Memorie della Accademia delle Scienze di Torino

Classe di Scienze Morali, Storiche e Filologiche

Serie V, Volume 43, 2019 © 2019 ACCADEMIA DELLE S CIENZE DI T ORINO Via Accademia delle Scienze, 6 10123 Torino, Italia

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In copertina: ricostruzione ipotetica del primo allesti- mento della collezione Drovetti nell’atrio del Palazzo del Collegio dei Nobili nel 1824 (disegno a china e acquerel- lo di L. Donatelli, 2019).

© Foto di Nicola Dell’Aquila e Federico Taverni/.

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ISSN: 1120-1622 ISBN: 978-88-99471-19-4 ALLE ORIGINI DELL ’EGITTOLOGIA E DEL PRIMO M USEO E GIZIO DELLA S TORIA

TORINO 1820-1832 In memoriam Silvio Curto, nel centenario della nascita PARTE PRIMA

TOPOGRAFIA DROVETTIANA Bernadin Drovetti ritratto da Franz Christian Gau. «Je vous ai demandé [...] la permission de mettre Votre portrait à la tête de mon ouvrage, nous éspérons tous que Vous ne me refuserez pas le plaisir de Vous rendre ce qui Vous est dû sous touts raports» (lettera di F.Ch. Gau a B. Drovetti, scritta da Colonia il 10 dicembre 1820, conservata presso l’Archivio dell’Accademia delle Scienze di Torino; il ritratto si trova invece negli archivi di Parigi). Acc. Sc. Torino Memorie Sc. Mor. 43 (2019), 7-26, 1 ritr., 1 c. geogr. ARCHEOLOGIA, EPIGRAFIA, NUMISMATICA

Riscoperta e scavi delle antichità in Egitto

Memoria del Socio nazionale ALESSANDRO ROCCATI * presentata nell’adunanza del 19 giugno 2018 e approvata nell’adunanza del 13 novembre 2018

Riassunto. L’Egitto è da sempre un paese di tesori nascosti e (in parte) riscoperti. Una ricerca mirata al recupero di cimeli antichi si sviluppò già durante l’impero romano, e fu ripresa con il Rinascimento. Soprattutto la Spedizione napoleonica in Egitto impresse un’accelerazione alla curiosità per le antichità faraoniche portan- do ad un incessante saccheggio, non ostante la proclamazione di leggi sempre più restrittive per la conservazione del patrimonio dopo il mezzo dell’Ottocento. Da al- lora gli studi condotti sulle raccolte archeologiche da parte di istituzioni scientifi che che ne avevano assunto il patrocinio hanno aperto indagini anche sull’origine delle medesime. Alla mancanza di notizie dirette si riesce in parte a rimediare attraverso vari espedienti come mostra questo saggio. PAROLE CHIAVE : Museo Egizio di Torino; Luxor (Tebe); Bernardino Drovetti; Cercatori di tesori; Accademia delle Scienze di Torino.

Abstract. Egypt has always been a land of hidden treasures, only a part of which has been subsequently retrieved. A search aiming at the recovery of ancient artifacts de- veloped already during the Roman empire, and was resumed since the Renaissance. Napoleon’s Expedition to Egypt fostered a growing curiosity for the Pharaonic an- tiquities, starting a steady looting, in spite of more and more restrictive laws for the protection of heritage after the middle of the 19th century. Thereafter the studies on the archaeological collections by scholarly institutions in charge of them led to enquiries also related to the provenance of their contents. The dearth of satisfactory information can partly be made up through a variety of means to be dealt with in the present essay. KEYWORDS: Egyptian Museum; Luxor (Thebes); Bernardino Drovetti; Treasure hunters; Academy of Sciences in Turin.

1. Bernardino Drovetti e Carlo Vidua: due facce della stessa medaglia Quando ebbe inizio l’avventura dell’egittologia la scena era divisa tra due grandi e antichi imperi: quello ottomano e quello austroungarico, che condi- zionavano anche le potenze al loro esterno. In Piemonte due personaggi di origini e indole diverse furono parallelamente indirizzati verso la stessa meta,

* Professore emerito, già ordinario di Egittologia nell’Università di Torino. 8 Alessandro Roccati e uno dei loro riferimenti fu la fi gura di Napoleone, che gli diede la consa- pevolezza di un possibile rinnovamento. Drovetti era a Marengo il 14 giugno 1800, quando l’intervento del generale Desaix capovolse l’esito della battaglia dei Francesi contro gli Austriaci, dando origine al mito di Napoleone. Vidua era a Parigi nel 1814, quando con l’abdicazione fi nì la leggenda di Napoleone. Nominato nel 1811 Console Generale di Francia ad Alessandria per i suoi meriti, dopo la caduta di Napoleone (1815) Drovetti si trattenne privatamen- te in Egitto (dove risiedeva dal 1803, e riprese la carica di console dal 1821 al 1829), e si mise a fare incetta di antichità, inaugurando tra i primi l’era degli scavi (non ancora archeologici). Vidua vi soggiornò meno di un anno (1820), nel corso di un ampio viaggio attorno all’impero austroungarico, pas- sando dalla Scandinavia alla Lapponia alla Russia, dove fu presentato allo zar Alessandro; per poi tornare a sud fi no al Mediterraneo, percorrendo gran par- te dell’impero ottomano, dove un posto di rilievo spetta all’Egitto, raggiunto alla fi ne del 1819. Egli vide solo alcune delle antichità che Drovetti aveva raccolto non ancora trasferite in Italia, ma rimase immediatamente soggiogato dall’abbondanza e dall’imponenza di memorie lasciate dalla civiltà faraonica, prive allora di ogni protezione. Anche se le «anticaglie» non costituivano una priorità tra le incombenze delle istituzioni, nel fervore delle scoperte in Italia, a Pompei e in Etruria, e nel risveglio degli studi orientalistici, i geroglifi ci eran tornati d’attualità dopo la Spedizione napoleonica in Egitto, e la scoperta nel 1799, della Pietra di Rosetta con la sua iscrizione trilingue. I geroglifi ci costituivano un indi- zio indubitabile dell’antichità dei monumenti che li riportavano, ma la loro comprensione appariva egualmente improbabile e remota, e quello che si sa- peva della civiltà faraonica era desunto dagli autori classici e dalla Bibbia. Nondimeno l’entusiasmo e l’autorevolezza di Vidua, colto e ricco aristocra- tico impressionato dalla visione inattesa di monumenti spettacolari in Egitto, accesero il desiderio per l’acquisto di una collezione straordinaria, radunata, dopo tutto, da un altro piemontese. La proposta fu immediatamente accolta dallo Stato sabaudo nonostante alcuni contrattempi. Giunti a Torino, i cimeli furono sistemati nel palazzo del Collegio dei Nobili (1823-1824), e affi dati naturalmente alla cura di studiosi consociati nell’adiacente Accademia delle Scienze, che si trovarono all’improvviso ad affrontare un imponente quanto indecifrato archivio di memorie. In soccorso giunse da fuori un terzo personaggio la cui vita diede un sen- so compiuto alle altre due, Jean-François Champollion, che divenne con il fratello socio dell’Accademia al principio del 1825, nella sezione morale che era stata aggiunta nel 1801. Egli avrebbe potuto trovare anche altrove materia per la verifi ca del deciframento delle scritture dell’Egitto faraonico che era Riscoperta e scavi delle antichità in Egitto 9 giunto ad una fase decisiva alla fi ne del 1822; tuttavia la scelta di Champollion cadde su Torino, dove trovò disponibilità ad accoglierlo. Qui l’orientalismo aveva avuto un capostipite nell’abate Tommaso Valperga di Caluso, deceduto nel 1815, alla cui scuola s’era formato uno studioso della statura di Amedeo Peyron. La diffi coltà principale, una volta acquisita una chiave per il deciframento con l’ausilio di una lunga iscrizione plurilingue, stava nella penuria di materiali per la verifi ca dei risultati. I testi paralleli, peraltro non integri, contenuti nella Pietra di Rosetta non son di natura tale da facilitare il confronto. Del resto già a Torino si conservava un documento, la Mensa isiaca, trasferita dall’Archivio di Corte all’Università nel 1775, che aveva suscitato mere illusioni per la com- prensione dei geroglifi ci. Altri materiali presenti in Europa, quali gli obelischi, erano pochi e sparsi, e la ricerca di nuovi in Egitto si scontrava con gli alti co- sti specialmente di trasporto che pochi, come Drovetti, potevano assumersi. Anche nell’impero austroungarico non mancava l’attenzione per l’Egitto e le antichità faraoniche, ma prevalsero dapprima false piste per il decifra- mento e successivamente un generale scetticismo nei confronti dei complicati progressi dello Champollion. Eccellenti facsimili di libri funerari, senza ad- dentrarsi nel contenuto (per giunta scritto in ieratico, una grafi a non fi gura- ta), erano stati riprodotti a stampa: a Trieste il papiro Fontana nel 1822 dal futuro barone Joseph von Hammer-Purgstall, che combatté in Egitto contro Napoleone e fu pure in disaccordo con Metternich, diventando socio dell’Ac- cademia delle Scienze di Torino nel 1826; a Cracovia in quello stesso anno da Joseph Senkowski il papiro eponimo, consistente in un rotolo di formato quasi tascabile, in stato perfetto di conservazione, poi donato alla città. Il castello di Königswarth in Boemia ospitava dal 1828 la celeberrima Stela di Metternich, ora vanto del Metropolitan Museum di New York. Per converso in Germania prevalse a lungo il rifi uto delle spiegazioni tentate dallo Champollion per pe- netrare nella scrittura egizia, ovvero la preferenza per un’alternativa più sem- plice (poi dimostratasi infondata) sostenuta da Friedrich Spohn, professore a Lipsia. Tale pervicace opposizione fu impersonata da Gustav Seyffarth, il quale pure venne a Torino dopo la partenza dello Champollion. In quegli stes- si anni Hegel, nelle sue lezioni sulla Filosofi a della Storia , negava, invocando la testimonianza silente di Erodoto, che mai gli antichi Egizi avessero posseduto una letteratura, sminuendo indubbiamente l’aspettativa per un eventuale suc- cesso. Tale era stato l’atteggiamento di Vidua, alquanto insensibile nei con- fronti delle «iscrizionacce geroglifi che», ma colmo di reverente stupore per le architetture e le decorazioni, quello che oggi si defi nirebbe «archeologia egizia». Egli era stato preceduto dal padovano Giovambattista Belzoni, che aveva appena lasciato il Paese al suo arrivo, dopo esser stato il primo avvedu- 10 Alessandro Roccati to inventore dell’archeologia nella Valle del Nilo, svolgendo la sua attività al servizio e nell’ambito del mondo britannico. L’interesse dell’Accademia delle Scienze verso la Collezione del Drovetti al momento dell’arrivo delle antichità a Torino attrasse anzitutto cultori di lette- re classiche, dall’abate Amedeo Peyron a Jean-Antoine Letronne per lo studio dei testi greci, il primo anche dei testi copti, accessibili per la grafi a alfabetica affi ne a quella greca. Nel 1835 il Peyron pubblicò l’importante Lexicon lin- guae copticae, propedeutico agli studi per la comprensione dell’egiziano più antico sulla via aperta da Champollion. L’abate Costanzo Gazzera cercò a sua volta di applicare le teorie dello Champollion a documenti geroglifi ci. Già era socio dal 1813 Dominique-Vivant Denon, che accompagnò Napoleone nella Spedizione d’Egitto, con l’orientalista Antoine-Isaac Silvestre de Sacy, morto nel 1825, anno in cui fu ammesso all’Accademia Letronne. Henry Salt, console generale britannico ad Alessandria, rivale del Drovetti in Egitto e protettore del Belzoni per l’incetta di antichità, entrò pure all’Accademia nel 1827 (anno della sua morte). Si può quindi sostenere che l’Accademia fece quadrato per apprezzare organicamente, con un approccio culturale e scienti- fi co sovrannazionale, le testimonianze straordinarie per numero e per qualità, che improvvisamente venivano ad illuminare un’altissima civiltà del passato la cui esplorazione non aveva precedenti. Nell’età dei Lumi il riguardo per queste testimonianze fu frutto di un’a- pertura politica ed economica con l’Egitto ottomano che si stava avvicinando all’Europa, in cui diversi personaggi ebbero una parte complementare, all’in- terno di un disegno di ampiezza imprevedibile. Il lungo rapporto di Drovetti con l’Egitto, per quanto concerne le antichità raccolte, quali procurò anche ad altri musei europei, fu massime centrato su Tebe, dove operavano i suoi agenti fi dati, il marsigliese Rifaud (sulla riva destra) e il canavesano Lebolo (sulla riva sinistra)1. Ciò spiega, oltre alla splendida galleria di statue di pietra, la non comune abbondanza di papiri, che si sono conservati bene particolar- mente nell’arido clima meridionale. Tuttavia egli poté acquisire reperti meno fragili da altri luoghi, anche nel nord dell’Egitto, dove risiedeva, nel suo in- tento di documentazione enciclopedica, secondo l’ideale illuministico. Invece Vidua si prefi sse di scorrere tutto l’Egitto fi no alla Nubia, prelevando pochi e piccoli oggetti, ma annotando sempre con cura, anche quello che stava per sparire e che non si poteva asportare, progettando anche pubblicazioni 2. Il nome di Jacques Rifaud si legge su diverse statue esposte nel leggendario sta-

1 S. Cincotti, «Les fouilles dans le Musée»: la collection égyptienne de Turin et le Fonds Rifaud , in «Cahiers de Karnak», 14, 2013, pp. 279-285; Ead., De Karnak au : les fouilles de Jean-Jacques Rifaud , in «Cahiers de Karnak», 16, 2017, pp. 139-145. 2 C. Vidua, Inscriptiones Antiquae a Comite Carolo Vidua in Turcico itinere collectae , Paris 1826. Riscoperta e scavi delle antichità in Egitto 11 tuario a Torino, dove alla fi ne pervenne il «museo egiziano» di Drovetti secon- do l’auspicio di Vidua; quelli di e Carlo Vidua sono rimasti affi dati alla custodia di monumenti visitabili a Tebe, in particolare sulla riva occidentale del Nilo, dove confermano la loro presenza e attività. Tra l’altro sia Rifaud sia Lebolo guidarono personalmente Vidua nella visita dei territori di loro competenza. Drovetti e Vidua restano tuttavia i personaggi di spicco che contribuirono per vie diverse a ridare direttamente valore a un patrimonio desueto, destina- to altrimenti a distruzione, e ad assicurargli un futuro di rispetto. Vi è nella dedizione di Vidua l’entusiasmo della scoperta, corrispondente alla passione per il recupero e il salvataggio di monumenti, che guidò l’azione di Drovetti. Quest’ultimo doveva ripagarsi delle spese sostenute personalmente, mentre il lavoro di documentazione, quantunque non poco oneroso, era indubbiamente meno costoso, e Vidua poteva contare su un cospicuo patrimonio personale. L’itinerario di Vidua era stato predisposto secondo i consigli del Drovetti e la pubblicazione di Vivant Denon, che precedette quella dell’Expédition. Esso mostra una precisa e comune conoscenza di tutti i luoghi lungo il corso del Nilo, non molto dissimile dalle tappe di altri viaggiatori a lui contemporanei come l’architetto Franz Gau, e poco dopo di lui il conte Louis de Vaucelles, Robert Hay e Lord Prudhoe, fi no alla prospezione che Champollion e Rosellini eseguirono insieme circa un decennio più tardi per mettersi a loro volta in cerca di monumenti sul posto. Mentre i viaggiatori successivi partiro- no per l’Egitto avendo in mano oramai la chiave di lettura delle iscrizioni, e pertanto dell’identità dei monumenti e della loro datazione, Vidua fu solo gui- dato dall’istinto e dalla brama di conoscenza. Neanche potendo immaginare che di lì a poco il grande mistero avrebbe cominciato a dissolversi, concentrò la sua attenzione sulle architetture e le fi gurazioni. In tal modo egli fece pro- pria e cercò di comunicare quella conoscenza che aveva ispirato egualmente Drovetti nella ricerca di monumenti antichi, il quale nell’intento di appro- priarsene fi nì per salvarli, prima ancora di trarne profi tto. I luoghi visitati dal Vidua concernono pertanto non solo quelli ampiamente sfruttati dal Drovetti e che saranno illustrati dagli studi condotti sulle antichità trasferite a Torino (soprattutto dall’intera area tebana), ma altri ancora che saranno oggetto d’in- vestigazione di successive missioni italiane (dopo il compimento dell’unità politica), sia del Museo Egizio (Ermopoli, Asiut, Gau el-Kebir, Gebelein), sia di università (Antinoe, Faium), sia di imprese tecniche di recupero di antichità della Nubia (File e il trasporto dei templi, e pure Abu Simbel, o il tempietto di Ellesija, il cui sito è stato sommerso, ma i cui rilievi scavati nella roccia, interni ed esterni, sono stati donati all’Italia e ricostruiti nel Museo Egizio nel 1965). 12 Alessandro Roccati

2. La provenienza dei reperti torinesi Qual era l’uso in quel tempo, nessuna annotazione sui luoghi e le circostanze dei rinvenimenti accompagnò il catalogo della collezione drovettiana, così come troppo sommarie furono le indicazioni pubblicate dai direttori della successiva spedizione franco-toscana 3, e soprattutto mancava ancora il prezioso ausilio che darà la fotografi a. Consapevole di queste carenze, Vidua cercò di rimediare con schizzi, planimetrie, misurazioni e descrizioni dei monumenti che scrupolosa- mente visitava 4, rammaricandosi di non avere seco un pittore per meglio ritrarre l’oggetto delle sue investigazioni. Tuttavia le antichità ammassate dal Drovetti erano già state interamente prelevate e gli interlocutori incontrati dal Vidua, in particolare a Tebe, non sarebbero stati in grado di fornire coordinate precise di rinvenimenti che con ogni probabilità conoscevano perfettamente 5, così come alcuni viaggiatori assistettero a scoperte di cui riferiscono 6, ma senza cercare di specifi care il luogo preciso del rinvenimento. Le vicende successive delle ricerche hanno peraltro permesso di rintrac- ciare e identifi care numerosi luoghi dove erano state sottratte le antichità poi giunte in Italia. Fondamentale a questo proposito è stata l’identifi cazione del- la tipologia dei documenti e dei luoghi (soprattutto nell’antichità) e, dopo la lettura corretta delle iscrizioni, l’indagine prosopografi ca dei personaggi che vi sono menzionati, ricostruendone le genealogie, le attività e necessaria- mente la cronologia. È inoltre probabile che, non ostante lo smembramento dei reperti, i rinvenimenti abbiano portato in luce soprattutto degli insiemi, dove si trovavano aggregati oggetti pertinenti a diverse classi tipologiche. Naturalmente non tutto fu raccolto, ma, dato il primo incontro diretto con la civiltà faraonica, si prestò attenzione ai manufatti più integri ed a quelli di cui si poteva avere una migliore comprensione, quali statue (e parti di statue), stele, sarcofagi... ma includendo anche papiri e persino qualche ostracon (cat. 2161-2170)7, lasciando quindi in certi casi sul posto materiale complementare rintracciato da successivi e accurati scavi archeologici autorizzati.

3 E. Bresciani, L’expédition franco-toscane en Egypte et en Nubie (1828-1829) et les antiquités égyptiennes en Italie , in «BSFE», 94, 1972 pp. 5-29, specialmente pp. 12 ss. 4 A. Roccati, Carlo Vidua, egittologo italiano , in Talking along the Nile. Ippolito Rosellini, travel- lers and scholars of the 19 th century in Egypt , Atti del convegno internazionale, Pisa, 14-16 giugno 2012, Pisa University Press, Pisa 2013, pp. 211-214. 5 La prima mappatura dell’area archeologica si deve a J. Gardner Wilkinson, The Topography of Thebes and General View of Egypt (1835), il quale la redasse prima di lasciare l’Egitto nel 1831. 6 Cfr. pp. 34, 39-40, 47, 63, 87-88 (cubito). 7 J. Lopez, Ostraca ieratici. N. 57001-57092, Catalogo del Museo Egizio di Torino , serie II, Collezioni, vol. III, fasc. 1, Istituto editoriale Cisalpino-La Goliardica, Milano 1978. Riscoperta e scavi delle antichità in Egitto 13

Conforme all’interesse esplicito del Drovetti per l’area tebana, non me- raviglia che i dati raccolti vengano a suffragare tale provenienza per molti materiali. È del tutto verisimile che il libro dei morti di Efankh (cat. 1791), esaminato già da Champollion, sia stato trovato a Tebe come diversi altri della collezione drovettiana citati in seguito, rappresentando un modello tipologico di quel genere di manoscritti funerari di tale provenienza8. Altrettanto vale per un gruppo coerente di manoscritti funerari pertinenti all’età libica9. I papiri scritti in «ieratico anormale» di cui la collezione torinese possie- de alcuni magnifi ci esemplari derivano quasi per defi nizione dall’area tebana, vista la diffusione circoscritta che ebbe quella modalità di scrittura nell’età libica. I papiri in demotico arcaico (cat. 2122-2128), a causa del loro eccellen- te stato di conservazione e del loro contenuto, hanno la stessa provenienza10 . I «testi demotici e greci relativi ad una famiglia di imbalsamatori del se- condo sec. a.C. editi da P.W. Pestman non si sa dove venissero scoperti, ma il loro contenuto fa supporre che fosse nella necropoli di Tebe» 11 . L’argomento singolare dei documenti, relativi sia alla famiglia sia al mestiere, ha consentito di rimettere insieme, interamente all’interno della collezione torinese, uno stra- ordinario archivio bilingue (cat. 2129, 2131, 2133-2136, 2138-2139, 2141-2143, 2146, 2154-2155, 2158, 2160), anticipatore di quello di Totoes scoperto dalla Missione Archeologica Italiana nel 1905. Del resto vi sono interferenze tra per- sone menzionate nei due archivi 12 . L’attenzione verso i papiri greci, suscettibili di aiutare l’interpretazione dei documenti indigeni, fu propria già del Drovetti, ed in effetti i documenti greci furono subito oggetto di lettura, in particolare quelli di questo archivio da parte di Amedeo Peyron, il padre della papirologia italiana, il quale però non si avvide della complessità dell’insieme 13 . Lo stesso Pestman ha raccolto i documenti in Italia dell’amplissimo archivio bilingue di Hermias, trovato probabilmente nella tomba tebana riadoperata di Nebunenef (TT 157) verso la fi ne del 1819 «perché già nel gennaio dell’anno dopo si po-

8 R. Lepsius, Das Todtenbuch der Aegypter nach dem hieroglyphischen Papyrus in Turin , Leipzig, 1842. 9 G. Lenzo Marchese, Manuscrits hiératiques du Livre des Morts de la Troisième Période Intermédiaire (Papyrus de Turin CGT 53001-53013), Catalogo del Museo Egizio di Torino , serie II, Collezioni, vol. XI, So ciété d'Egyptologie, Genève, Torino 2007, pp. 5 e 65. 10 P.W. Pestman, Les papyrus démotiques de Tsenhor (Studia Demotica, 4), Peeters, Leuven 1994. 11 Id., L’archivio di Amenothes fi glio di Horos, Catalogo del Museo Egizio di Torino , serie I, Monumenti e Testi, vol. V, Istituto editoriale Cisalpino-La Goliardica, Milano 1981. 12 Id., Lo scriba privato Amenothes, fi glio di Panas. Tre documenti provenienti dall’archivio di Totoes , in ( Pestman ed.) Textes et Etudes de Papyrologie Grecque, Démotique et Copte (P. L. Bat. 23) , Leiden 1985, pp. 167-197. 13 A. Peyron, Papyri graeci regii taurinensis musei aegyptii II (1827), nn. 8-9, 12, 14. 14 Alessandro Roccati tevano comperare i primi papiri dell’archivio» 14 . Tredici di essi sono a Torino (cat. 2130, 2132, 2137, 2144-2145, 2147-2153, 2157), altri due in Italia conser- vati rispettivamente a Firenze e a Napoli. Quando al principio del Novecento fu creata la (prima) spedizione arche- ologica italiana regolare, fi n d all’inizio il suo direttore Ernesto Schiaparelli fece rinvenimenti mirabolan- ti, come il già citato archivio demotico-greco di Totoes nel 1905 e la tomba di Kha nel 1906, e soprattutto poté confermare come Deir el-Medina fosse precisamente il luogo dove i primi scavatori dell’Ottocento avevano ricavato molti materiali pervenuti poi a Torino con la collezione del Drovetti. Questa ipotesi era già stata suffragata dall’interpretazione di documenti papiracei, da parte di François Chabas, ed epigrafi ci, da parte di Gaston Maspero, alla prestigiosa scuola dei quali (benché in disaccordo tra loro) si era formato lo Schiaparelli. Nel 1928 durante gli scavi di Bernard Bruyère avvenne a Deir el-Medina, vicino alla zona scavata da Schiaparelli, un’importante scoperta di papiri ie- ratici di età ramesside, che furono però trafugati e si trovano attualmente in massima parte nel Museo Britannico15 . La somiglianza con papiri letterari dello stesso periodo pervenuti a Torino è tale da non lasciare dubbi sulla loro origine da un ambiente comune16 . L’area archeologica attualmente identifi cata come Deir el-Medina fu visi- tata anche dal Vidua, che la chiamava «tempio d’Isi», alludendo al santuario tolemaico dedicato alla dea Hathor dove s’insediò un convento cristiano in abbandono (in arabo deir: «Convento della città»). La terminologia specifi ca usata da questi primi visitatori diverge spesso da quella stabilita dagli egittolo- gi: per esempio le tombe private erano per il Vidua per lo più delle «grotte», il tempio di Karnak un «palazzo». Conoscendo i luoghi esatti cui si riferisco- no le informazioni dei materiali, e potendo contare sul raggruppamento di tanti altri oggetti e notizie dispersi, gli studi hanno fatto successivamente di Deir el-Medina il cantiere laboratorio per eccellenza nella ricostruzione della società e della storia dell’Egitto faraonico. Di qui, in base all’onomastica, pro- verrebbero, nella collezione torinese del Drovetti, varie statuine funerarie17 ,

14 Cfr. nota 88. 15 A.H. Gardiner, Hieratic Papyri in the British Museum, 3 rd Series, The Chester Beatty Gift, British Museum, London, 1935. 16 A. Roccati, Ramesside magical books in Turin , in The Wisdom of Thoth. Magical Texts in Ancient Mediterranean Civilisations, Archaeopress Archaeology, Oxford 2016, pp. 93-97. 17 L’ushabti di Baktauer (cat. 2606) deriva dal Vecchio Fondo, contrariamente a quanto asserito da D. Valbelle, O uchebtis de Deir el Médineh, IFAO, Cairo 1972, n. 5, che lo accosta a reperti di B. Bruyère. Riscoperta e scavi delle antichità in Egitto 15 e la stela (cat. 1618 = CGT 50007) dell’architetto Kha, tolta dalla sua cap- pella, lo stesso di cui Schiaparelli nel 1906 avrebbe ritrovato intatta la cripta. Probabilmente dalla tomba TT 29118 proviene tutto l’insieme, completo dei sarcofagi di Butehamon (cat. 2236 e 2237 = CGT 10101-10103), all’interno di due coperchi del quale fu riportata una copia del Rituale dell’apertura della bocca 19 . Da un’altra tomba della zona proviene il vaso canopo di Amenemhab (cat. 3471 = CGT 19011), titolare di altri monumenti conservati a Cambridge (stele) e nel Museo Britannico (pyramidion) 20 e quello di un ignoto (cat. 3469 = CGT 19013). Molto materiale epigrafi co conservato nel Museo Egizio di Torino fu sicuramente tratto da questa località, anche se non è per lo più possibile ac- certare il luogo esatto di rinvenimento 21 , ed è stato oggetto di una monografi a curata dalla Soprintendenza 22 . Attinente alla comunità di Deir el-Medina nell’e- tà ramesside, dovunque sia stato materialmente rinvenuto (forse anche all’inter- no del tempio di Medinet Habu, dove si trovava il centro amministrativo del tempo), è il coacervo di papiri ieratici, che merita una trattazione a parte 23 . La maggior parte degli altri sarcofagi dipinti di età libica del Museo Egizio è arrivata a Torino con la Collezione Drovetti: pur trovati certamente a Tebe non si possono associare con alcuna sepoltura conosciuta 24 . Sono i sarcofagi di Tabakenkhonsu (cat. 2226 = CGT 10104-10105), Khonsumose (cat. 2238 = CGT 10106-10107), Neskhonsu (cat. 2217 = CGT 10110), Bakenkhonsu (cat. 2222 = CGT 10111), Hori (cat. 2212 = CGT 10112-10114), Tabakenkhonsu

18 B. Bruyère e Ch. Kuentz, La nécropole de Deir el-Médineh. La Tombe de Nakht-Min et la tombe d’Ari-Nefer (MIFAO 54), IFAO, Cairo 1926, pp. 56-62; J. Cerny, A Community of Workmen at Thebes in the Ramesside Period (BdE 50), IFAO, Cairo 1973, p. 373; A. Niwinski, Butehamon- Schreiber der Nekropole, in «SAK», 11, 1984, Festschrift Helck, pp. 137-138. Cfr. p. 89. 19 E. Schiaparelli, Il Libro dei Funerali degli Antichi Egiziani , 2 voll. e tavole, Loescher, Roma- Torino-Firenze 1882. 20 C. Dolzani, Vasi canopi (N. 19001-19153), Catalogo del Museo Egizio di Torino , serie II, Collezioni, vol. IV, Istituto editoriale Cisalpino-La Goliardica, Milano 1982. 21 Numerose stele sono senza dubbio dal cosiddetto «santuario di Merseger» sul sentiero che conduceva alla Valle delle Regine. 22 M. Tosi e A. Roccati, Stele e altre epigrafi di Deir el-Medina, Catalogo del Museo Egizio di Torino , serie II, Collezioni, vol. I, Pozzo Gros Monti, Torino 1972. Ivi è riunito anche il materiale scavato dalle missioni di E. Schiaparelli. 23 W. Pleyte e F. Rossi, Papyrus de Turin , Brill, Leiden, 1869-76. Cfr. A. Roccati, «Magica Taurinensia» e le pubblicazioni scientifi che del Museo Egizio di Torino , in «Aegyptus», 91, 2011, pp. 277-284; Id., Riches of written documents in the Egyptian Museum of Turin , in «Abgadiyat» , 4, 2009, pp. 45-50; S. Demichelis, Ricomporre frammenti. Lavori in corso tra i papiri del Museo Egizio di Torino , in «Memorie dell’Accademia delle Scienze di Torino. Classe di Scienze Morali», 40, 2016, pp. 3-44. 24 A. Niwinski, Sarcofagi della XXI dinastia (CGT 10101-10122), Catalogo del Museo Egizio di Torino , serie II, Collezioni, vol. IX, Ministero per i Beni e le Attività Culturali-Soprintendenza al Museo delle Antichità Egizie, Torino 2004. 16 Alessandro Roccati

(cat. 2227 = CGT 10115), Tefmutmut (cat. 2228 = CGT 10119-10120), e altri di sconosciute (cat. 2219 = CGT 10117; cat. 2219 = CGT 10118) e di scono- sciuti (cat. 2214 = CGT 10121 e cat. SN = CGT 10122). Di Hori si possiede però anche il Libro dei Morti, conservato nel museo di Cleveland (Inv. n. 10132)25 . Altrettanto vale per altri monumenti, circoscrivendone la provenienza nell’area occidentale di Tebe, attualmente Gurna. Dalle adiacenze del villag- gio di Deir el-Medina, sulla collina di Gurna (così chiamata anche da Vidua, prospiciente quello che chiama «Memnonio», ossia il tempio di Ramesse II), furono certamente prelevati la stela (cat. 1644) e gli stipiti (cat. 1645) in pietra della porta d’ingresso alla tomba (dipinta) di Tjanuni (TT 76), poi visitata dalla Spedizione franco-toscana26 . L’attuale tempio di Deir el-Bahari (in arabo: «Convento settentrionale») fu designato dal Vidua «Porta di granito». L’area archeologica che si distende innanzi è oggi nota come Asasif, e fu indubbiamente un fruttuoso quanto con- fuso campo di depredazione. Dalla grandiosa tomba del principe Mentemhat nell’Asasif (TT 34) proviene con ogni probabilità un altare circolare fi ne- mente decorato (cat. 7160 = CGT 22054), insieme con i coni funerari del medesimo personaggio (cat. 3424-3425)27 . I frammenti di ushabti a nome di Petamenofi (cat. 2625) si collegano inizialmente alla estesissima tomba dell’A- sasif (TT 12), già visitata nel settecento. La cassetta per ushabti di Thothotep (cat. 2443), ora vuota, conteneva forse anche un ushabti conservato nel museo di Trieste, e con il nome dello stesso personaggio si conoscono il coperchio di un’altra cassetta per ushabti nel Museo Britannico, una testa di statua in pietra a Copenaghen, una lama di bronzo a New York 28 . Il corredo funerario del portinaio di Amon-dell’orecchio che ascolta, consistente di ushabti (cat. 2656), cassetta per ushabti (cat. 2444), stela (cat. 1585), tavola d’offerta (cat. 1753 = CGT 22047), pettorale (cat. 6831), tutti a Torino, comprenderebbe secondo Labib Habachi una statuetta del personaggio con la moglie conser- vata a Monaco di Baviera 29 . La scatola per canopi cat. 2372, di Efaa fi glio di un Mentemhat, li menziona entrambi con un caratteristico titolo sacerdotale

25 A. Niwinski, Studies on the illustrated Theban Funerary Papyri of the 11th and 10th centuries B.C. (OBO 86) , Academic Press Fribourg Vandenhoeck & Ruprecht Göttingen, Freiburg 1989, p. 305. 26 A. e A. Brack, Das Grab des Tjanuni , (Archäologische Veröffentlichungen 19 DAIAK) Philipp von Zabern, Mainz 1977. 27 L. Habachi, Tavole d’offerta, are e bacili da libagione , Catalogo del Museo Egizio di Torino , serie II, Collezioni, vol. II, Pozzo Gros Monti, Torino 1977. 28 P. Marini, A Shabti-box of Djehutyhotep , in «Rivista del Museo Egizio», 1, 2018. 29 Labib Habachi, Niia, the w’b-Priest and Door-Keeper of Amun-of-the-Hearing-Ear , in «BIFAO», 71, 1972, pp. 67-85. Riscoperta e scavi delle antichità in Egitto 17 tebano30 . Del primo profeta di Amon Hapuseneb, il Museo Egizio possiede il coperchio di un vaso canopo (cat. 3304 = CGT 19002) e una statua (cat. 3061). Da Tebe provengono probabilmente numerosi altri vasi canopi (cat. 3459: i quattro vasi con la loro cassetta, cat. 2432, a nome di Uadren), e i sarcofagi di Besenmut31 . La tomba (non più rinvenuta) del portastendardo di marina Maienheqau si trovava probabilmente a Dra Abu n-Naga, contenendo una stela ora a Torino (cat. 1459 simile a CGC 34094), un’altra al Louvre (C59), e un’altra stela vista sul mercato, un cono funerario ora all’IFAO proveniente da scavi francesi, uno scarabeo nel Vaticano, e un Libro dei Morti a Napoli 32 . Di altri corredi si può presumere il luogo esatto di rinvenimento. All’inizio degli anni Settanta del secolo scorso, perdurando lo stato di osti- lità tra l’Egitto e Israele, il governo egiziano decise di concentrare la presenza di stranieri, soprattutto attivi nelle missioni archeologiche e nel turismo, in quattro aree protette, tra cui quella tebana. Cominciò allora una ricerca siste- matica, ancora non terminata, particolarmente sulla sponda occidentale e in zone che erano state soverchiamente stravolte dai saccheggi dei primi cerca- tori, anche se questi non erano stati sicuramente i primi a frugare le antiche necropoli. Gli indizi recuperati, associati alle ricerche museali, hanno per- messo di riconoscere talora i luoghi dove si erano conservati depositi intatti di antichità fi no all’Ottocento. Invero tutta la storia dell’archeologia riscontra un susseguirsi di distruzioni e di depredazioni, delle quali sovente rimangono solo tracce; in determinati casi però una spiccata coerenza osservabile tra i re- perti, spesso sparsi tra diverse raccolte museali, induce a ritenere che si tratti di oggetti con una provenienza unitaria, rimasti insieme fi no al momento del loro ultimo rinvenimento, eseguito da parte di persone incolte o addirittura prima che si decifrassero i geroglifi ci. Le analisi in corso cercano quindi di riparare alla mancanza di notizie sulle circostanze delle scoperte, mirando al loro recupero scientifi co. Dalla regione dell’Asasif, dove si stanziarono necro- poli private dal III millennio a.C. fi no al I millennio a. C. e poi diversi conven- ti copti, si riscontrano cospicui insiemi, di seguito descritti. Il coperchio del sarcofago di Isi a Torino (cat. 2205) è privo della par- te inferiore: questa con l’alveo, e vicino l’alveo dello sposo Thutmosi (il cui coperchio intatto è egualmente a Torino, cat. 2204) sono stati trovati da una missione ungherese in una tomba della Khokha (TT 32), di impianto grandio-

30 H. de Meulenaere, in «CdE», 57, 1982, pp. 227-228. 31 E. Haslauer, Einige Dokumente zur Bes-en-Mut Familie , in «Studies Limme», OLA 191, Peeters, Leuven 2009, p. 351. 32 P.-M. Chevereau, Le porte-étendard Maienheqaou , in «RdE», 47, 1996, pp. 9-28. 18 Alessandro Roccati so e con molte decorazioni conservate, la cui esecuzione risalirebbe alla XIX dinastia, di cui sono coevi33 . Dalla medesima tomba, riadoperata in seguito più volte, deriverebbe il coperchio del sarcofago di Shepmin pure a Torino (cat. 2203: l’alveo non è stato ritrovato), databile alla fi ne del IV secolo a.C., poiché questo personaggio risulta fi glio di Nesmin34 . Il nome di Lebolo, agen- te di Drovetti, inciso nella prima stanza di questa tomba, indica con ogni probabilità l’autore della scoperta. Da questa tomba sembra derivare anche il sarcofago ligneo con la mummia (cat. 2230) del bambino Petamenofi , ancora a Torino e di età adrianea, e molti altri sarcofagi della famiglia di Soter sparsi in varii musei (soprattutto Museo Britannico)35 . Dalla tomba di Ankhahor (TT 414), (ri)scavata negli anni Settanta del XX secolo da una missione austriaca nell’Asasif, proverrebbero ricchi corre- di, ai quali si attribuiscono induttivamente una stela lignea (cat. 1597, di una Neskhons/Kollutj, sorella di Hor e probabile sposa di un Pakharkhnum), un’altra stela senza numero (di Usiruer, fi glio di Hor e di Neskhons/Kollutj, della stessa famiglia di Ankhahor), il Libro dei Morti ieratico cat. 1832 (di Pakharkhnum, fi glio di Hor e di Neskhons/Kollutj), e il Libro dei Morti cat. 1830 del padre del dio Dedhor detto Paiani (fi glio del padre del dio Hor e della suonatrice di Amon Neskhons 36 ), al quale le ricerche hanno restituito il libro funerario cat. 1845 37 e il Papiro British Museum 10317 (= Salt 1821) 38 . Nella stessa famiglia, Petamonnebnesuttaui, fi glio di Dedkhonsefankh fi - glio di Pakharkhnum, possiede la stela lignea di Torino cat. 1573 39 . Inoltre Esemkhebi, quarta fi glia di Pakharkhnum, è proprietaria della cassetta per ushabti Torino cat. 2426. Secondo H. de Meulenaere queste persone vissero

33 L. Kakosy, Second Preliminary Report on the Hungarian Excavation in Thebes Tomb N. 32 (Season 1984) , in «Acta Archaeologica Academiae Scientiarum Hungaricae», 37, 1985, pp. 300-305. 34 Cfr. S. Vleeming (ed.), Hundred gated Thebes (P. Lugd. Bat. 27), Brill, Leiden 1995, pp. 153-154 (J. Quaegebeur). 35 Cfr. L. Coulon, Trauerrituale im Grab des Osiris in Karnak , in J. Assmann, F. Maciejewska e A. Michaels (eds.), Der Abschied von den Toten. Trauerrituale im Kulturvergleich , Wallstein, Göttingen 2005, pp. 334-340. Cfr. p. 102. 36 Cfr. M. Bietak e E. Reiser- Haslauer, Das Grab des Ankhhor , Austrian Academy of Sciences Press, Wien 1982, vol. II, p. 252 e nota 474, cfr. H. de Meulenaere, in «CdE», 59, 1984, p. 241; P. Munro, Die Spätägyptischen Totenstelen (Äg. Forsch. 25), J.J. Augustin, Glü ckstadt-New York 1973, p. 57. 37 S. Demichelis, Ricomporre frammenti , citato nota 23, p. 43. 38 Primo libro delle Glorifi cazioni di Osiri: J. Assmann, M. Bommas e A. Kucharek, Altägyptische Totenliturgien , Bd. 3: Osirisliturgien in Papyri der Spätzeit , Universitätsverlag C. Winter, Heidelberg 2008, p. 16. 39 Cfr. M. Bietak e E. Haslauer, Das Grab des Ankhhor , cit., p. 254 nota 482, e H. de Meulenaere, in «CdE», 64, 1989, p. 65. Cfr. la nota 49 infra . Riscoperta e scavi delle antichità in Egitto 19 nella seconda metà del IV secolo a.C. 40 . Molti altri reperti hanno raggiunto diversi musei europei e permettono di ricostruire un insieme che si conservò intatto fi no al suo saccheggio all’inizio del secolo XIX, forse per mano di Lebolo. Nella seconda metà dell’Ottocento nella TT 191 abitava la famiglia Abd er-Rasul, tra i maggiori predatori della necropoli tebana. Il coperchio del sarcofago di Ibi (cat. 2202), grande intendente della Divina Adoratrice alla fi ne del VII sec. a.C., proviene sicuramente dalla tomba ben co- nosciuta di questo personaggio nell’Asasif (TT 36), ma non è certo che sia sta- to trovato in essa, poiché parti dell’alveo sono state riscoperte nella zona del Ramesseo 41 . Altri oggetti della collezione hanno probabilmente una storia simile. Nestaneterten, fi glia di Ahmosi e di Twakshi (Twaksis), vissuta nel mezzo del III secolo a.C. a Tebe, è nota 42 a Torino da un ipocefalo (cat. 2324) e una stela (cat. 1599), accanto ad un cartonnage diviso tra il Louvre (AF 12859, MGE 1082) ed Edimburgo (n. 532), due statuette di Ptah-Sokar-Osiri (Louvre N 3520 e N 3510 E) e un papiro funerario (Louvre I 3149), una statuetta al Cairo (JE 37017), un cartonnage ad Avignone (A 67A), oltre ad un ipocefalo (29.86.436) a Filadelfi a. Con ogni probabilità dalla stessa tomba proviene il corredo coevo di Pa-iu(-en)-Hor (Pinyris), fi glio di Hor e di Tai-khi-biat (Khibois), che compren- de a Torino un ipocefalo (cat. 2321) e una stela (cat. 1569), mentre il Louvre ne conserva una statuetta di Ptah-Sokar-Osiri (N 3520 A + N 3514 B + AE 1567), i musei di Edimburgo e Paisley parti di un cartonnage (n. 543), l’Hermitage a San Pietroburgo una scatola per canopi (n. 822), Monaco di Baviera un Libro dei Morti (Staatl. Bibl. Pap. Cod. Hier. 1, 4.a, 4.b) e il Museo Britannico un Libro delle respirazioni (P 10048) 43 . La benda di mummia a Torino cat. 1873, databile al II secolo a.C., appartenne ad un Mente mhat, discendente della fa- miglia di cui si ricostruiscono sette generazioni. Essa includeva persone con i nomi di Spotus, Horo, Harsiesi, Usiruer, Nestaneterten, titolari di papiri fune- rari ( Libri dei Morti e Libri delle respirazioni , ora a Tübingen, Louvre, Vienna, Oxford, Ginevra) e di una statua (Baltimora Walter Art Gallery 227) 44 .

40 A.-K. Gill, The funerary papyri of the brothers Djedher and Pakherkhonsu in the Museo Egizio and the British Museum with some observations on scribal practices , in «SAK», 48 (2019), pp. 95-106, aggiunge il Libro dei Morti cat. 1833. H. de Meulenaere, ibidem. 41 E. Graefe, in «SAK», 1, 1974, p. 202 nota 4 (frammento a Chicago n. 1368 dal Ramesseo: J.E. Quibell, The Ramesseum , B. Quaritch, London 1898, tav. XXVII, 3, p. 20). 42 Secondo H. de Meulenaere, Recherches sur un Pa-wrm thébain , in The Unbroken Reed: Studies Shore , Egypt Exploration Society, London 1994, pp. 217-220: 219, cfr. «BIFAO», 54, 1954, pp. 73-82. 43 T. Mekis, The cartonnage de Nestanetjeretten (Louvre AF 12859; MG E 1082) and its enigmas , in «BIFAO», 112, 2012, pp. 243-273, cit. p. 263; F.-R. Herbin, Books of Breathing and Related Texts. Catalogue of the Books of the Dead and Other Religious Texts in the British Museum , vol. IV, British Museum Pubns, London, 2008, pp. 11 ss. 44 Cfr. M. Coenen, On the demise of the Book of the Dead in Ptolemaic Thebes , in «RdE», 52, 20 Alessandro Roccati

Non si sa dove fosse la tomba di Spotus dalla quale provengono cinque stendardi, tre dei quali a Torino (cat. 914, 986, 1009: Anubi, Horo e Thot) 45 , due a Lipsia (Inv. 2903 e 2905, due Upuaut del sud, d’acquisto) 46 . La collo- cazione di questo personaggio all’interno di una famiglia tebana di sommi sacerdoti ha permesso di defi nirne la data al tramonto del II secolo a.C. 47 . Può succedere che addirittura parti dello stesso oggetto siano fi nite in col- lezioni diverse. Parecchi papiri frammentari del Museo Egizio, di carattere civile e funerario, sono complementari di porzioni custodite in altre colle- zioni, quali Budapest48 , Ginevra 49 , Milano 50 , Leida 51 , Londra 52 , Neuchâtel e Berlino53 , Vaticano54 ; oltre a papiri demotici di cui si è già parlato. Altrimenti circostanze fortuite o indicazioni desumibili dal contenuto stes- so delle iscrizioni riportate sugli oggetti hanno fornito una guida per rintrac- ciarne la provenienza. La statua di personaggio con mantello (cat. 3062) è

2001, pp. 69-84, cit. p. 75); S. Töpfer, Die Mumienbinde des Monthemhat (Turin Cat. 1873.2). Ein weiterer Beleg für die Zusatzkapitel 173 und 174 , in «Rivista del Museo Egizio», 2018. 45 G. Botti, Statuette per stendardi funerari del Museo Egizio di Torino , in Studi in onore del prof. U.E. Paoli , Le Monnier, Firenze 1955, pp. 145-148. 46 G. Steindorff, Zwei Holzbilder des Wolfgottes Upuaut:Mélanges Maspero I (MIFAO 66, 2), Cairo 1938, pp. 841-846. 47 W. Clarysse, Prosopography and the Dating of Egyptian Monuments , in Das Ptolemäische Ägypten , Philipp von Zabern, Mainz 1978, pp. 240-241; J. Quaegebeur, BSocChamp 70/71 (1974), pp. 41- 43; Id., The Genealogy of the Memphite High Priest Family in the Hellenistic Period , in Studies on Ptolemaic Memphis (Studia Hellenistica 24), Peeters, Leuven 1980, p. 79; F. Herbin, Le livre de parcourir l’éternité , Peeters, Leuven 1997, pp. 26-27, nota 75. 48 A. Roccati, La quarta pagina del papiro Budapest Inv. N° 51. 1961 , in Mélanges offerts à E. Varga, Bulletin du Musée Hongrois des Beaux-Arts, Supplément 2001, Budapest, pp. 419-421. 49 A.H. Gardiner, A Pharaonic Encomium , in «JEA», 40, 1954, p. 30 (cat. 1882); A. Roccati, Un nuovo rotolo magico diviso tra le raccolte di Ginevra e Torino , in «BSEG», 7, 1982, pp. 91-94. 50 J.-F. Champollion, Lettres (ed. Hartleben, p. 181), edito da R.J. Demarée, Ramesside administra- tive papyri in the Civiche Raccolte Archeologiche e Numismatiche di Milano , in «JEOL», 42, 2010, pp. 55-77. 51 Torino (cat. 1870)/Leida (T 17): St. Quirke, Two Books of the Dead of a Ptolemaic Psamtek , in «OMRO», 79, 1999, pp. 37-66 (regno di Tolomeo VIII: Harsiesi). 52 Torino cat. 1836 (completato da pBM 10316, 1-5; pBM 10082A; pBM 10316, 5-6, appar- tenente a Harsiese: U. Verhoeven, Internationales Totenbuch-puzzle , in «RdE», 49, 1998, pp. 221-232 (tav. XXVI-XXVIII), cit. p. 227 (cfr. S. Curto, L’Egitto antico nelle collezioni dell’Ita- lia settentrionale , Tamari, Bologna 1961, pp. 104-105, n. 135 tav. 51a). 53 S. Demichelis, Ricomporre frammenti , cit. Questi documenti condivisi derivano però da scoperte successive a quelle del Drovetti. 54 Torino (cat. 1815)/sotto pVaticano Inv. 38604 = pVat 34 appartenente a Hor: U. Verhoeven, Internationales Totenbuch-puzzle , in «RdE», 49, 1998, pp. 221-232 (tav. XXVI-XXVIII): 230. Probabilmente dalla tomba di Ankhahor. Riscoperta e scavi delle antichità in Egitto 21 mutila del capo e della parte inferiore relativa alla porzione tra le ginocchia e i piedi, mentre la base è stata preservata a Torino. Esattamente ciò che manca- va (tranne il capo) è stato rinvenuto nella zona adiacente al tempio di Amon a Karnak, sul lato settentrionale, verso il 1970 in occasione di scavi per lo spettacolo di Suoni e Luci 55 . Un calco del pezzo ritrovato è stato eseguito nel 1995 a cura della missione archeologica in Egitto dell’Università di Roma «La Sapienza» che lo ha donato al Museo Egizio. Lo studio dell’iscrizione completa ha permesso di attribuire la dedica della statua al momento della guerra tra Egitto e Monarchia seleucide intorno al 100 a.C. 56 . Dallo stesso tempio di Karnak proviene la magnifi ca galleria di statue regali e divine, tra cui quella di Ramesse II, simbolo del Museo Egizio di Torino, per notizia esplicita degli scavatori. In particolare si può circoscrivere la scoperta delle statue maggiori (comprese quelle stanti della dea Sakhmet) nell’ambito del tempio di Ptah57 . Forse originariamente le statue di questa dea costituivano un viale di accesso al tempio dove le era dedicata una cella e furono rimosse successivamente, come le sfi ngi accantonate nel primo cortile del tempio di Amon. Il colosso di Sethi II (cat. 1383) è il meglio conservato dei due rinve- nuti nel primo cortile del tempio di Amon58 davanti alla facciata del sacello fatto erigere da questo faraone, dove si scorgono ancora le rispettive basi su cui stavano (il secondo è al Louvre). Le statue della dea Sakhmet assisa pro- verrebbero invece dal tempio di Mut a Karnak, come quella prelevata in pre- cedenza nel 1759 da Vitaliano Donati, e furono sottratte nel mese di marzo 1817 dal Drovetti a Giovan Battista Belzoni durante la sua assenza, con l’aiuto del medico Filiberto Marucchi59 . Altrove sono soprattutto i contesti, spesso radunando gli oggetti da di- verse collezioni, che orientano sulla provenienza dei reperti, e la stragrande maggioranza si conferma derivare dalla regione dell’antica Tebe È il caso della statua naofora (cat. 3029) di Amenemone, fl abellifero di Ramesse III, che si accompagna ad altre tre statue ora al Cairo e ad un ushabti a Londra; o del frammento (cat. 3034) che forma la parte inferiore di statua naofora il cui zoccolo è a Londra (UC 14758), restituendo la fi gura del padre divino Nesmin fi glio di Meramonites, dedicatagli dal fi glio Kapefhakhonsuseneb60 . La statua

55 «Kêmi», 21, 1971, p. 70. 56 J. Quaegebeur, in The Judean-Syrian-Egyptian Confl ict of 103-101 B.C., Collectanea Hellenistica 1, Peeters, Leuven 1989, pp. 88-108. 57 S. Cincotti, «Les fouilles dans le Musée» , cit., p. 284. 58 Ead., De Karnak au Louvre: les fouilles de Jean-Jacques Rifaud , cit., p. 141. 59 B. Gessler-Löhr, Who Discovered « Belzoni’s Tomb»? A Glimpse behind the Scenes of Early Exploration and the Antiquities Trade , in Talking along the Nile. Ippolito Rosellini, travellers and scholars of the 19 th century in Egypt , cit. nota 4, pp. 101-123 (p. 108). 60 H. de Meulenaere, in «CdE», 62, 1987, p. 178; «CdE», 64, 1989, pp. 69-73. 22 Alessandro Roccati di Nesamon (cat. 1780) lo designa quale titolare di cariche sacerdotali delle principali divinità tebane61 .

3. Non solo Tebe Benché la grande maggioranza dei reperti drovettiani provenga dall’area tebana, per varie stele del Medio Regno si può ammettere la provenienza da Abido, mediante la loro ricollocazione in complessi costituiti da altri docu- menti rinvenuti in questo luogo o con esso associati: (1527 62 , 1528 63 , 1545 64 , 154765 , 1620 66 , 1628 67 , 1629 68 , 1710 69 , 1632). Ad esempio la stele di Qemnen (cat. 1513) o quella di Abihu (cat. 1534)70 collegano i titolari ad importanti famiglie locali, mentre incerta (Tebe od Abido) rimane la provenienza della stele di Meru (cat. 1447. Fig. 14, p. 115). Verso la stessa regione orienta la provenienza dei papiri copti, che derive- rebbero dalla biblioteca della chiesa di San Giovanni Battista a Tini 71 . Vidua

61 A.M. Villar Gómez, An Overview of the Servants of Khonsu during the Third Intermediate Period at Thebes , in Cult and Belief in . Proceedings of the Fourth International Congress for Young Egyptologists , 25-27 September 2012, Bulgarian Institute of Egyptology, Sofi a, p. 82. 62 Di Onhuriankh: si accompagna alla stele Cairo CG 20566, dalla necropoli settentrionale di Abido, secondo Franke (citato nella nota 66). 63 Le due stele di calcare di Età Saitica cat. 1528 (di Inaro, fi glio di Esemkhebi) e 1632 (di Shepenupet, fi glia del Primo profeta di Amon Osorkon), secondo il Munro (Die Spätägyptischen Totenstelen , cit., p. 109) in base ad elementi interni proverrebbero da Abido. 64 Di Djaf: associabile con una tavola d’offerta da Abido (CG 23027). 65 Del nomarca di Qau el-Kebir Wahka probabilmente trovata ad Abido, vista l’inesistenza all’e- poca di ricerche nel nomo anteopolita; cfr. H. Steckeweh, Die Fürstengräber von Qau, Hinrichs, Leipzig 1936. 66 Di Khenmes: non si combina con una stela del Museo Britannico (n. 238: ANOC 54), bensì con una stela del Cairo (CG 20054) dalla necropoli settentrionale di Abido, secondo D. Franke, Personendaten aus dem Mittleren Reich (20.16. Jahrhundert v. Chr. ), Otto Harrassowitz, Wiesbaden 1984 ( Äg. Abh. 41), scheda 648. 67 Di Senpu: altre stele sono a Tolosa e Berlino, e una statua è al Louvre, cfr. W.K. Simpson, The Terrace of the Great God at Abydos: the Offering Chapels of Dynasties 12 and 13 , Peabody Museum of Natural History of Yale University in New Haven New Haven & Philadelphia 1974: ANOC 55; per la datazione ad Amenemhat IV, cfr. «CdE», 57, 1982, p. 193. 68 Di Sarenenutet, e altra stela è a Vienna: H. Satzinger, in «Oriens Antiquus», 22, 1983, p. 233. 69 Di Hetep: deriva con altra al Cairo (CG 20014) dalla necropoli settentrionale di Abido, zona nord, contro il muro di cinta. 70 Datata da Rita Freed, in Studies Simpson, I, Museum of Fine Arts, Boston 1996, pp. 321- 323 alle ultime quattro decadi di Sesostri I; per la lettura del nome 'b-iḥw, cfr. G. Rosati, in «Aegyptus», 60, 1980, p. 28 nota 58. 71 T. Orlandi, Les papyrus coptes du Musée égyptien de Turin , in «Le Muséon», LXXXVII, 1974, pp. 115-127. Riscoperta e scavi delle antichità in Egitto 23 però menziona che Drovetti trovò un vangelo in una piccola chiesa copta su un’isoletta vicino a Wadi Halfa, in Nubia 72 . Da El Kab potrebbe provenire la stela di Haremhat (cat. 1611)73 . Da Dandara deriva un blocco del tempio di Iside (cat. 1404)74 , e un capi- tello probabilmente dall’isola di File. Una stele (cat. 1563) proverrebbe da Amarna-Ermopoli75 . Nell’area menfi ta fervevano le ricerche negli stessi anni che a Tebe, ma dirette soprattutto verso le piramidi. A differenza di altre collezioni, come quelle di Bologna o di Leida, meno certa è la derivazione di documenti della Drovettiana da questa estesa necropoli, dove non si ha neanche notizia della presenza di agenti del Console. Tuttavia un numero ridotto di oggetti, forse d’acquisto, potrebbero esservi stati rinvenuti, quali i vasi canopi di Wahibra (cat. 3208 = CGT 19028-19031) 76 e elementi del corredo funerario del ge- nerale Thot (cat. 3225-2877 ) e la stele tarda cat. 1578 78 . La stele in forma di falsaporta (cat. 1612) per la sua forma si accosta a monumenti della necropoli di Saqqara ( Harnakht) con altra ad Aix. Al Faium riconduce l’offerente di un bacile (cat. 3028)79 : Unnefer fi glio di Djebastetefankh e di Shedet, XXX dinastia, possiede altra statua ad Alessandria (20959), una testa a Brooklyn, ushabti a Como, impronta di sigillo nel Museo Britannico a Londra (ma la sepoltura potrebbe esser a Menfi ). Incerta è la provenienza del corredo della principessa Nubemtekh (cat. 3247 ss.), condiviso in parte con il Louvre80 . Dal delta si presume l’origine di alcuni pezzi di statuaria oltre ad alcuni vasi canopi (cat. 3211 = CGT 19032-19035). Da Mostai (Hermopolis Parva, Tell el-Baqlija) consterebbero:

72 Potrebbe esser il codice VI della prefata pubblicazione di Orlandi (p. 123, cit. nota 71)? 73 H. Satzinger e D. Stefanovi č, in «CdE», 84, 2009, pp. 88-98. 74 Riprodotto nel catalogo della mostra Iside, il mito, il mistero, la magia , a cura di E. Arslan, Electa, Milano 1997, p. 72. 75 Cfr. A.M. Donadoni Roveri, in «BSFE», 104, 1985, pp. 14-16. 76 C. Dolzani, Vasi Canopi , cit., p. 29. 77 Cfr. catalogo della mostra Ägyptens Aufstieg zur Weltmacht (Hildesheim), Philipp von Zabern, Mainz 1987, pp. 338-344 (nn. 290 ss.), e soprattutto lo studio di C. Lilyquist, The Gold Bowl Naming General Djehuty: A Study of Objects and Early Egyptology , in «Metropolitan Museum Journal», 23, 1988, pp. 5-68. 78 B. Porter e R. Moss, Topographical Bibliography of Ancient Egyptian Hieroglyphic Texts, Reliefs and Paintings, III. Memphis. Part 2. Saqqâra to Dahshùr, II ediz. a cura di J. Malek, Oxford 1972- 1981, p. 747. 79 I. Guermeur, Les monuments d’Ounnefer, fi ls de Djedbastetiouefânkh, contemporain de Nectanébo Ier», in Scripta manent. Recueil d’études dédiées à D. Meeks (CENiM 4), Montpellier 2009, pp. 177-199. 80 E. Chassinat, La princesse Noubemtekh , in «REA», 1, 1925, p. 132; J. Vandier d’Abbadie, Objets de Toilette , É ditions des musé es nationaux, Paris 1972, p. 84, n. 306. 24 Alessandro Roccati

a) Statuetta di Wahibraemakhet, la cui testa conservata a Torino (cat. 3145) si unisce al corpo custodito nel Museo Britannico e raffi gurante un cidoforo (BM 37892): le iscrizioni indicano la dedica di questo monumento nel tempio di Thot a Mostai81 ; b) Il naoforo Hor (cat. 3026) insieme con altre due statue a Hannover e Losanna82 . Come il precedente, risale alla XXVI dinastia. Alla statua torinese si connette un frammento conservato a Londra (UC 14663)83 ; c) Cat. 302484 . Ad Atribi riconducono: l’altare orientato di Nectanebo, da Benha (Atribi) (CGT 22055)85 e la stele di Harbes (suppl. 17161: il numero riportato dal Munro, cit., p. 171, è erroneo)86 . Degli ushabti, ad esempio quello di Wahibraemakhet fi glio di Sedi (cat. 2693), si apparentano ad altri congeneri di incerta origine dispersi in nume- rose collezioni (Avignone, Bonn, Londra [British Museum], Copenaghen, Chicago [collezione Piot], Firenze, San Pietroburgo, Parigi [Louvre], Lione, Norimberga, Stoccolma, Zagabria, Ginevra [altra collezione Drovetti], Liegi) che sono raggruppati nel lavoro dello Schneider (Leida 1977) sugli Shabtis di Leida (5.3.58, p. 165). Il sarcofago antropoide del personaggio si conserva a Leida. Se si riuscisse a rintracciare l’origine di qualcuno di questi elementi, si potrebbe almeno circoscrivere il luogo della sepoltura saccheggiata. La pro- venienza da Alessandria di un pezzo è suggerita a p. 96. Per quanto concerne il Museo Egizio di Torino, vi sono state interferenze con l’area archeologica sfruttata dagli agenti di Drovetti, da parte degli scavi novecenteschi (di Schiaparelli) quasi solo limitatamente al villaggio di Deir el- Medina, mentre il passaggio settecentesco di Vitaliano Donati è attestato sol- tanto da due statue, una di faraone stante (cat. 1381) e una della dea Sakhmet assisa (cat. 245)87 , rinvenute probabilmente nell’area monumentale del tem- pio di Karnak, la seconda certamente nel recinto della dea Mut (a prescinde- re da una loro eventuale diversa collocazione precedente, forse nel tempio

81 Lettera di de Meulenaere a chi scrive del 15 gennaio 1990. 82 P. Munro, Die Statuen des Hrw aus Baqlija und Tell el Balamun, Kestner-Museum 1980.84/ Lausanne 9/Turin 3026 , in Form und Mass, Fs. Fecht , Harrassowitz, Wiesbaden 1987, p. 307. 83 Cfr. «CdE», 62, 1987, p. 178; Stewart, Egyptian Stelae, Reliefs and Paintings from the Petrie Collection , Aris & Phillips, Warminster 1983, vol. III, n. 132, p. 35. 84 D. Klotz, Two Studies on the Late Period Temples at Abydos , in «BIFAO», 110, 2010, pp. 127-163 (p. 140). 85 P. Vernus, Athribis , IFAO, Cairo 1978, n. 140, pp. 120-135. 86 Ivi, n. 101, p. 95. Di accessione posteriore. 87 S. Connor, Le statue della dea Sekhmet, Museo Egizio, Torino - Franco Cosimo Panini, Modena 2017, p. 14. Riscoperta e scavi delle antichità in Egitto 25

Mappa di Tebe e Memnomia nell’Ottocento (J. Gardner Wilkinson, Manners and customs of the ancient Egyptians, 1837). 26 Alessandro Roccati di Amenhotep III dietro i Colossi di Memnone). Semmai vi furono contese con gli agenti del console britannico Henry Salt, tra cui il padovano Giovan Battista Belzoni, il padre dell’archeologia egizia. Non si riscontrano neppure complementarità con i rinvenimenti della Spedizione franco-toscana, la quale si fermò lungamente a Tebe, facendovi importanti scoperte, senza però darne una documentazione archeologica. Dalle annotazioni precedenti appare invece vistosamente la dispersione di materiali, per un criterio di condivisione delle scoperte che fu praticato per l’intero secolo XIX. Ne consegue la necessità, ai fi ni di ulteriori progres- si nella ricostruzione di contesti e nell’identifi cazione delle provenienze, di una catalogazione estesa di collezioni pubbliche e private di tutto il mondo 88 . Sotto questa luce potrà diffi cilmente esser sottovalutato il contributo dato dal Catalogo scientifi co del Museo Egizio di Torino, posto sotto l’egida ministe- riale fi n quando c’è stata una cattedra di egittologia nell’Università di Torino, benché rimasto incompiuto.

88 In questa direzione va il lavoro di P.W. Pestman, Il processo di Hermias e altri documenti dell’archivio dei choachiti (P. Tor. Choachiti. Papiri greci e demotici conservati a Torino e in altre collezioni d’Italia, Catalogo del Museo Egizio di Torino , serie I, Monumenti e Testi, vol. VI, Ministero per i Beni e le Attività Culturali-Soprintendenza al Museo delle Antichità Egizie, Torino 1992 (cat. 2130, 2132, 2137, 2144-2145, 2147-2153, 2157). PARTE SECONDA

STORIA TORINESE DELLA COLLEZIONE DROVETTI Busto di Bernardino Drovetti realizzato in occasione dei 200 anni dalla nascita e collocato in Piazza Umberto I a Barbania, sua città natale (copia in bronzo del monumento in marmo opera di Giovanni Albertoni nel Cimitero Monumentale di Torino, 1855). Acc. Sc. Torino Memorie Sc. Mor. 43 (2019), 29-118, 1 ritr., 15 fi gg., 1 tab. ARCHEOLOGIA, EPIGRAFIA, NUMISMATICA

Introduzione al Catalogue della Collezione Drovetti

Memoria di LAURA DONATELLI* presentata dal Socio nazionale ALESSANDRO ROCCATI nell’adunanza del 19 giugno 2018 e approvata nell’adunanza del 13 novembre 2018

Riassunto. Il ritrovamento nella biblioteca dell’Accademia delle Scienze del mano- scritto Catalogue de la Collection d’antiquités de Monsieur le Chevalier Drovetti è stato l’occasione per approfondire gli studi sulla nascita del Museo Egizio e dell’Egit- tologia a Torino. Il documento era stato pubblicato nel 1880 in Documenti inediti per servire la storia dei Musei d’Italia , vol. III, ma successivamente se ne persero le tracce. Esso è diviso in cinque Cahyer , scritto in francese, non presenta la data e la fi rma dell’autore; probabilmente fu redatto dopo la prima proposta d’acquisto della collezione fatta da Vittorio Emanuele I il 4 aprile del 1820, prima del deciframento dei geroglifi ci. La breve descrizione degli oggetti segue le conoscenze dell’arte classi- ca, mentre la suddivisione in capitoli è data dal materiale del reperto. Si è ricostruito il viaggio del manoscritto inviato da Drovetti da Alessandria d’Egitto a Vidua a Torino, e poi la consegna di una «bella copia» al ministro degli interni Roget de Cholex, che la presentò al re, e di un’altra al presidente della Regia Accademia delle Scienze Prospero Balbo, incaricato, insieme con la Giunta, di conservare e catalogare le antichità che dal novembre del 1823 vennero collocate al piano terreno del palazzo che ospita l’Accademia: il primo Museo Egizio al mondo. PAROLE CHIAVE : Bernardino Drovetti, Egittologia, Museo Egizio di Torino.

Abstract. The discovery in the library of the Academy of Sciences of the Catalog de la Collection d’antiquités de Monsieur le Chevalier Drovetti manuscript was an opportunity to deepen the studies on the foundation of the Egyptian Museum and Egyptology in Turin. The document was published in 1880 in Documenti inediti per servire la storia dei Musei d’Italia , vol. III, but later on the traces were lost. It is divided into fi ve Cahyers, written in French, does not present the date and author’s signature; probably it was written after the fi rst purchase proposal of the collection made by Vittorio Emanuele I on April 4th 1820 and before the deciphering of the hie- roglyphics. The brief description of the objects conforms to the knowledge of classical art, while the subdivision into chapters is given by the material. The journey of the manuscript sent by Drovetti from Alexandria to Egypt to Vidua in Turin was recon- structed, and then a copy was delivered to the minister Roget de Cholex, who pre- sented it to the king, and another to the President of the Royal Academy of Sciences Prospero Balbo in charge, together with the Giunta, of preserving and cataloging the antiquities that from November 1823 were deposited on the ground fl oor of the building that houses the Academy: history’s fi rst Egyptian Museum. KEYWORDS: Bernardino Drovetti, Egyptology, Turin Egyptian Museum.

* Studiosa di Egittologia e autrice di numerose pubblicazioni su Bernardino Drovetti. 30 Laura Donatelli

1. 1803-1821 – La nascita della collezione Drovetti

Je fus invitée par le consul de , Drovetti, ancien militaire amateur d’antiquités personage corpulent et sonore. Hester Stanhope1 Alessandrie, Janvier 1812

Bernardino Drovetti2 arriva ad Alessandria d’Egitto nel maggio del 1803 insieme al conte Matthieus de Lesseps3, nominato console di Francia al Cairo. Drovetti è un giovane piemontese di ventisette anni che si era distinto prima come militare ne «l’Armée d’Italie» e poi presso il tribunale Militare di Torino. Ad Alessandria assume l’incarico di addetto commerciale per la Francia, man- sione delicata e non facile che ha lo scopo anche di ricucire i rapporti tra i due paesi dopo la spedizione napoleonica. Lo accoglie un Egitto governato dalla Sublime Porta, con gravi problemi interni: il potere, di fatto, è nelle mani dei mamelucchi e il rischio d’invasione da parte degli inglesi è costante. L’abilità del piemontese è quella di individuare rapidamente la persona che avrebbe preso il potere e governato il paese sconfi ggendo i mamelucchi e difendendolo dagli inglesi: Mehmet Ali4. Anche lui è un militare, è arrivato in Egitto nel 1801 con l’esercito Ottomano per cacciare quello francese. Una sincera amicizia, saldata dall’interesse comune di difendere il paese, moder- nizzarlo e avvicinarlo all’Europa, lega i nostri due personaggi per quasi mezzo secolo. Arrivato in Egitto Drovetti si stabilisce ad Alessandria nell’okel 5 sul

1 M. Seurat, Mon royaume de vent, souvenirs de Hester Stanhope, Grasset & Fasquelle, Paris 1994, p. 70. 2 Bernardino Drovetti (Barbania 1776 – Torino 1852) militare nell’Armée d’Italie e console generale di Francia in Egitto dal 1811-1814 e successivamente dal 1821 al 1828; durante tutti gli anni vissuti in Egitto e soprattutto tra il 1816 e 1821 si è dedicato alla ricerca di antichità egizie, greche, romane e copte formando tre ricche collezioni che ha venduto la prima al Re di Sardegna (1824), la seconda al Re di Francia (1827) e la terza al Museo di Berlino (1836). S. Guichard (a cura di), Lettere di Bernardino Drovetti Console di Francia ad Alessandria d’Egitto (1803-1830), Accademia delle Scienze di Torino, Torino 2005. 3 Mathieu-Maximilien-Prosper de Lesseps (1774-1832) diplomatico francese dopo il Marocco e Cadice è nominato sotto-commissario a Damietta e ad interim commissario generale al Cairo. Nel 1804 è nominato commissario generale, ma poco dopo lascia l’Egitto. Le altre sue sedi di- plomatiche furono: Livorno, Corfù, Philadelphia, Aleppo e Tunisi dove morì. 4 Mehmet Ali Pascià (Macedonia 1769 – Il Cairo 1849) arriva in Egitto con le truppe anglo- turche inviate per combattere l’invasione di Bonaparte del 1798. Viene nominato dalla Sublime Porta Viceré d’Egitto nel 1805, incarico che divenne poi ereditario. G. Sinoué, Le dernier pha- raon: Méhémet-Ali (1770-1849), Pygmalion-Gérard Watelet, Paris 1997; Clot Bey [Antoine Barthelemy Clot], Mohamed Ali Viceré d’Egitto, Marsiglia 1862. 5 Una specie di caravanserraglio abitato solo da europei con alloggi e magazzini di proprietà della famiglia Rey. Introduzione al «Catalogue» della Collezione Drovetti 31 porto nuovo. È qui che abita per i successivi venticinque anni ed è qui che ac- coglie tutti gli europei cosiddetti franchi: viaggiatori, commercianti, avventu- rieri, militari, architetti e ingegneri, medici, fi no ai primi veri archeologi della Spedizione Franco-Toscana6, con a capo Champollion e Rosellini, nell’agosto del 1828. Tra i primi viaggiatori René de Chateaubriand7, che così descrive il loro incontro in Itinéraire de Paris a Jérusalem : «M. r Drovetti me reçut avec cette simplicité qui caractérise le soldat, et cette chaleur qui tient à l’infl uence d’un heureux soleil [quello della bell’Italia]»8. Il letterato arriva da un lungo viaggio nel Vicino Oriente dove, tra l’altro, ha anche visitato le vestigia dell’an- tica Atene con la guida del console francese Louis Fauvel9. Sicuramente ha mostrato al nuovo amico Drovetti «un morceau de marbre du Parthénon» recuperato scendendo dalla cittadella, una pietra della tomba di Agamennone e altri reperti dei monumenti visitati: «Beaux souvenirs des mes voyages». Ma è poca cosa rispetto a quello che racconta delle razzie di Marie Gabriel Choiseul 10 e Lord Thomas Bruce Elgin 11 , che spogliano, devastando senza tanti scrupoli, il Partenone. Secondo quanto ci raccontano Chateaubriand e successivamente altri viaggiatori – come anche Lady Hester Stanhope 12 –, Drovetti inizia una sua personale collezione di antichità, poco tempo dopo il suo arrivo nella terra dei faraoni, con numerosi acquisti: oggetti di epo- ca tarda, monete, frammenti di rilievi, amuleti, bronzi, mummie, etc.,... In questo periodo è impossibile visitare le vestigia dell’antico Egitto oltre le pi-

6 M. Betrò (a cura di), Lungo il Nilo. Ippolito Rosellini e la Spedizione Franco-Toscana in Egitto (1828-1829), Giunti, Firenze 2010. 7 François-Auguste-René de Chateaubriand (1768-1848), letterato, viaggiatore diplomatico e anche ministro francese, si reca in Grecia e in Egitto (1806-1807) dopo un breve soggiorno a Roma (1803-1804) con l’incarico di segretario d’ambasciata. Diverse sono le sue lettere nel car- teggio Drovetti. 8 R. Chateaubriand, Itinéraire de Paris à Jerusalem, Flammarion, Paris 1968, p. 374. 9 Louis-François-Sébastien Fauvel (1753-1838) arriva a Costantinopoli con l’ambasciatore di Francia Choiseul-Gouffi er, è nominato sotto-commissario e successivamente viceconsole di Francia ad Atene, dove rimane fi no al 1831. 10 Marie Gabriel Florent Auguste Choiseul-Gouffi er (1752-1817) è ambasciatore di Francia a Costantinopoli e compie frequenti viaggi in Grecia. La sua collezione di antichità, con anche diversi pezzi egizi, viene venduta a Parigi nel 1818. 11 Thomas Bruce, VII conte di Elgin (1766-1841), diplomatico britannico alla corte del sultano a Costantinopoli dal 1799 al 1803, durante questo periodo fece staccare dal Partenone le metope e le statue del timpano vendute al British Museum. 12 Lady Esther Stanhope (1770-1839) viaggiatrice inglese nipote del ministro William Pitt, tra- scorre la maggior parte della sua vita in Oriente, spostandosi dalla Grecia all’Egitto, dalla Siria alla Giordania e al Libano, accompagnata da un giovane medico inglese, una dama di compagnia e un numeroso seguito tra soldati, servitori e interpreti; indossa solo abiti maschili di foggia orientale. Era conosciuta anche come la regina di Palmira e la profetessa dei Drusi. M. Seurat, Mon royaume de vent, souvenirs de Hester Stanhope, cit., pp. 70 e s. 32 Laura Donatelli ramidi di Giza a causa della pericolosa situazione interna con i mamelucchi che contrastano il potere del Viceré Mehmet Ali. Intanto la carriera diplomatica di Drovetti è rapida: nel maggio del 1806 è nominato viceconsole generale di Francia e gerente del consolato generale al Cairo, al posto di M. de Lesseps, e nel 1811 console generale al Cairo. Con questo incarico accoglie il generale Vincent Yves Boutin13 in Egitto e lo ac- compagna nella «missione politica-archeologica» voluta da Napoleone nella valle del Nilo. Questa è fi nalmente la grande occasione che il piemontese at- tende da anni: risalire il fi ume come fecero i Savants seguendo le stesse tappe descritte da Vivant Denon nel Voyage dans la Basse et la Haute Egypte 14 . Ma la caduta di Napoleone interrompe bruscamente la carriera diplomati- ca di Drovetti. Destituito dall’incarico potrebbe rientrare in Patria15 , ma deci- de di rimanere in Egitto per seguire gli altri suoi interessi: una vasta proprietà terriera nel Faium avuta in uso dal Viceré 16 , una fabbrica di salnitro realizzata con l’ingegnere Pascal Coste17 e, con alcuni marsigliesi, una ditta commercia- le. Egli ha pertanto a disposizione un certo patrimonio e soprattutto è l’eu- ropeo più infl uente presso la corte del Viceré. Ottenuti i permessi/ fi rmani , nel 1816 parte per un secondo viaggio esplorativo fi no alla seconda cataratta, per visitare anche i templi della Nubia e Abu Simbel scoperti dal viaggiato- re svizzero Johann-Ludwig Burckhardt18 nel 1813. Suoi compagni di viaggio

13 Vincent-Yves Boutin (1772-1815), agente segreto di Napoleone inviato in Egitto in ricogni- zione per ottenere delle informazioni sullo stato delle forze dei mamelucchi. Prosegue il viaggio verso la Siria dove muore assassinato nel 1815. 14 V. Denon, Voyage dans la Basse et la Haute Égypte, la prima ediz. è del 1802. Anticipa di 7 anni la pubblicazione della Description de l’Égypte. 15 S. Curto e L. Donatelli (a cura di), Bernardino Drovetti Epistolario, Accademia delle Scienze di Torino, Istituto editoriale Cisalpino-La Goliardica, Milano 1985, lettera n. 63 (Archivio dell’Ac- cademia delle Scienze di Torino [d’ora in poi ToAS], DRO.10/56). 16 Riconoscimento avuto dal Viceré per l’aiuto dato a Rosetta contro la fl otta inglese comandata dal generale Mackensie Fraser e alleata ad alcuni bey mamelucchi che vogliono contrastare il potere del Viceré (1807); L. Donatelli (a cura di), Lettere e Documenti di Bernardino Drovetti, Accademia delle Scienze di Torino-Compagnia di San Paolo, Torino 2011, p. 489. 17 Pascal Xavier Coste (1787-1879) architetto marsigliese rimane al servizio del Viceré d’Egitto dal 1817 al 1827 dove realizza diverse opere civili ed edifi ci, fabbriche, arsenali e il pavillon per il Pascià ad Alessandria; studia l’architettura araba. Pascal Coste, Toutes les Égypte , Editions Paranthéses-Bibliothèque municipal de Marseille 1998. 18 Johann Ludwig Burckhard (1784-1817) nel 1808 ha avuto dall’ African Association l’incarico di andare alla scoperta del centro Africa. Indossa abiti di foggia orientale e con il nome arabo Sheikh Ibrahim, inizia il suo lungo viaggio verso il cuore dell’Africa partendo dal Libano, prosegue visitando la Siria, la Giordania dove scopre Petra. Quindi attraversa il Mar Rosso e raggiunge la Nubia; seguen- do il Nilo vede – primo tra gli europei – il Grande Tempio di Abu Simbel in parte sommerso dalla sabbia e arriva fi no a Esna. In Egitto incontra diversi europei tra cui, oltre a Drovetti, F. Cailliaud, G. Belzoni e H. Salt. Cfr. D. Masse, Burckhardt au cœur de l’Égypte , Magellan & Cie, Paris 2005. Introduzione al «Catalogue» della Collezione Drovetti 33 sono il minerologo francese Frédéric Cailliaud19 , incaricato dal Viceré di cer- care le miniere di ferro, argento e zolfo 20 , il marsigliese Jean-Jacques Rifaud 21 , che sbarca però al Cairo, il dragomanno Joseph Rosignani/Rossignani22 . Gli europei partono da Alessandria a fi ne dicembre del 1815 su una djerma con marinai e cuoco messa a disposizione dal Viceré. Durante la navigazione si fermano ovunque vedono delle antichità, sia sulla sponda destra sia sulla sini- stra: Asiut, Abido, Dendera, i colossi di Memnone, Esna, Edfu, File. A marzo sono ad Abu Simbel dove Drovetti incide su un pilastro interno del Tempio Piccolo il suo nome – DROVETTI 1816 – senza però riuscire ad entrare nel Tempio Grande per via della sabbia che copre più della metà della facciata [fi g. 15]. Durante il viaggio di ritorno la sosta nell’area tebana è più lunga. Qui Drovetti immagina già, come scrive all’amico Gian Francesco Rignon23 a Torino, di poter recuperare tra le rovine molte antichità e formare una «ricca collezione per il Gabinetto del Re o il Museo dell’Università»24 . Rignon parla «della commissione affi datagli dal caro amico» al conte Prospero Balbo25 , presidente dell’Accademia delle Scienze, e all’abate Felice Botta26 , confessore del Re. La risposta è purtroppo sempre la stessa: «point

19 Frédéric Cailliaud (1787-1869), viaggiatore e minerologo francese, arriva in Egitto nel 1815 e in diverse occasioni viene impiegato dal Viceré per ricercare le antiche miniere lungo la valle del Nilo, nelle oasi e verso il Mar Rosso. P. Mainterot, Aux origines de l’Egyptologie, voyage et collections de Frédéric Cailliaud. 1787-1869, Presse Universitaires de Rennes, Rennes 2011. 20 S. Curto e L. Donatelli (a cura di), Bernardino Drovetti Epistolario, cit., lettera n. 65. 21 Jean-Jacques Rifaud (1786-1852) scultore marsigliese, arriva in Egitto nel 1814 come disertore delle truppe napoleoniche in Spagna. Diventa agente di Drovetti per seguire gli scavi nella zona tebana dal 1816 al 1820, poi nel Faium e nel delta del Nilo. Rientrato in Europa pubblica diversi volumi sui suoi scavi e viaggi in Egitto tra i quali: Voyage en Égypte, en Nubie et lieux circonvoisins depuis 1815 jusqu’en 1827 , Crapelet, Paris 1830; cfr. anche J.J. Fiechter, La moisson des di eux, la constitution des grandes collections égyptiennes 1815-1830 , Julliard, Paris 1994, pp. 40 e s. 22 Joseph Rosignani (fl oruit 1811-1834), disertore dell’esercito francese dopo la spedizione in Egitto, entra al servizio di Drovetti nel 1811 come dragomanno e poi come agente. Prese il nome di Youssef Kachef. 23 Gian Francesco Rignon (1743-1823), negoziante in drapperie e banchiere, decurione di 2 a classe di Torino. Amico di Drovetti, ha sempre appoggiato e sostenuto l’acquisto della collezione egizia presso la corte. Nominato da Drovetti suo procuratore per la vendita della collezione muore – poco prima di fi rmare in contratto – il 28 gennaio 1823. Cfr. «Gazzetta Piemontese», 1° febbraio 1823. 24 S. Curto e L. Donatelli (a cura di), Bernardino Drovetti Epistolario, cit., lettera n. 66. 25 Prospero Balbo (1762-1837) è nominato da Vittorio Emanuele I Ministro di Stato nel 1818 e l’anno seguente Ministro degli Interni, incarico che mantiene fi no al 1821. Dal 1816, fi no alla morte, è Presidente della Reale Accademia delle Scienze e della Giunta degli Accademici per il Museo Egizio. G.P. Romagnani, Prospero Balbo intellettuale e uomo di Stato , Deputazione Subalpina Storia Patria, Torino 1988. 26 Felice Botta (1765-1825), teologo Collegiato, nel periodo napoleonico segue la corte in Sardegna dove è eletto confessore del re Vittorio Emanuele I e della moglie; rientra in Piemonte nel 1814 ed è nominato dal re Pro-cappellano Maggiore dei Reali Eserciti; gli viene conferita l’A- 34 Laura Donatelli d’argent!», senza lasciare speranze per un prossimo futuro. Ma una domanda ritorna tra loro: «qual è il prezzo, la quantità, la qualità e la varietà di tanti oggetti per poter apprezzare questo prezioso deposito frutto del tuo gusto, delle tue conoscenze e della tua erudizione?». A questa domanda Drovetti non può rispondere perché in realtà non ha ancora iniziato gli scavi. Essi inizieranno di lì a poco – novembre 1816 – nell’area dei «palazzi di Karnak e Luxor» e sulla riva opposta vicino alle necropoli reali. Gli scavi nella zona dei Palazzi sono sorvegliati dal marsigliese Jean-Jacques Rifaud, quelli nella necropoli di Gurna dal piemontese Antonio Lebolo27 e dal nizzardo Joseph Rosignani. Per evitare screzi tra gli agenti degli altri consoli o di ricchi europei autorizzati dal Viceré al recupero di antichità, le aree di scavo vengono divise tra i paesi europei che ne diventano proprietari con tutto ciò che esse conten- gono. Per disincentivare i «furti tra gli agenti» delle statue più grandi ritrovate vengono segnate in modo indelebile, con il nome dello scopritore e del nuovo proprietario inciso nella pietra [fi g. 10]. Per Drovetti lavorano ogni giorno circa 200 operai tra uomini, donne e bambini. Si scavano nella terra delle trincee profonde anche dieci metri vicino ai piloni dei Palazzi, agli obelischi e alle statue colossali che emergono solo in parte. Drovetti ha collocato la sua casa sopra il pilone del tempio di Luxor e dall’alto sorveglia i suoi operai. Il piemontese non ha lasciato nessun diario personale di scavo. Alcune notizie di queste fruttuose ricerche le abbiamo dal conte Auguste de Forbin 28 , in cerca di antichità per i Musei Reali di Francia: «Noi vedemmo dissotterrare, il giorno stesso che arrivammo a Tebe [marzo 1818], un basso rilievo di granito rosa, di nove piedi d’altezza, rappresentante le tre divinità Osiris, Isis e Horus [fi g. 1] 29 : questo uomo [ Rifaud] aveva la mano felice»30 .

bazia di San Genuario (Crescentino) e nominato membro di diverse opere pie e congregazioni. «Gazzetta Piemontese», 18 gennaio 1825. 27 Antonio Lebolo (1781-1830), originario di Castellamonte nel Canavese, arriva in Egitto nel 1815 e dal 1816 segue gli scavi di Drovetti. In una tomba a pozzo a Qurna trova numerose mum- mie, le migliori arrivarono a Torino con la collezione Drovetti, altre a Berlino e a Londra; una si trova in America nella collezione J. Smith dal 1835. C. Ghella, Antonio Lebolo. La storia della vita che si ripete, in «I Quaderni Terra Mia», n. 7, 2009. 28 Auguste comte de Forbin (1777-1841), artista e viaggiatore, nominato dal 1816 direttore dei musei reali di Francia e incaricato nel 1817 dal re Luigi XVIII di acquistare antichità per le collezioni del Louvre. Viaggia così in Sicilia, Grecia, Egitto e Siria. Tornato a Parigi pubblica la relazione del suo viaggio in Voyage dans le Levant en 1817-1818 , Delaunay, Paris 1819. R.M. Le Rouzic, Le voyage dans le Levant de Louis Auguste de Forbin, peintre, directeur du musée royal du Louvre (1816-1841), en mission pour les antiquites (1817-1818), in «Journal des Savants», 2015. 29 Catalogue, XVI, 35. 30 A. de Forbin, Voyage dans le Levant , cit., p. 267. Introduzione al «Catalogue» della Collezione Drovetti 35

L’incontro di Drovetti con de Forbin è immortalato in un bel disegno realizzato dal pittore Granger che li ritrae insieme a Rifaud, Rosignani, Lebolo e al giovane disegnatore che accompagna il conte, Adolphe Linant de Bellefonds31 , intorno ad un’immaginaria testa colossale tra le rovine di Tebe 32 [fi g. 13]. Le campagne di scavo nell’area tebana impegnano Drovetti e i suoi agenti per circa quattro anni: dalla fi ne del primo mandato consolare, con l’arrivo del suo sostituto il console Joseph Jean-Baptiste de Roussel (1816)33 , fi no alla sua seconda nomina a console generale di Francia nel 1821 34 . Le antichità che man mano riemergono dal terreno vengono trasportate da «uomini forti» vicino alla sua casa di Luxor, dove si attende la piena del Nilo per imbarcarle verso Alessandria. Molti sono anche gli oggetti acquistati da Drovetti soprat- tutto ad Alessandria dagli indigeni che gli offrono

mummie, bronzi, monete e talvolta dei cammei. Questi abitanti del deserto sanno molto bene che trattano con l’uomo più giusto e nobile, e se ne van- no sempre soddisfatti del prezzo che lui stesso ha stabilito, spesso a suo svantaggio35 .

Nel frattempo, Drovetti con un piccolo seguito, affronta anche viaggi av- venturosi nelle oasi tebane (dicembre 1818) e nell’oasi di Siwa (marzo-aprile 1820). Il resoconto dettagliato riportato nei suoi appunti di viaggio è pubbli- cato da Edme Jomard a Parigi 36 . Per questa pubblicazione e per la sua im- portante collezione ceduta alla patria, Drovetti è nominato socio della Regia Accademia delle Scienze37 .

31 Adolphe Louis Maurice Linant de Bellefonds (1799-1883), geografo, esploratore, disegnatore ed ingegnere, dal 1817 si stabilisce in Egitto, dove ha accompagnato Mehmet Ali e diversi eu- ropei nei loro viaggi nella valle del Nilo fi no in Sudan. Viene nominato dal Viceré ministro dei lavori pubblici e Pascià (1873). 32 Musée du Louvre, département des arts graphiques, RF 399. 33 Joseph Jean-Baptiste de Roussel (fl oruit 1814-1826), è nominato console generale di Francia in Egitto dopo Drovetti (1815-1821), ma vi soggiorna solo dal 1817 al 1819 rimanendo sempre sotto la sua infl uenza. 34 S. Cincotti, Les fouilles dans le Musée: la collection égyptienne de Turin et le fonds Rifaud, in «Cahiers de Karnak», n. 14, 2013; J.J. Fiechter, La moisson des dieux, cit. 35 A. de Forbin, Voyage dans le Levant , cit., p. 313. 36 E. Jomard, Voyage à l’oasis de Syouah , Rignoux, Paris 1823. Su Edme-François Jomard cfr. più avanti la nota 56. 37 Drovetti è nominato Socio corrispondente il 18 marzo 1824, Jomard quattro anni dopo, il 26 giugno 1828. 36 Laura Donatelli

2. 1818-1822 – Trasporto delle Antichità da Alessandria d’Egitto a Livorno

In due magazzini del negoziante ebreo Morpurgo in questa città proveniente dall’Egitto è giunta una raccolta suntuosissima e tale che la riunione di tutti i monumenti Egiziani sparsi in Italia non formerebbe una simile a quella di sopra rammentata. Giuseppe Vivoli Livorno, 4 giugno 181838

Livorno è agli inizi dell’Ottocento un porto franco. Le navi commer- ciali battenti bandiera italiana, francese, norvegese e svedese, greca e turca che partono da questo porto per Alessandria d’Egitto sono molto frequen- ti: esportano vino, ceramica, tessuti di seta e oggetti di pregio di fabbrica- zione europea ed importano caffè, cotone, riso, cereali, cavalli nubiani e le «Antichità del cav. Drovetti». Alcuni documenti di questi viaggi sono con- servati presso l’Accademia delle Scienze, l’Archivio di Stato di Torino, pochi nell’archivio del Protocollo Sanità del porto di Livorno, mentre i Protocolli del porto sono andati persi. In particolare, la ditta Morpurgo, commercianti e banchieri ebrei, è coinvolta non solo nel trasporto ma anche nel deposito presso i loro magazzini nel quartiere San Marco, area ex Rivellino della città. In questi anni la ditta ha una base importante su entrambe le sponde del Mediterraneo e si occupa di traffi ci commerciali, di trasporto della corri- spondenza e di lettere di cambio 39 . Il trasporto della Drovettiana avviene con navi a vela di diverse nazioni, per fortuna, non abbiamo notizie di naufragi e neanche di saccheggi da parte dei corsari, in particolare spagnoli, che infe- stano il Mediterraneo. Come ci racconta lo storico livornese Giuseppe Vivoli, l’arrivo dall’Egitto delle antichità del cavalier Drovetti nel porto di Livorno inizia nel 1818 40 . Esse vengono spedite da Alessandria man mano che giungono dagli scavi dell’area tebana. Anche il conte Auguste de Forbi n, che visita il magazzino di Drovetti ad Alessandria nei primi mesi del 1818, ci conferma che molte antichità sono già partite per Livorno e «il suo gabinetto delle curiosità è così ricco e in un ordine così perfetto che si può imparare la storia dell’Egitto in poco tempo e in un modo molto interessante» 41 .

38 Giuseppe Vivoli (1779-1853), storico livornese, laureato in legge presso l’Università di Pisa, svolge la sua attività di avvocato e notaio prima a Firenze e poi, dal 1816, a Livorno. 39 L. Donatelli, Livorno porto per le antichità egizie, in Le origini di Livorno, età etrusca e romana , Polistampa, Livorno 2009, pp. 75-81. 40 M. Silvestri, Origini segrete e misteri di Livorno, Stelle di Mare, Livorno 2007, pp. 81-86. 41 A. de Forbin, Voyage dans le Levant , cit., p. 312. Introduzione al «Catalogue» della Collezione Drovetti 37

Incrociando un documento che si trova nell’Archivio di Stato di Torino e la corrispondenza di Drovetti e di suo nipote Bernardino con Pierre Balthalon42 di Marsiglia, si riesce a ricostruire un trasporto consistente di antichità verso il porto di La Spezia, che poi proseguì per il magazzino di Livorno43 . Si tratta di un carico di 60 e più casse che vengono imbarcate il 27 dicembre 1819 sul «brick commerciale l’Amathonte battente bandiera svedese capitanato da Lars Aurland». Data la stagione su richiesta di Drovetti il prezioso carico viene «in parte assicurato per centomila franchi come defi nito dalla polizza di carico che vi invierò. Questa assicurazione sia fatta senza lasciare alcun prete- sto di cavilli agli assicuratori» 44 . Il nipote Bernardino viene incaricato dallo zio di accompagnare le antichità fi no a Livorno. Sappiamo così che la nave dopo 61 giorni di navigazione «con molto cattivo tempo e le molteplici burrasche durante le quali tutto l’equipaggio ha molto sofferto» 45 arriva nel golfo di La Spezia il 27 febbraio 1820. Dopo la quarantena nel Lazzaretto di Varignano il carico prosegue per Livorno e «le antichità consegnate a MM. Morpurgo & Cie secondo gli ordini dello zio». In questa spedizione ha viaggiato circa ¼ di tutta la collezione Drovettiana. Sappiamo anche che il Colosso di Osimandias46 [fi g. 2] «fu portato dall’E- gitto fi no a Livorno sulla nave norvegese Tron[d]heim. Capitano Richelieu 1819». In questo caso i dati del viaggio sono stati incisi in norvegese diretta- mente sulla base della statua, vicino alla scritta del suo ritrovamento ad opera di Rifaud a Tebe nel 1818. Il capitano ha voluto sottolineare la sua abilità nel trasportare e senza danni una statua alta m. 5,16 e del peso di circa sette tonnellate. Dai Protocolli Sanità del porto di Livorno risulta che il brigantino Amazzone capitanato da Andrea Brackin, svedese, arrivò da Alessandria in 25 giorni il 24 aprile 1821 con, tra l’altro, «cinque casse di antichità»; il

42 Pierre-Clément Balthalon (1753-1830), responsabile di una ditta commerciale di Marsiglia, che già dal XVIII secolo commerciava con Alessandria d’Egitto. Suo fratello Jean-Joseph (1755- 1825) sposa Rose Rey (1775-1857) e hanno 4 fi gli. Dopo il divorzio Rose sposa Bernardino con il quale ha un fi glio, Giorgio (1812-1887). 43 La parte inferiore di una statua in granito si trova ancora a La Spezia nel 1823. Essa viene spe- dita a Genova e trasportata a Torino insieme a tutte le altre antichità. Archivio di Stato di Torino [d’ora in poi ASTO], Misc. A, mazzo 36, lettera di Cordero del 14 ottobre 1823 al ministro Roget de Cholex. 44 Lettere di Bernardino Drovetti console di Francia ad Alessandria d’Egitto (1803-1830), presen- tate e commentate da S. Guichard, Accademia delle Scienze di Torino, Torino 2005, cit. n. 96. 45 Cfr. la lettera di Bernardino Drovetti (nipote) a Balthalon dal Lazzaretto di Varignano datata 16 marzo 1820, non pubblicata, conservata presso l’Archivio della Bibliothèque Nationale du Musée Central de Paris (MS 508 [3,2], 2); ringrazio Sylvie Guichard che me l’ha segnalata. 46 Catalogue XVI, 53; statua di Sethi II, Museo Egizio, cat. 1383. 38 Laura Donatelli

1° maggio il brigantino Cerere al comando del capitano Giovanni Berg scaricò anticaglie; il 14 maggio la nave polacca La Costanza del capitano Mustafa el Gavi, portò oggetti per conto del console generale di Francia da Alessandria, il 27 maggio la nave Mabruca comandata dal capitano Ahmet el Nojal scaricò antichità. Da questi documenti sappiamo che in un mese quattro navi hanno scaricato antichità provenienti da Alessandria e molto probabilmente tutte o quasi di proprietà di Drovetti. I costi di queste spedizioni sono alquanto alti e arrivano fi no ad un massimo di 3 franchi al quintale; dato il peso e le dimensioni delle grandi statue e sarcofagi in granito, su una nave viaggiano al massimo due statue47 . Le antichità frutto dell’ultimo anno di scavo e acquisto arrivano a Livorno accompagnate da Domenico Pedemonte alla vigilia della vendita della collezione nell’aprile del 182348 . Temendo i «corsari spagnuo- li» esse vengono imbarcate su una nave danese con capitano svedese, sotto la protezione della bandiera consolare francese il 16 febbraio 1823. Il basti- mento arriva nel porto di Livorno dopo 50 giorni di navigazione. Pedemonte scrive a Drovetti che, per evitare danneggiamenti o deterioramenti ad opera delle guardie sanitarie, ha seguito personalmente lo sbarco degli oggetti e la loro quarantena durata cinquantacinque giorni nel lazzaretto San Leopoldo. Nello stesso porto nel giugno del 1826 Champollion le Jeune lavora per catalogare, imballare e imbarcare per le Havre 49 la seconda collezione del con- sole inglese Henry Salt50 , messa discretamente in vendita dal cognato Pietro Santoni51 e acquistata dal Re di Francia, su consiglio insistente di Jean-François Champollion, nel febbraio 182652 . Sempre da Livorno sono transitate le anti- chità provenienti dall’Egitto della collezione Giuseppe Nizzoli acquistata dal Gran Duca di Toscana e ora al Museo Archeologico di Firenze 53 , la collezio-

47 S. Guichard (a cura di), Lettere di Bernardino Drovetti, cit., lettera n. 153. 48 Ibidem, § 6: Trattativa di acquisto sospesa , n. 139. 49 Il 10 luglio 1826 la nave Durance parte con tutta la collezione Salt per Le Havre. 50 Henry Salt (1780-1827), pittore, scrittore e viaggiatore in India, Egitto e Abissinia. Nel 1815 è nominato console generale di Gran Bretagna in Egitto con anche l’incarico di arricchire con anti- chità la collezione del British Museum. In questo compito è aiutato da Giovanni Battista Belzoni, Giovanni d’Athanasi e Giovanni Battista Caviglia. Salt forma tre collezioni: la prima è acquistata nel 1818 dal British Museum, la seconda nel 1826 dal Louvre e la terza nel 1835 dal British. D. Mauley e P. Rée, Henry Salt, artist, traveller, diplomat, Egyptologist , Publications Ltd, Great Britain 2001. 51 Pietro Santoni (fl oruit 1820-1830), banchiere italiano originario di Livorno e cognato di Henry Salt, negozia per Salt la vendita della sua seconda collezione formata da antichità trovate in Egitto tra il 1819 e il 1824. 52 S. Guichard (a cura di), Lettere di Bernardino Drovetti, cit., n. 178; Id., (a cura di), J.-F. Champollion, Notice descriptive des monuments égyptiens du musée , Ed. Musée du Louvre, Paris 2013. 53 M.C. Guidotti, Museo Egizio di Firenze: capolavori e dintorni, Sillabe, Firenze 2015. Introduzione al «Catalogue» della Collezione Drovetti 39 ne Angelica Drosso Picchianti e Giuseppe Picchianti ora nella sezione egizia del Museo Archeologico Nazionale di Napoli54 . La corrispondenza privata di Drovetti conservata negli archivi dell’Accademia delle Scienze testimonia an- che che regali personali di «anticaglie» per alcuni suoi amici sono transitati da Livorno anche successivamente alla vendita della Drovettiana. Negli anni ’30 dell’Ottocento la ditta Morpurgo tratta direttamente per conto di Drovetti la vendita di alcuni oggetti ancora depositati nel loro magazzino55 .

3. 1818-1820 – Proposta al Re di Francia di acquisto della collezione Drovetti da parte di Edme-François Jomard, Auguste de Forbin e Frédéric Cailliaud

Je vois que vous avez fait une collection très belle et très précieuse d’antiquités égyptiennes: ce cabinet est digne d’orner la Bibliothèque du Rois et le Musée Royal. Edme-François Jomard Paris, 29 Juillet 181956

Al termine del suo viaggio nel Levante il conte Auguste de Forbin rientra a Parigi. L’incontro con Drovetti, la visita alla sua collezione di antichità e agli scavi tebani lo hanno molto colpito. Si interessa presso il ministro affi nché il suo amico possa riavere dal re Luigi XVIII l’incarico di console generale di Francia. A questo desiderio affi anca quello di far acquistare la sua colle- zione per i Musei Reali di cui è direttore, ma il Re è contrario soprattutto per la consistente somma richiesta57 . L’affaire è appoggiato anche da Frédéric Cailliaud, che mentre era in Egitto ha visto la collezione e ha partecipato anche ad alcuni ritrovamenti, e da Edme-François Jomard «Commissaire du Gouvernement prés de l’Institut d’Egypte». Da parte loro c’è un’importante richiesta a Drovetti: «avoir une copie du catalogue de votre cabinet»58 da pre- sentare a corte unitamente alle loro testimonianze. Inoltre, Jomard gli chiede in particolare un oggetto, ovvero la «fi gura esatta di una misura antica »59 , che è stata trovata a Tebe e che si trova nel suo cabinet [fi g. 3].

54 Guida alla collezione egizia del MANN, Electa, Milano 2016, p. 32. 55 L. Donatelli (a cura di), Lettere e Documenti di Bernardino Drovetti, cit., diverse lettere dei Morpurgo dal 1828 al 1837. 56 Edme-François Jomard (1777-1862), ingegnere e geografo della Spedizione d’Egitto, incari- cato della pubblicazione de La Description de l’Égypte, spera di formare una collezione egizia nel Louvre e di esserne nominato conservatore. S. Curto e L. Donatelli (a cura di), Bernardino Drovetti Epistolario, cit., lettera n. 104; Y. Laissus, Jomard le dernier Égyptien , Fayard, Paris 2004, p. 241. 57 S. Curto e L. Donatelli (a cura di), Bernardino Drovetti Epistolario, cit., lettera n. 82. 58 Ibidem, lettera n. 104. 59 Cfr. Cubito del Catalogue, V, 373. Drovetti gli manda un calco in gesso dell’oggetto. 40 Laura Donatelli

Anche l’amico Jean-Marie Dubois-Aymé, ingegnere che ha partecipato gio- vanissimo con i Savants alla spedizione napoleonica, lo esorta a scrivere il catalo- go perché se è fatto «da chi ha realizzato la collezione, ha ordinato gli scavi etc. è mille volte più interessante di quello che potrebbero pubblicare sugli stessi oggetti tutti gli Accademici d’Europa» 60 . Ma la situazione economica e politica della Francia non è favorevole e l’affaire si arena nonostante i sostenitori molto infl uenti presso la corte. De Forbin l’anno seguente, dopo aver parlato con sua «Excellence le Ministre de l’Intérieur», ci riprova e chiede a Drovetti alcune precisazioni importanti: 1) lo stato esatto e completo della Collezione, 2) dove si trova attualmente riunita, se è ancora parte ad Alessandria e parte a Livorno; 3) qual è il prezzo e quali le condizioni richieste. Inoltre egli sostiene che questa trattativa porterebbe necessariamente alla sua nuova nomina a console generale di Francia in Egitto e infi ne l’ultimo risultato di questo affaire sarebbe l’onorifi - cenza «de la Croix de la Légion d’Honneur 61 ». Le motivazioni per cui questo affaire stenta ad andare in porto sono mol- teplici: forse perché il Re ha saputo che lo Zodiaco di Dendera, acquistato poco tempo prima a caro prezzo e tanto vantato, non è poi così antico; per la caduta del ministro liberale Decazes, dopo l’assassinio del duca de Berry, che ha interrotto il progetto di Jomard di creare un museo di antichità egiziane a Parigi con lui conservatore; perché Drovetti non vuole abbassare il prezzo (i soldi gli servono per ripagare i debiti dovuti soprattutto ad un affare commer- ciale andato male con la ditta Portalis)62 . Nell’agosto del 1820 De Forbin scrive nuovamente a Drovetti, dopo un viaggio in Sicilia in cerca di importanti reperti per il suo Museo, che «raddop- pierà i suoi sforzi per il successo del nostro negoziato che desidero più ancora di voi ma le circostanze sono state così avverse che è impossibile raggiungere un accordo»63 . Quest’ultima lettera di De Forbin non dà al nostro piemontese tante speranze sia per l’acquisto della collezione sia per la seconda nomina a console generale di Francia. Tarda anche ad arrivargli la «patente di natura- lità» indispensabile per chiedere la pensione per gli anni di servizio prestati alla Francia. Drovetti si sente un uomo abbandonato da più di sei anni e nel modo più crudele64 . Nel frattempo, sentendosi impegnato con la Francia, non ha più negoziato la vendita della sua collezione con la Russia, la Baviera e con il governo inglese tramite Lord Hamilton che è passato da Livorno a vedere

60 S. Curto e L. Donatelli (a cura di), Bernardino Drovetti Epistolario, cit., lettera n. 108. 61 Ibidem, lettera n. 101. 62 S. Guichard (a cura di), Lettere di Bernardino Drovetti, cit., lettera n. 92. 63 S. Curto e L. Donatelli (a cura di), Bernardino Drovetti Epistolario, cit., lettera n. 117. 64 S. Guichard (a cura di), Lettere di Bernardino Drovetti, cit., lettera n. 100. Introduzione al «Catalogue» della Collezione Drovetti 41 le sue antichità65 . Con il Piemonte potrebbe riprovarci tramite suo fratello mi- nore Don Luigi Maria vicecurato nella chiesa di Sant’Agostino a Torino, ma gli sembra diffi cile data la situazione economica 66 . Drovetti ha grande urgenza di realizzare il suo capitale per far fronte ai debiti e alle spese che continua a sostenere sia per altri scavi, con lo scopo di arricchire il suo cabinet in modo che non abbia rivali, sia per il deposito delle antichità presso i magazzini di Livorno che gli costa lire 3000 all’anno. Ha anche un altro progetto, che ha proposto a De Forbin: «dividere la collezione e cedere al Musée de Paris solo i pezzi più rari al prezzo che vorranno pagare» 67 . Ma insiste anche sul valore di tutta la collezione che lui offre al «prezzo di costo: 200/mila in contanti e 200/ mila in fondi o iscrizioni», che è poco rispetto alla vendita di altre collezioni minori: «Che la Francia decida entro settembre! [1820] Non mi sono mai trovato in vita mia in una situazione così umiliante!»68 .

4. 1819-1820 – Viaggio di Carlo Vidua in Egitto

M. Drovetti ha fatto una collezione di antichità Egizie unica al mondo, poiché nessuno si è trovato nella situazione di poter tanto raccogliere ed in qualità di console Francese, e massimamente per il gran favore di cui gode presso il Viceré. Carlo Vidua Il Cairo, 20 gennaio 182069

Carlo Vidua 70 arriva in Egitto dopo un lungo peregrinare attraverso i paesi di due grandi imperi: quello russo e quello ottomano. Parte dal Piemonte nel 1816 e viaggia verso nord Europa fi no a raggiungere la Lapponia, da qui

65 Ibidem, lettera n. 110. 66 Luigi Maria Drovetti/ Druetti (1774-1848), frate francescano passato al clero secolare, vice- curato a Barbania, suo paese natale; dal 1812 circa nella parrocchia di Sant’Agostino a Torino; dagli anni Venti direttore spirituale delle carceri di Torino; dal 1829 al 1838 è parroco della chiesa di San Bartolomeo a Coccon ato (Casale). Nel 1822 si interessa della vendita della col- lezione al re Carlo Felice e viene ricompensato dal fratello con 10/mila franchi. V. Regondi, S. Vacca e G. Fassino, Don Luigi Maria Druetti parroco di Cocconato, Chiese e vita religiosa in Cocconato, Associazione Terra, Boschi, Gente e Memorie Castelnuovo Don Bosco (AT) 2017, p. 404; L. Donatelli (a cura di), Lettere e Documenti, cit., documento G 50, p. 588. 67 S. Guichard (a cura di), Lettere di Bernardino Drovetti, cit., lettera n. 99. 68 Ibidem, lettera n. 100. 69 C. Balbo [lettere pubblicate da], Lettere del conte Carlo Vidua , Pomba, Torino 1834, vol. II, n. 30. 70 Carlo Vidua conte di Conzano (1785-1830) è un letterato, un viaggiatore e uno studioso degli usi e costumi dei popoli dei paesi da lui visitati: Europa del Nord e Vicino Oriente (1818-1821), Stati Uniti e Messico (1825-1830), l’Indonesia dove morì. Parte dei suoi libri e appunti di viaggio sono conservati all’Accademia delle Scienze. Cfr. nota 96 e G.P. Romagnani, Carlo Vidua un inquieto aristocratico subalpino, in «Studi Piemontesi», 2, XV, 1986. 42 Laura Donatelli scende a sud fi no alla costa del Mediterraneo, visita la Grecia e via nave par- tendo da Smirne approda ad Alessandria d’Egitto gli ultimi giorni del 1819. L’incontro al Cairo tra i due piemontesi è ovviamente molto cordiale e Vidua così descrive Drovetti a suo padre il conte Pio71 :

è un uomo di 44 anni pieno d’ingegno e di buone maniere che ha guadagnato legittimamente enormi somme in Egitto e le ha sempre spese a benefi ciare gli Italiani e i Francesi che capitano in questo paese. Tutto il mondo dice bene di lui, gli Arabi, i Francesi e i Turchi e gode singolarmente di gran favore da Mohamed Ali Viceré d’Egitto72 .

Vidua , anche se vede solo una piccola parte della collezione Drovetti, (come già detto l’ultima nave con un carico cospicuo è appena partita da Alessandria per la Spezia), ne è entusiasta. Approfi ttando dell’indecisione del- la Francia chiede a suo padre Pio e ai membri della Regia Accademia delle Scienze Cesare Saluzzo73 , Prospero Balbo e all’amico Bianco di Barbania74 di intercedere presso il re Vittorio Emanuele I 75 affi nché questa collezione, «fatta da un piemontese non fi nisca in un paese straniero ma in patria». Nel frattempo, il Vidua prosegue il suo viaggio, risale il Nilo fi no ad Abu Simbel dove fa incidere sulla gamba del colosso appoggiato alla facciata del Tempio Grande CARLO VIDUA ITALIANO CHE VENNE DALLA LAPPONIA. 1820. Al ritorno si ferma a Tebe presso Lebolo, agente di Drovetti: « la sua casa è in mezzo ai monumenti e mezza incastrata tra le tombe, tra mummie papiri e statuette. M. Lebolo comanda agli Arabi, ne ha 200-300 ai suoi ordi- ni, il comandante turco lo rispetta per timore del signor Drovetti».

71 Pio Gerolamo Vidua conte di Conzano (1748-1836) nel 1800 fu chiamato a presiedere la Municipalità di Casale, e nel primo ministero della restaurazione fu nominato primo segretario di Stato per gli affari Interni. Nominato Gran Croce (1814) e poi Gran Cancelliere dell’Ordine dei Ss. Maurizio e Lazzaro (1815). Nel 1782 sposò Marianna Gambera di Mirabello (1766-1789) madre del fi glio Carlo. F. Guasco, Tavole genealogiche di famiglie nobili alessandrine dal sec. IX al XX, vol. XII, Cooperativa Bellatore Bosco e C., Casale 1945. 72 C. Balbo (a cura di), Lettere del conte Carlo Vidua , cit., vol. II, n. 31. 73 Cesare Saluzzo di Monesiglio (1778-1853), laureato in legge presso la Regia Università di Torino dove incontra anche Drovetti. Gentiluomo di camera onorario di S.M. studioso e mem- bro della Regia Accademia delle Scienze; dopo la restaurazione è incaricato di riordinare la Regia Accademia Militare di Torino che dirige per diversi anni; è nominato precettore dei prìncipi fi gli di Carlo Alberto. 74 Maria Luigi Gaspare Lorenzo Bianco di Barbania (1773 1840) conte, primo Gentiluomo di Camera di S.M. 75 Vittorio Emanuele I (1759-1824), sale al trono nel 1802 come Re di Sardegna; con il trattato di Parigi ritorna nei suoi territori di terraferma con in più la Liguria. Conservatore e clericale con lo scoppio dei moti del 1821 abdica in favore di suo fratello Carlo Felice. Introduzione al «Catalogue» della Collezione Drovetti 43

Il rispetto degli indigeni verso Drovetti e i suoi agenti è anche in parte comprato con piccoli regali: un po’ di tabacco, una pipa, un bakshish. Grazie a questi scavi la «Drovettiana» si arricchisce in un anno di altri quasi 200 bel- lissimi pezzi (indicati nel Catalogue con un asterisco76 ). Intanto Cesare Saluzzo scrive a fi ne marzo 1820 al conte Vidua , e per cono- scenza all’amico Drovetti, i primi commenti positivi alla sua proposta, sia da parte dei ministri Filippo San Marzano77 (Esteri) e Prospero Balbo (Interni) che del Re «il quale vuole e ama davvero ogni disegno che sia d’onore e di pro allo Stato»78 . Ovviamente ci sono dei problemi per l’Erario che non può far fronte alla somma così elevata di 400/mila lire richiesta da Drovetti. Pertanto l’Università degli Studi «va creditrice di somma egregia di rendita sul Gran Libro di Francia[79]. L’Università cederebbe al Sig. Druetti 20/mila lire di ren- dita annua corrispondenti al capitale di 400/mila».

5. 1820 – Prima proposta di acquisto della Drovettiana da parte dei Savoia

Sua Maestà vuole che si provveda per l’acquisto della raccolta d’antichità Egizie, formata dall’Avvocato Drovetti. Art. XIII: Decisione Sovrana Torino, 4 aprile 1820 80

La lettera sopra citata di Cesare Saluzzo a Vidua e Drovetti anticipa di po- chi giorni la Decisione Sovrana del 4 aprile 1820. Con essa vengono confermati sia il prezzo di 400/mila richiesto da Drovetti che il modo del pagamento 20/ mila lire a fronte del debito iscritto nel Gran Libro di Francia. Ma Drovetti riceve la proposta uffi cialmente solo alla fi ne dell’anno. Il ministro degli in-

76 Testo scritto alla fi ne di ogni capitolo «N.B. Les N° marqués avec * l’asterisque indiquent les objets ajoutés à la collection depuis le mois de Xbre 1820». 77 Filippo Antonio Asinari marchese di San Marzano (1767-1828), militare e politico, è devoto a casa Savoia anche se durante il periodo napoleonico è nominato consigliere di stato e ambascia- tore a Berlino per l’imperatore. Inviato al consiglio di Vienna si impegna per avere l’annessione anche della Liguria e dell’intera Savoia. Nominato da Vittorio Emanuele I ministro degli affari esteri (1817-1821) e successivamente ciambellano di corte. Fonda l’Accademia Militare a Torino nel 1815. 78 S. Curto e L. Donatelli (a cura di), Bernardino Drovetti Epistolario, cit., lettera n. 111. 79 Registro del debito pubblico del Regno di Sardegna istituito da Vittorio Emanuele I nel 1819 su modello di quello creato in Francia nel 1793 (Grand Livre de la Dette Publique). 80 ASTO, Sezioni Riunite, Istruzione Pubblica, Musei e altri stabilimenti scientifi ci, Regio Museo d’Antichità, Museo Egizio 1762-1847, Mazzo 2. 44 Laura Donatelli terni Prospero Balbo, gli amici Carlo Filippo Bianco di Barbania81 , Cesare Saluzzo e Gian Francesco Rignon preferiscono attendere il mese di novembre e consegnare le loro lettere personalmente ad un «famiglio turco» di Drovetti, che lascia Torino dopo aver consegnato un cavallo del Dongola82 al Principe di Carignano. La lettera scritta da Balbo si conserva in due copie: una nel carteggio di Drovetti83 e l’altra all’archivio di Stato84 . Il ministro, da parte del re, elogia le sue

virtuose e magnanime azioni nei confronti della santa religione, nel soccorso dei piemontesi e degli europei che si trovano in Egitto, e della grandissima e rarissima collezione d’anticaglie egiziane da Lei raccolta con lungo amore e raro discernimento.

Sempre a nome di Sua Maestà suggerisce,

se è ancora libera sulla scelta del museo, di rimettere la sua preziosa collezione a questa Regia Università. Inoltre, come testimonianza del conto che tiene la sua persona l’ha creato Cavaliere dell’ordine de’ Santi Maurizio e Lazzaro e ne ha sin d’ora facoltà di vestirne le insegne, inviate insieme alla lettera. È molto gradita la notizia di vederla presto in Torino.

La lettera del conte Bianco di Barbania, scudiero di Carlo Alberto, ha la stessa data. Oltre ai ringraziamenti da parte del Principe di Carignano per «il superbo cavallo del Dongola che l’ha pienamente soddisfatto», si congratula per la decorazione della Croce di S. Maurizio conferitagli85 . L’amico Cesare Saluzzo gli scrive per congratularsi dell’onorifi cenza ma non menziona l’ac- quisto della collezione86 . Anche l’amico Rignon gli scrive affi dando la lettera

81 Carlo Filippo Luigi Giuseppe Bianco di Barbania (1777-1836) cavaliere, luogotenente colonnello governatore e conservatore generale dell’appannaggio e patrimonio, aiutante generale, primo scudiere alla corte di Savoia Carignano. È amico e confi dente di Carlo Alberto principe di Carignano. 82 Cavalli nubiani molto apprezzati per la bellezza, la perfetta regolarità delle forme, la grandez- za, la forza e l’agilità. A. Locatelli, Il perfetto cavaliere, Fratelli Sonzogno, Milano 1828. 83 S. Curto e L. Donatelli (a cura di), Bernardino Drovetti Epistolario, cit., lettera n. 126. 84 ASTO, Sezioni Riunite, Istruzione Pubblica, Musei e altri stabilimenti scientifi ci, Regio Museo d’Antichità, Museo Egizio 1762-1847, Mazzo 2. Con una nota a margine: «NB la lettera fu ri- messa ad un turco famiglio del cavalier Drovetti che partì verso la metà di novembre alla volta di Alessandria. Finora non c’è ricevuta risposta. Insieme colla lettera si inviarono due decorazioni dell’ordine e il nastro occorrente». La minuta della lettera insieme ad altre lettere che riguarda- no le origini del Museo Egizio dal 1820 sono in ASTO, Misc. A, Mazzo 36, Museo Egizio suo acquisto e trasporto 1820-1825. 85 S. Curto e L. Donatelli (a cura di), Bernardino Drovetti Epistolario, cit., lettera n. 125. 86 Ibidem, lettera n. 127. Introduzione al «Catalogue» della Collezione Drovetti 45 al suo «Palafreniere che ha consegnato i cavalli al principe di Carignano e al marchese di St. Giorgio». I due piemontesi si conoscono da tempo e la corri- spondenza tra loro è abbastanza frequente. Rignon si congratula per «la sua reputazione ormai europea, sia come cittadino che come amico, e di essere ricompensato di tante pene e tanti sacrifi ci». Ha saputo dal conte Balbo che gli è stata fatta una proposta per il suo museo e siccome «agli animi ben nati la patria è cara», spera di vederlo presto insieme alla sua preziosa collezione «di cui è il Creatore» e si congratula per la nomina a Cavaliere dell’ordine dei SS.ti Maurizio e Lazzaro87 . La proposta di acquisto della sua collezione da parte dei Savoia arriva a Drovetti nel momento più opportuno , sicuramente inaspettata dopo il prece- dente rifi uto di cui si è già scritto 88 . Il 21 gennaio del 1821 dal Cairo Drovetti scrive la sua risposta a «Sua Eccellenza il conte Balbo ministro segretario di Stato di S.M. il Re di Sardegna»89 . La lettera inizia con un sincero e profondo ringraziamento per l’onorifi cenza ricevuta dal re. Specifi ca che ha dovuto attendere la risposta dei Regj Musei di Francia prima di prendere impegni ma ora, che il tempo dell’attesa è terminato senza nessun accordo – dopo due anni di trattative –, la collezione è disponibile. Ha già scritto al conte Vidua per annunciare la sua decisione e resta in attesa del suo ritorno per concludere «l’Affare di cui si è compiaciuto incaricarsi». Conferma che le sue richieste sono eque e dettate dal sentimento per «il paese che mi vidde nascere». Chiude la missiva ricono- scente pensando ad un suo prossimo rimpatrio nell’estate e nell’attesa manda la sua procura all’amico Gian Francesco Rignon. Questa lettera così importante arriva a Genova nella primavera del 1821, ma a causa delle turbolenze politiche non è mai stata consegnata al suo de- stinatario. Seguono mesi di silenzio da entrambe le parti. Il Piemonte deve affrontare gravi problemi politici con l’abdicazione di Vittorio Emanuele I a seguito dei moti del 1821, mentre Drovetti cambia idea, probabilmente a seguito del silenzio dei Savoia, e accetta la nuova nomina del re Luigi XVIII a console generale di Francia il 21 giugno 1821, e così non ritorna più in patria come aveva programmato.

87 Ibidem, lettera n. 128. 88 Ibidem, lettera n. 66. 89 ASTO, Sezioni Riunite, Istruzione Pubblica, Musei e altri stabilimenti scientifi ci, Regio Museo d’Antichità, Museo Egizio 1762-1847, mazzo 2. 46 Laura Donatelli

6. 1821-1822 – Trattativa di acquisto sospesa

Madame, Je vous prie de me faire savoir comment se porte M.r Drovetti, où il se trouve maintenant, s’il a vendu sa Collection, et a quel Gouvernt. Il Conte Vidua , Voyageur Piémontais Marsiglia Lazzaretto, 28 settembre 182190

Nel settembre del 1821 Vidua sbarca a Marsiglia dal suo lungo viaggio nell’impero ottomano. Con sorpresa apprende che «l’Affare» di Drovetti è sospeso. Solo lui ha ricevuto la conferma direttamente da Drovetti: «la mia raccolta di antichità appartiene da questo momento all’Università di Torino […] la Mensa Isiaca va a trovarsi in bella compagnia [4 dicembre 1820]». Inoltre, l’amico gli ha chiesto di intercedere per la sua richiesta di una parte consistente del prezzo pattuito in moneta per ripagare i debiti contratti in Egitto. Lo informa anche che nella collezione ci sono alcune statue duplicate da inviare al Museo di Parigi [Louvre] 91 . e sarebbe rientrato in patria nel mese di aprile «onde consegnare le cose antiche a quegli agenti che saranno inviati in Livorno da S.E. il ministro Balbo» 92 . Dal lazzaretto di Marsiglia Vidua scrive subito a Madame Drovetti (Rose Rey), che si trova attualmente in questa città, per avere rapidamente notizie dell’amico e compatriota, e del- la sua collezione . Rose gli risponde che non sa nulla della collezione e che il marito si trova in Egitto e non può più tornare in Europa perché ha ricevuto dal Re di Francia la nomina a console generale. Vidua è preoccupato che i nuovi eventi da ambo le parti facciano cadere il suo «Affare che sarebbe di lustro grande al Piemonte». Si rivolge a Cesare Saluzzo e a Drovetti chieden- do loro di attendere il suo ritorno a Torino prima di prendere altre decisioni. Nell’attesa, Cesare Saluzzo scrive una breve memoria per il re Carlo Felice93 e per gli Accademici 94 . In essa ripercorre la vita di Drovetti tutta dedi- cata al sostegno dei religiosi in Terra Santa e ad aiutare i tanti viaggiatori e non solo piemontesi che sono arrivati in Egitto; accenna appena agli anni in cui ha servito Napoleone; riassume la storia della sua collezione confermando che si è da subito impegnato, scrivendo a Vidua, di cederla alla patria.

90 S. Curto e L. Donatelli (a cura di), Bernardino Drovetti Epistolario, cit., lettera, n. 140. 91 Effettivamente il Catalogue presenta due note a lato di alcune statue di Iside/sfi nge [Sakhmet] precisando che sono destinate al Musée de Paris. Cfr. Catalogue, XVI, cfr. fi g. 4. 92 C. Balbo (a cura di), Lettere del conte Carlo Vidua , cit., vol. II, nn. 55-56. 93 Carlo Felice di Savoia (1765-1831) Re di Sardegna dal 25 aprile 1821 fi no alla morte. 94 ASTO, Sezioni Riunite, Istruzione Pubblica, Musei e altri stabilimenti scientifi ci, Regio Museo d’Antichità, Museo Egizio 1762-1847, mazzo 2. Introduzione al «Catalogue» della Collezione Drovetti 47

Drovetti, informato anche dal fratello don Luigi del mancato arrivo della sua risposta e dell’imbarazzo della corte, riscrive da Alessandria d’Egitto al ministro Prospero Balbo . La seconda lettera – che include anche copia della precedente – è del 18 gennaio 1822. Secondo Drovetti il mancato arrivo della prima lettera inviata via nave a Genova è probabilmente dovuto alle turbolen- ze politiche occorse in quella città nella precedente primavera. Gli chiede di perdonare questo ritardo che è completamente contrario al suo desiderio e al suo operato. La nuova nomina a console generale di Francia non gli permette di rientrare in patria ma mantiene l’impegno già annunciato e nomina Gian Francesco Rignon suo procuratore:

affi nché possa defi nire il contratto per la cessione del mio Gabinetto di Anti- chità Egizie alla Regia Università. Ho scritto nuovamente all’Ill.mo conte Vidua sul proposito e spero sentire al più presto ultimato quest’affare. Mi è intanto di piacere poter informare V.E. che vengo di arricchire la mia Collezione di vari pezzi rari che sono del più grande interesse: tra questi è un antico cubito Egizio in legno ricoperto di geroglifi ci, avente tutte le divisioni, suddivisioni e della più perfetta conservazione95 .

Quest’ultima parte della lettera è importante ed è confermata nel Catalogue dove sono segnati con un asterisco tutti gli oggetti aggiunti alla collezione dopo il mese di dicembre 1820 e come già detto, si tratta di cir- ca 173 antichità provenienti dagli ultimi scavi condotti da Lebolo nell’area Tebana, ai quali ha assistito anche Vidua durante il suo viaggio nell’Alto Egitto96 , oppure acquistati dai locali. Grazie all’interessamento di Carlo Vidua e di suo padre Pio «che ha contribuito moltissimo alla riuscita del nostro Affare», coinvolgendo una parte dei soci e membri della Regia Accademia delle Scienze, la trattativa per l’acquisto della collezione da parte dei Savoia riparte. Il 1° aprile 1822 Vidua scrive a Drovetti raccontando il suo incon- tro con il segretario di Stato per gli affari interni Roget de Cholex97 per parlare del «nostro Affare» che si era interrotto per la sua lettera di rispo- sta mai arrivata, ma delle buone speranze che gli ha dato «cela ne souffrait point de diffi cultés», e delle intenzioni del Re di mantenere gli impegni di

95 Catalogue, V, 373 (cfr. anche Parte II, Introduzione, § III), cfr. fi gg. 3, 14. 96 C. Vidua, In viaggio dal Grande Nord all’Impero Ottomano (1818-1821). Diari e documenti nell’Accademia delle Scienze di Torino , vol. II: Egitto e Nubia. Dicembre 1819-Agosto 1820 , a cura di A. Roccati, Edizioni dell’Orso, Alessandria 2019. Cfr. anche A. Roccati, pp. 7-12. 97 Gaspar-Jerôme Roget de Cholex (1771-1828) nato in Savoia, si laurea in legge presso l’Uni- versità di Torino; esule in Svizzera fi no alla restaurazione. Riveste importanti incarichi ammi- nistrativi nel regno di Vittorio Emanuele I; Carlo Felice lo nomina primo segretario di Stato (1821-1828) e in questi anni realizza importanti riforme per il Piemonte: notariato, giudiziario, commercio, agricoltura, trasporti e viabilità. 48 Laura Donatelli suo fratello98 . La consegna del Catalogue [cfr. cap. VII] al ministro Roget de Cholex a fi ne maggio è un passo importante nella trattativa insieme al principio – sostenuto con pazienza e determinazione da Vidua – della parola data da entrambi e che il Governo deve mantenere. In via confi denziale Vidua scri- ve a Drovetti «fi nalmente il nostro Affare sembra fatto […] è passato ieri [18 ottobre 1822] al consiglio di conferenza de’ ministri». È il Roget de Cholex a parlarne in via confi de nziale al conte Pio Vidua anticipando che dopo il congres- so di Verona sarà contattato da Gian Francesco Rignon procuratore di Drovetti 99 . Pochi giorni dopo il ministro comunica a Vidua e a Drovetti che è stato discusso

l’Affare della Collezione delle Antichità Egizia che appartenenti al sig. Drovetti già intavolate con le negoziazioni pendenti il regno di S.M. il Re Vittorio Ema- nuele e che S.M. porterà a intiero eseguimento tramite il suo Procuratore100.

Ma la trattativa rischia di arenarsi nuovamente a causa della morte del pro- curatore Rignon avvenuta il 28 gennaio 1823 101 . Drovetti è informato del de- cesso del suo caro amico da Vidua 102 che gli sollecita con urgenza la nomina di un altro procuratore di fi ducia. Gli chiede anche la risposta alla sua lettera che gli aveva scritto a fi ne ottobre (1822) con il felice esito del lungo negoziato del suo museo, notizia ancora riservata fi no alla sua conferma. L’unica persona per ora informata è il conte Balbo che si rallegra con il mediatore del felice esito della trattativa «è più miracoloso o sorprendente l’aver riuscito a rialzarlo per la seconda volta di quel che fosse il riuscirvi la prima» 103 . Nel frattempo, Drovetti ha fatto partire i primi di febbraio del 1823 l’a- mico Domenico Pedemonte104 con le ultime antichità depositate nell’ okel ad

98 P. Balbo (a cura di), Lettere del conte Carlo Vidua , cit., vol. III, n. 17. 99 Ibidem, vol. III, n. 21. 100 S. Curto e L. Donatelli (a cura di), Bernardino Drovetti Epistolario, cit., lettera n. 179. 101 «Gazzetta Piemontese», 1° febbraio 1823, p. 78. 102 ASTO, Sezioni Riunite, Istruzione Pubblica, Musei e altri stabilimenti scientifi ci, Regio Museo d’Antichità, Museo Egizio 1762-1847, mazzo 2. 103 S. Curto e L. Donatelli (a cura di), Bernardino Drovetti Epistolario, cit., lettera n. 188. 104 Domenico Pedemonte (nato a Genova, 1795), scrivano nella società di commercio Turnau di Drovetti, successivamente viene inviato a Livorno (1823) con le ultime antichità. Dopo la morte del Rignon è nominato da Drovetti procuratore speciale per la vendita della collezione. Nel 1825 viene nominato dal re Carlo Felice viceconsole e nel 1827 console di 1° classe ad Alessandria d’Egitto, incarico che conserva fi no al 1833. Durante il suo consolato invia in Piemonte alcuni animali africani rari che vengono portati a Stupinigi nel «Serraglio delle Belve» tra cui l’elefante Fritz. Per il museo Mineralogico invia una raccolta di 26 diverse pietre provenienti dalla mon- tagna Mokadom. Sposa la fi gliastra di Drovetti Clémentine Balthalon. ASTO, Materie politiche per rapporto all’Estero, consolati in generale, Alessandria d’Egitto mazzo I e II; Accademia delle Scienze di Torino, carteggio Drovetti- Pedemonte. Introduzione al «Catalogue» della Collezione Drovetti 49

Alessandria. Il viaggio è molto costoso e rappresenta per il collezionista l’invio «di oggetti antichi, rari e preziosi di cui non mi sarei mai separato senza la certezza che la mia collezione è collocata e che il ministro del Re di Sardegna voglia e possa riprendersi la parola data» 105 . Il mese di giugno, ricevuta la nomina 106 , Pedemonte raggiunge Torino per «defi nire le ultime cose del contratto di vendita» e poi ritornare a Livorno per la consegna degli oggetti.

7. 1822 – «Giunse alfi ne da Livorno il tanto sospirato catalogo...»

Mi giunse alfi ne da Livorno il tanto sospirato catalogo e ritardai la visita [a M. de Cholex] fi n che ne avessi fatto fare una copia elegante. Carlo Vidua Torino, 16 maggio 1822 107

Con queste parole Carlo Vidua, promotore e sostenitore dell’Affare, ci presenta il Catalogue de la collection d’antiquités de M. le ch. Drovetti. Il manoscritto, conservato nell’archivio storico dell’Accademia delle Scienze108, non riporta data, fi rma e la grafi a non è quella di Drovetti, infatti Vidua dice che ne ha fatto fare una «copia elegante» da consegnare al mini- stro. L’arrivo del catalogo nel mese di maggio segue di pochi mesi la seconda lettera di Drovetti al ministro Prospero Balbo dove gli conferma la cessione della sua collezione alla Regia Università. Purtroppo, il catalogo non indica né i luoghi di ritrovamento o di acquisto degli oggetti, né i contesti d’insie- me come auspicavano gli studiosi francesi. Esso è più simile ad un elenco tipo «polizze di carico» che hanno accompagnano l’imbarco degli oggetti sul- le navi che hanno attraversato il Mediterraneo. Siamo comunque certi che l’autore fu Drovetti o il suo segretario perché riporta l’elenco degli oggetti «aggiunti alla collezione dopo il dicembre 1820» e segnala «le quattro statue destinate al Musée de Paris», come egli scrisse all’amico Carlo Vidua. Questo importante manoscritto viene consegnato personalmente dal Vidua al primo segretario di stato per gli affari interni Roget de Cholex il 15 maggio del 1822. «Gli parlai caldamente dell’affare, gli diedi un estratto

105 S. Guichard (a cura di), Lettere di Bernardino Drovetti, cit., lettera n. 145. 106 ASTO, Sezioni Riunite, Istruzione Pubblica, Musei e altri stabilimenti scientifi ci, Regio Museo d’Antichità, Museo Egizio 1762-1847, mazzo 2, procura marzo 1823. 107 S. Curto e L. Donatelli (a cura di), Bernardino Drovetti Epistolario, cit., lettera n. 157. 108 All’interno il timbro REALE ACCADEMIA DELLE SCIENZE TORINO 1-E.I.3; subfondo MANOSCRITTI RILEGATI MSR. 342. 50 Laura Donatelli delle varie lettere di lei109, una memoria mia 110 ed il catalogo 111». La data di consegna di questo Catalogue «che porterebbe quest’affare alla decisione del Re 112» si colloca a metà strada tra la prima proposta di acquisto della collezio- ne da parte di Vittorio Emanuele I 113 del 4 aprile 1820 114 e l’atto di acquisto fi rmato da Carlo Felice il 29 dicembre 1823115. Molto probabilmente Vidua ha fatto fare più copie del manoscritto e una di queste fu consegnata a Giulio Cordero di San Quintino quando ricevette l’incarico dal Re di recarsi a Livorno per identifi care e contare gli oggetti ac- quistati116. Questo manoscritto è stato anche utilizzato per allestire dal 1823 il primo Regio Museo di Antichità egiziane nel palazzo dell’Accademia delle Scienze, ed ancora successivamente, dal 1832, per redigere un solo catalogo comprensivo sia delle antichità egizie sia di quelle greco-romane del nuovo Regio Museo di Antichità117. Un’altra copia, data al ministro Roget de Cholex, forse è stata da lui ceduta a Prospero Balbo, presidente dell’Accademia delle Scienze e della Giunta degli Accademici 118 nominati dal Re e incaricati di accogliere le Antichità in arrivo da Livorno, come risulta dalla premessa del Catalogo della collezione Drovetti in Documenti Inediti per servire la storia dei Musei d’Italia. Questi due Catalogue forse oggi non esistono più. Quello che l’Accade- mia ha recentemente ritrovato potrebbe essere un’altra copia, quella che

109 Lettere di Drovetti a Vidua nelle quali si impegna a vendere la collezione ai Savoia e non al Re di Francia. Archivio di Stato Torino. 110 ASTO, Sezioni Riunite, Istruzione Pubblica, Musei e altri stabilimenti scientifi ci, Regio Museo d’Antichità, Museo Egizio 1762-1847, mazzo 2. La Memoria scritta dal Vidua e conser- vata all’Archivio di Stato con la consegna del catalogo in data 14 giugno 1822. 111 S. Curto e L. Donatelli (a cura di), Bernardino Drovetti Epistolario, cit., lettera n. 157. 112 Ivi. 113 L. Donatelli, La prima proposta di acquisto da parte dei Savoia della collezione egizia di Bernardino Drovetti , in «Centro Studi Piemontesi», dicembre 2016, vol. XLV, fasc. 2, pp. 491-500. 114 Archivio di Stato Torino, Copia art. XIII, delle decisioni sovrane nel consiglio permanente di conferenza. Dicastero interni, Relazione n. 132 del 4 aprile 1820. 115 ToAS, DRO.27, pubblicato in L. Donatelli (a cura di), Lettere e documenti di Bernardino Drovetti, cit., documento A3, pp. 450-453. ASTO, Sezioni Riunite, 1823-1824, Registro 33 Patenti; Registro 7° Biglietti, 158. 116 ASTO, Misc. A, mazzo 36: nel carteggio di Cordero di San Quintino al ministro ci sono più riferimenti a questo catalogue. C’è traccia del manoscritto tra i documenti del Museo Egizio fi no alla fi ne del XIX secolo ed è stato pubblicato nei Musei d’Italia Documenti Inediti per servire la storia dei Musei d’Italia, vol. III, Tipografi a Bencini, Roma 1880, prefazione e pp. 206-292. 117 A. Fabretti, Documenti per servire alla storia del Museo di Antichità di Torino , coi tipi privati dell’editore, Torino 1888; ASTO, Sezioni Riunite, Istruzione Pubblica, Musei e altri stabilimenti scientifi ci, Regio Museo d’Antichità, Museo Egizio 1762-1847, mazzo 2. 118 Cfr. Parte II, Introduzione, § 11. Introduzione al «Catalogue» della Collezione Drovetti 51

Ariodante Fabretti119 «fece trascrivere dall’originale esistente nella Biblioteca dell’Accademia». Probabilmente è lui ad occuparsi, durante gli anni della sua direzione del museo, anche della pubblicazione in Documenti Inediti dove nell’introduzione [non è specifi cato l’autore] viene spiegata l’esistenza dei due cataloghi – di cui uno non suddiviso in Cahyer – conservati nel Regio Museo di Antichità e nella biblioteca della Regia Accademia delle Scienze.

8. 1823 – Giulio Cordero di San Quintino visita il magazzino di Livorno

Quella sua raccolta tanto per la varietà, ed il numero dei monumenti, come per la loro rarità, è senza dubbio, nel genere suo, la più ricca e pregevole che sia ora non solo in Italia ma ardisco dire in tutta Europa. Giulio Cordero di San Quintino Torino 10 giugno 1823 120

Nel mese di marzo del 1823, spinto probabilmente da un suo interesse per l’archeologia e la numismatica, mentre si reca a Lucca, città ove ha stretti rap- porti di amicizia con alcune personalità, Giulio Cordero di San Quintino121 si ferma a Livorno per vedere la collezione Drovetti. Non è la sua prima visi- ta a queste antichità, che si trovano nei magazzini della ditta Morpurgo alle spalle del porto della città già da diversi anni, ma questa volta prepara una relazione che legge agli Accademici il 10 giugno del 1823122.. Il suo scopo non è solo quello di sorprendere, incuriosire, affascinare gli studiosi che atten- dono ormai con ansia l’arrivo di queste antichità a Torino, ma forse anche la speranza di avere dal Re l’incarico di conservatore della collezione visto che non è riuscito ad essere nominato curatore del Museo di Antichità. Le sue os-

119 Ariodante Fabretti (1816-1894) storico e archeologo perugino, professore di archeologia all’Università di Torino, è stato nominato secondo assistente del Museo di Antichità nel 1858, poi direttore dal 1871 al 1893. F. Remotti (a cura di), Ariodante Fabretti incontro di studio a 200 anni dalla nascita, Quaderni, 29, Accademia delle Scienze di Torino, Torino 2018. 120 G. Cordero San Quintino, Notizie intorno alla collezione di antichità egiziane del cav. Drovetti, console generale di S.M. Cristianissima in Alessandria d’Egitto, letta alla R. Accademia delle scienze di Torino, 10 giugno 1823, da Giulio Cordero de’ conti di S. Quintino, e pubblicata in «Giornale Arcaico di Scienze, Lettere ed arti», XIX, luglio agosto e settembre 1823, Roma. 121 Giulio Cordero dei conti di San Quintino (1778-1857), studioso di storia antica, numismatica ed egittologia. Fu inviato dal Re a Livorno nel 1823 per identifi care e spedire la collezione dro- vettiana. Membro della Regia Accademia delle Scienze dal 1821 e della giunta per lo studio delle antichità egizie dal 1823, fu nominato conservatore del Regio Museo Egizio nel 1825 e destituito da Carlo Alberto nel 1832. 122 Verbale della classe Scienze morali, storiche e fi lologiche del 10 giugno 1823; Cordero di San Quintino è socio corrispondente dell’Accademia dal 7 gennaio 1818 e socio nazionale dal 10 maggio 1821. 52 Laura Donatelli servazioni sono ricche di confronti con l’arte greca, con gli studi di Erodoto, con le antichità egizie che si trovano a Roma e a Torino nell’Università, con la Description de l’Égypte, la cui pubblicazione è quasi ultimata, con la recentis- sima stampa del libro di Franz Christian Gau sui templi della Nubia tra la pri- ma e la seconda cataratta del Nilo, luoghi che l’architetto tedesco ha potuto visitare e pubblicare grazie all’appoggio di Drovetti. Nella sua relazione cita anche alcuni viaggiatori europei, le scoperte di Giovanni Battista Caviglia123, Giovanni Battista Belzoni124 e la lunga e preziosa ricerca di Drovetti. Cordero si presenta agli Accademici molto preparato e attento alle differenze tra l’arte classica e quella egizia, mette in evidenza i pezzi più interessanti, la ricchezza e la varietà della collezione, anche se ne ha potuto vedere solo una parte perché molti oggetti sono imballati e ammassati nei due depositi. I magazzini della ditta Morpurgo si affacciano su un canale che parte dal porto vecchio di Livorno, una zona protetta e riservata allo scarico e al depo- sito delle merci [oggi chiamata S. Marco]. L’edifi cio è buio e angusto, in di- sordine sono ammassate statue, sarcofagi, mummie e casse ancora chiuse così come sono arrivate da Alessandria d’Egitto. Alcune antichità, come le statue, sono ben visibili appoggiate lungo i muri dei due stanzoni: fi gure in pietra grandi e ben conservate, isolate o in gruppo, altre sono più piccole e meno belle oppure frammentarie, una molto grande è distesa sul dorso. Diciannove statue, dieci assise e nove stanti, che sono «l’ornamento principale di ogni museo», attirano l’attenzione del nostro visitatore: hanno il corpo di donna con la testa leonina e le defi nisce «la rappresentazione statuaria della religio- ne egizia». Egli riconosce la somiglianza con la «Iside» [fi g. 4] che orna il loggiato al piano terreno della Regia Università125. Lo studioso appare un po’

123 Giovanni Battista Caviglia (1770-1845), marinaio genovese, comandante e proprietario di vascelli commerciali con base a Malta. Appassionato di archeologia, arriva in Egitto nel 1816 e viene impiegato dal console inglese H. Salt per esplorare la piramide di Cheope, la sfi nge e le necropoli della zona di el Giza. 124 Giovanni Battista Belzoni (1778-1823), ricercatore, viaggiatore ed esploratore italiano nato a Padova. Arriva in Egitto nel 1815 dove incontra Drovetti, Burckhardt e il console inglese Salt. Diventa suo agente e organizza il trasporto della statua di Ramesse II da Tebe al British Museum. Durante il soggiorno in Egitto compie diverse scoperte nella valle dei Re – tra cui la tomba di Sethi I –, entra per primo nel Tempio Grande di Abu Simbel, apre la piramide di Chefren e sco- pre nel Mar Rosso il sito di Berenice. Rientra poi in Europa nel 1819. Durante la sua permanenza in Egitto sono molte le antichità recuperate e vendute a molti musei europei. Scrive un libro sul suo soggiorno e le sue scoperte nella terra dei Faraoni, Narrative, poi tradotto in italiano nel 1825 con il titolo Viaggio in Egitto e in Nubia ; cfr. anche M. Zatterin, Il gigante del Nilo, storia e avventure del Grande Belzoni, Il Mulino, Bologna 2008; G. Belzoni, Viaggi in Egitto ed in Nubia , a cura di A. Siliotti, edizione integrale illustrata e commentata, Geodia, Verona 2019. 125 Vitaliano Donati (1717-1762), inviato dal re Carlo Emanuele III in Egitto e nel Levante alla ri- cerca di antichità (1759-1762). Egli spedisce dall’Egitto numerose antichità tra cui una Sakhmet (cat. 245), una statua di Ramesse II (cat. 1381) e una di Iside di Copto (cat. 694). I suoi appunti di viaggio sono conservati alla Biblioteca Reale. Queste statue rimangono nel cortile dell’Uni- Introduzione al «Catalogue» della Collezione Drovetti 53 sorpreso da questa ripetitività dell’arte egizia, diffi cile da apprezzare e per ora da capire. La sua attenzione passa alla statua colossale sdraiata: «un sacerdote con un bastone in mano mentre cammina» [fi g. 2] Lo stato di conservazione è ottimo, le dimensioni e il peso sono tali che, racconta, ci sono voluti «argani e 50 uomini per estrarla dalla nave» che l’ha portata da Alessandria. Confronta la sua altezza con il David di Michelangelo Buonarroti [h. m. 4,10] e con i colossi di Memnone [h. m. 15,60] o le statue che fi ancheggiano la facciata del Grande Tempio di Abu Simbel [h. m. 20 circa] descritte da Vidua e da Gau. Quindi osserva una coppia di sfi ngi enormi, e poi altri «mostri sedenti o rannicchiati» con testa d’ariete o di leone o leonessa, testa di uomo o di donna come le ha defi nite Drovetti nel suo Catalogue. Di grande dimensione c’è anche un sarcofago di basalto verde, molto ben conservato e completo del suo coperchio decorato da «una testa di donna» e dei geroglifi ci in basso rilie- vo, il primo del suo genere che giunge in Italia, la forma è tipicamente egizia «foggiata su quella delle mummie stesse, ossia del corpo umano». Dell’arte egizia apprezza la maestria degli artigiani, l’originalità delle forme rispetto all’arte europea, ma la defi nisce monotona, rigida, austera e comune rispet- to all’arte greca di Fidia o Lisippo126. Nonostante questo confronto un po’ sprezzante, ammira ancora due statue raffi guranti due fi gure – una in piedi e l’altra seduta – scolpite in calcare bianco, e un altro gruppo con tre divinità che siedono sullo stesso trono con l’alto schienale: c’è un bellissimo intreccio di braccia «l’una tiene l’altra a sé congiunta». Questo gesto che gli ricorda le Tre Grazie dei greci ed è la stessa statua vista e descritta da De Forbin a Tebe [fi g. 1] 127. Sottolinea la presenza nella nostra collezione anche di statue di arte greca provenienti dall’Egitto, in marmo bianco, alcune ben conservate e altre invece frammentarie. San Quintino mette in evidenza le differenti pietre utilizzate che provengono dalla loro terra: graniti, basalti verdi e neri, calca- ri, alabastri, steatiti. Descrive con attenzione l’originalità dell’arte egizia in «quadri in legno o pietra con pitture dai colori vari e ancora molto brillanti». «Ma il monumento che io giudico più prezioso di tutta la nostra raccolta è un cippo di granito ricoperto d’iscrizioni alfabetiche». Si tratta di una gran- de stele [fi g. 5] che presenta inciso un testo in tre grafi e diverse con segni versità in via Po fi no all’apertura del nuovo Museo di Antichità nel 1832 quando vengono unite alla collezione Drovetti. S. Connor, Le statue della dea Sakhmet , Panini, Modena 2017, p. 14; R. Biraghi, Documenti inediti all’Archivio Storico dell’Università per la protostoria del Museo Egizio, in «Egittologia in Piemonte, Studi in onore di Silvio Curto», S.P.A.B.A., Torino 2004. 126 Questa relazione ha diversi punti in comune con quella scritta sulla collezione Guidi da Antonio Canova per il papa Pio VII il 6 settembre 1819, in Miscellanea Gregoriana, Raccolta degli scritti pubblicati nel centenario della fondazione del Museo Egizio 1839-1939, Tipografi a Poliglotta Vaticana, Roma 1941. 127 A. de Forbin, Voyage dans le Levant , cit., p. 267. 54 Laura Donatelli ideografi ci e alfabetici 128. Di questo oggetto egli ha potuto vedere solo un lato perché l’altro è poggiato a terra, e anche se è in parte corroso, lo riproduce in un disegno piuttosto preciso sia nelle proporzioni sia nella decorazione. Mette in evidenza i cosiddetti «cartelli dal ch. Champollion minore»129 e poi le tre grafi e: «geroglifi ca, una corsiva simile e poi 34 linee in lettere greche ben conservate». Questo cippo ovviamente si confronta con la stele di Rosetta e può aiutare a togliere «il velo a questa antica lingua». L’oggetto è sicuramente molto prezioso e si stupisce che Drovetti l’abbia defi nito sul suo catalogo « pierre monumentale en granit noir en partie creusée avec une iscription ou dedicace en langue grecque»130 senza esaminare in modo più approfondito il testo greco. Mentre Cordero di San Quintino parla della stele che è ancora a Livorno, Jean Antoine Letronne, che ha avuto la descrizione e probabilmente anche il calco direttamente da Drovetti all’epoca del suo ritrovamento, l’ha già studiata in Francia131. È importante sottolineare la generosità del nostro piemontese nel far conoscere alcuni pezzi importanti la sua collezione a tutti gli studiosi europei, così come ha fatto con il «cubito» mandando il calco a Jomard a Parigi nel 1820 [fi g. 3]. Drovetti, saputo del deciframento dei geroglifi ci, è il primo ad invitare Champollion in Egitto che cortesemente gli risponde: «la route de Memphis et de Thèbes passe par Turin»132. Quindici giorni dopo la relazione di Cordero San Quintino all’Accademia delle Scienze la Classe di scienze morali, storiche e fi lologiche si riunisce nuo- vamente e il presidente Prospero Balbo manifesta l’intenzione di chiedere al ministro per gli affari interni di anticipare, l’arrivo a Torino del «cippo ador- no d’una iscrizione trilingue»133 rispetto al resto della collezione di Antichità Egizie in Livorno. La classe riconosce l’importanza «dell’antico marmo, che è il secondo fi nora conosciuto dagli Archeologi d’Europa» e «quanto de- coro ne tornerebbe agli studi piemontesi se venisse illustrato prima di tut- to in patria»134, affi ancando così gli studi sulla decifrazione dei geroglifi ci di Champollion le Jeune, J. Antoine Letronne e Thomas Young 135.

128 Museo Egizio cat.1764; Catalogue, XVIII, 7. 129 Cartigli con i nomi dei faraoni. 130 Catalogue, XVIII, 7. 131 Jean Antoine Letronne (1787-1848), archeologo e classicista francese, si occupa del decifra- mento dei geroglifi ci secondo le teorie di Champollion e Young. 132 J. Lacouture, Champollion, Une vie de lumières , Grasset, Paris 1988, pp. 322 e s. 133 Verbale classe di Scienze morali, storiche e fi lologiche del 26 giugno 1823. 134 ASTO, Sezioni Riunite, Istruzione Pubblica, Musei e altri stabilimenti scientifi ci, Regio Museo d’Antichità, Museo Egizio 1762-1847, mazzo 2: documento di trasporto della spedizione n. 66 da Livorno a Genova: il Cippo partì da Genova il 21 novembre del 1823 insieme ad altre antichità. Cfr. Parte II, Introduzione, § 10. 135 Thomas Young (1773-1829) inglese, fi sico ma anche studioso di lingue antiche ed orienta- Introduzione al «Catalogue» della Collezione Drovetti 55

9. 1823-1824 – L’ Accademia delle Scienze e le sale predisposte ad accoglie- re le Antichità

Ho attentamente visitato il piano terreno del «Collegio dei Nobili», per vedere se in esso si possa collocare provvisoriamente il detto Museo. Giulio Cordero di S. Quintino Torino, 26 agosto 1823 136

Ottenuto l’incarico del controllo e del trasporto della collezione, nell’ago- sto del 1823 Cordero di San Quintino scrive al ministro [Roget de Cholex] alcune osservazioni sul trasferimento delle Antichità da Livorno a Torino, su «l’inventario del museo del cavalier Drovetti», sull’incontro con Prospero Balbo e con Domenico Pedemonte (arrivato a Torino con la procura speciale di Drovetti per la vendita della collezione). In questa relazione descrive il so- praluogo fatto negli ambienti al piano terreno del già «Collegio dei Nobili»: l’atrio, il portico e tre grandi sale asciutte e ariose: l’antica cappella e due sale della scuola di Teologia, una si affaccia sul cortile e una sulla strada, mentre le stanze minori affi ancate possono servire come magazzino e «gabinetti di studio per il conservatore del Museo»137. Cordero immagina anche la sistemazione degli oggetti: tre o quattro statue colossali nell’atrio, che sembra fatto apposta per accoglierle, nelle tre sale al piano terreno, molto comode per i carri che arrivano fi no alla porta, si posso- no riporre le 30/40 statue in ordine e tutto il rimanente, oppure alcuni oggetti o papiri, pitture e mummie nelle sale al primo e secondo piano, meno umide, adesso occupate dagli «archivi delle Regie Finanze» e dall’Accademia e «col tempo piacesse di prolungare il detto secondo piano fi no a piazza Carignano» si può pensare di unire il Museo di Antichità con la collezione egizia138. Egli sottopone al ministro anche il problema del trasporto delle antichità da Livorno a Genova: le navi da guerra sono più economiche e sicure contro i corsari spagnoli ma non sono adatte, le feluche sono troppo piccole, un mar- sigliese ha costruito una nave per il trasporto di un grosso pezzo di marmo di Carrara per la statua equestre di Enrico IV 139 a Parigi e ora «potrebbe essere ozioso», c’è anche un genovese proprietario di un «grosso navicello» fatto per li, pioniere dell’egittologia, studia la stele di Rosetta (1815) la scrittura demotica e le teorie di Champollion sul deciframento. 136 ASTO, Sezioni Riunite, Istruzione Pubblica, Musei e altri stabilimenti scientifi ci, Regio Museo d’Antichità, Museo Egizio 1762-1847, mazzo 2. 137 Ibidem, conserva uno schizzo della planimetria dell’ala sinistra del palazzo piano terra. 138 A. Oreglia d’Isola, Metamorfosi nel Palazzo del Collegio dei Nobili, Memorie dell’Accademia delle Scienze di Torino, vol. 41, fasc. 1, 2017, pp. 39 e s. 139 F.F. Lemot, Statua equestre di Enrico IV, bronzo, Parigi, Pont Neuf, 1818. 56 Laura Donatelli trasportare grosse travi da Civitavecchia a Genova il cui padrone si trova ora a Torino. In ogni caso bisogna iniziare col sgomberare un po’ il magazzino di Livorno per capire esattamente cosa c’è e come trasportare le antichità. Affronta anche diversi altri problemi e i relativi costi: l’imballaggio degli og- getti arrivati in canestre ma che così imballate sui carri non possono viaggia- re, «la precauzione opportuna nel presente pericolo di pirati con bandiera spagnuola», i furti durante il viaggio da parte dei marinai, e il trasporto delle grosse statue da Genova a Torino con i carri «più opportuni per ciò siano quelli dell’Arsenale». Chiede inoltre l’acquisto di libri indispensabili per gli studiosi e di recente pubblicazione: Young, Akerblad, Champollion. Chiude le sue osservazioni chiedendo un appuntamento per il giorno seguente con il ministro per avere le opportune istruzioni e risposte.

10. 1823-1824 – Trasporto delle Antichità da Livorno alla Regia Accade- mia delle Scienze

Il Re mio mi ha onorato della commissione di partire subito per Livorno onde dar compimento al contratto del museo del cav. Drovetti che ammonta a circa 500 mila franchi, e riconoscerlo e spedirlo a Torino. Giulio Cordero di San Quintino Lucca, 26 agosto 1823140

A fi ne agosto Giulio Cordero di San Quintino riceve l’incarico dal Re di recarsi a Livorno 141 a «riconoscere e spedire la collezione del cav. Drovetti» a Torino. Il lavoro è importante e non facile, ed è il primo punto del contratto d’acquisto. Cordero – insieme con Pedemonte – passa da Genova, dove in- contra sia l’ammiraglio Giorgio Andrea Agnès des Geneys (1761-1839)142, con il quale prende accordi per scortare i viaggi della nave che porterà le antichità da Livorno a Genova, sia il comandante Domenico Palazio [Palazzo], sardo, proprietario del navicello San Paolo di 93 tonnellate che trasporterà in due viaggi tutta la collezione da Livorno alla darsena di Genova al costo di lire

140 G. Giorgi, Un archeologo piemontese dei primi dell’Ottocento. La vita e l’opera del Cavaliere dei conti di San Quintino attraverso l’epistolario, Nuova grafi ca lucchese, Lucca 1982, cfr. lettera a Sua Eccellenza Il Sig. Tommaso Trenta. 141 Questa nomina solleva un problema diplomatico tra il Piemonte e il Granducato di Toscana perché Cordero, avendo partecipato ai moti del 1821 in Piemonte, era stato esiliato dalla Toscana. ASTO, Materie Politiche per rapporto all’Estero, Lettere Ministri Toscana, n. 8, 1823-1824, 22 settembre 1823; 28 ottobre 1823. 142 Ammiraglio della Regia Marina Sarda dal 1814 al 1839. ASTO, Sezioni Riunite, Fondo Marina, F282, Copialettere, pp. 655-656, 4 e 6 settembre 1823. Introduzione al «Catalogue» della Collezione Drovetti 57

950 a viaggio 143. Quindi i due si recano tempestivamente a Livorno e iniziano col togliere dai magazzini le statue più ingombranti. Dopo venti giorni, molto faticosi dove «mi tocca fare tutti i mestieri, assai più da imballatore e da fac- chino che da persona che ama d’istruirsi144», gli restano 7000 piccoli oggetti da riconoscere uno ad uno e imballarli in modo che resistano al trasporto sui carri. Pensa di chiudere l’incarico a Livorno con ancora circa venti giorni di «lavoro dalle sette del mattino fi no a notte». L’inventario completo di tutti gli oggetti della collezione controllati a Livorno porta la data del 30 ottobre 1823145. Questo Sommario [fi g. 7] è allegato all’atto di acquisto e riprende mol- to fedelmente la Recapitulation [fi g. 8] 146 del Catalogue. Insieme a Pedemonte redige una nota con gli oggetti mancanti o che si sono rotti durante il primo viaggio da Alessandria a Livorno, e un elenco di quelli trovati in più (come le 15 casse con i modellini in legno degli edifi ci della Nubia). In totale la colle- zione ammonta a 8227 pezzi. Nella seconda e ultima spedizione navale viene imbarcata la statua colossale, cui si aggiungono anche oltre trecento casse. A Livorno restano nel magazzino Morpurgo le casse dei modellini e le quattro statue di Iside «quelle più manomesse» destinate ai Musei di Francia. Dal mese di novembre Cordero di San Quintino si trova a Genova per controllare le spedizioni sui carri d’artiglieria verso Torino. Nei mesi se- guenti parecchi convogli partono dall’arsenale di Genova, e percorrendo la strada Reale verso Alessandria, attraverso il passo dei Giovi e oltrepassan- do il fi ume Bormida, imboccano la strada che da Piacenza porta a Torino, e raggiungono il cortile della Regia Accademia delle Scienze. Di uno di que- sti convogli si conserva la documentazione nell’archivio di Stato. Una lette- ra di Cordero al ministro Roget de Cholex conferma la prossima partenza di sette carri d’artiglieria con 48 cavalli, condotti dal « S. Tenente Maritano comandante». Essi sono stati caricati a dovere sotto la sua attenta sorve- glianza e sono già fuori dall’arsenale. I carri, «che sono venuti qui senza le solite scarpe per le ruote», sono anche stati allargati e rinforzati con nuove spranghe in modo che, salvo qualche «disgrazia impensata», le cose «giun- gano sane e salve a Torino». Nei carri a quattro ruote vengono caricate una o più statue, del peso dai 150 ai 400 rubbi ciascuna, tirato da quattro o sei cavalli. Sappiamo così che alcuni carri trasportano una sola statua: «Iside/ Sakhmet [fi g. 4], la sfi nge, le tre divinità, un ariete colossale; mentre il cippo

143 ASTO, Miscellanea A, mazzo 36, Museo Egiziano suo acquisto e trasporto 1820-1825. 144 G. Giorgi, Un archeologo piemontese dei primi dell’Ottocento, cit., Livorno 12 ottobre 1823. 145 ASTO, Fondo Patenti controllo Finanza, Registro e Biglietti, Drovetti/ Druetti, mazzo 7, in particolare carta 158 (una copia si trova in ToAS, DRO.27). 146 Catalogue, XX. 58 Laura Donatelli trilingue147 [fi g. 5] ha viaggiato con un sacerdote, e un altro sacerdote egi- zio con un grosso frammento». In totale in questo viaggio inaugurale sono state trasportate nove antichità per un peso complessivo di 1710 rubbi148. Segue il convoglio un carro vuoto con gli utensili in caso di «qualche rottura nel viaggio». Questa spedizione è uscita dall’arsenale di Genova la sera del 21 novembre 1823149 ed è arrivata a Torino dopo 12 giorni di viaggio. All’arrivo nel cortile del palazzo le antichità più pesanti vengono scaricate con l’aiuto degli artiglieri. Intanto il presidente dell’Accademia Prospero Balbo ha inca- ricato l’architetto Fernando Bonsignore di realizzare un progetto150 da sot- toporre sia al ministro sia agli Accademici della Giunta, per la sistemazione delle statue tra l’atrio, il loggiato verso il cortile e alcune sale interne a piano terra del palazzo151. A ritmo serrato seguono altri convogli e se hanno carichi più leggeri come mummie o oggetti in legno, impiegano meno tempo. Nel mese di dicembre 1823 il colonnello comandante dell’artiglieria Cosazza, re- dige una tabella riassuntiva con l’elenco degli uomini impiegati, dal tenente ai soldati, e dei giorni necessari, – 9 per andare e 12 per tornare da Genova –, e «il costo complessivo di franchi 1059 per trasportare le anticaglie d’Egitto acquistate da S.M.»152. Un altro documento del mese di marzo 1824 conferma che il presidente dell’Accademia delle Scienze Prospero Balbo fi rma «il ritiro nel palazzo della Reale Accademia di trecento cinquanta quattro colli tra sta- tue, ceste e casse componenti tutto il Museo Egizio»153. I primi di febbraio del 1824 Giulio Cordero di San Quintino ha quasi terminato il suo lavoro. Rimane solo il Colosso [fi g. 2] che è già arrivato a Genova, ed ha un po’ «sofferto nell’essere sbarcato a Livorno», ma lui ha ri- trovato nel magazzino un frammento del copricapo. Con soddisfazione scrive a Drovetti che la collezione è arrivata senza avaria o «deterioramento di sorta

147 Cfr. Parte II, Introduzione, § 8. 148 Circa kg. 13.700. 149 Diversi documenti su questi trasporti sono conservati in ToAS, Rapporti con il museo di Antichità e il museo Egizio IST.9.1.2.3. 150 Ferdinando Bonsignore (1760-1843) dopo aver studiato a Torino e a Roma, dal 1798 è nuo- vamente a Torino con il titolo di architetto del re. Dal 1805 professore di architettura civile all’università, dal 1819 architetto dei Principi di Carignano e dal 1831 primo architetto del re. La sua opera più importante di questo periodo è la chiesa della Gran Madre di Dio (1818-1831). 151 ASTO, Miscellanea A, mazzo 36, Museo Egiziano suo acquisto e trasporto 1820-1825, lettera di P. Balbo al ministro del 3 novembre 1823. Purtroppo, questo disegno non è stato trovato. Certamente alcune statue di re, quelle meglio conservate, vennero sistemate nell’atrio con alcune steli alle pareti, le Sakhmet probabilmente nel loggiato, altre statue insieme a steli e papiri nella grande sala che si affaccia nel cortile e nelle sale verso la via, cfr. fi gg. 9, 12. 152 ASTO, Istruzione Pubblica, Musei e altri stabilimenti scientifi ci, Regio Museo d’Antichità, Museo Egizio 1762-1847, mazzo 2. 153 Ivi. Introduzione al «Catalogue» della Collezione Drovetti 59 alcuna154». Adesso c’è la necessità di collocarla con «il decoro che merita» nelle sale dell’Accademia. Probabilmente sarà dato a lui l’incarico di conservatore (così gli era stato promesso dal Re prima della partenza per Livorno) e spera di avere dallo «scopritore delle indicazioni in più su ciascun monumento del luogo dove è stato trovato». Cordero di San Quintino, riscrivendo a Drovetti venti giorni dopo, confessa che ci sono state due avarie nel trasporto: lo stipite di una porta in calcare che si è rotto in due pezzi a Genova e una statua che si è rotta in due pezzi a Torino nel momento che la riponevano nel magazzino. «La statua è quella in granito nero a cui mancava una parte dello zoccolo di base e non poteva viaggiare in piedi. Se non fosse stata sdraiata non si sarebbe rotta155». Tutti e due gli incidenti sono avvenuti mentre lui non era presen- te infatti molti danni sono stati evitati dalla sua attenta sorveglianza, mentre alcuni monumenti come le sfi ngi sono state sfregiate dalle catene durante il primo trasporto da Alessandria a Livorno. Lo aggiorna sul costo fi nora pagato per il trasporto da «Livorno a Genova con navi a nolo e con i carri da Genova a Torino» di circa 8000 franchi, senza il trasporto del colosso 156. Conferma di aver redatto a Livorno un suo inventario «assai rigoroso della collezione di 8350 [sic] pezzi con la paziente assistenza del povero Pedemonte». Il colosso di Sethi II arriva a Torino successivamente [fi g. 2]. Le sue di- mensioni e il suo peso comportano problemi non indifferenti per il percorso via terra con il passaggio del passo dei Giovi e l’attraversamento del fi ume Bormida vicino ad Alessandria dove il ponte in legno di epoca napoleonica richiede opere di consolidamento del costo di lire 600. San Quintino stipula l’8 marzo del 1824 una «scrittura di convenzione» con la ditta di Gio Maria Cabella per il trasporto del colosso dall’arsenale di Genova al cortile della Regia Accademia delle Scienze per una «somma conveniente di Lire nuove del Piemonte 625» comprensiva di ogni cosa. Ma il conto delle spese pre- sentato a conclusione del trasporto il 25 ottobre 1824 da Cabella al ministro Roget de Cholex è un po’ più caro ed elenca con precisione i costi aggiunti: «grasso per i carri, facchini, imballaggio di stuoie, corde e paglia, guardiani per 11 giorni e 11 notti quando uscito dall’arsenale rimase esposto nella piaz- za di Genova, catene delli Giovi». Il costo totale è salito a 814 franchi esclu- sa «la sua provvigione affi data alla di lei onestà». Con l’aiuto dei forzati 157 il

154 S. Curto e L. Donatelli (a cura di), Bernardino Drovetti Epistolario, cit., lettera n. 219. 155 Accademia delle Scienze IST.9.1.2.3, 16 marzo 1824, S. Curto e L. Donatelli (a cura di), Bernardino Drovetti Epistolario, cit., lettera n. 221. 156 Miscellanea A, mazzo 36 Museo Egiziano suo acquisto e trasporto 1820-1825. Somma delle spese per il trasporto delle antichità da Livorno a Torino ammonta a lire 10.500. Conto presen- tato da San Quintino al ministro a Genova il 28 febbraio 1824. 157 ASTO, Sezioni Riunite, Fondo Marina, F 283 Copialettere 1823-1824, 1346, 23 agosto 1823, 60 Laura Donatelli colosso viene caricato sul carro ed esce dall’arsenale di Genova ma si ferma alcuni giorni, sorvegliato giorno e notte dai soldati della Marina, nella piazza del Principe Doria, fuori le porte di San Tommaso . Questa «statua colossale, collocata sopra un robusto carro ferrato intorno alla quale è sempre raccolta una turba di persone che ammirano», incuriosisce molto i genovesi al pun- to che la «Gazzetta di Genova»158 dedica alla statua un articolo Osimandia antichissimo faraone d’Egitto e racconta la storia del colosso secondo una re- cente lezione accademica di Cordero di San Quintino 159. Anche il religioso Francesco Ricardi di Genova pubblica un suo studio «molto originale» defi - nendolo «Duce e comandante del Nomo che ha per stemma la Torre merlata» dando una personale e diversa, interpretazione dei geroglifi ci rispetto a quella di Champollion le Jeune 160. Tra l’altro il testo del religioso attacca l’interpre- tazione dei geroglifi ci ad opera di Champollion, Gazzera161 e Cordero al pun- to di volerli denunciare alla Sacra Inquisizione162. Il colosso lascia Genova il 7 settembre, il carro è trainato da otto pariglie affi ancate e condotto da un soldato ogni due cavalli che gli cammina al fi anco. Sosta a lungo prima di Alessandria per una nuova rottura del ponte. Infi ne, l’intendente Maggiora comunica al ministro degli interni Roget de Cholex, che il «colosso traghettò il fi ume [Bormida] alle ore 7 antimeridiane del giorno 13 ottobre con soddisfa- zione e senza il minimo ostacolo» 163. Il colosso arriva a Torino il 15 ottobre 164 e viene subito raddrizzato contro il muro nel cortile dell’Accademia sull’asse dell’ingresso165, dove rimane solitario e avvolto nella paglia tutto l’inverno 166.

«trasporto del colosso dalla darsena alla piazza dell’Acqua verde tramite forzati e senza paga- mento perché servizio dello Stato». 158 «Gazzetta di Genova», 28 agosto 1824. 159 G. Cordero di San Quintino, Osservazioni intorno all’età ed alla persona rappresentata dal maggior colosso del Reale Museo Egizio di Torino, letta il 19 agosto 1824. 160 F. Ricardi, Spiegazione della statua egizia di Ozial, duce e comandante del nomo che ha per stemma la torre merlata, chiamata falsamente Osimandia , [completo di tavola con il disegno del colosso e dei geroglifi ci] Genova 1824; nel volumetto conservato nella Biblioteca Museo Egizio, in copertina si legge un appunto del prof. Silvio Curto: «monumentum bestialitatis». 161 Costanzo Gazzera (1779-1859) archeologo e biografo, membro della Regia Accademia delle Scienze dal 1824 come socio nazionale e poi residente; membro della giunta degli Accademici per lo studio delle antichità egizie. 162 H. Hartleben (a cura di), Lettres de Champollion le Jeune, Laroux, Paris 1909, pp. 66-69. 163 ASTO, Istruzione Pubblica, Musei e altri stabilimenti scientifi ci, Regio Museo d’Antichità, Museo Egizio 1762-1847, mazzo 2. 164 «Gazzetta Piemontese», 21 ottobre 1824, p. 704; H. Hartleben (a cura di), Lettres de Champollion le Jeune, cit., p. 69. 165 ASTO, Miscellanea A, mazzo 36, Museo Egiziano suo acquisto e trasporto 1820-1825. 166 Resterà nel cortile fi no alla costruzione dell’ala nuova (1831) quando è trasferito nello statua- rio al piano terra dove si trova ancora oggi. Introduzione al «Catalogue» della Collezione Drovetti 61

È ammirato da Champollion come «un pezzo stupendo, la testa è magnifi ca e ha un carattere ammirevole» ma per contestare la collocazione scelta per questo Re dal ministro Roget de Cholex contro il parere della Giunta, che lo avrebbe preferito contro il muro sotto la terza arcata del portico, immagina che il faraone scriva al re Carlo Felice che lo ospita le sue rimostranze per il trattamento riservatogli non degno di un «Re che ha comandato un esercito di 700.000 soldati in Battriana e che ha fatto costruire gli edifi ci più belli a Tebe, ma ora è più disonorato di un Re di Paglia». Il testo Pétition du pharaon Osymandias a S.M. le roi de Sardaigne viene distribuito gratuitamente ai tori- nesi che divertiti lo vanno ad omaggiare167. Le quattro statue di Sakhmet inizialmente destinate al Re di Francia, ven- nero invece regalate da Drovetti ai Savoia, forse per compensare le statue rotte durante il primo viaggio da Alessandria a Livorno. Queste statue resta- rono nel magazzino Morpurgo per due anni168, prima di esser recuperate da Cordero nell’estate del 1826 quando «per ordine del Re» ritornò a Livorno appunto «per completare la spedizione delle Antichità del museo»169.

11. 1823 – La giunta degli Accademici incaricati di studiare le Antichità egiziane Nomina della commissione di sette accademici deputati sopra la collocazione e classifi cazione antichità egizie in arrivo a Torino. Regia Accademia delle Scienze Torino, 19 ottobre 1823 170

Il 19 ottobre del 1823 alle sei di sera si riuniscono le due Classi – quella di Scienze Fisiche e quella di Scienze Filologiche – della Reale Accademia delle Scienze per «deliberare intorno all’elezione di commissari accademi- ci deputati sopra la collocazione e classifi cazione del Museo d’Antichità Egiziane al suo prossimo arrivo in Torino». La richiesta è arrivata al presi- dente dell’Accademia Prospero Balbo con una lettera del ministro per gli affari interni Roget de Cholex due giorni prima. Nella risposta alla lettera il Presidente fa presente due questioni importanti: la prima riguarda Cordero di San Quintino, se è opportuno eleggerlo fra i commissari in quanto la sua

167 H. Hartleben (a cura di), Lettres de Champollion le Jeune, cit., p. 111. 168 ASTO, Consolati Nazionali, LI, 436, 26 febbraio 1824. 169 G. Giorgi, Un archeologo piemontese dei primi dell’Ottocento, cit., Torino, 25 giugno 1826. 170 ToAS, IST.3.1.3.3. 62 Laura Donatelli nomina all’Accademia non è ancora stata approvata da S.M. 171 ; la seconda riguarda invece l’ordine di sgombero delle sale al piano terreno del palazzo dell’Accademia ancora occupate dalla Regia Università. La risposta del mi- nistro è immediata e positiva per entrambe le questioni. A questo punto il presidente affronta un altro problema: l’aumento del numero dei commissari dai 3 proposti nella lettera ministeriale. Le motivazioni sono molteplici: per non escludere gli attuali direttori del Museo di Antichità (conte Giuseppe Franchi e abate Pietro Ignazio Barucchi) «visti i loro lavori gravissimi provvedere con altri membri che li aiutino»; per affi ancare agli «el- lenisti ed orientalisti anche un mineralogista e un architetto»; perché ai lavori di collocazione e classifi cazione delle «anticaglie d’Egitto» siano coinvolti oltre al presidente e al segretario perpetuo ( Vassalli-Eandi), anche il segretario della classe fi lologica (Giuseppe Grassi) e altri sette accademici da eleggersi a scruti- nio; affi nché ci sia la possibilità di supplire il Presidente; e che il Segretario del- la commissione venga eletto tra i deputati non uffi ciali. Tutte queste delibere vengono approvate a scrutinio segreto. A questo punto viene affrontato il pro- blema delle spese: se debbano essere messe a loro disposizione delle somme con rendiconto alla Segreteria di Stato, o se queste debbano entrare nelle casse dell’Accademia. Si concorda che le spese fi no a lire 3.000 vengano autorizzate dal Presidente, che poi chiederà il rimborso alla Regia Segreteria. Concluse le delibere, si passa alla votazione: ogni accademico scrive su una scheda sette nomi. A fi ne scrutinio risultano eletti commissari per la colloca- zione e classifi cazione del Museo d’Antichità Egiziane: il cav. Cordero di San Quintino, il prof. Carlo Emanuele Maria Boucheron172, l’abate prof. Amedeo Peyron173, il prof. Stefano Borson174, il conte Giuseppe Antonio Franchi di Pont175, l’abate Pietro Ignazio Barucchi176, e il capitano Carlo Randoni177.

171 Cordero è nominato Socio nazionale residente il 10 maggio 1821 (già Socio corrispondente dal 1818). 172 Carlo Emanuele Maria Boucheron (1773-1838), socio nazionale residente dal 1816, è maestro di eloquenza latina, fi lologo, archeologo, epigrafi sta e giurista. 173 Amedeo Peyron (1785-1870), fi lologo classico e antichista, studioso di papirologia e di diritto antico e professore di lingue orientali nell’Università, è socio nazionale residente dal 1816 e teso- riere dal 1826; sono fondamentali i suoi scritti sui papiri greci arrivati con la collezione Drovetti (1826-1828) e lo studio del lessico e della grammatica della lingua copta. 174 Stefano Borson (1758-1832), professore di mineralogia nell’Università, è socio nazionale resi- dente dal 1818. 175 Giuseppe Antonio Franchi di Pont (1763-1825), professore di archeologia nell’Università, è socio corrispondente dal 1803. 176 Pietro Ignazio Barucchi (1756-1835), professore di logica e metafi sica e direttore del Museo di Antichità, è socio nazionale residente dal 1821. 177 Carlo Randoni (1755-1831), architetto pittore e disegnatore, primo architetto civile di S.M., è socio corrispondente dal 1812. Introduzione al «Catalogue» della Collezione Drovetti 63

A conclusione della seduta il presidente Balbo legge una «sua prima le- zione intorno ad un’antica misura Egiziana uguale al piede piemontese ad al minuto terzo del meridiano». Si tratta del cubito [fi g. 3] trovato a Tebe: un oggetto in legno perfettamente conservato con segni geroglifi ci differenti in- cisi e colorati di bianco su più lati. Esso era già stato segnalato al tempo del suo ritrovamento da Cailliaud a Jomard che lo aveva studiato e pubblicato. Gli accademici non possono certo essere da meno dei colleghi francesi e prima ancora che la collezione arrivi a Torino studiano alcuni oggetti at- traverso dei calchi e descrizioni: Cordero di San Quintino la stele trilingue e il colosso, Balbo – come già detto – il cubito, e Peyron alcuni papiri gre- ci. La prima adunanza presieduta da Prospero Balbo con Cordero di San Quintino segretario si tiene il 26 ottobre 1823, l’ultima il 24 luglio 1824. Durante questi mesi il tesoriere dell’Accademia paga le somme necessarie per il trasporto delle antichità e altre spese per l’allestimento. Ma l’atmosfera all’interno della giunta si fa ad ogni riunione più tesa per i tanti dissapori tra gli accademici su come studiare, disporre, classifi care le antichità, anche perché il «cavaliere Cordero vuole l’esclusiva responsabilità e non accetta consigli». Durante una seduta, l’ultima appunto, San Quintino trovandosi contro il presidente e gli altri soci «lanciò impetuosamente per protesta le chiavi del Museo sulla tavola». Profondamente offesi dal suo comportamento dovuto al carattere impul- sivo e ostile, oltre che dalle frasi poco lusinghiere rivolte contro i membri dell’Accademia inviate al ministro, il presidente sciolse l’adunanza e non convocò più la giunta. Gli accademici continuarono comunque i loro studi e le loro pubbli- cazioni sulle antichità, mentre Giulio Cordero di San Quintino mantenne con il ministro contatti diretti sia per i pagamenti sia per la disposizione del museo fi no al 1832 178 .

178 ASTO, Miscellanea A, mazzo 36, Museo Egiziano suo acquisto e trasporto 1820-1825. A. Fabretti, Documenti per servire alla storia del Museo di Antichità di Torino , cit.; cfr. an- che: ToAS, Rapporti con il Museo Antichità e il Museo Egizio, IST.9.1.2.3; ASTO, Istruzione Pubblica, Musei e altri stabilimenti scientifi ci, Regio Museo d’Antichità, Museo Egizio 1762- 1847, mazzo 2; H. Hartleben (a cura di), Lettres de Champollion le Jeune, cit., 12 febbraio 1825, p. 168; ToAS, IST.3.1.2.3, Verbali delle adunanze, 13 gennaio 1825; cfr. anche Parte II, Introduzione, § 13. 64 Laura Donatelli

12. 1824 – L’atto di acquisto della Collezione di Antichità Egizie del cav. Drovetti

Avendosi il Cavaliere Bernardino Drovetti offerta la sua copiosa raccolta di Antichità Egizie, Ci siamo determinati di farne l’acquisto pel maggior nostro ornamento, ed utilità del Museo della Nostra Università degli Studj di questa Capitale. Carlo Felice Re di Sardegna, Cipro e di Gerusalemme, Duca di Savoja di Genova & Principe di Piemonte Torino, 29 Dicembre 1823 179

Nell’estate del 1823 arriva a Torino Domenico Pedemonte nominato da Drovetti «procuratore speciale con pieno potere di vendere e cedere in suo nome al Governo di S.M. il re di Sardegna la sua collezione di antichità egizie esistente nel porto di Livorno e indicata nel Catalogo che già è stato conse- gnato». Il prezzo 400 mila lire è stato indicato dallo stesso Drovetti, resta da concordare la parte in moneta, che Drovetti vorrebbe nella misura della metà del prezzo, rispetto a quella come rendita annua a carico del debito pubblico. L’accordo è raggiunto il 26 luglio 1823, secondo quanto scritto da Pedemonte a Drovetti 180: 100 mila in moneta e 300 mila sotto forma di rendita annua di 15 mila a carico del debito. Probabilmente questo accordo soddisfa solo in parte Drovetti che ha bisogno di liquidità per far fronte ai molti debiti181 e che ha quindi fretta di chiudere, con l’aiuto di Vidua, l’Affare. Oggi giorno è molto diffi cile calcolare la corrispondenza in euro delle 400/mila lire del 1824182. Le prime antichità egizie arrivate in Europa grazie ai consoli europei nell’Ottocento (1818) sono destinate al British Museum e sono state raccolte Henry Salt con il suo agente Giovanni Belzoni nell’a- rea tebana. Sono state pagate dal governo inglese 2000 sterline, equivalenti a circa 50/mila lire piemontesi, una cifra che il console considerò irrisoria perché non copriva neanche le spese. Drovetti assicura il re Carlo Felice che la somma richiesta corrisponde alle spese sostenute per lo scavo, il trasporto

179 Copia dei documenti di vendita della collezione si trovano in ToAS, DRO.27 e ASTO, Fondo Patenti controllo Finanza, Registro e Biglietti, Drovetti/ Druetti mazzo 7° e Patenti, mazzo 33, foglio 213. 180 S. Guichard (a cura di), Lettere di Bernardino Drovetti, cit., lettera n. 146. 181 Secondo Vidua e lo stesso Drovetti l’interesse annuo in Egitto è del 15-20% e lui aveva un de- bito di circa 100 mila franchi dovuto allo sfortunato affare Portalis. C. Balbo (a cura di), Lettere del conte Carlo Vidua , vol. III, p. 437. S. Guichard (a cura di), Lettere di Bernardino Drovetti, cit., lettere nn. 99, 141. 182 Cfr. le due note a piè di pagina di Claudio Bermond, in L. Donatelli (a cura di), Lettere e documenti, cit., pp. 450-451. Lire e franchi a quel tempo sono equivalenti. Introduzione al «Catalogue» della Collezione Drovetti 65 e gli anni di deposito, mentre il suo vero valore sarebbe almeno il doppio 183. È una cifra onesta e vantaggiosa, sostiene Drovetti, rispetto ai 60/mila franchi pagati a rate nel 1823 dai Musei Vaticani per la collezione portata a Roma da Silvestro Guidi 184 che comprende anche diversi oggetti che lui aveva regalato a Lebolo e Rosignani e da loro venduti ai romani; o all’offerta di 60/mila franchi fatta da Marsiglia a M. r Thédénat-Duvent per i pochi oggetti da lui radunati in Egitto e che ha rifi utato 185 : «a confronto quello che io possiedo vale almeno due milioni» 186 . Nel 1824 Leopoldo II granduca di Toscana acquista la seconda delle tre collezioni del cancelliere del consolato austriaco in Egitto Giuseppe Nizzoli 187 composta da 1396 oggetti per la cifra di 4000 scudi fi orentini, contro la prima richiesta di 8000, equivalenti a circa 23/mila lire piemontesi (fi g. 16) 188 . Nel 1825 Drovetti «omaggia il re di Francia» di un naos in granito rosa 189, e nel 1826 gli vende un sarcofago 190 per 30/mila franchi. Nello stesso anno, con l’appoggio di Jomard, Giuseppe Passalacqua cerca di vendere la sua col- lezione di circa 1600 pezzi alla Francia per 400/mila franchi. L’operazione non va a buon fi ne e solo nel 1828, riesce a venderla per 100/mila franchi con la nomina a curatore della stessa, al Re di Prussia, oggi la collezione si trova nel Neues Museum di Berlino191. Champollion le Jeune, che conosce bene

183 S. Guichard (a cura di), Lettere di Bernardino Drovetti, cit., lettera n. 150. 184 Silvestro Guidi, viaggiatore e commerciante di antichità romano, fece il primo viaggio in Egitto accompagnando il conte de Montulé nel 1818. Le antichità raccolte in questa occasio- ne, in parte ricevute anche da Drovetti, vennero vendute ai Musei Vaticani. R. Lefevre, Note e documenti sulla fondazione del Museo Gregoriano-egizio , in Miscellanea Gregoriana, Tipografi a poliglotta vaticana, Città del Vaticano 1941. 185 P.P. Thédénat-Duvent (1756-1822), diplomatico francese, formò due collezioni di antichità egizie che poi vendette nel 1822 al Louvre. 186 S. Guichard (a cura di), Lettere di Bernardino Drovetti, cit., lettere n. 116, 117. 187 Giuseppe Nizzoli (notizie dal 1814-1841), cancelliere al consolato d’Austria in Egitto dal 1814 al 1828. La sua prima collezione viene acquistata da Ernst August Burghart nel 1821 e poi ceduta al Kunsthistorisches Museum di Vienna, la seconda dal Granduca di Toscana e ora si tro- va nel Museo Archeologico di Firenze, la terza nel 1831 acquistata da Pelagio Palagi e si trova ora nel Museo Archeologico di Bologna. S. Daris, Un noto sconosciuto nella storia dell’egittologia: Giuseppe Nizzoli, in «Archeografo Triestino», s. IV, 69, pp. 351-371. 188 Ringrazio Daniela Picchi che mi ha dato questa informazione. Archivio delle Regie Gallerie di Firenze SBAS-ARG n. 47(1823) Filza XLVII, fasc. 13 n. 2; SBAS-ARG n. 48 (1824), Filza XLVIII, fasc. 20, Ins A, n. 10. C. Rindi Nuzzolo, Between Milan and Florence: the second collec- tion of Giuseppe Nizzoli, in «Studi di Egittologia e Papirologia», 11, 2014, pp. 129-148. 189 Musée du Louvre, naos d’Amasis, inv.-D 9; S. Guichard (a cura di), Lettere di Bernardino Drovetti, cit., lettere nn. 124, 134, 169. 190 Musée du Louvre, sarcofago di Djedhor, inv. D 29; S. Guichard (a cura di), Lettere di Bernardino Drovetti, cit., lettera n. 158. 191 Giuseppe Passalacqua (1797-1868), arriva in Egitto come commerciante di cavalli nel 1820, ma poi si dedica invece agli scavi nell’area tebana; la sua scoperta più importante avviene il 4 dicembre 1823 quando a Tebe riporta alla luce una camera sepolcrale intatta. In breve tem- 66 Laura Donatelli il Regio Museo Egizio, stima il valore della nostra Drovettiana il doppio del prezzo di vendita192. Nel 1826 Carlo X193 crea il Dipartimento Egizio del Louvre e nomina Champollion le Jeune conservatore. Vengono così radunate le antichità pro- venienti da diverse collezioni: 2500 oggetti egizi della collezione di Edme- Antoine Durand194; 4000 opere della seconda collezione egizia radunata dal console inglese Henry Salt, appena acquistata per 250/mila franchi in contan- ti 195; il naos, il sarcofago e l’anno seguente la seconda collezione di Bernardino Drovetti196. Queste ultime antichità Drovettiane si trovavano da oltre due anni a Marsiglia nel magazzino di Pierre Balthalon. Esse sono state causa di preoc- cupazione e tormento per il nostro piemontese anche se le aveva affi date al nipote Bernardino per la vendita. In un primo momento egli pensa di portarle in America, mercato non ancora infl azionato da antichità egizie, dove avrebbe potuto venderle al doppio del loro valore rispetto all’Europa: 120/mila fran- chi197. Successivamente spera di venderle alla Russia, dove lo zar ha acquistato per il museo di San Pietroburgo la collezione di Anastasi 198 per 36/mila fran- chi, ma Alessandro I (1777-1825) muore prima di concludere l’acquisto con Drovetti. Quindi apre una lunga e vana trattativa con il museo d’Avignone al quale chiede solo 80/mila franchi aggiungendo alla collezione due statue colossali appena trovate nella zona di Tanis dal Rifaud199. Infi ne, la vendita si conclude nel 1827 con il Musée Royal in occasione del viaggio di Drovetti a Parigi. Essa viene acquistata dal re Carlo X per 150/ mila franchi e comprende circa 2000 oggetti ai quali vanno aggiunti i regali del Viceré Mehmet Ali alla Francia: una trentina di preziosi gioielli200. po riunisce un’importante collezione che espone a Parigi nel 1826 cercando di venderla alla Francia. G. Passalacqua, Catalogue raisonné et historique des antiquités découvertes en Égypte par J. Passalacqua de Trieste, a la Galerie d’Antiquites egyptiennes, Paris 1826. 192 S. Guichard (a cura di), Lettere di Bernardino Drovetti, cit., lettera n. 161. 193 Carlo X di Borbone conte d’Artois (1757-1836) è Re di Francia e Navarra dal 1824 al 1830. 194 E.-A. Durand (1768-1835) è un ricco collezionista francese di varie antichità, incluse alcune egizie, che nel 1826 vende una parte della sua raccolta al Louvre. Dopo la sua morte, nel 1836, il resto della sua collezione venne acquistato dal Musée national de la Céremique de Sevres. 195 Cfr. Parte II, Introduzione, § 13. 196 S. Curto e L. Donatelli (a cura di), Bernardino Drovetti Epistolario, cit., p. 741. 197 S. Guichard (a cura di), Lettere di Bernardino Drovetti, cit., lettera n. 150. 198 Giovanni Anastasi (1780-1860), mercante greco, al servizio del consolato di Svezia e Norvegia in Egitto dove raduna anche un’importante e ricca collezione di antichità provenienti dalle zone di Saqqara e Tebe, che poi vende a diversi musei europei. 199 Louvre, Ramesse II inv. A 20, Sebekhotep inv. A 16. 200 J.-F. Champollion, Notice descriptive des monuments égyptiens du Musée Charles X, edizione presentata da S. Guichard, Musée du Louvre, Paris 2013. Introduzione al «Catalogue» della Collezione Drovetti 67

A fi ne ottobre 1823 tutti gli oggetti della collezione sono stati trasferiti da Livorno nell’arsenale del porto di Genova. Tutte le 8.234 Antichità sono passate così di proprietà ai Savoia. I carri che trasportano la collezione da Genova a Torino arrivano con regolarità dal novembre del 1823 a marzo 1824 e tutto viene consegnato al presidente dell’Accademia Prospero Balbo 201. La disposizione di acquisto fi rmata dal Re Carlo Felice è del 29 dicembre 1823. Il pagamento avviene dal mese di gennaio 1824. A vendita conclusa, Pedemonte si ferma ancora un anno a Torino perché i Savoia istituiscono il primo consolato in Egitto affi dando a lui l’incarico, come si evince dalla corrispondenza privata tra Drovetti e l’amico Pedemonte:

la vostra opera si è conclusa coronata dal più felice successo; la mia nomina a Console d’Egitto per il Re di Sardegna ha avuto luogo il 19 [gennaio 1825]. S.E. il ministro degli affari esteri me ne ha dato comunicazione uffi ciale con una sua lettera della stessa data, [...] avevo da parte mia la vostra potente raccomandazione e certamente nominando un vostro protetto hanno voluto darvi una testimonianza di quanto vi devono202.

Prima di tornare in Egitto, e quindi assumere l’incarico di viceconsole 203 e abbracciare il suo benefattore, Pedemonte va a Parigi con una lettera di presentazione di Jean-François Champollion per suo fratello Jacques-Joseph Champollion-Figeac204 nella quale gli chiede di accogliere «l’amico e buon Egiziano» anche se, in quanto rappresentante di Drovetti, ha consegnato il Museo Egizio al governo piemontese e non alla Francia205. Durante il sog- giorno parigino Pedemonte incontra diversi amici di Drovetti e conosce la moglie Rose, il fi glio George, Clémentine e Sophie (fi glie di primo letto della moglie Rose Rey con Jean-Joseph Balthalon fratello minore di Pierre-Clément amico di Drovetti dal suo arrivo in Egitto). Due mesi dopo Pedemonte scrive da Parigi all’amico Bernardino in Egitto un’altra notizia importante: ha chie-

201 ToAS, Rapporti con il Museo di Antichità e il Museo Egizio, IST.9.1.2.3. 202 L. Donatelli (a cura di), Lettere e documenti, cit., lettera n. 121. 203 ASTO, Materie Politiche, rapporto all’estero, consolati in generale, Alessandria d’Egitto, lettere del console al ministro degli esteri, 1825-1834 mazzo I e II. 204 Jacques Joseph Champollion-Figeac (1778-1867) archeologo e storico, appoggia e aiuta il fratello minore negli studi egittologici; autore di diverse opere tra cui Antiquités de Grenoble ; approfondisce diversi argomenti di storia e letteratura classica e dell’antico Egitto. Nominato conservatore dei manoscritti nella Biblioteca Nazionale di Parigi (1828) e poi di quella di Fontainebleau (1849). Viene nominato socio corrispondente dell’Accademia delle Scienze insie- me al fratello nel 1825. 205 H. Hartleben (a cura di), Lettres de Champollion le Jeune, Laroux, Paris 1909, lettera del 25 febbraio 1825. 68 Laura Donatelli sto la mano di Clémentine, si sposeranno presto ed insieme torneranno ad Alessandria206. Si aprono così, attraverso il nuovo consolato, scambi diplomatici e com- merciali tra l’Egitto e il Regno Sabaudo 207. In questo ambito si ricorda, tra l’altro, l’arrivo a Torino nella primavera del 1827 di un grande elefante, il famoso Fritz, regalo del Viceré d’Egitto Mehmet Ali che sarà ricambiato con 100 pecore merinos spedite da Cavour in Egitto208.

13. 1824-1825 – La Regia Accademia delle Scienze e Champollion le Jeune

Questo e [sic] cosa stupenda. Jean-François Champollion Torino, 9 giugno 1824 209

Jean-François Champollion arriva a Torino la mattina del 7 giugno 1824 210. Il giorno seguente, passeggiando per la città, visita «le Antichità» nel bel cor- tile porticato del palazzo dell’Università di via Po 211: in mezzo ad una folla di monumenti antichi romani una magnifi ca statua di granito rosa alta otto piedi e rappresentante, secondo le iscrizioni geroglifi che incise sul suo gonnellino e sul pilastro posteriore, il Re Ramses le Grand (Sesostri) 212 e di fronte una statua leontocefala rappresentante «Iside» (Sakhmet) [fi g. 4] 213 che proviene sicuramente dallo stesso viale delle due analoghe del «Musée de Paris sco-

206 L. Donatelli (a cura di), Lettere e documenti , cit., Lettera n. 128; S. Guichard (a cura di), Lettere di Bernardino Drovetti, cit., Lettera n. 178. 207 ASTO, Materie politiche per rapporti con l’estero. Consolati in generale, Alessandria d’Egit- to, mazzo I e II. 208 L’elefante visse 25 anni a Stupinigi. ASTO, Consolati Nazionali, Livorno 1822-1827 p. 690, 6 dicembre 1826 «un grosso elefante partito da Alessandria per Genova il 17 ottobre non do- vrebbe tardare ad arrivare». Cfr. A. Barbero, Quando Cavour comprava pecore merinos per il Cairo, in «Il Sole 24 ore», 11 febbraio 2011. 209 J. Lacouture, Champollion , cit., pp. 328 e s. 210 Jean-François Champollion, le Jeune (1790-1832): decifratore dei geroglifi ci e padre dell’e- gittologia, con la conoscenza delle lingue antiche orientali riesce, confrontando nella stele di Rosetta il testo scritto in geroglifi co e greco, a decifrare la lingua dei faraoni (1822). Soggiorna a Torino per studiare la collezione Drovetti (1824-1825). Viene nominato conservatore della nuova sezione egizia del Louvre (1826), organizza la prima spedizione scientifi ca nella valle del Nilo insieme ad Ippolito Rosellini (1828-1829), dove viene accolto da Drovetti e presentato al Viceré al quale chiede in dono gli obelischi di Luxor (ne arriverà solo uno a Parigi nel 1836). J. Lacouture, Champollion, Une vie de lumières , Grasset, Paris 1988. 211 R. Binaghi, Documenti inediti all’Archivio Storico dell’Università per la protostoria del Museo Egizio di Torino, in Egittologia in Piemonte, studi in onore di S. Curto, SPABA, Torino 2004. 212 Collezione Donati (1759), Museo Egizio, cat. 1381. 213 Ibidem, cat. 245. Introduzione al «Catalogue» della Collezione Drovetti 69 perte da Belzoni e De Forbin quaranta piedi sotto terra» 214. Il giorno seguen- te viene accompagnato da Prospero Balbo al ministro dell’interno Roget de Cholex che gli fornisce l’autorizzazione necessaria per fare le sue ricerche sulla Drovettiana all’epoca non ancora aperta al pubblico. La stessa mattina del 9 giugno un’emozione profonda lo coglie all’ingresso del palazzo guari- niano [fi g. 12]. Nell’atrio e nel cortile sono collocate le meravigliose statue egizie in granito rosa, in alabastro, in basalto che lui subito, leggendo i gero- glifi ci incisi nella base e nel pilastro dorsale, chiama per nome : «Amon-Ra, Horus, Amenofi II», altre ancora più belle sono collocate nella sala interna: «Thoutmosis, Ramses le grand sur le trone avec Neith e Amon-Ra, dieu Ptah» [fi g. 1], e tante altre. Ma solo una parte della Drovettiana è visibile, due o tre- cento tra casse e pacchi sono ancora da aprire ma se ne conosce il contenuto dal Catalogue: papiri, statuette, amuleti, mummie, etc . Lo stesso giorno gli vengo- no presentati gli accademici che sono ansiosi di incontrarlo: l’abate Costanzo Gazzera orientalista professore di fi losofi a e bibliotecario dell’Università, l’a- bate Amedeo Peyron grecista molto noto, l’abate Ignazio Barucchi apprez- zato antiquario, il latinista Carlo Boucheron, il chimico Vittorio Michelotti, il matematico e astronomo Giovanni Plana, il conte Napione di Cocconato direttore degli Archivi Reali e ovviamente il cavaliere Giulio Cordero di San Quintino prossimo alla nomina di conservatore del museo. Egli ha inizialmen- te con tutti gli studiosi torinesi, che già conoscono i suoi studi sulla traduzione dei geroglifi ci, dei rapporti cordiali e di collaborazione. L’arrivo dello stu- dioso francese a Torino non è una sorpresa ed è stato preparato con cura dal mondo accademico. Infatti, Champollion ha saputo a metà febbraio del 1824 dell’arrivo delle antichità egizie a Torino da Cesare Balbo 215 che vive a Parigi. Con l’appoggio del duca di Blacas d’Aulps216, di Lodovico Costa217 e con l’a-

214 H. Hartleben (a cura di), Lettres de Champollion le jeune, cit., Torino, 8 giugno 1824; Musée du Louvre, collezione egizia, A 2. 215 Cesare Balbo (1789-1853) fi glio di Prospero, uomo politico, storico e letterato, socio nazio- nale residente dal 1829, importante la sua pubblicazione Sommario della storia d’Italia (1846), ha curato la pubblicazione del carteggio di Carlo Vidua (1834). 216 Pierre Louis Jean Casimir Blacas d’Aulps (1771-1839) collezionista, capitano dei dragoni (1789), primo gentiluomo di camera del re Luigi XVIII e Carlo X, importante sostenitore degli studi di Champollion in Italia e collezionista di antichità. 217 Lodovico Costa (1778-1835), storico, scrittore allievo prediletto del professor Vernazza, nel 1815 ha l’incarico di recarsi a Parigi e recuperare tutti gli oggetti d’arte che furono portati via dal Piemonte durante il periodo napoleonico. Durante questo soggiorno conosce Champollion le Jeune che poi ospitò durante il suo lungo soggiorno a Torino. Nel 1818 rientra a Torino e viene nominato vicebibliotecario dell’Università e successivamente segretario di stato presso il ministro dell’interno Prospero Balbo. Dal 1821 studia diversi documenti che pubblica nel Calendario Generale pe’ Regi stati nel 1824. P. Astrua, Lodovico Costa e il dibattito sulle arti nella prima restaurazione , in Conoscere la Galleria Sabauda, Documenti sulla storia delle sue collezioni , Ministero per i beni culturali e am- bientali, Soprintendenza per i beni artistici e storici del Piemonte, Torino 1982, pp. 53-66. 70 Laura Donatelli iuto economico di 3/mila franchi offerti dal barone Rothschild, il decifratore dei geroglifi ci corona il suo desiderio di raggiungere al più presto la città sa- bauda per redigere – «Sono l’unico in grado di poterlo fare» – il «Catalogue descriptif et raisonné della Drovettiana». Ma la realizzazione di questo suo catalogo si scontra con l’amor proprio degli Accademici che non accettano che il Museo di Antichità Egizie, pagato dal Governo Piemontese 400/mila lire, sia illustrato e catalogato da uno straniero! Così, prima del suo arrivo a Torino, si accorda a Champollion la possibilità di pubblicare solo alcune cose218. Da subito Champollion le Jeune si dedica con entusiasmo e passione allo studio del nostro magnifi co Museo, dieci giorni dopo il suo arrivo scrive una lunga relazione a Roget de Cholex, con suggerimenti sul restauro delle statue, la sistemazione dei papiri, l’esposizione delle mummie, la classifi ca- zione delle antichità secondo tre classi: storica, religiosa e funeraria. «Il mio studio sarà ancora più dettagliato quando tutti gli oggetti di cui è composta la collezione saranno successivamente passati sotto i miei occhi» 219. Il 19 giugno Champollion Minore assiste all’adunanza della classe di Scienze morali, sto- riche e fi lologiche come «Uffi ziale dell’Università di Francia» e regala all’Ac- cademia il suo libro Précis du systéme hiérogliphique des anciens Egyptiens 220. Sono anni importanti per lo studio della civiltà dell’antico Egitto a Torino, molti Accademici e non solo loro, si impegnano nell’analisi di questi oggetti sotto più punti di vista: la scrittura geroglifi ca, le pietre, la medicina, l’astro- logia. Non c’è adunanza in Accademia tra il 1824 e 1825 che non abbia la presentazione di almeno una relazione su questi argomenti. L’Egiziano – così è soprannominato Champollion a Torino – trascorre tutti i giorni tante ore nel museo in compagnia dell’abate Gazzera, che lui defi nisce «il mio fedele discepolo, mon aide du camp». In questi mesi di duro lavoro si sente come un «étranger sur terre d’Egypte»221. Gli viene chiesto di preparare anche un bre- ve catalogo222 per il Re che non ha potuto incontrare perché in quei mesi non è a Torino, mentre gli altri suoi studi sono pubblicati a Parigi da suo fratello J.J. Champollion-Figeac nelle Lettres a M. le Duc de Blacas d’Aulps relatives au Musée Royal Ègyptien de Turin, Monuments Historiques 223. Le incompren-

218 G. Gervasoni, Champollion in Italia e la prima nostra egittologia, Hoepli, Milano 1951. 219 ASTO, Istruzione Pubblica, Musei e altri stabilimenti scientifi ci, Regio Museo d’Antichità, Museo Egizio 1762-1847, mazzo 2, cfr. lettera di Champollion del 18 giugno 1824; H. Hartleben (a cura di), Lettres de Champollion le Jeune, cit., p. 13. 220 ToAS, Verbale della classe Scienze morali, storiche e fi lologiche del 19 giugno 1824. 221 H. Hartleben (a cura di), Lettres de Champollion le Jeune, cit., lettera del 4 agosto 1824. 222 Pubblicato nel Calendario Generale Stati Sardi del 1825, pp. 462-470. 223 J.-F. Champollion le Jeune , Lettres à M. le duc de Blacas d’Aulps relatives au Musée Royal Egyptien de Turin (Band 1), Monuments historiques, Paris 1824. Introduzione al «Catalogue» della Collezione Drovetti 71 sioni, le invidie e le rivalità Champollion le ha solo con Giulio Cordero di San Quintino, che di fatto ha le chiavi del museo, anche se sarà nominato conser- vatore solo il 5 gennaio 1825 224. Questa palpabile tensione tra i due studiosi è riportata in diverse lettere che Champollion scrive a Roget de Cholex, al fratello Jean-Jacques e al suo protettore Lodovico Costa nelle quali indica Cordero, per non nominarlo, con il numero 49+2 [cinquante-un]. A seguito di alcuni episodi incresciosi tra «l’Egiziano» e il «quasi conservatore» (come lo apostrofa Champollion) interviene il ministro Roget de Cholex a favore di Champollion: «le discussioni con il Direttore sono terminate come io speravo, mi sono state consegnate le chiavi del museo e io posso entrare a tutte le ore perché le ho nella mia tasca»225. Segno tangibile dell’alta considerazione che gli Accademici hanno verso lo studioso francese è la nomina a socio corrispondente dell’Accademia il 13 gennaio del 1825 insieme a suo fratello Champollion-Figeac e a Jean- Antoine Letronne226. Durante la stessa seduta Cordero di San Quintino presenta la sua dissertazione: Esposizione del sistema numerale degli antichi egiziani tratto dai loro papiri. Subito dopo, uscito l’autore, si mette ai voti a scrutinio segreto la pubblicazione e si contano tre voti contrari e sette favore- voli: per statuto la pubblicazione è bocciata227. Il 1° marzo 1825 «l’Egiziano» lascia Torino per un lungo viaggio in Italia alla ricerca di antichità egizie da studiare nelle città di Milano, Bologna, Roma, Napoli, Firenze e Livorno. L’accoglienza che lo studioso francese ri- ceve presso le altre corti e le Accademie di queste città è delle migliori. Il Vaticano gli chiede un «Catalogue raisonné» delle sue antichità egizie, dei pa- piri e la traduzione degli obelischi egizi in Roma. A Firenze vede la collezione di Giuseppe Nizzoli appena acquistata dal granduca di Toscana Leopoldo II, grande sostenitore dello studioso francese e lo incarica di redigere un’amplia schedatura della collezione: «Illustrazione di Monumenti Egiziani»228. A Livorno visita la collezione Santoni (si tratta della seconda collezione del console inglese Henry Salt) che è in vendita per 250/mila franchi e che lui vorrebbe fare acquistare dal Re di Francia per il Louvre.

224 ASTO, Istruzione Pubblica, Musei e altri stabilimenti scientifi ci, Regio Museo d’Antichità, Museo Egizio 1762-1847, mazzo 2. 225 H. Hartleben (a cura di), Lettres de Champollion le Jeune, cit., p. 46. 226 S. Donadoni, L’Accademia delle Scienze e il Museo Egizio di Torino , in «Centro Studi Piemontesi», VIII, 2, 1979; cfr. anche il Verbale della Classe Scienze morali, storiche e fi lologiche del 13 gennaio 1825 (ToAS). 227 G. Giorgi, Un archeologo piemontese dei primi dell’Ottocento, cit., lettera del 31 agosto 1825. 228 M. Dewachter e P. Davoli, J.-F. Champollion e il contributo italiano alla riscoperta dell’Egitto (Catalogo della Mostra, Rimini, 24 agosto-28 settembre 1991), Rimini 1991. 72 Laura Donatelli

A fi ne luglio Champollion ritorna a Torino e riprende gli studi sulla Drovettiana. Durante la sua assenza di cinque mesi, «l’Egiziano» nota che Cordero non ha fatto nulla per il museo: «tutto nel museo è come lui l’ha la- sciato!». Champollion lascia Torino il 5 novembre 1825 anche se la trattativa per la collezione Santoni non si è ancora conclusa nonostante la sua infl uente insistenza presso il governo francese: teme che anche questa collezione fi nisca in un altro paese! Due anni dopo Champollion le Jeune informa il presidente dell’Accademia della creazione di una Società di dotti che, sotto la protezione del Governo francese e il Gran Duca di Toscana, partirà per una missione scientifi ca in Egitto e Nubia 229 e invita gli Accademici a formulare domande per sciogliere eventuali dubbi o contestazioni sugli studi in corso. Peyron e Gazzera vengo- no incaricati di stendere una nota230.

14. 1824-1832 – L’apertura al pubblico del Regio Museo di Antichità Egiziane Come si è già detto, dal novembre del 1823 le antichità che man mano arrivano da Livorno a Torino vengono collocate al piano terra del palazzo dell’Accademia. Per Cordero di San Quintino non è un lavoro facile perché gli oggetti sono molti e si rischia di creare un magazzino più che un bel mu- seo! Il disegno di Nicolosino231 [fi g. 9] ci illustra fedelmente la prima disposi- zione di una parte delle antichità nella sala a sinistra che si affaccia sul cortile: in quattro fi le centrali sono collocate statue, sfi ngi, busti, un capitello e sar- cofagi; fi ssati alle pareti le stele e i papiri; altre antichità sono posizionate a terra appoggiate alle statue. Quasi cento oggetti in una sola sala! Benché le sale siano grandi, non sono però abbastanza capienti per accogliere in ordine e ben visibili anche gli oggetti minori come i vasi, gli amuleti e gli scarabei, le mummie etc., pertanto da subito si parla di un possibile ampliamento del museo232 con nuove grandi sale appositamente costruite, nell’ala destra del palazzo verso piazza Carignano.

229 M. Betrò, Lungo il Nilo, Ippolito Rosellini e la Spedizione Franco Toscana in Egitto (1828- 1829), Giunti, Pisa 2010. 230 ToAS, IST., Verbale della Classe Scienze morali, storiche e fi lologiche del 5 aprile 1827. 231 M. Nicolosino (1797-1856), Sala del Regio Museo Egizio disegno a penna e acquerello seppia senza data. Fu donato dall’avvocato Paolo Emilio Ferreri al Museo Egizio nel 1991. 232 A. Oreglia d’Isola, Metamorfosi nel Palazzo del Collegio dei Nobili, «Memorie dell’Accademia delle Scienze di Torino. Classe di Scienze morali, storiche e fi lologiche», serie V, vol. 41/1, 2017. Introduzione al «Catalogue» della Collezione Drovetti 73

Nel settembre del 1824 quasi tutte le casse sono aperte e molte antichità ven- gono man mano restaurate 233 , tra queste «Ramses le grand» che si è rotto in più pezzi alla fi ne del viaggio, ma per fortuna – come Champollion precisa in una let- tera a M. le Duc de Blacas d’Aulps – «non manca neanche un solo piccolo pezzo antico; è una statua ammirevole di squisita bellezza nella fattura» 234 [fi g. 11]. Il Regio Museo di Antichità Egiziane dal novembre del 1824 viene aper- to al pubblico su richiesta a personalità e studiosi 235. Inizialmente i visitato- ri sono tanti e importanti: ambasciatori, principi, regnanti e talvolta anche Champollion «l’Egiziano» è chiamato a fare gli onori di casa 236: il 6 novembre accompagna il principe di Carignano e il duca Antoine-Clément de Saxe, due giorni dopo il suo amico Jean-Baptiste Biot, astronomo fi sico e matematico di passaggio da Torino con altri dieci astronomi francesi, austriaci e piemontesi. «Con tutti faccio del mio meglio per valorizzare queste antichità egiziane» 237 . Giulio Cordero di San Quintino viene nominato conservatore il 5 gennaio 1825 238 . Egli ha scritto un decalogo sul lavoro del conservatore che, aiutato da un allievo, ha l’incarico di sorvegliare e catalogare la collezione, mentre il custode deve occuparsi, durante le ore stabilite, dei visitatori e tenere un re- gistro con i nomi degli stranieri e dei visitatori illustri, scopare le sale almeno due volte alla settimana, controllare il funzionamento dei camini per il riscal- damento, delle lanterne per l’illuminazione. La nomina di San Quintino voluta dal Re, e probabilmente appoggiata dal ministro degli interni Roget de Cholex, è un riconoscimento importante con il quale si tiene fede alla promessa fattagli nell’agosto del 1823 per il suo precedente lavoro di catalogazione e trasporto della Drovettiana da Livorno a Torino e la sua collocazione nelle sale. Ma que- sta nomina non piace agli Accademici che esprimono la loro disapprovazione in una lettera molto schietta [purtroppo non fi rmata] al ministro:

il conservatore non vuole nessun legame né con l’Accademia né con la Giun- ta precedentemente creata; la sua piena autonomia e il suo cattivo carattere ostacolano l’ingresso persino ad alcuni illustri visitatori; è invidioso di Cham-

233 S. Borson, Osservazioni intorno alle sostanze minerali di cui sono formati i monumenti del Regio Museo Egizio, coll’enumerazione delle medesime, Memoria letta nell’adunanza del 18 di- cembre 1825 e pubblicata poi nelle «memorie dell’Accademia delle Scienze di Torino. Classe di Scienze morali, storiche e fi lologiche», vol. 31/1, 1827, pp. 265-294. 234 H. Hartleben (a cura di), Letters de Champollion le Jeune, cit., p. 69. 235 G. Giorgi, Un archeologo piemontese dei primi dell’Ottocento , cit., lettera del 8 dicembre 1825. 236 H. Hartleben (a cura di), Letters de Champollion le Jeune, cit., 6 novembre 1824. 237 Ibidem, p. 88. 238 ASTO, Istruzione Pubblica, Musei e altri stabilimenti scientifi ci, Regio Museo d’Antichità, Museo Egizio 1762-1847, mazzo 2. 74 Laura Donatelli

pollion le Jeune e non è riconoscente verso il conte Prospero Balbo; non è in grado di fare il catalogo della collezione che i dotti d’Europa aspettano239.

Proteste vane. Cordero di San Quintino rimane conservatore del Regio Museo fi no al marzo 1832. Tra i visitatori illustri del 1825 di cui si conserva il ri- cordo nelle «Memorie dell’Accademia», ci sono il Re e la Regina del Regno delle due Sicilie. L’annuncio dell’importante visita del Re Francesco I di Borbone e di sua moglie Maria Isabella di Borbone Spagna onora tutti gli Accademici che si prodigano ad accogliere la coppia reale. Nella breve arringa di ben- venuto nell’atrio del Palazzo il conte Corte sottolinea la riconoscenza «nel saper attingere alle fonti d’ogni erudizione, onde l’Italia vi va debitrice di molti monumenti ritornati per le munifi che Vostre cure alla pristina luce». La visita inizia dalle sale delle Antichità Egizie al piano terreno accompa- gnati dal conservatore Giulio Cordero di San Quintino e da altri accademici. Prosegue al primo piano nelle Gallerie del Regio Museo di Storia Naturale accompagnati dai professori Borson e Bonelli, e poi si conclude nelle sale della Reale Accademia delle Scienze. Cordero così racconta l’avvenimento all’amico Tommaso Trenta di Lucca «ho avuto l’onore di far da Cicerone nel mese scorso per un’ora e mezzo ai Sovrani di Napoli, in spada e parrucca, mi pare che ne siano stati soddisfatti»240. Ma col tempo l’affl uenza di pubblico e la curiosità per queste antichità sce- mano e il conservatore del Museo defi nisce il suo incarico un «seccantissimo impegno»241. Inoltre, non è più così interessato all’Egitto antico, riconosce che le sue conoscenze sono inferiori rispetto a quelle di altri studiosi, in parti- colare di Champollion. Descrive così la sua attività di conservatore all’amico lucchese Antonio Mazzarosa

la mattina prima che vada a perdere una o due ore di tempo a quell’inutilis- simo museo, dove non ho mezzi per far nulla, dove tutto giace dimenticato, e non curato da chi può e comanda. Io non me ne curo più niente affatto, faccio che sia aperto alle ore debite procuro di nulla spendere perché so di far piace- re così facendo, e lascio che tutto vada come vuole242.

Ribadisce lo stesso pensiero nella lettera di pochi giorni dopo all’amico Cesare Lucchesini:

239 ASTO, Istruzione Pubblica, Musei e altri stabilimenti scientifi ci, Regio Museo d’Antichità, Museo Egizio 1762-1847, mazzo 2. 240 G. Giorgi, Un archeologo piemontese dei primi dell’Ottocento, cit., lettera del 20 giugno 1825. 241 Ibidem, lettera del 22 marzo 1826. 242 Ibidem, lettera del 7 marzo 1827. Introduzione al «Catalogue» della Collezione Drovetti 75

Tra i visitatori del museo abbiamo qui sempre l’ottimo e buonissimo giovane Gustaf Seyffarth che studia i nostri papiri; pubblicherà a momenti, credo nella biblioteca Italiana, una sua risposta a Champollion […] io ho abbandonato affatto questi studi e sono qui un custode inutilissimo di un museo di cui nes- suno si prende pensiero243.

La situazione non è proprio così come il conservatore la descrive. In re- altà è in corso la costruzione dell’ala nuova per ampliare il museo mentre gli Accademici continuano a studiare e a pubblicare le loro ricerche sulle an- tichità. Arrivano a Torino altri importanti visitatori come «il colonnello ba- rone Joseph von Werklein già nostro Re [duca di Lucca dal 1815 al 1818] accompagnato dalla sua bella sposa»244, mentre non abbiamo notizia di una visita alla collezione egizia del re Carlo Felice e sappiamo che non incontrò Champollion durante il suo lungo soggiorno nella capitale. Intanto la costru- zione dall’ala nuova destinata al museo lascia il conservatore non sempre sod- disfatto. Nell’aprile del 1829 scrive all’amico Antonio Mazzarosa di Lucca:

mi sono ormai ben sistemato nel mio nuovo alloggio comodissimo ed ora non chiedo di più, parmi che morirò contento fra le mie anticaglie245. Sono di pre- sente molto occupato coi muratori, legnaioli, ferrai, pittori ecc. onde mettere in ordine una delle minori sale che sono destinate al mio museo; voglio che riesca cosa ricca ed elegante per quanto lo permetteranno le circostanze246.

L’anno seguente scrive all’amico lucchese

l’assestamento di queste cinque o sei sale immense del museo hanno rubato crudelmente tutte le mie ore. Fra pochi mesi tutto sarà a buon termine; tutti mi dicono che questa opera mi fa onore […] con tutto ciò questo museo riuscirà una delle più belle cose di Torino247.

Con l’ampliamento del palazzo vengono uniti, nel gennaio del 1832, il Museo Egizio e il museo di Antichità dell’Università. Carlo Felice e poi

243 G. Seyffarth, professore a Lipsia, era a Torino da diverso tempo per lo studio delle Antichità Egizie, il 7 giugno del 1827, adunanza classi unite, viene proposto da Peyron e Gazzera come Socio corrispondente. Nella stessa adunanza vengono anche proposti Soci corrispondenti, sem- pre da Peyron, Thomas Young e Henry Salt (che però muore poco tempo dopo) tutti vengono eletti. L’anno seguente nell’adunanza del 26 giugno 1828 a classi unite, viene proposto Socio corrispondente da Gazzera ed eletto a pieni voti Edmé-François Jomard dell’Istituto di Francia. 244 G. Giorgi, Un archeologo piemontese dei primi dell’Ottocento, cit., lettera del 28 maggio 1827. 245 Il nuovo alloggio per il conservatore si trova nell’ala nuova con l’affaccio sulla via Accademia. 246 G. Giorgi, Un archeologo piemontese dei primi dell’Ottocento, cit., lettera del 22 aprile 1829. 247 Ibidem, lettera del 29 dicembre 1830. 76 Laura Donatelli

Carlo Alberto248 vogliono un solo inventario di tutti gli oggetti componenti il Regio Museo e lo chiedono all’abate Ignazio Barucchi direttore, Francesco Barucchi, assistente e storico e a Giulio Cordero di San Quintino ancora con- servatore dei monumenti egizi. Con il trasferimento delle antichità nelle nuo- ve sale, l’eccessivo zelo del conservatore nel voler restaurare, ridipingere e assemblare alcuni oggetti egizi si scontra con le idee gli Accademici249. Inoltre, il Catalogue di Drovetti non è più utile per identifi care e controllare le anti- chità perché San Quintino ha cambiato la catalogazione degli oggetti, ha can- cellato i numeri, ha tolto le etichette senza fare una tabella di corrispondenza. Adesso ci vuole tempo e soprattutto un esperto per riconoscere gli oggetti e verifi care che non ci siano mancanze. Viene chiesto aiuto a Drovetti che si tro- va in città, almeno per riconoscere le statue più importanti e preziose «basterà certamente a lui una oculare ispezione per conoscere se alle volte mancasse qualche importante monumento»250. La relazione al Re del 1° marzo 1832 di Peyron, Borson, Gazzera e Boucheron 251 sulle condizioni del Regio Museo Egizio è drammatica. Due giorni dopo Carlo Alberto rimuove Cordero di San Quintino dall’incarico252. Non sappiamo quale sia stato l’apporto di Drovetti a questo nuovo museo. Sicuramente ci è andato il 5 giugno 1832 e ha lasciato a Francesco Barucchi, assistente del nuovo direttore Pietro Ignazio Barucchi253, alcuni piccoli oggetti d’antichità egiziane che aveva ancora con sé254.

248 Carlo Alberto Principe di Carignano (1798-1849) fu Re di Sardegna dal 1831 al 1849. 249 ToAS, Rapporti con il Museo Antichità e il Museo Egizio, IST.9.1.2.3. 250 Ibidem, Relazione e proposte del Sostituto Censore della Università circa la compilazione dei cataloghi delle collezioni esistenti nel Museo di Antichità, Torino 24 gennaio 1832; ASTO, Istruzione Pubblica, Musei e altri stabilimenti scientifi ci, Regio Museo d’Antichità, Museo Egizio 1762-1847, mazzo 2. 251 A. Fabretti, Documenti per servire alla storia del Museo di Antichità di Torino , cit., pp. 35- 40; ASTO, Istruzione Pubblica, Musei e altri stabilimenti scientifi ci, Regio Museo d’Antichità, Museo Egizio 1762-1847, mazzo 2. 252 «Io sto bene, e tanto più bene che non faccio più nulla nel museo, ed ho ripreso i miei cari studi» ( G. Giorgi, Un archeologo piemontese dei primi dell’Ottocento , cit., lettera del 3 marzo 1832). 253 Pietro Ignazio Barucchi (1756-1835) direttore del Museo di Antichità dal 1814 al 1832 suc- cessivamente anche del Museo Egizio fi no al 1835 coadiuvato da Francesco Barucchi (1801- 1869), professore di storia antica. 254 S. Curto e L. Donatelli (a cura di), Bernardino Drovetti Epistolario, cit., lettera n. 486; ToAS, carteggio Gelera, 30582. PARTE TERZA

CATALOGUE DE LA C OLLECTION D’ANTIQUITÉS DE MONSIEUR LE C HEVALIER DROVETTI

Rassegna dei reperti egizi elencati nelle 106 pagine del manoscritto

di LAURA DONATELLI

Il manoscritto non presenta né la data né la fi rma dell’autore e potrebbe esse- re stato inviato dal Drovetti in Egitto al Vidua in Piemonte i primi mesi del 1822. Il manoscritto è un bel libro rilegato di 106 carte di cui alcune bianche 1: sono elencati in francese quasi uno per uno tutti i circa 5262 oggetti che compongono la collezione di antichità egizie 2, a cui bisogna aggiungere le 3007 medailles (mo- nete greco romane) passate in un secondo tempo al Museo di Antichità, il tutto con una bella grafi a e seguendo una suddivisione in cinque Cahyer . Forse non si può parlare di un solo autore perché oggetti analoghi sono chiamati con nomi differenti, come per esempio Iside e Sfi nge per indica- re la stessa fi gura di divinità con corpo di donna e testa di leone; tableau o sanctuaire per indicare stele simili; amuleti o piccoli idoli , etc.; potrebbe trattarsi della trascrizione degli elenchi degli oggetti depositati nella casa di Drovetti ad Alessandria e catalogati prima dell’imbarco verso il porto franco di Livorno 3. La data del 1822 è compatibile con l’asterisco * anteposto ad alcuni nume- ri riferiti agli oggetti: «N.B. Les n. marqués avec * l’asterisque indiquent les objets ajoutés à la collection depuis le mois de X bre1820». Drovetti sottolinea così la sua decisione di aver ceduto la collezione ai Savoia già nel dicembre del 1820 secondo il prezzo stabilito di 400/mila lire4 e di aver aggiunto nel frattem- po – poco più di un anno – altri 173 oggetti «regalandoli». Un altro elemento conferma questa quale probabile data del manoscritto: l’assenza della trascri- zione di geroglifi ci, che vengono solo talvolta indicati come elemento decora- tivo (la decifrazione dei geroglifi ci ad opera di Jean-François Champollion fu pubblicata nell’autunno del 18225). Nel Catalogue la descrizione delle opere è impostata sulle conoscenze dell’arte antica greca e romana seguendo gli studi

1 Accademia delle Scienze, ToAS, MSR.342-1-E.I.3. 2 Alcuni oggetti sono elencati in gruppo e a un numero corrispondono più pezzi. 3 L. Donatelli, Livorno porto per le antichità egizie, in Le origini di Livorno, Polistampa, Livorno 2009. 4 L. Donatelli, La prima proposta d’acquisto da parte dei Savoia della collezione egizia di Bernardino Drovetti, in «Centro Studi Piemontesi», XLV, 2, 2016. 5 J.-F. Champollion, Lettre à M. Dacier, relative à l’alphabet des hiéroglyphes phonétiques em- ployés par les Égyptiens pour inscrire sur leurs monuments les titres, les noms et les surnoms des souverains grecs et romains, Firmin Didot Père e Fils, Paris 1822. 80 Laura Donatelli di Johann Joachim Winckelmann 6. Anche Drovetti e i suoi collaboratori, come lo studioso tedesco, distinguono le opere d’arte egizia più antiche (periodo fa- raonico), defi nendole più statiche e decorate con geroglifi ci, da quelle prodotte sempre in Egitto ma nell’epoca più recente (tolemaica-romana) da artisti che aggiungono i canoni dell’arte greca realizzando fi gure più modellate e prive di geroglifi ci. Le divinità del pantheon egizio sono chiamate con i nomi in greco o latino, ma c’è molta confusione nell’identifi cazione. Ad esempio, con il dio Mendez sono indicate divinità diverse come Osiride, Horus, Anubis, Falco, Harpocrate, Bubastis, Ercole; con il nome latino Barios è indicata la barca del dio sole Ra; nella fi gura di Tifone si riconosce il dio Seth; nella raffi gurazione della dea Iside è talvolta identifi cata una regina e viceversa, ma anche la dea Sakhmet. La stessa dea Iside/Sakhmet talvolta è chiamata sfi nge come il leone accovacciato con la testa del faraone. Non sono riconosciuti i re con i loro dif- ferenti copricapi, scettri e cartigli, che sono scambiati per sacerdoti o divinità, o semplici fi gure maschili. Solo una volta nella descrizione di una stele (di Meru) [fi g. 14] è riconosciuta «l’ellisse contenente il nome del Re» 7. I cinque Cahyer a loro volta sono suddivisi in capitoli. In ciascun capitolo la numerazione delle antichità inizia dal n. 1 e con lo stesso numero talvolta sono raggruppati più oggetti piccoli o frammentari. Essi sono elencati senza un ordine preciso, pertanto oggetti simili si trovano descritti lontani tra loro, secondo l’ordine di ritrovamento e spedizione. Tutti gli oggetti catalogati sono divisi soprattutto secondo il materiale: pa- piro, bronzo, legno, calcare, granito, faïence, terracotta e cera, al quale si ag- giunge la forma o la funzione: scarabei, amuleti, vasi, statuette, mummie, stele, piccoli idoli. Così fatta la catalogazione risulta confusa perché ad esempio gli amuleti sono stati inseriti sia tra gli oggetti in bronzo, sia tra quelli in faïence e pietra dura; le statuette possono essere in calcare, in legno e in cera, lo stesso vale per i vasi in pietra o in terracotta, le stele, etc.; antichità simili e con lo stesso uso o funzione sono elencate in differenti capitoli. Di molti oggetti – ma non di tutti – è data la misura in centimetri e lo stato di conservazione 8. Tutti gli oggetti sono destinati al Museo dell’Università di Torino ad eccezione di quattro. Essi sono indicati con una grande parentesi quadra a lato e destinati al Musée de Paris (Louvre). Si tratta di quattro statue di «Sfi ngi» (in realtà la dea Sakhmet) già depositate insieme a tutte le antichità nei magazzini della ditta Morpurgo. Nel 1822 Drovetti, come scrisse anche nella lettera al con-

6 J. Winckelmann, Geschichte der Kunst des Alterthums, Georg Conrad Walther, Dresda 1763. 7 Cfr. 2me Cahyer, cap. III, n. 135. 8 Questa nuova misura non è utilizzata nella descrizione di Cordero di San Quintino in Notizie intorno alla collezione di antichità egiziane del cav. Drovetti, console generale di S.M. Cristianissima in Alessandria d’Egitto, lette alla R. Accademia delle Scienze di Torino, 10 giugno del 1823. Rassegna dei reperti egizi elencati nelle 106 pagine del manoscritto 81 te Prospero Balbo 9, probabilmente decise di regalarle al re di Francia Luigi XVIII in riconoscenza per la sua seconda nomina a console generale in Egitto del 20 giugno 1821. Esse in un secondo tempo sono state regalate dal Drovetti ai Savoia e arrivarono a Torino nel 1826. Il Catalogue termina con un indice riassuntivo Recapitulation (XX) che ri- prende i Cahyer con i loro capitoli e con la somma degli oggetti [fi gg. 7-8]. È interessante notare come esso sia molto simile a quello redatto e fi rmato dal cavaliere Giulio Cordero di San Quintino il 30 ottobre 1823 alla fi ne del suo soggiorno a Livorno dopo aver «riconosciuto e ricevuto in consegna» (dal pro- curatore di Drovetti Domenico Pedemonte) tutte le antichità prima di inviarle a Torino. Questo suo Catalogo Sommario dei monumenti antichi egiziani com- ponenti la collezione di cose Egizie del Cavaliere Drovetti è stato allegato all’atto di acquisto fi rmato dal Re Carlo Felice 10 . Redige anche una nota con gli oggetti trovati in più rispetto al catalogo e un’altra con gli oggetti mancanti o rotti 11 . L’identifi cazione con gli oggetti esposti oggi in Museo, depositati nei ma- gazzini o trasferiti al Museo di Antichità, è molto complessa e non è lo scopo di questo studio 12 . Possiamo considerare il manoscritto piuttosto come un elenco che servì per contare le antichità acquistate dai Savoia senza veramente cata- logarle e questa numerazione non è stata quasi mai utilizzata 13 . Anche il primo studioso che visitò la collezione nel magazzino di Livorno nel marzo del 1823, forse con in mano una copia del Catalogue , Giulio Cordero di San Quintino 14 , nella sommaria ma curiosa sua descrizione delle Antichità non riporta questi numeri. Successivamente solo Prospero Balbo nel suo studio sul cubito riporta il numero del catalogo: 373 ( 3me Cahyer , V, Objets en Bois ), mentre Amedeo Peyron, Costanzo Gazzera, Jean-François Champollion, Stefano Borson non riportarono questa numerazione nelle loro descrizioni e pertanto non ci aiuta- no in questo compito di identifi cazione 15 .

9 ASTO, Sezioni Riunite, Istruzione Pubblica, Musei e altri stabilimenti scientifi ci, Regio Museo d’Antichità, Museo Egizio 1762-1847, Mazzo 2. 10 ToAS, DRO.27 (carteggio Drovetti pubblicato in L. Donatelli (a cura di), Lettere e Documenti di Bernardino Drovetti, Accademia delle Scienze di Torino – Compagnia di San Paolo, Torino 2011: A 3). Cfr. anche nel presente fascicolo Parte II, Introduzione, § 10. 11 ASTO, Misc. A, Mazzo 36. 12 Per gli oggetti del Museo Egizio si fa riferimento al numero di catalogo dato da A. Fabretti, F. Rossi e R.V. Lanzone, Regio Museo di Torino, antichità egizie , Regia Stamperia, Torino 1882-1888. 13 S. Curto e L. Donatelli (a cura di), Bernardino Drovetti Epistolario, Accademia delle Scienze di Torino, Istituto editoriale Cisalpino-La Goliardica, Milano 1985, lettera n. 221. 14 G. Cordero di San Quintino, Notizie intorno alla collezione di antichità egiziane del cav. Drovetti, lette alla R. Accademia delle Scienze nel giugno1823. Cfr. Parte II, Introduzione, § 8. 15 Cfr. Parte II, Introduzione, §§ 11-12. 82 Laura Donatelli

Nelle pagine seguenti i Cahyer e i capitoli sono presentati con lo stesso ordine del manoscritto. La traduzione mantiene l’essenzialità del testo e l’uti- lizzo dei vocaboli originali anche se non sempre appropriati. È stata aggiunta ai capitoli la numerazione romana da I a XX per facilitarne l’identifi cazione e i riferimenti. I numeri (n. …) corrispondono ai numeri del Catalogue così come sono stati pubblicati anche ne La Storia dei Musei d’Italia16 .

1er Cahyer

I Du n. 1 au n. 170 Papirus et Manuscrits II Du n. 1 au n. 487 Objets en bronze. En fer et en plomb

I. PAPIRUS ET M ANUSCRITS

I papiri elencati in questo catalogo sono 170. La descrizione è essenziale e le indicazioni utili all’identifi cazione sono troppo poche perché limitate allo stato di conservazione: se ben conservato o in cattivo stato; dalla forma al momento del ritrovamento: se appiattiti su una mummia oppure arro- tolati. Scarsissime le informazioni sul testo scritto: se con fi gure colorate, in geroglifi co, in corsivo, in greco o in copto. Di molti papiri è indicata con precisione la lunghezza in centimetri (da cm 12 a cm 40). Alcune volte allo stesso numero corrispondono due o più papiri simili di dimensioni e ritrovati nello stesso luogo . Solo uno è descritto in modo più completo: «un papiro appiattito, prezioso per la sua antichità, e per la qualità rara della tela nella quale la mummia era stata avvolta, della quale il papiro ha una piccola banda. Lunghezza 45 centimetri» (n. 123). Un papiro greco è particolarmente lungo: «un manoscritto greco su papiro di 1 m. 65 cm di lunghezza su 25 cm di altezza accompagnato da due altri papiri in carattere ieratico composti l’uno da 33 frammenti in disordine e l’altro 38 frammenti in cattivo stato» (n. 157). Un altro è interessante perché ritrovato ancora dentro la sua scatola/statua: «un bel papiro contenuto dentro una statua in legno, rappresentante Osiride, fi gura dipinta in verde su un piedestallo con geroglifi ci. Compreso il piedestallo 50 cm» (n. 158). Sono anche indicati un ma- noscritto arabo su pergamena (n. 144) e un libro copto su pergamena (n. 145) 17 .

16 Documenti Inediti per servire la storia dei Musei d’Italia , pubblicati per cura del Ministero della Pubblica Istruzione, Tipografi a Bencini, Roma 1880, vol. III, pp. 206-292. 17 I primi studi su questi papiri sono ad opera di Amedeo Peyron, senza mettere i numeri del catalogue e letti nell’adunanza dell’Accademia delle Scienze il 27 maggio 1824 ( Saggio di studi Rassegna dei reperti egizi elencati nelle 106 pagine del manoscritto 83

Non c’è un ordine nella catalogazione, papiri simili si trovano distanti nell’elenco. È molto probabile che il Catalogue sia stato scritto seguendo la cronologia dei ritrovamenti. Infatti, solo verso la fi ne sono elencati 9 papiri con asterisco * e pertanto aggiunti dopo il 1820. L’identifi cazione degli og- getti con la numerazione attuale è molto diffi cile perché in quelli dell’epoca faraonica non sono stati copiati i geroglifi ci, al tempo ancora misteriosi, e la maggior parte di loro sembra essere di epoca greco-romana o copta, ma anche qui senza indicazioni più precise circa il testo.

II. N. 1 AU N. 487 OBJETS EN B RONZE, EN F ER ET EN P LOMB Gli oggetti qui elencati sono quasi 500 e quasi tutti in bronzo. Dal n. 343 al 430 sono oggetti aggiunti dopo il 1820. Degli oggetti in bronzo, soprattutto se statuette alte da cm 11 a cm 30, non è specifi cata la lavorazione. Si tratta pro- babilmente di fi gure realizzate con fusione a stampo 18 e piene, tutte di epoca tarda, greca e romana. In epoca faraonica il bronzo veniva lavorato battendo le lastre per realizzare vasi, brocche e acquamanili. Le divinità identifi cate nel- le statuette a fi gura umana e testa di animale sono: Tifone, Bue Apis, Gatto, Ibis, Iside con Horus, Anubis, Falco, Harpocrate, Bubastis, Mendez, Osiride, Ercole, alle quali si associano degli animali come lo sparviero, lo sciacallo, l’ariete, il gatto, il serpente etc. Di molte è evidenziato lo stile greco e romano come nella «triade egiziana, Osiride, Iside e Horus, oggetto raro e prezioso» (n. 123). Sono state raccolte e catalogate anche statuette che probabilmente raffi guravano faraoni o regine, ma la loro identifi cazione è rimasta generica: fi gure umane maschili, di sacerdoti, femminili, stanti, nell’atto di camminare o inginocchiate in adorazione. Sono rari gli oggetti in ferro, di uso comune e quotidiano, come lampade, manici di sistri, vasi, vaso per l’acqua lustrale con ansa alto cm 25 e diametro cm 15 con una scena geroglifi ca perfettamente conservata 19 (nn. 408-413), vasi romani, sciabole e punte di frecce, strumenti per la mummifi cazione (nn. 139-140, 166-167, 479-486), piedi di mobili (n. 148), pesi di varia forma, brac- cialetti, anelli, coltelli, bisturi (dal n. 206 al 217) e utensili. Particolare è la de- scrizione di «un vaso in bronzo con geroglifi ci e fi gure in rilievo, cm 23 senza contare l’ansa; dalla conservazione perfetta e dallo stile più bello» (n. 58). Un oggetto molto antico è un’ascia di 19 cm con un manico in legno di 26 cm a sopra papiri, codici cofti ed una stele trilingue del Regio Museo Egiziano, in «Memorie della Reale Accademia delle Scienze di Torino», XXIX, 2, 1825, pp. 70-82. 18 Alcuni stampi risultano catalogati anche nel 3me Cahyer, cap. VIII. 19 Vaso lustrale (situla), Museo Egizio, cat. 3168. 84 Laura Donatelli forma di piede di capra, attaccato allo strumento con delle cinghie (n. 420)20 . Tra gli oggetti particolari «una cassetta contenente un tempo la mummia di un serpente di cui si vede la rappresentazione sormontata da un busto a testa umana» (n. 378). Con gli ultimi cinquanta numeri sono raggruppati anelli grandi e piccoli, braccialetti, amuleti. Anche tra le fi gure in bronzo sono de- scritti dei piccoli amuleti e dei sigilli ad anello che ritroviamo analoghi tra gli oggetti in faïence e vetro e pietra nei successivi Cahyer.

2me Cahyer

III Du n. 1 au n. 195 Tableaux ou pierres sepulcrales, Tables d’offrandes, Pierres avec inscription, Sanctuaires etc. etc. IV Du n. 1 au n. 17 Objets divers

III. TABLEAUX OU P IERRES SEPULCRALES TABLES D’OFFRANDES, PIERRES AVEC INSCRIPTION, SANCTUAIRES &&& Qui sono descritte 195 stele funerarie dette tableau e sanctuai- re , e tavole d’offerta. Sono quasi tutti oggetti in pietra calcarea, po- chi in granito, con decorazioni in altorilievo o con semplicemente incise fi gure di divinità e umane in gesto di adorazione davanti a divinità e tavole d’offerta. Le fi gure appaiono a volte disposte su più registri, ac- compagnate da iscrizioni in geroglifi co e talvolta con tracce dei colo- ri originari. Lo stato di conservazione è defi nito buono, per alcune ottimo (nn. 36, 54, 86, 129). Rare sono quelle frammentarie. Quasi sempre sono in- dicate le dimensioni di altezza e larghezza. Esse variano dalle più piccole, cm 17 di altezza per cm 12 di larghezza, alla più grande di cm 170 per cm 66 (n. 135)21 . Anche se si tratta di stele di epoca faraonica la descrizione e l’identifi - cazione delle divinità è legata alla mitologia classica: Mendez, Osiris, Isis, Horus, Agatho-Demon con tre teste di donna (n. 96), Heros, Anubis, Tifone, Barios. Le divinità, la posizione di alcuni attributi, la presenza del colore e l’indica- zione delle dimensioni o la presenza rara del numero scritto sulla pietra hanno permesso l’identifi cazione per alcune con le stele esposte in museo 22 . Dal n. 134 al n. 175 la descrizione è preceduta dall’asterisco*; si tratta pertanto di 42 stele aggiunte dopo il 1820, alcune in granito o altra pietra e di grandi dimensioni.

20 Laminetta parte di un’ascia, Museo Egizio, cat. 6307. 21 Stele di Meru, Museo Egizio, cat. 1447 [fi g. 14]. 22 M. Tosi e A. Roccati, Stele e altre epigrafi di Deir el Medina , Fratelli Pozzo, Torino 1972. Rassegna dei reperti egizi elencati nelle 106 pagine del manoscritto 85

Le stele di epoca tarda si riconoscono per l’iscrizione in copto su marmo bianco (nn. 32, 34, 62, 98), in greco (nn. 87, 100, 125) o in latino (n. 99) e demotico (n. 170)23 . Una stele è defi nita «magnifi ca» per lo stato di conservazione eccezionale. Non è particolarmente grande, cm 55 x 38. La decorazione scolpita in basso- rilievo è divisa in due registri: «nella parte inferiore due uomini seguiti da una donna che fanno un’offerta a due personaggi, un uomo e una donna seduti, che hanno a lato un piccolo bambino; nella parte superiore Osiris presenta un prince mitrè [il re Amenhotep I] a Mendez e a Isis» (n. 129) 24 . Particolare è una piccola stele con quattro orecchie in rilievo (n. 2)25 . Alcuni tra questi oggetti furono tra i primi ad essere studiati dal Gazzera come «Un grande quadro [n. 134 del quale però non ci sono le dimensioni] rappresenta tre fi gure, marito, moglie e bambino nell’atto di ricevere delle offerte presentate da 25 persone portanti ciascuna un oggetto diverso»26 . La stele descritta subito dopo è forse la più grande pervenuta con la collezione Drovetti (cm 170 di altezza per cm 66 di larghezza) e oggi è conosciuta come la «stele di Meru»27 [fi g. 14]. È interessante notare che nella descrizione del Catalogue sono stati individuati tra i geroglifi ci incisi, per la prima volta, due elementi importanti: «la parte superiore del quadro inizia con dei numeri, che possono essere la data dell’epoca, più sotto una fi gura seduta con gli emblemi di iniziazione in mano, e nella linea di geroglifi ci che ha sotto i piedi si ricono- sce un’ellisse contenente il nome del Re». Effettivamente si tratta dell’anno 46 del regno di Mentuhotep II-XI dinastia (n. 135). Simile a questa e di grandi dimensioni ce ne sono altre quattro (nn. 136-139). In ultimo una stele «divisa in due pezzi ma con la fi gura principale dorata» 28 (n. 194). Alcune stele sono chiamate sanctuaire: si tratta soprattutto di quelle in forma di falsa porta (nn. 116, 121, 122, 143, 171), sono sempre in calcare e decorate con fi gure in adorazione e geroglifi ci. In questo capitolo sono anche descritte cinque «tavole d’offerta in calcare o in granito con in rilievo pani, cosciotti, melograni e fi ori di loto con inseriti dei geroglifi ci sui lati» (n. 80).

23 Stele, Museo Egizio, cat. 1578, cfr. p. 23. 24 Stele di Apii, Museo Egizio, cat. 7357; M. Tosi e A. Roccati, Stele ed altre epigrafi , cit., n. 50031. 25 Stele, Museo Egizio, cat. 1546. 26 Stele di Amenmose, Museo Egizio, cat. 1471; M. Tosi e A. Roccati, Stele ed altre epigrafi , cit., n. 50006. 27 Stele di Meru, Museo Egizio, cat. 1447. 28 Stele, Museo Egizio, cat. 1576. 86 Laura Donatelli

IV. D U N. 1 AU N. 17 OBJETS DIVERS Questo breve capitolo annunciato nella copertina del 2me Cahyer non è stato trascritto. Il copista l’ha dimenticato? Noi comunque lo conosciamo dalla trascrizione nella Storia dei Musei d’Italia (vol. 3) . Si tratta di pochi e frammentari oggetti: pezzi di pietra blu, verde e gialla, grani di corallo, di pietra etiope, una placca d’oro, un orecchio e un fallo in avorio, acini d’uva seccati, suole di mummia dorate, etc. Oggetti piccoli e trovati nelle «tombe o tra le bende delle mummie».

3me Cahyer

V Du n. 1 au n. 461 Objets en Bois VI 500 Scarabées

VII 931 Amulettes VIII Du n. 1 au n. 201 Petites Statues et Objets en pierre dure, en pierre calcaire &. IX Du n. 1 au n. 49 Petits Idoles en pierre calcaire, en faïence, en or &. X Du n. 1 au n. 40 Objets en cire XI Du n. 1 au n. 102 Mumies et autres objets

V. O BJETS EN B OIS TABLEAUX, STATUES , VASES, PLANCHES AVEC INSCRIPTION, CAISSES DE M O- MIES, D’ANIMAUX, PLAQUES &&… In questo capitolo sono elencati 461 oggetti – compresi i 13 aggiunti dopo 1820 – in legno meroitico, di ebano o di sicomoro di diversa tipologia: quadri/ tavole, stele, statue, statuette, cassette, vasi, parti di mobili, montanti e archi- travi di porte (nn. 254-257), sarcofagi e casse per le mummie, scatole a forma di animale che ne contengono la mummia, vasi canopi grandi e piccoli dipinti in nero (nn. 250-251). Si tratta soprattutto di oggetti che risalgono all’epoca faraonica, tanti sono di uso quotidiano come cucchiai con il manico fi gura- to (n. 354), cofanetti, astucci per il kajal, vasi anche alti solo cm 5 (n. 339), un arco da guerra (n. 276) e vari utensili con parti in osso o avorio e manici in legno (n. 270), o ancora, bastoni, pezzi di «corda di dattero che avvolge- vano una giara» (nn. 360-362). Esempi importanti di un’arte forse minore ma fondamentale per ricostruire gli usi e i costumi di questa antica civiltà. Completano l’elenco gli utensili che sono stati usati per realizzarli: mazzuole, Rassegna dei reperti egizi elencati nelle 106 pagine del manoscritto 87 tavolozze con colori e pennelli e un «cubito antico» 29 [fi g. 3]. Come negli altri Cahyer l’elenco non è ordinato per tipologia ma casuale. Tra gli oggetti in legno la collezione più ricca è quella di statue e statuette: circa 190. Esse sono state identifi cate come divinità della mitologia classica: «Tifone a testa di leone, Tifone con il grosso ventre e la testa di ippopotamo alto cm 30 senza piedestallo; uccello a fi gura umana con disco sulla testa, Mendez, Isis, Horus, Agatho-Demon»; altre più genericamente dalla testa dell’animale: sparviero, serpente, cane, gatto; altre ancora sono defi nite sem- plicemente piccoli idoli. Ma ci sono anche belle fi gure femminili e maschili rappresentate gradienti o assise, complete di una base e decorate con partico- lari e geroglifi ci incisi e colorati, o realizzati direttamente con il colore. Non c’è una netta distinzione tra le fi gure umane o di divinità siano esse stanti o assise. Alcune vengono descritte come avvolte à gaine 30 e con dei gero- glifi ci incisi o dipinti sia davanti che dietro. Si tratta molto probabilmente di fi gurette ushabti 31 che vennero trovate, numerose e molto simili tra loro, nelle tombe e facenti parte del corredo del defunto. Nella collezione di Drovetti è segnalato un gruppo di 24 provenienti probabilmente, anche se non specifi ca- to, dalla stessa tomba (nn. 101-125) e altre quattro simili alte cm 21 ritrovate insieme (nn. 96-99). Sempre facenti parte del corredo di una tomba proven- gono sette statue in legno in atteggiamenti diversi (nn. 215-227). La descrizione di alcune statuette è ricca di particolari, va dalla tipologia: stante, assisa o inginocchiata; dal materiale: scolpite nel legno di sicomoro oppure nel legno nero meroitico o nel legno di ebano; ad alcuni particolari: con il corpo avvolto, con sul capo degli attributi come piume, disco, o con l’acconciatura etiope (n. 240). «Una fi gura perfettamente conservata, avvolta con un piedestallo, decorata col colore rosso e bianco, e con geroglifi ci sia davanti che sulla base, alta cm 48 comprese le piume collocate sopra la testa» (n. 234)32 . In un’altra scultura «la fi gura appare inginocchiata con il braccio e mano sinistri appoggiati sulla coscia e l’altra mano portata alla fronte, deco- rata di giallo, rosso e dorata, alta cm 40 compresa la base e i simboli sopra il capo» (n. 238)33 . «Quattro fi gure in legno d’ebano con la testa d’Iside, uomo,

29 L’oggetto riproduce nelle dimensioni e nelle ripartizioni la misura usata nell’antico Egitto equi- valente a circa cm 52. 30 Sono fi gure che presentano una forma defi nita anche crisaliforme: tutto il corpo, ad eccezione della testa e delle mani, appare come avvolto da una fascia: le braccia ripiegate al petto e le mani incrociate e ben visibili e modellate, e con le gambe e i piedi paralleli e fasciati. 31 Statuine funerarie collocate nelle tombe per sostituire il defunto nei lavori dell’aldilà. 32 Identifi cato divinità Ptah-Sokar-Osiri. 33 Identifi cata nella dea Iside in lutto. Museo Egizio, cat. 0203. 88 Laura Donatelli sciacallo e sparviero di cm 29» non perfettamente conservate ma di ottima lavorazione (nn. 375-378)34 . Sono sommariamente descritte anche dieci sta- tuette di divinità dorate (nn. 422-432). Sono segnalate anche delle statuette frammentarie mancanti di un braccio o di un piede, o parte della testa. Purtroppo, non sempre le descrizioni sono completate con l’indicazione dell’altezza, un elemento fondamentale per l’identifi cazione. Particolari sono le fi gure di animali scolpite e decorate di geroglifi ci. Esse sono state scavate in una parte del dorso o della base per contenere nella ca- vità la mummia dello stesso animale che rappresentano: gatto (nn. 163, 269, 277-283), serpente (nn. 137, 198, 263-266), ibis (n. 153), pesce (nn. 286-294, 329), «sparviero con occhi posticci, cm 60» (n. 48, 67, 130, 239), volpe o sciacallo (n. 236), scimmia (nn. 35, 127), coccodrillo (n. 74). Le dimensioni variano da cm 60 x 28 a piccole di cm 15 x 8. Tra gli utensili da lavoro ritroviamo le mazzuole usate dallo scultore (n. 244), le tavolozze in legno duro per i pittori con 10 o 12 nicchie per i colori (nn. 73, 380) complete di coperchio e di pennelli. Alcune conservano ancora pietre di colore giallo (n. 381), la tavoletta per scrivere (n. 80, 84. 88) e «un lungo astuccio in legno foderato di cuoio contenente delle specie di cannelli» (n. 383). L’oggetto che dal suo ritrovamento ha più incuriosito gli studiosi è stato il «cu- bito antico o étalon métrique » in legno meroitico in uno stato di conservazione eccellente» con fasce di geroglifi ci e suddivisioni «differenti su più lati incise e colorate di bianco. Lungo cm 52 e alto cm 4» (n. 373). Già nel 1819 a Parigi Edme-François Jomard, venuto a conoscenza della scoperta dell’oggetto ad ope- ra di Drovetti, gli scrisse chiedendogli «le misure esatte della livella o misura antica che voi avete trovato a Tebe 35 . Egli studiò il cubito in modo scientifi co e presentò una memoria a L’Académie des Inscriptions nel 1822. Analogamente a Torino, con l’arrivo della collezione, Prospero Balbo pubblicò un suo studio sul cubito per l’Accademia delle Scienze 36 . Dal n. 1 al n. 13 e poi dal n. 19 al n. 22 e il n. 25 sono elencate «stele in legno con i piedi e con sul culmine un uccellino a testa umana» oggi chiamata la stele di Ba. Manca la descrizione completa per identifi care con precisione i singoli oggetti della collezione perché sono indicate solo le dimensioni che vanno da cm 57 di altezza per cm 31 di larghezza la più grande, da cm 30 x 20 la più piccola. Altre tipologie di stele sono descritte sommariamente. Solo

34 Si tratta della raffi gurazione dei quattro fi gli di Horus deposti su una mummia e corrisponden- ti alla raffi gurazione dei medesimi sui coperchi dei vasi canopi. Museo Egizio, cat. 7412. 35 S. Curto e L. Donatelli (a cura di), Bernardino Drovetti Epistolario, cit., lettera n. 104. 36 P. Balbo, De’ nomi di misure lineari adoprati ad esprimere misure di superfi cie pensieri di Prospero Balbo per servire ad interpretazione di antiche scritture d’Egitto , Accademia delle Scienze di Torino, Torino 1829 [fi g. 3]. Rassegna dei reperti egizi elencati nelle 106 pagine del manoscritto 89 poche sono descritte con cura come questa: «tavola quadrata, arrotondato nella parte superiore sormontato da un globo alato al centro e due fi gure che fanno un’offerta di [fi ori di] Loto a Horus con la testa di sparviero da un lato e Horus con la testa umana dall’altro; le fi gure dorate hanno sotto quattro fasce di geroglifi ci molto ben conservate e colorate. Cm 44 x 30» (n. 302). Quest’ultime sono entrate a far parte della collezione dopo il 1820. Casse e cassette sono quarantotto. Si tratta di cassette contenenti oggetti (n. 450) o «idoli in terracotta verniciata in nero così com’è stata trovata nella tomba» (n. 364). Aggiunta alla primaria collezione è una cassetta con tre divi- sioni con fi gure e «geroglifi ci colorati perfettamente conservati e brillanti, cm 30 x 15». (n. 310). Alcune cassette sono molto particolari perché decorate da un piccolo obelisco – a volte affi ancato dalla fi gura di Osiride – collocato sopra una base di forma allungata e contenente una piccola mummia (nn. 23, 136, 166-171, 188, 341). Sono descritti anche dei mobili: sgabelli (n. 235, 259), un mobile quadrato con coperchio e quattro gambe (n. 306), montanti e architrave di porta in legno decorati con geroglifi ci (nn. 254-257). Tra gli oggetti che accompagnavano la mummia dei poggiatesta: « reposoir – macchina per tenere la testa dell’uomo sdraiato parallela al corpo», decorati e ben conservati. Sono anche elencati alcuni frammenti di sarcofagi per mummie umane o di animali decorati con geroglifi ci, altri invece sono i «falsi» coperchi frammentari interni posti sopra la mummia in cui è ancora ben visibile «la testa femminile con occhi a intarsio in legno meroitico (n. 72), maschera di mum- mia in legno duro con occhi e sopracciglia posticci, cm 11 x 11» (n. 89); un altro coperchio interno «è decorato con un’iscrizione in caratteri ieratici «sul rovescio dall’alto al basso» (n. 271)37 . «Frammento di un coperchio di cassa per mummia è decorato con cinque colonne di geroglifi ci incisi e riempiti con tessere di pietre dai diversi colori imitanti le fi gure e i segni reali» (n. 303) 38 . Interessante una «piccola cassa di mummia contenente una fi gura crisalifor- me con iscrizione in caratteri corsivi» (n. 69). Rari sono i vasi in legno. Alcuni hanno la «forma di canopo con iscri- zione ieratica» alto cm 36 (n. 58), due «canopi sepolcrali verniciati in nero» (nn. 250-251), ma ci sono anche vasi per le offerte (nn. 61-62) e dei vasetti per la toilette (nn. 335-337).

37 Cassa (alveo) interna di mummia dello scriba Butehamon, Museo Egizio, cat. 2237, cfr. p. 15. Si tratta dei coperchi della cassa dello scriba Butehamon. E. Schiaparelli, Il libro dei funerari degli antichi egiziani, 3 voll., Loescher, Roma 1881-1890. 38 Frammenti di coperchio di cassa del sarcofago di Djedthotefankh, Museo Egizio, cat. 2241. 90 Laura Donatelli

VI. SCARABÉES Lo scarabeo è un oggetto tipico dell’arte egizia a partire dal secondo millen- nio a.C. In questo capitolo ne sono elencati 1500. Quelli di piccole dimensioni venivano utilizzati come sigilli e portati al dito in forma di anello. Su un lato è scolpito con precisione di dettagli il piccolo animale mentre sulla superfi cie piatta del ventre sono incisi dei geroglifi ci che ne identifi cano il proprietario, sia il faraone che il cittadino. Ritrovati in grande quantità sono stati raggruppati dal Drovetti in 27 fi lze di 50 scarabei, una da 42 e un’altra da 26. In totale 1418. Per questi non sono date indicazioni come le dimensioni o il materiale. Altri scarabei (dal n. 30 al n. 97) più grandi di dimensioni [al massimo cm 10], venivano collocati sulla mummia vicino al posto del cuore e oggi sono co- nosciuti come «scarabeo del cuore» 39 . Sulla superfi cie piatta della base di forma ovale è inciso il capitolo XXX del libro dei morti. Questi scarabei sono scolpiti in pietre più pregiate: scisto verde, steatite, diaspro, turchese, lapislazzuli, ema- tite o in terracotta dipinta 40 . Descritti singolarmente, di ciascuno è identifi cato il materiale e il numero di linee di geroglifi ci incise nella base da 14 a 5.

VII. AMULETTES Piccoli oggetti raffi guranti diverse divinità o simboli di divinità. I 903 più piccoli sono raggruppati in fi lze, solo 28 sono descritti singolarmente. Nel Catalogue è specifi cato che i più piccoli «sono stati trovati sempre vicino o dentro una mummia». Essi infatti venivano collocati tra le bende a protezione di un organo del corpo41 . Sono stati ordinati in fi lze dello stesso materiale: cornalina, pietra dura, legno dorato; oppure raggruppati per forma: sigilli con geroglifi ci o fi gure, vasi canopi. La lunghezza delle fi lze varia dal numero di amuleti riuniti da 14 a 59 oggetti per un totale di 90342 . Dal n. 25 si tratta di amuleti un po’ più grandi e sono stati descritti singo- larmente: «Harpocrate in faïence azzurra nell’atto di camminare con l’indice portato alla bocca e una treccia di capelli a destra; alt. cm 8» (n. 25). Diverse le divinità raffi gurate o i loro simboli: sfi nge, scarabeo, obelisco, capitello a fi ore di loto, trottola, testa di upupa, anfora, testa di leone, poggiatesta, angolo retto, coccodrillo, Isis, Mendez, Horus, Thot a testa di ibis. Per questi amuleti vari sono i materiali ma si tratta soprattutto di faïence azzurra, verdastra o scura, alcuni sono in legno, legno dorato, in oro (nn. 47-48) e in argento (nn. 49, 52).

39 S. Connor, Amuleti dell’antico Egitto, Museo Egizio, Torino - Franco Cosimo Panini, Modena 2016, pp. 90-93. 40 Si tratta molto probabilmente di faïence. 41 S. Connor, Amuleti dell’antico Egitto, cit., pp. 36-37. 42 Altri amuleti sono catalogati nel 1er Cahyer, capitolo II oggetti in bronzo e ferro. Rassegna dei reperti egizi elencati nelle 106 pagine del manoscritto 91

VIII. PETITES S TATUES ET AUTRES O BJETS EN PIERRE DURE, EN PIERRE CALCAIRE & Gli oggetti catalogati in questo capitolo sono 201. Per 2 statuette (nn. 43-44) è precisato che sono ripetute nel capitolo delle statue con il n. 86 e 96 43 . Non sono presenti oggetti aggiunti dopo il 1820. Il gruppo più numeroso – circa 86 – è composto da statuette di varia natu- ra, materiale, stato di conservazione; le misure, che non sono sempre indicate, variano da cm 7 a 23. Interessanti sono quelle raffi guranti «ritratti di famiglia» (nn. 94-98) e le dieci fi gure individuali (nn. 99-108); «fi gura seduta con le gam- be incrociate all’orientale, con le mani appoggiate sulle ginocchia e tre fi le di geroglifi ci incisi e dipinti di nero sul grembiule» alto cm 7 in marmo bianco (un piccolo scriba, n. 47). Non mancano statuette di divinità: Nefti, Tifone, Horus, Mendez e altre divinità. Esse sono rappresentate a corpo umano con testa animale oppure in forma animale: sparviero, coccodrillo, quaglia, serpen- te. Le statuette sono realizzate sia a tutto tondo che in basso rilievo su piccoli «sanctuaire-stele» (n. 45) raffi guranti più fi gure davanti ad una tavola d’offer- ta circondate da geroglifi ci. Un piccolo gruppo composto da «Iside, Osiride e Horus in pietra etiope nera, ben conservato e di ottima fattura con geroglifi ci alla base» (n. 152). Una «piccola placca in serpentina con un buco per essere sospesa, con rappresentato da un lato la testa di Tifone, sormontato da Horus in cammino su due coccodrilli con in mano quattro fi gure dello zodiaco: a de- stra lo scorpione e il capricorno, a sinistra i gemelli e il leone con due bastoni scettri a fi or di loto chiudono la scena a destra e a sinistra, in basso una linea di geroglifi ci incisi, come intorno e dietro» (n. 53) 44 . Si tratta probabilmente di una piccola riproduzione di stele di Horo sui coccodrilli con funzione di amuleto come un altro monile con la testa con la testa di scarabeo in lapislazzuli (n. 58). Sono elencati 14 vasi e vasetti di differenti materiali: calcare, steatite e ser- pentina, pietra nera etiope. Le misure sono molto varie: da pochi centimetri, identifi cati per contenere il kajal per gli occhi (n. 39), al «vaso [canopo] conte- nente parti di mummia con il coperchio a testa umana e iscrizioni geroglifi che alto cm 25» (n. 33). Nelle descrizioni è specifi cato che alcuni vasi sono ancora sigillati (n. 150). Sono descritte anche delle ciotole con le anse, dei mortai, delle coppe a becco, un incensiere in calcare (n. 30), due patere con corpo di pesce (nn. 34-35), delle coppe in pietra nera etiopica (nn. 3, 38). Interessanti sono gli stampi in calcare o pietra nera usati per realizzare delle statuette o degli ornamenti in faïence e in bronzo e cera (nn. 49-51, 115-121).

43 5me Cahyer, cap. XVI. 44 Un monile analogo in faïence è descritto nel 4me Cahyer, cap. XIV. 92 Laura Donatelli

Fanno parte dell’elenco frammenti di montanti, architravi e chiambrane di porte, in calcare decorato in stile egizio con geroglifi ci (nn. 16-19) 45 . Tra gli oggetti più interessanti un «frammento di squadra con geroglifi ci in pietra etiope (n. 1), due coltelli in pietra per aprire i cadaveri» (nn. 6-7), lampada in serpentina (n. 12), «letto a piede di leone in calcare con sopra distesa una mummia dello stesso materiale e ricoperta di geroglifi ci» (n. 22), incensieri, «e una pietra per mettere il succhiello che fa parte della collezione» (n. 157), bracciale da schiavo in granito (n. 26). Di non tutte le opere sono specifi cati il materiale, le dimensioni e lo stato di conservazione. Drovetti sottolinea lo stile greco di due opere in marmo bianco: una Venere (n. 60) e la testa piccola di un uomo anziano (n. 144). In ultimo sono citati due sacchetti contenenti frammenti di pietra e di mi- nerali e un gruppo di quaranta frammenti non identifi cati

IX. PETITS I DOLES EN PIERRE CALCAIRE, EN FAÏENCE , EN OR .

In questo capitolo sono elencate 49 tra statue e statuette in faïence blu, verde, nera e rossa, steatite e in oro, tutte facenti parte della prima collezione. Identifi cazione per le prime 36 è molto sommaria: « Statue double»46 in calca- re con 17 linee di geroglifi ci, h. cm 10 (n. 1) o faïence di colore verdastro o bluastro, con geroglifi ci davanti o davanti e dietro, altezza varia da cm 6 a 23. Alcune presentano dei particolari dipinti in nero. Probabilmente si tratta di statuette «ushabti» che facevano parte dei corredi funerari. Le restanti statuette sono quasi tutte ben conservate e raffi gurano «piccoli idoli» a testa di cinocefalo, sparviero, sciacallo, «Phallus di proporzioni cen- tuple rispetto alla fi gura umana sulla quale è rappresentato in pietra calcare dipinto di rosso» (n. 39) e Harpocrate con i suoi attributi in mano: la croce del Nilo e lo scettro a testa di upupa (n. 48). È descritta anche una statuetta votiva di «fi gura umana inginocchiata con un piccolo santuario sulle ginocchia in sci- sto verdastro» (n. 38). Tra le opere frammentarie la testa di uno sparviero con mitra, mutila, di lavorazione perfetta (n. 42). Sono descritte anche statuette raffi guranti Horus e Iside in oro (nn. 44-45) e Osiride, Iside e Horus lavorati a sbalzo su una placca in oro (n. 46).

45 Architrave e stipiti della porta della tomba di Tjanuni, Museo Egizio, cat. 1645, cfr. p. 15. 46 Double sostantivo usato per indicare fi gure della religione egizia. Rassegna dei reperti egizi elencati nelle 106 pagine del manoscritto 93

X. OBJETS EN C IRE

In questo breve capitolo sono elencate in modo generico 40 statuette a fi gura umana, di divinità a testa animale e di animali (cinocefali, scimmie e sparvieri, sciacalli e scarabei), quattro idoli con le stesse teste dei vasi canopi (n. 14). Le statuette sono modellate in cera e crisaliformi. La descrizione è molto sommaria, le misure variano da cm 26 a 8 di altezza. A volte con lo stesso numero sono raggruppati oggetti simili pertanto in totale le statuette elencate sono ottantasette. Sono descritte anche delle tavolette con simboli incisi come l’occhio e una con tracce di caratteri greci (n. 33).

XI. MUMIES ET AUTRES O BJETS

In questo capitolo sono elencate 7 mummie umane complete e ben conser- vate, quarantacinque mummie di animali, otto mummie non ben identifi cate tra le quali una di forma piramidale non aperta (n. 58)47 e alcuni resti come «capelli trovati in una mummia» (n. 27), viscere, corni di animali e uova di struzzo. Sono anche elencate trentuno tra casse e sarcofagi interi e ben conser- vati o frammentari, che in origine contenevano le mummie senza specifi carne la natura e la forma (nn. 71, 80-85, 88-102) per un totale di centodue oggetti compresi quattro aggiunti dopo il dicembre 1820. Tra le mummie di animali troviamo: coccodrillo, gatto, cane, bue, scimmia, mucca, falco e ibis, gallina, serpente e topo. Alcune tra queste mummie di animali, in particolare quelle dei gatti. sono collocate ancora nella loro cassetta originaria in legno dipinto e decorata con geroglifi ci (nn. 56, 70-71, 73). Tra le mummie umane è de- scritta quella di una donna che è stata trovata con sul seno la mummia di un embrione di bambino (n. 24), un’altra mummia di bambino di epoca greca è stata trovata con «il suo sarcofago in legno di sicomoro con pilastri quadrati agli angoli, con una linea di geroglifi ci sulla schiena e di caratteri greci sul davanti» (n. 77)48 . Una mummia è stata sbendata e la testa conserva i capelli intatti (n. 76).

47 Giulio Cordero di San Quintino scrive che le «mummie portate direttamente al lazzaretto di Livorno, furono aperte colà, e tutte più o meno tagliate e malconce», cfr. Parte II, Introduzione, § 8. Nella serie «Studi», a cura di P. Del Vesco, Ch. Greco e F. Poole, cfr. il recente Mummie Egizie di Torino , a cura di E. Fiore Marochetti, Museo Egizio, Torino - Franco Cosimo Panini, Modena 2019. 48 Sarcofago di Petamenofi dalla Tomba di Soter a Tebe. Museo Egizio, cat. 2230. Cfr. p. 18. 94 Laura Donatelli

4me Cahyer

XII Du n. 1 au n. 446 Objets en Terre cuite XIII Du n. 1 au n. 90 Vases et Objets en Albâtre XIV Du n. 1 au n. 191 Objets en Faïance et en verre XV Du n. 1 au n. 216 Meubles et Objets d’habillement

XII. OBJETS EN T ERRE CUITE

Il capitolo è composto da un lungo elenco di oltre 446 tra statue e statuette di divinità in terracotta in stile greco 49 , e vasi di varia foggia, funzione ed epoca. Il gruppo più numeroso è quello composto da statue e statuette che raffi gura- no Iside in stile greco alte da cm 18 a cm 50, alcune colorate e molto ben conser- vate (nn. 2-3), particolare è «Iside che allatta Horus su un capitello di acanto» (n. 398). Anche Horus è presente in più modi: assiso, stante, a cavallo del serpente Agathodemon (n. 15), oppure che tiene a sinistra un’anfora (n. 40) e ancora in- sieme a Iside. Sono raffi gurate anche altre divinità come: «Tifone con il coltello nella [mano] destra e scudo a sinistra» (n. 16), Cinocefalo, Minerva saitica (n. 25) e la Sfi nge fi gura di donna (Sakhmet) con una piccola lampada sul piedestallo (n. 11), una piccola statua con la testa di pipistrello (n. 34) e delle statue di vec- chi. Tra gli oggetti la maschera intera di una mummia greca (n. 38). Molto diversifi cato è l’elenco dei vasi: da quelli greci con anse e ben conser- vati alti da cm 28 a cm 13 (nn. 42-50) a quelli egizi decorati con geroglifi ci con una o due anse. Sono presenti anche dei vasi ancora sigillati (n. 65) contenenti della materia grassa, delle uova, e dei grani; vasi a collo lungo, di forma ovale, anfore e una giara con 4 anse alta cm 70 e con la bocca di cm 23 di diametro (n. 102). Ricca è la tipologia di vasi per uso quotidiano e funerario: brocche, piatti, patere, coppe, vasi a forma di bottiglia, vasi con il collo lungo, dalla bocca stretta; alcuni sono in terracotta e poi colorati di rosso o decorati con il fi ore di loto altri in faïence verde o azzurra. Uno solo di «forma oblunga, in argilla fi ne, alto cm 15 ha il colore della terra non cotta» (n. 84). Alcuni vasi prendono la forma umana come Tifone, Horus, o di semplice uomo; oppure forma animale come il «cinocefalo assiso che un tempo serviva da idrometro» (n. 76) o quello a forma di «topo in posizione di fermo con un’apertura sul dorso per contenere liquidi» (n. 386). Alcuni vasi in stile egizio presentano il corpo decorato con fi gure e geroglifi ci (nn. 190-191).

49 Afrodite per il culto domestico, Museo Egizio, cat. 7213-7219. Rassegna dei reperti egizi elencati nelle 106 pagine del manoscritto 95

Diversi sono i vasi canopi interi o di cui si conserva solo il coperchio fi gu- rato, alcuni ancora sigillati (nn. 168-171, 183,185). Quattro appartengono allo stesso defunto e hanno il coperchio a forma umana, di scimmia, di sciacallo e di falco (nn. 155, 157, 159, 161) e presentano dei geroglifi ci dipinti sul corpo del vaso50 . Un altro canopo in calcare bianco ben conservato con i geroglifi ci molto belli incisi sul corpo del vaso era stato catalogato dal Drovetti senza coperchio, che invece è stato ritrovato51 . Drovetti ha anche raccolto delle brocche contenenti ancora delle mummie di uccelli (nn. 199-202, 221)52 . Le lampade di epoca greca o successiva sono circa cinquanta (nn. 257-303). La forma è semplice, con ansa o senza, presentano vari elementi decorativi: fi gure di divinità, palmette, iscrizioni in greco, in copto, e raffi gurazioni di santi cristiani.

XIII. OBJETS EN A LBÂTRE I 90 oggetti elencati in questo paragrafo sono quasi tutti vasi prodotti dall’e- poca faraonica a quella romana: anfore con o senza anse, vasi di forma globulare con collo lungo e bocca stretta con o senza coperchio, scodelle, ciotoline con coperchio; alcuni sono decorati con geroglifi ci e quindi attribuibili ad epoca faraonica. Quindici sono stati aggiunti dopo il 1820. Sono presenti diversi vasi canopi, alcuni presumibilmente provenienti dallo stesso corredo tombale for- mano la serie completa dei canopi che accompagnavano la mummia, hanno dimensioni analoghe con testo in geroglifi co sul corpo del vaso, i coperchi diffe- renti a testa umana, di falco, di sciacallo e di scimmia (nn. 26-29 53 , 41-44 54 ). Per quattro di loro è specifi cato che non sono stati aperti (nn. 49-52 55 ). È descritta anche un’urna con coperchio a testa di bambino (n. 86). Gli altri vasi elencati sono comunque ben conservati, politi e alcuni di notevoli dimensioni (nn. 68- 70) e decorati con geroglifi ci. Tra gli oggetti troviamo un cucchiaio (n. 57), il manico di uno specchio (n. 83), una tavolozza per pittore (n. 85), e una statuetta di Iside con il piccolo Horus sulle ginocchia alta cm 15 (n. 90).

50 Vasi canopi di Ankhpakhered, Museo Egizio, Cat. 3464-3466. C. Dolzani, Vasi Canopi , Catalogo del Museo Egizio di Torino, serie II, Collezioni, vol. IV, Cisalpino-Goliardica, Milano 1982, nn. 19016-19019. Cfr. p. 122. 51 Vaso canopo del primo sacerdote di Amon Hapuseneb, Museo Egizio, cat. 3304. C. Dolzani, Vasi Canopi , n. 19002. Cfr. p. 17. 52 Altre mummie di animali sono descritte nel 3me Cahyer, cap. XI. 53 Vaso canopo di Ptahhotep, Museo Egizio, cat. 3214. C. Dolzani, Vasi Canopi , nn. 19022-19025. 54 Vaso canopo di Wahibra, Museo Egizo, cat. 3208. C. Dolzani, Vasi Canopi , nn. 19028-19031. Cfr. p. 23. 55 Vasi canopi di Herteb, Museo Egizio, cat.3211 e 3212. C. Dolzani, Vasi Canopi , nn. 19032-19035. Cfr. p. 23. 96 Laura Donatelli

XIV. OBJETS EN V ERRE ET F AÏENCE Con il termine moderno di «faïence», si indica la fritta smaltata56 usata nell’antico Egitto per realizzare piccoli oggetti decorativi a stampo 57 talvolta con alcuni particolari dipinti in colore contrastante. Alla polvere di silice o di quarzo venivano aggiunti, prima della cottura, dei pigmenti naturali per otte- nere il colore azzurro, turchese, rosso o giallo. Dopo la cottura l’effetto fi nale era lucido, simile agli oggetti più preziosi realizzati in pietra o oro. Il vetro è in realtà una pasta vitrea che viene utilizzata colandola in stampi quando è an- cora allo stato fl uido, per ottenere piccoli oggetti o amuleti e monili. L’effetto fi nale era traslucido e simile agli oggetti ottenuti con pietre semi-preziose. In questo capitolo gli oggetti elencati sono centonovantuno. Non sempre è specifi cato il materiale ovvero se si tratta di faïence o vetro [pasta vitrea], raramente sono indicate le dimensioni anche se quasi sempre sono descritti oggetti piccoli intorno ai cm 10 di altezza. Diversi sono i frammenti di statuet- te e i vasi interessanti per la lavorazione e il colore. Solo due oggetti sono stati aggiunti dopo 1820: «Un grosso piatto rotondo verniciato in azzurro verde di cm 42 di diametro» (n. 32) e «una placca rettangolare allungata con cornice in faïence azzurra, fi gure in blu, con uno scarabeo colorato di blu scuro in rilievo al centro di una rappresentazione di Barios [la barca del sole] con geroglifi ci sullo scarabeo, l’oggetto doveva essere sospeso al collo di un prete o di una mummia, 10 cm». (n. 76). Particolare è la descrizione di «un grosso pezzo di vetro colore smeraldo proveniente da scavi fatti intorno ad Alessandria in origine parte di una statua che si supponeva di smeraldo di cui tanto hanno parlato gli autori greci» (n. 38): è la prima volta che viene indicato il luogo di provenienza dell’oggetto e viene proposta un’ipotesi del suo contesto. Gli amuleti elencati sono circa una cinquantina. Rappresentano quasi sempre del- le divinità o i loro attributi: Anubis, Iside e Horus, Iside a testa di leone (n. 42)58 ; diverse sono le placchette quadrate con le fi gure in rilievo come «petit sanctuaire en faïence bleuatre avec trois divinites se tenant par la main» (n. 190)59 , esse venivano cucite tra le bende delle mummie come «lo scarabeo in vetro blu con laccio» (n. 188). I vasi, vasetti e coppe sono circa una quaranti- na. Di alcuni è specifi cata la forma: globulare, allungata, a fi aschetto, piccola bottiglia sfaccettata che doveva contenere dell’antimonio o della pittura nera

56 Composizione invetriata a base di polvere di quarzo ricoperto da smalto invetriato. 57 Sono catalogati anche degli stampi nel 3me Cahyer, VIII. 58 Oggi identifi cata con Sakhmet. 59 Si tratta probabilmente dell’amuleto con la triade Nefti-Horus-Iside. Museo Egizio, cat. 758: S. Connor, Amuleti, cit., p. 148. Rassegna dei reperti egizi elencati nelle 106 pagine del manoscritto 97 per gli occhi (n. 65). Sono descritti anche vasetti a forma umana o animale come ad esempio «di scimmia accovacciata in faïence verdastra che tiene una mela blu tra le zampe davanti e braccialetti nell’avanbraccio, i pugni, le cavi- glie e i ginocchi blu, cintura e fallo blu, dietro un occhio blu inciso, appeso ad una cintura cm 8» (n. 47). Tra i vasi uno «piccolo in faïence verdastra contenente ancora l’unguento così come è stato trovato nella tomba» (n. 189). Un oggetto molto particolare è un cucchiaio per le libagioni a fi gura d’uomo che tiene sulle spalle un capricorno, purtroppo senza indicazioni di materiale e misure (n. 51). Tra i monili è elencato in modo sommario un gruppo di qua- ranta anelli in vetro e faïence, di diversa forma e colore con o senza geroglifi ci (nn. 145-187). Completano il capitolo dei piccoli tubi per contenere il colore (nn. 68-69, 97) e delle piccole e frammentarie fi gure come l’occhio (n. 113) da inserire ad intarsio nel legno o nella pietra.

XV. M EUBLES ET O BJETS D’HABILLEMENT

Gli oggetti raggruppati in questo capitolo sono soprattutto elementi di ab- bigliamento: tessuti di lino, cotone e lana, non tutti di epoca faraonica o tarda, alcuni anche contemporanei del popolo nubiano. Molte sono le scarpe da adulto e bambino sia in cuoio chiuse con legacci che con le suole intrecciate di palma da datteri; diversi monili in argento e oro, maschere di mummia. I mobili sono pochi e piccoli, tipo cassette in legno e ceste intrecciate di varia forma. Non ci sono oggetti aggiunti dopo il 1820. In totale circa duecentosedici pezzi. Alcuni frammenti di tessuto conservano ancora tracce della pittura origi- naria (nn. 4-13) sia di epoca faraonica che copta (nn. 8, 31) e matasse di fi lo. Interessante è la «parte bassa di un involucro di mummia in tela dipinta e ricoperta di stucco con la rappresentazione di due schiavi con le mani legate dietro la schiena, ciascuno in una suola, uno bianco e l’altro nero» (n. 166) oppure tre «tavolette rotonde di stoffa con dipinti oggetti di culto da collo- care sulla testa del morto» (n. 168)60 . Sempre ritrovate su una mummia la maschera di un bambino (n. 61), quella di una donna con gli occhi fi nti e ben conservata di epoca greca (n. 216) e due tenie per avvolgere le mummie «sulle quali sono dipinte con dorature le divinità Camephis molto ben conservate» (n. 156). Un pettine in legno meroitico (n. 192) e diverse trecce di capelli (nn. 139-144). Tra i diversi monili un bracciale in oro che termina con le fi gure di Iside e Osiris (n. 205), diversi anelli tra cui uno in oro con incisa la fi gura di Iside seduta e vista di faccia tenente in una mano il globo e nell’altra il sistro

60 Le suole di mummia e i dischetti ipocefali di stoffa o di papiro con decorazioni servivano a proteggere il defunto in epoca tarda. Museo Egizio, cat. 2327. 98 Laura Donatelli

(n. 195) e un paio di orecchini con pendenti a testa di toro che termina con la coda di serpente (n. 198) ma anche orecchini in corallo (n. 177) e in fi ligrana (n. 199); collane fatte di conterie di vetro trovate sulle mummie con un dise- gno simmetrico rappresentante «quattro Nilometri su fondo diverso e due levrieri su base di diverso colore» (n. 174), quattro anelli aperti in avorio (nn. 182-185), fi bbie, spilloni per i capelli in avorio e legno (nn. 188-191) e una corona di foglie di dattero avviluppata in una stoffa, trovata sulla testa di una mummia con dei fi ori dorati o di metallo (n. 130). Tra gli oggetti molto interessante è una «misura antica [cubito] composto da tre pezzi di legno di cm 11 che si infi lavano in una corda: tutti e tre hanno una linea di geroglifi ci disegnati in nero» (n. 194). Varie e differenti per forma, con o senza coperchio, sono le ceste realizzate con foglie di palma da datteri intrecciate: cestino con il suo coperchio di forma allungata in foglie di dattero in perfetto stato di conservazione, cm 42 di altezza per 25 di larghezza (n. 73, 109). Di queste ceste non è specifi cato il contenuto che avevano quando sono state ritrovate nei corredi tombali. Un mobile in legno di sicomoro dipinto con fi gure e geroglifi ci (n. 215) e uno a forma rettangolare con piedini realiz- zato con le foglie di papiro (n. 111).

5me Cahyer

XVI Du n. 1 au n. 98 Statues XVII Du n. 1 au n. 41 Têtes, Bustes, et Fragmens de statues XVIII Du n. 1 au n. 31 Monumens XIX Du n. 1 au n. 3007 Medailles

Nei primi tre capitoli di questo Cahyer [XVI-XVII-XVIII] sono catalo- gate le statue di re, divinità, sacerdoti, uomini, donne, sarcofagi in pietra, sfi ngi e animali, colonne e capitelli, cippi, altari, opere di varie dimensioni sia intere che frammentarie. Si tratta della parte più preziosa, interessante e im- portante della collezione Drovetti, quella che fece esclamare a Jean François Champollion «Questo e cosa stupenda» entrando nel Museo il 9 giugno del 182461 . Purtroppo, la descrizione delle opere è molto sommaria ed è diffi cile riconoscerle tra quelle esposte oggi nelle sale del Museo soprattutto perché raramente sono indicate le dimensioni delle statue e i soggetti non sono iden-

61 J. Lacouture, Champollion, cit., p. 329. Cfr. Parte II, Introduzione, § 13. Figg. 9 e 12. Rassegna dei reperti egizi elencati nelle 106 pagine del manoscritto 99 tifi cati secondo le nostre attuali conoscenze. Talvolta la dimensione è solo paragonata a: più grande del vero, di media grandezza, piccola. In alcune grandi statue è stato inciso nella base il testo «Decouvert par Rifaud sculpteur au service di M. r Drovetti a Thebes 1818» 62 [fi g. 10] senza però il numero del Catalogue, pertanto la scritta ci conferma solo che la scultura proviene dalla collezione Drovettiana, dall’area tebana e l’anno di scavo. Nella descrizione quasi sempre è specifi cata la tipologia: seduta, inginocchiata, accovacciata, in piedi; il materiale: calcare, marmo bianco, granito grigio, granito rosso, pietra nera, scisto verde e alabastro. Con precisione sono indicati lo stato di conservazione o le parti frammentarie, l’abilità nell’esecuzione e le tracce del colore originario. Spesso è indicata la presenza di geroglifi ci incisi, senza però precisare la presenza dei cartigli reali. Non sono differenziati re e regi- ne dagli uomini e dalle donne; sono riconosciute solo alcune divinità come Horus, Iside, Mendez, e c’è confusione tra quella che per noi è oggi la sfi nge composta dal corpo di leone unita alla testa del faraone e la rappresentazione della dea Sakhmet chiamata erroneamente anch’essa sfi nge o Iside con testa di leone e corpo di donna. Tra le statue sono elencate anche quelle che raf- fi gurano animali come il leone e lo sparviero e l’ariete. Queste statue grandi e molto pesanti probabilmente furono trasportate da Alessandria a Livorno una o due per volta e questo giustifi ca la loro sommaria descrizione riportata nel Catalogue.

XVI. STATUES

In questo capitolo sono elencate circa 98 statue. Solo una è stata aggiunta alla collezione dopo il 1820 «in calcare fi gura assisa su un piedestallo h. cm 112 con una fascia di geroglifi ci intorno alla base» (n. 96). Le ultime due dell’elenco sono quelle citate nel 3me Cahyer nel capitolo VIII Petites Statues et autres Objets en pierre dure, en pierre calcaire, e sarebbero da aggiungere63 . Nel Catalogue è indicata la donazione di quattro statue al Louvre: due provengono da un gruppo di cinque statue uguali defi nite sfi ngi in granito nerastro raffi guranti una donna a testa di leone [Sakhmet] (nn. 25-29; [fi g. 4]) e le altre due al gruppo di otto sfi ngi in granito nero, diritte [sempre Sakhmet stante]. Infatti, a margine delle descrizioni è specifi cato che due di queste statue sono riservate al Musée de Paris. Giulio Cordero di San Quintino nella

62 Ad esempio le statue del Museo Egizio: Ramesse II, cat. 1380, Thutmosi III, cat. 1376, Sethi II, cat. 1363, Horemheb e Amon, cat. 768. 63 Cfr. cap. VIII, 43-44 non sarebbero da aggiungere in quanto già catalogate con i nn. 86 e 91 di questo capitolo. 100 Laura Donatelli sua prima visita al magazzino di Livorno riconosce le Sakhmet, ma le chiama Iside e ne conta diciannove: «dieci sedenti e nove ritte in piedi» 64 . Le con- fronta con quella già a Torino nel loggiato del palazzo della Regia Università inviata dall’Egitto nel 1759 da Vitaliano Donati65 . Altre due «Iside a testa di leone in granito nero alte 1 m. e 50 cm» (nn. 62-63) sono elencate separate e altre due si potrebbero riconoscere nelle sfi ngi in granito nero (nn. 34-36). Nel Catalogue le Sakhmet sarebbero in totale diciassette, numero che non cor- risponde alle diciannove statue viste da Cordero e non raggiunge il numero di ventuno grandi sculture della dea Sakhmet presenti attualmente in museo66 . Scorrendo l’elenco, con poche parole viene descritta la superba «statua colossale in pietra dura rossastra intera e molto ben conservata» (n. 53) che dovrebbe essere il colosso Osimandias67 oggi conosciuto col nome di Sethi II [fi g. 2], che tanto meravigliò i primi visitatori e studiosi 68 , mentre le «due sta- tue una assisa e l’altra in piedi sullo stesso piedestallo» potrebbe essere Amon e Haremhab alta più di due metri e molto ben conservata (n. 39)69 . Tra le statue di faraoni forse «un uomo assiso con le mani sulle cosce, in pietra calcare dipinta ornata di geroglifi ci e molto ben conservata H. cm 50» potrebbe identifi carsi con Amenhotep I (n. 95) 70 . Appena accennate come tre divinità in granito rosso (n. 35) sembra riconoscersi lo splendido grup- po scultoreo con il re Ramesse II e il dio Amon-Ra e la dea Mut (n. 35) del cui ritrovamento parla anche il conte Auguste de Forbin perché avvenuto

64 Giulio Cordero in «Giornale Arcaico». Cfr. Parte II, Introduzione, § 8. 65 Museo Egizio, collezione Donati cat. 245. R. Biraghi, Documenti inediti all’Archivio Storico dell’Università per la protostoria del Museo Egizio di Torino , in Egittologia in Piemonte, studi in onore di Silvio Curto, SPABA, Torino 2004. 66 S. Connor, Le statue della dea Sakhmet , Torino 2017, compresa quella portata da Donati. Cordero in una nota al ministro specifi ca che molte sono arrivate rotte, e ne trova alcune tal- mente frammentarie che subito non le aveva identifi cate. Probabilmente la sua rimostranza con Drovetti per questa parte importante della collezione arrivata in pessime condizioni fa sì che egli rinunci a mandarne quattro ai Musei Reali di Francia regalandole ai Savoia. ASTO, Misc. A, Mazzo 36. 67 Museo Egizio, cat. 1383. 68 G. Cordero di San Quintino, Lezioni Archeologiche intorno ad alcuni monumenti del Regio Museo Egiziano di Torino , Stamperia Reale, Torino 1824; cfr. anche F. Arthaud, Rapport sur le colosse de Turin explique par M. de San Quintino , ToAS, DRO.10, il carteggio Drovetti si trova anche pubblicato in L. Donatelli (a cura di), Lettere e documenti, cit., A6. 69 Gruppo di Haremhab con il dio Amon, Museo Egizio, cat. 768. 70 Statua processionale di Amenhotep I, Museo Egizio, cat. 1372. Rassegna dei reperti egizi elencati nelle 106 pagine del manoscritto 101 in sua presenza [fi g. 1] 71 . Sempre Ramesse II 72 potrebbe essere «il re guer- riero con il casco a grandezza naturale che esige dei restauri per riunire i pezzi staccati. Questa statua in granito nero è curiosa per i suoi accessori e lo stile» (n. 83) [fi g. 11]. Molto probabilmente il faraone Amenhotep II «inginocchiato è arrivato (rotto) in due pezzi e in due casse, in granito rosa» (n. 40)73 . La statua di «donna seduta su una sedia pettinata nell’antico stile egiziano che tiene una mano sul petto, in granito fi ne variegato e ben conser- vata» è probabilmente la principessa Redji della III dinastia (n. 4, cat. 3065).). Diverse sono le statue di fi gure offerenti inginocchiate o accovacciate che porgono o una stele o la fi gura di divinità in un santuario, ad esempio con la fi gura di Iside che tiene un bastone in mano contro il suo corpo (nn. 5, 8, 11, 15)74 o un Teoforo che tiene un cippo sul quale è posta la testa di un ariete con geroglifi ci colorata e ben conservata cm 50 (n. 93), nel quale oggi si riconosce l’offerente servitore della Sede della Verità Penmernab che sostiene davanti a sé un naos con la testa in forma animale del dio Amon-Ra 75 . Interessante, ma molto diffi cile da identifi care, è un gruppo di sedici statue in calcare alte da 15 a 25 cm «Queste statue sedute o stanti sono dei ritratti di famiglia. Sei formano un gruppo di due persone sulla stessa sedia. Le sedie sono decorate con geroglifi ci, le fi gure sono dipinte e quasi tutte ben conservate» (nn. 66- 81). Simili a queste ne sono elencate diverse sia in calcare che in granito con tracce di colore e di geroglifi ci incisi. Anche l’identifi cazione delle sfi ngi vere è problematica. Ne elenca diverse: una piccola sfi nge in granito rosa corpo di leone e testa di donna (donna forse perché senza barba?) ben conservata76 (n. 6), mentre le due grosse sfi ngi in pietra calcare77 (nn. 43-44) sono sicuramente quelle che cita anche Cordero di San Quintino nella lettera al Drovetti «che hanno il segno delle catene che le hanno sfregate durante il viaggio dall’Egitto a Livorno» 78 . Un’altra sfi nge in calcare è stata trovata avvolta nella stoffa (n. 65). Tra gli animali sono elencate le statue di due leoni probabilmente di epoca ellenistica perché uno in marmo bianco e l’altro appoggiato sul fi anco (nn. 1-2) due sparvieri (n. 33, 89) e un ariete (n. 37).

71 Tre divinità in granito rosso , Museo Egizio, cat. 767. A. de Forbin, Voyage dans le Levant , cit., p. 267. 72 Statua di Ramesse II, Museo Egizio, cat. 1380. 73 Amenhotep II nell’atto di offrire due vasi globulari alle divinità (Museo Egizio, cat. 1375). 74 Statua di Qen, sacerdote della dea Anuqet, Museo Egizio, cat. 3016. 75 Statua di Penmerenab, Museo Egizio, cat. 3032. 76 Sfi nge etiopica, Museo Egizio, cat. 1413. 77 Sfi ngi colossali. Museo Egizio, cat. 1408-1409. 78 S. Curto, L. Donatelli, Bernardino Drovetti Epistolario, cit., n. 221. 102 Laura Donatelli

Tra le opere vengono evidenziati i reperti di arte classica, attualmente con- servati nel Museo d’Antichità del Polo Reale (ringrazio Gabriella Pantò che le ha identifi cate) come «Minerva più grande del naturale in marmo bianco con la testa separata dal corpo che esige un restauro, considerevole» (n. 7) 79 , «statua in marmo bianco seduto all’orientale» 80 (n. 61) e «un fauno in marmo bianco, stile greco oggetto prezioso» (n. 23).

XVII. TÊTES, BUSTES, ET F RAGMENS DE STATUES Come indicato dal titolo in questo capitolo sono elencate solo delle statue frammentarie. In totale quarantun oggetti. L’ultimo è stato aggiunto dopo il 1820 e si tratta del busto in porfi do di un guerriero romano rotto in due pezzi, mancante della testa, delle gambe e delle braccia, con la testa di una medusa sul petto (n. 41)81 . Delle altre statue di alcune si conserva la testa, di altre la parte inferiore del busto. È diffi cile identifi carle dalla succinta descrizione che non sempre comprende il materiale, le dimensioni, e la presenza di elementi caratterizzan- ti come gli attributi per le divinità, il copricapo per i re etc. Alcune sono statue di offerenti di cui si conserva la parte inferiore del corpo inginocchiato con un santuario tra le mani (nn. 3-4, 20). Di grandi dimensioni è descritta «una testa di statua più grande del naturale» (n. 27) e una testa colossale di montone che faceva parte di una sfi nge (n. 35).

XVIII MONUMENS Trentuno oggetti sono considerati opere monumentali: sarcofagi, capitelli, colonne, punte di piramidi, cippi e altari e parte di statue come «la base di una statua in granito rosso con una linea di geroglifi ci incisi di cui resta solo una parte del piede destro»: il materiale, la descrizione e le misure corrispondono alla base della statua del re Merenptah solo il piede che rimane è il sinistro 82 ! Purtroppo, di quasi tutti questi oggetti non sono indicate le misure, ma solo il materiale e la presenza di colore e/o geroglifi ci. Sono elencati sei sarcofa- gi 83 in pietra – granito rosso o grigio e calcare – di cui alcuni frammentari

79 Athena, Musei Reali Torino, Museo Antichità, Inv. 273. 80 Uomo seduto acefalo, Musei Reali Torino, Museo Antichità, Inv. 268. 81 Imperatore, personaggio loricato in porfi do, Musei Reali Torino, Museo Antichità, Inv. 272. 82 Base di statua di faraone in porfi do, Museo Egizio, cat. 1382. 83 Scavi ungheresi a Tebe hanno trovato in un profondo pozzo altri frammenti di questi sarcofagi e una scritta di Antonio Lebolo, agente di Drovetti. Dalla stessa tomba proviene probabilmente anche il sarcofago di Petamenofi , p. 93. Cfr. pp. 17-18. Rassegna dei reperti egizi elencati nelle 106 pagine del manoscritto 103

(nn. 12-16), solo uno è intero con il suo coperchio in granito ed è ben con- servato (n. 19)84 . Tra gli elementi architettonici tre capitelli con sulle quattro facce la fi gura di Iside con le orecchie di donnola (nn. 4-6), uno in calcare dipinto (n. 29) e un altro solo in calcare (n. 31); tre colonne di tempio in pietra calcare (nn. 24-26), due piccole piramidi in calcare (nn. 17-21); il fram- mento in pietra di una porta. Tre cippi o altari in pietra di forma circolare o quadrangolare con iscrizioni e scene di sacrifi ci (nn. 1-3, 30) e altri di for- ma piramidale (nn. 10-11). «La pietra monumentale in granito nero in parte scavata e che porta su un lato un’iscrizione o dedica in lingua greca» (n. 7) 85 potrebbe essere la Stele trilingue – greco e demotico e geroglifi co – studiata prima ancora che arrivasse a Torino da Giulio Cordero di San Quintino86 e poi da Amedeo Peyron87 . Appena venne trovata, T. Young ne chiese una co- pia in gesso agli agenti del Drovetti perché sosteneva «essere lui il solo uomo vivente, che potesse compiutamente apprezzare il valore di tal monumento»88 perché era considerata importante come la Stele di Rosetta per lo studio dei geroglifi ci. Di epoca greca un piede colossale in marmo bianco lungo cm 70 con sul lato le fi gure di Serapide e Iside con il corpo di serpente e dietro quella di Harpocrate (n. 27)89 anche se in parte frammentario la lavorazione è prezio- sa e potrebbe trattarsi di un ex voto.

XIX MEDAILLES La collezione Drovetti comprende anche 3007 medailles di epoca greco- romana, siriana e cirenaica. Si tratta di monete di cui non è stata specifi cata la provenienza se da scavo o da acquisto. Nel Catalogue esse sono state sud- divise solo per materiale: oro, argento, bronzo, potin e piombo. La maggior parte sono in bronzo (1750) risalenti genericamente al periodo Tolemaico e Imperiale. Diverse centinaia in piombo e in potin senza nessuna identifi cazio- ne del periodo. Più di cento in argento attribuite ai «greci o ai latini» e sei in oro riconducibili all’Egitto e alla Cirenaica. Queste medailles sono confl uite nella collezione numismatica del Regio Museo di Antichità greco-romane già

84 Sarcofago di Thutmosi, Museo Egizio, cat. 2204. Cfr. p. 17. 85 Stele di Cesarione, Museo Egizio, cat. 1764 [fi g. 5]. 86 G. Cordero di San Quintino, Notizie intorno alla collezione di antichità egizie del cav. Drovetti , cit. Cfr. Parte II, Introduzione, § 8. 87 A. Peyron, Saggio di studi sopra papiri, codici cofti ed una stele trilingue del Regio Museo Egiziano (letta il 27 maggio 1824), in «Memorie della Reale Accademia delle Scienze di Torino», XXIX, 2, 1825, pp. 70-82. 88 Th. Young, An account of some recent discoveries, J. Murray, London 1823, p. 36. 89 Piede votivo, Museo Egizio, suppl. cat. 17137. 104 Laura Donatelli al tempo dell’accorpamento dei due musei (1832). Fabretti ha catalogato tutte le monete dei Musei Reali suddividendole per luogo di provenienza e crono- logicamente, senza però indicarne la collezione originaria90 . Nel 1957 questa collezione è stata unita alla collezione Numismatica del Museo Civico. Dal 2001 tutta la collezione Numismatica è conservata nel Museo di Antichità. Attualmente (dal 2015) sia il Medagliere Reale conservato presso l’Armeria Reale che il Monetiere del Museo di Antichità fanno parte dei Musei Reali91 .

XX RECAPITULATION Il Catalogue termina con un breve riepilogo dei 5 Cahyer con il loro conte- nuto. Esso è servito al Cordero di San Quintino per redigere il suo Sommario alla fi ne del lavoro di identifi cazione e conteggio di tutti gli oggetti della col- lezione Drovetti prima del loro passaggio di proprietà. Mantenendo lo stesso ordine, egli ha talvolta modifi cato nelle singole voci i quantitativi e ha aggiun- to alla fi ne due capitoli radunando le antichità non comprese nel Catalogue: 68 piccoli oggetti vari e «15 varii modelli in legno di antichi templi e monu- menti Egiziani» e che oggi sappiamo furono realizzati dal J.J. Rifaud92 . Questi oggetti sono stati regalati dal Drovetti ai Savoia nel febbraio del 1824 insieme alle quattro statue di Sakhmet destinate al Louvre [fi g. 8].

CONCLUSIONE La collezione di antichità del cavalier Drovetti è ricca non solo per la quantità di oggetti ma anche e soprattutto per la sua varietà: dalle statue agli utensili, dai mobili alle mummie, dai vasi agli amuleti. Gran parte di loro for- mavano i corredi funerari delle tombe private della necropoli tebana dove gli agenti dell’ex-console di Francia hanno scavato per diversi anni. Essi, anche se al tempo misteriosi, sono stati accuratamente raccolti seguendo l’indirizzo enciclopedico in voga dalla metà del Settecento e, sulla base delle nostre co- noscenze attuali, sono ancora più interessanti perché ci permettono di rico- struire l’arte e la cultura nella quotidianità di questa antica civiltà.

90 A. Fabretti, F. Rossi e R.V. Lanzone, Regio Museo di Torino: monete greche e romane , Paravia, Torino 1883. 91 Ringrazio Elisa Panero, Ministero dei Beni e delle attività culturali e del turismo – Musei Reali Torino, Area Patrimonio, curatore Archeologia e Numismatica, per il prezioso aiuto nel ricostru- ire gli spostamenti delle Medailles nelle differenti collezioni dei musei torinesi. 92 S. Einaudi, Rifaud, Drovetti e i modellini del Museo Egizio di Torino , in «Studi Piemontesi», 2016, XLV, 2, pp. 501-506. Rassegna dei reperti egizi elencati nelle 106 pagine del manoscritto 105

Fig. 1. «Tre divinità in granito rosso» ( Catalogue, XVI, 35); Amon, Ramesse II e Mut (Museo Egizio, cat. 767). © Foto di Nicola Dell’Aquila e Federico Taverni/Museo Egizio. 106 Laura Donatelli

Fig. 2. «Statua colossale in pietra dura rossastra intera e molto ben conservata», detto Colosso di Osimandias (Catalogue, XVI, 53); Sethi II (Museo Egizio, Cat. 1383). © Foto di Nicola Dell’Aquila e Federico Taverni/Museo Egizio. Rassegna dei reperti egizi elencati nelle 106 pagine del manoscritto 107

Fig. 3. «Cubito antico [...] in legno meroitico in uno strepitoso stato di conservazione [...] lunghezza cm 52» (Catalogue, V, 373). Museo Egizio, cat. 6347.

Fig. 4. «Cinque Sfi ngi in granito nerastro rappresentanti una donna a testa di leone {due di queste statue sono riservate al Museo di Paris}» ( Catalogue, XVI, 25-29); Sakhmet (Museo Egizio). 108 Laura Donatelli

Fig. 5. «Pietra monumentale in granito nero con una parte incisa e portante su una delle sue facce una iscrizione o dedica in lingua greca», detto Cippo trilingue ( Catalogue, XVIII, 7); disegno di Giulio Cordero di San Quintino pubblicato in Notizie intorno alla collezione di Antichità egizie del Cav. Drovetti, in «Giornale arcaico di scienze, lettere ad arti», XIX, luglio- settembre 1823, cfr. nota 120. Stele di Cesarione (Museo Egizio, cat. 1664). Rassegna dei reperti egizi elencati nelle 106 pagine del manoscritto 109

Fig. 6. Frontespizio del Catalogue de la Collection d’antiquités de Monsieur le Chevalier Drovetti (Archivio dell’Accademia delle Scienze di Torino, MSR 342-1-E.I.3). 110 Laura Donatelli

Fig. 7. Catalogo sommario allegato all’atto di acquisto fi rmato da Giulio Cordero di San Quintino in data 30 ottobre 1823 (Archivio di Stato di Torino, Sezioni Riunite, cfr. nota 145). Rassegna dei reperti egizi elencati nelle 106 pagine del manoscritto 111

Fig. 8. Ricapitulation ( Catalogue, XX). 112 Laura Donatelli

Fig. 9. Marco Nicolosino, Sala del Regio Museo Egizio, disegno a penna e acquerellato seppia, s.d. (donato al Museo Egizio da P.E. Ferreri).

Fig. 10. Nome dello scopritore Jean-Jacques Rifaud inciso sulla statua del faraone Thutmosi III rinvenuta a Tebe nel 1818 (Museo Egizio, cat. 1376). Cfr. p. 34. Rassegna dei reperti egizi elencati nelle 106 pagine del manoscritto 113

Fig. 11. «Re guerriero con casco a grandezza naturale che esige dei restauri per riassemblare i pezzi staccati, questa statua in granito nero è curiosa per gli accessori e lo stile» ( Catalogue, XVI, 83); Ramesse II (Museo Egizio di Torino, cat. 1380). 114 Laura Donatelli

Fig. 12. Ricostruzione ipotetica in base ai documenti del primo allestimento del Museo nell’a- trio del Palazzo del Collegio dei Nobili nel 1824 (disegno a china e acquerello di Laura Donatelli, 2019).

Fig. 13. Drovetti e Auguste de Forbin in Egitto (l’originale in bianco e nero in A. De Forbin, Voyage dans le Levant, Paris 1819). Cfr. p. 35. Rassegna dei reperti egizi elencati nelle 106 pagine del manoscritto 115

Fig. 14. «Grande quadro [...] la parte superiore comincia con dei numeri che possono essere la data dell’epoca, sotto una figura seduta con gli emblemi dell’iniziazione in mano e nelle linee dei geroglifici che ha ai suoi piedi un’ellisse contenente il nome del re [...]. Cm 170 x 66» (Catalogue, III, 135). Stele di Meru (Museo Egizio, cat. 1447). © Foto di Nicola Dell’Aquila e Federico Taverni/Museo Egizio. 116 Laura Donatelli

Fig. 15. In alto: « DROVETTI 1816» inciso all’interno del Tempio Piccolo di Abu Simbel. In basso: veduta generale dei monumenti di Abu Simbel, disegnata da Gau nel 1818. Cfr. p. 33. collezioni antichità egizie acquistate in Europa dal 1818 al 1828 LIRE / FRANCHI 400/mila MUSEO EGIZIO TORINO

8234 ANTICHITA' 250/mila PARIGI

150/mila PARIGI 2000 100/mila PARIGI OGGETTI BERLINO 4000 OGGETTI FIRENZE

60/mila MUSEI 2500 VATICANI OGGETTI 1617 50/mila LONDRA OGGETTI 36/mila S. PIETRO BURGO FIRENZE

30/mila 1400 PARIGI PARIGI vende 1 reg. naos oggetti sarcofago collezione SALT GUIDI DROVETTI Nizzoli DROVETTI D'ANASTASI DROVETTI DURAND SALT DROVETTI PASSALACQ. ANNO 1818 1823 1823-1824 1825 1826 1827 1828

Fig. 16. Questo grafi co confronta le collezioni di antichità egizie raccolte in Egitto «nell’età dei consoli» e vendute alle corti europee tra il 1818 e 1828. La collezione Drovetti acquistata dai Savoia è la più grande e forma il primo Museo Egizio al mondo. La Francia crea una sezione egizia nei Musei Reali due anni dopo, unendo diverse collezioni, le più importanti sono Durand, Salt e Drovetti. Quest’ultima è stata acquistata ad un prezzo superiore rispetto le precedenti trattative grazie alla recente comprovata decifrazione dei geroglifi ci ad opera di Champollion, mentre Nizzoli e Passalacqua devono accontentarsi, per ragioni differenti, della metà del prezzo inizialmente richiesto. 118 Laura Donatelli

Abbreviazioni

ASTO = Archivio di Stato di Torino (ove non specifi cato si intende la Sezione Corte, in Piazza Castello, n. 209). Museo Egizio = Fondazione Museo delle Antichità Egizie di Torino (per i reperti si fa riferimento al numero di catalogo dato da A. Fabretti, F. Rossi e R.V. Lanzone nel volume Regio Museo di Torino, antichità egizie , Regia Stamperia, Torino 1882-1888). ToAS = Archivio storico dell’Accademia delle Scienze di Torino.

Ringraziamenti

Ritrovare il manoscritto del Catalogue della collezione Drovetti è stato per me una grande emozione. Sapevo della sua esistenza, ma lo pensavo irrime- diabilmente perduto. Ringrazio dunque l’Accademia delle Scienze che mi ha dato la possibilità di studiarlo, ricostruendone la storia e l’importante utilizzo durante la tratta- tiva per l’acquisto e la prima sistemazione della collezione nelle sale del suo palazzo. Il mio lavoro, guidato e incoraggiato da tutto il personale dell’Acca- demia, si conclude oggi con la pubblicazione del presente volume monogra- fi co delle «Memorie». Per questa ricerca – durata quattro anni – ho consultato gli Archivi di Stato di Torino, l’Archivio della Città di Torino e quello di Pinerolo, la Biblioteca Reale, la Biblioteca Silvio Curto del Museo Egizio, la Biblioteca Civica di Torino, la Biblioteca della Fondazione Einaudi di Torino e la Biblioteca Labronica di Livorno; i Musei Reali e il Museo Egizio di Torino: a tutti un sincero ringraziamento per avermi facilitato le ricerche con preziosi consigli e grande disponibilità nell’accogliere le mie richieste. Ringrazio Alessandro Roccati che è stato prodigo di suggerimenti e pa- ziente nell’ascoltarmi. Un ricordo affettuoso va al mio maestro Silvio Curto (1919-2015), che mi ha trasmesso la sua passione per lo studio e la ricerca sulla fi gura di Bernardino Drovetti e le origini del Museo Egizio, passandomi poi il testimone. APPENDICE

Acc. Sc. Torino MemorieAtti Sc. Mor. Sc. Mor.147 (2013)43 (2019), 121-131, 2 fiFILOLOGIA, gg., 4 tabb. ARCHEOLOGIAGLOTTOLOGIA,, EPIGRAFIA STORIA, NUMISMATICALETTERARIA DELL’ANTICHITÀ CLASSICA

Corrispondenze della numerazione del Catalogue sugli oggetti della Drovettiana

di ELVIRA D’AMICONE*

Anni fa cominciai una ricerca sulle classifi cazioni degli oggetti del Museo sulla base di etichette e numeri riportati sugli stessi. Sequenze e tipologie di cartellini evidenziavano attività di catalogazione iniziate e interrotte fi no a quella edita nel 1882 e 1888 nei due volumi Regio Museo di Torino. Antichità egizie a cura del direttore Ariodante Fabretti e dei suoi collaboratori, l’egittologo Francesco Rossi e l’arabista Ridolfo Vittorio Lanzone (di seguito riportati come Fabretti, Rossi e Lanzone 1882) 1..Già Silvio Curto 2 nella sua Storia del Museo Egizio di Torino rife- riva di numerazione di «oggetti a gruppi, defi niti ciascuno per collocazione in una certa area espositiva, e ancora numerati ciascuno da capo» con etichette talvolta sovrapposte, che testimoniavano l’esistenza di catalogazioni effettuate in tempi e con modalità diverse. Quanto di questi numeri fossero da attribuire alle originarie inventariazioni drovettiane non era facile da stabilire per le vicende che tali segnature avevano avu- to nella storia della collezione. Le relazioni delle sedute della Giunta Accademica informano su come il Conservatore 3 «avesse tolto alla massima parte degli oggetti il numero loro apposto, e corrispondente a quello del Catalogo Drovetti» 4 e nel 1832: «un piccolissimo numero dei monumenti porta ancora il numero, col quale è indicato nella rispettiva serie del catalogo. A tutti gli altri monumenti venne tolto il segno numerico, e manca perciò l’unico mezzo di una facile ricognizione dei medesimi» 5. «A tutte le stele manca affatto il numero; nella classe dei bronzi, ferro e piombo, che somma a 487, soli cento ancora lo conservano; pochissimi papiri han-

* Già Direzione dell’ex Soprintendenza al Museo delle Antichità Egizie di Torino e docente di Materiali dell’arte egizia e loro conservazione nell’Università degli Studi Torino (aa. 2004-2011). 1 A. Fabretti, F. Rossi e R. Lanzone, Regio Museo di Torino. Antichità egizie , 2 voll., Torino 1882, 1888. 2 S. Curto, Storia del Museo Egizio di Torino, Centro Studi Piemontesi, Torino 1990, p. 121. 3 Il cav. Giulio Cordero di San Quintino aveva seguito le procedure di acquisto e successiva collocazione della raccolta nel Palazzo dell’Accademia delle Scienze: il suo operato fu soggetto a severe critiche con conseguente destituzione dall’incarico (1823-1832). 4 A. Fabretti, Documenti per servire alla storia del Museo di antichità di Torino , per i tipi dell’au- tore, Torino 1888, p. 34. 5 Ibidem, p. 31. 122 Appendice no il numero antico; altrettanto dicasi delle altre classi» 6. Tuttavia,dalle stesse rela- zioni siamo informati dell’originaria esistenza di «segnature» sui reperti: «ciascun oggetto è descritto in ordine numerico progressivo corrispondente precisamente al numero che agli oggetti erano in realtà impressi, od annessi mediante tavolette di legno e di carta»7. Fidando su queste permanenze seppure limitate e ritenendo che la lista non avesse potuto prescindere dai riporti sugli oggetti per evidenti necessità di trac- ciabilità in fasi di passaggio da proprietario a proprietario, ci siamo indirizzati al reperimento di corrispondenze. La documentazione a suo tempo raccolta ha evidenziato le seguenti modalità di «riporto”, che in questa sede illustriamo in relazione a due delle sezioni del Catalogue e che si aggiungono a quanto reperito da Laura Donatelli sul vaso canopo Cat. 3465, corrispondente alla catalogazione drovettiana 157 del 4 me Cahyer, XII Objets en Terre cuite8. Il primo gruppo di reperti è costituito da stele lignee del Terzo Periodo Intermedio ed epoca greco-romana, collocate su supporti a scaletta e dotate dell’immagine dell’anima del defunto in forma di Ba , inserita nel foro al centro della parte centinata. La corrispondenza del numero drovettiano fi gura sul retro, scritta a penna direttamente sulla superfi cie lignea con pennino intinto in inchio- stro nero e preceduto dalla lettera N con apici a ricciolo e asta destra leggermente più alta della sinistra. I nn. sono riportati nella TABELLA I. Segnaliamo che i supporti a scaletta dovettero essere separati dopo l’acquisto e presumibilmente recuperati in data successiva al 1888, poiché non sono ripor- tati nelle descrizioni del Fabretti, Rossi e Lanzone 1882. Sempre con riferimento alla stessa categoria di iscrizioni, altri due esemplari riportano contrassegni nu- merici corrispondenti a quelli della lista del Catalogue (TABELLA II). A completamento della sezione dedicata alle citate stele lignee, e sebbene prive del contrassegno numerico correlato alle numerazioni del Catalogue , la TABELLA III riporta anche le identifi cazioni, effettuate sulla base di descrizioni e misure. Inoltre la distanza tra il primo gruppo di stele e gli esemplari 304-305 confer- ma l’ipotesi di logistiche redazionali di tipo pragmatico, che potrebbero anche non escludere tempi e autori diversi. Ulteriore testimonianza possiamo conside- rare l’assenza di sequenza nelle stele degli «eccellenti spiriti di Ra» della sezione Tableaux ou pierres sepulcrales del capitolo III. È una produzione votiva, in cui il defunto è in adorazione della barca solare, defi nita Barios (piccola imbarcazione fl uviale). Tali iscrizioni fi gurano nei Tableaux ou pierres sepulchrales ai nn. 39-40,

6 Ibidem, p. 34. 7 Ibidem, p. 31. 8 Sulle complessità dei cataloghi della collezione di Drovetti cfr. a) lettera del 17 febbraio 1820 inviata da Drovetti a Balthalon in S. Guichard, Lettere di Bernardino Drovetti Console di Francia ad Alessandria d’Egitto (1803-1830), a cura di L. Donatelli, Accademia delle Scienze di Torino, Torino 2005, p. 364; b) lettera del 16 maggio 1822 scritta a Drovetti da Carlo Vidua, in S. Curto e L. Donatelli, Bernardino Drovetti. Epistolario, Cisalpino-Goliardica, Milano 1985, pp. 200-201. Appendice 123

Catalogue capitolo V Numero Fabretti, Rossi Bibl. drovettiano e Lanzone 1882 n. descrizione Misure sul reperto Cat. Misure (cm) 9 Tableau avec 40 x 27 9 1529 42 x 29P. Munro, Die ses pieds senza punto spätägyptischen Toten- dopo la cifra stelen, in «ÄgForsch» 25, vol. I, 1973, p. 246, Taf. 21, Abb. 75

17 Tableau 49 x 30 17. 1631 48 x 31 Ibidem, p. 242 con il punto dopo la cifra

19 Tableau 36 x 26 19. 1605 36 x 27 Ibidem, p. 225, Taf. id. supra 20, Abb. 70. E. D’A- micone e E. Giaco- bino, Dalla Natura all’Arte. Storie di pie- tre, animali e piante nella Valle del Nilo, Biblioteca di Monca- lieri (To), 2007, n. 94, pp. 174-175 21 id. 2 36 x 25 21. 1530 35 x 26P. Munro 1973, cit. id . supra supra, p. 225. E. D’A- micone e E. Giacobi- no, 2007, cit. supra, n. 80, p. 160

TABELLA I. Corrispondenze numeriche con il Catalogue, Fabretti, Rossi e Lanzone 1882 e la ricognizione di chi scrive con riporto della grafi a dei numeri. Cfr. E. D’Amicone e K. Do- neux, Chemical Analysis and Technical Research- Stelae in Stuccoed and Painted Wood in the Ptolemaic-Roman Period, in P. Parrini (a cura di), Scientifi c Methodologies applied to Works of Art, Arcadia Edizioni, Firenze 1986, pp. 185-187. 124 Appendice

Catalogue capitolo V Numero Fabretti, Rossi e Bibl. drovettiano Lanzone 1882 sul reperto n. descrizione Misure Cat. Misure (cm) 12 id. con ri- 404 x 27 12. 1641 30 x 23 P. Munro ferimento con il punto dopo la 1973, cit. al prece- cifra, ma poco più supra, p. 51 dente Ta- in basso a sinistra è bleau avec riportato anche la ses pieds segnatura «n. 1», che tuttavia non può corrispondere al n. 1 del Catalogue che ha misure troppo diver- se: 51 x 33

13 id. come 30 x 20 Senza punto dopo 1596 31 x 21 P. Munro supra la cifra e con la N 1973, cit. presumibilmente in supra, p. 29 corsivo

TABELLA II. Corrispondenze numeriche con il Catalogue, i volumi di catalogo Fabretti, Rossi e Lanzone 1882 e la citata ricognizione di chi scrive con riporto della grafi a dei numeri.

43, 47, 63 e 66 e ad eccezione degli esemplari 39-40 gli altri sono intervallati da tipologie diverse e sono in elenco anche a notevole distanza. Tornando al tema del presente contributo la sezione Tableaux ou pierres se- pulcrales … ci propone un’altra modalità di corrispondenza numerica con la lista drovettiana . Il numero è scritto su etichette circolari bianche, profi late all’interno con decoro lineare tipo cane corrente e smerlatura esterna con campitura a linee parallele blu. Il numero è scritto a penna con pennino intinto in inchiostro nero, seguito da un punto (fi g. 1) 9.

9 La ricognizione si deve al riallestimento espositivo della sala I in coincidenza della mostra Nefertari, luce d’Egitto, allestita a Torino presso la Promotrice delle Belle Arti dal 15 dicem- bre all’8 aprile 1996, e alla documentazione acquisita per il percorso espositivo museale a tema in coincidenza della mostra Gli artisti del faraone. Deir el-Medina e le Valli dei re e delle Regine, organizzata a Torino presso Palazzo Bricherasio dal 14 febbraio al 18 maggio 2003, Appendice 125

Catalogue capitolo V Fabretti, Rossi e Lanzone 1882 Bibl. n. descrizione Misure Cat. Misure (cm) 1 Tableau avec 51 x 33 1637 53 x 33P. Munro 1973, cit. ses pieds supra, p. 240, Taf. 12, Abb. 66 3 id . con rife- 52 x 35 1573 53 x 35 Munro 1973, cit. supra, rimento al p. 237, Taf. 18, Abb. precedente 64. Cfr. p. 18. Tableau avec ses pieds 25 Tableau 57 x 34 1597 58 x 33P. Munro 1973, cit. supra, p. 234, Taf. 17, Abb. 59. Cfr. p. 18 304 Tableau sur 56 x 35 1569 51 x 35, ove le P. Munro 1973, cit. piédestal et misure diffe- supra, p. 244, Taf. 20, surmonté d’un riscono in alt. Abb. 72 oiseau à fi gure per presumi- humaine bile assenza del supporto a scaletta e della statuetta di Ba 305 Tableau sur 32 x 18 1599 48 x 27, mag- F. Rossi, Illustrazione di piédestal et ove si segnala giori di quelle due stele funerarie del surmonté d’un che ha «con riportate nel Museo Egizio di Torino, oiseau à fi gure pochissime va- Catalogue per Torino 1880, pp. 1-18. humaine rianti lo stesso ragioni ancora P. Munro 1973, cit. trouvé avec le testo della stele da chiarire supra, p. 244, Taf. 20, précédent segnata col nu- Abb. 73. Cfr. p. 19 mero 1569»

TABELLA III. Corrispondenze numeriche con il Catalogue , i volumi di catalogo Fabretti, Rossi e Lan- zone 1882 e la ricognizione di chi scrive. Sui reperti in TABELLA il numero drovettiano non è riportato.

La TABELLA IV riporta la presenza della numerazione drovettiana sulle etichet- te. La lista è integrata dalle identifi cazioni derivanti da descrizioni e misure. Se quanto reperito sugli oggetti sia coevo alla redazione del Catalogue è diffi ci- le affermarlo con sicurezza, soprattutto se consideriamo il «riporto» su etichetta, che riteniamo di poter riferire a tipologie circolari con smerlature e decori in blu in circolazione presumibilmente negli anni Trenta del XIX secolo. L’ipotesi ci è cfr. E. D’Amicone, Percorso all’interno del Museo egizio, in G. Andreu e A.M. Donadoni Roveri (a cura di), Gli artisti del faraone. Deir el-Medina e le Valli dei re e delle Regine , Milano 2003, pp. 285-289. 126 Appendice stata suggerita da altre etichette di analoga forma circolare smerlata, ma differente decoro blu. Ne abbiamo reperito un’attestazione sulla statuetta lignea di gatta con muso dorato della collezione Bussa, acquisita nel 1833. La statuetta conserva l’eti- chetta circolare smerlata, ma la bordura interna ha motivi lineari diversi e riporta la scrittura in inchiostro rosso « B. 13 ”, ove B. potrebbe valere per Bussa. Infatti il n. corrisponde con il 13° oggetto dell’elenco, che riporta «un gatto in legno colo- rito, ma il colore è svanito, alto 0,16», identifi cabile con la citata statuetta di gatta per descrizione e misura 10 . Per questa ragione e a fronte di quanto supra citato dalle relazioni della Giunta accademica sulla cancellazione dei riporti numerici «drovettiani» sulle stele, potremmo anche considerare l’ipotesi di un’operazione di recupero intrapresa nel 1832 dopo la rimozione del San Quintino dall’incarico di Conservatore e in coincidenza dell’unifi cazione delle collezioni di antichità ed egizie con relative necessità di riordino e catalogazione. Questa considerazione ci ha condotto a rifl ettere anche sull’altra modalità di riporto numerico, scritta direttamente sul reperto. Nonostante la similarità della scrittura con grafi e relativamente coeve, quale ad esempio quella del n. 7 nelle let- tere Vidua, a suo tempo visionata per gentile concessione dell’Accademia 11 , tuttavia lo stesso n. 7 e la lettera N con i due apici a ricciolo e la versione corsiva sulla stele li- gnea n. drovettiano 13, hanno a loro volta confronti con le «segnature» apposte sulle buste della corrispondenza Vidua, presumibilmente dopo l’acquisizione dell’Acca- demia per dono degli eredi nel 1833 e 1840. 12 Tuttavia l’affi nità riscontrata nella corrispondenza del Vidua, da eventualmente integrare con ulteriori raffronti, non escluderebbe a priori la possibilità che almeno la numerazione sul retro delle stele lignee possa risalire all’epoca delle procedure di catalogazione della raccolta in fase di pre e/o post vendita, presumibilmente a Livorno, come Drovetti stesso precisa nella lettera a Balthalon: «Il est de toute impossibilité que je fasse davantage avant que j’aye tout porté à Livourne» 13 . In ogni caso le numerazioni riportate su etichetta o direttamente sull’oggetto e descrizioni e misure consentono la loro associazione con la lista drovettiana. Ci riserviamo in futuro di effettuare ulteriori riscontri nella documentazione a suo tempo costituita e licenziamo questo contributo con quanto al momento recuperato, auspicando che quanto riportato possa essere di qualche utilità a colleghi interessati a procedere nella stessa direttiva di ricerca.

10 Sull’acquisto della collezione Bussa e la statuetta di gatto cfr. S. Curto, Storia del Museo Egizio, cit., p. 99, Fabretti, Rossi e Lanzone 1882, 2367 con riferimento alla sua esposizione riportata nel catalogo del 1855 (P.-C. Orcurti, Catalogo illustrato dei Monumenti egizi del R. Museo di Torino , Torino 1855, p. 82, 64f) e E. D’Amicone ed E. Fontanella, Nefer, Palazzo Reale di Milano, Fondazione DNArt, Federico Motta, 2007, p. 90. 11 Cfr. ad es. la scrittura del n. 17 nella pagina del mercoledì 2 febbraio a resoconto del suo sog- giorno a Minia, nel Medio Egitto nel febbraio del 1820. 12 Cfr. la N con i due apici a ricciolo in alto a sinistra delle segnature in rosso sulle buste conte- nenti la corrispondenza e la sottostante scrittura in inchiostro nero con il n. preceduto dalla n in corsivo sulla busta contrassegnata con il n. 17 in nero e 11 in rosso. 13 Cfr. precedente nota 8. Appendice 127

Fig. 1. Cat. 1592: etichetta circolare con il numero «drovettiano» 63 (disegno di E. D’Amicone).

Fig. 2. Cat. 1592: stele dello scultore Neferrenpet e della moglie Huineferet con la fi glia Uerel (disegno di F. Lovera). A. Roccati, La storia e la cultura letteraria dell’Egitto faraonico , in Egitto millenario tra cultura neolitica e mondo classico , Città di Torino, Regione Piemonte, Torino 1982, p. 24. 128 Appendice

Catalogue Numero Fabretti, Rossi Tosi e (descr. oggetti drovettiano e Lanzone 1882 Roccati come da ms.) sul bollo 1972 Bibliografi a

n. Misure Cat. Misure (cm) (cm) 1 17 x 12 Assente 1451 18 x 12 50073 2 17 x 13 Assente 1546 17 x 14 50026 3 18 x 13 Presente 1566 19 x 10 50015 4 12 x 9 Assente 1591 14,2 x 9,2 50056 5 13 x 11 Presente 1535 14 x 11 50019 8 11 x 11 Presente 7053 13 x 11,5 Archivio fotografi co s.v. Museo dic. 2006: sala VI, vetrina 9 9 12 x 9 Assente 1450 13 x 9,5 50050 10 Assente 1519 11,5 x 8,5 50001 11 17 x 12 Assente 1570 17 x 12 50014 Archivio fotografi co s.v. Museo dic. 2006: sala VI, vetrina 3B 14 18 x 14 Presente 1473 19 x 14 Archivio fotografi co s.v. Museo dic. 2006: sala III, vetrina 18 16 16 x 11 Assente 1590 17 x 11 50063 23 21 x 15 Assente 1449 22,5 x 15,5 50037 24 21 x 14 Assente 1564 22 x 14,5 50061 25 Assente 1542 19 x 13 50013 26 24 x 16 Presente 1520 24 x 16 50016 27 22 x 12 Assente 1616 24 x 15 50024 28 21 x 16 Presente 1589 22 x 15,5 50036 29 21 x 15 Presente 1561 22 x 15 50020 30 19 x 19 Assente 1580 19 x 20 50028 31 17 x 24 Presente 1658 19 x 25 50027 33 Assente 1670 8 x 9 50065 37 26 x 17 Presente 1533 27 x 17 50060 38 25 x 17 Presente 1548 26 x 18 50038 40 27 x 20 Presente 1608 27,5 x 20 50044 «eccellente spirito di Ra» 41 17 x 12 Assente 1457 19 x 13 50002 42 26 x 18 Assente 1607 29 x 19 50054 43 23 x 16 Presente 1554 24 x 16 50042 «eccellente spirito di Ra» 44 25 x 17 Assente 1453 26 x 17 50029 45 25 x 17 Assente 1587 24 x 16 50070 Appendice 129

47 Presente 1518 31 x 20 50045 «eccellente spirito di Ra»

50 11 x 9 Assente 1672 35 x 7 Archivio fotografi co s.v. Museo dic. 2006: sala VI, vetrina 11 52 Presente 1656 27 x 21 Archivio fotografi co s.v. Museo dic. 2006: sala III, 1ª vetrina a destra 53 17 x 22 Assente 1665 19 x 23 50064 54 29 x 20 Assente 1451 bis 29,5 x 20,5 50033 55 29 x 20 Presente 1452 30 x 20 50034

59 35 x 23 Assente 1602 35 x 24 50047 60 16 x 15 Assente 1642 15 x 16,5 Fabretti, Rossi e Lan- zone, 1882, 1642 63 48 x 30 Presente 1592 48 x 33 50046 (fi g. 2) «eccellente spirito di Ra» 64 44 x 27 Assente 1549 45 x 28 50055 65 40 x 30 Assente 1514 42 x 30 50057 66 39 x 28 Presente 1515 39 x 29 50043 «eccellente spirito di Ra» 67 43 x 30 Assente 1557 44 x 32 Archivio fotografi co s.v. Museo dic. 2006: sala I, vetrina 6 L 68 42 x 28 Presente 1553 43 x 28 50052 69 40 x 27 Assente 1594 41 x 28 Archivio fotografi co s.v. Museo conferi- mento gennaio 2009 71 36 x 25 Presente 1543 38 x 27 50051 72 37 x 25 Assente 7358 38,5 x 26 50032 75 47 x 29 Assente 1512 48 x 30 50039 76 43 x 29 Assente 1454 46 x 28 50041 78 36 x 28 Assente 1458 36 x 28,5 50003 79 37 x 25 Assente 1565 39 x 26 50040 81 25 x 15 Assente 619 25 (h) Archivio fotografi co s.v. Museo dic. 2006: sala VII, vetrina 4 83 38 x 24 Presente 1648 38 x 25 50025 89 Assente 1601 45 x 30 50066 90 Assente 1606 43 x 28 50062 92 38 x 25 Assente 1521 38 x 27 50059 130 Appendice

96 50 x 19 Assente 1593 20 x 54 50058 97 Assente 1668 34 x 28 Archivio fotografi co s.v. Museo dic. 2006: sala VI, vetrina 11 105 93 x 56 Assente 1610 98 x 60 50008 110 42 x 32 Assente 1630 33 x 45 Archivio fotografi co s.v. Museo dic. 2006: sala I, vetrina 12 114 65 x 45 Assente 1466 55 x 65 50090 121 36 x 25 Assente 1582 38 x 28 Archivio fotografi co s.v. Museo dic. 2006: sala I, vetrina 6 124 Assente 1635 57 x 36 50074 126 75 x 54 Assente 1636 76 x 55 50012 127 65 x 40 Assente 1579 67 x 42 50009 128 72 x 46 Assente 1461 72 x 47 Archivio fotografi co s.v. Museo dic. 2006: sala I, vetrina 5 129 55 x 38 Assente 7357 57 x 38 50031 130 45 x 30 Assente 1463 45 x 31 50030 132 46 x 32 Assente 1669 33 x 48 Archivio fotografi co s.v. Museo dic. 2006: sala I, vetrina 1 134 Assente 1534 135 x 76 50059 135 170 x 66 Assente 1447 9 155 x 80 G. Rosati, Le stele del Medio Regno , in A.M. Donadoni Roveri (a cura di), Civiltà degli Egizi. II. Le credenze religiose , Milano 1988, pp. 104-105, fi gg. 137- 138. Cfr. pp. 22, 115 141 80 x 45 Assente 1517 85 x 41 50085 142 98 x 67 Assente 1555 97 x 68 Archivio fotografi co s.v. Museo dic. 2006: sala I, vetrina 3B 147 91 x 51 Assente 1459 90 x 51 Archivio fotografi co s.v. Museo dic. 2006: sala I, vetrina 5. Cfr. p. 17 148 97 x 58 Assente 1572 95 x 58 Archivio fotografi co s.v. Museo dic. 2006: sala I, vetrina 3B 151 65 x 34 Assente 1585 64 x 35 Archivio fotografi co s.v. Museo dic. 2006: sala I, vetrina 3B. Cfr. p. 16 153 50 x 31 Assente 1653 51 x 32 Archivio fotografi co s.v. Museo dic. 2006: sala I, vetrina 3 A Appendice 131

167 40 x 22 Presente 1632 40 x 22 P. Munro 1973, cit., p. 261, Taf. 27, Abb. 98. E. D’Amicone e E. Fontanella, Nefer. La donna nell’antico Egitto . Catalogo della mostra, Milano, Palaz- zo Reale, 6 aprile - 1 luglio 2007, Milano 2007, p. 161. Cfr. p. 22 33 x 21 Presente 1578 33 x 21 Archivio fotografi co s.v. Museo dic. 2006: sala VI, vetrina 21. Cfr. p. 85 171 Assente 2422 7 x 8 E. D’Amicone e E. Giacobino 2007, n. 73, pp. 167-168 194 1576 123 x 80 Archivio fotografi co s.v. Museo dic. 2006: sala I, vetrina 3A. Cfr. p. 85

TABELLA IV. Corrispondenze con il Catalogue, i volumi di catalogo Fabretti, Rossi e Lanzone 1882 e M. Tosi e A. Roccati, Stele e altre epigrafi di Deir el-Medina. N. 50001-50262 , Edizioni d’Arte Fratelli Pozzo, Torino 1972, e la ricognizione delle etichette da parte di chi scrive.

Indice dei nomi

Abd er-Rasul (famiglia) 19 Bianco di Barbania M.L. 42 Abihu 22 Bietak M. 18 Agnès des Geneys G.A. 56 Binaghi R. 68 Åkerblad J.D. 56 Biot J.-B. 73 Albertoni G. 28 Blacas d’Aulps P.L.J. 69-70, 73 Alessandro I di Russia 8, 66 Bommas M. 18 Amenhotep I 85, 100 Bonelli F.A. 74 Amenhotep II 101 Bonsignore F. 58 Amenhotep III 25 Borson S. 62, 73-74, 76, 81 Anastasi G. 66 Botta F. 33 Andreu G. 125 Botti G. 20 Ankhahor 18, 20 Boucheron C.E.M. 62, 69, 76 Arslan E. 23 Boutin V.-Y. 32 Arthaud F. 100 Brack A. e A. 16 Asinari di San Marzano F.A. 43 Brackin A. 37 Assmann J. 18 Bresciani E. 12 Astrua P. 69 Bruce Thomas (7th Earl of Elgin) 31 Athanasi G. 38 Bruyère B. 14-15 Burckhardt J.-L. 32, 52 Bakenkhonsu 15 Burghart E.A. 65 Balbo C. 41-42 Butehamon 15, 89 Balbo P. 29, 33, 43-51, 54-56, 58-59, 61-65, 67-71, 74-75, 81, 88 Cailliaud F. 32-33, 39, 63 Balthalon C. (Clémentine) 48, 68 Carlo Alberto di Savoia 44-45, 73, 76 Balthalon J.-J. 37 Carlo Felice di Savoia 41-42, 46-48, 50, Balthalon P.-Cl. 37, 48, 66-67, 122, 126 61, 64, 67, 75 Barbero A. 68 Carlo X di Francia 66, 69 Barucchi Fr. 76 Carlo di Borbone-Francia, duca di Barucchi P.I. 62, 69, 76 Berry 40 Belzoni G. 9-10, 21, 25, 32, 38, 52, 64, Caviglia G.B. 38, 52 69-70 Cavour (Camillo Benso di) 68 Berg G. 38 Cerny J. 15 Bermond Cl. 64 Chabas F. 14 Berry duca di, vedi Carlo di Borbone- Champollion J. (Le jeune) 8-11, 13, 20, Francia, duca di Berry 31, 38, 54-56, 60-61, 63, 65-75, Besenmut 17 79, 81, 98, 117 Betrò M. 31, 72 Champollion J.-J. (Champollion-Figeac) Bianco di Barbania C.F. 42, 44 67, 70-71 134 Indici

Chassinat E. 23 Donati V. 21, 24, 52, 68, 100 Chateaubriand F.-A.-R. 31 Doneux K. 123 Chevereau P.-M. 17 Drovetti B. 6-15, 18, 20-21, 23-24, 27- Choiseul-Gouffi er M.G.F. 31 59, 61-62, 64-68, 76-77, 79-81, Cholex de Roget G. 29, 37, 47-50, 55, 85, 87-88, 90, 92, 95, 98-104, 57, 59-61, 69-71, 73 108-109, 114, 116-118, 121-122, Cincotti S. 10, 21, 35 126 Clarysse W. 20 Drovetti B. (nipote) 37 Clot A.B. (Clot Bey) 30 Drovetti G. (fi glio) 37 Coenen M. 19 Drovetti L.M. (fratello) 41 Connor S. 24, 53, 90, 96, 100 Druetti, vedi Drovetti Cordero di San Quintino G. 37, 50-52, Dubois-Aymé J.-M. 40 54-63, 69, 71-74, 76, 80-81, 93, Durand E.-A. 66 99-101, 103-104, 108, 110, 121 Cosazza (colonnello comandante Efaa (fi glio di un Mentemhat) 16 dell’artiglieria) 58 Efankh 13 Costa L. 69, 71 Einaudi S. 104 Coste P.X. 32 Einaudi L. (Fondazione) 118 Coulon L. 18 Erodoto 9, 52 Curto S. 4, 20, 32-33, 39-40, 43-46, 48- Esemkhebi 18, 22 50, 53, 59-61, 66-68, 70, 76, 81, 88, 100-101, 118, 121-122 Fabretti A. 50-51, 63, 76, 81, 104, 118, 121-126, 128-129, 131 D’Amicone E. 121, 123, 125-127, 131 Fassino G. 41 Daris S. 65 Fauvel L.-F-S. 31 Davoli P. 71 Ferreri P.E. 72, 112 Decazes É. 40 Fidia 53 Dedhor (detto Paiani) 18 Fiechter J.J. 33, 35 Dedkhonsefankh 18 Fiore Marochetti E. 93 De Meulenaere H. 17-19, 21, 24 Fontanella E. 126, 131 Del Vesco P. 93 Forbin (comte de) A. 34-36, 39-40, 53- Demichelis S. 15, 18, 20 54, 69, 100-101, 114 Denon D.-V. 10-11, 32 Francesco I di Borbone 74 Desaix L.C.A. 8 Franchi di Pont G.A. 62 Dewachter M. 71 Freed R. 22 Djaf 22 Djedbastetefankh 23 Gardiner A.H. 14, 20 Dolzani C. 15, 23, 95 Gau F.Ch. 6, 11, 52-53, 116 Donadoni Roveri A.M. 23, 125, 130 Gavi Mustafa el (capitano della nave Donadoni S. 71 Costanza) 38 Donatelli L. 29, 32-33, 36, 39-41, 43- Gazzera C. 10, 60, 69-70, 72, 75-76, 44, 46, 48-50, 59, 64, 66-68, 76, 81, 85 79, 81, 88, 100-101, 114, 122 Gervasoni G. 70 Indici 135

Gessler-Löhr B. 21 Kakosy L. 18 Ghella C. 34 Kapefhakhonsuseneb 21 Giacobino E. 123 Kha 14 Gill A.-K. 19 Khenmes 22 Giorgi G. 56-57, 61, 71, 73-76 Khonsumose 15 Graefe E. 19 Klotz D. 24 Granger È. 35 Kucharek A. 18 Grassi G. 62 Kuentz Ch. 15 Greco Ch. 93 Guermeur I. 23 Lacouture J. 54, 68-69 Guichard S. 30, 37-38, 40-41, 49, 64- Laissus Y. 39 66, 68, 122 Lanzone R.V. 81, 104, 118, 121-126, Guidi S. 53, 65 128-129, 131 Guidotti M.C. 39 Lebolo A. 10-11, 18-19, 34-35, 42-43, 47, 65-66, 102 Habachi L. 16 Lenzo Marchese G. 13 Hamilton A. 40 Leopoldo II granduca di Toscana 65, 71 Hammer-Purgstall von J. 9 Lepsius R. 13 Hapuseneb 17 Le Rouzic R.M. 34 Harbes 24 Lesseps (vicomte de) M. 30, 32 Haremhat 23 Letronne J.-A. 10, 54, 71 Harnakht 23 Lilyquist C. 23 Harsiese 20 Linant de Bellefonds A.L.M. 35 Hartleben H. 20, 60-61, 63, 67, 69-71, Lisippo 53 73 Lopez J. 12 Haslauer E. 17-18 Lovera F. 127 Hay R. 11 Lucchesini C. 74 Hegel G.W.F. 9 Luigi XVIII di Francia 34, 39, 45, 69 Herbin F.-R. 19 Hermias 13, 25 Maciejewska F. 18 Hetep 22 Mackensie Fraser A. 32 Hor 18-20, 24 Maggiora (intendente) 60 Hori 15-16 Maienheqau 17 Horo 19-20 Mainterot P. 33 Huineferet 127 Malek J. 23 Maria Isabella di Borbone-Spagna 74 Ibi 19 Marini P. 16 Inaro 22 Maritano (tenente comandante) 57 Isi 14, 17 Marucchi F. 21 Maspero (Sir) G.C.C. 14, 20 Jomard E.-Fr. 35, 39-40, 54, 63, 65, Masse D. 32 75, 88 Mauley D. 38 Mazzarosa A. 74-75 136 Indici

Mehmet Ali Pascià (Mohammed; viceré Pa-iu(-en)-Hor (Pinyris) 19 d’Egitto) 30, 32, 35, 66, 68 Pakharkhnum 18 Mekis T. 19 Palagi P. 65 Mentemhat (principe) 16 Palazio/Palazzo D. 56 Mentemhat (vari) 16, 19 Panero E. 104 Mentuhotep II 85 Pantò G. 102 Meramonites 21 Paoli U.E. 20 Meru 22, 80, 85, 115 Parrini P. 123 Metternich von K. 9 Passalacqua G. 65-66 Michaels A. 18 Pedemonte D. 38, 48-49, 55-57, 59, Michelangelo Buonarroti 53 64, 67 st Michelotti V. 69 Percy (Lord) Algernon, 1 Baron Mohamed Ali, vedi Mehmet Ali Pascià Prudhoe and 4th Duke of Nor- thumberland 11 (Mohammed) 42 Pestman P.W. 13, 25 Morpurgo (ditta) 36-37, 39, 51-52, 57, 61 Petamenofi 16, 18 Moss R. 23 Petamonnebnesuttaui 18 Munro P. 18, 24, 123-125, 131 Peyron A. 9-10, 13, 62-63, 69, 72, 75- 76, 81-82, 103 Napione di Cocconato G.F. 69 Picchianti G. e A. 39 Napoleone I Bonaparte 8-10, 30, 32, Pitt W. 31 46-47 Plana G. 69 Nebunenef 13 Poole F. 93 Nectanebo 24 Porter B. 23 Neferrenpet 127 Nesamon 22 Qemnen 22 Neskhons 18 Quaegebeur J. 18, 20-21 Neskhons/Kollutj 18 Quibell J.E. 19 Neskhonsu 15 Quirke St. 20 Nesmin 18, 21 Ramesse II 16, 21, 52, 66, 99-101, 105, Nestaneterten 19 113 Nicolosino M. 72, 112 Ramesse III 21 Niia 16 Randoni C. 62 Niwinski A. 15-16 Rée P. 38 Nizzoli G. 38, 65, 71 Regondi V. 41 Nojal Ahmet el (capitano della nave Rey (famiglia) 30 Mabruca) 38 Rey R. (Rose) 37, 46 Nubemtekh 23 Ricardi F. 60 Richelieu Capitano 37 Onhuriankh 22 Rifaud J.-J. 10-11, 21, 33-35, 37, 66, Orcurti P.-C. 126 99, 104, 112 Oreglia d’Isola A. 55, 72 Rignon G.F. 33, 44-45, 47-48 Orlandi T. 22 Roccati A. 5, 12, 14-15, 20, 29, 47, 84- Osorkon 22 85, 118, 127-128, 131 Indici 137

Romagnani G.P. 33, 41 Thutmosi III 99 Rosati G. 22, 130 Tjanuni 16 Rosellini I. 11-12, 21, 31, 68, 72 Töpfer S. 20 Rosignani/Rossignani/Rosignana J. Tosi M. 15, 84-85, 128, 131 33-35, 65 Totoes 13-14 Rossi F. 15, 81, 104, 118, 121-126, 128- Trenta T. 74 129, 131 Twakshi (Twaksis) 19 Rothschild barone 70 Roussel J.J.-B. de 35 Uadren 17 Uerel 127 Salt H. 10, 18, 25, 32, 38, 52, 64, 66, Unnefer 23 71, 75-76, 117 Usiruer 18-19 Saluzzo di Monesiglio C. 42-44, 46 Santoni P. 38, 71-72 Vacca S. 41 Sarenenutet 22 Valbelle D. 14 Satzinger H. 22-23 Valperga di Caluso T. 9 Schiaparelli E. 14-15, 24, 89 Vandier d’Abbadie J. 23 Sedi 24 Vassalli-Eandi A.M. 62 Senkowski J. 9 Vaucelles L. de 11 Senpu 22 Verhoeven U. 20 Sesostri I 22 Vernazza G. 69 Sethi II 21, 37, 59, 99-100, 106 Vernus P. 24 Seurat M. 30-31 Vidua di Conzano C. 7-12, 14, 16, 22, Seyffarth G. 9, 75 29, 41-43, 45-50, 53, 64, 69, 122, Shedet 23 126 Shepenupet 22 Vidua di Conzano P.G. 42, 48 Shepmin 18 Villar Gómez A.M. 22 Silvestre de Sacy A.-I. 10 Vittorio Emanuele I di Savoia 29, 33, Silvestri M. 36 42-43, 45, 47-48, 50 Simpson W.K. 22 Vivoli G. 36 Sinoué G. 30 Vleeming S. 18 Smith J. 34 Soter 18, 93 Wahibra 23 Spohn F. 9 Wahibraemakhet 24 Spotus 19, 20 Wahka 22 Stanhope Lady Esther 30-31 Werklein J. von 75 Steckeweh H. 22 Wilkinson J. Gardner 12, 26 Stefanovič D. 23 Winckelmann J.J. 80 Steindorff G. 20 Stewart H.M. 24 Young Th. 22, 54, 56, 75, 103 Thédénat-Duvent P.P. 65 Thutmosi 17

INDICE DEL VOLUME 43 (a.a. 2018-2019)

Alle origini dell’Egittologia e del primo Museo Egizio della Storia Torino 1820-1832

di ALESSANDRO R OCCATI e LAURA D ONATELLI

PARTE PRIMA: TOPOGRAFIA DROVETTIANA Riscoperta e scavi delle antichità in Egitto, di Alessandro Roccati . . . . 7 1. Bernardino Drovetti e Carlo Vidua: due facce della stessa medaglia . 7 2. La provenienza dei reperti torinesi ...... 12 3. Non solo Tebe ...... 22

PARTE S ECONDA: STORIA TORINESE DELLA COLLEZIONE D ROVETTI Introduzione al «Catalogue» della CollezioneDrovetti , di Laura Donatelli 29 1. 1803-1821 – La nascita della collezione Drovetti ...... 30 2. 1818-1822 – Trasporto delle Antichità da Alessandria d’Egit- to a Livorno ...... 36 3. 1818-1820 – Proposta al Re di Francia di acquisto della collezione Drovetti da parte di Edme-François Jomard, Auguste de Forbin e Frédéric Cailliaud ...... 39 4. 1819-1820 – Viaggio di Carlo Vidua in Egitto ...... 41 5. 1820 – Prima proposta di acquisto della Drovettiana da parte dei Savoia ...... 43 6. 1821-1822 – Trattativa di acquisto sospesa ...... 46 7. 1822 – «Giunse alfi ne da Livorno il tanto sospirato catalogo...» 49 8. 1823 – Giulio Cordero di San Quintino visita il magazzino di Li- vorno ...... 51 9. 1823-1824 – L’ Accademia delle Scienze e le sale predisposte ad ac- cogliere le Antichità ...... 55 10. 1823-1824 – Trasporto delle Antichità da Livorno alla Regia Accademia delle Scienze ...... 56 11. 1823 – La giunta degli Accademici incaricati di studiare le Anti- chità egiziane ...... 61 140 Indici

12. 1824 – L’atto di acquisto della Collezione di Antichità Egizie del cav. Drovetti ...... 64 13. 1824-1825 – La Regia Accademia delle Scienze e Champollion le Jeune ...... 68 14. 1824-1832 – L’apertura al pubblico del Regio Museo di Antichi- tà Egiziane ...... 72

PARTE T ERZA : CATALOGUE DE LA COLLECTION D’ANTIQUITÉS DE MONSIEUR LE C HEVALIER D ROVETT I Rassegna dei reperti egizi elencati nelle 106 pagine del manoscritto, di Laura Donatelli ...... 79 1er Cahyer ...... 82 2me Cahyer ...... 84 3me Cahyer ...... 86 4me Cahyer ...... 94 5me Cahyer ...... 98 Abbreviazioni ...... 118 Ringraziamenti ...... 118

APPENDICE Corrispondenze della numerazione del «Catalogue» sugli oggetti della Drovettiana, di Elvira D’Amicone ...... 121

Indice dei nomi ...... 133 MEMORIE DELL’ACCADEMIA DELLE S CIENZE DI T ORINO Classe di Scienze Morali, Storiche e Filologiche Serie V

VOL . 37 (a.a. 2012-2013). FASC . 1: Dall’inganno di Ulisse all’arco di Apollo. Sul testo e l’interpretazione di Lucil. 836 M. , di Claudio Faustinelli, 57 pp.; FASC . 2: Alle origini della fi losofi a del diritto a Torino: Pietro Luigi Albini. Con due do- cumenti sulla collaborazione di Albini con Mittermaier , di Mario G. Losano, 104 pp., ill.; FASC . 3: Museo Egizio di Torino. Le opere e i giorni dal 1946 al 2000, di Silvio Curto, 48 pp.

VOL . 38 (a.a. 2013-2014). FASC . 1: La dispersione dell’autorità religiosa nell’Islam contemporaneo: dai tribunali al web , di Elisa Giunchi, 48 pp.; FASC . 2: Renato Treves esule in Argentina. Sociologia, fi losofi a sociale, storia , di Carlo Nitsch, 240 pp., 1 ritr.; FASC . 3: I carteggi di Pietro Luigi Albini con Federico Sclopis e Karl Mittermaier (1839-1857). Alle origini della fi losofi a del diritto a Torino, di Mario G. Losano, 304 pp., ill.

VOL . 39 (a.a. 2014-2015). Il diario di Emilia Doria di Dolceacqua. Un inedito do- cumento su lingua, cultura e società nel Piemonte settecentesco conservato nell’Archivio Valperga di Masino, di Milena Contini, 86 pp., ill.

VOL . 40 (a.a. 2015-2016). Dal Po al Nilo. Studi di fi lologia ed epigrafi a egizia , 84 pp., ill. Comprende: Ricomporre frammenti. Lavori in corso tra i papiri del Museo Egizio di Torino , di Sara Demichelis, pp. 3-44; Alcune iscrizioni di Tiberio nel tempio di Arensnufi a File: interventi architettonici e aspetti religiosi , di Emanuele M. Ciampini, pp. 45-82.

VOL . 41 (a.a. 2016-2017). FASC . 1: Metamorfosi nel Palazzo del Collegio dei Nobili, di Aimaro Oreglia d’Isola, pp. 80, ill.; FASC . 2: L’Italia come problema geo- politico in un inedito di Karl Haushofer, di Nicola Bassoni, pp. 66, ill.

VOL . 42 (a.a. 2017-2018). FASC . 1: An Easter Date Calendar in Ravenna, di Edoardo Detoma, 78 pp., ill.; FASC . 2: Charta Augustana . Chiesa, cancelleria e scrip- torium ad Aosta nel secolo XI, di Paolo Buffo, 144 pp., ill.

Vol. 43 (a.a. 2018-2019). Alle origini dell’Egittologia e del primo Museo Egizio della Storia. Torino 1820-1832 , di Alessandro Roccati e Laura Donatelli, con un’appendice di Elvira D’Amicone, 142 pp., ill. Direttore responsabile: MASSIMO M ORI Autorizzazione del Tribunale di Torino Autorizzazione del Tribunale di Torino: Registro Stampa, n. 74 del 29/11/2018 (già n. 2686 del 13/04/1977) Iscrizione al R.O.C. n. 2037 del 30/06/2001

Finito di stampare nel mese di dicembre 2019 Ledizioni - Milano