RIVISTA EUROPEA REVUE EUROPÉENNE EUROPEAN REVIEW EUROPÄISCHE ZEITSCHRIFT sudREVISTA EUROPEA 4/5.

> Testi Yvonne Baby Elisabeth Barillé Frédérich Beigbeder Piero Berengo Gardin Emmanuel Bonetti Gherardo Bortolotti Alessandro Broggi Esteban Buch Angelo Castrovilli Maria Grazia Calandrone Ennio Cavalli Gianni Celati Biagio Cepollaro Stanko Cerovic Fiammetta Cirilli Thierry Crifo Cesare Cuscianna Dominique Delcourt Paola De Luca Luis De Miranda Jean Philippe Domecq Francesco Forlani Gabriella Fuschini Antonio Ghirelli Marco Giovenale Paolo Graziano Benoît Gréan Domenico Grifoni Andrea Inglese Petr Král > Immagini Olivier Maillart Giorgio Mascitelli Frédéric Pajak Walter Nardon Marie B.Cros Marino Niola Archivio Fiat Michel Odoul Fulvio Caporso Jean-Pierre Ohl Davide Sala Matteo Palumbo Roger Salloch Alexandra Petrova Fulvio Caporso Felice Piemontese Emmanuel Bonetti Philippe Pogam Guy Debord Lakis Proguidis Philippe Schlienger Renata Prunas Mimmo Jodice Laura Pugno * Luca Anzani Eleonora Puntillo Philippe Schlienger Davide Racca Francis Amiand Raiz Roger Salloch Margherita Remotti Bruno Bressolin François Ricard > Traduzioni Marc Garcia Massimo Rizzante Frédérique Francesco Rosi Cris Altan Giacomazzi Daniéle Rousselier Paola De Luca Luigi Esposito Roger Salloch Federica Di Lella Roger Salloch Lucio Saviani Francesco Forlani Romain Slocombe Roberto Saviano Martina Mazzacurati Roberta della Volpe Domenico Scarpa Paola Micalizzi Luca Dalisi Carmelo Seminara Paolo Nusco Andréas Lang Romain Slocombe Valentina Parisi Patrick Chevaleyre Michele Sovente Alesandra Rivazio Archivio Nunziatella Michael Sullivan Laura Toppan Carlo Levi (archivio François Taillandier questo numero è Francesca Spinelli Prunas) Jean-Charles dedicato Irene Stelli Archivio Storico Vegliante a Pasquale Prunas e Maria Laura Vanorio Chantal Nau Ornela Vorpsi Giancarlo Mazzacurati Lidia Verde Rafaele Ide Stefano Zangrando

periodico di cultura arte e letteratura Libreria Dante & Descartes € 7,00 2 sud 4/5.

PORCA PARIGI Thierry Crifo traduzione di Francesca Spinelli

Se ne sta al volante della sua gerato, proprio come la scollatu- che aspetta il cliente, fumando Noleggiare la Mercedes non è Mercedes coupé, parcheggiata in ra, il vestito aderente e il rosset- gauloise senza filtro e facendo mica complicato, sono trecento rue de Seze, dietro la Madeleine, to chiassoso che si rimette dopo le parole crociate, mentre su Ra- euro al giorno. Ginette se la divi- sono le tre di notte ed è gennaio ogni giro, e la gomma da masti- dio Nostalgie trasmettono Mike de con Dany, un’amica di Sarcel- inoltrato. La Madeleine, come care Hollywood per dimenticare. Brandt e i Beach Boys. les che invece lavora di giorno. È quella di Proust e della sua me- No, non si può dimenticare, ma Florilegio: dei provinciali un matematico, centocinquanta euro moria sepolta e dispersa, Proust cancellare per un attimo, prima po’ alticci, che prima passano per a testa, significa almeno due giri che abitava qui vicino, tra l’al- del prossimo pompino, il gusto rue St-Denis, si eccitano a distan- per pagare il noleggio, più un al- tro, la Madeleine dell’Olympia insopportabile del preservativo, za, e poi si spaccano i denti da tro giro, almeno, per le spese di dove Mistinguett era di casa, an- anche quando è al limone o alla vicino su una povera africana fa- trasporto, perché Ginette a not- che se quello era solo un cinema menta. sciata di rosa shock e data in pa- te finita, alle sei, parcheggia la tra tanti altri, la Madeleine del- Sessantacinque anni, il mo- sto. Stranieri in seminario, vec- Mercedes nel posteggio sotto la la piazza, della chiesa e di fron- mento della pensione per alcune, chi oppure giovani di periferia, o Madeleine e torna a casa in taxi. te, in lontananza, dopo la Senna, quasi tutte, ma a lei tocca ancora di campagna, oppure il contrario, Per campare, insomma, servono l’Assemblée, che le fa da gemel- sgobbare. I clienti sono sempre sbarcati a Parigi per un tirocinio, cinque giri a notte. la, da trompe l’œil ufficiale; la meno, ma ce ne sono alcuni che un colloquio di lavoro, un salone Cinque giri, un tempo, non era- Madeleine del teatro, di rue de la continuano a credere al mito del- qualunque a Porte de Versailles, no nulla, anzi, erano un insulto Paix e del suo caffè, dell’Opéra la città delle lucciole, Parigi intra o un funerale. A scelta. alla sua femminilità e alla sua e del suo fantasma; e poi, dal- muros, da Pigalle al Bois de Bou- perizia, ma adesso, col freddo di l’altro lato, la Madeleine di rue logne, da Porte Dauphine a Saint Ma la macchina, questa sì che gennaio, i tempi che corrono e gli Royale, se si getta uno sguardo Lazare, dai controviali dietro gli è un’idea geniale! La tedesca di anni che sono passati, cinque giri dietro la facciata impenetrabi- Champs Elysées a Place de la gran lusso fa la sua figura, fa col- rasentano l’impossibile. le di Maxim’s e del suo defunto Nation. Ma questa è tutta preisto- po sul passante, niente a che ve- cacciatore, dove tanti smoking e ria, le puttane sono invecchiate, dere con quei camioncini schifosi E così Ginette aspetta, ma non tante scollature si sono strofinati, quelle che hanno potuto o saputo e insalubri nascosti sui viali dal- si vede un’anima. Elle a discu- tra bicchieri vuotati e altri rotti, restare al passo coi tempi si dan- le parti della foresta di Melun o té le bout de gars, si l’on peut dove tanti musicisti di operetta si no a domicilio, fanno le star in della strada per Beauvais. Ce ne dire, con qualche collega dotata foto Archivio Fiat sono assopiti in piedi, morti vi- rete, complici la webcam e le luci sono ancora alcuni, come quelli di macchina tedesca o giappone- venti, sognando per notti intere studiate per nascondere le rughe che alla Coupole si fanno acca- se cromata, sul lastrico come lei, finte contesse che non si sareb- del tempo. Si mettono a nudo e lappiare dalle donne a caccia di ha insultato e cacciato via un esi- bero mai scopate, ma bisogna possono farlo da casa, con calma, ragazzotti col conto in banca im- bizionista in reggicalze con l’uc- pur campare, e allora giù serate, tra il formaggio e le pere, tra un bottito come la loro pancia, alcu- cello che sembrava un palloncino col violino in spalla che piagnu- reality e un altro, controllando la ni, quindi, ancora cascano come sgonfio, poi un ubriaco disfatto e cola da sempre, davanti a tavoli pentola sul fuoco con la coda del- pere nella trappola della creatura commovente. Ha abbassato il fi- di aristocratici di fine secolo, di l’occhio. Le altre, quelle che se che si offre (si vende); certo, non nestrino per dare seno e scollatura americani straricchi, di uomini ne stanno ancora sui marciapiedi è di primo pelo, ma in compen- in pasto a un tipo scialbo che si è politici scaduti o in erba, di don- fradici, sui viali, sotto gli ombrel- so è bionda da morire e ossigena- messo a mercanteggiare. Ha pre- ne da prendere, accompagnare o li, sotto le tettoie delle fermate ta a volontà, si abbrutisce e si fa so un cliente, un vecchio, grasso, abbandonare; la Madeleine di rue degli autobus, ragazzine dell’est, scopare nella sua macchina. Una che le ha raccontato la sua vita, Royale, quindi, ma anche quella fanciulle nel fiore degli anni, con Mercedes, scusate se è poco! lasciandole centocinquanta euro VIE della Concorde e della Camera l’anima già mutilata dagli orrori Come minimo c’è un tigre nel solo per venirle tra i seni, che dei Deputati, addormentata, per della guerra e della vita, un peu à motore, e pure una felina! Dav- sant’uomo! Il tutto è durato meno La parrucca bionda, la lascia mezzo a una folla già compatta, i una volta, e poi quella delle Tui- la peine, à la traîne, tossiche, pre- vero, sulla Mercedes coupé non di venti minuti. E così, dopo aver come ogni mattina in macchina, dannati della terra, sul treno, un leries e dei suoi appuntamenti tra se e sbattute dai più duri dei duri, c’è nulla da dire, solo da ammi- fatto un giro tra la Madeleine e il nel vano portaoggetti. treno che li porta in periferia. uomini avidi di sessi frettolosi, e che fanno fatica ad arrivare a fine rare con tanto di inchino, il mes- Palais Royal, tanto per non ave- Intanto l’ha chiamata Paul, il Si siede, appoggia la testa al fi- infine quella del Louvre, del suo mese, e allora costi quel che co- saggio è potente e implacabile. re né rimorsi né rimpianti, dopo tassista che tutti i giorni, alle sei, nestrino, contro il riflesso del suo museo e della sua piramide mit- sti, bene o male, rimangono là, a Infallibile. Pubblicità inganne- aver lanciato qualche occhiata la porta a casa a Levallois, in pe- viso. Il vagone inizia a riempirsi. terandiana, da cui la prospettiva, spiare il male che aleggia e son- vole, senza dubbio, ma una volta ai tipi fermi al semaforo accan- riferia. Si scusa, c’è stato un con- Ginette si sente subito parte di un valore a quanto pare borghese, necchia dentro di noi... Dei pove- che il consumatore è stato irreti- to a lei, senza successo, Ginette trattempo, è ancora impegnato, altro tempo, di un altro mondo, lacera a modo suo il cielo e il sel- racci qualunque in calore, a caso, to, il danno è fatto, ecco che è in- ha deciso di staccare. Sono le sei, sta andando a Roissy per beccare eppure il suo mondo è proprio ciato di Parigi, con uno squarcio con le mani in tasca, il colletto trappolato e non può più tornare inutile insistere. Nel parcheggio il volo da New York che atterra questo, e i suoi simili, quelli veri, netto e imperioso. rialzato, la sigaretta in bocca per indietro. È automatico. E per Gi- cambia la divisa da lavoro con tra poco. quelli che conosce senza aver bi- darsi un contegno, sono loro, sta- nette, è fatta!!! un paio di jeans, un golf grigio e Allora Ginette decide di cam- sogno di parlare con loro, sono E così aspetta il cliente, ses- tisticamente, l’obiettivo ideale, la un parka in pelle scamosciata. Ai minare fino a Saint Lazare, a due questi, e lei lo sa. Incrocia una santacinque anni a giugno pros- preda facile, quella che potrebbe Ancora due giri e la macchina per piedi, un paio di scarpe di ginna- passi da lì. Saint Lazare, col suo giovane donna, lavora come cas- simo – dice il contatore –, col ancora eccitarsi vedendo Ginette stasera sarà ammortizzata. Ecco stica grigie sostituisce felicemen- orologio cantato da Colette De- siera nel supermercato dove Gi- motore spento, il fondotinta esa- in minigonna nella sua Mercedes cosa pensa tra sé e sé Ginette. te le scarpe verniciate coi tacchi. réal, che si è suicidata nell’indif- nette va a fare la spesa. Ginette ferenza generale più di venticin- la saluta, poi le sorride. È molto que anni fa. Saint Lazare, i suoi bella, originaria delle Antille, di- passi perduti e i suoi treni per la vorziata con tre figli, sulla tren- Normandia o anche solo per Pa- tina. foto Archivio Fiat rigi ovest. Ginette si appoggia al Alla Madeleine farebbe furore. bancone del baretto arancione, Ma Ginette non ha la stoffa della aperto da poco, e ordina un caffè ruffiana. lungo con due croissant. Spinto- nata da uomini solitari e frettolo- Il treno ora corre sui binari, nel si, stanchi, con le occhiaie, diret- fumo e nel grigiume, tra i depo- ti probabilmente verso qualche siti, i piloni e i fili elettrici, i vec- cantiere, Ginette, irriconoscibile chi vagoni abbandonati sui bi- senza la parrucca e l’uniforme nari morti, i cimiteri ricolmi di notturna, è anonima, come i suoi migliaia di morti sconosciuti e simili, quasi invisibile, anche se il dimenticati, i grandi quartieri di tempo e il destino hanno lasciato cemento che circondano Parigi, i loro segni. Un tizio, un probabi- cités povere di storia e di memo- le ex-futuro cliente, in completo ria, gli immensi cartelloni pub- tre pezzi con la valigetta porta- blicitari, le macchine che a centi- documenti, uno che spicca tra le naia si trascinano sul raccordo. E altre solitudini mattutine, le chie- così il treno corre silenzioso, tra- de da accendere. Non la guarda sportando Ginette e la sua banda, neanche, non la ringrazia, e se ne tribù di novizi marchiati col ferro va. Ginette, come al cinema, si incandescente di una vita da di- sente spettatrice dell’atmosfera sgraziati, Ginette, icona in capo, di quella stazione, quasi sfasata. come ricalcata, ad anni luce di Ma lo statico vagabondare della distanza dal suo posticino riser- notte la richiama con crudeltà al- vato dietro la Madeleine e dalle l’ordine. L’unica cosa che conta, sue stupide e ridicole scappatel- adesso, è tornare il prima possi- le, ma bisogna pure far passare la bile nella sua periferia, ritrovare vecchiaia, Ginette di cui nessuno il suo piccolo bilocale nella cité qui sospetta, la doppia vita, anco- Jacques Prévert, ritrovare Paul e ra una volta, come il giorno e la Virginie, i suoi gatti, e mettersi a notte, il bianco e il nero, le lacri- letto, e fino a sera tagliare i ponti me e il piacere. con Parigi, i suoi codici e i suoi Dove il piacere, dove? artifici, allontanarsene, e voltare Ma il suo vero colore, sotto la pagina, fino a sera. parrucca, è il grigio, il grigio di tutti i giorni, che stride (stride?) Ginette attraversa la sala dei con l’oro effimero e corrotto del- passi perduti, getta uno sguardo le banconote che passano di mano al tabellone delle partenze e si di- in mano, dalla notte dei tempi. rige verso il suo binario. Sale, in Come lei... 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EDITORIALE LE VIE PER IL CENTRO Francesco Forlani Antonio Ghirelli

Un urlo e un discorso ci vengono e periferie. Come giustamente ci desiderio di suscitare polemiche Dopo la transizione dal castello bano e la periferia si è aperto un nel Seicento da una sciagurata da Napoli con le fitte quaranta scrive Ghirelli, la storia abita il giusto per il gusto dello scan- al borgo e dal borgo alla città, baratro, accentuato dalla specu- concomitanza di eventi: il falli- pagine di questo numero speciale centro e lascia fuori tutto il re- dalo, tanto caro ai nostri poveri l’avvento della società borghe- lazione edilizia e dalla rozzez- mento della rivolta di Masaniel- di «Sud». «Sud» è una rivista di sto. Scampia, nel cui nome c’è cronisti letterari e men che meno se e capitalista ha implicato una za degli “spiriti animali” di chi lo, la diffusione di una micidiale cultura che esce quando può, per già racchiuso un destino, è solo per riaprire vecchie ferite. Il caso valorizzazione del centro urbano accumulava la sua rendita su epidemia di peste portata da un sforzo di un gruppo di intellettua- una metafora di una rete che lega Malaparte può invece aiutarci come simbolo del potere politico quella speculazione, com’è ac- convoglio militare, la restaura- li e di scrittori che hanno capito e mondi diffusi, implosi, in perenne a capire quanto giovani autori e finanziario, quello che saranno caduto direi esemplarmente nel- zione del dominio dei viceré di che sono decisi a «resistere». espansione. Come dimenticare come Roberto Saviano, Paolo il Palazzo del Governo e la Ci- la Napoli di Achille Lauro tra gli Spagna ubriachi di grandezza e la forte esplosione delle torri di Graziano, Davide Racca, insieme ty, ma anche come rappresenta- anni Cinquanta e i Sessanta del di avidità come una banda di pi- Dalle pagine del “Politecnico”, Secondigliano, ed il mancato ab- ad altri tentano di fare con “le zione concreta di un’egemonia secolo scorso. Si è esaltata così rati. Franco Fortini cominciava così battimento. Troppo resistenti, mi scritture dal fronte meridionale”. socio-culturale, l’eleganza e la non a caso, la definizione di un La ferita è ancora aperta nel la sua lettera al Sud. Di quel raccontava Nora Puntillo, quei Sul Sud, proprio come mondo, raffinatezza, il lusso della clas- centro storico che, in qualche cuore della città un secolo dopo, “Sud” di Pasquale Prunas e dei monumenti al malessere, troppo dialogano Massimo Rizzante e se dominante, lo splendore dei modo, pretendeva di ereditare quando il glorioso contagio del- suoi amici ma anche di un tem- cemento armato in quel pertur- Gianni Celati, Olivier Maillart suoi palazzi e delle sue chiese, in nome del potere e della ric- la Rivoluzione francese sugge- po, quel dopoguerra sorprenden- bante, rimosso, delle coscienze e Francesco Rosi in un richia- l’esclusività dei suoi negozi. Per chezza, le “mirabilia urbis”, le risce ai cadetti dell’aristocrazia temente vicino a quello nostro degli architetti. Non ci saranno mo continuo alla tradizione del converso, a mano a mano che la memorie della cultura, dell’ar- e ai grandi illuministi napoleta- attuale, non solo per le difficol- analisi esaustive del fenomeno romanzo, soprattutto nella sua città s’ingrandiva i traffici s’in- te, di un passato più o meno glo- ni l’invenzione della Repubbli- tà a resistere ma soprattutto per né manuali di sopravvivenza capacità di fare mondo. Qualche fittivano, lo sviluppo dell’eco- rioso, esigendo quindi il solenne ca Partenopea. È uno splendido la facilità del piegarsi. Il nuovo ad uso e consumo dei residenti. tempo fa Einaudi promosse alla nomia condizionava un recluta- riconoscimento di un privilegio. fiore che sboccia nel deserto del- “Sud” esce quando può perché Periferia e centro sono paradig- sua maniera un’antologia tutta mento sempre più vasto ed esi- Mentre la periferia dei lavorato- l’ignoranza, della superstizione, un patto ci lega a quanti ci so- mi non localistici ma politici di meridionale chiamandola dei di- gente di masse proletarie, ai mar- ri retrocedeva insensibilmente al dell’emarginazione popolare ma stengono e ci sosterranno, ma un corpo che è una follia consi- sertori. A noi, invece, piacerebbe gini del centro urbano si andava livello di miserabili borgate, gre- che appassisce di colpo quando, soprattutto perché da due anni derare nella sua unicità locale. che la rivista “Sud” diventi un po’ addensando una brulicante peri- mite di “lumpen-proletariat” e in assenza di Bonaparte, la Santa la stessa idea di Sud ci accom- È la storia del nostro pianeta, come radio Londra, per gli eu- feria ossia una “conferenza”, un sempre più taglieggiate, control- Sede chiama i lazzari alla ribel- pagna e forse ci rende più forti. di placche di terra alla deriva e ropei occupati ieri dal nazismo, “perimetro” ideale intorno alla late, insanguinate dalla crimina- lione, alla riscossa, alla forca. E dal passato presente, ci giunge di scontri terrificanti, che siano oggi da un liberalismo altrettanto città, in cui un’edilizia distratta e lità più feroce. La periferia si vendica del cen- a far coraggio la voce di Rocco esse civiltà o masse d’acqua. E feroce, per città le nostre travolte servizi di terz’ordine accoglieva- È ancora Napoli, come proie- tro storico ma è come se si sui- Scotellaro, attraverso le note di mentre scriviamo queste righe ci da camorra e cinismo, che è cosa no il faticoso rientro dei lavora- zione di tutte le moderne metro- cidasse per la seconda volta, Renata Prunas. Tradizione signi- arrivano gli echi di altre esplo- ben peggiore dell’omertà mo- tori, molti dei quali però appena poli destrutturate dal progresso perché il massacro dei giaco- fica trasmissione e mai come in sioni, di capitali come prime li- derna. E che le parole diventino usciti dalle asprezze della civiltà a testimoniare la maledizione bini scandisce, con i suoi cupi questi giorni ci giungono forti nee, Londra, Madrid, Baghdad. onde sonore leggere e al tempo contadina, consideravano quelle esistenziale della frattura sen- rintocchi, un definitivo distac- gli appelli dalle grandi capitali Abbiamo inoltre curato un dossier stesso travolgenti. È tempo che case-dormitorio come un sogno za rimedio tra periferie e centro co. Quella che Raffaele La Ca- o dalle piccole città di provincia Malaparte, insieme alla parigina l’occidente ritrovi in se stesso le realizzato. È stato solo col tem- storico, cioè l’esclusione delle pria chiamerà «armonia perdu- a resistere. Il nostro progetto si è Atelier du Roman, per rendere ragioni della propria salvezza e po, con la crescita impetuosa e prime dalla storia. È l’iterazione ta». La plebe dei vicoli anticipa immediatamente definito tra ter- omaggio ad un grande romanzie- che il sud senza mimare alcun selvaggia del neo-capitalismo, a ossessiva nei decenni, nel caso di due secoli l’esilio, la dispera- ritorio locale e territorio globale, re, tra i pochi veramente europei nord ritorni a guardarsi dentro, ridosso e in seguito all’esito del- particolare della città del Golfo, zione del terzo mondo, giacché e con il numero cinque, abbiamo che l’Italia abbia prodotto. Non che significa innanzitutto intor- la seconda guerra mondiale, che di un degrado urbanistico, so- una distanza ormai astronomi- provato a interrogarci su centro ci ha spinti a farlo quell’insano no, come periferia tra mille altre. almeno in Italia tra il centro ur- ciale ed umano, provocato già ca la separa dal centro storico. DEL CENTRO

VELE disegno di Fulvio Caporso Eleonora Puntillo

Piazza Dante, pietra deserta, te- tanti, i pubblici amministratori. ché spostare ampliare o ridurre tato un simile stivamento d’es- posta la struttura, ma anche le to, rinunciandovi. L’effetto de- mibile, riarsa, abbruciante lo Dopo trent’anni, si demolisce. lo spazio della vita quotidiana. seri umani, sessantamila nell’in- arbitrarie variazioni all’origine. serto ha allontanato il pubbli- stinco,oppure gelida percorsa da A piazza Dante, giusto il tem- Infelicemente vietavano gran tera Scampìa, altrettanti in quel Tante le invocazioni alla con- co dagli esercizi commerciali travolgenti irreparabili impeti po di inaugurarla fra lo sconfor- parte di ciò che è normale ov- di Ponticelli. Poteva però non servazione, alla memoria, al riu- – librerie soprattutto – alla base di pioggia. Domandano spesso to (subito vittorioso sul sollievo vio e predestinato accada in crearsi disagio se in tempo de- tilizzo. «No, è stata una speri- dell’emiciclo settecentesco. come scamparla, e lungo quale per la scomparsa del soffocan- una casa. Vietato anche evitare bito fossero pervenuti gli stru- mentazione finita male, bisogna La piazza è un vuoto assai spa- vico antico ombroso imbreccia- te pluriannoso cantiere): in fret- l’ascolto del vicinato urlante: menti indispensabili alla felicità trarne le conseguenze»: Sergio zioso dove però non è consentito to fuggire. ta, poche ore dopo la cerimonia, nulla più della parete cementizia urbana: scuole capaci di attrarre Stenti, docente di Progettazione ai bus turistici di sbarcare visi- Furono inizialmente chiama- venne fatta sparire l’intera schie- prefabbricata trasmette meglio – 12 ore su 12 – i ragazzi, tra- e storico dell’Architettura (Uni- tatori desiderosi di imboccare il te ‘tendÈ divennero poi ‘velÈ ra di temibili birilli di pietra che gli improperi reciproci, nottur- sporti, servizi, manutenzione, vesità Federico II) ha il pregio solenne seicentesco ingresso di quelle di Scampìa, e la casuale segnavano un sentiero a metà del ni e diurni. Vietato anche evitare commercio, verde, gioco, luoghi di parlare chiaro: «Conserva- Port’Alba, breve singolare anti- lettura della primigenia defini- deserto. Agguati a femori e ti- l’atroce malìa della droga: l’ac- di spettacolo, insomma la nor- re…? Magari un solo esempio, chissimo concentrato di librerie zione progettuale propone una bie, brevi, smilzi, rischiosissimi correre infelice da tutta la città male civiltà dell’abitare altrove come fosse un pezzo da museo. che introduce al Centro Antico. (forse impropria assurda illogi- non facili a percepirsi dal pedo- conferma che nessun posto si diffusa al punto da rendere con- Non sono abitabili da famiglie; al Non si osa manomettere ancora ca) associazione mentale fra ar- ne, ancor menoin caso di raduno, presta meglio di quelle scale so- veniente risiedere nelle perife- massimo possono sistemarci resi- (dopo aver tolto i birilli, è stata chitetture, luoghi, fruizione e incontro, assembramento, comi- spese e quei passaggi aerei labi- rie. Da noi sconosciuta. denze studentesche, che a Napoli impiantata una seconda maesto- funzioni del territorio. Eppure… tiva, corteo, sfilata, festa, comi- rintici, allo spaccio di qualsiasi Quando la prima Vela fu attac- proprio mancano. E ci vuole uno sa pianta di mango, e sistemate Adesso a piazza Dante ci zio. Infelicemente vietavano tut- polvere. cata con la dinamite, un meravi- sforzo enorme, di spesa e di pro- tante panchine di nera pietra, an- vorrebbe una tenda maga- to quel che è predestinato, ovvio, Vietato anche difendersi dal gliato e rabbioso sconcerto salutò gettualità, per non fare altri erro- ch’esse impraticabili col sole) il ri invisibile che, sorretta dal- normale, accada in una piazza. freddo dal caldo dall’umido. l’inattesa resistenza, il prolungato ri. Sono state il frutto del divario disegno dell’illustre Gae Aulen- le marmoree 26 virtù di Carlo Vietato anche guardare in fac- L’abusiva murazione del piano- rifiuto di crollare da parte di una fra cultura tecnico-architettonica ti, che ha fatto un deserto e l’ha di Borbone, consenta di ripor- cia l’Alighieri marmoreo, ora terra – in origine cortile coperto struttura ‘autoportantÈ con mo- e cultura locale e popolare». chiamata piazza. tare lo sguardo sulle armoni- proteso più avanti verso l’urlan- destinato al gioco, al parcheggio duli a forma di grandi ‘C’ acco- Silenziosamente fallite le Improponibile, forzato, questo che megastrutture vanvitelliane. te pauroso scorrimento motoriz- – provocata dall’arrembaggio state e sovrapposte. Resistentis- tante ipotesi di recupero e si- confronto concettuale fra le Vele E a Scampìa una rasa tabula zato. agli spazi nel dopoterremoto, sima. E nessuno sapeva; il coor- stemazione: costi eccessi- e Piazza Dante? Forse sì. Però che renda invisibili le Vele. Nelle Vele (o tende, o ziqqu- abolì del tutto la prevista indi- dinatore del progetto (Francesco vi, deludenti previsioni dei un legame fra questi due fram- Ci sono voluti quasi trent’an- rat, o torri) che si sollevano da spensabile circolazione dell’aria Di Salvo, architetto napoletano risultati. Fioccano i rifiuti. menti di città esiste, possente: ni per capire che l’utopia mega- due a quattordici piani, ascen- fra esterno, cortile e cavedio in- di notevole livello non solo nel A Piazza Dante la facile rugo- Scampìa e Piazza Dante sono (e strutturale madre di quelle pira- sori in perenne guasto inducen- terno fra edifici: complice una campo della sperimentazione) sa pietra lavica prescelta al posto lo resteranno per anni) i due ca- midi, in quel di Scampìa falli- ti a vandalismo anche il più te- impermeabilizzazione da ladro- era scomparso da tempo, così dei tradizionali ‘basoli’ di cultu- polinea della nuova Metropolita- va assai duramente, con guasti nero pacifico condiscendente cinio, la nebbiosa condensa vin- come l’Ente pubblico commit- ra locale e popolare, s’è riempi- na, la Linea 1, quella delle favo- e danni per tutti: per il pensiero degli abitanti; nelle case, pare- se penetrando ovunque con geli- tente (Cassa per il Mezzogiorno) ta subito di misteriose macchie lose stazioni d’arte e d’archeolo- urbanistico moderno, per la spe- ti brutalmente ostili dove è im- de muffe. con tutti gli archivi. Se reperiti nere resistentissime alla piog- gia ovvero ‘museo obbligatorio’ rimentazione architettonica, per i possibile appendere una menso- Sette Vele per 6.500 abitanti: in tempo, quei disegni avrebbero gia ealle pulizie; il problema di che ha il compito di educare gu- progettisti, gli esecutori, gli abi- la, un quadro, un ninnolo, non- mai in precedenza s’era prospet- rivelato non solo com’era com- eliminarle è stato subito risol- sto e conoscenza del viaggiatore. 4 sud 4/5.OVER MATERIALISMO VOLGARE Italo Calvino e il lavoro SECONDA PARTE Domenico Scarpa

la grandezza di lavoro umano linguistico generico medio con cui si misura Dio con cui si misura Dio in termini TURN di lavoro Elio Pagliarani Dittico della merce II. ta del tram, sulla pietanziera con come lavoratore, una nuova co- dice Calvino, siamo anche ciò il suo maestro Eugenio Montale l’ipotesi di Barthes, non arriva a lo scambio del pranzo (salsiccia scienza antropologica che serva che produciamo, «le vite uma- guardava alla realtà con stupore, credere che i rapporti tra le cose, i «Senza pietre non c’è arco». In gelata contro fritto di cervella an- oggi è sul valore che dà al lavo- ne si prolungano attraverso le come riavendosi da una prolun- discorsi sulle cose, esistano a pre- questo motto sapienziale trat- cora fumante) tra Marcovaldo e il ro – alla trasformazione del lavo- cose»: cose necessarie in quanto gata trance –«Il mondo esiste...»: scindere da esse; ecco lo stralcio to dalle Città invisibili trovia- ragazzino ricco. ro […]. Ciò che l’uomo divente- «la vita del genere umano che è è un verso degli Ossi di seppia –, di un’intervista concessa nel 1967 mo l’essenza del materialismo Qualche anno più in là, il tema rà vuol dire ciò che diventerà il vita sociale e culturale oltreché l’allievo sembra percorrere un iti- a Madeleine Santschi: «Io non di Calvino. Addirittura, lo si po- avrà un ruolo portante nel rac- lavoro, nel suo doppio aspetto biologica si realizza attraverso nerario opposto, dalla concretez- sono tra coloro che credono che trebbe adottare come una formu- conto autobiografico La strada (soggettivo, oltre i molti aspetti gli oggetti, gli strumenti, gli edi- za degli oggetti al loro alleggeri- esista solo il linguaggio, o solo il la di trasformazione dell’energia di San Giovanni (1962): le ce- oggettivi) di lavoro-come-sforzo fici, i luoghi, e così anche i segni, mento, alla loro scarnificazione, pensiero umano [...]. Io credo che in lavoro. Il materialismo è una ste cariche di frutta e verdura che e prova (oggi mistificato fino al- le rappresentazioni, la scrittura». alla loro proliferazione simbolica il mondo esiste indipendentemen- delle invarianti dell’opera e del l’agronomo Mario Calvino, padre l’impudenza) e di lavoro-come- Gli oggetti sono soggettivi; e mitologica. te dall’uomo; il mondo esisteva pensiero di Calvino, anzi, del suo di Italo, raccoglie nei propri po- piacere (oggi utopico al punto sono emanazioni dello stile; sono In principio era l’oggetto; poi, prima dell’uomo ed esisterà dopo, modo di stare al mondo. La sua deri per rifornire la famiglia negli di suonare scherno atroce per la la retroazione del mondo che ci l’oggetto viene stilizzato in una e l’uomo è solo un’occasione che biografia intellettuale ci dice che anni di strettezze autarchiche del maggioranza del genere umano lavora a propria immagine men- immagine che produce spunti il mondo ha per organizzare alcu- scelse di prendere congedo, a un fascismo in disgrazia, appaiono ma in linea di principio sempre tre lo si lavora per estrarne im- narrativi; poi, l’immagine prende ne informazioni su se stesso». certo momento, tanto dal marxi- «insignificanti» agli occhi di suo possibile e sperimentabile […]». magini. Trascurare le cose è sin- a irradiare un significato, ed è in Fin qui non siamo ancora ap- smo che dallo storicismo; mate- figlio, «come sempre al giovane Questo nesso tra identità, espe- tomo di una «sdegnosa ingratitu- questo istante che si spicca il sal- prodati al materialismo vero e rialista, invece, lo è rimasto per appaiono banali le basi materiali rienza e lavoro (e strumenti di dine» da parte dell’uomo. to caratteristico delle ultime ope- proprio; ci porta più in là un’altra tutta la vita. della vita». lavoro) è dato fin dagli esordi di Calvino confuta la catena sillo- re calviniane: dal mondo scritto lapidaria sentenza delle Città in- In viaggio a Chicago (gennaio Le basi materiali: ritroviamo Calvino che, come si può vedere gistica che procede come segue: (la materia) al mondo non scritto visibili, libro apparso negli anni 1960) Calvino si ritrova a riem- la stessa identica espressione da questa recensione a Labora- la nostra società consumistica ci e di là fino al simbolo e al mito. di massimo trionfo dello struttu- pire tre o quattro fogli di appunti vent’anni più tardi in un testo di torio dell’uomo di Felice Balbo induce a desiderare una quantità Il lavoro, il materialismo, sono gli ralismo radicale: «La menzogna per una «collana di ricerca mora- autocommento a Palomar, opera (1947), ha idee chiare in meri- sempre maggiore di cose – ergo, strumenti pratici e intellettuali di non è nel discorso, è nelle cose». le» da proporre a Einaudi; pro- nella quale il trittico Palomar fa to: «solo considerando la cultura l’uomo diventa schiavo delle questo salto evolutivo. Con queste parole si conclude la gramma, «far scaturire le linee la spesa è definito «il cuore del come tecnica potremo far cadere cose – ergo, le cose sono nemi- Se qualcosa viene scavalcato, se descrizione di Olivia (Le città e d’una morale dall’attività prati- libro»: «questa parte, dedicata ai il mito crociano dell’individuali- che all’uomo. L’atteggiamento uno spazio c’è che permane ine- i segni, 5); al suo interlocutore ca, dal fare tecnico ed economi- negozi alimentari di Parigi, corri- tà astorica creatrice e arricchire che vorrebbe promuovere è di- splorato da questa avventura scrit- Kublai Kan, Marco Polo è anda- co, dalla produzione, dal lavoro sponde a uno dei temi a cui ten- eticamente il concetto di “valori verso: ritrovare, o rifondare, un ta, è l’io: è la ricerca interiore alla to evocando nuvole di fuliggine insomma (e nel lavoro rientra go di più e che potrei definire “le universali” trasformandolo in un rapporto corretto con le cose. Il quale Calvino si dice refrattario. e, nel frastuono delle officine, «il l’organizzazione del lavoro)». basi materiali dell’esistenza”». concetto d’utilità umana». Qual- titolo del suo pezzo esprime esat- L’io verrà anch’esso racconta- gesto che accompagna il mandri- L’elenco dei libri da fare comin- Che un tema così carnoso si che anno dopo (1951) si espri- tamente questo: «L’accusa più to per mezzo di oggetti – e delle no contro i denti della fresa ripe- cia con le memorie degli uomini- trovi al centro di un libro gra- merà in maniera più elementare forte che si deve levare contro la rappresentazioni simboliche sca- tuto da migliaia di mani per mi- fabbri per eccellenza (agricolto- vitante sugli eterni silenzi di un ancora in una lettera a Luigi An- moderna guerra di distruzione è turenti dagli oggetti, si pensi solo gliaia di volte al tempo fissato per ri, mercanti, navigatori) e finisce personaggio apparentemente di- derlini: «io sono materialista e so che colpisce la continuità viven- alle storie del Castello dei desti- i turni di squadra». evocando testi sulla «morale del sincarnato come il signor Palo- che la materia del mio lavoro di te delle persone e delle cose». (I ni incrociati ricavate dai dettagli Eccoci così sbalzati nuovamen- fare poetico», cioè riflessioni di mar suggerisce che in Calvino scrittore sono la penna, la carta, medesimi temi si ritrovano in un materiali delle figure sulle carte te indietro, agli anni Quaranta, scrittori e artisti sul proprio me- l’essere (l’esserci) e l’avere sono le ore al tavolino, le parola, la fa- articolo del 1981, dedicato a Ma- da gioco. alle letture giovanili di Calvino, ai stiere. Anche qui pietra e arco, inscindibili. tica di far chiare le mie idee con- rio Praz e raccolto in Collezio- Vera pietra di paragone di que- suoi reportage operai di dieci anni lavoro materiale e immateriale si Calvino fu insofferente verso fuse [...]. Le esperienze pratiche ne di sabbia. Anche qui il titolo sto rapporto con gli oggetti è però dopo; e a Karl Marx. compenetrano; ma quell’armonia molti slogan del Sessantotto e poi concorrono a far scrivere bene, e è eloquente, La redenzione degli la donna, che in Calvino è sem- Il Marx (o meglio: il Marx-En- è risultato di una lotta, una lun- del Settantasette: l’immaginazio- sono in molti casi indispensabi- oggetti). pre l’essere (la metà della cop- gels) che piace al Calvino ‘rivo- ga pazienza, come sa chiunque ne al potere, la cultura del Desi- li; ma non vedo come possano, Ci spostiamo allo zoo di Bar- pia) dotato di senso della concre- luzionario’ è appunto quello del si provi a manipolare la materia derio con la D maiuscola... Ogni da sole, trasformarsi in una tec- cellona, dove il signor Palomar tezza, uso di mondo, disinvoltura materialismo storico, quello che perché assuma delle forme. volta che – raramente – ne parla nica così diversa e difficile come sta osservando il giovane goril- nei commerci umani. La donna, pone la classe operaia al centro Esiste fin dagli anni giovanili, non sa fare a meno di mostrarsi lo scrivere, che abbisogna di una la albino «Copito de Nieve» che radice e fondamento del mondo, della dottrina politica: «il proleta- nella biblioteca di Calvino, uno ingrugnato, scorbutico. Franco sua pratica, di una sua intelligen- tiene stretto un copertone d’auto- è la giusta custode degli oggetti e riato è “erede della filosofia clas- scaffale riservato agli scrittori Fortini lo sfotte «il padre nobi- za e fatica». mobile. Al signor Palomar que- delle basi materiali dell’esistenza, sica tedesca” – leggiamo in Vitto- del fare, poeti dell’aristocrazia le» per il tono dei suoi articoli di Non credo sia un caso che le sta simbiosi tra un essere viven- lo conferma il personaggio di Lu- rini: progettazione e letteratura, plebea del lavoro: classici come fondo sul “Corriere della Sera” di sue prime riflessioni sullo scrive- te e un manufatto industriale fa dmilla in Se una notte d’inverno 1967 – non perché particolarmen- Defoe e Conrad, contemporanei Piero Ottone (vi collabora tra il re siano filtrate dalla voce di Suor balenare «una via d’uscita dallo un viaggiatore: il ritratto di questa te adatto a lasciarsi trasformare in come Anderson e Hemingway. ’74 e il ’79); ma quando parla del Teodora nel Cavaliere inesisten- sgomento di vivere: l’investire se donna di cui non vediamo mai il un concetto ma perché capace di Cesare Pavese, l’amico che tutti lassismo e dell’approssimazione te, e che quest’ultima sia filtrata stesso nelle cose, il riconoscersi viso è disegnato mediante la de- imporre che al posto dei concetti li studiò o li tradusse, è l’ultimo che vede diffondersi tra le giova- a sua volta dai rumori di fondo nei segni, il trasformare il mondo scrizione della sua casa, e in parti- siano le persone e le cose nel loro tormentato rampollo di quella no- ni generazioni è tutt’altro che se- del lavoro quotidiano: «Sotto la in un insieme di simboli». colare della cucina, cioè del tem- fisico spessore materiale a stabili- bile schiatta. Forse non è un caso reno e composto. Il disastro delle mia cella è la cucina del conven- A visitare quello zoo il signor pio della vita materiale. «Sono le re i loro rapporti». Se ora a questa che porti la data del 1960 anche il università italiane sta preparan- to. Mentre scrivo sento l’acciot- Palomar ci era andato con il suo provviste che possono dirci qual- frase ne cucissimo un’altra, scritta saggio Pavese: essere e fare. do «Una società di impiegati, ca- tolio dei piatti di rame e stagno: amico Calvino, che scrisse an- cosa di te: un assortimento d’er- nel 1980 (la prelevo da una recen- Pietre e archi rimandano innan- piufficio, uscieri, e di professori e le sorelle sguattere stanno sciac- che lui, però in prima persona, il be aromatiche, alcune certo d’uso sione a Cannibali e re dell’antro- zitutto all’architettura della Ligu- studenti di scienze impiegatizie e quandole stoviglie del nostro ma- resoconto della giornata. A con- corrente, altre che paiono star lì pologo Marvin Harris), nessuno si ria, ai vicoli della vecchia ‘Pigna’ di prerogative comparate». Que- gro refettorio. A me la badessa ha frontare i due testi, si direbbe che per completare una collezione; lo accorgerebbe della sutura: «la for- di San Remo: nei testi che per un sti sedicenti ribelli sono confor- assegnato un compito diverso dal l’uno riecheggi e sviluppi i pen- stesso si dica per le mostarde; ma za – e la necessità morale – d’ogni trentennio – dal “Politecnico” fin misti della specie peggiore: una loro: lo scrivere questa storia, ma sieri dell’altro. Lasciamo la paro- sono soprattutto le collane di teste “materialismo” è nella sua “volga- dentro gli anni Settanta – Calvi- casta di futuri burocrati che sa di tutte le fatiche del convento, in- la al signor Calvino: «solo attra- d’aglio appese a portata di mano a rità”, cioè nella determinazione a no dedicherà al paesaggio ligure, avere, comunque vadano le cose, tese come sono a un solo fine: la verso un’immagine che mi si pre- indicare un rapporto coi cibi non riportare tutto all’elementarità dei non manca mai il tema dell’at- potere sicuro e vita morbida per i salvezza dell’anima, è come fos- senta come nudo oggetto signifi- distratto o generico. […] Qualcu- problemi della sopravvivenza». trito con una natura refrattaria e prossimi secoli. sero una sola. Ieri scrivevo del- cante posso stabilire un contatto no si potrebbe innamorare di te Materialismo volgare; lo stesso avara, mai è assente un richiamo È sempre malvolentieri e di la battaglia e nell’acciottolio del- con i significati possibili d’una solo a vedere la tua cucina? Chis- per il quale optava un suo maestro all’etica del sudore. striscio che Calvino prende la l’acquaio mi pareva di sentir coz- realtà fuori dalla logica d’ogni sà: forse il Lettore, che già era fa- degli anni giovani, Bertolt Brecht, Qual è il rapporto di Calvino parola su questi temi; nella sua zare lance contro scudi e corazze, discorso [...]. Tutti rigiriamo tra vorevolmente predisposto». a cominciare dal suo celebre mot- con la materialità degli oggetti, voce si colgono timidezza e in- risuonare gli elmi percossi dalle le mani un vecchio copertone Così delineata per accenni la vi- to «Prima la pancia piena, poi la quali nessi esistono tra le cose, e transigenza insieme, precipita- pesanti spade». vuoto attraverso il quale vorrem- cenda cronologica del materiali- morale». tra le cose e i discorsi sulle cose? zione e nervosismo, attenzione a Mandare avanti un discorso a mo raggiungere il senso ultimo a smo calviniano, dalle cucine del Il Marx-Engels di Calvino è tut- Per capirne di più si può parti- non lasciarsi andare troppo e vo- colpi di citazioni non sarà il mas- cui le parole non giungono». Cavaliere a quelle del Viaggiato- t’altro da quello dogmatico e pie- re da un progetto letterario de- glia matta di sbottare una buona simo ma non c’è di meglio per Palomar e Calvino (o Palomar- re, sarà il caso di rimontare velo- trificato della ragion di stato (o di gli anni Cinquanta, una raccolta volta. Il migliore documento di rendere testimonianza lampante Calvino) stanno tentando di co- cemente ai suoi presupposti teo- partito) comunista: è un pensatore di racconti che avrebbe dovuto questo genere è una lettera del 5 – materiale – della coerenza di municarci uno stesso pensiero: rici; dopodiché si potrà provare a della praxis, un filosofo (cito dal- intitolarsi L’appetito vien man- novembre 1971 indirizzata pro- Calvino in questo campo. Tor- il punto di partenza di ogni di- trarne qualche conclusione valida l’Ideologia tedesca) che si propo- giando; il tema doveva essere la prio a Fortini: lavoro significa niamo dunque agli anni Settanta: scorso sull’universo, di ogni rap- tanto per il Calvino giovane che ne di «spiegare il processo reale «soddisfazione di bisogni mate- svolgere un’attività per giustifi- a un articolo sulla bomba al neu- presentazione simbolica, di ogni per quello maturo. della produzione», la verità del- riali». Nel libro sarebbero con- care il fatto di essere al mondo. trone scritto nel ’77 per la prima emissione di segnali ed elabora- Possiamo partire da due afori- le cose, senza mai distogliere lo fluiti alcuni racconti di Ultimo Nessuno ha assoluto diritto a vi- pagina del “Corriere”. Il titolo, zione di significati, è un nucleo smi. Il primo è del pittore Geor- sguardo dalla «reciproca influen- viene il corvo (per esempio, Visti vere solo perché oramai è nato. benché redazionale, è impeccabi- di certezza sensoriale. Affidarsi ges Braque: «Non credo alle cose, za» tra il «modo di produzione», alla mensa, Furto in una pastic- La nozione del lavoro come le: Gli uomini giusti con le cose alla materialità delle cose non si- credo ai loro rapporti». Il secondo la società civile, lo Stato e «tutte ceria, Desiderio in novembre) e pura condanna e pura negatività, giuste. Tra gli argomenti con- gnifica alienarsi a esse; è anzi il è di Roland Barthes: «le fait n’a le varie creazioni teoriche e le for- soprattutto la maggior parte delle quale la si coglie nell’operaismo tro la bomba N, non lo convince modo di avvicinarsi a una verità jamais qu’une existence linguis- me della coscienza, religione, fi- storie di Marcovaldo scritte tra il più oltranzista e nei discorsi dei «quello d’una speciale maligni- che le trascenda senza cancellar- tique». Calvino è dalla parte di losofia, morale, ecc. ecc.». ’52 e il ’56: per esempio, quel- gruppuscoli studenteschi extra- tà di questa bomba in confronto ne la solida presenza; anche se Braque perché non crede alle cose Quando Calvino comincerà a le sulla legna procurata facendo parlamentari, è una mistificazio- alle altre perché uccide gli uomi- poi sappiamo bene che, a forza assolute, svincolate dai loro nessi nutrirsi del pensiero strutturalista, a pezzi i cartelli pubblicitari sul- ne grave. «Se l’antropologia di ni rispettando le cose» in quan- d’interrogarsi sull’universo, Pa- con ogni altra cosa: sotto questo non gli sarà necessario rinnegare l’autostrada, sulla frittura dei fun- Marx (ricavabile da) era un’an- to «rivelatore di un rapporto con lomar-Calvino finirà per met- aspetto è uno strutturalista con- Marx; gli basterà ripensarlo inte- ghi (velenosi) raccolti alla ferma- tropologia del lavoro, dell’uomo le cose che sento ingiusto». Noi, terne in dubbio l’esistenza. Se vinto; e seppure affascinato dal- grandolo con nuovi saperi ade- RIVISTA EUROPEA REVUE EUROPÉENNE EUROPEAN REVIEW EUROPÄISCHE ZEITSCHRIFT REVISTA EUROPEA sud 5 guati a una situazione storica di- Io ho conosciuto Libereso. versa. E non solo Marx, ma tutti Dieci anni fa. Un pomeriggio, gli altri narratori-filosofi del Set- a Sanremo. Ero nella città li- tecento francese che nell’Italia e gure ospite di un’amica esper- nell’Europa degli anni Sessanta ta di architettura dei giardini, cominciano a godere di cattiva allieva di Libereso. Libereso reputazione in quanto illuministi è Libereso Guglielmi, in Italia (l’edizione italiana della Dialet- tra i massimi esperti di piante tica dell’illuminismo di Horkhei- e giardini. mer-Adorno, scritta nel 1944, Figlio di un anarchico appas- esce nel ’66). sionato di esperanto, di fami- In una nota all’edizione scola- glia povera, Libereso viene stica del Barone rampante, il cu- ‘adottato’ dal padre di Calvino. ratore Tonio Cavilla – che, pro- Il quale gli trasmette l’amore prio come il signor Palomar, è un per le piante, i fiori, le terre; eteronimo di Calvino – troverà il ogni giorno, per diversi anni, modo di precisare «che più ancora il ragazzo Libereso dipinge ad delle opere di Voltaire, Rousseau, acquarello o disegna a matita Diderot, quel che interessa l’Au- una pianta diversa. Molti anni tore è il nuovo posto che con essi dopo, Libereso si ritroverà a il lavoro viene prendendo nella partecipare ad un concorso per cultura». direttore di uno dei giardini Ci si può fermare qui. A questo reali d’Inghilterra. Senza co- punto, forse, la bizzarra forma di noscere l’inglese e senza stu- religiosità praticata dal signor Pa- di superiori, Libereso vince il lomar non ci lascerà troppo scon- concorso perché è l’unico tra certati. È vero, da giovane il suo tutti i candidati a sapere tutti amico Calvino professava un i nomi delle piante in latino. «ateismo ateo». Più maturo e per- Rimane così per molti anni in plesso, Palomar è un politeista che Inghilterra, responsabile di uno ha il massimo rispetto per le cose, dei giardini della Casa Reale. soprattutto da quando ha incontra- Libereso mi parlò anche to Gli dèi degli oggetti: «Gli dèi del suo quasi coetaneo Italo ai quali crede il signor Palomar Calvino, col quale era in pra- si nascondono negli oggetti quo- tica cresciuto, ma con più af- tidiani: ogni mattina aprendo la fetto mi parlò del padre di lui, finestra saluta e interroga gli dèi di cui si sentiva, in famiglia, il delle tende, gli dèi dei vetri, gli dèi vero continuatore. Mi parlava del davanzale, delle persiane; più anche della moglie di Calvino, in là gli dèi della finestra di fronte, e poi di un certo tipo di spe- della grondaia, del lampione». culazione edilizia, di vendita «(La coscienza del signor Palo- di immobili ancora abitati da mar è fatta di molti strati sovrap- persone anziane, cose di cui posti, sottili e trasparenti come io già sapevo qualcosa, e an- scorze di cipolla; ogni scorza rac- che per questo non andammo chiude una diversa concezione oltre. del mondo o metodo di pensiero Libereso mi parlava di queste o religione; una di queste scorze cose, mi raccontava la sua sto- non ha dubbi sull’esistenza degli ria, nel suo giardino. Si muo- dèi)». veva tra le foglie, i fiori, le Gli dèi degli oggetti, settem- piante come fosse uno di loro. bre 1975, prosegue ancora un Parlando, strofinava ogni tanto po’; non è lungo ma è mol- tra le dita le foglie di qualche to bello. Il signor Calvino non pianta e me le faceva annusa- lo volle includere in Palomar: re, mi spiegava la differenza lo si può leggere nel terzo volu- dei profumi e dei loro nomi. me dei suoi Romanzi e racconti. Sua moglie, quando entrai in cucina per un bicchiere d’acqua lasciando per un po’ Libereso ad innaffiare le pian- te, mi diceva guardandolo at- traverso i vetri: guardalo, lì tra le sue creature è il signore del mondo, sa tutto, sa fare tutto, certe piante crescono solo nel suo giardino; gli scri- vono per consulenze e vengo- no da tutto il mondo, ieri sera dal Giappone; ma se lo mandi alla posta si perde e torna su- bito a casa. UN POMERIGGIO, Ritornai in giardino, da quel- LIBERESO l’uomo che sembrava uscito Lucio Saviani da un racconto di Calvino, lui che una volta ci era entrato, perché Libereso mi mostrava Uno dei racconti di Italo da lontano delle foglie scure Calvino, quello che apre la e grosse. Erano foglie di basi- raccolta Ultimo viene il corvo, lico, ma erano blu, di un tipo ha per titolo Un pomeriggio, che solo lui riusciva a far cre- Adamo. La prima pagina ci scere nella sua terra ligure. presenta il nuovo giardiniere di Le poche volte che Libereso casa Calvino. È un ragazzo di usciva dal suo giardino, da 15 anni, si chiama Libereso, ha casa sua, era per andare nelle un fratello e una sorella, che si scuole materne ed elementari chiamano Germinal e Omnia. che lo invitavano per parlare Libereso, in esperanto, signi- coi bambini di giardini, fiori fica Libertà. Sono cose che e piante. Gli piaceva molto, veniamo a sapere da Libereso, più di qualsiasi altro lavoro, mentre parla con Maria-nun- da quando era tornato dall’In- ziata, la ragazza che lavora in ghilterra. cucina. Il ragazzo le fa visitare Prima che andassi via, Libereso il giardino; Libereso è di una mi regalò il basilico viola, un miracolosa naturalezza: con le suo acquarello di tanti anni sue mani marrone e gialle di fa, con il disegno di una pian- calli scava nella terra e pren- ta con tanto di nome latino, e de lombrichi, accarezza rospi, una pianta vera, piccola ma prende cetonie, ramarri, bisce. con una forte radice. L’avvolsi Fa di tutto per regalarle qual- in un giornale e la riportai in cosa. Fa cose che Maria-nun- treno a casa. La regalai al mio ziata nemmeno sognerebbe di migliore amico, che da allo- fare. ra la tiene sul suo terrazzo a Il racconto si chiude con una foto di Davide Sala Roma. È cresciuta tanto, si scena da sogno, anzi con una estende su quasi la metà del sorta di naturale miracolo. terrazzo. Si chiama Libera. 6 sud 4/5.

foto di Roger Salloch

IL GRIGIO DI LISBONA Petr Král traduzione di Paola De Luca per Mario Cesariny Il grigiore delle città è essenziale, La statua e il suo spalto adorno EXTRAUna visita al grande merca- ricompensa per un cammino su tutto il suo fasto, che anzi sembra to, quanto per la sua capacità di non c’è niente di più fasullo del- di stele di marmo, intorno a cui to coperto di Lisbona, vicino al cui si traversano anche, fatalmen- un palcoscenico fuori uso, dove dire la metafisica d’una esistenza la delicatezza delle tinte pastello giriamo all’improvviso col nostro porto, basta a dimostrarlo: il con- te, zone deserte: un incrocio tutto pure i turisti sembrano venire per anonima, delle sue invidie e fru- con le quali, qua e là, si cerca di taxi, in una ripida salita, si stacca creto non è mai tanto copioso e abbandonato al vento tra due pas- sbaglio... strazioni di semplice impiegato. ricoprirle. Molto più importante dal canto suo, come uno scoppio attraente come nei paesi poveri. saggi di automobili, la strada in Anche a Lisbona il sorriso Eternamente “alla vigilia di non di qualsiasi “animazione cultura- di risa livide su fondo di notte Dai ciuffi di foglie delle verdu- cui le facciate s’affrontano silen- degli angeli ci arriva come un partire mai”, stentato nel comple- le”, ci si nasconde una metafisica chiara, tutta gonfia di pioggia. La re tagliate e ammucchiate sotto ziosamente sotto un cielo cucito premio, dopo un faccia a faccia to stretto, non scrutava l’orizzon- urbana, acquattata in questo gri- profusione di grigi in mezzo a cui la volta del mercato, come per di fili elettrici dei tram. Nella ca- con una popolazione dolce, af- te velato di bruma che per andare giore la cui ricchezza, mi sembra, spunta, fa prendere al bianco della un’offerta votiva, ai grappoli di pitale belga una certa pesantezza fettuosa, ma spesso sprovvista di a urtare contro il grigio della pro- si rivela in tutta una gamma di cit- statua un accento salutare; le lapi- teste di buoi appese ai vetri, e dovuta al suo aspetto “nordico” fascino. Poco seducente, come pria vita, aperto alla luminosità tà “di media grandezza”. Praga, di che ha intorno, in effetti, sono disegnando in controluce chissà mi sembra una condizione neces- bizzarramente ignara del gioco d’un altrove solo grazie al suo Bruxelles, Amiens, Lisbona, omaggi ai poteri terapeutici del quale emblema di morte e di vio- saria per conoscerne la grazia; se dei rapporti umani, resta qua- fantasticare. Allo stesso modo le Venezia: altrettanti capisaldi medico rappresentato e il cui culto lenza, la varietà del mondo con- questa può rivelarsi là più vera si interdetta, prigioniera di uno tante serre di Lisbona derivano successivi dove il grigio, d’inte- mistico, pare, rende assai inquieto serva qui quell’aspetto “deliran- che altrove, probabilmente è per- sforzo laborioso nei confronti dei verso il largo, sotto il piovischio, sa con l’anima dei luoghi, varia un vescovo che abita nei pressi. te”, che è sempre più assente negli ché bisogna prima guadagnarsela compiti quotidiani, che la porta a senza lasciare il proprio posto nei dal più compatto al più aereo, Come per Praga o Bruxelles, le igienici mercati dei paesi ricchi. su sfondo di bruma, di freddo, di sfiorare la maleducazione senza parchi. dal meno mobile al più vivido. virtù metafisiche di Lisbona deri- Ma i vuoti e i cavi delle città carbon coke, di fusti d’un legno impedirle d’essere inefficiente. Anche degli angeli, a un tem- Ai fianchi del palazzo di giusti- vano dalle limitate dimensioni e sono anch’essi importanti, laddo- pesante e appiccicoso. Il palaz- Più angelici che altrove, i poeti po vivaci e discreti, si possono zia che domina Bruxelles, come dalla decrepitezza costante, accu- ve la nostra presenza al mondo zo del Cache-Poussière (dello celebrati anche dalla maggio- appena intuire le ali agitate nel una cuffia dei paesi bassi alla ratamente intrettenuta. Evitando – e la sua, tutto intorno – si lascia Spolverino), che esiste davvero ranza dei monumenti – appaiono brivido degli alberi, la bian- Magritte, l’alternanza dei bianchi la dilatazione da “megalopoli” afferrare per così dire a nudo; nel centro della città, potrebbe quindi come i soli esseri vera- chezza raggiante nel fulgore sporchi e di grosse colonne gri- a beneficio di una relativa inti- ove nulla ci distrae dal tempo che anche essere il suo cuore meta- mente produttivi di tutta la città, dei marciapiedi e dei chioschi gio piombo crea una mistura ben mità, d’una estensione e d’una passa, dallo spazio del giardinet- fisico, tanto è il mistero che in proprio nella misura in cui il loro bagnati di pioggia. L’alleanza diversa dal nero di Praga, o dal atmosfera che serbano un che di to e dai sussurri dei due vecchi, là modo esemplare s’innesta su una compito consiste solo nel danza- della vivacità e del riserbo, d’un grigio lieve (non metafisico) dei piacevolmente provinciale, la cit- sulla panchina, che l’animano di- cosa così banale: la vendita di re e fabbricare vento. fremito e della calma, della tetti e del cielo parigino, tortora tà si lascia assaporare e scoprire scretamente. Una signora in cap- abiti da lavoro. Gli abitanti di Lisbona “ordina- lentezza, non è certo trascura- e perla. Anche quello di Lisbona lentamente, a un ritmo intonato potto grigio che coglie al limitare Da questo palazzo alle belle ri”, a dire il vero, ci si avvicinano bile. Ciò che rende il grigio di è singolare, un grigio nel quale, all’andamento del pensiero; il d’un parco dei rami a foglie ci- residenze 1900 allineate sul cor- a volte, grazie alla loro ineffi- Lisbona propriamente ipnotico, appena si arriva in città, si vede numero dei monumenti, d’altra nerine, dal grigio quasi identico so, lungo i viali che scivolano cienza. L’attesa calma, immobile ciò che, tanto sul luogo quanto affluire un biancore d’angeli. parte, non eccede mai la distanza (forse per alimentare la propria con un gran sospiro fino al ca- degli uomini, in piedi nei giardini a distanza, s’ostina con un’on- Ricco di sfumature più che in che li separa, ciò che aumenta le malinconia?), un tramway che polinea cinto di boschetti, le vere o dietro le donne sedute agli spor- da di sogno a montare dentro di ogni altro luogo, il grigiore a opportunità di vederli – e riveder- ci spunta davanti, in cima a una attrazioni di Bruxelles si devono telli delle banche è a sua volta di- noi la sua scena apparentemente Lisbona cambia continuamente, li – senza troppa fretta. Da parte salita, per opporci una sola pa- cercare nel rasoterra e nel quo- ventata tutta un’arte. Nello stesso povera, è anche questo: i vortici secondo il tempo e il vento; da sua, la decrepitezza fa sentire una rola, SILENZIO (stille in fiammin- tidiano; poco spettacolari, non modo, il servizio nei caffé prende che agitano la capitale sotto la un selciato di carbone bagnato sorta di canto e un richiamo at- go) scritta sopra al parabrezza, contrastano con i magazzini, con l’aspetto d’un rituale da cui rifug- superficie, l’animazione che il al marmo liscio dei marciapie- traverso le fessure delle facciate, accanto al numero: questi “spet- le taverne di quartiere, gli sterri ge ogni utilità: la cameriera tira vento, il tempo di continuo can- di, da un topo morto incastrato i contorni ingobbiti delle case, il tacoli” di Bruxelles, per ciò che dei cantieri, animati o deserti, fuori la bottiglia, la stappa con giante, le strade sempre in salita tra due pietre alla vena metalli- cedimento di scale e balaustre, hanno d’essenziale, equivalgono tra i quali si nascondono come cura per il cameriere e lui solo, o in discesa aggiungono alla sua ca d’una rotaia che affiora nella l’aspetto rabberciato e sbiadito almeno alla finta bohème della gioielli smarriti in mezzo a vecchi con gesto calmo, versa l’alcool immobilità di città stregata. polvere, il grigio s’anima fino a dei locali: sono la fragilità stes- place du Tertre o magari ai gioco- chiodi. Per chi non cerca di di- nei bicchieri. Tutto sta nel non Eppure nel centro della sce- un fulgore d’argento vivo, sale sa dell’esistenza e il disegno fa- lieri sul piazzale del Beaubourg. stinguerli a priori, e resta attento precipitare nulla, non interrom- na, visibile da ogni parte, si gaiamente dall’ombra verso i talmente tremolante d’ogni cosa A Lisbona, si proverà la stessa alla propria passeggiata, i tesori pere l’attesa e il respiro del mon- erge solo il vuoto d’un castello bianchi monumenti dei giardi- che riscopriamo, con evidenza vertigine scorgendo all’orizzonte, si mettono a spuntare dappertut- do volendo raggiungere troppo in deserto, proprio come, da solo, ni pubblici e verso i cappelli di e emozione, dopo che il lustro dall’alto d’una collina, un dirigi- to; basta scoprire, con un’acutez- fretta l’obiettivo. La grazia non un fiume invisibile guida i no- latta grinzosa dei chioschi di ghiacciato dei nostri palazzoni bile, distinto appena dal cielo pio- za di vista “iperrealista”, tutta la può venire, da sola e come sup- stri passi attraverso Bruxelles. giornali. Il passaggio d’una nu- ce li aveva fatti perdere di vista. voso di cui è come un frammento ricchezza nascosta d’un mucchio plemento, che per chi è pronto ad Ognuno deve, in qualche modo, vola, in pieno giorno, basta a Legato a un livello di vita me- improvvisamente mobile... di rubinetti brillanti da un chinca- accoglierla senza averla cercata. portare qui i suoi tesori, scavare far tornare un nero profondo nel diocre, questo tremolio s’accom- Per vedere questi spettacoli gliere, della luce che sfavilla nel- Il poeta più “esemplare” della il letto del suo fiume persona- fogliame degli alberi e nelle cre- pagna anche a una paradossale ric- spalancarsi d’un tratto davanti a la via stretta che separa il muro città, Fernando Pessoa, lo è in le. Non c’è dubbio, la sorgente pe delle facciate, come per far chezza del tessuto vero e proprio noi, occorre in primo luogo cam- di mattoni di due prigioni. Né è questo senso, non tanto per i nu- della luce si trova in primo luo- riapparire una verità nascosta. del reale e delle sue sollecitazioni. minare, certo, meritarli come una più sontuosa la Grand-Place, con merosi “doppi” che si è attribui- go là, nella lacuna da colmare. RIVISTA EUROPEA REVUE EUROPÉENNE EUROPEAN REVIEW EUROPÄISCHE ZEITSCHRIFT REVISTA EUROPEA sud 7

IL CENTRO E I CENTRI SBAGLIARE MIRA Matteo Palumbo Jean Philippe Domecq traduzione di Francesco Forlani

«Centro» e «periferia» non sono Dopo la comparsa dei sogni di Fu anzi il contrario per i bam- Si sa che lo stupore – e ho sem- si può, grigio, nemmeno dipinto Tutto qui. Questa legge banale, solo nomi concreti, che defi- rivolta degli anni sessanta nel bini viziati d’Europa nati nel do- pre considerato i miei testi più di fresco, indigente per dirla tutta eccola: niente è banale al mondo, niscono un’articolazione dello mondo occidentale, la contesta- poguerra e che non ebbero altra sperimentali per come in essi la e davanti al quale solo un idiota tutto dipende dal nostro sguar- spazio fisico. Sono anche indi- zione generale che ne seguì era prova da superare se non il con- vita quotidiana a cominciare dal- poteva attardarsi. L’idiota in noi do. Avrei sperimentato in seguito catori di una realtà astratta e il minimo che ci si potesse aspet- sumo generalizzato fino a cre- l’urbanismo che la inquadra fos- è colui che non ha imparato nul- la stessa cosa su altri luoghi ed richiamano un’abitudine menta- tare. Fu Prima della rivoluzione, parne. E allora, assai giustamen- se materia fatta per stupire – è la, niente ammesso, per chi nul- edifici. E ci saranno altre espe- le. Descrivono, infatti, una forma titolo di un film stendhaliano, te, l’erede realizzato che rifiuta all’origine dell’interrogazione fi- la va da sé. Un giorno un’amica rienze minime, che presenterò simbolica, che presuppone un quello di Bernardo Bertolucci , a l’eredità è abbastanza rispettabi- losofica. Si sa anche che in me- mi ha raccontato che da bambina in seguito al lettore – fabbro che modo di organizzare il mondo dare il là a quello stato d’animo: le quando ci dice tra gli altri slo- dicina si definiscono “stupiti” i suoi compagni paesani la tratta- avrà commesso la meraviglio- e di giudicarlo. Nella loro rigo- ogni mattina ci si alzava all’al- gan esistenziali dell’epoca “ Non quei neonati che alla nascita non vano da scema perché si fermava sa sciocchezza di seguirmi fin lì. rosa complementarità determi- ba di qualche immensa e genera- sprecare la vita a guadagnarsela”. emettono il grido primario e che per strada a raccogliere delle pie- nano una gerarchia nelle cose, le trasformazione. Ovviamente, Si parte ogni mattino nella folla morirebbero se non si intervenis- tre che si rigirava nella mano, e la che acquistano senso e valore in data la sciocchezza umana che al lavoro, ci si affretta, e già il su- se subito aiutandoli a respirare. faceva ridere. Come la capisco! E rapporto alla prossimità o lon- è quella che è, tanto inventiva e dore e tutto questo, per soprav- Ecco quella che definirei un’en- come l’invidiavo. L’humour è nel tananza dal principio a cui sono quanto più massiccia e prolissa, vivere. Ma vivere, a proposito, trata alla grande nell’esistenza. corso delle cose per quanto se ne assoggettate. Quanto maggiore assordante quanto il suo esatto perché si vive? Ce lo si chiede Quando nemmeno il riflesso si scopra di esse. Il tragico, anche, e è la vicinanza al centro, tanto contrario, l’epoca vi si tuffò tra veramente prima di pensare a so- dà come evidente, c’è una qual- va di pari. Così facciamo l’espe- più esse assumono peso e poten- flussi di cliché, illusioni e ridi- pravvivere? che chance, per colui cosi for- rienza inversa del bambino, guar- za; al contrario, quanto più sono colaggini, con quell’entusiasmo, Negli anni novanta gli stes- tunosamente, sprovvisto di non diamo la strada dove camminia- distanti, tanto più sono irrilevanti quel fervore che si nutre di scioc- si individui si sono un po’ trop- percepire alcun dato tra quelli mo con l’occhio di colui che sa e insensate, mediocri o nocive. chezza purché ammantata di no- po lasciati andare al pensare che della versione umana della vita. che sta per morire, che non la ve- Il «centro», nell’immaginazione vità e freschezza. s’erano illusi nella loro giovinez- Una qualche chance per cui nien- drà più quella via banale tra tutte politica o nel lessico filosofico, Però niente è più facile e di una za, credendo in siffatto modo di te gli pare andar da sé e che tut- quelle percorse ogni giorno per nel sistema delle virtù o nella maturità novizia, di accanirsi a essere maturati. Se bastasse esse- to appaia dunque, strano, lontano badare ai propri affari. Ho notato pratica quotidiana, si carica di punzecchiare la balordaggine de- re cinici per essere realista la vita da sé. L’adesione alla vita che ne lo sguardo di certi anziani o vec- un potenziale aggiunto, che ne fa gli spiriti soprattutto quando si sarebbe semplice e sopportabile. risulta, una volta ammesso il di- chie signore, la borsa della spe- l’incarnazione del bene e del giu- tratta di speranza di libertà indi- sagio, – il profondo disagio che sa spesso posata per terra accan- sto. La sua presenza garantisce viduale, di giustizia sociale, di di- Avevo ventisei anni quando si ha di vivere questa vita, co- to ai piedi, lo sguardo interdetto, stabilità, ordine, verità. Da lui salienazione politica. Se ne ha un scrissi il primo, di testi ormai da- munque, non dimentichiamoce- fisso, annebbiato, vitreo. Ebbene dipende la certezza di un’armo- migliore metro quando le si pa- tati e di gioventù e vi si avverte, ne – rischia di essere tanto più sì, anche il bitume del marciapie- nia che distingue valore e disva- ragonino con le generazioni che come nei successivi, la preoccu- accattivante, incisiva, percettiva, de ai nostri piedi ci pare insolito lore, ragione e follia, o perfino filano d’amore e d’accordo – sfi- pazione gergale, e tanto imperio- vibratile. Si vede tutto quando e prezioso, indimenticabile, an- civiltà e barbarie. lano, appunto. Non è male che sa, di lottare contro il pensiero do- non si è mai a casa propria. Si è che il marciapiede dell’abitudine È certo indicativo che la sto- una generazione non accetti nulla minante, di farsi astuti colle astu- disponibili a quel che gli viene, ci manca già quando lo si guar- ria della modernità coincida – quel che si dice nulla – senza zie del potere – il potere, si dice- come non può esserlo, ahimè. Al- da sapendo che domani sarà lì con il riconoscimento della fine aver prima passato tutto al setac- va allora, quasi a dire il diavolo; cun erede – voglio dire: erede per senza noi. Sempre che, con mio di qualunque pensiero edifica- cio della critica più radicale- la tic puerile d’una generazione anti quel che passa come realtà unica estremo imbarazzo nel vedermi to su un fondamento assoluto e più radicale, nel gergo dell’epo- machiavellica il progetto di “rea- e sicura. prendere un interesse cosi vasto unico, eterno e saldo. Proprio ca, beninteso. Non si discerne mai lizzarsi” non sfiorava nemmeno Lo stupore in tutto ciò è proprio verso un immobile senza alcun quel «centro», motore primo che così bene come quando si adotta e se ne ha affascinati da allora più quello che caratterizza l’atteggia- interesse – insisto, avevo trovato dava origine a qualunque pro- un punto di messa a fuoco, a di- di uno, poi, cosa farci, si ha l’ap- mento che ricorre nelle mie speri- un tesoro: senza il minimo inte- cesso, è diventato il bersaglio stanza, e di distanza questa gene- petito che si può – i poteri dun- mentazioni dove la scrittura ten- resse architettonico, ed etico, so- polemico per eccellenza, della razione ne aveva fin troppa, pron- que, che questa forma di società ta, maledetta, di rendere conto di ciale, festivo, oggettivo, sogget- cui ipoteca è ormai indispen- ta com’era a disfarsi di tutto. Era, delle merci che è la nostra privi- quello che mi fa fermare davanti a tivo, nessunissimo interesse, il sabile liberarsi. La complessità no, No e poi No. Mai Ni, come legiava e ancora privilegia nel- un immobile che non aveva nulla deposito, ma proprio nessuno!!! dell’esperienza, assunta secondo sarebbe successo in seguito. Caso la pretesa d’imporsi al resto del per fermare chiunque passasse da – del mio sentimento d’idiozia l’intera fenomenologia dei casi, indubbiamente unico nella storia, mondo; preoccupati soprattutto, li. Pensate, un deposito di aperi- davanti alla banalità incarnata, nel loro intreccio misterioso e di una classe d’età che non am- e qui si diventa forse meno fumo- tivi.. per me che mai ne ho bevu- ne tiravo fuori una legge quan- imprevedibile, può essere pen- mette alcun’eredità e rimette tutto si a costo di sembrarlo ancora di ti, di aperitivi, e ancora meno di to meno altrettanto banale, ma è sata, infatti, solo al di fuori di un in causa senza aver avuto, come i più, d’inventare delle leve poeti- Pernod (attenzione nulla in con- cosi, passiamo una vita a scoprire sistema rigido e chiuso. Per esse- surrealisti a suo tempo, guerre che co politiche per scoprire la vera trario). E piatto, in tutto questo, le evidenze e poi quando esalia- re compresa, ha bisogno indi- motivassero una tale rabbia. vita, che si direbbe, ancora latita. il deposito discreto come più non mo l’ultimo respiro si mormora: spensabile di mobilità di metodi, di molteplicità di prospettive e disegno di Fulvio Caporso di paradigmi elastici, capaci di adeguare perennemente i proto- colli dei procedimenti alla natura discontinua degli eventi. Proprio questa esigenza di mutazione legittima, nella tradizione lette- raria, l’opposizione diffusa con- tro il mondo tolemaico: imma- gine spenta di quell’universo del «centro», dalle cui rassicuranti coordinate gli uomini non posso- no più essere protetti. Basti pen- sare, in questa ottica, al ritornello con cui Mattia Pascal denuncia l’impossibilità di vantare una qualunque dignità antropocen- trica. «Maledetto sia Copernico» è la sigla di una rivoluzione che MUROS si è consumata, rovesciando le creature dal loro piedistallo e scaraventandole ai limiti inferi esempio, del mondo di Svevo, E le ore dei pasti erano tenute vero a un livello può non esser- Quello che per la perce- di un sistema. Esse non sono il che, al massimo, leggono libri rigidamente e anche quelle del lo in un altro, e quello che è zione ordinaria è grande si «centro», a cui tutto si connette e «insulsi e morali» e che sfuggo- sonno. Esistevano quelle ore e si vitale in un luogo è esiziale nel capovolge nell’infinitamen- che dà dignità al loro esistere. Le no all’angoscia del movimento, trovavano sempre al loro posto». suo rovescio. Le cose appaio- te piccolo, e il centro di vite che attraversano sono piutto- immaginando «la terra immobile In modo analogo, in questo uni- no fluide, relative, in continua un mondo, con i «presen- sto «storie di vermucci», vicende e solidamente piantata su dei verso della ripetizione e della metamorfosi di identità e di ti ordini naturali», contiene di «atomi infinitesimali», che si cardini»: con un alto e un basso, sicurezza, il potere e le autorità, senso, e perciò non possono dentro di sé la traccia di svolgono su «un’invisibile trot- un sopra e un sotto definitivi. terrene o spirituali, non servo- essere comprese con una iden- «nuovi ordini delle cose e un tolina, cui fa da ferza un fil di Trasferita dal piano dell’astrono- no ad altro che a «rassicurare». tica misura. Non esiste, dun- nuovo mondo». Come acca- sole, su un granellino di sabbia mia a quello delle convinzioni, Persino dinanzi alla morte, ci que, un centro, ma si costitui- de nell’universo figurativo impazzito che gira e gira e gira, questa fiducia nel Grande Ordine si può illudere che, «appoggiata scono infiniti centri: parziali, di Escher, una stessa scala senza saper perché, senza perve- Immobile implica una cieca solidamente lassù e quaggiù, [...] ipotetici, transitori. Dal mondo può servire a realtà paralle- nir mai a destino». Perdita del obbedienza alle regole invaria- vi sarebbe stata la salvezza». chiuso, come ricorda Alexandre le, mentre un muro, per un centro e smarrimento di qualun- bili. Le cose, per uno di questi Il mondo post-copernicano non Koyré, siamo definitivamente diverso sistema di riferimen- que scopo appaiono strettamen- campioni di stupida innocenza, possiede nessuna di queste garan- passati all’universo infinito. Il to, è una porta. La storia dei te intrecciati. Senza la garanzia continuano, nella Coscienza di zie. Non implica la sostituzione poeta dei Canti aveva già rap- moderni, si legge nell’Uomo dell’uno non c’è la trasparenza Zeno, a restare al loro posto e di un centro con un altro, ma, al presentato, come meglio non si senza qualità, si svolge su dell’altro. Il quadro si complica e sono tutte di «importanza enor- contrario, presuppone la moltipli- sarebbe potuto, la vertigine di una «superficie sterminata», i destini si ingarbugliano. Solo i me: l’anello di matrimonio, tutte cazione delle unità di riferimento, questo sradicamento, confron- senza possibilità di ridurre sopravvissuti alla fine di qualun- le gemme e i vestiti, il verde, il che crescono a dismisura e impe- tando «quegli ancor più senza a ordine il caos dei fatti. que ordine possono illudersi di nero, quello da passeggio che discono di riconoscere una sola fin remoti / nodi quasi di stelle Convivere con questo disor- appartenere ancora a un universo andava in armadio quando si invariabile realtà. La serie degli / ch’a noi paion qual nebbia» e dine, che, da una seconda pro- organizzato, in cui tutto può ruo- arrivava a casa e quello di sera eventi, il sistema delle relazio- il sistema solare, che di fronte spettiva, è l’ordine stesso della tare intorno a un nucleo invaria- che in nessun caso si sarebbe ni possono cambiare in base al a loro non appariva più che vita, è ormai, senza rimpianto, bile. Sono i cosiddetti «sani», per potuto indossare di giorno [...]. punto di vista scelto. Ciò che è «un punto / di luce nebulosa». il destino del nostro esserci qui e ora. 8 sud 4/5. MITO CARTE E PAESAGGI Marino Niola Emmanuel Bonetti traduzione di Paola Micalizzi

Un’altra sensualità, un’altra pra qui il mio passaggio a Sud- il sole e dormendo l’altro tempo Lo stesso Goethe che sente E Dumas nel Corricolo par- Sono città esplorate – esitando sensibilità si esprimono qui. Ovest / per fretum febris, per / mentre le donne filano». Per poi echeggiare nel golfo di Napoli lerà come di una specie in – messe in piedi, frammentate – in Una musica gaia, ma non si questi stretti morire / io giubilo, aggiungere, con sfrontatezza ero- «la parola viva» di Omero par- via di estinzione una rovina verticale – assemblate – in oriz- tratta di una gaiezza francese o ché in tali stretti vedo il mio Oc- dotea, che per le strade della cit- la degli scunizzi napoletani come vivente: «Ahimè, il lazzaro- zontale –. Un quadro – uno spazio tedesca. È una gaiezza africana cidente» (Hymne to may God in tà «si vedono dei Calabresi che si di «piccoli Huroni». E ancora la ne si perde: chi voglia ancora svincolato, aperto – una tela come my Sickness, qui nella traduzio- mettono in cammino con un suo- Staël, in una nota piena di diver- vederlo deve affrettarsi. Na- il fondo di uno schermo – uno spa- Friederich Nietzsche, ne di Cristina Campo). natore di violino in testa e danza- tito stupore dirà che i lazzari non poli illuminata a gas; Napoli zio chiuso, delimitato – da attraver- Il crepuscolo degli dei Facendo così del Sud la meta- no di tanto in tanto quando sono sanno neanche il proprio nome al con i suoi restaurants e con sare – protetto, sbarrato –. fora di una soglia temporale, del- stanchi di camminare». punto che «quando vanno a con- i suoi bazar spaventa l’indo- «Giunsero a Napoli tra quella l’anteriorità mitica che precede- Se nel mito del Sud come sor- fessarsi dicono dei peccati anoni- lente figlio del molo. Il laz- Le linee indicano un percorso, im- sterminata popolazione così vi- rebbe il cambio di marcia della gente rivive la nostalgia edenica mi essendo anonimo il peccato- zarone, come il pellerossa, si pediscono di vedere. vace e oziosa al tempo stesso; storia. dell’infanzia del mondo – quel- re». Per concludere che il popolo ritira davanti alla civiltà». videro i lazzaroni stesi sul lastri- Di questa costruzione metafori- la che fa sognare a David H. napoletano «non è civile, seppu- In un passo dello Zibal- Sono panorami (luoghi di passag- co o ritirati in ceste di vimini che ca l’archeologia è veicolo mate- Lawrence uno spazio fuori del re non volgare come altri popoli, done, Leopardi definisce la gio), tentativi di panorama, spesso servon loro di casa giorno e not- riale e simbolico. tempo ove ritrovare un «se stes- perché la sponda africana che co- Germania erede della filo- ostacolati dalla molteplicità dei pia- te. La vista di quello stato selvag- so perduto, mediterraneo, ante- steggia il mare dall’altra parte si sofia greca e sostiene che i ni, dei livelli (delle linee) – primo, gio misto alla civiltà ha qualco- Tra Sette- e Ottocento l’Antico riore» – basta invertire i segni fa già sentire». meridionali sarebbero diver- secondo, all’infinito (l’orizzonte) sa di molto originale». In queste è uno dei grandi emblemi della del mito, perché la “meridiona- Primitivo e Antico hanno dunque si dai settentrionali come gli – e anche da una ricomposizione. parole di Madame de Staël river- “meridionalità”, quell’antico che lità” si configuri, all’opposto, nel Popolare un indispensabile ter- antichi dai moderni: «nella bera quel mitologema di lunga dopo le scoperte archeologiche si come infantile fissazione ad uno mine di congiunzione. Non a caso considerazione comparativa Una città non è niente; nient’altro durata che fa del Sud lo spazio impone come una sorta di model- stadio di mancato sviluppo, ad la descrizione dei resti dell’anti- delle antiche e moderne na- che una città; assomiglia a un’altra topico di una “differenza” meri- lo segreto del presente che i col- una condizione submoderna. chità dà luogo a considerazioni al- zioni civili, quelle furon tut- città. Cosa fa sì che una città asso- diana, di una Antichità destinata ti rimodulano nelle lettere e nelle Forse non è un caso che les- legoriche in registro alto, mentre te quante di situazione meri- migli a un’altra? Nel suo centro, ad esser superata dalla Moderni- arti mentre il popolo l’antico lo sico e figure che definiscono la quell’archeologia vivente che è la dionali mentre in seguito la non si sa come tenere la macchina tà – ovvero la civiltà del setten- ha in corpo, vive senza saper- differenza dei popoli del Sud gente del Sud ispira una oleogra- civiltà è andata sempre e va fotografica (ritratto o paesaggio? trione – come l’infanzia lo è dal- lo una sorta di classica barbari- siano spesso mutuati dalla let- fia del pittoresco, che dell’altra è la tuttavia progredendo dal Sud chiedono gli editori). Ai suoi mar- l’età adulta. ty, di wilderness eraclitea, anche teratura etnografica sugli Hu- variazione “in tono minore”. al Nord». gini, sul suo limite, là dove la sua Il Mezzogiorno appare in que- col favore di acque, vulcani e di roni gli Irochesi e altri selvaggi «Selvaggi smarriti in una città E conclude: «L’antichità me- periferia – piccola o grande cintu- sto senso il polo opposto di quel- altri effetti speciali di una natura descritti da Gabriel Sagard, da europea» dirà Archenholz dei laz- desima, e la maggior naturalez- ra – prende il largo, è l’orizzonte la “terra del tramonto” che è let- grandiosamente epifanica, numi- Padre Lafitau, e lo stesso Vol- zari napoletani, «hommes éton- za degli antichi, è una specie (orizzontalità) che prevale – che teralmente l’Occidente (nel senso nosamente sorgiva. taire proprio sulla base di tali nants» li definirà il generale Cham- di meridionalità nel tempo». paesaggio magnifico / che triste di tramonto, perdita, declino, cu- La plebe napoletana appare a testimonianze paragona nel suo pionnet nel suo rapporto al Diret- La modernità si configura periferia –. stodito nel tedesco Abend Land, molti viaggiatori come una spor- Essai sur les moeurs primitivi torio. Sorta di “bestioni” vichiani, dunque come il passaggio di o in espressioni inglesi come to genza sopravvivente del passato e contadini, ovvero gli “scar- gli energumeni partenopei lancia- consegne tra i veri successori In una città nessuno dorme / una go west nel senso di morire, con- suggerendo l’allegoria di una co- ti” della civilization. Mentre le no grida continue che potrebbero degli antichi, ovvero i setten- città è sempre in piedi. sumarsi, andare in rovina) come munità primitivamente spensie- lucenti terre del Sud fanno da far paura a chi «non sapesse che trionali che ne spendono l’ere- affiora luminosamente nei ver- rata, di un popolo di “lazzari fe- scenario archeologico e natu- questo è un loro costume», ag- dità per diventare moderni, e i Non ho mai conosciuto città più si di John Donne: «i miei medi- lici”. Tanto da far scrivere a Ma- ralistico alla rievocazione del giunge Madame de Staël, che at- meridionali che invece restano belle di quelle che danno l’impres- ci, per loro amore / sono divenu- dame de Staël che «a Napoli vi è mondo classico contribuendo tribuisce tale esuberanza belluina antichi, senza emancipazione sione di cadere nell’acqua (Lisbona, ti cosmografi ed io / loro mappa, una grotta sotterranea dove i laz- a iconizzarne l’insanabile con- ad un «eccesso di vitalità che non e senza sviluppo. Fissati per Istanbul, New York, Venezia…): stesa su questo letto / perché da zaroni vivono a migliaia uscendo trasto tra un impassibile Eden e sanno come sfogare perché sono sempre nel fermo-immagine di una fermata che sa di caduta. Esse loro sia mostrato come / io sco- solo a mezzogiorno per vedere una selvaggia corte dei miracoli. oziosi e violenti al tempo stesso». una storia prigioniera del mito. permettono di allontanarsi, non sono che un punto di riferimento sul limite della catastrofe, un cam- biamento di piano, di percezione, di concezione.

Ogni città è una geografia

Un territorio scritto, di cui gli ar- chitetti sono diventati gli scienziati. Quasi una tettonica dei piani e delle forme. Stiamo lavorando per dimenticare la storia – il Reichtag decapitato –. Cento gru mettono a posto la città. Un’impresa dal di sopra, ad alto li- vello. La città si dà un nuovo volto e chiude la storia nei musei. Penso al giorno in cui i cimiteri saranno, anch’essi, dietro una vetrina. Stiamo lavorando per prevenire il suo naufragio – Venezia Atlantide, madre del commercio e della ric- chezza, che conquista il suo spazio volgendosi verso il largo. Una città di schiena. Che mette in evidenza, più di qualsiasi altra, di non esiste- re se non nella sua laguna – peri- feria. O ancora, nei casi in cui quest’ul- tima sia recente, cercare di pre- servarla, di difenderla – da cosa? – come allo zoo. Una facciata esposta come una pelle d’orso, un edificio impagliato. Central Park, con quella superficie che rende la profondità un campo, disegna la città dietro delle staccionate.

Ogni città è una topografia foto di Emmanuel Bonetti Un territorio occupato. Lo testi- moniano i gabbiani mai addo- mesticati e la scia punteggiata di uccelli immaginari del tem- po in cui, una volta, si tratta- va ancora di un continente da scoprire. One way-Pearl river. Una saturazione dei segni di cui l’orientamento non è la prima delle volontà. Al contrario sem- bra avere l’intento che il mondo si diriga verso la sua perdita.

Ogni città è una successione di catastrofi storiche.

HALT Senza catastrofismo. RIVISTA EUROPEA REVUE EUROPÉENNE EUROPEAN REVIEW EUROPÄISCHE ZEITSCHRIFT REVISTA EUROPEA sud 9 OBJECTS OCCIDENTE IN QUIETE PERDUS Philippe Pogam Felice Piemontese

a) c) e) I settori di una città sono ad un to con i nostri timori incoscienti sentare un tutto che testimoni accendevano fuochi, lubrificando ventri, ma poi c’è una gita a certo livello leggibili ma il sen- non ha nulla da invidiare ai pae- alcuni interrogativi, sentimenti, per senza Pompei, in so che hanno avuto per noi per- saggi estremi dei romantici. modi d’essere, legati alla cit- tenere lontani i topi. lasciar traccia. Sono una barca azzurra, sonalmente sono intrasmissibili È questa volontà di sciogliere tà contemporanea. Con Carte e Impassibili troppe molti anni prima come tutta questa clandestinità le stasi sensoriali che ha fatto dire paesaggi noi intendevamo affer- naufraghi. Non ce n’è le cose indicibili, disse. della catastrofe. Aspetto della vita sulla quale non si pos- recentemente ad Andrea Branzi mare che la cartina, figura attua- nessuno, Gliela fa con ansia siedono che documenti ridicoli. che c’è una crisi della moderni- le della vetrificazione spaziale, tra la Bastiglia e vedere, impudica, la guarigione, con un Guy Debord tà «dove la sola cosa certa è che doveva tendere ad una trasfor- République. Per mentre scavano pigiama viviamo in sistemi instabili […]» mazione che passasse attraverso un modico compenso per costruire la nuova azzurro. Quando la geografia non può e che al di là delle concezioni ste- delle forme urbane, dei paesaggi gli consente città. Allora comincia a Compiacendosi più dissimulare ciò che soffoca, reotipate dell’architettura, quelle ripresi con nuova innocenza, dal- di guardare nella sua delirare, di amori impossibili, di quando i sociologi, gli sbirri, gli della forma, del simbolismo, del l’accelerazione della loro instabi- vagina, Isidore. terapeutico cui ora architetti ed altri pianificatori gesto sulla città, bisogna ricono- lità, delle loro fratture in avven- Si avvinghiano, ma ce parleremo, inventandoli sono nell’incapacità di ripensare scere che «i nuovi attori della cit- ture davanti alle quali non biso- n’è i territori, la merce, lucida, dialo- tà non sono gli architetti quanto gnerà più a lungo indietreggiare solo qualche goccia d) ga con gli amici e gli oppositori, tutto quello che rende le città in- per superare la clandestinità e la vivono in una casa dispiegando incessantemente i stabili, genetiche» – delle intelli- rarità di cui parla Guy Debord. abbandonata, suoi dispositivi di seduzione im- genze mobili». Questo presuppo- b) dormono sulle sedie, mediata, accomodandosi dalle ne di riflettere, come fa anche R. guarderà come sempre sfiniti. C’è stata adesioni polimorfe, anche quan- Koolhaas, di pensare in grande. se la guerra, del resto. Si do il tutto accade nell’illegalità, Saper decifrare e utilizzare questi si è sporcato il letto, va per unificare separando (nicchie, nuovi cadavres exquis per attiva- con braccio a giocare tra le macerie, segmenti, codici, tribù). re delle nuove tettoniche. naturalista. È solo un tra gli scheletri momento dei palazzi sventrati. Una mostra si è tenuta nel 2001 Ormai l’estraneità non si gioca di stanchezza, dice Cercano a Parigi allo spazio Zadkine pae- più ai confini del mondo cono- convinto. archetipi, irridendo saggi entro città, il comunicato sciuto. Ha penetrato i centri, ba- Poggia la testa, la tua verginità tanto a stampa cominciava così: i terre- sterebbe per convincersene, sen- incespica lungo ni incolti, i territori periferici, le za muoversi, armare la retina di È con questi predicati che abbiamo e cade, odoroso preservata fabbriche dismesse, gli interstizi curiosità e di capacità di stupirsi. concepito la mostra visibile su della civiltà occidentale sono Per questa mostra nel dicembre http://www.cythere-critique.com/ tanti paesaggi il cui legame diret- 2004 noi abbiamo scelto di pre- expos/documents/ugo1.html

CANTIERI Benoît Gréan traduzione di Francesca Spinelli

Lenire aspro srotolare tappeti verdi o persino intonare illustrazione di Guy Debord i dolori ricorrenti ai profughi dell’ovest epitaffi stuccarsi di domare calare nell’uovo un stupefacenti le finte bionde serpente fresco fiutare magari decantare Immergersi pubblico nel l’analgesico paradisi soffocanti più intimo nell’umido di di afasia sconvolgere diradare gli stagioni morte bei discorsi anniversari lastricare di ghiaccio Macchiare di cantieri il sentiero di primavera il vuoto lancinante lasciar fermentare il centro pietrificarsi nella periferia nell’espiazione

PERIFERICITY 10 sud 4/5. UNA STORIA DI STRANI ATTRATTORI BARI-PARIS (WEEK) END FAMIGLIA STRANI Jean-Charles Vegliante Jean-Pierre Ohl Dominique Delcourt traduzione di Francesca Spinelli traduzione di Francesco Forlani

Ad alcuni la lettura del Giro del Proprio strana la vita degli alberi. presenta né un centro né bordi. correnti atmosferiche cambiano A prima vista soltanto. Non così Dunque al solito posto, dove j’ai mondo in ottanta giorni dà voglia Diversamente dagli umani, non Piuttosto un centro evaporato ed il clima scivola in un altro strani in fondo per noi che non toujours envie d’aller aux Gal’ries di fare il giro del mondo. Ad altri guariscono le proprie ferite, le nei dintorni, una vita uniforme- ciclo; ormai due stagioni inve- passiamo un istante dall’inizio (e pronto il Pino ribatte D’aller aux di leggere tutto Jules Verne. La aggirano. Impossibile dire allo- mente disseminata, un modello ce di quattro. O forse tre. Caos, della vita a più di qualche metro toilettes Gal’ries Lafayette) quasi mia famiglia appartiene piuttosto ra se una parte sia più vitale di d’urbanistica insomma che non epicicli, diffusione numerica? A da un adulto. Non si sa del bam- abbioccato dalla giornata di sgobba alla seconda categoria; e quando un’altra. Gli alberi crescono così, dimentica il ruolo dei bordi e la scanso di equivoci, gli si dà un bino o dell’adulto chi sia al cen- veggo anzi leggo: La mort vit plus ero piccolo avevo a disposizione due agenzie di viaggio… voglio con delle quantità di piaghe e bu- bellezza delle estremità. nome. Attrattori strani. Inutile tro e chi graviti intorno, ad inter- fort, cacchio basta ricopiare è già dire: due biblioteche. chi, vuoti e pieni. Nemmeno la terra se ne dimen- adesso mettersi a rifare i calcoli mittenza rapido come Mercurio, poesia. Robbabbuona. Altro che, Ed è proprio questo a dargli tica: ad ogni primavera, il venir come negli antichi osservatori luminoso come Venere o freddo qualche anno fa, la schifosa pron- La prima, quella ufficiale, abi- una forma. Quasi inconcepibile, su della linfa vitale e tutte quelle dove astronomi sistemati fianco come Marte. Ma gravitare intor- tissima «Planète désir», mentre il tuale: era la biblioteca di mio pa- abituati come siamo ad un centro foglie che appaiono alte in cima a fianco sui tavoli verificavano no non esclude il vagabondare. pianeta va allo scolo. Allo sfacelo dre. Scott, Verne, Conan Doyle, nervoso e a dei bordi superflui. Il sui rami, è certo un peso lontano ciascuno per sé i risultati. Si ripassa ironicamente per (suono di corno?...) a scatafascio, una collezione quasi completa del mondo non ci diventa così d’un dal centro e rallenta il pianeta, È proprio così. La natura non gli stessi luoghi, il tutto esplo- a capitomboli. O, cangiando di rit- “Masque”; ancora oggi ne associo tratto incomprensibile? Non ci si ma non ci possiamo fare niente, è lineare ma controllata dai rando impercettibilmente le mo: La morte vit plus fort, anche il giallo un po’ marcio al colore chiede forse a partire da quante così va la vita. Lo stesso vale per suoi bordi, come per lasciare frontiere. Certi giorni, non si più esatto, per l’esattezza pure. In delle foglie arrotolate che mio pa- case una città è una città? E la la luce. Non proviene dalla muta una qualche possibilità al fuo- resiste all’influenza dei bordi, sostanza, presqu’un Albert-Birot, dre metteva nella sua tabacchiera. casa in fondo alla strada è l’ul- di elettroni consegnati al proprio ri e lasciarsi piegare da ciò che si passa da un bacino di attra- vedete. E sarebbe poi, ma guarda Mio padre: uomo scrupoloso, re- tima della città o la prima del- destino nella periferia degli ato- non gli appartiene. È così che la zione ad un altro e l’orizzonte il caso, un nostro leit-motiv pre- sponsabile; ma ciò non gli impedi- l’aperta campagna? mi? Del ruolo dei bordi e della bellezza del fuori ci abita, come sfugge. Giorni d’euforia, di che ferito, guarda l’incontro! Quasi va, una volta tornato da lavoro, di Incessantemente si stabilisco- bellezza delle estremità, numeri nelle case giapponesi senza una starne certi, eppure l’antico ba- quasi ci fo un sonetto, un mottet- appendere scrupoli e responsabilità no frontiere e zone di transito. e cifre ci dicono. transizione interrotta tra interno cino non lo si dimentica affat- to, una quartina monorima con all’attaccapanni dell’ingresso e di Niente di tutto questo per un al- Tralasciamo per esempio i e al di là. E se l’albero lanciasse to, ed è in questo punto tutta la acrostico inverso «drem» (ch’è poi abbandonarsi alle profondità della bero. Dove si ferma il centro? decimali molto dopo la virgola, i suoi rami per meglio scivolare stranezza dell’attrattore. A sua dream senz’a, come pace è peace sua poltrona di vimini, come altri Dove cominciano i bordi? Fino a cifre ridicolmente piccole come nell’aria? volta, come un angelo custode, senz’e: vai, «A ogni angolo Pace si abbandonano ai pullman di linea. che punto è possibile tagliare un gemme appuntate alle estremi- Strani questi attrattori strani che questo bacino sparisce sui bor- e Natura: Si fanno belli i balconi Io giocavo dietro la poltrona; di lui albero senza annientarlo? Scon- tà dei rami. Rapidamente i cal- trascurano il centro e rendono es- di, apparentemente inaccessibile sporchi, E qualche volta pece, con vedevo solo il fumo della pipa, e certante esistenza quella che non coli cominciano a divergere, le senziale quello che è minuscolo? ma irresistibilmente presente. la a Volante – troppo transnational mi sembrava che un’equazione se- – Oppure a volte manca la e, Tuffo greta legasse quelle spirali alla sua al cuore, chiudo e passo ma»). Però intensa attività di lettore; come se i ancora oi ma’ scétete, ecc... Però libri e il tabacco nero finemente ta- anche «la drem n’est plus ce qu’el- gliato entrassero nella composizio- le était», direi, adesso ch’è mort’ el ne di uno stupefacente noto solo a Papa, subito cominciano miraco- lui. Mio padre era capacissimo di li: ma sai te, che ’l giorno dopo, il leggere lo stesso libro tre volte in mattino successivo subito i piccio- un anno. Il libro non contava; quel- ni hanno ripreso a chiamarsi con lo che contava era leggere. «Non forte grande ammore ? importa il flacone…» ha detto come prima sembra incredibile ma qualcuno. «Datemi un cicchetto», è. Lo strenuo tubare, sì la morte ha detto un altro, «purché faccia CINE vit plus fort! e sono sei (mentre la dodici gradi e mezzo». mort cinque, cambia tutto), partie A cosa pensava mio padre quel sous la terre, / éparpillée dans ce mattino del 6 dicembre 1991, sul- que nous aimerions / savoir d’elle le strisce pedonali dell’Avenue à jamais sous la main, la langue, / Barthou? – perché per niente al dans nos simplets amours de son mondo quell’uomo responsabile antichambre / où quelque chose avrebbe attraversato fuori dalle attend que nous acceptions. Prosa strisce. A cosa pensava così as- da Marechiaro! Un amico scritto- sorto, così assorto da non sentire re, quando c’era la stirpe di quella lo stridio delle gomme di quel- razza, l’aveva capito trantacinque l’irresponsabile che lo avrebbe anni fa, càncaro: «La poesia oggi investito? A Boileau e Narcejac – questa sì, io la posso indicare, – «L’amavate troppo, vero?» Sta nei grandi magazzini, nei set- –, a Sherlock Holmes – «Venga, timanali illustrati, Nella pubblicità Waston, si trama ancora qualco- al cinema, nelle facce della gente sa!» –, alla morte di Turenne, o Che vede le famose cortigiane, gli forse a niente. È detta distrazio- animali lussuosi e splendidi, Che ne, dal latino distrahere, “tirare in instillarono nel cuore del “poeta” sensi diversi”, “ separare una parte l’Ideale lontano, Per cui in milio- dal tutto”. Spesso ce ne dimenti- ni morirono o delirando vissero, chiamo, ma “distrarsi” è un’atti- Passare dalla saponetta al vinello vità talmente seria, talmente coin- toscano...» o giù di lì, o anche peg- volgente, che può costare la vita. gio oggi dell’oggi, com’è ovvio fin La seconda biblioteca: quella di troppo, il tempo passò anche per mio fratello. L’inferno. Due reg- S.V. o no? Sì. E chi lo nega? Io in- gilibri – una bambola di cera alla tanto deliravo, è vero (e non più), Lewis Carrol e una testa di morto sulla “mutola” e cose del genere – – a mo’ di cerberi. Al centro, i dan- che poi sono solo suono vano (Les nati: Lautréamont, Artaud, Céline, oublies). Non les oubliés, schifo- Dostojevskij, Rigaut, Lowry, si! Qua tatto ci vuole. Altro che, Gombrowicz. E da qualche parte, pudet dictu, L’essentiel? rester dietro uno scaffale – mai lo stesso, pleine de désir, ma chi ti credi, proprio per confondere le tracce quasi un condensato dell’epoca, – una di quelle bottiglie di Johnny un espresso, c’è quasi tutto, per- Walker comperate di contrabban- lomeno quelquepart, che sciagura do da Nini e che portavo nella mia (e ’l Pino: Essere senza coglioni), cartella. Mio fratello si grattava la ahi! A pensarci, quasi tutto. Pure ferita della disperazione; gli servi- la prima volta il manifesto m’era va un buon disinfettante. piaciuto, quelle ali sulle gracili A cosa pensava mio fratello il scapole, quella scancellata pelu- 21 gennaio del 1973, quando ha ria sui glutei divini ahi, da grande deciso di grattarsi sul serio con pubblicista, Good appunto, epperò le unghie listate a lutto del Signor tutti zitti, chi tace acconsente. La Gilette? A Lolita – «la punta della stessa dea ora è puttana. O dove lingua compie un percorso di tre sono gl’intellettuali? Chi non vede passi»? A Ferdydurke – «Slowacki ch’è l’esatto rovescio dell’Iraq? era un gran poeta». Alla morte di Dei doni generosi per terremota- Luigi XVI? O forse a niente. ti alluvionati vari? La stessa idea Potrei domandarglielo. C’è an- ora è pantano. Anche giovani cora, mio fratello. È uscito appe- menti, ex studenti, sdf o punka- na in tempo dalla sua stanza; uno bestia o avvinacciati comunque. studente di medicina reazionario E chi schizza sui muri «Sempre ha stretto la sua disperazione col e comunque contro chiunque»... cinturone del mio costume da cow- pazzesco occidentale. E chi non boy. Da allora ha scritto dei libri. capisce che così siamo perdu- Dal libraio, per esempio – ecco! ti, diva divina la morte vit plus L’ho appena sistemato sullo scaf- fort eccetera. Ma. Mah. Per fa- fale della libreria… è quella che foto di Philippe Schlienger vore, non spendete fiato e saliva, si chiama una storia di famiglia. teneteveli per poi gridar, sputar. RIVISTA EUROPEA REVUE EUROPÉENNE EUROPEAN REVIEW EUROPÄISCHE ZEITSCHRIFT REVISTA EUROPEA sud 11

elaborazione da una foto di Mimmo Jodice

RAPPEL CITTÀ Dialoghi tra Francesco Rosi e Olivier Maillart

Tra Roma e Parigi, sottoposto D’UN SUD L’AUTRE/DA UN L’abisso del degrado, della mise- Gianni Scognamiglio, Ruggiero regista di spettacoli musicali di DELLA REALTÀ TESTIMONI agli aléas della tecnologia tele- SUD ALL’ALTRO ria, della corruzione nel quale Guarini, Achille Millo, Anna varietà, critico d’arte, e in que- fonica e di appuntamenti quan- l’aveva gettata la guerra dopo Maria Ortese faceva parte del sta veste uscì un mio pezzo nel Lei mi ha detto di aver comin- to mai complessi (per non par- Olivier Maillart: Signor Rosi, per vent’anni di dittatura fascista e di gruppo ma non ricordo che lavo- primo numero di Sud, e anche ciato come critico scrivendo un lare dei fax) una conversazione cominciare, puo’ parlarci della mortificazione di tutte la libertà, rasse alla radio, mentre Aldo un disegnino; mi era venuta libro su Verga. Successivamente con il regista di mani sulla città sua collaborazione con il primo il caos del quale si voleva uscire Giuffrè si. Quasi tutti erano scrit- anche l’idea di fare un gior- lei ha adattato molti romanzi per Main basse sur la ville (1963) Sud? attraverso la volontà, i propositi tori, io invece volevo fare il cine- nale tutto illustrato da vignet- il cinema (Leonardo Sciascia, e del bandito Luciano di Lucky morali, la politica, per risolvere i ma e cominciai alla radio come te con poche parole. Sarebbe Carlo Levi, Primo Levi...), che Luciano (1973). Francesco Rosi: Ho ritrovato il conflitti sociali, trovò nel popolo assistente di Ettore Giannini, stato un giornale per bambini testimoniano dell’attenzione alla primo numero di Sud uscito nel e negli intellettuali napoletani la grande regista di teatro. (allora Topolino non usciva, forma romanzesca, d’una sen- Mentre Sud si concentra sui rap- 1945, che portava una nota del determinazione a voler ricostrui- c’era solo Carosello di Sergio sibilità letteraria (lo testimonia porti tra centro e periferia, era creatore e direttore del giornale, re un mondo giusto. Eduardo De Tofano). Il mio si sarebbe il suo Cadaveri eccellenti, dove logico rivolgersi all’uomo che Pasquale Prunas, molto signifi- Filippo scrive di getto e presen- LITTÉRATURE ET CINÉMA chiamato Ulisse, con l’Odis- riesce a non ridurre il soggetto seppe , com’è noto con l’aiuto cativa circa lo spirito che ani- ta Napoli milionaria in un tea- sea, l’Uomo chiamato Giovedi alla sua sola dimensione politica, di Raffaele La Capria, fare di mava quel gruppo di giovani tro San Carlo gremito di soldati Per uno come me, è la let- di Chesterton, Lazzarillo di traducendo il sentimento di stra- Napoli il personaggio principa- napoletani, di cui ho fatto parte americani e di “signorine” e di teratura che permette meglio Tormes, tutti classici. I disegna- niamento che affiora dal libro): le d’un film, Napoli presa nelle anch’io, riuniti attorno a quella napoletani che si riconoscono in di cogliere l’atmosfera di quei tori erano studenti di architet- come concepisce il rapporto tra lotte per il potere che ne cam- testata: quei personaggi, quando nel nord tempi, tra tutti, i libri d’An- tura dell’Università di Napoli letteratura e cinema? biarono il volto negli anni del dell’Italia si combatte ancora e la na Maria Ortese (Il mare non e pittori miei amici Massimo Ha mai scritto romanzi, è mai “miracolo” economico. Napoli «Una cosa vorrei aggiungere per Resistenza unisce uomini di tutti bagna Napoli), o La Pelle di Nunziata, Sceno Paciello, stato tentato di farlo? di cui Rosi, dieci anni dopo gli uomini che ci leggeranno, i partiti, dal comunista al sociali- Curzio Malaparte. Questi libri Guido Tatafiore, e altri for- aver girato di Mani sulla città meridionali e non meridionali. sta, al democristiano, al liberale, le sembrano riflettere una certa midabili, niente da invidiare dichiarava: «Guardando queste Vorrei evitare l’equivoco di una al repubblicano, a Giustizia e realtà della vita dell’epoca? al segno di Alex Raymond. Ho fatto molte cose, ma mai ho case, una sull’altra, lo i direbbe testata così precisamente loca- libertà, mentre Roberto Rossellini Si avvicinano alla sua propria Con Ulisse me la sarei vista pensato di fare il critico o di scri- un’ossuario, non una città. Che lizzata come Sud. Sud non ha gira Roma città aperta. esperienza ? io con i pupazzetti, il solo tipo vere un romanzo. Ho sempre volu- cos’è una città ? Sono delle il significato di una geografia di disegno che so fare. L’idea to fare il cinema, finché ci sono case, delle strade, delle attività, politica, nè tantomeno spirituale Grande teatro, grande cinema, Napoli allora, era come nei libri piacque a Carlo Ludovico riuscito. Ho sempre pensato che il delle fabbriche, degli artigia- ; il sud, ha per noi il significato grande testimonianza di una real- della Ortese, di Malaparte, di Ragghianti, piacque all’edito- cinema fosse il mezzo più potente ni, degli operai e soprattutto di Italia, Europa, Mondo.» tà abbrutita e avvilita sulla quale Luigi Incoronato, di Domenico re Vallecchi, io riusci a ottene- di comunicazione e di testimo- sono delle attività per la vita. intervenire per ritrovare legalità, Rea, di Norman Lewis, di John re anche l’assegnazione della nianza di realtà per un pubblico da Io, guardando, questa specie Parole profetiche, oggi più che giustizia, amore, vita. I propositi Horne Burns, di La Capria, di carta allora indispensabile, ma considerare però come interlocuto- di ossario, ho avuto l’impres- mai. che animarono Sud. Compagnone, di Patroni Griffi, Vallecchi dovette rinunciare, re e non come passivo spettatore. sione che al contrario fossero di Ghirelli e di quanti hanno mancò in quel momento la Il mio cinema, da quando l’ho case ed attività inventate per la Tornai dalla clandestinità a Napoli fatto vivere al momento, o più forza economica di affrontare cominciato fino ad oggi, ha rap- morte.» A cosa somigliava la vita nella nel settembre del ’44. I miei tardi, la contemporaneità. Per l’iniziativa. Finalmente Ettore presentato la realtà nella quale ero Napoli dell’immediato dopo- amici mi avevano mantenuto un il cinema basta l’episodio di Giannini mi chiese di fargli immerso o la memoria viva di una In questi giorni in cui sta per girare guerra ? posto nella radio americana del Napoli di Paisà di Rossellini, da aiuto in teatro per Il Voto contemporaneità ancora presente un remake di Napoli milionaria PWB, dove già c’erano Antonio dice tutto. di Salvatore Di Giacomo, e di nella attuale storia del mio Paese. d’Eduardo De Filippo, Francesco Napoli era il Mondo in quel 1945, Ghirelli, Peppino Patroni Griffi, interpretare un ruolo. Due anni Ho voluto raccontare l’Italia degli Rosi ha accettato il nostro invito viveva in una tragica confusione la Maurizio Barendson, Tommaso Alla radio tutti facevamo di di teatro, e poi finalmente il ultimi cinquant’anni per uno spet- a parlarci della Napoli del dopo riscoperta della vita, della speran- Giglio, Luigi Compagnone, tutto. Io ero scrittore di schetch, cinema, assistente di Luchino tatore partecipe al quale più che guerra e dei primi tempi di sud za, della legalità, della solidarietà. Samy Fayad, Raffaele La Capria, aiuto, attore in piccoli ruoli, Visconti per la Terra trema. offrire risposte, rivolgere domande. 12 sud 4/5. UN SILENZIO OLIMPICO Roger Salloch

In occasione della pubblicazio- ne in Francia del saggio di Paul Krugman The Great Unravelling. trad. italiana: La deriva america- na, Laterza, Roma –Bari 2004 LINEE

Sono un americano. Vivo a Pa- posto era affollatissimo. Nessuno bus, né in un Kinko, né facendo rigi. Leggo gli articoli dei colu- aveva un computer; in compen- la fila al cinema, o a una lavan- mnists, l’International Herald, so c’erano molti giovani, in gran deria a gettoni, o alle casse del il New Yorker, la stampa inglese; parte afro-americani, ma anche traboccante Berkeley Bowl [gi- la mia lettura si concentra sulle asiatici. Molti degli afro-ameri- gantesco supermercato alimenta- pagine di politica. Ho ritrovato cani erano sovrappeso, per non re a Berkeley, in California], pie- gran parte delle mie opinioni in dire obesi, e il tentare di capire no di giovani donne e di anziani una Lettera dall’America pubbli- perché mi ha probabilmente im- impegnati a far provvista di una cata di recente sul London Day pedito di prestare ascolto alle tale quantità di cibi diversi, qua- Observer, con intereventi di mol- conversazioni che si svolgevano le probabilmente non si trova in ti scrittori americani, tra cui Carl intorno a me. So che un ragazzo nessun altro angolo del pianeta; Hiaasen, Deborah Eisenberg, raccontava al padre di una bar- né in taxi, in mezzo ai passegge- Paul Auster e Richard Ford. ca che era affondata nella baia. ri, in una conversazione colta al Il succo era: l’attuale regime So che varie madri passavano il volo su un marciapiede, o a un ta- di Washington è il peggiore ci tempo a spiegare ai figli perché volo vicino al mio; né in un giar- sia mai stato. Il proto-fascismo non dovevano fare i matti: «Que- dinetto, o nell’atrio di un teatro; è sbarcato in America, le istitu- sto non è un cortile, amore, è un in nessun luogo o momento, nel- zioni sono sotto assedio. Peggio ufficio dove ti danno una nuova l’arco del lungo viaggio che ave- ancora: le istituzioni, come mae- patente, così possiamo guidare la vo appena concluso, mi era mai stosi alberi secolari, sono state nostra macchina. Lo vedi il poli- capitato di sentir parlare delle scortecciate e lasciate morire su ziotto, guarda la pistola: stai at- Olimpiadi. quella stessa collina spoglia che tento a quel signore. Non farlo Ci tengo a ripetere: neanche un un tempo F. Scott Fitzgerald ha arrabbiare». volta. definito il fresco e verde seno Ma se volevo sentir parlare di Dopo essere tornato a casa, ho del nuovo mondo. La colpa è dei foto di Luca Anzani politica, mi conveniva andare a chiamato il mio amico austriaco, media. La colpa è del denaro le- New York. I posti più frequen- lo scrittore. Gli ho chiesto come gato al petrolio. Non abbiamo a tati erano animati da uno sdegno fosse andato il suo viaggio nel che fare con dei neoconservatori, Il viaggio è durato tre settima- A un certo punto si è avvici- va a biliardo con una ragazza alta generale. A una festa ho sentito Montana. «L’aria è così traspa- ma con dei radicali: preferiscono ne. Sono atterrato a San Franci- nata una ragazza, per dire che ci e sottile. La donna aveva i capelli dire: «Ma certo che vincerà Ker- rente, ha risposto, e il paesaggio combattere contro il terrore an- sco, ho trascorso un po’ di tem- avrebbe messo ancora una deci- di un biondo quasi candido. Sem- ry: non conosco nessuno che nel è magnifico. È bello laggiù, ma ziché contro le cause del terro- po a nord della città, quindi sono na di minuti a finire di caricare la bravano fatti di cenere. L’intrat- 2000 abbia votato per Gore e che dà malinconia. I villaggi sono re, perché promuovere l’idea del andato a trovare un amico malato macchina. La ragazza era di cat- tenimento era fornito dai tre uo- adesso voterà per Bush, mentre sperduti e lontani da tutto.» terrore risponde ai loro obiettivi. nel New Mexico. Da lì ho prose- tivo umore. «Perché non fate una mini che cantavano il karaoke. conosco un sacco di gente che Gli ho raccontato la mia storia Li mantiene al potere. Raduna le guito per New York, poi giù nel passeggiata?», ha detto. La mano Nessuno ascoltava. nel 2000 ha votato per Bush e sulle Olimpiadi. Aveva per caso masse impaurite attorno alla nuo- Maryland. Viaggiando, accom- di sua madre si è stretta attorno I cani abbaiano, la carovana che adesso voterà per Kerry». sentito qualcuno parlare dei Gio- va realtà (che non è più la ban- pagnavo nei pensieri un amico al polso del marito. «Stiamo be- passa [proverbio arabo]. Qualcu- Il ragionamento non faceva una chi? diera, bensì il partito, la causa). che si trovava nel Montana. Pe- nissimo così.» La figlia si è irri- no deve pur badare ai cani. È un piega, ma c’era qualcosa che lo No. Pensava che probabilmente Lo diceva Hermann Goering nel- ter, uno scrittore austriaco, non gidita. lavoro pesante. Si fa presto a di- faceva sembrare piuttosto una li guardavano alla Tv, ma non ne la Germania del 1934, e lo dico- veniva negli Stati Uniti da più «Per favore, mamma, pianta- menticare la carovana. Bevi, gio- semplice illusione. All’inaugura- parlavano. Lo spirito olimpico? no, oggi, Cheney, Rove & co. a di vent’anni. Me lo immaginavo la. Non mi sembra affatto che chi a biliardo, canti il karaoke da zione di una mostra, una donna Ancora dovevano inventarsi una Washington. Non è piacevole do- mentre visitava un set cinemato- tu stia benissimo. Hai dormito solo. Accanto a quella strada, che sulla cinquantina mi ha detto che sostanza per rinforzarlo, quello. ver stabilire simili paragoni. Do- grafico uguale a qualsiasi altro male, e Joe ha bevuto troppo, e a sua volta passa accanto a una ero fortunato a vivere in Francia. La gente aveva altro a cui pen- vremmo piangere il nostro amato set cinematografico, ma costruito poi diciamolo, non starai benissi- ripida collina, l’Heartland Bar Di fronte a un de Kooning che sare, come arrivare a fine mese. paese. Questa guerra è un oltrag- tra i piccoli villaggi del Montana, mo finché il presidente non ver- and Grill sembrava essere venuto avrei potuto comprare per due Erano eroici. I loro punti di rife- gio. L’America è un paese degno; che si stagliano nell’aria traspa- rà rieletto. A quel punto potrai al mondo, in tutta la sua precarie- milioni di dollari o giù di lì, mi rimento erano agricoli e climati- in nome di un fondamentalismo rente a 6000 piedi di altezza, fra- dormire e lui sarà libero di por- tà, nel punto esatto in cui la piat- ha sussurrato: «Lei non ha idea di ci. L’estate era quasi finita. Pre- cristiano, la nostra dignità è mes- gili insediamenti umani ai margi- tare il Rose Bowl [stadio di Pa- taforma continentale atlantica si quello che sta succedendo qui». sto avrebbe ripreso a nevicare. sa a repentaglio. ni del paese e diversi da qualsiasi sadena] a Baghdad. E di invadere era fermata. Le cose si reggevano Il problema era proprio quello: Quando parlavano di politica, si La questione mi sta profonda- altro posto al mondo. l’Iran nell’intervallo. Dai retta a insieme, ma a stento, come legate sentivo di saperlo, ma non capi- lasciavano trasportare dalle loro mente a cuore, come a tanti. Dal Durante il mio soggiorno a San Joe, mamma, te l’ha spiegato ieri da un filo, da una veranda di le- vo ancora perché. opinioni personali. E il punto non 2000, ho sostenuto che un’unica Francisco, ogni mattina le nuvo- sera: noi non viviamo sullo stes- gno, da un paio di fari sfreccian- Era ora di tornare a Parigi. Sono era tanto discutere sul program- parola potesse essere usata per le formavano un denso strato, e so pianeta.» Ha scosso la testa e ti: non tanto da un’idea, quanto salito sull’aereo a malincuore. ma di ciascun candidato, quanto caratterizzare quello che era suc- ogni pomeriggio il cielo era az- si è incamminata verso l’attrez- da un’ipotesi, da un’intuizione. I Ero perplesso quanto il giorno capire a quale candidato affidar- cesso alle ultime elezioni presi- zurro. Le ombre erano decise, le zatura nautica che stava ammuc- rari scambi si limitavano a qual- che ero atterrato a San Franci- si per dargli carta bianca su tut- denziali. La strade affollate. chiata sul molo. che notizia su un tale di nome sco. Forse un to, così da parola è: “sba- Dei facchini ci- La coppia non si è mossa. Juan che, secondo la barista, era sesto senso mi poter por- gliato”. nesi in biciclet- Quando gli sono passato davan- convalescente da un’operazione diceva che la tare avanti Ma ero cer- Il succo era: ta zigzagavano ti, mi hanno attraversato con lo e stava bene. risposta alle A una festa ho la propria to di cogliere l’attuale regime tra code infi- sguardo. Non erano proprio con- Per raggiungere le altre de- mie domande sentito dire: «Ma vita, diffi- solo parte del di Washington nite di limou- tenti, ma non direi neanche che stinazioni, ho preso treni, aerei stava per arri- certo che vincerà cile o pia- quadro. Come sine. Frotte di erano abbattuti. Riguardo quella e taxi. Non ho camminato ab- varmi, violen- Kerry: non cono- cevole che mai i sondag- è il peggiore ci giovani donne faccenda, non avevano bisogno bastanza. Non c’era tempo. Ho ta e improvvi- fosse. Ed gi indicava- sia mai stato. spingevano car- né della figlia, né tanto meno di affittato delle macchine. Sono sa – e troppo sco nessuno che era pro- no un testa a Il proto-fasci- rozzine su e giù me o di altri. Sembravano sape- stato ore e ore a fare fotocopie tardi. nel 2000 abbia vo- prio lì che testa? Se il smo è sbarcato per le strade ri- re qualcosa che la figlia ignora- in vari Kinko [catena america- Sono atter- tato per Gore e che le tante e paese era al in America. Le pide, cammi- va, e questo dava loro un senso na di centri stampa e fotocopie] rato all’aero- adesso voterà per s v a r i a t e corrente del nando efficienti di sicurezza. La donna era vestita qua e là, due ore all’aeroporto di porto Charles Bush, mentre co- f r a z i o n i pietoso stato istituzioni sono accanto ad altre di grigio chiaro, indossava abiti Albuquerque aspettando un ae- de Gaulle, e del paese della sua eco- sotto assedio. giovani donne, semplici di cotone. Il marito era reo che aveva fatto ritardo, e più ho preso un nosco un sacco di f i n i v a n o nomia, del di- altrettanto in- tutta un’altra storia: sul risvolto tempo ancora alla motorizzazio- taxi fino in gente che nel 2000 col con- sastro in Irak, tente a spin- della giacca sfoggiava una scin- ne di Glen Burie (Maryland), per città. Il con- ha votato per Bush v e r g e r e , della strage e gere carrozzi- tillante bandiera americana; ave- rinnovare la mia patente. A New ducente era di e che adesso voterà in quel si- delle torture di innocenti, delle ne. Correvo mezz’ora al giorno. va gli stivali lucidi come spec- York, ho visitato musei e gallerie colore, origi- lenzio in- morti insensate dei giovani ame- C’era molta gente che come me chi, e una cintura di cuoio la cui d’arte, e sono stato a una festa a nario del Ca- per Kerry». differente ricani, com’era possibile che ci correva, a qualunque ora, ovun- fibbia gli copriva la pancia con Prince Street, a Soho. merun. Sta- nei con- fosse la seppur minima probabi- que andassi. Non so se si sia trat- delle decorazioni argentate e un Nella sala d’attesa, ad Al- va ascoltando fronti del lità che George Bush venisse fa- tato di un’estate eccezionale, ma pezzo di turchese grosso quanto buquerque, regnava un’atmosfe- Sports-Fm, una partita di palla- resto del mondo. I giornali loca- cilmente rieletto? Dove avevano quest’anno, ad agosto, San Fran- un frammento di luna. Il modo ra di rassegnata buona volontà. volo in diretta dalle Olimpiadi. li non dicevano nulla su quanto preso a svanire le differenze di cisco fremeva d’attività. La baia in cui mi avevano attraversato Ci saranno state un trecento per- Mi ha detto che il suo momento stava accadendo altrove. Per raf- opinione riguardo la ricerca sul- era a tal punto piena di piccole con lo sguardo, in direzione del- sone bloccate tra due voli, ma la preferito durante le Olimpiadi forzare l’idea che non stava acca- le cellule staminali, la pena di imbarcazioni a vela che, per at- le case di Pacific Heights, e oltre, sala era grande e stavamo como- era stato quando la squadra di ka- dendo nulla, le prime pagine dei morte, il diritto della donna di traccare, i conducenti, una volta nella distesa del cielo azzurro, ri- di. Quasi tutti si erano stravaccati yak femminile ungherese aveva quotidiani spesso non facevano scegliere, l’ambiente? Andava oltrepassato il frangiflutti, dove- mandava a delle certezze che mi sulle sedie per cercare di dormi- vinto il secondo posto. Perché? che riprodurre i titoli di un seco- forse tutto ricondotto alla pode- vano virare di bordo, uscire nel sfuggivano, proprio come sfug- re, altri lavoravano al computer. È scoppiato a ridere. Gli piaceva lo prima. rosa campagna messa su dai se- porto, ammainare le vele e rien- givano alla figlia. Anche noi vi- Un grande schermo televisivo il verde acceso della loro divisa. Finalmente, era tutto più chiaro: guaci del Presidente? Come si trare usando i remi o il motore. viamo su due pianeti diversi. Mi trasmetteva repliche dalle Olim- Ed erano carine, molto più cari- se il resto del mondo non aveva era arrivati a tanto? Era forse la Era l’unico modo per farsi strada sono chiesto come fosse il loro. piadi di Atene. Nessuno guarda- ne delle ragazze lituane. Diceva importanza, era perché tantissima paura del terrorismo? O la rin- nella folla. Ho proseguito il mio viaggio. va. Mentre fissavo lo schermo, che le ragazze lituane sembrava- gente in America era disperata- novata determinazione di tutto Un giorno che avevo corso quasi Sono stato in molti posti. Uno di cercando di indovinare la nazio- no uomini. mente decisa a non dargli impor- un paese a riaffermare la conce- fino al Golden Gate Bridge, sulla questi è l’Heartland Bar and Grill nalità delle quattro atlete del 400 Ed ecco che, all’improvviso, tanza. La guerra fredda era finita, zione di un Dio ricco, bianco e via di ritorno verso lo yacht club, che si trova a circa dieci minuti ostacoli, mi sentivo strano, esoti- mi ha colpito un fatto, che pure e l’avevamo vinta noi. Non era superiore? Non riuscivo a venir- mi sono fermato un attimo a sedere di macchina a sud di Petaluma, in co, quasi fossi stato anch’io stra- era ovvio: se si eccettua la visio- solo Dio a stare dalla nostra porte, ne a capo; così, dovendo recarmi su una panchina, vicino a una cop- California. C’erano tre uomini al niero. ne solitaria della Cnn all’aero- ma la storia stessa. L’Iraq era una negli Stati Uniti ad agosto, ho de- pia di anziani. Stavano guardando bancone, e un tipo magro con la Alla motorizzazione del Mary- porto di Albuquerque, in nessun faccenda spiacevole. Presto il con- ciso di tenere le orecchie aperte. il traffico sul Marina Boulevard. pancia a forma di pera che gioca- land era una domenica mattina. Il altro momento, né su un auto- flitto sarebbe finito, o lasciato in RIVISTA EUROPEA REVUE EUROPÉENNE EUROPEAN REVIEW EUROPÄISCHE ZEITSCHRIFT REVISTA EUROPEA sud 13

mano ai nuovi, affrancati e demo- CASCATA SVOLGIMENTO STORIA cratici Stati Uniti (Tribali) d’Iraq. Ennio Cavalli Ennio Cavalli La nostra pace, la pace che DEL GIOCO Laura Pugno avremmo imposto, la pace fred- da americana sarebbe iniziata. Dopo l’asfalto, la prima cosa che vedi è una La storia delle scarpe ha i piedi Il Sunday Observer riportava lontana mille fiati, terra piana per preistoria un commento di Carl Hiaasen, se- cerchiamo la cascata, il suo come dentro la scatola, e lacci di distanze. condo il quale un nuovo Presiden- boschetto. questo è il territorio nuovo La storia del cavallo è fatta dalle te sarebbe stato sufficiente a far- Cera dell’infanzia, terra di briglie ci superare questo brutto periodo. fornace. nuova mutaforme e da due gambe addosso Non condivido l’ottimismo di Carl I piedi ritrovano a calci le la dea-ragazza nella vernice dell’andatura. Hiaasen. Se Kerry viene effettiva- vecchie staffe, già ti percepisce: La storia del pianoforte, capitoli mente eletto, è comunque probabi- la carne delle raganelle e dello di mani, le che, durante la sua presidenza, stagno. più potente scala, chiave, crescendo accada nuovamente qualcosa di Siamo una banda, è il colpo di giovani allieve. terribile, qualcosa di impronuncia- dell’anno. La storia delle mamme, traforo bile e di statisticamente agghiac- Per corridoi di erba e sotterfugi la ragazza è delle tigri, di finestre, ciante. I neoconservatori lo sanno schiviamo trappole, pantani. l’altra specie ansia vibrata, corno d’ariete, benissimo. Non hanno fretta. Pos- Sempre più nascosta, la cascata. perduta, forse rada di nomi nel buio. sono fare panchina ancora per un Dietro l’asino nero del ponte, in questo nuovo mondo La storia della matita ricalca po’, incrociando le braccia. Staran- oltre lo sputo di mattoni vedi il suo corpo percorso l’imprevisto no benissimo. Staranno sempre be- illeggibili, da lame nere da di ornati e capinere, nissimo: è il loro destino. rivolta celeste. splendore la coppa lucente delle vocali. Ma se Kerry non viene eletto, po- È come l’avevamo lasciata, La gomma per cancellare è tremmo ritrovarci per decenni con frana di acque cancellata un sistema monopartitico. Nessu- piscina di voli. questa terra è definita come da un uomo in un lenzuolo no può dirlo con sicurezza. Una C’è voluto fegato oriente da due scarpe da morto. cosa però è certa: come fa notare e un cavalcavia sui papaveri. circondata da mari Il pianista affresca di suoni la Paul Krugman nella sua brillante e sotto spore, sala, prefazione, se qualcuno ti lancia stelle-appena, prende accordi per Capodanno. la macchina in un fosso, non ba- bagliore quasi invisibile Una nuvola li respira. sta una brusca sterzata a rimetterla sulla strada. tu sei figura di uno che viene Un pensiero mi assillava. E se verso oriente in armi fossi tornato su quella panchina di COMPUTER fronte alla baia di San Francisco, e avessi raccontato alla coppia la eppure non porti armi, storia di quel bambino del Bangla- La tapparella alzata dal vicino lame sotto le unghie, desh e di suo padre che è disoccu- infila una stecca nel cuore sei un corpo nudo, pato a causa delle sovvenzioni Usa corrompe l’anima del risveglio non fulvo, ai produttori di riso statunitensi? scatena un’allerta di facce la tua pelle non è difesa Riuscivano ad immaginare cosa senza la grazia di un Dio profondamente come un imparava il bambino a scuola sugli Restitutore. territorio d’oro Stati Uniti? Avrei voluto dirgli che nella vita non conta solo vincere. Così il computer, sano del suo Tutti noi dobbiamo cercare di ren- male, strade abitate da tigri, immagine di Philippe Schlienger dere la terra un posto migliore, o la ignorò l’ordine di spegnersi. capanne dove entri in ginocchio: storia farà il contrario. La storia se Staccata la spina, la sacca degli mangi e mastichi la carne ne infischia. innesti, a denti nudi, ti Ma era troppo tardi, ovviamen- tolto il pace-maker della batteria, stai mescolando a loro, te. La coppia se n’era andata. Le un occhio caldo al fondo del la notte lei ti copre col dominio Olimpiadi erano finite. E comun- sistema que, cos’avrebbero capito? Io resisteva in una colla di abbagli. vivo in Europa, dove le frontie- Come un vulcano, un altoforno o hai avuto alleati, re, che sono ovunque, col tempo un attivista. amici, hanno perso importanza. La storia Annebbiato ronzio, la minaccia ci sono altri che cercano di le ha cancellate. In America, inve- di chi traffica per un altro vincerti: ce, l’immaginazione locale rara- padrone. mente si spinge oltre un confine. DI FUGA Quando per caso le capita, perché sorprendersi che si accucci, in- dietreggi e aspetti tremante che il Presidente-panacea le spieghi che presto andrà tutto “benissimo”: Abu Ghraib? Falluja? Cecenia? Nomi dalle vocali aspre, dalle DIAMANTE consonanti difficili da assembla- re. Sembra tutto molto pericoloso; Un mago traslucido e pio sembrano posti sui quali uno non dal carcere della profonda Terra vorrebbe sapere nulla, e dove, so- inondò di carati prattutto, uno non andrebbe nean- l’anima callosa del carbonio. fotografie di Philippe Schlienger che pagato. La macina saltò un dente. E io, dove volevo andare? Da allora sotto lastre di cipria Nei periodi di grande confusio- un compasso di luce ne, c’è sempre la letteratura. Non e una tana di volpe non lasceranno invisibili, (dal poemetto hacker/aidoru) avevo avuto molto tempo per leg- tagliano la strada al buio. che ti mescoli, ti devi uscirne vincitore, la forma di lotta gere durante il viaggio, ma mi è strapperanno alla pace delle lei è una pietra nera che conosci, che tornato in mente che, a Berkeley, tigri: lei, liscia e piatta stele ti è corpo ero capitato su un poster di gran- devi combatterla che tu non adori: di dimensioni: era la riproduzione lei è la statua-lei, integrale dell’Amleto, su un uni- perdi il privilegio, se le tieni tu hai co, grande foglio bianco. sei ritornato indietro, ferme le braccia sarin e lingua, lei Sapevo che, tra quei versi, era ora leggerai le labbra ha corpo e racchiusa una lugubre intuizione sei in armi vedi, quello shakespeariana: che è corpo, la riconosci, parli la sua lingua statua-lei-scatola, Silence though silence has a le spore sono fatte d’oro, lei è scatola luce nera della lingua e tongue of its own più potente, senti iscrizione di tigre della luce (ma , il silenzio ha che la potenza ti diventa un sarin entrerà nella tua lingua una sua lingua) cosa facile, e la farà dormire provi desiderio appare adesso lei, Se ha una lingua, mi sono det- molto forte: bambina-aidoru, to, allora ha anche un voto. Sono tradisci la mutaforme sarin di ogni parola le cedi la parola terribilmente preoccupato da stanotte non sarai cibo pronunciata lentamente, quello che non sto sentendo. foto di Luca Anzani combattimento su linee 14 sud 4/5.

CAPISALDI Elisabeth Barillé traduzione di Cris Altan

Abitini da capogiro per corpi sconti rovinosi. Sulle mani Lei vomita yogurt, colleziona a credito, top di pelle d’angelo delle donne spuntavano gli cachemire. per anime a brandelli, maglie artigli. Stracciavano le etichette, smaglianti, ciabattine a fiori, si litigavano le promozioni, * cappelli pop, biancheria in calpestavano i bambini. L’odore bianco, novità votate al deserto di nuovo saturava l’atmosfera; Donne in dieta, armadi obesi. del desiderio. Già vestite dei qua e là agonizzavano i deboli. capi cui anelano, gli stessi, sì, Docile e confusa, accompagnava * insomma, quasi (quel quasi il movimento. Aveva la bocca in cui si precipita la voglia, secca, il ventre irrigidito, dei Per quella prima cena, a casa di voglia di desiderio, voglia di tremori da macello tra le reni e lui, si era rovinata in biancheria quelle vertigini che diluiscono la nuca. Ad ogni nuovo acquisto di lusso. Lui le aveva servito le aspettative, voglia di oblio il terrore aumentava. una volpina coi porri. Un pesce che rimedia al rimorso) le pieno di spine. Lei si era detta, donne esitano, si preoccupano, * ripulendolo con un’abilità degna vacillano e cedono senza sapere di miglior causa, che avrebbe bene a che cosa. La strada per la Tra tutte queste scarpe, si diceva, potuto scegliere un piatto cassa risale da un pozzo senza un solo paio mi accompagnerà più sofisticato. fondo. sottoterra, bisogna vedere quale. Dello storione, per esempio. Ne derivava quella febbre di A parità di peso, lo storione, * acquisti, quei modelli identici anche quello selvaggio, è sempre declinati secondo il colore, come meno caro della seta, selvaggia Meno godo, dice lei, e più una scaramanzia. o no. Profondi pensieri che compro. avevano causato la sua perdita. Aveva cominciato a tossire, lui * * non si era mosso, un’ora dopo era morta. Capi di lusso esibiti davanti Aspetto l’amore, mi ritrovo a specchi che inducono in ammalata, mi scrive dalla clinica * colei che li avvicina desideri in cui l’aspetta l’ablazione. lancinanti di infinito. Vivere di spazio, di fluidità, di * silenzio, passare per invivibile. * Ossessionate da una felicità * che piazzano così in alto che Vetrine animate, visi atoni. finiscono col perderla di vista. Invivibile, fare invidia.

* * *

Le donne cercano nell’acquisto Non avendo trovato un uomo, si Scegliere una mela in un di oggetti a caro prezzo l’ausilio è trovata uno stile. mercato fiorentino, aspettare che non ottengono da ciò che la sera per tirarla fuori, l’asilo – si dice, si legge, si anela * di una camera spoglia, la – prezzo non ha... cerchia delle lenzuola di lino, il Annunciano, nel Faubourg silenzio nel cui cuore un frutto, * Saint Honoré, l’apertura di uno a volte, si fa carne. Passarci «scrigno per scarpe». Stivaloni sopra le labbra, piantarci i L’amore, l’amore, l’amore, di pitone, infradito coi tacchi a denti, deliziarsi dei succhi acidi l’amore, l’amore, l’amore... spillo, ballerine orlate di struzzo, e crudi, identificare, a ogni scarpette con strass per ninfette sprizzo, il sigillo di antiche * con stress, Cenerentole sotto promesse, associazioni felici acido. Ambiente lattiginoso, dal su uno sfondo di sole, di saliva Quando compro, lei mi dice rosa imene al rosa mucosa, un e di iodio. Rendere omaggio anche, non penso alla morte. cassettone Boule, in contrasto, all’attimo, rendere omaggio in e commesse bilingui con noduli se stessi allo spazio infinito del * ai seni. caso.

Eppure ci pensava, durante i * Nelle stanze adiacenti, coppie saldi, di fronte alle carrettate avvinghiate, giochi al massacro. di vestiti sacrificati, alle Sono uno zero, non valgo niente, foto di Francis Amiand cataste di scarpe, ai gioielli a sospirano; sono quelle, spesso, * peso, a prezzi stracciati, tutti che hanno di tutto, e di più. ammassi in cui si infiltravano Di cosa vive? emanazioni mefitiche di storia. * Dappertutto ribassi pazzeschi, Di sfumature.

STORIA DI SCARPE Ornela Vorpsi FUORI traduzione di Laura Toppan

Il caso volle che un giovedì del Provenivo da un paese dove le respira, e la gomma di certo non Quelle scarpe avevano quasi Cercavo di immaginare a cosa servai con estrema attenzione le mese di marzo, (opportunamen- scarpe erano semplici accesso- aiuta. Ma non si preoccupi signori- sempre un’aria riservata, al tem- potesse somigliare il piede che loro suole di gomma, di un beige te illuminato da un sole ancora ri, strettamente funzionali. Non na, proseguì il dottore, i suoi piedi po stesso lussuosa e discreta, per sonnecchiava dentro quelle translucido, che mi sembrarono freddo), prendessi la metropoli- si dava alcuna importanza alla si abitueranno pian piano». Niente cui ogni volta che ne vedevo un scarpe; la mia immaginazione lo due grossi ramponi, insensibili e tana aerea, e che un paio di scar- forma. La forma era importante da fare, quindi. In quel paese, pos- paio, pensavo immancabilmente faceva pallido, liscio, morbido possenti, ancorati al suolo. pe mi gettasse in un terrore inso- solo quando riguardava l’essere sedevamo tutti un unico paio di al nonno dell’uomo che portava come flanella, e osservando sui L’insensibilità di queste scarpe, stenibile. umano, e persino in quel caso si scarpe. Se volevo uscire di casa quelle scarpe colte. Lo vedevo miei piedi i vecchi segni delle ecco cosa mi gettò in un terrore Mi ero seduta di fronte a un uomo diceva che la forma più impor- per andare a scuola, per rubare andare a caccia mentre la nonna vesciche mi sentivo quasi in col- senza nome. Non conoscevo il profondamente perso nella lettura tante era quella che uno si porta dei fiori o dei libri, dovevo rimet- suonava il pianoforte, prima del- pa. Quelle scarpe m’intimidiva- loro linguaggio. Ma esistevano del suo giornale. L’uomo portava dentro. termele, con o senza le vesciche. l’ora del tè, e la cameriera face- no un po’, perché possedevano davanti ai miei occhi, come il delle scarpe gialle. Queste scar- Nel mio paese la qualità delle Ma le scarpe che vidi, quel giovedì, va avanti e indietro per la casa, una storia. Talvolta, infatti, il mondo intorno a me, come l’uo- pe, senza alcun dubbio, facevano scarpe non sempre era buona. Un nella metro di Milano, erano scar- spolverando i mobili di ciliegio. loro passato era immenso, e più mo che le portava, come la mia prova della più assoluta innocen- intero popolo è stato equipaggia- pe che non rientravano in nessuna Erano scarpe che brillavano di una storia è grande, più è diffici- mano che stringeva con tutte le za, mentre il loro proprietario era to con quelle orrende scarpe in delle categorie di scarpe che avevo una luce sicura, spesso marrone le da portare. sue forze la sbarra gelida per so- ignaro del senso di smarrimento finto cuoio, abbinate a certe suole costruito senza volerlo. scuro, o nera. Ma le scarpe gialle non appar- stenere il mio corpo, quel corpo che stavano per procurarmi. fatte di gomma che provocavano Mi resi conto che era come se alcu- Le contemplavo, mentre nella tenevano né alla classe operaia, che mi indeboliva. Quel mattino mi sentivo molto la comparsa di vesciche piene di ne di quelle scarpe racchiudessero mia immaginazione calpesta- né alla borghesia, né tanto meno Poi ho parlato a qualcuno, gli ho bene. Il mio corpo si era sveglia- siero. una storia, una storia che le prece- vano tappeti morbidi e rossi, all’intellighenzia. detto che un paio di scarpe gialle to vigoroso, e il desiderio della Un giorno, poiché le mie vesciche deva. Quel passato si confondeva parquet profumati di cera al Il mio cuore sussultò e, abban- e insensibili mi terrorizzava. vita mi scorreva nel sangue in avevano raggiunto delle propor- con un profumo che mi era estra- miele; poi, quando mostravano donando il petto, si ritrovò im- È scoppiato a ridere. Rideva, non pulsazioni sane e regolari. zioni spaventose, mia madre mi neo, il profumo di Robespierre, qualche segno di stanchezza, provvisamente nello stomaco, la smetteva di ridere, mentre le Fin quando, per caso, il mio portò dal medico. «Niente da fare, di lettere fragranti d’amore e di gli lasciavano il tempo di ri- che prese a battere violente- mani continuavano a tremarmi, sguardo cadde sulle scarpe gialle dichiarò il medico, sono le scarpe visi gracili. Erano, oserei dire, prendersi, dopo avervi inserito mente. Guardai le scarpe gialle, vittime di queste scarpe che non che l’uomo aveva ai piedi. Delle che provocano questa reazione. scarpe colte. Nel mio paese non una specie di meccanismo di strettamente annodate attorno trovavano posto nella struttura scarpe profondamente estranee. Sotto il finto cuoio, il piede non avevo mai visto delle scarpe colte. legno che le teneva in forma. alle caviglie dell’uomo, e os- involontaria della mia creazione. RIVISTA EUROPEA REVUE EUROPÉENNE EUROPEAN REVIEW EUROPÄISCHE ZEITSCHRIFT REVISTA EUROPEA sud 15

sacchi di farina o di sabbia, il scrive La Francia parla nel cibo è un rifornimento, si fanno settembre del 1943, un anno provviste, la fame moltiplica la dopo Ode to France di Charles solidarietà, e le patate sono il Morgan – la Francia libera non è genere alimentare principale. I una nozione astratta. saloni aprono i loro pianoforti a coda, i prefetti e i professori … Ci sono i pali della fucila- sono rimossi dalle loro cariche zione, i nascondigli, le fughe, dal governo di Vichy. Monsieur i sabotaggi, le ville isolate, le Giroud, titolare della cattedra di irruzioni della Gestapo, le reta- estetica all’Università di Tolosa, te e i caschi dei tedeschi come si è tolto il basco per non somi- all’epoca di Bismarck, ci sono gliare ai fascisti. – Che tempo i mantelli dei poliziotti fran- faceva quando dubitavamo del cesi, le bustine militari, i di- cielo? rettori delle Poste, i bracieri di segnalazione, gli aerei ad elica … E ci sono i fotografi con le – chissà se si diceva ancora ae- loro scatole sui treppiedi che roplano? I responsabili politici spiegano dei panni neri, i do- della Resistenza diventeranno cumenti falsi e l’illegalità sono i commissari della Repubblica, segni di nobiltà, la Francia è ci saranno dei giornali, Combat, tagliata in due – zona libera e Libération, Franc-Tireur, la zona zona occupata –, la linea di de- Sud risponderà alla zona Nord, marcazione passa per Vierzon, sognamo l’aria fresca, sognamo le locomotive fumano come in di andare come sempre in mon- Anna Karenina. Beviamo cico- tagna, o al mare – sogniamo, so- foto di Roger Salloch ria nelle scodelle di maiolica, gnamo… la stessa speranza è un un’unica torta viene chiamata sogno senza fine. pasticceria, il pane è razionato, mangiamo rutabaga e topinam- … Ci sono stati la mobilitazio- bur a causa delle restrizioni, ci ne e i permessi, le doppie porte mettiamo la glicerina sulle mani e l’esercito segreto, le vigilie per alleviare le screpolature. Le d’armi, gli atterraggi notturni, pendole, le sveglie e gli orolo- l’appello del generale de Gaulle, gi sono indispensabili, Marthe Radio-Parigi mente, Radio- e Antoinette sono nomi meno Parigi è tedesca, i cappotti di comuni di Françoise, Monique o cuoio della Gestapo, i gettoni Jacqueline, le bambine più pic- del telefono, i telegrammi, gli cole sono bambinelle, imparano pneumatici, i cerchi nei parchi, a lavorare a maglia e a ricamare i camion con i teloni, i villaggi iniziali, le valige sono di cartone martiri, e poi ancora Citroën, pressato, intere famiglie le ten- Citroën ovunque. Ci sono state gono pronte insieme a una vali- le camice nere, i feltri morbidi e PORTA getta e a un nécessaire da viag- i calzini bianchi, a volte le galo- gio – forse, per strada, bisognerà scie, soffro di decalcificazione, cambiare passo, marciapiede, ho l’impetigine, la scabbia, i portone, non bisognerà correre geloni, mia madre mi spennella [DENTRO] COME DELL’ANNO se qualcuno ti segue. Suzanne le guance e il mento con del blu [FUORI] S. è stata arrestata e portata di metilene o con della tintura Fiammetta Cirilli Paola De Luca QUARANTA* Yvonne Baby verso un treno merci, ha potuto di iodio – tremendo! –, a scuola traduzione di Francesca Spinelli dire addio al figlio da un carro sono in quarantena. Ci sono stati bestiame, gli aerei alleati mitra- gli ostaggi di Chateaubriand, la Dalla periferia al centro è un per- Fuori, un inferno. La sera non «Quarantanove minuti esat- … Ci sono i grembiuli a pieghe, gliano per sbaglio le ferrovie, prigione di Montluc, gli infor- corso sotterraneo, di luci strisciate e ce l’aveva fatta a calare, respinta ti», rispose il medico, consul- cuciti e cifrati a mano, i riccio- i prigionieri civili sono i futuri matori, i collaboratori, le Forze forti, infissi rosso e arancio, plastica dalle migliaia di luci che invade- tando l’orologio. Poi si mise a li, i boccoli, le permanenti e le deportati, i tedeschi già li chia- Francesi dell’Interno (F.F.I.) e nera. L’odore della gomma, i vago- vano l’aria. Su tutte le colline gli ridere e aggiunse: «Questo nel pieghe, le Peugeot, le Citroën, mano: terroristi. «Poveracci», i Franchi Tiratori e Partigiani ni come lavagne: ma sporche d’un- uomini e i ragazzini preparavano caso che lei voglia compiere il conciliaboli ovunque, e le bom- dice chi vedrà passare quei tre- (F.T.P.), c’è stato, c’è tuttora, to – anche oggi impronte, e parole le polveri. Sotto, folle nomadi: prodigio...». Il dolore scrosciò, be. Si dice il Fronte, un Comitato ni, chiamati i treni della morte – mio padre che suona e risuona mal respirate, e tracce, scolo di cel- tra i clan e le tribù, l’eccitazione violentissimo, con uno scoppio o un Gruppo, si va o non si va sono pochi i vivi che arrivano a l’Appassionata di Beethoven e lule. Nero su nero: materia corren- passava di cuore in cuore, ognu- violetto. a Londra, si entra o non si entra Buchenwald e a Dachau. André mia madre che canticchia una te – gambe e braccia abbandonate, no era il testimone dell’eccitazio- «Andrà in televisione», disse nella Resistenza. L’ingresso ai Malraux dice che un paese che canzone rivoluzionaria: Ma fagotti, indumenti fuori stagione. ne dell’altro, gli cercava la paura ancora il medico, armeggiando giardini pubblici sarà vietato agli non ha memoria non ha futuro: blonde, entends-tu en ville… Le facce di chi è seduto avanti, o a e la speranza negli occhi per su- con lo stetoscopio. «Ma io non ci ebrei, le stelle gialle si compre- come possono le lettere scritte Ci sarà l’armata rossa, l’asse- lato: non soggetti, non nomi da in- bito correre a curiosare altrove. Il tengo, a compiere prodigi», riuscì ranno con i tagliandi, i bambini da quei vagoni giungere ai loro dio di Stalingrado, l’insurrezio- dovinare. Li vede. E in mente sono boato cresceva di ora in ora. a pensare la donna prima che un aprono la bocca alla fine della destinatari? E perché gli ostag- ne di Varsavia, nessuno discute strisciature, altri lampi di colore: La donna sdraiata smaniava. cilicio di ferro si mettesse a strin- lezione perché la maestra depon- gi del 1944 non sono riusciti l’onore di essere comunista, deformazione della città, suo scio- Tirava i lembi del lenzuolo, gi- gerle, sempre più forte, la vita. ga sulla loro lingua una pastiglia a scappare durante le soste in le granate non sono più frutti, gliersi e disincarnarsi, bruciare. rava la testa da una parte all’al- Non ce l’avrebbe mai fatta. vitaminica rosa, e cantano o ri- aperta campagna? Avranno scor- e le raffiche non sono più raf- Dalla periferia al centro è un tra, stringeva i denti, scalciava. Non l’avevano preparata a quel fiutano di cantare Maréchal nous to la primavera nei campi e sulle fiche di pioggia. Ci sono state percorso di nutrizione – si nutre Nei rari momenti in cui il dolore dolore. Se l’avesse saputo, si sa- voilà! durante la ricreazione. Gli colline? Ci saranno settecento le esecuzioni sommarie e quel- di sé, la madre, il largo bacino scemava, cercava il cielo e non lo rebbe fatta anestetizzare come uomini e le donne che si amano deportati, e quanti giustiziati? È le arbitrarie, i campi di stermi- duro: primo, l’apice delle case, le trovava. tutte. si danno del lei e non si baciano forse Dio l’assenza? O l’uomo? nio, le atrocità naziste – da noi, pretese dei giardini e degli inter- Nel quadro della finestra pul- Ma il rumore era tanto che sfi- in pubblico, le campane delle questa notizia: Bertie Albrecht, ni agiati; poi, vetri ciechi, lingue, savano colori strani, viola e aran- lacciava anche i pensieri. chiese suonano più spesso, gli uf- … Ci sono anche le mense sco- un’amica di mio padre, è sta- rettangoli di marmo. Sotto anoni- cione: fluorescenti, inquietanti. «Spinga» urlò il dottore. ficiali tedeschi parlano francese, lastiche dove servono purè di ta decapitata. La liquidazione, mato sono il muscolo cardiaco e i Il primo botto emerse da un lam- Sfilarsi dai propri fianchi arro- la guerra inizia quando finisce. ceci e fagioli con gli insetti, ci poi l’epurazione, sono dei mali confini: dalle sterpaglie ai vasi che po dorato e crepitò così vicino ventati, dai polmoni, dai visceri in Le camice degli uomini si lava- sono gli stivali di gomma, i ca- estremi, si è stati o non si è sta- convogliano come in una carne che la donna lo sentì schiantarle fuoco, dalle pareti incandescenti no col turchinetto, le donne han- che-nez e le camicie confezio- ti patrioti – chi avrà saputo, o espansa, inturgidita. Viscere: ma le reni, risalirle la schiena come della stanza, dai lembi aguzzi del no le scarpe basse e le calze di nate con la tela dei paracadute, potuto, resistere alla tortura? non rigettano: e la massa rientra una lingua di fuoco e andare a camice del dottore che le ferivano seta, e noi, le gonne a pieghe con la povertà è fonte di orgoglio, si e preme, preme e divora pelle, smorzarsi nella nuca. «Aiuto» le cosce. le bretelle e il colletto Claudine. barattano gli anelli con le uova A questo punto, Anna dovrà in- legno, pietre. Il sacco amniotico credette di gridare. Aiuto, aveva «Ci siamo, ci siamo» annunciò I pentoloni per la bollitura del e il lardo. Ci sono i giacconi fo- terrompersi, Clémence si è asso- corrompe ogni sagomatura: piani, ansimato. il dottore, «ancora uno sforzo». bucato scintillano, i telefoni pog- derati, le giacche con la martin- pita. Eppure Anna vorrebbe con- oppure ossa e latrati di randagi. La finestra diventò arancione Sgusciare da tutta quella pena, giano su basi di legno, mia madre gala e le gauloise blu, i pali del tinuare, magari potrebbe sve- È una carie di cemento: marcisce e un lungo sibilo la colse sul- trovare il coraggio di aspirare dice che ogni allarme le strappa telegrafo e i centralini telefoni- gliare con dolcezza Clémence – da qui a dopo, da qui a cent’anni, la fronte, le appiattì le tempie. quell’ariaccia falsa e chiassosa, il cuore, la paura ha un suono, la ci dai fili multicolori, ci sono i e continuare a raccontarle:… ci dopo. Simile a un tronco svuotato, Bum! Assieme al frastuono en- filtrarla con l’anima e spingere a barbarie un accento – la Gestapo volantini e le parole d’ordine, e sono, ci sono stati, ci saranno… la cavità di una lebbra: le cavità che trò il dottore, col camice che fondo, più in fondo, di più. è venuta a cercare la nostra vici- i coprifuochi. I ferrovieri sono Vorrebbe dirle: Ascolta, e mo- si intersecano precipitandosi una assorbiva il rosso della finestra. Fino a intravvedere il silenzio. na, mademoiselle d’Istria d’Oria, eroi, i tedeschi fucilano i par- strarle i brevi lampi di utopia di dentro l’altra: precipitando la su- Mentre si chinava su di lei il Il neonato apparve in una luce proprio mentre stava dando da tigiani e danno loro il colpo di quell’epoca sconsolata. Questa perficie al ventre, e con la superficie rosso si sbiadì fino ad azzurrar- paglierina, tra le mani gialle del mangiare al suo gatto Réséda. grazia, il giovane partigiano, su sera stessa, Anna vorrebbe tan- il resto. Un domino ben allineato si. «Tutto bene», disse. «Tutto dottore. «C’è riuscita, è un avve- questa foto del liceo, era mio to rispondere a tutte le domande (la cagna di periferia è giovane, bene», dovette ripetere più forte, nimento, andrete in televisione», … Ci sono anche l’esodo, i fratello, fucilato il 24 giugno del che sua nipote non le ha fatto. e anche lei consunta di mater- mentre un tuono indaco inonda- disse allegro il dottore. La prima pacchi, i fagotti e le madrine 1944 dai tedeschi in uniforme e nità. Dorme per fame, le zampe va la stanza. donna del terzo millennio aveva di guerra, ci sono i contatti, e il dai miliziani francesi – il suo contro il muso, il muso contro «Se lo dice lei» tentò di gli occhi aperti e la bocca chiusa, coraggio sulle biciclette. Le ra- nome è inciso sulla targa degli *L’espressione francese «s’en l’imbocco di un garage – scalda scherzare la donna, che in pensò la madre. Non andremo in dio sono grandi quanto case di alunni morti per la Francia, al moquer comme de l’an qua- la terra con il residuo della cor- condizioni normali aveva televisione, le promise con una bambole, in città si vedono dei Louis-le-Grand, dove studiava. rante», dall’origine incerta, si- sa: cedendo all’asfalto crepa- un temperamento ironico. carezza quando restarono sole. barrocci, i carri dei venditori Diciamo «i nostri», e ascoltia- gnifica «non attribuire alcu- to, all’utero infido della strada) «Quanto manca?» sospirò. Fuori, un inferno. di frutta e verdura trasportano mo Radio-Londra, Paul Claudel na importanza a qualcosa». 16 sud 4/5. L’INSENATURA I SOGNI DALTONICI Danièle Rousselier DELLA PERIFERIA traduzione di Federica Di Lella Michele Sovente e Maria Laura Vanorio

Come ogni giorno alle dodici i zio giallo e luminoso: paglia di sivamente del linguaggio, del la distanza sempre uguale il virtuale di questi tempi nelle sabbie mobili si sta muri bianchi circondati di blu, grano, biondezza commovente suono delle sillabe intrecciate, lo stillicidio perpetuo è il più perfetto bene si contano fino mare e cielo confusi nello stes- di certi capelli, gaiezza dei bot- dell’estremo rifugio della loro di desideri che si mordono degli imperfetti toccasana alla fine le scorte so palpito di calore. ton d’oro, il colore stesso del- infinita modulazione. In un’al- si azzuffano come maree sutura corpi amputati di sopravvivenza ed euforia Le piace quel momento del- la vita si è trasformato in petali lucinazione le appare quello la giornata, a tavola con la fa- di disperazione. A furia di fis- che l’aspetta, le parole le sfug- il chiuso ottuso navigare gli occhi comunque puntati quando a denti stretti miglia sotto la tettoia di canne sare i granelli di sabbia sfavil- gono dalla memoria col passar spasmi e lapilli alle costole a un eden ai fin troppo si dice periferia del cortile. L’aria immobile, gli lanti di sole, le si accecano le del tempo, poi le lettere si oscu- non più si lamentano inflazionati tropici ogni cicatrice può ampi gesti per prendere la broc- pupille; resta immobile per un rano a poco a poco. Con il dito le costole qui e là sbattute sono i sogni daltonici finalmente danzare ca e allungare la mano verso i tempo imprecisabile, l’oro che traccia le sue iniziali sulla sab- pomodori. Gli uccelli tacciono, le brucia gli occhi impallidisce bia. Da bambina non si stanca- quando si dice voragine gioca tu che gioco anch’io il sole impone il suo silenzio. a poco a poco, la notte la av- va mai di scrivere il suo nome subito si pensa allo spreco fingi tu che fingo anch’io Lo sguardo le scivola sul suo volge. Nera, senza importanza. tra i granelli malfermi e guar- di vite senza centro se una lepre è tirassegno compagno, catturato come lei Non sente la frescura dell’al- dare l’acqua limpida cancella- senza un virtuale approdo in ogni ora del giorno Aprile 2005 dalla densità dell’ora. Suo fi- ba, né la leggera umidità sulla re lentamente, ogni volta un po’ glio mangia chicchi d’uva uno pelle. Il sole riporta la luce, su- più in alto, le lettere di sabbia. alla volta, la buccia gli si spac- bentra un’altra notte, seguita da Poteva restare ore a contempla- ca sotto i denti. Avvicina la se- un’aurora liquida. re l’onda irresistibile che corro- dia alla sua e le appoggia la te- Si alza nella foschia e fa qual- deva il suo nome. Lo tracciava sta nell’incavo della spalla, al- che passo, la mente sembra lon- di nuovo a ogni sparizione, spe- lora lei fa oscillare leggermente tana, volata laggiù sotto la tet- rando forse di vedere un gior- il corpo come per cullarlo. Lon- toia di canne. Solo il corpo sem- no l’acqua interrompere la sua tano si vede una vela bianca im- bra vivo, avanza come un auto- ascesa distruttrice. Il suo sogno mobile. ma, spinto da una fame istinti- infantile diventa realtà, vede le Il pranzo è finito, eppure tutti va. Raggiunge i ciuffi spinosi lettere dileguarsi ricoperte dal e tre prolungano quello stato di che fiancheggiano la spiaggia e mare, immagina il flusso e il torpore. Giorno dopo giorno il si getta sulle bacche selvatiche riflusso cancellare con lentez- vino mantiene la sua limpidezza incurante dei rovi, se le por- za tranquilla e sicura le parole dorata, le olive lasciano lo stes- ta alle labbra con una specie di dalla sua memoria. La scrittura so sapore sulle labbra, le stria- rabbia. Sazia e senza forze cade si sfilaccerà come l’ovatta delle M A R I ture ombreggiate del sole attra- in preda al sonno, consenziente, nuvole prima della pioggia, le verso le canne addolciscono il come desiderosa di abbando- curve di alcune lettere voleran- contorno dei visi. Sfiora con un narsi al vuoto. Segue una notte no via, sfiorate dalla brezza, le bacio la nuca esile del bambi- sbiadita, un’alba cristallina. aste delle altre cadranno come no prima di alzarsi. Il suo gesto Un grido infantile la strappa alberi secchi. è troncato da rumori di frenate a questa pace estrema, riprende Quella chiaroveggenza è tan- e portiere sbattute che rompono conoscenza, tutta l’angoscia è to insopportabile da farla ripie- la perfezione dell’istante. là, fissa per sempre nell’ultimo gare in se stessa, prefigurazio- Due uomini neri si avvicina- sguardo scambiato con i suoi, ne del mollusco attorcigliato illustrazione di Bruno Bressolin no. «Abbiamo l’ordine di con- osservandoli negli occhi aveva dall’interno in cui si sarebbe durla via», dicono rivolgendosi letto l’amore senza fondo ag- trasformata rientrando nel vor- a lei. grappato al nulla. L’assoluto di tice iniziale. Pensa di uccider- Delle mani la afferrano, nean- quello sguardo le strazia il ven- si per sfuggire al richiamo se- che un suono riesce a uscirle di tre, vomita bacche di sangue duttore della conchiglia a volu- bocca, brucia, travolta dall’in- come per espellere l’abiezione, te, che la trasformerebbe in un tuizione del vuoto senza fine respingere i resti oltre i limiti, essere ibrido, per metà inerte sotto i suoi piedi. verso il cadavere nauseante. Lo e per metà vivente, poi sempre Vede il padre accanto al figlio, spasmo le ha sporcato di rosso più indistinto, facendo scompa- in piedi, i loro occhi si scambia- il seno e le cosce, entra in acqua rire persino le sfumature colo- no l’ineffabile, le coprono la te- per lavare i residui dell’ignomi- rate che ancora la distinguono sta con un sacco. Rannicchiata nia. La dolcezza salina le ridona dalla materia. Può cercare di nella macchina, riesce ancora la calma, l’ammanta di torpore. scalare la falesia sorreggendo- a sentire dei colpi e l’urlo del Distesa su un’onda, contempla si alle sporgenze e inerpicando- bambino. lo spazio della sua solitudine. si fino a raggiungere un’altezza Viaggiano a lungo. Quel gri- L’insenatura disegna una cur- vertiginosa; può anche legarsi i do ancorato nella testa le impe- va ovale, regolare come un viso piedi con la corda zavorrata e disce ogni pensiero, oramai lei di madonna, la spiaggia è stret- lasciarsi andare giù nel fondo è solo una sfera rotonda, dura ta, orlata da una chioma verde del mare per poi trasformarsi in e liscia. Una fermata brusca la di alti alberi e di cespugli. La schiuma. fa rotolare a terra, la tirano fuo- minaccia viene dalla falesia te- Allontana quei pensieri tar- ri dalla macchina, le strappano nebrosa, scoscesa, che dà la divi, sa di non avere già più la via il cappuccio. sensazione di trovarsi sul fondo forza necessaria. Lo sguardo si Il sole le trafigge le palpe- di un pozzo; alzando gli occhi posa sul grande blocco di gesso bre, sente una voce pronuncia- si vede il cielo squarciato dal- che divide la spiaggia a metà. re la sentenza. Le parole si per- l’aspro margine di quella spe- Le pareti sono di un bianco più dono in torrenti scomposti, ne cie di cratere. Un luogo simile denso di quello del marmo, del- preavverte la desolazione: «Lei non può figurare nelle cartine. le lastre di gesso si sono stacca- è condannata all’esilio a vita in Dalla falesia scende una casca- te e seguono il flusso e riflus- questa insenatura cinta da fale- ta debole e schiumosa. Lei esce so del mare. Si direbbero enor- sie così alte da rendere impos- dall’acqua per guardare i frutti mi cristalli di zucchero che si sibile ogni tentativo di fuga. È che pendono dai rami più bassi sciolgono impercettibilmente un luogo sconosciuto agli uo- di certi alberi; strani fiori cre- sotto le carezze dell’acqua. Si mini, non segnalato dalle carte scono ai loro piedi. sente attratta da quella roccia, geografiche, i suoi non potran- Investita da rigurgito di spa- massiccia, traslucida e fresca, il no mai ritrovarla. Anche sup- vento, sa di poter sopravvivere pensiero le si insinua tra le la- ponendo che in un futuro lon- nell’insenatura: il cibo è garan- mine di scisto, scivola in quel tano il regime sia rovesciato e tito, il calore permette di resta- pallore promettente. che tutte le forze umane siano re nudi, il folto fogliame degli spiegate alla ricerca di una sua alberi offre protezione contro Un giorno degli uomini, sco- traccia, sarebbe tutto inutile, le eventuali burrasche. La paura prendo l’insenatura, guardaro- orme sono confuse per l’eterni- strisciante diventa feroce, si è no a lungo sulla spiaggia una tà». appena resa conto dell’inconce- pietra quasi perfettamente ro- La legano con delle grosse pibile supplizio. Quella spiag- tonda e insensibile al movimen- corde e lentamente, molto len- gia, che ha la bellezza di un to delle onde. Era bianca, forse tamente, la fanno scivolare lun- paradiso perduto, ne condivide venata di rosa. go una ripida parete. I piedi toc- anche la generosità, dispensa cano la sabbia. In cima alla fa- con magnificenza le fonti del- lesia gli uomini neri mollano la la vita, e la vita lì non ha sen- corda con cui l’hanno calata giù so. Né vele all’orizzonte, né un e gliela gettano accanto. I nodi animale per compagno, né uten- si sciolgono da soli e lei si ritro- sili traccia di umanità. La dispe- va libera di esplorare le distese razione e la solitudine dei vari della sua paura. Robinson sono irrisorie in con- Le si piegano le gambe, pre- fronto all’avvenire che si apre cipita silenziosamente in quel davanti a lei. Non vedrà mai più luogo, rigida come una statua. esseri viventi e poco alla volta Attraverso le palpebre appena l’altro scivolerà fuori di lei e socchiuse, guarda la sabbia, or- sparirà, lasciandola prigionie- mai non è altro che quello spa- ra di se stessa, privata progres- RIVISTA EUROPEA REVUE EUROPÉENNE EUROPEAN REVIEW EUROPÄISCHE ZEITSCHRIFT REVISTA EUROPEA sudossier 17 OUVERTURE Lakis Proguidis traduzione di Martina Mazzacurati

Le guerre non sono finite, non fi- niranno mai. In rivincita, quello che sembra in via di sparizione, è il romanzo di guerra, altrimen- ti detto romanzo sulle ricadute esistenziali della guerra. Siamo viziati da immagini alla televi- sione, reportage sensazionali e analisi di innumerevoli apologie meglio conosciute sotto il nome di specialistiche. Per il resto, la vita continua. Bisogna dunque rileggere Curzio Malaparte per riscoprire cos’è il romanzo di guerra. Senza la sua opera avremmo mai avu- to la possibilità di accorgerci di quello che le guerre del XX se- colo hanno detto di nuovo e di unico sulla condizione umana ? Senza di lui avremmo saputo verso quale direzione guardare volendo imparare qualcosa sulle nostre guerre, sulle guerre che hanno inaugurato il terzo millen- nio? Rileggiamo Malaparte. Ha dimostrato che, in una guerra, la vittoria appartiene al romanzo.

COME SCRIVERE DURANTE AUSCHWITZ François Taillandier traduzione di Francesca Spinelli

Kaputt è un libro affascinante, foto di Marc Garcia che ammiro senza riserve. Il suo titolo, però, non mi convince. Alle mie orecchie suona trop- po familiare, troppo piccolo. In Francia, diciamo per scherzo MOSTRI «kaputt» parlando di una vecchia Nel maggio del 1941, Malaparte così da non turbare la piacevole l’inimmaginabile con l’inverosi- atto del fatto che siamo pronti Fragonard in campeggio a Villa bagnarola in panne, di un phon è in Romania con il console italia- atmosfera del pasto. E conclude: mile. Vi darete pizzichi e vi stro- a vivere, a continuare a vivere, d’Este, i collezionisti di antichità, che inizia a puzzare di bruciato, o no Sartori. Fa un caldo spaven- «Vogliate scusarmi se, nonostan- finerete gli occhi, chiedendovi se in un mondo in cui delle perso- le vecchie strade di Siena, tutto di noi stessi quando alla fine del- toso. A una stazione il console te la mia buona educazione, non l’autore è folle, o se è il mondo ne morte soffocate in un treno questo magnifico slancio di civil- la giornata ci viene una botta di scopre un treno che ha impiegato sono stato capace di mandar giù a essere folle. Cancellerò la fron- mordono, i cristiani inchiodano tà, arte, bellezza e pensiero, tutto stanchezza. Se fossi stato l’edito- tre giorni per percorrere venti mi- le unghie». tiera che avete tracciato con tanta agli alberi gli ebrei, i re fanno defluisce come la marea, lascian- re di Malaparte, gli avrei proposto glia, e ordina di aprire la porta di Più tardi, insieme a un amico, cura, e che vi permetteva, uomi- del ricamo, in cui tutto ciò non do che uomini meccanizzati attra- un titolo diverso da quell’ironico un vagone piombato dai finestrini ridono dello scherzo: «“Ah! ah! ni razionali, di giudicare la vera- appare realmente impossibile. versino le città massacrate, eser- e familiare «kaputt»; ad esempio sbarrati. Valanga di cadaveri. Una bien joué Malaparte! Un tour cità di un racconto. Sarete come citando una violenza industriale. Le Mille e Una Notte della notte. pagina terribile descrive la fanta- formidable!”» gridava Jack cor- quegli animi semplici del Me- – È bella, l’Italia, disse Susanna. E se tutta questa civiltà si è ri- Le mille e una notte, per- stica ressa tra i cadaveri e il con- rendo. “Impareranno così a met- dio Evo, che credevano all’esi- – Preferirei che fosse un brut- velata inutile, non riuscendo a im- ché Curzio Malaparte si com- sole che è sepolto lì sotto. Quando tere in dubbio quel che racconti in stenza dei liocorni, delle streghe, to paese, dissi. Non serve a pedire che la barbarie più estrema porta come una vera e propria finalmente riesce a liberarsi, dice: Kaputt!”». La faccenda si chiude del diavolo e delle reliquie mi- niente, che sia soltanto bello. s’impadronisse dell’Europa e con- Shahrazàd, e forse per le stesse «Guardate se c’è ancora qualche su queste risate, e Malaparte, furbe- racolose. Non saprete più a cosa tagiasse tutto e tutti, allora bisogna ragioni: non morire, non farsi vivo, là in mezzo. Mi hanno mor- scamente, non ci tornerà più sopra. dovrete credere. La vostra idea Si tratta di un altro passo di ammettere che sarà impossibile tagliare la testa (caput, capitis: so il viso». Ed è proprio questa la sua rispo- così chiara, così rassicurante, su Kaputt, che permette di precisare far finta di nulla, e bisogna anche testa). «Allora io narrai dei cani Il corsivo è mio. Tutto, nell’epi- sta a chi mette in causa la sua in- cosa sia reale e cosa, invece, fit- quanto appena detto. La scena si ammettere che tutta questa civiltà dell’Ucraina». «Allora mi misi a sodio, sembra plausibile, tragica- tegrità di “reporter” e di scrittore. tizio, si annebbierà. Vi mostrerò svolge in un bordello per solda- non servirà mai più a nulla, per- narrare la storia di Spin, il cane del mente plausibile; non abbiamo Tutto sta quindi nel capire le che l’Europa moderna ha polve- ti, dove i tedeschi hanno portato ché è finita (kaputt). Bisogna inol- Ministro d’Italia, Mameli, sotto ragione di dubitare. Finché appare ragioni di questo suo ricorso al- rizzato il vero e il falso, il pos- delle giovani ebree che verran- tre prevedere che la pace, dopo la il bombardamento di Belgrado». la valanga di morti, fino a quel- l’affabulazione. Per esagerare? sibile e l’impossibile, tutte cate- no fucilate non appena avranno guerra, consisterà anch’essa nel «Ora le racconterò, dissi, la storia l’ultimo particolare che ci spinge Possibile che gli orrori del nazi- gorie in cui avevamo creduto di smesso di servire. Susanna è una passaggio di uomini meccanizzati di Sigfrido e del gatto». a chiederci: Davvero? Malaparte smo e della guerra, i popoli mas- poter sistemare la mente umana». di queste, e quando scopre che esercitanti una violenza industria- Le mille e una notte della notte, l’ha visto? Non starà esagerando sacrati, affamati, deportati, le città Gli ufficiali caduti vittima del- l’ospite è italiano, gli dice gentil- le, attenuata nei modi ma non per perché questa strana ridondanza un po’? Il console Sartori è stato e i villaggi bruciati non bastino? la beffa dello scrittore probabil- mente che l’Italia è un bel paese. questo meno terminale. E allora si sposa bene con l’eccesso e la davvero sepolto dai corpi, mor- La battaglia di Stalingrado o l’an- mente non riescono a credere che La risposta di Malaparte mi è tutto il grande passato dell’Euro- superfetazione che sono al centro so al viso? Malaparte non l’avrà nientamento del ghetto di Varsavia Malaparte abbia davvero man- sempre parsa terribile. Non penso pa non sarà altro che un cumulo del libro, che ne costituiscono la inventato, questo particolare? E non superano forse qualsiasi in- giato una mano. Devono pensa- esista, in tutta la letteratura, una d’inutili ricordi per turisti sfiniti, molla e l’ossessiva singolarità. non è ripugnante e malsano che venzione letteraria? E nell’affron- re che li stia prendendo in giro. confessione così immensamente per un turismo che sarà diven- Kaputt è l’opera di un testimo- di fronte all’orrore delle deporta- tare questi argomenti, non bisogna Eppure sono spaventati, sul pun- disperata e straziante. tato l’espressione industriale di ne. Malaparte discende alla lon- zioni abbia voluto drammatizzare far prova di umiltà, di pudore? Si to di vomitare, perché pensano Di fronte a una confessione di un’umanità industriale che ha fat- tana dai cronachisti medievali. oltre misura? E perché? ha forse il diritto di scherzare? anche che potrebbe essere vero, questo genere, le reazioni pos- to fuori la civiltà con metodi indu- Viene anche da pensare che si sia A tale proposito, viene da citare Credo di aver trovato, in un’os- che forse un atto di cannibalismo sibili sono due. O si consola la striali ma che, non avendo perso impadronito, trasformandolo, di un episodio de La Pelle in cui al- servazione di Hannah Arendt su si è compiuto sotto i loro occhi persona, come cerchiamo di fare, del tutto la memoria, prova anco- un genere già ampiamente radica- cuni ufficiali francesi, che hanno Kafka, un’ipotesi che aiuta a ca- mentre chiacchieravano allegra- ad esempio, quando qualcuno ci ra un vago senso di curiosità o di to nel ’900 come il grande repor- letto Kaputt, approfittano dell’in- pire il senso di questo ambiguo mente. Si accorgono improvvi- appare particolarmente depresso. rimpianto per quel mondo antico, tage. Un testimone che tuttavia contro con Malaparte per mettere gioco malapartiano, di questo suo samente di vivere un’epoca e «Suvvia! Lei parla così ora, ma un’emozione, una sorta di residuo, ha qualcosa dell’affabulatore. Ad in dubbio, come noi, i suoi raccon- cinismo da affabulatore. «Il riso delle circostanze in cui tutto è in fondo sa bene che non lo pensa un po’ come quando una pila non ogni pagina del libro, o quasi, mi ti. Secondo loro, Malaparte pren- di Kafka, scrive la Arendt ne La possibile, in cui i limiti, i confi- davvero... Riprenderà coraggio... del tutto scarica riesce a far brilla- chiedo se non stia esagerando. È de in giro il lettore: non possono tradizione nascosta, è l’espres- ni possono essere oltrepassati, Tutti prima o poi ci passano...». re, debolmente, una lampadina... effettivamente vero che mentre il essergli davvero successe tutte sione diretta di quella libertà e di in cui gli “standard” umani più Le solite buone parole, insomma. Non saprei dire se bisogna Reich metteva l’Europa a ferro e quelle cose. Malaparte non prote- quella spensieratezza umana che elementari non sono più garan- Oppure ci si chiede se condividere la disperazione di a fuoco il re Gustavo V di Svezia sta, non si arrabbia, non accenna a capisce come l’uomo sia più gran- titi; in cui, soprattutto, il loro Malaparte non abbia ragio- Malaparte, e non è questa la sede passava il tempo a ricamare? O ribattere. In tutta tranquillità inizia de della sua sconfitta, se non al- intelletto e il loro cuore si sono ne. Si considera l’ipotesi che per discuterne. Ma una cosa va det- che i “fedeli ustascia” hanno of- a commentare il gustoso pranzet- tro perché riesce a concepire una già abituati a quest’idea, in cui la abbia ragione e si prendono ta, ed è che questo grande scritto- ferto al loro Ante Pavelic un ce- to che hanno appena consumato, confusione che sia più confusa di possibilità di credere a cose del in esame le conseguenze del- re, questo narratore appassionante, sto contenente venti chili di occhi e confessa di aver trovato nel suo ogni possibile confusione reale». genere, di “berle”, se così possia- la sua disperata constatazione. divertente, misterioso, visionario, umani? Leggendo, ci si dice che piatto di cuscus la mano di un sol- Le ultime parole, che ho vo- mo dire, ha già trovato posto in Non serve a nulla che l’Italia ha portato il ruolo del giornalista, bisognerebbe controllare, vedere dato. Un’ora prima, quest’ultimo luto evidenziare, mi sembrano loro. Del resto, è probabilmente sia un paese bello. Un’intera ci- così profondamente caratteristico se i libri di storia, quelli veri, for- era saltato su una mina, e non si rendere conto dell’impresa ma- questo che più li sgomenta: non viltà, quindi, ha fallito. Le cit- del suo secolo, a un’altezza epica niscono delle testimonianze atten- era più trovata la sua mano, cadu- lapartiana, del punto di vista che tanto il reale, quanto la trasfor- tà d’Italia, i viali, le piazze, le e metafisica, facendosi poeta cupo dibili e concordi. ta, come spiega Malaparte, nella si è scelto. Ed ecco come potreb- mazione avvenuta in loro stessi. fontane, le ville del Palladio, gli degli eventi per tradurre all’uo- Nei miei ricordi di lettore, pentola del couscous. Dopo aver- be suonare il suo messaggio im- Ed è anche, credo, l’effetto affreschi di Raffaello, l’urbani- mo di questo secolo la domanda l’episodio del vagone illustra la scoperta nel suo piatto di polen- plicito: «Vi mostrerò ora che è che questi libri terribili ci fan- stica di Torino e di Roma, piazza che gli viene posta: una doman- particolarmente bene questo sen- ta e carne di agnello, Malaparte possibile aggiungere l’incredi- no, lo specchio che ci porgo- Navona, il Bernini, Fra Angelico, da cui l’uomo, del resto, non so di disagio. l’ha mangiata per educazione, bile allo spaventoso, completare no. Ci costringono a prendere la Biblioteca Vaticana, i Fioretti, ha ancora trovato una risposta. 18 sudossier 4/5.

TRE ERRORI A PROPOSITO DI MALAPARTE François Ricard traduzione di Martina Mazzacurati

Chiunque rilegga oggi il dittico Che soltanto gli Italiani e gli Non lo è più di quanto Tolstoï di manierismo, di soggettività, la pietà. « Ridevo, scrive il narra- zione del Vesuvio alla fine della composto da Kaputt e da La Pel- italianologi sono in grado di ca- sia russo, Flaubert francese o di partito preso « per l’orribile, tore della Pelle, e questo riso cat- Pelle) né dei romanzi sulla guer- le (o anche il trittico che questi pirlo davvero? Va da sé che una Thomas Mann tedesco. Oppure, l’abietto e il mostruoso », tanti tivo mi faceva male al cuore. Ri- ra. La guerra non è che un « pae- due romanzi formano con quel- parte dell’opera di Malaparte è vuol dire che siamo tutti italiani! di quei difetti che, trattandosi di devo e mi veniva da vomitare. » saggio », un « pretesto » – come lo che li ha preceduti, Il sole è tributaria della sua esperienza to- « cronache del nostro tempo », Da questo spazio di devastazio- dire: una circostanza – e non la cieco) non capisce perchè l’opera scana o napoletana e della cultura Secondo errore: Malaparte è un non possono che essere redibito- ne fisica e morale che è lo spazio materia alla quale s’ interessa il di Curzio Malaparte abbia potu- che ha ereditato nascendo là dove grande « cronista » ri. Rassicurato, il lettore ha così proprio del romanzo, null’altro romanziere. rientrare to essere dimenticata fino a que- è nato. Ma è davvero essenziale? Alcuni credono senza esitazio- il piacere di alzare le spalle e di può sorgere, come dice Malapar- Questa materia e lo spazio te- sto punto, o perlomeno relegata Anche se non avesse mai lasciato ne, presentando Kaputt e La Pel- andare oltre. te nella sua presentazione di Ka- matico nel quale si esercita la sua ai margini della nostra memoria il suo paese – mentre ha visita- le come « cronache », di rendere Ma la ragione principale che fa putt, che « un libro orribilmente riflessione di romanziere, Mala- letteraria. Com’è potuto accadere to praticamente l’ Europa intera loro una sorta d’omaggio: que- sì che la natura e la bellezza pro- crudele e gaio ». parte non li ha per niente tenuti che questo scrittore tanto grande, – anche se si fosse ispirato solo sto quadro degli orrori del nostro priamente romanzesca di Kaputt celati. I suoi titoli sono assolu- che nel pantheon artistico del XX all’Italia nei suoi scritti – mentre tempo, sembrano voler dire, non e della Pelle siano e continuino Terzo errore: Malaparte ha tamente espliciti. Sempre nella secolo dovrebbe occupare un po- questi ultimi si sono nutriti di tut- è finzione ma realtà; è una « te- ad essere, se non ignorate, quanto scritto sulla Seconda Guerra prefazione di Kaputt, precisa : sto simile a quello di Flaubert o ta la cultura occidentale passata e stimonianza » a caldo, una serie meno oltraggiosamente sottosti- mondiale « L’eroe principale è Kaputt, mo- di Tolstoï nel XIX, sia l’oggetto attuale – la sua nazionalità civile di eventi riportati direttamente, mate, risiede probabilmente nella Eppure Malaparte stesso tie- stro allegro e crudele. Nessuna di così poca attenzione da parte o letteraria potrebbe forse spie- con le date, i luoghi, i protago- concezione insulsa, gretta e più ne a mettere il lettore in guardia parola meglio di questa dura e della critica e che la sua opera gare in che cosa consista l’origi- nisti identificati per nome, e tan- o meno frivola che si ha ancora contro le interpretazioni di que- quasi misteriosa espressione te- sia tanto isolata, come privata di nalità e il valore della sua opera? ti piccoli fatti veri e verificabili. troppo spesso del romanzo. sto genere. Nella prefazione di desca: “Kaputt” – che significa un’eco e di una discendenza? Riportare Malaparte alla sua Insomma, la storia osservata al Quello che fa di Malaparte non Kaputt (e l’avvertimento vale an- letteralmente sgretolato, annien- condizione di scrittore e d’intel- momento stesso in cui si svolge. solo un autentico romanziere, ma che per La Pelle), scrive: tato, ridotto in briciole, perduto Primo errore : Malaparte è un lettuale italiano, come continuano In realtà, questa lettura non è che uno dei maestri del romanzo mo- – saprebbe definire quello che autore italiano generalmente a fare alcuni critici un modo di togliere a Kaputt e derno, è lo sguardo particolare Tra i protagonisti di questo li- siamo e quello che sarà l’Euro- Si può, prima di tutto, proteg- che si interessano a lui oggi, equi- alla Pelle il carattere perentorio, che la sua opera getta sul mondo bro, la guerra [gioca] il ruolo di pa, d’ora in avanti: un ammasso gersi da Malaparte considerando- vale a vendersi per pochi soldi il assolutamente indiscutibile, che degli uomini o, più precisamente, un personaggio secondario. Se i di relitti. » E il proposito è altret- lo un autore italiano. Così è cele- diritto di ignorare la vera portata possiede ogni opera d’arte, porta- lo sguardo dal quale questa opera pretesti inevitabili non apparte- tanto limpido nella Pelle, dove brato fin dalle prime pagine, nel- di un’opera che, liberata da que- trice di una verità ipotetica, certo, è guidata. Uno sguardo che non nessero all’ordine della fatalità, si « Malaparte » spiega al generale la sola opera attualmente dispo- sta gogna, appare subito come ma proprio per questo inconfuta- si può definire né « oggettivo » potrebbe dire che essa ha solo un Guglielmo: nibile in francese, l’autore della una delle più universali e delle più bile; verità che in questo modo, né « soggettivo », né ottimista valore pretestuoso. In Kaputt, la Pelle, per la sua appartenenza al originali che il XX secolo ci ab- può essere messa in discussio- né pessimista, né lirico né cinico, guerra vale dunque come fatali- È la civiltà moderna, questa ci- « gruppo ristretto degli scrittori bia lasciato, un’opera che dobbia- ne e, insieme, tenuta a distanza. ma profondamente, radicalmen- tà. Non ne fa parte in altro modo. viltà senza Dio che obbliga gli che furono, per le generazioni a mo immediatamente aggiungere Poiché ogni « testimonianza », te realista e disincantato. Uno Posso dire che non ne è protago- uomini a dare una tale importan- venire, i testimoni del XX secolo accanto a quelle degli autori che ogni « reportage », quale che sia, sguardo che nasce e che ricondu- nista, ma spettatrice, nel senso in za alla loro pelle. Oramai solo la italiano », quello che gli assicu- abbiamo l’abitudine di considera- è per definizione criticabile; può ce incessantemente in questo spa- cui un paesaggio è spettatore. La pelle conta. Non c’è che la pelle ra « un posto di onore nel com- re come i « fari » della letteratu- (deve) sempre essere confronta- zio simile al paesaggio spettrale guerra è il paesaggio obbiettivo di sicuro, di tangibile, d’impos- pendio di storia della [sua] lette- ra moderna, Proust, Joyce, Kafka, to ad altre versioni, ad altri re- della Lapponia evocato in alcuni di questo libro. sibile da negare. È l’unica cosa ratura nazionale ». Cosa si dice Céline, Musil, Gombrowicz. Bi- soconti degli stessi eventi, visto capitoli di Kaputt, al di là delle che possediamo, che sia nostra. di uno scrittore come Malaparte sogna dunque ripeterlo: nato e che il suo fine ultimo non è altro, frontiere che circonda e protegge Non si potrebbe essere più chia- La cosa più mortale che ci sia al quando lo si situa – o lo si rin- cresciuto in Italia, avendo scrit- in fin dei conti, che la veridicità il senso del mondo e dell’esisten- ri: Kaputt e La Pelle non sono né mondo. Solo l’anima è immorta- chiude in questo modo – nel suo to l’essenziale della sua opera in storica. È d’altronde quello che za, laddove gli eroi non si distin- dei romanzi di guerra (non vi le, ahimé! Ma chi se ne impor- « corpus » nazionale? Che i suoi lingua italiana, Malaparte non è accaduto ai libri di Malaparte, guono più dai carnefici, i vincito- sono d’altronde descrizioni di ta dell’anima ? È solo la pelle scritti si rivolgono prima di tutto, è più italiano di Dante o Boc- abbondantemente tacciati (o so- ri dai vinti, l’odio dall’amore, la battaglie, e la sola grande scena che conta. Tutto è fatto di pelle se non unicamente, agli Italiani? caccio, Michelangelo o Vivaldi. vrabbondanti?) d’esagerazione, sofferenza dalla gioia, il riso dal- di « bombardamento » è l’eru- umana. Persino le bandiere degli eserciti sono fatte di pelle uma- na. Non ci si batte più per l’ono- re, per la libertà, per la giustizia. Ci si batte per la pelle, per questa sporca pelle.

Non è dunque la Seconda Guer- ra mondiale, tanto meno la guer- ra in generale che esplorano i ro- manzi di Malaparte, ma proprio quello che è diventata l’esisten- za dell’uomo in un mondo – que- fotofoto di diFréderique Federica Giacomazzi sto mondo qui – di cui la guerra è solo l’emblema, la figura più CARA rivelatrice e più poeticamente carica di significato: un mondo « ridotto in briciole, perduto », un mondo in cui « la vera patria è la nostra pelle » e null’altro. Il mondo del « dio morto » (titolo dell’ultimo capitolo della Pel- le), portato via dal « vento nero » che diffonde la sua « peste » sul- l’antica patria umana disertata, devastata, abbandonata alla pro- pria follia « orribilmente crudele e gaia ». Come quella di Kafka, e altret- tanto « profetica », attraversata da parte a parte da questa iro- nia radicale che il romanzo solo sa cogliere e proteggere, l’ope- ra di Malaparte è una delle im- magini più giuste e più profon- de di questa interminabile tra- gicommedia dove ci troviamo, come tutti gli altri, condannati alla buffoneria» e ai singhiozzi. RIVISTA EUROPEA REVUE EUROPÉENNE EUROPEAN REVIEW EUROPÄISCHE ZEITSCHRIFT REVISTA EUROPEA sudossier 19

LA GUERRA NELLA PELLE Frédéric Beigbeder traduzione di Martina Mazzacurati

Vivo in un mondo in guerra, ma non ne risento. Non ho la perce- zione della violenza perché sono cresciuto in un paese protetto, in un’epoca pacificata. Non ci capi- sco niente. La guerra, l’ho vista nei film e alla televisione: crepi- tio ridicolo, luci folgoranti nella notte, bombardamenti teleguida- ti. In Jugoslavia: carnai, epura- zioni etniche; popolazioni vicine si massacrano in modo sistemati- co su prati verdi prima di sotter- rarsi in foreste nere. Sembra che la stessa cosa sia accaduta da me poco tempo prima che nascessi. In Irak, c’è stato bisogno di un bel po’ di sbarchi americani per licenziare un baffuto dittatore. Come in Francia quaranta anni fa. In Palestina, i carri sparano su giovani lanciatori di sassoli- ni. Cresciamo guardando queste immagini che non vogliono dire niente. Passo il tempo a domandarmi a cosa serve la letteratura in questo foto di Federica Giacomazzi nuovo secolo. So che è stupido: l’arte è inutile, e ogni volta che ha preteso il contrario è diventata nulla. Romanzi manichei, pitture politiche, teatro pompiere, poe- sia comunista… Poco male, cor- riamo il rischio – dopotutto, gli atelier sono fatti per questo. La mia teoria (presa in prestito da Kundera nell’Arte del romanzo) Bozzetto per l’opera “Variazioni Aut-Aut” di Luigi Esposito – autografo è che la letteratura serve forse a esprimere quello che è inesprimi- bile altrove. «La ragion d’essere del romanzo è di dire quello che solo un romanzo può dire». Sono quasi certo che non corrisponda per niente a quello che ha volu- to dire Kundera, pazienza: perso- nalmente ne traggo la conclusio- ne che il romanzo deve provare a descrivere quello che le imma- LA PELLE gini non mostrano. Esempi: l’11 settembre, lo tsunami tailandese, la guerra. Malaparte ha scelto la sole sorge ancora e Per chi suo- vece di spianare le meccaniche Denunciare la turpitudine è più te parlava della Seconda Guer- bar di Patong Beach, quando al- guerra. na la campana, un americano ha di Hemingway, gioca il ruolo coraggioso quando se ne fa par- ra mondiale, più vicina a noi. l’improvviso gli uccelli hanno La guerra è una sequela di de- provato a far conoscere la guer- dei perdenti. Un romanziere di te. No ai narratori puri! La Pel- Questa lettura mi trasformò. cessato di cantare». (Incipit de stini, un ammasso di corpi, un ra in Italia, in Francia e in Spa- guerra, è spesso un winner tra- le è un romanzo impuro come la Per la prima volta nella mia vita, L’Horaire préféré de la catas- coacervo di disastri individuali. gna. Ma la sua teoria dell’ice- vestito da loser. Se fosse un vero guerra. Non ci sono guerre pulite. un romanzo mi faceva respirare trophe di Frédéric Beigbeder, Come appropriarsene? I roman- berg (non si deve mettere tutto perdente, non potrebbe più scri- «È una vergogna vincere la guer- il profumo dei morti che l’Euro- Grasset, in uscita nell’agosto zieri rispondono: umanizzandola sulla pagina, il romanzo deve es- vere il suo romanzo! Hitchcock ra», dice l’ultima frase del libro. pa mi nascondeva. I professori 2008). La mattina è l’orario pre- (così Stendhal con la battaglia di sere la parte emersa di un iceberg dice a Truffaut: «Innocente in un Il partito preso dell’inizio de di storia evitavano la questione ferito della catastrofe. Il mare- Waterloo ne La Certosa di Par- invisibile) l’ha portato a restare mondo di colpevoli». Malaparte La Pelle è di constatare che in della vigliaccheria francese, del- moto è arrivato alle 9.45, alla ma). La guerra è un’astrazione, fuori dell’orrore. Non si può mo- dice: «Colpevole in un mondo una guerra tutti sono morti dal- la disfatta francese. Alla televi- stessa ora dell’11 settembre. altrimenti non sarebbe possibi- strare la guerra restando eleganti. colpevole quanto me». Sceglie l’inizio, che una guerra è solo sione, tutto era bello e pulito: i le. Appena i soldati diventano Non si può scrivere un romanzo deliberatamente di collocarsi al una lotta tra morti. La guerra è nazisti avevano perso, gli Ameri- – Non c’è bontà, dice Jack, persone, fraternizzano. Come di guerra senza sporcarsi le mani. di là del bene e del male. come la vita: una storia di cada- cani ci avevano liberato. I buoni non c’è misericordia in questa si può uccidere un nostro simi- Malaparte lo sapeva (ne La Pelle, «Napoli è una Pompei mai veri condannati. La guerra acce- avevano liquidato i cattivi. Ma il meravigliosa natura. le che ha angosce, bambini, una evoca un Hemingway decadente, seppellita». Malaparte vuole di- lera la vita, la risveglia (da cui le mio popolo era in campi opposti – È una natura cattiva, dico io, casa? Il romanzo è il contrario al Sélect di Montparnasse, nel pingere un nuovo cataclisma: numerose scene di sesso, di pro- e mio nonno non me lo diceva. I ci odia, ci è nemica. Odia gli uo- della guerra poiché si interessa 1925). Ecco perché questo eroe l’America. Pensa che l’America stituzione). «Crediamo di lotta- due grandi tabù della mia infan- mini. al nemico invece di distruggerlo. sceglie di non essere eroico. sia peggio del Vesuvio! In Kaputt re e soffrire per la nostra anima, zia: i Francesi non sono gentili, e – Ama vederci soffrire, dice Il linguaggio dei militari cerca di La Pelle è un quadro gotico, (e nella sua guerra), Malaparte ha ma in realtà si lotta e si soffre per gli Americani nemmeno. Un al- Jack a bassa voce. annientare la realtà: ad esempio, c’è qualcosa di Goya, di Bosch, lottato contro i Tedeschi. Musso- la propria pelle». La Pelle non tro tabù stava crollando (grazie – Ci fissa con occhi freddi, si dirà «danni collaterali» inve- Breughel o Francis Bacon (ci lini l’ha buttato in prigione, non può proteggere le ossa. La Pelle a Günter Grass e W. G. Sebald): pieni di odio e di disprezzo. ce di «otto bambini bruciati vivi sono addirittura i nani del Ve- ha più niente da dimostrare, è a è quello che ci separa dell’ester- anche i Tedeschi hanno sofferto! – Davanti a questa natura, dice sotto gli occhi della loro madre». lasquez!). Malaparte esprime il posto, imbattibile sul livello del no ma anche il punto di contat- Ci sono più scoop nei romanzi Jack, mi sento colpevole, inde- Il ruolo del romanzo è di scri- punto di vista dei vinti che fanno politicamente corretto. Ha il suo to con il reale. I nostri corpi sono che nella stampa. gno, miserabile. Non è una natu- vere «otto bambini bruciati vivi finta di essere liberati. Il popolo brevetto di resistente antifasci- circondati da pelle « flaccida, Da questa lettura, mi sono per- ra cristiana. Essa odia gli uomi- sotto gli occhi della loro madre», napoletano ne La Pelle, è come il sta (anche se sente il bisogno di che pende dalla punta delle dita suaso che i romanzi devono dire ni perché soffrono. se possibile di citarne i nomi, il cittadino di Bagdad oggi. Se vo- ostentarlo nel preambolo de La come un guanto troppo largo». la verità, soprattutto se è apo- – È gelosa delle sofferenze colore dei capelli, e come ha rea- glio capire quello che succede nel Pelle). Può quindi permettersi di La Pelle è un romanzo sensuale: calittica. La bellezza è solo un degli uomini, dico io. gito la madre – è disperata, iste- 2005, devo leggere un romanzo contestare l’Impero del Bene. Im- vi si trovano odori, suoni, colo- modo di dire la verità. «Le di- (Malaparte, La Pelle , 1949) rica, in lacrime, silenziosa? La del 1949 che si svolge a Napoli maginate di aver liberato il vostro ri. È una storia piena di rumore struzioni possono essere belle» bomba è entrata dalla finestra di nell’autunno del 1943. La Pelle è paese affianco all’armata america- e di furore raccontata da un eroe (Kundera, Lo Scherzo). La guer- Quello che amo nei roman- un ospedale o è caduta sul tetto un romanzo autobiografico, grot- na. Decidete di scrivere un roman- che si fa passare per un idio- ra è seducente: oh oh! ma abbia- zi: si apre un libro sulla Secon- di una casa? Che tempo faceva tesco (nel senso rabelesiano), sur- zo per raccontare questa avventura ta! «Have a drink, Malaparte». mo il diritto di scrivere una cosa da Guerra mondiale e si parla di quel giorno: cielo azzurro, nuvo- realista, assurdo, lirico. Solo così straordinaria. Quand’ecco che, in- Vorrei far capire quello che simile? Sì, è anche un dovere. una catastrofe naturale che data loso, caldo, freddo? E il rumore: si rende sopportabile. Visto che vece di descrivere la vostra nobiltà ho provato leggendo La Pel- Come pure: la morte è magnifi- 26 dicembre 2004. I romanzi che rumore fa un missile balisti- quello che racconta è insosteni- d’animo e il vostro eroismo, comin- le: è stata la prima volta che ca, l’orrore è glamour, gli atten- non sono lì per chiarire le cose, co? Fischia o ruggisce? Il suo- bile, ignobile, disgustoso (i bam- ciate col presentare il vostro libera- ho sentito la guerra. Qualcosa tati sono sexy, la tortura è ero- ma per complicarle. Quello che no è sordo o stridente? Ha il so- bini che conficcano chiodi nella tore come teppista colonizzatore di orribile era successo qual- tica, la pornografia è romantica, vediamo è meno vero di quel- pravvento sul grido dei bambini? testa dei soldati tedeschi, la scena che lascia solo corruzione al suo che anno prima della mia na- il romanzo è amorale, e non c’è lo che leggiamo. I grandi ro- E l’odore del fuoco: maiale car- della vergine toccata da marmit- passaggio. Tutto questo prendendo scita e nessuno me ne parlava. niente di più estetico di uno tsu- manzi custodiscono un segreto: bonizzato, ossame allo spiedo, toni americani, ecc.). Se un auto- in giro il vostro paese, mostrando Ho letto La Pelle all’età di se- nami su Phuket. «Avevo passato la bugia che rischiarerà le no- vesciche purulente sulLa Pelle, re descrivesse più o meno fedel- un’Italia devastata, stracciona: un dici anni perché un compagno la notte con Ling, una adolescen- stre esistenze. La verità è na- crateri d’organi violacei che puz- mente la guerra, il lettore dovreb- paese di ladri, di puttane e di men- di liceo me l’aveva consigliato. te dalLa Pelle color miele, sco- scosta da qualche parte, in una zano di merda? E così via. Ecco be vomitare a ogni pagina. Cur- dicanti. La Pelle non è uno spu- Avevo appena scoperto Viaggio vata all’Extasy-a-Gogo, 50/51 finzione. Ma quale? Mi sfugge dove voglio arrivare: Malaparte zio Malaparte vuole terrorizzarci to nella minestra ma una Pom- al termine della notte e mi ave- Rat-U-Thit Road, con solo 3000 come una bella donna. La cer- è riuscito laddove Hemingway ma vuole anche che lo leggiamo pei d’ingratitudine! E non è tut- va detto che era la stessa cosa, baht, e sorseggiavo placidamen- co senza tregua, a volte la leggo, ha fallito. In Addio alle armi, E il fino in fondo. Ecco perché, in- to: Malaparte critica Malaparte. anzi meglio, perché Malapar- te la mia prima Singha Beer al un giorno proverò a scriverla. 20 sudossier 4/5. PERIFERIA DELL’ANIMA: LA PELLE Francesco Forlani foto di Roger Salloch

Ho scoperto Malaparte a dodici marocchini dai neri occhi scin- ne e trasformazione della storia, anni. Me lo ricordo bene perché tillanti, dalle lunghe dita ossute: quanto l’imitazione dell’autore. era l’estate. È la stagione in cui ma il cielo, quel cielo azzurro e In altri termini quel che lo strano i sogni dell’adolescenza si fan- limpido sui tetti, sulle macerie oggetto in questione, ‘il roman- no più nitidi in nome dei tempi delle case, sugli alberi vedi gon- zo’ faceva dire al lettore ; «ecco lunghi e vuoti senza scuola. Ma- fi di uccelli. Era quell’alto cielo qualcuno che ha trovato le paro- laparte entrava nel mio immagi- di seta cruda, di un azzurro fred- le per dirlo», oggigiorno esso, il nario in modo violento. Doppia- do e lucido, dove il mare metteva consumatore culturale (una volta mente devastante. Da una parte un remoto e vago bagliore ver- c’erano i lettori, ma tanto tem- perché non era attraverso la pagi- de. Quel cielo delicato e crudele po fa) deve costi quel che costi na scritta – quella per cui la paro- che sulla collina di Posillipo dol- mormorare, sospirare: «che bel- la non sarà mai sufficientemente cemente incurvandosi si faceva lo, questo l’avrei potuto scrivere tenebrosa quanto l’immagine – e rosso e tenero come La Pelle di anch’io!!». E – aggiungiamo noi dall’altra per il modo del tutto in- un bambino». – passare al Maurizio Costanzo cidentale con cui avvenne. Abita- Che cosa rende insopportabile e vivere i tre minuti di celebrità vamo a Scauri – la villeggiatura il cielo di Napoli a Malaparte? tanto ambiti dall’etica postmo- era più di una parentesi nel bio- Ma soprattutto cosa fece nasce- derna. lavoro a cui ci siamo abituati ora re quell’odio profondo simile al- Ma torniamo al cielo di Mala- – e la padrona del lido aveva ot- l’oblio che ne derivò tra la città e parte. Perché quel cielo azzur- tenuto dalla direzione dell’Arena lo scrittore? ro gli è insopportabile, e perché Vittoria una considerevole ridu- Che cosa Malaparte non aveva averlo ‘raccontato’ gli è costato il zione su un numero di ingressi perdonato al cielo di essere? bando dalla città? di poco inferiore al centinaio. In Quel che sappiamo della città, Il rapporto che Napoli ha con realtà voleva che tutti i clienti del nei toni tronfi dell’allora sindaco gli estranei è ambiguo. Uno dei lido del sole assistessero alla pri- sono chiari. cliché – e che si tratti di un luogo ma comparsa sul grande schermo comune ne sono assolutamente del figlio Luigi. Un uomo total- La Pelle, su internet convinto – recita l’adagio che da mente modellato – nel fisico e La Pelle è una delle opere più qualsiasi prospettiva la si pren- nell’animo – dalla scuola d’arte note di Curzio Malaparte (nome da, in qualunque aspetto la si col- drammatica di Gassman, e che d’arte di Kurt Erich Suckert, fi- ga, il risultato finale sarà sempre grazie agli sforzi finanziari del- glio di una milanese e di un mae- falso. Coloro che hanno fatto di la famiglia, era riuscito a gua- stro tintore tedesco arrivato a tutto per raccontarci una Napoli dagnarsi quell’aristocrazia che è Prato con una nuova ricetta per non degradata, ma vincente sul propria degli attori e che contri- tingere i panni). Attraverso un piano della socialità e della cul- buisce non poco alla ‘fortuna’ dei linguaggio diretto e crudo, Mala- tura, come Bassolino, peccano di parvenu. parte descrive la Napoli del 1943 ottimismo, secondo alcuni, addi- Mi ricordo allora della sala pie- occupata dagli americani. Fame, rittura di ‘illusionismo’ per altri. na, e questa volta lo spaesamen- povertà, distruzione portano al Allo stesso modo i tragici can- to era dovuto al fatto che quelle disfacimento morale della cit- tori che ne attraversano i gironi stesse persone di cui si conosce- tà, che per sopravvivere ricorre infernali li si dichiara ideologici va ogni centimetro di pelle e cel- a ogni mezzo. Donne, travestiti, e catastrofisti. Le anime del pur- lulite, e smagliatura, o al contra- perfino i bambini sono in vendita gatorio, che da queste parti sono rio, muscoli esibiti con dovizia per i soldati americani. Malapar- adorate, si sa, si canticchiano che di gesti e tecnica, apparivano ora te, ufficiale di collegamento tra si stava meglio quando si stava vestite, tantopiù che la sera par- l’esercito italiano di Badoglio e peggio. Ed ecco perché interpreti ticolarmente umida costringeva le truppe alleate, è testimone di “stranieri” quanto meno discuti- a mise autunnali. La sala, in si- quelle miserie. Per i contenuti bili, sono accolti a braccia aperte. lenzio per tre quarti del film La scabrosi, il racconto viene pub- Intellettuali come Schifano o Fer- Pelle di Liliana Cavani era rima- blicato nel 1948 in francese e, nandez, per non tacerne i nomi, sta zitta, immobile, in molti casi solo l’anno successivo, in italia- che ‘colorano’ i propri racconti di disgustata dalle scene forti, dello no. La città di Napoli, profon- viaggio regalando bozzetti asso- stupro o del parto. Del resto quel damente offesa da La Pelle, nel lutamente ‘inutili’ e a volte anche film era vietato ai minori e solo 1950 votò il bando morale di infamanti, pretendendo di abolire grazie all’influenza della signora Curzio Malaparte dal capoluogo frontiere, tra l’analisi sociologi- del lido, si era riusciti ad entra- della Campania. ca, antropologica e quella folklo- re. La signora, conosceva i pas- rica. Il giorno in cui si riuscirà a saggi a memoria, avendo ormai Ancora oggi tra gli scrittori ci eliminare dal corredo urbano del- assistito ad almeno una trentina si divide tra malapartisti e bo- la città il mucchio di monnezza di proiezioni, e ciò le permetteva napartisti. L’ultimo ad esserse- ai lati della strada quegli scrittori di assentarsi quasi fino ad addor- ne occupato è stata la rivista ge- saranno finiti. Quindi, per carità, mentarsi per i primi tre quarti, ad mella, l’Atelier du Roman a cui piuttosto chiediamo a dei pittori aprire bene gli occhi nei secondi il nostro cahier centrale è stato e scultori contemporanei di far- che precedevano l’entrata in sce- dedicato. Il profondo mutamento celi finti! na del figlio e ad alzarsi una ven- della prospettiva di chi dalla peri- Ma perché Napoli odia Mala- tina di secondi dopo, successiva- feria arriva al centro, raccontan- parte? mente all’ovazione della sala, fa- dolo, è alla base di ogni processo L’ho capito grazie al mio esilio cendo coincidere la propria usci- narrativo che conti, che ne valga volontario di quindici anni e non PIESSE ta con l’altra, definitiva dalla sto- veramente la pena. Se si pensa era semplice coglierlo. Non è la ria del film. che la stessa commedia dell’arte descrizione di Napoli che mandò Con un processo alla Borges di Concludo questa mia serie di dal costituire un’offesa al popolo Curzio Malaparte, avrei comin- è il prodotto di quello shock cul- in furie l’amministrazione del- precisione e precisazione che può considerazioni con un omaggio napoletano, è un’aperta e corag- ciato a leggerlo molti anni dopo e turale nato dallo scontro campa- l’epoca quanto l’aver raccontato arrivare al numero civico del cor- al cielo grigio e piovoso di cer- giosa difesa non solo del popo- in francese, con la sola eccezione gna città, Bergamo Venezia, che i fatti di cui gli abitanti di Par- so in questione, e al pianerottolo, te Metropoli del nord, che siano lo napoletano ma di tutti i popo- di alcuni brani, principalmente fa da sfondo alle vicende di Ar- tenope s’erano resi protagonisti. e alla camera in cui si dorme. Milano o Torino, Parigi o Lon- li d’Europa. Amo Napoli, l’amo tratti da La Pelle e letti ai tempi lecchino. Così il sud che ci vie- Non Napoli allora ma i napoleta- In un’epoca, quella di Malapar- dra, perché solo quando l’occhio più di ogni altra città al mondo, di scuola. Trovarsi allora in pre- ne raccontato dal ‘nord’ ci è più ni. Ma chi è il napoletano? te e ancora di più la nostra in cui comincia a distinguere le diverse della mia stessa città natale, e nel senza di un romanziere europeo, caro, anchequando diventa in- Io stesso, dovendo fornire alla ‘il vedutismo’ ha ceduto il passo varianti del grigio e a indovinare mio libro difendo il popolo napo- tra i pochi nati nelle nostre ter- sopportabile. Malaparte esatta- vita sociale che facevo fin qui al ritratto, il napoletano non tol- timidi raggi di sole dietro la coltre letano, specie quello delle classi re, era stata più che una sorpresa, mente come Svevo, entrambi dai le mie generalità, ho sempre ri- lera l’universale, la presenza di di fumo e nuvole che copre le cit- più misere. Ma poiché la mozio- ma un dono, dalla letteratura alla nomi tedeschi e inventati italiani, sposto: di Napoli. Almeno fino a un altro napoletano, nel proprio tà, il cielo si veste di Pietas, verso ne presentata in comune investe letteratura. Negli anni successivi traduce la visione del qui e ora, quando non ho trovato in Pasoli- centro vitale, che non sia se stes- chi abita la terra, come quando il qualcosa di molto più sacro che mi è anche capitato con Raimon- in una favola universale. Come ni lo splendido marchio d’origi- so. Perfino il fratello a Napoli si Vesuvio si mette a gridare. non il valore letterario del mio li- do di attraversare alcuni di quei Svevo che percorre in lungo e in ne che si attribuisce uno dei suoi declina, in frate, frate cucine… bro, cioè la libertà della lettera- luoghi ma soprattutto era il cielo largo la propria ‘inconscia’ edu- personaggi: napoletano di Avelli- Quello che allora non si perdo- tura italiana, la prego, illustris- che non era più lo stesso. Ormai cazione sentimentale, facendone no. Ecco, io sono napoletano di na a Malaparte è aver parlato di simo signor sindaco, di volermi il cielo del Sud era quello descrit- letteratura, cioè universo condi- Caserta. E vi assicuro che gli ita- una città in tempo di guerra, e de- Dichiarazione di Malaparte permettere di sostenere le ragioni to dal romanziere in un passaggio viso da tutti, Malaparte trasfor- liani all’estero, categoria in via di gli sconfitti, doppiamente vinti e estratta dalla Storia fotografica della libertà letteraria davanti al tra i più felici della letteratura: ma la guerra di Napoli in guerra estinzione nel mondo globalizza- della vergogna della vittoria. Non di Napoli (1949-1950) edita da consiglio comunale il giorno in «È una vergogna che ci sia al tout court, e l’esplosione del Ve- to, specie quando provengono da poteva che succedere a Napoli, Attilio Wanderling, Intra Moenia. cui sarà discussa, se sarà discus- mondo un cielo simile. È una suvio in ferocia del vulcano. In una stessa zona, sono gli unici a il racconto, e nello stesso tem- sa la mozione in questione». vergogna che il cielo, in cer- un epoca la nostra in cui va così mettere in scena un dialogo del po non poteva che destinarsi al «Ho letto nei giornali la notizia lettera di Curzio Mala- ti momenti, sia com’era il cielo alla moda l’artista senza opera, il tipo: mondo, il racconto. Su una sca- della mozione presentata al Con- parte al sindaco di Na- in quel giorno, in quel momen- romanziere senza romanzo, il fi- - Sei italiano? la che unisce un uomo all’uma- siglio Comunale che propone poli, 10 febbraio 1950. to. Ciò che mi faceva correre per nanziere senza una lira (si veda- - Sì nità, una città al mondo, il rischio nientedimeno di mettermi al ban- la schiena un brivido di paura e no in proposito le ultime vicende - Di dove? che Napoli corre, fissandosi al do morale per il mio libro La Pel- di schifo, non erano quei piccoli della Parmalat e prodotti affini), - Di Napoli suo rifiuto delLa Pelle, è lo stes- le, da essi considerato offensivo schiavi appoggiati al muro della dove quel che più conta per i ma- - Di Napoli Napoli? so della signora del lido del sole. per il popolo napoletano. Tutta la Cappella Vecchia, né quelle don- nager editoriali (una volta c’era- - Certo Concentrarsi su un passaggio ve- critica internazionale e la stessa ne dal viso scarno vizzo incro- no gli editori, ma tanto tempo fa) - Di Napoli, Napoli, Napoli, loce, di un volto noto, per lasciar- stampa italiana sono concordi nel stato di belletto, né quei soldati non è il processo di identificazio- Chiaia, Chiaia, Chiaia, Chiaia ecc. si sfilare sotto il naso la Storia. riconoscere che il mio libro lungi RIVISTA EUROPEA REVUE EUROPÉENNE EUROPEAN REVIEW EUROPÄISCHE ZEITSCHRIFT REVISTA EUROPEA sud 21 FATTI DI CRONACA FOGLI DI CARTA Romain Slocombe Margherita Remotti (PRIMA PARTE) traduzione di Cris Altan

«Se la cucina giapponese non confida un alto responsabile Quando fra la posta mi ritrovo rallenta davanti all’impersonalità sul piccolo schermo sempre ac- Anche se sono piccoli e non richiede preparazioni lunghe del Dipartimento di Polizia nelle mani foglietti di carta luci- del messaggio sempre uguale che ceso spettacoli di un fine week- c’è scritto niente, non sono car- e complesse, il saper trinciare Metropolitana di Tokyo, con da sparsi come foglie minori tra questa volta qualcosa sta davve- end poco cerebrale se non fosse tastraccia, hanno i colori. Mi è però importantissimo, tan- due nuovi incidenti seri que- le buste da lettera intestate, non ro per cambiare, e noi lo pos- per una leggera emicrania causa- piacerebbe che le modelle del to che il cuoco specializzato sto fine settimana: distretto di mi piace. Hanno sempre dei co- siamo fare. Traditori. Il mittente ta da disoccupazione mentale, e prossimo depliant di moda che è designato come hochonin Yoyogi, un uomo di 49 anni, lori, una patina e un peso diver- è in realtà un emissario. Entità balza fuori allegro come una per- mi si spiega sulle ginocchia mi (letteralmente: ‘la perso- disoccupato e senza fissa di- si dalle cose che qualcuno, per- inferiore votata a eseguire. Non nacchia il test sulla fine del ma- dicessero come si sentono oggi na che adopera il coltello’)» mora, Katsuo Sasaki, avvici- ché ha deciso di scrivere il mio ti guarda mai negli occhi per- schio moderno. Come aiutarlo a dentro a quei vestiti, se i piedi (Dictionnaire de la civilisa- na la signora Kuniko Oura, 37 nome sulla busta, mi vuole rac- ché gli è rimasto solo lo sguar- ritrovare le palle? Le avrà lasciate fanno male sui tacchi per tanto tion japonaise, ed. Hazan, p. anni, domiciliata a Shibuya, e i contare. Ci sono facce di pizze, do d’insieme di una fotografia a in ufficio o in macchina? O forse tempo e che hanno ballato trop- 362) figli di lei, di 4 e 7 anni, affer- a volte con gli occhi a mandor- campo lungo dove si confondo- sul motoscafo questa estate? A B po ieri sera, o anche solo scri- ra il figlio maggiore e minaccia la, e il prezzo cancellato per fare no anche i colori delle magliette C profilano marionette dalle sem- vermi ciao. Mi piacerebbe tro- Agosto, caldo umido, sof- il gruppo con un coltello. Un spazio al suo simile più agile e appiccicate vicine addosso alla bianze umane, singles con una vare una lettera d’amore, con focante, estate giapponese, testimone, Hitoshi Takahashi, snello perché sa accoppiare le gente ammassata come allo sta- carriera parcheggiata fuori dal let- il mio nome scritto a mano. periferia di Yokohama, solo 39 anni, in sella a una moto- pietanze a seconda delle stagioni dio. La stracci e vola fra la carta to che hanno preso l’ennesimo ab- Odorare la carta e sapere chi in casa, a leggere e rileggere cicletta si getta su Sasaki e lo all’interno della finestrella aper- già stracciata, tutta uguale. Forse baglio sotto il sole; dimenticare, l’ha toccata, farla scorrere sot- (nient’altro da fare) la cronaca travolge. Un secondo testimo- ta sullo sfondo giallo, e numeri farò un falò. ancora una volta, di essere umani. to i polpastrelli e sentire i solchi nera del Daily Mainichi. ne, un undicenne, chiama la a nove cifre divise in squadre da Non mi piace quando c’è il Parole in fila mi marciano contro delle parole. Mi piacerebbe che Taneichi, prefettura d’Iwa- polizia, Sasaki viene arresta- tre piazzate a fondo pagina come nome fuori e poi dentro non mi ci come un esercito sciatto, uomini qualcuno mi scrivesse la veri- te, ex-pescatore, 42 anni, so- to e accusato di tentato omi- la firma dell’autore. Sono più ritrovo. Perché mi chiamate per sprecati che dimenticano addos- tà. La propria verità. E lo faces- spetto autore dell’omicidio di cidio. Sabato, 17 e 30, linea sottili e si piegano ancora prima nome se poi non mi riconosce- so l’uniforme ogni mattina spara- se perché c’era, anche se gli si sua moglie e dei quattro figli Tokaido, Hidetoshi Takashima, di presentarsi, invertebrati orfa- te quando passo per strada? Fo- no contro un target e buttano via dice di no, e perché c’è ancora, nel corso di un tentativo di 44 anni, accende una sigaretta ni di un mittente che ogni tanto glietti sparsi travestiti da lettere. cartucce. Cartacce finiscono nel anche se non ci crede sempre. suicidio familiare: Hidetake nel vagone dopo aver bevuto con il palmo della mano mi met- Seduta con le gambe incrociate, mucchio. Farò un falò. Che me lo scrivesse di notte, ciò Kakuchiyama trucida la mo- una birra. Un altro passeggero to anche a stirare prima di butta- ancora carta che sembra riser- Mi chiedo se esiste ancora il che mi vuole dire, quando ricor- glie Shizuko, 37 anni, la fi- della vettura quasi vuota chie- re nello scomparto della carta del vare delle sorprese poggiata sul tipo di carta dei quaderni che usa- da tutto perché è solo e in pace, glia Hisako, 14 anni, i figli de a Takashima di spegnere la bidone della raccolta differenzia- mio grembo, vado avanti mecca- vo da bambina. Mi piacerebbe e che cercasse nei cassetti una Takeshi, 13 anni, Takeru, 10 sigaretta. Takashima estrae un ta una volta accertato che ho già nicamente ad aprire buste riem- toccarla ancora. Imparavo a scri- busta e una carta speciale, per- anni, Shinya, 6 anni, con un coltello a serramanico dallo la loro copia, e so che l’originale pite di messaggi vuoti, scritti da vere acqua e le tabelline e non ché occasioni così non capitano coltello per tagliare il pesce, zaino e minaccia il passegge- non devo aspettarlo. Li accartoc- giocolieri che ripetono sempre le avevo bisogno della correzione sempre, e lo sa. nella prima mattinata di do- ro, aprendo e richiudendo il cio e li butto via. Fogli di una car- stesse acrobazie. Sono stufa, vor- automatica. Mi piacerebbe trova- La carta è importante, la car- menica. Hidetake e Shizuko coltello ripetutamente. Alla ta senza sostanza. Ci sono giorni rei scrivere aiuto su un foglio di re una busta colorata con un in- ta pesa, come le persone. La ha hanno litigato parlando di di- fermata di Yokohama, quin- in cui ne trovo anche una decina carta bianco candido, arrotolarlo, vito a una festa pomeridiana. Mi prima presa in mano, la ha sop- vorzio, Hidetake intendeva dici minuti dopo, il passegge- di questi falsi campionati d’auto- infilarlo in una bottiglia di vetro piacerebbe che dalla busta venis- pesata, ha avuto cura di scriver- suicidarsi dopo aver pugnala- ro informa il personale della ri occultati dalle danze monotone da gettare in mare senza scrivere sero fuori tanti cartoncini colora- ci sopra proprio le parole che to i cinque membri della sua stazione, Takashima cerca di dei numeri seduti sulla pila delle il nome. Sa da sola dove deve an- ti, come coriandoli da far piovere voleva dire nel modo giusto e famiglia, ma non c’è riuscito, scappare ma è catturato dagli buste intestate, e ci vuole tenacia dare; un giorno te la ritroverai tra a piacere sulla testa e sulle mani, poi la ha piegata compostamen- poi ha chiamato la polizia da agenti. Quindici giorni prima, per andare a vedere sotto chi ha i piedi e mi verrai a cercare. Apro cadono a terra e mi fanno ride- te per riporla nella busta, ha una cabina pubblica situata nella metropolitana di Tokyo, voluto scrivere proprio a me. Ar- ancora una busta con uno sbadi- re perché hanno voglia di saltare scritto il mio nome e ha fatto in nei pressi del suo domicilio. un giovane ha colpito un uomo rivo alla prima busta con il mio glio da domenica pomeriggio ore come i bambini che gridano an- modo che arrivasse a me. Que- «Kakuchimaya era in stato di anziano che gli rimproverava nome sopra, ma il cuore subito 17 sul divano di una casa in città, cora! ancora! quando li fai volare. sta non è una carta qualsiasi. estrema ubriachezza al mo- il suo atteggiamento sbracato: mento dell’arresto» ci rivela Masaru Kimura, 65 anni, viene un ufficiale di polizia. colpito a calci nel ventre, pre- Toyonaka, Osaka, un giova- tende delle scuse dal giovane ne di 21 anni uccide il padre aggressore, riceve come tut- con un coltello da cucina, ta risposta un pugno in faccia dopo esser stato criticato per che gli fa cadere gli occhiali il volume troppo alto del suo e gli provoca una lacerazione stereo. Atsushi Suyama sta alla fronte. La polizia di Tokyo ascoltando musica nella sua lancia un appello agli eventuali stanza, piuttosto depresso per testimoni. Una passeggera che una recente telefonata della fi- ha aiutato Kimura a trovare danzata che gli annunciava la un’ambulanza nota che un cen- rottura. Toshihiro Suyama, 60 tinaio di persone erano presen- DI ARIA anni, gli suggerisce di abbas- ti al momento dei fatti, ma che foto di Romain Slocombe sare il volume, Atsushi afferra non c’è stata alcuna reazione. un coltello e lo colpisce a più Kanazawa, prefettura d’Ishika- riprese. Gli agenti di polizia wa, Nobuo Hino, 38 anni, at- trovano Toshihiro nel giardi- tualmente camionista, ex-ispet- no prospiciente l’entrata del tore di polizia nella prefettura domicilio familiare, l’uomo di Hyogo, era scomparso al- muore poco dopo l’ingresso l’epoca in cui investigava sul in ospedale. Atsushi si barrica furto di cinque milioni di yen nella sua stanza e minaccia il in un’automobile parcheggiata suicidio. Due agenti che in- nella circoscrizione di Chuo- dossano tenute di protezione ku, Kobe, e appartenente a una speciali riescono a immobi- donna di 59 anni domiciliata a lizzarlo. La stanza era invasa Takarazuka City. Hino aveva da un forte odore di solvente, lasciato il commissariato col ci informano gli inquirenti. pretesto di un malore e non era Atsushi era disoccupato da un più riapparso fino al suo arresto mese, dopo aver lasciato la tre anni dopo a Kanazawa sot- ditta di ingegneria elettroni- to l’accusa di aver perpetrato il ca in cui era precedentemente furto in questione. impiegato. Yokkaichi, prefettura di Mie, Urawa, quartiere di Ranzan, questo sabato Motoji Kitagawa, Takeshi Yamazaki, 39 anni, 28 anni, nel corso di una parti- cuoco, sfonda la porta di ta di golf al Yokkaichi Country Hosaku Yamagishi, 76 anni, gli Club, urta all’undicesima buca pianta una sciabola decorativa con il suo bastone (ferro n° 5) nella schiena e poi trafigge la il tronco di un acero, il basto- moglie dell’uomo, Nobu, 71 ne si spezza e la sua estremità anni. Yamazaki rientra in casa, colpisce al collo Kitagawa, che lascia la sciabola per un col- trasportato all’ospedale muore tello da macellaio, entra nella in seguito a emorragia. vicina pescheria e pugnala una Shizuoka, una tazza di WC liceale che vi lavora saltuaria- munita di una doccia d’acqua mente. Poi compie un suicidio calda (modello ‘Sanitarina F rituale squarciandosi il ventre, II’) provoca un incendio al do- sempre con lo stesso coltello. micilio di un impiegato di 68 Hosaku Yamagishi è morto sul anni, nel quartiere Tokiwa-cho, colpo, col cuore trapassato Shizuoka City, la presa di cor- dalla sciabola, la moglie Nobu rente è isolata da una scatola è deceduta all’ospedale in se- di plastica all’interno della taz- guito alle ferite al petto e al- za e quindi un corto circuito è l’addome e all’emorragia che impossibile, dichiara un porta- ne è risultata. voce del fabbricante, salvo se Le aggressioni all’arma bian- gocce di orina o di detergente ca diventano un problema, ci vengono in contatto coi fili. 22 sud 4/5.

INTORNO ALLA CITTÁ Luis De Miranda traduzione di Irene Stelli

Mentre gli altri, quelli i cui nomi ho scritto su una lista di persone da non contattare più – per nessun motivo, neanche per sogno – sembravano rite- nere la linea diritta come la sola forma di coreografia at- tribuibile al destino, io avevo minuziosamente sviluppato un vizio inatteso. La sera tardi, poco prima di mezzanotte, prendevo la mac- china e percorrevo la tangen- ziale parigina chiamata Péri- férique. Entravo dalla Por- te d’Italie, filavo in direzio- ne nord-est con il finestrino abbassato e respirando l’aria metallica. Guidavo sempre più veloce, appena disturbato dai rari veicoli che superavo. Dopo aver fatto un semicer- chio attorno alla città, comin- ciavo a rilassarmi. E imman- cabilmente, una volta fatto il primo giro, con i pantalo- ni sbottonati, rivedevo il suo viso: Helena. Mi capitò di fare cinque giri, stordito dal ricordo di un mo- mento preciso, quello in cui avevo schiaffeggiato Hele- na, e in cui lei per risposta mi aveva piantato un coltello da cucina nella pancia – una feri- ta senza importanza. Un’altra volta avevo percepito chiara- mente, nel vento della notte, il suo modo di recitare alcuni versi che io avevo scritto per sedurla, durante i primi gior- ni della nostra relazione, ver- si disinteressati, ma premo- nitori; parlavano di fuoco, di lacrime e di infinito. Le ho girato attorno a lun- go, prima di conquistarla, foto di Roberta della Volpe come oggi giro attorno alla città per ricordare. Niente fu più bello di quella parata nu- ziale, se non le mie attuali e solitarie circonvoluzioni. Il giorno in cui Helena ha accet- tato di baciarmi, il giorno in cui aprì le gambe e si lasciò penetrare, feci la mia espe- rienza del vuoto. Era questo, dunque, il segreto della don- na: la sua pienezza resisteva CIRCO fino a quando non le si girava attorno, e più si girava velo- DIETRO IL SUO CHADOR ce, più l’illusione era tenace. Raiz La donna era come la città, e come i pianeti: tutta quella fantasmagoria sostenuta dal- la gravità, dalla velocità del- Il Grand Hotel Meridién Le Pre- tra culture diverse, fare questo Cominciamo una conversa- Fatima mi è tornata in mente meno che sexy ad ogni pubbli- la luce e dalle strane attrazio- sident di Dakar, Senegal, è un viaggio a ritroso era quanto mai zione stentata, il mio francese dopo aver visto alla televisio- ca uscita che vada al di là del- ni. Ciottoli che prendono vita palazzone in mezzo ad un giar- stimolante. è da scuola media e la musica ne un lungo servizio sull’Iran la spesa al supermercato. Non per l’effetto di una danza in- dino di palme e mangrovie alla Tra le facilities dell’albergo vi è assordante. Ma io sono napo- degli Ayatollah, dove una gio- parliamo poi dei nuovi modelli torno a un centro inafferrabi- periferia della città. A dispetto è un piccolo club nel seminter- letano e lei africana, e la lin- vane medico, Fatima (sic!) in- culturali imposti dai cosiddetti le. Oggi ho dimenticato tutto. del nome altisonante e malgrado rato, una vera e propria discote- gua dei gesti supplisce a quel- tabarrata in un castissimo velo reality show e dai programmi Ma quando vedo Helena gioi- sia de facto il miglior albergo di ca anni ’70 con tanto di luci e la parlata spesso e volentieri. parlava della sua esperienza pomeridiani di Canale 5, veri re come mai, prendo la mia questa capitale, è una struttura bar i cui Dj suonano accanto ai Dopo un quarto d’ora appa- professionale in un ospedale di e propri inni alla prostituzione auto. E giro attorno alla me- che sembra sempre sul punto di successi commerciali europei le re chiaro che io non ho nessu- Teheran, e di come si fosse spe- del corpo e della mente. tropoli masturbandomi, con i scomparire sotto i colpi del cli- hit locali e in cui si esibisce ogni na intenzione di andare dans cializzata in malattie gastro-in- Insomma la donna libera e pantaloni aperti, cazzo dritto, ma avverso. sera una potente cover band afro la chambre con lei, né subi- testinali: l’immagine esteriore occidentale assomiglia di più a fino a che l’istinto elettrizza Rispetto ai suoi omologhi al di che spazia dagli Osibisa a Mori to né dopo: per qualche ragio- di questa Fatima avrebbe fat- Fatima I che a Fatima II, in ogni di nuovo i miei pori e Pari- qua del Mediterraneo non manca Kante al miglior Fela Kuti. ne però Fatima non si allon- to venire ai femministi di casa senso: il suo corpo continua ad gi mi appare una volta di più di nulla, ma la costante puzza di A popolare il locale, oltre ai tana a caccia di altre prede, nostra la voglia di sganciare un essere l’unica cosa che ha. come una donna desiderabile, umido, il divieto di bere l’acqua clienti dell’hotel, sono alcuni anzi si accomoda al mio fianco po’ di bombe sull’Iran per libe- Pur prendendo le dovutissime un mistero da svelare, invece dei rubinetti e gli scarafaggi che giovani bene di Dakar, qualche e mi racconta di lei: l’infanzia rare lei e le donne del suo pae- distanze da un regime libertici- che un ammasso di cemento escono dai tubi del bagno sono spacciatore di erba e un esercito in un villaggio a nord di Dakar, se (Afghanistan docet). da come quello iraniano e senza popolato da visi di pietra, ri- un monito costante dell’Africa di ragazze vestite alla parigina, dove quando torna deve smette- Infatti dalle nostre parti è alcun tipo di bigotto moralismo, nunce penose, fantasie infan- a questo corpo estraneo, tipica tutte belle, tutte sotto i vent’an- re i suoi jeans attillati e il truc- opinione comune che l’eman- mi sembra che il paradosso che tili e gelosie allucinate. enclave europea che lotta per la ni, tutte prostitute. co da video hip hop e indossare cipazione della donna passi at- deriva dal paragone di queste Giro fino al centro della sopravvivenza a suon di condi- Una sera dopo la prove dello abiti tradizionali e lo chador, la traverso una certa addomesti- due donne sia stridente. notte, Helena, sognando che zionatori, gruppi elettrogeni e spettacolo decidiamo di farci un scuola tanto desiderata ma mai cata trasgressività, segno dei È evidente che in pae- un giorno saremo dieci, cen- guardie giurate. salto, anche perché l’unica di- frequentata, il proposito un gior- tempi in cui ciò che appare è si come l’Iran o il Senegal to, mille a girare attorno alla Io e gli Almamegretta vi siamo strazione per un occidentale a no di imparare a leggere e scri- tutto quello che conta: le don- una donna non ha alternati- città, guidando tutti con una stati ospiti nel 1998 in occasione Dakar senza amici in città sem- vere. Mi racconta del dispoti- ne da noi sono libere di rifar- ve: tutto è bianco o nero sen- mano e toccandoci con l’al- di un concerto organizzato dal- brava essere quel posto. smo di suo padre, del tentativo si da capo a piedi (nasconde di za possibilità di sfumature. tra, cercando di rendere ferti- la Fao che aveva per obiettivo lo Appena dentro, non ci sono di violenza da parte di uno zio. più un lifting o uno chador?) Ma da noi anni di lotte del- le il mondo con il nostro de- scambio interculturale tra Italia dubbi sulla mia identità: allog- Poi la fuga a Dakar, dove per per corrispondere all’ideale di le donne avrebbero dovuto da siderio maturo, il nostro de- e Senegal in un momento in cui gio all’hotel e sono un possibile una jeune fille è facile guada- bellezza che i media impongo- tempo aiutare distinguere tra siderio generosamente per- molti senegalesi attraversavano cliente. gnarsi da vivere con i turisti. no, sono libere di intrattenere la libertà e la sua vuota simu- verso, il nostro desiderio di i nostri confini nazionali in cer- Mi siedo su uno sgabel- Le chiedo se non ha mai pensato rapporti con chiunque gli pas- lazione. assoluto, con il nostro desi- ca di reddito; per noi che aveva- lo del bar e immediatamente di smettere di fare quello che fa. si per la testa, sono così libere Per emanciparsi basta dav- derio che un giorno il cen- mo messo al centro del nostro mi avvicina una ragazza, par- Mi risponde «A’ quoi faire? Met- di essere nude che è addirittu- vero togliersi (o farsi toglie- tro non sia troppo vuoto. progetto musicale lo scambio la francese, si chiama Fatima. tre le voile? Voglio essere libera, io!» ra divenuto bizzarro apparire re) un fazzoletto dai capelli? RIVISTA EUROPEA REVUE EUROPÉENNE EUROPEAN REVIEW EUROPÄISCHE ZEITSCHRIFT REVISTA EUROPEA sud 23

STANZENOTE SU UN GRIDO 12. LETTURA LINEARE DEL CUORE Gherardo Bortolotti (SECONDA PARTE) Esteban Buch traduzione di Lidia Verde

Quel solfeggio nazionale e po- o perché la gente ama cantarla. Nonostante tutto continuo ad polare rimarrà nella memoria Ma piuttosto perché la Marcha operare sugli eventi dei miei del Teatro perfino nelle ordinan- de la Libertadora), con il suo ri- giorni con tecnologie di scarto, ze municipali che a partire dalla ciclaggio del vecchio sacrificio indietro di una o due generazio- Libertadora non si dimentiche- militare della «morte argentina», ni sull’avanguardia del software ranno più di proibire gli atti ‘po- fa parte del repertorio a cui in li- ideologico e cognitivo, come se litici’. Ma questo scarto antioli- nea di principio si contrappone. le mie soste al caffè, o l’uscita garchico instaura anche un tem- Ivanissevich si limitò a sfruttare dall’ufficio, si situassero in pia- po di conquista. Più tardi il canto la marcia peronista nel modo più nure abbandonate da migrazio- avrà vissuto la maledetta gloria vantaggioso, ma la marcia degli ni antiche, da transumanze oltre dei vincitori. Per questo la critica amici di Lonardi e Aramburu le catene dei monti della storia, migliore che può farsi della mar- avrebbe potuto scriverla lui. Gli avendo già misurato che il mio cia peronista (lo specchio direb- antiperonisti si preoccuparono cammino, la portata del mio fu- be: dello stesso peronismo) con- di nobilitare la loro clandestina turo71 non raggiunge neppure le siste nel metterla in relazione con e clericale «canzone di guerra» pendici dei giorni tragici che mi la musica di Stato di quell’epo- con una tempra degna dei pe- trovo a vivere, non sfiora l’epoca ca: dal Canto al trabajo «ai piedi ronisti del ’56. E questo è nor- nodale che, grazie ad una nuova della sacrosanta bandiera», uniti male, dal momento che Perón in articolazione del capitalismo, ed «dall’amore di Dio» dello stesso fondo era un militare. Inoltre, le alla lotta per l’egemonia su ri- Ivanissevich e intonato anche da forme dell’ammirazione umana sorse energetiche deperibili, que- Hugo del Carril, fino alla Marcha sono limitate, i generi musicali sto scorcio di secolo rappresenta del Plan Quinquenal, che rima per manifestarla ancora di più. con generale e «rende grande e La somiglianza tra le canzoni ricca la Nazione» – senza dimen- peroniste e quelle antiperoniste ticarsi del Canto a la enfermera ricorda che tutti erano possedu- argentina, questa «donna mera- ti dallo stesso demone della so- 71) proprio sulla contrattazione vigliosa» che sarebbe stata tanto lennità ufficiale; tutti nipoti di di un sistema di generi a cui affi- sexy se non avesse avuto il ma- López e Parera. La marcetta no, dare il senso delle mie azioni, mi ledetto vezzo di «dissimulare la o un po’ meno. Se la sua aria mi- trovo in disaccordo con gli altri, sua amarezza». Di fronte al mare. litare è inconfondibile, se la sua e con i fatti della vita, come se E non alterano il quadro neppu- musica è più simmetrica rispet- fosse ormai chiaro che il reale, e re la cueca peronista o la zamba to all’edificio Libertador, forse l’editore delle sue collane, faces- delle legioni dei poveri, ancor hanno ragione quanti la voglio- se appello a tradizioni narrative meno l’improbabile tango De- no anche figlia delle compagnie differenti scamisado in omaggio al 17 otto- dei suonatori da strapazzo e del bre, che suggerisce indirettamen- calcio, da dove si sprigionano i 72) minorenni a guantanamo te, proprio per la sua debolezza, venti marziali. La marcetta nu- tutto ciò che il peronismo deve al tre dubbi: come devo farmi can- tango degli anni trenta e tutto ciò tare, che spazio lasciare al sin- che deve alla Libertadora il tan- copato, e allo swing? Come in- 35. secondo le undici dimen- go di dopo: molto più di un pez- tonare la prima frase: semimi- sioni relativistiche zo di pane. Tutto questo è canto nima con punto e croma, come popolare per restarsene soddi- Héctor Mauré, o croma con pun- sfatti di Perón e della vita. Tut- to e semicroma, come Hugo del te, canzoni che oggi sembrano Carril? La marcetta si attrezza a IV) la mia vita vissuta lon- una dimostrazione perfetta della collegare le sue parti: come arti- tano dai luoghi del divertimento prepotenza del kitsch peronista. colare con la grancassa alla fine d. nel cono d’ombra del- Il popolo è unito, sì, ma l’inte- dell’inno i due aggettivi basila- l’odio dei miei simili, dell’ag- ro popolo? Che spazio lascia la ri della vita nazionale, argentino gressività intraspecifica marcia al grido dei non peroni- e peronista? La marcetta pensa: iv. propaganda spicciola, sti? Ovviamente un po’ del con- come sopravvivere, come rima- nelle cui semantiche scopro re- testo sonoro ricorda quanto il ki- nere orfana? Purché si lotti la gioni fascistizzate e implicite mi- disegno di Luca Dalisi tsch peronista dipenda anche da marcetta torna. La marcetta è nacce da stato di polizia una retorica, e da una tecnolo- sempre tornata. Per questo ci ha v. dai confini del benesse- CICLISMO LAZIALE gia, che pervadono tutta l’epoca seguito fin qui, fino ad ora. Per re, guardo con un vago presagio con le loro maniere di parlare, di questo vale la pena dedicarle un al futuro ed alla diminuzione del- (PARCO DE LA cantare, di convincere. Gli anni libro, o vari. È un capitolo chia- le risorse naturali CAFFARELLA) quaranta oggi appaiono un po’ ve della storia della musica ar- vi. maree di contrazioni in- Maria Grazia Calandrone comici in tutti i loro aspetti (in gentina, come della storia del pe- consapevoli che attraversano i tutti gli aspetti in cui non ci sia ronismo. Ma bisogna evitare un dodici muscoli attorno alla boc- la Guerra), e sarebbe ingiusto at- fraintendimento. Che i simboli ca Disperata immodestia questa le mucche. tribuirne l’intera responsabilità vivono, questo è diffuso da ogni e. disaggregazione dei Interrompiamo con il rotolìo de le gioia di scolpire con la materia Steccati che dividono tre genera- agli assessori di Perón. Magari sapere sull’esperienza collettiva dati nostre ombre la irregolarità radiosa astratta de l’aria. zioni umane – chine a la cerca di si può pure pensare: che stupide che ammette e si fregia anche f. la bellezza del mondo, cicoria queste musiche, questi discor- dell’orgoglio di dirsi leggenda. costituita da acqua marina e fe- de i boschi. La legge è la superficie. Razzola- selvatica – da l’altro nutrimento si, queste propagande del primo E c’è molta leggenda intorno nomeni di difrazione, rifrazione e Il corpo si conforma al lavoro, re, raspare di cani mugghiante, peronismo. Sì, la marcetta sem- al peronismo – tanta che i con- riflesso non ci cancella. e vitelli sul pascolo spontaneo sollevante, fraterno. bra patetica in confronto a que- fini tra storia finzione e memo- iv. ripetendo l’esperienza Abbiamo faccia luminosa e scar- per autodifesa Ne l’anello che scrolla le sue na- sti canti patetici di ciò che, sul ria tendono ad annullarsi. Inutile di una sera alla fine dell’estate, pe opache come ne la masticazione de i bo- rici sono il dolore e lo sposta- piano musicale, non si può non sottolineare quanto peso abbia quando le nuvole sono grandiose per quanto sporadica sia schi mento. definire «il regime»– un regime in questa configurazione, tra le e neppure uno straccio d’amico è l’improvvisata de le nostre lucìo- impestata di avanzi di acque, in- pesante per l’udito e il fegato. altre cose, l’infinita attualità po- raggiungibile dal silenzio che ti le dietro crostazioni. Agri Da pesatura di erboristi Per il resto, per definire le coor- litica del peronismo. Dinanzi a attraversa l’aroma de le siepi, la breccia pa- rovesci di rane lungo il calmo fa- i nostri corpi sono divenuti strie dinate del suo genere si può par- questa inerzia mitologica sem- 4. definizione operativa nica de le panche sul ghiaino. nale de le brughiere. di volontà, o un mormorìo di cere lare della Marsigliese e dell’Oid bra salutare rifiutare lo specchio del proprio passaggio di coscien- È tutta acqua che si porta avanti a mortales, o dei canti del movi- che vede nel simbolo solo quello za Flauti, grinze, pennacchi di can- nel gran progetto del mare. Ami- mento operaio, dall’Internazio- che simboleggia, e mettersi sul- v. la natura erratica della na gdala, l’ombra nale in poi. Ma canti come Gio- le tracce di una storia vera. Una gioia di fiume, pettirossi che bevono spugne intonate a l’orbita detriti- piena d’estro de i cedri e un dole- vinezza e Horst Wessel Lied pure storia che dica per filo e per se- da la pietra lunare ca de l’Oceano. re di fianchi andranno prese in considerazio- gno attraverso quali vie di ori- come girini. Variopinte che qui nel caldo e fuori da la fe- ne dall’analisi. La marcia pero- gine, genere e pratica, le sue giostre di uccelli stagnatori. Un Lo screzio biforcuto de i limoni ria non viene capito nista deve riconoscere le sue cat- strofe posero in marcia, in una V) angoli delle came- oro visto da lontano. Ti rimetto il vivi quale divertimento, tive compagnie, così come deve maniera unica nella storia del re in cui si depositano, guida- tuo debito nel sole cimento. La partita ambosessi se- riconoscere le sue prime versio- paese, un vincolo che va e vie- ti dalle correnti tra le cose, anni a capelli sciolti conda a dirittura il volo de gli uccelli. ni ufficiali più mediocri. Sen- ne dal canto, veicolo dell’emo- di sguardi distratti, di borbot- su lo zigomo lento za dubbio poi appare da subito zione individuale, alla politica, tii sovrappensiero, di lunghi nel debito de i Colli sublime per le sue differenze. motore della vita in comunità. sospiri che ci sfuggono men- irrisorio del bosco, l’ondalunga strappati in sogno E non solo perché è in minore, tre guardiamo la televisione imprestata dal vento. da le labbra mucose salivanti de 24 sud 4/5. INTORNO

CENTRO E PERIFERIA NEI PRINCIPI DELLA MEDICINA TRADIZIONALE CINESE Michel Odoul traduzione di Cris Altan

Il paradigma specifico proposto peratore, e d’altro canto nella tipo di rappresentazione possia- dall’Oriente rappresenta una vi- totale estraniazione dell’impera- mo constatare che il centro, nel sione del mondo le cui struttu- tore stesso, lontano, invisibile e caso specifico il principio della re fondamentali sono così lon- esterno rispetto al mondo civile. Terra, si ritrova anche alla perife- tane da noi da essere al limite Il secondo asse è ancora più chia- ria a causa dello spostamento del dell’esotismo. Questa visione si ro e concerne la filosofia che sot- cerchio nello spazio. basa infatti su una logica non car- tende la medicina dell’antica Cina. Il principio è valido su tutti i tesiana per la quale nulla è defi- L’insieme della Medicina Tra- piani e in particolare su quello dei nito in sé, ma solo in relazione a dizionale Cinese si articola in- meridiani ben noti in agopuntura. un contesto. Il principio implicito torno all’idea che ogni manife- Grazie ad esso si spiega la logica che ne deriva è dunque che “una stazione vitale si produce grazie di azione di una terapeutica pluri- cosa può essere e essere il pro- all’interazione dinamica di due millenaria di cui in Occidente non prio contrario”. In un primo mo- forze chiamate Yin e Yang. Que- si riconosce per ora che la par- mento una tale logica può provo- sta interazione si esprime in cin- te “sintomatica”, considerata in care un certo turbamento; è più que principi vitali simbolici che Oriente secondaria. Ogni meridia- vicina alla fisica quantica che a a loro volta interagiscono tra di no dell’agopuntura, visto come un quella classica e di conseguenza loro. Ciascuno di questi princi- fiume in cui scorrono certi flussi è più “mobile”, più incerta. pi, il Legno, il Fuoco, la Terra, il vitali, ha un rapporto con organi Centro e periferia sono quindi Metallo e l’Acqua, è carico di un centrali, e ha un inizio e una fine. nozioni che, prese nel loro senso simbolismo che concerne tutti gli Ed è appunto verso le sue estremi- originario, geografico o spazia- elementi della biosfera, tra i quali tà che nella maggior parte dei casi le, non hanno come tali un posto dati spaziali (cardinali) e tempo- si trovano i punti più efficaci nel nella visione orientale. Si tratta rali (stagioni). L’insieme è rias- riequilibrio degli organi centrali. infatti di una visione dinamica e sunto nello schema sottostante. Yin e Yang, profondità e super- olografica che non può concepire ficie, centro e periferia sono per- di “fissare” le cose in una visio- ciò solo momenti della dinamica ne statica, nominale e di conse- della vita che per gli orientali è guenza non funzionale. Il concet- un perpetuo paradosso apparente. to può essere illustrato seguendo Lo sguardo occidentale dovreb- due assi. Il primo è quello della be a volte spingersi fino a speri- struttura sociale della Cina anti- mentare altri punti di vista come ca. L’organizzazione stessa della sapeva fare la filosofia. Non è società secondo il modello pira- forse lo stato della pelle (perife- midale centralizzato mostra come ria) che ci dà a vedere quello del- una posizione “centrale” (l’impe- l’intestino (centro)? E nelle mo- ratore al centro della vita politica derne società lo stato sociocultu- e sociale) si ritrova ugualmente rale delle periferie non è forse il all’esterno, alla periferia (lo stes- Si può constatare che il princi- sintomo della malattia dei centri so imperatore al sommo della pi- pio della Terra risulta centrale in urbani? Il disagio delle perife- ramide sociale e politica). Questa questa rappresentazione circola- rie non è forse la traccia di quel- doppia posizione si manifestava re, ma statica, delle posizioni re- lo dei nostri centri di potere? E da un lato nella centralizzazione lative dei cinque principi vitali. quanto ai nostri comportamenti estrema dei poteri e in una fis- Ma se il cerchio si mette in mo- (periferia, esterno), non sono for- sazione sociale permanente sul- vimento nello spazio, si trasfor- se la traccia delle ferite del no- l’immagine referenziale dell’im- merà in una sinusoide. In questo stro animo (centro, profondità)? immagine di Marie B. Cros

ANTI-LARTIGUE DALL’ESILIO Marco Giovenale Alessandro Broggi

Sull’88 diretto al tribunale, Il colore opaco della terra Dove il fotografo pigolava in di storni che portano a viale Sabato riposo: attesa al varco Una volta imminente all’interno adesso dal ponte che va dal raggia: dà segnali simili alla sequenze e ritraeva ricchezza, Mazzini. Di lì in piazzale Clo- di ogni dialogo d’amore. A fare più vicino vorrebbe darsi distrat- Ministero della Marina a via- base nera organica delle foglie auto in corsa, ermellini roaring dio, che è una macchia di at- altalena di se stesso e dell’au- to e, prim’ancora d’aprir casa, le delle Milizie, nella spalletta che a mucchi e strisce sono im- twenties, tornei di polo, gare di tesa: il capolinea, nel traffi- toironia, in parti uguali, basta a abbracciare con le braccia e con giù della riva lungo il Tevere, pegnate lì a parassitare i lungo- cani insomma, qui il fiume al co alla base di Monte Mario. Samuel l’invenzione di Monica. le gambe, per davvero però, una a due-trecento metri, si vede fiume. Nel freddo del febbraio contrario scava poi spende one- Che succede a chi guarda? Dice di lei: «Ha uno spezzato donna che non ha mai nemmeno il tennis dei ricchi. O il tennis che ha lo spessore del vetro, stà di un’altra figura. Così fa Prende per fermo e carico di color di foglia e gli occhi come visto prima. senz’altro. Non funziona come con le rame che spiegano cosa l’insetto della scabbia scoperto senso lo stesso gesto di osserva- il cielo di un altro luogo. È una Altri, pochi, sono tornati alla sport di facchini. è lontano e cosa no, il doppio dalle unghie che avanza a sua re? Fatto sta, il vuoto visto non di quelle isolane sveglie che di- cittadella della loro infanzia e vi Un club, facilmente; sta lì a peso della materia infetta, di volta con gli artigli ad ali avanti ha variazione. La facoltà di con- vampano in continuazione. E ti hanno smagliato come moneta separarsi. Nel campo da ten- gialli e di marrone, tira in bas- in piccoli canalini sotto i milli- nettere punti distanti – o tirarli allargano le loro sottanine». che non abbia ancora avuto corso. nis, anzi sul campo, un gros- so qualsiasi volo lirico. Poca metri del derma. Si può dire che in secca riflettendo – brucia, ha L’isola sta a mezzogiorno, natu- so operaio albino in tuta por- tensione per l’arco voltaico. affiora la verità del lavoro fisi- il suo buon crepitio. L’osserva- ralmente. ta avanti e indietro lentissimo Il colore fa scendere gli occhi. co nei giorni, lo spazio zero tra tore perde altrove quello che Nel parlarne e riparlarne Samuel sulla terra bruna, senza suono Allora il fatto di vedere il vertebra e vertebra, le crepe dei lo sguardo aveva guadagnato. non si estenua, ma, quando le nella distanza, un rullo com- cristone sudare nella sua mas- condotti. Allaga le ossa per tut- Poi le cose te la fanno pagare, parti dell’ambiente non hanno pressore di ferro. Di quelli a sa adidas per dare un senso to l’alfabeto, dà l’incrinatura. se le spii. Peggio se le capisci. più alcun conato che contribuisca mano, giganti, che solo una all’espressione “terra battu- Sotto gli strati delle cose, al gioco di tutto con tutto – anche mole smisurata – e quello ce ta”, in un momento costrui- la violenza voluta che le im- se i campi in inverno mancano di l’ha – può spostare. Fa due pas- sce un’immagine involonta- palca. L’autobus, passato il vero ghiaccio, pure fuori è fred- saggi per ogni banda trasver- ria di dolore inclusivo, tut- ponte, si infila in una di quel- do –, Emil si dimette dall’insi- sale, poi passa alla successiva. to chiaro. Da Anti-Lartigue. le tristezze coperte di guano stente bazzecola del compagno. RIVISTA EUROPEA REVUE EUROPÉENNE EUROPEAN REVIEW EUROPÄISCHE ZEITSCHRIFT REVISTA EUROPEA sud 25 VILLE LUMIÈRE Cesare Cuscianna

La luce bianca e potente delle pla- zi, sulle carcasse d’auto, sui pic- Mani armeggiano intorno alla foniere è destinata tutta a lui, ad coli traffici umani che ingombra- sua bocca, nella gola, qualcosa inchiodare gli occhi sotto la prote- no lo spiazzo di periferia sotto di scende giù per la trachea. Li la- zione delle palpebre. Fa caldo in lei. Sembra cercare qualcosa, o scia fare, lui non teme le tortu- quella stanza, l’arsura lo ha pro- piuttosto attende. Forse il corag- re, il do lore non lo sente. Arri- sciugato ren dendolo arido come gio di buttarsi. Suo padre invece va però un’onda di aria umida e una pietra, poche gocce d’urina beve pastis senz’ac qua, adesso, e tiepida, gonfia i pol moni co me filtrano dalle sue viscere. Prova picchia le mani una sull’altra in- da soli non sarebbero più stati in a muoversi ma qualcosa lo im- vece di picchiarlo come faceva grado di fare. È aria artificiale, pedisce, qualcosa di non loca liz- una volta. Lui, in verità, non lo pic- sa di gomma ma fa bene. Somi- zabile, diffuso piuttosto per il cor- chia più nessuno da un pezzo. glia ai punch di Marie che gli ap- po, ogni muscolo, persino il più L’anno scorso ha spaccato la pannavano il cervello e la rab bia. profondo e minuto, è privo della testa ad un gendarme, per scom- Somi glia al latte che la nonna facoltà di ubbidi re. Solo la mente messa, aveva giocato una botti- gli scaldava da piccolo. Se n’era può cercare una continuità con ciò glia coi balordi, vuoi vedere che scor dato. La nonna era ok, mica che era prima. lo faccio? Bam! Arraffa il chepì e come quella stronza della madre, «Catherine..?» avrebbe volu- poi giù di corsa, e chi lo piglia? la nonna sì che era ok. to essere una voce. Ma dalla sa- Neanche il vento. Da allora stanno Anche Catherine è ok. Dove go ma nuda, intubata, connessa a at tenti a pestargli i piedi, gli stron- sarà finita adesso Catherine? Gli fili colorati e condotti artifi ciali zi del quar tiere, l’hanno capita. piace tanto che scopare passa in non si leva un soffio, il battere Con Catherine è stato lo stes- se condo piano e la cosa più im- del monitor cardiaco non regi- so, appena sparsa la voce che era portante è stare sempre insieme, stra variazioni di sorta e nessuno, roba sua. Catherine studiava filo- come due della stessa banda. E in Rianima zio ne, raccoglie quel sofia all’Università ma da quan- lui è il capo. Sono andati ad abi- pensiero alla ricerca di una donna. do lo ha co no sciuto ha cambiato tare in un tugurio, i genitori di - Monsieur.... s’il vous plait... vita, non le basta più la vita di un Catherine hanno piantato grane a monsie... - non gli aveva fatto fini- tempo e neanche gli stronzetti in- non finire ma ha diciannove anni, re la paro la, impadronendosi del- tellettuali che frequentava. Anar- è maggiorenne. Più le dicono una lo spiraglio nella bocca vi aveva chica però c’è ri masta, dice che il cosa, più fa il contrario. in cu neato la canna della pistola. mondo così non va, pro prio non Quando sta con Catherine E l’aveva fissato di ritto negli oc- va e bisogna buttare tutto all’aria. però la rabbia gli cresce in cor- chi, giusto in tempo per vederli No, proprio non va, è vero, pensa po, qual cosa scoppia, qualco- liquefare dal ter rore, come se le Jean. Pensa a Pierre ed al suo gru- sa deve succedere. Anzi a stare foto di Fréderique Giacomazzi membrane trasparenti si fossero gno fracassato. insieme la rabbia di tutti e due dissolte. Giusto in tempo per sen- Si sono conosciuti da Marie, è cresciuta, questo mondo non tirlo impietrire, quasi che il gelo alla rivendita di vino, lei stava va, no, proprio non va, bisogna I (IL TEMPO, DOPO) di quella canna si fosse comuni- con un tipo della Sorbonne, chissà buttare tutto all’aria. Lo hanno Biagio Cepollaro cato attra verso il pala to al cervello che cercavano in quel posto due anche stampato nei manifestini ghiacciando ogni movi mento, an- fichetti come loro. Marie vende che prima o poi distribuiranno, * che quelli automatici del re spiro. il vino più annacquato di Francia devono allargare il gruppo. Per servirà a qualcuno tanto dispendio e allora se c’è del marcio dovevamo presto darci contegno Giusto in tempo. Perché un atti- così bi sogna sempre correggerlo il momento sono solo in due, bi- di parole? nella scienza marcio nella mora- ripeterci come mantra mo dopo il dito aveva vinto la re- con qualcosa, in compenso non sogna stare attenti, il mondo non farà luce dove prima era solo le all’incontrario si stenza elastica del grilletto e la- chiama mai gli sbirri, e gli sbirri va, no, e non ci si può fida re. buio? dove trovare il bene? È che sin di esser abbastanza forti sciato partire il colpo, la mano era non ficcano il naso in quel cesso In giro per le strade continua- a cosa altrimenti e perché tanto dall’inizio per non soccombere inondata del sangue e della saliva di bar. In quel cesso di quartiere. no a discu tere e lui si infervora, chiacchiericcio compimmo errore di dare e portare a casa parte del tassista e non c’era più nessu- In fin dei conti Marie è contenta tira calci ai bidoni, alle auto par- stampato o mandato peso e consistenza che sembrava giusta no da fissare. dei ragazzi, e gli fa credito, alme- cheggiate. Biso gna agire, se no in onda? al chiasso della mente e quella (a torto o a ragione) - Bastardo. Perché ci hai messo no sono francesi dice, ten gono lon- ci si rammollisce, non è mica volta di tutto il becchime tanto a capire?-. tani gli algerini, i tunisini, i ma- uno di quei castrati dell’Uni- niente: bisognerà non ambire che le cose sembrarono rispon- L’ha spinto di lato, sul sedi- rocchini, i curdi, i tur chi… i cine- versità. Ogni tanto tira fuori a tanto derci le affianco, e Catherine si sdraia si! Anche Marie dice sempre che la pistola, la punta alla notte, ai tanti: lo vedi da te come è af- ne ricavammo universale e dovremmo ricordarci ora die tro. Ride. Catherine ride sem- le cose non vanno più per il verso verso i palazzi del potere illu- follata presunzione e domani pre quando vede il sangue, figu ra- loro. Scuote il testone coi ca pelli minati, la punta sulle macchi- la mente fino a dire legge di chi più vecchio ci accolse rsi adesso che è impasticcata da tinti di rosso e dice che no, proprio ne che scivolano lungo i bou- e quanto in realtà vale appunto di natura e ci dette ascolto scoppiare. Lui no, lui non perde non vanno. Ma loro non lasciano levard di lusso e Catherine ride niente una fisica locale mentre noi già pensavamo mai la fred dezza, neanche se è avvici nare gli stranieri al bar. E se e fa bang, bang con la bocca. o forse è proprio questa la truffa: ed era ancora angoscia di essere strumenti troppo cotto. Perché è duro. Vent’anni di la notte ne incontrano uno per stra- Sembra tutto un gioco. Poi però valutare... valutare ancora cosa di morire o di sentirsi docili acciaio. da lo lasciano steso. i flic li nota no. c’è astronauta a cui si stacca Catherine ride tanto che si mette È una brava donna Marie, la ve- Se la danno a gambe, cercano nella mente: ancora distrazione il filo e per troppo tempo dialogammo ad urlare: - Stronza puttana smet- dova di un le gio nario. Meglio di rifugio nel buio. Avrebbe po tu to che lo tiene solo con noi stessi credendo tila hai capito smettila hai capito sua madre. Con lei ci parla. In- fermarsi, consegnare la pistola, e allora alla nave ragioni stronza -. vece quando abitava dai suoi non è pulita la pistola. Si sa reb be cosa potremmo dire alla fine né sopra due o tre ossessioni Allunga una mano e l’afferra, la parlava con nessu no, solo con fatto solo qualche giorno di ga- diremmo sbagliando né sotto tira davanti, con l’altra guida quel- Pierre. E si menavano. Era il fra- lera per porto d’armi abu sivo. che si perse molto tempo né davanti né dietro (quelli che per strada la pippa di Peugeot. La scaraventa tello minore ma non accettava im- Invece si volta, verso le sa- solo freddo parlano da soli sul grugno del tassista, non è più posizioni, un piccolo duro Pierre, gome nere che non mollano, non dovremmo dire nulla: ma e aria per protesi e auricolari neanche un grugno quello del tas- gli so mi gliava. Mica come quel anzi s’affrettano, calcano fu- detto fanno ad alta voce sista, è solo una poz zanghera di fallito del padre, mica come quel- riosi i cubi di porfido. Si vol- riconquistare silenzio che manca ciò che comunque faremmo sangue incastrata tra il sedile e la la do mestica piagnucolosa della ta e spara. E quelli per un at- come se appunto non avessimo per impulso della mente) portiera. Cat herine la pianta di ri- madre. Pierre. timo si fermano, forse qualcu- detto nulla diremo: ringraziamo ancora dere, finalmente ha paura. Dopo che è morto è andato via no cade. Adesso bisogna solo o non fossimo stati noi per come è andata - Via, via, facciamo un giro, ti di casa e li ha di menticati, come fuggire, non si può tornare in- a dire per i nostri morti mente satura ed esplosiva porto gratis -. non fossero mai esi stiti. Come se dietro, non ci si può neanche ma un si dice che era che furono troppo stanza che scoppia Catherine gli piaceva ed è sta- davvero fos se stato figlio di Marie voltare. Allora ci vuole un’au- nelle cose (come secolo solleciti e che nessun trasloco ta subito sua. Ha il volto pallido e del legionario morto. Quello sì to, allora Jean vede il taxi... di storiche utopie che possono e per i vivi che non sappiamo potrà prosciugare e snello come quello di un ragaz- un padre con le palle. Si è infila- Così è. Ti svegli la mattina fallire ancora salvare che resta palude e pantano zo, i capelli corti e biondi e gli oc- to nel giubbotto di pelle nera, ha e sei vivo, non ti svegli e sei nel sangue o in ore dalla distrazione che resta fetida chi celesti. So miglia a suo fratello sbattuto la porta, ha pestato forte morto. Vale per te, vale per gli di televisione o semplicemente nella mente Pierre, quand’è morto aveva sedici gli scarponi sui gradini. Addio. altri. Chi se ne frega. Lui è un perché ** l’aria anni ed i capelli e gli occhi proprio - È andato? - al di là delle pal- du ro, e non gli frega niente di il bene viene prima uguali. Anche il naso, se ci pensa. pebre paralizzate una voce inter- niente. Non sente il dolo re e di ogni sua materiale e dovremmo noi ricordarci ora diremo. A noi ci parve Suo fratello è morto in una corsa roga l’in fermiera. non ha paura di morire. Anche condizione: e noi non fummo e domani di scegliere e decidere di motociclette truccate, se le gio- - No. Che faccio, attacco il re- quando i rumeni lo piantarono pronti che non fummo magnanimi ma fu lo stato cavano sul rettilineo dietro la vec- spiratore? - in terra con tre coltel late non come specie col tempo della nostra mente chia fabbrica. Chi perde perde la - Tanto è spacciato. Si sbrigasse sentì niente. Solo un po’ di ca- e se terra che non solo perdemmo e le sue macchie moto, non ti fermi neanche se tua almeno, il letto ci serve - i passi si lore che colava. Basta tenere la nacque da stella nostra bellezza – non pensandoci – le albe a vedere o a non vedere madre attra versa la strada. allontanano. mente da un’altra parte e non non fu pari alla ferocia: la scimmia viste dall’aereo Pierre è scivolato su una mac- «Ehi, ehi, con chi ce l’hai, io senti, neanche quando il medi- che ci turba non c’incalza sul pacifico (e lo notava noi dicemmo esiste solo purezza chia d’olio, ha dato di brutto col ti trovo, appena mi la scia no an- co ti ricuce. ci precede) contrito via e-mail Taro Okamoto della mente cranio nel muro di mattoni ros- dare, ti ritrovo e ti faccio fare Ma Catherine? dove diavo- tornando a casa) che ancora così chiamiamo mistero si, c’ha lasciato il segno. Un’im- la fine del tassista. Ti sparo in lo è finita Catherine? adesso così puoi vedere la vittoria ma anche perdemmo – indurendo di queste galassie che procedono pronta scheggiata. Quand’è morto bocca, stronzo. Mi avete legato comin cia ad avere freddo e Ca- del capitale su scala globale come troppo lente non somigliava nem meno un po’ come un pacco. Lo so, mi avete therine lo teneva caldo quando scacco spesso la faccia – a fare spazio al Pierre di prima, e nemmeno a infi lato in uno di quei sacchi con si stringe vano nudi. Non sente dell’intera specie come difetto l’occasione per sentirci agli altri inventando cosa Catherine. Somi gliava piuttosto al le cinte e le fibbie, un arne se di neanche la sua vo ce. Anzi ades- greve dell’evoluzione: uguali nel niente grugno sanguinolento del tassista. contenzione, come con Arthur, so non sente più nessuna voce, forse per questo inventando insieme cosa e niente Da allora sua madre è diventa- al manicomio. Ma io me ne sto e non sente le mani che lo sol- sempre più si biologizza il male è vero ci premeva ansia ta più piccola delle sigarette che buono così vi frego tutti e quan- levano e lo portano via. Solo il e nasce di non farcela ogni mattina fuma. Se ne sta affacciata tutto il do mi sciogliete e mi levate il gelo. E un buio così fitto. imbarazzo nuovo nell’apparente allo specchio giorno alla finestra della cucina, il cappuccio... Mi manca an che il Freddo e buio... e non c’è nessu- neutro di scienza a fronte di incerta aggiustandoci i capelli ancora suo sguardo vaga sui detriti edili- re spiro, bastardi. Mi soffocate». no. No, così non va, proprio non va... morale arruffati dal sonno (da Versi Nuovi, Oedipus ed., 2004) 26 sud 4/5. LE METAMORFOSI DI KAFKA (TERZA PARTE) Stanko Cerovic traduzione di Alessandra Rivazio

C’è un’eccezione in questo com- già con la testa nel salotto. Non viveva; la sua figura orribile gli come introduzione, la mano sul sbarrata la strada d’entrata, muo- fatto che, all’arrivo, la figlia si portamento di tutta la società. si meravigliò neppure della sua sarebbe, per la prima volta, tor- tavolo, “così non si può andare re sull’uscio, affamato, pensando alzasse per prima e stendesse il Viene dalla sorella di Gregor e si nuova mancanza di riguardo nei nata utile; si sarebbe messo con- avanti. Se voi non ve ne rende- ancora una volta agli uomini con giovane corpo». Qui, con le con- manifesta così: «All’altra porta confronti degli altri; in passato temporaneamente a tutte le porte te conto, me ne rendo conto io. una tenerezza commossa. ferme dei nuovi sogni, termina il laterale, però, si lamentava piano quei riguardi erano stati il suo della sua stanza e avrebbe soffia- Davanti a questo mostro non vo- L’indomani la serva troverà il libro di Kafka. la sorella. “Gregor? Non ti sen- orgoglio. Eppure adesso avreb- to feroce contro gli aggressori; glio pronunciare il nome di mio cadavere. «Venite un po’ qua a I commessi viaggiatori guar- ti bene? Hai bisogno di qualco- be avuto più seri motivi per na- ma la sorella doveva rimanergli fratello e quindi mi limito a dire: vedere, che è crepato; eccolo lì, dano verso il futuro. Interroga- sa?”». Dopo un po’ sussurra an- scondersi, perché, a causa della accanto volontariamente, non per dobbiamo cercare di liberarce- è proprio crepato!». «“Morto?” no l’oracolo. La Pizia dice: «Il cora: «Gregor, ti supplico, apri». polvere che invadeva tutta la sua costrizione; doveva sederglisi ac- ne”». disse la signora Samsa. […] futuro ride». In quel momento la sorella non stanza e che volava intorno al mi- canto sul canapè, chinare l’orec- «“Ha mille volte ragione”, dis- “Direi!” disse la serva, e per I visitatori decidono di capire: sa cosa gli è successo. Ma ha nimo movimento, anche lui era chio verso di lui e lui le avrebbe se il padre fra sé». La madre «co- tutta dimostrazione, con la sco- «Il futuro ci sorride». come un presentimento. Piange, carico di polvere; sulla schiena e confidato allora che aveva avuto minciò a tossire cupamente con pa spinse il cadavere di Gregor Che cosa accadrà loro? Kafka ora. È un essere sensibile. Ama ai fianchi si trascinava dietro fili, il fermo proposito di mandarla al la mano davanti alla bocca». per un bel pezzo di lato. […] conosce i labirinti. Il suo libro suonare il violino. Ha diciassette capelli, avanzi di cibo». conservatorio e che, se non fos- «“Dobbiamo cercare di libe- “Bene”, disse il signor Samsa, non ha fine. Lo si può leggere ci- anni. All’epoca di Kafka – in se- Non è forse questa la descrizio- se capitata la disgrazia, l’avrebbe rarcene”, disse ora la sorella. “ora possiamo ringraziare Dio” clicamente. Cambiando il nome guito l’età si abbasserà – era l’età ne del profeta biblico? annunciato a tutti, senza ascoltare “Deve sparire, […] è il solo ri- […] Grete (la sorella) disse: del protagonista, il nuovo-vec- in cui si mandavano le fanciulle Gregor ha dimenticato la sua obiezioni, lo scorso Natale – ma medio, papà”». “Guardate com’era magro. Ma chio sogno continua: «Il signor al mercato per ottenerne il massi- condizione d’insetto. Ha dimen- Natale era già passato? –. Dopo Faticosamente, Gregor ritorna era tanto tempo che non man- Samsa (o la signora Grete) si sve- mo prezzo. Ma lei non era anco- ticato il suo mondo e le sue leggi, quella spiegazione la sorella sa- nella sua stanza. giava più. Il cibo usciva com’era gliò una mattina da sogni inquie- ra stata esposta, era ancora domi- ha dimenticato il suo lavoro e i rebbe scoppiata in un pianto di «L’ultimo sguardo di Gregor entrato”. La serva gettò il cada- ti [e] si trovò trasformato nel suo nata dalle emozioni. D’altronde, suoi contratti. È la conseguenza commozione, e Gregor si sarebbe sfiorò la madre, che s’era ad- vere nell’immondizia». letto in un immenso insetto». Di Gregor ha per la sorella un sogno del digiuno del cuore. Il miraco- sollevato fino alla sua spalla e le dormentata. Non appena egli fu La famiglia decide di consa- nuovo il commesso viaggiatore rivoluzionario. Vorrebbe pagar- lo della metamorfosi si compie avrebbe baciato il collo, che ella dentro la sua stanza, la porta fu crare questa giornata al riposo sarà in ritardo al lavoro, sarà pre- le l’iscrizione al Conservatorio! in piena luce nel salotto dove una portava ora, da quando andava in chiusa in gran fretta, sprangata e di fare una passeggiata. Come so dal panico, il direttore si ar- Contro ogni logica della socie- ragazza, forse per l’ultima volta negozio, libero, senza nastro né e sbarrata […] Era stata la so- sempre dopo un incubo, la vita rabbierà, egli perderà la capaci- tà, della famiglia e della sua vita. nella sua vita, perché ha già fatto colletto». rella ad affrettarsi in quel modo sembrava bella. Ma non si può tà di parlare, mangerà cibi putre- Nutre da tempo questo sogno e il suo ingresso nel mondo, suona Così l’insetto avanza verso la […] e ai genitori gridò un ‘final- non avere l’impressione che qui fatti, sarà rifiutato dalla famiglia, raccoglierà tutte le sue forze per il violino. Mentre l’insetto ormai morte spinto dal progetto fanta- mente!’ mentre girava la chiave inizi l’illusione, che il reale è sprofonderà nella solitudine, ini- annunciare la sua decisione a Na- morente avanza, un vero mostro, stico di salvare la giovane ragaz- nella serratura». Il miracolo non morto insieme all’insetto. zierà il digiuno del corpo e del tale, e si preparerà ad affrontare qualcosa che ha dell’inaudito, za che, ora, va in negozio col col- esiste più. La metamorfosi re- «La vettura nella quale sede- cuore, vedrà il collo e lo sguardo la costernazione della società. qualcosa che sfida le leggi della lo nudo, spinto dal desiderio di sta nell’ambito dell’impossibi- vano soli era tutta attraversata della giovane ragazza che suona Solo lei oserà portargli del cibo, società e della vita, sta per nasce- chinare sufficientemente la testa le, del sovrannaturale. Il mostro dai raggi caldi del sole. Como- il violino, sentirà il desiderio in- solo lei mostrerà curiosità per il re: l’Uomo, in tutta la sua maestà, verso il suolo per cogliere la tri- dell’Uomo che aveva fatto irru- damente appoggiati alla spallie- contenibile di salvarla dalla gola suo stato, forse anche compas- l’essere che si oblia nella genero- stezza del suo sguardo, di arram- zione nel salotto è respinto sen- ra, discussero le prospettive per del Minotauro, e vedrà l’ombra sione… Ma non durerà a lungo. sità assoluta, che è spinto verso picarsi su di lei e di baciarla sul za possibilità d’appello. l’avvenire […] perché i tre ri- gigantesca dell’Uomo sovrasta- Presto ne avrà abbastanza. Inizia l’altro dall’amore assoluto. Qui è collo. Si è mai visto un essere più La morte dell’insetto è degna spettivi impieghi […] erano ol- re la società, e saprà all’ultimo a lavorare, si occupa della fami- la sfida alla natura: o lui, il nuovo nobile? di quella di Socrate: «“E ora?” si tremodo favorevoli e soprattutto minuto quel che la vita avrebbe glia, si prepara ad affrontare la insetto, o il mondo del commer- A questo punto gli inquilini lo chiese Gregor e si guardò intorno promettevano bene per il futu- dovuto essere. E creperà come un vita, questo essere inutile – come cio! Ma non possono coesistere. vedono. nel buio […] Alla famiglia il suo ro. […] Mentre chiacchieravano topo, e quelli che restano saran- essere sicuri che sia suo fratello? E tutto ciò, questa miracolosa «Il padre corse da loro e con le pensiero tornò con commozione così, il signore e la signora Sam- no sollevati, e crederanno che il – le pesa, e lo lascia cadere… metamorfosi, a causa della tri- braccia spalancate cercò di spin- e amore. La sua opinione sul fat- sa, guardando la figlia che s’ani- futuro sorride a loro, e un matti- Non c’è metamorfosi. C’è un stezza nello sguardo della ragazza gerli nella loro stanza e contem- to di dover sparire era, se possi- mava sempre più, notarono qua- no, svegliandosi da sogni agitati, problema di bilancio familia- e del modo in cui inclina il collo! poraneamente di sottrarre loro bile, ancor più risoluta di quella si contemporaneamente che, no- il Sig. o la Sig.ra si sveglieran- re dovuto all’indisposizione del Perché quando una ragazza suo- con il suo corpo la vista di Gre- della sorella […] Poi, senza che nostante il tormento che le ave- no trasformati nel loro letto in un membro maschile, il più adatto al na il violino, il suo collo è, per gor». egli lo volesse, la testa gli cadde va sbiancato le guance, ella era immenso insetto… lavoro per età e forza. così dire, molto vulnerabile. Non «La delusione per il fallimento del tutto e dalle narici gli uscì de- fiorita negli ultimi tempi fino E così, fino al giorno in cui la Impercettibilmente, emerge c’è nulla di sessuale: l’insetto sta del suo piano, ma forse anche la bole l’ultimo respiro». a farsi una belle ragazza rigo- Pizia dirà loro: «Poveri insetti, nell’insetto una sensibilità che morendo e la ragazza è sua sorel- debolezza causata dal lungo di- È possibile che La Metamorfosi gliosa. […] intendendosi quasi non è a voi che il futuro sorri- Gregor, da uomo, non aveva. la. Poi, quando la ragazza suo- giuno, rendevano impossibile [a sia l’ultima grande tragedia del- inconsciamente con lo sguardo, de, siete voi che lo fate ridere. L’uomo voleva vivere a qualsia- na il violino, segue la partitura Gregor] di muoversi». l’uomo, almeno nella civiltà del essi pensarono che era tempo di Spiate la metamorfosi in questa si prezzo, lavorare giorno e notte come ipnotizzata, perde coscien- La sorella prese allora la si- commercio. L’ultima, perché qui cercare per lei un marito a posto. storia e non lasciatevela sfug- in qualsiasi condizione, non co- za di sé e il suo sguardo si apre, tuazione in mano: «“Cari geni- la tragedia si svolge sulla soglia E fu loro quasi una conferma dei gire, altrimenti il vostro futu- nosceva il mondo al di fuori di la maschera cade e si può vedere tori”, disse la sorella, battendo, della società, all’uomo è stata nuovi sogni e dei buoni intenti il ro finirà col morire dal ridere». calcoli e contratti. L’insetto non molto lontano in quello sguardo. può neanche più mangiare se non L’insetto vede la profondità dello sente una specie di calore emo- sguardo e la tristezza nella pro- zionale. Qualcosa che lo ferisce. fondità. Quel collo vulnerabile e Nulla di eccezionale, è quasi in- quello sguardo triste, soprattutto spiegabile, nulla a che vedere quando non hanno nulla di ses- con la sua condizione d’insetto. suale, possono far vacillare le più Ma alla vita manca una dimen- grandi costruzioni e provocare le sione, è diventata grigia e triste. più incredibili metamorfosi. Non vuole vivere a quel prezzo. Gli inquilini si annoiano. Fu- Rifiuta di mangiare, vuole digiu- mano e parlano in un angolo del- nare fino alla morte. La meta- la stanza. I genitori hanno paura morfosi, il miracolo, l’inconcepi- di infastidirli. bile si prepara. In questa scena, ogni parola È il digiuno del cuore. Come evoca una metamorfosi mitica: quello dei profeti. È sempre più l’uomo nasce e muore allo stesso CRITI K debole, ogni movimento gli cau- istante e, nei due ruoli, raggiunge sa un forte dolore, ma non è mai il sublime. Se si cerca veramente tentato di abbandonare il suo l’istante in cui si compie la me- foto di Philippe Schlienger sciopero della fame. È un corag- tamorfosi, penso che sia quando gio sordo, il coraggio dei fana- l’insetto spinge la testa verso il tici, degli esaltati di Dio. Senza suolo per cogliere lo sguardo del- il loro teatro per una società mi- la ragazza. È a questo punto che gliore. L’insetto non ha rivendi- si apre il suolo sotto la nostra co- cazioni. Non accetta più la vita a scienza. queste condizioni. È tutto. Questa tristezza fino alla morte, «Eppure la sorella suonava accompagnata da uno sciopero così bene. Teneva il viso pie- della fame fino alla morte, prepa- gato di lato, lo sguardo segui- ra il terreno per la metamorfosi: va attento e triste i righi. Gregor quella vera, questa volta. strisciò ancora un poco in avan- In famiglia sono arrivati tre ti e tenne il capo rasente il suo- inquilini. Una sera i genitori di- lo per poter forse incontrare il menticano di chiudere la porta suo sguardo. Era un animale, se della stanza di Gregor perché in la musica lo commuoveva tan- ogni modo lui non si fa più vede- to? Gli parve che gli si mostras- re, aspetta la morte su un divano. se ora la via verso il desiderato Gli inquilini si annoiano nel salo- e sconosciuto nutrimento. Era ri- ne. La sorella suona il violino in soluto a spingersi fino alla sorel- un’altra stanza. Gli inquilini di- la, a tirarla per la gonna e farle cono che potrebbe essere interes- così intendere di andare col vio- sante invitare la piccola. La fami- lino in camera sua, perché nessu- glia è onorata. La ragazza inizia a no apprezzava qui la sua musica suonare per loro. come lui l’avrebbe apprezzata. «Gregor, attirato dal suono, si Non voleva più lasciarla uscire era spinto un poco avanti ed era dalla sua stanza, almeno finché RIVISTA EUROPEA REVUE EUROPÉENNE EUROPEAN REVIEW EUROPÄISCHE ZEITSCHRIFT REVISTA EUROPEA sud 27

IL BABBO MŒBIUS Andrea Inglese

Sorprendo Babbo Natale che sta riormente, finché anche i piedi il colore è falso ed è una menzo- infilandosi in una buca. Molto spariscono nel buio, senza un ru- gna, ma a me mi piacciono questi goffamente stende le braccia nel more. Ma tocca a me nasconder- capelli, eppure so per certo che foro nero, piega il capo verso il mi, adesso. Mettermi al riparo. io non amo che la verità. Dunque basso, fa leva con i piedi per terra, Mi piego in avanti e allungo le non so come metterla, c’è da dire le gambe ben allargate. Come fac- braccia nella buca, cercando di ta- in tutto questo che fa un caldo cio ad essere sicuro che sia Bab- starne le pareti interne. Sento una boia. Orsini guarda intensamen- bo Natale? Probabilmente da un voce dietro di me. te la giovane donna, si parlano dettaglio dell’abbigliamento: la «Babbo Natale vuole una mano?» abbracciandosi, si sbaciucchia- forma dell’asola o la laccatura del La risposta mi sale alle labbra no, hanno degli screzi, la giova- bottone. spontaneamente, e con cattiveria: ne donna si allontana con passo «Babbo vuole una mano?» gli «Ti ho chiesto pane?» vivace. Orsini resta impalato con dico caloroso. Il sopraggiunto non demorde. una bottiglietta vuota. I cantanti «Ti ho chiesto pane?» risponde Anzi ribatte petulante: «Non è un si succedono sul palco. cattivo. camino quello. È una buca per ter- Tengo stretto lo zainetto perché «Non è un camino quello. È una ra. Ed emana cattivo odore». pavento che Orsini possa sottrar- buca per terra. Ed emana cattivo odo- A questo punto mi rendo conto mi acqua, l’intelligente Orsini re». Tutto quello che dico è vero. di tutto. Stiamo vivendo un even- che mi guarda in cagnesco e fa «Credi che sia rimbambito? Lo to ciclico, a nastro di mœbius, o la posta alla mia acqua che vuo- vedo bene che non è un camino. qualcosa di simile. Come in un in- le lui. Mi voglio nascondere». cantesimo a scopo aggressivo. Se foto di Philippe Schlienger «Come fai a berne così tanta?», «Babbo Natale aspetta, forse nessuno rompe questa catena, mi- mi urla. posso aiutarti». Mi avvicino a lui, gliaia di milioni di persone ripas- il momento, né io sono la perso- SETE non risere parentes eccetera ec- «Ho la carenza del iodio», gli con un largo sorriso. seranno di qui, presso questa buca, na adatta». Accidenti, questa frase (RACCONTO ISTANTANEO cetera. Quando per la prima vol- rispondo. «E come di grazia? Anche tu mi diranno le medesime stesse paro- non avrei dovuto dirla. Mi riavvi- ta Orsini mi chiede da bere, io «Vaffanculo», dice. sembri male in arnese». le, compiranno i medesimi stessi cina all’episodio precedente. Ma il IN ONORE DELL’INIZIATIVA lo guardo dritto negli occhi e gli «Questo non è un argomento «Se passasse qualcuno da que- gesti, come le aragoste in fondo al mio interlocutore s’incaponisce. STORICA DEL CONCERTO dico che ho una grande stima di serio». ste parti, avrebbe l’impressione mare o le formiche nei formicai, Alza la voce, ha le mani che DI LIVE 8) lui, però l’acqua basta a stento per «Taci, Pioppino». Quando gli che tu stia vomitando. Tira alme- che da secoli fanno le stesse me- gli tremano: «Non hai il diritto di Giorgio Mascitelli me, certo, sicuramente, nel corso amici si inquietano con me, mi no su la testa... ». Mi fermo a po- desime cose. Ma noi non siamo trattarmi così». della giornata, indotto dalla pie- chiamano come l’omonima ma- chi metri da lui. aragoste, noi non siamo formiche. Così va bene, ma non voglio Le donne che camminano coi ca- tà, farò un’eccezione e gli darò schera del folclore bergamasco «Non cercare di salvare la mia La Banda del Capitello Corinzio correre rischi. Devo impedirgli di pelli colorati di giallo ho scoperto una sorsata, però secondo me è per via del gozzo. pelle. Salva piuttosto la tua. Ora Nero non può ridurci così, come parlarmi dei bambini. Mantenia- che molti sono falsi. Quando Or- sciocco che si giochi subito que- Poi, sospirando, Orsini pren- che la Banda del Capitello Corin- insetti, come crostacei. Devo rea- molo in questo stato d’animo. sini sente questa mia osservazio- sta sua unica risorsa. Allora qual- de mano al portafoglio e si offre zio Nero ha preso il potere, tutti gire ora, improvvisare, uscire dai «Sei un cretino, e basta. La cosa ne, che di solito non le esprimo ad cuno gli dà da bere e, dopo che di comprarmi l’acqua a qualsia- sono spacciati». ranghi, sorprendere il loro pro- migliore è che volti i tacchi e te ne alta voce mantenendole nel riser- ha bevuto, a Orsini gli si scioglie si prezzo. E io trasecolo e mi of- «Tu hai dato credito a quelle gramma di caricamento! torni da dove sei venuto. Io sono bo della mia coscienza, mi guar- la lingua e mi dice che avrei fatto fendo a mia volta perché Orsini voci?» «Credi che sia rimbambito? Lo stanco. Ho già salvato l’umanità e da con occhi strabuzzati e sbotta: un’enormità per di più proprio in è un amico, il più intelligente dei «Non sono voci, sono parole vedo bene che non è un camino. per stasera mi sembra di aver fatto «Quanto sei scemo». Ora io am- occasione di questo concerto per miei amici, forse il più ricco di scolpite nei cervelli. Anche nel Mi voglio nascondere». abbastanza». metto di avere certi problemi as- l’Africa in una giornata storica iodio, e se avessi dell’acqua in mio, qui dentro». Si tira un pu- È tutto quello che sono riuscito «Tu mi hai esasperato. Smettila!» sai per i quali che la carenza di per l’impegno contro la povertà più, gliela cederei gratuitamente gno sull’osso occipitale. Nessun a dire. Sono immensamente deluso Tutto procede per il meglio. iodio mi ha causato e non alludo in cui bisogna aiutare gli altri e e con la massima sollecitudine. suono cavo. C’è materia nel suo di me stesso. Mi credevo una per- Nessuna ripetizione, nessuna eco solo al gozzo, ma venire a Roma intanto io non aiuto nemmeno un Per consolarlo gli offro una siga- cranio. sona di carattere, capace di affron- o richiamo obliquo. Solo che que- a luglio al Circo Massimo per un mio amico, cioè lui, lo stesso Or- retta, ma Orsini non fuma. «Sei un tipo impressionabile, mi tare le difficoltà della vita. Mi sono sto ragazzo se l’è presa davve- concerto che dura tutto il giorno sini. Secondo me gli aiuti devono «Sto morendo di sete». Così verrebbe da dire... » illuso. Un mero castello di carte. ro. Dev’essere un tipo insicuro. senz’acqua come ha fatto Orsini venire da sé stessi e al massimo grida ed è una grande cazzata «E cos’altro? Vai avanti?» Mi merito una fine di crostaceo. Mi guarda con odio. E soprattut- che è intelligente, voglio vedere se ti vengono da qualcun altro, perché per morire di sete ci vuole «Quella buca non salverebbe un «Babbo Natale aspetta, forse to non si toglie di mezzo. Non mi se stasera starà meglio l’intelli- deve essere chiaro perché serve a ben altro. Lui sta semplicemente cammello attraverso una cruna di posso aiutarti». Viene verso di me, va di attirare l’attenzione. Ora lo gente assetato o il cretinogozzuto quello che ti aiuta aiutarti, se no, soffrendo un certo grado di arsu- spago». con un largo sorriso. È giovane, ha devo spaventare. dissetato. Tra l’altro è un concer- c’è sotto qualcosa di equivoco e ra. Fa due passi nelle mia dire- «Stai citando a memoria, e male, buone intenzioni. Ma è già spac- «Non ho nessuna intenzione di to contro la fame nell’Africa ed malsano. Ora a me non è affatto zione e temo che adesso ci sia- mio caro...» ciato. Lui dopo di me. Ma ecco! continuare questa insulsa conver- essi soffrono anche la sete, si sa, chiaro in che cosa mi convenga no delle possibilità più elevate di «Ago, ago! Non spago... può Riesco ad alzare un braccio in aria. sazione. Tu non conti nulla, sei e quindi per associazione di idee soccorrere Orsini che mi ha ap- una colluttazione tra di noi, che succedere a tutti. È perché ho par- E poi la mano in cima al braccio un insulso. Non ti vedo neanche. Orsini, l’intelligente Orsini gli pena gravemente insultato, ricor- andrebbe a sporcare il clima se- lato in fretta, e il gelo lega le ma- si agita convulsa. Adesso stendo il Sparisci blatta!» poteva venire in mente che po- dandomi che sono un cretinogoz- reno e il tono pacifico della gior- scelle». dito indice, lo punto verso di lui. Ha cavato da sotto la giacca trebbe soffrire anche lui di sete. zuto perché il iodio non scorre a nata. Sempre nuovi artisti si suc- «Senti... sei un giovane carino. Riesco a dire queste parole: un’arma da fuoco. «E poi te ne vieni fuori con que- sufficienza nelle mie vene o dove cedono sul palco. Forse cerchi una figura paterna. «Parababieo!» «Io ti ammazzo. Come ti per- ste tue scoperte dell’acqua calda, deve scorrere. Fortunatamente Orsini non si muove più verso Forse vuoi prendere solo un sac- «Cosa?» Si è un poco spaventa- metti di trattarmi così?» quando siamo qui con la possi- esistono felici persone, che aiu- di me. C’è un ragazzo che va in co di botte. Non sono la persona to, fa un passo indietro. Urrà! Ma cosa sta succedendo? Non è bilità di fare la storia, come ha tano soltanto per aiutare, ma tra giro con un secchiello e distri- adatta né per l’una né per l’altra «Urrà!» grido. «Ce l’abbiamo possibile. Devo mantenere il con- detto la pubblicità progresso in queste poche non ci stiamo né io buisce gratis le bottiglie d’acqua. cosa. Allontanati, che stiamo atti- fatta!» trollo. televisione», prosegue Orsini. E né Orsini né Tony Blair (l’orga- Orsini ne prende due o tre e si rando l’attenzione». «Babbo Natale che ti succede...» «Ascolta... non te la prendere ancora: «L’abolizione del debito nizzatore del concerto). Numero- disseta. «Molti bambini hanno bisogno «Ma non capisci?» a quel modo. Ho parlato così per dei paesi dell’Africa è un obietti- si artisti si succedono sul palco. Nonostante si sia dissetato, di te, e lo sai». Questo affondo «Che è successo?» sventare un terribile piano escogi- vo importantissimo e tu te ne stai Orsini si è incacchiato con me Orsini è accigliato e si lamenta non può lasciarlo del tutto indiffe- «Abbiamo rotto l’incantesimo! tato contro l’umanità intera. Varrà a guardare le bionde» e poi «nel e mormora spesso «secondo me di me affermando che in fondo rente. Difatti si blocca, come col- Anzi, tu a dire il vero non hai fatto bene una piccola offesa a un pas- corso della giornata decine di ar- tu non sai nemmeno perché sia- è solo colpa sua, di lui, di aver pito da una freccia avvelenata. E nulla. Io ho rotto il ciclo incatenan- sante l’incolumità della specie, tisti si alterneranno sul palco». Io mo qua». La seconda volta che voluto portare un cretinogozzu- tace. Devo approfittare di questo te, a nastro di mœbius, nel quale no?!» però non ci vedo nulla di male ad me la chiede, apro i rubinetti del- to come me, cioè io, a un even- cedimento, è il mio varco. Conti- l’umanità intera sarebbe rimasta a «Non credo alle tue giustifica- osservare un poco le donne che la mia pietà (e della mia acqua) to come questo, il più importan- nuo a parlare, guardandolo bene poco a poco impigliata, riducendo- zioni puerili. E la tua offesa non per via del gran caldo si denuda- perché non vorrei avere collutta- te della storia del mondo o del negli occhi. si come le aragoste o le formiche, è per niente piccola. Devi pagar- no e mostrano di sé con generosi- zioni con lui che si agita crescen- rock, che in fondo largamente «Ti aspettano in tanti. Tanti pic- uniformi e noiose, nei secoli dei la cara». tà infrequente in altri periodi e in temente urlando a squarciagola coincidono, con le possibilità di coli esserini, con i loro piccoli so- secoli...» A questo punto ho sentito una altre circostanze e a trarne le mie «i grandi del mondo ci devono cambiare il mondo o il rock, di gni, le loro piccole manine, i loro «Non ti capisco. Spiegami tutto fitta e ho perso l’equilibrio. È pro- piccole osservazioni di fisiologia ascoltare». Ciò, però, mi causa aver voluto partecipare insieme piccoli abnormi desideri acquisi- dall’inizio». babile che sia finito nella buca, sperimentale. L’occhio è attira- gran pena perché avevo centelli- ad uno, cioè io, che starebbe me- tivi, la loro piccola avidità. Tutti. «Non ho tempo di dedicarmi a te. ma non so più con certezza se per to e il cervello lavora. E tra l’al- nato la mia acqua con un saga- glio in un istituto per deficienti Alle finestre, dopo aver dissemina- Mi spiace. Tu non ti rendi neppure colpa di un colpo di pistola o di tro il primo sospetto della natura ce calcolo di una sorsata ogni tre, (ma in realtà io sono un cretino- to il davanzale di paglia, per le tue conto. Io sono una persona impor- una freccia avvelenata. In que- artificiale del capello giallo mi è dopo il tramonto ogni quattro, ar- gozzuto), poi mi chiede stizzoso renne. Babbo Natale... » tante. Io che credevo di non ave- sta fase confusa, d’interregno tra venuto proprio vedendo per stra- tisti che si alternano sul parco. E se so almeno a cosa serve aboli- Ma Babbo Natale cade riverso re abbastanza carattere. Tu hai di qualcosa di vivo e qualcosa di da una negra con i detti capelli. O così non avrò più acqua durante le re il debito dei paesi dell’Africa. a terra. Effettivamente ha infilzata fronte a te una persona che, da sola, completamente morto, non vedo forse era una cinese. Spero solo ultime otto esibizioni. Inoltre un E io devo ammettere che non lo nella schiena una freccia. E sospet- senza preavviso, o segni premoni- né tunnel né oasi di luce. Ho solo che Orsini non si aspetti che gli dettaglio che mi preoccupa e che so, ma se mi sforzo un attimo, la to pure che sia avvelenata. Faccio tori particolarmente favorevoli, ha questo dubbio che permane. E un ceda la mia acqua nel corso della io bevo per ovvi motivi un’acqua risposta la trovo. Le rughe sulla un balzo all’indietro e mi piego salvato l’umanità intera. Pratica- pensiero che lo segue. Tenterò di giornata, giacché gli artisti che si ricca di iodio e non vorrei mai fronte nel segno dello sforzo per tutto su me stesso. Intanto, il busto mente, è questo che è appena suc- formularlo nel modo più chia- devono succedere sul palco sono che a lui, che non gli manca il la riflessione. Poi dico a Orsini: di Babbo Natale scivola nella buca cesso! Io ho salvato l’umanità dal ro possibile. «Preferirei, a questo moltissimi e perciò questa basta a iodio, gli facesse male, diventas- «Ecco perché». Se i paesi africa- e scompare. Rimangono in vista piano mefistofelico delle Banda punto, che fosse la Banda del Ca- stento solo per me. se troppo intelligente. Adesso mi ni sono pieni di debiti, ma sono solo le gambe. del Capitello Corinzio Nero.” pitello Corinzio Nero ad avermi La carenza di iodio non è un guarda con occhi rasserenati e mi poveri, per pagarli spenderebbe- «Avevi ragione, mio povero vec- «Ma Babbo Natale, come puoi eliminato con la freccia avvele- problema derivato dal bere un’ac- dice che in fondo sono un bravo ro tutti i soldi e allora non avreb- chio! La Banda del Capitello Co- tu...” nata, piuttosto che uno psicolabi- qua povera di sali minerali o dal- ragazzo. Lo vedremo tra mezzo- bero più i soldi per pagare i debiti rinzio Nero ha preso il sopravvento «Innanzitutto falla finita con le qualsiasi, che gira armato di pi- la scarsità di altra risorsa natura- ra se lo sarò ancora. Ma tra mez- che gli faranno fare nel futuro. sulla vecchia pacifica realtà». Babbo Natale. Ora l’incantesimo stola, e non ha neanche realizzato le, ma dal fatto che mia madre, zora Orsini non mi chiede nulla Ma Orsini non mi ascolta, Dico queste cose ad alta voce, è interrotto, portiamoci rispetto quale personalità importante ab- quando ero bambino, non mi perché attacca discorso con una gli artisti non si succedono più tanto per farmi coraggio. Poi scat- come prima e ognuno vada per la bia assassinato, cioè me, che ave- dava il iodio apposta o forse mi giovane donna coi capelli colo- sul palco, la folla svuota il Cir- to in piedi. Balzo vicino alla buca, sua strada.” vo appena finito di salvare, pro- diceva «ti odio» e io capivo che rati di giallo, la quale gli dà una co Massimo, le bottiglie giac- afferro le gambe di Babbo Na- «Tu mi stai offendendo...” prio davanti ai suoi occhi, l’uma- non mi dava il iodio perché ave- bottiglietta. A me queste donne ciono a terra e io penso ai trop- tale e le spingo verso il basso. «Senti, se cerchi una figura pa- nità intera dal terribile destino del vo una carenza in me, insomma coi capelli colorati di giallo mi pi anni che mi hanno visto se- Il busto cede, sprofonda ulte- terna o cerchi botte, non è questo nodo di mœbius». Ecco, tutto qui. il solito problema noto a tutti cui crea una gran confusione perché guire una dieta povera di iodio. 28 sud 4/5.

GIÙ PER TERRA IL GIUDICE E LO SCRIBA Paolo Graziano Roberto Saviano

E chisto munno Una torre è una torre finché sta ca s’ ‘e vennuto l’anema e ’ o Marzo alle 9:00 di sabato presso inquietante: «indagare se questo to a non farsi arrestare. Ma cosa boss l’altro Pm) avrebbe ricevu- in piedi, altrimenti è altezza per- core la caserma dei carabinieridi Casal paesaggio è controllato dai clan». ho fatto? Ho scritto una lettera to denunce, querele e l’isolamen- duta, polvere e fango, nobiltà che e nun se importa ’ e chi nasce di Principe su mandato della Pro- Un paesaggio che diviene territo- immaginaria, ho fatto un raccon- to dello scrittore, ennesimo, dalla decade. e se ne fotte ‘e chi more. cura Antimafia di Napoli. Sono rio, zona controllata, solo perché to su di un sindacalista e ho con- Sicilia. E questo non è facile da Ho visto il crollo della prima N. D’Angelo stato convocato per un interroga- da me descritto. getturato, almanaccato, descritto subire più d’una volta. torre della Domitiana dietro i ve- torio su tutto ciò che è apparso su Lo sapete cosa mi è stato chie- letterariamente la cosa, non è un A volte capita però che c’è chi tri dell’auto per ripararmi dal- Nazione Indiana a mia firma. Ov- sto dopo la lettura dei miei rac- inchiesta. Ho scritto e raccontato scrive, magari uno dall’anima le schegge di vetro e tristezza Quanto siete disposti a perdere viamente mi chiedono se ciò che conti? Se sapevo dove si trovas- di Annalisa, non è un reato, non smilza, e va avanti, e traccia i per- proiettate nell’aria, come schiaffi per un racconto, per uno scritto? scrivo (la lettera a Del Prete ed se Provenzano. E Zagaria. I due è di per sé complicità. Scrivo. E corsi del vero e riceve solo dan- senza autore. Se rispondete tutto allora sapete altri racconti) sono veri, mi chie- latitanti più ricercati d’Europa. questo basta per farmi interrogare ni, questo come lo si definisce? L’ho vista cadere andando su già nel vostro petto che non per- dono di partecipare ai processi, di Domande che non vengono fat- per tre ore e mezza? Ricevere il Viene letto poco, pochissimo. Ed e giù per questa lunga leccata derete nulla. Neanche una scaglia dargli informazioni, mi chiedono te a nessun camorrista arrestato a sospetto di tutti, essere messo in allora? Val la pena? Il peso spe- d’asfalto che non somiglia alla di pelle dalle vostre dita. Quanto che se proprio devo denunciare meno che non sia uno dei massi- sala d’attesa con i peggio soldati cifico della scrittura forse si rie- sua origine né alla sua fine, non siete disposti a pagare per un vo- allora devo farlo formalmente. mi boss. Domande che sono state camorristi della zona. Se fossi sta- sce a comprendere in certi ambiti alla calma agonia flegrea non al stro scritto, una vostra frase, un Presentandomi come testimone. poste ai peggiori. Ai migliori dei to il figlio di un boss o di un capo- piuttosto che in altri. Forse guar- sereno distacco delle spiagge la- pensiero? Anche qui se rispondete Rischiando insomma, smettendo peggiori. «Lei sa più dei miei uffi- zona, o di un politico, m’avrebbe- dare quello che accade qui può ri- ziali. tutto, con grande probabilità scri- di scrivere, divenendo elemento ciali» mi viene detto con fare rab- ro ricevuto subito o forse persino svegliarci, o quantomeno mostra- L’ho vista piegarsi come una vere vi è cosa leggera e non ave- del processo non più osservatore. bioso. E questo è sospetto. Perché m’avrebbero invitato a pranzo re che ciò che “Nazione Indiana” ballerina sulle ginocchia sostan- te idea di cosa si perde tracciando In breve rendendomi parte di una gli scrittori s’occupano d’amore, parlandomi informalmente, inter- sta percorrendo sia la più giusta do sul tumulo basso di Scipio- inchiostro. Io per la scrittura non questione, quando con la scrittu- di fantasie, e queste non sembra- rogandomi con riguardo. Ma chi delle strade. L’Antimafia mi con- ne ammucchiato tra il mare e la son disposto a perdere nulla, a sa- ra mi ostino a mantenermi su po- no affatto fantasie. Sono verità e scrive, e lo dico senza retorica o voca per un racconto, uno scritto- chiusa, imbarazzante crocevia crificare niente, a pagare ancor sizioni altre, descrivendo l’intero perciò bisogna indagare. Decine piagnisteo, è messo in equivalen- re per due riferimenti in un libro della storia, Africa sconfitta per meno. Perché vorrei che la scrit- meccanismo e non la singola que- e decine di pagine di “Nazione za con quelli più immondi. Con deve cambiare editore, un altro sbaglio e condotta a questa costa tura stessa fosse, per quanto mi stione. Affrontando dinamiche di Indiana” erano raccolte sulla scri- quelli che sparano. per una storia troppo pesante ri- con la cavezza a chinare la schie- è dato decidere, in sé sacrificio, potere non singoli crimini, di cui vania dell’Antimafia, tutto quello Tanto più vera tale cosa perché schia l’oblio. Questo denota che na ad aprire le gambe. perdita, fosse totalizzante ma nei sovente non mi importa nulla. che esce sul blog viene conside- c’è il sospetto che basti scrivere siamo ancora vivi, che quando la L’ho vista come Gulliver sbat- suoi perimetri, nella sua alcova. Io ovviamente dico che è lette- rato come fonte attendibile di pe- di certi poteri per contaminarsi, letteratura fa tremare, i colpi di tere le spalle a terra in mezzo al Eppure accade il contrario. Io non ratura, che mi ispiro a fatti reali e ricolose di verità. Incredibile. anche in chi ti è vicino. Quando coda di certi meccanismi di do- rimescolio dei bagnanti, e c’era so cosa significhi scrivere in gran che li studio con passione e me- Come vorrei raccontare tutto i carabinieri all’alba si sono pre- minio sono dolorosi. intorno un’aria di festa stranita, parte dell’Italia e dell’Europa. Ma todo. Loro non ci credono. Dico- questo agli scrittori che credono sentati a casa di mia madre, dove Qui al sud capisci che scrivere è lembi di un nastro appena reciso so cosa significa scrivere nel sud no che è troppo per uno scrittore che la scrittura sia ormai l’orpel- ho residenza, al citofono i miei la cosa più pericolosa che si possa a svolazzare nel turbine di spinte Italia, nell’Europa mediterranea. sapere così tanto, che gli scrittori lo per signore che Machado de- hanno risposto: «cosa ha fatto?» fare. Quando finisci un racconto contrarie, in quel dies irae di cal- E non riesco a comprendere come non si occupano di questi pote- finisce come spillo per inculare Cosa ho fatto, come se fossi ar- hai due certezze. Che non verrà ce e metallo. mai nella discussione sulla lette- ri, che loro che hanno esperienza le mosche. Una parola letteraria, restato o invitato a presentarmi letto da molti. Ma che verrà let- Qui la ricostruzione ha la fac- ratura popolare e le sue capacità non hanno mai visto un intellet- una narrazione, può davvero scar- in caserma tutti i giorni, come to dai pochi che ti rovineranno la cia nera della distruzione: palle di innestarsi nel percorso del rea- tuale conoscere tante ‘schifezzÈ. dinare equilibri, concedere nuovi se avessi la quotidianità di un vita, che faranno di tutto per far- di ferro che oscillano, dinamite le non siano emersi i casi riguar- Parole per me non nuove. Ho vi- squarci, risultare temibile per il pusher o di un piccolo camorri- tela pagare. E allora speri, speri che esce fuori dai gangheri. E al- danti gli scrittori che con il solo sto dinanzi ai miei occhi i raccon- solo fatto di dire nuove ipotesi di sta costretto all’obbligo di firma. che il messaggio del tuo racconto lora avremmo dovuto far più ru- scrivere hanno innestato odio, de- ti pubblicati su “Nazione India- verità, di trovare prove a ciò che La sola scrittura, la sola scelta di possa dargli il più fastidio possi- more del botto, dire che le rovi- nunce, minacce, condanne. Han- na” studiati ed analizzati come non potrebbe mai essere provato scrivere diviene una dannazione e bile, come se le lettere potessero ne non liberano il cammino, lo no fatto traballare tavoli e impe- fossero rivendicazioni di terrori- pur essendo vero. La parola let- introiettata come qualcosa di pe- liquefarsi mentre le stanno leg- ingombrano. Ma non ci è bastata gnato uffici d’avvocati per lungo sti. Lo stesso fanno gli avvocati teraria trova una soluzione mate- ricoloso, sbagliato, un errore, un gendo e volatilizzarsi in antrace, la voce. tempo. dei clan. Avevo descritto un ci- matica a problemi senza teorema. crimine, una collusione. Anche finendo nelle loro narici. Così di- Dovevano gonfiarsi di vento Racconto l’episodio che mi ri- mitero toscano, il tenente ha ap- E qui quando scrivi, la solitudine per chi ti conosce da sempre. venti immune persino alla stricni- ardito le Vele a Scampia, por- guarda, non per avvalorare tesi puntato: «ma è d’origine toscana di tal gesto non termina mai, tro- E vi chiedo, quanto è giusto pa- na e continui a scrivere, a sapere tare questa barca lontano; le alcune, poiché il mio caso è di l’autore?» Ho tracciato dei nomi, va solo nuovi inizi, perché non vi gare per un proprio scritto? Quali a cosa vai incontro. Perché se ti Torri della Domitiana doveva- margine come il luogo da cui scri- alcuni modificati, erano tutti sot- sono possibilità di condivisione. sono i calabri che lo definiscono? devono fare qualcosa, almeno sia no scrutare il progresso venire vo e come me medesimo, ma per tolineati con penna rossa ed a O sono miserrimi. Chiusi in pre- V’è una misura? È giusto subire per la cosa più grave, per il mo- dal mare. Sono venute soltan- mappare, se lecito ancora, gli in- fianco a caratteri enormi: «iden- miuncoli letterari, in salette alto- questo tipo di pressioni? Conce- tivo più forte. Io quando vengo to le carcasse dei poveri. Dalle neschi pericolosi della parola. Lo tificare i cognomi». Dopo la de- borghesi, se ancora qualche scrit- de il senso del successo? Io spes- convocato, subisco molti dileg- spalle, dalla campagna bruciata: racconto perché riguarda “Nazio- scrizione di un paesaggio il ma- tore di qua non se n’è andato al so per alcune frasi non smetto gi. Uno scrittore, un intellettuale dove nessuno stava guardando. ne Indiana”. Vengo convocato il 5 resciallo ha tracciato una frase nord. Oltre a qualche presenta- mai di pagare. E questo denota la che si occupa di certi meccanismi zione in Feltrinelli, oltre qualche mia incapacità narrativa. Non ho del reale, è qualcosa di perico- bicchiere di birra assieme a qual- la giusta misura, l’attenzione per loso, sospetto, fastidioso. Non è che amico, tenersi stretti, in un l’equilibrio. Mi brucio. E l’ustio- una metafora ridicola, ma davve- comune progetto è impossibile. ne non dona vantaggio a nessuno. ro genera sospetto. Il medesimo Non che altrove sia necessaria- Io sento però una certezza che è al sospetto che si pone nella mente mente meglio, ma qui è il deserto di là di quanto si possa dire su ciò di mia madre, delle persone che e forse più che altrove questa de- che ho fatto, ho la certezza di aver mi sono vicine. Ma che c’entra solazione è letale. sbagliato tutto. Perché persino Giordano Bruno con i clan, cosa Esco dalla caserma. Ho un senso quando si rapina v’è un vantag- Baruch Spinoza con gli omicidi, di colpa infinito. Mi calmo come gio. E v’è la possibilità di salvar- cosa Tommaso Landolfi con il un ladro di motorini che è riusci- si, pentirsi o guadagnare. Quando boss Schiavone? Conosci l’Or- scrivi certe cose invece, giochi ad lando Furioso cosa c’entra con le FRONTE esser sconfitto, punti su un nume- aziende, i traffici, i morti ammaz- ro che non esiste nella ruota del- zati? Occuparsi con lo strumen- la roulette. Ma lo fai lo stesso. to letterario di queste cose, senza Sempre meno si riflette su quan- una gabbia noir, senza un motivo to costa scrivere di certe cose ed di fiction davvero crea nausea, in certi territori. Anche guardan- come una sorta di sadomasochi- do i giganti non ricevo conforto. smo che vuoi ammannire a chi ti Rushdie ha subìto molteplici at- legge. Cosa ci guadagna, è il pri- tentati, più di trenta persone sono mo pensiero. Anche del magistra- morte in operazioni terroriste che to che mi indaga. Una volta uno avevano lui come obiettivo. Ma scrittore campano che amo mol- Salman Rushdie ora può scrive- to, mi disse: «non preoccuparti, re su qualsiasi giornale della ter- se io vivessi a sud mi occuperei ra, riceve stipendi e guardie del allo stesso modo delle cose su cui corpo. Ciò che ha pagato e paga tu poni lo sguardo». È certamen- è ampiamente ripagato. O quan- te vero quello che dice. Ma lui se tomeno confortato. Lui stesso n’è andato. dichiarò al “Times”: «La fatwa Un giornalista delle cronache mi ha concesso la maggiore eco locali è controllabile, un magi- possibile per le mie parole, mi ha strato percorre strade dai codi- reso uno scrittore libero, perché ci cifrati conosciuti, un politico tutto posso dire e chiunque vuole è raggiungibile, passeggia per le può ascoltarmi». strade note, i suoi segretari sono Ora io non so in altre parti d’Ita- compari, ma uno scrittore no. lia ma qui le cose sono davvero in Una pagina narrativa, che fonda una fase delicata e critica. Quando tutti i dati, le sensazioni, le geo- uno scrittore napoletano si vede grafie, non può essere controlla- costretto a cambiare casa editri- ta, costretta. Mappata. La lettera- ce perché il suo libro cita perso- tura veicola, fa fuggire in avanti, naggi politici, mutati nel nome, coinvolge ogni passaggio del rea- ma troppo riconoscibili. Quan- le e dove non riesce ad osservar- do un vecchio scrittore siciliano lo lo raggiunge con la congettura. ha attualmente cambiato percor- La scrittura di racconti e romanzi so romanzesco perché il testo, mette angoscia sia agli inquirenti sulla mafia e sull’amicizia di un che si sentono scoperti, superati, foto di Andréas Lang giudice con un mafioso (compa- bruciati, esposti nella loro incapa- gni d’università poi uno divenuto cità sia ai camorristi. Sapete che- RIVISTA EUROPEA REVUE EUROPÉENNE EUROPEAN REVIEW EUROPÄISCHE ZEITSCHRIFT REVISTA EUROPEA sud 29

CARO ROBERTO A FORTINI Davide Racca Gabriella Fuschini

Giuseppe Marrazzo scrisse un Ferme restando le mie convin- ne ha i mezzi (e forse ne usci- … del tossico il cucchiaino libro, Il camorrista, negli anni zioni che uno scrittore è uno rebbe qualcosa di più originale, contorto… ’80. Un romanzo capolavoro su scrittore, un poeta è un poeta, un imprevisto di uno scrittore au- Raffaele Cutolo che più d’ogni artista è un artista, a prescindere toctono). ho letto nella poesia, altro svelò meccanismi e dialet- dal luogo geografico in cui na- Allora dico cosa per me vuol ora ricordo tiche dell’Italia democristiana e sce, in cui sviluppa la sua forza dire essere del sud. di aver assistito a rituali oscuri dell’ascesa di un personaggio, combinatoria e creatrice, la sua Essere del sud significa amare in cui cadevano come mosche Cutolo, da assassino per caso in libertà di muovere gli aculei del la propria terra almeno quanto gli amici attorno statista di primo ordine. Marraz- cervello dove lo sguardo si posa odiarla. non so dire come l’ho scampata zo vent’anni fa scrisse su verità senza fermarsi alla mera appa- Essere del sud significa esser- così è stato che i giudici stanno ancora inda- renza, eccetera eccetera… fermo ci dentro... i corvi volarono bassi gando portando i processi in giu- restando questo, posso solo por- Essere del sud vuol dire abi- rasente gli umani dicato con verità che quell’auto- tare una mia esperienza. Scrive- tuarsi a vedersi mancare la pa- quei giorni re aveva esattamente descritto. re poesia, fare arte, da Caserta, rola data per mancanza di fondi, sporcando di materia organica Quel libro mai più ripubblicato con precisione da San Nicola la di fiducia, di tessera di partito, i lunghi capelli – per evitare che la vecchia sem- Strada dove vivo da venticinque di affiliazione... di volontà. le mani anche, preverde guardia democristiana anni, significa avere solo voglia Essere del sud significa avere ricordo me le lavai non abbia la damnatio memo- di fuggire. un debito inestinguibile verso riae – è un chiaro esempio di Intorno le cave di pietrisco questa terra: tutti ti dicono vat- letteratura che anticipa, svisce- sono enormi morsi bianchi dati tene; ma se te ne vai allora non ra, foggia, congettura. Scopre il alle montagne, che ricordavi in- ti vogliono più capire, come se vero e lo rende materiale per tra- tegre qualche anno fa; cantieri essere del sud significasse di sformare il percorso del reale. si affiancano alle palazzine ap- per sé partecipare di una causa Pensate alla nascita di decine di pena finite per accogliere i nuo- (e dico questo in un momento libri che svelano, almanaccano, vi napoletani in una z.e.n. tutta storico molto particolare per il tracciano la realtà ma con il rigo- espansa dentro un piano regola- sud, per il quale quasi sarebbe re della verità, con la forza della tore inesistente e manovrato dal- il caso di innalzarla questa cau- scrittura che prescinde dall’og- la famiglia di turno. Luogo stra- sa, per le ondate migratorie che gettività perché non se ne cura. tegico per molti, equidistante dai per dimensioni raggiungono Pensate a libri del genere, come centri convulsi delle città, qui si quelle del secondo dopoguer- già ne stanno uscendo. Cosa ge- viene perlopiù a dormire. E in ra e che verso il nord portano il nererebbero? Ma questo non si- questi dormitori ci si espande in seme sprecato di questa terra; il GIRLIE SECRETS. IV gnifica che si tratta di parlare modo carsico e con sempre nuo- disgusto, come dicono le cifre, Michael Sullivan solo di Cosa nostra, Camorra, e vi posti letto. Di tanto in tanto supera anche i sensi di colpa ). N’drangheta. Raccontare, sve- si sentono bombe esplodere nei Essere del sud significa essere ‘Ere, Aggie, yester who’s back lare, scardinare, tracciare con le locali che negano il pagamento della periferia e quindi pronti a as guest parole, raccontare di una giorna- del pizzo e oasi di giardini con muoversi (in tutti i sensi e di- but Felix, the missus’ wocker- ta trascorsa a Varese come a Ma- limoni, arance e fiori sono epi- rezioni). out, rano, può realmente mutare qual- fanie di una tradizione contadina Essere del sud significa conta- an’ he asks me if I’m wiv or cosa. Dopo quanto m’è accaduto smarrita troppe volte nelle ven- re i passi che ogni volta ti man- wivvout ho voglia di crederci quasi dog- dite dei lotti terrieri edificabili. cano per arrivare alla frontiera. a cock like ‘issun that puffs its maticamente. Ma bisogna scri- Questo è quello che mi circon- Essere del sud è sentirsi qua- crest. vere studiando a fondo, morden- da: poca bellezza, molta inde- si in esilio, perché la tua citta- do il midollo, non ridendo senza cenza. dinanza è chiusa nel conato di I tells ‘im no, but ‘e goes on mostrare i denti. Maledizione. Ma sento che se non usassi moralità che ancora ti fa resi- abart, Scrivere sul fronte meridionale è l’immaginazione sarei menda- stere. so at last, to get it off of ‘is chest più letale che sparare nelle trin- ce. Per mancanza di fantasia si Essere del sud significa essere I mocks at ‘im and hoiks me cee mediorientali. diventa concreti e falsi. E allora nella cultura (molta e alta), ma dress Conosco la storia di un intel- potrei immaginare scenari nuo- soprattutto essere nel sospetto e to show ‘im that I’d proper lettuale calabrese. Era un giova- vi, pensare a un cambiamento nella sua fatale inconcludenza. nowt. ne giornalista dalla bella penna di rotta. Vedere per esempio le Essere del sud significa capi- impegnato contro la n’dragnhe- comunità marocchine, nigeria- re molte cose in più, ma molte «What’s this, Gert? you’ve got ta, quando una notte i clan cala- ne e senegalesi, qui molto forti, cose anche in meno. a nole,» bresi decisero di installargli un integrate in un tessuto di regole Essere del sud significa esse- says ‘e: «come ‘ere into t’other ordigno sotto la sua macchina. certe. Oppure vedere la nascita re in una nicchia, e quasi colpe- room, Il nipotino però bussò all’ute- di centri studio di intercultura volmente volerci restare. ‘cos I’ve a needle can sew it up ro della sorella e così lui scese italo-marocchino-senegalese- Essere del sud penso che non ‘hole.» di corsa per accompagnarla in nigeriano… per meglio gesti- debba essere più una questione ospedale. Si trovò dinanzi allo re le risorse e le intelligenze di meridionale abusata dalle istitu- ‘E takes me where they eats ndranghetista che sotto l’auto uomini che quando non subi- zioni, ma una verità che guardi their crumb, stava piazzando l’ordigno. Dal scono un barbarico caporalato in faccia seriamente i suoi pro- tugs out ‘is nobbler, and thole nipotino che aveva fretta di na- nelle campagne, vendono faz- blemi e in modo responsabile an’ thole scere, ebbe salva la vita. Ora zoletti ai semafori. Ma l’imma- tagli i ponti con il lamentismo ‘e stuffs it by force right up in vive in Canada, non ha mai più ginazione deve lavorare troppo da calcio-serie-C; e tagli anche me tum. scritto una riga in Italia. Una sto- e talvolta rischia il vomito per i ponti con manifestazioni arti- SUD ria sconosciuta che vuol rimane- la continua emergenza rifiuti, stiche internazionali vuote e ve- re sconosciuta, perché davvero nauseante e devastante. In tut- ramente provinciali e fare tanta quando vivi certe dinamiche ne to questo le responsabilità non autocensura e tanta autocritica LE CONFIDENZE DE LE hai una vergogna tale che prefe- sono certo solo del presente se non vuole tornare ai suoi mi- REGAZZE. IV risci dimenticarle. Ricordarle si- (molti ragazzi operano per un nimi storici di coscienza politi- Giuseppe Gioacchino Belli gnificherebbe appesantire l’ani- miglioramento nel proprio pic- ca e civile. ma e rischiare di slabbrarla. colo: ma non basta!). A volte ho l’impressione che Ci sono delle loro parole che Ed io in fondo ero troppo pic- essere del sud significa tace- Àghita, senti: jjeri ch’era festa mi vengon dette che mi inquieta- colo venti anni fa per capire che re perché parlare dei misfatti si- Tornò Ffelisce, er cavajjer zer- no. «Ormai sei abituato», oppure tutte le promesse di sviluppo si gnifica ancora tacere. Un bava- pente, «è una vita che ci scrivi contro». sarebbero trasformate nella mi- glio culturale, istituzionale, ti re- Pe ddimme s’io sciavevo pura- Scrivendo è come se riuscissi ad gliore delle ipotesi in lastricati stringe i margini di espressione, mente almanaccare il tempo e a ripro- di cemento, viali di prostituzio- e l’urlo caotico che ne emette è Er gallo com’er zuo c’arza la durlo, ad attribuirgli una somma ne, asili nido post-datati. Ma non ancora, inesorabilmente, tacere. cresta. di minuti in più. È talmente raro mi sento meno colpevole degli Essere del sud, in definiti- che qualcuno possa occupar- adulti che si sono visti tutto que- va, non vuol dire di più che es- Io je disse de no, ma ffinarmen- si di certe dinamiche in un cer- sto cambiare sotto occhi troppo sere del nord, del centro. Non te, to modo e senza stipendi che si distratti per vederlo: andavano a vuol dire di più, ma certe vol- Pe llevajje sti dubbi da la testa, pensa che una vita abbia il corag- lavorare la mattina fuori paese e te hai l’impressione che val- Ridennome de lui m’arzai la gio di occuparsi di un unica cosa, ritornavano la sera. Con questo ga molto, ma molto di meno. vesta di denunciare un fatto. E non di non voglio dire che tutto è perso. Pe ffà vvedé cche nun ciavevo stare dietro ad una complessi- Ma molto, molto è perso: irrime- ggnente. tà d’eventi. Osservando l’inte- diabilmente. Si può soltanto au- ro arco del percorso. Così dieci spicare un meno peggio capace NOTTE E GIORNO «E cc’edè Ttuta? cqui cce tien- racconti divengono dieci esisten- di turare le falle, a tutti i livelli, ghi un buscio,» ze che riescono a mettere assie- ancora una volta, con la vincen- Notte e giorno può essere ovunque, Me disse lui: «viè un po’ in nel- me tutto, dalla denuncia a Cara- te bonomia della questua e del /singhiozza, latra in gola e scivola l’antra stanza vaggio, dalla guerra di Scampia volontariato! tra le pareti/ sillabe che non sai. // Ch’io co un aco che cciò tte a Isaac Singer. Ma questo è ter- Non è la geografia a darne il senso, l’aricuscio.» ribile, è peggio che spacciare, è Mi si chiede cosa vuol dire /sei tu che muovi i passi nel cervel- più schifoso che rubare ad una scrivere, fare arte nel sud. Per lo della terra… /e poi si fa corrente Poi me porta de llà ddove se puttana. Come attesta l’ultima me vuol dire essere del sud, non che ti volta le spalle /qualsiasi po- pranza, frase che mi è stata detta: «ec- necessariamente scrivere o trat- sizione tu abbia nei suoi confron- Cava er zu’ bbùschero, e a ffuria colo il veterano, tutta la vita a tare del sud; perché tutti posso- ti. //La verità è vera se ti spegne il de struscio scrivere e dare fastidio». Tutta la no scrivere del sud, anche un mozzicone sulla pelle /e sa di ce- Me lo ficca pe fforza in de la vita, io ho 25 anni, maledizione. autore del polo nord se esiste e nere il lembo che ti unge le dita. panza. disegno di Patrick Chevaleyre 30 sud 4/5.

NUNZIATELLA. DOVE, COME, QUANDO. Giuseppe Catenacci

Carlo di Borbone, conquistando- da farla, essere la più antica Ac- inglobata, con Real ordine del 27 ed altri due autorevoli compo- Con R.D: del 1° gennaio 1819 vembre 1945 vede la luce il pri- la nel maggio del 1734, aveva re- cademia militare del mondo più agosto 1774, in un corpo separato nenti di quel governo provviso- si pervenne poi ad un nuovo ordi- mo numero di “Sud” quindicina- stituito a Napoli la dignità e l’or- antica ancore della Royal Militay ed autonomo denominato dappri- rio, i professori Pasquale Baffi e namento delle Scuole dell’Eser- le di letteratura ed arte. goglio di essere capitale di uno Academy d’Inghilterra sorta ne ma Battaglione Real Ferdinando Michele Granata; e cito articolato in due Accademie: Direttore del periodico è Pa- Stato autonomo che abbracciava 1741 e della Eçole Royal Militai- e poi trasformato nella Real Ac- sempre ad essa apparteneva il il Real Collegio Militare, con squale Prunas figliolo del Co- tutto il Mezzogiorno della peni- re di Francia fondata nel 1751. cademia Militare del Battaglione maggiore Tommaso Susannna sede nell’ex noviziato dei Gesui- mandante della Nunziatella nel- sola e la Sicilia così da farne il Proprio in quegli anni Napo- Real Ferdinando. assurto alla carica di Ministro ti di Pizzofalcone, con il compito la cui abitazione, all’interno del- più vasto degli Stati italiani. li attraversava un periodo di ec- La Real Accademia Militare della guerra ed il Prof. Clino Ro- di fornire ufficiali all’artiglieria, l’Istituto, ebbe la sede la redazio- Napoli godeva dell’indipen- cezionale splendore. Poche altre del Battaglione Real Ferdinan- selli, ill’ustre scenziato di fama al genio ed allo stato maggiore e ne amministrativa. denza nazionale da meno di due città al mondo erano infatti in do, infine, con Real ordini del 27 europea. la Real Accademia Militare, con Il periodico, che rimase in vita lustri quando agli inizi degli anni quegli anni in grado di offrire ai ottobre 1786, del 23 marzo e del Passano poco più di quattro sede nel convento di San Giovan- fino a settembre 1947, con i suoi quaranta del Settecento si tro- visitatori una più vasta gamma di 18 maggio 1787, assumeva una mesi ed il 13 giugno 1799 il Car- ni a Carbonara, dalla quale usci- dette numeri editi, fu la palestra vò, per i suoi stretti legami con seduzioni. nuova forma e la denominazione dinale Ruffo diventava padrone vano gli ufficiali destinati agli al- nella quale si cimentarono giova- la Spagna, coinvolto nel grande La nature le aveva donato un di Real Accademia Militare. Il 18 di Napoli ponendo fine al sogno tri Corpi. ni che sarebbero divenuti famosi conflitto originato dalla succes- paesaggio ed un clima incom- novembre 1787, la nuova Acca- repubblicano. Il periodo che seguì, dal 1819 quali Francesco Rosi, Raffaele La sione austriaca. parabili. A ciò si aggiungevano demia, ubicata nell’ex Noviziato Lauberg riparava in Francia, i al 1848, fu uno dei più fecondi Capria, Giuseppe Patroni Griffi, Per essere all’altezza di cimen- i sensazionali ritrovamenti ar- dei Gesuiti sulla collina di Piz- professori Baffi, Granata e Ro- della vita della Nunziatella che Domenco Rea, Antonio Ghirelli, tarsi in una guerra di dimensione cheologici di Ercolano e di Pom- zofalcone, fortemente voluta da selli venivano afforcati a Piaz- affidata ad un corpo di illustri uf- Luigi Compagnone, Annamaria europea, furono da subito identi- pei che facevano esclamare a Ferdinando IV di Borbone “per- za del Mercato, il tenente Pietro ficiali e professori formò il fior Ortese, l’ex allievo Mario Ste- ficate le iniziative per dotare Na- Goethe, in quegli anni in visita in ché nell’arte della guerra e negli Lossa, allievo del 1° corso, deca- fiore degli ufficiali dell’esercito fanile (c. 1925-28) e Raffaello poli ed il Regno di una Scuola di Italia, “molte sventure sono acca- ornanti costumi la militare gio- pitato. borbonico. Franchini professore di Storia e artiglieria. dute a questo mondo, ma poche ventù ottimamente ammaestra- Tutto questo costò caro alla Dopo i moti del 1848 che vide- Filosofia nella Nunziatella. Il 1° Nacque così nel 1736 dapprima hanno procurato ai posteri altret- ta crescesse a gloria e sicurezza Nunziatella di cui il Ministro del- ro ancora una volta allievi, uffi- settembre 1949 la Nunziatella, i una “Scuola pratica di artiglie- tanto gioie”. dello Stato”, iniziava i suoi corsi, la Guerra di Ferdinando IV John ciali e professori della Nunzia- cui allievi erano intanto ritornati ria” alla quale seguì nel 1737 una Nel contempo il Vesuvio, al- giunti oggi a quota 218. Acton, con R.dispaccio del 23 tella infiammarsi per i fermenti a vestire la divisa che da grigio- prima Accademia di artiglieria di l’epoca in piena attività, rinun- Il nuovo Istituto, sorto sul pro- luglio 1799, ordinò la chiusura di italianità divenuti sempre più verde era diventata di colore ca- cui organizzazione militare fu af- ziando alla sua cattiveria, si dilet- getto del tenente Giuseppe Pari- “per le ripetute e manifeste pruo- vivi e diffusi, Ferdinando II, pro- chi, assunse la nuova denomina- fidata al conte Gazzola e quella tava producendosi in spettacolari si e di un gruppo di ufficiali che ve date di non corrispondere alle fondamente scosso di questo en- zione di Collegio Militare di Na- didattica al celebre matematico esibizioni, belle a vedersi ma che avevano fatto tesoro delle espe- benefiche mire del Re”. nesimo tradimento della “sua” poli ottenendo il successivo 24 Nicolò Di Martino. non provocavano danni. rienze tratte dalla loro visita, Dopo sei anni di effimera esi- Accademia militare, dopo aver maggio 1950 la bandiera. Questa prima Accademia ubi- Napoli, ricca di opere monu- durata ben due anni dal 1782 al stenza la Nunziatella, che con trasferito la Corte nella sontuo- Il 18 novembre 1953 la Nun- cata in un fortino situato nella mentali e di collezioni d’arte pre- 1784, alle più famose Accademie Real dispaccio del 1° aprile sa Reggia di Caserta volle che ziatella assunse, infine, l’attuale zona del Ponte della Maddale- stigiosissime, con Teatri nei qua- militari attive in Europa, acqui- 1801, aveva assunto la denomi- anche la Nunziatella traslocasse denominazione di Scuola Mili- na, ebbe però vita effimera per li si poteva ascoltare la migliore stò ben presto solida fama ed il nazione di Real Convitto Milita- in Terra di lavoro adattando per tare “Nunziatella” ed il 2 mar- Carlo di Borbone dopo l’ingres- opera buffa d’Europa era vista modello educativo che la infor- re e dal 1° dicembre 1802 quella essa l’antica residenza dei Carafa zo 1954 ottiene di poter usufrui- so e lo stazionamento nel 1742 come una delle mete più ambite mava fu oggetto di studio tanto di Real Accademia Militare, a se- a Maddaloni dove il Real Colle- re dello stemma araldico e del di una spedizione navale ingle- dai viaggiatori di fine settecento, che può dirsi che ancora oggi i guito dell’occupazione francese gio Militare ebbe la sua sede dal motto “preparo alla vita ed alle se nel Golfo di Napoli che aveva dove persino i quarantamila laz- principi cardine della stessa con- nel maggio 1806, fu nuovamen- 1855 al 1859. armi”. fatto emergere drammaticamente zaroni che vivevano d’elemosina tinuano ad essere l’elemento por- te, anche se solo per pochi mesi, Rientrata, per disposizione di Queste in breve la vicende del- le esigenze della difesa e la bat- e dormivano sulle strade, la cui tante della Scuola Militare Nun- chiusa. Re Francesco II, nella sua anti- la Nunziatella che abbiamo vo- taglia di Velletri nel 1744, con pericolosità aveva un tempo fatto ziatella . Nel settembre 1806 venne ria- ca sede di Pizzofalcone, la Nun- luto ricordare ai lettori di “Sud” Ordinanza del 10 settembre 1745 parlare di Napoli come di un Pa- La breve stagione della Repub- perta da Re Giuseppe Bonaparte ziatella conobbe anch’essa, con che vedono imporsi ogni nume- istituì nell’edificio della Panatira radiso abitato da diavoli, si era- blica napoletana (23 gennaio-13 prima assumendo la denomina- l’ingresso di Garibaldi a Napoli ro del periodico due pagine ad nel borgo di S.Lucia a Napoli la no trasformati in una attrazione giugno 1799) vide la Nunziatel- zione di Scuola di Artiglieria, e nel settembre 1860, il dramma essa dedicate; per cui è sembra- Real Academia e Scola di matte- folkloristico. la – che aveva intanto assunta la Genio e poi quella di Scuole Po- che accompagnò la caduta del to giusto che sapessero qualche matica “perché” gli Ufficiali ca- Nel 1759 Re Carlo intanto la- denominazione di Nazionale Ac- litecnico-Militari. Regno delle Due Sicilie e segnò cosa in più del “luogo” nel qua- detti delle truppe regie potessero sciava Napoli per salire sul tro- cademia Militare – svolgere un Più radicale la riforma di Re l’inizio del periodo più buio della le fu immaginato, realizzato, e abilitarsi per entrare a servire nel no di Spagna e gli succedeva il ruolo di significativo rilievo: da Gioacchino Murat che la riordi- sua ultrasecolare storia. concluso tra il 1945 ed il 1947, il corpo degli ingegneri ed in quel- figlio Ferdinando che, con Real essa, infatti, provenivano il Pre- nò sul prototipo della Scuola Po- I Savoia, infatti, ritenendo la primo ciclo di “Sud” e nel quale, lo di artiglieria. ordine 26 dicembre 1769, decre- sidente della Repubblica Carlo litecnica francese facendole as- Nunziatella una istituzione filo- nel 2003 “Sud” è rinato ad ini- Con queste lungimiranti Ordi- tava la fusione delle due Accade- Lauberg, definito da Benedetto sumere con R.D. 13 agosto 1811, borbonica provvidero subito a ri- ziativa di un nutrito gruppo di nanze di Carlo di Borbone eb- mie preesistenti nella Real Acca- Croce il primo cospiratore del la denominazione di Scuola Rea- dimensionarne il ruolo: così con ex Nunziatella agli “ordini” del bero, in buona sostanza, inizio demia militare, successivamente moderno Risorgimento italiano, le Politecnica e Militare. R.D. 3 maggio 186, oltre a modi- Maestro Francesco Forlani ex le vicende della Nunziatella tali Dopo la seconda restaurazione ficarne la denominazione in quel- allievo (non si direbbe!) del cor- borbonica l’ordinamento murat- la del Collegio Militare in Napo- so (1982 – 1985). tiano venne mantenuto dal vec- li, la trasformarono, declassan- Come si vede nei suoi 268 chio re Ferdinando IV che si li- dola, in Istituto secondario desti- anni di storia dovunque ha avuto mitò nel 1816 a cambiare la de- nato ai giovani che uscivano dal sede la nostra Scuola non ha mai nominazione della Scuola Reale primo corso di ginnasio per pre- perduto la sua identità di istitu- Politecnica e Militare in quella pararli al passaggio alle Acca- zione formativa di eccellenza: di Real Istituto Politecnico Mi- demie ed alle Scuole Militati. Il dal Ponte della Maddalena alla litare. degrado che ne seguì fu progres- Panatica al borgo S. Lucia, dal F ILES sivo tanto che nel 1873 fu pre- Rosso Maniero di Pizzofalcone sentata in Parlamento una propo- al Palazzo Ducale dei Carafa di sta di soppressione sventata solo Maddaloni, da Pizzofalcone a per l’appassionata difesa che ne Benevento e per finire all’attua- fecero Mariano d’Ayala ed altri le ampliamento in direzione del deputati meridionali. Anche que- complesso Bixio sempre sul col- sto momento buio fu però presto le di Pizzofalcone. superato e la Nunziatella ritornò C’è piuttosto da osservare che ad affermarsi feconda nutrice di “l’attrazione fatale” che lega la belli impegni e di cuori generosi Nunziatella a Pizzofalcone ha tanto che i Savoia, a dimostrazio- avuto come conseguenza che ne del loro mutare atteggiamen- chiunque nel tempo ha cercato to, nel 1881 vi iscrissero il prin- di scindere tale binomo (Nun- cipe ereditario, il futuro Vittorio ziatella/Pizzofalcone) è finito Emanuele III. male: così allorché Ferdinan- I violenti bombardamenti che do II di Borbone nel disporre il si riversarono sul finire del 1942 trasferimento a Maddaloni dal e nei primi mesi del 1943 su Na- 1855 al 1859, due anni dopo poli, indussero poi il Ministero crollò, la monarchia borbonica; della Guerra a disporre nel mar- così, ancora, quando Re Vittorio zo del 1943 il trasferimento della Emanuele III di Savoia ne decre- Scuola Militare da Napoli a Be- tò il trasferimento a Benevento, nevento nei locali attualmente cadde la monarchia sabauda ed, sede dell’Ospedale Rummo dove infine, quando, nei primi anni assumeva la denominazione di ‘90 del novecento si penso di Liceo Convitto “Nunziatella”. delocalizzarla nella zona orien- L’esilio a Benevento durò poco; tale di Napoli cadde la “ Prima infatti il 1° febbraio 1944 la Nun- Repubblica”. ziatella fu trasferita nuovamente I governanti di oggi –Bassolino, nella sua antica sede di Pizzofal- Iervolino Martino- certamente cone che a guerra finita fu occu- più saggiamente per evitare altre pata dalle truppe alleate con le sciagure alle Istituzioni cui sono quali fu giocoforza convivere. proposti il 18 novembre 2004 Pochi mesi prima della pro- hanno deciso di localizzare defi- clamazione della Repubblica, in nitivamente la sede della Nunzia- occasione delle celebrazioni del tella sulla collina di Pizzofalco- foto Archivio Nunziatella 15(° anniversario della fonda- ne unendo l’antica Caserma Pa- zione della Nunziatella, il 15 no- risio con la Caserma Nino Bixio. RIVISTA EUROPEA REVUE EUROPÉENNE EUROPEAN REVIEW EUROPÄISCHE ZEITSCHRIFT REVISTA EUROPEA sud 31

INTERNET E L’ISOLA DA SUD A SUD CHE NON C’È… Renata Prunas Domenico Grifoni a Rocco Scotellaro

Parlare di centro e di perife- Spett Redazione di “Sud” – Napoli andavano via via pubblicando te- ria sembra davvero pleonasti- Ho partecipato al concorso Sud sti e poesie di autori già noti, sia co. L’avvento di Internet ha, or- del 15 luglio inviando una poesia. italiani che stranieri, come Eliot, mai, negato cittadinanza a questi Avrò piacere di conoscere l’esito. Sartre, Emmanuel, Esenin, Ortese. due termini sui quali si è basata Intanto invio l’acclusa poesia e Tra le opere inviate al giorna- la civiltà, l’orgoglio delle varie prego mi siano inviati in assegno le la giuria di SUD composta da nazioni, la sudditanza, almeno i numeri di Sud che frattanto usci- Luigi Compagnone, Anna Maria culturale, tra le stesse. Con Inter- ranno. Saluti Ortese, Raffaele La Capria, Fran- net muoiono il tempo e lospazio R. Scotellaro co Rosi, Carla De Riso e Pasquale come categorie mentali; se ne va Tricarico – 10 agosto 1946 Prunas, su 82 concorrenti segnala la memoria storica, i valori con- e decide di pubblicare solo la poe- divisi e testimoniati, le differen- È sorprendente scoprire, anco- sia di Rocco Scotellaro, Liberate ze. Tutto diventa simultaneo e, ra oggi, che anche in una lontana uomini l’ergastolano. quindi, uguale per tutti. Tutto di- ‘periferia’ qual’era la Basilicata I suoi temi e la sua capacità di venta provincia di un centro che del dopoguerra afflitta da antica dare voce ai silenti «contadini la- non c’è. Gli Stati perdono il loro povertà e nuova miseria, Rocco ceri del sud» sono già presenti e, vissuto, gli uomini i loro ricordi! Scotellaro, giovane e sconosciuto come motivato dalla giuria, pren- La civiltà è il presente nel suo poeta, non solo conoscesse SUD, dono corpo in un «…effettivo nu- divenire, nel suo navigare, nel neonato giornale letterario napo- cleo drammatico svolgendolo su suo rinnegare il passato, spegnen- letano, ma ne fosse anche un at- un notevole e reale piano poetico». do luci ed illuminando errori. tento e appassionato lettore. Questa poesia, fra l’altro, aveva L’aveva già capito con una cer- Letture certamente rubate all’in- avuto una sua precedente versio- ta amarezza, più umana che let- tensa attività politica che proprio ne, datata giugno ’45 e così infatti teraria, Camus, nel 1949, quando in quegli anni videro Scotellaro è proposta nell’intera produzione durante il suo viaggio in America non solo impegnato socialmen- poetica del 2004 curata dal Vitelli. del Sud, nel suo diario annotava te ma protagonista appassionato Scotellaro ritenne invece opportu- con una triste meraviglia: «più nella lotta per l’occupazione del- no modificarla per il concorso in l’aereo va veloce e meno Francia, le terre a fianco dei braccianti lu- alcune sue parti sostituendo, per Spagna, Italia hanno importanza. cani. Nel 1944 aveva fondato la esempio, alla parola carcerato il Erano nazioni, eccole province e, sezione del Partito Socialista di termine ergastolano, versione ri- domani, frazioni del mondo…». Tricarico e nel 1946, appena ven- masta fedelmente legata a SUD Il problema è che il mondo non titreenne, per esplicita volontà dei anche nel titolo e che oggi ripro- c’è più. È un insieme di dati, re- contadini, ne veniva eletto sinda- poniamo così come fu pubblicata lativi al qui ed ora. La virtualità co per il ‘partito socialista di unità nel 1947. diventa realtà, l’ipotetico diventa proletaria’. Il giudizio positivo della giuria e effettivo. Diveniamo tutti abitan- Relativamente alla ricostruzio- la pubblicazione della sua poesia ti di un’isola che non c’è, ma che ne del processo di formazione incoraggiano Scotellaro a conti- ci condiziona. culturale, delle letture, delle cu- nuare la collaborazione a SUD in- L’etica non è più quella della riosità intellettuali di Scotellaro, viando mesi dopo al giornale un suo responsabilità, tanto cara a Max ne scrive ampiamente Franco Vi- breve racconto, Una testuggine. Weber e a Hans Jonas, ma del- telli nella postfazione del volume Ma sfortunatamente è in ritar- la comunicazione, dove conta il da lui stesso curato, Tutte le poe- do: il giornale sta per uscire con fare rispetto al prevedere e dove sie di Rocco Scotellaro 1940-53: il suo ultimo numero. Una co- il valutare le conseguenze ha «Se mi si chiedesse di indicare per raggiosa volontà di indipenden- scarsa importanza. il primo punto il campo originario za politica unita a insormontabili Sono, anche, cambiati i rappor- delle sollecitazioni non esiterei a difficoltà economiche ne deter- ti di produzione, le condizioni di trovarlo nella rivista SUD (1945- minano la chiusura definitiva nel lavoro, si richiede sempre più spi- 47), che svolgeva una infaticabi- dicembre del 1947. Arriverà in ri- rito d’iniziativa e di adattamento. le azione di rinnovamento anche tardo, come il suo stesso autore ci Bisogna essere flessibili. attraverso la diffusione della co- ha raccontato, quasi sessant’anni Sembra che il ruolo del fattore noscenza degli scrittori stranieri. dopo, nel n° 1 di questo giornale, Carlo Levi: Rocco Scotellaro (archivio Prunas) umano abbia assunto maggiore Scotellaro leggeva il periodico e lì, anche il poemetto Tempo inviato rilevanza; in realtà il lavoratore è nel numero del 1° gennaio del ’47, a SUD contemporaneamente da diventato più vulnerabile rispetto fu pubblicata una sua poesia…». Porto Empedocle e firmato da un ai cambiamenti dell’organizza- Rocco, animato da grande ener- altro giovane coetaneo di perife- zione del lavoro: è diventato un gia e vivacità intellettuale, doti ria, l’allora ventiduenne Andrea semplice punto (facilmente rim- per sua natura autenticamente po- Camilleri, piazzabile) all’interno di una rete polari, desiderava quindi forte- Il racconto Una testuggine, dat- complessa. mente essere presente anche nel tiloscritto sulle tre facciate di un L’espansione della società mondo letterario ma soprattutto doppio foglio di carta piegato in dell’informazione con la con- partecipe di una «letteratura di uo- due, era ordinatamente riposto seguente globalizzazione degli mini tra gli uomini», come scrive- con altri in una cartellina con la scambi ha dato origine ad una va su SUD Pasquale Prunas, tra- dicitura «SUD - da pubblicare UNIQUES rivoluzione simile nella portata smettendovi la sua cultura conta- nel prossimo numero -». E con a quella della rivoluzione indu- dina meridionale, i suoi ideali, le una piccola curiosità in più: il i calzolai tisici dipinti sull’arena accaldata. striale. Una rivoluzione che, se è sue appassionate e generose lotte testo era ulteriormente piegato LIBERATE UOMINI come l’acqua sporca della suo- Hai tu ergastolano nel tuo cuore pur vero che sottrae popoli e pae- politiche condotte in prima perso- e spillato in un foglio di verga- L’ERGASTOLANO la. appeso alle sue sbarre, Rocco Scotellaro si all’isolamento economico per na per il suo amato e dimenticato tina con un appunto manoscrit- E sul libro le parole così solo come sei. portarli al mercato della compe- sud, «…allo stesso modo con cui, to da Pasquale Prunas: «IL ME- riacquistano il calore della fiam- I mietitori si son dati tizione, può diffondere progresso ma su un piano razionale, storico RIDIONE PROGRESSIVO” Chiuso nel cerchio che disegni ma. convegno questa sera e democrazia come anche nuove e critico, un altro giovane, Piero – mensile di cultura e politica roteando le tue mani protese a batter pugni sulla spalla povertà e schiavitù. Gobetti, lo era stato nel primo do- – formato Politecnico mensile verso un segno di liberazione, del datore di lavoro. Ci sono tutte le condizioni per poguerra – secondo un’afferma- – pagine 24 – prezzo lire 100». mentre insiste questa pioggia L’ora dei falchi solitari E sento che t’insorge la preghie- la ricomparsa delle ideologie, di zione di Carlo Levi – per il mondo Ancora un nuovo progetto che porta nella stanza tanta luce induce al refrigerio ra ogni tipo e su ogni versante. Tut- operaio e intellettuale del nord». dunque, che non solo prevede- quanto basta alle tiepide cappel- dell’ombra delle acacie. fra le loro canzoni e le bestem- te finalizzate a fare dell’uomo un Nel maggio del ’46, in occasio- va l’utilizzo di quel racconto, ma le, Le voci sono le maledizioni mie: mezzo e non un fine… ne della campagna referendaria certamente indicava nello stes- han bussato alla tua porta nel si- dei mietitori contro il sole: Liberate, uomini, l’ergastolano. per la nascita della Repubblica, so Rocco Scotellaro un possibile lenzio non è tempo che la tua mano Scotellaro incontra Carlo Levi, prezioso collaboratore e nei suoi i contadini laceri del Sud, inerte pittore, scrittore, attivo antifasci- temi di lontane periferie cultura- tracci motti sibillini sta, in anni precedenti arrestato e li una fonte di ambiziose, inedite poi confinato in Lucania e Manlio scelte editoriali. Rossi Doria, già noto studioso di Il tutto è parte dell’archivio sto- economia agraria del mezzogiorno. rico di SUD, giornale fondato e Una stima reciproca alimenta e diretto da Pasquale Prunas, anche lega saldamente queste tre perso- lui appena ventunenne nel 1945 nalità così diverse tra loro e per e da lui gelosamente conservato «…il piccolo ragazzo dai capelli fino al 1985, anno della sua scom- rossi e dal viso imberbe di bambi- parsa. no…», così lo ricorda ancora Car- Mai pubblicato da SUD, for- lo Levi, essi diventeranno prezio- se ancora inedito, emerge ora si, insostituibili amici e maestri, dal buio e vede la luce. Per la te- uniti in un rapporto solidale e qua- stuggine, dunque, direbbe il suo si fraterno fino alla scomparsa di stesso autore ricordando uno dei Rocco, improvvisa e inaspettata, suoi primi versi, «È fatto gior- che avverrà il 15 dicembre del ’53. no, siamo entrati in giuoco anche Nell’agosto del ’46 Scotellaro noi – con i panni e le scarpe che decide di partecipare con una sua avevamo. – Le lepri si sono riti- poesia al concorso indetto alcuni rate e i galli cantano, – ritorna la mesi prima da SUD sul quale si faccia di mia madre al focolare». 32 sud 4/5.

UNA TESTUGGINE Rocco Scotellaro URBAN Sarebbe un segreto non far- doveva essere finita al Precetto- le mensole e per le scale, Franco non solo i nuclei dispersi della si prendere dalla malinconia in ne, alle ultime case del paese. La veniva dietro con le forbici, per città medioevale, emergenti sul- queste giornate natalizie, eppure mamma si è messa a sciacquare il colpo al collo. Non si è sciu- le rovine dell’antica Urbe, ma nel vicinato i camini che fumano il pentolino della crusca riponen- pato il sangue che colava in un dando poi inizio soprattutto ad lenti sulla strada, come i panni dolo al suo posto e mi ha detto: piattino, il gallo era inserrato con un concreto piano di espansione sparsi al sole si prendono i nostri – Ti è passata, e tutta, la fantasia le zampe sotto il coperchio del- edilizia e pianificazione viaria pensieri dentro i loro pennacchi. della testuggine! la madia, lo abbiamo squartato sotto l’egida di quel gigantesco È morta stamane la testuggine, Nello sgabuzzino dove mamma come un porco. centro monumentale e politico l’avevamo tenuta nella crusca, aveva rimesso il pentolino erano Non c’era più altro da fare e mi che è diventato il Vaticano. vicino al fuoco per conservar- attaccati a una cordicella i coper- hanno lasciato solo per il compito Fino alla metà del XIX seco- la calda e viva. Già si muoveva chi di latta, ne ho presi due per di domani. Sulla piastrella bianca lo la storia cartacea di Roma è così poco, la mattina levandoci la fare la banda e suonare a piattini. della fornacetta ho rimesso la te- un avvicendarsi di agrimensori trovavamo sulla piastrella bianca Ne veniva un fracasso che mia stuggine, sto scrivendo la lettera, visionari e di architetti-pittori ai della fornacetta che pareva un or- madre gridava e non si sentiva domani mi sentiranno: quali tuttavia, il più delle volte, namento come le corna di capra, finché è corsa a battermi sulle Babbo mio, mamma mia, ab- mancano quegli indispensabili un po’ più alte verso il soffitto. mani. Non potevo più stare nella biamo scannato il gallo per sen- strumenti del mestiere, come co- Franco non se n’è accorto; egli è casa, quando la mamma mi batte tirci felici, ma la testuggine era noscenze teoriche e capacità em- uscito subito con la palla per gio- ella è nemica e estranea e io mi morta da sé. Vi voglio bene. Io, piriche, necessari per verificare care. Paolo che gioca con lui dà controllo come davanti al mae- Franco e Serafina vi vogliamo ‘su campo’ misure e postazioni sempre dei calci forti e due volte stro di scuola, sono uscito. Tut- bene. topografiche. Sono certamente e la palla è scomparsa nel vicolo e ti i miei compagni e mio fratello Ogni giorno vi tiriamo un po’ comunque tangibili l’innamora- tocca scappare subito dietro per- Franco avevano preso strada da- di sangue, genitori amatissimi, mento per una città sospesa tra ché va a finire di sotto, alle strade vanti al vicinato, ero solo e senza per crescere, per sentirci felici, ciò che rimane di una affasci- Giovan Battista Nolli, parallele, di vicolo in vicolo, e se guardare la bestia, tra l’immondi- grazie, grazie di cuore. Aspette- nante archeologia, tanto decla- “Nova pianta di Roma” la prendono gli altri ragazzi che zia sono andatoa sedere al porto- remo la tua venuta dall’ufficio, mata dalla folta schiera di vedu- edita in 12 fogli nel 1748 giocano alla lippa. Così Francoè ne del Notaio dove c’era sole. babbo, prima di mangiare; ci pu- tisti con cavalletto, e il desiderio tornato a casa che noi eravamo Il primo a tornare è stato Pao- liremo da soli le scarpe, mamma, di rilevare le nuove emergenze già a tavola, si è intese le grida di lo. Sua madre come un banditore andremo a fare la spesa. architettoniche in un’area urba- mamma perché il riso era a col- si era affacciata più di una volta Ma come devo dire a questo na che si avvia, con una certa ra- la. a chiamarlo «Se non vieni, non punto, che, tanto, il babbo e la pidità, ad assumere il volto co- Io mi ero alzato dopo di lui, vieni, ma se vieni!». Così chia- mamma mi assomigliano alla te- siddetto ‘moderno’, ma contrad- sono più grandetto e devo dire mano le mamme pensando ai fi- stuggine? dittorio, di una trasformazione che mi piace fantasticare sveglio gli nascosti nei portoni che non territoriale sovrapposta ai glo- dentro le lenzuola, mi vengono vogliono rincasare. riosi resti delle antiche mura. già dei pensieri che il babbo mi Paolo si avvicina alla testuggi- All’orizzonte di questa Roma fa scrivere in un quaderno quan- ne e la prende e sta per portarsela a pesante vocazione guelfa, ecco do si ritira dall’ufficio. Sono le via mentre io gli corro incontro spuntare, nei primi anni del 1700, vacanze e devo solo questi com- e gli scappa di mano. Allora l’ho CITTÀ DI CARTA: la nuova luce dell’Illuminismo piti al babbo. ripresa, sono risalito da mamma: MEMORIA E PROFEZIA giacobino. Per i lumi della ra- Serafina mia sorella lavava per Deve essere morta – le ho detto Piero Berengo Gardin gione e i polemici ragionamen- terra, la mamma si è messa a ri- – stanotte. La conservo al babbo ti filosofici dell’Encyclopédie, pulire il riso, io giravo per le due per vedere. Roma è ben al di fuori non solo stanze, mi rivedo ogni mattina L’ho messa alla finestra all’aria Era stato anche uno dei sogni della sua naturale periferia geo- le mie cose; i guanti sono un po’ perché la mamma ha detto che di Raffaello quello di ‘porre in grafica ma è addirittura centro scuciti,ma vanno ancora bene e poteva puzzare. disegno’ Roma antica e di rap- periferico e preda essa stessa di devo mettermeli tra qualche gior- Il babbo è tornato frettolo- presentarne i tratti nei modi anti- una specie di esteso sistema di no, mi sono provato il basco che so come sempre strisciandosi retorici che Umanesimo e Rina- comunicazione condizionato da devo incignare il giorno di Na- le mani. Mi veniva da piangere scimento indicavano alle soglie una spessa coltre di torpore rura- tale, la cartella è sempre appesa quando hanno messo i piatti in della nuova scienza. Nel corso le sedimentato nei secoli e da un al chiodo, dietro la panca il cer- tavola. Il babbo mi pareva così del tempo, sulla‘charta’ dise- territorio accerchiato dalle cor- chione di bicicletta è polveroso, stanco; per la prima volta ho stu- gna e scrive, tra gli altri, anche rosioni della natura che aggre- non potrei spingerlo oggi con le diato nuovi pensierini per il com- il Palladio che tra classico e neo- disce impietosamente le vestigia strade fangose e non farebbe quel pito della sera, avrei parlato del classico rileva, quasi a titolo di della sua trascorsa magnificenza canto sulla rotabile come di esta- babbo e del suo ufficio lontano, esperienza personale, le antiche imperiale. te. della testuggine morta che sta- stanze di una Roma monumen- In un certo senso, polemizza- Allora mi ricordo della testug- va all’aria della finestra, del riso tale anche se in modo ancora di- no gli enciclopedisti, Roma è gine sulla fornacetta: – Leva- che ogni ventisette il babbo ci sorganico per quanto certamente ben lontana dall’essere conside- ti con quello schifo – mi dice la portava nelle tasche. Franco, già consapevole ed appassionato. rata ‘città europea’ e inoltre così mamma. L’ho presa con le due corrucciato, non ha detto niente Del tutto assente è tuttavia estranea a quel processo di fu- mani allo scudo e al piastrone e quando gliela ho mostrata, babbo l’idea di prendere comunque in sione del sapere scientifico con me sono andato nelle scale per invece si è mosso sulla sedia, mi esame il tessuto omogeneo del- il sapere storico che si avvia ad stuzzicarla. La testa e le zampe ha fatto girare dietro e ha smesso la città, progetto di una ‘imago essere uno dei principali motori non si muovevano come sempre di mangiare:– Rimettila alla fine- urbis’ che si sviluppa entropica- di ricerca, diremmo oggi, della quando io le faccio sentire il mio stra, si asseccherà, ne faremo un mente sovrapponendo su di sé nuova cultura indirizzata a ra- fiato vicino. Poi l’ho scossa sulla fermacarte per la scrivania. strato su strato o la de-scrizione pidi passi verso la ‘modernità’. corazza aspettando che si muo- Franco appariva sempre cor- di dati architettonici che da sem- Roma va dunque letta e rappre- vesse come un’automobile a ca- rucciato davanti al suo piatto che plice agglomerato antologico di sentata in modo diverso, valo- particolari del “Tridente” di rica, ma solo le zampe per l’urto fumava, a un tratto è scoppiato a vecchie mura raggiungano la rizzata e capita, rivelata e risco- piazza del Popolo e dell’attua- hanno raschiato un istante i mat- piangere, io gli facevo il verso e cifra di una visione urbanistica perta in ogni sua contraddizio- le piazza e del palazzo toni. L’ho guardata allora nell’oc- lui saltava, è finito sotto il tavolo ‘modernamentÈunitaria. ne. I dati devono essere ‘esatti’ è passati alla ‘tavoletta pretoria- del Quirinale chio, era aperto e nero e luccican- e li man mano si è addormenta- Una grande pianta di Roma an- e rispondere alle nuove esigen- na’: l’operazione del rilievo e la (allora piazza di Montecavallo te, ho preso lo spillo dai calzon- to. Serafina è stata lenta a sparec- tica, dalla ‘forma urbis severia- ze di ‘certezza’ come pure i pre- restituzione grafica dei dati sono e Palazzo Pontificio) cini e mi sono messo a pungere, chiare, la mamma ha chinato il na’ in poi, è stato da sempre un supposti scientifici che li guida- un fatto simultaneo. Il Nolli ag- quante altre manovre non ho ten- capo sul fuoco e babbo ha aperto sogno antico perseguito secondo no. Il vedutismo paesaggistico è giorna così e perfeziona l’uso tate! mi pareva che ci fosse qual- il giornale. i modelli e i parametri d’uso nei pura e semplice contemplazione degli strumenti tecnici di misu- che cosa come nelle automobili a È successo il solito pomeriggio diversi tempi, ‘piante e alzatÈ, e va pertanto contestato. Il rilie- razione e dà grande impulso ad carica quando la molla si allenta di festa, babbo è uscito e torna- o sorvolando, per esempio, ‘a vo deve essere soprattutto ‘geo- una nuova scuola di rilevatori o le ruote si svitano, le ho guar- to, sono venute le comari e cer- volo d’uccello’ e a quote diverse metria’ ed eseguito con assoluto urbani di cui farà parte anche il dato di nuovo l’occhio nero, io so te amiche di Serafina, Franco di le frammentazioni edilizie dis- rigore metodologico. Piranesi. quanto sono furbe queste bestie e nascosto ha mangiato il riso (ce seminate all’interno delle mura Ci pensa Giovan Battista Nol- Il lavoro è imponente se si mi sono adirato, l’ho punta nel- n’era tanto nella madia che nes- aureliane, centro e periferia al li, geometra comasco, che sotto pensa al rilevamento totale del- l’occhio, l’ho sbattuta per terra, suno aveva voluto) io alla fine- tempo stesso, di una città pre- l’egida protettiva e lungimirante l’intero nucleo urbano all’in- infine l’ho gettata in fondo alle stra guardavo la partita di calcio barocca in mano alle grandi fa- di Papa Benedetto XIV, dà alle terno della cinta Aureliana ol- scale, sono risalito sulla panca a sulla tempa di Santamaria, così la miglie papali e cardinalizie, co- stampe, nel 1748, le dodici tavo- tre alle piante di più di trecento giocare con le cartine ‘Stella’. sera è calata. stellata qua e là di chiese quare- le della Nuova Pianta di Roma chiese, palazzi e antiche rovine. Serafina col suo straccio è pas- Di nuovo hanno apparecchiato simali e palazzi principeschi, di tratte da una matrice di altrettan- Ma è proprio sul piano strategi- sata alle scale, a me le cartine la tavola e ci siamo disposti in- orti e giardini, di ville patrizie e te lastre di rame. È un’imponen- co che la Nuova Pianta di Roma sfuggivano di mano così ero ec- torno allo stesso riso del pranzo dimore contadine. te opera seriale, riprodotta e dif- è una chiara risposta politica ai citato. Per prenderne una sotto e il babbo ha guardato la mamma Siamo al punto di un piano di fusa in Europa in circa duemila ‘Nouveaux Philosophes’ del se- la panca, c’è voluto il palettino e e Franco si è levato sul seggio- rifondazione della città che al esemplari tra collezionisti, stu- colo dei Lumi e spinge l’Urbe raschia raschia ho sporcato il pa- lone aprendo le braccia: – Zitti, suo centro è ancora per due buo- diosi e biblioteche. Viene consi- verso l’età ‘moderna’ in condi- vimento. – Te la vieni a prendere zitti! – e tà, una scorreggia, non ni terzi piena periferia, dissocia- derata come un capolavoro asso- zioni di assoluta parità cultura- o la getto? – mi ha chiesto Sera- ne potevamo più dal ridere, Sera- zione urbana che lo Stato Ponti- luto di cartografia e vanto della le. Ma è anche la sintesi plani- fina. Gettala, le ho risposto e mi fina ha risputato un boccone nel ficio, tornato da Avignone, si ap- cultura romana dell’epoca, Stato metrica e comprensiva di una sono affacciato alla finestra, l’ho piatto. presterà a porvi mano con l’au- della Chiesa in testa, ma soprat- città di carta che trae la pro- vista nel mucchio d’immondizia, Domani è Natale – ha detto al- torità papale di Martino V e dei tutto di una città ritenuta ormai pria memoria dalla storia e dal- c’era un cerchio di sole e a lato lora la mamma. Ci siamo dati suoi successori lungo il corso a buon diritto centro avanzato di le vicende antiche com’è anche, l’ombra d’un camino, non c’era tutti da fare per prendere il gallo degli anni, mettendo insieme e ricerca scientifica. nel metodo, presagio e profe- Paolo, non c’era Franco, la palla dallo sgabuzzino, che volava sul- collegando inizialmente tra loro Dallo squadro agrimensorio si zia della megalopoli che verrà. RIVISTA EUROPEA REVUE EUROPÉENNE EUROPEAN REVIEW EUROPÄISCHE ZEITSCHRIFT REVISTA EUROPEA sud 33

AI NON ADDETTI Alexandra Petrova traduzione di Valentina Parisi

Andarsene da sé, nel deserto po- sedevi quell’arte della raccoman- te. La madre era distratta, come tacere e di non raccontare di que- modo di pensare, la cosa più sem- Sulla carta da parati crescevano stprandiale di luglio, in giro per dazione, dell’appartenenza e del- estranea; il padre, da una parte, sto a nessuno, altrimenti tutti gli plice ovviamente era immaginare fiorellini gialli e azzurri. Io entrai una città del sud, calpestando fo- l’entratura qui virtuosisticamente era gonfio di vento (proprio dalla esorcismi sarebbero stati inutili. questo centro inesistente come la in questo campo in fiore e ricor- glie e fiori sfioriti fruscianti, pen- coltivata. Questo popolo era do- parte delle sue ali ricurve, appe- Guardarla soltanto, immobile, metà del segmento tra due punti. dai come una volta mi avessero nacchi marroni caduti, stami e pi- tato di funzioni sessuali e dige- na abbozzate...), dall’altra (dal- con occhi blu blu blu. Ma il segmento è un raggio e il dato una mela. Stavo seduta su stilli usati. Il ricordo di un’unione renti assai sviluppate, soprattutto la parte dell’ipofisi) colmo di un centro il suo semiraggio. La pe- un cassettone di legno rosso in trascorsa, che va in polvere.Mol- quest’ultimo aspetto era accom- pathos edificante che richiedeva, Non sono stata io, l’ha fatto riferia tende al centro, la forza di una stanza enorme, loro mi die- li gondoni accanto alle macchine, pagnato da autentico entusiasmo di tanto in tanto, di essere appli- un’altra bambina, Olja. Beh, al- quest’attrazione la rende così in- dero una mela perché non pian- in un parcheggio abbandonato. e aveva un significato pressoché cato. La nonna... beh, meglio la- lora puniremo Olja, dov’è, do- candescente che il calore l’aiuta gessi, perché quando gli adulti Scivolare via da sé, in giro pan-nazionale. Il primo invece sciar perdere. Ma, visto che ormai v’è questa Olja, carognetta – do- a spostarsi verso il centro, inon- gridavano o si picchiavano dopo per le strade notturne dell’urbe, era condizionato da secoli di cat- ci siamo, è evidente che la nonna mandarono i miei genitori. Sì, da dandolo come lava. La periferia è volevano tranquillizzarmi. Mi ve- in un’estate appena comincia- tolica ipocrisia. Qui la vita extra- era una strega. E sebbene la chia- qualche parte esisteva quest’Olja l’ultimo margine, un precipizio, stivano come un orsetto e io ave- ta e già soffocante, lungo i tun- familiare era fondatasulla gerar- massero teneramente nonnina (o, insolente, con la schiena dritta e sabbie mobili. Solo nel punto più vo sempre caldo, forse per questo nel creati dai pini, nel verde nero chia sociale, su una lotta segre- meglio, sebbene lei stessa aves- le gambe magre di ballerina. Si estremo e desolato, sull’orlo del- adesso ho sempre freddo. Stavo delle nuvole inchiodate sul co- ta condotta attraverso una sottile se deciso che dovevano chiamar- comportava male, ma riusciva l’abisso, può nascere un nuovo, seduta impellicciata molto in alto balto del cielo. malevolenza, mai espressa diret- la così), questo nomignolo con- sempre a sottrarsi alle punizio- autentico centro. Nel caso del- o, almeno, così mi pareva allora. Estraniarsi lentamente da sé, tamente, a dire il vero. Sarebbe tribuiva soltanto a smascherare ni. Tuttavia, il corso degli eventi le città è possibile, ovviamente, La mela era così grande, pesante come da qualcosa di avvenuto e stato impossibile stupire i Mani ancor più la sua carne forestiera instaurava qualche forma di rap- una traslazione a latere della po- e sfericamente perfetta che mi si definito; da sé, dal centro, trasfe- con checchessia; anche se all’im- che, talvolta, luceva di una lonta- porto tra Al e Olja. Quando Olja sizione geografica, ma nulla più. mozzò il fiato. Avevo capito che rendosi al confine. provviso il Papa si fosse conver- na, palustre azzurrità. Un’azzur- giocava i suoi brutti tiri, anche ad Mosca, tutto sommato, è la terza lo spazio è poroso, che è pieno di La città alle quattro di matti- tito alla religione musulmana, rità al neon. Così luceva anche Al rimordeva la coscienza. Forse Roma, provincia di Bisanzio che, porte e di tasche. Ora, finalmen- na. Un negro impallidito. Dal- oppure se due elefanti, l’uno in Košej l’Immortale1, che appari- Olja esisteva in un mondo al di a sua volta, è provincia di Roma, te, la sparizione di alcune cose si l’oscurità, lungo la brusca vira- groppa all’altro, fossero passati va in un cerchio roteante in fon- là dello specchio, dall’altra par- provincia della civiltà etrusca. spiegava. A volte, una palla, una ta di un’automobile, sotto la luce in volo sulla città, loro avrebbero do al corridoio, dalla camera dei te, sul ciglio di una strada che ra- Con la nonna invece tutto ac- perlina, una parola rotolava via abbagliante dei lampioni, gambe sentenziato: già visto. I loro con- bambini al gabinetto, di corsa, sentava, sia pur incidentalmente, cadde così. Lei si lamentò che Al e non tornava mai più. Adesso, nude e muscolose in bilico sui cetti di buon gusto, cattivo gusto, no, anzi, lentamente, ansimando la sfera di Al, oppure da qualche avesse agitato la bacchetta su di camminando nel campo in fiore, tacchi. Travestiti sorridenti, colti irriconoscenza, infantilismo so- in silenzio, con pause che dura- altra parte ancora. Ma era chia- lei; lei (la nonna) era a malapena pensai che anche le persone non di sorpresa, a piccoli branchi spe- ciale coincidevano stranamente vano milioni di anni. La solitudi- ro che se Olja esisteva, Al non riuscita a schivare il colpo! La ni- possono essere perenni. discono baci nell’aria. con i nostri concetti di falsità, in- ne che Al provava nel corridoio è era più soltanto Al, ma era anche potina aveva osato alzare la mano «Quando muori, io sputerò sul- Quando non ami nessuno, sem- sincerità, ruffianeria, tradimento. paragonabile solo al tunnel che le Olja, seppur con gli errori provo- sulla sua vecchia nonna – dichia- la tua tomba e ci ballerò sopra», bra strano che tu possa aver ama- I Mani sono dei finissimi psico- sarebbe toccato percorrere al mo- cati da una scarsa tensione esi- rò la nonnina-nonnetta. La nipoti- disse una volta la nonnina a mia to qualcuno prima. Non ti ricordi logi, quasi a livello animale, sen- mento della morte. Ma di questo, stenziale. Il fatto che il centro nel na terribile si era rivoltata contro mamma. Immaginai una nonna più com’è stato, anche se è suc- suale; perciò i Rani, con la loro forse, parleremo in seguito. quale si trovava Al a volte potes- la sua nonnarella. Ecco che cosa nana danzante, che ballava sfre- cesso poco tempo fa. L’amore impetuosa semplicità, ci cascano Con la nonnina invece era in se rispecchiarsi, cambiava mol- le insegnavano! I genitori si con- nata sul montarozzo umido den- gira attorno a quello stesso centro e si lasciano abbindolare più fa- corso una guerra di nervi ai mas- te cose. Se una parte qualsiasi di sultarono brevemente e iniziaro- tro cui mia madre giaceva, senza con cui ti fondi; dopo, ti ritrovi cilmente degli altri. Non esisto- simi livelli. Ad esempio: non ac- Al (sia pure un riflesso) si trova- no a dare la caccia a Olja. La cer- poter uscire di lì. La mamma di- nel mondo come in una località no caratteri più opposti di quel- cettare da lei caramelle, peggio, va all’esterno, ne conseguiva che carono. Non troppo a lungo. E, ceva che la nonna, in realtà, era sconosciuta, in una periferia in- li dei Rani e dei Mani. Tra loro sputare la carne della minestra Al non era più il centro. Le cose come al solito, non la trovarono sua mamma. Mi dispiaceva che vasa dall’erba. non ci sono quasi punti di contat- (non masticata fino in fondo, per- non erano uguali a se stesse. Ov- da nessuna parte. E poi successe le fosse andata così male. La mia Uno di loro giace sulla schiena to (a parte i luoghi comuni e, lo ché filamentosa) nel gabinetto, viamente, non nello stesso senso una cosa terribile. La mamma si mamma era molto meglio: alme- nella via sorda, cerca invano di ammetto, il sistema burocratico attendere nascosta sotto il tavolo di quando lei e la sorellina vesti- sdraiò sull’ottomana, il papà pre- no era bella, non aveva il volto aggrapparsi al corpo della mac- complicatissimo). Il senso della la sua apparizione e agitare su di vano il gatto Dymša con gli abi- se Al per il braccio e la mise col così allungato come Nano-Naso2 china, si rialza a fatica dall’asfal- famiglia in questa città è invio- lei la falda grigia di una bacchet- ti della bambola Katjuša; con la volto alla parete. Alle spalle di Al e non mi voleva ancora seppelli- to. Sotto la luce dei fari un volto labile. Ogni anno, ilventiquattro ta, nella quale abitava uno spiri- cuffietta, tutto baffuto, lui s’infu- qualcosa scricchiolò, poi tintin- re nella terra e saltarci sopra, per- tutto insanguinato, capelli lunghi, di dicembre, loro si riuniscono e to. A questo spirito sovrintende- riava, ma poi veniva domato. Nel nò e poi arrivò come una specie ché non ne potessi uscire. Alla seno superbo, tra le gambe gla- stanno a tavola fino al mattino, va la sorella, che spingeva Al a caso del gatto Katjuša, tutto som- di dolore. Ossia, avrebbe dovuto sola idea iniziai a soffocare. Pre- bre e scomposte il membro, co- una portata dietro l’altra, ciascu- forza nella stanzabuia e evocava mato era evidente che si trattava essere dolore, ma Al non lo sen- si a inghiottire l’aria. Il campo in lor mattone. Un povero centauro, no nella sua sconfinata famiglia, lo spirito, agitando bruscamen- di una mascherata; Olja invece tiva. Al, cioè io, ormai, si vol- fiore cominciò a ondeggiare e io che tenta di compensare l’assenza teneri coniugi traditori, nonne, te la bacchetta. Ma una volta la rimaneva sempre Olja, come una tò indietro,verso la mamma che caddi di piatto. di una chiarezza centripeta con la bisnonne e perfino bisnonni, per- bacchetta (dimenticata dalla so- grandezza costante. guardava dalla sua loggia la pla- sua tragica audacia, che è la paro- ché, a differenza dei Rani, i Mani rella) come il bastone di Aronne, Il centro che dà un’occhiata tea della stanza. La mamma con- dia di qualunque chiarezza. Dio sono vitali e imperituri. In gene- fu portata fuori dal suo angolo alla periferia cessa di essere cen- templava tranquillamente come solo sa che cosa combiniamo rale, la mia prima impressione fu per scacciare, in un sacro soffio, tro, viene contaminato dall’am- la cinghia danzante sollevasse nella più inaccessibile periferia che, nonostante i principî rivo- il male dalla nonna, che si era ap- biente circostante, come un fiore. folate di vento e come i nastri az- di noi stessi; solo i lebbrosi e gli luzionari del passato, si trattasse postata. Bisognava agitare su di Tuttavia, senza di lei esso è im- zurri da lei legati ancora ieri flut- spavaldi lo sanno. Nonostante il di una società inerte e soffocan- lei la bacchetta animata dallo spi- pensabile. Così, rifluendo l’uno tuassero dalle treccine arruffate. mondo sia andato in frantumi da te, intenta a rincorrere la propria rito, spezzare i suoi incantesimi e nell’altra, essi si scambiano la C’era naturalmente qualcosa di tempo e tutti sappiano tutto, an- coda. Però, per la sua bellezza salvare mamma e papà. Accadde loro massa, come una stella gi- ignominioso in quello stare in cora oggi in alcune città del sud e irripetibilità, questa città non proprio nei pressi della sua stan- gante con una nana. Nel mondo piedi col volto rivolto al muro. Il 1-Košej l’Immortale, figura ti chiedono se hai il fidanzato e teme rivali al mondo. E così, per- za. Lei si contrasse e cominciò a delle banali opposizioni binarie, centro che si trovava in Al, cioè del folklore russo se nel corso di qualche festa par- dendomi di vista sempre più, ho sibilare, ora avanzando, ora re- volente o nolente, finisci col pen- in me, come una luce disinne- 2-Protagonista di una favola li a lungo con qualcuno che non finito per amare anche i Mani. Il trocedendo... ma l’accordo era di sare al centro. Per il nostro piatto scata, si rattrappì per un istante. dello scrittore tedesco è lui, cominciano tutti a sentirsi mio sguardo rettilineo non pren- in imbarazzo, lo stesso ‘fidanza- deva in considerazione tortuosità to’ torna a casa sconcertato e la e caverne; eppure proprio in esse, gente del posto ti guarda con un talvolta, nasce la vita. Il loro cini- immagine di Chantal Nau malcelato sorriso. smo ha resecato i cocuzzoli della mia magniloquenza – buona, in La mia città del sud, dove sono fin dei conti, neanche a condire capitata qualche anno fa, posse- l’insalata. deva una lunga storia. Già dal Il tramonto si stava diffondendo nome però appariva lampante nel cielo e, in effetti, solo la so- la sua incongruenza con se stes- vrabbondanza d’acqua della mia sa. Che rapporto aveva con quel città natale doveva impedire alle glorioso passato? Col centro del lacrime di scendere. Perché pro- mondo – concetto elaborato da prio in quel momento vidi come lei stessa per la prima volta, tra- una pioggia improvvisa, facendo sformando l’universo abitato in straripare le vasche delle fonta- provincia e irradiandosi in tutte ne, scorresse dalle vele tese degli le direzioni? ombrelli. Mentre ero impegnata Una volta era piena di giardini a asciugarmi le guance, arrivò il e di orti e anche adesso, ogni tan- mio quarantesimo compleanno. to, ricorda la campagna. Solo in Possibile che un giorno avessi tempi assai recenti il sindaco ha potuto dubitare che sarebbe mai vietato di tenervi animali da cor- accaduto un tale evento? tile e uccelli, nonostante, come un tempo, raccogliessero la mes- Ovviamente, come tutti i bam- se degli alberi da frutto e talvolta, bini, Al si sentiva stabilmente al alle quattro del mattino, un for- centro dell’universo. Un centro sennato gallo emettesse di con- dove, fra l’altro, udiva più spes- trabbando il suo chicchirichì. so la parola ‘pigrizia’ che il verbo Il popolo che l’abitava tendeva ‘stabilirsi’, ossia un posto dove al meticciato. La sua lingua era tutti sono svogliati, pigri, prigio- rozza e oscura. I suoi costumi, in nieri. Il centro che aveva trovato gran parte, selvaggi. Il suo carat- spazio in Al era tuttavia alquan- tere, all’apparenza bonario, si ri- to misterioso: un centro segreto. velava sospettoso e chiuso. Con- Pareva che tutti si fossero mes- quistarsi la sua fiducia pareva si d’accordo appositamente per difficile, se non addirittura im- far finta di niente, per non rive- possibile, soprattutto se non pos- lare dove si trovasse esattamen- 34 sud 4/5.

DIALOGO SULLA FANTASIA Gianni Celati risponde a Massimo Rizzante

Ever let Fancy roam, malati e ospedalizzati nella cono- Aristotele quella parola riguarda il positati nella cera. Aristotele chia- coinvolga tanto. Questa idea della fondamentale era: in che modo il Lascia sempre vagar la Fantasia, scenza cosiddetta razionale. È da fatto che attraverso i sensi noi sia- ma in due modi le immagini della conoscenza è così falsa da diven- nous, intelletto unico e separato, Pleasure never is at home. qui che dobbiamo partire? mo affetti da quello che ci sta attor- mente: uno è phantasma e l’altro tare una galera del pensiero, per- partecipa nei singoli individui af- Il Piacere non ha casa in cui stare. no, e di qui si formano le immagini è phantasìa – dal verbo phaìnomai, ché nasconde tutto l’aspetto emo- finché tutti singolarmente giun- At a touch sweet Pleasure Gianni Celati della mente, che lui chiama phan- ‘mostrarÈ, ‘far vederÈ – dunque tivo della faccenda. Ci nasconde giamo a conoscere? Ciò non toglie melteth Negli ultimi tempi mi è capitato tasìa. Le immagini che portiamo ciò che si mostra in noi come fi- che per aprirsi alla comprensione che da Aristotele fino all’arrivo di A un dolce tocco il Piacer si dis- di vedere alcuni film che sono con- nella mente, dice Aristotele, sono gura, figurazione. Anche in italia- di qualunque cosa occorre sempre Cartesio la formula «Nihil potest solve siderati di fantasia, come Il signore una combinazione di ciò che per- no il fantasticare, le fantasticazio- compiere proiezioni immaginative homo intelligere sine phantasma- Like to bubbles when rain degli anelli e Harry Potter. In modo cepiamo o abbiamo percepito at- ni indicano un figurarsi le cose che per figurarsi quello che non riu- te» risultava naturale... pelteth inconfondibilmente anglosassone, traverso i sensi e ciò che opiniamo è indistinguibile dal pensare, un sciamo ad afferrare. Queste proie- Qual bolla d’aria nella pioggia la fantasia qui è data come un re- con l’intelletto. In un trattato sulla pensare-immaginare. Per indica- zioni sono modi di interpretare le Gianni Celati battente. gno del torbido, del mostruoso, an- memoria dice che sono oggetti di re l’assorbimento nel pensare-im- cose ma anche investimenti emo- L‘idea che non esista nessun atto Then let wìnged Fancy wander che dello sporco e del polveroso. memoria quelli che cadono sotto maginare, la parola francese rêve- tivi, legati ai fantasmi della men- intellettivo senza una figurazione Lascia dunque che vada l’alata Il pragmatico mondo anglosassone l’immaginazione, dunque immagi- rie è quella più usabile, anche per te, ossia alle nostre aspettative o immaginativa si trova nel De ani- fantasia vede la fantasia come una zona tor- nazione e memoria non sono mai come l’ha usata Gaston Bachelard illusioni. I Greci non avevano una ma di Aristotele. Quell’idea appar- Through the thought still spred bida della psiche da dominare con separabili. Ricordare vuol sempre in alcuni libri fondamentali su certi parola per dire conoscenza, ma ne tiene a una visione della vita che beyonder her. la razionalità. Questo compito ora dire anche immaginare la cosa ri- tipi di rêveries. Una delle cose che avevano una per dire intellezione: non contemplava ancora la sepa- Attraverso pensieri lanciati oltre è affidato all’onnipotenza della tec- cordata, dunque in qualche modo mi colpiscono sempre è l’assorbi- noèsis. La noesi è per Aristotele un razione tra ciò che diciamo sog- i suoi limiti. nologia, con i suoi effetti elettroni- re-inventarla fantasticamente. È mento dei bambini quando deb- modo di ricezione o di percezio- gettivo e ciò che diciamo oggetti- Open wide the mind’s cage door ci che possono dominare la psiche anche l’idea di Giambattista Vico, bono scrivere qualcosa, e prima di ne, perciò l’intelletto deve essere vo. Noi viviamo nell’epoca in cui Spalanca la gabbia della mente di tutti. La separazione tra fantasia il quale diceva che «la memoria è scrivere li vedi concentrati in una come una lente, ossia una traspa- la separazione tra il soggettivo e ShÈll dart forth and cloudwart e realtà è ricondotta a quella tra l’istesso della fantasia»; e diceva rêverie, che è il normale modo di renza attraverso le immagini. Le l’oggettivo è addirittura violenta, soar... mondo soggettivo e mondo og- che la parola «memorabile» vuol farsi venire in mente delle idee. immagini danno al pensiero la po- col risultato che siamo tutti ‘per- Ed essa saetterà planando fino gettivo; e questa separazione sot- dire «una cosa da potersi immagi- Vico pone chiaramente che tutti tenza della passione, perché, dice sonalità divisÈ, con un dentro e un alle nuvole. tolinea che le fantasie ‘non sono nare». Vico sostiene che un buon questi fenomeni di fantasticazione Aristotele, tutto il sentire dei sensi fuori quasi sempre inconciliabili. John Keats, verÈ perché esulano dalle ‘verità lavoro del pensiero sia quello im- corrispondono a un uso regressi- e ogni percezione delle cose cor- Cosa vuol dire soggettivo e ogget- Fancy [Fantasia,1820] scientifichÈ. Bisogna ripartire di maginativo, per ripercorrere i pro- vo del pensiero, ancorato a quel- risponde a una forma di passione tivo? Per Cartesio sono due regimi qui, mettendo in dubbio che esi- cessi che hanno dato origine a cer- lo che lui chiama sapienza poetica. – ossia ad uno stato ricettivo con separati: corrispondono alla diffe- Massimo Rizzante sta questa separazione netta tra il te forme fantastiche, secondo stadi «Il più sublime lavoro della poesia cui ci apriamo. Non è dunque nel- renza tra anima e corpo, tra pensie- «Sembrerebbe che i narratori mo- mondo immaginato o fantasticato della vita sociale. E la scienza che è a dare senso alle cose insensa- la forma bruta dello scambio di in- ro e cose esterne. Il soggettivo è il derni non capiscano più cosa si- e quello che viene dato ufficial- si occupa di queste cose, la chiama te», dice in un famoso passo, «ed è formazioni che alla fine capiamo nostro pensiero che pensa il nostro gnifichi raccontare l’altro mondo, mente come mondo reale quotidia- «sapienza poetica», che vuol dire proprio dei fanciulli prendere cose qualcosa, ma nel processo imma- essere. L’oggettivo è l’essere del- quasi che fossero permanentemen- no. Noi ci serviamo della fantasia scienza delle forme fantastiche con inanimate e trastullarsi con loro ginativo con cui mi proietto verso le cose esterne che possono essere te ospedalizzati in questo mondo tutti i momenti per interpretare le cui gli uomini si intendono nella come se fossero persone vive». I un oggetto che mi appassiona, che pensate come idee chiare e distinte. e nella cosiddetta ‘realtà’, di cui il cose, cercando di capire quello che vita comune. Perché gli uomini si bambini non solo inventano storie si configura come un’esperienza e Cartesio insiste che questo avviene loro linguaggio deve essere al ser- è fuori dalla nostra portata. E tutto intendono sempre attraverso quel- per farsi un’idea delle cose che re- una passione. senza contributi dei sensi e dell’im- vizio. Perciò quasi tutti i romanzi il nostro sistema emotivo dipende lo che possono immaginare, e van- stano fuori dalla loro portata, ma in maginazione. Il suo famoso esem- in circolazione debbono mettere da come immaginiamo ciò che sta no sempre in cerca di altri con cui loro il fantasticare va assieme alla Massimo Rizzante pio è quello del triangolo, che di avanti un progetto di dire qualco- sotto i nostri occhi. Quando abbia- condividere le loro proiezioni im- tendenza a toccare, a giocare con le Volevo, se mi permetti, riporta- fatto non esiste nella realtà, ma noi sa di drammatico su questo mon- mo paura, quando siamo a disagio, maginative. E se non riescono più cose, a esplorarle con le mani. E il re un passo di Aristotele, tratto da lo portiamo in mente come un’idea do, sulla ‘realtà’, per poter essere quando siamo in pericolo, quando a farlo diventano orribilmente av- fantasticare ha questo di essenzia- un’opera da te già citata in prece- chiara e distinta, cioè oggettiva. presi seriamente». Quando ho co- facciamo progetti, entra in gioco viliti e odiano la vita. Gaston Ba- le: che è come un fenomeno tattile, denza, Della memoria e della re- Non c’è bisogno dell’immagina- minciato a leggere il tuo ultimo li- l’atto di fantasticare. Quando sia- chelard l’ha detto: «L’immagina- come se noi ci orientassimo tattil- miniscenza – fra l’altro riportato zione per pensarlo, dice Cartesio, bro, Fata Morgana (2005), sorta di mo innamorati non facciamo che zione aumenta il valore della real- mente fra ciò che resta impensato. da Maria Corti nel suo studio sul- perché non è un triangolo specifi- resoconto etnografico su una po- ripassarci nella testa il film delle tà». l’inventio dantesca. Eccolo: «La co, grande o piccolo, rosso o nero. polazione mai esistita, mi è subito fantasie sull’altro. L’atto di fanta- Massimo Rizzante memoria, anche degli intelleggibi- È un modello ideale astratto, ed è venuto in mente Gulliver, e tutta sticare è così comune che lo diamo Massimo Rizzante Il tuo discorso è chiaro: è neces- li, non è senza immagine... È chia- attraverso modelli astratti che si una tradizione narrativa semiseria per scontato. Però se si inceppa, Potresti portare un esempio con- sario tornare a una nozione di fan- ro dunque a quale parte dell’anima realizzano i processi di oggettiva- di viaggi fantastici e luoghi intro- c’è un campanello d’allarme che creto di questo uso della fantasia tasia che non coincide esattamen- appartiene la memoria, cioè a quel- zione che chiamiamo verità scien- vabili che probabilmente risale agli è la noia, come l’altra faccia degli che da Aristotele a Vico è così inti- te con quella di immaginazione; la cui appartiene anche l’immagi- tifiche. Ma il fatto è che noi non vi- inverosimili racconti di Luciano di slanci di fantasticazione. mamente legato alla memoria? quest’ultima, nata dopo Kant, ha nazione: sono oggetti di memoria viamo dentro a modelli astratti, noi Samosata. Poi ho scovato nei miei chiuso i ponti levatoi sull’aisthe- per sé quelli che cadono sotto l’im- siamo buttati nel mondo e ci arran- appunti la citazione sugli scrittori Massimo Rizzante Gianni Celati sis, sulla sensibilità e i suoi stati, e maginazione, per accidente, poi, giamo con le proiezioni immagina- ospedalizzati nella realtà. È stral- Che cosa si deve fare per libe- Ho in mente la facciata dell’Al- si è rinchiusa nella fortezza dello quelli che non sono separati dal- tive per capire come vanno le cose. ciata dalla tua Prefazione a La mi- rarsi da un’idea di fantasia intesa bergo Accademia, qui a Trento spirito, della ragione, della scien- l’immaginazione». L’immagina- Al tempo stesso il modello astratto seria in bocca di Flann O’Brien, come irrealtà, a cui credo faccia da dove sono alloggiato. Ho in mente za. Fin quando ha avuto un forte zione – che qui andrebbe tradotta realizza un’intellezione funzionale, libro uscito nel 1987. Anche la pendant un’idea di realtà concepita la curva in una strada che ho do- legame con la memoria, la fantasia con la parola fantasia – ha secondo su cui non dobbiamo più intender- vena satirica di O’Brien è profon- secondo i canoni intimidatori della vuto fare per arrivarci. Tutte que- ha partecipato al processo cogniti- Aristotele, e come avevamo già af- ci figurandoci le cose, e la passione damente fantastica: O’Brien non si vulgata scientifica? ste cose le ‘porto nella mia mentÈ, vo dell’uomo (penso a Montaigne, fermato, la funzione di regolare il percettiva non ha più senso. fa nessuno scrupolo, alla stregua sono immagini con cui mi oriento ad esempio). Questo mi sembra il flusso che viene dai sensi e che va di Swift, a trasformare l’ospedale Gianni Celati in modo pratico nella vita quoti- punto essenziale: possiamo rida- verso l’intellezione. Ora, in termini Massimo Rizzante della realtà in un asilo per pazzi. Di solito questo compito è affi- diana. In un testo bellissimo, il De re valore alla nozione di fantasia filosofici c’è un problema che solo La malattia dell’Occidente, affer- Lilliput, l’altro mondo sottomari- dato alle attività cosiddette esteti- anima – insieme all’altro suo testo se ridiamo alla fantasia la sua fun- in età moderna sarà risolto, ovvero mi, è quella dell’astrazione. La ma- no delle antiche fiabe gaeliche, la che, come un ghetto per gente in che si intitola Della memoria e del- zione perduta di regolatrice della spazzato via (su questo tema sarò lattia dell’astrazione, tuttavia, è una tua valle dei Gamuna sono luoghi cerca del bello. Io però non credo la reminiscenza – Aristotele cerca conoscenza umana, di scrigno di per sempre debitore al saggio di malattia antica, che risale agli al- inverosimili, eppure ci raccontano all’estetica, non credo a una scien- di spiegarsi come succede che noi forme ricevute attraverso icinque Giorgio Agamben Infanzia e sto- bori del razionalismo moderno e ai qualcosa di vero. La conoscenza za del bello. La parola ‘estetica’ portiamo in mente le immagini, e sensi, di mediatrice tra corporeo e ria, pubblicato per la prima volta sogni di Cartesio... Una malattia più fantastica ieri come oggi non è mai viene dal greco aisthesis, che indi- fa l’esempio della tavola di cera incorporeo. Mi sbaglio? nel 1978). Per i Greci il soggetto recente è quella che Milan Kundera stata presa sul serio dagli uomini, ca la sensibilità, la sensazione. In che conserva le tracce dei segni de- dell’esperienza – risultato di sensa- ha definito nel suo ultimo saggio, Gianni Celati zioni, impressioni e ricordi – era Il sipario, come «morale dell’ar- Nel modo in cui viene usata oggi, il senso comune, il quale apparte- chivio», e che io, molto modesta- la parola ‘conoscenza’ dà l’imma- neva a ogni individuo. Il sogget- mente, chiamo enciclopedismo: un gine di uno che fa i quattrini e poi to della conoscenza, come tu hai assurdo proliferare di informazioni li mette in banca. È l’idea d’un sa- appena detto, era invece il nous, il e saperi, un’accumulazione senza pere neutro che posso mettere da quale, unico e divino, risultava se- freni di libri nel tentativo di abbrac- parte come pura informazione, per parato dall’esperienza. Per i Greci ciare un Tutto, di cui – paradosso capitalizzarlo nel mestiere che fac- perciò il vero problema della cono- nel paradosso – da almeno un seco- cio. E l’informazione è intesa come scenza non era legato al rapporto lo, si predica l’inesistenza. Il risul- qualcosa che posso immagazzina- fra soggetto e oggetto, ma a quello tato, al di là di un facile idillio con ETICA re a piacere, senza che questo mi fra Uno e molteplice. La domanda un falso concetto di eguaglianza, foto di Rafaël Ide RIVISTA EUROPEA REVUE EUROPÉENNE EUROPEAN REVIEW EUROPÄISCHE ZEITSCHRIFT REVISTA EUROPEA sud 35

è che più concepiamo la memoria PIETRO SI ALLONTANA come archivio, più la nostra capa- Walter Nardon cità figurativa, rammemorativa e reminiscente, viene meno. Pietro uscì dal ristorante e pre- Gianni Celati se la strada per i campi. La casa cui viveva: tornava a interpretar- oppure di fine inverno, quando In mezzo al vento, risalendo te da piogge e mani rese appic- Quasi in apertura della Critica del consigliere, l’ultima in fon- lo, per rimanerne sempre più sot- lo si giudica una delle prove del verso la piazza, aveva sentito dei cicose da pubbliche maniglie: della ragion pura, Kant dice che do al piano, distava a piedi poco tilmente deluso. risveglio della vegetazione. Nel rumori provenire da un cantiere. solo la dolce nostalgia – prima, un concetto senza immaginazio- meno di dieci minuti. La stagio- Le gambe delle donne non gli pomeriggio, continuava a fare Gli operai stavano finendo di la- durante e dopo – di lei che non ne è un concetto vuoto. Concetti ne, stando alle indicazioni del erano mai sembrate l’attimo che molte camminate con la moglie, vorare. I garage aperti, la corrie- esiste e pure c’è, la sua città in- vuoti sono ad esempio certe astra- barometro, si era stabilizzata: il svanisce; piuttosto, molte possi- tagliando per i sentieri che corre- ra ferma proprio in quell’istante teriore, frequentata perlopiù (a zioni usate come puri segni d’au- tempo non accennava a migliora- bilità che potevano aprirsi, rive- vano attraverso i prati. alla stazione. Camminava con parte lui) da rade figurine appe- torità con cui si crea una situazio- re. Sul vecchio asfalto della stra- larsi, tante ipotesi sul futuro, cia- Le cose andarono più o meno una certa gioia in corpo, senza na vive, quasi immobili, sbalzate ne coatta di ricezione. È tipico dei da di campagna, qua e là, alcu- scuna esclusiva. Pensava soprat- in questo modo. Trattenendo- aspettarsi nulla. lì da chissà quale plastico ormai discorsi dei professori universitari, ne depressioni del manto si erano tutto alle donne di paese o di pe- si qualche giorno in più rispetto andato perso (per sempre, va da dei discorsi degli esperti sui gior- rotte, formando dei buchi sotto i riferia, vestite a festa, nelle quali alle previsioni, giunse a lasciar sé), opera, in tempi remoti, di un nali o alla televisione. I nostri po- quali si intravedeva la terra. si leggeva l’intenzione dell’ele- cadere la sua candidatura: con- V. progettista in erba senza nome. litici sono maestri di questo gene- Dopo molti anni nell’ammini- ganza e nel contempo il corpo corse senza premere per la vitto- Poco dopo Pasqua era usci- Così era, e lui l’amava. Tan- re di astrazioni a vuoto. Come il strazione, era arrivato il momento della contadina. Il loro era stato ria, e di conseguenza perse (ono- to con i suoi compagni per un to che, quando lei gli appariva meccanismo funzionale cartesiano, di lasciare l’incarico. Aveva resi- un futuro nascosto, oscuro, forse revolmente, come gli fu dato di giro in centro. Erano andati in da sveglio (e magari per strada, così le astrazioni degli esperti non stito molte volte a quella che ave- altrettanto vivo del suo. constatare). un ristorante che aveva la sala per davvero, lui stretto al lombo sottintendono una necessità di in- va mostrato di vivere come una Quando era uscito dalla clini- Su quelle strade di montagna al piano interrato, una di quelle destro di una fanciulla odorosa), tendersi attraverso processi imma- tentazione: la possibilità di vede- ca con sua moglie, che portava in gli sembrava di aver ripreso in che avevano scelto per far tardi. più volte si sentiva un traditore, o ginativi, o passioni percettive. Le re le proprie intenzioni giunge- braccio la loro prima figlia, inve- mano qualcosa che aveva inco- Durante la cena avevano parlato meglio: il solito, inguaribile rea- astrazioni degli esperti sono come re a buon fine. La decisione, cui ce di salire subito in auto erano minciato pochi anni prima. Per di varie cose, degli stabilimenti, lista. la voce di Dio che viene giù dal cie- ora era arrivato senza rimpianti e andati a sedersi nel parco vicino, questa ragione, dopo una serie di della possibilità di lasciare la car- Ma che altro è il realismo se lo, e tu la ascolti intimidito. Quel- senza alcuna conseguenza, si era per vedere i ragazzi che correva- riflessioni, negli anni successivi riera militare per farsi rappresen- non una senile vocazione alla ri- lo dell’assoggettamento all’astratto rivelata inattesa. no e le poche anatre dello stagno aveva considerato i suoi perio- tanti, di viaggiare nei paesi stra- nuncia? come condizione coatta è un pro- Il tempo dell’abbandono varia, artificiale. Voleva mostrare alla dici avanzamenti quali determi- nieri e avere finalmente l’oppor- Il sole piatto dell’adolescen- blema dei tempi moderni sempre di di volta in volta, in modo inde- nuova nata un’immagine serena nazioni felici di quel soggiorno. tunità di conoscere nuove terre e za girò a ponente, l’amore rive- più acuto. finito. Il momento che lo prece- del mondo. Era entrato da poco Ora comprendeva cosa questo nuove donne. lò un’implicazione fisiologica de spesso non risolve ciò che sta nell’amministrazione. avesse significato. Rientrando in collegio, prima (il suo tallone d’Achille), l’ispi- Massimo Rizzante maturando in un gesto solenne: Andando dal consigliere per di salire, si erano fermati a lun- razione diventò una questione di Il vero problema perciò non è, è piuttosto il processo che con- III. affidargli le ultime verifiche sul go in strada sotto un lampione, bronchioli e un giorno lui, così come invece i sociologi cercano di serva una sua dignità, la dignità bilancio rivedeva con sguardo a qualche centinaio di metri dal inalando, sognò a occhi ben aper- farci intendere da due decadi, quel- del mutamento, tanto che l’addio La prima gita con sua moglie, indulgente il rimorso che per un dormitorio. Erano andati per un ti: la nuova strada, vista dall’al- lo della realtà virtuale opposta alla si mostra come la forma più evi- quasi un anno dopo il parto, li po’ aveva provato, il rimorso per po’ avanti e indietro, prendendo a to, era delimitata sui lati da due realtà concreta, ma quello del pe- dente del divenire. aveva portati in una località sviz- essersi costruito in modo tan- calci un sasso che avevano trova- edifici in mattoni. Sulla parete di ricoloso sganciamento della virtù Sulla piazza si era fermato un zera, in un albergo di montagna, to plateale la giustificazione che to fuori del ristorante. Poi si era- quello di sinistra, a mezza altez- fantastica dalla memoria, ridotta ad po’ a osservare gli autotreni del del quale ricordava ancora la fac- aveva presieduto all’indirizzo e no messi a parlare. za, un uomo a petto nudo si is- archivio. Che ne è allora della figu- trasporto del latte. ciata da poco ridipinta di rosa. agli sviluppi di una carriera ordi- Più tardi, in camera, era rimasto sava a gran fatica aggrappato a razione? Che rimane in questa si- Quel che per molti anni aveva Aveva delle camere accoglienti, nata e regolare. seduto sul letto a pensare. Rive- una corda che aveva lanciato in tuazione della nostra capacità di far considerato come il residuo del un letto su cui erano tornati a fare deva un paesaggio di montagna. alto, agganciando con un robu- vivere nella mente ciò che non è lavoro d’ufficio ora lo portava a l’amore con molto estro. La sera, Qualche anno prima, a capodan- sto uncino la sommità di quella presente? Che ne è, a questo punto, sbrigare le faccende più in fretta, prima di cena, uscivano lungo le IV. no, con la fidanzata e alcuni ami- che noi, da quassù, vediamo es- della nostra capacità di immaginare per poi uscire in mezzo ai campi, strade, fra le bancarelle dei com- “I miei rilievi sono poca ci, facendosi strada nella neve sere nient’altro che un’enorme storie e romanzi? sui sentieri, dove non poteva più mercianti di cartoline e di altri cosa. Hai fatto un buon lavoro” caduta sul sentiero, erano scesi a vasca di mattoni piena d’acqua. essere raggiunto. souvenir. disse al consigliere. Questi non vedere l’alba sul lago ghiacciato. In cima all’edificio di destra, sul- Gianni Celati Sul tratto di pianura non Durante quelle passeggiate lo ascoltava, guardava dalla fine- Ma erano scesi troppo presto. Fa- l’arida terrazza, una donna nuda La narrativa d’oggi è ormai edificato che scendeva verso le avevano incontrato il consigliere stra. In questa parte di terra, fra le ceva freddo. Ricordò ancora per dal volto sfigurato sporge verso un’appendice dell’informazione case nuove si trovavano ancora e sua moglie, arrivati anch’essi case, c’era molto vento, solleva- un attimo il lungo riflesso della la strada il seno prosperoso, men- giornalistica. È difficile trovare un parti di terreno incolto, strisce nella località termale per trascor- va i pezzi di nylon che coprivano luna sul lago, dietro un cielo opa- tre un braccio ritorto all’indietro romanzo d’oggi che non si appel- intermedie fra un lotto e l’altro. rere qualche giorno di vacanza. i mucchi di legna appena scarica- co. affonda la mano tra le natiche. La li all’attualità. Ecco l’autore ba- Poi, sul pendio, i vecchi campi Poiché il tempo non era favore- ta. La moglie del consigliere pre- strada è molto corta: subito oltre sco che scrive il romanzo sul ter- coltivati, come molti anni prima. vole, si erano spesso ritrovati a parava il tè. Per molto tempo, an- i due edifici è già finita, sfocia in rorista dell’Eta, e quello irlandese Per qualche giorno, camminare sulle strade che col- dando a casa loro, si era sfogato una secante oltre la quale si erge, che scrive il romanzo sul terrorista mentre camminava, era arrivato legavano una frazione all’altra raccontando del comportamento serrando il nostro orizzonte, un dell’Ira e l’autrice americana che a credere di essere prossimo alla del comune. Non fosse stato per delle figlie, ma non aveva alcuna edificio a scaloni di cui non si scrive il romanzo sulle congreghe fine. Poi si era accorto che qual- la puntualità con cui osservava- voglia di parlare di loro. Avrebbe LA CITTÀ DENTRO vede la fine (un tormento per l’iri- di pedofili, e l’autore italiano che cosa, una cosa modesta, non la no l’orario dei pasti, si sarebbero voluto uscire e mettersi in mar- Stefano Zangrando de nostalgica). Davanti all’edifi- scrive il romanzo su certi tipi della terra o le fabbriche intorno, era potuti credere finalmente liberi cia, nel bosco, fino al paese vi- cio, a gambe larghe, un gigante mafia. Sono libri che il lettore leg- finito davvero. dagli impegni. In quei giorni cer- cino. Se lo era ripromesso molte ossuto, nudo anche lui, appoggia ge come se fossero commenti a una Il passato, colto, per così cava di convincersi a non con- volte. Voleva fare un giro e poi Anche lui ne aveva una, come le braccia magrissime all’indie- realtà di fatto. Qui però la ‘realtà’ dire, in un’estensione discreta, si correre alla carica di consulente tornarsene a casa. tutti. E sognava, qualche notte, tro, sugli scaloni, spingendo in indica solo modi di vedere gior- riassumeva in alcuni tentativi di generale. Sorrideva ripensando al giorno di esser lì: a piedi nel suo grem- avanti un inguine piatto e chiuso, nalistici – i modi dell’attualità – il capire il suo lavoro, tentativi che Girando per quei piccoli cen- in cui, molti anni prima, duran- bo indifferente, da solo nell’am- asessuato, attraversato nel mezzo tutto categorizzato secondo il cri- avevano dato luogo ad una serie tri, i prati e i pochi campi che si te una di quelle rare passeggiate niotico silenzio di un ambiente: soltanto dal filo grezzo di un tan- terio del ‘nuovo’. Per i giornali i imperfetta e non priva di comici- facevano ancora coltivare gli su- vicino a casa, si era improvvisa- la solita stazione terminale, per ga per giganti indossato rovescio. fatti hanno valore solo quando ca- tà. scitavano una strana impressione mente rifugiato con sua moglie in esempio, vuota e quadrata come Ma è davanti alla parte bassa del dono nella categoria del nuovo. Il di equilibrio, che sembrava ori- un casale, dove si erano stesi su un’ampia piscina coperta, e sem- disegno, dove la strada in pro- nuovo è un dogma ma anche una II. ginata, più che dall’espressione un materasso senza badare a ciò pre di un solo colore (gialla o spettiva è più vicina a noi, che lui continua intimidazione, perché tutti di un singolo, dalla cura che cia- che li circondava. grigia secondo la luna, ma sem- dovette arrendersi al mistero: fic- dobbiamo aver paura di essere vi- L’ultima volta che era stato a scun proprietario conservava per Il consigliere si stac- pre brulla, in cemento grezzo: cato in una tavola di legno mossa sti come dei sorpassati dal nuovo, pranzo da loro, pochi mesi pri- il suo fondo. Guardandosi attor- cò faticosamente dalla finestra e in omaggio sognante al suo lato da quattro rotelle, un busto senza il che nel mondo attuale vuol dire ma, la moglie del consigliere gli no, gli sembrava il risultato più andò a sedersi. Cominciò a par- nascosto), la solita dura terra di gambe si alza verso di noi pro- essere scarti senza valore. A questo aveva detto qualcosa che lo ave- alto di una civiltà raramente toc- largli delle proprie difficoltà, che nessuno dove perdere treni mai tendendo le braccia e mostrando- proposito c’è qualcosa di illumi- va colpito circa l’abitudine de- cata dall’arte. Lo sforzo che l’uo- conosceva bene, della necessità visti partire (e un po’ morirne) o, ci i palmi tesi delle mani avvolte nante nel Don Chisciotte, dove si gli uomini di osservare le gambe mo aveva operato per ordinare la di incontrarsi più spesso per di- più spesso, agganciare all’ultimo in guanti alla Mickey Mouse, con affaccia per la prima volta la que- delle donne quando queste cam- natura fino a trarne un’immagine scutere della direzione da prende- secondo, in preda all’ansia, un il risvolto arrotolato al polso; una stione della ‘realtà’, posta in un minano davanti a loro. Quest’im- tanto accogliente finiva quasi per re - ora che lui aveva più tempo interregionale biancastro e qua- cerniera taglia il busto nel mezzo contrasto con l’immaginazione e magine le richiamava la tendenza consolarlo. - e dell’intenzione di continuare a si pieno (c’è una gara all’ultimo e sale fino a un colletto da prete le tendenze fantasticanti. E si af- a cogliere il mondo per come si Tuttavia doveva decidere. coinvolgerlo nelle decisioni, dato sedile, ma lui, chissà perché, non che stringe il collo di un bambi- faccia anche l’idea che il nuovo sia presenta all’istante, e non in pro- Sua moglie, che da qualche che con la sua partenza la strut- vi partecipa); oppure, certe not- no: in bocca tiene un ciuccio, il qualcosa che spazza via le inutili spettiva, come invece lui o suo mese era tornata a occuparsi del tura avrebbe perso in autorevo- ti, il grande viale urbano dai co- naso è tutto in due piccoli buchi, anticaglie (i romanzi cavallereschi marito erano stati abituati a fare. ristornate, aveva sempre credu- lezza. Ma il discorso diventava lori in penombra, ai piedi degli Ray-Ban neri d’annata nascondo- che hanno invaso il cervello di Don Gli era parsa una strana osserva- to che la rinuncia alla carriera di sempre più inadeguato. Il consi- immensi grattacieli (lui piccolo no il suo sguardo, e sopra indos- Chisciotte). Ma, posto questo sche- zione, fatta da lei. Non sapeva ufficiale gli appartenesse più di gliere gli era ricomparso davanti anzi minimo, un figlio bastardo sa un casco da ciclista. Ci guarda ma, dove Don Chisciotte ha sem- per quale motivo aveva collegato quanto lui non fosse disposto a in giacca e calzoncini corti, con dallo sguardo increspato), a po- e, siccome ha il ciuccio, non urla. pre torto, in quanto invasato dalla questo accenno al lato più servile riconoscere. A lui pareva di aver in mano un grande confetto, che chi passi (i suoi) da un incrocio Però tende le mani. Guantate, coi fantasie cavalleresche, poi succede del suo lavoro, all’opportunità di vissuto un periodo confuso, dal leccava con gusto nelle pause del senza più profondità, incastrato risvolti arrotondati. E ci viene in- che sono proprio le sue tendenze attrarre su di sé la benevolenza e quale era uscito con una strana discorso. La moglie, che sem- come l’ultimo tassello di un vec- contro a tutta velocità, senza le fantasticanti ad arricchire di senso di conservarla, cosa che per tanto determinazione per l’economia e brava aver conservato il suo abi- chio puzzle d’infanzia in un oriz- gambe, piantato sulla tavola a ro- il mondo, episodio dopo episodio. tempo non aveva trovato neces- un disamore per la scena pubbli- to inappuntabile dalla vita in su, zonte giovane – bel cielo: utopi- telle. Lui lo guardò per una notte Sono le sue fantasie e riflessioni a saria. ca. Ambire al posto di consulen- serviva il tè in mutande. co, avrebbe detto lui, ma noi di- intera, senza sogni, e non seppe farci intravedere l’aperto mondo Mentre scendeva per i campi te generale lo avrebbe costretto Pietro sentiva che il ciamo: arcadico, col sole enorme rispondergli. sotto l’aperto cielo come la nostra pensava alla coppia che in matti- ora a tener conto dei troppi fat- consigliere gli stava dicendo che e rosso che violenta l’iride (che vera casa. Tutto il Don Chisciotte nata, andando all’ufficio postale, tori che muovevano, nel bene e non ce l’avrebbe fatta a continua- gode) e, obliquamente, la tra- resta un esempio meraviglioso del lo precedeva lungo il cammino, nel male, il consenso che era riu- re e che presto avrebbe lasciato ve nell’occhio di un lontano so- pensare-immaginare, del vedere la allo sguardo svagato della donna scito a raccogliere; a considerare l’incarico. Poi, nel silenzio, lec- vrappasso autostradale. Durante memoria figurale attraverso la tra- verso la vetrina del bar dall’altra il valore che gli veniva attribuito cava il suo confetto. questi squarci, beninteso, i sensi sparenza delle immagini. parte della strada. da chi divergeva dalle sue posi- Fuori il tempo era sem- continuavano a dormire e, con “In un certo senso”, aveva det- zioni. pre incerto, il vento più debole. essi, ogni sana passione per la Parte del dialogo tenuto il 17 maggio to al consigliere, “per il lavoro ho Lungo la strada, in quei gior- L’umidità in aumento. polis: niente smog da lamentare, 2005 alla Facoltà di Lettere e Filosofia sopportato anche troppo”. ni, c’era un forte odore di terra, Dopo aver riposto la taz- né i carboni dei binari a pungere dell’Università di Trento. Rileggeva i tratti del luogo in come in altre mattine di ottobre, za, salutò cortesemente ed uscì. acri le narici, niente pelli lorda- 36 sud 4/5. BARRIERE Angelo Castrovilli Carmelo Seminara (PRIMA PARTE)

Affrontare il tema dell’immigra- sia che come forza produttiva, Pensiamo a chi dalle campagne, La soluzione fu quella di andare Non è per puro diletto che oltre Italia e 5670 dal centro, sud e isole zione, occupandosi di una città rinnovò l’agricoltura, sviluppò nei periodi in cui l’agricoltura ne- ad abitare in quelle parti di territo- centomila persone a Torino se ne (Stefano Musso, La città industria- come Torino può apparire, se non l’industria manifatturiera, creò cessitava di minore manodopera, rio comunale esterne alla cinta da- stiano alle barriere anziché gode- le, in Il sogno della città industria- proprio un luogo comune, per lo un moderno sistema finanziario, trovava in città occupazioni sta- ziaria, ove non gravate dal dazio re gli agi, le comodità e le soddi- le, 1994, p. 18). Apparentemente, meno un avventurarsi su terreni di mentre in campo politico deter- gionali e temporanee. Ad esempio d’entrata si potevano reperire non sfazioni estetiche dei fortunati che soprattutto per le popolose regioni analisi che appaiono oramai esau- minò l’adozione dello Statuto Al- nel settore edile, nella produzione solo abitazioni ad un fitto più bas- abitano al centro. Non è senza si- del meridione, il fenomeno appare stivamente esplorati dalla storio- bertino. in piccola serie e in stabilimenti so, ma anche i generi alimentari e gnificato che il fulgido risorgere risibile a fronte dei flussi migratori grafia, dalla sociologia, tema di Fu questa una stagione molto che lavoravano su commissione di prima necessità spuntavano un della attività industriale di Torino che nello stesso periodo si dirige- film e articoli giornalistici, tanto particolare per Torino che vide e su ordinativi limitati nel tem- prezzo meno elevato che nella cit- coincida col fenomeno demografi- vano ad esempio verso l’America. da divenire, nelle sue linee gene- delinearsi. la prima idea di un po. La tipica stagionalità del set- tà vera e propria. co del rapido addensarsi della po- In realtà è la spia di un movimen- rali, sentire comune. Non è quin- progresso economico che facesse tore edile e l’irregolarità produt- Ecco perché nelle contrade peri- polazione fuori cinta (La Stampa to costantemente alimentato e che di un caso se l’immigrazione ha da supporto al progresso civile e tiva di comparti industriali quali feriche, nelle vicinanze dei varchi 12/1/1912). non avendo provocato modifica- assunto la valenza di stereotipo, stimolasse tutte le componenti so- l’abbigliamento, l’alimentare o il andarono mano a mano sorgendo Tutto ciò trova un puntuale ri- zioni del tessuto sociale è stato ap- che immediatamente sovviene ciali del Paese. Molte radici del- conciario, sovente subordinati ad nuovi quartieri che dalla barriera scontro nei dati dei censimenti che pannato nel suo manifestarsi dalla non appena si affrontano gli ulti- la successiva evoluzione debbono appalti pubblici o commesse spe- traevano il nome: Barriera di Lan- registrano, dal 1901 al 1911, per la immigrazione per antonomasia os- mi cinquanta anni di storia urbana essere ricercate negli assidui con- cifiche, necessitavano di una for- zo, di Francia, di Moncalieri, di zona centrale un incremento della sia quella degli anni sessanta del e sociale torinese. tatti con gli ambienti transalpini, za lavoro di pronto impiego, ose- Piacenza, di Milano…; quartieri popolazionefoto di Francesco da 282.753 Maselli a 310.722 secolo successivo. Questa immi- Con questo non vogliamo di- specialmente francesi, alsaziani, remmo dire con un termine assai nei quali cominciarono a trasfe- (+27.969), mentre nello stes- grazione del primo ventennio del sconoscere o minimizzare il feno- belgi, tecnologicamente più evo- di moda flessibile. Vi era quin- rirsi schiere sempre più numero- so periodo gli abitanti del subur- XX secolo, anche per le sue carat- meno migratorio relativo agli anni luti e individualmente più audaci di necessità di una manodopera se di torinesi e immigrati secon- bio passano da 52.903 a 117.011 teristiche numeriche, non ha de- ’60 del XX secolo e su cui ci sof- (Mario Abrate, Una interpretazio- disposta ad essere utilizzata per do percorsi e modalità già indivi- (+64.108). terminato grandi contaminazioni fermeremo più avanti; vogliamo ne dello sviluppo industriale Tori- brevi periodi. Questi lavoratori duati dai contemporanei. Il molti- L’aumento della popolazione culturali e linguistiche e nemme- però evidenziare come il fenome- nese, in Torino città viva da capi- sovente erano i meno qualificati. plicarsi delle industrie intorno ai non può attribuirsi solamente ad no rilevanti fenomeni di rifiuto. I no migratorio, pur con fasi e di- tale a metropoli, 1980, p.165). Contadini poveri che alternava- maggiori centri, mentre ha creato un naturale accrescimento; quale nuovi arrivati provenienti dal me- versi volumi di flusso sia una pe- Questo per sommi capi era il no il lavoro agricolo con quello di il fenomeno complesso dell’urba- ulteriore causa accanto ad esso si ridione si trovavano in un contesto culiarità storica della città. panorama nel quale prese avvio fabbrica, ove assumevano la veste nesimo, ha posto in gioco altresì deve situare l’accresciuta rilevan- culturale e sociale completamente Senza entrare nel merito della la crescita industriale del regno di operai o manovali trasferendosi le forze naturali, le quali tendono za del fenomeno migratorio. Con- estraneo che, per la frammenta- città ducale, che pure per la sua sabaudo e quella torinese in parti- da un settore produttivo all’altro e ad attutire gli inconvenienti, senza tinuava, è vero, il costante afflusso zione linguistica del paese, in cui specificità di capitale, già essa, colare. Lentamente, ma costante- da uno stabilimento all’altro a se- impedirne i benefici. Occorre che dalle campagne piemontesi, ma vi solo un minoranza era in grado di esercitava una certa forza attrat- mente, cresceva il numero dei di- conda del momento. Viceversa la la popolazione operaia e dei pic- erano anche, in virtù all’amplia- esprimersi in italiano, erano consi- tiva, prenderemo come caposal- pendenti, le dimensioni della città manodopera specializzata ottene- coli impiegati trovi condizioni di mento del bacino di provenienza, derati alla stregua di stranieri. Era do per la nostra disamina la città e il numero degli abitanti. va rapporti lavorativi più duratu- vita che permettano ad essa di sus- arrivi dal Veneto, dalla Toscana, una immigrazione in cui piccoli della prima metà del XIX secolo Nel 1861, Torino contava ri e pur trasferendosi da una fab- sistere vicino ai centri industriali, dall’Emilia Romagna, e finanche nuclei, che pur allacciando e con- sulla quale regnava Carlo Alber- 204.715 abitanti ( I° Censimento brica all’altra, ben difficilmente, senza assoggettarsi a un troppo dalle più lontane regione meridio- servando rapporti con i corregio- to (1831-1849). Era quella Torino del Regno d’Italia- 1861) di cui cambiava di settore produttivo. elevato costo di vita. A queste ne- nali. Nel bienni 1911-1912 immi- nari, venivano incapsulati e inglo- una città di 120.000 abitanti (An- un quarto, 52.294, erano lavorato- Torino divenne metà di un flus- cessità di ordine naturale si ispi- grarono a Torino 29.061 persone bati nel contesto torinese che, nel nuario Statistico della Città di To- ri dipendenti, di questi solo 5.924 so migratorio proveniente dalle ra appunto la ripartizione auto- che, ripartite per aree geografiche, volgere di poco tempo, veniva fat- rino, 1942), ancora, disegnata sul- erano metalmeccanici. campagne, dalle province circo- matica della popolazione di una risultano così ripartite: 17.453 per- to proprio sia in termini di sociali- la corte. Città ministeriale in cui L’ultimo quarto del secolo, che stanti e dalle vicine vallate alpi- grande città dentro e fuori cinta. sone dal Piemonte, 5.938 dal nord tà, di abitudini di vita e di lingua. la presenza di una nobiltà e di un pareva per la città foriero di una ne che proprio in questo momen- ceto borghese, legati alla burocra- fase di crescita dal punto di vi- to cominciarono a registrare una zia statale, offrivano opportunità sta economico e sociale, si rive- costante emorragia demografica. di lavoro per piccoli commercian- lò invece uno dei più difficili. Nel Nel breve volgere di alcuni anni ti, artigiani, operai edili, personale 1864, con il trasferimento della il fenomeno migratorio verso To- di servizio in genere. capitale del regno da Torino a Fi- rino cominciò ad interessare altre Nonostante, in questa fase, il renze, la città subalpina perdeva regioni del giovane Regno d’Ita- settore manifatturiero avesse già sia il primato politico che quello lia e la popolazione crebbe no- assunto un qualche rilievo la sua economico e vi era il reale perico- tevolmente toccando nel 1911 i struttura produttiva rimaneva, so- lo che venisse relegata ad un ruo- 418.666 residenti ( V° Censimen- stanzialmente, di tipo artigianale. lo marginale. Seguì una grande to del Regno d’Italia- 1911). Le fabbriche erano in realtà labo- depressione e nonostante conser- Per capire come la città rispo- ratori artigiani, poco più che bot- vasse le aziende di Stato, Torino se a queste modificazioni occorre teghe, ove accanto a pochi operai, perse un grande numero di posti fare un passo indietro. al massimo una decina, il titolare di lavoro a causa del trasferimento Nel 1849 il sindaco, barone prestava la propria opera manua- dei ministeri, delle banche, degli Francesco Demargherita indiriz- le. Pur esistendo grandi stabili- uffici centrali dello Stato e delle zava al Ministero dell’Interno, un

menti, questi erano in numero li- società di affari. In quello scorcio memoriale con il quale chiedeva in copertina: illustrazione di Frédéric Pajak mitatissimo e praticamente tutti di di secolo cessò, altresì, di essere che la capitale venisse reintegra- proprietà pubblica, ossia legati a un polo di attrazione per gli abi- ta nel diritto di riscossione diret- produzioni belliche o di generi di tanti delle province in cerca di oc- ta del dazio sui generi di consumo monopolio. Vale a dire che in To- cupazione e anzi vide decrescere che entravano in città. La richie- rino primeggiavano per dimensio- il numero degli abitanti che nel sta fu accettata e il 20 dicembre ni gli opifici militari, l’Arsenale e volgere di soli quattro anni, dal 1850 una convenzione fra gover- la Manifattura Tabacchi. 1864 al 1868, scesero da circa no e municipio trasferiva a que- L’industria meccanica era in 220.000 a 190.000. st’ultimo l’onere della riscossio- foto di Luca Anzani condizioni tutt’altro che esaltanti La città, tuttavia, riuscì a non ri- ne. Pertanto nel 1852 veniva de- presentandosi con u tessuto pro- piegarsi su se stessa grazie a fa- liberato che la città venisse cinta duttivo il cui compito primario era vorevoli concause quali: acces- da un muro continuo in funzione quello di provvedere alla fornitura so facilitato al credito, la costru- del controllo delle merci in en- info indirizzi redazioni: di prodotti correnti per l’agricol- zione di nuove infrastrutture per trata e della riscossione del dazio sud tel. +39.081.5516771 - via Mezzocannone, 75 tura, la casa e l’edilizia. lo sfruttamento dell’abbondante che, per lungo tempo, sarà il pri- fax +39.081.5515368 80134 Napoli L’unico settore produttivo pri- energia idrica, una diffusa rete di mo capitolo d’entrata del bilan- periodico di cultura arte e letteratura [email protected] - 42/bis, Rue Sedaine vato di un certo rilievo era quel- artigiani e piccole imprese unite cio comunale. I lavori principiati nuova serie n. 4/5 - 2005 [email protected] 75011 Paris spedizione in abbonamento postale - Nunziatella: lo tessile, che poteva contare fra il alla presenza di capitali stranieri nel 1853 si conclusero nel volge- grafi ca e impaginazione via Generale Parisi, 16 1840 e il 1843, nella provincia di avviarono la nascita dell’industria re di cinque anni, racchiudendo [email protected] 80132 Napoli Torino 12 lanifici con 687 operai torinese. un’area di 16,60 chilometri qua- e in 24 cotonifici con 2.433 ope- Il decollo economico farà da drati, con un muro costellato da rai (Guido Quazza, L’industria la- richiamo per un sempre maggio- garitte di guardia. presidente onorario redazione Milano redazione Nunziatella niera e cotoniera in Piemonte dal re numero di persone le quali cer- Il muro veniva così a costituire Giuseppe Catenacci Biagio Cepollaro Cesare Azan Andrea Inglese 1831 al 1861, 1961, p. 146). cavano impiego nella nascente in- una vera divisione fisica fra l’area direttore responsabile Mario Bernardi Eleonora Puntillo Margherita Remotti Domenico Grifoni Il ritardo e la lentezza con i qua- dustria torinese che, nonostante le della città, ancorché non ancora direttore artistico col. Dante Zampa li nello stato sabaudo furono intro- incertezze e la durezza del lavoro, completamente urbanizzata, e la Francesco Forlani redazione New York dotti moderni processi produttivi rappresentava pur sempre un mi- campagna vera e propria. direzione e amministrazione Francesca Cadel collaboratori si può spiegare con la mancanza glioramento rispetto alle ristret- Il transito delle persone e delle Libreria Dante & Descartes Paola De Luca di carbon fossile, con la difficoltà tezze del vivere in campagna o merci avveniva solamente attra- redazione Parigi Roberta Della Volpe delle comunicazioni e la modestia nelle vallate alpine. verso i valichi detti barriere che, redazione Paula Lago Carrera Piero Berengo Gardin dei capitali disponibili uniti alla Da questo momento l’immigra- ad intervalli, interrompevano la Luca Anzani Nicola Iodice Antonio Ghirelli Raimondo Di Maio Lakis Proguidis Frederique Giacomazzi vessatoria politica tributaria, ai zione e l’inurbamento divennero continuità del manufatto. Claudio Franchi Philippe Schlienger Sébastian Izzo differenti regolamenti e norme tri- caratteristiche della città. Tra il In una fase storica di grande svi- Paolo Graziano François Taillandier Alessandra Mosca butarie che caratterizzavano le di- 1871 e il 1891 il fenomeno si acuì luppo industriale, appunto come Martina Mazzacurati Laura Toppan Stefania Nardini verse componenti territoriali dello anche a causa di una grave cri- quella che stiamo analizzando, si Renata Prunas Ciro Paglia stato. Tuttavia, nonostante, i limiti si agricola che spinse in città un verificò sulle aree libere del ter- Paolo Trama redazione Trento Matteo Palumbo esposti, fra il 1848 e il 1861, la so- gran numero di contadini che si ritorio comunale, a ridosso della Monica Zunica Silvia Bertolotti Silvio Perrella cietà piemontese fu caratterizzata spostavano anche in assenza della cinta daziaria, il sorgere di nuovi e Maurizio Nardon Felice Piemontese Massimo Rizzante Domenico Scarpa da fermenti di rinnovamento sia certezza di un lavoro stabile. ampi stabilimenti industriali. Que- progetto grafi co e impaginazione Marco De Luca Stefano Zangrando Francesca Spinelli politici che economici che hanno Talvolta il fenomeno migrato- sto incremento industriale determi- impianti e stampa Maria Laura Vanorio pochi paragoni negli altri stati ita- rio, per molti contadini, portò alla nò una costante richiesta di mano- «Arte Tipografi ca» liani. stabilizzazione di un preceden- dopera che necessitava di trovare Si ebbe l’ascesa di una borghe- te rapporto di lavoro stagionale alloggi ad un prezzo accessibile.