PANO RAMI QUES VALLE d’AOSTA - VALLée d’AOSTE Periodico semestrale - Sped. in a.p. - art. comma 20/c legge 662/96 - Filiale di Aosta - Tassa riscossa / Taxe perçue / Taxe riscossa - Tassa legge 662/96 - Filiale di Aosta - Sped. in a.p. art. comma 20/c Periodico semestrale

Astrid Bussink + cinema in Valle d'Aosta Michelangelo Frammartino Christoph Hochhäusler + conversazione con Marietta Kesting e Aljoscha Weskott Robert Mitchell Jordi Ballò 50 Laurent Perreau e Marta Andreu David Verbeek II semestre 2010 Frederick Wiseman + Focus sulla didattica

Rivista di cinema edita dall’assessorato istruzione e cultura della regione autonoma valle d’aosta E éDITORIAL

Il cinema e il rispetto della cultura dei popoli

Nei giorni in cui questo numero di valdostana; il secondo di recente rea- dell'identità di un popolo la parte for- Panoramiques è impaginato, in Valle lizzazione (è presentato in anteprima mativa ricopre un ruolo centrale; per d'Aosta si sta svolgendo un festival al festival) è rivolto alla comunità bre- questo motivo ci è sembrato giusto dedicato alla cultura dei popoli mi- tone, alla sua terra, alla sua lingua, alla dedicare un dossier alla didattica. Al noritari, organizzato dall'Assessorato musica e ai giochi tradizionali. L'idea è raffronto tra la situazione italiana e Istruzione e Cultura della Regione au- di proseguire e di produrre un'ideale francese si aggiunge una riflessione tonoma Valle d'Aosta. Insieme a mu- carrellata delle particolarità cultura- più approfondita all'Università «Pom- sica e riflessione scientifica anche il li delle tante espressioni minoritarie peu Fabra» di Barcellona che in pochi cinema fa parte delle discipline inda- che popolano il nostro pianeta. anni ha saputo porsi come un modello gate dal "festival des peuples minori- In questo progetto di attenzione alla formativo e produttivo vincente. Nel taires". In particolare abbiamo voluto diversità, a quelle realtà che spesso i momento in cui la Valle d'Aosta sta in- rivolgere l'attenzione verso il genere grandi riflettori dei media trascurano vestendo nel settore audiovisivo, l'in- che meglio si presta a rappresentare o relegano a fatti di cronaca spiccia, tervista al direttore del «Master Docu- l'identità di un popolo, il documenta- rientra a pieno titolo anche il cinema mental» fornisce, se non un modello, rio. Le comunità invitate per l'edizio- che Panoramiques da tanti anni segue un interessante spunto di riflessione ne di quest'anno (i ladini, i bretoni e i e promuove: la nostra rivista ha infatti per una crescita che sia efficace e al catalani) sono dunque rappresentate dato sempre tanto spazio alle cinema- contempo rispettosa della particolari- anche da un loro film documentario. tografie emergenti e ai cineasti in for- tà storica, geografica e culturale di un Parte integrante di questo progetto mazione mettendo in campo un vero popolo. è Des visages et des mots, una piccola discorso alternativo a quel cinema ma importante serie di ritratti dedicati mainstream di cui le riviste nazionali ad alcuni popoli. Il primo volet è stato sono ostaggio. Laurent Viérin realizzato l'anno scorso e affronta con Tra le componenti che contribuisco- Assessore all'Istruzione e Cultura delicatezza e precisione la situazione no alla preservazione e allo sviluppo della Regione autonoma Valle d'Aosta

Bilingue non solo per natura geogra- strumento al servizio delle società, cale, ma sono i vettori di nuove voca- fica e per disposizione culturale, ma che in esso si rispecchiano come in zioni professionali. anche e soprattutto perché il fran- una forma liturgica. Lo fa perché è al In questo senso, dunque, Panorami- cese è da sempre una delle lingue servizio della trasmissione: trasmis- ques è il testimone più attendibile di maggioritarie del cinema, la rivista sione della memoria, trasmissione una volontà della «polis» di aprirsi Panoramiques compie vent’anni. In delle forme, trasmissione dei valori. verso l’esterno e di cogliere in que- tutto questo tempo, attraverso la Fedele a questa logica, la rivista pas- sta apertura tutte le possibili oppor- pubblicazione di cinquanta nume- sa dunque di mano. Cambiano i nomi tunità per crescere, non da sola o al ri, coloro che, tramite la scrittura, che la pensano, la realizzano e la di sopra degli altri, ma insieme. hanno partecipato al dibattito delle diffondono, ma non cambia il senso idee, hanno affrontato il cinema sot- dell’operazione. Che resta sempre lo to i più diversi aspetti, avendo ben stesso: parlare di cinema per parlare Luciano Barisone presenti, al centro delle loro rifles- dell’essere umano. Basta guardare il sioni, i motivi estetici ed etici che lo sommario di questo cinquantesimo abitano. Quando il progetto fu lan- numero per rendersene conto: le ciato, l’idea originaria era quella di opinioni critiche sui film, che hanno creare da una base culturale fertile scandito la scorsa Saison Culturelle, (la Saison Culturelle) degli esperti e le interviste ai cineasti, che più che di generazione in generazione hanno impressionato pubblico e cri- portassero avanti la vocazione prio- tica nei vari festival internazionali, ritaria del cinema: pensare il mondo. si alternano alle notizie di una Valle Così è stato fatto. d’Aosta in pieno sviluppo in ambito Ricordare il passato, osservare il pre- cinematografico, con la nascita di sente e immaginare il futuro sono una Film Commission e l’arrivo sul operazioni che il cinema compie fino territorio di produzioni, che non solo dalle sue origini. Lo fa perché è uno esaltano il paesaggio e la cultura lo-

panoramiques Editoriali 2

Année XX, n°50 Revue de cinéma CINEMA EN NOIR ET ROUGE Insegnare il cinema, di Carlo Chatrian 4 Directeur Audaces et menaces, par Thierry Méranger 5 Luciano Barisone Arriverderci, ragazzi? di Francesco Pitassio 7 Modelli di libertà, conversazione con J. Balló e M. Andreu 9 Rédacteur en chef a cura di Luciano Barisone e Carlo Chatrian 11 Carlo Chatrian Il cinema in Valle d'Aosta 14

Rédaction Raphaël Bixhain SCHEDE Alice Moroni 500 giorni insieme di Leonardo Gandini 15 Afterschool di Charlotte Garson 16 Collaborateurs Amabili resti di Silvia Colombo 17 Francesca Betteni Lorenzo Leone La bocca del lupo di Daniela Persico 18 Barnes Roberto Manassero Brothers di Roberto Manassero 19 Alessia Bottani Thierry Méranger Massimo Causo Umberto Mosca Cella 211 di Massimo Causo 20 Silvia Colombo Giona A. Nazzaro Le Chant de mariées di Charlotte Garson 21 Alexine Dayné Grazia Paganelli Daniele Dottorini Daniela Persico Chéri di Giuseppe Gariazzo 22 Leonardo Gandini Francesco Pitassio Colpo di fulmine di Roberto Manassero 23 Charlotte Garson Eugenio Renzi Giuseppe Gariazzo Massimo Rota Le Concert di Alessia Bottani 24 Marco Gianni Donne senza uomini di Giuseppe Gariazzo 25 La Famille Wolberg di Charlotte Garson 26 Francesca di Daniele Dottorini 27 Propriété I gatti persiani di Umberto Mosca 28 Région autonome Vallée d’Aoste Good Morning, Aman di Lorenzo Leone 29 Les Grandes Personnes di Charlotte Garson 30 Direction et rédaction 33, rue de Paris - I - 11100 Aoste Invictus di Grazia Paganelli 31 Tél. : +39 0165 26 17 90 Nel paese delle creature selvagge di Marco Gianni 32 Courriel : [email protected] Nemico pubblico di Giona A. Nazzaro 33 Nord di Leonardo Gandini 34 Administration Oltre le regole di Daniele Dottorini 35 Perdona e dimentica di Leonardo Gandini 36 Le petit Nicolas di Alessia Bottani 37 Shutter Island di Marco Gianni 38 Soul kitchen di Eugenio Renzi 39 Tra le nuvole di Roberto Manassero 40 L’uomo che verrà di Silvia Colombo 41 Un uomo solo di Marco Gianni 42 Yuki and Nina di Francesca Betteni Barnes 43 1, place Deffeyes - I-11100 Aoste Tél. : +39 0165 27 34 13 / 32 FESTIVAL Fax : +39 0165 27 33 96 Courriel : [email protected] International Film Festival, Rotterdam 2010 Quel sentimento di umana debolezza. Conversazione con A. Bussink,

Graphisme et mise en page a cura di Luciano Barisone e Carlo Chatrian 44 Pier Francesco Grizi International Film Festival, Berlino 2010 Charvensod (AO) - Italie Il nuovo volto dell'apartheid, Conversazione con A. Weskott e M. Kesting, Impression a cura di Luciano Barisone e Carlo Chatrian 50 Musumeci S.p.A. - Quart (AO) - Italie Festival International du Film d’Amour, Mons 2010 Deux univers opposés qui se rencontrent , Entretien avec L.Perreau, Enregistrement au tribunal d’Aoste n°8/90 par Alexine Dayné 54 Revue semestrielle Festival International du Film, Cannes 2010 Expédition par abonnement postal Il paesaggio contemporaneo dei sentimenti , Conversazione con D. Verbeek, Art. 2, alinéa 20/c de la loi n°662/96 - Aoste a cura di Giuseppe Gariazzo e Grazia Paganelli 57 Pour recevoir Panoramiques Immagini come presenze, Conversazione con M. Frammartino, Assessorat de l’éducation et de la culture Direction soutien et développement a cura di Luciano Barisone e Carlo Chatrian 60 des activités culturelles, musicales, Frapper l’air , Entretien avec F. Wiseman, théâtrales et artistiques 1 place Deffeyes - 11100 Aoste - Italie par Charlotte Garson 68 Courriel : [email protected] Il gioco dell’identità nel mondo del capitale, Conversazione con C. Hochhäusler,

En couverture: a cura di Carlo Chatrian e Roberto Manassero 71 Des visages et des mots de Joseph Péaquin La vita fragile degli adolescenti, Conversazione con D. R. Mitchell, a cura di Roberto Manassero 76 4 Cinema en noir et rouge

INSEGNARE IL CINEMA

ensare il cinema insegnamento dell'im- di trattare il discorso come strumen- magine in movimento della didattica e del- P to di crescita di e che delega la cono- la formazione secondo una comunità implica scenza del linguaggio un'ottica più genera- necessariamente un audiovisivo alla buona le, fornendo un quadro duplice discorso: alla volontà di insegnanti d'insieme. Dalla nostra messa in atto delle o allievi. Oggi, l'unica posizione privilegia- condizioni finanziarie e formazione permanen- ta di regione bilingue strutturali che rendono te è fornita dalla tele- abbiamo messo a con- possibile la realizza- visione, che ha un suo fronto due situazioni: zione di opere cinema- linguaggio e autonome quella francese e quel- tografiche va affianca- strategie di comunica- la italiana. A questa ta la predisposizione di zione. In questo quadro duplice analisi teorica, un terreno adatto. Fare desolato esistono però abbiamo creduto op- cinema è, in altre paro- delle realtà virtuose e portuno anteporre un le, un'azione impensa- delle progettualità che segnale concreto. Il bile senza l'esistenza meriterebbero un di- modello del Master Do- di una cultura cinema- scorso a parte - scuole cumental dell'Universi- tografica. di cinema, laboratori tà Pompeu Fabra di Bar- Il discorso potrebbe didattici, programmi di cellona ci è sembrato il sembrare lapalissiano; visioni e analisi sorgo- caso più interessante, tuttavia non lo è in un no a macchia di leopar- sia per la qualità dei ri- paese che non ha anco- do sul territorio italia- sultati ottenuti sia per ra una legge sul cine- no. Nell'impossibilità la progettualità che gli ma, che non pratica in di indagare queste re- sta dietro. modo strutturato alcun altà abbiamo cercato c.c. Cinema en noir et rouge 5

AUDACES ET MENACES

il existe une exception Sciamma, Samuel Collardey ou l’ingénierie, le montage ou la française en matière Léa Fehner. Il faut y ajouter les production. S’de transmission du ci- nombreux techniciens réputés néma, c’est avant les cours dis- issus de l’école Louis Lumière. Malgré la réussite indéniable de pensés dans le supérieur qu’il Rien de surprenant non plus à ces classes post-bac, la véritable faut la trouver. Que la France voir coexister avec cet enseigne- originalité de l’enseignement en possède de solides « grandes ment réservé à des happy few les France ne repose paradoxale- écoles » publiques ne fait guère cours de cinéma, de plus en plus ment pas sur l’existence du ciné- question, en dépit des élans ré- nombreux, dispensés par l’Uni- ma en tant que discipline. C’est volutionnaires qui les agitent versité. Essentiellement théo- d’abord le maillage du territoire périodiquement, ainsi qu’en riques et généralistes, ils n’of- par trois « dispositifs d’éduca- témoigne la grève de mars frent à terme que des perspec- tion artistique » soutenus et 2009 pendant laquelle les étu- tives d’emploi limitées puisque coordonnés par le très officiel et diants de la Fémis, l’école phare la plupart des diplômes univer- régulateur Centre National de la fondée en 1986, fustigeaient sitaires ne mènent qu’à l’ensei- Cinématographie qu’il convient « l’élitisme, le cloisonnement gnement du cinéma… dans le de souligner. Trois opérations, des départements et l’indivi- supérieur. Il semble bien, sans mises en place en 1994, 1989 et dualisme ». Rien d’inhabituel, surprise, qu’après le bacca- 1998, concernent ainsi les trois à l’échelle européenne, à ob- lauréat les formations les plus étages fondamentaux de l’en- server, en dépit des scléroses, efficaces côté emploi soient à seignement : l’école primaire, la prometteuse carrière de chercher du côté des lycées for- le collège et le lycée. C’est ainsi cinéastes issus d’écoles aux mant des techniciens supérieurs qu’ Ecole et cinéma, Collège au ci- concours d’entrée très sélec- (B.T.S.) qui initient en deux ans néma et Lycéens et apprentis au tifs – citons aujourd’hui parmi aux « métiers de l’audiovisuel » cinéma proposent aujourd’hui les jeunes réalisateurs issus de et proposant d’emblée une spé- à des jeunes de découvrir des cette Fémis les noms de Céline cialisation vers l’image, le son, œuvres cinématographiques

Yeelen 6 Cinema en noir et rouge

North By Northwest

patrimoniales ou « art et essai » Ils permettent aussi de propo- Yeelen. Fonctionnant sur la base lors de projections organisées ser - sans faire de choix définitif, d’accords passés entre l’Educa- en salles. Ces élèves sont issus puisque chaque professeur uti- tion Nationale et la Culture, ces de classes ordinaires. Les ensei- lise le film comme il l’entend - expériences paraissent bien an- gnants volontaires qui ont choisi l’alternative d’un enseignement crées dans le paysage éducatif de les inscrire – à 3 séances par au cinéma et d ‘un enseignement français. Elles n’en demeurent an – ne sont pas eux non plus des par le cinéma. pas moins menacées par un vent spécialistes, étant eux-mêmes de réformes qui, en cherchant instituteurs (« professeurs des Les dispositifs généralistes sont à fonder un « nouveau lycée », écoles ») ou diplômés d’une ma- complétés par l’existence (mino- tend à miser sur la quantité au tière traditionnelle. Ils bénéfi- ritaire, mais capitale) de classes détriment de la qualité et à sa- cient d’outils pédagogiques tels de cinéma proprement dites qui crifier implicitement les options que livrets d’accompagnement relèvent dans les lycées d’une artistiques à de vagues activités ou stages de formation, initiés option de spécialité, qui se dé- d’exploration. C’est ainsi que par des universitaires ou des cri- cline elle-même en plusieurs le projet gouvernemental Ciné tiques. Les élèves eux-mêmes re- modalités. Les élèves les plus Lycée s’est fixé comme objectif çoivent des « fiches » qu’ils sont engagés dans ces options ont de faire entrer massivement la invités à conserver et que les en- au moins 5 heures de cours de V.O.D. dans les établissements. seignants ont la possibilité d’uti- cinéma par semaine, dispen- Au moment-même où le principe liser, puisque l’engagement d’ex- sés par des professeurs qui, de la formation des enseignants ploitation des œuvres ne repose tout en enseignant une autre français est remis en cause, sur aucune obligation ni contrôle matière, ont choisi de se spé- l’utilisation de formules comme extérieurs. Le corpus ainsi balayé cialiser dans le cinéma. Au pro- « votez pour les films que vous est large, et plusieurs centaines gramme, l’histoire du cinéma, souhaitez voir » et « donnez votre de longs métrages, anciens ou l’écriture cinématographique avis sur le film après projection » modernes - de Chaplin à Bong et, en partenariat avec des pro- fait craindre un recul. Savoir dé- Joon-ho – ont été vus et commen- fessionnels, l’élaboration d’au tourner les gimmicks démago- tés par des milliers d’élèves. Les moins un court métrage par an. giques au profit d’un véritable dispositifs ainsi conçus témoi- 3 longs métrages imposés sont enseignement culturel sera donc gnent d’une double stratégie : la analysés par la petite centaine le prochain objectif de passeurs formation qu’ils dispensent est de « classes cinéma » de France. devenus résistants. tout aussi déterminante pour les En 2010, ce seront North By Nor- enseignants que pour les élèves. thwest, L’Homme à la caméra et Thierry Méranger Cinema en noir et rouge 7

Arrivederci, ragazzi? a rappresentazione è tra le di una scuola di vita... In fin dei laurea imperniati sulla didattica più note e ricorrenti: entra- conti, bisogna comprendere dove del cinema e dell’audiovisivo. L re a scuola non è un mo- ci si trova e quali opportunità si L’insegnamento cinematografico mento ovvio. Anzi, presenta qual- dischiudono al nuovo venuto. universitario in Italia ha una sto- che difficoltà. Dallo smarrimento Studiare cinema in Italia sottende ria ben più antica, dal magistero di Pinocchio sulla via della forma- scelte differenti; una opzione non di Luigi Chiarini alla presenza di zione al disorientamento ammic- sempre chiara a chi la compie, importanti centri di ricerca e di- cante di Sarah Michelle Gellar in talvolta anche a chi è destinato a dattica in alcune sedi storiche Buffy, the Vampire Slayer, le forme raccoglierla. Per approssimazio- (Bologna, Milano, Padova, Pisa, del racconto hanno cristallizzato ne, si potrebbero distinguere tre Roma, Torino), e di più recente af- l’ingresso nella formazione in un principali aree formative: l’inse- fermazione (Cosenza, Udine, IUAV momento di sospensione, un luo- gnamento universitario, una for- Venezia ecc.). Tuttavia, la riforma go spesso coincidente con l’avvio ma ibrida quale il master, e l’in- del sistema universitario ha di- della narrazione. Un modello di segnamento professionalizzante schiuso le porte dell’accademia a rappresentazione sovrapponibi- delle scuole. una generazione di studiosi – ho le all’entrata nello spazio urbano La fine degli anni Novanta e il la buona sorte di appartenervi – e e metropolitano: da Oliver! (C. principio del nuovo decennio a un considerevole numero di stu- Reed, 1968) a Babe va in città (G. hanno per la prima volta per- denti, con differenti motivazioni – Miller, 1998) si tratta pur sempre messo di organizzare dei corsi di e grandi speranze. In prevalenza, 8 Cinema en noir et rouge

i corsi di laurea hanno assunto un nelle occasioni più eccepibili eti- lato, una progressiva senescenza impianto tradizionale, grazie al camente, lo sbalordito docente del suo corpo docente respon- quale trasmettere a livelli di ap- aveva dirimpetto studenti smaga- sabile, talvolta ormai estraneo profondimento differenziati un ti, pronti a esaminare approfondi- all’universo produttivo; dall’altro, sapere storico e teorico conso- tamente i propri cortometraggi, la recente apertura di sedi de- lidato e aperto al rinnovamento eletti ad argomento di tesi. centrate e forse maggiormente dei propri paradigmi. In manie- Le università italiane hanno sop- dinamiche, in Lombardia (fiction ra analoga a quanto accade per perito alla richiesta di formazione e comunicazione d’impresa), Si- l’insegnamento letterario, delle professionale con soluzioni più cilia (documentario) e Piemonte arti figurative, dello spettacolo, elastiche sul piano organizzati- (animazione). Ma a fianco di que- musicologico, ci si è proposti di vo, e maggiormente capaci di in- sta realtà così nota e strutturata, fornire quadri concettuali e dia- cludere operatori del settore nei la scena somiglia più all’ordalia cronie, strumenti interpretativi propri organigrammi. I master iniziale di Il mucchio selvaggio (S. e linee storiche in cui collocare universitari hanno permesso di Peckinpah, 1969) che a un ordi- gli eventi. In che maniera ana- inserire professionisti del settore nato sistema pedagogico. Predi- lizzare un film e in quali luoghi nel corpo docente per cicli didat- catori e banditi, uomini d’onore - simbolici, discorsivi, sociali ed tici intensivi, e individuato aree e tapini disgraziati, dame carita- economici - posizionarlo. Spesso, lavorative sulle quali disegnare tevoli e malviventi. Come in Es- questa sistematizzazione dell’in- un percorso di formazione. Tale sere e avere (N. Philibert, 2002), segnamento ha prodotto risultati vocazione permette l’incontro spesso si riscontrano iniziative egregi: una nuova generazione di tra le competenze delle universi- meno note, in cui dedizione, in- ricercatori con competenze affi- tà e quelle professionali; ne sono vestimento formativo e passione nate, priva di complessi nei con- scaturiti master in area economi- ingenerano rimarchevoli esiti – è fronti di altre discipline, attenta co-gestionale, di sceneggiatura, il caso della Scuola di cinema, tv al ruolo del cinema nella storia critica e traduzione, in comuni- e nuovi media delle Scuole Civi- dei media e delle forme cultu- cazione e promozione dell’au- che di Milano, capace di cresce- rali. Tuttavia, questa offerta non diovisivo... Il docente qui è forse re e rivelare talenti inusuali. Più sempre ha incontrato una do- meno stupefatto: ha cognizione spesso, distinguere il grano dal manda: la formazione professio- degli obbiettivi degli iscritti ed loglio è impresa ardua, e sedicen- nale. Molti corsi di laurea hanno è corresponsabile dell’impianto ti eredi di Zavattini, ex-allievi di incluso insegnamenti a vocazione didattico. Talvolta, sono i profes- attori, registi e celeberrimi centri pratica; tali corsi sono spesso te- sionisti a scoprire con sconcerto formativi, professionisti versatili nuti da docenti a contratto, con la la scarsa consapevolezza studen- e versati impiantano scuole, cui finalità di acquisire competenze tesca dell’universo del lavoro. la ricorrente attribuzione dell’ag- professionali. Tuttavia, la variabi- Ma a tal riguardo, la chiamata in gettivo «nazionale» permette la lità dei finanziamenti ministeriali correo interessa parimenti acca- breve confusione con la Scuola destinati alla docenza a contrat- demici, mondo professionale e Nazionale di Cinema. Difficile va- to, la comprensibile aleatorietà studenti, e mette in luce uno dei lutare l’adeguatezza degli esiti di dell’investimento didattico da punti dolenti della società italiana: questa miriade di iniziative alle parte dei professionisti, la scarsa protocolli pedagogici, tirocini, ri- esigenze e ambizioni dei propri disponibilità di infrastrutture non cerca e sviluppo e voglia di lavora- allievi, o alle roboanti promesse hanno permesso il consolidamen- re a poco valgono, laddove non si della propria promozione. Certo to della formazione pratica nel investano risorse reali e ideali nel- è che dinanzi alla varietà e so- quadro dei corsi di laurea. Sicché, la selezione professionale, spesso vrapposizione della offerta, alle il docente di storia del cinema si è sottomessa ad altre logiche. luccicanti e talvolta ingannevoli di frequente trovato sconcertato L’avviamento alla realizzazio- proposte, alla propria personale dinanzi alle richieste di studenti ne, nelle sue varie declinazioni incertezza, il rischio è di trasfor- altrettanto stupefatti, desiderosi professionali, è uno dei compar- mare la formazione nella lezione di fare qualcosa di «veramente ti formativi meno sottoposto a di ginnastica del sussiegoso in- utile e aggiornato» per la propria regole e controlli certi. Da un segnante di I 400 colpi (F. Truf- tesi di laurea: d’abitudine, nei casi lato, sovrasta lo scenario il mo- faut, 1959): durante l’attraver- virtuosi un esame dettagliato del numento della Scuola Nazionale samento della città, a coppie o a montaggio di Pulp Fiction, In the del Cinema-Centro Sperimentale gruppi smarrisce i propri allievi, Mood for Love o un qualsiasi altro di Cinematografia. L’istituzione già attratti da nuove avventure... titolo a scelta in un listino d’essai gloriosa ha di recente assistito a dell’ultimo anno di distribuzione; due processi contrastanti: da un Francesco Pitassio Modelli di libertà 9 Conversazione con Jordi Balló e Marta Andreu, Rotterdam 2010

a che cosa nasce l’idea il cinema e la televisione. Per- docenti che non provenissero del «Master en docu- sone come me, che lavoravano dall’ambito universitario.. D mental de creacció», da nel cinema, furono invitate a un’esperienza concreta, da un partecipare alla costruzione Era una università privata? incontro, da un desiderio indi- e alla progettazione di questa J.B. – No, pubblica. La Pompeu viduale che si è poi confronta- nuova struttura; in particolare Fabra fu creata quasi insieme to con quello di altri? io mi sono occupato di elabo- all’Universidad Autonoma de J.B. – Una ricostruzione sto- rare i piani di studio di una fa- Barcellona, con l’idea di di- rica della creazione del Ma- coltà nuova all’interno di una ventare un punto d’eccellenza. ster deve partire dalla nasci- università anch’essa di recen- Da molti anni nelle Università ta e dallo sviluppo in Spagna, te attivazione, la “Pompeu Fa- c’era la richiesta di attivare qualche anno fa, delle facoltà bra” di Barcellona. Era il 1993 una scuola di cinema, ma ciò di comunicazione audiovisiva, e tutto era nuovo: l’università, che venne creato non somiglia- facoltà che si occupano degli la facoltà, i piani di studio e va al vecchio modello di scuo- studi universitari riguardanti finanche l’idea di contattare la di cinema, quello del Cen-

El cielo gira, Mercedes Alvarez 10

tro Sperimentale. Non era una Quando l’Università secondo un progetto discusso scuola elitaria, ma una Univer- iniziò la sua attività, con Joaquin Jorda, con Guerin, sità, con una formazione forte chiamammo a tenere un Comolli e altri professori che ma aperta; questo era il punto corso Jean-Louis Comolli, già facevano parte della facol- cruciale da cui operare una tra- un regista dalla forte impron- tà, decidemmo di dare il via ad sformazione. Io ho insistito nel ta teorica. Pensavamo che era un Master vero e proprio: un dare al cinema documentario necessario dare un impulso al livello di insegnamento post un’importanza strategica nel cinema documentario e inter- laurea in grado di assicurare il piano di studi, pensando che rompere una certa visione tra- lancio di un nuovo cinema do- ciò che avremmo insegnato dizionale all’interno della sto- cumentario, inteso non tanto avrebbe dovuto produrre una ria del cinema. come genere, ma come modo trasformazione nel panorama per arrivare al cinema tramite audiovisivo. Invitare Comolli è stata una un postulato, quello del cine- scelta fondamentale, proprio ma del reale. Perché proprio il documentario perché è un teorico prima che L’idea forte nel progetto del assumeva un’importanza stra- un filmmaker. Master è che la teoria arriva at- tegica in questo progetto? J.B. – Certo, è un teorico chia- traverso la pratica. J.B. – Pensavamo che questo mato ad insegnare in un corso J.B. – L’assunto di partenza era che non c’è alcuna possibilità di creare una nuova corren- te, una formazione sul cinema documentario di alto livello se non esistono film che fac- ciano da punto di riferimento. Poiché non esistevano anco- ra questi film, l’obiettivo era crearli, e al contempo creare una nuova forma di cinema. È sempre stato così: non c’è mai stato un movimento cinema- tografico e teorico senza film. L’idea era quindi di fare film e al contempo fare formazione, creando un rapporto fecondo tra registi con una certa espe- rienza e giovani. Per fare ciò ci siamo dati come obiettivo di realizzare tre film ogni anno. En la ciudad de Sylvia, José Luis Guerin Per il primo anno avevamo scelto di lavorare sui progetti di Jorda, Comolli e Guerin. Con questa idea andai a parlare con era il tipo di cinema che ave- di documentario. Non era fa- i dirigenti di Canal Plus Spagna va un futuro. Questa atten- cile ma alla fine fu molto in- e Arte. Ero convinto che, in un zione al genere documenta- teressante. Questo è stato il momento in cui la televisione rio rispondeva anche a delle primo passo. Poi per Comolli pubblica spagnola era arrocca- sollecitazioni importanti, ed divenne più complicato assi- ta su posizioni conservatrici, era un modo per compensare curare la sua presenza e allo- Canal Plus fosse l’unico canale uno squilibrio tra l’esigenza ra arrivò Ricardo Iscar, che io televisivo capace di compren- espressiva di giovani aspiranti non conoscevo assolutamen- dere anche ideologicamente registi catalani e l’inesistenza te. Iscar un giorno venne da il senso del progetto. Infat- di un sistema produttivo avan- me dicendomi che arrivava da ti accettarono la proposta di zato. Per esempio, i film più si- Berlino e che aveva sentito partecipare alla produzione di gnificativi prodotti in Spagna che stava nascendo un nuo- questi film, attraverso la for- negli anni precedenti erano vo movimento sul cinema do- mula dell’acquisto televisivo, tutti dei documentari: Inni- cumentario a Barcellona. Mi pagando però il film molto di sfree di José Luis Guerin, El sol mostrò i suoi cortometraggi, più. Se prima i diritti d’anten- del membrillo di Victor Erice o che mi piacquero molto: così na di un film documentario ve- Gaudí di Manuel Huerga. Erano lo mettemmo sotto contratto. nivano acquistati per 30.000 film isolati, che dimostravano Questi corsi fanno parte, dicia- euro, ora il prezzo arrivava però che uno spazio interes- mo, dell’offerta didattica rego- fino a 150.000. Questo primo sante si stava aprendo. lare. A partire dal terzo anno, passo è stato fondamentale. 11

Subito dopo al festival di Biar- nizzammo; il secondo anno è ad un lavoro congiunto, svolto ritz, dove ero andato per un venuto Johan van der Keuken. grazie a quello che potremmo film che avevo prodotto e che Ancora adesso, ogni anno un chiamare un «desiderio di fi- aveva vinto un premio (Grana- autore internazionale è invi- liazione». Questo non era mai dos y Delgados, un crímen le- tato a tenere un seminario per accaduto da noi, perché nes- gal, la storia di due anarchici mostrare il suo punto di vista. sun regista era mai riuscito a uccisi durante l’epoca di Fran- Wiseman, ad esempio, è stato creare questo tipo di rapporto. co) incontrai Thierry Garrel di molto interessante, perché ha Quelli che avevano avuto la Arte e gli proposi di creare un puntato l’attenzione sul suo- possibilità di farlo – per esem- sistema di produzione stabile no, come elemento che deter- pio Portabella – non lo fecero per i film realizzati dal Master. mina l’immagine, la direzione perché preferirono dedicarsi Il fatto di poter contare su un della macchina da presa… ad altro, come la politica; altri, canale internazionale come come Bigas Luna, erano troppo Arte e su un importante canale Dici che in Catalogna non c’era- «influenti», nel senso che la spagnolo, fece sì che potemmo no referenti però alcuni registi cifra stilistica del loro cinema realizzare i primi tre film, che erano attivi in quegli anni. Lo era unica, onnicomprensiva, ebbero un riscontro notevole stesso Jordà… non lasciava spazio ad altro – soprattutto quello di Guerin J.B. – Da tempo Joaquim Jor- se non ad un cinema che fosse che vinse San Sebastian. A par- tire dal secondo ciclo si aprì una possibilità ulteriore, vale a dire che i giovani realizzato- ri diplomatisi negli anni pre- cedenti ebbero l’opportunità di realizzare uno dei tre film previsti. Fu così che esordiro- no Isaki Lacuesta, Mercedes Alvarez, Ariadna Pujol. Questo dava la possibilità di rendere più concreto il rapporto tra i giovani registi e gli autori con maggiore esperienza.

L’Università diventava quindi un soggetto produttore? J.B. – No, il ruolo dell’Universi- tà non è quello di una società di produzione. L’Università si è occupata e si occupa del pro- La leyenda del tiempo, Isaki Lacuesta cesso ideativo e realizzativo, ma ogni film ha e deve avere una sua produzione. Questo è un punto cruciale per la riusci- da viveva a Madrid e nessuno derivazione diretta del proprio ta del progetto. lo conosceva in Catalogna. Il stile. Vicente Aranda si è dedi- cinema che aveva fatto era in- cato al cinema commerciale e Tra i principi interessanti del visibile e negli ultimi tempi non si è preso questo compito, progetto c’è il fatto che voi ave- aveva lavorato come sceneg- così come molti altri registi. te coniugato un’attenzione al giatore. Guerin era estraneo al Per questo per noi furono fon- locale (l’Università come luogo mondo del cinema: aveva fat- damentali le lezioni di Wise- di raccolta e di formazione dei to un film come Innisfree che man o di Chantal Ackerman, o registi e autori del cinema ca- era stato molto apprezzato da anche il rapporto con van der talano) e una prospettiva euro- una certa critica ma non era Keuken, che ha insistito mol- pea (Comolli, la partecipazione certo un punto di riferimento to sulla flessibilità dell’idea di Arte). per una nuova generazione. registica rispetto al lavoro sul J.B. – A quell’epoca non esi- Per noi era fondamentale cre- set e al montaggio. Abbiamo stevano referenti catalani, per are la possibilità di un nuovo cercato di portare persone che cui è stato naturale cercare rapporto tra i registi, che si at- potessero lasciare realmente punti di riferimento altrove, tua quando un giovane regista una traccia nel nostro lavoro europei ma anche americani. conosce e ammira un regista e, allo stesso tempo, costruire Il primo anno venne a tenere di maggiore esperienza, nel questo rapporto di filiazione. un seminario Wiseman, e fu senso che il rapporto si crea In questo contesto c’è stato il primo seminario che orga- nel rispetto reciproco e porta poi il ritorno di Jorda a Barcel- 12

lona e la sua esplosione come stavamo facendo. Vale a dire: Sono film dotati ognuno di un regista, fino a diventare lui un occorre costruire un circuito di proprio stile, caratterizzati da punto di riferimento per una influenze e per far questo si ha diverse modalità di lavoro, ma nuova generazione. bisogno di film che alimentino che hanno in comune questo, il circuito. Alcuni dei film che che costituisce uno spazio co- Nel cinema catalano oggi e in abbiamo prodotto rimangono mune. La domanda che mi fac- particolare all’interno del grup- delle opere che indicano una cio è come far capire che tutto po del Master si sente una sorta strada e che allargano la loro questo non significa imporre di volontà collettiva. Nonostan- influenza a film che non neces- uno stile unitario che appiatti- te ci siano tante teste, c’è sem- sariamente provengono dalla sce tutto, ma al contrario apri- pre una direzione comune. scuola. Per farti un esempio, il re uno spazio comune. J.B. – Questa idea del gruppo è film che ha prodotto Marta An- J.B. – Oggi non ci spaventia- molto interessante. Ogni anno dreu, Cuchillo de Palo, non vie- mo se i registi provengono da organizziamo un corpo docen- ne dal Master e sarebbe stato altri tipi di formazione. Anzi, ti nuovo, ogni anno vengono difficile produrlo secondo le questo è parte di una situa- molte persone e io mi chiedo: modalità della scuola, ma ciò zione positiva. È una tenden- «Perché viene tutta questa che sfugge a prima vista è che za che a partire dal Master si gente?» Per il denaro non può è stata Marta stessa – che del sta estendendo in tanti altri essere perché non paghiamo Master è una delle anime – a luoghi, creando connessioni, molto. La gente viene, e vie- trasmettere quell’influenza di scambi, aiuti reciproci. Carla ne volentieri, perché identi- cui parlavamo. Sureygada, che non ha fatto il fica i luoghi di resistenza, e M.A. – La particolarità è data Master, ma ha studiato all’Uni- sono questi luoghi a spingere dal fatto che i giovani registi versità di Barcellona, ha fatto le persone. Il Master è uno di cominciano ad avere altri re- un film profondamente vicino questi luoghi, come lo è un gisti come riferimento. Proprio allo spirito del Master, in cui festival, una società di produ- questi eventi ti fanno rende- lei entra in scena come regi- zione, un laboratorio. Il gruppo re conto che si stanno svilup- sta e si confronta con Joaquim esiste perché si sente investito pando situazioni, tendenze Jorda. Ciò che era molto chiaro da un compito particolare. Se espressive, che si estendono sin dall’inizio è che dovevamo tu vai al Master è perché vuoi al di là di questa struttura ne- evitare di costruire un «mar- far parte di questo, entrare in cessaria, e che sarebbero state chio». Un marchio è un feno- contatto con le persone che impossibili quando non esiste- meno vincente dal punto di vi- sono lì, partecipare ad un pro- va ancora una tradizione do- sta mediatico, ma terribile dal cesso… L’esperienza che stia- cumentaria. Ed è bello vedere punto di vista della continuità mo vivendo qui a Rotterdam che questa traccia magari si ri- del cinema, perché per prin- conferma le riflessioni che da flette in un film che non ha un cipio ogni nuovo movimento un po’ di tempo a questa parte contatto diretto con il Master. deve essere prima o poi ucci- so. Io credo che i film usciti dal Master hanno proposto qualcosa di più che uno stile, hanno proposto un modello di libertà. La libertà signifi- ca ottenere denaro pubblico, come diceva van der Keuken, senza dover dar conto ecces- sivamente di quello che stai per fare. Il che significa che puoi sempre fare al meglio ciò che veramente conta.

Venendo ad aspetti più pratici: come avviene la selezione e il reclutamento degli studenti? J.B. – Per quanto riguarda la selezione degli studenti, noi pubblichiamo un bando in cui chiediamo ad ogni parte- cipante di presentare un pro- getto, in due o tre pagine. Le domande arrivano da molte parti del mondo, Spagna ov- Tierra negra, Ricardo Iscár viamente, Europa e America 13

Cuchillo de palo, Renate Costa

Latina soprattutto. Di solito Il secondo anno dura in realtà cumentario, il cinema, il mon- riceviamo 80 o 90 domande, più di dodici mesi, perchè si taggio il suono, la produzione. per 30 posti disponibili. Per conclude quando è terminato Questo modulo, che si sviluppa la selezione facciamo dei col- il film dove lo studente è im- da gennaio a luglio, si incrocia loqui: nel caso di candidati piegato. Le lezioni si svolgono con lo sviluppo del progetto europei sono colloqui fatti di tutte nel pomeriggio. pratico. Questo secondo modu- persona, nel caso di candidati M.A. – L’orario delle lezioni uf- lo si declina attraverso incontri provenienti da paesi lontani ficiale è dalle quattro alle set- periodici con i tutor del pro- tipo l’America Latina li faccia- te, dal lunedì al giovedì, men- getto e con la partecipazione mo online, con Skype o altri tre il venerdì è dedicato alle a seminari di scrittura, in cui sistemi. I colloqui sono impor- proiezioni di film. Però la mat- si sviluppano i vari progetti. tanti per determinare le moti- tina può anche essere utilizzata In estate lo studente presenta vazioni delle persone. Ognuno, per altre attività didattiche. Per la nuova versione del proget- come dicevo, porta un proprio esempio adesso si sta svolgen- to, in settembre ci sono una progetto. Durante il Master, gli do il corso di Mercedes Alvarez serie di seminari preparatori studenti seguono all’inizio le nel pomeriggio, ma la mattina è al «pitching» e il «pitching» lezioni teoriche che sono te- dedicata alle proiezioni di film. vero e proprio. Il terzo modu- nute per lo più da registi, pro- Quest’anno ci sono tre studenti lo, la partecipazione al film, duttori, critici, direttori di fe- lavoratori, che possono vedere si sviluppa durante il secondo stival e, contemporaneamente il film anche in altri orari, pre- anno, ma la sua organizzazio- sviluppano un proprio proget- notando l’aula di proiezione. ne dipende dal singolo pro- to con tutori internazionali; in- L’orario è in realtà è flessibile, getto. Anzitutto c’è il lavoro fine partecipano, in vari ruoli, perché se noi abbiamo la possi- progettuale ed organizzativo, ad uno dei tre film che realiz- bilità di organizzare un semina- riunioni con il regista, scrittura ziamo durante l’anno. Sono tre rio con un regista importante, e definizione del progetto, ecc. ambiti di lavoro che a volte si l’orario può anche cambiare. e questo ovviamente cambia a realizzano simultaneamente a seconda delle modalità di la- volte in maniera scaglionata, Come si sviluppano le lezioni? voro di ogni regista e a secon- dipende dai tempi di realizza- MA. – Durante il primo anno si da del progetto specifico. zione dei film. sviluppa il primo modulo: gli insegnamenti sono tutti teori- Quanto dura e quali sono i costi? ci, anche se svolti da registi o A cura di Luciano Barisone J.B. – Il Master dura due anni e tecnici. Vengono affrontati tut- e Carlo Chatrian costa circa 6.000 euro l’anno. ti gli aspetti riguardanti il do- Trascrizione Daniele Dottorini 14 Cinema en noir et rouge appuntamenti in Valle d’Aosta

Clint Eastwood Debito di sangue); la maratona ra- gionata (e commentata dai protagonisti) del film per la tv Carlos di Olivier Assayas; l’anteprima di un film destinato a suscitare anche in Italia mol- te polemiche e dibattito come The Killer Inside Me di Michael Winterbottom (dal romanzo di Jim Thompson); l’evento speciale Agosto ’80 dedica- to a una trama oscura che ha segnato per sempre la nostra memoria collettiva; la mostra fotografica Noir di casa nostra da un’idea di Francesco Gal- li, con gli inediti ritratti di una generazione dei grandi scrittori italiani. Le sorprese di quest’anno saranno molte perché un compleanno così non NOIR IN FESTIVAL: capita tutti i giorni. Ma l’attenzione maggiore va VENTESIMO COMPLEANNO A COURMAYEUR alla produzione italiana in un anno certamente difficile eppure molto vitale, specie tra gli autori Dal 7 al 13 dicembre compie vent’anni il Courma- indipendenti. Promosso dalla Direzione Cinema yeur Noir in Festival, ormai storica manifestazione del Ministero insieme alla Regione Valle d’Aosta di cinema, letteratura, tv e cronaca del reale de- e al Comune di Courmayeur, il festival assegna il dicata a tutti i generi del noir e del mystery. Una Leone Nero al miglior film del concorso, il Premio tappa obbligata lungo la dorsale italiana e inter- Mystery al documentario dell’anno, il Premio del nazionale dei maggiori festival e un appuntamen- Pubblico Fox Crime, il Premio Giorgio Scerbanen- to che con la sua formula originale e «transgeni- co al miglior romanzo noir dell’anno. ca» ha saputo trasformare un genere in fenomeno di costume e occasione di rilettura della realtà Giorgio Gosetti, Marina Fabbri contemporanea. Tra le novità dell’anno: il Ray- e Emanuela Cascia. mond Chandler Award a Michael Connelly (autore Per informazioni in tempo reale: di best seller e noto anche ai cinefili per il film di www.noirfest.com

FRONTDOC 30 novembre-2 dicembre 2010 STAGE JEUNES CRITIQUES EUROPEENS Cinema Theatre De La Ville 7-12 décembre 2010 Via Xavier De Maistre, 21 - Aosta Courmayeur Agenda La rassegna dedicata al mondo del documentario giunge Six jours en immersion au sein d’un des plus prestigieux alla sua quarta edizione. Tre giorni di proiezioni (Le quattro festival italiens : Courmayeur Noir in Festival, dédié volte di Michelangelo Frammartino, La Pivellina di Tizza au polar et au film policier. Un stage de formation à la critique cinématographique (sans frais d’inscription

autunno - inverno2010 Covi e Rainer Frimmel, Into Eternity di Micheal Madsen...), con appuntamenti pensati per le scuole (al mattino), ni d’hébergement) qui dispose d’un travail quotidien un concorso per cortometraggi (A prima vista) e una d’écriture, du visionnage des films en concours et de la panoramica sulla produzione internazionale della stagione. rencontre avec les invités du festival. Completano il programma incontri, dibattiti e una tavola rotonda dedicata alla produzione valdostana. Per informazioni: tel: 0165 261790 Per informazioni: email: [email protected] tel. 0165 273277 e-mail: [email protected]

COURMAYEUR NOIR IN FESTIVAL ESPAÑA EN CORTO 7-13 dicembre 2010 Febbraio 2010 Centro Congressi Associazione culturale Rayuela Piazzale Monte Bianco, 3 Courmayeur Per informazioni: tel. 0165 273277 Per informazioni: tel. 06 8603111 - 06 8605343 - 06 8604541 email: [email protected] http://www.noirfest.com il giro del mondo saison culturelle in 60 film 15 500 GIORNI INSIEME (500) Days of Summer

Regia: Marc Webb. Sceneggiatura: Scott Neustadter, Michael H. Weber. Fotografia: Eric Steelberg. Montaggio: Alan Edward Bell. Musiche: Rob Simonsen, Mychael Danna. Interpreti: Zooey Deschanel, Jo- seph Gordon-Levitt, Chloe Moretz, Mat- thew Gray Gubler, Minka Kelly, Yvette Nicole Brown, Geoffrey Arend, Rachel Boston. Produzione: Fox Searchlight Pic- tures. Distribuzione: 20th Century Fox. Paese: USA. Anno: 2009. Durata: 95 mi- nuti.

Sulla commedia romantica Hollywood le intermittenze sentimentali dei due profondità sull’orizzonte d’attesa del- ha costruito le sue fortune e buona protagonisti, luogo di pellegrinaggi di lo spettatore: non ci aspettiamo mai, parte della propria mitologia. Ormai il coppia che, nella loro ripetitività, fanno in questo film, di essere sorpresi dallo repertorio narrativo del genere – «lui» da sismografo alle condizioni del rap- sviluppo narrativo, sappiamo esat- e «lei» si conoscono, si amano, poi non porto. In seconda battuta, la presenza tamente cosa succederà nell’esatto si amano più, infine si riconciliano – sta degli «amici del cuore» del personag- momento in cui sullo schermo appare al cinema americano come l’iconogra- gio maschile, che nella commedia ro- la cifra dei giorni trascorsi da Summer fia cristiana alla pittura rinascimentale: mantica non si chiamano così per caso, (Sole, nella versione italiana) nel cuo- un insieme di motivi ricorrenti e comu- in quanto è loro demandato il compito re di Tom. Le aspettative riguardano ni rispetto ai quali ogni artista/cineasta di raccogliere le confidenze sentimen- allora il modo in cui regista e sceneg- tenta un faticoso esercizio di equilibrio tali del protagonista e, come in una giatori renderanno esemplare il punto tra innovazione e tradizione, originalità sorta di coro greco, di metabolizzarle prescelto nella traiettoria della vi- e convenzionalità. Naturalmente, nel attraverso una serie di commenti e cenda: quali spazi e quali tempi, quali passaggio dal cinema classico a quello previsioni. In terzo luogo, lo squilibrio gesti e quali parole daranno, in modo moderno, i margini d’innovazione si emotivo fra i due personaggi, neces- compiuto ed efficace, espressione alla sono notevolmente slabbrati, e il pro- sario a costruire un conflitto, ad aprire fase del rapporto che coincide con la totipo può, oggi, essere quasi rivoltato una faglia fra i sentimenti dell’uno e cifra che la introduce. Si tratta, in fon- come un calzino. A rivestire un’impor- dell’altra; e – corollario necessario a do, di un dispositivo che riproduce in tanza cruciale, in quest’ambito, è evi- quest’ultimo punto – il senso del tem- scala l’atteggiamento proprio di chi dentemente proprio il «quasi»: perché, po che scorre, o meglio l’idea che nulla frequenta un genere cinematografico, per quanto possa essere fatto oggetto dia il senso dello scorrere del tempo come appunto la commedia sentimen- di riconfigurazioni più o meno massicce quanto la metamorfosi di un senti- tale, consolidatosi nel tempo. Immagi- e/o irriverenti (ad esempio, in questo mento che trascolora dalla passione niamo quel che accadrà, ne possiamo film l’epilogo trasgredisce clamorosa- all’indifferenza (o viceversa). prevedere gli sviluppi e le articolazio- mente le convenzioni del genere), il Su quest’ultimo aspetto, gli sceneg- ni interne, ma non le forme narrative modello originale deve comunque ri- giatori lavorano con estrema abilità. e visive che esse assumeranno: ed è manere riconoscibile. L’idea, espressa sin dal nome scelto esattamente questo a costituire il pun- La sua freccia avvelenata sul corpo del gene- per il film, di computare il numero di to di attrazione gravitazionale del film re, il film la spara subito: «questa» – spiega giorni non trascorsi «insieme», come e, al contempo, di contatto fra il narra- la voce fuori campo all’inizio – «non è recita il (pessimo) titolo italiano, ma tore e il suo pubblico. Essere sorpresi una storia d’amore». Ma il corpo - seb- necessari al personaggio maschile per da una variante, intrigati dall’inflessio- bene il veleno cominci a circolare pre- uscire definitivamente dalla condizio- ne particolare di una partitura che si co- sto, producendo effetti letali appunto ne di dipendenza emotiva che lo lega nosce pressoché a memoria. Verificare sull’epilogo, o meglio su quello che ci alla ragazza cui fa riferimento il (buon) – sequenza dopo sequenza, situazione si dovrebbe/potrebbe aspettare dal fi- titolo originale. L’espediente della per situazione – se regista e sceneggia- nale di una commedia romantica – con- computazione numerica consente agli tori riescono a balzare aldilà dell’abisso serva ugualmente la propria integrità, sceneggiatori di procedere con disin- rappresentato dalla tradizione, dagli grazie ad una serie di elementi che voltura avanti e indietro nel tempo e stereotipi e dai luoghi comuni del ge- contribuiscono a puntellarne l’identità. nel rapporto, restituendoci una visio- nere, e ad approdare, sani e salvi, sulla Innanzitutto, l’idea della grande città ne caleidoscopica della sua geografia sponda dell’originalità. come teatro dei giochi d’amore, scena- emotiva. Nello stesso tempo, costitu- rio sul quale s’innescano ed innestano isce un modo egregio per lavorare in Leonardo Gandini il giro del mondo in 60 film saison culturelle 16 AFTERSCHOOL

Réalisation et scénario : Antonio Campos. Photographie : Jodie Lee Lipes. Montage : Antonio Campos. Interprètes : Ezra Miller, Jeremy White, Emory Cohen, Michael Stuhlbarg, Addison Timlin, Rosemarie Dewitt, Lee Wilkof. Production : BorderLi- ne Films, Hidden St. Productions. Distri- bution : Bolero Film. Pays : USA. Année : 2008. Durée : 108 minutes.

Malgré son jeune âge et sa cinéphilie entre deux cours la mort par overdose définitive les adultes qui sont désignés avouée (il a signé son premier court des deux jumelles. Impuissant à leur comme les véritables manipulateurs métrage à 13 ans et en avait 24 quand venir en aide, il est comme paralysé par d’images. Sous couvert de l’aider à sur- il a tourné Afterschool), on aurait tort son voyeurisme. Rien d’étonnant à ce monter son traumatisme, les autorités de croire qu’Antonio Campos s’est en- qu’Antonio Campos cite volontiers deux du lycée encouragent Robert à… tour- gouffré dans la brèche du « high-scho- influences, Stanley Kubrick et Michael ner un autre film, un hommage sirupeux ol film » ouverte par Elephant. Certes, Haneke (Benny’s vidéo, Caché) : ces deux aux deux jeunes filles. Cette vidéo com- dans l’internat huppé de la Nouvelle- cinéastes, chacun à leur manière, remet- passionnelle et convenue pourra-t-elle Angleterre d’Afterschool, les escaliers tent en cause l’existence d’un « point exorciser l’angoisse du « snuff movie » et les couloirs empestent autant la mort de vue » assignable derrière la caméra. involontaire de Robert ? que chez Gus Van Sant : deux jumelles C’est aussi le reproche « d’absence de Croire cela expose le corps enseignant wasp, égéries du lycée, décèdent des point de vue » qui est régulièrement à un cruel retour de bâton. Car un film suites d’une cocaïne coupée avec de la fait à un autre maître avoué de Campos, n’en vaut pas un autre, et Robert va mort aux rats, et plus tard, un plan sai- le documentariste américain Frederick s’avérer véritable « auteur » de cinéma. sissant montre une longue file d’élèves Wiseman (clin d’œil un peu potache, Morceau de bravoure d’Afterschool, son attendant devant l’infirmerie leur dose il donne son nom à un personnage du hommage filmé à ses camarades mortes quotidienne de psychotropes ou de Pro- film). Et en effet, Robert est tout sauf un respecte la commande en la minant de zac, administrée à la chaîne. Mais Afters- « auteur » derrière son caméscope, bien l’intérieur. Pauses gênées lors des en- chool se détache à la fois formellement que ce qu’il ait filmé confirme qu’indé- tretiens filmés de camarades ou de pro- et thématiquement de la vogue du film niablement, un humain a été là. Puisque fesseurs, lieux vides, comme désertés de lycée revivifiée par Van Sant : d’abord la scène n’a pas été enregistrée par des depuis l’absence des mortes, plans qui parce que Campos privilégie l’aplatisse- caméras de vidéosurveillance mais bien n’en finissent pas, silences inquiétants… ment des longues focales plutôt que la par la sienne, qui donc filmait quand Ro- c’est le médium filmique lui-même profondeur de champ, et une tempora- bert capturait sur vidéo l’atroce agonie, qui met en échec l’hommage convenu. lité fragmentée plutôt que les longues qui filmait sinon le même œil inerte qui, Même entre les barreaux dorés d’un coulées temporelles d’Elephant. En- au début du film, regardait indifférem- pensionnat bien sous tous rapports, suite parce que la vie en collectivité des ment sur le web une scène « hardcore » l’horreur du documentaire – qu’Antonio chambrées et des salles de classe n’est et une exécution ? Afterschool, film riche Campos dit inspiré de sa propre horreur clairement pas son objet. Nous sommes et hybride, s’offre ainsi à la fois en traité devant les images du 11 septembre plutôt plongés dans la tête d’un élève, presque abstrait sur le point de vue au 2001 alors qu’il était encore au lycée pris dans les rets de son propre solip- cinéma et en satire très noire du monde – a inextricablement partie liée avec la sisme face à son écran d’ordinateur. L’ou- fermé des internats chics de la Côte mort. On se souvient que le grand do- verture du film consiste en un montage Est américaine, puisque le proviseur, cumentaire de Wiseman sur un lycée de vidéos YouTube qui mêle pêle-mêle craignant que l’usage de drogues par de Philadelphie, High School (1968) l’exécution de Saddam Hussein, un film ses élèves ne s’ébruite et ne tarisse les s’achevait sur la lecture publique, au pornographique ou encore un vidéo- caisses de son établissement privé, en- lycée, d’une lettre du Vietnam d’un an- gag amateur. Cette soupe médiatique courage les témoins à la discrétion. La cien lycéen que l’échec scolaire avait, on est le pain quotidien de Robert, élève crudité du « found footage » de Robert le devinait, poussé à la conscription : en introverti inscrit au Club vidéo du lycée n’est pas pour arranger ses affaires. C’est attendant que sa propre mort vienne, il par hasard (il est amoureux d’une fille pourquoi dans Afterschool, bien que les était contraint de la donner quotidien- qui y participe) et boulimique du web jeunes, familiers du Net, malaxent toutes nement. comme ses colocataires. Un jour qu’il sortes de vidéos comme s’ils étaient im- filme dans le lycée, Robert enregistre munisés contre leur violence, ce sont en Charlotte Garson il giro del mondo saison culturelle in 60 film 17 AMABILI RESTI The Lovely Bones

Regia: Peter Jackson. Sceneggiatura: Peter Jackson, Fran Walsh, Philippa Boynes. Montaggio: Jabez Olssen. Foto- grafia: Andrei Lesine. Scenografia: Nao- mi Shohan. Costumi: Nancy Steiner. Mu- sica: Brian Eno. Interpreti: Saoirse Ronan, Mark Wahlberg, Rachel Weisz, Stanley Tucci, Susan Sarandon, Rose McIver. Pa- ese: USA, Gran Bretagna, Nuova Zelanda. Anno: 2009. Durata: 135 minuti.

Tratto dal celeberrimo «best-seller» sie (Rachel Weisz) considera la camera la realtà e la sua allucinata trascrizione di Alice Sebold (il romanzo uscito nel della figlia come il proprio mausoleo (lo specchio, la crepa, il dirupo, il sipario, 2002) l’undicesima regia di Peter Jack- personale; uno spazio intangibile e sa- il palco; sono tutte soglie che di volta in son racchiude al suo interno tanti pic- cro dove nessuno riesce più a entrare. volta, in Parnassus separano o uniscono coli mondi autosufficienti e conclusi Susie stessa è una ragazzina alle soglie i due mondi), dall’altra arriva ad annul- in sé stessi. In Amabili resti il regista dell’adolescenza che entra ed esce dal- lare le differenze fra le due dimensioni, neozelandese allestisce una serie di le fantasie blindate degli adulti. Prigio- diventate oggi indistinguibili. Entrambe, ambienti – allinea spazi contemporanei niera dell’amore incondizionato dei nella visione di Gilliam, sono minaccia- e compresenti – che però non vengono suoi genitori, che la vorrebbero vedere te dal degrado, contaminate dal sogno mai a collidere e a compenetrarsi. L’im- sempre come una bambina, prigioniera consumista e sommerse dalla sovrab- magine con cui si apre il film è chiarifi- delle fantasie sadiche del suo aguzzino, bondante produzione di oggetti del catrice. La mdp inquadra un pinguino la piccola protagonista corre, si nasconde, capitalismo globalizzato. Peter Jackson rinchiuso nella sua sfera di vetro, piena fugge e s’infila negli anfratti di un film che affronta il problema da un altro punto di neve finta. La bambina si avvicina, chiude ogni orizzonte, schiacciandolo tra di vista. La quattordicenne Susie, dopo preoccupata per la solitudine di quella il cielo e la terra. essere stata uccisa, finisce nella bolla creatura che vive separata dal mondo Nel momento in cui viene uccisa dal suo di vetro del paradiso digitale, dove può e il padre la rassicura: «Non ti devi pre- vicino di casa Susie Salmon congela il pro- vivere per sempre lontana dal terrore, occupare Susie. Lui è felice. Vive in un prio corpo di ragazzina in un al di là digita- dal male degli uomini e dal dolore dei mondo perfetto». La tragedia narrata le dove il tempo sembra essersi fermato. viventi. Rinchiusa in un mondo perfet- da Jackson è chiusa in questo «incipit» Jackson, come molti dei registi che si to – dove l’immaginazione umana corre malinconico, dove la segregazione dal sono dati la missione di visualizzare il libera dalle pastoie vincolanti del prin- mondo e l’impossibilità di comunica- loro personale mondo interiore – aspi- cipio di realtà – Susie in realtà vorrebbe re con gli altri diventano la condizione razione resa possibile dal perfezionarsi solo uscirne. Il suo sguardo è perenne- umana a cui aspirare: silenzio, artificio e della tecnologia digitale - si pone os- mente rivolto dietro le spalle. Ciò che solitudine. Infatti, tutti i personaggi pre- sessivamente una domanda, comune ha di più caro sono i volti e gli oggetti senti in Amabili Resti vivono rinchiusi in a coloro che hanno fatto della fuga che ha lasciato sulla terra e che raccon- un proprio universo privato, trasparente nel fantastico il proprio destino: come tano, con nostalgia straziante, l’America e lucido, colorato e funebre, perfetta- mettere in comunicazione due mondi degli anni Settanta. Amabili resti mette mente sferico. Il padre di Susie (Mark antitetici? Come è possibile preservare in scena lo sforzo di Jackson di aprire Wahlberg) costruisce navi in bottiglia, l’esistenza della realtà di fronte al pro- degli spazi fra dicotomie inconciliabili perfette e artificiali, simbolo dell’impos- liferare di infiniti mondi possibili e ar- (spazio terreno/dimensione ultraterre- sibilità di mettersi in contatto con la fi- tificiali? Come fare a impedire che uno na, ricostruzione realistica/tecnologia glia morta e della sua incapacità di apri- non escluda l’altro? Anche Terry Gilliam, digitale, adulti/bambini). L’autore de re un canale di comunicazione con la cineasta che in tutta la sua carriera ci- Il signore degli anelli e di King Kong ci moglie. Il signor Harvey (un bravissimo nematografica ha raccontato proprio racconta la speranza di un autore di Stanley Tucci nei panni del serial killer) questo dilemma, è arrivato a teorizzare riuscire a conciliare le spinte contrap- si dedica ossessivamente al modelli- in maniera estrema il precario equilibrio poste del suo cinema: riprendere Susie smo costruendo case in miniatura, pic- che regge la realtà e la sua trasfigura- nella corrente del tempo degli uomini, e coli edifici completi di ogni particolare, zione fantastica. Nella sua ultima regia nel medesimo istante, riuscire a preser- emblema della sua maniacale patologia Parnassus – L’uomo che voleva inganna- vare la sua grazia di bambina in eterno. nel considerare le donne come piccole re il diavolo il cineasta britannico da una bambole al suo servizio. La madre di Su- parte apre una via di comunicazione tra Silvia Colombo il giro del mondo 18 in 60 film saison culturelle LA BOCCA DEL LUPO

Regia e sceneggiatura: Pietro Marcello. Interpreti: Vincenzo Motta, Mary Monaco. Montaggio: Sara Fgaier. Fotografia: Pietro Marcello. Musica: Era. Suono: Riccardo Spagnol. Produzione: Indigo Film, L’Av- venturosa Film; in collaborazione con Rai Cinema, Babe Films. Distribuzione: BIM. Paese: Italia. Anno: 2009. Durata: 67 minuti.

Fare cinema ha sempre avuto a che teorie: da chi dobbiamo ascoltare la un passato condiviso. vedere con il fatto di sapere risolvere storia di un secolo? Così in un film d’immagini segnate dei problemi concreti, con lo stabili- Una voce fuori campo, distante e on- dall’assenza (di un tempo che non re delle pratiche. Entrare in relazione nisciente, ci introduce in un discorso esiste più, gli archivi; di una perso- con il mezzo cinematografico im- volto a far interagire la memoria sto- na che sembra sopravvissuta fuori plica innanzitutto porsi i principali rica con i ricordi di un amore privato, dalla storia, Enzo), compare improv- interrogativi dell’uomo occidentale, le immagini d’archivio con le riprese viso il dono di una presenza: Enzo e perché il cinema è nato da queste della Genova dei nostri giorni. È den- Mary che ci rivelano – appassionati e domande, da questi desideri, da que- tro i carrugi genovesi che si muove timorosi come due ragazzini - la loro sti ideali mappando lo sguardo di un il corpo scolpito di Enzo, uomo della storia d’amore oltre i limiti del sesso e secolo, il Novecento. strada che fin da bambino ha attraver- della distanza in un commovente pia- La bocca del lupo di Pietro Marcello, sato le stesse vie senza conoscerne la no sequenza. Un quadro, un ritratto, il più sorprendente e premiato film storia. La sua vita è corsa parallela una testimonianza che ci parla della italiano dell’anno, è un’opera consa- alla fatica del porto, alla crescente semplicità dell’uomo, del suo biso- pevole di tutto ciò: un film che istitu- industrializzazione, alla società dello gno di un luogo in cui regni una pace isce una nuova pratica autoriale libe- spettacolo che si andava affermando. condivisa. Il sogno della casa in cam- randosi di etichette, come finzione e La sua storia familiare è stata rubata pagna, accompagnato dalle immagini documentario, e al contempo capace per sbaglio da un occhio indiscreto di bressoniane di una vecchia contadina di confrontarsi, in maniera libera una camera, che ha fermato l’imma- che accarezza il muso di un asino, ci e ricca di sentimento, con la Storia gine di suo padre, un trafficante della conduce verso il termine di una storia (non a caso il film è dedicato a tutti borsa nera come tanti altri, mentre la in cui la trasformazione di una città (e coloro che hanno filmato Genova nel storia personale si è aperta di fronte potremmo dire di uno sguardo) non corso di un secolo). a un occhio attento che ha visto in lui ha toccato tutti. E proprio questi «uo- Riconducibile ai prototipi di «sin- l’umanità sofferente ma innamora- mini delle caverne», come li chiama fonie delle città» – che hanno visto ta di chi vive ormai all’ombra di un nell’aulico commento il regista, sono esordire i grandi documentaristi secolo passato. Enzo è uno spettro le figure a cui ancora oggi dobbiamo classici ai tempi del cinema muto – che attraversa la città, la sua natura volgere lo sguardo perché in loro si La bocca del lupo è l’affresco lirico di fantasmatica è accentuata dalla sua cela il residuo d’umanità che sembra Genova e la ricostruzione della con- voce e da quella dell’innamorata, sfuggire al progredire della Storia. cezione novecentesca dell’uomo e Mary, che arriva fino a noi sul suppor- Giochiamo soltanto a mosca cieca, del suo destino. La città non è più il to rovinato di un’audiocassetta. come la fanciulla d’inizio secolo che centro proteiforme della narrazione, Sono lettere d’amore, di un amore chiude il film nello sfarfallio della come lo fu la Berlino cantata da Wal- appassionato e totalizzante, l’amo- pellicola rovinata, abbiamo gli occhi ter Ruttman, ma un teatro stratificato re di chi è escluso dalla vita e solo coperti di fronte all’orizzonte e dan- pronto ad accogliere e a elevare le nell’abbraccio dell’amato può ritro- ziamo, chi in maniera goffa chi leggia- persone a personaggi, le vite a storie, varla. Le immagini del passato cor- dra, provando a intuire quello che ci le immagini a icone. C’è una doman- rono parallele all’esistenza dell’uo- sta di fronte. Incapaci dello sguardo da alla base del film, che ha saputo mo emarginato, che non può entrare semplice di Enzo e Mary, che resiste intrecciare una committenza privata nel fiume della Storia, appare im- alla sofferenza trasformandola in (la fondazione San Marcellino dei mobile nel suo sguardo fisso verso amore. Gesuiti) e lo spirito dell’autore in l’orizzonte che si trasforma soltanto un felice cortocircuito tra pratiche e per noi spettatori nei movimenti di Daniela Persico il giro del mondo saison culturelle in 60 film 19 BROTHERS

Regia: Jim Sheridan. Sceneggiatura: Da- vid Benioff. Fotografia: Frederick Elmes. Musica: Thomas Newman. Montaggio: Jay Lash Cassidy. Costumi: Durinda Wood. In- terpreti: Natalie Portman, Tobey Maguire, Jake Gyllenhaal, Bailee Madison, Taylor Geare, Patrick Flueger, Sam Shepard, Mare Winningham, Clifton Collins Jr., Josh Berry, Carey Mulligan. Produzione: Columbia Pictures, Relativity Media, Mi- chael De Luca Productions. Distribuzio- ne: 01 Distribution. Origine: USA. Durata: 108 minuti.

Remake di un film europeo, Brothers è decisivo, perché Sheridan legge bedienza, l’onore, il tradimento, la è un melodramma diretto un regista nei punti di svolta della trama altret- comprensione, il sangue, la ven- europeo stabilitosi negli Stati Uniti tante occasioni per mettere i suoi detta, il sospetto. Ogni ambiente e da tempo impegnato a riflettere personaggi di fronte a scelte di carat- del film diventa di conseguenza un sui meccanismi della società che tere morale che derivano dall’appar- contenitore che riflette la condizio- l’ha accolto. Come Murnau, Renoir, tenenza (o esclusione) alla famiglia ne emotiva dei personaggi e la loro Wilder, Ophüls, Lang e Sirk faceva- americana. La guerra in Afganistan, il «condanna» in quanto eroi morali no in altri tempi e talvolta in eguali trauma di chi l’ha combattuta e l’an- di un film hollywoodiano, il dovere maniere. Già con In America l’ir- sia di chi è rimasto a casa sono solo di compiere una scelta. landese Jim Sheridan aveva riper- aggiornamenti di procedure tipiche La rieducazione di Tommy, il figlio corso il tormento e l’estasi dello del racconto hollywoodiano, l’enne- ribelle che ha voltato le spalle ai sradicamento, l’euforia d’aderire al sima occasione, dopo il nazismo, i valori della famiglia, passa attra- sogno americano e la frustrazione giapponesi, il comunismo, la Corea, verso la ricostruzione di una cuci- d’esserne in qualche modo esclusi. il Vietnam, l’Iraq, di sondare l’impat- na, cuore per eccellenza della casa Brothers è un altro passaggio della to della realtà storica sull’ideologia borghese; la conseguente esplosio- sua riflessione sull’ideologia ame- americana. ne di rabbia di Sam, il figlio buono ricana. Rispetto a Non desiderare la Ciò che caratterizza il melodramma che ha invece abbracciato l’ideolo- donna d’altri (2004), il film danese familiare hollywoodiano, oggi come gia paterna, provoca la distruzione di Susanne Bier di cui è il rifacimen- sessant’anni fa, è una dimensione di quello stesso mondo rinnovato. to, non cambia quasi nulla, a parte universale che trascende la trama Tutto è opposto, raddoppiato. Ogni l’ambientazione. è, però, questo un e coinvolge l’identità simbolica dei elemento si specchia nel suo alter aspetto fondamentale: ovvero, la personaggi; un mondo che è sempli- ego: due fratelli, due figlie, due dimostrazione che il cinema ame- ce eppure complesso, attraversato soldati. Tutto, però, si riunisce nel ricano, anche quando è diretto da da sentimenti ed emozioni pure in momento in cui uno dei personaggi uno «straniero», sa riappropriarsi di cui le figure sono derivazione di mo- è costretto alla scelta, alla decisio- qualsiasi storia, forma o iconografia. delli biblici – il riferimento culturale ne che interrompe la catena delle Nel passaggio, la metamorfosi è già più scontato eppure più autentico ripetizioni (fateci caso: anche il pa- completata e il film originale non per la società americana. Sulla sce- dre ha una seconda moglie e la vita esiste più. Resistono personaggi, na compaiono perciò il patriarca, il di Grace ne ripeterebbe la struttura, figure, ambienti e sentimenti che, fratello buono e il fratello cattivo, la sebbene a sessi invertiti, se il ma- calati nel contesto produttivo del donna che è madre, moglie e amante, rito non tornasse a casa). La scelta cinema hollywoodiano e negli sche- i bambini che si offrono come vitti- di Sam è quella che l’intellettuale mi della realtà americana, rimanda- me sacrificali. L’unione di realismo e europeo vede come il segno di un no a storie, situazioni e valori di un simbologia fa sì che ogni elemento trauma originario. Il peccato alla sistema spettacolare che non ha mai della trama abbia valore in sé e al base del benessere capitalista che smesso di costruire la propria mito- tempo stesso ricolleghi la vicenda svuota la propaganda militarista e logia. Anzi, di imporre la propria mi- all’universo morale di riferimento. condanna la società americana al tologia. I protagonisti, oltreché ex militari ruolo di ex motore del mondo che Brothers, come segnala il titolo, è un in pensione, marine imperturbabili, per continuare a vivere ha bisogno film sulla famiglia, laddove l’origi- ribelli balordi e cheerleader diven- di uccidere. nale era una storia sul tradimento e tate madri, sono espressione di stati le sue conseguenze. Lo slittamento psichici, come il rispetto, la disob- Roberto Manassero il giro del mondo 20 in 60 film saison culturelle CELLA 211 Celda 211

Regia: Daniel Monzon. Sceneggiatura: Daniel Monzon, Jorge Guerricaechevar- ría. Fotografia: Carles Gusi. Montaggio: Cristina Pastor. Costumi: Montse Sancho. Musiche: Roque Baños. Interpreti: Carlos Bardem, Luis Tosar, Alberto Ammann, An- tonio Resines, Marta Etura, Manolo Solo, Jesus Carroza, Luis Zahera, Manuel Morón. Produzione: Morena Films, La Fabrique de Films, Telecinco Cinema, La Fabrique 2, Vaca Films. Distribuzione: Bolero Film. Pa- ese: Spagna, Francia. Anno: 2009. Durata: 110 minuti.

Sono essenzialmente due gli elementi sua presenza per neutralizzare i giochi naggi, entrambi in un certo senso puri su cui si basa la forza del cinema carce- di potere tra «famiglie» di detenuti. nell’assolutezza della loro definizione, rario: da una parte la tensione innescata Senza dilungarsi in preamboli, Monzón entrambi destinati a rispecchiarsi l’uno dal rapporto dentro/fuori che regge la innesta immediatamente il nucleo del nell’altro sino a confondere e ribaltare dinamica esistenziale dei detenuti e la suo film, scatenando il dramma sulla fi- le proprie istanze. Quando la violenza loro funzione drammatica; dall’altra la gura di Juan, che della dinamica dentro/ e l’ipocrisia del sistema, colpendo la pulsione inclusiva, più o meno virulen- fuori è un po’ l’emblema, non essendo moglie di Juan per mano della guardia ta, che anima la situazione detentiva, né una vera guardia (non ancora, alme- violenta, lo lasciano privo della sua vita rendendo ogni individuo assolutamen- no, visto che è solo alla vigilia del suo reale e del futuro, il giovane agente si te permeabile alla logica del sistema primo incarico) né tanto meno un de- ritrova d’improvviso ribaltato nel suo carcerario e strettamente connesso a tenuto. Ad un tempo vittima e artefice opposto e accetta sino in fondo quella tutti coloro che lo circondano. Se il pri- degli eventi, Juan diventerà ben presto maschera da detenuto che ha indos- mo aspetto configura l’esclusione dalla il cardine sul quale grava l’intero peso sato per salvarsi. Juan capisce allora realtà e dall’ampiezza delle relazioni del cancello che separa la prigione dal che è il venir meno della prospettiva sociali «libere», il secondo configura al mondo esterno: il suo bluff è la ma- del «fuori» (l’attesa di poter «tornare contrario l’implosione del concetto di schera nuda che illustra perfettamente a casa») a determinare il «dentro», a società in un coagulo di relazioni stret- la doppia faccia di un sistema sociale in chiudere la porta della prigione con- te e forzate che esaspera sino allo spa- cui non è tanto la colpa a determinare figurando il detenuto come tale, con- smo la complessità del gioco relaziona- il castigo, quanto il contesto in cui ci si finandolo in una colpa che può essere le tra individui. Di questi due elementi, trova ad agire. reale (come per Malamadre) o anche il regista spagnolo Daniel Monzón fa un Collocato per destino dalla parte sba- solo fittizia (come per Juan) senza che uso esemplare: Cella 211 unisce un im- gliata delle sbarre, Juan si fa carico questo dettaglio cambi l’esito effettivo pianto ad alta tensione concentrazio- sempre più della violenza agita e subita della situazione. naria a una storia che esamina lo snodo nel carcere dai detenuti, connotandosi Monzón elabora questo portato con identitario tra guardiani e detenuti. come un vero e proprio «deus ex ma- indiscussa sapienza narrativa e figura- Nel film il rapporto è tutto giocato sul china» che cala dall’alto nel dramma in tiva: se infatti carica alcuni personaggi faccia a faccia tra Malamadre, il più atto e lo catalizza verso una soluzione di contorno di un eccessivo peso carat- pericoloso tra i reclusi di un carcere di che, visti i presupposti, non può che es- teriale che serve a definire iconografi- massima sicurezza, e la giovane guar- sere l’espressione all’ennesima poten- camente lo scenario carcerario, lo fa dia carceraria Juan Olivier che, alla vi- za della situazione di partenza. In tutto potendo contare sulla dialettica in- gilia del suo primo giorno di lavoro, si questo, Malamadre è il perfetto con- terna di una sceneggiatura molto ben ritrova per una fatalità nella prigione traltare di Juan: se quest’ultimo è un congegnata. Probabilmente il film si proprio nel pieno di una rivolta, finen- «insider» destinato a divenire organi- fa sfuggire l’opportunità di definire do prigioniero tra i detenuti che non lo co al sistema nel quale si inserisce, Ma- meglio l’aspetto politico (legato ai conoscono e di fronte ai quali si spaccia lamadre è una presenza intestina, che detenuti dell’ETA). Ma forse sarebbe per un nuovo arrivato, condannato per muove dall’interno verso il dramma e stato chiedere troppo a un film che, omicidio. Scaltro nel gestire la situazio- lo determina. Il loro punto d’incontro partendo da uno schema di genere ne, mimetizzandosi nell’ambiguità tra è lo snodo tra dentro e fuori, colpevo- rigoroso come quello carcerario, lo fiducia e sospetto che la sua imprevista lezza e innocenza, prigionia e libertà, anima in una prolifica sfaccettatura di presenza suscita nel nucleo carcerario, inganno e verità. E il dramma reale su ruoli e psicologie. Juan instaura una relazione privile- cui si basa Cella 211 è nel punto esatto giata con Malamadre, che punta sulla di convergenza tra questi due perso- Massimo Causo il giro del mondo saison culturelle in 60 film 21 LE CHANT DES MARIEES Il canto delle spose

Réalisation : Karin Albou. Scénario : K. Al- bou. Photographie : Laurent Brunet. Mon- tage : Camille Cotte, Béatrice Wick. Inter- prètes : Lizzie Brocheré, Olympe Borval, Najib Oudghiri, Simon Abkarian, Karine Albou. Production : Gloria Films. Distri- bution : Archibald Enterprise Film. Natio- nalité : France. Année : 2008. Durée : 100 minutes.

" La mariée a noirci ses cils / Elle est des juifs par les nazis. Les choix de lu- ce cinéma sensuel, les clichés du pays allée au hammam/ Elle s’est maquillée mière, de décor et de costumes de Karin sont subsumés dans des décors légè- / Mais il lui manque quelque chose Albou insufflent dans son parti-pris in- rement stylisés par l’inspiration pictu- / – Quoi ? ", demande la comptine qui timiste une violence que la mise à dis- rale, la psychologie, elle, est déplacée scande de bout en bout Le Chant des tance de l’Histoire laisse délibérément dans la chair, véritablement incarnée. mariées. Avec l’intelligence scénaris- hors-champ. Au lieu de filmer une Tu- Quand se gâtent la belle amitié entre tique qui caractérisait déjà son premier nisie de carte postale aux tons chauds les deux adolescentes et leurs espoirs long métrage La Petite Jérusalem (2005), ocres, elle tourne dans ce pays en hi- amoureux, c’est dans les corps que la la cinéaste Karin Albou suit le parcours ver, dans un camaïeu de bleu et de gris cinéaste inscrit ces pertes. L’épouvan- amoureux de deux meilleures amies, inspiré, confie-t-elle, par les toiles de table réalité extérieure (les horreurs na- l’une juive, Myriam, l’autre arabe, Nour, Pierre Bonnard et d’Henri Matisse ainsi zies, certes atténuées par l’éloignement dans la Tunisie colonisée et occupée que par les autochromes de Gabriel géographique) se répercute sur la chair de 1942. La chanson enfantine, avec sa Veyre, l’opérateur des frères Lumière. féminine : dépucelage à la va-vite pour question laissée en suspens, inscrit ce Du soleil du Maghreb, on ne voit donc ici Nour pour cause de mariage retardé, film sous le signe du manque et de la bi- que le ricochet indirect, depuis la cour douloureuse épilation du pubis pour partition plutôt que sous celui du trop- intérieure de la maison labyrinthique Myriam avant la noce, viol hors-champ plein de la reconstitution historique. que partagent Myriam et Nour. Cette de la mère de Myriam (interprétée par Ici, nul « devoir de mémoire » quant réduction du champ visuel correspond Karin Albou) par des nazis venus récla- à un pan pourtant ignoré de l’histoire à la vision entravées des femmes. Confi- mer leur « dû », l’amende imposée aux française (les colonies pendant l’Occu- nées dans leur intérieur, elle ne perçoi- juifs par la Kommandantur. pation et l’alliance entre les nazis et le vent de la guerre que des bribes de sons L’impact charnel de l’Histoire sur l’ami- Grand mufti de Jérusalem, haute auto- et quelques images vues depuis leur fe- tié des deux jeunes filles et sur leur vie rité du monde musulman). D’ailleurs, nêtre. La nécessaire économie d’un film amoureuse paraît presque trop expli- la première séquence, un mariage tra- à petit budget, qui empêche l’ampleur cite tant Albou scénariste travaille à une ditionnel, pourrait avoir lieu n’importe d’une reconstitution historique, est ain- structure rigoureuse. Comment échap- quand, et rien n’y indique encore la si mise à profit dans un travail ingénieux per aux « vies parallèles » et à une nar- guerre : à la noce, les hommes admirent sur les détails significatifs : petite place ration binaire, asséchante ? D’abord par les contorsions d’une plantureuse dan- en ruines suite à des bombardements les ruptures de ton, qui font succéder seuse du ventre tandis que les femmes (ce lieu, réel quoique retravaillé par le à une scène discrètement tragique une dansent entre elles dans un lieu séparé décorateur du film, a été trouvé dans autre subtilement humoristique. Ensuite et se lancent des plaisanteries grivoises la Médina de Tunis), fragment d’émis- par le jeu impeccable des deux jeunes autour de l’appareil génital d’un mou- sion de radio inspiré d’archives de actrices, l’une professionnelle (Lizzie ton mort. L’Histoire ne fait irruption qu’à l’époque, petit avion allemand qui, au Brocheré, vue surtout à la télévision la fin de la séquence, sous la forme d’un lieu de bombarder les villageois, lance française) et l’autre non, Olympe Borval, « ticket de pain » glissé dans le slip de des tracs antisémites à destination des choisie alors qu’elle ne parlait pas arabe. la danseuse en lieu et place d’un billet musulmans… Ni simple toile de fond Enfin par des choix formels audacieux de banque. Cette séquence sensuelle de l’intrigue adolescente ni « thème » à sans être ostentatoires, tel un plan-sé- et macabre en même temps imprime traiter, l’Occupation est présente dans quence dans lequel la caméra passe à son sceau au reste du film, dans lequel Le Chant des mariées à la juste mesure travers des barreaux et qui cite, l’air de la mise à l’écart des femmes se double de sa présence paradoxale, histori- rien, Professione : reporter d’Antonioni. d’une mise à l’écart des « indigènes » par quement, dans le protectorat français les lois coloniales françaises et de celle qu’était alors la Tunisie. Mais si, dans Charlotte Garson il giro del mondo 22 in 60 film saison culturelle CHÉRI

Regia: Stephen Frears. Sceneggiatura: Christopher Hampton. Fotografia: Darius Khondji. Montaggio: Lucia Zucchetti. Mu- siche: Alexandre Desplat. Costumi: Con- solata Boyle. Interpreti: Michelle Pfeiffer, Kathy Bates, Rupert Friend, Frances To- melty, Tom Burke, Joe Sheridan, Felicity Jones, Iben Hjejle, Gaye Brown. Produzio- ne: Bill Kenwright Films, MMC Indepen- dent, Reliant Pictures. Distribuzione: 01 Distribution. Paese: Gran Bretagna. Anno: 2009. Durata: 100 minuti.

Non c’è che l’essenziale, in Chéri, il Fin dal breve prologo dedicato alla un punto di partenza e una nuova de- film che Stephen Frears ha tratto dai Belle Époque con le cartoline e le stinazione, ovvero nei viaggi lontano due celebri romanzi brevi di Colet- immagini d’epoca che incorniciano da Parigi, e nei ritorni nella capitale te Chéri e La fine di Chéri. Tuttavia il l’entrata in campo di Léa, Frears ela- francese, a Chéri e Léa, gli amanti che non visto, il non detto, ovvero il fuori bora un film che si inscrive nel miglior si sono temporaneamente separati campo delle immagini e delle parole, cinema romantico e in quel «genere» – come quando ad esempio la don- è altrettanto rilevante di quel che il che mette in evidenza la provenien- na fugge a Biarritz?). Di Léa e Chéri film mostra. C’è una straordinaria za letteraria del testo per superarla, non conosciamo, non vediamo quasi secchezza e rarefazione nelle inqua- traducendola costantemente in pro- nient’altro che i gesti della loro pas- drature sontuosamente costruite dal fonda tensione filmica. Ne è esempio sione: dall’incontro nella veranda di regista inglese, una scelta di stile l’uso della voce narrante che, non Madame Peloux, che segna l’inizio ribadita in ogni istante e in perfetta a caso, introduce e chiude i fatti. La della loro relazione, a quello nella sintonia con le parole pronunciate voce ha il compito di sintetizzare le casa di Léa, dove, dopo un’ultima not- dalla voce narrante nella scena fina- vite dei personaggi con la stessa es- te di piacere, ha luogo la separazione le: una frase che descrive la fine del senzialità con la quale il regista trac- definitiva. Lì si produce la rappresen- giovane protagonista, la sua esisten- cia le linee di una relazione durata ol- tazione più esplicita del conflitto di za interrotta da un colpo di pistola. tre sei anni in meno di un’ora e mezzo tutta l’opera, quello riguardante l’età Chéri è (come) uno sparo. Incalzan- di film. Al narratore spetta dunque e la metamorfosi dei corpi nel corso te e «definitivo» nel suo procedere, dire una parte di quel che le immagini del tempo. il film avanza verso una meta che, non mostrano e che attraverso la pa- Con la complicità e l’intensità di Mi- al tempo stesso, scolpisce la fine di rola vengono così fortemente evocate chelle Pfeiffer, Chéri descrive la resi- un amore e quella dell’epoca che lo al punto da «materializzarsi». Al ri- stenza e il cambiamento di un corpo accoglie – quella fine del XIX secolo guardo si pensi all’intensità delle fra- dal momento in cui l’amore e la pas- vista come un tempo prossimo al suo se finale: "E quando realizzò nella sua sione che l’hanno nutrito gli vengo- declino nell’imminenza di una guerra. mente questo pensiero, trovò la sua no sottratti, a causa del matrimonio A vent’anni esatti di distanza Frears vecchia pistola militare e si sparò". combinato per il suo amante. Chéri, in ha riunito lo sceneggiatore, Christo- Chéri è un film che respira cinema questo senso, è un viaggio sul corpo pher Hampton, e l’attrice di Le relazio- consumandosi, come i due prota- di una donna. Frears osserva con di- ni pericolose, in una storia sentimen- gonisti, nel gioco di una seduzione screzione i gesti: Léa che si guarda le tale e sessuale che trova coinvolti la compiuta, interrotta, ripresa, infine braccia davanti a uno specchio o che non più giovane cortigiana Léa de spezzata per sempre. È il montaggio con una mano si accarezza il volto e il Lonval, nome d’arte di Leone Vallon (di Lucia Zucchetti) il cuore di Chéri. collo, di fronte ad un altro specchio, (una magnifica Michelle Pfeiffer) e Un montaggio che produce dei vuo- dopo aver visto Chéri allontanarsi in l’adolescente Fred Peloux, da lei chia- ti narrativi dentro i quali non è per- strada, di spalle. È l’inquadratura fi- mato Chéri (interpretato da Rupert messo inoltrarsi e che pure fanno nale del film, dedicata al personaggio Friend, convincente dandy già sciupa- sentire tutta la loro presenza (cosa femminile senza il quale Fred/Chéri to nonostante l’età), figlio di una pet- è successo tra Fred e la giovane mo- non esisterebbe. Un lungo primo pia- tegola oltre ogni sopportabilità (alla glie Edmée dopo la notte in treno, no silenzioso, sul quale anche la mu- quale dà corpo ingombrante una qua- dove hanno fatto per la prima vol- sica, inizialmente presente, sfuma, si irriconoscibile Kathy Bates), vale a ta l’amore, in luna di miele sui laghi facendosi da parte. dire la donna che fu rivale, in affari di italiani? Cosa è accaduto nel tempo uomini, di Léa. e nello spazio dello spostamento tra Giuseppe Gariazzo il giro del mondo saison culturelle in 60 film 23 COLPO DI FULMINE IL MAGO DELLA TRUFFA I Love You Phillip Morris Regia, sceneggiatura: Glenn Ficarra, John Requa. Soggetto: dall’omonimo libro di Steve McVicker. Fotografia: Xavier Pérez Grobet. Musica: Nick Urata. Montaggio: Thomas J. Nordberg. Scenografia: Hugo Luczyc-Wyhowski. Interpreti: Jim Carrey, Ewan McGregor, Leslie Mann, Rodrigo Santoro, Brennan Brown, Clay Chamber- lin, Antoni Corone, Griff Furst, Michael Showers, Nicholas Alexander. Produzio- ne: Europacorp, Mad Chance Productions. Distribuzione: Key Films. Origine: USA, Francia. Anno: 2009. Durata: 90 minuti.

I Love You Phillip Morris, si chiama (Lemony Snicket) o di farsi ridefinire Andy Kaufman, che proprio con i il film in originale. E con un titolo il fisico dal «morphing» (A Christmas travestimenti e gli assalti al pubblico del genere potrebbe sembrare un Carrol). Jim Carrey è un attore dal aveva messo in crisi il concetto altro pamphlet contro le compagnie volto invisibile, un personaggio stesso di spettacolo. del tabacco, un nuovo Thank You pirandelliano capace di essere Senza essere distruttivo come for Smoking, una di quelle opere uno, nessuno e centomila, in grado Kaufman, Jim Carrey è l’unico attore argute e un po’ canagliesche che di far credere allo spettatore di hollywoodiano di oggi a resistere a il cinema indipendente americano essere un poliziotto, un organista, ogni definizione, modello di nessuno produce in quantità da qualche un marito e un padre devoto e poi, a parte se stesso, interprete preso anno a questa parte. A ben vedere all’improvviso, con un stacco di negli ingranaggi dell’industria, ma gli elementi ci sarebbero tutti: montaggio decisamente comico, di presenza fisica in grado di resistere due giovani registi già perfidi mostrare tutto il contrario. Di essere, a ogni forma di narrazione e di sceneggiatori (loro lo script dello cioè, omosessuale, di amare il lusso rappresentare se stessa prima ancora spietato Babbo bastardo), una coppia sfrenato, di collezionare amanti e di qualsiasi figura fittizia. di attori divi ma interessati al cinema di truffare continuamente gli altri Certo, il gioco non sempre regge d’autore, una vicenda distributiva e di finire in carcere per questo. Il l’intera durata del film: nelle mani lunga e travagliata (il film è pronto pubblico sa cosa aspettarsi dalla di due registi più esperti Colpo di dall’inverno 2008). E invece si tratta sua presenza, ma il suo volto da fulmine non si trasformerebbe in una di un falso, di un depistaggio, di un «all american boy», il suo sorriso storia d’amore che chiede attenzione travestimento che nel film diventerà contagioso, l’ombra di una minaccia unicamente per la sua «diversità» norma, struttura, e che nella versione nascosta dietro occhi da brav’uomo (cos’ha di speciale questo amore originale comincia fin da subito, ingannano e conquistano al tempo a parte l’essere omosessuale?) e prima ancora di entrare in sala. stesso, portano a credere in ciò nemmeno il clone più scanzonato Nell’edizione italiana, invece, tutto che si aspetta e a sperare di essere e meno disperato di Il genio della questo si perde, perché il sottotitolo disattesi. Un misto di paura e truffa. Ma questo gioco un po’ fragile del film toglie all’elemento della affezione: suspense allo stato puro. e divertito più che divertente vale truffa qualsiasi attesa, privando il Sarà serio o comico, Jim Carrey? E comunque la candela: ispirato a una lavoro dei due autori della sua qualità quale maschera indosserà? Ai tempi storia vera (e qui si capisce che il più autentica: la voglia di giocare con di Truman Show, il suo primo film nome Philip Morris non ha nulla di le aspettative dello spettatore di d’autore, il pubblico ci mise un po’ malizioso) dimostra quanto il corpo fronte alla presenza di Jim Carrey. a capire che non si trattava di un malleabile di Jim Carrey sappia Perché naturalmente è lui, Jim prodotto comico; e anni dopo un riappropriarsi di qualsiasi elemento Carrey, il vero autore del film: gioiello come Se mi lasci ti cancello reale e trasformarlo nel suo doppio eccessivo, strabordante, multiforme, rischiò di essere scambiato per una ribaltato. Una continua vertigine come gli capitava a inizio carriera commediaccia con Julia Roberts, che se nella finzione fa oscillare la (quando la sua energia incontenibile non solo per via del solito criminale storia tra la verità e l’inganno, nel era la sorgente delle sue maschere titolo italiano, ma perché in una buio della sala rende lo spettatore molteplici) e come gli capita ancora commediaccia con Julia Roberts Jim partecipe di uno spettacolo nello oggi che è un attore maturo, ma Carrey potrebbe starci benissimo. spettacolo dedicato ai mille volti di non ha perso la voglia di camuffarsi Esattamente come in un film di Milos una maschera indefinibile. dietro barbe finte (Dick e Jane - Forman, Man on the Moon, dove Operazione furto), protesi in lattice interpretava il comico americano Roberto Manassero il giro del mondo 24 in 60 film saison culturelle LE CONCERT

Réalisation : Radu Mihaileanu. Scénario : Radu Mihaileanu, Matthew Robbins. Mon- tage : Ludovic Troch. Photographie : Laurent Dailland. Musique : Armand Amar. Inter- prètes : Mélanie Laurent, François Berléand, Miou-Miou, Valerij Barinov, Lionel Abe- lanski, Alexeï Guskov, Dmitry Nazarov, Anna Kamenkova Pavlova, Alexander Komissarov. Production : BIM, Castel Films, Les Produc- tions du Trésor, Panache Productions. Dis- tribution : BIM. Pays : France. Année: 2009. Durée : 120 minutes.

Auteur remarqué de Va, vis et deviens teurs, des personnages, des histoires, miracle du concert opère ! On objecte- (2005) et de Train de vie (1998), le réa- jusqu’au tournage lui-même, à cheval ra que les clichés sont un des ressorts lisateur français d’origine roumaine entre plusieurs pays – est un élément classiques de la comédie populaire, et Radu Mihaileanu livre avec Le Concert récurrent de l’œuvre de Mihaileanu, que le film souvent fait mouche – le (2009) son quatrième long métrage tout entière à l’enseigne de la ren- français décalé que parlent les Russes y pour le cinéma. Sorti en France en no- contre des cultures. Mais l’on retrouve est par exemple assez savoureux. Mais vembre, le film a créé la surprise en aussi dans Le Concert d’autres motifs on peut regretter la facilité du procédé attirant plus de 1,8 millions de specta- chers à l’auteur. C’est par un mensonge et un cruel manque de nuances, pour teurs à ce jour. que les personnages accomplissent un film qui affiche malgré tout une Comédie rocambolesque aux accents leur idéal, se réalisent et trouvent certaine ambition de vérité, par delà le mélos, Le Concert raconte la folle aven- leur vérité : une « imposture posi- folklore et la fiction. ture d’un groupe de moscovites sur tive », comme la nomme Mihaileanu, Extrêmement articulé, très rythmé avec le chemin de Paris. Au temps de Bre- qui renvoie au « faux » train de dépor- sa succession de scènes hautes en cou- jnev, Andreï Filipov dirigeait le pres- tés permettant à tout un village juif leurs, le scénario n’évite pourtant pas tigieux Orchestre du Bolchoï, avant d’échapper aux Allemands dans Train la pesanteur. Il multiplie les lignes nar- d’être licencié pour avoir refusé de se de vie. On se souvient aussi de la subs- ratives et les entrées de personnages séparer de ses musiciens juifs. On fait titution initiale de Va, vis et deviens, comme autant de motifs musicaux, sa connaissance trente ans plus tard, par laquelle le jeune héros prend la alternant « l’allegro » de la comédie alors qu’il travaille toujours au Bolchoï place d’un garçon juif décédé, et peut et « l’adagio » du mélodrame. Mais à mais… comme homme de ménage. Un ainsi émigrer en Israël sous une fausse trop vouloir en faire, la partition tombe jour, dans le bureau du directeur, il in- identité. Le salut passe par une idée dans la surcharge. Parallèlement, tercepte un fax du Théâtre du Châtelet folle et par la fuite, semble répéter Mi- comme des poupées russes, les per- invitant l’Orchestre du Bolchoï à venir haileanu. Et, comme dans Train de vie, sonnages principaux ont tous un secret jouer à Paris. Voyant-là une occasion c’est par le mélange des genres, entre ou une motivation cachée, que le film inespérée pour prendre sa revanche burlesque et gravité, que le cinéaste – dévoile peu à peu, par petites touches. sur l’Histoire, Andreï architecte un plan émigré en France à l’âge de vingt ans, Cela ne suffit pas à les rendre profonds. hasardeux : réunir ses anciens musi- fuyant la dictature de Ceaucescu – dé- Et à la longue, l’artifice finit par lasser, ciens – tous bannis et voués aux petits nonce un totalitarisme broyeur de vies quand les scénaristes font durer le sus- boulots – et partir à Paris en se faisant et de libertés. pense sur le mystérieux lien unissant passer pour le vrai Orchestre... On retrouve encore dans Le Concert Andreï et sa soliste française. Le grand Un des principaux atouts de cette co- un humour juif et une exubérance final – quinze minutes de concert en production internationale (France/ revendiquée, qui use cependant ici guise d’apothéose – est un morceau Italie/Roumanie/Russie) est sa for- – et abuse – du cliché et de la carica- de bravoure un peu clinquant, avec de midable palette d’acteurs : les Russes ture : des tsiganes toujours en bande, grands effets de style, du rire, de la ten- d’abord, emmenés par Aleksei Gus- maîtres en combines et en système sion et des larmes. On aurait aimé pour kov dans le rôle-titre – « le Depardieu D, au mécène russe, un nouveau riche ce concerto de Tchaïkovski un peu plus russe », nous dit Mihaileanu ; et côté sans scrupules et mafieux, en passant de retenue et de subtilité. Artisan d’un français, François Berléand, Miou Miou, par le directeur de théâtre français, cinéma fédérateur, Radu Mihaileanu a et surtout Mélanie Laurent, jeune ac- hautain, hystérique et gay... jusqu’au préféré la manière forte et le concentré trice avec le vent en poupe, vue ré- communiste endurci (nostalgique du de bons sentiments. cemment dans Inglorious Basterds de régime, donc « méchant ») qui, à la fin Tarantino. Le cosmopolitisme – des ac- du film, s’en remet à Dieu pour que le Alessia Bottani il giro del mondo saison culturelle in 60 film 25 DONNE SENZA UOMINI Zanan-e bedun-e mardan

Regia: Shirin Neshat. Sceneggiatura: Shi- rin Neshat, Shoja Azari. Fotografia: Martin Gschlacht. Musica: Ryuichi Sakamoto. In- terpreti: Pegah Ferydoni, Shabnam Tolou- ei, Orsi Tóth, Arita Shahrzad. Produzione: Essential Filmproduktion. Distribuzione: BIM Distribuzione. Paese: Germania. Anno: 2009. Durata: 95 minuti.

Dedicato a chi, in Iran, ha lottato per la città, Teheran, e di una nazione colta nei Arita Shahrzad) capaci di rendere in su- libertà – dalla Rivoluzione Costituziona- momenti di un cambiamento epocale perficie e in profondità la necessità, an- le del 1906 alle proteste dell’onda ver- (il 1953 è l’anno del colpo di stato, so- che brutale, di un cambiamento (in tal de che, dal giugno del 2009, è scesa in stenuto dagli Stati Uniti, per far cadere senso la figura più memorabile è quella piazza per manifestare il dissenso ver- il governo di Mossadeq, fautore della di Zarin, la giovane in fuga dal bordello, so la rielezione del presidente Mah- nazionalizzazione del petrolio, e ripor- errante con il suo corpo magrissimo per mud Ahmadinejad – Donne senza uo- tare al potere lo Shah Mohammad Reza le strade della città e della campagna, mini è un film politico che parla della Pahlavi). Neshat apre Donne senza uo- fino a morire consumata da una malin- situazione iraniana di oggi attraverso mini ricorrendo a immagini ermetiche conia mentale e fisica come un’eroina la descrizione di quel che accadde nel che producono una sospensione del- letteraria d’altri tempi). Si ritroveranno, 1953, data cruciale nella storia del lo sguardo su uno spazio atemporale: Faezeh, Zarin, Fakhri, nel luogo verso il paese. Ma è la scelta estetica, il rigore una donna in abito nero, il terrazzo di quale il film si è, a più riprese, avvicina- della messa in scena, l’esplorazione un’abitazione dalle mura bianche, il cie- to e introdotto: un giardino d’orchidee e della dimensione simbolica e non lo, le nuvole, un velo che cade. Elementi un’antica dimora rimessa a nuovo dalla realistica, a rendere personale il film messi in relazione geometrica fra loro, proprietaria Fakhri, lontano dalla capi- (premiato con il Leone d’argento de- filmati nella loro fisicità, spogliati dalle tale, in uno spazio che sconfina anch’es- stinato alla migliore regia alla Mostra parole e, progressivamente, dai suo- so dal realismo al simbolico e all’oniri- di Venezia di un anno fa), il suo modo ni. Come accadrà, subito dopo, ad altri co. Mentre Munis, fin dall’inizio attratta di portare in primo piano la storia e, elementi, contrastanti con i precedenti, dalle notizie trasmesse dalla radio e in sovrimpressione, la cronaca. E non filmati con la stessa radicalità: la terra, disposta, per ascoltarle, anche a entrare poteva essere diversamente visto che, un ruscello, una vegetazione che co- in un caffè frequentato solo da uomini, dietro la macchina da presa, per la sua struisce una «porta» naturale dentro la parteciperà all’attività dei gruppi rivolu- opera prima cinematografica, c’è la quale introdursi, un albero verso il qua- zionari che si oppongono al nuovo regi- video artista iraniana Shirin Neshat, i le alzare lo sguardo. Non siamo, e non me manifestando per le strade. cui ritratti di corpi di donne ricoperti saremo mai, in un film d’ambientazione Tratto dall’omonimo romanzo della di scritte in calligrafia persiana sono realista, anche se ciò che Shirin Neshat scrittrice iraniana Shahrnush Parsipur, famosi a livello internazionale. descrive è la presa di coscienza politica messa al bando per quel suo testo negli Così, il suo film d’esordio risulta di un gruppo di donne in fuga dalla re- anni Novanta, e diretto da Shirin Neshat inevitabilmente intriso della sua pressione del potere, quello dello stato con la collaborazione del regista Shoja esperienza, della sua visione artistica, come quello della famiglia. Azari (anche co-sceneggiatore, e autore liberata e concentrata nell’intensità Sono, dunque, ancora le figure femmini- nel 2002 del lungometraggio K, ispirato di inquadrature che si stagliano nel te- li, e i loro corpi, al centro del percorso ai tre racconti di Franz Kafka Una cop- sto come «isole» poetiche, al tempo creativo della regista. Personaggi, mol- pia di sposi, Nella colonia penale e Un stesso funzionali e indipendenti dalla to diversi, che lentamente intrecciano fratricidio), Donne senza uomini, girato narrazione, da fatti più evocati che rac- le loro storie, o le sfiorano, spingendo in Marocco, è inscritto in inquadrature contati. Bastano poche immagini per i loro corpi a sfidare, da una parte, la abitate da tonalità di grigio e di nero comprendere il lavoro svolto da Shirin moltitudine di gerarchie e, dall’altra, e punteggiato dalla colonna sonora di Neshat con Donne senza uomini - che se stessi, in un gioco portato, in alcuni Ryuichi Sakamoto nonché dalle strug- fa pensare anche al cinema di Andreij casi, a punti di non ritorno. Personaggi genti canzoni del cantante e musicista Tarkovski. Quelle iniziali, ad esempio, (quelli di Munis, Faezeh, Zarin, Fakhri) persiano Abbas Bakhtiari. che formano una sorta di prologo alla cui danno corpo quattro attrici (Shab- storia delle quattro protagoniste, di una nam Tolouei, Pegah Ferydoni, Orsi Tóth, Giuseppe Gariazzo il giro del mondo 26 in 60 film saison culturelle LA FAMILLE WOLBERG

Réalisation et scénario: Axelle Ropert. Photographie : Celine Bozon. Mon- tage : Emmanuelle Castro. Interprètes : François Damiens, Valérie Benguigui, Guillaume Verdier, Serge Bozon, Jocelyn Quivrin, Léopoldine Serre. Production : Versus Production, Les Films Pelléas. Distribution : Pyramide Distribution. Pays : France, 2009. Durée : 80 minutes.

« Tu n’es qu’un enfant, et déjà nostal- cause : Simon fait face au prochain dé- un testament affectif, il n’interdit plus gique ». Cette remarque de Marianne à part de sa fille, qui aura bientôt 18 ans, qu’une chose à cette jeune majeure : son fils Benjamin, 10 ans, pourrait tout à l’adultère de sa femme, qui l’a trompé « mourir ». Axelle Ropert, dans cette à fait s’appliquer au cinéma d’Axelle avec un homme à la blondeur parfaite séquence aussi drôle qu’émouvante, Ropert : bien que débutante (après un (Simon déteste les blonds), et à un marque du sceau du mélodrame ce moyen métrage en 2005, Etoile violette, ennui de santé qui devrait rendre ces portrait étonnamment bienveillant, à elle signe ici son premier long métrage), tracas-là bien insignifiants. Son beau- l’heure où la plupart des films de fa- elle est cinéphile de longue date, cri- frère barbu, Alexandre, ne s’encombre mille jouent le refrain du meurtre du tique à la défunte Lettre du cinéma et pas, lui, de ces « doubts » : grattant sa père et/ou de la révélation de secrets désormais aux Inrockuptibles, actrice guitare dans une cabane de jardin; ce cruels. Au lieu commun de la violence dans le film du critique Louis Skorecki hippie apprend à son neveu Benjamin à familiale, une nouvelle génération de intitulé Les Cinéphiles. Autant dire que sautiller joyeusement de part et d’autre cinéastes à peine trentenaires, comme la combinaison d’enfance et de nostal- d’une ligne tracée au sol : « dans la vie Mia Hansen-Love (Tout est pardonné) gie donne la définition de sa cinéphilie, / pas dans la vie ». Une ligne qui, pour et Axelle Ropert, vient substituer une et peut-être de toute cinéphilie. Pour- Simon Wolberg, pourrait bien dépar- vision plus subtile de la complexité tant, sur La Famille Wolberg, le cinéma tager non pas la marginalité libertaire des liens familiaux. L’oncle Alexandre, américain que Ropert connaît sur le et la responsabilité de pater familias, sur le départ, confie encore : « Il n’y bout des doigts se pose avec la douceur mais de manière plus poignante, la vie a de stable qu’une violence secrète des flocons de neige qui saupoudrent et la mort. C’est sur cette crête qu’en qui bouleverse toute chose » : l’auteur, les premiers plans. La photographie fils de rescapé des camps de concen- qui n’est pas nommé, n’est autre que de Céline Bozon, jeune chef-opérateur tration nazis, il s’active comme un Michelangelo Antonioni, reformulant extrêmement prometteur (La France de beau diable, inaugurant un bâtiment Lucrèce. A la manière de ce père aussi Serge Bozon, 2007, coécrit par Axelle de son village à la gloire d’une chan- banal qu’exubérant, La Famille Wol- Ropert), traduit visuellement cette in- teuse soul, s’attaquant à l’amant de berg se soucie avant tout de distribuer descriptible douceur qui, sans craindre sa femme, rendant visite à sa mère au l’amour à ses proches, en l’occurrence, de frôler la platitude, évite ainsi les cimetière... Dans sa flamme conjugale ses acteurs, très peu connus mais choi- effets de manche d’une mise en scène et la précision de son verbe, familiale sis à la perfection : dans le rôle du père, esthétisante. Il y a en effet dans l’en- et municipale, on distingue nettement le Belge François Damiens, « importé » tourage de Simon, père de famille pro- la fougue d’un personnage rohmérien : des émissions télévisées de caméra vincial d’origine juive, une tendresse Wolberg mêle la grandiloquence de cachée, dans celui de la mère, Valérie familiale digne de Vincente Minnelli Marion (Arielle Dombasle) dans Pau- Benguigui, avocate de choc dans une (Le Chant du Missouri) et une cocasserie line à la plage et la verve administrative série télévisée, et dans celui de l’oncle, réminiscente de La Famille Tenenbaum du héros de L’Arbre, le maire et la mé- Serge Bozon, critique et surtout ci- de Wes Anderson. Mais la frontalité du diathèque. Etendant l’amour paternel néaste – l’un des plus singuliers de sa récit, dépourvu de toute ironie, exclut à ses administrés, il le pousse même génération. Casting réussi et pourtant toute déférence envers des précédents jusqu’au terrorisme affectif. Ne va-t-il hautement improbable a priori. Mais cinématographiques. Soit, donc, le quo- pas jusqu’à traîner son jeune fils chez n’est-ce pas le cas de toute famille ? Qui tidien de monsieur Wolberg, maire d’un l’amant de sa femme, drôle de leçon ? a jamais trouvé que ses parents vont village du sud-ouest de la France et Mais c’est cette même fougue affective bien ensemble, ou que sa fratrie est amateur de soul music. « Remove this qui lui inspire une magnifique lettre à harmonieusement composée ? doubt », ôte ce doute, chantent « The sa fille le jour de son anniversaire. Dans Supremes » sur la bande-son. Et pour cet adieu à Delphine qui sonne comme Charlotte Garson il giro del mondo saison culturelle in 60 film 27 FRANCESCA

Regia: Bobby Paunescu. Fotografia: An- drei Butica. Scenografie:Mihai Dorobantu. Costumi: Monica Florescu, Mirela Frazer. Interpreti: Monica Birladeanu, Doru Bogu- ta, Teo Corban. Produzione: Mandragora Movies. Distribuzione: Fandango. Paese: Romania. Anno: 2009. Durata: 96 minuti.

Uscito nelle sale italiane dopo le macchina da presa (che rimane fis- ale e volontà altrettanto ossessiva di polemiche veneziane – pretestuose, sa, stabile, gelida nella sua costante controllo) emerge un altro elemento, sterili, irritanti – Francesca di Bob- ricerca dell’inquadratura «oggetti- incontrollato perché non sottoposto a by Paunescu è un film che aggiunge va»). In nessun momento lo sguardo scrittura. Nel film c’è un personaggio un altro tassello all’immagine di una si avvicina ai personaggi, in nessun assente, un fantasma che permea la cinematografia europea (in questo momento se ne allontana. Lo scopo narrazione: la dimensione evocata del caso est-europea), iper-sensibile alle è quello, chiaro, quasi dichiarato, di paese «oggetto del desiderio e del di- trasformazioni del presente. Una sen- lasciare che i ritratti dei personaggi sprezzo», l’Italia, che rimane invisibi- sibilità che si traduce, come nel caso si manifestino «realisticamente» di le nel film (Francesca non raggiungerà di questa opera prima, nel tentativo fronte allo sguardo dello spettatore. mai la sua meta), ma costantemente di raccontare le minime sfumature di Il film è, in effetti, non tanto e non solo presente nei pensieri e nei discorsi di una realtà in continua trasformazio- il ritratto di Francesca e del suo sogno tutti. L’Italia è, nell’immagine dei tanti ne, di puntare la macchina da presa – quello di cambiare se stessa e l’im- personaggi, la rappresentazione del su una società nuova, non più rispon- magine che dei rumeni si ha in Italia cinismo, dell’arrivismo, della man- dente alle rappresentazioni tradizio- – quanto la rappresentazione corale canza di morale, della barbarie della nali, facendone un ritratto il più pos- dei personaggi che ruotano intorno a prostituzione, dello sfruttamento, sibile preciso. lei. Personaggi che sono tutti, in vario della sorte di un popolo migrante co- Il film è la storia di una giovane mae- modo, rappresentanti di una società stretto a lavorare come un nuovo po- stra d’asilo che desidera emigrare in piena di contraddizioni, di problemi, polo schiavo. Pregiudizi mescolati tra Italia. Il sogno di Francesca di aprire di sofferenze più o meno evidenti, loro, alimentati però da fatti ed even- un asilo per i figli degli immigrati ru- più o meno accettate, un’umanità che ti reali: ecco che lo spettro dell’altro meni nel «belpaese» si scontra subi- vive spesso per mezzo di sotterfugi, si incarna nelle parole e nelle azioni to con varie difficoltà: dalla lotta con- di facili vie di fuga, o trincerandosi dei personaggi. Proprio in questo ri- tro i mille pregiudizi sulla sua scelta ai dietro illusioni e schematici giudizi baltamento (l’«altro» è l’Italia), sta rituali (ai limiti del lecito) a cui deve sul mondo e sugli altri. la particolarità del film: la capacità di sottoporsi per arrivare al suo scopo, Un ritratto che vuole essere spietato, mostrare l’immagine dell’altro solo dalla tragedia che colpisce il fidan- ma che al tempo stesso cerca dispera- attraverso le parole, i pensieri, i giudi- zato vittima degli strozzini, fino alla tamente, attraverso le immagini, solo zi degli individui; l’altro è appunto il miriade di opinioni, consigli, giudizi di «mostrare» il più fedelmente possi- fantasma, lo spettro temuto e annun- sui pericoli a cui andrà sicuramente bile. Un’ossessione naturalistica (più ciato, che proprio per questo fa paura. incontro una volta arrivata in Italia. che neorealista) che ingloba le imma- Questa immagine è di fatto un’imma- Paunescu lavora per apparente sot- gini, le incatena in un certo senso alla gine spettrale, perché non corrispon- trazione, cercando di mantenere uno volontà della regia, non permettendo de a nessuno sguardo del film (che è sguardo che non ecceda la situazio- scarti, deviazioni, conflitti che non ambientato totalmente in Romania). Il ne, che non si immerga nelle vite dei siano perfettamente anestetizzati rovesciamento dei ruoli produce dun- personaggi, che non ne mostri fino dallo sguardo distante e «oggettivo» que un particolare rispecchiamento, in fondo le lacerazioni. La regia pre- della macchina da presa. Il film dun- una restituzione del pregiudizio da dilige i totali, i piani sequenza, le in- que rimane sospeso tra il racconto del parte di chi, in questa congiuntura quadrature in campo lungo; abolisce quotidiano e il dramma sociale in cui della Storia, recita, suo malgrado, la il campo-controcampo, preferendo prevale la scrittura dei personaggi. parte del migrante. seguire i dialoghi dei personaggi at- All’interno di questo meccanismo dal traverso i continui spostamenti della doppio volto (ricerca ossessiva del re- Daniele Dottorini il giro del mondo 28 in 60 film saison culturelle I GATTI PERSIANI Kasi az gorbehaye Irani khabar nadareh

Regia: Bahman Ghobadi. Sceneggiatura: Roxana Saberi, Hossein M. Abkenar, Bah- man Ghobadi. Fotografia: Turaj Aslani. Montaggio: Hayedeh Safiyari. Musiche: Mahdyar Aghajani, Ash Koosha. Interpre- ti: Hamed Behdad, Ashkan Koshanejad, Negar Shaghaghi. Produzione: MIJFILM. Distribuzione: BIM Distribuzione. Paese: Iran. Anno: 2009. Durata: 101 minuti.

Quando all’inizio del 2000 il giova- ai confini angusti di una rappresen- di Fatih Akin. Sorprendente, per gran ne Bahman Ghobadi veniva premia- tazione semplificata. A partire dalla parte del pubblico di I gatti persiani, to a Cannes per Il tempo dei cavalli messa in scena di autorità e istituzio- scoprire l’inedita commistione tra ubriachi, la sensazione diffusa era ni, che se nell’immaginario globale si il blues e le ballate cantate rigoro- non solo che si fosse rivelato un presentano con un’invadenza ostile e samente in lingua farsi, tra i duetti nuovo talento all’interno di una ci- urlata, nel film risultano praticamente canori della tradizione popolare e il nematografia che nel decennio pre- assenti e sorprendentemente invi- rap abrasivo sulle miserie di Teheran; cedente si era imposta all’attenzio- sibili. Una presenza non repressiva, oppure ritrovare le atmosfere di Pink ne del pubblico mondiale, ma che bensì ottusamente normativa, che Floyd at Pompei nel surreale concer- il cinema iraniano avesse trovato prevede l’autorizzazione per incidere to all’aperto di un gruppo folk locale. un nuovo modo di raccontare. Uno un album di musica o per fare un con- è attraverso la metafora del libe- stile più diretto, sottratto all’accu- certo, anche tra le mura domestiche, ro passaggio da uno stile musicale ratezza formale nella composizione e che concede il permesso soltanto all’altro che Ghobadi articola la sua dell’immagine, anche più immediato ai gruppi in cui c’è un coro e non lad- visione di un cinema che, senza solu- e politico nel costruire il suo discor- dove vi è una voce solista. Una Legge zione di continuità, accosta, con gran- so. La parola che si spendeva di più che spesso e volentieri chiude un oc- de libertà espressiva, scene di interni era «documentario», in virtù di un chio di fronte alle piccole illegalità e domestici dove i costumi sono quelli approccio molto più orientato a met- alla corruzione diffusa che consente della tradizione a sale di registrazio- tere in scena azioni e corpi, che non a di ottenere ciò che la burocrazia e il ne dotate delle più moderne tecno- cercare a raggiungere la dimensione clima di sospetto rendono irraggiun- logie. A questa strana compresenza poetica dell’immagine, un esercizio gibile ai normali cittadini. di antico e moderno il film deve gran che qualcuno iniziava a trovare un Ciò che affiora ben presto, seguendo parte del suo fascino (e per questa po’ troppo autoreferenziale, accade- le orme dei due giovani protagonisti, ragione è inviso alle autorità), la- mico. Ciò nonostante, l’esperienza è la stretta sorveglianza del regime sciando un segno indelebile grazie con cineasti come Kiarostami e Ma- nei confronti della circolazione delle a rapide immagini di straordinaria khmalbaf aveva dato a Ghobadi un idee e della morale pubblica. Sono intensità, come quando alla giovane indiscutibile gusto per l’inquadratura, tratti della vita iraniana che già colo- protagonista è sufficiente alzare il ingrediente essenziale per sottrarre ravano Persepolis di Marjane Satrapi, cappuccio della felpa per adeguarsi le proprie immagini alla pura dimen- dove si accennava a una società com- alla norma che le donne devono ri- sione della cronaca. Ma quel che incu- posta da due strati: ciò che si vede, spettare per le strade di Teheran. Qui riosiva di più dell’artista era il fatto di per strada e alla luce del sole, e ciò il segreto per sopravvivere è non dar essere il primo regista curdo-iraniano che non si vede, nel buio degli ap- troppo nell’occhio, muoversi con ve- della storia. Questa sua posizione di partamenti e degli scantinati. E come locità e astuzia, proprio come i gatti ulteriore marginalità nella geografia in Persepolis anche ne I gatti persia- che ispirano il titolo. Va tutto bene, del pianeta lo rendeva ancora più irri- ni è la musica, ascoltata e suonata, a basta che non si chieda maggiore ducibile a semplificazioni. Non a caso garantire il legame profondo con il visibilità. La visione di un mondo di- Il tempo dei cavalli ubriachi era un resto del mondo. In tale prospettiva, verso non deve diffondersi, ecco per- film sulla complessità e la problema- il film di Ghobadi è unico nel raccon- ché gli unici ad ottenere il visto per ticità dei confini. La cosa che sorpren- tarci la ricchezza dello spettro mu- andare a vedere il mondo sono una de maggiormente di fronte a I gatti sicale prodotto a Teheran, tanto da coppia di ciechi. persiani è la capacità di disegnare una ricordarci l’omaggio alla scena musi- visione dell’Iran di oggi che si sottrae cale di Istanbul in Crossing the Bridge Umberto Mosca il giro del mondo saison culturelle in 60 film 29 GOOD MORNING AMAN

Regia: Claudio Noce. Sceneggiatura: Clau- dio Noce, Heidrun Schleef, Diego Ribon. Fotografia: Michele D’Attanasio. Montag- gio: Andrea Maguolo. Musica: Valerio Vi- gilar. Scenografia: Paki Meduri. Costumi: Veronica Fragola. Interpreti: Said Sabrie, Valerio Mastandrea, Anita Caprioli, Amin Nur, Giordano De Plano, Adamo Dionisi, Sandra Toffolati. Produzione: DNA Cine- matografica in collaborazione con Rai Cinema. Distribuzione: Cinecittà Luce. Origine: Italia, 2009. Durata: 103 minuti.

Nell'Italia della caccia agli immigra- non è la sua, e intorno a lui la città concatenarsi di sguardi discordi fi- ti di Rosarno o delle rivolte etniche sembra essersi magicamente for- nisca poi col soppiantare almeno in di Milano, in quel paese dove il pro- mata sulla sua retina, proprio come parte il tessuto narrativo del film, il blema dell’immigrazione è chiara- l’emulsione di una pellicola che vie- quale si sfilaccia proprio in relazio- mente al di là dall’essere risolto né ne sensibilizzata improvvisamente ne a questa tensione continua. Alla tantomeno capito, succede che il dalla luce. fine a soffrirne sono in particolare cinema si posizioni un gradino più E allora, come è questa Roma, i due personaggi cardine del film, in su, e cominci a ragionare sulla Aman? Piena, densa, gronda di quel il somalo Aman e il romano Teodo- «seconda generazione» di immigra- razzismo che dilaga in tutto il pae- ro (un ex-pugile, la cui depressio- ti, interrogandosi su ciò che avverrà se. Noce non sembra voler far ser- ne l’ha spinto ad autosegregarsi in piuttosto che rinfocolare polemiche moni o prediche: cerca piuttosto di casa), interpretato da Valerio Ma- sull’oggi. fuggire dalla stretta attualità, utiliz- standrea, anche coproduttore del Claudio Noce, «cortista» di lungo zando la macchina-cinema in un atto film. Sono loro due «born-losers», corso, fa il suo esordio al lungome- estremamente sincero di creazione entrambi diversi, a proprio modo. traggio inserendosi appieno in que- artistica. Per raggiungere ciò non ri- Diversi e proprio per questo vicini, sta corrente. Non è questa una sor- nuncia, o forse ambisce, ad un cine- accomunati da destini e sogni, errori presa, né tantomeno la voglia di ca- ma che guarda al reale mantenendo e intuizioni. Il loro rapporto avreb- valcare un’onda, visto che la tema- alto il proprio interesse verso una be potuto essere davvero il termo- tica ripercorre quella dei suoi cor- componente formale assolutamen- metro col quale misurare la tempe- tometraggi, portando in scena una te non scontata, anzi innestando ratura di fusione di due culture, di Roma nervosa lontana dai luoghi tutta una serie di figure stilistiche due mondi, entrambi probabilmente «cult» o «radical chic» che l’hanno oltremodo interessanti. Lo sguardo in caduta libera. Forse questo pa- immortalata negli ultimi anni. Aman, del regista dunque sembra essere rallelismo, nient’affatto scontato, il giovane protagonista somalo del volutamente sbilenco, «strabico» avrebbe potuto far scaturire un uni- film (interpretato da Said Sabrie, già nell’alternare pratiche «basse» – co afflato filmico. Catarsi che invece al centro del bel Adil & Yusuf, lavo- come l’uso insistito della camera non avviene perché ognuno dei due ro sulla breve distanza realizzato da a mano, con cui ingaggia un vero e sembra perdersi. Probabilmente Noce quasi fosse un preludio narra- proprio pedinamento ai danni dei Noce non ha creduto fino in fondo tivo a questo film), sogna di evadere propri personaggi, ma che agli ef- a questa possibilità; o, forse, sem- dalla dura realtà dell’Esquilino. fetti intercetta assai meglio la realtà plicemente è stato attratto da altri è questo uno dei due motivi del slabbrata in cui si muove il film – ad percorsi soprattutto, come abbia- «buongiorno» del titolo. Il film si arditi movimenti di macchina, stea- mo visto, a livello formale. E allora apre appunto con un risveglio: dap- dycam e piani-sequenza a cui talvol- il «buongiorno» diventerà «good prima la voce off del ragazzo su ta concede forse un peso dramma- morning», svelando il valore «biuni- schermo nero, poi un dettaglio dei turgico eccessivo. voco» del titolo, perché Aman pro- suoi occhi, seguito dall’oggetto del Se da una parte Noce sembra richia- verà, come ha fatto un suo amico, a suo sguardo, un controcampo rapido mare il cinema, ad esempio, di un far fortuna a Londra, ad emigrare an- e spiazzante su una città indistin- altro fresco cantore di mondi d’im- cora. Perché la speranza non è persa guibile e sfocata, dove le persone migrazione come Francesco Munzi e del tutto. Ancora no, almeno per lui. non sono altro che lampi che riem- del suo bel Saimir, dall’altra pare as- pono il buio. Aman si risveglia dal sorbire in toto la lezione estetica di Lorenzo Leone sogno dentro un’auto di lusso, che Paolo Sorrentino. Ovvio che questo il giro del mondo 30 in 60 film saison culturelle LES GRANDES PERSONNES Il viaggio di Jeanne

Réalisation : Anna Novion. Scénario : Anna Novion, Béatrice Colombier, M. Robin. Photo- graphie : Pierre Novion. Montage : Anne Sou- riau. Musique : Pascal Bideau. Son : Benjamin Rosier. Interprètes : Jean-Pierre Darroussin, Anaïs Demoustier, Judith Henry. Production : Moteur s’il vous plaît, DFM Fiktion, Film i Väst. Distribution : Bolero Film. Pays: France, Suède. Année : 2008. Durée : 84 minutes.

Jeanne, vacancière alanguie, se dore lippine et Du côté d’Orouet de Jacques yeux et sa moue de garçon buté ; quant au soleil de l’archipel de Göteborg, Rozier : les vacances du père et de sa à Judith Henry, qui interprète l’amie en Suède : Monika, 1953 ? Non, Les fille, même si elles débutent dans le française, sa maigreur la rend moins Grandes Personnes, 2008. Au cadrage huis-clos d’une maison où, avertit Albert, gracile et frêle que pointue, très affir- près, la Franco-suédoise Anna Novion « à quatre ça peut vite devenir l’enfer », mée verbalement à la manière de Pas- restitue la composition des plans de seront l’occasion d’une ouverture aux cale Ogier dans Les Nuits de la pleine l’idylle insulaire d’Ingmar Bergman. autres. Des autres qui prennent d’abord lune d’Eric Rohmer. La composition de Et pour cause : la jeune réalisatrice, le visage d’une déconvenue. Annika, la l’image crée une moire perpétuelle- lorsqu’elle étudiait à Paris, a rédigé un loueuse de gîte suédoise, ne les atten- ment changeante entre le premier plan, très sérieux mémoire sur « l’angoisse, dait que la semaine suivante et elle loge le second plan et l’arrière plan, redéfi- la culpabilité et le désespoir » dans chez elle une amie française : Jeanne et nissant les relations entre père et fille les films de Bergman… Pourtant, du Albert vont donc devoir cohabiter avec mais aussi entre l’hôtesse, son invitée maître, Novion évacue l’angoisse et les deux amies. et ses clients. signe ici une comédie aussi douce que Anna Novion traite avec un humour Cette façon de filmer convient parti- les lumières de la Baltique. La protago- discret la panique diffuse qui étreint culièrement au jeu d’Anaïs Demous- niste adolescente (Anaïs Demoustier) Albert, ainsi coincé sur un îlot de fémi- tier, dont la jeune carrière a déjà la n’est pas en rupture de ban, puisqu’elle nité. Pas étonnant alors qu’il se tourne longueur d’un coucher de soleil nor- voyage encore, au seuil de la majorité, vers un dada livresque et belliqueux : dique : premier rôle à 14 ans chez en compagnie de son père divorcé. Ce les Vikings, qui auraient enterré jadis un Michael Haneke (Le Temps du loup) et bibliothécaire renfrogné (Jean-Pierre trésor sur cette île. Dans le même plan lauréate d’un César du meilleur espoir Darroussin dans un emploi habituel), où Jeanne bronze dans la posture sen- féminin pour Les Grandes Personnes, soucieux de palier sa relative absence suelle de Monika, on aperçoit le père à elle confiait dans la presse que son par d’enrichissantes vacances, lui offre l’arrière-plan, un détecteur de métaux film fétiche était Loulou de Maurice chaque année un voyage dans un pays à la main, arpentant la plage comme un Pialat. Une confidence presque su- d’Europe différent. Le présent annuel de gamin amateur de films d’aventures. perflue au regard de ses orientations Papa commence à peser, à 17 ans son- Les « grandes personnes » ne sont pas de jeu chez Novion – elle parvient à y nés : non seulement Albert, son père, celles que l’on croit. éviter tous les clichés du film de « pas- se scandalise quand Jeanne découche C’est particulièrement à travers ses sage à l’âge adulte », de la rébellion pour un flirt local, mais il passe sont choix de cadrage et de durée des plans et de l’âge ingrat. Ni tête à claques ni temps à « pédagogiser » leurs conver- qu’Anna Novion parvient à suggérer donzelle minaudante, elle interprète sations, façon cahiers de vacances. « En la circulation paradoxale de l’ « adul- un individu qui cherche sa place, essaie quelle année la chute du Mur, Jeanne ? ». titude » entre les personnages (à un des choses : le flirt, la jalousie, la doci- Et de fait, la mise en scène du paysage – moment le père, ayant dérivé sur son lité, l’aérobic (que pratique Christine, où domine un gris-bleu paradoxalement canoë, se retrouve en robinson fragile, qui ne se sait pas épiée) ou encore le solaire, des rochers, des maisons de bois recroquevillé comme un nouveau-né marivaudage amoureux (un amusant – consistera à faire tomber le mur sym- sur un rocher) ainsi que la fluctuation monologue face au miroir). La « grande bolique entre ce couple-là et le monde, des genres entre eux : les Vikings dont personne » de l’île, c’est Demoustier, la forteresse de l’Œdipe étriqué qui régit il parle ne sont pas si virils puisqu’ils qui joue à merveille la jeune fille qui se encore les relations père-fille. sont poètes avant que guerriers ; la cherche alors que l’actrice, elle, s’est de- Heureusement, donc, de balades en beauté « à la frères Dardenne » d’Anaïs puis longtemps trouvée. scooter en feux de camp, l’existentia- Demoustier tient au basculement in- lisme bergmanien rencontre Adieu Phi- cessant entre l’extrême féminité de ses Charlotte Garson il giro del mondo saison culturelle in 60 film 31 INVICTUS

Regia: Clint Eastwood. Sceneggiatura: Anthony Peckham. Fotografia: Tom Stern. Montaggio: Joel Cox, Gary Roach. Musica: Clint Eastwood. Interpreti: Morgan Free- man, Matt Damon, Robert Hobbs, Lang- ley Kirkwood, Tony Kgoroge, Matt Stern, Patrick Lyster, Penny Downie, Patrick Mo- fokeng, Julian Lewis Jones, Marguerite Wheatley, Leleti Khumalo, Sibongile No- jila. Produzione: Spyglass Entertainment, Malpaso Productions, Revelations En- tertainment, Mace Neufeld Productions. Distribuzione: Warner Bros. Paese: USA Anno: 2009. Durata: 134 minuti.

Si inizia con una scena che significa li- spiegare la forza di una splendida uto- potere di ispirare. Ha il potere di unire bertà e divisione. Una strada che affian- pia. Invictus appare così, un film pieno il popolo". ca il campo di rugby dei bianchi da un di stratificazioni, come quando, alle pri- Mandela e Pienaar l’uno di fronte lato e il campo di calcio dei neri dall’al- gioni di Robben Island, il fantasma del all’altro hanno giocato la partita della tro. Questo era il Sudafrica il 1 febbraio passato si mostra al capitano François riunificazione prima ancora che i gio- 1991, quando Nelson Mandela fu libe- Pienaar che spalanca le braccia per catori siano entrati nello stadio. Il loro rato da una prigionia durata ventisette misurare la cella di Mandela. Gesto scontro si è consumato nelle parole, anni e tornò nel mondo con i gesti poli- pieno di quell’umanesimo di cui Clint nei silenzi e nelle progressive e ripetu- tici di chi avrebbe trasformato il suo pa- Eastwood si è fatto interprete nel suo te fasi di avvicinamento, nel mettere in ese e svelato alla Storia l’ambizione e lavoro e che qui è ancora più carico di relazione gli spazi con se stessi e con la l’indole vera della nazione arcobaleno. senso, di fisicità, di fatica, capace poi, propria storia. Mandela, dopo qualche Una scena che ha in sé il senso di un ci- di trasformarsi in leggerezza: un soffio indecisione, si avvicina alla poltrona in nema saggio e sincero, con la lentezza di vento si è alzato a sollevare la pol- cui è seduto Pienaar a bere il tè. Nel- rassicurante di un movimento di mac- vere e mostrare il colore dell’aria. le poche parole che si sono scambiati, china che parte dal basso e finisce per La scommessa è di unire gli opposti, ha trovato quella giusta che significa avvolgere con lo sguardo tutto quel- creare uno strano equilibrio di disso- complicità. Si parla di ispirazione, e lo che sarà il raggio d’azione del film. nanze e contraddizioni, renderle pos- subito, affiorano i versi di William Er- Attenzione, però, a non aspettarsi una sibili e poi lasciarle agire. E non c’è in- nest Henley, lo scrittore vittoriano che biografia del leader dell’ANC, che mise genuità né compiacimento nell’osten- ha permesso al prigioniero Mandela di fine all’apartheid e provò a tracciare la tazione sportiva di Mandela. Cercare resistere ventisette anni in una cella linea del perdono e della riconciliazio- di unire la nazione attorno agli Sprin- minuscola: "Dal profondo della notte ne. Eastwood non cede alla tentazione gboks è un calcolo politico per identi- che mi avvolge, / buia come il pozzo per concentrarsi con la dedizione che ficare un centro comune di bianchi e più profondo che va da un polo all’al- gli è propria su una delle innumerevoli neri, trasformando (e qui sta il colpo tro, / ringrazio gli dei chiunque essi storie che potrebbero essere racconta- di genio) un simbolo dell’apartheid siano / per la mia anima indomabile". te a partire da questo momento. Infat- nel suo opposto. Non più la squadra Tutto questo fa di Invictus un racconto ti si passa subito alla mattina dell’11 amata dai bianchi e odiata dai neri, ispirato al superamento dei pregiudizi maggio 1994, il giorno in cui Mandela, ma il verde-oro che unisce due parti e, soprattutto, un affascinante studio detto Madiba dai suoi sostenitori, viene prima tenute lontane per lo stesso sulla leadership politica di Rolihahla eletto presidente del Sudafrica. Quel calcolo. Così, se negli uffici si parlano Mandela, detto Nelson, il «non vinto», giorno, come tutti i precedenti, si alza due lingue apparentemente incompa- come recita perentoriamente il titolo molto prima dell’alba per camminare al tibili, le inquadrature dall’alto ci anti- del film. Commosso omaggio ad una buio della città, mentre gli uomini della cipano lo sforzo di cancellare i segni delle figure più carismatiche e illumi- scorta lo seguono ansiosi per il timore della segregazione, senza annullare le nate del nostro tempo, al quale, non di un attentato. Più tardi, insediandosi differenze. Lo sport, il rugby in questo a caso, Clint Eastwood dedica un film al governo del suo paese, parlerà di ri- caso, agisce nella realtà come un dolly ben lontano dalla celebrazione eroica. conciliazione e perdono, perché «fan- interviene al cinema. Può diventare Il ritratto è quello di un uomo, trasfor- no sparire la paura» e portano la gran- l’ispirazione e l’invito a guardare oltre mato in capo dalle molte difficoltà e dezza agli uomini. Ambizione esage- i piccoli confini di un singolo sguardo. sofferenze affrontate negli anni di lotta rata e commovente, ma autentica, che "Lo sport - dice Mandela a chi vor- a capo dell’ANC e nella lunga prigionia. conferisce il tono del film, storia di un rebbe cancellare gli Springboks - ha episodio marginale, ma essenziale per il potere di cambiare il mondo. Ha il Grazia Paganelli il giro del mondo 32 in 60 film saison culturelle NEL PAESE DELLE CREATURE SELVAGGE Where the wild things are Regia: Spike Jonze. Sceneggiatura: Spike Jonze, Dave Eggers. Fotografia: Lance Acord. Montaggio: James Haygood, Eric Zumbrun- nen. Musica: Carter Burwell. Interpreti: Max Records, Catherine Keener, James Gandol- fini, Catherine O’Hara, Paul Dano, Forest Whitaker, Lauren Ambrose, Tom Noonan, Angus Sampson, Mark Ruffalo. Produzione: Legendary Pictures, Playtone. Distribuzio- ne: Warner Bros, Pictures Italia. Paese: USA. Anno: 2008. Durata: 101 minuti.

Nel paese dei narratori raffinati salpa per un mondo fantastico. Nel sceglie come raccontarla e mette in anche una favola illustrata diventa libro, il viaggio immaginario di Max scena le strategie sottese alla sua lo spunto per riflettere su come si inizia nella sua cameretta. Nel film, scelta. Viene in mente, a questo pro- racconta una storia per immagini. È di questa scena vediamo riprodotto posito, un racconto contenuto nella quello che hanno fatto Spike Jonze l’inizio, con Max che si costruisce prima raccolta pubblicata da Dave e il suo co-sceneggiatore, lo scritto- un riparo con coperte e lenzuola, Eggers, La fame che abbiamo. Si inti- re Dave Eggers (La fame che abbia- ma non il seguito, perché il Max del tola «Ci sono cose che lui dovrebbe mo, Erano solo ragazzi in cammino: grande schermo, per ripercorrere i tenere per sé stesso» e consta, dopo autobiografia di Valentino Achak passi del suo omonimo letterario, il titolo, di 4 pagine totalmente bian- Deng, tra gli altri), realizzando un dovrà scappare di casa per trovarsi, che, senza una sola parola. Presun- film di 101 minuti a partire da un nella sua realtà di bambino del XXI° zione o ingenuità, Eggers trasforma libro per bambini di poche pagine, secolo, un altro punto di contatto la sua ricerca di una nuova, contem- pubblicato nel 1963 dall’illustratore con il paese delle creature selvagge. poranea, forma del narrare in espe- Maurice Sendak e diventato nel cor- Ri-raccontare per fare nuova rienza condivisa con il lettore. Espe- so di quasi mezzo secolo un classico un’esperienza antica, quindi, ma rienza di un’assenza che c’è e non della letteratura per l’infanzia. anche per crearne una originale. In deve essere nascosta. Allo stesso E proprio dalla canonicità del testo quest’ottica, è interessante notare modo, Spike Jonze, dopo aver porta- di Sendak sembrano essere parti- come Jonze ed Eggers si tengano to Max sull’isola delle creature sel- ti Jonze ed Eggers nel porre le basi distanti dal caricare Carol, Douglas, vagge e averlo proclamato re, lascia del film, scegliendo di non mettere Ira e le altre creature selvagge della che i diversi livelli del film (la storia in scena la finzione di una storia che marcata valenza simbolica che è loro originale, quella adattata, la loro viene raccontata per la prima volta, propria nelle tavole di Sendak. Nel fruizione) si squadernino mantenen- magari con il pretesto del cambio di libro sono proiezioni dei personag- do tra uno e l’altro un vuoto da non codice, dalla pagina stampata allo gi reali (i componenti della famiglia colmare. Neanche la fine, la prevista, schermo. Il film che hanno costruito di Max e Max stesso), nel film sono inevitabile, conclusione del sogno e si presenta come una variazione sul elementi di un sogno del quale non il conseguente ricomporsi di una re- tema, come se si trattasse del sogno si ha intenzione di dare un’interpre- altà migliore, si presenterà come un o della fantasia di un bambino che tazione autentica e definitiva1. Alla sigillo: non è altro che un invito a sci- ha letto il libro, ne ha fatto proprio ricerca di una forma aperta che non volare nuovamente nel sogno di un il senso e lo applica, nell’immagina- si appesantisca di un unico senso ma adulto che dorme pensando al suo zione, alla propria vita e alla propria sia cornice di un’esperienza viva, il (sé) bambino. famiglia. Un «ri-racconto», insom- duo di autori che firma il film tiene In questa sua trasparente comples- ma, al centro del quale c’è un bambi- il nostro sguardo di spettatori co- sità Nel paese delle creature selvagge no di nove anni (ne aveva 6 nel libro stantemente allineato con quello di è tutto fuorché un film per bambini. di Sendak), incapace di mettersi in Max. Il suo sogno diventa la nostra Si potrebbe quasi dire che è un film una relazione costruttiva con il mon- ri-lettura di Nel paese delle creature per adulti che guardano un bambino do delle emozioni e dei sentimenti. selvagge e la sfocatura che caratte- che legge una favola e cercano di ri- Traccia di questo ragionamento, par- rizza la sua percezione dei segni è lo cordarsi com’era quando un solo, pic- ziale svelamento di questa strategia spazio che il film ci lascia per inseri- colo libro illustrato poteva contenere è lo slittamento in avanti, se così si re a nostra volta altri sogni. tutto il mondo. può dire, del momento nel quale il Per Jonze ed Eggers il narratore piccolo Max, dopo l’ennesima crisi, non è chi racconta una storia ma chi Marco Gianni

«I sogni non sono fatti per essere interpretati» recita il sottotitolo che accompagna l’home-page di www.mcsweeneys.net, il sito/rivista letteraria animato da Dave Eggers. il giro del mondo saison culturelle in 60 film 33 NEMICO PUBBLICO Public Enemies

Regia: . Sceneggiatura: Ronan Bennett, Ann Biderman, Michael Mann. Fotografia: Dante Spinotti. Mon- taggio: Paul Rubell. Musiche: Elliot Gol- denthal. Interpreti: Johnny Depp, Chri- stian Bale, Marion Cotillard, Channing Tatum, , David Wenham, Giovanni Ribisi, Rory Cochrane, Lili Tay- lor, Stephen Dorff, Shawn Hatosy, Ste- phen Lang, Stephen Graham, Matt Cra- ven, Branka Katic, Christian Stolte, Jason Clarke, Alan Wilder, Spencer Garrett, Bill Camp. Produzione: Forward Pass, Misher Films, Tribeca Productions. Distribuzi- one: Universal Pictures Italia. Paese: USA. Anno: 2009. Durata: 143 minuti.

Michael Mann è uno dei cineasti im- re e del vedere. Mann sa che il corpo relazione con lo strutturarsi piramida- prescindibili per chi voglia compren- dell’attuale spettatore cinematogra- le della criminalità organizzata e con il dere l’articolarsi dei rapporti fra cine- fico è in piena mutazione. Lo sguardo sorgere della comunicazione di massa ma e televisione verificatosi a partire non è più cinematografico, anche se il (si veda l’estensione del sistema di dagli anni Ottanta. Ricapitolando di- corpo si ostina a entrare nei cinema. Il controllo poliziesco che Hoover di- scorsi svolti altrove, si può affermare corpo dello spettatore cinematografi- chiara apertamente ispirato dal coevo che, sull’onda della lezione formale co è oggi un ibrido: una sorta di crea- fascismo). Mann, dunque, è come se ri- di American Gigolo di Paul Schrader, tura «collaterale». Di passaggio. Allora pensasse le modalità stesse che hanno è stato proprio lui con il serial Miami anche i film di Michael Mann danno prodotto l’immagine Dillinger. Nemico Vice a rinnovare dall’interno il lin- l’impressione di una certa debolezza pubblico non rilancia la figura roman- guaggio della televisione. Progenitore o transitorietà, come se faticassero a tica del gangster - anche perché John- delle serie tv contemporanee, insieme reggersi. ny Depp non possiede la densità di un a Twin Peaks di David Lynch, Miami Ma è solo un’illusione. Ciò che viene Humphrey Bogart, di un James Cagney Vice ha portato sul piccolo schermo la meno o, meglio, viene depotenziato o di un Edward G. Robinson - esso se- densità del cinema. Quando è torna- è quella forza d’attrazione esercitata gna piuttosto la nascita della memoria to dietro la macchina da presa per il dalla mitologia del cinema. Mann è un come immagine. O, se si vuole, il rac- cinema, i suoi film hanno evidenziato creatore che lavora contro la mitopo- conto di come l’immagine diventi me- una leggerezza che si è andata deline- iesi stessa. A lui interessa l’immagine moria tout court. Nemico pubblico pro- ando come una vera e propria strate- del mito solo come verifica del corpo pone allora una riflessione illuminante gia estetica e politica. Da Manhunter sociale sul quale essa è proiettata, vis- sull’immagine. Il Dillinger di Mann è a L’ultimo dei Mohicani, passando per suta e assorbita. Se in Miami Vice Mann infatti un corpo condiviso (da una co- Heat e Insider, Mann è come se avesse filmava come se fosse alla ricerca del- munità nutrita da migliaia di immagini lavorato a un unico obiettivo: privare la grana dei pixel, in Nemico pubblico cinematografiche): un corpo che non la grana dell’immagine cinematogra- contamina l’altissima temperatura au- c’è più se non come immagine. Auten- fica del suo peso specifico ed esporla toreferenziale del gangster movie, e tica ghost story, Nemico pubblico met- alla transitorietà dell’immagine tele- della figura di Dillinger in particolare, te in scena filamenti di memoria come visiva. L’avvento del digitale gli ha poi con la frontalità del digitale. È come se fossero dati oggettivi. permesso di portare a compimento se fosse possibile tornare indietro nel Non è un caso che Dillinger consumi questo progetto: dapprima in Collate- tempo e rivedere con occhio televisivo la sua ultima cena al cinema. Lì, sullo ral e poi con Miami Vice (il lungome- storie che abbiamo iniziato a conosce- schermo illuminato nel buio, la transu- traggio), dove ha riportato compiuta- re in bianco e nero e che abbiamo ce- stanziazione è già avvenuta. La morte mente al cinema ciò che è sempre sta- lebrato poi a colori a partire dalla fine non trionfa più. La vita diventa l’eter- to della televisione. Dalla deperibilità degli anni Sessanta. In questo modo si no ritorno di se stessa. Tutto accade di propria della pellicola cinematografica attua una messa a distanza che assume nuovo. E ancora una volta. Per sempre. si passa all’intangibilità dell’immagine da subito una dimensione epica. C’è Proprio come Nemico pubblico, che digitale. qualcosa di Brecht in questo processo, ritorna sui luoghi chiave del genere, In questo continuo processare scambi che espone una messa in scena che non come celebrazione di un’assenza tra un mezzo e l’altro, tra la pellicola e affonda in una tradizione propria del o di un mito, ma come svelamento di il digitale, Mann procede come un chi- genere alla verifica incerta fornita dal un’immagine che continuando a torna- mico. Lavora a stabilire nuovi volumi e dispositivo di riproduzione digitale. A re non è mai stata davvero qui. nuovi pesi. Detto in altre parole, il suo questo riguardo occorre osservare che cinema riscrive il processo del guarda- nel film l’ascesa di Dillinger è messa in Giona A. Nazzaro il giro del mondo 34 in 60 film saison culturelle NORD

Regia: Rune Denstad Langlo. Sceneggiatu- ra: Erlend Loe. Montaggio: Zaklina Stojce- vska. Fotografia: Philip Øgaard. Musica: Ola Kvernberg. Interpreti: Anders Baasmo Christiansen, Kyrre Hellum, Marte Aune- mo, Mads Sjøgård Pettersen, Lars Olsen, Astrid Solhaug, Even Vesterhus, Ragnhild Vannebo, Celine Engebrigtsen. Produzio- ne: Motlys. Distribuzione: Sacher. Paese: Norvegia. Anno: 2009. Durata: 78 minuti.

Da quando la distribuzione interna- (dello spettatore/turista), itinerario e nel raccontare il quale viene però ad zionale ha cominciato a volgere un destinazioni (del film/viaggio). essere ribaltato l’assunto originario. occhio di riguardo al cinema scan- In realtà nel film di viaggio ce n’è un In Lynch l’anziano Straight regala- dinavo, le caratteristiche essenziali altro, letterale, concreto: è quello va ai propri interlocutori pillole di dei film da lì provenienti sono am- che compie il protagonista - reietto, saggezza ed esperienza, qui invece piamente riconoscibili: storie scabre, taciturno e alcolizzato come «deve» il protagonista sembra destreggiar- dominate dal silenzio e squarciate da essere lo scandinavo medio - per si alla pari con figure che risultano dialoghi brevi e surreali, la solitudine raggiungere il figlio, nato dall’unione non meno deragliate di lui dai bina- come cifra esistenziale e sociale, ma- con una donna che nel frattempo lo ri dell’ordinarietà. Ma è proprio nel linconia e umorismo che trovano ine- ha piantato per il suo miglior ami- contatto, perlopiù cauto e silenzioso, diti e brucianti punti di contatto. Nord co. Viaggio compiuto in motoslitta, fra esistenze emarginate e avvitate non si sottrae agli stereotipi, anzi li attraverso zone desolate, sferzate su se stesse che sembra scaturire la cavalca con decisione, al punto da dal vento e dal gelo, e costellato di possibilità di un adeguamento, an- far nascere il legittimo sospetto che incontri estemporanei quanto par- corché disordinato e frammentario, l’esportabilità di questi film sia lega- ticolari, dove vanno ad incontrarsi alla «resa dei conti» col figlio. ta a filo doppio alla possibilità di ac- tipologie umane fra loro molto di- Nella sua recensione al film, un criti- creditare un’immagine internaziona- stanti (una bambina che vive con la co ha giustamente fatto riferimento le dell’ «uomo nordico», corrispon- nonna, un anziano che preferisce alla al cinema hollywoodiano degli anni dente a determinati luoghi comuni: compagnia della figlia l’esistenza so- Settanta, terra d’elezione del «road solitudine, riservatezza, inclinazione litaria in una capanna, un ragazzo che movie», lamentando contempora- all’alcool (del resto, per rimanere a guida una ruspa), tutte comunque neamente il fatto che gli spettatori casa nostra, il successo dell’ultimo accomunate dalla marginalità socia- meno attempati possano non sapere film di Tornatore non si deve for- le, imposta dalla geografia e scolpita nemmeno di cosa si tratti. Il riferi- se alla sua abilità nel celebrare ed nel carattere. Con ciascuno di loro mento intertestuale è corretto, così estremizzare i tratti mediterranei e il protagonista ha scambi ruvidi ma come la considerazione «a latere». sanguigni dell’italianità?). In Nord non banali, che gli permettono gra- Forse però la questione andrebbe af- quindi allo spettatore viene offerto, dualmente di mettersi a fuoco, pre- frontata anche da un’altra prospetti- in dosi abbondanti, quello che vuole parandosi al momento in cui vedrà va. Certo, i meriti relativi di Nord pos- da un film scandinavo: paesaggi inne- suo figlio. Proprio sull’incontro col sono essere incrementati dall’even- vati, personaggi ripiegati su se stessi bambino si chiude il film, in un finale tualità di innescare curiosità per il e inclini a comportamenti bizzarri, un di rara e apprezzabile pudicizia, che «road movie»; ma non ci si potrebbe vasto repertorio di patologie da iso- riprende peraltro l’epilogo di Una invece augurare, in un’epoca di vir- lamento, nuclei familiari dispersi e storia vera di Lynch, col quale Nord tualizzazione estrema e generaliz- problematici, la bevuta come antido- condivide più di un elemento, a par- zata dei viaggi, che una storia simile to ai momenti in cui lo smarrimento tire dall’originalità del mezzo di tra- susciti qualche desiderio di viaggio interiore si fa intollerabile. Lo si po- sporto impiegato dal protagonista. fisico, di itinerario concreto, con il trebbe definire una sorta di viaggio Siamo dunque in pieno nell’ambito di suo inevitabile e prezioso corollario virtuale in un territorio a noi geo- un cinema di riscrittura, che coniuga fatto di incontri estemporanei, soli- graficamente e antropologicamente a paesaggi e caratteri specifici la me- tudine in terra straniera, cimento di distante, dove – come sempre nei desima idea di un itinerario concreto se stessi? viaggi organizzati – c’è una perfetta e metaforico, un viaggio impervio corrispondenza tra orizzonte d’attesa nei suoi tratti esteriori ed interiori, Leonardo Gandini il giro del mondo saison culturelle in 60 film 35 OLTRE LE REGOLE - THE MESSENGER The Messenger

Regia: Oren Moverman. Sceneggiatura: Alessandro Camon, Oren Moverman. Fo- tografia: Bobby Bukowski. Montaggio: Alexander Hall. Musiche: Nathan Larson. Interpreti: Ben Foster, Samantha Morton, Woody Harrelson, Jena Malone, Eamonn Walker, Steve Buscemi, Peter Friedman, Lisa Emery, Halley Feiffer, Sam Kitchin. Produzione: The Mark Gordon Company, Ominlab, Reason Pictures, Sherazade Film Development. Distribuzione: Lucky Red. Paese: USA. Anno: 2008. Durata: 105 minuti.

Doppio titolo italiano o, meglio, un dell’elaborazione immediata di ciò che L’umano è dissolto nel rituale. Al suo nuovo titolo che, nell’edizione italiana accade, di ciò che altera le coscienze, posto appare la macchina impersona- del film conserva quello originale (The che si pone immediatamente come un le dell’esercito, della struttura totale Messenger, appunto), quasi ad inglo- problema di (falsa) coscienza. («Nessuno si prende cura di te come barlo dentro di sé come corpo miste- Oltre le regole è dunque erede di questa l’esercito», dice ad un certo punto Wo- rioso, evocativo. Si può partire da qui tradizione, sua propaggine necessaria, ody Harrelson a Ben Foster). È dunque per intraprendere un percorso sul film direttamente e indirettamente legato l’assurdità del rituale (che riflette l’as- d’esordio dello sceneggiatore israelia- al cinema di Hal Ashby, di Sidney Lu- surdità insostenibile, ma ben più gran- no (che vive negli USA) Oren Moverman met, Sidney Pollack, Arthur Penn, fino de, della guerra stessa) che è al centro e dell’italiano (ma trapiantato negli al Redford di Leoni per agnelli, al Paul di tutto: dell’immagine iniziale dell’oc- States) Alessandro Camon. Perché ci- Haggis de La valle di Elah, o a film come chio lacrimante (è collirio? è una lacri- tare insieme il regista e sceneggiato- Redacted di De Palma, The Hurt Locker ma?) di Ben Foster – primo piano di un re (Moverman) e il co-sceneggiatore di Bigelow, finanche The Green Zone occhio che ha visto e che è ora malato (Camon)? Forse per evidenziare il fat- di Greengrass. È un cinema in cui è la – all’impossibilità di vivere i sentimen- to che un film come Oltre le regole è guerra (soprattutto i suoi molteplici se- ti più umani ed elementari (l’amore, un’operazione in cui al centro sta la gni, le sue molteplici cicatrici) ad esse- l’amicizia). Non si torna mai veramente «scrittura», la dimensione narrativa, re al centro della narrazione, ad essere a casa, come crede illusoriamente quel fatta di molteplici gesti, momenti, oggetto di interrogazione, a sfidare la giovane soldato che festeggia il suo ri- eventi narrati o evocati, parole e si- potenza e l’impotenza del cinema stes- torno, perché si è condannati dall’espe- lenzi, comportamenti e rituali. La regia so (Come posso mostrare un conflitto? rienza della guerra. Sia chi la guerra – senza sbavature e «dentro» le rego- Che cosa posso vedere di ciò che rima- l’ha vissuta direttamente (il racconto le – risulta in realtà in secondo piano, ne invisibile?). finale di Ben Foster della sua esperien- perché si pone al servizio di qualcosa A differenza di autori come De Palma za in Iraq), sia chi la vive come motivo d’altro, di un racconto che in fondo e Bigelow, che lavorano sul problema di sofferenza atroce, evento lontano non viene mostrato direttamente, for- della «visibilità» del conflitto, esten- in cui muoiono i propri figli, i propri se perché non può essere (in più di un dendola e modificandola dall’interno, cari. In Oltre le regole tutto accade fuo- senso) raccontato. Moverman si pone nel solco di un cine- ri campo, ma ciò che rimane visibile Oltre le regole è, in effetti, un film che ma che sta ai margini della visibilità: nel sono i segni di una mutazione, di un sembra lavorare dall’interno il corpo suo film la guerra non può e non deve ritorno impossibile alla vita normale. I stesso del cinema politico dentro e fuo- essere messa in scena perché ciò che il gesti, le parole, i desideri e i silenzi dei ri Hollywood, un cinema che spesso si film racconta è l’iscrizione dell’assur- due protagonisti sono le strategie mes- è confrontato con l’orrore della guerra dità della guerra nei corpi stessi degli se in atto da soggetti che non riescono (il Vietnam), lo scandalo e la decaden- individui, nelle loro anime, nei loro più ad essere tali e che, ostinatamente, za della politica (il Watergate), le col- sguardi e, non ultime, nelle loro parole. sono chiamati a portare avanti la mes- pe del passato (lo sterminio dei nativi Il Messenger del titolo è anzitutto il por- sa in scena della normalità, il rituale americani); un cinema che rielabora in- tatore del messaggio freddo, distaccato del lutto e della comunicazione della cessantemente il presente, affrontando e rapido, di chi comunica ai familiari la morte. Come in Tra le nuvole di Jason la storia contemporanea come ferita, morte di un soldato. Nulla deve lasciar Reitman, nel film di Moverman la paro- spazio oscuro, luogo inesplorato. La trasparire trasporto ed emozione: i la non è che una maschera oscena del grande tradizione del cinema sociale messaggeri devono rimanere imper- dolore. Insopportabile. americano è appunto fondata sulla territi, senza espressione. Non posso- necessità del discorso, sulla necessità no toccare in alcun modo il familiare. Daniele Dottorini il giro del mondo 36 in 60 film saison culturelle PERDONA E DIMENTICA Life During Wartime

Regia e sceneggiatura: . Fo- tografia: Edward Lachman. Montaggio: Kevin Messman. Scenografia: Roshel- le Berliner. Costumi: Catherine Gorge. Interpreti: , Ciarán Hinds, Shirley Henderson, , Paul Reubens, , Gaby Hof- fmann, Michael Lerner, Chris Marquette, Renée Taylor, Michael Kenneth Williams, Rich Pecci, . Produ- zione: . Distribuzione: Archibald Enterprise Film. Paese: USA. Anno: 2009. Durata: 98 minuti.

Anche Todd Solondz, cineasta ap- e qui sta il nesso con l’America zo di districare le colpe proprie da partato ed eclettico, decide infine del dopo attentato, gli argomenti quelle degli altri. di affrontare la questione del post a lui congeniali vengono sintoniz- In questo contesto, il talento di 9/11. Lo fa a modo suo, senza re- zati sulla lunghezza d’onda delle Solondz nel calibrare i dialoghi è torica, affilando lo sguardo e le responsabilità verso il prossimo, davvero sbalorditivo: basti al ri- parole nella più totale noncuran- ovvero verso coloro che sono stati guardo la sequenza dell’incontro za del «politicamente corretto». vittime dei nostri errori. fra il padre pedofilo e il figlio, un Eppure, sarà l’effetto di una «vita Più volte in passato sono stato piccolo capolavoro di sensibilità e durante la guerra» (così recita tutt’altro che indulgente verso le accortezza. Ma la sua ballata do- il titolo originale), sarà che pri- libere traduzioni italiane dei titoli lente di rimpianti e rimorsi poggia ma o poi anche i più trasgressivi originali; in questo caso devo am- in ugual misura sulle immagini, approdano alla maturità, ma in mettere che Perdona e dimentica che ci restituiscono un’America Solondz l’originalità del copione riflette bene il nucleo concettuale linda e pulita, nitida e ordinata, non coincide più con l’irriverenza. del film, il suo punto focale. Per- geometrica ed asettica. A defini- Uno sguardo più cupo e un tono ché proprio il perdono e l’oblio re evidentemente un’opposizione più dolente caratterizzano questo sono due modalità possibili di tra esteriorità ed interiorità, ma film rispetto ai suoi precedenti. Il pensare e metabolizzare il passa- anche, a ben vedere, tra immagini repertorio umano è quello di sem- to, alternative o complementari a e parole. Le prime depositarie del pre: vite arrotolate su se stesse, seconda delle circostanze, delle ritratto di una nazione equilibrata rapporti deragliati, equilibri so- necessità, delle traiettorie emoti- e risolta, conciliata e conciliante; ciali e individuali andati in frantu- ve. Ed è con esse che sono costan- le seconde per contro rivelatrici mi, solitudine e incomunicabilità temente chiamati a fare i conti i di una turbolenza emotiva e di come lucchetti che occludono la protagonisti, nel sofferto tentati- un’incertezza memoriale destina- solidarietà umana. Tuttavia, an- vo di lasciarsi alle spalle rapporti te a rimanere tali. La natura pro- che laddove le situazioni e i per- ed errori ingombranti. Il passato blematica del rapporto col passa- sonaggi descritti potrebbero pre- torna - in modo più o meno im- to, l’apprensione verso ciò che ri- starsi ad una descrizione venata materiale, sotto forma di spettro affiora al presente scompagina le di umorismo, come ad esempio oppure di apparizione concreta ed coordinate iconografiche del film, nel caso della sequenza iniziale, improvvisa dalle nebbie dell’in- determina sommovimenti che ne la comicità implode, inceppata da fanzia - comunque configurandosi rivelano l’inconsistenza. un’amarezza di fondo - nella fat- come prova tangibile di una rimo- In un panorama mediatico do- tispecie, motivata dalla consape- zione mancata, probabilmente im- minato dalle immagini, Solondz volezza dell’impotenza verso le possibile. sceglie le parole: a loro affida le proprie colpe, passate, presenti e Dimenticare e/o perdonare? L’uno zone oscure del film, le sue verità probabilmente future. e l’altro ci appaiono, nel film, più ispide e sgradevoli. L’appara- Sotto questo punto di vista, quel- come stadi transitori, comunque to visivo finisce così per fare da lo di Solondz è pienamente un faticosi e dolorosi, che si raccol- contrappunto ad un universo che i film post 9/11, anche se il suo gono, nel corso della vicenda, in- dialoghi, con quieta ma inesorabi- regista non si discosta dal tema torno ad un ambito familiare, ma le efficacia, fanno gradualmente prediletto: la famiglia come cen- sono evidentemente rappresenta- deflagrare. tro generatore dell’infelicità, pro- tivi delle incertezze di una nazio- pria ed altrui. Questa volta però, ne intera, disorientata dallo sfor- Leonardo Gandini il giro del mondo saison culturelle in 60 film LE PETIT NICOLAS 37

Réalisation : Laurent Tirard. Scénario : Laurent Tirard, Grégoire Vigneron, Alain Chabat. Photographie : Denis Rouden. Montage : Valérie Deseine. Costumes : Pierre-Jean Larroque. Musique : Klaus Badelt. Interpètes : Maxime Godart, Va- lérie Lemecier, Kad Merad, Sandrine Kiberlain, François-Xavier Demaison, Daniel Prévost, Louise Bourgoin, Michel Galabru. Production : Fidélité Films, M6 Films, Mandarin Films, Wild Bunch, Scope Pictures, Orange Cinéma Séries, IMAV. Distribution : BIM. Pays: France. Année : 2009. Durée : 90 minutes.

« Moi, c’est Nicolas, j’ai 8 ans et j’ai- d’agencer en une ligne narrative iné- double niveau de lecture qui caracté- merais bien vous raconter ma vie ». dite plusieurs histoires puisées dans rise si subtilement l’œuvre originale. Sur cette voix-off d’enfant qui nous les divers recueils. Avec pour ambition Ainsi, grâce au jeu des acteurs, à l’em- accompagnera pendant tout le film de restituer avant tout « l’univers » du ploi de la musique comme contre- débute Le petit Nicolas de Laurent Ti- Petit Nicolas, le film réunit dans une point comique, ou à d’amusantes sé- rard, première adaptation au cinéma même scène une description, une si- quences « rêvées » en total contraste – et en prises de vues réelles – de tuation appartenant à des moments dif- avec le réel, une touche d’humour dé- l’œuvre de Sempé et Goscinny. férents de l’œuvre ; parfois, une simple calé parcourt le film. On devine aussi, Le petit Nicolas est sorti en France en phrase suffit à nourrir une séquence. ça et là, « la patte » comique d’Alain 2009, à l’occasion du 50ème anniver- De ce point de vue, le travail d’adap- Chabat dans les dialogues, même si, saire de la création du célèbre petit tation est plutôt réussi. d’une manière générale, l’ensemble écolier. Cinq recueils devenus des On retrouve donc, en chair et en os, reste plutôt sage et contrôlé. classiques, lus par des générations de Nicolas (Maxime Godart) et sa bande : Divertissement familial doté d’un Français et traduits en 130 langues : Geoffroy, « qui a un papa qui lui achète budget important (22 millions d’eu- beau succès pour une aventure qui tout ce qu’il veut », le gros Alceste « qui ros), le film a été accueilli froidement avait timidement démarré dans les mange tout le temps », Agnan le pre- par une certaine critique l’accusant pages de Sud-Ouest Dimanche. Non mier de la classe, « qu’on ne peut pas d’être un produit formaté pour la té- pas une bande dessinée, mais un en- taper à cause de ses lunettes », Clo- lévision et de livrer une représenta- semble de récits illustrés, racontés à taire le cancre rêveur, Rufus le fils de tion aseptisée – voire réactionnaire la première personne par un enfant, policier, Eudes le bagarreur, Joachim, – d’une France fantasmée. Avec un dans « un langage de gosse », tel qui vient d’avoir un petit frère, et soin extrême apporté aux décors, était le point de départ d’une œuvre Marie-Edwige, la seule fille. On no- costumes et accessoires, le film se si- novatrice, signée par deux débutants tera que sous la plume de Sempé, tue en effet quelque part entre les an- promis à un bel avenir : le dessina- les enfants se ressemblent presque nées 50 et 60. L’univers qu’il construit teur Jean-Jacques Sempé et l’écri- tous ; c’est donc paradoxalement sur est délibérément parfait et factice, à vain René Goscinny – génial créateur les textes de Goscinny, et non sur les l’image de la salle de classe, toujours et scénariste, entre autres, de la saga dessins, que s’est appuyé le film pour propre et rangée comme au premier des Astérix, lancée deux ans plus tard donner corps à cette galerie de carac- jour. Mais c’est bien la voie choisie avec son complice Uderzo. Hasard du tères… Côté adultes, voici les parents par le réalisateur pour transposer le calendrier ou air du temps ? Le film de Nicolas (Valérie Lemercier et Kad monde idéal, sans aspérités, et en ce arrive sur les écrans quelques mois Merad), la maîtresse (Sandrine Kiber- sens intemporel, de l’œuvre originale. après l’adaptation peu inspirée de lain), le surveillant, dit « le Bouillon » La démarche a sa cohérence. Cela suf- Lucky Luke par James Huth – autre (François-Xavier Demaison), M. Mou- fit-il pour autant à transmettre « l’es- BD légendaire portant la marque de cheboume, le patron (Daniel Pré- prit » de l’œuvre ? Goscinny. Et rafle la mise : avec 5,5 vost), mais aussi le ministre (Michel Trop parfait pour être « vrai », Le petit millions de spectateurs en France, Le Galabru), le directeur d’école (Mi- Nicolas de Laurent Tirard a sans doute petit Nicolas restera le plus gros suc- chel Duchaussoy), ou la remplaçante tout pour lui, sauf l’essentiel : cette in- cès français de l’année 2009. (Anémone). définissable poésie qui faisait tout le Reprendre de manière linéaire tous Comédie sympathique mais consen- charme des livres de Sempé et Goscinny. les récits du Petit Nicolas eût été im- suelle, Le petit Nicolas s’applique possible en un seul film ; Laurent Tirard à plaire aux enfants comme aux Alessia Bottani ne s’y essaie pas. Il choisit au contraire adultes, cherchant à reproduire le il giro del mondo 38 in 60 film saison culturelle SHUTTER ISLAND

Regia: Martin Scorsese. Sceneggiatura: La- eta Kalogridis, Steven Knight. Fotografia: Robert Richardson. Montaggio: . Costumi: Sandy Powell. In- terpreti: Leonardo Di Caprio, Mark Ruffalo, Ben Kingsley, Emily Mortimer, Michelle Williams, Max von Sydow, Jackie Earle Haley, Elias Koteas, John Carroll Lynch, Christopher Denham, Curtiss Cook, Patri- cia Clarkson, Robin Bartlett, Nellie Sciut- to. Produzione: Phoenix Pictures, Sikelia Productions, Appian Way, Paramount Pic- tures. Distribuzione: Medusa. Paese: USA. Anno: 2009. Durata: 148 minuti.

Ci sono registi che intendono i Ma anche questo sarebbe troppo che spara alle sentinelle naziste film come momenti di dialogo poco e la follia di un Leonardo di ormai fatte prigioniere come il con gli spettatori durante i quali Caprio, che non è più sicuro del- Mark Hammil di Il Grande Uno declinare, ogni volta con un lin- la propria identità e del proprio Rosso (Sam Fuller, 1981) sparava guaggio diverso, un numero li- passato, diventa la coreografia ai forni ormai spenti di un altro mitato di temi che finiscono per di una corsa angosciosa alla ri- campo di sterminio. La direzio- disegnare la fisionomia del loro cerca della verità modellata, ne che ci indica Scorsese è die- volto di autori. ancora una volta, su uno degli tro le nostre spalle: all’indietro, Ce ne sono altri che invece non archetipi imprescindibili dello verso il passato, in un labirinto ci chiedono di essere ricono- Scorsese spettatore, Scarpette di immagini sempre rivissute per sciuti e definiti da quello che Rosse di Powell e Pressburger. non dimenticarle. Il problema raccontano ma da come lo fan- Per non parlare dello stesso di del vero e del falso, del reale e no. Se cerchiamo il loro volto Caprio, al quale Scorsese chie- dell’illusorio, che tanto affligge non si fanno trovare. Quello de di ispirarsi di volta in volta al lo script di Laeta Kalogridis, non che ci chiedono è di ascoltare Ray Milland alcolista disperato ha per Scorsese alcun valore. Ciò la loro voce e decifrare la lingua di Giorni perduti (Billy Wilder, che conta è che non si arresti nella quale si esprimono. Il mo- 1946) o al Dana Andrews, prigio- mai il flusso delle immagini che nologo è loro modalità di comu- niero di un meccanismo che lui rendono vivo il suo linguaggio e nicazione. stesso ha creato, in Beyond a rea- che al contempo non si affievo- Per capire a quale categoria ap- sonable doubt (Fritz Lang, 1956). lisca mai la nostra perseveranza partenga Martin Scorsese, è suf- Ma sarebbe un errore fare di nella visione e nell’ascolto. ficiente tornare agli anni di Taxi Shutter Island il film di un gran- «Liberami», chiede la moglie a Driver e allo «stai parlando con de regista che gioca con la storia Teddy Daniels in uno dei (fal- me?» rivolto da Robert De Niro del cinema per fare di un rozzo si?) ricordi dei quali è costellato alla propria immagine riflessa thriller psicologico una raffina- Shutter Island. E con questo in- nello specchio. Questa è la ma- ta prova d’autore. Scorsese ci tende: liberami dai ricordi, dal- trice di uno stile che Scorsese, chiede, infatti, di fare del suo le illusioni, dalle fantasie. Ciò con una ricchezza di variazioni film un’esperienza viva. Come che ci chiede Scorsese è l’esatto della quale è impossibile ren- il dottor Cawley, il caricaturale contrario: ancora un altro film, dere conto, ha continuato a pro- psichiatra interpretato da Ben un altro sogno, un altro specchio porre nel corso degli anni. Kingsley, fa con il detective Ted- al quale chiedere "Stai parlando Shutter Island è in questo senso dy Daniels, Scorsese gioca con la con me?". proverbiale: laddove chiunque nostra immaginazione creando altro avrebbe visto una sceneg- visioni dietro alle quali si na- Marco Gianni giatura scadente, Scorsese tro- scondono altre visioni. E proprio va lo spunto per riappropriarsi come Cawley, la realtà con la come regista, dopo aver aver quale vuole farci riprendere con- interiorizzato come spettatore tatto è quella del passato, della compulsivo, dei noir hollywoo- memoria. Straordinarie, in que- diani degli anni Quaranta e Cin- sto senso, le sequenze ambien- quanta. tate a Dachau, con un di Caprio il giro del mondo saison culturelle SOUL KITCHEN in 60 film 39

Regia e sceneggiatura: Fatih Akin. Foto- grafia: Rainer Klausmann. Montaggio: Andrew Bird. Costumi: Katrin Aschendorf. Interpreti: Adam Bousdoukos, Moritz Bleibtreu, Birol Unel, Lucas Gregorowicz, Dorka Gryllus. Produzione: Corazón Inter- national. Distribuzione: BIM Distribuzio- ne. Paese: Germania. Anno: 2009. Durata: 99 minuti.

L’ultimo film di Fatih Akin non è un risolto, ma solo coperto da una men- cricche senza scrupoli). Il film descri- capolavoro. È un film intelligente, che zogna. Come ci si attende, nel terzo ve questo cambiamento sociale senza trae il massimo profitto da alcuni temi quarto del film, tutto va a rotoli. Tutti retorica, riassumendolo in una battuta autobiografici cari al regista – l’origine i personaggi e tutti gli elementi sono : la musica è cambiata. turca, la città di Amburgo – abbinan- nuovamente decomposti. L’eroe passa Per rilanciare il suo locale, Zinos ha in- doli ad una narrazione da commedia allora attraverso una fase di crisi pro- gaggiato Shayn, un cuoco di un grande classica americana (lui, lei, poi l’altra); fonda. Da questa viene fuori la soluzio- ristorante – una sorta di filosofo della la zuppa d’antropologia etnica in salsa ne... con una piccola sorpresa finale. nouvelle cuisine, mezzo chef, mezzo comica non è certo una novità. Akin è La struttura rispetta i codici di equili- samurai e tutto matto, bene interpre- bravo a prendere frontalmente la sce- brio drammatico della migliore scuo- tato da Birol Ünel. Alle prime prove di neggiatura, senza cambiare nulla dalla la hollywoodiana. La particolarità di Shayn, i vecchi proletari che frequen- ricetta di tanti film fortunati, affidando- Soul Kitchen è semmai la maniera di tano il ristorante di Zinos storcono il si soltanto ad un dispositivo comico. Il reinventare figure e situazioni tipiche naso: alle delizie della nouvelle cuisi- risultato è oggettivamente irresistibile. del racconto d’intrattenimento. Bel- ne continuano a preferire patate, pizza Il protagonista è un giovane tedesco la è l’idea di diminuire la prestanza e hamburger. Il locale si svuota. Qual- di origine greca, Zinos Kazantsakis, dell’eroe attraverso un acciacco fisico che giorno dopo, una scuola di danza proprietario di un ristorante popolare intrinsecamente comico, come il mal si installa nei paraggi. La sera, gli stu- situato nell’area portuale della città, di schiena. Bella la maniera di fare gli denti (dal look alternativo) sbarcano oggi dismessa. La struttura dell’in- esercizi di yoga cura al male, che l’eroe nel locale e cominciano a suonare e a trigo è elementare e pone da subito apprende da una avvenente fisiotera- ballare. Zinos richiama allora il Shayn, due linee narrative: la vita amorosa pista, la gag principale del film, ripetu- e gli dice semplicemente: "questi qui dell’eroe da un lato, la sua attività di ta nelle situazioni più impensabili. si mangiano tutto". In quel «questi ristoratore dall’altra. Il meccanismo Il protagonista nascosto di Soul qui», è racchiusa una grande ironia, comico-drammatico consiste a far Kitchen è però la città di Amburgo. che vale più di molte considerazioni collidere queste due linee per infine Città natale di Fatih Akin, che ha volu- sociologiche. farle convergere nella strada che con- to nel film, in un ruolo di spalla comi- Uno dei punti deboli del film è inve- duce alla vera felicità. ca molto riuscito, Moritz Bleibtreu, at- ce la musica. Contrariamente a quel- La trama, osservata in controluce, tore noto del cinema tedesco recente lo che lascia immaginare il titolo, il come fosse una banconota, mostra (Le particelle elementari, La banda Ba- «soul» rimane sullo sfondo. Riempie una filigrana a stelle e strisce. La ader Mainhof), anche lui originario di soltanto i titoli di coda – belli – ispirati sceneggiatura funziona esattamen- questa città del nord della Germania, all’iconografia soul anni Settanta. te come una commedia classica hol- la seconda per grandezza dopo Berli- Non sarebbe sbagliato dire che Soul lywoodiana. Nei primi cinque, dieci, no, e il principale porto commerciale Kitchen è a sua volta un’operazione minuti Akin offre allo spettatore tutte del paese. commerciale. È un film fatto per pia- le informazioni di cui ha bisogno per Con piccoli tocchi, Akin racconta la cere, per far ridere, facendo ricorso capire il film: presentati l’eroe e i per- mutazione di questo antico polo a degli stereotipi legati all’etnia (in sonaggi secondari, e al tempo stesso operaio e commerciale. Come tan- questo caso greca). Tuttavia lo sguar- viene esplicitato il problema che andrà ti altri vecchi porti del nord Europa, do di Akin su questi stessi stereotipi a generare l’intreccio. Durante tutta la Amburgo ha riconvertito la propria è talmente ironico e leggero che si fa prima parte i dati di partenza si com- economia alle attività, e soprattutto perdonare e amare. binano in maniera armonica; tuttavia ai consumi, di giovani artisti, studenti, il nucleo problematico di fondo non è intellettuali... (ma anche agli affari di Eugenio Renzi il giro del mondo 40 in 60 film saison culturelle TRA LE NUVOLE Up in the Air

Regia: Jason Reitman. Soggetto: dal ro- manzo omonimo di Walter Kirn. Sceneg- giatura: Sheldon Turner, Jason Reitman. Fotografia: Eric Steelberg. Musica: Rolfe Kent. Montaggio: Dana E. Glauberman. Costumi: Danny Glicker. Interpreti: Geor- ge Clooney, Vera Farmiga, Anna Kendrick, Jason Bateman, Danny McBride, Melanie Lynskey, Steve Eastin, Chris Lowell, Adam Rose, Lauren Mae Shafer, Doug Fesler. Produzione: The Montecito Picture Com- pany, Rickshaw Productions. Distribuzio- ne: Universal. Origine: USA. Anno: 2009. Durata: 108 minuti.

Un film come Tra le nuvole è il segno che alzarsi da terra e tornare ogni volta stile di vita buono per seminari sulla della persistenza e al tempo stesso al punto di partenza? Ad Omaha, Nebra- leggerezza è la forma più autentica di dell’evoluzione che le forme cinemato- ska, non a caso al centro o quasi degli vita moderna: il suo paradosso ende- grafiche subiscono nel tempo.Tra le nu- Stati Uniti, verso ogni meta e poi ritorno. mico. In fondo, laddove c’è uno spazio vole è un road movie, per quanto strano Eppure Ryan Bingham ha bisogno di urbano vuoto le municipalità si ap- possa sembrare. Un road movie che al viaggiare tanto quanto gli eroi e gli prestano a costruisce luoghi di massa posto della strada ha l’aria. E al posto di antieroi che hanno saldato l’iconogra- esclusivi destinati a persone come lui: una macchina, dei jet che sorvolano un fia della strada con il mito dell’auto- centri commerciali, hotel di lusso, sale paese avanti e indietro. Mutati i fattori, scoperta. E Tra le nuvole ha bisogno congressi per professionisti, per per- però, il risultato non cambia. L’immagi- del viaggio e della sua nuova mitologia sone che vivono senza fermarsi. ne dall’alto di campi e reticolati urbani per mettere in scena l’evoluzione del Non sarà difficile, perciò, capire cosa è l’equivalente dell’icona classica della suo protagonista. Ryan consuma mi- frenerà il viaggio perenne dell’eroe. strada diritta che taglia il deserto no- glia nell’aria per innalzarsi dalla terra Tutto ciò che ne è l’opposto: l’amore, nostante l’evidente slittamento degli e dalla sua ingombrante concretezza, la famiglia, la casa, l’etica del lavoro, elementi di base, il genere continua a non per fuggire verso un destino di au- una carta geografica con centinaia di svolgere la sua funzione: il road movie, todistruzione o per maturare un nuovo località indicate da vere foto di finti diventato per l’occasione «air movie», rapporto con il mondo, ma per staccarsi viaggi. Tra le nuvole, in fondo, nono- si è adattato ai tempi delle distanze dal mondo stesso e guardarlo dall’alto stante lo sfoggio di «indie wit», è annullate per raccontare ancora di un come una creatura estranea. Perché se una commedia piuttosto classica, con personaggio che viaggia per fare i conti una cosa non ci appartiene, allora può funzioni, modelli e valori tradizionali. con se stesso. Che sia di terra o di aria, far male a tutti tranne che a noi. Sarà la famiglia (e cosa se no…) a far il viaggio al cinema rimane l’esterioriz- Ryan è un «licenziatore», uno che batte riflettere Ryan sul ritmo a vuoto della zazione di un conflitto interiore. gli Stati Uniti per cacciare dalle aziende sua vita; sarà l’amore a fargli pensare Le questioni che si pongono, allora, «i soggetti non conformi ai nuovi asset- di interrompere l’altalena tra cielo e sono di carattere puramente testuale. ti», assumendosi responsabilità scomo- terra; sarà l’incontro con una collega Riguardano cioè la capacità del genere de per conto di società che non hanno capace di fargli vedere come potrebbe di unire le sue caratteristiche «stori- il coraggio di affrontare direttamente i essere la sua vita. che» ai cambiamenti imposti dall’evo- loro dipendenti. Se la traiettoria non si compie per in- luzione. Per farla breve: quanta narra- Qual è per lui il conto personale di un tero è perché Reitman, anche lui per- zione può contenere una strada che simile lavoro da sciacalli? Nessuno. O fettamente in linea col nuovo cinema non è tracciata nella terra, ma è una meglio, come potrebbe sopportare tut- hollywoodiano d’autore, preferisce traiettoria indistinta nel corpo senza to questo se non si alzasse continua- l’agrodolce al lieto fine e sceglie di sostanza del cielo? E quanto spazio ha mente in volo fingendo che nulla gli condannare l’eroe all’eterno ripetersi di fronte a sé una storia, se la traiettoria appartenga? Non il lavoro, che svolge della sua dannazione. Come faceva del viaggio non è più quella di un tem- per conto terzi; non la casa, che è vuota Fritz Lang coi suoi assassini impuniti po, da costa a costa come in Kerouac o come il suo cuore; non i non-luoghi del- dalla legge. Ma se per il momento non verso il Messico come nei western? E la modernità, che occupa di passaggio, esiste ancora una legge per punire ancora: cosa può raccontare un film che siano aerei, aeroporti, «waiting room», persone come Ryan, nell’attesa conso- si fonda sulla crescita del personaggio alberghi o sale riunioni; non le donne, liamoci con l’idea che la terra, quando in funzione delle miglia che percorre che ama per una notte e poi non vede ci sbatti il naso contro, è dura per tutti. da un punto all’altro del suo tragitto, se per settimane. quello stesso personaggio non fa altro Ryan è in perenne movimento e il suo Roberto Manassero il giro del mondo saison culturelle in 60 film 41 L’UOMO CHE VERRÀ

Regia: Giorgio Diritti . Sceneggiatura: Giorgio Diritti, Giovanni Galavotti, Tania Pedroni. Fotografia: Roberto Cimatti . Montaggio: Giorgio Diritti, Paolo Marzo- ni. Scenografia: Giancarlo Basili. Musica: Daniele Furlati, Marco Biscarini. Costumi: Lia Francesca Morandini. Interpreti: Alba Rohrwacher, Greta Zuccheri Montanari, Maya Sansa, Claudio Casadio, Stefano Bi- cocchi, Eleonora Mazzoni, Orfeo Orlando, Diego Pagotto, Tom Sommerlatte, Raffa- ele Zabban. Produzione: Aranciafilm, Rai Cinema. Distribuzione: Mikado. Paese: Italia. Anno: 2009. Durata: 117 minuti.

Si ha l’impressione, a volte, di legge- iniziale, dove la mdp vaga per le stan- queste caratteristiche si manifestano re un romanzo naturalista dell’Otto- ze di una casa vuota, soffermandosi al loro massimo grado in Martina, la cento. O meglio. Di contemplare im- sui letti sfatti, sulle coperte spostate bambina muta protagonista del film. magini che rimandano alla memoria con furia, sulle ombre, sulle macchie Le azioni di Martina non vengono mai visiva di alcune correnti pittoriche e sul calore delle lenzuola abbando- spiegate, così come il mondo intor- italiane: dai macchiaioli al verismo. nate nel dolore e nella paura: lontano no a lei non si spiega mai del tutto; L’uomo che verrà di Giorgio Diritti, al dalla retorica pietistica dell’ «umile quello che Martina fa o pensa ci sfug- di là delle vicende calate in un conte- dimora» Diritti dipinge un’asciutta, ge parzialmente, così come le azioni sto storico preciso (tra l’inverno del scabra bellezza, una bellezza che vie- degli adulti che la circondano con- 1943 e il settembre 1944) e in un luo- ne riconosciuta come tale solo per il servano sempre un nucleo di oscuro go reale (siamo nella zona di Monte fatto che la ricordiamo come nostra e mistero. Martina passa silenziosa da- Sole, vicino a Bologna, nel territorio come vera. vanti ai quadri di Diritti interrogan- che fa capo al comune di Marzabotto) Lo stesso discorso vale per i perso- dosi sulle azioni degli uomini e sul si compone infatti di «quadri» dove naggi. Gli attori sono filmati con una male del mondo. Le domande della rivive e respira la vita contadina. La modalità di ripresa che lascia lo spet- bambina esprimono (e assolutizzano) civiltà contadina come era nell’Italia tatore sempre «un passo indietro» le domande di tutte la comunità di di oltre mezzo secolo fa: un contesto come fosse posizionato al di là di una fronte a eventi che non hanno nes- segnato dal passaggio delle stagioni cornice. La distanza tra racconto e suna spiegazione razionale e nessun e immerso nel fluire di un tempo na- spettatore non si riduce mai. Per una fondamento morale. Ma non è solo la turale. serie di ragioni. Da una parte gli in- voce di Martina a perdere (o a voler Giorgio Diritti mette in scena quadri terpreti hanno dimensione «statua- dimenticare) le parole. Anche il corpo di finissima fattura dove una famiglia ria»: gesti, posture e movenze hanno della bambina non parla. Martina at- di agricoltori vive dei riti stagionali e qualcosa di arcaico, definiscono una traversa la storia come un fantasma. dei lavori nei campi. La raccolta del fisiognomica, una prossemica e una Inseguita, trovata, sollevata, buttata fieno, la cottura del pane, la costru- grammatica antica e per certi ver- nel mucchio. Sepolta sotto le mace- zione dei canestri nella stalla mentre si, solenne. I protagonisti sono vere rie, si scrolla i cadaveri di dosso e si ci si racconta le storie della guerra, la e proprie «figure nel paesaggio» e rimette in piedi. Invisibile ai soldati, macellazione del maiale. Perché vie- la loro forza sta nella loro presenza recupera il fratellino appena nato ne in mente proprio la pittura, e non tranquilla e solida, nella loro fisicità e lo nasconde nel bosco. Va, torna, riferimenti cinematografici di sicuro inscindibile dall’ambiente circostan- guarda e chiude gli occhi. Il silenzio più prossimi e sicuramente pertinenti te (si pensi a una delle prime inqua- del corpo e il mutismo del pensiero è (tutto il cinema di Ermanno Olmi, per drature, dove il volto masaccesco di l’unica possibile difesa di fronte alla esempio, ma anche Franco Piavoli o Maya Sansa si solleva davanti a una ferocia insensata della guerra. Nella il Bertolucci di Novecento)? In primo piccola edicola dipinta). A rafforzare visione del regista bolognese - «co- luogo perché ne L’uomo che verrà la l’impressione di distanza contribui- lui che verrà» è il Tempo della Storia, cura della composizione, la speciale sce l’uso che Diritti fa del dialetto bo- sempre e comunque in feroce con- qualità della luce e l’estremo natu- lognese. Una scelta che crea un senso trapposizione con il Tempo Naturale ralismo del tutto ricompongono gli di prossimità (è una lingua che fa par- della piccola comunità e della fami- oggetti e le cose che cadono sotto te del nostro patrimonio culturale) e glia contadina. lo sguardo della mdp nella calma di contemporaneamente di lontananza vere e proprie «nature morte». Si (per essere compresa ha ormai bi- Silvia Colombo pensi al bellissimo piano sequenza sogno di essere sottotitolata). Tutte il giro del mondo 42 in 60 film saison culturelle UN UOMO SOLO A single man

Regia: Tom Ford. Sceneggiatura: Tom Ford, David Scearce. Fotografia: Eduard Grau. Montaggio: Joan Sobel. Musiche: Abel Korzeniowski. Interpreti: Colin Firth, Julianne Moore, Matthew Goode, Ginni- fer Goodwin, Nicholas Hoult, Ryan Sim- pkins, Keri Lynn Pratt, Teddy Sears, Aaron Sanders. Produzione: Artina Films, Depth of Field, Fade to Black Productions. Di- stribuzione: Archibald Enterprise Film. Paese: USA. Anno: 2009. Durata: 99 mi- nuti.

Sempre meno i film sanno ancora es- anche vivo tra i morti, lo sguardo sem- le camicie stropicciate. Con gli abiti sere il racconto della storia d’amore pre acceso dietro grossi occhiali fatti di Falconer, Ford ci parla di un senso tra un uomo e un libro. Può sorprende- apposta per nasconderlo. del bello come forza che schiaccia la re allora che nel 2010 sia l’ex stilista Un secondo atto di rilettura riguarda mediocrità, la caducità, la piccolezza di Gucci e Yves Saint-Laurent, al suo l’omosessualità di Falconer. A secon- degli uomini e della necessità che, esordio come autore cinematografico, da delle convenzioni accademiche, A per questa ragione, la bellezza non si a chiederci di rileggere attraverso Single Man è considerato il primo, o il spenga mai. La casa trasparente, tutta il suo sguardo questo romanzo del migliore, o il più rappresentativo tito- vetri, di Falconer non è una finestra 1964 di Christopher Isherwood. E, ri- lo della letteratura gay degli anni Ses- aperta sul mondo esterno, è anzi, al leggendolo, a farne esperienza insie- santa. Ford non cede alla tentazione contrario, una vetrina nella quale con- me. Come ogni lettore innamorato, di cucire sul suo film l’etichetta, non templarsi, un faro che proietta una Ford ha fatto della lettura di questo si sa quanto giustificata, che da quasi luce nell’oscurità. Occhiali, cravatte, suo romanzo di predilezione un atto cinquant’anni il romanzo si porta ad- accappatoi, una pistola, i libri e le loro creativo e ha generato, nel meditarlo, dosso. Pur sottolineando le miserie copertine: neanche l’aspetto degli og- un’opera autonoma, ispirata, ancorata della discriminazione (ad esempio, a getti più minuti o remoti è lasciato al a quella di partenza, ma diversa, per- Falconer viene negato di partecipare caso, perché ogni cosa bella dà sollie- sonale, unica. al funerale dell’uomo con il quale ha vo e toglie dalle nostre spalle un po’ Un primo atto di rilettura è certamen- vissuto per sedici anni), Ford non en- del proprio peso. te stato la scelta del protagonista. Nel fatizza l’idea dell’omosessualità come Se c’è infine una rilettura che Ford romanzo di Isherwood, il professor scandalo sociale per l’America degli manca completamente, e che rappre- Falconer viene descritto come «still a anni Sessanta ma ne fa un fatto priva- senta l’unica debolezza del film, è contender», ancora in campo, uno che to. Se in Isherwood scandalizzò il fatto quella degli autori cinematografici ai non si è arreso. Rimane però anche un che Falconer fosse un uomo normale quali si sente più legato (Pedro Almo- uomo anziano, un «ragazzo appassi- (cioè socialmente inserito, autorevo- dovar, Wong Kar-Wai su tutti) e che in to». Immaginando Colin Firth nei pan- le, metodico, elegante, per bene), Ford Un uomo solo cita frequentemente e, ni del «suo» professor Falconer, Ford tiene il suo protagonista al centro di almeno in un caso, quasi alla lettera: si ha scommesso su un volto e un corpo una vicenda di cuore, di sentimenti, veda l’inquadratura iniziale della sce- non più giovanissimi ma vivi. Nella emozioni. na nella quale Falconer incontra il gio- lotta tra il desiderio di farla finita e la E ancora, a un livello più superficiale, vane spagnolo Carlos nel parcheggio sensibilità mai spenta per ogni tipo di Ford immerge Falconer nel suo mon- di un drugstore, che è ripresa da Tutto emozione, Firth ci aiuta in ogni scena a do, quello della moda e del design. su mia madre di Almodovar. Libero e sentire la forza che scorre sotto lo scu- La saggezza popolare vuole che i figli creativo con il romanzo di Isherwood, do degli abiti perfetti con i quali Fal- della sarta siano sempre vestiti bene Ford, alle prese con il cinema, si dimo- coner si presenta al mondo, una forza e così si è visto come un fatto naturale stra rigido e impersonale come non ci indipendente dalla sua stessa volontà. che Colin Firth, nei panni di un docen- si aspetterebbe da lui. Come quando gli viene comunicata al te universitario di letteratura inglese, Ma di questo film di esordio restano telefono la morte del suo compagno sia vestito con tale cura e raffinatezza. soprattutto le grandi qualità e la sor- o quando tiene la sua ultima lezione Sarebbe tuttavia un errore fare del presa di trovarci a dialogare con un universitaria sul tema delle minoran- guardaroba del professor Falconer autore che non ha paura di mettere la ze. Sveglio tra addormentati, lucido (e della sua casa, della sua auto, dei passione al centro del proprio cinema. tra non vedenti nel romanzo di Isher- suoi accessori) la semplice sigla di wood, il George Falconer di Tom Ford è un regista-stilista che non sopporta Marco Gianni il giro del mondo saison culturelle in 60 film 43 YUKI & NINA

Réalisation et scénario : Hippolyte Gi- rardot, Nobuhiro Suwa. Photographie : Josée Deshaies. Montage : Hippo- lyte Girardot. Interprètes : Noë Sampy, Arielle Moutel, Tsuyu Shimizu, Hippo- lyte Girardot, Marilyne Canto, Jean- Paul Girardot, Koko Mori, Nonoka Imai- zumi. Production : Comme des Ciné- mas, Les Films du Lendemain. Distribu- tion : Films Distribution. Pays : France, Japan. Année : 2009. Durée : 92 minutes.

Yuki et Nina ont neuf ans. Elles vont à aux derniers déchirements de l’union une vieille grand-mère accueillante l’école ensemble, s’invitent à la mai- familiale, sans pourtant perdre l’es- prépare le goûter. son et, devant le goûter, les doigts poir : elle n’ira pas au Japon, ce n’est C‘est à travers cette ellipse symbo- collés de sucre, font des projets de juste pas possible. lique et enchantée que le voyage de vacances communes. Nina, tempé- C’est ainsi que l’intervalle des jours Yuki s’accomplit. A l’autre bout de rament pétillant et vif. Yuki, petite dans l’attente du départ de Yuki ne la forêt, elle ne sera pas seule. Une fille franco-japonaise retenue, douce peux que devenir l’espace de la ré- nouvelle copine à qui montrer des et mystérieuse. Leur couple est basé volte, le temps du complot et de l’ac- images de Nina, et sa mère, avec qui sur une complicité spontanée propre tion afin d’éviter le pire. Cet univers se promener sous la pluie, seront à à leur âge ; leur monde se compose fait de décisions arbitraires, de dis- coté d’elle. de posters de toutes les couleurs, de putes et crises de nerfs n’appartient Yuki et Nina, récit en deux volets cerises et d’autocollants en forme pas aux fillettes, pour eux mieux vaut réalisé à quatre mains par Hippolyte d’animaux, de colliers en plastique et l’aventure, parce que là où un monde Girardot et Nobuhiro Suwa, s’appuie d’élastiques pour les cheveux. Tout risque de se défaire, il faut en inven- sur un motif narratif simple qui laisse est connu et rassurant, comme un jeu ter de suite un autre, libre et possible. circuler dans le récit tout à la fois dont on a l’habitude de réinventer Yuki et Nina, ensemble, sont prêtes un souffle de réalité et un élan élé- tous les après-midis. à la rébellion et, en refusant toutes giaque. L’écriture se compose de pe- Mais un jour tout bascule. Alors que sortes d’explications et règles, déci- tites tranches de vie, prêtes à saisir la Yuki apprend que ses parents sont en dent de faire une fugue. C’est Nina solitude des adultes face à l’échec et train de se séparer, et qu’elle devra qui décide : il suffit de prendre un la solitude d’une enfant perdue face suivre sa mère au Japon, un nouveau train vers la banlieue de Paris, se ca- à des parents qui vident la maison monde apparaît où Nina n’a pas de cher dans la maison de campagne de de ses objets quotidiens. Le regard place. Plus de jeux dans la cour, plus ses parents, monter la tente dans le des réalisateurs se fait discret pour de « un-deux-trois soleil », plus de salon et la remplir de jouets, se lan- suivre l’enchaînement des actions, projets ou de vacances possibles. cer dans l’exploration d’une grande des réactions et des mots, mêle Et alors la vie change. Les mots aussi. forêt. Comme dans un conte de fée, improvisation et intentions pour Il faut essayer de comprendre pour- le passage d’une vie à une autre (ce esquisser un portrait de l’enfance, quoi les parents ne peuvent plus s’ai- changement dans la vie de Yuki est ou au moins capter un moment mer, pourquoi les choses ne peuvent une étape obligée à laquelle elle doit où la force de l’enfance est mise à pas s’arranger et pourquoi les adultes faire face) se fait à travers les bois, l’épreuve et amenée à se dévoiler. ne savent répondre qu’avec des mots où tout est énorme et où, bien sûr, La caméra reste fixe, laisse les en- incompréhensibles de défaite et de les rochers sont en forme de tête de fants agir, penser, courir dans tout renonciation. monstre et les nuages ressemblent à les sens, occupés à remplir leurs car- Yuki tend l’oreille, depuis son lit, des gâteaux. tables de petites robes d’été et pulls afin de capter des bouts de phrases Les fillettes se promènent et se per- de coton, et puis nous rend la nostal- échangées dans la nuit, pour y trouver dent dans une marée de fougères et gie d’une cour au printemps, où s’as- des réponses ; elle observe aussi les d’arbres, se séparent. La caméra suit soir comme pour chercher de jolis gestes d’une famille encore réunie Yuki, qui marche, marche, marche… cailloux, avec le regard perdu dans le autour d’une table mais déjà séparée, jusqu’au bout de la forêt. Là où, vide et des idées de fugue enfantine où les adultes se disputent à coup de comme dans un rêve, se trouvent en tête. récriminations, pleurs et portes cla- le Japon et une petite maison où quées. La fillette, silencieuse, assiste d’autres enfants souriants jouent et Francesca Betteni Barnes 44 quel ROTTERDAM sentimento di umana debolezza Conversazione con Astrid Bussnik, Rotterdam 2010

strid Bussink ha al suo una comunità scientifica un tempo sta investigativa del rinvenimento attivo una serie di docu- all’avanguardia e oggi abbandona- dei presunti responsabili. Interve- A mentari, caratterizzati da ta. Nel suo percorso Bussink resta nendo in modo più diretto dentro soggetti inusuali e trattati con un ai margini della modernità e ricer- il racconto, Bussink perde un po’ misto di complicità e humour. In ca in contesti al di fuori del tempo di distanza dalla materia e acqui- The Angelmakers la giovane regi- delle situazioni che abbiamo la sta in tensione emotiva. Anche in sta olandese si era recata in uno forza del mito (Medea nel primo Mijn Enschede – dove pure il filo sperduto villaggio ungherese caso; l’eden perduto nel secon- narrativo è centrale – Bussink la- dove diversi anni addietro si era- do). Il film presentato a Rotterdam vora di montaggio per spezzare il no verificati una serie di misteriosi in apparenza si smarca un po’ dai racconto e lasciare che altre sug- avvelenamenti. La sua indagine precedenti: soprattutto per il tono gestioni entrino a dialogare con il tra arzille vecchiette, forniva l’im- fortemente autobiografico. Mijn tessuto del film. E alla fine ritrova, magine di una comunità dove le Enschede è il ritratto della città anche nella sua Olanda, l’imma- donne avevano trovato un modo dove la regista ha vissuto e dove gine di una comunità non sempre efficace sebbene drastico di libe- è stata testimone e vittima di un a proprio agio con il presente, un rarsi dell’oppressione maschile. terribile incendio. Il tema del fuo- po’ spaesata, fragile e per questo La stessa impressione straniante co (purificatore o distruttore) offre ancora più commovente. era avvalorata dal lavoro succes- però solo lo spunto di partenza; il sivo, The Lost Colony, ritratto di resto del film segue invece la pi- C.C.

Mijn Enschede 45

punto di vista romantica. Insomma, pur parlan- della cronaca do dello stesso fatto, è evidente ma dei ricordi che le persone possano avere delle persone. opinioni completamente diverse. Ed è proprio questa ricerca La pluralità o la non univocità del di come i fatti racconto dà forma al ritratto di sono traman- una comunità. È un aspetto mol- dati ad interes- to forte in quest’ultimo film, dove sarmi. Riguardo sono i protagonisti stessi della co- a The Angel- munità a dare forma al racconto. makers, l’anno È un lavoro che è molto distante scorso io e la mia dall’intervista tipo del documenta- operatrice siamo rio e necessita di una scrittura par- tornate a Nagy- ticolare e anche di un determinato rev, il villaggio uso del montaggio. in Ungheria dove Sì, avete ragione. Quando scrivo il è ambientato il soggetto, so cosa voglio raggiun- documentario. Lì, gere, do molta importanza alla abbiamo incon- fase di scrittura; ma mentre alcuni trato un’anziana registi girano molto, quando par- signora una delle lano con la gente ad esempio, io poche testimoni lascio spazio alle persone, lascio ancora in vita dei che facciano ciò che devono fare fatti raccontati nel e che dicano ciò che mi voglio- Ci sembra di ritrovare documentario. Par- no dire. Poi in fase di montaggio un filo conduttore tra i film che hai lando con lei siamo venuti a cono- metto insieme tutto e costruisco realizzato e che abbiamo avuto scenza della sua versione dei fatti la storia. modo di vedere. The Angelmakers, – solo che poco dopo ci ha con- The Lost Colony e Mijn Enschede fessato di essere cieca all’80% da hanno a che fare con una comuni- quando aveva dieci anni. tà alle prese con qualcosa di mi- In quel momento abbiamo sterioso. È questo un dato di cui sei realizzato che il unico no- consapevole? stro testimone oculare era Nella mia prassi non ci sono re- non vedente! Questo pone gole predeterminate. Senza vo- tutto da una prospettiva lerlo, tutti i film che ho realizzato diversa, infatti lei stessa sono uguali tra loro. Pur lavoran- ammetteva di non ricor- do in ambito documentario, mi darsi tutto alla perfezione, sono sempre confrontata con la ciò che ricordava era la sua presenza di un dato legato al mi- storia. Ma in fondo è sempre stero. Così è stato anche nel cor- così: la storia dipende da chi tometraggio Ruchenlage. In quel la racconta, dai ricordi delle caso il punto di partenza era il ri- persone, e non sempre ripro- tratto di Rudolph Hess, il «Deputy duce fedelmente l’accaduto. Furher» - ossia l’assistente di Hit- ler. Nel film abbiamo rispettato i È l’ambiguità della testimo- suoi diari e costruito la storia par- nianza… tendo dai testi originali, ma anche Certo, anche nel caso del film lì il mistero ha fatto capolino con sulle scimmie, The Lost Colony, un volo in Scozia compiuto nel abbiamo raccolto diverse te- 1941 forse per siglare una pace stimonianze e di conseguenza con gli inglesi. Nel film abbiamo diverse ricostruzioni. Qual- replicato quel volo effettuando cuno può ricordare gli esperi- delle riprese dall’alto: riflettendo menti compiuti nei laboratori su quelle immagini, ho iniziato a come qualcosa di orribile e ri- dirmi che ciò che facevo era un pugnante, coloro che lavorano lavoro di ricostruzione non dal là, invece, ne avevano un’idea The Lost Colony

Quando monti un film, cominci da In questo film quando incontri il quel ragazzo, ma io non sono una una scena o da un’immagine, op- giovane accusato dell’incendio si giornalista, né lavoro per la poli- pure adotti un altro criterio? percepisce la tua tensione, tanto zia, quindi non avevo ragioni va- La maggior parte delle volte mi che ad un certo punto lasci la mdp lide per dargli la caccia: così, una accade di utilizzare le immagini. da parte. C’è un taglio evidente volta di fronte a lui, mi sono sen- Le assemblo in base al mio gu- nella scena, è per rispetto nei suoi tita piuttosto imbarazzata. Met- sto, anche se mi rendo conto che confronti? tere me stessa all’interno della non c’è una vera e propria storia In quella scena ero molto nervo- scena è stata come una sorta di definita. So che altri registi pre- sa: non credo di esserlo mai sta- nemesi! feriscono seguire il filo narrativo; ta così tanto in tutta la mia vita! Nel momento in cui prendi una per me invece si tratta di un pro- Sapevo che si trattava di un ra- mdp in mano, non si tratta più di cesso visivo. Il resto viene dopo. gazzo normale, che non avrebbe realtà – questo per me è un dato Forse anche per questo durante mai fatto alcuna pazzia, ma ciò di fatto. Nei miei film cerco sem- le riprese non sono così interes- nonostante ero molto agitata; pre di bilanciare il realismo con sata a indirizzare gli avvenimenti. in un’altra situazione sarei stata la consapevolezza della ricrea- Spesso sento la pressione dei ca- più sciolta e tranquilla, e avrei zione, così come cerco di met- meraman che mi chiedono cosa avuto la possibilità di osservare tere le persone a proprio agio, mi aspetto da loro, ma per me di più. Invece, essere nel film e per fare in modo che appaiano loro devono solo aspettare che farne parte è stato come vivere più vere possibili. Questa doppia le cose accadano. A volte vorrei un incubo. È stato orribile e non tensione scatena sempre un con- essere io a riprendere. Riconosco lo voglio fare mai più! Credo che flitto in me. che sia importante lavorare con si possa notare il mio fastidio in degli operatori tecnicamente bra- quella scena. In questo caso la difficoltà era vi, ma la cosa importante è capire data dal fatto che si tratta di una la situazione. Il film è sempre già Sì, soprattutto dalla tua espressio- comunità di cui tu stessa fai par- costruito in un certo modo nella ne! In quella scena il personaggio te. È come se avessi un doppio mia testa e funziona benissimo sei tu. Per questo motivo forse hai sguardo ed osservassi la realtà così prima di cominciare a girare; deciso di mantenere l’inquadratu- con strabismo. poi però con il processo di rea- ra su di te. È stato difficile, e meno male è lizzazione mi trovo costretta ad Sì è vero. Non vorresti mai appari- finita! Ma è qualcosa che dovevo esplicitare quanto è chiaro nella re in questo modo proprio nel tuo fare, da dieci anni a questa parte mia testa. Per questo motivo cre- film, ma in questo caso ho pensa- pensavo che avrei dovuto prima do di non essere assolutamente to che fosse giusto. Mi piacevano o poi affrontare questa situazio- portata per la fiction, dove devi queste immagini perché apparivo ne. In un certo senso penso di prendere decisioni ogni minuto, vulnerabile ed era esattamente aver agito bene; avevo incontra- nel documentario invece ti poni così che mi sentivo; quindi volevo to altre persone che, ad esempio, davanti alla realtà. mostrarlo. Ho scelto di inseguire stavano scrivendo una canzone, 47

oppure mettevano in scena uno è come se inserissi Ho la fortuna di lavorare con per- spettacolo sullo stesso evento. delle scene che abban- sone molto valide, dunque il ri- Avrei potuto seguire loro, ma ho donano il filo principale sultato è sempre il frutto di una deciso di proseguire per la mia e danno alcuni spunti, al- concertazione; ma ammetto di strada. Durante le riprese, però, cuni suggerimenti; con questi avere una preferenza per alcune mantenere questo doppio ruo- momenti è come se diminuissi la inquadrature che secondo me lo è stato più difficile: essere la tensione, dando al film un tocco mostrano tanto con poco. Mi ri- regista e vivere in prima perso- umoristico, non nel senso di deri- ferisco a inquadrature su ampie na la situazione, essere diretta sione delle persone, ma è piutto- aree dove si scorgono delle per- da me stessa o da chi reggeva sto autoderisione, perché la vita sone passare; in queste immagi- la mdp... Il mio operatore è mol- in un certo senso è strana... ni ho l’impressione di tracciare il to in gamba ed è anche regista, Sì, è vero, succede. È come se dna di un’area. In generale pren- perciò mi ha aiutata molto. Ha incontrassi sempre le stesse diamo le decisioni insieme con provato più volte a riprendermi, persone nei film. Stavo proprio l’operatore, ma in questo film mi soprattutto nei momenti in cui pensando a The Lost Colony, dove sono dovuta fidare molto di lui. mi vedeva in difficoltà, ma – tran- c’era quel ragazzo intento a cer- Inoltre, questo è il mio primo film ne forse il caso sopracitato - non care le scimmie nella foresta; in in lingua olandese ed è la prima ha mai funzionato. Inoltre debbo Mijn Enschede, c’è quel tipo stra- volta che intervisto io stessa le dire che il film è cambiato mol- no che senza alcun motivo appa- persone; negli altri casi c’era to in corso di rotta. Ho finito per rente intona quell’aria lirica con- un interprete e dunque anche il inserire tanti episodi personali, temporanea. Per me i due perso- modo di girare e la mia presenza ma alla fine il risultato mi sem- naggi sono identici: in un primo sul set era diversa. Questa volta bra stranamente poco legato alla momento pensi che siano matti, ho lavorato molto con le persone, mia biografia: sembra addirittura poi però capisci che agiscono perciò ho avuto meno controllo che io non fossi là al momento così in nome di una loro verità. sulla mdp. Ad esempio in alcune dell’esplosione. In realtà c’ero, In The Angelmakers questo per- scene, come quella quando il ga- eccome! Forse questo è dovuto al sonaggio è forse il ragazzo sulla rage prende fuoco, io ero davve- fatto che nell’ultima revisione del barca. ro dentro l’immagine, preda del montaggio molti accenni perso- panico. Non avevo idea di ciò che nali sono stati eliminati. Un’altra cosa a cui sei interes- l’operatore stava facendo... Ciò che ci ha colpito molto in que- sata è l’aspetto architettonico In effetti quella scena è straordinaria... sto film, così come in The Lost Co- degli edifici. Come lavori con Si, è pazzesco. Anche se alcune lony, è che in fase di montaggio l’operatore? persone credono che sia stato

The Lost Colony 48

fatto un ottimo lavoro di produ- Vorremmo chiederti qualcosa a zione, vi giuro che non l’abbiamo proposito della comunità, perché programmata! Avevamo appena ogni volta scegli un insieme di per- intervistato il pompiere ed era sone molto particolare, ma ciascu- l’ultimo giorno di lavoro per lui… na di esse può anche essere vista E di colpo abbiamo sentito il ru- come un modello universale. Qui more. È molto difficile non dare come hai ricreato e vissuto l’atmo- un significato a tutto ciò. È sem- sfera di questa piccola città? brata quasi una sorta di ripetizio- In realtà non è un paese ma una ne di quel tragico giorno. In un grande città. Ciò che vediamo nel certo senso è stato confortante: film è solo un’area, abitata da una vuol dire che l'incendio può suc- classe di lavoro molto ristretta, cedere ancora senza che muoiano dove la gente conduce una vita persone. regolare, lavora tante ore ogni giorno, va a trovare i parenti la Anche in questo caso, come in The domenica… Si tratta di un’area re- Lost Colony hai usato materiali sidenziale distante dal centro. Io d’archivio. È evidente che non lo ho vissuto in quella zona perché fai per dare informazioni, ma li usi ho studiato arte in un’universi- come fossero una sorta di evoca- tà che si trova in quel quartiere. zione di una situazione. All’epoca avevo scelto quella Il mio rapporto con l’archivio è zona perché le case costavano cambiato. Ricordo che al tempo poco – era un ambiente dove vi- di The Angelmakers, ero molto vevano proletari e artisti e ancora rigida: non mi sarei mai permes- oggi, sebbene la zona sia cambia- sa di «entrare» nel film. In quel ta, si respira molto l’atmosfera di caso la storia riguardava l’evolu- un piccolo paese. L’incendio ha zione delle persone e dunque il avuto un grosso impatto su quel materiale d’archivio entrava solo quartiere proprio per questo mo- alla fine, quando il film era prati- tivo: se fosse accaduto ad Amster- camente concluso. Solo lì mi ero dam, non sarebbe stato lo stesso. permessa di mostrare le immagi- La gente di Amsterdam è più fles- ni delle donne di allora. Adesso sibile, viaggia, va all’estero, è di- sono molto più lucida. In The Lost versa. Invece gli abitanti di quella Colony i dipendenti del labo- zona sono più semplici, molto più ratorio non si arrendevano allo legati al luogo in cui vivono e ciò scorrere del tempo. Cercavano in che è successo è qualcosa che è ogni modo di inventarsi qualcosa al di fuori della loro immagina- per restaurare la gloria dei tempi zione. Queste persone invece passati; era come se ci fossero dei abitavano in quell’area da oltre fantasmi dal passato, che riporta- sessant’anni, avevano trascorso lì vano alla memoria i ricordi delle tutta la loro vita. Si conoscevano persone. Di qui l’uso dell’archi- tutti. L’incendio ha anche avuto vio per dare forma a questo im- la colpa di distruggere quell’ha- maginario. In Mijn Enschede ho bitat, perché la gente che viveva utilizzato materiale d’archivio in là, non è più là. Non si riconosce maniera ancora più libera. Il film più nelle nuove architetture del era già molto complesso e non lo luogo. volevo rendere ancora più diffi- cile, in termini visivi. Volevo sol- È un po’ amara questa situazione. tanto esprimere quel che è acca- Sì, lo è forse perché l’ho vissuta in duto e ciò che mi aveva colpito al prima persona. L’opinione pubbli- tempo. Ecco perché le immagini ca sostiene che l’area è migliora- dell’esplosione sono state mo- ta molto, grazie ai nuovi edifici e strate solo all’inizio e non a metà al nuovo assetto architettonico; film come pensavo in origine. In probabilmente questo è vero, ma questo caso il materiale d’archi- si dimentica il motivo per cui ora vio serve come anticipazione. quella città è diventata così bella: 49

che ventitre persone sono morte è debole, cerca di fare qualcosa e tragicamente. a volte, messa alle strette, compie scelte disperate. Ad esempio in The Hai scelto di filmare questo posto Angelmakers la donna finisce per bellissimo da una certa distanza uccidere il marito. Le persone fanno e in questo modo ne cogli la com- cose che pensiamo non avrebbero posizione d’insieme ma anche evi- mai fatto. È questo sentimento di quattro immagini tratte da The Lost Colony denzi il vuoto che c’è tra un edificio umana debolezza che lega ogni mio e l’altro. film. E la cosa più assurda è che in È proprio così. La gente che abi- fondo si tratta di una paradossale ri- ta quegli spazi è completamente sposta al grande desiderio di felicità nuova ai miei occhi; la classe ope- che anima tutti. raia non abita più lì: le case costano di più e se le possono permettere A cura di Luciano Barisone solo in pochi. Di quell’esperienza e Carlo Chatrian conclusa tragicamente dieci anni Trascrizione Alice Moroni fa, rimane soltanto il ricordo.

Il film parte con un soggetto molto chiaro ed esplicito (l’incendio), alla fine però il risultato è qualcosa di diverso e l’attenzione al sog- getto non è la stessa. Come ti comporti nei confronti della cosid- detta «dittatura» del soggetto? Non appena ho in mente un soggetto o una storia, per me si tratta di qualcosa di diverso rispetto alla storia stessa. Ad esempio in The An- gelmakers sapevo sin dall’inizio che non si sarebbe trat- tato soltanto di un film sugli avvele- namenti; oppure in The Lost Colony sulle scimmie. In questo caso più che all’ince n d i o , ero interessata – come anche nei casi precedenti – da come ci si sente di fronte ad una situa- zione che non puoi gestire. Ciò che mi at- trae è l’essere umano quando si mostra fragile e piccolo di fronte ai casi della vita. La gente 50 BERLINO Il nuovo volto dell’Apartheid Conversazione con Marietta Kesting e Aljoscha Weskott, Berlino 2010

ella provincia del Nord contemporaneità non è nuovo: Jia ogni centro d’attrazione e che nel Ovest, non lontano dal- Zhang Ke vi aveva di dedicato uno contesto storico e sociale sudafri- “N la capitale Pretoria e da dei suoi film più riusciti, The World. cano è esaltato, i filmmaker hanno Johannesburg si estende il territo- Ma la particolarità di Sunny Land è il basato il loro lavoro sulla destruttu- rio di Bophuthatswana, formalmen- modo in cui la città dei divertimenti razione spaziale e temporale delle te indipendente, dove il miliardario viene declinata. Il film è molto ricco immagini. Il progetto di Sun City è Sol Krezner ha creato un’incredibile di materiali ma si rifiuta di ordinarli più eclatante perché si pone in rot- struttura. Si chiama Sun City ed è secondo un principio didascalico o tura con lo spazio e il tempo della una improbabile Las Vegas africana, anche storico. Interviste condotte realtà sudafricana di segregazione con giganteschi casinò, spettacoli oggi agli ignari turisti della città si in cui nasce. Ma la domanda che il di strip-tease, concerti di rockstar mescolano con materiali d’archivio film si pone è ancora un’altra. Ov- internazionali ed entertainers fa- pensati per promuoverla all’atto vero: che ne è di quella città lucci- mosi. E i sudafricani sono arrivati della sua costituzione, riprese ama- cante nata per far dimenticare la a frotte, liberi di fare quello che toriali si mescolano ai frammenti discriminazione razziale vigente pochi chilometri più in là, nel puri- di telegiornali, il tutto senza solu- nei suoi dintorni nel momento in tano Sud Africa bianco, è rigorosa- zione di continuità. L’unico flebile cui l’Apartheid è finito? Parados- mente vietato... “ filo narrativo è dato da una voce salmente la presenza di Sun City è Così viene pubblicizzata la città narrante che dovrebbe esprimere il forse il migliore e più terribile me- dove Aljosha Weskott e Marietta punto di vista di Hans, un operatore moriale all’Apartheid che si possa Kesting hanno deciso di girare il turistico che opera a Sun City e ri- aver concepito. loro primo film. Il tema del parco flette su quanto sperimenta. divertimenti come metafora della Cogliendo qualcosa che è tipico di C.C.

Prima di parlare del linguaggio come se quanto era accaduto nel ne resa indipendente, così originale del vostro film, vor- paese dovesse essere taciuto o pochi altri paesi, eccetto remmo chiedervi da dove è nata rimosso. A noi sembra che non ci il Sud Africa, la riconobbe- l’idea del documentario. sia la volontà di attuare una rea- ro come tale. La percezione A.W. – Per me il punto di parten- le riflessione sulla situazione e di Sun City come paese «stranie- za è stata una registrazione di I sulla cultura dell’Apartheid. Sun ro» dava ai visitatori provenienti Ain’t Gonna Play Sun City, che ri- City ha rappresentato qualcosa di da Johannesburg la sensazione sale a circa sei o sette anni fa. In molto significativo nella storia di di essere realmente in un posto particolare rimasi impressionato questo paese; è l’icona di un’epo- internazionale. Bisogna ricorda- dal video degli «Artists United ca «di mezzo». Sun City è sorta re che il sistema delle «home- Against Apartheid» mentre canta- a Bophuthatswana, considerata land» o «bantustans», nato nel vano questa canzone di protesta, una sorta di terra straniera all’in- che coinvolgeva molte persone. terno del Sud Africa; d’altra parte Riflettendo sopra il significato quasta Las Vegas creata dal nulla della canzone, mi sono detto: “Sa- divenne il simbolo della cultura rebbe importante recuperare il ri- dell’Apartheid. cordo dell’evento e al contempo M.K. – Con Sunny Land abbiamo indagare sul significato di questa anche cercato di tratteggia- canzone pop oggi”. Mi spiego: ciò re le linee di fondo della ci interessava era il modo in cui il società durante e dopo Sud Africa, dopo il 1994, cercava l’Apartheid. Sia dal punto di affrontare il suo passato. Azioni di vista dell’architettura come l’istituzione della «Commis- della città, sia dal punto di sione di Verità e Riconciliazione» vista del tessuto sociale e del Sud Africa sono importanti delle istituzioni. Quando nel ma censurate dalla televisione 1977 Bophuthatswana ven- 51

1958, era un elemento discri- to le scene a Sun City, avevate già MK: Oggi Sun City trova posto in minatorio chiave del progetto un’idea di cosa riprendere? una lunga lista di mondi patina- della «grande Apartheid». Si trat- AW: Era molto importante met- ti, con hotel lussuosi dove tutto tava di riunire i neri in queste ter- tere a confronto le immagini del sembra meraviglioso e assoluta- re, dotate di servizi, strutture e in- passato con quelle del presente. mente normale. L’uso delle im- frastrutture autonomi (ma di qua- Il materiale d’archivio costituiva magini d’archivio serve a mette- lità largamente inferiore al resto senz’altro un punto di partenza re in risalto in contrasto, quindi dello stato). Il passo successivo visivo, anche se a volte ciò non a volte l’archivio è intervenuto a era renderle indipendenti, vere e è stato possibile. Ecco perché posteriori. È stato un lavoro «in proprie terre straniere per i suda- questo lavoro di composizione progress», un continuo andirivie- fricani (bianchi). Bophuthatswana delle immagini è stato per lo più ni dalla realtà filmata agli archivi. è stata una delle ultime «home- ispirato da un’idea che viene dai La combinazione degli elementi è land» a resistere all’integrazione «kitsch tableaux», quelle imma- avvenuta in fase di montaggio ed del Sud Africa, di cui divenne par- gini esotiche di posti artificiali è durata a lungo. Credo, ad esem- te solo nel 1994. come Sun City. Immagini in cui pio che la spiaggia artificiale di cartelloni pubblicitari, chaise Sun City sia decisamente venuta Il film è composto in parte longues, palme, tavoli da biliardo fuori dopo e lo stesso vale per il dalle immagini che avete convivono come se nulla fosse. Il centro di divertimenti. girato voi stessi, ma kitsch è l’elisir che ci fa sognare, A.W. – La ricerca del materiale anche da immagini quel surrogato di realtà che po- è avvenuta sulla base di quanto di archivio. Qual sti come Sun City esprimono alla potesse essere rappresentativa è la percentua- perfezione. Sono immagini che Sun City nel contesto sudafrica- le? sospendono ogni forma di reali- no. Noi sappiamo che la società AW: 50% e 50% smo. Su questo concetto, molto sudafricana era molto puritana: direi. importante, abbiamo lavorato a condannava e spesso proibiva il Quando avete gira- lungo. gioco d’azzardo, la pornografia, 52

certi film e tutto ciò che non era dei ricordi. Le stesse immagini sto personaggio non si vede mai. conforme all’Apartheid; in que- d’archivio vista la precarietà dei Inoltre la narrazione del film è in- sto sistema qual’era la funzione supporti tendono a dissolversi, tenzionalmente frammentaria. Si di Sun City, la città dei diverti- a scomparire. C’è una critica di sentono molte voci e posizioni di- menti? Quanto potevano circo- Sun City molto evidente. Chi può verse che formano un’eco tra pas- lare quelle immagini di libertà e vuole riportare alla memoria sato e presente, voci che vagano ma anche di evocazione di cose delle vecchie immagini lega- per il complesso di Sun City. Hans proibite in quegli anni? Voleva- te all’epoca dell’Apartheid? La è una voce tra le molte, anche se mo concentrarci, insomma, su gente non avrebbe compreso il la sua è predominante. Le sue os- come Sun City fosse rappresen- motivo per cui offrire una simile servazioni e impressioni sono in- tata nei cinegiornali, ma anche immagine di quel luogo, dato che time e analitiche, e al contempo nella televisione sudafricana? nessuno andrebbe mai là. confuse. È interessato al posto, Ci piaceva infine confrontare AW: Inoltre volevamo dare alla ma allo stesso tempo sa che non l’immagine interna con quella gente la possibilità di pensare al lo può capire fino in fondo. Al di invece rivolta all’esterno, in Eu- nostro «rispecchiarci» nelle im- là di quanto sa per il suo lavoro, al ropa ad esempio, magini, dare loro uno spunto di di là delle informazioni sulla cit- riflessione. Forse alcune perso- tà dei divertimenti, non conosce Sunny Land non è un vero e pro- ne potrebbero obiettare e chie- la storia del luogo, né la cultura prio documentario, ma piuttosto dersi perchè non ricostruire più africana. un film-essay. Avevate questa idea immagini relative all’Apartheid? sin dall’inizio? Non sarebbe stato poi così peri- Anche nelle parti più realistiche A.W. – In realtà l’idea è cambiata. coloso, ma le nostre intenzioni d’intervista, riuscite a produrre un Durante la realizzazione abbiamo erano altre. tipo di immagini che si staccano capito che non volevamo trasfor- da quelle offerte abitualmente dal mare gli innumerevoli materiali Vedendo il film abbiamo avuto an- documentario. C’è, ad esempio, il e i risultati della nostra ricerca che un’altra sensazione, ossia di giovane ragazzo africano che rea- nell’ordine schematico proprio vedere a tratti un documentario di gisce ogni volta nello stesso modo. dei documentari storici. Voleva- fantascienza, come afferma Wer- La sua reazione unita al montag- mo dare una forma aperta e «sag- ner Herzog a proposito di un suo gio crea un effetto straniante: è gistica», più radicale e non me- film. Nel suo caso The( Wild Blue come se egli non fosse qui, come lodrammatica. Tra l’altro si trat- Yonder) il fantastico è legato alle se fosse un’immagine di altre per- tava di una produzione a basso immagini; in Sunny Land dipende sone… budget e dunque certe soluzioni invece dal processo di montaggio. M.K. – Quel ragazzo a cui fai riferi- ci erano precluse fin dall’inizio. È difficile per lo spettatore guarda- mento era sempre sul modo del- Nel film, i fatti storici riguardan- re le immagini, saperle collocare la recitazione. Avevamo bisogno ti lo status speciale di Sun City nel tempo e comprendere se siano di persone così, che rompessero e la struttura di quel posto non frutto delle vostre riprese o dell’ar- con i canoni del documentario, sono narrati in maniera lineare, chivio, reali o ricostruite. E poi c’è proprio perché per parlare di Sun con le classiche interviste; i fatti l’uso delle voci che sembrano veni- City un documentario tradiziona- sono messi in scena come una le- re da un altro spazio. Sono voci di le non andrebbe bene. zione di storia, ambientata sulla fantasmi… spiaggia artificiale di Sun City. La A.W. – La convivenza di immagini C’è un momento del film che è ri- sceneggiatura è stata riscritta più relative al passato e al presente è masto impresso nella nostra men- volte, in parte arricchita anche un punto su cui abbiamo discus- te. Si tratta della scena in cui un avvalendosi delle esperienze dei so a lungo. Volevamo che fosse- ragazzo orientale sta filmando turisti che scrivono di Sun City su ro immagini «senza tempo», che qualcosa: lui gira ma lo spettatore internet. non ci fosse distinzione tra ciò non vede niente. È molto curioso, M.K. – Per schematizzare un pro- che abbiamo girato ora e ciò che perché scegliete di filmare l’atto cesso lungo e articolato, pos- appartiene al passato. Per quan- della ripresa e non l’oggetto ripre- siamo dire che siamo partiti da to riguarda invece il discorso sul so. È un momento che potrebbe una sceneggiatura di finzione, fantasma, devo ammettere di essere una scena di un film di fin- per passare poi all’idea di un non aver pensato molto a questo zione. Allo stesso modo il discorso documentario di ricerca fino ad aspetto, ho seguito semplicemen- di questa giovane Miss, che voi arrivare al risultato di una ope- te il racconto di un personaggio mostrate spesso, è qualcosa che ra artistico-sperimentale. Alla fittizio che è interno al sistema sembra essere fuori dal tempo. fine, nonostante il lunghissimo turistico su cui Sun City si basa. M.K. – In quel caso abbiamo de- lavoro di ricerca, siamo arrivati a M.K. – Io riesco a sentire il fanta- ciso di mettere in scena qualcosa comunicare l’idea della fragilità sma nell’assenza; in fondo que- che è proprio di Sun City, ovvero 53

l’incomunicabilità. I dialoghi tra va a depotenziare l’effetto reali- Il film si avvale anche di scritte che le persone nel film spesso por- stico insito nell’archivio. ritmano il film. Le avete usate in tano ad uno stato di sospensio- questa direzione? ne: non vanno da nessuna da Il proposito della canzone su Sun A.W. – Ad essere sincero all’inizio parte. Ovviamente questo è City che ascoltiamo alla fine è po- abbiamo avuto dei grossi proble- un procedimento voluto e litico. Oggi, invece, pensare a Sun mi nel trovare il giusto ritmo al costruito al montaggio, ma City, produce una sorta di malin- film. Forse era dovuto anche alla riproduce qualcosa di realistico. conica sensazione di decadenza, mancanza di distanza dal sogget- Il fatto che spesso a Sun City gli come se l’Apartheid non fosse più to, forse alla sua complessità. Le incontri sono surreali: le persone un problema politico, ma qualco- scritte ci sono venute in aiuto in parlano ma non comunicano; e sa ormai introiettato nella società. questo senso; a volte, servono alla fine rimangono lì, si guardano Oggi forse non è più una questione quasi a formare dei capitoli, ma in giro e capiscono che qualcosa di bianchi o neri, ma di reddito e di non sempre. non ha funzionato… classi sociali. E forse in tutto que- sto il turismo è una nuova forma di Riguardo al montaggio, avete la- A volte decidete di usare lo split- Apartheid. vorato sul visivo e poi sul sono- screen - o meglio, si tratta piutto- M.K. – Come avete ben sottoline- ro? In alcune parti ci sembra che sto di un doppio schermo – da dove ato, il film non ricostruisce sem- abbiate usato la voce prima. nasce questa soluzione? Forse per plicemente la storia di Sun City, A.W. – Abbiamo cominciato a riprodurre un’idea di serialità? ma intende allargare lo sguardo. lavorare tradizionalmente sul- A.W. – In realtà la scelta è nata per L’idea è di creare dei ponti dal le immagini; le voci sono state replicare lo schermo televisivo. Sud Africa al resto del mondo, aggiunte dopo. I testi di Hans ad C’è dunque un insieme di cose, dall’epoca dall’Apartheid ai gior- esempio sono stati scritti dopo estetiche e progettuali, che vi ni nostri. le riprese. Ma quando abbiamo confluiscono. Non se avete nota- AW: Inizialmente volevamo ritrar- lavorato con il nostro tecnico to ma le immagini presentate sul re Sun City come una raccolta di del suono, Simon Olivier, a volte doppio schermo – e, a volte, su ricordi, ciò che rimane alla fine è è stato inevitabile rifare il mon- uno solo – sono lavorate elettro- invece la consapevolezza di non taggio delle immagini. nicamente. Si tratta di immagini essere più in grado di circoscrive- d’archivio che riprendono l’era re e dunque di comprendere Sun post-apartheid, a volte sono colo- City, perché l’estetica che le sog- A cura di Luciano Barisone rate di rosso a volte di blu... Anche giace si è ormai diffusa ovunque e Carlo Chatrian in questo caso la soluzione servi- nel mondo. Trascrizione di Alice Moroni 54 Deux univers MONS opposés qui se rencontrent Conversation avec Laurent Perreau, Mons 2010

résenté en compétition de son existence : devenu misan- deux personnages, démontrant au Festival de Locarno thrope et encore hanté par son une mise en scène et une pho- P et ayant valu à Pauline passé, il a recueilli cette jeune tographie très élégante et méti- Etienne le Prix d’interprétation fille dans sa grande maison vide. culeuse. Contraste même dans féminine au Festival des jeunes Ils évitent de se rencontrer et se le jeu de rôle : forte présence et réalisateurs de Saint-Jean-de- repoussent par des mots durs, puissance de Michel Piccoli, grand Luz, Le Bel âge, initialement inti- mais ils se cherchent et s’épient acteur qui appartient à l’histoire tulé L’Insurgée, est à nouveau pro- dans leur absence ou leur som- du cinéma, contre la fraîcheur sin- jeté au 29ème Festival Interna- meil durant. Pendant tout le film, cère et neuve de Pauline Etienne. tional du Film d’Amour de Mons. ces deux guetteurs se regardent Deux personnages opposés qui L’amour n’est presque jamais le et s’écoutent. Chaque objet et enfin, grâce à la confession d’un thème fondamental qui ressort chaque bruit sont des indices secret trop longtemps renfermé en toute puissance de ces films pour se surveiller et pour se tenir dans l’âme, comprennent de vivre en concours, mais il se révèle peu à l’écart l’un de l’autre. Dans ce le présent, moment précis et par- à peu, sous une forme secrète premier long métrage de Laurent tagé, et de ne plus se focaliser sur et profonde qui, ici, englobe les Perreau, deux êtres opposés sont le passé et sur le futur. Ils appren- histoires de deux générations. mis en scène avec leur solitude et nent à se regarder et à se livrer Claire, une jeune fille de dix-sept leur incapacité d’aimer, caracté- des sentiments qu’ils éprouvent ans, pratique la natation pour en ristiques qui les rapprochent un et cachent afin d’arriver à une devenir une championne et laisse tout petit peu. Distance bien évi- rencontre qui réunit les deux his- son temps libre au désir des pre- dente même du point de vue vi- toires en une seule. Blessures in- mières rencontres amoureuses. suel et auditif : les territoires, les térieures des êtres d’une famille Au contraire, son grand-père Mau- plans, les couleurs, les musiques qui vont se cicatriser pour se lais- rice, autoritaire, est au crépuscule sont différents par rapport aux ser vivre de façon spontanée. C’est un film qui se construit sur- regard, sur les gestes des person- le caractère du personnage du tout par les images et les sugges- nages, sur le décor et sur tous ces grand-père, un peu identifié à tions. Il n’y a pas beaucoup de dia- aspects qui ont pu donner une l’ogre des contes. logues. forte composition au cadre et une Je voulais faire un film par psychologie bien évidente aux Pouvez-vous m’expliquer com- touches suggestives, par nuances personnages. Tout se base sur ment avez-vous composé le per- et demi-teintes sans la néces- l’image et sur le son, sur la ma- sonnage de Michel Piccoli ? Il a une sité de faire beaucoup parler les tière sensorielle. force incroyable ! personnages. Pour moi, c’était Quand j’avais commencé à écrire suffisant d’exprimer l’essentiel. En effet, il y a beaucoup d’informa- le scénario, plutôt que de relier Le silence entoure cet univers tions du point de vue de l’environ- les deux personnages et les faire et c’est à nous de construire des nement et du milieu qui entourent se rencontrer, j’ai essayé d’écrire dialogues. Dire les choses, c’est les personnages (la maison, la pis- deux histoires pour en extraire comme les cacher, les abîmer. Je cine, la guerre) par rapport à ce qui deux ou trois films. Au départ, on pense que le spectateur est ca- est raconté dans l’histoire. avait l’impression d’en tirer trois pable de faire son propre chemin, Ce sont les lieux qui racontent ce courts métrages. Cette idée me de comprendre ce qui manque. qui n’est pas exprimé par les dia- semblait un peu figée et j’ai donc La langue dans le cinéma est se- logues. Ce sont de vrais person- continué à travailler à un seul condaire quand il y a d’autres élé- nages vivants. La maison, grande projet avec ces deux trajectoires ments qui peuvent faire ressortir demeure vide, décrépie et laby- séparées et ces deux mondes. l’histoire et les sentiments. J’ai rinthique qui fait paraître tout de Le personnage de Piccoli est un focalisé l’attention sur les petits suite du mystère, de la mélanco- homme qui est en train d’arriver mouvements imperceptibles du lie et de la solitude, nous montre à la fin de sa vie, qui a traversé 56

le 20ème siècle et qui a été Est-ce que Piccoli, étant un acteur A propos de communication il confronté à la Grande Histoire, la aussi connu, et même un réalisa- y a aussi l’idée de la vidéosur- Seconde Guerre Mondiale. C’est teur, vous a imposé ou donné des veillance. un homme qui a quatre-vingt idées pour la réalisation du film ? Ça m’intéressait de mettre la vi- cinq ans, il a été confronté à un En effet il a été pour 240 fois ac- déosurveillance dans la salle de pays occupé, à la guerre, au na- teur et trois fois réalisateur, donc jeu où Thomas travaille. C’est le zisme et il a donc dû s’engager je pensais que ça pouvait arriver. seul lieu dans lequel les regards pour défendre et sauver sa liber- Il y a beaucoup de comédiens qui peuvent se croiser et d’où on té. S’engager de manière collec- s’imposent, mais Piccoli a été très peut observer les rencontres des tive par rapport à la génération respectueux de mon travail et de sentiments et des affections. de Claire, qui trace une trajec- mon regard. Il a eu une grande toire plus individualiste et qui Le contraste dans l’histoire des se bat avant tout pour sa propre deux personnages s’exprime par émancipation. Ce n’est pas pour leur âge différent et par leur comparer le début du 21ème refus de communication mais siècle et les années quarante. cette opposition est aussi bien C’est simplement pour mettre redoublée dans la composition en parallèle ce que l’homme a formelle. Vous avez choisi d’em- traversé quand il avait vingt ans ployer deux mises en scène diffé- et ce qu’elle vit aujourd’hui à rentes pour les deux comédiens. vingt ans. Je ne veux pas m’at- Oui, j’ai voulu bien distinguer taquer à la guerre directement ces deux mondes par l’image, et de manière frontale. La Résis- ces deux trajectoires qui s’en- tance est un sujet trop lourd, je trelacent pour se confronter. la laisse de côté, mais je voulais J’ai même employé deux pelli- voir ce qu’une guerre avait pu cules différentes : pour le per- laisser comme trace silencieuse. humilité. Il a seu- lement sonnage de Maurice j’ai choisi C’est un homme qui a perdu sa lu le scénario et il a de désaturer les couleurs, en ti- jeunesse à cause de la guerre et accepté sans rien dire. Il ne s’est rant vers le noir et blanc surtout qui en reste marqué à vie. Dé- jamais impliqué et ça n’est pas dans les extérieurs et en don- voiler le secret d’une histoire même arrivé envers le jeu de Pau- nant une dimension automnale amoureuse qui a été brisée, c’est line. C’était mon premier film et et romanesque. Les plans fixes, pour mieux faire comprendre la le premier jour de tournage avec les décors feutrés et la lumière difficulté de ses sentiments. Il Piccoli j’avais de l’appréhension, chaude donnent une sensation se sent responsable envers cette mais après j’ai oublié que c’était de dimension statique et de mé- femme aimée. C’est généreux de lui. Il était un comédien comme lancolie où les souvenirs et les la part du personnage de Piccoli les autres. remords du passé ne s’effacent de révéler cette histoire. C’est pas. Au contraire, pour Claire pour faire comprendre à Claire Le sujet de la natation est fort in- on a des images plus colorées, de ne pas commettre les erreurs téressant et développé d’une façon plus denses et contemporaines. qui furent les siennes. très réaliste. Le bleu est une tonalité qui J’ai beaucoup suivi la natation. enroule ce personnage d’une La présence de l’Histoire est en ef- Les nageurs travaillent beaucoup. force mystérieuse, ça renvoie à fet très forte, aussi par le biais des J’ai compris qu’avec tout leur la natation, mais ce sont même lieux… athlétisme ils cherchent dans un les décors pleinement réels, Un milieu qui nous rend vive la silence oppressant à dessiner la lumière crue et la caméra à mémoire de la Résistance est le une ligne, la plus droite possible. l’épaule qui dessinent cet uni- plateau du Vercors. Une terre qui C’est ça qui m’intéressait pour le vers d’une incertitude quoti- a été ruinée en quarante-quatre personnage de Claire. L’ambiance dienne. Au niveau des musiques par les Allemands. Je ne voulais de la natation devait donc être au aussi il y a de fortes différences : rien dire à propos de cet événe- cœur de son personnage ; Pauline la musique orchestrale et clas- ment. Je préférais faire voir ce a donc dû s’entraîner de manière sique, qui suit le parcours de lieu en silence. C’était seulement intensive, même si elle ne savait Piccoli, donne un rythme plus pour accrocher le personnage de pas beaucoup nager. Pauline et calme et cadencé par rapport à Maurice qui a été un combattant Eric ont appris des signes et des une bande originale plus pop au service de la guerre à cette gestes très particuliers pour être pour la jeune fille. période. plongés directement dans cet univers sportif. Par Alexine Dayné il cannes 57 paesaggio contemporaneo dei sentimenti Conversazione con David Verbeek, Cannes 2010

a vita reale, tra i rumori e i Verbeek, studi di cinema, fotografia che lavora in un chiosco di «betel» silenzi di Taipei e della cam- e filosofia a New York e quindi ad e lo aiuta con i suoi massaggi a su- L pagna appena fuori dalla Amsterdam. Attratto dall’Asia, dove perare i dolori a un braccio che a città. L’universo dei videogiochi ha girato diversi lavori, Verbeek un certo punto gli impediscono di nella loro dimensione di tornei con R U There riflette il «paesaggio allenarsi e giocare. professionistici internazionali, che contemporaneo dei sentimenti» R U There è un film che esplora co- spesso proprio in Asia hanno luo- (in questo modo il regista definisce stantemente l’impossibilità a supe- go. Il mondo virtuale di 2nd life, il suo film), la solitudine, le emozio- rare, fino in fondo, le distanze. Una dove costruirsi identità parallele ni bloccate, gli sguardi e i desideri storia dove i corpi si sfiorano e si e relazioni altrimenti difficili da che non si sciolgono liberandosi toccano, sempre in gesti trattenuti. sostenere. Su questi tre livelli, ini- nel contatto. Protagonisti di que- Una favola che evita i moralismi, zialmente separati e poi sempre sta esperienza che, se troverà una fa esplodere i rumori e si distende più intrecciati, dentro i loro spazi, si sua compiutezza, sarà solo nella nei silenzi, che si concentra sul per- muove R U There che, fin dal titolo virtualità di 2nd life, sono il gioca- corso di una conoscenza reciproca (contrazione di «Are You There»), tore professionista olandese, Jitze, mantenendo un prezioso equili- mantiene il riferimento alla comu- in viaggio ovunque nel mondo per brio e, nell’affidarsi a un progres- nicazione sintetica, al linguaggio partecipare a tornei, leader della sivo sconfinamento dal realismo, usato con i nuovi media. Lo firma il sua squadra, e Min Min, ragazza non incappa mai nella trappola trentenne regista olandese David taiwanese silenziosa e misteriosa, delle convenzioni. 58

R U There è un film che si sviluppa l’esperienza virtuale ci riguarda ed - è l’inizio della ribellione del suo su tre livelli: quello della realtà, dei è quindi una parte della vita. È una corpo contro di lui. La vita si sta videogame e di 2nd life. A tale pro- riflessione allarmante, anche spa- ritorcendo contro la sua mente. posito è rilevante che il film inizi ventosa. Per queste ragioni vedo R Perciò è una sorta d’istinto di so- con immagini a tutto schermo di U There come un thriller filosofico. pravvivenza della mente. un videogame e si concluda dentro il mondo di 2nd life. Lei pensa che Jitze sceglie di essere un soldato I frammenti inseriti nel film della si manifesti un processo verso una su 2nd life. Crede non sia capace vita reale, d’ogni giorno, di Tai- più profonda interattività nella re- di essere qualcosa di differente pei sono molto importanti al fine lazione tra i personaggi e la realtà dalla sua identità di giocatore, in di capire meglio gli altri livelli. È virtuale? adrenalinici videogame di guerra, d’accordo? Per me era importante mostra- neppure in un’altra realtà? Questo film è tanto un esercizio re che la virtualità è una lama a Egli è nuovo, vergine, in relazione filosofico quanto un “film” nel doppio taglio. Da un lato crea la a 2nd life. E sì, penso che la sua suo senso più tradizionale. Le os- possibilità, per le persone che non scelta di essere soldato sia deter- servazioni di Taipei in alcuni casi sarebbero capaci di condividere minata dal fatto che non possiede sono quasi documentarie, non qualcosa nella vita reale, di trova- un’altra identità, non sa pensare a narrative. R U There è anche una re una superficie comune nella un altro volto, del tutto legato al riflessione a proposito di cosa è loro esistenza virtuale; dall’altro suo ruolo quotidiano. Jitze non è la realtà dietro l’illusione del film. lato accresce il nostro isolamen- un personaggio interessante. Ma Esistono molti strati di inganno to. Al termine della giornata stia- ciò che gli accade, sì. Vale a dire sullo schermo che stai guardan- mo seduti davanti allo schermo, la progressiva fusione di universi do. Le immagini di Taipei sono da soli. differenti, in modo più organico. estremamente reali dal momen- Così, l’ultima inquadratura, in cui to che esse sono pura osserva- Dal nostro punto di vista, 2nd life Jitze scende dall’aereo in volo, è zione dell’esistenza in un certo prevale poiché l’ultima scena mo- il simbolo supremo della fusione posto e in un certo tempo. stra il livello virtuale come il solo di due mondi. posto dove la relazione tra i due In questi frammenti la perce- personaggi è possibile. Il dolore fisico è molto importante zione dei rumori della città è Il film non è una storia d’amore. in un film dove la fisicità non esi- tridimensionale. Essi sono Sembra esserlo per un certo perio- ste veramente. Il dolore al braccio diversi da quelli piatti, do, ma alla fine non lo è. Quel che di Jitze è l’espressione del dubbio tipici della realtà virtua- prevale nel finale è la libertà. Jit- che cresce dentro di lui? le. Improvvisamente, ze si è lasciato alle spalle il mon- Jitze sta vivendo una vita non abbiamo la sensa- do dei videogame. Un mondo sul naturale. Non perché stia nella zione che il mon- quale egli aveva il controllo. Ora, virtualità tutto il tempo, ma per- do reale circondi i Jitze è pronto per un mondo che ché si è escluso dalla libertà della personaggi, mentre non controlla: può trattarsi della vita. Il dolore al braccio - che ac- la realtà virtuale è sua vita reale o di 2nd life. Ma quel cusa dopo avere assistito passiva- semplicemente di che è importante è che ora egli è mente a un tremendo incidente fronte a loro. Che aperto, disponibile alla vita. Dob- stradale, incapace di portare an- ne pensa? biamo accettare un futuro dove che la più elementare assistenza Sì, i sensi 59

nella vita reale non possono es- giudicare, la prima generazione persone di fuggire dalla società. sere contraffatti in alcun modo da mondiale di persone cresciute In quei luoghi, le persone pos- nessun mezzo di comunicazione. vivendo la loro vita in gran parte siedono una logica più astratta Ecco perché abbiamo cercato di in un universo virtuale. Mi sono riguardo alla vita, che sembra renderli più intensi possibile. chiesto: cosa significa questo ge- meno chiara e strutturata. In nere di contatti virtuali per gli in- un paese come l’Olanda, siamo Pensiamo che la scena in cui Min dividui, e qual è il loro avvenire? estremamente individualistici, Min dice a Jitze che non gli è per- Si tratta di un soggetto complesso molto più che in qualsiasi po- messo entrare nel negozio di che non è stato affrontato nello sto in Asia, ma, dall’altro lato, le «betel» dove lei lavora sia signi- specifico dal cinema, che invece nostre menti lavorano tenendo ficativa. Mostra l’importanza di è il mezzo d’espressione ideale presente un insieme di concetti mantenere sempre le distanze fra per esplorare diversi tipi di real- molto chiari. Siamo liberi eppure i personaggi. tà. Tornando alla vostra domanda, sorprendentemente sobri. L’idea È una scena fantastica, perché durante la fase di montaggio io e di vivere in un sogno si manifesta funziona bene in vari modi. In- il montatore Sander Vos abbiamo in diversi modi a Taiwan. Un sim- nanzitutto, in essa c’è un livel- trascorso molto tempo su 2nd bolo potente è quello del feno- lo drammatico, la delusione di life per esplorare i diversi mon- meno delle «betelnut girls». Nel Jitze che rispetto a Min Min non di e per costruire i nostri propri mio film vedete un normale nego- può separare la sua emozione avatar. In questo modo, abbiamo zio di «betel». Avrei anche potuto in 2nd life dalla vita reale. In anche ingaggiato qualcuno per usare quel tipo di negozi dove le secondo luogo, quella scena aiutarci a concepire la scenogra- ragazze hanno orecchie da coni- esprime un brutale confronto fia delle sequenze ambientate glio e indossano abiti tigrati o te- su come la realtà sia complicata in quell’universo parallelo, come nute Manga con dei pantaloncini relativamente al comportamen- per esempio l’avatar di Min Min. molto corti, ma in un certo senso to umano. Infine, la scena ren- In Asia, la grafica creata per 2nd quel tipo di ambienti si sarebbe de visibile la tensione fra life è molto più sofisticata rispet- avvicinato troppo alla scenografia lo spazio privato, dove i to a quella occidentale e la colla- di un film stereotipato. Un model- personaggi cercano di borazione con una persona di Tai- lo standard di chiosco di «betel» rifugiarsi, e il rumore pei, il cui avatar aveva degli abiti per me era già abbastanza simile diffuso della società. Ed superbi e una grande agilità nei al sogno. Sebbene io abbia indivi- è una scena dove gli at- movimenti, ci ha enormemente duato e trovato a Taiwan gli ele- tori sono perfetti. aiutati. menti di cui avevo bisogno, visto che le città molto frenetiche con- Come ha lavora- Non è la prima volta che lei rea- finano con la campagna e la natu- to alle scene am- lizza film in oriente. Perché è così ra, il mio film non cerca per niente bientate su 2nd interessato all’Asia? di sciogliere gli intrecci di una so- life? Esiste l’idea che la vita in Asia sia cietà complessa come quella tai- Premetto che imperniata più in direzione del wanese. Tratta di qualcosa di gran l’intenzione di mondo dei sogni e della fantasia lunga più esistenziale. R U There era rispetto a quella in Occidente. di descrivere, Quando mi trovo a Taiwan per- A cura di Giuseppe Gariazzo senza voler cepisco il bisogno da parte delle e Grazia Paganelli 60 Immagini cannes come presenze Conversazione con Michelangelo Frammartino, Cannes 2010

opo oltre sette anni di lavo- risulta un’opera più matura e com- presenza magnetica. Frammarti- razione, è venuto alla luce plessa, che bilancia i toni e varia i no rivendica l’idea dell’immagine D uno dei progetti più ori- tempi del racconto. Pur realizzan- come qualcosa che deve essere ginali concepiti in Italia in questi do un film senza parole (quelle po- pensata in modo autonomo ri- ultimi anni. Salutato come even- che sono pronunciate in dialetto spetto alla cosa filmata. “Al pari to dalla critica internazionale al calabrese) e con pochissimi attori del grande regista Harun Farocki, festival di Cannes e bene accolto (un anziano non professionista, io considero le immagini come dai giornalisti italiani in occasione un bimbo, un cane, una capra, de- delle presenze. Come un regno della concomitante uscita nelle gli alberi…), Frammartino non si da accostare a quello animale, sale, Le quattro volte è un’ope- preclude la possibilità di parlare vegetale, minerale”. La visione ra unica per concezione, stile e ad un vasto pubblico, avvalendo- di questo film, senza personag- sguardo messo in campo. Il titolo si spesso di uno humour che na- gi e senza soggetto, conferma fa riferimento alla teoria pitagori- sce da una visione leggermente l’affermazione: come accadeva ca della trasmigrazione delle ani- distaccata degli accadimenti. A nel cinema delle origini e, come me; in realtà il secondo lavoro di questa fa da contraltare la poesia sempre più di rado accade, sono i Frammartino non ha nulla dello dei colori e dei suoni della Cala- nostri sensi ad essere interpellati. spirito new age, ma resta bene an- bria – terra ricchissima di tradizio- Film originale e coinvolgente, Le corato ad una terra (la Calabria) ed ne e di storia di cui film tesse un quattro volte chiede un ripensa- ad una concezione del cinema che naturale elogio. Ma è soprattutto mento dell’arte cinematografica, molto deve a Bresson. Rispetto al la concezione dell’immagine a della sua funzione e del suo lin- suo film d’esordio Il dono (distri- colpire. Un’immagine libera dalle guaggio. buito e apprezzato in Francia mol- costrizioni mediatiche che si of- to più che da noi), Le quattro volte fre allo spettatore in tutta la sua C.C. 61

Il dono e Le quattro volte sono so una struttura simile a quella sembra venire meno. film che lavorano su dei corpi, di Il Dono, mi riferisco alla vi- In Le quattro volte volevo filma- dei territori, degli spazi che ti cenda del vecchio; poi, da un re delle cose, ma non erano que- sono familiari. Nonostante que- certo punto in poi, già durante sti elementi al centro del mio sto, non sono strettamente legati il primo episodio si va in un’al- sguardo. Quando vedo un film, ad un’illustrazione del territorio, tra direzione. A livello visivo, in ho sempre la sensazione che ma trattano di storie universali. questo progetto che non pensa- sulla pellicola si fissi qualcosa Ci sembra che questo tipo di la- vo occupasse tanti anni di lavo- che va al di là del soggetto ri- voro faccia parte di una strategia ro, a me interessava fare esplo- preso, come se l’immagine fosse precisa; te lo chiediamo perché dere l’immagine. uno strumento che dà accesso dopo Il dono una volta dicesti di all’invisibile. Filmo una bestia, avere un progetto sui non-luo- In che senso? ma non è una bestia. Filmo un ghi. Quindi c’è stato un cambio La sera che abbiamo presentato uomo, ma non è un uomo. Filmo radicale rispetto a quel progetto. il film c’era Kiarostami in sala. Mi un albero, ma non è un albero. Dopo la realizzazione di ha fatto molto piacere, perché Nel film quest’idea si combina Il dono sono stato parec- nei miei film c’è una cosa che con quella del testimone che chio in Calabria. Ritrovan- spero di avere imparato proprio passa di corpo in corpo. E pre- domi lì e incontrando delle da lui. Mi riferisco al suo lavoro sto si capisce che il corpo è solo persone, questo progetto ha teso a fare scomparire la diffe- un rivestimento e ciò che cerco iniziato a rubare spazio all’al- renza fra campo e fuoricampo. di filmare è qualcosa che sta tro. Anche se spesso non riesco Di film in film, tornando a fil- dentro il corpo. Mi incuriosiva a capire dove mi stiano portan- do, i luoghi mi influenzano e mi ossessionano. E poi mi servono per produrre uno specifico lavo- ro sulle immagini. In termini fil- mici, come avete visto, tendo a ripetere una stessa inquadratu- ra, tornandoci sopra quasi fosse un personaggio che cambia con il trascorrere della narrazione. Si può arrivare a dire che nel mio caso è più un’inquadratu- ra che non ciò che la abita ad avere la struttura di un perso- naggio. Probabilmente questo fa sì che un territorio emerga e mostri tutta la sua forza, al di là di quell’assenza di dialoghi o di usare il calabrese come un lin- gua misteriosa che nessuno può decodificare. mare il fuoricampo del film pre- lavorare su questo aspetto. For- Rispetto a Il dono qui lavori su cedente, Kiarostami è riuscito a se, ho preso troppo alla lettera una pluralità di immagini e di in- creare una sorta di cortocircuito, Bresson, quando diceva che la quadrature. per cui come spettatore non sai macchina da presa riesce a fil- Qui c’è una concezione dell’im- più dove ti trovi e vivi un felice mare l’anima. Ecco, io ho fatto in magine molto diversa. Infatti spaesamento. Io ho cercato di modo che la mdp continuasse a mi sembra di capire che chi ha realizzare un film in cui la cosa seguire questa presenza, ostina- amato Il dono, ama un po’ meno era e non era contemporanea- tamente, nonostante l’involucro. questo e chi ama Le quattro vol- mente. L’idea era già presente Alla base di questo scardina- te non aveva trovato una gran- in Il dono – il titolo fa riferimen- mento dell’unità dell’immagine, dissima intesa con l’altro… to, anche se da autodidatta, ad c’è la convinzione che l’obietti- un concetto di Derrida. Il dono vo possa cogliere ciò che vi sta Quanto per te era importante di- dunque come qualcosa di im- dietro e che risulta invisibile. versificare i toni, i tempi, i ritmi… possibile, qualcosa che non ha È un film che inizia in una ma- «appartenenza» e che acquista Le quattro volte è legato ai quat- niera che sembra condurre ver- presenza proprio quando questa tro elementi, anche se poi, nel 62

finale, il film si apre su un quin- qualcuno lo fa?). Questa traccia pre posto il problema di come to, l’etere. E tu filmi il vento che pitagorica, che ci viene dalla rendere partecipe lo spettatore. disperde il fumo. Ogni elemento Magna Grecia (nei presocratici Nel video interattivo devi par- ha una costruzione e un proprio viene citata proprio Caulonia, tire, toccare, agire, fino a quan- tempo: ci sembra che man mano che è il paese dei miei genito- do non c’è più differenza tra te che si proceda verso il finale tut- ri), è stata importante per tanti e l’immagine: tu diventi cosa to diventi più essenziale. È una motivi. Tra questi c’è il fatto che e l’opera diventa umana. È un tua scelta oppure è qualcosa che i pitagorici credevano che le percorso di conoscenza che alla ha a che vedere con la struttura anime erano le polveri dell’aria, fine viene fatto dallo spettatore. e quindi la produzione del film? come la fuliggine che esce dal Per me la quinta volta, cui fate Era una delle possibilità. Mi camino quando viene brucia- riferimento, è la definitiva rein- spiego: il film ha avuto tanti ve- to il carbone. È Aristotele (che carnazione dello spettatore. stiti, una possibilità era che lo quasi mai cita mai i pitagorici) a dividessi tra umano/non umano. dirci che secondo loro la polve- In effetti lo spettatore dialoga Durante l’ultima fase di riprese, re è il primo stadio del visibile. con tutte le immagini durante il era ormai diventato evidente Nel film ho fatto in modo che film. che sarebbe stato così: avrei fat- questa polvere passi prima nel È un misto di presenza/assenza. to metà film sull’uomo e metà corpo del pastore poi in tutti gli Da una parte l’immagine è pre- film sul non umano con l’idea altri, fino a diventare minerale, sente davanti ai nostri occhi, di creare una progressione. A carbone, per poi ricominciare il dall’altra manca perché per- me piace quando dite «quinta ciclo, alla fine. Contemporanea- cepisci che la cosa che hai di volta»: alla fine c’è il fumo, ma mente questo viaggio dell’uomo fronte non è più la cosa stessa. prima c’è anche la polvere nella che diventa cosa, è il viaggio di Richiede che tu la abiti, la riem- chiesa. A me piace pensare che uno spettatore che diventa film. pi di senso o, se si vuole, la in- il quinto personaggio sia pro- Questa poi è la mia personale carni. Una delle questioni da cui prio la polvere. E un po’ il fanta- ossessione: la vicinanza tra chi sono partito era il mimetismo sma di Pitagora, anche se negli guarda e ciò che viene guardato. animale. L’idea del «diventare studi di antropologia nessuno Avendo iniziato da ragazzo negli mondo», quel mimetismo at- accomunerebbe reincarnazione anni Ottanta con le video instal- traverso il quale l’animale può e animismo popolare (o forse lazioni interattive, mi sono sem- imitare la forma degli elementi 63

inanimati presenti nell’ambien- così esiste un’altra pulsione co- non governato? te in cui vive. Come la sogliola mune agli animali e agli uomini È la prima scena che ho avuto in che si confonde con il fondale che spinge a fonderti, a diventa- mente, quando ancora non sape- del mare. Lo studio del mondo re parte dell’ambiente. Per me è vo esattamente quale sarebbe animale in tutti i suoi aspetti più politicamente molto importante stato il risultato. enigmatici mi interessa molto. segnalare l’esistenza di que- Forse non solo a me. Io credo ad sto sentimento, che definirei di È l’imprinting del film? esempio che l’essere animale connessione. Oltre a un senti- Sì. Avevo questa scena in men- sia al centro del cinema di Bela mento di affermazione, di libera te il cui significato non mi era Tarr. Uno dei suoi film, Damna- concorrenza, c’è un altro sen- però chiaro del tutto. Riconosce- tion (Karhozat, 1987) può es- timento primordiale che espri- vo che vi erano i vari elementi: sere letto come la storia di un me un senso di fusione con il l’animale (il cane), l’oggetto (il uomo che diventa cane. Roger resto. Questa è una delle tracce camioncino), il rito (la proces- Caillois - un pensatore che mi fondamentali del film, a questo sione). L’idea dell’umano che ha affascinato moltissimo e che proposito Callois dice: “Ciò che abbandona il luogo veniva da credo abbia influenzato molto nell’animale è comportamento, alcuni paesi fantasma della Ca- la fenomenologia francese - ha nell’uomo è affabulazione”. Per labria, ma anche concretamente lavorato tanto sul mimetismo. cui nel mito della reincarnazio- da processioni bellissime, du- Lui dice che questi animali che ne ho visto e ho voluto raccon- rante le quali il paese si svuota fanno tutt’uno con l’ambiente tare questa forma di comunione davvero. E quando il paese si (ad esempio l’insetto foglia, che dell’uomo con il mondo. svuota i cani randagi seguono imita la foglia in una maniera la processione. Su suggerimento così perfetta, fino ad avere le Per arrivare a un risultato di que- del fotografo Luigi Briglia – che screpolature, i bordi delle ali sto genere crediamo che tu abbia mi fece conoscere anche il grup- mangiate dagli altri insetti, le avuto bisogno di una messinsce- po di carbonai – seguii la «Pro- macchie della muffa) non hanno na estremamente organizzata e cessione del territorio». Questa solo un fine utilitaristico, desti- precisa. si svolge ogni quattro anni, a nato a salvaguardare la soprav- Il film è il risultato di una sorta Monasterace. La processione in- vivenza della specie, perché in di battaglia tra scene meticolo- comincia all’alba: il corteo per- alcuni casi gli animali che svi- samente costruite e disegnate corre il perimetro del comune luppano un particolare mime- (animate da me in «After Ef- per rientrare poi al tramonto. Il tismo non sono direttamente fects» per far capire ai pro- paese resta quindi deserto per minacciati da un predatore. Cail- duttori cosa andavo a fare), ed tutto il giorno. La processione lois vede qui l’espressione di elementi che progressivamente prevede delle tappe durante le un altro impulso. Come l’istinto erano sempre più ingovernabili, quali si cantano delle litanie e si di sopravvivenza porta l’essere come gli oggetti, le bestie. sparano dei fuochi. Tutti lo fan- a lottare con l’ambiente circo- no, ma nessuno sa il perché. È stante sviluppando alcune ca- Per esempio, in quella scena per questo un dato comune a molti ratteristiche fisiche e genetiche noi magistrale, della processio- riti: come a ricordare che all’in- che gli permettono di resistere, ne, quanto c’è di governato e di terno del rito non si accede. Io 64

ad un certo punto ho lasciato la che non aveva mai fatto: è anda- metà dentro il paese. Chi vi abi- processione e sono andato in to in mezzo alle capre ad abbaia- ta si trova a metà del guado, tra paese; lì ho scoperto una cosa: re. Anche se non si dovrebbe dire natura e civiltà. Come un pasto- quando sei in un paese fanta- quello che voi ammirate è un vero re, le cui case non a caso erano sma in Calabria, ti accorgi che un piano sequenza «da cani»! Ov- confinanti con l’esterno anche solo davvero non sei. C’è qual- vero, pensato per un cane. perché attigue agli ovili. Nel no- cuno. Lì ho capito che i fuochi stro caso l’ovile lo abbiamo cre- sono per il paese, fanno vede- E la posizione della mdp? ato. Per quella scena abbiamo re al paese deserto dove sono i Per trovare il punto preciso ab- costruito un quadro: nella realtà suoi abitanti. biamo impiegato molto tempo. la strada ha un percorso legger- Lo avevo fatto, dopo tanti ten- mente diverso, noi lo abbiamo Tornando alla scena, è stata tativi, un anno e mezzo prima deviato, portando tonnellate di complicata la sua elaborazione? delle riprese. Non si tratta come terra. Come dicevo, a me quella Molto. Dietro c’è un mio lavo- molti credono del tetto di una casa piaceva anche perché ri- ro lunghissimo. Poi c’è stato il casa, ma di una vera torretta co- corda la figura del pastore, che lavoro con il cane. Il cane è ad- struita per l’occasione. Per farla è un medium, un traghettatore. destrato ed io volevo che pren- sono venuti i muratori del pae- Qualcuno visto sempre con so- desse possesso di quello spazio se perché doveva essere tutto spetto proprio per il suo essere in modo da reagire davanti a molto fermo ed estremamente connivente ad un altro ambito, chiunque invadesse il territo- preciso. Basta spostarsi di dieci quello animale. Sapete che una rio; l’unico comando che avrem- centimetri non si ha più la stes- volta né le donne né i pastori mo dovuto dargli era “prendi il sa visuale. Nella scena da una avevano il diritto di voto? Così sasso”. Per questo ho convinto parte ci sono le croci, dall’altra i miei nonni mi dicevano di non i produttori a mandarlo dieci la strada centrale, quella che in- giocare con i figli dei pastori, ma giorni prima delle riprese; lui contri sempre e che sarà quella io lo facevo forse proprio attrat- però non ha preso possesso, della morte. Quella che nel pia- to da quel che di inquietante o sia perché c’erano altri cani, sia no sequenza ignori fino alla fine animalesco che li circonda. Ma perché detestava le capre. Non e che poi invece sarà quella se- è anche vero che i pastori sono riusciva proprio a star lì! Abbia- guita dal racconto. coloro ai quali viene annunciata mo dovuto insegnargli un fram- la nascita di Cristo. mento di scena alla volta fino a È una topografia molto simbolica. Quindi, poiché i pastori dove- quando al diciassettesimo pezzo La prima cosa che mi aveva sem- vano stare lì in questa casa di le ha messe tutte insieme. L’ul- pre colpito, anche da piccolo, è confine, la prima inquadratura tima ripresa ha fatto anche ciò quella casa che sta metà fuori e era necessariamente su questa 65

casa; purtroppo durante il lungo periodo di preparazione la casa è stata intonacata. Tra l’altro all’inizio, nell’anno trascorso in Calabria avevo in mente un altro pastore, con il quale avevo tra- scorso tanto tempo, andando al pascolo con lui e frequentando i suoi figli. Era un personaggio fantastico, con mani ricurve e forti come zampe, ma poi si è ammalato. Anche Peppino è sta- to bravissimo, però ho impiega- to tre settimane per portarlo al punto giusto.

Il pastore - come dici - fa parte della simbologia cristiana, ma molto spesso nell’iconografia Cristo è presentato come il pa- store con l’agnello. Assolutamente, aggiungo un’al- tra riflessione meno nota, legata al mito dell’origine dell’imma- gine. Ci sono tanti quadri che raffigurano questo momento. Per molti la prima immagine sa- rebbe il profilo di un’ombra. Ci sono però delle litografie dove questa scena viene descritta con un pastore che con un bastone disegna il profilo di una capra.

Ci puoi dire invece qualcosa rispet- to al suono? Come hai lavorato? In presa diretta, insieme a Pao- lo Benvenuti e Simone Oliviero, due fonici giovani che stanno facendo un lavoro straordinario. (Non lo penso solo io, ma lo han- no detto tutti i tecnici a Berlino, dove abbiamo effettuato il lavo- ro successivo. I suoni registrati erano così puliti ed efficaci che una metà sono diventati mate- riale d’archivio per i prossimi film). Benvenuti e Oliviero han- no lavorato con tanti microfoni. Il lavoro che avevo chiesto loro era stare tra sfondo e figura. Le quattro volte è un film che parte da una figura umana per arriva- re a dare sempre più importanza allo sfondo. Si potrebbe descri- vere come un viaggio che da una situazione propria del cinema, che ha messo l’uomo al centro del suo dispositivo, arriva ad una 66

situazione inedita, so montatore del suono (ad dove un’altra figu- esempio ha lavorato per La ra, non umana e stanza del figlio) ma anche un neppure animale, montatore di scena. Fino a quel è emersa. Per tra- momento il lavoro al montag- durre questo per- gio con Maurizio Grillo andava corso in termini bene; ma ad un certo punto ci concreti, avevo bi- siamo resi conto che non po- sogno di un suono tevamo montare l’immagine e variabile e preciso poi il suono. Avendo sul set la al contempo, ca- figura di un buon montatore di pace di dare for- scena e quella di uno straordi- ma alle figure ma nario montatore del suono, de- anche suggerire cidiamo di montare il film in pa- la presenza di uno rallelo. Montare suono e imma- sfondo. gine insieme, in realtà significa poterli dividere più che unire, E per il piano sequenza di cui altro: il cane ha fatto le ovvero usarli come due tracce abbiamo parlato? cose senza nient’altro at- separate e non subordinate, Avevano piazzato molti mi- torno, il bambino ha fatto lo due cose diverse che possono crofoni sulla scena in modo da stesso da solo, le persone nel- sovrapporsi senza balbettare avere tante tracce, che poteva- la processione… Insomma ogni l’uno la cosa dell’altro. no essere lavorate individual- singolo suono è stato ripro- Poi sia con Benni, sia con Da- mente. C’erano dei piazzati in dotto per avere la possibilità niel Iribarren, il sound designer vari punti per poter cogliere i di sottolinearlo o di sfumarlo. che ha lavorato in Germania, vari suoni. Ad esempio, al cen- abbiamo usato il 5.1. Di solito tro della strada c’è una grata Ci sembra molto importante questo sistema viene impiega- all’interno della quale avevamo sottolineare questo lavoro: dà to per avere degli effetti con posizionato dei microfoni. Poi un’idea di quanto sia importan- dei bassi molto forti, noi invece c’erano le giraffe… I fonici han- te questo elemento. l’abbiamo usato per creare una no poi registrato ogni singolo Nella riuscita del suono l’altra tecnologia che ti permette di suono con la stessa intensità e cosa fondamentale è che ad isolare. La mia idea era di avere lo stesso colore. La processio- un certo punto è sopraggiun- del suono proveniente solo da ne è stata rifatta senza nessun to Benni Atria, che è un famo- dietro l’immagine. Volevo che 67 fossero accesi solo gli speaker queste idee ho dovuto convin- fare il carbone c’è un segreto, dietro, per dare l’impressio- cere molte persone anche per- alcuni lo conoscono ma ci sono ne che il suono del film venga ché questo lavoro significava persone che sono lì da vent’an- sempre e soltanto da un pun- andare incontro a dei rischi. Il ni e che non sanno farlo, perché to dietro allo schermo. Questo suono che arriva solo da dietro non sono nati carbonari, perché deriva da un’altra mia osses- può non funzionare bene, però non hanno respirato il carbone sione, anch’essa pitagorica. La anche loro si sono convinti e mentre lo facevano i genitori. leggenda vuole che Pitagora alla fine sono stati contenti di Quel carbone è una sorta di co- insegnasse ai suoi allievi - chia- lavorare in questa maniera. munione del legno con il bosco. mati appunto acusmatici - da E gli stessi i carbonari lo fanno dietro una tela bianca. I suoi Alla base del film c’è la volontà ma non sanno insegnarlo. allievi erano posizionati in una di rappresentare la ricchezza di sala, davanti ad uno schermo e un luogo, ci hai parlato di Pi- A noi sembra che tu sei interes- ascoltavano la voce di Pitagora tagora, ma la ricchezza si tro- sato al passaggio da uno stato senza vederlo. va anche in un paesaggio che all’altro. Come l’acqua che eva- non siamo abituati a vedere. Ad pora dal legno e lo fa diventare Era come trovarsi in una sala di esempio le figure dei carbonai, carbone. È una sorta di equa- cinema, senza un contatto diretto. il rito della processione che è le- zione pitagorica: qualcosa vie- Sì, per questo penso che Pitago- gato alla storia cristiana, il rito ne sottratto ma qualcosa per- ra, in un certo senso, ha inven- dell’albero, la polvere... mane… E il film si conclude con tato il cinema. In lui, tra l’altro, Nell’entroterra della Calabria la il fumo. si effettua l’incontro tra Oriente superficie è preziosa, meravi- Nel finale la scena del camino e Occidente: Pitagora viaggia, gliosa, come la luce, ma ciò che avrebbe dovuto essere con- raccoglie informazioni, le porta vi sta dentro è qualcosa di mol- clusa con una panoramica sul in Occidente. La sua è un’imma- to profondo, il cui senso non cielo. Poi Philippe Bober, il co- gine che vela più che rivela. Io riesci a captare. Ad esempio so produttore tedesco, mi ha sug- volevo ricreare questa situazio- che stanno cercando di indu- gerito che questo movimento ne. Volevo che il pubblico fosse strializzare il carbone vegetale, avrebbe potuto dare adito ad posto davanti ad uno schermo che ha delle qualità straordina- un’interpretazione religiosa e che nasconde il suono. Nel film rie. I carbonari ci impiegano un mi ha convinto. Così l’abbiamo l’unico momento in cui io ribal- mese a farlo. La carbonella che tagliata. to la situazione e creo una sorta si usa per il barbecue si spegne di immersione è con i neri. Lì, in in breve tempo; invece quel A cura di Luciano Barisone assenza d’immagine, accendo carbone ha un potere calorife- e Carlo Chatrian il surround. Per mettere in atto ro impressionante. Anche per Trascrizione di Alice Moroni 68 cannes Frapper l’air Entretien avec Frederick Wiseman, Cannes 2010

vec près de quarante longs et les hiérarchies internes. Il prend en quelques heures, l’habitude ve- (et très longs) métrages, le son lui-même et donne des nant – et que si quelqu’un joue, les A l’œuvre de Frederick Wi- consignes avec ses mains à son ca- ciseaux qu’il manie lui-même dans seman est un continent documen- méraman pour indiquer l’angle ou sa salle de montage de Cambridge taire à elle toute seule. Elle repré- la taille des plans. La profondeur (Massachussetts) se chargent de sente dans sa pureté un principe de ce qu’il glane en une centaine faire disparaître le plan… Depuis de tournage en immersion totale, d’heures de rushes lui permet de Ballet et La Comédie française, débarrassé des béquilles de l’en- construire au montage une vé- Wiseman semble s’intéresser da- tretien ou du commentaire off. ritable dramaturgie du réel, que vantage à des lieux où le travail Estampillé « documentariste des ce soit dans un tribunal, un foyer acharné tend vers une création institutions » après Titicut Follies pour femmes battues, un hôpital artistique. Son récent La Danse, le (1968), son premier film tourné ou un zoo. Pourtant, il ne met rien ballet de l’Opéra de Paris, succès dans un hôpital psychiatrique pé- en scène, ne séjourne pas dans le en salle en France à sa sortie en nitentiaire, Welfare (1975), dans lieu avant d’y filmer : « le repérage, octobre 2009, a été tourné après un centre de sécurité sociale amé- résume-t-il, c’est le tournage ». Boxing Gym, mais tous deux par- ricain ou encore l’excellent Public Souvent interrogé sur l’apparente tagent un intérêt pour le mou- Housing (1997) sur la vie d’une indifférence des personnes fil- vement des corps, sa chorégra- cité HLM de Chicago, Wiseman mées à sa caméra (il tourne sur phie et sa répétition. Il poursuit tourne en équipe très réduite, pellicule 16 millimètres, dont actuellement sur cette lancée et souvent dans un seul lieu, avec une caméra assez grosse), achève le montage d’un film sur dont il explore le fonc- il soutient que les tendances his- le ballet du Crazy Horse, le caba- tionnement quotidien trioniques des individus tombent ret parisien. 69

Boxing Gym relate le quotidien prend les inscriptions, reçoit dans mes films précédents, un hôpital d'une salle d'entraînement de boxe son bureau mais continue aussi (Hospital, Near Death), un poste de à Austin, Texas. Pourquoi vous d'enseigner. police (Law and Order), un tribunal être intéressé à la boxe, et singu- J'aime beaucoup Richard Lord, non (Juvenile Court), une usine (Meat)… lièrement à l'entraînement plutôt seulement pour ses qualités péda- Mais il est vrai que Boxing Gym re- qu'aux matches ? Opposez-vous la gogiques et en tant qu'entrepre- trouve ce qui, je crois, m'a occupé « scène », le ring, aux « coulisses », neur mais aussi pour le fait qu'il dans la plupart de mes films : la le lieu d'entraînement ? ne pousse pas trop loin l'esprit violence humaine, ou la relation Je suis amateur de boxe depuis d'entreprise : il mène sa barque, de l'homme à la violence, hors de longtemps. Mais tourner un do- le téléphone coincé sur la hanche lui ou en lui. Dans Basic Training, cumentaire sur les matches n'a pendant son cours, sans secré- Manœuvre ou Missile j'abordais pas grand intérêt puisque, tout taire bien qu'avec l'aide de son la violence qu'un Etat peut com- au moins aux Etats-Unis, il vous épouse, mais surtout il m'a semblé mettre à l'étranger – la violence suffit de rechercher sur n'importe respecter ses clients. On le voit de la guerre est évoquée ici dans quelle chaîne câblée pour pou- dans la séquence où un petit gar- la salle de boxe par une recrue voir y suivre un match tous les çon vient s'inscrire et où sa mère qui va faire son «basic training» soirs. Je ne suis pas opposé par annonce qu'il est épileptique. Il et partir en Afghanistan. Dans principe à avoir l'entraînement dit « d'accord, on travaillera avec Juvenile Court, Law and Order ou et le spectacle dans un même des punching balls, sans contact, Domestic Violence j'abordais une film : quand j'ai tourné La Comédie sans coup sur la tête ». Il formule violence commise en société, et française ou La Danse, je souhai- là une qualité essentielle de la au gymnase, entre deux exercices, tais avoir à la fois les répétitions boxe : c'est un sport qui codifie la on parle du hold-up du magasin et les représentations, je savais violence, qui la contrôle en lui as- de spiritueux ou d'une tuerie à que j'articulerais les deux au signant toute une série de règles, l'université Virginia Tech. En fait la montage, mais je ne savais pas a et qui la ritualise. violence est présente dans la plu- priori comment, quelle transition part de mes films. Dans Primate, je trouverais entre les deux. Pour De même que Belfast, Maine plus précisément, les expériences Boxing Gym, me confiner à cet éta- (1999), Boxing Gym pourrait ré- sur le cerveau des chimpanzés blissement m'a permis de filmer sumer, ou contenir en miniature servent à déterminer la partie du non pas une seule catégorie pro- de nombreux sujets que vous avez cerveau qui contrôle le comporte- fessionnelle (les boxeurs), mais la abordés dans vos films précédents. ment sexuel agressif. En un sens, grande variété sociale et ethnique Le côté « résumé » de Belfast, Maine Boxing Gym parle aussi de cela. des boxeurs amateurs, hommes, était en effet plus femmes ou enfants. Il y a aussi évident, puisque une très grande variété de poids, j'y filmais des d'ailleurs, et d'âge. Cette salle de types de lieux boxe est un décor idéal – s'il avait ou d'institutions fallu la construire comme un dé- qui avaient fait cor de cinéma, cela m'aurait coûté l'objet de trois millions de dollars ! C'est un lieu de loisirs, un refuge où les pa- rents amènent leurs enfants tur- bulents, où les gens fantasment sur un idéal de leur corps. Le temps de l'entraînement, avec ses gestes répétitifs, est aussi celui des histoires que l'on se raconte tout en faisant les mouvements : un fait-divers qui vient de se pas- ser, une danse qu'un immigré colombien montre à un texan Texan…

Le lieu, Lord's Gym, est aussi celui d'un seul homme, Richard Lord, ancien boxeur professionnel, qui 70

Bien sûr, je ne prétends pas être le métrage que je tournerai : simple- mais on se doit d'être « sympas les seul à faire le lien entre sexualité ment, je m'arrête quand je pense uns envers les autres ». Celui qui et agressivité ! avoir collecté suffisamment de ne l'est pas ne dure pas longtemps matériau pour que le film consti- dans cet environnement. Mais la Est-ce parce qu'il a cette qualité de tue un tout. violence reste fantasmée, comme condensation de vos autres films avec ce jeune homme qui confie que Boxing Gym est singulièrement Du point de vue sonore, l’ouverture à un autre qu'il aime le « buzz du plus court que vos durées « habi- de Boxing Gym est d'une richesse KO », qu'il aime se sentir sonné. tuelles » ? étonnante. Finalement, qui frappez-vous En fait je n'ai pas de durée ha- Cela tient à la variété sonore des quand vous boxez seul ? Vous avez bituelle, et au moment où je différents équipements. Entre le beau grogner, faire des gestes tourne, j'ignore tout à fait com- bruit du cuir des gants qui heur- agressifs, vous frappez l'air ! Cette bien mon film durera : je ne sa- tent le cuir d’un punching ball ou solitude, cet aspect « numéro en vais pas que Near Death dure- à un rythme différent, la poire à solo » du shadow-boxing apporte rait plus de six heures. J’ignorais vitesse, ou et le bruit des gants une touche comique, je trouve. Je aussi quand je suis parti tourner qui frappent la chair, la sonnerie me dis aussi que Boxing Gym est à l'Institut pour sourds-muets de début et de fin de round toutes l’un de mes films les plus abstraits. d'Alabama que ce ne serait pas les trois minutes, le clac-clac des un mais quatre films auxquels cordes à sauter je tiens presque Parce qu'après la chorégraphie de j'aboutirais (Multihandicapped, une partition de Steve Reich ! La Danse, vous poursuivez l'étude Deaf, Adjustement and Work et (rires). C'est vrai que c'est un film du mouvement ? Blind, 1986-87). Il s'est trouvé très musical. En fait j'ai d'abord tourné Boxing simplement que je me suis rendu Gym, puis La Danse – ce qui veut compte que les problèmes édu- Au début du film, on entend dire que j'ai tourné Boxing Gym catifs n'étaient pas les mêmes d'ailleurs une phrase qui, détachée après un film entièrement centré pour les enfants aveugles que de son contexte, est assez énig- sur les mots et leur usage précis, pour les sourds ou les polyhandi- matique : " Keep shadow-boxing, juridique : State Legislature suivait capés. Inversement, pour Welfare Robert ! ". Shadow-boxing, c'est se la fabrication des lois en Idaho et (1975), j'aurais très bien pu ne battre sans adversaire, comme on la façon dont l'élaboration de ces pas me limiter au bureau d'aide joue de l'«air guitar.» lois au niveau de l'Etat (et non sociale où j'ai tourné mais suivre Exactement ! Beaucoup d'amateurs au niveau fédéral) touche à tous chez eux, dans les hôtels sociaux, de boxe viennent pour apprendre les sujets de la vie quotidienne. les gens qui faisaient la queue à se battre, blesser l'autre, mais Avec Boxing Gym et La Danse, je pour toucher leurs indemnités ou leur adversaire est imaginaire, et suis donc revenu au mouvement, bien encore tourner au siège de la les gens portent un casque quand à la chorégraphie des gestes. Or Sécurité sociale ; mais cela ne se- ils se donnent des coups à la tête. qu'est-ce que le cinéma sinon l'art rait pas « entré » dans le montage, D'ailleurs l'entraîneur répète le du mouvement ? il aurait fallu autant de films Je ne « paradoxe » de la boxe telle qu'il pars pas non plus avec une idée du l'enseigne : c'est un sport violent Par Charlotte Garson Il gioco cannes 71 dell’identità nel mondo del capitale Conversazione con Christoph Hochhäusler, Cannes, 2010

rima c’è quello che si vede, terminato dal denaro. Nella sua venta impossibile. Il cinema, però, che sta sopra, che si pre- storia c’è il mondo del capitale e per andare avanti ha bisogno di P senta; poi c’è quello che dell’economia di mercato, invisi- identità vere e di spazi vissuti, non si vede, che sta sotto, che bile eppure alla base di ogni cosa, non di superfici riflettenti che non si presenta ma c’è; poi, infi- e ogni identità partecipa di un rimandano a un’idea di impene- ne, quello che si aggiunge, che si gioco che coinvolge altri soggetti trabilità: dunque la realtà che ci costruisce: una strada, un palazzo, e sembra ripetersi all’infinito. In sta di fronte, la realtà del denaro una città. Una storia. È un’opera gioco, sembra dire, non c’è solo che regole le nostre vite, e una materiale e materialista, Unter la sopravvivenza della società, realtà che resiste a ogni forma di dir die Stadt, cioè «La città che ma la nostra capacità di racconta- racconta. ---, perciò, sta sul limite, sta sotto». Come un architetto, re storie e affermare valori: se il tra il sopra e il sotto, il dentro e il Hochhäusler costruisce pezzo capitale impone un prezzo a ogni fuori: vacilla tra il nulla e la crea- per pezzo ambienti e personag- individuo, ciascuno è una merce, zione, tra la fine e la rinascita, sfi- gi, gerarchie e relazioni, e come un pezzo che si specchia in altri dando apertamente il vuoto che in un saggio marxista concepisce pezzi, e la differenza, che sta alla ci circonda. ogni rapporto umano come de- base di ogni processo creativo, di- r.m. 72

Cominciamo dall’inizio, dalla pri- forgiare il nostro destino. che la tua storia doveva essere am- ma sequenza del film, in cui quella bientata a Francoforte… che sarà la protagonista vede in Il tema degli specchi si ripresenta Francoforte è il centro finanziario strada una donna che porta la sua anche nella scelta di filmare una della Germania, uno dei posti de- stessa maglia e decide di seguirla città come Francoforte attraverso i cisivi dell’economia mondiale. In in un bar e ordina quello che ordina suoi grattacieli, nell’idea di raccon- un luogo come questo volevamo lei. È una sequenza che ci pare mol- tare una società fondata sulla dif- rappresentare il contrasto tra di- to importante per ciò che segue: ferenza sociale, sulla distanza tra versi tipi di realtà e la loro perce- non ha importanza da un punto di l’alto e il basso, il ricco e il povero. zione. Nello scrivere il film, io e il vista narrativo, ma mette in campo Francoforte, poi, è una città euro- mio sceneggiatore, Ulrich Peltzer, le questioni decisive del film, l’idea pea ma potrebbe stare in qualsiasi cercavamo l’immagine moderna dello specchio e della proiezione. altro posto del mondo industrializ- del potere, il modo e i luoghi in cui Come l’hai immaginata e perché zato, come l’Indonesia, ad esempio, questa si presenta. E subito abbia- hai deciso di aprire così il film? che non a caso nel film è rappresen- mo pensato che le banche sono il È una scena che rimanda al tema tata come un altrove indistinto… simbolo di tutto questo: nessuno dell’identità. Soprattutto, mette in Quello che mi piace di Francoforte sa cosa veramente fanno, nessuno campo il gioco dell’identità, che è è il fatto che si tratta di una tipi- ha la percezione del loro potere il più difficile e pericoloso che si ca città del mondo globalizzato e e delle sue conseguenze, nessu- possa decidere di giocare. In fase che per questo potrebbe stare da no sa mai bene chi ne beneficia di ideazione cercavamo un modo qualunque parte. È una specie di e chi ne è vittima. Insomma, non per introdurre il personaggio di miraggio e i suoi grattacieli sono c’è mai sangue sui pavimenti della Svenja, con questa soluzione ab- una sorta di fantasia reale, assur- banche. E tuttavia la percezione di biamo scelto di mostrarla attraver- di e al contempo veri. Ingannano un abuso è sotto gli occhi di tutti. so un personaggio con cui ha una e insieme dicono la verità. Il tema Di qui è emerso il tema della vio- rassomiglianza. Nella scena, non della bugia è un’altra cosa che mi lenza, che nel film è visibile sola- si capisce se le due donne hanno interessava molto: non solo per- mente in pochi momenti, con le qualcos’altro in comune, oltre la ché in fondo, in un modo o nell’al- foto dell’emissario della banca in maglietta. Ma è l’apparenza che tro, tutti mentiamo, ma perché mi Indonesia con le mani tranciate, conta: il caso le fa scontrare per piace l’idea di costruire una sto- ma che nella sua pericolosa astra- strada, sebbene una delle due non ria fondata sulla manipolazione. zione lo attraversa da cima a fon- si accorga dell’altra. Era l’idea del- Ovviamente in questo universo do. Dopotutto, la mistificazione la casualità a interessarci, il fatto, semantico lo specchio ha una cen- della violenza è un soggetto molto cioè, che non sempre ci troviamo tralità incontestabile. contemporaneo, dal momento che a scegliere la nostra identità e che tutti sanno che è molto più facile quindi non sempre siamo noi a Dunque hai deciso fin dall’inizio uccidere migliaia di persone se 73

non le vedi o, addirittura, se non il benessere. Perché in fondo ri- lui quando si arriva alla fine, non si sai di star per ucciderle. maniamo degli animali e non pos- può che ricominciare dall’inizio, ri- siamo sfuggire alla nostra natura. pensando al proprio nome, al pro- Parlando di banche e di potere, Un altro elemento che volevo prio passato, alla propria memoria. tracci un interesante rapporto tra mettere in risalto era il tema della la violenza (nascosta o invisibile) fiducia: il valore del denaro nella Al tempo stesso collega il film e il benessere. In fondo alla base nostra società non è più dato dalla all’idea di biografia, perché nella di tutto il racconto (dal desiderio carta o dalla moneta, ma dalla fidu- scena rappresenti il rapporto che di Svenja a quello di suo marito) cia che noi riponiamo nel sistema. il biopic instaura con il materia- c’è un elemento comune, il denaro. Non c’è nient’altro: le carte di cre- le d’archivio, con la «verità» delle Anch’esso è trattato come un’astra- dito funzionano su un tale presup- immagini storiche. Quando Ro- zione… posto e la crisi nasce proprio dalla land infila la foto nello stipite del- Be’, sappiamo tutti che ormai nei sua messa in discussione. Quello la porta, è come se volesse inserire giri che contano il denaro è quasi che succede è esattamente que- un’immagine della sua vita in un del tutto sparito. Il protagonista sto: non crediamo più nella storia contesto che non gli appartiene per maschile del film, il grande ban- che ci hanno raccontato fino a ora. renderlo più vero e credibile. A pen- chiere Roland, a un certo punto Nella crisi c’è un problema piutto- sarci bene è anche una cosa triste, parla del padre e del fatto che so- sto interessante di storytelling, di perché quello che si vede è un uomo vente lo vedeva trasportare grosse racconto e di narrazione. Perché che costruisce una falsa identità in valigie piene di soldi; oggi, invece, credo che il potere della banche un luogo che non gli appartiene. quasi mai queste persone hanno e la narrazione abbiano parecchie C’è l’idea della perdita dell’identità. soldi con sé o sanno quanto costa cose in comune. Se uno è in grado Assolutamente. Il un litro di latte o un chilo di pane. di raccontare una storia credibile, mio personaggio è un Vivono in un regime di astrazione, anche mentendo fin dall’inizio, al- uomo che ha perso con- esercitano il loro potere sulla base lora le cose funzionano. Ma se uno tatto con la realtà. È un bu- di idee di cui è difficile vedere perde l’interesse e la fiducia dello giardo compulsivo: ma la vera l’applicazione. Eppure sappiamo spettatore, allora può cadere un questione è che tutti noi in un cer- bene che i soldi sono il sangue film, come possono cadere paesi, to senso siamo dei bugiardi com- nelle vene del sistema: solo che sistemi, economie… pulsivi. Ciò che mi interessa in una anch’esso è diventato un’astra- narrazione è la sua necessità. Ogni zione. Mi rendo conto che questa La tua risposta tocchi quello che racconto, per essere tale e segui- situazione è molto più difficile da secondo noi è il cuore del film. E to, seleziona l’eccesso di informa- rappresentare rispetto ai mucchi ricorda anche il libro Storytelling. zioni presente nella vita di tutti i di soldi che si vedevano una volta La fabbrica delle storie di Christian giorni e produce del senso. La nar- nei film di gangster. Salmon, che spiega il modo in cui razione in fondo aiuta a dare un vanno costruite le storie, l’esigen- senso a quello che ci sta attorno. Naturalmente questo contrasto za di essere coincisi e concreti per tra realtà e astrazione in relazione conquistare la fiducia del lettore. Vuoi parlarci del ruolo dell’arte con- alla situazione mondiale rimanda Nel film, quando Roland racconta a temporanea nel tuo film? Nell’idea alla situazione di crisi che sembria- Svenja la falsa storia della sua in- stessa dell’arte concettuale c’è il mo attraversare. Una crisi di cui la fanzia, fa esattamente ciò che dice rapporto tra astrazione e realtà di maggior parte delle persone non ri- Salmon, crea una finzione in modo cui parlavi, ma nel film si coglie an- esce a capire le cause o addirittura rapido e credibile per costringere che una relazione tra arte e potere le conseguenze… l’interesse di un’altra persona. che è tutt’altro che scontata, come Più si va a fondo nelle cose astrat- Io penso che noi capiamo istinti- se il valore di un’opera fosse cor- te e più si arriva al cuore della vamente il cinema perché ha a che relato alla persona che la possiede realtà. Quando scrivevamo il film fare con la realtà. In fondo, in ogni all’interno del sistema bancario. ci accorgevamo di passare ore a istante della nostra vita, nella no- Sono un grande appassionato di guardare su schermi televisivi, stra testa non facciamo altro che arte contemporanea, ma ho cer- cinematografici o computerizzati montare episodi della memoria. È cato di lasciare da parte il mio immagini di povertà, di malattie, un’attività incessante: costruiamo gusto per mostrare invece opere di violenza e di aberrazioni uma- continuamente delle narrazioni dal grande valore commerciale ne: era come se in un certo senso anche senza accorgercene. La sce- per l’attuale mercato dell’arte e avessimo bisogno di esse. Non na di cui parlate è molto impor- quindi in grado di instaurare una posso non pensare, perciò, che in tante anche dal mio punto di vista. stretta relazione con il sistema di tutto ciò non ci sia una componen- Un amico mi ha detto che per lui potere. Alcune delle opere che si te di schizofrenia: ci manca quello è una sorta di «fine della società vedono sono spaventosamente che abbiamo perso conquistando contemporanea»: perché secondo care – molto più care del mio stes- 74

so film! – e abbiamo potuto otte- L’ultima scena, quando Svenja Anche l’amore è un tema presente nerle solo grazie all’amicizia con guarda dalla finestra la gente nel film. Amore inteso non tanto alcuni degli artisti che le hanno scappare da quella che sembra come sentimento quanto come realizzate. Quello che mi inte- l’inizio di una guerra, offre uno pulsione. Qual è secondo te la re- ressava era mettere in relazione scorcio drammatico, lacerante. È lazione che instaura con il denaro l’opera con il luogo in cui è espo- una sorta di dichiarazione d’in- e con il potere? sta: alla base c’è l’idea che posti tenti contro il sistema… Ogni relazione umana è costrui- all’interno delle banche il quadro Nella scena sono raccolte idee ta su un rapporto di potere. Nel o la scultura sono al servizio del contrastanti, sensazioni di spe- mondo delle banche si dice che sistema che solo può permetter- ranza e di paura. Ma quello che quando un leader entra in una si di acquistarle. La cosa curiosa, mi interessava veramente era stanza per una riunione di grup- infatti, è che le banche tedesche interpretare la gigantesca ope- po capisce subito chi è il capo ca- mettono le opere più prestigiose razione di violenza sociale por- rismatico di quel gruppo (quello nei piani alti: così, entrando in tata avanti negli anni da pochi che gli inglesi chiamano «key una banca, uno capisce il ruolo uomini di potere e di cui solo player») e si rivolge solo a lui. di una persona dall’opera che è ora abbiamo cominciato a pati- Ora, non so in che modo questo esposta dietro la sua scrivania. re le conseguenze. Le prossime rapporto si sviluppi nell’amore, La scena della festa a casa del generazioni, infatti, soffriran- ma è evidente che per i perso- grande banchiere esemplifica no per una crisi causata dalla naggi del mio film l’amore non è in un certo senso il rapporto tra cupidigia di un ristretto grup- più quel sentimento idealizzato arte, potere e politica nel nostro po di persone. In questo modo, che vale ancora per molti. È come secolo: c’è un uomo potente che la violenza è stata socializzata, se Svenja e Roland nella storia decide quale musica ascoltare e è diventata anch’essa una for- si dicessero: “Vorrei credere a gli altri che per compiacenza e ma di potere; ma c’è il rischio quello provo, ma non ci riesco”. interesse stanno ad ascoltare. Mi che a forza di trattenerla o di Nella loro relazione i ruoli, gli piace però pensare che una sce- sfogarla in forme così media- atteggiamenti, le posizioni spes- na come quella avrebbe potuto te essa possa rivoltarsi contro so si scambiano. Si tratta di una essere ambientata in un film che chi l’ha perpetrata. Non dico relazione ambigua. Perché, da parla del Cinquecento, dal mo- che si arriverà alla rivoluzione, un lato, nonostante uno dei due mento che allora come oggi la ma dobbiamo aspettarci che amanti usi il potere contro l’altro, grande produzione artistica ha ci saranno delle esplosioni di la loro unione dà vita a momen- bisogno della protezione econo- tensioni che attraverseranno la ti di pura bellezza, momenti che mica di un mecenate. nostra società. vale la pena di vivere; dall’altro 75

però, il potere corrompe quei Ma è chiaro che è impossibile af- ste interessanti. Non c’è alcun momenti, li svuota di significa- fibbiare a ogni cosa un numero. movimento o manifesto, ma è to. E questo è un comportamen- una gran cosa parlare del pro- to tipicamente umano: noi tutti Negli ultimi anni sembra che ci prio lavoro con dei colleghi che usiamo dei mezzi per raggiunge- sia in Germania una generazio- sono tuoi amici o che, anche se re la bellezza, ma quegli stessi ni di cineasti indipendenti molto non lo sono, rispetti: specie, poi, mezzi uccidono la bellezza. attivi e molto talentuosi. se il cinema che tu come loro vai È da circa dieci anni che alcuni cercando non è affatto popola- Un’altra cosa interessante delle cineasti ora quasi quarantenni re. Al momento, per dare l’idea relazioni umane che sviluppi nel si muovono con indipendenza e del lavoro che svolgiamo, sto la- film è il fatto che ogni persona maturità. Molti, specialmente in vorando a un progetto a sei mani sembra essere l’oggetto di una Germania, fanno finta di niente, con Dominik Graf e Christian classificazione: i dipendenti del- ma basta vedere i loro film e la Petzold: tre film di finzione indi- la banche sono giudicati con dei cosa diventa ovvia. La cosa bella pendenti fra loro, ma legati dal- numeri e ciascuno di loro vale di tutto ciò è che molti di que- la stessa location, dallo stesso per il potenziale che ha in sé… sti registi si conoscono fra loro, tempo e dagli stessi riferimenti. È sempre una questione di valu- si aiutano, discutono dei rispet- Un modo molto interessante per tazione; per dirla in termini ban- tivi progetti, sono in contatto lavorare insieme. cari, di «rating». Ogni cosa in durante la lavorazione dei film. questo sistema viene giudicata Tutto avviene a Berlino, dove sulla base del suo valore: le eco- c’è una scuola di cinema molto A cura di Carlo Chatrian nomie, i paesi, anche le persone. viva, dove ci sono critici e rivi- e Roberto Manassero 76 cannes La fragile vita degli adolescenti Conversazione con David Robert Mitchell, Cannes 2010

avid Robert Mitchell ha 35 a dei modelli non significa ripe- speranze destinate a rimane tali: anni, poco più dell’età di Lu- terli stancamente, ma collegarsi finestre, vetri, porte separano so- D cas e Bogdanovich quando a una tradizione, utilizzarla come gno e realtà, una foto o un incon- girarono American Graffiti e L’ulti- struttura da rivitalizzare. Mitchell tro casuale generano ricerche di mo spettacolo: come loro, anche dimostra una capacità fuori dal volti appena intravisti, i corteggia- lui ha deciso di parlare dell’amore comune nel riprendere le conven- menti si fanno con gli occhi, per- di adolescenti nel passaggio dalla zioni narrative del cinema classico ché in questa età fragile maschi e scuola dell’obbligo al college e in (l’unità di tempo, il simbolismo femmine vivono ancora dimensio- un ambiente provinciale (i sob- degli spazi, la solidità della nar- ni separate. borghi di Detroit, Michigan). Il suo razione, i raccordi di sguardo) e Per quanto sia un’opera prima, The Myth of American Sleepover è con una tecnica precisa e leggera The Myth of American Sleepover è un omaggio esplicito al cinema dimostra di sapere costruire una un film maturo, frutto di un lavoro adolescenziale del passato; per “ronde” amorosa alla Ophuls, la invisibile eppure solidissimo sulle certi versi è anche il più classico cui forza risiede nella sua natura strutture libere del cinema indie e dei teen movie indipendenti ame- puramente cinematografica. Nella su quelle più rigide ma profonde ricani: storie d’amore accennate, lunga notte dei pigiama party (in del cinema classico. Senza darlo toni malinconici, minimalismo dei americano, «sleepover») che fa da troppo a intendere, Mitchell rea- sentimenti, indie rock in colonna cornice al mosaico di storie, tutti lizza uno straordinario atto d’amo- sonora… L’America è soprattutto guardano tutti. Tutti, soprattutto, re per il cinema e per la vita fragile questo, lo sappiamo… guardano, cercano, desiderano un degli adolescenti, colti entrambi Per fortuna, in questo caso rifarsi oggetto d’amore su cui proiettare nella loro complessa semplicità. 77

Inizierei dalla sensazione che ho die, godetevi la notte”; ma anche, l’annunciarsi dell’alba, è un ele- avuto leggendo la trama e guar- “Vi ricordate di tutto quello che mento sia temporale sia metafori- dando i primi minuti del film: “Oh avete sognato, desiderato, perdu- co: è la fine della notte, ma anche no, un altro film indipendente ame- to nella vostra adolescenza?”. Lo la fine dell’adolescenza e l’inizio ricano con adolescenti…”. Ero pre- stato d’animo tra la dolcezza e la di una fase più matura, in cui si venuto, lo ammetto, ma ho impie- delusione era la sensazione che debbono assumere responsabilità. gato poco a cambiare idea e a pen- volevo trasmettere. sare che il tuo lavoro, per quanto Credo che la cosa più sorprendente rispettoso di una struttura precisa, Infatti emerge non tanto l’idea del- del film sia il legame sottotraccia se ne svincoli abilmente. la perdita dei sogni, cosa di per sé con il cinema classico. Prima par- Beh, mi fa piacere che tu abbia scontata in una storia di formazio- lavi della soglia temporale, a me cambiato idea… Comunque credo ne, ma la ricerca di immagini perso- viene in mente il western, ma poi che la reazione sia comprensibile: nali, di modelli da realizzare. È un c’è anche la notte, che rimanda al è innegabile, infatti, che i modelli tema molto cinematografico e l’ele- noir e al cinema psicologico, e il a cui mi sono ispirato siano classi- mento che rende davvero unico The gioco degli sguardi e delle seduzio- ci o addirittura scontati. Film come Myth of the American Sleepover. ni, che naturalmente rimanda alla American Graffiti di Lucas o La vita È proprio così. Ogni personag- commedia romantica. Tutto questo, è un sogno di Linklater hanno una gio del film ha un’idea fissa nella però, senza mai l’ombra della cita- struttura corale e ruotano attorno mente, dal ragazzo timido che in- zione cinefila, ma come parte inte- alla vita di un gruppo di adole- contra la ragazza dei suoi sogni al grante della struttura generale… scenti colti in un momento deci- supermercato, e passa tutto il film Non credo che tutto quello che hai sivo: dunque, non ho inventato a cercarla, allo studente universi- detto sia consapevole nel film. La proprio niente. Solo ho cercato tario che porta sempre con sé la struttura è complessa, è vero, ma di fare un film più lento e gen- foto delle due gemelle, alla gio- è dovuta al fatto che ho impiegato tile, rispetto a quelli già realiz- vane ragazza non proprio carina tanto tempo a realizzarla. Ci sono zati. Qualcosa di più naturale e che conquista il suo innamorato voluti quattro anni, forse anche di delicato. mettendosi in mostra durante più, perché il film maturasse nella un party… Funziona tutto come mia testa. La presenza, come dice- Dai film citati mi sembra che tu in una sorta di spettacolo nello vo, di modelli importanti, ai quali abbia ricavato anche la struttura spettacolo e quindi, sì, direi che aggiungerei anche Truffaut e Bog- temporale, dal momento che tutto il mio film è molto cinematografi- danovich, per la precisione e la si svolge in una notte. co. Si fonda sul potere emotivo di finezza con cui hanno raccontato La cosa che mi interessava era la ogni immagine. la vita semplice eppure comples- costruzione del film all’interno di sa dei giovani, ha favorito il lavoro una forma codificata. Diciamo che Da qui deriva anche il profondo dei dettagli e delle piccole carat- ho cercato di lavorare tra le fessu- senso di condivisione nei confronti teristiche riconducibili a ciascun re di quella struttura, nello spazio dei personaggi… personaggio. che una narrazione inevitabilmen- Questo credo dipenda ancora una te serrata mi metteva a disposizio- volta dalla struttura temporale. Però la scena del foxtrot notturno ne. In questo senso, l’arco tempo- Mentre le ore della notte passano, non può non essere consapevole. rale unico – la lunga notte in cui è come se i personaggi e il pubbli- Quanto c’è del tuo amore per il mu- tutto può succedere – è una sorta co diventassero sempre più intimi; sical e per il cinema classico in quel di guado, un contenitore ideale. con il sopraggiungere della matti- momento? Da un lato è come una gabbia: si sa na, poi, i rapporti vanno definen- Quella scena l’abbiamo girata solo che la notte non dura all’infinito e dosi e le storie si risolvono. Il mat- perché l’attrice sta studiando dan- questo dà allo spettatore il senso tino è la fine del sogno, il pubblico za e quindi era disposta a ballare. della fine, l’idea che il film sia un sa che ci sarà lo scioglimento e al- E poi mi piaceva l’idea che in que- mondo chiuso, raccolto, dai confini lora spera che i personaggi possa- sto modo, mettendosi in mostra, la prestabiliti; dall’altro, però, la not- no coronare i loro desideri. In que- ragazza riesca a conquistare il ra- te è inevitabilmente connessa con sto senso, credo che il vero tema gazzo che le interessa: ancora una il mondo dei sogni e il film nella del film sia la fugacità dei desideri: volta ritorna il tema dell’immagi- sua struttura episodica, nel conti- tutti sappiamo che le cose hanno ne, del mettersi in mostra, della nuo rincorrere da parte dei perso- una loro fine e in quanto spettatori proiezione. E poi sì, c’è anche il naggi desideri e immagini mentali, viviamo con partecipazione il per- mio amore per il cinema classico. dà l’idea di un labirinto. Quindi, è corso di crescita dei protagonisti Viene da mio padre, che da ragaz- come se il film dicesse due cose di- e con loro condividiamo la con- zino mi faceva vedere i film di ge- vergenti agli spettatori: “Non pre- sapevolezza che i desideri sono nere, soprattutto horror e noir, ma occupatevi, state lì sulle vostre se- passeggeri. L’arrivo del giorno, con ogni tanto anche qualche musical. 78

Devo a mia madre, inve- siamo subito andati nel Michigan generazione è naturale ritrovare ce, la passione per il cine- per le location e il casting. Sapevo segni del cinema degli anni Ottan- ma d’autore europeo: era lei che, se avessi ritrovato le atmo- ta (quei film prodotti da Spielberg ad affittare quel tipo di film. sfere che avevo in testa, il film sa- e diretti dai suoi «allievi») o dei rebbe stato più personale e quindi primi anni Novanta, con i rimandi Abbiamo parlato della dimensione più autentico. Ho così cercato luo- alla cultura «grunge» del tempo, temporale, ma trovo che anche lo spazio abbia un ruolo deci- sivo. Le case con le vetrate, il college vuo- to, le piscine, il lago notturno, il luna park deserto… Tutto riman- da alla dimensione del sogno, ancora una volta. Insieme al casting, la ricerca delle loca- tion è stato il lavoro più impegnativo. Vo- levamo lavorare sui dettagli, su piccoli aspetti che rimandas- sero all’atmosfera del Michigan, stato in cui si svolge la storia e in cui io sono cresciuto; ma anche a quel clima sognante e ideale che si respira nel cinema americano degli anni Ottanta. È il cinema con cui sono cresciu- to e volevo anche far riferimento a quella che per me è una spe- cie di dimensione mitologica della ghi che fossero reali e sognati al non è detto che persone di altre giovinezza. Non direi, infatti, che il tempo stesso: non è un caso che età non possano ugualmente ritro- film è autobiografico, ma è ispira- nel titolo ci sia la parola «mito». varsi nelle situazioni del film. to ai ricordi della mia adolescenza. È un mito quello che racconto, e i Lo abbiamo scritto a Los Angeles, dettagli sono quelli «mitologici» Prima parlavi del casting e della fa- dove mi sono trasferito dopo la della cultura adolescenziale ame- tica che hai fatto: in effetti, nel film scuola di cinema in Florida, ma poi ricana: e se per quelli della mia ci sono volti di grande espressività, 79

nonostante la naturale ritrosia de- fatto cinema o erano studenti di delle emozioni. L’importante era gli adolescenti. recitazione alla prima esperien- rassicurarli, ripetere loro che Era fondamentale trovare i giu- za. Il modo più spontaneo che avrebbero fatto un buon lavoro, sti volti, la giusta corporatura dei mi è venuto per lavorare con che il motivo per cui li filmava- ragazzi e così abbiamo deciso di loro è stato quello di instaura- mo era il loro essere persone spenderci un mucchio di tempo. re una relazione umana molto speciali e che le loro particolari- tà sarebbero finite sullo schermo.

Anche la fotografia con- tribuisce all’atmosfera del film, i toni sono scuri ma ombre e luci, invece di creare sensazioni si- nistre, sembrano cullare lo spettatore… Con il direttore della fotografia, James Lax- ton, abbiamo filmato con una camera Red One, perché volevo una luce raffinata, quasi smaltata, e un’imma- gine dalle proporzioni classiche (il formato è quello del cinemascope il 2.39:1 ndr.). In questo modo eravamo in gra- do di cogliere dettagli incredibili e James riu- sciva a dare alla luce un tono nostalgico che, in questo caso sì, riman- dava a modelli passati. Sono molto soddisfat- to del risultato finale, tenuto conto anche del Io e il mio produttore facevamo forte, favorita dal fatto di esse- fatto che si trattava di uno dei audizioni separate nei dintorni re separati da una sola genera- lavori più costosi del film, per di Detroit e, a fine giornata, ve- zione. Molti aspetti della vita di finanziare il quale abbiamo su- devamo l’uno i filmati dell’altro: quei ragazzi sono diventati poi dato parecchio e pure imparato abbiamo incontrato centinaia caratteristiche dei loro perso- a mendicare finanziamenti... di persone. La maggior parte di naggi, dal momento che abbia- quelli scelti non avevano mai mo lavorato sull’immediatezza A cura di Roberto Manassero L’AssessorAt de l’éducAtion et de lA culture de La Région autonome VaLLée d’aoste pRésente

terre(in)moto Angélique Kidjo Paolo Rossi Diderot dARI Les Autres Renan Luce 15 e 16 ottobre 2010 18 ottobre 2010 Mistero Buffo di Dario Fo Le Neveu de Rameau 12 novembre 2010 15 novembre 2010 30 novembre 2010 26 e 27 ottobre 2010 3 novembre 2010

Malika Ayane Remembering Mondi Capovolti Brent Jones Les Aventures Concert La Vedova 3 dicembre 2010 Jimi 13 dicembre 2010 &Total Praise Mobb de la Diva & du du nouvel an Allegra Toréador 9 dicembre 2010 17 décembre 2010 5 janvier 2011 7 gennaio 2011 21 décembre 2010

Jesus Christ Otello Daphné Dona Flor e The Voca People Maura Susanna Moni Ovadia Superstar 17 gennaio 2011 19 janvier 2011 i suoi due mariti 5 febbraio 2011 10 febbraio 2011 Shel Shapiro 12 gennaio 2011 26 e 27 gennaio 2011 14 e 15 febbraio 2011

L’Arca Sacha Guitry Pooh Hello Dolly! Boris Berezovsky Il Signore del I Solisti di Mosca 18 febbraio 2011 Désiré 25 e 26 febbraio 2011 28 febbraio 2011 3 marzo 2011 cane nero Yuri Bashmet 22 février 2011 7 marzo 2011 9 marzo 2011

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