Isole Appartinenti All'italia AUTORE: Leandro Alberti TRADUTTORE: CURATORE: NOTE
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TITOLO: Isole appartinenti all'Italia AUTORE: Leandro Alberti TRADUTTORE: CURATORE: NOTE: DIRITTI D'AUTORE: no LICENZA: questo testo è distribuito con la licenza specificata al seguente indirizzo Internet: http://www.liberliber.it/biblioteca/licenze/ TRATTO DA: "Descrittione di tutta l'Italia, et isole pertinenti ad essa. Di fra Leandro Alberti bolognese. Nella quale si contiene il sito di essa,l'origine, & le signorie delle citta, & de' castelli; co' nomi antichi, & moderni; i costumi de popoli, & le conditioni de paesi"; Stampatore: Paolo Ugolino; Venezia, 1596 CODICE ISBN: informazione non disponibile 1a EDIZIONE ELETTRONICA DEL: 9 aprile 2002 INDICE DI AFFIDABILITA': 1 0: affidabilità bassa 1: affidabilità media 2: affidabilità buona 3: affidabilità ottima ALLA EDIZIONE ELETTRONICA HANNO CONTRIBUITO: Ruggero Volpes, [email protected] REVISIONE: Vittorio Volpi, [email protected] PUBBLICATO DA: Davide de Caro Livros Grátis http://www.livrosgratis.com.br Milhares de livros grátis para download. [carta 1] Frontespizio ISOLE APPARTINENTI ALL'ITALIA Descritte da F. Leandro Alberti Bolognese DI NUOVO RICORRETTE, ET CON L'aggionta in più luoghi di diverse cose occorse sino a' nostri tempi adornate. [marca tipografica] IN VENETIA, Appresso Paolo Ugolino, MDXCVI [c. 2] ISOLE APPARTINENTI ALLA ITALIA. di Fra Leandro Alberti Bolognese, dell'ordine de' Predicatori. Nuova cosa peraventura parerà ad alcuno, che io ardisca entrare alla descrittione dell'Isole circostanti all'Italia, sì come parti di quella, conciosia cosa, che essendo stata da altri per adietro descritta essa Italia, niuna mentione è stata fatta di quelle. Ma in vero se questi tali ben havessero avertito quanta perfettione a lei accrescerà per così fatta descrittione, rimuoveriansi senza dubbio da questa lor maraviglia. Imperochè sono queste Isole (delle quali intendo di parlare) da annoverare fra le parti d'Italia; come chiaramente scrive Strabone, Plinio, et molti altri scrittori, secondo che si dimostrerà. Sarà nondimeno questa descrittione per più cagioni molto difficile. Pure io non mancherò d'entrarvi animosamente, sperando uscirne; sì come (la Dio mercè) sono uscito della lunga et faticosa narratione del continente. Nè dubito, che ella non sia per essere altrettanto dilettevole lettione, quanto quella è stata. Ma ben prima ch'io ragioni dell'Isole intendo di ragionare alquanto del Mare Mediterraneo, o diciamo fra terra ferma, ove esse poste sono. Vogliono alcuni, che fusse fatto detto Mare MEDITERRANEO per lo Diluvio universale, che fu ne' tempi di Noè (del quale fa memoria Mosè nel libro del Genesi, Giosefo historico hebreo, Beroso Caldeo nel libro primo dell'antichità, Senofonte negli equivoci, Mafeo Fenice Damasceno nel nonagesimo settimo libro dell'historie, Archiloco nel libro de' tempi, et Methastene Persiano, et molti altri scrittori): et dicono costoro, che innanzi a tal Diluvio erano nel luogo, ove ora è questo Mare, due Paludi; l'una, ove si vede il Mare Supero, o sia Adriatico, che cominciava da gli stagni, ove ora è Vinegia, et scorreva insino al luogo, ove al presente è Otranto, overo al Promontorio Capo di Leuca dall'un lato; et dall'altro insino all'Isola di Sassone, lunge dall'antidetto Promontorio circa cinquanta miglia. Nella quale Palude entravano tutte l'acque dell'una, et dell'altra parte, sì come in una conca, cioè fiumi, [carta 2 verso] torrenti, fontane, et acque sorgenti, le quali scendevano dell'Italia dall'un lato, et dall'altro, et che scendevano dall'Alpi, che dividono parte della Germania dall'Italia, et da' Monti dell'Histria, Liburnia, et Dalmatia; et che questa Palude discorreva poi nell'altra palude, per quella bocca, la quale si vede fra detto Promontorio Capo di Leuca, et la Isola di Sassona. Era poi addimandata la gran palude, quell'altro luogo (anch'egli detto Mare Mediterraneo) nel quale entrava l'antidetta palude, che comincia al stretto di Zibelterra, et scorre per lungo al principio della gran palude di Meotide. Parimente scorrevano nella gran palude, ove l'acqua della prima entrata, tutti i fiumi, laghi, fontane, acque sorgenti, et torrenti, che erano intorno ad essa dell'Asia, Europa, Africa; et fra l'altre dell'Italia, Galia, et Spagna. Soggiungono etiandio costoro, che sopravenendo poi il grande sforzo dell'acque del Diluvio universale, et riempiendo ogni cosa, et indi mancando, nel mezo dell'acqua, impetuosamente scorrendo quest'acque al Mare Oceano, allargarono la stretta bocca, la quale era fra l'Isola di Sassona, et il Promontorio Capo di Leuca, et quell'altra, che era allo stretto di Zibelterra, et così si rimasero aperte, come hora si vede. Et appresso anche dicono, che non solamente empierono tali acque questi luoghi, ove erano già le dette paludi, ma che ancor le hanno accresciute di mano in mano, come chiaramente si può conoscere in più luoghi, considerando diligentemente le divise parti della terra dal resto del continente, che sono rimase Isole, et altre parti, più alte de' luoghi vicini sommersi dall'acque, che sono rimasi sopra di quelle. Così scrivono questi tali del principio del Mare Mediterraneo, il qual circonda da dieci mila, et settecento miglia. Et di questa opinione furono alcuni antichi, come scrive Strabone nel primo libro. Altri vogliono, che fosse questo Mare dal principio della creatione del mondo. Sia come si voglia, io trovo memoria di lui appresso tutti li Cosmografi, Geografi, et Historici, li quali descrivono l'opere fatte fra i Greci, et Persiani, fra' Romani, et Cartaginesi, et altri popoli, come narra Polibio, Thucidide, Diodoro Siciliano, Strabone, Plutarco, Livio, Trogo, Pomponio Mela, Appiano Alessandrino, et altri nobilissimi scrittori. Entrano adunque abbondantemente l'acque dell'Oceano nel Mare Mediterraneo, et anche ritornano a lui per la stretta bocca di dodici miglia fra le Colonne di Ercole; al presente lo stretto di ZIBELTERRA nominate, et da Plinio, et da molti altri scrittori, Fretum Gaditanum, addimandato dalla Isola di GADE, Isola quivi vicina, ove si dice essere state piantate le Colonne di Ercole. La cagione perchè questo luogo fusse detto le Colonne di Ercole, la narra Strabone nel terzo libro, et anche altri scrittori, così. Havendo mandato li Tirij ambasciadori all'Oracolo di Apolline per chieder consiglio ove potessero ritrovare luogo nuovo per habitarvi, fu lor risposto, che dovessero mandare habitatori alle Colonne di Ercole. Il che udito, dirizzarono a considerare il luogo. Li quali arrivati allo stretto di Calpe (ove si diceva non esser lecito ad alcuno a navigare più oltra, essendo quivi il termine delle fatiche di Ercole) in questo luogo si fermarono, et vi fabricarono nella [3] città posta all'Occidente, dalla parte Orientale, un Tempio sopra alcune colonne di rame otto cubiti lunghe. Et per questa cagione furono poi nominate le Colonne d'Ercole, ove sacrificavano quelli, che felicemente havevano la loro navigatione finita, credendo haver ottenuto tanta felicità per la virtù d'Ercole. Dicevano i sacerdoti del detto Tempio, quivi essere il fine della terra, et non esser lecito ad alcuno più oltre navigare. Altri dicono, che essendo arrivato Ercole al fine del Mare Oceano quivi piantasse due Colonne, cioè l'una dall'un lato di questa foce, et l'altra dall'altro per eterna memoria dell'opere sue, per esser costumi de' valorosi capitani di drizzare colonne et fare Trofei in memoria delle lor gloriose opere. Altri dicono esser state poste tali colonne di là dall'Isola di Gade; et altri scrivono essere queste colonne la stretta bocca sopranominata; et altri quelli due Promontori, o diciam monti, i quali entrano nel mare, cioè CALPE, et ABILA. De i quali, Calpe è di Spagna per riscontro di Abila di Mauritania, partiti da questo canale, i quali paiono le poste di questa bocca. Appresso di questo sono altri, che scrivono queste esser parti del Mare Adriatico; et altri essere le due Isole vicine alli detti Promontori; delle quali una era nominata Giunone, o vero Tempio di Giunone, come dice Artemidoro. Non mancano alcuni di dire, esser quivi alquanti scogli in qua et in là posti, seguitando per aventura Pindaro, il qual nomina porte Gaditane insino a questo luogo, ove Ercole pervenne. Ma Dicearco, Eratostene, et Polibio disegnano dette colonne alla bocca dell'antidetto Canale. Et così si veggiono esser tante opinioni circa dette colonne, quanti sono gli scrittori. Al presente (come è detto) domandasi questa stretta bocca, lo stretto di Zibelterra. Poscia che sono entrate l'acque del Mare Oceano fra terra per detta stretta foce, a man sinistra seguitando domandasi MARE DI SPAGNA, perchè bagna la Spagna, da Plinio Mare Hispanum nominato. Et più oltre, IBERICO et Balearico, et poi GALLICO, perchè tocca parte della Gallia Narbonese (hora Provenza detta) insino alla bocca del fiume Varro termine di questa Gallia, et principio dell'Italia (secondo che è stato dimostrato nella Liguria). Dalla foce del Varro alla bocca della Magra fine della Liguria, è nominato LICUSTICO, perciochè tocca la Liguria, et dal volgo è detto LEONE. Dalla foce de la Magra all'Isola di Sicilia addimandasi THOSCO, et da' Greci NOVIUM, et da altri TYRRHENNUM, et da' Latini INFERUM. Vero è che Eratostene vuole, che questa grandezza d'acqua, la quale è fra lo stretto di Zibelterra, et l'Isola di Sardegna sia nominata MARE SARDOUM da detta Isola, et di quindi alla Sicilia Tyrrhenum, et dalla Sicilia a Creti (hora Candia) MARE SICULUM. Questo è il primo Golfo di Europa fatto dal Mare Atlantico, overo Grande ch'entra per lo già dimostrato stretto Gaditano, o sia di Zibelterra, secondo Plinio. Il qual soggiunge essere il secondo Golfo del Promontorio Lacino, che si piega molto largamente a gli Acroceraunij Promontorio dell'Epiro di là dal mare discosto dal Lacinio settanta cinque miglia. Et perchè delli sopradetti nomi di questi Mari diversamente parla Strabone nel terzo libro, piacemi di descrivergli etiandio, come esso fa. Prima adunque ei lo [3v] nomina Hispano, poi Gallico, Indi Ligustico, appresso Sardonico, et quindi allo stretto Canale di Messina Italico, et anche Tirreno, et poi Ausono, hora detto Siculo, che è dall'Oriente d'Italia; poscia dall'Aquilone, overo dall'ultima Iapigia al golfo Ionio, o sia la foce di detto golfo.