Andrew Bolton, il nuovo responsabile del Costume Institute del Metropolitan di New York, ci spiega il suo senso della moda. E come creare sintesi elettriche tra innovazione e tradizione, lasciando gli oggetti liberi di raccontare.

L’ a r t e d e l l a seduzione

Testo di Foto di Olivia Fincato Francesco lagnese DATING Crossover

«Essenziale è sedurre visivamente il visitatore. Solo quando è sedotto, potrà leggere i signifi- cati dietro un oggetto»

i visitatori» precisa il curatore, «Solo quando il pubblico è sedotto, potrà leggere i significati dietro un oggetto, oppure se ne andrà, con una memoria vivida». La mostra Alexander McQueen: Savage Beauty del 2011, co-curata con il suo predecessore Mr. Koda, ha attratto (ed emo- zionato) più di 650mila visitatori. Racconta Bolton: «Fu inaugurata a un anno dal suicidio di McQueen, c’era ancora un incredibile senso di amarezza. Gli abiti erano imbevuti della sua intensità. Trascinavano gli spettatori dalla gioia alla rabbia, dalla quiete al dolore. Sublime». Per il nuovo responsabile del Costume Institute, intrattenimento ed educazione devono convivere, sti- molando l’immaginazione. Come il maestro Harold Koda anche Andrew Bolton indaga il presente con la lente del passato, creando sintesi elettriche tra novità e tradizione e lasciando gli oggetti liberi di parlare e, come dice lui, respirare. Il curatore arrivò dall’Inghilterra a New York nel 2002, con solo due anni di esperienza nel mondo della moda. Cresciuto in un piccolo villaggio in Lancashi- re, dopo la laurea in antropologia all’università di East Anglia, conseguì un master in Non-Western Art. La sua carriera accademica iniziò al dipartimento East Asia del Victoria and Albert Museum di Londra: «Mi innamorai In apertura, Andrew Bol- ton al The Met (completo dell’idea di raccontare storie attraverso gli oggetti. Più di Tom Browne). Sopra, che le differenze mi affascinavano le similitudini tra le al Costume Conservation Lab, con Sarah Scaturro culture». Head Conservator, sce- Al V&A iniziò a focalizzare la ricerca su come abiti glie i capi per la mostra su . e tessuti fossero un potente medium di espressione culturale e sociale, mentre King’s Road e le sottoculture giovanili londinesi influenzarono profondamente il suo immaginario: «Mi affascinava come dietro una spilla Il concetto giapponese Ma delinea lo spazio tra le cose, netrabile fondatrice del marchio nipponico Comme des da balia, un ciuffo laccato, la fodera sgargiante di una il silenzio tra un suono e l’altro, l’intervallo tra le persone, Garçons, il curatore inglese è partito dal suo silenzio, il giacca si celassero precisi universi simbolici e culturali» gli oggetti, le parole. «È quell’affascinante luogo di con- suo Ma: «Desidero che gli spettatori viaggino in questa racconta, impeccabile, nel suo completo preppy dise- fine dove risiedono le interpretazioni», aggiunge Andrew zona d’ombra», spiega da dietro le quinte al Costume gnato dal compagno, il designer . Riviste Bolton, curatore del Costume Institute al Metropolitan Conservation Lab, «È lì dove Rei offre nuove visioni, come The Face, ID, Blitz diedero il via al suo interesse Museum di New York a proposito della mostra Rei Kawa- stimola reazioni soggettive, senza imporre nessuna per la moda. Ma più che i punk-dandy annichiliti del kubo Comme des Garçons: Art of the In-Between (aperta interpretazione». ventesimo secolo, l’antropologo, con quel viso delicato al pubblico fino al 4 settembre 2017). «Non è stato facile Ma come ha reso accessibile al pubblico del Me- e ipnotico, un mix tra David Bowie e Andy Warhol, visse lavorare con una designer che rifiuta di parlare del suo tropolitan un concetto così astratto? «Le opere esposte da vicino il movimento underground New Romantic. «Le lavoro, che non ama né che la gente lo interpreti né dare aiuteranno enormemente». I capi di Rei Kawakubo risol- serate al night club The Blitz di Covent Garden erano spiegazioni. Ma ne è valsa la pena», racconta gettando vono le dicotomie tra moda e non moda, soggettivo e In alto, Laura Mina, Sopra, la lente meccanica vere e proprie performance artistiche. Musicisti, artisti e Associate Conservator, analizza l’abito Yves Saint uno sguardo a un abito scomposto, blu profondo, parte oggettivo, femminile e maschile. Nella collezione Lumps mentre sistema un abito Laurent per la maison stilisti, da Steven Jones a usavano il corpo della collezione Invisible Clothes di Comme des Garçons. and Bumps corpo e abito sono una sola cosa, il design si prezioso: Refrain Dress, Dior (primavera /estate per narrare, esprimere contrasti di genere. Non c’era- Yves Saint Laurent per la 1958), per evidenziare le Per relazionarsi a Rei Kawakubo, rivoluzionaria e impe- fa concreto, teatrale: «Essenziale è sedurre visivamente maison Dior. parti da restaurare. no limiti, la moda era una via per trasmettere libertà».

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A sinistra, Andrew nel suo A destra, analisi sul ufficio mentre studia il cappotto Le Perse di Paul catalogo della mostra in Poiret (1911) con Glenn corso. Sopra, Cassandra Petersen, Conservator. Gero, Assistant Conser- Per entrare al Lab è obbli- vator, con Laura Mina su gatorio indossare guanti un abito di Rei Kawakubo. e scarpe protettive.

Con la sua prima mostra Men in Skirts al V&A, il giova- so ma non meno importante fu l’insegnamento di Anna ne accademico mise in discussione il significato della Wintour, direttore di Vogue, direttrice Artistica di Condé mascolinità attraverso un excursus sull’uso della gonna Nast e organizzatrice del Met Ball, l’evento di fundraising nelle diverse culture: «Gli abiti non hanno genere, è la più glamour dell’anno che, ogni maggio, inaugura la mo- società a crearlo». E se al Museo londinese, dedicato al stra al Costume Institute: «Il suo sguardo è molto diverso design e arti applicate, la sua pratica era in qualche mi- da quello di un curatore. Mi ha insegnato il valore della sura più semplice, perché non c’era gerarchia e la moda sintesi, a selezionare solo i pezzi che servono per raccon- era concepita come un’altra forma di arte decorativa, al tare la storia», chiarisce indicando alcune opere di Rei Metropolitan precisa: «Dobbiamo lottare per legittimare Kawakubo nello story board appeso alle pareti del Lab. la moda a forma di espressione artistica». «Il dress code del Gala di quest’anno ha seguito il tema Nel passaggio tra i due sistemi, Harold Koda, della mostra, The Art of the In-Between», sottolinea. «Per storico curatore del Costume Institute, ebbe un ruo- me è una notte magica: camminare, dal red carpet alla lo fondamentale. «Decise di investire su di me», svela mostra, dal cocktail alla cena, in quella sottile linea di Bolton, «Mi insegnò a catturare visivamente l’audience confine tra sogno e veglia». E trovarsi meravigliosamente e a rendere accessibili i concetti più complessi». Diver- nel mezzo, nel Ma.

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