, di 4,7 miliardi per il 2016, di 4,1 miliardi per il 2017, di 2,13 miliardi dal 2018. Tutte voci poi dai riempire con le prossime leggi di Stabilità. Salgono a 240 milioni i risparmi attesi dai ministeri. Confermati gli «almeno 400 milioni» a carico della Difesa. Proprio di questo settore ha parlato il commissario alla spending review. Carlo Cottarelli ha ricordato che nel suo rapporto indicava in 2,5 miliardi l'anno i risparmi possibili nel settore come obiettivo per il 2016. Ma ha anche aggiunto che allineare la spesa italiana al livello degli altri Paesi europei significherebbe fare di più e salire a 3,5 miliardi. Su come arrivare a questo risultato Cottarelli non si sbilancia, perché le «scelte toccano alla politica». Nelle prossime settimane i parlamentari del Pd dovranno votare il documento presentato un mese fa dai colleghi della commissione Difesa che propone di dimezzare il programma di acquisto degli F35, i cacciabombardieri americani. @lorenzosalvia © RIPRODUZIONE RISERVATA Lavoro 1 80 euro in più in busta paga I lavoratori dipendenti con un reddito tra gli 8 e i 24 mila euro si troveranno in busta paga da maggio un bonus di 80 euro al mese. Il bonus decrescerà fino a zero da 24.000 a 26.000 euro. Restano esclusi gli incapienti. Il bonus diventerà strutturale con la legge di Stabilità per l'anno 2015. Il bonus per i lavoratori dipendenti vale complessivamente 6,6 miliardi ai fini dei calcoli del deficit di quest'anno. Ma, in termini di cassa, il numero si suddivide in 5,8 miliardi nel 2014 e 800 milioni nel 2015. È quanto emerge nella tabella riepilogativa degli effetti del decreto Irpef-spending review.Imprese

SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 24/04/2014 10 24/04/2014 Corriere della Sera - Ed. nazionale Pag. 1,2 (diffusione:619980, tiratura:779916) La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa pagina. Il ritaglio stampa da intendersi per uso privato

2 Irap giù del 10% Il nodo degli acconti Dal 2014 l'aliquota Irap scende dal 3,9 al 3,5% (-10% circa), ma per l'acconto si pagherà un'aliquota al 3,75%. Per le banche e gli altri istituti finanziari l'aliquota passerà dal 4,6 al 4,2%, per le imprese di assicurazione dal 5,9 al 5,3%. Per i soggetti che operano nel settore agricolo e per le cooperative della piccola pesca l'Irap diminuirà dall'1,9 all'1,7%. Il calo dell'Irap per le imprese, previsto dal decreto Imu-spending review, vale 3,8 miliardi nel biennio 2014: 700 milioni quest'anno e 3,1 miliardi nel 2015. Nel 2016, superato il periodo di sfasatura dei saldi e degli acconti, si attesta a 2 miliardi. È quanto prevede la tabella con gli effetti su fabbisogno e deficit del decreto. Banche 3 Bankitalia, su la tassa sulle rivalutazioni L'imposta sulle plusvalenza bancarie derivanti dalla rivalutazione delle quote detenute nel capitale della Banca d'Italia sale al 26% e dovrà essere versata «in un'unica soluzione entro il termine di versamento del saldo delle imposte sui redditi dovute per il periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2013», cioè giugno 2014. «Le norme, percome sono scritte, escludono le basi per un ricorso»: lo ha detto il ministro dell'Economia Pier Carlo Padoan a proposito del capitolo della tassazione sulla rivalutazione delle quote. Il provvedimento ha suscitato diverse critiche dal mondo del credito, che nei giorni scorsi non ha escluso la possibilità di un ricorso. Lotta all'evasione 4 Obiettivo 2 miliardi in più nel 2015 Il governo punta a incassare nel 2015 dalla lotta all'evasione almeno 2 miliardi in più rispetto al 2013, quando l'Agenzia delle Entrate ha registrato un introito record di 13,1 miliardi. L'obiettivo dell'anno prossimo vale quindi circa 15 miliardi di euro. L'esecutivo presenterà entro due mesi dall'entrata in vigore del decreto Irpef un rapporto alle Camere sui risultati della lotta all'evasione nel 2013-2014 e sugli obiettivi attesi per gli anni successivi. «Sull'evasione fiscale possiamo fare di più, non con i blitz ma con l'innovazione e l'incrocio dei dati», ha detto il premier Matteo Renzi. Tagli ai ministeri 5 Forbici alla politica, 240 milioni di risparmi Salgono da 200 a 240 milioni i tagli ai ministeri e alla presidenza del Consiglio per il 2014. Sarà un decreto del presidente del Consiglio a individuare le misure correttive necessarie per il raggiungimento dell'obiettivo di risparmio di spesa indicato. Il peso maggiore del risparmio sarà del ministero della Difesa che dovrà prevedere riduzioni (o anche compensare tra diversi capitoli) per 75,3 milioni nel 2014 e per 112,8 milioni dal 2015. Segue il ministero dell'Economia con 41,9 milioni nel 2014 e 62,8 nel 2015. Il ministero dell'Interno passerà da 35,1 milioni nel 2014 a 52,7 milioni nel corso dell'anno successivo, il 2015.

SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 24/04/2014 11 24/04/2014 Corriere della Sera - Ed. nazionale Pag. 29 (diffusione:619980, tiratura:779916) La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa pagina. Il ritaglio stampa da intendersi per uso privato Lavoro e contratti Verso la disdetta dell'integrativo. Il gruppo non vorrebbe far ricorso al Fondo di solidarietà Unicredit, parte la trattativa-pilota sui bancari Il 9 maggio primo incontro tra azienda e sindacati. La richiesta: 5.482 esuberi Rita Querzé

MILANO - Cinquanta giorni di tempo. Sta per partire il conto alla rovescia per i dipendenti Unicredit in Italia. Il 9 maggio il responsabile del personale dell'istituto, Paolo Cornetta, incontrerà i sindacati a Milano. E formalizzerà l'apertura di una impegnativa vertenza per la riduzione del personale: 5.482 esuberi in Italia nel quinquennio 2014-2018. Di fatto una sorta di trattativa pilota in un settore investito da una nuova ondata di ristrutturazioni. I 50 giorni di tempo per trovare un'intesa banca-sindacati scatteranno proprio dal 9 maggio. Calendario alla mano, sindacato e banca hanno tempo fino a fine giugno per trovare un accordo. In Italia Unicredit ha poco meno di 50 mila dei suoi 147 mila addetti distribuiti in 17 Paesi. La riduzione del personale auspicata dalla banca corrisponde all'11% dell'organico. Una decisione difficile motivata nel piano industriale da una complessiva riorganizzazione delle modalità operative del settore. Prima questione: invece di andare allo sportello i clienti preferiscono l'Internet banking. Rispetto al 2011, nel 2018 la banca stima un calo del 30% delle operazioni nelle filiali. Di qui anche l'intenzione di chiudere 500 filiali. Per quanto riguarda le leve del rilancio, il gruppo parla di flessibilità sugli orari e rimodulazione delle mansioni. In discussione il welfare aziendale e il premio legato alla produttività (circa mille euro l'anno scorso per le posizioni impiegatizie intermedie). «Non ci sembra che questo piano tenga in alcun conto le professionalità presenti in azienda - taglia corto Mauro Morelli, segretario generale della Fabi -. Per quanto ci riguarda escludiamo la possibilità che dalla banca possano uscire dipendenti in modo non volontario». In questa fase sia l'istituto che i sindacati preferiscono tenere coperte le strategie negoziali da mettere in campo appena inizierà la trattativa. Certo è che da qui al 2018 sono 2.794 i dipendenti Unicredit che maturano i requisiti per la pensione. A questi bisogna aggiungere quelli che potrebbero avere le carte in regola per eventuali prepensionamenti. «Il punto è che l'istituto ha già manifestato l'intenzione di non usare il fondo bilaterale di solidarietà per supportare le uscite dei prepensionati - fa presente Pier Luigi Ledda della segreteria Fiba Cisl -. Noi su questo non ci stiamo. E non siamo nemmeno d'accordo sull'idea di un blocco totale delle assunzioni per cinque anni». La volontà di non ricorrere al fondo di solidarietà sarebbe legata all'esigenza di non mettere a bilancio in un colpo solo il montante di tutte le annualità di stipendio da versare a chi va in pensione in anticipo (dall'istituto nessun commento). Ma tant'è: questo sarà uno dei nodi della trattativa. Come del resto l'impatto della riorganizzazione su chi resta. «Non vorremmo essere posti di fronte a un aut aut: riduzione degli stipendi per salvare posti di lavoro - mette le mani avanti Costanza Vecera della segreteria Fisac -. Da parte nostra non staremo al gioco». rquerze © RIPRODUZIONE RISERVATA Foto: Banchiere L'amministratore delegato del gruppo Unicredit, Federico Ghizzoni

SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 24/04/2014 12 24/04/2014 Corriere della Sera - Ed. nazionale Pag. 31 (diffusione:619980, tiratura:779916) La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa pagina. Il ritaglio stampa da intendersi per uso privato Sussurri & Grida Tassara mette Alior sul mercato, la banca di Helene Zalesky

(f.mas.) La Tassara di Romain Zaleski continua la vendita di partecipazioni nell'ottica di rimborsare quanto prima i 2,2 miliardi di debito residuo alle banche creditrici Intesa Sanpaolo, UniCredit, Mps, Banco Popolare e Mps, che di fatto l'hanno commissariata. Questa volta tocca alla banca polacca Alior, uno dei gioielli tra le partecipazioni della Tassara spa. In un collocamento accelerato è stato venduto martedì il 4,7% dell'istituto quotato a Varsavia a 79 zloty per azione, pari a 62,2 milioni di euro, lasciando così la holding presieduta da Pietro Modiano con poco meno del 30%. E non finisce qui: come ha confermato a Bloomberg la stessa Helene Zaleski, presidente del consiglio di sorveglianza di Alior Bank e figlia del finanziere franco-polacco (ma con solide basi a Brescia) Romain, la Tassara spa sta «attivamente» cercando un investitore strategico per Alior. La strategia di Tassara di rientro dal debito dunque procede con velocità, una volta raggiunto il valore di carico delle partecipazioni: Tassara detiene l'1,7% di Intesa Sanpaolo, l'1,42% di Ubi Banca, il 2,5% di A2a, l'1,73% di Cattolica, lo 0,25% di Bpm, l'1,14% di Mps e il 15% di Mittel, cui è interessato anche il fondo Investindustrial di Andrea Bonomi. Nei giorni scorsi ha ceduto l'1,17% di Mediobanca. Tassara ha poi potenzialmente sul mercato le partecipazioni all'estero: il 12,8% del minerario francese Eramet, la polacca Alior e il 7% della miniera di manganese in Gabon, Comilog. E come dimostra la mossa in Polonia, anch'esse fanno comodo per soddisfare - dopo tanti anni - i creditori. © RIPRODUZIONE RISERVATA Il rebus Sorgenia blocca i conti Cir e Cofide (f.mas.) Le difficoltà di Sorgenia di raggiungere un'intesa con le banche creditrici nella ristrutturazione degli 1,86 miliardi di debiti si fanno sentire anche a livello della holding Cir, la società controllata dalla famiglia De Benedetti, e anche nel veicolo quotato di famiglia, la Cofide (controllante di Cir). Senza risolvere quel rebus - che potrebbe comportare l'uscita di Cir dall'azionariato della società energetica di cui ha attualmente il 52% che passerebbe in mano alle banche - non è possibile avere un bilancio Sorgenia né di conseguenza il consolidato delle capogruppo Cir e Cofide. Da qui la decisione delle due holding di rinviare a giugno sia il consiglio sul bilancio (al 5 dal precedente 28 aprile) sia l'assemblea (al 30 dal precedente 10). Il gruppo presieduto da Rodolfo De Benedetti e guidato da Monica Mondardini ha sfruttato al massimo la finestra temporale prevista dalla legge. Nel mese e mezzo di tempo che rimane una soluzione su Sorgenia andrà trovata. Le posizioni delle due parti sono ancora distanti, anche se dai De Benedetti è arrivata un'apertura. In particolare Cir non ritiene che il patrimonio netto di Sorgenia sia negativo e dunque sostiene che una ricapitalizzazione da parte delle banche trasformando 400 milioni di crediti in azioni (e altri 200 milioni in bond convertendo) non dovrebbe comportare la sparizione sostanziale degli attuali soci Cir e dell'austriaco Verbund. Ora la parola è di nuovo alle banche. Che anch'esse vogliono definire la partita prima dell'asset quality review della Bce. Tra le altre controllate Cir invece ieri l'assemblea Sogefi ha approvato il bilancio 2013 chiuso con oltre 1,3 miliardi di euro di ricavi e un utile netto di 21,1 milioni. © RIPRODUZIONE RISERVATA Il fondo caccia della Consap e gli stipendi (a. duc. ) Niente soldi in carniera. Nella relazione sulla gestione di Consap (la concessionaria per i servizi assicurativi pubblici) i magistrati contabili hanno acceso un faro sul fondo di garanzia per le vittime della caccia. Tra le pieghe del bilancio della società, guidata da Mauro Masi (ex dg della Rai), la Corte dei Conti ha riscontrato che l'avanzo di gestione «risulta ampiamente insufficiente a reintegrare il patrimonio netto del fondo». Dal 2007 i conti sono in perdita e nel 2012 il patrimonio netto è risultato negativo per 1,47 milioni. La situazione di squilibrio è, insomma, strutturale. Pur dando atto che Consap ha proseguito nell'opera di razionalizzazione il documento mette a nudo i risultati del 2012, spiegando che l'avanzo del fondo di garanzia per le vittime della strada è stato ottenuto «solo» grazie a 93 milioni di entrate straordinarie (multe alle

SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 24/04/2014 13 24/04/2014 Corriere della Sera - Ed. nazionale Pag. 31 (diffusione:619980, tiratura:779916) La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa pagina. Il ritaglio stampa da intendersi per uso privato

compagnie comminate dall'Isvap e alcuni proventi finanziari). Una performance che non ha inciso sulla parte variabile dello stipendio di Masi (a fine mandato). Ai 346 mila euro di retribuzione fissa si sono, puntualmente, aggiunti i 110 mila di parte variabile. © RIPRODUZIONE RISERVATA

SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 24/04/2014 14 24/04/2014 Il Sole 24 Ore Pag. 1 (diffusione:334076, tiratura:405061) La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa pagina. Il ritaglio stampa da intendersi per uso privato Sul decreto 344 a favore e 184 contro - Ncd e Sc: sì solo per senso di responsabilità Lavoro, sì della Camera alla fiducia Patta, Pogliotti, Tucci

Sul decreto legge Lavoro l'esecutivo incassa la fiducia di Montecitorio con 344 voti favorevoli e 184 contrari. L'Aula della Camera ha votato la questione di fiducia posta dal governo per l'approvazione senza emendamenti del dl Poletti, licenziato dalla commissione Lavoro. Il testo avrà il via libera oggi per passare poi al Senato, dove Scelta Civica e Nuovo centrodestra, dopo avere votato sì alla Camera «per senso di responsabilità», sono pronti a dare battaglia per ottenere le modifiche auspicate. Il ministro Giuliano Poletti: «Penso che le distanze siano alla portata». u pagina 5 Giorgio Pogliotti ROMA Con 344 voti favorevoli e 184 contrari, l'Aula della Camera ha votato la questione di fiducia posta dal governo per l'approvazione senza emendamenti del Ddl Poletti licenziato dalla commissione Lavoro che avrà il via libera oggi (alle 12 iniziano le dichiarazioni di voto) per passare al Senato. Ad esprimersi a favore sono stati Pd, Scelta civica, Ncd e Pi. Contro hanno votato Fi, Sel, M5S, Lega, Fdi. La maggioranza ieri pomeriggio al momento del voto, dunque, si è ricompattata e i deputati di Nuovo centrodestra e Scelta civica hanno votato sì, ma hanno spiegato di averlo fatto solo per senso di responsabilità, confermando le critiche alle modifiche votate dalla maggioranza del Pd in commissione Lavoro di Montecitorio. In mattinata il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti - che martedì aveva tentato una mediazione tra i partiti della maggioranza senza riuscirci - si era detto ottimista: «Credo che siamo nelle condizioni di chiudere con un decreto assolutamente di valore - ha spiegato, a margine di un convegno della Femca-Cisl - penso che le distanze siano assolutamente alla portata». Per la vicepresidente della Camera, Marina Sereni (Pd), la fiducia ha «smentito la propaganda delle opposizioni, che da due giorni parlano di crisi della maggioranza, si tratta di un tassello parziale, ma importante di una politica più ampia di riforme». Il Ncd già guarda in avanti: «In seconda lettura al Senato - ha spiegato Renato Schifani - sarà necessario trovare un punto di mediazione per introdurre modifiche necessarie a dare al Paese un provvedimento che possa maggiormente incentivare le assunzioni». La partita passa in mano alla commissione Lavoro del Senato, il presidente Maurizio Sacconi (Ncd) ha affidato l'incarico di relatore al professore Pietro Ichino (Sc): «Sarà mia cura garantire che i lavori si svolgano in tempi utili a che il Senato possa compiere le eventuali modifiche garantendo altresì la conversione del decreto legge nei tempi previsti - ha detto Sacconi -. Sono certo che la maggioranza saprà operare una sintesi al proprio interno, aperta a recepire i contributi positivi delle stesse opposizioni». Il Ncd intende tornare alla versione originaria del Dl approvata dal Consiglio dei ministri, ripresentando le proposte oggetto della mediazione con il ministro Poletti sulla sanzione a carico delle aziende che assumono più del 20% di contratti a termine (per passare dall'obbligo di assunzione alla sanzione pecuniaria), sulla stabilizzazione di una quota di apprendisti per le imprese con 30 dipendenti (che intende eliminare), sull'obbligo di formazione pubblica (per lasciare all'impresa la scelta tra pubblico e privato confermando l'obbligatorietà per non incorrere in sanzioni da Bruxelles). Mentre la sperimentazione del contratto di inserimento a tutele crescenti rappresenta una priorità per Scelta civica. Il testo uscito dalla commissione lavoro della Camera, dove un ruolo decisivo è stato giocato dal presidente Cesare Damiano (Pd) e dal relatore Carlo Dell'Aringa (Pd), insieme alle modifiche su apprendistato e contratti a termine conferma comunque un'importante novità: l'allungamento a 36 mesi della durata del contratto a termine per il quale non è necessaria alcuna causale, che potrà essere prorogato per 5 volte (rispetto alle 8 del testo originario) nell'arco dei tre anni. Le modifiche introdotte nel passaggio alla Camera sono considerate da Confcommercio «un pessimo segnale per le imprese che attendevano semplificazioni per poter assumere senza continui rischi di sanzioni, cause e eccessiva burocrazia». Per Confcommercio «su contratti a termine

SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 24/04/2014 15 24/04/2014 Il Sole 24 Ore Pag. 1 (diffusione:334076, tiratura:405061) La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa pagina. Il ritaglio stampa da intendersi per uso privato

e apprendistato erano stati fatti passi nella giusta direzione, che è quella della semplificazione, e si poteva finalmente evitare che ogni assunzione si trasformasse in un percorso a ostacoli, invece siamo tornati indietro». Per ragioni opposte sui nuovi contratti a termine Cgil e Uil hanno espresso posizioni critiche, mentre per il leader della Cisl, Raffaele Bonanni «rappresentano un passo in avanti poiché si rafforza il contratto flessibile che offre maggiori garanzie ai lavoratori». © RIPRODUZIONE RISERVATA LA PAROLA CHIAVE Tetto del 20% Il Dl 34 introduce un tetto del 20% di utilizzo dei contratti a termine, calcolato sui lavoratori assunti a tempo indeterminato in forza al 1° gennaio dell'anno di assunzione. Se si supera questo tetto scatta l'assunzione a tempo indeterminato per la quota di lavoratori eccedente.Restano validi i diversi limiti già previsti dai contratti nazionali. Ma se un'impresa applica un Ccnl che non prevede soglie, entro il 31 dicembre dovrà adeguarsi. Dal 2015, se supera il tetto, non potrà assumere a tempo determinato. Le possibili modifiche CONTRATTI Sanzioni L'impresa che supera il 20% di contratti a tempo determinato è sanzionata con l'assunzione del personale che oltrepassa la soglia con contratti a tempo indeterminato. Il pagamento di un indennizzo proposto dal Ncd potrebbe essere accolto dal Senato al posto dell'assunzione APPRENDISTATO/1 Formazione L'obbligo per l'azienda di usufruire dell'offerta formativa pubblica (che viene meno se la Regione non si attiva entro 45 giorni) potrebbe essere modificato. A chiedere un correttivo al Senato è soprattutto Ncd che propone di lasciar libera l'azienda di scegliere se avvalersi della formazione pubblica o privata APPRENDISTATO/2 Stabilizzazione Le imprese con almeno 30 dipendenti sono obbligate a stabilizzare il 20% degli apprendisti, al termine del periodo formativo, come condizione per poter ricorrere ad altri apprendisti. Questo obbligo potrebbe essere cancellato al Senato. Ma c'è da convincere il governo CONTRATTO Tutele crescenti Al Senato potrebbe essere introdotta la sperimentazione del contratto di inserimento formativo con un meccanismo di tutele crescenti nei primi 3 anni (privi della tutela dell'articolo 18), come chiesto da Scelta civica. L'istituto è già previsto nel Ddl delega sul «Jobs act» Foto: Fiducia. Il risultato della votazione ieri a Montecitorio

SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 24/04/2014 16 24/04/2014 Il Sole 24 Ore Pag. 1 (diffusione:334076, tiratura:405061) La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa pagina. Il ritaglio stampa da intendersi per uso privato FINANZA E MERCATI Generali, bond a 12 anni fa il pieno di richieste Laura Galvagni

Generali ha emesso ieri un prestito subordinato Tier 2 da 1 miliardo a 12 anni che ha ricevuto grande accoglienza dal mercato: le richieste sono ammontate a 7,4 miliardi; poco dopo mezzogiorno si è deciso di chiudere la raccolta degli ordini. Un successo che si è trasferito sul rendimento dell'emissione: il prestito è stato proposto con uno yield di 250 punti base sopra il mid swap, poi sceso a 225. Generali ha così sostituito il subordinato Mediobanca da 500 milioni finito sotto lo lente dell'Ivass, e finanzia il rimborso di due obbligazioni senior in scadenza a maggio 2015. Viene completato di fatto il funding per il prossimo anno e mezzo. Laura Galvagni u pagina 25 Generali sostituisce il subordinato da 500 milioni di euro finito sotto lo lente dell'Ivass e finanzia il rimborso di due obbligazioni senior in scadenza a maggio 2015. Completando di fatto il funding per il prossimo anno e mezzo. La compagnia ha emesso ieri un prestito subordinato Tier 2 da 1 miliardo con scadenza 12 anni che ha ricevuto richieste per ben 7,4 miliardi. Già a un'ora dall'avvio del collocamento il book registrava domande per oltre 4 miliardi di euro. Abbastanza per decidere, appena passato mezzogiorno, di chiudere la raccolta degli ordini. Un successo che si è trasferito immediatamente sul rendimento dell'emissione. Il prestito è stato inizialmente proposto con uno yield di 250 punti base sopra il mid swap mentre il collocamento è stato archiviato con uno spread di 225 punti base, nella norma la forbice si restringe al massimo di 10-15 punti base. La cedola è dunque pari al 4,125% e il relativo prezzo di emissione è del 99,073%. L'operazione, quindi, ha ricevuto fin da subito l'ok del mercato. Soprattutto ha raccolto l'interesse degli investitori internazionali, basti pensare che quest'ultimi hanno assorbito circa l'87% dell'ammontare emesso. Circa il 34% dell'emissione è stato allocato agli istituzionali inglesi, il 14% a società tedesche e il 12% in Francia. In generale, più o meno il 75% è stato sottoscritto dai così detti investitori real money, ossia fondi pensione, assicurazioni e banche. «Il bond ha incontrato l'interesse degli investitori, anche oltre le nostre attese e il titolo è uscito meglio dei due subordinati di Generali attualmente sul mercato», ha dichiarato a Reuters uno dei lead manager dell'operazione. In particolare, gli investitori avrebbero gradito il carattere difensivo del titolo, insito anche nel rating. L'obbligazione è Baa3 per Moody's, BBB+ per S&P, BBB per Fitch. Fitch, nel dettaglio, in una nota diffusa ieri ha commentato così il subordinato: «I titoli hanno un giudizio inferiore di un notch rispetto alle Generali, in ragione di prospettive di recovery inferiori alla media». L'agenzia ha inoltre valutato «l'operazione come neutra per l'emittente in termini di leverage finanziario e marginalmente positiva per i coefficienti patrimoniali». L'emissione permette infatti alle Generali di recuperare subito tre punti di solvency, quelli tolti dall'Ivass dopo la ricognizione sul prestito emesso nel 2008 e sottoscritto da Mediobanca, e potenzialmente, stando alle stime di alcuni analisti, il subordinato fa guadagnare alla compagnia un altro punto e mezzo, due mesi fa il solvency ratio era a quota 150%. A febbraio l'Autorità aveva mosso dei rilievi sul prestito subordinato per inadeguata comunicazione, stabilendone la non ammissibilità nel computo del margine di solvibilità. Una decisione che ha portato le Generali a rimborsare il prestito il 7 aprile scorso e a recuperare i punti di solvibilità attraverso un nuovo strumento di capitale. Nella presentazione del bilancio 2013 la compagnia aveva reso noto di avere in scadenza obbligazioni per 2,25 miliardi e di voler ridurre nel 2014 l'ammontare del debito di almeno 750 milioni. Con l'emissione di ieri e quella dello scorso gennaio, un bond senior da 1,25 miliardi con scadenza 2020, il funding sembra completato. Il subordinato non è callable e non prevede la possibilità di deferire del pagamento della cedola. L'operazione è stata gestita da Barclays, Mediobanca, Morgan Stanley, Ubs Investment Bank e UniCredit. © RIPRODUZIONE RISERVATA

SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 24/04/2014 17 24/04/2014 Il Sole 24 Ore Pag. 1 (diffusione:334076, tiratura:405061) La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa pagina. Il ritaglio stampa da intendersi per uso privato

I numeri di Generali PROFITTI Dati in miliardi di euro 45.115 +0,2% LE PERFORMANCE Bilancio 2013. Premi lordi emessi in milioni di euro 20.940 -0,6% Settore vita Settore danni 1% 1% 2% 30% 17% 33% 13% 3% 5% 5% 1% 30% 13% 17% 20% 9% International operations Europa centro-orientale LATAM Italia Francia Germania Asia EMEA ROE Dati in % FLUSSO DI CASSA Dati in miliardi di euro Fonte: Generali 7,4 miliardi LA RICHIESTA PER IL BOND A FRONTE DI UN MILIARDO OFFERTO Foto: - Fonte: Generali

SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 24/04/2014 18 24/04/2014 Il Sole 24 Ore Pag. 25.28 (diffusione:334076, tiratura:405061) La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa pagina. Il ritaglio stampa da intendersi per uso privato

Corporate Usa. I due colossi dell'hi-tech e di internet battono tutte le previsioni degli analisti e titoli volano nel dopo-Borsa Apple e Facebook, boom di utili Nel primo trimestre venduti 43,7 milioni di iPhone e i profitti aumentano del 7% SOCIAL NETWORK Facebook triplica gli utili e il fatturato sale del 72% Lascia il direttore finanziario Ebersman, regista dell'Ipo: al suo posto Wehner Marco Valsiania

NEW YORK Apple e Facebook si sono presentate all'appuntamento dei bilanci trimestrali superando di slancio le previsioni. I due grandi nomi dell'hi-tech e di internet, riportando aumenti sia dei profitti che del fatturato, hanno provato a restituire lustro al settore, allontanando lo spettro di bolle speculative e correzioni al ribasso. Apple ha anche annunciato aumenti di buyback e dividendi e, a sorpresa, uno split azionario in ragione di sette a uno dal 9 giugno, mosse che tradizionalmente aiutano le prospettive dei titoli. Sull'onda dei conti nel dopo mercato le quotazioni sono subito scattate al rialzo: Apple ha guadagnato fino all'8% e Facebook il 2,7%. Apple, per il suo secondo trimestre fiscale dell'anno, ha riportato utili in aumento del 7% a 10,2 miliardi, pari a 11,62 dollari per azione. Gli analisti prevedevano 10,18 dollari per azione. Il fatturato è salito del 4,6% a 45,6 miliardi, battendo i 43,53 miliardi attesi e evitando all'azienda il primo temuto declino nelle vendite trimestrali dal 2003. Apple nel trimestre ha venduto 43,7 milioni di iPhone contro attese di 38,45 milioni. Hanno invece deluso i tablet iPad: le vendite sono state di 16,35 milioni contro previsioni di 19,8 milioni. L'azienda ha rafforzato di 30 miliardi il piano di riacquisto di titoli propri, portato a 90 miliardi, e alzato la cedola trimestrale dell'8% a 3,29 dollari per azione. «Siamo orgogliosi dei nostri risultati - ha detto il chief executive Tim Cook - Soprattutto delle robuste vendite di iPhone e di entrate record nei servizi». Cook ha aggiunto che l'azienda «è impaziente di introdurre nuovi prodotti», la vera scommessa strategica finora rinviata per dimostrare al mercato, entro l'anno come promesso, di non aver perso le capacità innovative. Facebook ha a sua volta battuto nettamente le aspettative. E il titolo del re dei social network si è così spinto al rialzo nonostante fosse già tra i migliori del settore da inizio anno, con guadagni del 15% (è però in calo del 12% dai picchi raggiunti a marzo). Facebook nel suo primo trimestre 2014 ha sollevato il sipario su profitti quasi triplicati a 642 milioni di dollari e su un fatturato aumentato del 72% a 2,50 miliardi. Depurati da voci straordinarie gli utili per azione sono stati di 34 centesimi contro i 24 attesi dagli analisti, che avevano anticipato anche un giro d'affari in aumento di un più modesto 60% a 2,36 miliardi. Le entrate pubblicitarie, che rappresentano gran parte delle revenue, sono lievitate dell'82% a 2,27 miliardi, per il 59% derivate dal cruciale segmento dei gadget mobili, gli smartphone e tablet (rispetto al 30% dell'anno scorso). La schiera di utenti attivi quotidiani è cresciuta del 21% a 802 milioni e quella degli utenti attraverso gadget mobili del 43% a 609 milioni. Gli utenti mensili sono lievitati del 15% a 1,28 miliardi, con quelli via smartphone e tablet aumentati del 34% a 1,01 miliardi. «Il business è robusto e cresce - ha detto il fondatore e amministratore delegato - Abbiamo compiuto scommesse di lungo termine sul futuro». Negli ultimi mesi l'azienda ha fatto scattare acquisizioni per oltre 21 miliardi aggiudicandosi il servizo di instant messaging WhatsApp e le tecnologie di realtà virtuale di . Facebook ieri ha inoltre annunciato un cambio della guardia ai vertici: entro l'anno lascerà il direttore finanziario David Ebersman, tra i principali artefici del colossale e controverso Ipo del gruppo, sostituito da , l'attuale vicedirettore di corporate finance. © RIPRODUZIONE RISERVATA Andamentodei titoli a Wall Street sino al 22/4. Base31/12/13 =100 L'andamento dei titoli in Borsa APPLE FACEBOOK GOOGLE LINKEDIN

SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 24/04/2014 19 24/04/2014 La Repubblica - Ed. nazionale Pag. 1 (diffusione:556325, tiratura:710716) La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa pagina. Il ritaglio stampa da intendersi per uso privato

CARO PADOAN FACCIAMO GLI SCONGIURI EUGENIO SCALFARI

IL MINISTRO dell'Economia, Pier Carlo Padoan, mi ringrazia per averlo esortato a chiarire più diffusamente la politica economica da lui adottata per ridare speranza agli italiani modificando positivamente le loro aspettative ad un futuro meno buio del loro disagiato presente e per recuperare un'equità fin qui decisamente trascurata. A mia volta lo ringrazio per averci esposto la sostanza, il metodo e gli obiettivi che egli si propone di realizzare e che daranno frutti tra due o tre anni sostituendosi allo "spot" degli 80 euro nelle buste paga dei lavoratori dipendenti con redditi superiori agli 8 mila euro annui, fino ad un tetto di 24-26 mila euro. Ciò premesso c'è un paio di questioni che desidero qui richiamare e che il ministro ha accennato sorvolandole un po' alla lontana. Mi sembra invece che occorra tenerle ben presenti e sottolinearle. < PAGINA LA PRIMA riguarda appunto l'equità. Lo spot degli 80 euro ha trascurato i non capienti sotto gli 8 mila euro di reddito, i pensionati con modestissime pensioni, le partite Iva dei cosiddetti autonomi. C'è un buco non colmato che forse lo sarà nel 2015 senza però che ve ne sia certezza, così come non v'è certezza d'una riforma degli ammortizzatori sociali, cioè del nuovo welfare che dovrà sostituire l'antico spandendosi su una platea molto più vasta dell'attuale Cig. Padoan ammette che l'attuale taglio del cuneo fiscale è stato realizzato con coperture in larga misura posticce che saranno trasformate in un vero e proprio programma che lui ha già in mente ma sul qualeè stato giustamente sobrio di notizie. Siamo tutti speranzosi e fiduciosi che sarà un buon programma. Perciò crepi il lupo e grideremo evviva a lui e al premier Matteo Renzi. Quanto alla maggior flessibilità dell'Europa verso una politica di crescita, Padoan ne è certo. L'Italia lo chiede fin d'ora e il ministro ci informa che i presupposti ci sono già per quanto riguarda gli investimenti motivati dal lungo ciclo di depressione economica che non dipende da noi ma dall'intero mondo occidentale. L'Italia può sforare il bilancio perché quegli investimenti sono da tempo autorizzati dal trattato in vigore e non intaccano il paletto del 3 per cento rispetto al quale resteremo al di sotto. Questa affermazione non è del tutto esatta e lo conferma il fatto che, con apposito voto del nostro Parlamento, il governo è stato autorizzato ad informare la Commissione europea degli investimenti che si accinge ad effettuare per rilanciare nei limiti del possibile la crescita e l'occupazione giovanile. Saremo senz'altro autorizzati sempre che la Commissione ne approvi la quantità e le modalità nonché riforme che aumentino la competitività e semplifichino opportunamente le istituzioni. Qualora però l'esistenza di queste condizioni non fosse ravveduta dalla Commissione non credo che il governo possa prenderle senza subirne alcune sanzioni. Se così non fosse non si vede il perché dell'informazione che l'Italia ha trasmesso alla Ue. Perciò aspetteremo e anche qui crepi il lupo poiché se non crepa lui qualcun altro creperebbe in sua vece e non sarebbe un bel vedere. La seconda questione riguarda invece il pagamento di 20 miliardi dei debiti dello Stato, dei quali 8 alle aziende e gli altri ai Comuni e Regioni debitrici.È un flusso di liquidità preziosa per l'economia italiana, cui si aggiunge l'impegno che d'ora in avanti Stato ed Enti locali dovranno saldare i nuovi debiti a 60 giorni dalle relative fatture, non ricadendo nell'accumulo di altri pregressi. Benissimo, ma dove prenderanno i soldi i debitori per rispettare quel limite di tempo? Questo Padoan non lo dice e resta un sospetto tutt'altro che marginale. Ma c'è un altro punto sul quale il sorvolo non mi sembra giusto: le banche sconteranno i debiti certificati pagando le aziende in soldi contanti. Benissimo. Ma a loro volta le banche vanteranno un credito nei confronti del Tesoro. È un debito fuori bilancio e non intacca il paletto del 3 per cento, questo lo sappiamo, ma è pur sempre un debito dello Stato e nasconderlo sotto il tappeto non serve a nulla, il debito c'è e prima o poi dovrà essere onorato, non è vero? Infine: tutto riposa sulla presunzione che gli 80 euro in busta paga aumenteranno la domanda, cioè i consumi. Una presunzione non è pero una certezza. Molti beneficiari potrebbero invece di spendere risparmiarli quei soldi investendoli in impieghi monetari o tenendoli in contanti sotto il materasso per spese straordinarie che si presentassero in

SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 24/04/2014 20 24/04/2014 La Repubblica - Ed. nazionale Pag. 1 (diffusione:556325, tiratura:710716) La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa pagina. Il ritaglio stampa da intendersi per uso privato

futuro. E se fossero molti di quei 10 milioni di beneficiati? Se fossero la maggioranza? I consumi aumenterebbero molto poco. Qui non si tratta di far crepare il lupo, se a settembre i consumi non avranno registrato aumenti sensibili il governo dovrà andarsene a casa e sarebbe un vero guaio per tutti. Speriamo fortemente di no. I sondaggi dicono positivo, ma i sondaggi non sono un fatto, sono la scommessa che un fatto avverrà. Caro Padoan, facciamo i debiti scongiuri e intanto diciamo insieme evviva la Roma che però sarà seconda. Noi speravamo di più ma non è accaduto. PER SAPERNE DI PIÙ www.tesoro.it www.vatican.va

SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 24/04/2014 21 24/04/2014 La Repubblica - Ed. nazionale Pag. 1 (diffusione:556325, tiratura:710716) La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa pagina. Il ritaglio stampa da intendersi per uso privato LA TRATTATIVA ERA SALTATA Alitalia-Etihad in bilico verdetto tra due giorni ETTORE LIVINI

MILANO ASPETTIAMO la proposta di Etihad, poi giudicheremo». Matteo Renzi scende in campo via Twitter nella partita tra Alitalia e gli emiri. Ma proprio la posizione del premier - secondo quanto avrebbe confidato l'ad dell'aerolinea italiana Gabriele Del Torchio a soci e sindacati - sarebbe uno dei nodi fondamentali da sciogliere per arrivare alle nozze. FEDERICO FUBINI E ETTORE LIVINI A PAGINA 4 LA GIOR NA TA MILANO. «Apettiamo la proposta di Etihad, poi giudicheremo». Matteo Renzi scende in campo via Twitter nella partita tra Alitalia e gli emiri. E la proposta è attesa entro domani. Ma proprio la posizione del premier - secondo quanto avrebbe confidato l'ad dell'aerolinea italiana Gabriele Del Torchio a soci e sindacati - sarebbe uno dei nodi fondamentali da sciogliere per arrivare alle nozze. La mezza marcia indietro degli emiri, dicono fonti attendibili, sarebbe infatti da collegare anche all'apparente distacco con cui il nuovo esecutivo segue la vicenda. «I vertici di Abu Dhabi sono stati invitati a investire in Alitalia da Enrico Letta da cui avevano avuto solide garanzie - avrebbe spiegato il numero uno della compagnia nel cda di martedì - . E sono ancora in attesa di sapere se quegli impegni saranno mantenuti dal suo erede». L'irrigidimento dell'aerolinea del Golfo, non a caso, è arrivato poche ore dopo il faccia a faccia del 10 aprile a Palazzo Chigi tra l'ad di Etihad James Hogan e Renzi. Abu Dhabi, forte delle rassicurazioni ricevute in passato e dopo la due diligence sui conti di Alitalia, ha presentato al governo richieste precise: ammortizzatori sociali per assorbire 2-3mila taglia agli organici (c'è chi parla di trasferimento dei lavoratori in esubero alle Poste), garanzie sui collegamenti tra aeroporti e alta velocità, liberalizzazione di Linate e un piano per arginare l'arrembaggio delle low-cost. Il ministro ai Trasporti Maurizio Lupi, uno dei reduci del governo Letta, ha già provato a muovere le pedine. Preannunciando alla Sea la deregulation del Forlanini (il decreto a un passo dalla firma) e facendo studiare agli uffici tecnici una norma che obblighi gli scali pubblici a mettere a gara le rotte sussidiate. Deterrente potentissimo contro Ryanair e Easyjet. Questi passi però sono stati ritenuti troppo timidi dal promesso sposo del Golfo che a questo punto pretenderebbe un impegno più deciso. Richiesta non facilmente ricevibile specie alla vigilia di un appuntamento delicato come le elezioni europee. Il caso Alitalia è politicamente caldissimo: la Lega è sul piede di guerra per il potenziale depotenziamento di Malpensa e qualsiasi intervento dal sapore assistenzialista rischia di essere cavalcato dalle opposizioni (non però da Forza Italia visto che l'ex-Cavaliere l'ha regalata ai patrioti facendo pagare il conto - 3 miliardi - ai contribuenti italiani) in occasione del voto alle europee. In attesa che il premier ed Etihad sciolgano riserve e dubbi, gli altri protagonisti di questa delicatissima partita a scacchi tendono a esorcizzare la tensione spargendo ottimismo a piene mani. «Se tutti faranno la loro parte, compresi i sindacati, l'accordo è a portata di mano», ha detto il segretario della Uil Luigi Angeletti dopo l'incontro tra Del Torchio e i leader sindacali (presenti pure Camusso e Bonanni). Ammettendo però che i nodi da sciogliere sono ancora molti: la ristrutturazione dei debiti con le banche (sono in tutto più di 400 milioni) in primis ma pure l'intesa con gli stessi sindacati per il taglio al costo del lavoro. Etihad, come in una partita a poker, resta alla finestra. Il tempo gioca a suo favore, bruciando la poca liquidità rimasta nelle casse della società tricolore - la spia della riserva potrebbe riaccendersi a giugno - e di alternative alle nozze con l'aerolinea del Golfo non ce ne sono. Air France non ha soldi da spendere e gioca il ruolo di convitato di pietra visto che Parigi ha già un asse di ferro con gli emiri nell'alleanza Skyteam. Hogan può fare a meno di Alitalia. Alitalia, a questo punto, faticherebbe a fare a meno di Etihad. A meno, ipotesi che nessuno vuol prendere in considerazione, di alzare bandiera bianca e portare i libri in tribunale. PER SAPERNE DI PIÙ www.alitalia.it www.etihad.com

SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 24/04/2014 22 24/04/2014 La Repubblica - Ed. nazionale Pag. 7 (diffusione:556325, tiratura:710716) La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa pagina. Il ritaglio stampa da intendersi per uso privato IL CASO Tetto alle proroghe, ma non ai rinnovi La Camera approva la fiducia su contratti a termine e apprendistato. Lo scontro Pd-Ncd si sposta al Senato Il governo studia la possibilità di far valutare dai dipendenti l'efficienza dei dirigenti pubblici Il presidente della Camera, Laura Boldrini, punta l'indice sul caso esodati: "Risolvere questo problema è un imperativo etico" LUISA GRION

ROMA. Via libera della Camera al decreto sul lavoro. Con i 344 «sì» e i 184 «no» del voto di fiducia (il sesto per il governo Renzi), il testo che amplia la flessibilità dei contratti a termine e dell'apprendistato approda ora al Senato, dove la discussione è destinata a continuare. Sul provvedimento, già emendato dal Pd, il Nuovo centro destra conta di intervenire di nuovo, ma i ritocchi non dovrebbero condizionare la struttura del decreto. Le modifiche di cui si parla non riguarderebbero infatti il numero delle proroghe previste per il contratto a termine, argomento sul quale negli ultimi giorni si era polarizzato lo scontro interno alla maggioranza. Prima degli emendamenti promossi dalla sinistra del Pd, infatti, il testo originale del decreto ne prevedeva otto nell'arco dei 36 mesi, la formulazione passata con la fiducia le ha abbassate a cinque. In realtà il dibattito su questo punto potrebbe non essere così dirimente, perché se il decreto introduce un tetto sulle proroghe, nulla dice sui rinnovi. Lo spiega Carlo Dell'Aringa, relatore Pd del decreto alla Camera: «I rinnovi non scompaiono e l'azienda può farne infiniti entro i 36 mesi, separati da 10 o 20 giorni di pausa, esattamente come ora» chiarisce. «La novità del decreto è solo nel numero di proroghe, da una della legge Fornero alle cinque votate dalla Camera. Ma rispetto al testo del governo, abbiamo riformulato la norma per assicurarci che le cinque siano spalmate nell'arco dei tre anni, e non ad ogni rinnovo. Altrimenti potevano diventare infinite, con contratti anche da una settimana». Nell'arco dei tre anni di limite massimo della durata del contratto a termine, vanno però conteggiate - se ci sono - anche le «missioni» affidate allo stesso dipendente in somministrazione, contratto al quale è estesa la clausola della acausalità (per le sole somministrazioni non abbinate ai contratti a termine non vale invece il tetto dei tre anni). Non sarà dunque necessario - e questaè una delle novità più importanti del decreto - indicare le ragioni tecniche o organizzative che giustificherebbero la natura a termine del rapporto di lavoro. «Così il decreto - commenta Claudio Soldà di Adecco, agenzia leader nelle risorse umane - interviene semplificando il contratto a termine e il contratto di somministrazione, riconoscendo la loro diversa funzione socioeconomica, ed estendendo il concetto di acausalità già parzialmente introdotto dalla somministrazione nel recepimento della direttiva europea sul lavoro temporaneo». Acausalità che, nel contratto a termine, la legge Fornero limitava solo al primo anno di contratto e che ora è estesa al totale dei 36 mesi. Superato l'esame della Camera (oggi il voto definitivo) la prossima settimana il testo passerà alla Commissione Lavoro del Senato - dove Ndc (che pur ieri ha votato, con Scelta civica, la fiducia) conta di introdurre modifiche su almeno due punti. Ritocchi sui quali sta mediando il ministro del lavoro Giuliano Poletti. Il primo sta molto a cuore alle piccole imprese e riguarda l'obbligo che la destra vorrebbe eliminare - di assumere a tempo indeterminato i dipendenti con contratto a termine che vanno oltre la quota massima del 20 per cento. Il ritocco potrebbe trasformare quell'obbligo in un risarcimento monetario. Altra possibile modifica, l'indicazione nel preambolo del decreto di una valorizzazione del contratto d'inserimento a tempo indeterminato. Incassata l'ampia maggioranza alla Camera, il premier Renzi guarda oltre e lancia su Twitter i prossimi obiettivi: la riforma della pubblica amministrazione (oggetto ieri di un vertice a Palazzo Chigi con il ministro Marianna Madia), nell'ambito della quale «studieremo la possibilità che i dirigenti pubblici vengano valutati nei meriti anche da personale e colleghi». Resta però da risolvere una questione urgente, quella degli esodati: sul caso è intervenuta con forza Laura Boldrini, presidente della Camera.

SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 24/04/2014 23 24/04/2014 La Repubblica - Ed. nazionale Pag. 7 (diffusione:556325, tiratura:710716) La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa pagina. Il ritaglio stampa da intendersi per uso privato

Ricevendo il ministro Poletti e Cesare Damiano del Pd ha precisato che «la soluzione al problema degli esodati è un vero e proprio imperativo etico, mi auguro che l'esecutivo lo consideri come priorità assoluta». Stessa attenzione, ha precisato, va data dal governo alla protezioni delle lavoratrici dalle richieste di dimissioni in bianco. IN CAMPO IL MINISTRO Il titolare del dicastero del Lavoro, Raffaele Poletti, sta cercando una mediazione sul decreto IL CAPOGRUPPO L'ex ministro del Welfare e oggi presidente della Commissione Lavoro del Senato e capogruppo Ncd, Maurizio Sacconi IL PRESIDENTE Laura Boldrini, presidente della Camera, ha incontrato ieri il ministro del Lavoro, Poletti Occupazione e disoccupazione in % (FEBBRAIO 2014, DATI DESTAGIONALIZZATI) Variazioni percentuali Variazioni congiunturali Variazioni tendenziali Tasso di disoccupazione 15-64 anni Tasso di disoccupazione 0,0 -0,8 Tasso di disoccupazione 15-24 anni 0,0 1,1 Tasso di inattività 15-64 anni -0,1 3,6 55,2 13,0 42,3 0,0 0,1 36,4 in punti percentuali PER SAPERNE DI PIÙ www.lavoro.gov.it www.cgil.it

SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 24/04/2014 24 24/04/2014 La Repubblica - Ed. nazionale Pag. 24 (diffusione:556325, tiratura:710716) La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa pagina. Il ritaglio stampa da intendersi per uso privato L'ANALISI / LA GIORNATA Ultima colata alla Lucchini addio a un altro pezzo d'acciaio siderurgia italiana al tramonto A rischio 1.500 lavoratori di Piombino. Il governo stanzia 50 milioni Il piano di rilancio prevede anche la demolizione di navi da guerra Il 47 per cento dei beni che l'Italia esporta all'estero viene dalla siderurgia Già oggi una parte dei tradizionali clienti comincia a rivolgersi ai produttori stranieri PAOLO GRISERI

AL TERMINE dell'udienza generale in piazza San Pietro, Papa Francesco lancia un appello a sorpresa: «A tutti i responsabili, non rimanete con le braccia incrociate, fate qualcosa per le acciaierie Lucchini di Piombino». Bergoglio risponde così al videomessaggio dei 1.500 operai toscani che ieri hanno assistito allo spegnimento dell'altoforno della loro fabbrica. Una decisione che mette a rischio oltre 4.000 posti di lavoro (compreso l'indotto) e rischia di portare alla chiusura un altro pezzo strategico dell'industria italiana. All'appello del Papa fa eco, nel pomeriggio, il twitt di Matteo Renzi: «Oggi - scrive il premier - firmiamo il protocollo d'intesa per Piombino». Riunione al ministero dello Sviluppo per superare anche le ultime difficoltà: il governatore della Toscana Ernesto Rossi chiede di inserire nel protocollo anche opere infrastrutturali per il territorio. Al termine l'intesa è sostanzialmente raggiunta. Prevede tre linee di intervento. Accanto all'attuale altoforno verrà realizzato un forno elettrico per riutilizzare i rottami ferrosi recuperati dalla demolizione delle navi militari. Il secondo intervento previsto è infatti quello di adeguare il bacino del porto ad accogliere navi in demolizione. C'è già chi spera che tra le prime possa arrivare dalla vicina isola d'Elba la Costa Concordia. Il terzo livello di interventi riguarda le infrastrutture sul resto del territorio di Piombino. Il ministero dell'Ambiente garantisce 50 milioni di investimento, un altro centinaio dovrebbero arrivare dal Mise. Altri 60 sono stati garantiti dalla Regione Toscana. I lavoratori dovrebbero andare in solidarietà mentre si spera che la riconversione favorisca l'arrivo di acquirenti per l'acciaieria. LA SIDERURGIA italiana è commissariata. Piero Nardie Enrico Bondi governano (o provano a farlo) una capacità produttiva installata di oltre 20 milioni di tonnellate. Il cuore della nostra industria manifatturiera: il 47 per cento dei beni che l'Italia esporta all'estero è fatto di acciaio. Ma finora ce ne siamo curati abbastanza poco. Periodicamente la cronaca propone i casi disperati: l'inquinamento dell'Ilva di Taranto negli anni scorsi con il capitalismo ottocentesco della famiglia Riva, lo spegnimento dell'altoforno della ex Lucchini di Piombino ieri. «Ci preoccupiamo a singhiozzo- dice Rosario Rappo della Fiom - e non vediamo il pericolo più grande, che è la chiusura di un settore strategico per la nostra industrial manifatturiera». «Nel futuro prossimo rischiamo di avere un'economia a sovranità limitata», sintetizza Marco Bentivogli, segretario della Fim nazionale. Per una volta i metalmeccanici di Cgil e Cisl si trovano d'accordo. L'analisi non è confortante. Dei quasi 40 mila occupati dalle aziende siderurgiche italiane, 10.000 lavorano ai forni elettrici delle aziende del Nordest, tra Lombardiae Veneto. Sono le fabbriche del tondino, quelle che producono utilizzando come materia prima i rottami ferrosi. Un'opera meritoria di riciclo e un settore importante nell'economia italiana. Ma non è da quei forni che esce l'acciaio migliore. Quello di qualità viene prodotto dagli altoforni a ciclo continuo. I principali sono tre: quelli di Taranto, quello di Piombino, entrato ieri in stand by, e quello di Trieste (della ex Lucchini come Piombino) oggi in attesa di un nuovo proprietario. A Piombino e Trieste la famiglia Lucchini aveva consegnato progressivamente gli impianti ai russi di Severstal a partire dal 2005. Il magnate Aleksei Mordashov «ha spremuto l'altoforno senza investire nel rinnovamento. Quando l'impianto non gli serviva più è arrivato il commissariamento», racconta Rappo. Due milioni di capacità produttiva installata in Toscana e un milione a Trieste sono diventati a rischio. «A Piombino

SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 24/04/2014 25 24/04/2014 La Repubblica - Ed. nazionale Pag. 24 (diffusione:556325, tiratura:710716) La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa pagina. Il ritaglio stampa da intendersi per uso privato

- ricorda Bentivogli - tutti si sono innamorati dell'emiro giordano». L'emiro è Khaled al Habahbeh che con il motto «compro tutto» promette un investimento di 3 miliardi di euro nelle fabbriche di Piombino, Lecco e Condove, vicino a Torino. Per ora non è riuscito a convincere il governo italiano sulla sua effettiva capacità di spesa ma garantisce di avere uno suocero ricco. All'asta partecipano anche gli svizzeri di Klesh e un gruppo indiano. Il commissario Nardi e il governo dovranno decidere entro maggio. A Trieste la trattativa più avanzata sembra essere quella con il gruppo italiano Arvedi anche se proprio ieri è stata annunciata l'offerta di un secondo gruppo. Ben più complicata la situazione a Taranto dove nemmeno i decreti del governo riescono a dare a Enrico Bondi i soldi necessari a bonificare e ristrutturare lo stabilimento. Oggi da quella che formalmenteè ancora la fabbrica dei Riva escono 4-5 milioni di tonnellate di acciaio contro una capacità di 10. Gli altiforni sono gli unici in grado di produrre i binari dei treni e le lamiere per costruire elettrodomestici, automobili, navi. «Già oggi - dice Bentivogli - una parte dei tradizionali clienti della siderurgia italiana comincia a rivolgersi alle acciaierie straniere». «I gruppi europei volteggiano come avvoltoi sull'agonizzante siderurgia italiana», denuncia Rosario Rappo. Che aggiunge: «Oggi si stima che la capacità produttiva installata in Europa sia superiore di 20 milioni di tonnellate alle necessità, proprio l'equivalente della capacità delle acciaierie italiane». Come dire: rottamando la siderurgia italiana il resto d'Europa avrebbe il lavoro assicurato. «Che l'Europa si stia comportando in modo imparziale non si può proprio dire», aggiunge Bentivogli. E racconta la storia della Thyssen di Terni, acciaio di qualità prodotto nei forni elettrici, che aveva venduto l'impianto ai finlandesi di Outokumpu: «Il commissario Almunia ha bloccato l'operazione per una asserita posizione dominante del gruppo finlandese. Con il risultato che in una notte i tedeschi si sono ripresi lo stabilimento. I finlandesi avevano un articolato piano di rilancio. Quello di Thyssen dobbiamo ancora vederlo adesso». GLI APPELLI Ogni sforzo di creatività e di generosità. Per favore aprite gli occhi e non rimanete con le mani incrociate Oggi firmiamo il protocollo d'intesa sul futuro di Piombino con ministri e Regione Toscana Foto: FOTO:ANSA

SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 24/04/2014 26 24/04/2014 La Stampa - Ed. nazionale Pag. 22 (diffusione:309253, tiratura:418328) La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa pagina. Il ritaglio stampa da intendersi per uso privato Intervista "Se deve restare così è meglio abolirla" Boccia: è un compromesso che non funziona «In Francia va meglio perché sono colpiti anche i derivati» ALESSANDRO BARBERA ROMA

Onorevole Boccia, la tassa sulle transazioni finanziarie si rivela per quel che molti immaginavano: un'ottima ragione per far fuggire dall'Italia i già pochi capitali che vi circolano. «Con me sfonda una porta aperta. Sin dall'inizio dissi a Monti e Ceriani (ex sottosegretario all'Economia, ndr) che quell'impianto era un compromesso al ribasso. Questa è la Tobin del vorrei ma non posso: fu concordata con le banche e di fatto colpisce solo il mercato azionario e i derivati su azioni. Al massimo il 2-3% degli scambi». E invece? Secondo lei che tipo di tassa avremmo dovuto introdurre? «La mia proposta ricalcava quella già presentata dal Pd nel 2009 e fatta propria dal Parlamento europeo : u n a imposta molto bassa dello 0,05 per cento da applicare a tutte le transazioni a livello continentale». Perché non si scelse quella strada, posto che fosse giusta? «Sarkozy spinse per ragioni elettorali, Monti lo seguì, convinto che non ci fossero alternative. La montagna partorì il topolino, peccato faccia danni: colpisce l'azionario, non la speculazione vera come il trading on line. Fu una sciocchezza: se non riusciamo a modificare la norma, sarebbe meglio abolirla. Non è solo la mia opinione; l'abbiamo condivisa in un gruppo di lavoro a cui hanno partecipato i colleghi del Cinque Stelle». Il rapporto di Credit Suisse parla di un calo degli scambi del 30% in Italia, appena il 6% in Francia. Perché? «In Francia sono stati più rigidi, ricomprendendo nella tassazione i derivati. Per paradosso, quanto più allarghi la base imponibile, tanto più è probabile non ci sia un crollo delle transazioni. Essendo poi il nostro mercato molto legato a Londra, non escludo che molti gestori si siano di fatto spostati». Siamo sicuri che questa tassa, come tutte quelle di sapore moralistico, altro non si riveli come il solito boomerang? «No: c'è un pezzo di mondo finanziario che fa enormi profitti senza produrre valore. Ci vuole un po' di logica redistributiva». Ipotizziamo di allargare la base imponibile e la tassa al continente. Non pensa che i capitali troverebbero sempre un luogo in cui pagare meno? «Con la proposta che le ho descritto non accadrebbe. Di certo non accadrebbe in queste dimensioni. Non lo dico io, ma tutti i grandi operatori». Twitter @alexbarbera Foto: Presidente Foto: Francesco Boccia (Pd) è presidente della Commissione Bilancio della Camera dei Deputati

SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 24/04/2014 27 24/04/2014 MF - Ed. nazionale Pag. 1 (diffusione:104189, tiratura:173386) La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa pagina. Il ritaglio stampa da intendersi per uso privato COMMESSE PRE-IPO Msc bussa a Fincantieri per due navi da 700 mln Nicola Capuzzo

Msc bussa a Fincantieri per due navi da 700 mln/ (a pag. 6) Con la recente commessa di due navi da crociera ai cantieri Stx France (il valore è 1,4 miliardi di euro), in molti pensavano che per Fincantieri non ci fossero più speranze, almeno nel breve termine, di procurarsi nuovi ordini da Msc Crociere. In realtà, secondo quanto risulta a MF-Milano Finanza, da alcune settimane a Trieste proseguono ininterrottamente le trattative tra gli emissari di Gianluigi Aponte (patron di Msc) e i vertici del gruppo cantieristico guidato da Giuseppe Bono. Oggetto dei colloqui è la costruzione di altre due (che potrebbero diventare quattro) navi da crociera da almeno 150 mila tonnellate di stazza, per un investimento unitario superiore a 700 milioni di euro. D'altronde il progetto è pronto già da tempo, perché Fincantieri aveva cercato fino all'ultimo di strappare ai concorrenti francesi di Stx gli ordini poi annunciati lo scorso 20 marzo a Parigi. E dal momento che la commessa non è ancora stata formalizzata (in attesa delle garanzie finanziarie fornite dall'agenzia per il credito all'esportazione, la Coface), secondo alcune fonti Fincantieri sarebbe pronta ad approfittare di un eventuale passo falso sul traguardo dei francesi. Questa ipotesi, però, non giustificherebbe trattative così serrate come quelle che stanno avvenendo in questi giorni. Fonti vicine a una delle controparti fanno sapere che si tratta di un ulteriore (e parallelo) piano d'investimenti rispetto agli ordini inoltrati a Stx France, e fa notare le dichiarazioni recenti del top management di Msc Crociere e Fincantieri. Giuseppe Bono lo scorso dicembre, in occasione dell'annuncio del Programma Rinascimento per quattro navi classe Lirica, assegnato allo stabilimento Fincantieri di Palermo (del valore di 200 milioni di euro), aveva detto: «Abbiamo messo insieme i nostri team, è un investimento più importante del programma che stiamo presentando (appunto Rinascimento, ndr)». E alla domanda precisa su possibili lavori con Msc, Bono aveva detto: «Noi lavoriamo con tutti, ora stiamo discutendo, poi se alla fine si concludono i contratti dipende da tante cose, ci saranno altri contratti». Un mese fa a Miami il presidente di Msc Crociere, Pier Francesco Vago, aveva detto: «Puntiamo a raddoppiare la flotta nei prossimi 10 anni, in modo da trasportare 3,3 milioni di passeggeri nel 2024». E aveva parlato al plurale di «nuovi prototipi di navi nei prossimi anni». A Parigi, inoltre, a margine della conferenza stampa convocata per annunciare le commesse affidate a Stx, Vago alla domanda su eventuali ulteriori investimenti aveva detto: «Stiamo guardando anche altre cose; il piano d'investimenti della compagnia procederà a pieno ritmo anche nei prossimi anni». Il sistema Italia nel suo complesso (governo e istituzioni) duramente criticato proprio da Aponte per l'incapacità di attrarre lavoro, forse sta riuscendo a far cambiare idea al numero uno di Msc. Se, come pare, l'esito della trattativa sarà positivo (nel caso sarà lo stabilimento di Monfalcone a occuparsi della costruzione di queste due navi), un annuncio potrebbe arrivare già nelle prossime settimane, dando una bella spinta all'approdo in borsa di Fincantieri. (riproduzione riservata) Foto: Giuseppe Bono

SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 24/04/2014 28 24/04/2014 MF - Ed. nazionale Pag. 1 (diffusione:104189, tiratura:173386) La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa pagina. Il ritaglio stampa da intendersi per uso privato REMAKE DELL'AFFAIRE SORGENIA Anche Tirreno Power può fi nire alle banche Andrea Montanari

Anche Tirreno Power può fi nire alle banche/ (a pag. 10) Avalle del processo di ristrutturazione del debito miliardario (1,8 miliardi) di Sorgenia, advisor finanziari, studi legali, banche, azionisti e manager stanno lavorando alla messa in sicurezza di Tirreno Power. La società controllata al 50% da Gaz de France Suez e partecipata al 39% del gruppo energetico che fa riferimento alla Cir della famiglia De Benedetti si trova nella stessa situazione di difficoltà e stress finanziario avendo cumulato un debito che oscilla tra 800 milioni e 1 miliardo di euro. Così, secondo quanto appreso da più fonti vicine al dossier da MF-Milano Finanza, le parti in causa stanno studiando le varie soluzioni per la messa in sicurezza dell'azienda che gestisce la centrale di Vado Ligure (Savona). L'ipotesi più gettonata al momento è quella della conversione di buona parte dell'esposizione nel confronti del sistema creditizio in particolare di Mps, Unicredit e Intesa Sanpaolo, passando dall'applicazione dell'articolo 67 della legge fallimentare. La trattativa ruota sull'ammontare del debito oggetto della possibile conversione: si sta ragionando su una soglia di 5-600 milioni per lasciare un indebitamento di quasi 300 milioni a Tirreno Power. L'operazione non è così semplice, perché a differenza di quello che si sta prospettando per Sorgenia, dove le banche con la manovra da 600 milioni puntano a prendere la maggioranza della società, qua si vuole evitare il cambio di controllo. Ieri, intanto, la Procura savonese ha espresso parere negativo all'istanza di dissequestro dei gruppi VL3 e VL4 della centrale di Vado Ligure. Adesso toccherà al gip, Fiorenza Giorgi, decidere se accogliere o meno la richiesta dei legali di Tirreno Power. Che il parere del procuratore Francantonio Granero e del sostituto Chiara Maria Paolucci sia negativo, anche non è arrivata alcuna conferma ufficiale in merito, è certo: se i magistrati avessero accolto l'istanza, sarebbe stato superfluo il pronunciamento del giudice. Il fatto che il parere sia stato trasmesso all'ufficio del gip, si dice nei corridoi del tribunale ligure, presuppone che sia negativo. A questo punto, come riportava ieri l'edizione locale de La Stampa nella sua versione online, il giudice Giorgi, attraverso un'istruttoria documentale, dovrà valutare le richieste dell'azienda, le considerazioni della Procura e, se lo ritenesse opportuno, potrebbe anche disporre ulteriori accertamenti tecnici. Nel caso in cui fossero disposte nuove perizie, i tempi per la decisione potrebbero dilatarsi, ma in caso contrario una risposta potrebbe arrivare a giorni. L'istanza di Tirreno Power era stata presentata una decina di giorni fa per chiedere l'autorizzazione a un esercizio temporaneo della centrale vista la necessità di smaltire il carbone stoccato nel carbonile della centrale, a rischio ossidazione, attraverso la combustione. Ieri, intanto, Cir e la controllante Cofide hanno annunciato che in seguito all'allungamento dei tempi per la definizione della ristrutturazione di Sorgenia (che a tutt'oggi non ha approvato i conti dello scorso anno) i relativi cda per l'esame del bilancio 2013 e della trimestrale al 31 marzo, già programmati per il 28 aprile, si terranno il prossimo 5 giugno. Mentre le assemblee degli azionisti delle due holding che fanno capo ai De Benedetti, già previste per il 10 giugno, si terranno il 30 giugno. (riproduzione riservata) Foto: La centrale di Vado Ligure

SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 24/04/2014 29 24/04/2014 MF - Ed. nazionale Pag. 2 (diffusione:104189, tiratura:173386) La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa pagina. Il ritaglio stampa da intendersi per uso privato

Ardian raccoglie fondo di fondi da 10 miliardi di dollari Claudia Cervini

Nuova operazione record per Ardian (ex Axa Private Equity). La società di investimento ha annunciato ieri di aver chiuso a 10 miliardi di dollari la raccolta del nuovo veicolo che investirà in strumenti di private equity sia a livello primario (fondi di private equity) sia a livello secondario (fondi che investono in fondi di private equity). Dei 10 miliardi raccolti (sottoscritti da investitori di tutto il mondo), 9 miliardi di dollari saranno destinati a sottoscrivere impegni in fondi di fondi e un miliardo in private equity attivi a livello primario. «Da inizio 2014», ha comunicato la società, «Ardian ha già impegnato oltre 2 miliardi di dollari attraverso tre operazioni di mercato secondario». Tra queste, l'acquisizione di portafogli di buyout and growth da una primaria istituzione finanziaria per circa 600 milioni di dollari. In precedenza, tra settembre 2012 e la fine del 2013, Ardian aveva concluso 21 operazioni per un valore superiore a 4,3 miliardi. «Alla luce di ciò», prosegue la nota, «la società ritiene che in futuro non mancheranno opportunità a sostegno di un deal flow di mercato secondario di alta qualità. L'importo di 10 miliardi rappresenta un record per questa categoria, a dimostrazione del costante interesse degli investitori per l'asset class». (riproduzione riservata)

SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 24/04/2014 30 24/04/2014 MF - Ed. nazionale Pag. 7 (diffusione:104189, tiratura:173386) La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa pagina. Il ritaglio stampa da intendersi per uso privato DEFINITO IL PERIMETRO DELLA NEWCO DA PRIVATIZZARE. IN VENDITA SOLO LA CONCESSIONE Grandi Stazioni modello duty free Gli immobili non finiranno nella società Spin-off completato entro l'estate, asta al via a settembre. Introiti per 6-800 mln Luisa Leone

Il nome c'è già. Si chiamerà Grandi Stazioni Retail la newco in cui confluiranno le attività di Grandi Stazioni, società controllata da Ferrovie dello Stato e partecipata al 40% dai gruppi Pirelli, Caltagirone e Benetton, che dovrebbe essere completamente privatizzata entro l'anno. Nella nuova società, in base al piano elaborato da McKinsey per gli azionisti, confluiranno però solo le attività legate alla gestione commerciale degli spazi, diversamente da quanto attendevano, e in certi casi auspicavano, gli operatori real estate, che puntavano all'inserimento nel pacchetto anche degli immobili che ospitano negozi e punti di ristoro. Anche con questo perimetro comunque il boccone non è piccolo, visto che Grandi Stazioni gestisce le 13 principali stazioni italiane, tra cui quelle di Roma (Termini e Tiburtina), Milano Centrale, Torino Porta Nuova, oltre a quelle di Praga Centrale e Mariànské Lànze in Repubblica Ceca. Si tratta di una rete da cui transitano 700 milioni di persone ogni anno per un totale di 1,8 milioni di metri quadrati, di cui 140 mila dedicati ad attività commerciali e 340 mila a uffici e magazzini. Guardando al conto economico, dall'ultimo bilancio disponibile, quello del 2012, emerge che Grandi Stazioni può contare su un giro d'affari di 200 milioni, un ebitda di circa 50 milioni e un utile di 20,5 milioni, con un indebitamento di 198 milioni. Numeri che potrebbero attirare soprattutto fondi di private equity e operatori specializzati nel retail e nella ristorazione, i quali potrebbero contare su una durata residua della concessione (40 anni a partire dal 2000) di oltre 25 anni. Tuttavia la differenza tra una newco con o senza immobili non è da poco, soprattutto per le casse dello Stato, azionista unico di Ferrovie. Dalla vendita delle sole attività di gestione delle stazioni, infatti, secondo voci di mercato, si potranno spuntare tra 600 e 800 milioni, mentre se si fosse deciso di mettere sul piatto anche le gallerie commerciali di grandi scali come Milano o Roma, la cifra sarebbe potuta arrivare anche a un paio di miliardi di euro. Tuttavia ormai il dado sembra tratto e, dopo la scelta di Rothschild come advisor per l'operazione, la squadra al lavoro sulla cessione, coordinata dal direttore Strategie e Pianificazione di Fs Barbara Morgante, procederà spedita. Se tutto andrà per il verso giusto, entro l'estate dovrebbe essere concluso lo spin-off e costituita la newco, in modo da poter far partire gli information memorandum diretti ai possibili interessati già a settembre. La tempistica è importante, visto che per la fine dell'anno il governo Renzi ha promesso di portare a casa dalle privatizzazioni, tra cui è compresa anche quella di Grandi Stazioni, lo 0,7% del prodotto interno lordo, cioè un importo compreso tra 10 e 12 miliardi di euro. (riproduzione riservata) Foto: Mauro Moretti

SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 24/04/2014 31 24/04/2014 Panorama - N.18 - 30 aprile 2014 Pag. 22 (diffusione:446553, tiratura:561533) La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa pagina. Il ritaglio stampa da intendersi per uso privato scenari _economia Quel genio che guida BlackRock Dietro i massicci investimenti in Piazza Affari (il prossimo riguarda Mps) c'è il software Aladin. (Ugo Bertone)

La «Pietra nera» ha appena staccato un assegno superiore ai 100 milioni di euro per aderire all'aumento di capitale del Banco Popolare. Poco meno di 300 milioni serviranno per partecipare all'operazione Monte Paschi senza diluire la partecipazione acquisita al momento delle grandi vendite della Fondazione. Nell'attesa di operazioni più impegnative, intanto, i gestori di BlackRock hanno puntato un chip di 77,5 milioni di Ei Towers, in occasione delle vendite da parte di Mediaset: poca roba per una società che nel primo trimestre ha registrato profitti per 756 milioni, e che gestisce, sulla base delle indicazioni di Aladin, il formidabile software di sua proprietà, un patrimonio di 4.300 miliardi, più del doppio del debito pubblico italiano. Ma l'elenco delle partecipazioni in Italia è destinato ad aggiornarsi in tempo reale viste le intenzioni del gigante Usa. In Piazza Affari vanta ormai investimenti da 20 miliardi che fanno della società di Lawrence Fink, un'infanzia da commesso nel negozio di calzature del padre, il secondo azionista nelle prime cinque banche italiane (Unicredit, Intesa, Mps, Banco Popolare e Ubi) oltre che in Azimut e in Telecom Italia. Ma anche con quote rilevanti in Generali, Mediobanca e fino a pochi mesi fa, con il solito 5 per cento, in Atlantia e Prysmian. Niente di strano per una società che possiede negli Usa il 5,1 per cento di Apple, di cui è il primo azionista così come in Exxon (5,4), Google (5,8) o General Electric (5,5). Ma dove vuole arrivare BlackRock? «Non siamo raider, speculatori o partner di questa o quella cordata come purtroppo ci hanno dipinto» ha dichiarato il country manager Andrea Viganò. Resta il fatto che BlackRock, già scelto come advisor da Barack Obama per le pulizie bancarie e consulente di Irlanda e Grecia, sembra il soggetto adatto per dare vita al fondo dei fondi che dovrebbe favorire, assieme alla Cdp, il decollo di un mercato per i minibond (vedi articolo a pagina 21). Un buon affare da strappare a Stephen Schwarzman di Blackstone, per cui Fink nutre cordiale inimicizia. 20 il valore degli investimenti BlackRock in Italia. miliardi di euro Foto: lawrence Fink, numero uno della società.

SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 24/04/2014 32 24/04/2014 Panorama - N.18 - 30 aprile 2014 Pag. 62 (diffusione:446553, tiratura:561533) La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa pagina. Il ritaglio stampa da intendersi per uso privato Nomine INTERVISTA Lottizzati, ma da 7 + Perché uno vuole diventare consigliere di amministrazione di un'impresa di Stato? Per Chicco Testa, ex Enel, lo fa per «visibilità, compensi, esperienza. Una volta succedevano cose turche, oggi vengono scelte persone serie. Anche se la politica conta ancora». Marco Cobianchi

Faccio cose, vedo gente, sono consigliere dell'Enel. Non è passato molto tempo da quando un posto in una società pubblica non lo si negava a nessuno. Se potessero parlare quelle poltrone racconterebbero dei veri motivi per i quali le terga dei consiglieri vi si sono adagiate. Se potessero parlare racconterebbero dei mille politici trombati per i quali un posto in un consiglio d'amministrazione era il lasciapassare per finire sulle pagine dei giornali o nelle cene della Roma godona (copyright Dagospia) con l'aria annoiata di chi non ha nulla da fare ma lo fa benissimo. Uno che di personaggi così ne ha visti tanti è Chicco Testa, presidente dell'Enel dal 1996 al 2002, quando Franco Tatò era amministratore delegato. Testa nei consigli d'amministrazione ci vive con quella indaffarata leggerezza che lo rende un personaggio unico nel mondo delle poltrone italiane ed è la persona giusta per sapere, esattamente, precisamente, francamente, uno, in un consiglio d'amministrazione di una società pubblica, che ci sta a fare? «Uno entra in una società pubblica per tanti motivi: visibilità, compensi, per farsi un'esperienza... Ormai fare il consigliere è una cosa seria. Una volta succedevano cose turche, adesso non più». Turche in che senso? Beh, oggi non si può più raccomandare l'amante. Quel mondo è finito: da quando le società pubbliche sono quotate in borsa entrano solo persone serie. Ma in quelle che non sono quotate in borsa entra chiunque, oggettivamente. Non mi intendo di piccole aziende. Nelle grandi è diverso. Io, da presidente dell'Enel avevo in consiglio d'amministrazione gente con i controcazzi: Franco Morganti, Lorenzo Pelliccioli, Francesco Taranto... Gente che a Tatò faceva vedere i sorci verdi. Addirittura? Uh, come no! Fare il consigliere d'amministrazione è un mestiere? Sì, ci sono personaggi, più milanesi che romani, devo dire, che lo fanno di mestiere. Certo, se si sta in un'azienda pubblica bisogna accontentarsi. Lei in questo momento in quanti consigli d'amministrazione siede? A parte le attività personali, in tre: presidente del Cda della Telit, consigliere di Idea Capital e di MedOil, una società quotata, inglese, che cerca di sbarcare in Italia con incredibile difficoltà. E quanto guadagna? Da Telit 300 mila euro, da Idea Capital 70 mila e da Medoil 35 mila. Ma ho fatto anche il consigliere per 5 mila. Se ora entrasse nel cda di un'azienda pubblica se li sognerebbe tutti quei soldi. A parte il fatto che il titolo Telit ha fatto il più 171 per cento in un anno, io al pubblico ho già dato. Chi è il peggior consigliere d'amministrazione? Il neofita che vuole cambiare il mondo e il professore che vuole spiegare al mondo come deve funzionare. E i migliori? L'ex manager, perché ha esperienza ed è disinteressato, e l'imprenditore, che conosce il mercato. Che ne pensa delle persone che Renzi ha nominato in Eni, Enel e Finmeccanica? Sono il risultato del combinato disposto del lavoro degli head hunter, della sensibilità del premier e delle indicazioni dei rappresentanti dei partiti. In che percentuale? Un terzo, un terzo e un terzo. Ma come, non doveva essere il trionfo della meritocrazia? Beh, ma sono tutte persone da 7 più. Quindi, concludendo, si può dire che la lottizzazione... Che brutta parola...... è cambiata perché una volta si prendeva chiunque fosse affidabile, adesso si prende qualcuno che sia bravo e metta d'accordo premier, partiti e cacciatori di teste. Mi pare un miglioramento notevole. Ma sempre lottizzazione è. Che brutta parola... © riproduzione riservata Dal Pci al capitale Chicco Testa, 62 anni, ex presidente dell'Enel con un passato in Legambiente e nel Pci.

SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 24/04/2014 33

SCENARIO PMI

5 articoli 24/04/2014 Il Giornale - Ed. nazionale Pag. 26 (diffusione:192677, tiratura:292798) La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa pagina. Il ritaglio stampa da intendersi per uso privato

DOPO LA CRISI La seconda vita del gruppo Ing riparte dalle pmi Cinzia Meoni

Metamorfosi per Ing Group che si prepara a chiudere la ristrutturazione, a tornare a distribuire cedole (dal 2015) e a rilanciarsi come puro gruppo bancario (da conglomerato bancassurance quale era fino alla crisi del 2008). In Italia la società olandese punta a crescere e a diventare uno degli istituti finanziari di riferimento del Paese, grazie al completamento della gamma prodotti e alle nuove iniziative nelle pmi. «Siamo nella fase conclusiva della ristrutturazione, il nostro programma di disinvestimentiper ripagare lo Stato olandese è quasi completo(Ing harestituito 12,5 dei 13,5 miliardi dovuti) e siamo pronti a guardare avanti», dice Ralph Hamers, numero uno del gruppo, a Milano per la presentazione della nuova strategia che partirà da 32 milioni di clienti e da una presenza capillare (40 Paesi dal giusto mix di potenziale di miglioramento). Quanto all'Italia, Ing, dopo aver attaccato il risparmio privato (Ing Direct è la prima banca online con oltre un milione di clienti), il gruppo punta a espandersi nei servizi alle imprese, nelle proposte di finanziamento e nelle iniziative commerciali anche entrando nel segmento delle pmi. L'obiettivo è quello di «triplicare il bilancio entro il 2017 con 500mila clienti in più», ribadisce Don Koch, numero uno in Italia. In dettaglio, da noi, entro il 2020, Ing si propone di raddoppiare la raccolta retail e commercial banking dai 15 miliardi attuali a 30; di raddoppiare gli asset retail attuali (8 miliardi); e di toccare quota 1-2 miliardi nelle attività dirette alle piccole e medie imprese. Per ottenere simili risultati, Ing è pronta ad aggiungere ulteriori 150-200 milioni di investimenti destinati, nei prossimi anni, al nostro Paese rispetto a quanto già attualmente a budget e non svelato dal top management. Foto: Arancio Il ceo Ralph Hamers

SCENARIO PMI - Rassegna Stampa 24/04/2014 35 24/04/2014 ItaliaOggi Pag. 30 (diffusione:88538, tiratura:156000) La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa pagina. Il ritaglio stampa da intendersi per uso privato

L'Europa guida l'espansione: indice Pmi a 54 punti

È l'Europa a guidare la classifica dell'espansione mondiale. L'indice Pmi manifatturiero Hsbc cinese preliminare è infatti salito a quota 48,3 punti ad aprile, in rialzo rispetto ai 48 punti del dato defi nitivo di marzo, ma sempre sotto la soglia di 50, che indica la fase espansiva dell'economia. L'indice Pmi europeo è stato invece guidato dalla Germania. È salito a 54 punti, dai 53,1 di marzo (53,1 il consenso). L'indice Pmi flash manifatturiero è passato da 53 a 53,3 punti e quello dei servizi da 52,1 a 53,1 punti. L'indice complessivo flash della Germania ad aprile è cresciuto da 54,3 a 56,3 punti, mentre quello manifatturiero è avanzata da 53,7 a 54,2 punti e quello dei servizi da 53,4 a 55 punti. In Francia invece l'indice Pmi ash complessivo ha rallentato da 51,8 a 50,5 punti, mentre quello manifatturiero ha ceduto da 52,1 a 50,9 punti e quello dei servizi da 51,5 a 50,3 punti. Gli indici Pmi dell'Eurozona, secondo gli analisti di Newedge, hanno superato le previsioni del consenso, grazie alla solida performance oltre le attese della Germania che si conferma il principale motore dell'economia europea. I Pmi di ieri, hanno detto gli esperti, «rappresentano certamente una bella notizia e dimostrano che il recupero dell'economia dell'Eurozona sta guadagnando un certo slancio». Tuttavia, «le divergenze tra i principali paesi dell'area euro restano ampie e ci aspettiamo che la Bce continui a monitorare il rischio frammentazione» in Europa. Infi ne, la stima preliminare dell'indice Pmi manifatturiero degli Stati Uniti di aprile si è attestata a 55,4 punti, in lieve calo rispetto ai 55,5 punti di marzo.

SCENARIO PMI - Rassegna Stampa 24/04/2014 36 24/04/2014 ItaliaOggi Pag. 2 (diffusione:88538, tiratura:156000) La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa pagina. Il ritaglio stampa da intendersi per uso privato

BREVI

NeroGiardini, nuovo monomarca a Marghera. NeroGiardini prosegue la sua espansione retail inaugurando un punto vendita monomarca a Marghera (in provincia di Venezia), all'interno del Centro commerciale Nave De Vero, il nuovo mall che ha aperto lo scorso 16 aprile. A poche settimane dall'apertura del monomarca di Marcianise (in provincia di Caserta), quella di Marghera è la 26esima vetrina di proprietà a insegna NeroGiardini, che va ad aggiungersi ai 30 negozi in franchising e ai 55 shop in shop. Guidata da Enrico Bracalente, l'azienda si prepara entro il primo semestre 2014 ad inaugurare anche altri due punti vendita monomarca in Italia. La politica di espansione del brand marchigiano punta, entro il 2018, a raggiungere in Italia 80 punti vendita monomarca, 50 in franchising, 300 shop in shop e circa 1.000 clienti multimarca. Primi sui Motori e Triboo Media, intesa per le pmi. Primi sui Motori, attiva in Italia nei servizi di digital marketing e posizionamento sui motori di ricerca (Seo), e Triboo Media, azienda specializzata nella pubblicità online, hanno siglato un accordo in esclusiva che permetterà la vendita dei servizi locali di Triboo Media da parte di Primi sui Motori. All'interno di Leonardo.it, property editoriale di Triboo Media, verrà realizzata per Primi sui Motori e in esclusiva sul mercato delle piccole medie imprese la directory aziende.leonardo.it che, attraverso la geolocalizzazione regionale, consentirà alle pmi di accedere a servizi display (banner) e directory fi no ad oggi disponibile solo per le grandi aziende. Il portale Leonardo.it offre a oggi 15 canali tematici. Foto: Il nuovo monomarca NeroGiardini di Marghera

SCENARIO PMI - Rassegna Stampa 24/04/2014 37 24/04/2014 MF - Ed. nazionale Pag. 1 (diffusione:104189, tiratura:173386) La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa pagina. Il ritaglio stampa da intendersi per uso privato COMMENTI & ANALISI Pechino vuole alzare il piede dal freno Tutte le borse ci sperano molto Matteo Radaelli

Pechino vuole alzare il piede dal freno Tutte le borse ci sperano molto/ (a pag. 14) Il pil cinese è cresciuto più delle attese nel primo trimestre dell'anno, ma conferma che un rallentamento è in atto. Nel periodo, la seconda economia mondiale è cresciuta del 7,4% annuo, più del 7,3% atteso dagli economisti interpellati da Bloomberg, ma meno del 7,7% del quarto trimestre 2013. È il tasso di crescita più basso degli ultimi sei trimestri, segno che il rallentamento tanto temuto dagli economisti si stia concretizzando. Tale tendenza è ancora più evidente considerando il dato trimestrale. Rispetto agli ultimi tre mesi del 2013 l'economia cinese è crescita solo dell'1,4%, in calo dall'1,7% trimestrale dell'ultimo trimestre 2013. Alcuni economisti, inoltre, hanno evidenziato come questi dati sembrino troppo alti alla luce dei dati mensili pubblicati in precedenza dall'ufficio cinese di statistica. Per esempio Liu Li-Gang di Anz sottolinea come il dato sulla produzione industriale del mese di marzo (+8,8% annuo contro attese di +9%) sarebbe in linea con una crescita del pil tra il 7 e il 7,2%. Altro dato che in marzo ha deluso le attese è stato quello sugli investimenti fissi, saliti del 17,6% annuo contro il 18% delle attese e il 17,9% di febbraio, mentre le vendite al dettaglio hanno leggermente superato le attese salendo del 12,2% annuo, contro stime di consensus del 12,1%. I dati di maggior rilievo pubblicati in settimana in Cina sono però stati quelli relativi al credito. La definizione più ampia, che considera anche i prestiti del sistema bancario ombra, è diminuita del 19% rispetto allo scorso anno, sottolineando come i rischi di un credit crunch stiano salendo. Un messaggio simile arriva anche dagli aggregati monetari di marzo. La M2 è aumentata del 12,1% annuo, in calo dal 13,3% di febbraio e meno del 13% stimato dal consensus. L'andamento negativo del mercato del credito si è già fatto sentire sul mercato immobiliare. Nei primi tre mesi dell'anno il valore delle case vendute è sceso del 5,2% annuo e gli investimenti nel mattone, seppure in rialzo del 16,8%, sono ai minimi dal 2009. La situazione è ancora più critica nelle città cosiddette di terza e quarta fascia, in cui la popolazione oscilla tra le 500 mila unità e qualche milione. Un forte rallentamento del mercato immobiliare assesterebbe un colpo all'economia cinese, anche se le possibilità che ciò possa accadere come negli Usa dopo la crisi del 2007 sembrano più basse, dato il minore ricorso al debito da parte delle famiglie per acquistare casa. Secondo Moody's, il settore immobiliare ha rappresentato il 23% del pil nel 2013, più del doppio rispetto al picco del 10% registrato negli Stati Uniti nel 2006. Alla luce di questi dati si capisce perché il governo sia già intervenuto a inizio anno con un pacchetto di misure volto a rilanciare la crescita e imperniato sugli investimenti nelle ferrovie e su riduzioni delle tasse per le piccole imprese, . Gli economisti di Citigroup e Bank of America, inoltre, ritengono possibile che il governo riveda le norme adottate negli ultimi anni per frenare la crescita del mercato immobiliare. Dopo i dati del primo trimestre si sono fatte più forti le attese che le autorità monetarie e fiscali possano intervenire in maniera più forte nei prossimi mesi per sostenere la crescita e raggiungere l'obiettivo di un'espansione del 7,5%. Per gli economisti la prossima mossa potrebbe essere decisa dalla Banca centrale per contrastare la riduzione della crescita dei depositi. La mossa più probabile sembra un taglio della riserva obbligatoria delle banche commerciali presso l'istituto centrale, misura già adottata per le banche attive nelle zone rurali. Zhang Zhiwei di Nomura ritiene probabile che ciò accada già nel secondo trimestre. Altrimenti, secondo l'economista, la crescita del pil potrebbe scendere sotto il 7% nel secondo e nel terzo trimestre. Tuttavia anche nei prossimi mesi gli interventi potrebbero essere contenuti, in linea con le dichiarazioni del Premier Li Keqiang, secondo il quale non sta al governo intervenire in risposta a variazioni temporanee del ciclo. La reazione di Pechino alla frenata dell'economia è il punto di maggiore rilievo non solo per l'economia ma anche per i mercati finanziari. L'indice della borsa di Shanghai è praticamente invariato da inizio anno. Dalla sorte dell'economia cinese, però, dipenderà anche la sorte delle altre piazze internazionali. Difficilmente, infatti, un credit crunch della seconda economia mondiale non avrebbe conseguenze anche sui mercati occidentali. Nelle prossime settimane le borse occidentali saranno sempre più influenzate dalle decisioni prese in Cina. (riproduzione

SCENARIO PMI - Rassegna Stampa 24/04/2014 38 24/04/2014 MF - Ed. nazionale Pag. 1 (diffusione:104189, tiratura:173386) La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa pagina. Il ritaglio stampa da intendersi per uso privato

riservata)

SCENARIO PMI - Rassegna Stampa 24/04/2014 39 24/04/2014 Panorama - N.18 - 30 aprile 2014 Pag. 21 (diffusione:446553, tiratura:561533) La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa pagina. Il ritaglio stampa da intendersi per uso privato economia scenari_ Maxi affari con i minibond Finora le obbligazioni emesse da piccole e medie aziende hanno raccolto 5 miliardi di euro. Ma è un mercato che potrebbe sfondare quota 50. (Mikol Belluzzi)

Aumentano a 330 miliardi di euro i debiti finanziari delle aziende in scadenza quest'anno. Una montagna di passività che in passato il sistema bancario finanziava senza batter ciglio, ma che ora, con i rubinetti del credito a secco, le imprese devono cercare altrove. Anche nei minibond, le nuove obbligazioni societarie emesse da piccole e medie imprese e quotate sul segmento professionale di Borsa Extra Mot Pro: gli unici requisiti per le aziende che accedono allo strumento sono l'avere pubblicato il bilancio degli ultimi due esercizi e un documento con alcune informazioni essenziali, mentre la quotazione su questo mercato dedicato garantisce una serie di benefici fiscali, tra cui la detraibilità degli interessi passivi e dei costi di emissione. Per il momento sul listino hanno debuttato oltre 30 aziende con quasi 50 emissioni, dalla piccola società d'ingegneria torinese Caar, con i suoi 3 milioni di euro di bond, fino ai 275 milioni del colosso dei giochi Sisal. Il controvalore raccolto è di 5 miliardi, ma il mercato dei minibond potrebbe arrivare a 50 miliardi annui se davvero, come stima il Cerved, in Italia ci sono almeno 35 mila aziende con i requisiti giusti. Anche gli operatori si stanno attrezzando per quella che dovrebbe essere la «next big thing» del 2014: in pista sono già scesi una decina di prodotti dedicati ai minibond proposti da operatori finanziari come Mps, Bnp Paribas e Azimut, mentre altrettanti sono in fase di lancio, come nel caso di Unicredit e di Sace, il gruppo che assicura il credito all'export, che ha in preparazione un fondo chiuso da 350 milioni. Ma chi sono gli acquirenti di questi prodotti? «C'è molto interesse da parte di piccoli istituti di credito, Fondazioni bancarie e assicurazioni» dice Marco Rosati, amministratore delegato di Zenit, che sta lanciando un fondo per minibond da 100 milioni. «E chissà che in un prossimo futuro questo mercato possa aprire anche ai risparmiatori privati». © riproduzione riservata

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