A cura di: Giorgio Barberis - Carla Bertone Castello di Morozzo (CN) - 21 ottobre - 2 dicembre 2018 Con il Patrocinio di

Castello di Morozzo Via Galimberti 5, Morozzo (CN) 21 ottobre – 2 dicembre 2018

Con il Contributo di Curatela e contributi critici di: Giorgio Barberis e Carla Bertone

Comitato scientifico: Prof. Giorgio Barberis, critico d’arte; Dr.ssa Carla Bertone, storico dell’arte; Sig. Fulvio Berardo, collezionista; Geom. Mario Picco, grafico; Sig. Piero Senesi, perito Camera di Commercio e Tribunale di

Segreteria di produzione: Adriana Barbero

Fotografie, sito internet, raccolta grafica delle opere, realizzazione del video di sala: Sig. Picco geom. Mario - AA.VV. https://sites.google.com/site/beppemorino

Per i passi antologici, citazioni, riproduzioni grafiche, cartografiche e fotografiche, appartenenti alla proprietà di terzi presenti in questo saggio l’Editore è a disposizione degli eventuali aventi diritto non potuti reperire.

Una particolare ringraziamento va ai lungimiranti prestatori delle opere ed agli artisti contemporanei presenti in rassegna nonchè ai Sigg.ri Pasqualina Baldo, Marco Cerrina Cordero di , Paolo Lubatto , Claudia Sicurtà (proprietaria della preziosa location) ed alla Gredo s.a.s per l’arte per la loro disponibilità e collaborazione.

Editrice: Associazione d’Arte e Cultura “Giuseppe (Beppe) Morino - (CN)

@ tutti i diritti riservati

Grafica e stampa: Tipolitoeuropa Cuneo IL FASCINO SABAUDO DELLA SEDE ESPOSITIVA

Nel periodo medioevale, Morozzo ed il territorio circostan- sione del figlio Guido e, in particolare, della nipote Clau- te attirarono l’interesse di numerosi nobili che costruirono dia, ha visto, nel corso degli anni, il recupero conservativo splendide dimore arricchendo l’urbanistica del luogo. Nel sia della facciata, che presenta uno splendido connubio ‘700 i marchesi Cordero di trasformarono l’or- di linee severe addolcite da preziosi stucchi e decorazioni mai noto castello di Morozzo in una residenza signorile dalle quali ultime emerge una tonalità dominante di un conosciuta, da metà ‘800 e con la cessione ai Vignola di rosso “regale”, sia dello scalone interno e di ogni singolo Morozzo, con il nome di “Castello Vignola”. A quei tempi pezzo originale in esso contenuto. Il tutto seguendo criteri Lorenzo Delleani e Leonardo Bistolfi, amici di famiglia del rispettosi degli ambienti risalenti all’epoca settecentesca commendatore Filippo Vignola, elessero il parco del castel- che, nel tempo, si sono arricchiti di stoffe, parati, oggetti lo a scenario privilegiato delle loro lunghe sedute di pittu- curiosi, quadri, sculture, tanto da farli apparire tipici di una ra. In seguito la proprietà passò al Capitano Liboà il quale, famiglia nobiliare vicina alla corte del re. Nel rispetto glo- durante l’ultimo conflitto mondiale, ospitò le suore Dome- bale del suggestivo parco in cui è immerso e che si estende nicane di Torino che aprirono una scuola privata all’interno fino alle rive del Brobbio, un tempo ricco di alberi d’alto del castello, fermandosi in paese per due anni. L’edificio fusto tra i quali spiccavano splendidi esemplari di sequoia, venne poi acquisito da Natale Sicurtà e, grazie alla pas- alcuni dei quali ancora presenti.

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l titolo della mostra, contenuta in questo catalogo, evoca pubbliche ho avuto modo di parlare del nostro paesaggio Iil “Sacro” parlando del paesaggio, questa scelta espres- e non mi stancherò mai di farlo in quanto è la più intima siva piuttosto forte mette in evidenza un aspetto che a rappresentazione di quello che siamo o ci piace essere. E’ molti sfugge guardando semplicemente un panorama ma fondamentale esserne consapevoli, non dobbiamo subire non è così. Il paesaggio è quello che si vede in un posto le alterazioni del “nostro” paesaggio passivamente; è nor- in cui succedono o sono accadute delle “cose”… proprio mativamente tutelato ma spesso purtroppo sacrificato per per questo, spesso, definiamo il paesaggio in vari modi: convenienze non sempre coincidenti con l’utilità pubblica. “naturale” se riteniamo, a nostro giudizio, che non ci sia- Cosa ci viene in mente pensando ad un bel posto in cui no stati impatti da parte dell’uomo, lo definiamo “rurale” siamo stati? : quello che abbiamo visto?, quello che ab- se l’attività umana si è espressa armonicamente in campo biamo mangiato?, Chi abbiamo incontrato?, sicuramente agricolo, “urbano” se parliamo di paesi o città; in merito il ricordo di “un bel posto” in ognuno di noi ha a che fare ad altri aggettivi i poeti hanno definito a volte “bucolico” proprio con il paesaggio, specialmente se ha mantenuto la il paesaggio pastorale. sua autenticità nel tempo, comprendendo nel suo insieme l’armonia delle attività umane che lo hanno rispettato ed L’artista come vede il paesaggio, come lo rappresenta? offerto ai futuri fruitori con i sui valori integri. Le molteplici opere qui esposte ci propongono una vasta gamma di interpretazioni e di tecniche, alla base di ogni Gli Artisti con le loro opere ci fanno capire questo: man- opera però, troviamo sempre un motore emotivo che ha teniamo intatto nel tempo il prezioso valore del “nostro” generato la spinta creativa, sia essa di segno positivo o paesaggio, nulla è più importante dell’identità locale, im- negativo, a seconda dei casi, cercando di evocare pari sen- pegniamoci per fare di Morozzo un bel posto in cui abitare sazioni o meno in chi fruisce dell’opera. e crescere i nostri figli. Il paesaggio è sicuramente una componente molto im- portante legata all’identità di un territorio e di un popolo. Mauro Fissore Come Sindaco del territorio di Morozzo in più occasioni Sindaco di Morozzo

LA SACRALITÀ DEL PAESAGGIO 5 POLISPORTIVA con immenso orgoglio e soddisfazione dei titolari del- estrema eccellenza e di stampo quasi museale, staccandosi È la suggestiva sede del Castello di Morozzo, location per impostazione dai clichè obsoleti di certe kermesse ed già nota sia per le rassegne d’arte che ivi si sono tenu- offrire al pubblico , nonché a studiosi, esperti ed ai giovani te negli ultimi anni, sia per l’accoglienza riservata a chi utenti che si avvicinano a questo mondo di segni e colori, ha voluto celebrare momenti particolari tra le accoglien- la possibilità di vedere riunite in un’unica mostra significa- ti mura della stessa che, ancora una volta, ed a riprova tive firme dell’ Arte che si è imposta in oltre sei secoli di della grande attenzione prestata al discorso artistico, si evoluzione tecnica e di pensiero. E, certamente, è necessa- aprono le porte a questa rassegna di livello internazionale. rio ricordare che l’Arte è rivelazione per accostarsi a questo L’esposizione omaggia infatti le grandi correnti artistiche magico evento poiché non si è di fronte alla scelta di una italiane e non, ed i loro principali autori, partendo dal XV mostra monotematica ma ad un mirato e ricchissimo en- secolo per giungere sino alla contemporaneità. Le opere semble che segna un’ennesima svolta nell’impegno turisti- proposte in rassegna, grazie alla sensibilità e disponibilità co ed economico a “tutto tondo” della realtà del Castello di collezionisti privati, attentamente selezionate in ordine e dell’area morozzese. alla loro particolare valenza artistica e storica da qualificati responsabili di settore, vogliono sottolineare un evento di La Direzione del Castello

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IL PAESAGGIO E L’UCRONIA DELL’ARTE di Giorgio Barberis

a definizione di paesaggio è di per sé aperta, come la come Brueghel il Vecchio e Paul Brill Lvastità che esso rappresenta o identifica o delimita. Il che si occuperanno di questo tipo di termine appare controverso, in quanto lascia il campo a pittura, dando inizio ad un filone di numerose interpretazioni, addirittura usato impropriamen- grande fortuna nei secoli seguenti. te e troppo spesso scambiato con altri sinonimi, quale pa- Certamente i Veneti sono tra i primi in Italia a far sentire la norama, veduta, belvedere, ambiente e territorio. In alcuni presenza del paesaggio tra fine ‘400 e ‘500, a farlo respi- di questi termini è possibile ricavare, per antitesi, una indi- rare, a farne percepire la vita autonoma, la sua dimensione viduazione del concetto di paesaggio, infatti esso non può atmosferica e coloristica. E’ così possibile poter dire che, essere ricondotto a semplici idee di produzione (territorio), rispetto ai Fiamminghi, nei Veneti il paesaggio sia trattato né evidentemente a mero insieme biologico (ambiente), col rispetto di un entità a se stante, da intuire più che una lasciando quindi all’estetica e alla sfera emozionale uma- sommatoria di elementi da descrivere e inventariare. Che na l’unica chiave di lettura interpretativa. In particolare il poi il loro non fosse necessariamente paesaggio reale e paesaggio, da sempre componente importante dell’opera colto dal vero per il momento questo poco importa. Certa- d’arte, comincia ad avere nella pittura un ruolo rilevan- mente però la natura ritratta non recita il ruolo di semplice te già dal quattrocento in ambito fiammingo. I paesaggi, sfondo, scenario, certo ordinato, dell’azione umana, come spesso reali, sono rappresentati con una esattezza ed una nei fiorentini. Alla regola sfuggono naturalmente i geni. attenzione che non possiedono i dipinti italiani, ma sono Leonardo, ad esempio, nel quale esi- ancora puro sfondo alla presenza del- ste talvolta la natura protagonista e le figure umane. Durer, a fine ‘400, riprodotta dal vero, come nel dise- è tra i primi a dipingere soggetti che gno col Paesaggio della Val d’Arno hanno per tema i paesaggi. Nel cin- del 1473. quecento il paesaggio avrà un ruolo Forse il primo vero quadro dove il paesaggio è protagoni- ancora più rilevante e conquisterà sta principale è “La Tempesta di Giorgione”, cioè quello una sua autonomia tematica. Saran- di un veneto. I personaggi sono dubbi e posti ai margini. no ancora artisti di cultura fiamminga Il loro significato è così incerto ed essi sono così marginali

LA SACRALITÀ DEL PAESAGGIO 9 nelle dimensioni e nella collocazione dentro quinte paesistiche più o meno significative. Quasi che necessariamente deve essere il sicuramente, tuttavia, la prima veduta urbana non è set- paesaggio il vero soggetto. tecentesca e si può far risalire al 1339 guardando l’affresco Il paesaggio viene riconosciuto inter- con gli “Effetti del Buon Governo in città e in campagna” nazionalmente come tema artistico del Palazzo Pubblico di Siena. A seguire molto importanti autonomo solo nei primi del Seicento, saranno la visione appagante e la visione emozionale del affermandosi nella sua peculiarità pittorica. E qui inizia l’u- Canaletto e del Guardi. Canaletto è, soprattutto nei primi cronia del paesaggio nell’arte: e se fosse diverso da come decenni del settecento, il protagonista principe della ve- lo vedo? Cosa cambierebbe in questo mondo? Il tema pre- duta topografica, quella che avvalendosi della camera ot- sto dà origine ad alcuni sottogeneri tra i quali è utile fare tica riproduce con esattezza i rapporti spaziali le distanze, una distinzione. C’è il paesaggio classico o eroico di inizio le sagome di cose e architettura secolo, dove in mezzo ad un ambiente naturale costruito, all’interno di scenari esattissimi e solenne, nobile, spicca la presenza di alcune figurine uma- nitidi. “Il suo è il modo di vedere ne, sacre o appartenenti alla mi- come vede la mente” (Argan). tologia classica. Fanno scuola in Ma il suo realismo è frutto di una tecnica consumatissima, questo campo Annibale Carracci di artifici professionali ben celati: è la verità della finzione e Claude Lorrain. ben costruita , appagata ed appagante. Quella del Guardi Vi è poi il capriccio che prevede uno scenario naturale dove invece è altro. La sua pittura si basa su un uso dei colori più sono collocati, con una certa licenza e fantasia, ruderi d’in- incerto, mobile, compendiario; le immagini si sfrangiano, venzione greci o romani (e in seguito anche medioevali). vibrano; l’atmosfera è spesso inquieta, popolata di fremi- Spesso la vegetazione che contorna e avvolge i ruderi è ti, mutevole, incerta, palpitante di emozioni ed emozio- malinconica metafora di quanto effimera sia la fortuna nante dunque. Il paesaggio del Guardi, con la sua pittura, umana. Oppure esiste la veduta di rovine realmente esi- potrebbe essere considerato anticipatore del paesaggio stenti, come nei dipinti di Gaspar Van Wittel e di tanti altri soggettivo o interiore, ma anche pittori italiani o stranieri che fre- altri prima di lui si contendono il quentano il nostro paese nel corso privilegio di precursori lontani del del settecento. paesaggio romantico. C’è poi la veduta vera e propria, Ad esempio Salvator Rosa nel Seicento e lo stesso Marco nella quale si rappresenta un’immagine generalmente Ricci nel Settecento in alcuni dipinti. Col preromanticismo di largo respiro di una città contemporanea, inquadrata ed il romanticismo dunque la natura come elemento a se

10 LA SACRALITÀ DEL PAESAGGIO stante e quindi il paesaggio assumeranno un ruolo fonda- vortici drammatici di forze, co- mentale. La natura è il luogo dove si manifesta l’infinito, lori, dinamismi che coinvolgono ma è anche quello della manifestazione dell’io, il luogo tutti gli elementi e dissolvono via della sua rappresentazione. Essa rispecchia e traduce i pal- via le forme, pervenendo ad un piti dell’animo umano, ma è anche luogo dell’esperienza linguaggio astratto, fatto di colori e pathos. spirituale, della manifestazione del divino, un complesso Friedrich invece porta avanti, con una pratica quasi asceti- universo di segni da interpretare attraverso i canali di un ca, una estetica improntata sulla relazione tutta individuale rapporto intimo, intuivo, prerazionale. Sarà Kant a parla- tra uomo e infinito, divinità e natura. Significativo il cele- re per primo di due categorie fondamentali dell’estetica berrimo dipinto che rappresenta il confronto drammatico romantica; e cioè del pittoresco e del sublime. Su questa tra due infiniti, la sfida titanica scia, osservando ad esempio i lavori di Joseph Constable, dell’uomo alla grandezza meravi- ci si ritrova continuamente spronati a cercare qualcosa gliosa e terrifica della natura. che sorprenda , che stimoli piacevolmente l’osservatore. È “Il viandante nel mare di neb- A prima vista, se si eccettua la tecnica sorprendentemente bia”, del 1818. moderna, non sembrano nei contenuti o nelle impostazio- Un’altra interessante categoria è quella che riguarda il con- ni pitture molto aggiornate le sue, ma l’ascendenza della fronto tra paesaggi fenomenici, compendiari e paesaggi poetica dai grandi paesaggisti del passato è solo parziale. durevoli, quasi ontologici. È una categoria strettamente Il potenziale lirico dei suoi dipinti consiste, da una parte nel pittorica prima che ideologica ed ha origini ben più lon- piacere di uno spettacolo della natura sereno, e dall’altra tane di quanto si possa pensare. I paesaggi compendiari da uno stimolo potenziato nell’immaginare ciò che in par- intanto sono quelli in cui il pittore rende l’idea di un pae- te è celato nell’opera. Sublime è invece piuttosto una con- saggio attraverso gli elementi naturali, gli edifici, le figure, dizione dello spirito, una evocazione di un sentire cosmico; risolti con pennellate rapide, luminose, tracciando figure è il cercare di tradurre in pittura la potenza incommensu- poco definite, senza linee di contorno, affinché si possa rabile, prodigiosa e terribile della natura infinita, che esalta riassumere da lontano, con uno sguardo complessivo e in ed atterrisce coi suoi spettacoli potenti l’uomo che le si un unico abbraccio la sensazione globale di quella visione voglia porre innanzi con coraggio. I due grandi artisti del che, pur tuttavia, rimane fresca e immediata per i suoi co- sublime saranno Joseph Turner e Caspar Friedrich. Nell’o- lori. In pratica questa è la definizione di impressionismo, pera del primo, costituita quasi interamente da paesaggi, tout court, quella che trova i suoi prodromi nei cosi detti la natura nei suoi spettacoli più tremendamente sublimi pittori di Barbizon. Questi giovani, a partire dagli anni ’30 si trasfigura, assorbita com’è da movimenti imponenti, da dell’Ottocento si danno appuntamento in campagna per

LA SACRALITÀ DEL PAESAGGIO 11 fare semplicemente una cosa: vivere nei boschi e dipingere superficie e al principio della carriera e poi in seguito lon- la loro vera esperienza in mezzo alla natura. Per loro qua- tanissimo dai suoi amici del Cafè Guerbois. In lui vi è una lunque cosa può essere degna della pittura. Nel dipinto costruzione del paesaggio che è davvero traduzione di una “Lo stagno” di Daubigny, ad esempio, non una sola cosa è forma mentale, di un modo di preziosa o rilevante: vi è l’impressione quasi di una nobilis- pensare il mondo. La natura, il sima assenza, di un vuoto di soggetto conservando tutta- paesaggio come disegno ideale via la sacralità del paesaggio. La loro è quindi, dichiarata- da ricercare sotto le apparenze mente e per la prima volta, una pittura non commerciale, ingannevoli e mutevoli. ma di ricerca. Monet e gli altri impressionisti in seguito, Poi saranno Picasso e Braque a con più coraggio, cercheranno nuovamente una pittura fe- portare fino alle estreme conseguenze il concetto. E sono nomenica, transitoria, volendo paesaggi di durata, la durata restituire freschezza e imme- infinita della solitudine e del- diatezza, colore vivo e vero al la malinconia, quelli di Edward paesaggio, dopo secoli in cui Hopper. Paesaggio come sguar- tutto questo si era dimentica- do persistente, come indagine to e perduto. sul segreto che solo uno scena- Perché insistettero con tanta energia su quella strada? rio incantato di forme immobili Perchè l’attenzione all’effetto visivo transitorio e fenome- nel tempo rivela. nico non fu per loro soltanto una questione di tecnica, Ma, a partire da Courbet, è il paesaggio sociale quello che ma, come già detto, anche una nuova (e molto vecchia) svolge il ruolo essenziale di sottolineare e amplificare l’a- maniera di pensare la realtà come un sogno che passa, zione degli uomini, rendendo più evidente il dramma e la fatto di colori. Opposta a questa concezione invece si era durezza della loro condizione di sfruttati o di derelitti. Esso affermata con l’idealismo greco del V secolo prima, e col si piega cioè all’intenzione comunicativa ed ideale e trova Rinascimento poi, la rappresentazione di una natura eter- significato solo nella relazione con la figura umana come si namente stabile, immagine dell’ordine del creato e della può ritrovare ne l’Occupazione delle terre incolte” di Gut- ragione dell’uomo che in tale ordine si riconosce. Sono i tuso del 1955 dove, dietro al paesaggi che durano, fatti di forme e non di macchie di gruppo colorato e sodale degli colori: i paesaggi ontologici, non fenomenici. Ed a que- occupanti spiccano brulle lingue sto pensiero, e a questa concezione della realtà e del pa- di terra, alcune simbolicamente esaggio, si rifarà Cezanne, un impressionista soltanto in colorate di rosso tenue.

12 LA SACRALITÀ DEL PAESAGGIO Genere più complesso si rivelerà poi quello che, da molta percettivo-culturale che si stabilisce fra l’uomo e quest’ul- critica, sarà definito il paesaggio psichico: autentico pro- timo, e tra l’uomo e quello geo-ecologico o naturalistico dotto del mondo interiore dell’artista, con le sue nevrosi, le che conduce appunto a considerare, nel nostro caso, la sue tensioni, la sua vitalità senza più limiti dove il dipinto o “Sacralità del paesaggio”. altre creazioni diventeranno rielaborazione dell’esperienza vissuta. Il pittore, con la sua forza creativa, traduce sulla tela il risultato di tale metabolizzazione del reale, defor- mando la visione con la sua istintiva e personale percezio- ne come visibile nel quadro di Karl Schmidt-Rottluff “Sera sul mare” o ne “Le passeggiate di Euclide” di Magritte. E forse questa categoria, come nel “Campo di grano con cielo temporalesco” di Van Gogh, esprime la formula più veritiera ed autentica del rap- BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE porto tra natura, uomo e pa- G.C. Argan, L’arte moderna 1970/1980, Sansoni 1980 esaggio. AA.VV. L’arte tra noi, Bruno Mondadori 2007 Anche se, tra i paesaggi d’arte più contemporanei, non si E. Bairati, A. Finocchi, Le ricche miniere, IV, Loescher 2000 possono scordare quelli della video-art, dei graffiti, delle G. Dorfles, A. Vettese, Storia dell’arte, II,III, Atlas 2008 G. Dorfles, A. Vettese, Capire l’arte, III, Atlas 2014 revisioni di un Christo o di quelli della land art. E viene AA.VV. L’arte di vedere, II, III, Pearson 2015 in mente il “Cretto di Gibellina” di Burri: forse neanche F. Schelling, Sistema dell’idealismo trascendente, 1800 da considerarsi land art bensì A. Schopenauer, Die Welt als Wille und Vorstellung, 1844 una trasposizione poietica o di Eraclito, Frammenti AA.VV. Lezioni d’arte, II, Electa Bruno Mondadori, 1999 rigenerazione del paesaggio G. Dorfgles, C. Dalla Costa, Itinerari artistici, Atlas 2003 che l’artista modifica con l’in- I. Baldriga, Dentro l’arte, IV, Electa Bruno Mondadori, 2015. tervento umano. Cottino, M. Dantini, S. Guastalle, La storia dell’arte, II Archimede Edizioni Da tutta questa analisi ne deriva comunque che il paesag- 2004 gio, in senso estetico e di fruibilità, o anche di riproduzio- G. Romano, Studi sul paesaggio. Storia e immagini, 1991 A. Hauser, Storia sociale dell’arte, IV, 1956 ne e manipolazione, non è soggettivo quanto piuttosto M. Chiarini, Il paesaggio in Storia dell’arte italiana. Situazioni momenti indagini, intersoggettivo, come tutti i valori in specie che il termine II, Forme e modelli a cura di F. Zeri 1982 comporta. Non dimenticando, in particolare, il rapporto D. Blayney Brown, La pittura in Europa. La pittura inglese, 1998.

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IL PAESAGGIO E L’UCRONIA DELL’ARTE di Giorgio Barberis

LA SACRALITÀ DEL PAESAGGIO di Carla Bertone

Non ho mai attribuito alla natura un’intenzione o un fine o qualsiasi altra cosa che si potesse interpretare in senso antropomorfico. Quel che vedo nella natura è una struttura magnifica che possiamo capire solo molto imperfettamente, il che non può non riempire di umiltà qualsiasi persona razionale. Si tratta di un autentico sentimento religioso che non ha niente a che fare con il misticismo. Albert Einstein

iù naturale è un paesaggio, privo di interventi antropici, nasce da un insieme di impressioni davvero indipendenti Ppiù vivo e percettibile è quel senso di sacro, di matrice dalle informazioni del geografo«. Per un filosofo il senso divina, che fa pensare a quanto sia superfluo e dissacran- del sacro dentro di noi ricerca e riconosce la sacralità che te intervenirvi con qualsiasi elemento o gesto artificiale. viene percepita dai sensi. «Non esiste una Natura che sia Credo tuttavia che anche un essere risolutamente ateo, pura oggettività» diceva Schelling ne “La filosofia della o agnostico, non possa non percepire nel paesaggio una Natura” del 1797, « (…) il significato della Natura si risol- sacralità assoluta, non strettamente legata al dato este- ve nello Spirito». Infatti, senza cadere nel panteismo, se la tico, ma esito di qualcosa di più profondo, di armonico, Natura rappresenta la parte oggettiva dell’Assoluto, essa di filosofico, di geomorfologicamente perfetto. Ci vuole contiene in sé anche tutto ciò che concerne lo Spirito, e una certa sensibilità e predisposizione a percepire il sen- con esso il Sacro. Ne sono stati consci gli antichi e con so del sacro, che varia, a seconda della diversità di atteg- loro gli artisti per i quali la natura non era più, come per giamento dei soggetti percipienti. Ci vuole un’attenzione il filosofo, il riflesso imperfetto di un mondo, che esiste particolare per attribuire un significato qualsiasi alle cose se non al di fuori di lui, ma di qualcosa presente in lui. che vediamo e, maggiormente, per captare una sacralità, Per guardare appena dietro alle nostre spalle, al secolo un senso “altro”, sconosciuto, una predisposizione ad at- scorso, a Giovanni Segantini, il mistico e solitario pitto- tendere l’inaspettato. Per percepire l’Infinito, e in quello re invitato a collaborare alla realizzazione del padiglione “naufragare”, come inizia Bachelard nel primo capitolo dell’Esposizione Universale di Parigi del 1900, con il “Trit- de “La poetica dello spazio:” «E’ un’immensità interiore a tico della Natura” egli, a questo proposito, afferma: «Non conferire il vero significato a certe espressioni riguardan- cercai mai un Dio fuori di me perché ero persuaso che ti il mondo che si offre ai nostri occhi… tale immensità Dio fosse in noi e che ciascuno di noi è parte di Dio come

LA SACRALITÀ DEL PAESAGGIO 15 ciascun atomo è parte dell’Universo». Ma la nostra idea una sorgente. di sacralità della natura, per chi è cattolico, e parimenti Secondo la leggenda, si narra che in groppa ad un asi- per la maggior parte delle religioni, coincide con l’origine nello, uccise il drago con il solo segno della croce e che del mondo, con la creazione dell’uomo da parte del Dio il corpo dell’essere demoniaco fosse stato talmente gran- e con esso con un luogo ideale in cui vivere, un luogo de che, per trasportarlo, ci vollero otto paia di buoi. San che sia reale e che, al contempo, rappresenti uno stato Donato morì di vecchiaia tra il 387 e il 390, e le sue spoglie di perfetta realizzazione dell’Essere, un Paradiso sulla Ma- furono sepolte in Epiro. dre Terra, un giardino di sacra perfezione: l’Eden. Il topos Nel VI secolo, a causa delle invasioni avaro-slave, le sue del giardino perfetto, quale locus amoenus, paradisiaco e reliquie furono trasportate nell’isola di Corfù e, succes- idealizzato percorrerà non solo la storia e la realizzazione sivamente, nei primi decenni del XII secolo, nella vicina dei vari giardini all’italiana a corredo di maestose regge Cefalonia. Qui furono trovate dai veneziani che le porta- o ville, contenenti anche tutto un bestiario edenico ade- rono nella chiesa di Santa Maria Madre di Dio di Murano e guato alla situazione, ma soprattutto, rimarrà connesso nel 1125 nella splendida Basilica dei Santi Maria e Donato all’idea di hortus conclusus o recinto sacro in cui regna il dove, dietro l’altare maggiore, sono tutt’ora appese le co- Bene ma che talvolta viene sconvolto, nella sua ordinata stole e l’enorme dente del drago (si tratta in realtà di tre perfezione, da un evento malefico, personificazione del vertebre e di un tratto di colonna vertebrale di balena)… male originario: il mysterium iniquitatis. La storia figurata Ma, focalizzandoci sulla terra abitata infestata dall’essere dell’arte, presentata nella mostra “La Sacralità del Paesag- immondo, è necessario sottolineare come questa sia stata gio”, inizia il suo percorso con un’opera di pittura primiti- dipinta. Si tratta di una natura idealizzata, ordinata, sotto va toscana nel ‘500 di Vincenzo Tamagni, detto Vincenzo in cielo terso d’azzurro punteggiato da soffici nuvole in da San Giminiano (1492-post 1530), considerato il più fila indiana. Al di sotto, alle pendici di un pendio, lungo il illustre discepolo di Raffaello con cui lavorerà alle logge quale scorre una sorgente nata dalla roccia, vi è una na- Vaticane. Il dipinto a tempera su tavola, rappresenta San tura serena di un chiaro verde uniforme movimentato da Donato Vescovo chiamato da due donne ad esorcizzare alberelli stilizzati. La collina culmina con una cappella cir- “il grande drago, il serpente antico, colui che è chiamato colare, di quelle votive a battistero, tipiche dei sacri monti. diavolo e il Satana e che seduce tutta la terra abitata”(A- L’unico a disturbare il sacro ordo naturalis è il demonio pocalisse, 12-9). In effetti il miracolo più famoso del Santo alato che, dispiegando le ali a ventaglio, gonfia la criniera è quello che lo portò ad affrontare e sconfiggere un drago rossiccia e sputa veleno. che infestava la regione, divorando abitanti e bestiame e che, secondo le fonti, con la sua fetida saliva avvelenava Dunque la sacralità del paesaggio sta in un ordine naturale

16 LA SACRALITÀ DEL PAESAGGIO rasserenante e in quell’Armonia che permea il creato e che sullo spirito dell’arte Friedrich ha concentrato tutta la sua è assimilabile al Bene. Per proteggere il Bene bisogna fare poetica, ribadendo alcuni pensieri già presenti nelle Osser- un breve accenno al genius loci, al nume tutelare degli an- vazioni, tra cui l’esortazione a riprodurre nell’opera non tichi. Esso “sive mas, sive foemina”, era la personificazione la natura in sé ma il modo in cui essa agisce sul pitto- divina della forza generativa che agisce nell’uomo e che re. “Lo spirito della natura si manifesta ad ognuno di noi provvede alla perpetuazione della famiglia e con questa in modo diverso”, diversità che deriva dal contatto tra la a proteggerne il luogo, il paesaggio del suo abitare. Non voce interiore, il divino che è in noi e la voce della natura. possiamo dimenticare, infatti, che nell’antichità il più pri- D’altro canto, invece, all’inizio dell’Ottocento, avviene la mitivo dei luoghi sacri era un microcosmo di roccia, terra, triste discrasia fra dovere morale di salvaguardia del bello alberi, acqua e cielo. naturale e assoggettamento del paesaggio all’industrializ- Nell’età moderna e, ancora più pesantemente in quella zazione nascente: è qui che la natura cede sotto il peso del contemporanea, si è smarrito il connubio uomo-natura e materialismo imperante uccidendo per sempre il nume, il con esso è andato perduto anche quel senso di mistero e genius, il custode. L’uomo padrone del pianeta, ubriaco di sacralità del paesaggio che trascende l’esistenza stessa. d’invenzioni tecnologiche, e in preda ad un delirio d’onni- In genere, in ambito artistico, architettonico e decorativo potenza, si sporge sull’abisso. quest’idea di paesaggio e del suo genius loci, fino all’età È hybris, e il disconoscimento del limite può provocare la medievale, era strettamente connesso al concetto di luogo tragedia. Purtroppo non resta che opporsi agli interessi sacro, e l’insieme di tali luoghi sacri divenne il punto di economici criminali e senza scrupoli, più forti ed efficaci, riferimento per le comunità primitive. Con il rinascimento nella determinazione delle decisioni politiche, affinché il il genius loci, cambia finalità perché l’uomo accentra l’u- ritorno alla natura non sia quello del sopravvissuto. È da niverso su di sé e stravolge il paesaggio piegandolo alle pochi anni a questa parte che assistiamo alla presa di co- propie necessità. scienza del paesaggio come bene comune, come insieme Tra fine settecento e inizi ottocento avvengono due feno- di valori storici, culturali economici e sociali del territorio; meni contrapposti. C’è da un lato il romanticismo tede- basti pensare alle Langhe piemontesi che, dal 2014, sono sco, che trova il suo apice espressivo in Caspar David Fri- state riconosciute dal Comitato del Patrimonio Mondia- edrich (1774-1840), e cerca di rappresentare una Natura le, UNESCO, attribuendo l’eccezionale valore universa- ideale, selvaggia e potente, in piena sintonia con l’animo le al paesaggio culturale vitivinicolo. Anche l’intervento dell’artista mosso dallo Sturm und Drang, considerando la dell’uomo nel paesaggio è sempre più valutato con atten- contemplazione della bellezza del paesaggio come un zione, non solo dal punto di vista etico, architettonico, ed insegnamento morale. Infatti, nel frammento Sull’arte e ecologico ma soprattutto artistico.

LA SACRALITÀ DEL PAESAGGIO 17 Grandi Maestri dell’architettura intervengono nel territo- psicologico dentro le pieghe recondite del suo io, gettan- rio creando nuovi riferimenti estetici e nuovi geni loci che do l’amo appeso alla linea nera di una scrittura calligrafica rappresentano il senso di appartenenza dell’uomo al suo personale, poetica e vibrante, a tratti astratta, scrivendo territorio, dando origine ad un nuovo tipo di paesaggio: pagine infinite del paesaggio dell’anima. il paesaggio culturale. Parimenti l’arte, intesa come spi- Incontriamo Langhe, già riconosciute come patrimonio ar- rito sottile che attinge all’essenza e all’animo umano si tistico, nelle opere di Giovanni Gagino, in cui prevalgono frammenta, originando le correnti dell’arte moderna nel l’asprezza del territorio, l’aridità del terreno argilloso e il Novecento e, attualmente, quelle post moderne dell’ar- verde duro e scostante. Più accoglienti e gioiose sono le te digitale. Si hanno, così, tutta una gamma di paesaggi colline immense di Paulucci Delle Roncole, dolci e sconfi- che vanno a comporre una wunderkammern di opere sulla nate, coniugate nei verdi appezzamenti alternati; e poi tra sacralità della natura, declinate in diverse varianti interpre- i filari rosso fauve sotto il cielo variegato dal tramonto, le tative. colline di Beppe Gallo ci raccontano di ricche vendemmie Attraversando i paesaggi storici e “di genere” di capiscuo- delle uve mature e di vini voluttuosi. Di contrasto abbia- la quali Falchetti, Delleani, Demetrio Cosola e le marine mo le città: le magnifiche regge protettive ed imponenti soleggiate con gli scugnizzi e i marinaretti di Attilio Pratel- di Marcello Jori; i muri grigi ed impersonali delle alienan- la, ammiriamo le raffinate campagne verdeggianti con la ti città industriali nell’arte di Giorgio Tonelli; e, ancora, il rubiconda contadinella parigina di Pittara. Anche Malin- pattinatore in terracotta di Sergio Zanni che pare voler verni, il medico pittore, medaglia d’argento al valore de- fuggire per le strade dai palazzi incombenti della fredda gli Alpini, ci regala dettagliati paesaggi d’altura e marine metropoli. dalla pennellata pastosa, i cui rosa e i cui cieli annuvolati Piero Gilardi, fra tutti gli artisti contemporanei presenti hanno una grazia unica ed un’eleganza antica. Poi incon- in mostra, è forse colui che coniuga fra loro gli assunti triamo i paesaggi oggettivi di Gianni Abello che gioca con fondamentali rispetto alla sacralità del paesaggio. Attento i i riflessi alla fiamminga degli specchi e ritrae un volto, alla natura ed ai suoi componenti primari come acqua, con gli occhiali appoggiati sulla testa, dove si riflettono aria terra e fuoco, all’accezione ‘uomo’ ed alla inconfu- gli alberi e la natura circostante. Una natura umanizzata tabile realtà tecnologica dell’epoca che viviamo, realizza che muta i suoi riferimenti in occhi giganteschi, o invade, le sue opere con materiali poveri, riciclando materiale da con le rocce e le onde del mare, l’interno di una stanza, imballaggio. Notissimi fin dagli anni ‘60’, in America ed in annullando la realtà rappresentata dalle visioni surrealiste Europa, i suoi “Tappeti-Natura” non vanno soltanto inte- spaesanti di Fabrizio Clerici e di Antonio Nunziante. M.G.P si come monito o denunzia ecologista, né malaugurante ( al secolo Maria Gabriella Pianizzola) pesca con uno scavo rappresentazione di una natura in via di estinzione, ma

18 LA SACRALITÀ DEL PAESAGGIO come artifizi, inganni, metafore, elementi indispensabili piattaforme di investimento virtuale che progrediscono su ed insiti nella natura stessa dell’Arte. Niente tele e pennel- velocissimi e intangibili bitcoin. li, l’immaginifica natura la realizza in poliuretano espanso: Ma la nostalgia del paesaggio dell’Eden che fa aumenta- perfetto e appetibile e così bello da essere struggente. Un re le endorfine e rilassa dallo stress, è fonte di una ricer- vero più bello del vero perché retaggio di memorie, origi- ca potente per gli artisti e, al contempo, è specchio della nato e stimolato da emozioni. Ricerca e sperimentazione necessità dell’uomo di salvaguardarne la bellezza intatta. sono alla base dell’operare di Gilardi; dal 1988, accanto Negli ultimi vent’anni nascono numerosissimi musei all’a- ai “Tappeti-Natura”, nascono installazioni interattive che, perto. Uno dei più importanti a livello europeo è il Kröll- con l’inserimento di tecnologie audiovisive computerizza- er-Müller Museum che sorge vicino a Otterlo in Olanda. te, coinvolgono il fruitore, non più passivo ma interagente Nato nel 1961 come giardino di sculture intorno alla casa mediatico sull’opera stessa. Ad esempio, nell’installazione madre che ospita al suo interno il museo (1938), per lun- “Liquid breath” l’intensità della cascata si modula sul rit- go tempo ha rappresentato un esempio per qualunque mo del respiro dell’osservatore. Come in un controcanto istituzione volesse cimentarsi nell’arte all’aperto. Molte e per Alberto Bessone, artista del ferro battuto, la natura va importanti sono le opere ospitate nel parco, dando luogo esaltata, magnificata ed impreziosita con l’eleganza delle a una sorta di antologia a cielo aperto della scultura tra forme barocche e con le ali d’argento di una libellula-gio- Ottocento e Novecento fino alle ultime correnti, come il iello che si posa sull’uovo, simbolo della Creazione, della Minimalismo e l’Arte concettuale. Si ricordano, tra le altre, sacralità primigenia. le opere di Auguste Rodin, Jean Dubuffet, Lucio Fontana, La gamma delle riflessioni artistiche sulla natura inimitabi- Sol LeWitt e Luciano Fabro. le spazia dai materiali reinventati di Aldo Mondino per la Il Kröller-Müller ha in seguito compiuto un salto di quali- sua nostalgia africana all’arte povera dei collage di sughe- tà, facendo propria quella sensibilità che individua, in una ro di Crippa alla finestra stilizzata sul paesaggio di Tano relazione più stretta tra arte e paesaggio, uno dei terreni Festa che giocava con i colori alle onde estroflesse di Bo- su cui articolare una rilettura critica dello spazio e dello nalumi che riflette sulla loro infinita ripetitività alla festosa stesso linguaggio artistico. Scelta che determina l’apertura danza edenica di De Maria, fino ad arrivare alla finestra di di un’area lasciata libera, non ‘addomesticata’ a giardi- paesaggio digitale di Iller Incerti, il cui video, creato con i no e dedicata alle installazioni ambientali, dove figurano, paesaggi d’arte degli antichi Maestri, scorre nella fissità tra le altre, opere di Richard Serra. Un percorso diverso di una cella di contenzione che le fa da cornice. Si tratta caratterizza uno dei più celebri parchi ambientali noto a dell’arte del futuro che si archivia su chiavetta USB, che livello internazionale: la Fattoria di Celle allestita, a partire non ha luogo, paese o Museo, ma che viene alienata sulle dal 1982, dal collezionista italiano Giuliano Gori nella sua

LA SACRALITÀ DEL PAESAGGIO 19 villa a Santomato, in provincia di Pistoia. Fino al Duemi- suddivisione secondo lo schema dell’architettura barocca. la questo parco romantico contemporaneo è stato strut- L’impressione che si ha è di trovarsi in un museo a cie- turato secondo criteri rigorosamente ambientali, come il lo aperto, composto da varie stanze, ognuna delle quali rispetto della morfologia del territorio, con attenzione ai ospita un’opera differente, divisa dalle altre da file di tigli cambiamenti della luce e della vegetazione dati dalle dif- e di betulle. ferenti stagioni, e si è sviluppato fino a ospitare trentasei Le sculture si basano sulle forme naturali degli alberi, delle opere tra cui installazioni di altissimo livello come quelle pietre, si ispirano alle forza della natura, alla relazione tra di Serra, di Magdalena Abakanowicz, il labirinto di Robert l’uomo e la natura e al concetto di mutamento della ma- Morris, i percorsi di Dani Karavan e di Bukichi Inoue. teria nello scorrere del tempo. Il messaggio insito in que- A questo patrimonio, negli ultimi anni, si sono aggiunte sto giardino è quello di “una costruzione dove l’intervento solo quattro nuove installazioni, tra cui si segnalano quella dell’uomo sulla natura non ha un fine economico ma este- di scala architettonica di Daniel Buren (n. 1938), artista tico, simbolico, culturale, sottolineato nella disposizione che si esprime felicemente in importanti interventi am- spesso geometrica della vegetazione“, come ha dichiarato bientali (tra gli altri quello per il parco della Fondazione Er- Penone stesso nel catalogo dedicato all’opera. Per creare menegildo Zegna (2008) a Trivero in provincia di Biella, per queste forme plastiche, l’artista ha studiato l’energia dei la Gibbs Sculpture Collection (2001-2003) ad Auckland in vari elementi naturali e li ha composti secondo un ordine Nuova Zelanda, per il Castello di Ama (2001) in provincia innaturale: ad esempio, nell’opera La forza naturale della di Siena, per la città di Lussemburgo (2001), per lo spazio crescita dell’albero contrappone alla bizzarra collocazio- antistante il Municipal Museum of Art (2002-03) di Toyota ne del masso, adagiato sul tronco, la verticalità che soli- City, in Giappone). Crea ambientazioni inaspettate lo scul- tamente esprime un albero. Ne emerge un’energia flui- tore contemporaneo, di origini cuneesi, che ha portato da, malleabile e flessibile, ma completamente innaturale. avanti una ricerca sulla natura creando delle sculture che Nel 2014 è stato insignito del Praemium Imperiale 2014, vivono insieme agli alberi reali: è Giuseppe Penone ( Ga- confrontandosi con il parco storico di Boboli e con la sfida ressio 1947). che Forte di Belvedere, ha lanciato ad alcuni dei più gran- Penone ha realizzato diversi parchi di arte-natura e, a Ve- di scultori del ventesimo e del ventunesimo secolo. Per la naria Reale, Penone crea il Parco delle Sculture fluide, un prima volta le due prestigiose sedi fiorentine sono collega- complesso di opere, situato nel Giardino Basso della Resi- te tra loro in un percorso artistico unitario dove trovano denza sabauda, composto da una decina di installazioni. sede i visionari Alberi dell’artista cuneese. Quelli in legno, L’artista ha avuto a disposizione la parte del parco proget- che un gesto scultoreo ha riportato alla luce, liberandoli tata da Amedeo di Castellamonte e ne ha mantenuto la dalle travi già trasformate dall’azione dell’uomo, e quelli

20 LA SACRALITÀ DEL PAESAGGIO in bronzo che innestano nella tradizione scultorea antica e soprattutto in ver sacrum vovere, consacra la propria le forme arboree, creando una nuova prospettiva volta ad sacralità alla natura stessa affermandosi come concele- alimentare un dialogo serrato tra scultura, architettura e brante della creazione e, quindi, sottolineando la necessi- paesaggio. Quel celebre skyline dominato dalla cupola di tà della salvaguardia della natura, del pianeta e dell’intera Brunelleschi che le creature forgiate da Penone sanno ri- umanità. generare sprigionando una sapienza alchemica, esprimen- do un rapporto profondo tra uomo e ambiente, tra corpo e natura vegetale. Un altro importante artista, giovane ma che si è ritaglia- to un posto nel panorama dell’arte internazionale dopo il suo intervento al Padiglione Italia della 53° Biennale di Venezia, è Aron Demetz. L’artista, che vive e lavora in Val Gardena, in Alto Adige, ha adottato la tradizionale tecnica locale di lavorazione del legno, risalente al Diciasettesimo secolo. Le sue sculture ritraggono la figura umana in pose classiche o in posizioni ardue, inconsuete, ed esplorano le BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE possibilità e i limiti del materiale legno. Richard Chorley, Stanley Schumm e David Sugden, Geomorphology, Le sue figure antropomorfe sono scolpite a mano lascian- Edition Methuen, 1984 do emergere riccioli, venature, nodi del legno; altresì Paolo D’Angelo, Estetica della natura, Bellezza naturale, paesaggio, arte ambientale, Edizioni Biblioteca di Cultura Moderna , 2010 vengono levigate e ricoperte di resine naturali raccolte M. Dufrenne, Arte e natura, in M. Dufrenne-D. Formaggio, cristallizzate nei boschi oppure combuste con la fiamma Trattato di estetica, vol. II, Milano, Mondadori, 1981, p. 40. ossidrica per creare dei fossili, dei reperti umani eternati Gaston Bachelard, La poetica dello spazio, Ed . Dedalo, La scienza dal fuoco… Nuova, 2006 Gianluca Marletta, L’Eden, la Resurrezione e la Terra dei Viventi, Le opere che ne conseguono hanno una forte presenza Ed. Irfàn, 2017 fisica che coinvolge l’osservatore ad un livello psicologico Castrovinci, Vincenzo Tamagni da San Gimignano. profondo, restituendo, al contempo, la nostra unione con «Pittore eccellente discepolo di Raffaello». Ediz. Illustrata, la natura e la nostra alienazione dalla stessa. La scultura, De Luca Editori d’Arte, 2017l Joseph Campbell, La terra madre e dea. Sacralità della natura che ci fa su piccola e larga scala, è colei che con-vivendo con il pa- vivere, Read Edizioni, 1989 esaggio ne condivide la sacralità e ne diventa genius alter: Antonietta Iolanda Lima, La dimensione sacrale del paesaggio, questa è la svolta dell’artista che si autentica e autocelebra Editore: S. F. Flaccovio,1984

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LE OPERE

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ANONIMO - SCUOLA FIORENTINA, Santissima Annunziata - XVI secolo Olio su tavola cm.132,2x174

LA SACRALITÀ DEL PAESAGGIO 25 EDITIONS D’ART DE RAMBOUILLET - Arazzo, La chasse liserè (P.M.) - XVI secolo cm.145x158

26 LA SACRALITÀ DEL PAESAGGIO EDITIONS D’ART DE RAMBOUILLET - Arazzo, Le canal de Bruges (P.M.) - XVII secolo cm.125x184

LA SACRALITÀ DEL PAESAGGIO 27 JACOPO NEGRETTI - DETTO PALMA IL GIOVANE, Flagellazione di Cristo - secolo XVI Olio su rame cm 53,5 x 34

28 LA SACRALITÀ DEL PAESAGGIO VINCENZO TAMAGNI DA SAN GIMINIANO, San Donato e il Drago - 1510-11 tempera su tavola, cm. 38,5x72

LA SACRALITÀ DEL PAESAGGIO 29 FRANCESCO BOSSO, Resurrezione - XIX secolo Olio su Tela cm. 50x50

30 LA SACRALITÀ DEL PAESAGGIO DEMETRIO COSOLA, Intrattenimento - 1880 Olio su tela cm. 34,5x57

LA SACRALITÀ DEL PAESAGGIO 31 ATTILIO PRATELLA, Sosta di Pescatori - 1880 olio su tavola cm. 35x25,5

32 LA SACRALITÀ DEL PAESAGGIO CARLO PITTARA, Ritorno dal pascolo - 1882 Olio su tela cm. 41x32,5

LA SACRALITÀ DEL PAESAGGIO 33 GIUSEPPE FALCHETTI, Paesaggio - 1886 Olio su tela cm. 72x116

34 LA SACRALITÀ DEL PAESAGGIO LORENZO DELLEANI, Il Reno a Basilea - 1891 Olio su tavola cm. 31x45

LA SACRALITÀ DEL PAESAGGIO 35 ARTURO TOSI, Paesaggio - 1908 olio su tavola cm. 22x30,2

36 LA SACRALITÀ DEL PAESAGGIO CARLO TERZOLO, Cascina con pagliaio - 1930 olio su tela cm. 47x58

LA SACRALITÀ DEL PAESAGGIO 37 ANGELO MALINVERNI, Nubi sull’altopiano - 1916 olio su cartone cm.35x45

38 LA SACRALITÀ DEL PAESAGGIO ANGELO MALINVERNI, Casa rossa sulla spiaggia - 1931 olio su cartone cm.27x31

LA SACRALITÀ DEL PAESAGGIO 39 GIUSEPPE GHEDUZZI, Serenità alpestre 1950 Olio su tela cm.69,5x99,5

40 LA SACRALITÀ DEL PAESAGGIO ETTORE FICO, Paesaggio fluviale - 1955 olio su tela cm. 50x70

LA SACRALITÀ DEL PAESAGGIO 41 ESO PELUZZI, Pomeriggio di inverno nell’orto - 1958 olio su tela cm.50x65

42 LA SACRALITÀ DEL PAESAGGIO UMBERTO LILLONI, Appennino Parmense - 1958 olio su tela cm.50x73

LA SACRALITÀ DEL PAESAGGIO 43 GIACOMO BALLA, Monte Mario - 1959 Olio su tela cm.16x14 con cornice 31x34

44 LA SACRALITÀ DEL PAESAGGIO ORFEO TAMBURI, Parigi - 1959 olio su tela cm.45x56

LA SACRALITÀ DEL PAESAGGIO 45 Michele Baretta Pittori a Macugnaga - 1962 oilo su tavola cm.70x50

46 LA SACRALITÀ DEL PAESAGGIO Michele Baretta, Venezia - 1963 olio su tavola cm.60x80

LA SACRALITÀ DEL PAESAGGIO 47 FRANCESCO MENZIO, Natura morta sulla spiaggia - 1964 Olio su tela cm.60x100

48 LA SACRALITÀ DEL PAESAGGIO GINO COVILI, La raccolta delle erbe - 1965 olio su tela cm.70x100

LA SACRALITÀ DEL PAESAGGIO 49 ENRICO PAULUCCI, Campania - 1969 olio su tela cm. 90x115

50 LA SACRALITÀ DEL PAESAGGIO FABRIZIO CLERICI, Ottica Zodiacale - 1973 Olio su tavola cm. 70,5x96

LA SACRALITÀ DEL PAESAGGIO 51 PINO ROASIO, Mercato a Villanova d’Asti - anni 70 cm.50x40

52 LA SACRALITÀ DEL PAESAGGIO PINO ROASIO, Prima neve anni 70 olio su tela cm .60x50

LA SACRALITÀ DEL PAESAGGIO 53 TANO FESTA, Senza Titolo - 1974 Smalto e acrilico su tela cm. 120x50

54 LA SACRALITÀ DEL PAESAGGIO ROBERTO CRIPPA, Boat - 1975 Collage e sughero su tavola cm.60x80

LA SACRALITÀ DEL PAESAGGIO 55 ALESSANDRO TOFANELLI, I Lunghi giorni, Il Lago, anni 80 olio su tela cm. 100x100

56 LA SACRALITÀ DEL PAESAGGIO ALDO MONDINO, Malindi Mailand - 1980 Tessuto patcwork cm.198x150

LA SACRALITÀ DEL PAESAGGIO 57 MARC CHAGALL, Il cantico dei cantici IV - 1981 Stampa acquerellata cm. 38x48,5

58 LA SACRALITÀ DEL PAESAGGIO FEDERICA GALLI, L’albero Caduto - 1981 Incisione all’acquaforte cm. 60x80

LA SACRALITÀ DEL PAESAGGIO 59 ALIGI SASSU, Cavalli sulla spiaggia - anni ‘80 serigrafia p.a. cm. 70x97

60 LA SACRALITÀ DEL PAESAGGIO AGOSTINO BONALUMI, Composizione, Il mare - 1985 Acquerelli su carta estrofle cm.62x90

LA SACRALITÀ DEL PAESAGGIO 61 ANTONIO POSSENTI, La Reggia ed il giardino del Re dei Feaci - 1988 Olio su cartone telato 50x40

62 LA SACRALITÀ DEL PAESAGGIO MARIO SCHIFANO, Monumento al Giardiniere - 1990 Acrilico e sabbia su tela cm.150x130

LA SACRALITÀ DEL PAESAGGIO 63 GIORGIO TONELLI, Paesaggio Urbano - anni 90 Olio su tavola cm.51x43

64 LA SACRALITÀ DEL PAESAGGIO SERGIO ZANNI, Pattinatore - 1990 Scultura in terracotta. Pezzo unico h. 44 cm

LA SACRALITÀ DEL PAESAGGIO 65 MIMMO GERMANÀ, Senza Titolo - 1990 Olio e tecnica mista su carta cm. 75x105

66 LA SACRALITÀ DEL PAESAGGIO VELASCO VITALI, La strada - 1991 Olio su tela cm.50x70

LA SACRALITÀ DEL PAESAGGIO 67 GIOVANNI GAGINO, Langa Verde - 1991 Olio su tela cm.50x60

68 LA SACRALITÀ DEL PAESAGGIO MARCELLO JORI, Reggia - 1991 Scultura in legno cm.150x100x25

LA SACRALITÀ DEL PAESAGGIO 69 FRANCESCO TABUSSO, Pittore Fiammingo - 1993 Olio su tela cm. 80x120

70 LA SACRALITÀ DEL PAESAGGIO ANTONIO CORPORA, Finestra sul mare - 1996 acrilico su tela cm.70x100

LA SACRALITÀ DEL PAESAGGIO 71 LUCA ALINARI, Paesaggio - 1998 olio su tela cm.67x67

72 LA SACRALITÀ DEL PAESAGGIO GIOVANNI LA COGNATA, La cava di Comiso - 1999 olio su tela cm. 90x90

LA SACRALITÀ DEL PAESAGGIO 73 GILARDI PIERO, Spiaggia con rosa rugosa - 2001 Poliuretano espanso lavorato e dip. cm.70x70

74 LA SACRALITÀ DEL PAESAGGIO GILARDI PIERO, Spiaggia con Madrepora - 2001 Poliuretano espanso lavorato e dipinto cm.70x70

LA SACRALITÀ DEL PAESAGGIO 75 NOBUYOSHI ARAKI, Landscape nuvole - 2001 Polaroid

76 LA SACRALITÀ DEL PAESAGGIO GIEFFE, La città degli Angeli - 2005 Olio su tela cm. 50x120

LA SACRALITÀ DEL PAESAGGIO 77 MARCO LODOVICO ABELLO, Nei tuoi occhi… - 2006 Olio su tavoletta telata, cm.15x16

78 LA SACRALITÀ DEL PAESAGGIO M.G.P., Paesaggio dell’Anima - 2008 Collage, inchiostro e ricamo su carta di riso

LA SACRALITÀ DEL PAESAGGIO 79 ANTONIO NUNZIANTE, La bellezza ci salverà - 2008 olio su tela cm.60x80

80 LA SACRALITÀ DEL PAESAGGIO ANTONIO NUNZIANTE, Il mare dentro - 2008 olio su tela cm.100x100

LA SACRALITÀ DEL PAESAGGIO 81 BEPPE GALLO, Autunno in Langa - 2009 olio su tela cm.70x70

82 LA SACRALITÀ DEL PAESAGGIO ARON DEMETZ, Tragedia dell’Univocità - 2011 Fusione in bronzo, h.220 cm. diametro 75 cm.

LA SACRALITÀ DEL PAESAGGIO 83 ALBERTO BESSONE, Metamorfosi Barocca-Paesaggio - 2017 ferro battuto, foglia d’oro, foglia d’argento, diamanti, perle naturali e seta, h cm. 39,2, larghezza cm. 15, prof. cm. 17

84 LA SACRALITÀ DEL PAESAGGIO ILLER INCERTI, Interno 36 - 2017 Paesaggio, video art durata 1,41 min. (frame del video)

LA SACRALITÀ DEL PAESAGGIO 85 BIOGRAFIE ARTISTI

Abello Gianni Lodovico. (Torino 1955). Pittore figurativo fantasy canavese, espone fin dagli anni 70’ nella galleria torinese Viotti. Viene inserito Da Vittorio Sgarbi fra gli artisti di cui viene fatta la pubblicazione “Le scelte di Vittorio Sgarbi. Stimato in Italia lo è anche all’estero dal mercato americano.

Alinari Luca è nato a Firenze nel 1943 dove vive e lavora. Pittore, scenografo, intellettuale fra i più impegnati e creativi in ambito internazionale, è anche autore di scritti sulla pittura e racconti surreali che hanno ancor più fatto apprezzare la cospicua dote del suo poliedrico talento. La sua prima mostra fu ordinata presso la “Galleria inquadrature” nel 1969. Da allora ne sono seguite molte altre anche in Italia e in alcuni paesi esteri. Tra le piu significative sono da ricordare le esposizioni presso la sala di Palazzo Vecchio, a Firenze nel 1986; presso Palazzo Reale, a Milano nel 1993; presso il Museo d’Arte Contemporanea “Villa Croce” a Genova nel 1995. Nel 1999 la Galleria degli Uffizi ha acquisito un suo Autoritratto, oggi inserito nella famosa raccolta collocata anche nel Corridoio Vasariano. Da segnalare, infine, le partecipazioni alla Biennale di Venezia del 1982 ed alla Quadriennale di Roma del 1986.

Anonimo, Scuola fiorentina del XVI Secolo. La composizione (ripresa più volte da diversi artisti)presenta la camera della Vergine di Nazaret in spaccato, con una fetta verticale di paesaggio a sinistra di chi guarda. Sotto i suoi piedi è steso un tappeto orientale con figure di animali stilizzati. L’angelo è appena entrato e s’inginocchia dopo il saluto e l’annunzio. All’esterno, nell’angolo più alto del cielo, è visibile l’Eterno Padre contornato da nuvole leggere. Dalla sua destra benedicente un fascio di raggi dorati penetra in diagonale per la finestra tonda e per indicare il movimento ascensionale delle parole verso l’Eterno Padre.

Balla Giacomo. (Torino, 1871 - Roma, 1958). Si formò a Torino e a Roma, dove si trasferì nel 1893, in un ambito culturale partecipe del socialismo umanitario e del positivismo scientifico, affrontando tematiche come il paesaggio urbano e le condizioni umane in un linguaggio che trae elementi dal verismo, dal liberty e dal neoimpressionismo. Artista maturo e affermato, nel 19 10 firmò, con i suoi allievi Boccioni e Severini, il Manifesto dei pittori futuristi e il Manifesto tecnico della pittura futurista, ma il suo più originale contributo iniziò dal 1912 con la serie di studî sul movimento.

Baretta Michele (Vigone, 1916 - ivi, 1987). Dal 1929 al 1935 segue al Collegio Artigianelli di Torino la Scuola di pittura del Reffo. In seguito, come autodidatta, sperimenta tutte le tecniche pittoriche, compreso l’affresco. “Un solitario della provincia piemontese” lo definì il critico Marziano Bernardi. Dopo il 1945 riprende l’attività come pittore; nel 1947 affresca l’abside della Chiesa del Cottolengo di Pinerolo e l’abside della Certosa di Motta Grossa, fraz. Riva di Pinerolo, che lo fecero conoscere ed apprezzare. Nel 1948 allestisce una delle sue prime personali a Villafranca Piemonte, nel 1954 affresca l’abside del Santuario della Madonna del Buon Rimedio di Cantogno, dipingendo “Il trionfo di Cristo Re con i Santi Pietro e Paolo” e per lo stesso santuario realizza una “Via Crucis” costituita da 14 grandi tavole. Oltre alle mostre personali e alla partecipazione a rassegne in Italia e all’estero, affresca la cupola della Chiesa di Nostra Signora della Pace a To- rino, l’abside della Chiesa di Santa Caterina a Vigone, la Chiesa di San Lazzaro a Pinerolo. Sue opere sono presenti in prestigiose collezioni private in Italia e nei principali Paesi esteri ed inoltre in svariate collezioni pubbliche.

Bessone Alberto è nato a Leinì nel 1975. Abile creatore di opere d’arte in ferro ha iniziato da ragazzo, appena dodicenne, ed ha ricevuto i primi rudimenti del proprio operare dal Signor Tasso, fabbro di Rivarolo. Per vent’anni consecutivi ha poi seguito il lavoro di Piero Pane, noto artigiano canavesano, che gli ha insegnato molto di ciò che sa. Per la creazione delle sue opere si ispira ad artisti quali Alessandro Mazzucotelli, artigiano di origine lombarda, maestro ferraio e decoratore e ad Alfons Maria Mucha, pittore e scultore ceco: entrambi nomi di spicco dell’Art Nouveau dei primi del ‘900.

Bonalumi Agostino. (Vimercate, 1935 – Desio, 2013). Nel 1958 frequenta lo studio di E. Baj, dove incontra P. Manzoni, col quale inizia un’attività di ricerca comu- ne. Frequenta anche Fontana e svolge le sue prime esperienze di arte oggettuale. Le sue superfici a rilievo, ottenute con un sistema di imbottiture e strutture sottese alla tela (o al cartone o alla plastica), tendono spesso a una spazialità ambigua e il materiale monocromo provoca effetti inquietanti d’illusione ottico-percettiva.

86 LA SACRALITÀ DEL PAESAGGIO Bosso Francesco. (Vercelli, 1886 –Torino, 1933). Studiò all’Accademia di Belle Art della sua città con Andrea Bonino e Carlo Costa . All’inizio della sua carriera artistica si dedicò alla decorazione e alla scenografia eseguendo parecchi lavori in palazzi , chiese e teatri, d’Italia Francia e Svizzera. Per l’esposizione coloniale di Genova compose un grande diorama del Canale di Panama, apprezzato e lodato. Si è dedicato in special modo a quadri di genere e di nature morte che gli hanno procurato una vasta notorietà .

Chagall Marc (Vitebsk, 1887 – Saint-Paul-de-Vence, 1985) Di famiglia ebraica, potè iniziare a studiare arte con l’unico pittore della città, il noto Yehuda (Yudl) Pen, proseguire a San Pietroburgo dove frequentò l’Accademia Russa di Belle Arti con un pittore visionario come Roerich e conoscere molti artisti e personaggi della cultura quali Apollinaire, Delaunay e Léger quando, infine, si trasferì a Parigi ed iniziò l’inconfondibile periodo della propria maturità artistica. Quella di un mondo intriso di stupore e meraviglia calato in opere in cui coesistono ricordi d’infanzia, fiabe, poesia, religione e guerra; un universo di sogni dai colori vivaci, ricchi di sfumature che danno vita a paesaggi popolati da personaggi, reali o immaginari. Il suo immaginario fa riferimento alla cultura chassidica in cui era cre- sciuto, con frequenti citazioni: dal classico Violinista sul tetto a Gli angeli (dove anche l’amata moglie è spesso rappresentata come un angelo sospeso nel cielo) a La stella di Davide o alla Compresenza di uomo e animale.

Clèrici Fabrizio (Milano, 1913 - Roma, 1993). Studiò architettura a Roma e nel 1936 divenne amico di A. Savinio. La sua pittura, così come la sua opera grafica e la sua attività di scenografo, non prescinde mai dall’elemento architettonico, dal surrealismo e dalla metafisica, traendo spunti dall’archeologia, dalla mitologia e dall’esoterismo. Ovviando con particolari strumenti ottici alla difficoltà visiva causata dalle lesioni alle retine insorte nel 1983, C. ha continuato a disegnare e a dipingere, producendo notevoli capolavori.

Corpora Antonio. ( Tunisi, 1909 - Roma, 2004 ). Frequenta l’Ecole des Beaux Arts, allievo di Gustave Moreau, nel 1929 si stabilisce a Firenze e frequenta le lezioni di Felice Carena all’Accademia di Belle Arti. Si reca a Parigi ed entra in contatto con le scuole post-impressioniste, cubiste e fauves. Nel 1939 tiene una personale a Milano ed entra in contatto con gli astrattisti Fontana, Reggiani e Soldati. Collabora con diverse riviste che trattano di pittura e letteratura. Dipinge opere figurative, paesaggi, nature morte e, a partire dal 1934, composizioni astratte in stile post-impressionista. Nel 1945 si stabilisce a Roma, collabora presso lo studio di Guttuso e partecipa al clima culturale artistico della città, frequentando pittori, poeti e registi. Nel 1948 è presente alla Biennale di Venezia e negli anni successivi, espone in diverse città, aggiudicandosi il Premio della Giovane Pittura, presso la Biennale di Venezia, a cui parteciperà anche nel 1956, 1960 e 1966. I suoi lavori vengono esposti in importanti musei nazionali ed internazionali. Negli anni Settanta esplora nuove tecniche, come quella informale della pittura murale e del dripping.

Cosola Demetrio. (San Sebastiano del Po, 1851 – Chivasso, 1895) Figlio di Luigi e Rosa Capello, nacque a San Sebastiano da Po presso Chivasso (prov. di Torino) il 25 sett. 1851, penultimo di sei fratelli. All’età di sette anni si trasferì con la famiglia a Chivasso e tra Chivasso e Torino trascorse la sua esistenza. Nel 1869 entrò all’Accademia Albertina di Torino, dove divenne allievo di E. Gamba per il disegno, di A. Gastaldi per la pittura e di G. Tamone per la plastica. Durante gli anni di accademia ebbe modo di conoscere il Fontanesi (ivi insegnante dal 1869): fu un contatto importante perché, se non si tradusse in influenze stilistiche precise, lo accostò al più vivo ambiente artistico che Fontanesi aveva creato intorno a sé.

Covili Gino. (Pavullo nel Frignano, 1918 – ivi, 2005) Covili , a che nel parte il periodo del servizio militare, ha sempre vissuto nel modenese. Dopo aver svolto diversi mestieri, a partire dagli anni Cinquanta riesce a dedicarsi al disegno e alla pittura, sue prime passioni, fino ad arrivare alla prima mostra personale nel 1964 a Bologna, alla quale ne segue un’altra a Milano e una a Roma nel 1971, dove le sue opere sono esposte insieme a quelle di Ligabue. Da questo momento in poi si concentra instancabilmente sull’attività pittorica e arriva ad esporre in centri importanti pur preservando il legame con il paese e la cultura popolare d’origine e facendone, anzi , il tratto distintivo, il fil rouge di tutta la sua produzione.

LA SACRALITÀ DEL PAESAGGIO 87 Crippa Roberto. (Milano, 1921- ivi, 1972) Laureato in architettura, studiò a Milano, all’Accademia di Brera sotto la guida di Carpi, Funi, Carrà divenendo anche pittore e scultore Nel 1950, a Milano, fu tra i firmatari del III manifesto dello “Spazialismo” e nello stesso periodo fu tra i primi ad aderire alla poetica informale dell’”action painting”. Fra il 1948 e il 1952 le sue opere furono caratterizzate dal segno - gesto delle spirali e delle ellissi, cui seguì quello da lui definito dei “collages” (a partire dal ‘56) e quello, negli ultimi anni, definito da M. Tapié “la metafisica delle materie”.

Delleani Lorenzo. (Pollone, 1840 - Torino, 1908). Si formò all’Accademia Albertina di Torino, allievo di Cesare Gamba e Carlo Arienti. Espose nel 1874 al Salon di Parigi e a varie biennali di Venezia. Dapprima pittore di scene di storia, si dedicò sempre più al paesagio dipinto an plen air. Le sue tele sono conservate in molte collezioni piemontesi.

Demetz Aron (Vipiteno, 1972). Considerato uno dei più importanti scultori italiani del momento, l’artista è diventato il protagonista di una vera e propria evo- luzione del settore. Nelle sue mani le statue devozionali di un tempo sono state sublimate in figure umane contemporanee. Grande sperimentatore, oltre che con il legno l’artista si cimenta con gesso, marmo e bronzo e studia i naturali processi della materia, come combustione e ossidazione.

Editions d’Art de Rambouillet. Riedizioni di pregiati arazzi francesi prodotti da antiche manifatture come Aubusson, Felletin e Bellegarde. Pur mancando la documentazione, sembra che le manifatture fossero in piena attività fin dal sec. XVI; tuttavia i lavori migliori furono eseguiti nel secolo XVIII.

Falchetti Giuseppe. (Caluso, 1843 – Torino, 1918). A circa dodici anni lasciò la natia Caluso e si stabilì a Torino, dove entrò nello studio del conterraneo pittore paesaggista Giuseppe Camino. Verso il 1860 il F. aprì uno studio a Torino. Attraverso le visite assidue alla Galleria sabauda iniziò ad interessarsi al genere della natura morta, che diventò uno dei temi principali della sua produzione. Al 1862 risale la partecipazione alla mostra della Società promotrice di belle arti di Torino. Negli anni successivi e fino al 1913, pur con qualche breve interruzione, partecipò alle Promotrici torinesi, mentre dal 1915 al 1918 fu presente alle mostre del Circolo degli artisti di Torino.

Faralli Gian Paolo, in arte GIEFFE ,nasce a Torino nel 1955, Medico chirurgo con la passione per l’arte che lo porta circa 15 anni fa ad iniziare ad esprimersi con l’olio su tavola e tele. Vive e lavora a Fiano . Dal ’97 espone a Torino nella Manifestazione “Cento pittori nel fascino di Torino” ed in altre diverse città nonché in rassegne di grande livello. Vanta, dal 2000 ad oggi, circa 50 battute d’asta nelle principali Aste Italiane tra cui MEETING ART di Vercelli e SANT’AGOSTINO di Torino.Da circa 3 anni è stato inserito nel catalogo dell’Arte Moderna della Mondadori.

Festa Tano (Roma, 1938 – ivi, 1988). Diplomatosi a Roma in fotografia artistica, si formò sull’esempio di C. Twombly e della pittura gestuale. Protagonista della scuola pop romana, accolse con rigore formale le soluzioni new dada, proponendo isolati oggetti monocromi (Persiana, 1963) o rivisitazioni dell’arte classica (Da Michelangelo, n. 1 ). Nelle opere successive il disegno diviene più rapido e sommario.

Fico Ettore. (Piatto Biellese, 1917- Torino, 2004). Dopo i primi studi di pittura con il maestro Luigi Serralunga, parte per la Seconda guerra mondiale e dal 1943 al 1946 è prigioniero in Algeria. Nel corso della sua lunga carriera artistica partecipa a numerose esposizioni collettive nazionali e internazionali tra cui la Qua- driennale d’arte di Roma (edizioni VII, VIII e IX), la Biennale Internazionale di Cracovia nel 1966, la Mostra di Artisti Italiani a Praga nel 1968 e la XXXIX Biennale Nazionale d’Arte Città di Milano.

Gagino Giovanni. (, 1924 – Cuneo ,2014) Nato a Fossano, si trasferì in giovane età a Cuneo. A tredici anni copiava gli ex-voto presenti nel Santuario Madonna dela Riva. Arruolato nella Marina Militare durante la seconda guerra mondiale, dopo l’8 settembre fu fatto prigioniero e mandato in un campo di concentramento in Turingia. Tornato in Italia, si stabilì a Cuneo, dove lavorò come operaio e cominciò a dipingere da autodidatta secondo gli insegnamenti di Roberto Luciano ed Ego Bianchi. Morì novantenne a Cuneo nel 2014

88 LA SACRALITÀ DEL PAESAGGIO Galli Federica (Soresina, 1932 – Milano, 2009). E’stata un’artista italiana attiva soprattutto nell’incisione all’acquaforte. Nel 1946, si iscrive al liceo artistico a Milano e nel 1950 all’Accademia di belle arti di Brera dove si diploma in pittura quattro anni dopo. Qui inizia a incidere (“Il paese dell’Alberta” del 1954 è la sua prima incisione) cimentandosi nell’acquaforte che non abbandonerà più. Sposatasi nel 1966 con il giornalista Giovanni Raimondi del «Corriere della Sera», inizia dei viaggi culturali che la portano nelle maggiori capitali europee e in paesi dalla tradizione incisoria meno radicata. Questo è anche l’anno in cui si convince che il mezzo tecnico con cui si esprime meglio è l’incisione. L’artista, fra il 1954 e il 2008, ha inciso circa mille lastre. I paesaggi sono principalmente quelli della pianura lombarda. Le vedute sono quelle di Milano e Venezia.

Gallo Beppe. Nato a Castagnole delle Lanze, classe 1942, Beppe Gallo è il pittore delle Langhe; coglie nei propri dipinti la luce della collina di langa, i filari, il fiume con una sensibilità rara e inarrivabile.

Germanà Mimmo (Catania, 1944 – Busto Arsizio, 1992). Inizia la sua carriera da autodidatta lasciandosi influenzare dal clima post-concettuale. Dagli anni ’80 comincia un nuovo percorso pittorico nel movimento Transvanguardia al quale aderiscono anche Chia, Cucchi, Clemente, Paladino e De Maria. Nel 1980 partecipa alla Biennale di Venezia, grazie all’invito del noto critico Achille Bonito Oliva. Le opere di Germanà spiccano perché riesce a rappresentare i colori e gli odori del mediterraneo. Germanà è un artista molto affermato sia in Italia sia all’estero, è presente in vari musei europei e americani.

Gheduzzi Giuseppe. (Crespellano ,1889- Torino,1957). Figlio del pittore Ugo, dal quale apprende, come i fratelli Cesare, Mario e Augusto, i primi rudimenti dell’arte affina la sua formazione a Torino presso l’Accademia Albertina in qualità di allievo di Andrea Marchisio e di Paolo Gaidano. Abile paesaggista dipinge scorci e panorami veneziani, vedute dei laghi e delle valli piemontesi e della riviera ligure. A differenza del fratello Cesare però, eccelle anche nei dipinti di interni con figure e nei temi orientalisti.

Gilardi Piero. (Torino, 1942). Ha iniziato il suo percorso artistico negli anni Sessanta nel clima culturale della Post-Pop Art facendosi conoscere dal grande pub- blico con i Tappeti di natura (1965), ricostruzioni in poliuretano espanso di porzioni di ambiente naturale (prati, sottoboschi, greti di fiume).

Incerti Iller. (Montecchio Emilia, 1955). Diplomato all’Accademia di Belle Arti di Bologna Vive e lavora a Montecchio Emilia. Permangono , e sono una parte fondamentale delle opere di Iller Incerti, i segni. Tali grafemi incidono e scolpiscono la superficie bianca con enigmatici tracciati; sono calligrammi, linee, punti, simboli , disegnati con assoluta accuratezza. Essi rappresentano la porta aperta del lavoro di Iller. Senza dubbio indicano l’universo, la conoscenza, la realtà, il quotidiano: è il suo linguaggio, l’unico mondo possibile. Incerti sviluppa la sua ricerca nel mondo del digitale realizzando video istallazioni, frame, collage, stampe pvc e su plexiglass. Il suo è un lavoro ininterrotto sulla documentazione del quotidiano dell’uomo e della sua distruzione del pianeta.

Jori Marcello. ( Merano, 1951). Arriva a Bologna agli inizi degli anni ’70 e, contrario a una preparazione di tipo accademico, sceglie di concludere gli studi classici alla facoltà di Storia dell’arte, dove incontra Renato Barilli che nel 1977 sarà il curatore della sua prima mostra fotografica alla Galleria De’Foscherari di Bologna. Da subito inizia il suo lavoro chirurgico sul corpo e l’anima dell’artista, sulla sua opera. L’artista scomparso e l’artista vivente. Pratica che non abbandonerà mai e che lo condurrà a servirsi della fotografia, della pittura e della scrittura come di materia ugualmente necessaria alla costruzione di un mondo così complesso come quello che oggi lo rappresenta. Nel 2010 viene presentato al Salone del mobile di Milano il suo primo lavoro per Moroso: Alì Babà, il tavolo del tesoro. L’artista vive e lavora tra Bologna e Milano.

La Cognata Giovanni. (Comiso, 1954) Vive e lavora a Comiso. Dopo gli studi all’Istituto d’Arte della sua città, si dedica alla pittura. Del 1978 è la prima espo- sizione collettiva, di due anni dopo la prima mostra personale. Inizialmente il suo lavoro è dedicato al ritratto, ma presto rivolgerà la sua attenzione al paesaggio che sarà fondamentale nella sua crescita poetica e stilistica.

LA SACRALITÀ DEL PAESAGGIO 89 Malinverni Angelo. (Torino, 1877 – ivi, 1947). Medico, pittore, scrittore ed alpino. L’esperienza della Prima Guerra Mondiale segnò una tappa decisiva nella sua vita, per cui decise di arruolarsi come volontario nel 1915, svolgendo la sua professione in trincea con gli alpini del Battaglione Ivrea del IV Reggimento. Fu poi ferito e, durante la degenza, realizzò una serie di disegni e schizzi con i soldati, le trincee, i reticolati. Grazie all’abilità grafica gli fu assegnato il compito di rilevare le posizioni nemiche. Conferita la Medaglia d’Argento al valore militare per un’azione del dicembre del 1915 sul Mrzli, rientrò nella vita civile, tralasciando la professione medica anche a causa dell’infermità contratta in guerra, e dedicandosi completamente alla pittura. All’attività di pittore affiancò anche quella di scrittore.

Mènzio Francesco. (Tempio Pausania, 1899 - Torino ,1979). Formatosi a Torino, partecipò attivamente alla vita artistica italiana. Oltre all’esempio di F. Casorati ebbe particolare importanza per lui l’esperienza dell’arte francese post-impressionista. Partecipò al movimento dei Sei di Torino, con C. Levi, E. Paulucci, G. Chessa, J. Boswell, N. Galante.

Mondino Aldo (Torino, 1938 – ivi 2005). Nel 1959 si trasferisce a Parigi, dove frequenta l’atelier di William Heyter, l’Ecole du Louvre e frequenta il corso di mosaico dell’Accademia di Belle Arti con Severini e Licata. Nel 1960, rientrato in Italia, inizia la sua attività espositiva alla Galleria L’Immagine di Torino (1961) e alla Galleria Alfa di Venezia (1962). L’incontro con Gian Enzo Sperone, direttore della Galleria Il Punto, risulta fondamentale per la sua carriera artistica, con un sodalizio tuttora esistente. Importanti personali vengono presentate anche presso la Galleria Stein di Torino, lo Studio Marconi di Milano, la Galleria La Salita di Roma, la Galleria Paludetto di Torino.Tra le principali mostre si ricordano le due partecipazioni alle Biennali di Venezia del 1976 e del 1993, le personali al Museum fϋr Moderne Kunst - Palais Lichtenstein di Vienna (1991), al Suthanamet Museo Topkapi di Istanbul (1992, 1996), al Museo Ebraico di Bologna (1995), alla Galleria Civica d’Arte Moderna di Trento (2000).

Negretti Giacomo detto Palma il Giovane ( Venezia. 1548/1550 – ivi, 1628) Fu subito iniziato agli studi pittorici sulle orme dello zio del padre, Palma il Vecchio e del fratello della madre, Bonifacio de’ Pitati, (detto Bonifacio Veronese). Nel 1564 il duca di Urbino Guidobaldo II della Rovere, in visita a Venezia, apprezzò le doti artistiche di Jacopo che dapprima lo invitò a corte e in seguito, nel maggio 1567, lo inviò quattro anni a Roma ospite del suo ambasciatore Traiano Mario[1]. Del periodo romano il Ritratto di Matteo da lecce che riporta la scritta pitor in Roma del 1568. Studiò e subì l’influenza di Raffaello e Tintoretto, eseguì varie copie di Tiziano, suo vero maestro, col quale in seguito collaborò portandone anche a termine il celebre dipinto La Pietà. Si formò nel periodo della scuola veneta e del manierismo romano, che ebbe modo di apprendere durante i quattro anni del suo soggiorno romano. L’inizio della sua produzione artistica è datata verso il 1565. Ebbe grande fortuna nel bergamasco, terra d’origine del padre, e fu tra i più attivi nel tardo XVI secolo.

Nobuyoshi Araki (Tokyo, 1940) è un fotografo giapponese di fama internazionale per il quale ogni ora, ogni corpo, ogni angolo di Mondo sono degni di essere registrati e consegnati a una sorta di presente eterno e immutabile. La sua è un’infinita lussuria del vedere e del fotografare che pare inseguire l’identificazione totale tra sguardo e obiettivo, tra fuga del tempo e fissità dell’immagine. Numerose le rassegne internazionali a cui ha partecipato ed importanti i riconoscimenti ufficiali ottenuti a livello internazionale.

Nunziante Antonio nasce a Napoli il 26 settembre 1956. Dopo aver conseguito il diploma di scuola secondaria in Arte, frequenta l’Accademia delle Belle Arti per due anni. Nel 1975, terminata la formazione in tecniche di restauro a Firenze, fa ritorno a Torino. Mentre l’interesse del pubblico italiano per la sua pittura inizia a crescere, nel 1983 ha l’occasione di esporre negli Stati Uniti. Nel 1985 è in mostra a Spello, accanto a Pietro Annigoni. Questo periodo è caratterizzato dalla ricerca e sperimentazione, attraverso opere concettuali firmate sotto le pseudonimo di Rascal Babaloo. Partecipa alla Biennale di Bergamo tra il 1986 e il 1990. Le mostre allo Yonemara Country Club di Tokyo nel 1990 e al New York Artexpo nel 1991 consentono a Nunziante di esporre nuovamente a livello internazionale. Nel 1996, nella mostra Il valore della figura, le sue opere vengono esposte accanto a quelle dei maestri italiani Boeri, Cascella, De Chirico, Guttu- so, Modigliani, Morandi, Marino Marini, Severini e Sironi. Iniziano ad emergere elementi che diventeranno una costante nelle sue opere: metafisica, simbolismo e romanticismo.

90 LA SACRALITÀ DEL PAESAGGIO Paulucci Enrico. (Genova, 1901 - Torino, 1999). Esordì a Torino, dove diresse l’Accademia Albertina; dopo l’esperienza futurista (1925-26), fece parte del Grup- po dei sei, in netta reazione al “Novecento nazionalista”. Pur rimanendo essenzialmente figurativo, venne influenzato anche dai fauves. Si dedicò, inoltre, alla scenografia e all’incisione.

Pianizzola Maria Gabriella. Nasce nel 1959 a Torino. Da dieci anni, per scelta, vive a Venezia, per il piacere di vivere nell’arte dove arte è il paesaggio stesso. Qui ha creato un’associazione culturale in cui approdano differenti correnti artistiche tra cui la calligrafia, in particolar modo con la scuola di Monica Dengo, la sua prima insegnante. Il suo percorso prende il via dalle scritture antiche del Foundational, Italico Gotico per divenire poi opere gestuali. E’ un percorso interessante, che passa dalla piuma d’oca al pennino all’automatic pen e diverse altre vecchie e nuove strategie calligrafiche. Ha un’intima passione per il gestuale perchè le permette di esprimere ciò che la sua pancia desidera condividere con altri. E’ un lavoro nuovo ogni giorno, che partendo da un punto diviene paesaggio, il paesaggio dell’anima. Ha studiato con Monica Dengo, calligrafa internazionale; con Norio Nagayama, con Kaz, con Satsuki Matsushima in Giappone; con il monaco tibetano Tashi Mannox, con Ewan Clayon e Brody Neuenschwander; con Stéphanie Devaux, con Sophie Deliss la pittura cinese e l’arte della legatoria con Patricia Silva.

Pittara Carlo. (Torino, 1835 – Rivara, 1891). Dei suoi genitori non si conoscono i nomi. Nella capitale sabauda studiò presso la Reale Accademia Albertina di belle arti, divenendo allievo di Giuseppe Camino. Nel 1856 esordì in pubblico presentando un quadro (Pascolo). Abituali nelle sue opere i soggetti agresti dove gli animali assumevano il ruolo di protagonisti.

Possenti Antonio (Lucca, 1933 – ivi, 2016) Trascorse buona parte dei suoi primi anni di vita a Livorno per poi trasferirsi a Lucca a seguito dei bombardamenti della Seconda guerra mondiale. Durante l’adolescenza sviluppò interesse per la lettura e diede prova di qualità espressive nel disegno. Un aiuto per la formazione culturale venne dalla famiglia: il padre era preside di liceo, la madre insegnante; il nonno erail rettore dell’Università di Pisa, il deputato del Parlamento Augusto Mancini. Completati gli studi classici, si laureò in Giurisprudenza a Pisa e insegnò diritto nelle scuole secondarie superiori della provincia di Lucca. Durante il periodo d’insegnamento iniziò l’attività di disegnatore satirico, succedendo al vignettista Mino Maccari sulle pagine del settimanale “Il Mondo” , e illustrò alcuni volumi della Collana “Il Ponte” della Arnoldo Mondadori Editore. Incontrò il pittore russo Marc Chagall in Costa Azzurra nel 1957. Dal 1960 ottenne numerosi riconoscimenti, ed espose in Italia e all’estero. Fu segnalato per il catalogo Bolaffi nel 1972 da Dino Buzzati e nel 1982 da Pier Carlo Santini.

Pratella Attilio. (Lugo, 1856 – Napoli, 1949) Di origine romagnola, si iscrisse inizialmente all’Accademia delle Belle Arti di Bologna. Ottenuta una borsa di studio, si trasferì a Napoli dove studiò al fianco di Puccinelli, Palizzi e Morelli. Qui esercitò la sua attività artistica fino alla morte, affiancato da Casciaro e Dalbo- no. Anch’egli, come Casciaro e numerosi altri artisti attivi nella città campana, predilesse la tecnica del pastello e riprese le tematiche della cosiddetta Scuola di Posillipo, superando, rispetto ad altri pittori coevi, l’aspetto puramente pittoresco e realizzando opere di grande perfezione stilistica e di alta suggestione poetica. A partire dal 1881, espose ininterrottamente nelle mostre napoletane della Promotrice Salvator Rosa, che l’occuperà fino al secondo decennio del Novecento. A partire da questo momento, infatti, infastidito dal rumore creato attorno ai grossi nomi della pittura napoletana novecentesca, non partecipò più alle mostre collettive, preferendo a queste esposizioni personali.

Roasio Pino (, 1924 – Cuneo, 1984) Pino Roasio. Roasio, già sui banchi della scuola elementare ebbe la sua prima e facile celebrità. Il prof. Francesco Costa lo faceva lavorare molto mentre ,un po’ più tardi, un altro professore, artista anche lui, il prof. Calliero, a scuola serale cominciò a lodarlo e spronarlo nella sua passione proprio per l’abilità nel disegno. Ma certamente, nonostante le traversie riservategli dalla vita, gli furono di stimolo e di grande insegnamento la frequentazione dello studio di Giulio Boetto, prima, il susseguente sodalizio con Giacomo Perotti a Cuneo e la revisione in ordine alla trattazione della luce nei propri oli derivata da vari soggiorni in Liguria e dall’osservazione dei lavori del grande divisionista di Matteo Olivero.

LA SACRALITÀ DEL PAESAGGIO 91 Sassu Aligi (Milano. 1917 – Pollenca. 2000). Insieme all’amico e designer futurista Bruno Munari, si presentò a Filippo Tommaso Marinetti. Questo incontro fu proficuo: nel 1928 fu invitato da Marinetti a partecipare con le sue opere alla Biennale di Venezia.In quegli anni poté conoscere bene le opere di Boccioni e Carlo Carrà, di Gaetano Previati. Nel 1934 soggiornò per un periodo di tre mesi a Parigi studiando a fondo le opere di Matisse, Gericault, Delacroix, Cezanne. Nel 1935 formò il Gruppo Rosso con Nino Franchina, Vittorio Della Porta ed altri. Del 1936 è Il Caffè, uno dei suoi quadri più celebri che rappresenta la Coupole di Parigi, così pure I Concilii, visione satirica del clero di Roma.Nel 1943 illustrò i “Promessi sposi” del ManzoniRitornato in Sardegna nel 1950, trasse ispirazione dai paesaggi che lo circondavano e dipinse scene della vita contadina e marinaresca. Nel 1965 suoi disegni e sculture vengono esposti alla Galleria Civica di Monza. La sua attività è proseguita ininterrottamente con mostre in istituzioni pubbliche e private fino alla morte.

Schifano Mario. (Homs, Libia, 1934 - Roma. 1998). Nel dopoguerra a Roma, lavorò come restauratore presso il Museo nazionale etrusco di Villa Giulia e si dedicò da autodidatta alla pittura, esordendo in ambito informale. Partecipe, dopo un viaggio negli USA (1964), dell’atmosfera pop, ricercò nuove modalità espressive attraverso una rivisitazione delle avanguardie o il recupero di frammenti di immagini proprie del paesaggio urbano. Per le sue opere, spesso sviluppate in cicli, sfruttò materiali (tele emulsionate, carta, plexiglass, ecc.) e tecniche diverse (fotoimpressioni, collages, ecc.) mantenendo un costante interesse per il linguaggio filmico. Dagli anni Ottanta tornò alla pittura con quadri di grande formato dai colori accesi e brillanti.

Tabusso Francesco (Sesto San Giovanni, 1930 – Torino, 2012). Di famiglia schiettamente piemontese, compiuti gli studi classici all’Istituto Rosmini, Tabusso inizia a frequentare lo studio di Felice Casorati dal 1949 al 1954. Nel 1953 fonda la rivista “Orsa Minore”. Gli sono compagni Francesco casorati, Aimone, Chessa, Niotti, e come collaboratori, Sanguineti, Campagnoli e Saroni. Dal 1963 al 1984 insegna al Liceo Artistico dell’Accademia Albertina di Torino. Ha partecipato alle Biennali di Venezia del 1954, del 1956, del 1958, e nel 1966 è presente alla Biennale con una sala personale. Diventato affermato pittore è invitato a partecipare alle più importanti rassegne nazionali e internazionali: New York, Alessandria d’Egitto, Mosca. E’ presente alla Biennale del Mediterraneo in Alessandria d’Egitto con cinque opere, con dieci opere alla Triennale dell’Adriatico, con un gruppo di opere alla XXXIII Biennale di Venezia, e con una parete alla IX Quadriennale di Roma.

Tamagni Vincenzo. (San Gimignano, 1492 circa – ivi, 1530). Allievo del Sodoma, fu più volte a Roma (affreschi nelle Logge Vaticane e in villa Lante), dove subì l’influsso di Raffaello e B. Peruzzi, già evidente nelle Storie della Vergine (1516, Arrone, S. Maria) è da considerare tra i pittori di primo piano della scena artistica romana del primo cinquecento.

Tamburi Orfeo (Jesi, 1910 – Parigi, 1994). Compie gli studi presso l’Accademia di Belle Arti di Roma e nel 1936 si reca per la prima volta a Parigi dove entra in contatto con alcuni dei pittori più importanti dell’epoca. Tornato in Italia partecipa alla Quadriennale di Roma e l’anno successivo alla Biennale di Venezia. Negli anni successivi continua a partecipare sia alla Quadriennale di Roma che alla Biennale di Venezia allestendo nel contempo mostre personali nelle più importanti città d’Italia. Grande viaggiatore con l’avanzare degli anni dirada i suoi viaggi ma continua ad esporre le sue opere nelle più importanti gallerie d’Italia a Milano, Roma, Firenze e Venezia.

Terzolo Carlo ( Incisa Scapaccino, 1904 – ivi, 1975). Studiò pittura all’Accademia albertina di Torino. Dopo un breve soggiorno a Siena, Terzolo fu a Parigi, dove entrò in contatto con la realtà artistica europea. Nel 1928 Terzolo aprì uno studio a Torino e nel 1934 fu invitato alla sua prima Biennale di Venezia. Nel 1950 vinse il primo premio Città di Torino e negli anni allestì numerose esposizioni personali di grande successo.

Tofanelli Alessandro. Nato a Viareggio nel 1959, si diploma nel 1977 presso l’Istituto d’Arte di Lucca ed in seguito frequenta l’Accademia d’Arte di Brera a Milano. In ambito cinematografico è del 2012 il suo ultimo lavoro, il film: “Il segreto degli alberi”, da lui scritto e diretto; il film è stato presentato a Viareggio all’Europa Cinema e a Tofanelli in quell’occasione è stato consegnato il “Premio Monicelli”. Del 2006 è il premio speciale della giuria al festival Europacinema e la vittoria del Festival Nice, di New York e San Francisco per Il film, da lui scritto e diretto, intitolato “Contronatura”. In ambito televisivo, a partire dal 1983, Tofanelli ha collaborato con varie trasmissioni televisive.

92 LA SACRALITÀ DEL PAESAGGIO Tonelli Giorgio. Nasce nel 1941 a Brescia. Nel 1974 inizia a dipingere e frequenta lo studio di Gianfranco Ferroni. Dal 1976 al 1983 vive a Londra, mentre dal 1983 al 1985 vive tra Parigi, New York e Venezia. Nel 1987 si trasferisce definitivamente a Bologna. Realizza numerose mostre personali e collettive in tutta Italia. Tra le più importanti si ricordano “Arte Italiana – 1968/2007” a cura di Vittorio Sgarbi, a Palazzo Reale a Milano e “Natura Morta” a cura di Marilena Pasquali presso la Fondazione Ragghianti a Lucca nel 2007.

Tósi Arturo. (Busto Arsizio, 1871 - Milano ,1956). Conclusi gli studî presso l’accademia di Brera, frequentò V. de Grubicy e l’ambiente della scapigliatura lom- barda; fu quindi, dal 1924, esponente e animatore del Novecento italiano. Durante l’intero arco della sua attività dipinse prevalentemente paesaggi e nature morte.

Vitali Velasco. Nasce nel 1960 a Bellano sul Lago di Como. Figlio d’arte, il padre Giancarlo Vitali è pittore, inizia a dipingere sin da bambino, compiendo i suoi studi da autodidatta. Giovanni Testori lo invita, ventiquattrenne, a partecipare alla mostra Artisti e scrittori presso la Rotonda della Besana di Milano. Sin dagli esordi, in anni che già vedono alcune importanti mostre personali Il percorso artistico di Velasco Vitali è caratterizzato da una pittura ispirata a una rappresenta- zione cruda, netta e allo stesso tempo visionaria e onirica di paesaggi naturali e urbani, per la quale è oggi riconosciuto come uno dei massimi esponenti italiani contemporanei.

Zanni Sergio. (Ferrara, 1942) è uno scultore e pittore italiano.Dopo il diploma all’istituto d’arte “Dosso Dossi” di Ferrara, frequenta l’Accademia di Belle Arti di Bologna. All’attività artistica affianca fino al 1995 l’insegnamento allo stesso istituto d’arte “Dosso Dossi”.Ha utilizzato per le sue sculture la terracotta per passare in seguito a materiali più leggeri per opere di grandi dimensioni.Vittorio Sgarbi lo ha definito un “surrealista padano”.

LA SACRALITÀ DEL PAESAGGIO 93

INDICE

La sede espositiva pag.

Interventi ufficiali pag.

Giorgio Barberis - L’Arte italiana del ‘900 pag.

Carla Bertone pag.

Artisti ed opere pag.

Biografie degli artisti in catalogo pag.

LA SACRALITÀ DEL PAESAGGIO 95 Finito di stampare nel mese di ottobre 2018 presso Tipolitoeuropa - Cuneo