IL GRIMALDELLO KANTIANO Galluppi, Jaja, Gentile E Lo Scacco Della Modernità SSD: Storia Della Filosofia M-FIL/06
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Corso di Dottorato di ricerca in Filosofia e scienze della formazione Ciclo XXXII Tesi di Ricerca cotutela Institut catholique de Toulouse – Università Ca’ Foscari-Venezia IL GRIMALDELLO KANTIANO Galluppi, Jaja, Gentile e lo scacco della modernità SSD: Storia della filosofia M-FIL/06 Coordinatore del dottorato: ch. prof. Luigi Perissinotto Supervisore della tesi: ch. prof. Andrea Bellantone (ICT - Toulouse) Supervisore cotutela: ch. prof. Davide Spanio (Ca’ Foscari – Venezia) Dottorando: Amedeo Roncato matr. 824457 1 2 «L’idealismo nuovo postkantiano ci unisce, ogni altro sistema ci divide»1 (Donato Jaja, Inedito) 1 Appunto senza data rinvenuto nel «Fondo Jaja» presso la «Fondazione Giovanni Gentile per gli studi filosofici» in Roma. 3 4 INTRODUZIONE 5 6 INTRODUZIONE Kant e la via regia della gnoseologia in Italia 1. - Disegno del lavoro «Ben a ragione possiamo dire che il kantismo è il gran lievito della nostra filosofia»1: in questa espressione del giovane Gentile, sta l'oggetto, nonché lo scopo, della ricerca che si vuol proporre. Col presente lavoro, si vorrebbe dimostrare infatti, che il pensiero di Immanuel Kant, o meglio, una certa declinazione di tale pensiero, si può considerare come la radice della grande stagione speculativa italiana, che in un arco teso in più di cent'anni, ha il suo inizio con la filosofia del Risorgimento, e il suo compimento nell'idealismo attuale gentiliano. Tuttavia, il ripensamento, o, ancor meglio, la riforma di tale radice, finirà coll’incarnarsi – attraverso un lungo percorso, di cui si è voluto considerare alcuni tra i protagonisti più emblematici – nella messa a punto della filosofia di Giovanni Gentile, la quale, grazie anche al grande apporto della speculazione di Donato Jaja, giungerà a concretarsi in un punto di non ritorno, o delnocianamente, in uno scacco, dell’intera modernità. 1 GIOVANNI GENTILE, Rosmini e Gioberti. Saggio storico sulla filosofia del Risorgimento, Terza edizione accresciuta, Sansoni, Firenze 1958, pag. 54. 7 In ogni caso, ad un primo sguardo d'assieme, il dibattito intorno al kantismo in epoca risorgimentale non sembra affatto nascere sotto i migliori auspici. Infatti, sulla carta, l'approccio verso la speculazione kantiana pare consistere in un atteggiamento di profonda avversione verso tale filosofia. Ma questa avversione talvolta, sembra quasi più legata alle contingenze di quell'epoca, epoca che è di profonda restaurazione cattolica, per cui i pensatori italiani vedevano aggirarsi tra le righe della Critica lo spettro del soggettivismo, che faceva rima con relativismo, ma ancor peggio, con ateismo1. Tuttavia, forse è proprio merito di questo afflato cattolico, se già da questo periodo la filosofia della penisola si sviluppava con tratti di forte originalità2. D'altra parte i filosofi del tempo dovevano fare i conti con una quantità piuttosto modesta di traduzioni, e spesso di qualità piuttosto dubbia. Oltre a questo, il verbo kantiano veniva recepito attraverso compendi e memorie – il più delle volte provenienti dalla Francia – spesso incompleti o privi di una di un reale approfondimento, o, talvolta, addirittura, di una fedele parafrasi, della filosofia di Immanuel Kant. Su tali documenti si formava anche uno dei protagonisti della ricerca che si vuole condurre, Pasquale Galluppi, il quale fu il primo ad analizzare 1 «La Chiesa cattolica, per quella finezza di fiuto che ha sempre derivato dallo studio della scolastica, sentì presto questo contrasto del kantismo con lo spirito d’una religione positiva; e nel 1817 ascrisse all’Indice l’esposizione del Villers, e quando della Critica della ragion pura si fece una traduzione italiana (1820- 1822), poco dopo mise anche questa tra i libro proibiti (11 luglio 1827). Ed i nostri filosofi cattolici tennero tutto il pensatore di Koenigsberg per un sofista per un sofista e si fecero un dovere di combatterne il soggettivismo. Il vero è che Kant lascia nei cattolici e nei non cattolici, e nei razionalisti, un’insoddisfazione tormentosa, che è vano dissimulare». G. GENTILE, Il modernismo e i rapporti tra religione e filosofia, in ID. La religione, Sansoni, Firenze 1965, pagg. 103-104. 2 Per un excursus sulla filosofia italiana della prima metà del XIX secolo, ovviamente in relazione al kantismo, si rimanda a FRANCO ZAMBELLONI, Le origini del kantismo in Italia, Marzorati Editore, Milano 1971. 8 con un certo rigore filosofico il sistema kantiano, ed è proprio il rapporto che il Barone di Tropea ebbe con la gnoseologia di Kant a sancire l'inizio della grande stagione filosofica italiana che culminerà nell’idealismo attuale di Giovanni Gentile. Lo studio della dottrina del Galluppi, così radicata nel grande fervore culturale italiano – o meglio napoletano – d'inizio milleottocento permette di chiarire una serie di fondamentali questioni non solo storico-filosofiche, ma anche speculative, determinanti per lo svolgersi della rigogliosa stagione filosofica che ebbe luogo nella Penisola. Tuttavia, determinare il rapporto del Galluppi col kantismo non è affatto un’operazione facile. La filosofia dell’esperienza del pensatore calabrese si può infatti definire come kantiana? Intorno a tale questione, il dibattito si muove tra due estremi. Per gli idealisti italiani la risposta non può essere che positiva, si veda ad esempio il Gentile per cui il filosofo calabrese costituisce «il gran riformatore della filosofia italiana»1, rappresentando «progresso immenso sui filosofi precedenti», e che, «con le sue ispirazioni kantiane […] inizia in Italia un nuovo periodo speculativo»2. Inoltre la filosofia di Galluppi sarebbe «la prova dell'efficacia fecondatrice del criticismo sulla nostra storia della filosofia: e nel suo Saggio il primo passo […] di quel kantismo italiano, che move inconsciamente dalla filosofia critica tedesca, e ne sviluppa, sebbene incompiutamente, i principii fondamentali»3. Con lui anche il maestro putativo Bertrando Spaventa per cui Galluppi sembra un «pretto empirista» il quale «nega il giudizio sintetico a priori», ma nonostante questo egli «è kantista; è kantista quasi senza saperlo, quasi suo 1 G. GENTILE, Storia della filosofia italiana dal Genovesi al Galluppi, Volume Secondo, Sansoni, Firenze 1937, pag. 1 2 G. GENTILE, Ivi, pag. 109. 3 G. GENTILE, Rosmini e Gioberti, pag. 56. 9 malgrado, per una forza superiore alla sua volontà»1. Del tutto contrari a questa posizione invece Francesco Acri, secondo cui «il Galluppi differisce dal Kant e nel tipo e nelle note particolari»2 e Luigi Credaro per il quale «il Galluppi, che pure è il più benevolo verso il filosofo prussiano, aveva nei suoi scritti rigettata risolutamente la filosofia critica»3. Una filosofia quella del Galluppi che dunque ha ispirato pareri contrastanti, fin dall'inizio della sua diffusione4. Si vedrà dunque anche di definire quali siano le affinità e le divergenze tra la filosofia dell’esperienza galluppiana e il criticismo kantiano. Tale compito, infatti, fin dai primi studi sulla filosofia galluppiana, risulta particolarmente complesso, visti i risultati, spesso anche contrastanti, intorno a questo tema. Già nel 1846 – l’anno della scomparsa del Barone di Tropea – Stanislao Gatti, invitava «per ben giudicare questo filosofo» a «distinguere nettamente ciò che egli ha negato da ciò che ha affermato, cioè la sua polemica col sensualismo dal suo sistema»5. Dare forma ad una ricerca di questo genere risulta particolarmente difficile per un filosofo come il Galluppi, la cui speculazione incarna quelle 1 BERTRANDO SPAVENTA, Carattere e sviluppo della filosofia italiana dal secolo XVI sino al nostro tempo, in B. SPAVENTA, Opere, Bompiani, Milano 2008, pag. 1308. 2 FRANCESCO ACRI, Dialettica turbata, Cooperativa Tipografica Mareggiani, Bologna 1911, pag. 35. 3 LUIGI CREDARO, Il kantismo di G. D. Romagnosi, in «Rivista italiana di filosofia» Anno II / Vol. 2, 1887, pag. 59. 4 Non è corretto affermare che i primi a definire la filosofia del Galluppi come kantiana furono gli idealisti, infatti già negli anni trenta dell'ottocento il canonico Carlo Rodriguez, aveva accusato il Galluppi di soggettivismo e scorgeva nella sua teorica della conoscenza una certa affinità col sintesismo kantiano. Si veda CARLO RODRIGUEZ, Lettera su la filosofia soggettiva e oggettiva del Barone Pasquale Galluppi, Pappalardo, Messina 1833, poi pubblicata col titolo Brevi riflessioni sulla filosofia soggettiva e oggettiva del Bar. P. Galluppi, in «Giornale di scienze, lettere ed arti per la Sicilia», XVII, 1837. 5 STANISLAO GATTI, Della filosofia in Italia, in ID., Scritti varii di filosofia e letteratura, Volume Primo, Stamperia Nazionale, Napoli 1861, pag. 206. 10 problematicità proprie di quel momento storico in cui nella penisola vi fu il passaggio dal passato al presente, la cui discriminante è data dalla penetrazione e dal primo assorbimento del criticismo kantiano in terra italiana. Anche per dimostrare tali problematicità, emblematiche riguardo ad un punto di svolta fondamentale nella storia del pensiero italiano, si è dunque scelto di dedicare la prima parte del presente lavoro a Pasquale Galluppi, piuttosto che ad un pensatore, più schiettamente kantiano come Ottavio Colecchi1. Colecchi, contemporaneo del filosofo calabrese, e primo a leggere le opere del kantiane ed hegeliane in lingua originale, pur nella sua speculazione presentando una più stretta aderenza col pensiero kantiano, infatti non comporta quei caratteri di problematicità propri di chi essendo il ponte di passo – tal’è il Galluppi – attraversa e risente di un punto di svolta della storia del pensiero2.