Università Degli Studi Di Salerno
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Università degli studi di Salerno Dipartimento di Teoria e Storia delle Istituzioni Tesi di Dottorato in Teoria e Storia delle Istituzioni. Il declino dello Stato – Nazione Il positivismo e il modernismo nella dialettica sociale del primo ‘900. La funzione de “Il Fenomeno Umano” in Pierre Teilhard De Chardin Tutor Candidato Ch.mo Prof. Alfonso Tortora Dott. Aniello Califano Coordinatore Ch.mo Prof. Antonio Scocozza Anno accademico 2010-2011 INDICE Introduzione p. 3 I. Modernismo 31 1. «Il compendio e veleno di tutte le eresie»: Il Modernismo 31 2. Due anime, un solo corpo: cattolicesimo e modernità 37 3. L’esperimento americano: Isaac Thomas Hecker 45 4. L’ora di Alfred Loisy 47 5. La Pascendi Dominici Gregis 52 6. Modernismo, modernismi, un problema per la cattolicità 60 II. A partire da Eiseley 71 1. Nulla species novae 71 2. L’Histoire naturelle: da Linneo al secolo dei Lumi 77 3. L’Ottocento il secolo di Darwin 85 III. Tra naturalismo e scienza: il dibattito scientifico tra ‘800 e ‘900 97 1. Meccanicismo e vitalismo 97 2. Sul finire del secolo XIX: il dibattito sulla natura dell’Uomo 102 3. L’embriologia sperimentale 108 4. Olismo, emergentismo, organicismo, finalismo 115 5. Il materialismo dialettico di Needham, Bernal e J. B. S. Haldane 120 6. La teologia evolutiva 122 IV. Il paleontologo Teilhard de Chardin 127 1. L’uomo di Dio e l’uomo di scienza 127 2. Il Fenomeno Umano 146 3. L’evoluzione in De Chardin 152 V. L’eresia di Pierre Teilhard de Chardin 163 1. L’eresia teilhardiana e il dibattito in seno alla Chiesa 163 2. L’insegnamento all’Institut Catholique e la Nota del 1922 171 3. Il Creato nell’ottica di De Chardin 175 4. Il processo inquisitoriale 184 5. La riabilitazione 199 Bibliografia 220 INTRODUZIONE Il sentiero filosofico occidentale è sempre stato caratterizzato dalla ricerca di una “scienza”, di un sapere universale che deve sempre di più fare i conti con le diverse scienze , le svariate forme cioè in cui il sapere si è parcellizzato all’alba della modernità 1. Per secoli la filosofia, intesa quale strumento di ricerca e di conoscenza, è stato il sentiero esplorativo dell’ignoto; oggi, invece, la filosofia è vista come strumento di indagine confinato nello spazio del puro discorrere, un’analisi di puro egotismo intellettuale , che non può più rischiarare alcuna ombra dell’ignoto, divenuto proprio con la modernità dominio inattaccabile delle scienze e, quindi, di quelle forme di sapere legate a dati tecnici, scientifici, empirici. Lo stato dei fatti ci consegna l’idea che oggi la verità è data dalla correttezza del computo scientifico e non è più, dunque, la realtà da scoprire, squarciando il “velo di Maya”. Mutano in questo scenario i riferimenti relazionali su cui si innesta il rapporto tra l’uomo e il sapere e, più in generale, i rapporti tra l’Uomo e la Natura. Fin dalle origini storiche del pensiero occidentale l’uomo si è posto quale indagatore della natura nei suoi processi dinamici, passando da un’epoca cosmologica, in cui il filosofo cerca la verità sulla natura non per dominare, ma per conoscere la realtà dalle inesorabili leggi del cosmo, ad una fase medievale in cui la verità che la filosofia cerca è la verità che la teologia trova, così che ogni sapere viene letto alla luce di una universalità teleologica in cui il fine coincide sempre con Dio 2. L’uomo, allora, copula Dei , governa sul creato per volontà dello stesso Dio che lo ha generato a sua immagine e somiglianza. Infine, la fase della modernità, in cui 1 F. Marino, Bioetica sociale tra scienza e vita , Aracne, Roma, 2007, p. 11 2Ibidem , p.12 l’universalità cosmologica dei tempi antichi e l’universalità divina medievale sono sostituite dalla supremazia della Ragione, che sembra dominare la realtà e la stessa natura, ora oggetto nelle mani di un “Uomo Razionale”, il quale detta le regole e piega alla sua volontà la natura stessa. Cambia, dunque, lo scenario relazionale tra “uomo” e “natura”, reso antitetico dalla modernità e crolla, pertanto, l’antica armonia cosmologica. L’uomo comincia a comprendere, prima, e a meglio dominare la natura sia in termini conoscitivi, ponendosi delle domande sulla reale natura della natura stessa, sia in termini costitutivi, chiarendo i compiti, le possibilità e i limiti della stessa 3. Negli anni Settanta del secolo scorso, Potter, di fronte ai pericoli di una scienza senza coscienza, introduce, non per la prima volta, ma in maniera rinnovata, l’idea di un ponte capace di riunire etica e ricerca scientifica 4. Già nel 1959, a cent’anni dalla pubblicazione de L’origine delle specie di Charles Darwin, lo scienziato inglese Charles Percy Snow diede alle stampe un volume dal titolo Le due culture e la rivoluzione scientifica 5, intendendo così dare un suo particolare contributo al già complesso dibattito apertosi almeno da tre secoli tra scienza e fede. Nelle intenzioni dello scienziato inglese Le due culture erano riconducibili tanto al mondo dei letterati quanto a quello degli scienziati, anche se, entrambi, gli apparivano racchiusi nel sarcofago delle loro competenze. Così, per Snow, mentre i letterati ignoravano l’importanza divulgativa delle opere scientifiche, i secondi non prestavano sufficiente attenzione al risvolto culturale del loro lavoro. Nella seconda edizione del volume di Snow si introduceva un concetto nuovo, quello 3 In Italia, negli ultimi anni, il dibattito intorno all’intervento umano in natura ha trovato canalizzazione nell’approvazione della legge n.40 del 2004, che disciplina il delicato tema della procreazione medicalmente assistita. Un quadro chiaro in materia lo presenta il lavoro do A. Scalisi, Lo statuto giuridico dell’embrione umano alla luce della legge n.40 del 2004, in tema di procreazione assistita , in Famiglia e Diritto , n.2 del 2005, p. 203-220. 4 Cfr., su ciò, E. Nagel, La struttura della scienza. Problemi di logica della spiegazione scientifica , trad. it., Milano 1984 5. 5 Si fa riferimento alla prima edizione di C.P. Snow, The two cultures and the scientific revolution , Cambridge University press, UK, 1959. della “la terza cultura” 6, che nelle intenzione dell’autore avrebbe avuto il compito di risanare la secolare frattura tra i due campi, quello più propriamente scientifico e quello a sfondo umanistico. Il lavoro dello scrittore e scienziato inglese fu di indiscutibile rilevanza per un più ampio dibattito, che investì il mondo culturale europeo e d’oltreoceano. Sarà Lepenies 7, raccogliendo gli studi di Snow sulla terza cultura, ad indicare, nella sociologia, l’opera di sintesi, quasi di mediazione, delle due culture. Per Serres 8 , invece, sembrava necessaria l’esigenza di pensare in termini globali, staccando i settori del sapere dagli –ismi della tradizione filosofica. Era ravvisabile, dunque, nelle intenzioni dello scrittore francese [Michel Serres], la critica mossa alla cultura del proprio paese — e più in generale a quella europea — di avere diviso la società in due tronconi: da una parte le persone colte, i letterati, privi, tuttavia, di conoscenze scientifiche, e dall’altra gli uomini di scienza, monchi, a suo dire, di una vera cultura. Per il fisico Capra, invece, il dibattito viveva ancora in un’epoca di transizione. Scriveva Capra: «la trasformazione che stiamo sperimentando oggi potrebbe essere 6 C.P. Snow, The two cultures and a second look. an expanded version of the two cultures and the scientific revolution , Cambridge Univ. Press, Cambridge, UK 1964, Trad. it. Le due culture, Feltrinelli, Milano, 1977. Quando il 7 maggio 1959 all'Università di Cambridge, presso l'annuale Sir Robert Rede's Lecturer un fisico e scrittore inglese tiene una conferenza dal titolo “The Two Cultures” con la quale attribuisce molti problemi politici, ambientali e culturali mondiali del tempo alla rottura di comunicazione che è avvenuta tra la scienza e le discipline umanistiche, si capisce subito che la sua definizione delle “due culture”, tanto semplice quanto controversa, diventerà un topos dei dibattiti culturali ed epistemologici della seconda metà del Novecento. Charles Percy Snow ha voluto valorizzare la scienza di fronte a una tendenza isolazionista che ha contraddistinto gli intellettuali del periodo. Nella sua opera Snow «descrive l’incomprensione che divide gli umanisti dagli scienziati e, cercando di indagarne i malintesi, osserva che i non-scienziati hanno una radicata impressione che gli scienziati siano animati da un ottimismo superficiale e che non abbiano coscienza della condizione dell’uomo. D’altra parte, gli scienziati credono che i letterati siano totalmente privi di preveggenza e nutrono un particolare disinteresse per gli uomini loro fratelli» (cfr. C.P. Snow, Le due culture , Feltrinelli, Milano, 1977). Da qui, per Snow, per non compromettere la società occidentale, è necessario un dialogo tra gli scienziati e i non-scienziati, da sviluppare tenendo presente un ripensamento dei sistemi educativi. Come ha colto la rivista Nature, è questo l’obiettivo della Third Culture, quello cioè di essere un ponte così come auspicato da Snow nel 1963. Si veda qui A. Gargani, Crisi della Ragione , Einaudi, Torino, 1979; G. Fenocchio, La Letteratura italiana. Il Novecento. Dal neorealismo alla globalizzazione (a cura di), Mondadori, Milano, 2004, p. 14; S. Sandrelli, recensione a Le due culture in www.torinoscienza.it del 17 ottobre 2005; S. Collini, Science and art: Still two cultures divided? in New Scientist del 6 maggio 2009; 7 Cfr. W. Lepenies, Le tre culture. Sociologia tra letteratura e scienza , trad. it., Il Mulino, Bologna 1987. 8 Cfr. M. Serres, Le tiers instruit , Gallimard, Paris 1991. assai più vistosa di tutte le altre che l’hanno preceduta, sia perché il ritmo del mutamento al nostro tempo è più rapido di quanto non sia mai stato prima d’ora, sia perché i mutamenti sono molto più estesi, coinvolgendo il globo intero» 9 .