GNGTS – Atti del 23° Convegno Nazionale / 07.07

A.M. Blumetti e L. Guerrieri

APAT – Agenzia per la Protezione dell’Ambiente e per i Servizi Tecnici, Roma

BACINI INTERMONTANI, FAULT-GENERATED MOUNTAIN FRONTS E VALUTAZIONI DI PERICOLOSITÀ SISMICA IN APPENNINO CENTRALE

L’assetto tettonico attuale dell’Appennino Centrale è controllato da una serie di faglie normali che ha determinato una morfologia tipo “basin-and-range”, ovvero caratterizzata da bacini tettonici separati da catene montuose (Serva et al., 2002). La riattivazione di queste faglie determina frequenti terremoti crostali poco profondi (5- 10 km) di energia medio-alta (max M = 7, tempi di ritorno tipicamente compresi tra le centinaia e le migliaia di anni). Studi di tettonica attiva e paleosismicità hanno messo in evidenza che alcune caratteristiche geologiche e geomorfologiche dei bacini, quali ad esempio la dimensione del bacino, lo spessore dei depositi di riempimento, sembrano direttamente connessi con i parametri di sorgente del terremoto “tipico” associato, ovvero dell’evento sismico che ha tipicamente caratterizzato la storia sismica recente dell’area. Queste relazioni tra potenziale sismico, lunghezza e rigetto della rottura in superficie, tassi di scorrimento e dimensioni del bacino intermontano associato sono state proposte per i bacini del Fucino e di Colfiorito, ove la tettonica attiva controlla le dimensioni di questi bacini endoreici in quanto prevale sull’erosione regressiva del reticolo idrografico. Il modello che ne risulta fornisce le caratteristiche degli effetti cosismici sull’ambiente fisico per paesaggi sismici “tipo Fucino” (M7) e “tipo Colfiorito” (M6), costituendo un utile strumento per valutazioni di pericolosità sismica in questi bacini (Fig. 1; Serva et al., 2002). Un approccio di questo tipo può essere applicato ad altri bacini intermontani, tenendo sempre presente che alcune complicazioni locali devono sempre essere tenute in considerazione: ad esempio i tassi deposizionali/erosivi possono essere localmente molto maggiori dei tassi di scorrimento (p.es. bacini di Rieti e di Norcia, rispettivamente), cosicché l’ampiezza e in particolare la lunghezza del bacino potrebbero essere assai differenti rispetto alle strutture tettoniche capaci associate. In altri casi, invece, complessità legate all’assetto tettonico pre-estensionale possono mascherare la forma e le dimensioni reali della struttura geologica attiva e del bacino associato (p.es. bacino di Bojano) nella valutazione della pericolosità sismica. Un approccio differente (Cowie e Roberts, 2001) fondato sul fatto che i tassi di scorrimento in un array di faglie attive non sono costanti ma tendono ad essere più elevati al centro di esso (rispetto alla sua direzione) consente di rappresentare nell’area interessata differenze significative in termini di pericolosità sismica. Una prima applicazione di questo approccio (Roberts e Michetti, 2004; Fig. 2) è stata eseguita per l’array di faglie dell’Appennino Centrale attraverso la costruzione di una banca dati contenente le relazioni tra rigetto totale delle singole faglie ed il loro e tasso di scorrimento a breve e lungo termine. Tuttavia questo approccio implica necessariamente la definizione dei diversi segmenti di faglia ovvero delle loro terminazioni. GNGTS – Atti del 23° Convegno Nazionale / 07.07

Fig. 1 - Due modelli di paesaggio sismico per l’Appennino Centrale (Serva et al., 2002).

Con il termine Fault Generated Mountain Fronts (FGMF) si intende un fronte montuoso la cui genesi è strettamente legata all’attività di una faglia diretta (Blumetti et al., 1993) e di cui il FGMF costituisce quindi l’espressione geomorfologica di lungo termine, risultante da ripetuti episodi di fagliazione superficiale. GNGTS – Atti del 23° Convegno Nazionale / 07.07

Fig. 2 - L'array di faglie attive in Appennino Centrale (da Roberts e Michetti, 2004). In alto è indicata la faglia di Monte Gorzano.

Analisi dettagliate basate sulle caratteristiche geometriche e geomorfologiche dei FGMF, associate al calcolo dei rigetti stratigrafici e soprattutto dei rigetti post- Pleistocene inferiore lungo la faglia associata, consentono di identificare le terminazioni dei segmenti di faglia, rivelano la porzione del rilievo che ha iniziato a sollevarsi e potrebbero fornire indicazioni su come i segmenti stessi interagiscano nel corso della loro crescita progressiva. Un elemento geomorfologico denominato “Paleosuperficie Sommitale” (Demangeot, 1965; Blumetti et al., 1993) formatosi nel corso del Pliocene si ritrova frequentemente più o meno ben conservato sulla sommità dei FGMF presenti in Appennino Centrale. Altre superfici relitte più recenti (Pleistocene inferiore) sono talvolta ben conservate in lembi sul versante così come nell’area pedemontana. Questi elementi del paesaggio consentono di misurare l’entità del rigetto rispettivamente quaternario e post-Pleistocene medio lungo la faglia attiva. Come prima applicazione è stata analizzata in dettaglio la distribuzione dei rigetti stratigrafici e di quelli geomorfologici relativi al FGMF di Monte Gorzano (). In Fig. 3 una carta geologica dettagliata dell’area di Monte-Gorzano- Lago di Campotosto (che rappresenta la porzione centrale e meridionale dell’intero FGMF) mostra come il rigetto stratigrafico massimo sia pari a circa 1500 m a Monte Gorzano e decresca fino quasi a zero verso l’area di Campotosto. L’andamento del rigetto della Paleosuperficie sommitale è assai simile a quello stratigrafico, raggiungendo i valori massimi nell’area di Monte Gorzano (circa 1500 m) per arrivare a zero in corrispondenza della terminazione meridionale della catena. Pertanto il GNGTS – Atti del 23° Convegno Nazionale / 07.07 rigetto è in massima parte quaternario, in accordo con quanto trovato anche in altre aree dell’Appennino Centrale (p.es. Pizzi e Scisciani, 2000, per il bacino di Colfiorito).

Fig. 3 - Carta geologica della porzione centro-meridionale dei Monti della Laga (da Bachetti et al., 1991).

L’individuazione di un FGMF e l’analisi di come le superfici relitte (compresa la superficie sommitale) conservate lungo di esso siano variamente dislocate dalla faglia che lo determina è essenziale in zone dove un bacino tettonico non ha avuto la possibilità di svilupparsi: per esempio anche in corrispondenza della dorsale di M. Alvagnano-M. Pizzuto il rigetto stratigrafico e quello della Paleosuperficie sommitale GNGTS – Atti del 23° Convegno Nazionale / 07.07 sono massimi al centro e minimi ai suoi bordi. Questa osservazione consente di definire la geometria e in particolare la lunghezza (circa 12 km) del segmento di faglia nella sua interezza, tra l’altro in perfetto accordo con dati di sismicità storica (eventi sismici del 14-16 gennaio 1703 riportano gli effetti di fagliazione in superficie dal Monte Alvagnano fino a Cittareale). I risultati preliminari nelle aree di Monte Gorzano-Campotosto e Monte Alvagnano-Monte Pizzuto hanno messo in evidenza che rigetti geologici e geomorfologici hanno un andamento simile, ovvero massimi al centro e minimi in corrispondenza delle terminazioni dei FGMF. Pertanto la misura del rigetto geomorfologico delle superfici relitte lungo i FGMF costituisce uno strumento utile per identificare i segmenti di faglia. L’analisi degli elementi geomorfologici suddetti mostra quindi che nel Quaternario i fronte montuosi esaminati sono cresciuti in conseguenza della progressiva riattivazione della faglia diretta a loro associata. Pertanto questo criterio può venire applicato anche ad altri FGMF negli Appennini come anche ad altre aree caratterizzate da paesaggi sismici analoghi.

BIBLIOGRAFIA

Bachetti C., Blumetti A.M., Calderoni G. e Ridolfi M. (1991) – Attività tettonica e paleosismicità del settore meridionale dei Monti della Laga. Rend. Soc. Geol. It. 13, 9-16. Blumetti A.M., Dramis F. and Michetti A.M. (1993) – Fault-generated mountain fronts in Central Apennines (Central ); geomorphological features and seismotectonic implications. Earth Surface Processes and Landforms, 18, 203-223. Cowie, P.A., Roberts, G.P. (2001) – Constraining slip rates and spacings for active normal faults. Journal of Structural Geology, 23, 1901-1915. Demangeot J. (1965) - Géomorphologie des Abruzzes Adriatiques. Mém. et Doc. du C.N.R.S., Paris, pp. 403. Pizzi A. and Scisciani V. (2000) – Methods for determining the Pleistocene-Holocene component of displacement on active faults reactivating pre-Quaternary structures: examples from the Central Apennines (Italy). Journal of Geodynamics, 29, 445-457. Roberts G.P. and A. M. Michetti (2004) – Spatial and temporal variations in growth rates along active normal fault Systems: an example from the - Apennines, central Italy. Journal of Structural Geology, 26, 339-376. Serva L., Blumetti A.M., Guerrieri L. and Michetti A.M. (2002) – The Apennine intermountain basins: the result of repeated strong earthquakes over a geological time interval. Boll. Soc. Geol. It., spec. vol. 1(2001), pp. 939-946.