Beatles-Ambrosi-Openstarts.Pdf
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Impaginazione Gabriella Clabot © Copyright 2015 EUT EUT Edizioni Università di Trieste via Weiss 21, 34128 Trieste http://eut.units.it https://www.facebook.com/EUTEdizioniUniversitaTrieste Proprietà letteraria riservata. I diritti di traduzione, memorizzazione elettronica, di riproduzione e di adattamento totale e parziale di questa pubblicazione, con qualsiasi mezzo (compresi i microfilm, le fotocopie e altro) sono riservati per tutti i paesi ISBN 978-88-8303-698-9 (print) ISBN 978-88-8303-763-4 (online) Eugenio Ambrosi Più famosi di Gesù George, John, Paul e Ringo alla ricerca di se stessi, oltre sesso, droga & r’n’r EUT EDIZIONI UNIVERSITÀ DI TRIESTE Grazie a Valentina Ambrosi e Raoul Degrassi per le immagini che rendono più leggero il libro Grazie ai revisori, senza i cui stimoli il libro sarebbe stato più pesante Dear Enrichetta, greet the brand new day, the sun is up, the sky is blue it’s beatiful and so are you Sommario 8 Introduzione 11 Il giorno prima dei favolosi anni Sessanta 37 Rock and Roll Music 55 Le origini liverpudliane 75 1962/1965: Beatlemania, to the top of the moptop 93 The word, 1965 101 Più famosi di Gesù, primavera 1966 119 Segnali di tempi difficili, 1965/1966 127 Tomorrow never knows, 1966 139 Sgt. Pepper’s Lonely Hearts Club Band, estate 1967 153 L’incontro con il Maharishi Maesh Yogi e la Meditazione Trascendentale, estate 1967 / inverno 1968 165 Manson Family, agli albori del satanismo rock, agosto 1969 175 The end, 1970 187 George: la mia vita ora appartiene al Signore 197 John: il sogno è finito, non credo più 207 Ringo: Dio, ti prego, fammi smettere di vivere 213 Paul: Dio, dove sei? 7 219 Everywhere it’s Christmas time 231 In conclusione… 239 Per saperne di più Introduzione “Ma chi erano mai questi Beatles?” Se lo chiedevano gli Stadio – cose di casa nostra! – ormai tanti anni fa e in tanti se lo chiedono ancora, a oltre cinquant’anni dal loro disco di esordio. Per me, classe 1951, beatlesiano doc della prima ora e da sempre immerso nell’universo beatlesiano, la domanda è re- torica: qualcuno e qualcosa lo sono stati, se negozi musicali e librerie, edicole e cartolerie, boutique e tabaccherie e negozi filatelici sono sempre piene di loro libri, dischi, articoli, capi di abbigliamento, accendini, francobolli, gadget e quant’altro. E comunque lo sono stati per me. Da qui l’idea del gioco di paro- le, quasi un lennonsense, del titolo ambivalente della mostra: ibeatlesedio, tutto attaccato, che è stata all’origine del lavoro che il lettore si trova ora tra le mani, mostra realizzata insieme al Comune di S. Giorgio di Piano, amministrazione di sinistra a guida PD, nella campagna bolognese, e con gli auspici del Cen- tro Veritas di Trieste, longa manus culturale della Compagnia di Gesù a Trieste e dintorni, del quale ero allora vicepresidente. Cosa c’entrano i gesuiti con i Beatles? Beh, intanto ho tirato i 8 primi calci al pallone con la squadra finanziata dai gesuiti triesti- ni, e poi il fatto è che il Centro Veritas, con il quale ho collaborato a lungo, aveva avviato negli anni un impegnativo percorso sui nuovi linguaggi della fede e, come ha ricordato l’allora respon- sabile del Vaticano, card. Ravasi, l’arte e la musica in particolare devono essere oggetto di particolare attenzione da parte della Chiesa nel villaggio globale del web 2.0. E poi è stato proprio il Vaticano, attraverso le pagine dell’Os- servatore Romano, a sdoganare i Beatles in due successive oc- casioni, nel 2008 e nel 2010: tutto sommato, erano dei bravi ragazzi! Da quell’idea primigenia, divenuta mostra itinerante (Bolo- gna, Trieste, Gorizia, Sacile, Este), e grazie alle osservazioni, alle critiche, ai suggerimenti di approfondimento pervenuti nel corso delle varie iniziative collegate, mi è parso naturale proseguire il lavoro così avviato, sviluppando un percorso di analisi, ricerca e studio che mi pare ora interessante riproporre all’attenzione di qualche lettore, beatlesiano ma non solo. Il lavoro viene ora pubblicato dalla EUT – Edizioni Università di Trieste e proprio grazie alle puntuali indicazioni e ai preziosi suggerimenti dei suoi referenti scientifici è stato oggetto di una profonda revisione che ne ha comportato la sostanziale riscrittu- ra. In questa fase mi è stato utile anche il contributo di Cristian, giovane musicista beatlesiano, che mi ha fatto andare oltre la nota considerazione che i Beatles non sapevano leggere né scri- vere la musica. La ricerca si apre così con l’approfondimento del contesto storico, sociale, artistico e musicale in cui matura il fenomeno Beatles e si sviluppa quindi in una serie di capitoli che riportano i momenti salienti della carriera del complesso di Liverpool, dai primi accordi di chitarra all’esplosione della Beatlemania, dalla noia del successo all’uso delle droghe all’inizio di un percorso introspettivo che avrebbe prodotto canzoni indimenticabili, delle quali spesso, per ignoranza linguistica, non si era allora in grado di capire il senso più profondo: Help!/Aiuto!, il grido di dolore di Lennon alle prese con una prima crisi esistenziale; The word/La parola, l’Amore universale che è in grado di rovesciare il mondo; Nowhere man/L’uomo di nessuna parte; e ancora Tomorrow ne- ver knows/Il domani non saprà mai, ispirato al Libro dei morti tibetano, The long and winding road/La via lunga e tortuosa, Let it be/Lascia che sia, Across the universe/Attraverso l’universo, God/Dio e My sweet Lord/Mio dolce Signore e tante ancora, in- 9 cluse – sorpresa! – alcune loro canzoni natalizie. Bene, per dirla con i Beatles, mettetevi comodi, girate pagina e… “we hope you will enjoy the show”! L’autore 10 Il giorno prima dei favolosi anni Sessanta In senso orario, Paul, Ringo, John e George (collage di foto di famiglia tratte dal libro The Beatles – Das illustrierte SongBook di Alan Alridge, Goldmann Verlag 2000, collezione privata) 11 Questa storia va in scena sostanzialmente all’inizio degli anni Ses- santa in Gran Bretagna, ma è necessario fare un salto indietro per capire come e perché i sudditi di Sua Maestà britannica abbiano avuto in sorte l’occasione di esserne i testimoni principali, non certo gli unici. Infatti, si devono tenere presenti due punti fermi: erano al lavoro contemporanea- mente tendenze diverse in diverse fasi di sviluppo, che si intersecavano e interagivano tra di loro in maniera imprevista e con esiti contraddittori; gli anni Sessanta sono stati una reazione al decennio precedente, per cui non possono essere giudicati a prescindere da quello che furono gli anni Cinquanta. Al termine della seconda guerra mondiale il bastone del comando nella gestione di un dominio planetario passò dalla Gran Bretagna agli Stati Uniti: una translatio imperii dell’età contempora- nea. Non solo le insegne di questo impero passarono da una potenza ma- rittima all’altra, questo passaggio trasformò anche l’intera codificazione semantica degli avvenimenti mondiali, sostituendo le tradizionali cifre geo- politiche della filosofia dell’equilibrio con il linguaggio dei valori ideologici.1 Sono l’Unione Sovietica e gli Stati Uniti i nuovi imperi che hanno in mano gli equilibri mondiali, lo storico antagonismo tra Russia e Inghilterra è venuto meno e l’antagonismo ideologico tra Est e Ovest diventa in breve globale. La Gran Bretagna, come peraltro la Francia, dovette allentare il proprio controllo politico e militare sulle colonie e, pesantemente impoveri- te dalla guerra, non disponevano certo dei mezzi necessari per emulare le strategie americane di aiuti economici nel tentativo di consolidare quelle che erano state le proprie aree di influenza2. È proprio negli Stati Uniti che parte l’onda lunga della ripresa economica e della ricostruzione del Vecchio Continente così come del Giappone, in qualche modo garantita e protetta dalla dislocazione di enormi basi militari nei teatri del conflitto. Non è facile cogliere le contraddizioni dello sviluppo post-bellico del capi- talismo americano: mentre la produzione ha bisogno di uomini e donne operosi, diligenti, ri- spettosi delle gerarchie, che rinunciano alle distrazioni per consacrarsi al lavoro, disposti a tornare pazientemente nei loro tristi suburbia alla fine dell’orario di lavoro e ad allestire barbecues nel fine settimana, la stessa industria ha bisogno di consumatori guidati dal principio del piacere. I gio- vani ribelli che ascoltano il rock’n’roll sono proprio ciò di cui il capitalismo 12 1 Cfr. Dan Diner, Raccontare il Novecento, Garzanti, Milano 2001, pag. 193. 2 Cfr. Tommaso Detti, Giovanni Gozzini, Storia contemporanea. Il Novecento, Bru- no Mondadori, Milano 2002, pag. 247. americano ha bisogno: consumatori avidi ed edonisti, anche se i conserva- tori li accusano di essere agenti del comunismo.3 Sono anche gli anni della Guerra Fredda, del mondo diviso in due blocchi militari e ideologici, economici e sociali, in cui lo spettro della minaccia atomica viene a più riprese agitato per costringere le parti in causa a rispettare l’ordine stabilito dalla Conferenza di pace di Yalta del 1945. Gli Stati Uniti vivono anche, di contraccolpo, il maccartismo, la caccia alle streghe nella ricerca di presunti, e non, comunisti al soldo del KGB sovietico. È il mondo dell’arte e dello spettacolo che viene preso particolarmente di mira. Questo mondo, che ha intravisto nei giovani un ricco mercato in sviluppo, viene dilaniato da grandi conflitti interni: innanzitutto tra le società che raccolgono i diritti degli autori, ASCAP e BMI, con la prima che vedendo perduto il monopolio del settore a scapito della seconda la accusa ripetutamente di aver operato con l’appoggio scorretto del- le stazioni radio per promuovere alcuni dischi anziché altri, salvo poi ripiegare sull’accusa ai disc jockey, questa invece accolta dai giudici, di intascare soldi dalle case discografiche per trasmettere determinate canzoni.