DENOMINAZIONE ITINERARIO Traversata Bassa delle Gole del Salinello Ripe di Civitella – Grotta Sant’Angelo – Torrente Salinello – Torri di San Francesco – Fosso del Lago – Sella di Castel Manfrino – Macchia da Sole

Regione: Area Protetta: Parco Nazionale del Gran Sasso e Gruppo Montuoso: Monti Gemelli Sentiero n°: 412 TA – 411 TA

RIFERIMENTO CARTOGRAFICO Tavolette I.G.M. (Scala 1:25000) F 133 III NE – F 133 III SE Campli Altre Carte “I Monti Gemelli, Montagna dei Fiori e Montagna di Campli – Carta dei Sentieri – Scala 1:25.000” – Club Alpino Italiano Sezione di Ascoli Piceno, S.EL.CA., Firenze 1995 “Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga – Carta Turistico-Escursionistica – Monti della Laga – Scala 1:50.000” – Ente Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga, S.EL.CA., Firenze 2004 “Carta Topografica Regionale – Quadrante 133 III – Scala 1: 25.000” - Regione Abruzzo, L’Aquila 1986.

DIFFICOLTÀ ESCURSIONISTICA E (Escursionistica)

CARATTERISTICHE DEL PERCORSO Tipologia: Strada – Carrareccia – Mulattiera – Sentiero – Tracce di Sentiero Ambiente: Boschi – Praterie – Ghiaioni Morfologia: Fondovalle – Mezza Costa Strada e carrareccia a mezza costa, mulattiera e sentiero a mezza costa nel bosco, sentiero e tracce di sentiero di fondovalle, sentiero e mulattiera a mezza costa nel bosco e su ghiaioni, mulattiera a mezza costa su praterie.

ACQUA SUL PERCORSO Scarsa

Fontana di Ripe di Civitella m. 611 Fontana perenne sul percorso

Fontanile m. 612 Fontana perenne sul percorso

Fontana del Piazzale Attrezzato m. 587

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Fontana perenne sul percorso

Fontana di Macchia da Sole m. 910 Fontana perenne sul percorso

ORIENTAMENTO Senza problemi

SEGNALETICA Adeguata

Tipo di Segnavia: Bandierine di vernice Colore: Rosso-Bianco-Rosso

PERCORRENZA Periodo Consigliato: Maggio - Luglio e Settembre - Novembre Sviluppo: m. 6.493 Quota Massima: Sella di Castel Manfrino m. 940 Tempi di Percorrenza: Andata 02.45 - Ritorno 02.30 Dislivelli (Salita - Discesa - Totale): Sal. m. 459 - Disc. m. 160 - Tot. m. 619

PERCORSO Tempi Quota Dislivelli Distanz Percorrenz Località (m.) (m.) a (m.) a (hh.mm) Ripe di Civitella 611 + - 0 0.05 Fontanile 612 1 0 300 0.05 0.05 Piazzale Attrezzato 587 0 25 462 0.05 0.05 Termine Strada Sterrata 550 0 37 337 0.05 0.05 Grotta Sant'Angelo 580 30 0 127 0.05 0.05 Bivio per il Colle San Lorenzo (Sentiero 411a)585 5 0 201 0.05 0.05 Torrente Salinello 555 0 30 81 0.05 0.15 Gole del Salinello (1° Guado) 590 35 0 704 0.15 0.30 Vroga della Caccia 620 30 0 909 0.30 0.10 Torri di San Francesco 720 100 0 369 0.15 0.05 Bivio per Ripe di Civitella (Sentiero 411 TA) 777 57 0 164 0.10 0.15 Balzo del Gionocchio di San Francesco 816 39 0 592 0.15 0.15 Fosso del Lago 847 50 19 644 0.15 0.10 Sella di Castel Manfrino (Sentieri 411c-413) 940 93 0 467 0.15 0.15 Bivio per il Mulino Sbraccia (Sentiero 426) 891 0 49 729 0.15 0.05 Macchia da Sole 910 19 0 407 0.05 Totali 459 -160 6.493 2.45 2.30

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ACCESSIBILITÀ Mountain Bike – Equiturismo 411 TA

ACCESSO  In auto: Autostrada A14 Adriatica, uscita di Teramo – ; Autostrada A24 Roma – L’Aquila – Teramo, uscita di Teramo. Da Teramo, per Ripe di Civitella e Macchia da Sole, lungo la S.S. 81 in direzione di Ascoli Piceno fino al bivio con la S.P. 53 per S. Giacomo, che si segue fino a Ripe di Civitella, o fino al bivio con la S.P. 52 per Leofara, che si segue fino a Macchia da Sole  In treno: Linea Adriatica, stazione di Giulianova; da qui coincidenze per Teramo, sia in treno che con autolinee T.U.A.. Da Teramo, collegamento con autolinee T.U.A. per Ripe di Civitella e con autolinee Fracassa per Macchia da Sole.

DESCRIZIONE DEL PERCORSO Escursione alla portata di tutti, tra le più affascinanti del Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga. L’ambiente è caratterizzato da una sintesi straordinaria tra storia, cultura e natura, difficilmente rinvenibile altrove. Da Ripe di Civitella, con una comoda strada sterrata raggiungiamo la Grotta Sant’Angelo, cenobio benedettino e sito di interesse archeologico utilizzato fin dal Neolitico. Si scende quindi in prossimità del greto del Torrente Salinello, poco oltre la bellissima e caratteristica cascata de “Lu Cacchema”, la cui base è raggiungibile con una breve deviazione. Si prosegue costeggiando il corso del Salinello e raggiungendo l’ingresso delle gole in cui le pareti rocciose lasciano appena lo spazio per il fiume e per una stretta fascia di bosco dove corre il sentiero. Sulla parete in alto a destra è visibile la Grotta di Santa Maria Scalena, raggiungibile solo attraverso un itinerario complesso e molto esposto. Raggiunto il primo guado, se la quantità d’acqua presente nel torrente consente di proseguire con tranquillità, con un percorso estremamente suggestivo, si effettueranno una serie di guadi fino al punto più emozionante delle gole, dove le pareti rocciose distano pochissimi metri. Il percorso, tornato ora più agevole, attraversa ancora il Salinello e raggiunge il vallone della Vroga della Caccia, che scende da destra con abbondanti detriti di falda. Abbandonato il fondo delle gole, si sale ripidamente fino alle caratteristiche Torri di San Francesco, da dove, una breve deviazione conduce alla Grotta di San Francesco alle Scalelle. Proseguendo la salita, si raggiunge la mulattiera che traversa in quota le gole che, con leggeri saliscendi, alternando macchie di lecci e ginepri a ghiaioni assolati, conduce al Balzo del Ginocchio di San Francesco, ed al Fosso del Lago. Attraversato il fosso con un ponticello, con una breve salita, si é alla Sella di Castel Manfrino, da dove, una deviazione permette di raggiungere i ruderi del castello, eretto nel XIII. Riprendendo il cammino, una comoda mulattiera in leggera discesa permette di raggiungere l’abitato di Macchia da Sole, l’antica Macchia de’ Monaci, posta nel mezzo di in un incantevole scenario paesaggistico.

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DESCRIZIONE PUNTUALE ANDATA Ripe di Civitella m. 611 – Grotta Sant’Angelo m. 580 – Torrente Salinello m. 555 – Torri di San Francesco m. 720 – Fosso del Lago m. 847 – Sella di Castel Manfrino m. 940 – Macchia da Sole m. 910

Da Ripe di Civitella (m. 611) si segue la strada sterrata a fianco della chiesa tra campi coltivati e filari di cipressi; si oltrepassa un fontanile (m. 612; 5’) e, subito dopo, il piazzale attrezzato con aree pic-nic dove termina l’accesso alle autovetture (m. 587; 5’, 10’ in totale). Trascurando il sentiero che sale sulla destra, si prosegue in discesa lungo la sterrata, seguendola fino al suo termine, ai piedi del ripido versante roccioso della Montagna dei Fiori (m. 550; 5’, 15’). Si procede costeggiando la parete rocciosa, lungo un sentiero attrezzato a strapiombo sul fiume, sfiorando la Grotta Salomone (m. 570), piccolo anfratto di interesse prevalentemente archeologico, e raggiungendo la Grotta Sant’Angelo, cenobio benedettino e sito di interesse archeologico utilizzato fin dal Neolitico (m. 580, 5’, 20’). Oltrepassato l’eremo, il versante torna temporaneamente ad addolcirsi ed il sentiero attraversa campi in gran parte abbandonati, dove si sta gradualmente ricostituendo una vegetazione naturale. Arrivati sull’orlo di un canalone, in corrispondenza del bivio con il sentiero che sale ad incrociare la mulattiera che traversa in quota le gole (m. 585; 5’, 25’), occorre imboccare un ripido sentierino che conduce in prossimità del greto del Torrente Salinello, poco oltre una bellissima e caratteristica cascata tra una stretta fenditura nella roccia. Conosciuta come “Lu Cacchema”, la cascata, costituita da due salti per 35 metri di dislivello complessivo, rappresenta il termine delle gole verso valle; poco prima di raggiungere l’alveo, a quota m. 560, con una breve deviazione, é possibile scendere alla base della cascata (m. 510; 10’ a. e r.). Si prosegue attraversando il letto di un fosso affluente del torrente (m. 555; 5’, 30’) e, costeggiando il corso del Salinello, si raggiunge, l’ingresso delle gole in cui le pareti rocciose lasciano appena lo spazio per il fiume e per una stretta fascia di bosco dove corre il sentiero. Sulla parete in alto a destra è visibile una delle due aperture della Grotta di Santa Maria Scalena, eremo benedettino in uso fino al XVIII secolo decisamente meglio conservato della Grotta Sant’Angelo, ma raggiungibile solo attraverso un itinerario complesso e molto esposto. Proseguendo, attraverso un percorso estremamente suggestivo, si raggiunge il primo guado (m. 590, verso sinistra; 15’, 45’): se l’acqua del torrente ne impedisce l’attraversamento, la prosecuzione dell’escursione è consigliata solo ad Escursionisti Esperti (EE) in quanto, per poter proseguire sulla stessa sponda, occorre superare alcune roccette pericolose e molto scivolose soprattutto se bagnate (i due itinerari, in ogni caso, si ricongiungono più avanti); ad ogni modo, anche se si supera questo primo ostacolo, bisogna tenere presente che i guadi successivi si fanno sempre più complessi. Se al contrario la quantità dell’acqua presente nel torrente consente di proseguire con tranquillità, seguendo il tracciato segnalato, si effettuerà un secondo guado (m. 595, verso destra) e poi un terzo (m. 600, verso sinistra). Raggiunto il punto più stretto e suggestivo delle Gole del Salinello, dove le pareti distano non più di cinque metri raggiungendo su entrambi i lati un’altezza di circa 200 metri, è necessario effettuare una nuova serie di guadi (m. 605, a destra, a sinistra e nuovamente a destra), l’ultimo dei quali è il più profondo che si incontra. Subito dopo le pareti si allontanano ed il percorso torna ad essere più agevole; si attraversa uno dei due rami in cui si divide il Salinello (m. 607, verso sinistra), per poi tornare nuovamente sulla sinistra orografica del torrente (m. 610, guado verso destra). Raggiunto il vallone della Vroga della Caccia, che scende da destra con abbondanti detriti di falda, il sentiero abbandona il fondo delle gole (m. 620; 30’, 1h15’) ed inizia a salire ripidamente sul fondo ghiaioso del vallone, abbandonandolo poco dopo, per raggiungere le caratteristiche Torri di San Francesco (m. 720; 15’, 1h30’).

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Da qui, una breve deviazione verso sinistra conduce in discesa alla Grotta di San Francesco alle Scalelle, eremo benedettino utilizzato fino al XVIII secolo, dedicato al “poverello” di Assisi in quanto si ritiene vi abbia soggiornato per alcuni giorni nel 1215 (m. 680; 10’ a. e r.). Proseguendo con alcune svolte, si raggiunge la mulattiera che, traversando in quota le gole, conduce da Ripe di Civitella a Macchia da Sole (m. 777; 10’, 1h40’). Si percorre quindi il comodo tracciato a tratti tagliato nella roccia e sostenuto da muretti in pietra a secco che, con leggeri saliscendi, alternando macchie di lecci e ginepri a ghiaioni assolati, raggiunge il Balzo del Ginocchio di San Francesco (m. 816; 15’, 1h55’), per poi risalire la valle del Fosso del Lago, che si attraversa su di un ponticello (m. 847; 15’, 2h10’). Al di là del fosso, con una breve salita, si é alla Sella di Castel Manfrino (m. 940; 15’, 2h25’). Da qui, una deviazione permette di raggiungere i ruderi del castello, eretto nel XIII secolo dagli Svevi ed ulteriormente rafforzato dagli Angioini (m. 963; 15’ a. e r.). Riprendendo il cammino, una comoda mulattiera in leggera discesa, superato il bivio con il sentiero per il Mulino Sbraccia e il Monte Foltrone (m. 891; 15’, 2h40’), permette di raggiungere rapidamente l’abitato di Macchia da Sole, l’antica Macchia de’ Monaci, posta nel mezzo di in un incantevole scenario paesaggistico (m. 910; 5’, 2h45’).

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DESCRIZIONE PUNTUALE RITORNO Macchia da Sole m. 910 – Sella di Castel Manfrino m. 940 – Fosso del Lago m. 847 – Torri di San Francesco m. 720 – Torrente Salinello m. 555 – Grotta Sant’Angelo m. 580 – Ripe di Civitella m. 611

Da Macchia da Sole (m. 910), l’antica Macchia de’ Monaci, posta nel mezzo di un incantevole scenario paesaggistico, si segue una comoda mulattiera che in leggera salita, superato il bivio con il sentiero per il Mulino Sbraccia e il Monte Foltrone (m. 891; 5’), conduce alla Sella di Castel Manfrino (m. 940; 15’, 20’ in totale). Con una breve deviazione, si possono raggiungere i ruderi del castello, eretto nel XIII secolo dagli Svevi ed ulteriormente rafforzato dagli Angioini (m. 963; 15’ a. e r.). Riprendendo il cammino, si scende ad attraversare su di un ponticello il Fosso del Lago (m. 847; 10’, 30’). Al di là del fosso, si continua lungo una comoda mulattiera a tratti tagliata nella roccia e sostenuta da muretti in pietra a secco che, con leggeri saliscendi, conducendo da Macchia da Sole a Ripe di Civitella, raggiunge il Balzo del Ginocchio di San Francesco (m. 816; 15’, 45’), per poi traversare in quota le Gole del Salinello, alternando macchie di lecci e ginepri a ghiaioni assolati. Poco prima di raggiungere il vallone della Vroga della Caccia, che scende dalla Montagna dei Fiori con abbondanti detriti di falda, ad un bivio (m. 777; 15’, 1h), si abbandona la mulattiera per un sentiero che, con alcune svolte, raggiunge le caratteristiche Torri di San Francesco (m. 720; 5’, 1h05’). Da qui, una breve deviazione verso sinistra conduce in discesa alla Grotta di San Francesco alle Scalelle, eremo benedettino utilizzato fino al XVIII secolo, dedicato al “poverello” di Assisi in quanto si ritiene vi abbia soggiornato per alcuni giorni nel 1215 (m. 680; 10’ a. e r.). Proseguendo, si raggiunge il fondo ghiaioso del vallone della Vroga della Caccia discendendolo quasi fino a raggiungere il greto del Torrente Salinello (m. 620; 10’, 1h15’). Si procede ora costeggiando l’alveo del torrente fino a raggiungere un guado (m. 610, verso destra): se l’acqua del torrente ne rende difficoltoso l’attraversamento, la prosecuzione dell’escursione è consigliata solo ad Escursionisti Esperti (EE). Ad ogni modo, anche se si supera questo primo ostacolo, bisogna tenere presente che i guadi successivi si fanno sempre più complessi. Se al contrario la quantità dell’acqua presente nel torrente consente di proseguire con tranquillità, si procede attraversando uno dei due rami in cui si divide il Salinello, per poi tornare nuovamente sulla sinistra orografica del torrente (m. 607, guado verso sinistra). Poco dopo le gole si restringono dando luogo al loro punto più suggestivo, dove le pareti distano non più di cinque metri raggiungendo su entrambi i lati un’altezza di circa 200 metri. È necessario effettuare una nuova serie di guadi (m. 605, a destra, a sinistra e nuovamente a destra), il primo dei quali è il più profondo che si incontra. Seguendo il tracciato segnalato, si attraversa nuovamente il torrente (m. 600, verso sinistra; m. 595, verso destra; m. 590, verso sinistra; 30’, 1h45’). Gli ultimi due guadi, se necessario, possono essere evitati superando alcune roccette sulla sinistra orografica del torrente. La variante è però consigliata solo ad Escursionisti Esperti (EE) in quanto il passaggio è esposto e molto scivoloso soprattutto se le rocce sono bagnate (i due itinerari, in ogni caso, si ricongiungono più avanti). Proseguendo, attraverso un percorso estremamente suggestivo tra le pareti rocciose che lasciano appena lo spazio per il fiume e per una stretta fascia di bosco dove corre il sentiero, si esce dalle gole, le pareti si allontanano ed il percorso torna ad essere più agevole Alle proprie spalle, sulla parete in alto a sinistra, è visibile una delle due aperture della Grotta di Santa Maria Scalena, eremo benedettino in uso fino al XVIII secolo decisamente meglio conservato della Grotta Sant’Angelo, ma raggiungibile solo attraverso un itinerario complesso e molto esposto. Continuando a costeggiare l’alveo del Salinello, si attraversa il letto di un fosso affluente del torrente. subito al di sopra di una bellissima e caratteristica cascata tra una stretta fenditura nella roccia (m. 555;

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15’, 2h), per poi salire con un ripido sentierino fino a raggiungere il bivio con il sentiero che sale ad incrociare la mulattiera che traversa in quota le gole (m. 585; 5’, 2h05’). Conosciuta come “Lu Cacchema”, la cascata, costituita da due salti per 35 metri di dislivello complessivo, rappresenta il termine delle gole verso valle; Appena dopo essersi innalzati dall’alveo del torrente, a quota m. 560, con una breve deviazione, è possibile scendere alla base della cascata (m. 510; 10’ a. e r.). Si segue ora il sentiero verso destra che, attraversando campi in gran parte abbandonati, dove si sta gradualmente ricostituendo la vegetazione naturale, conduce alla Grotta Sant’Angelo, cenobio benedettino e sito di interesse archeologico utilizzato fin dal Neolitico (m. 580; 5’ 2h10’). Oltrepassato l’eremo, si procede costeggiando la parete rocciosa lungo un sentiero attrezzato a strapiombo sul fiume, sfiorando la Grotta Salomone (m. 570), piccolo anfratto di interesse prevalentemente archeologico, e raggiungendo una strada sterrata (m. 550; 5’, 2h15’). Seguendo in salita la strada, si raggiunge il piazzale attrezzato con aree pic-nic dove termina l’accesso delle autovetture (m. 587; 5’, 2h20’) e, in breve, oltrepassato un fontanile (m. 612; 5’, 2h25’), tra campi coltivati e filari di alberi, si raggiunge l’abitato di Ripe di Civitella (m. 611; 5’, 2h30’).

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PUNTI DI INTERESSE

Ripe di Civitella m. 611 L’abitato di Ripe di Civitella conserva alcuni edifici risalenti al XVIII secolo. La chiesa di San Pietro, sorge nella parte alta del paese, presentandosi nella veste dell’impianto risalente al XVI-XVII secolo, successivamente rimaneggiato da numerosi restauri. All’interno della chiesa, che presenta il presbiterio scandito dall’arco trionfale, sono conservate due acquasantiere barocche, un quadro seicentesco raffigurante la Madonna di Reggio con il borgo di Ripe sullo sfondo e una tela datata attorno al 1740, raffigurante la Crocifissione. Sul fianco sinistro della chiesa, presso la quale dall’alto medioevo era attestato un monastero alle dipendenze dell’Abbazia di Santa Maria di Montesanto, sono presenti una serie di ambienti d’abitazione, anch’essi antichi e oggetto di restauro. In epoca medievale e moderna, dal priorato di San Pietro di Ripe dipendeva il vicino e fiorente monastero della Grotta Sant’Angelo, la cavità carsica più grande del complesso ipogeo delle Gole del Salinello, costituito da più di quaranta caverne naturali abitate fin dal Paleolitico. Il toponimo (nome del luogo) “Ripe” deriva dal latino “ripa” = “riva” che, nell’abruzzese, assume il significato di “calanchi”, “rupe”, “luogo pietroso”, “cresta di monte dirupato”.

Grotta Sant’Angelo m. 580 La Grotta Sant’Angelo di Ripe, la cavità carsica più grande del complesso ipogeo delle Gole del Salinello, è interessata da consistenti livelli archeologici relativi alla frequentazione del sito dall’epoca preistorica all’età romana. Dall’alto medioevo in poi la Grotta Sant’Angelo è luogo di culto legato ad un fiorente monastero benedettino, dipendente dal priorato del vicino monastero di San Pietro di Ripe, a sua volta soggetto all’Abbazia di Santa Maria di Montesanto di Civitella del Tronto. Dopo il 1500, l’area fu interessata da una vasta frana che coinvolse le costruzioni più esterne del cenobio, i cui resti sono ancora distribuiti lungo il pendio antistante la grotta. All’interno, dei due altari originari, entrambi affrescati e caratterizzati dalla presenza di due nicchie, quello di sinistra conserva la struttura con le nicchie murate e la statua di San Michele Arcangelo, mentre quello di destra conserva solamente l’importante lastra della mensa recante un’iscrizione in cui è leggibile la data 1236. Attraverso il finestrone sulla destra, raggiungibile con una rozza scalinata, penetra un fascio di luce laterale che conferisce all’antro una suggestiva atmosfera. La parte abitativa, costituita dalla zona laterale del corridoio di ingresso, presenta degli scarsi resti solo sul fronte della grotta, superiormente all’ingresso: alcune mura dirute e l’evidente zona cucina.

Il Fiume Salinello e la Cascata de “Lu Cacchema” Il Torrente Salinello, raccogliendo tutte le acque superficiali che defluiscono ad occidente della struttura centrale dei Monti Gemelli, taglia la dorsale, per mezzo di strette e profonde gole, con andamento perpendicolare all’asse orografico del gruppo montuoso. Tagliando l’intera montagna, il Salinello ha realizzato, in tempi geologici, la più grande sezione geologica d’Abruzzo ove é possibile studiare la storia naturale della regione a partire dal Trias superiore (più di 200 milioni di anni fa). Il toponimo (nome del luogo) “Salinello” è un idronimo (nome di corso d’acqua), derivato da “saline”, in particolare da “sala” = “corso d’acqua”, con il doppio suffisso “in” + “ell” con valore di “grandezza”. Verso valle, il termine delle gole è costituito da una stretta fenditura nella roccia attraverso la quale precipita una bellissima e caratteristica cascata. Si tratta della cascata conosciuta come “Lu Cacchema”, costituita da due salti per 35 metri di dislivello complessivo. La sua base è raggiungibile con una breve deviazione dal sentiero principale, poco prima di raggiungere l’alveo del torrente.

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Le Gole del Salinello La formazione delle Gole del Salinello si é determinata quando il fiume ha eroso gli strati rocciosi più resistenti creando una “gola” lunga alcuni chilometri, alta circa 200 metri e di larghezza variabile da pochi metri a poche decine di metri, determinando cascate e profondi serbatoi comunemente chiamati “Callari”. Di notevole rilievo é il fenomeno carsico con numerose grotte e cavità, interpretabili come risorgenze fossili, rinvenibili a varie altezze sui versanti occidentali e meridionali della Montagna dei Fiori. La copertura arborea lungo le Gole é data da specie come il Leccio, il Carpino comune e quello orientale, il Nocciolo, il Frassino, l’Acero opalo ed il Cerro. Nelle strette aree pianeggianti sono presenti lembi di bosco ripariale, con specie quali il Salice bianco, il Pioppo canadese, il Pioppo cipressino ed il Sambuco nero. Tra le arbustive figurano l’Erica, il Tino, il Ligustro, il Caprifoglio, il Biancospino, la Cornetta, il Maggiociondolo e alcuni ginepri. Si rinvengono, inoltre, l’Asfodelo giallo una gigliacea rara nel Teramano, il Camedrio doppio, il Ruscolo maggiore, il Pungitopo, la Sassifraga meridionale, il Giglio rosso, la Cicerchia primaticcia, la Dafne laurella, la Melica, l’Elleboro puzzolente, l’Euforbia della faggeta, varie specie di felci e, lungo le sponde del torrente, i caratteristici Petaccioli. A primavera i prati ed il sottobosco delle gole si adornano di fioriture precoci di Primula, Erba trinità e Orchide screziata. Tra gli anfibi sono presenti l’Ululone dal ventre giallo, il Tritone crestato e il Tritone italico ed il raro Geotritone Italiano, elusiva specie cavernicola dalle abitudini notturne. Tra i rettili, oltre alla Vipera comune, è presente l’Orbettino, uno strano rettile con le zampe quasi atrofizzate. Gli uccelli sono rappresentati da predatori quali l’Aquila reale, con una coppia nidificante, lo Sparviero, il Falco pellegrino ed il Gheppio. Nei boschi si incontrano il Rampichino, la Cincia bigia, la Cincia mora, il Ciuffolotto, il Verdone, il Fringuello, il Cardellino ed alcuni rapaci notturni come l’Allocco, il Gufo comune, il Barbagianni e, nel fondovalle, la Civetta. Altri uccelli presenti sono il Gracchio corallino, il Gracchio a becco giallo, il Picchio muraiolo, il Merlo acquaiolo, l’Usignolo di fiume e lo Scricciolo. Tra i mammiferi troviamo lo Scoiattolo, il Ghiro, il Tasso, la Donnola, la Faina e la Volpe.

Santa Maria Scalena m. 650 L’eremo di Santa Maria Scalena, noto anche come Santa Maria alle Scalelle, dipendeva dal monastero rupestre benedettino di Sant’Angelo in Volturino e nel 1741 figurava ancora come romitorio nell’inventario della parrocchia di Macchia da Sole. È decisamente meglio conservato della Grotta Sant’Angelo, in quanto la cavità é collocata in posizione tale da ridurre l’affluenza dei visitatori, anche se ciò non ha impedito il manifestarsi di vari episodi di vandalismo. La grotta, posta sulla parete sovrastante le Gole del Salinello, prende luce da due aperture, la prima rivolta a Nord-Est e l’altra, a Sud-Sud-Ovest, parzialmente ostruita da una muratura di età eremitica che probabilmente chiudeva l’intero arco della grotta. Al di sotto di questa parete, si appoggiano i resti di un muro che poteva costituire la base di una scalinata o di un piccolo terrazzo; tale appendice esterna è identica a quella realizzata davanti all’ampio finestrone di Sant’Angelo di Ripe.

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San Marco m. 650 L’eremo di San Marco dipendeva dal monastero rupestre benedettino di Sant’Angelo in Volturino e nel 1741 figurava ancora come romitorio nell’inventario della parrocchia di Macchia da Sole. È ubicato al di là della gola, sulla parete opposta a Santa Maria Scalena. In esso, pur nell’estrema povertà di ciò che è rimasto, sono ancora evidenti i segni della presenza eremitica. Il complesso è preceduto da un’ampia grotta in cui non vi sono evidenti segni di una passata presenza umana, forse perché eccessivamente umida. Poco oltre, inizia un camminamento che si sviluppa in buona parte in un cunicolo parallelo alla parete, che termina in un piccolo terrazzo roccioso, ove sono più evidenti i segni dell’antica presenza; dal terrazzo, la grotta continua addentrandosi per circa 10 metri nella montagna.

San Francesco alle Scalelle m. 680 La Grotta di San Francesco alle Scalelle o de Calvario, il cui toponimo si deve alla presenza di gradoni di roccia, sui quali ci si arrampicava per raggiungerla dal greto del torrente, è celata dalla folta vegetazione per buona parte dell’anno. L’insediamento eremitico è menzionato come dipendenza dal monastero rupestre benedettino di Sant’Angelo in Volturino a partire dal 1273. Nel 1741, l’eremo figurava ancora come romitorio nell’inventario della parrocchia di Macchia da Sole. La tradizione vuole che nel 1215, dopo la visita alla città di Ascoli, vi abbia soggiornato San Francesco d’Assisi, attratto dalla spiritualità del luogo e dalla povertà della struttura, unite alla vicinanza con il borgo di Macchia da Sole. La grotta è costituita da un ampio riparo di notevole altezza in cui sono presenti discreti resti delle mura dell’eremo.

“Sasso di San Francesco” m. 816 Secondo la tradizione locale, nel 1215, dopo la visita alla città di Ascoli, San Francesco d’Assisi avrebbe soggiornato nella Grotta di San Francesco alle Scalelle, attratto dalla spiritualità del luogo e dalla povertà della struttura, unite alla vicinanza con il borgo di Macchia da Sole. La leggenda narra che un giorno d’estate Francesco, tornando da Macchia da Sole dove si era recato per predicare, si fermò all’ombra di una quercia per pregare e riposarsi. Qui, fu assalito da una moltitudine di enormi pulci e pidocchi inviati dal Diavolo che, dall’alta parte della valle sghignazzava soddisfatto per averlo disturbato durante l’orazione. Francesco puntò allora il suo bastone contro il Demonio e fece partire una folgore che lo colpì, miracolosamente, in mezzo alla fronte. A testimoniare la vicenda, su una roccia chiamata “Sasso di San Francesco”, sarebbero rimaste le impronte del gomito e del ginocchio del santo nell’atto di prendere la mira.

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Castel Manfrino m. 963 Ai piedi della Montagna dei Fiori, in splendida posizione strategica, sorgono i resti della struttura fortificata di Castel Manfrino, l’antico “Castrum Maccle”, arroccato su un promontorio roccioso in posizione dominante tra il Torrente Salinello ed il Fosso del Lago, subito a monte delle Gole del Salinello. La fortificazione, eretta nel XIII secolo dagli Svevi, probabilmente ad opera di Manfredi, fu ulteriormente rafforzata dagli Angioini, ricoprendo un importante ruolo strategico nello scacchiere difensivo dell’epoca. L’attuale perimetro del castello corrisponde a quello della fortificazione duecentesca, dagli Svevi passata agli Angioini. Sul lato Sud è ben riconoscibile il maschio del complesso “manfrediano” mentre, a guardia dell’ingresso, è visibile ciò che resta del torrione angioino. Il ruolo strategico di Castel Manfrino é mantenuto ancora nel Quattrocento; con l’introduzione delle nuove tecniche militari legate all’invenzione della polvere da sparo, ha però inizio la sua lenta ma inesorabile decadenza. A partire da questo momento infatti, nei documenti non vi è più notizia del Castello di Macchia e le vicende legate ad esso entrano lentamente nella leggenda.

Macchia da Sole m. 910 Macchia da Sole sorge in splendida posizione tra prati e boschi, al centro di un’amena conca circondata dai rilievi dei Monti Gemelli, del Monte della Farina e del Monte Tignoso e solcata dal Torrente Salinello, che poco più ad Est, tra la Montagna dei Fiori e la Montagna di Campli, forma le spettacolari gole. Nelle immediate vicinanze dell’abitato sorgono gli imponenti ruderi di Castel Manfrino, costruzione sveva con torrione angioino. Nel piccolo borgo, di origine altomedievale, sopravvivono edifici di notevole antichità, alcuni dei quali fortificati come il cosiddetto “Palazzo Spagnolo” o De Marcis, una casa-torre risalente al XV secolo, che si erge all’ingresso del paese. La semplice chiesa di San Giovanni Battista conserva la campana proveniente dall’eremo di Santa Maria Maddalena, realizzata nella seconda metà del ‘400 in una fonderia ascolana. Il toponimo (nome del luogo) “Macchia da Sole” si deve alla divisione dell’abitato in due parti, denominate “da Sole” e “da Borea” per la loro esposizione a bacio. “Macchia” è invece un geomorfo (nome ispirato alla morfologia del terreno) dovuto al termine latino-abruzzese “macla”, derivato da “macula” = “macchia”, cioè “boscaglia”.

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SCHEDA REALIZZATA A CURA DI Marco Pirocchi Accompagnatore di Media Montagna – Maestro di Escursionismo

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