w 33 ARRAMPICATA SPORTIVA: di slancio e senza respiro su aridi appigli in verticalità pura Uomini e Sport - numero 33 | Novembre 2020 | Pubblicazione periodica gratuita periodica | Pubblicazione 2020 Uomini e SportNovembre | 33 numero - EDITORIALE

Ci siamo lasciati con il trentaduesimo Dentro di me è stato subito chiaro l’imperativo di salvare tutto e tutti ad numero di “Uomini e Sport”, l’ultimo, ogni costo, nonostante i dubbi e le incertezze che venivano accentuate impostato quando il Covid non aveva dal dover ottemperare ordinanze che si susseguivano, incidendo anche ancora colpito duramente il nostro Paese. sui costi di gestione. Guardandoci alle spalle, sembra quasi Ho sempre cercato anche nei momenti di sconforto di vedere il lato po- incredibile tutto quello che è succes- sitivo di questa terribile situazione, pensando che in ogni settore dell’a- so, fino al punto di cambiarci la vita, zienda avremmo tutti disposto abbondantemente di quel tempo che ci soprattutto per chi è stato duramente era sempre mancato per ripensare e riorganizzare tutto ciò che aveva- toccato dalla perdita di una persona mo lasciato correre a causa di un lavoro svolto ininterrottamente nella cara. concitazione. In questo impegno vedevo coinvolto tutto il personale. Ci ritroviamo ora, a distanza di molti Abbiamo dato spazio alla remunerativa riorganizzazione del magazzi- mesi, con questo esile contatto, che ci no e del nostro e-commerce e ad una nuova impostazione gestionale, tiene comunque legati per la comune sia per quanto riguardava una ponderata valutazione degli acquisti, sia condivisione dell’interesse che abbiamo per ogni tipo di attività sporti- per assicurare una più accurata conduzione nei negozi, per migliorare va. Con la ripresa dell’uscita di “Uomini e Sport” intendiamo contribuire la visibilità degli articoli, l’accoglienza e la presentazione delle offerte a diffondere uno dei tanti segni che motivano a sperare in un graduale specifiche di ogni singolo punto vendita. ritorno alla normalità della vita sociale, senza però dimenticare il dolore Anche se da qualche mese è terminato il lockdown, non possiamo ab- di chi più ha sofferto e senza ignorare la preoccupazione di chi si trova bassare la guardia: è fin troppo evidente che si è verificato un cambia- in situazioni difficili a causa lockdown, che ha penalizzato tanti settori mento nelle abitudini del pubblico, per cui non ci si può aspettare che si della produzione, della distribuzione e della ristorazione. torni tanto presto alla situazione di prima. Questa imprevedibile pandemia è riuscita a farmi ricredere dall’opinio- Sorprendentemente c’è stata una ripresa importante nel nostro settore, ne che, come avevo espresso nel mio ultimo editoriale, nell’ambito del trainata dal mondo del ciclo e dall’outdoor, mentre hanno sofferto gli settore del commercio bastasse una gestione oculata e previdente per sport di squadra, come il calcio e il basket, per la ovvia mancanza delle prevenire tante chiusure di esercizi, quali recentemente si sono verifi- competizioni sportive, agonistiche e amatoriali. cate. L’arrivo dell’epidemia non era stato messo nel conto, ed è per questo che ho subito compreso che in questo caso la situazione avrebbe po- Mi rendo conto di essermi diffuso in una chiaccherata dove c’è tanto di tuto facilmente sfuggirmi di mano, sia per la riduzione degli incassi, sia personale: vi invito a prenderla però non come uno sfogo, ma come una per i 400 dipendenti occupati in azienda. riflessione, senza essere superficiali. In un primo tempo comunque la preoccupazione più viva proveniva dal Dinanzi ad una situazione epidemica ancora “calda”, guardo al futuro pensiero che il contagio potesse colpire me e i miei familiari. È un pen- con speranza e ottimismo, certo che ne usciremo. siero che non lascia dormire notti tranquille, tanto più che a questo su- Un caro saluto a tutti gli amici di DF Sport Specialist che spero di rive- bentrava poi l’incubo della sorte che minacciava anche i dipendenti nei dere presto alle nostre serate “A tu per tu con i grandi dello Sport”. miei negozi, e di cui mi sono sentito responsabile sotto ogni aspetto. Non potendo rimanere a lungo in questo stato di incertezza, ho pen- sato che non c’era altro da fare che rimettersi in gioco, decuplicando impegno ed energia. SOMMARIO

NOVEMBRE 2020 - ANNO XI - N° 33

Editoriale

Il punto di vista 2 Massimo Panzeri

“Un nome”: da non dimenticare 5 Carlo Pedroni

2 8 Accadeva nell’anno... 1987 - Inverno al Fitz Roy

Sport a tutto campo 11 Parliamo di Arrampicata Sportiva

Il ruolo del CAI Nazionale 5 20 Intervista al Presidente Generale 24 Anche qui si trova DF Sport Specialist

Per conoscere i testimonial [Foto: Vladek Zumr] [Foto: 28 del team DF Sport Specialist [Foto: Danilo Valsecchi] 811 Tentazioni alpinistiche 35 Pilone Centrale del Frêney

I consigli degli esperti 37 Arrampicata sportiva

20 Interviste ad alpinisti 38 Marco Ballerini [Foto: Luca Lozza] Luca [Foto: [Foto: Mauro Lanfranchi] 40 Rosa Morotti

Un ruolo sportivo dell’Esercito 42 Centro di Addestramento Alpino

[Foto: Stefano Jeantet] Alla scoperta di vie nuove 45 Zuccone Campelli 38 47 Abbiamo letto per Voi Evento di luglio “A tu per tu” 50 42 Serata con Manolo Fondatore: Sergio Longoni “Uomini e Sport” è consultabile e scaricabile Coordinamento della pubblicazione: online sul sito www.df-sportspecialist.it In copertina: nella foto grande, Giuseppe Zamboni Marcello Bombardi, sull’ultima presa. Redazione: Renato Frigerio Posta e risposta: Angolo dei lettori Sotto, la Nazionale Italiana di Grafica: Margherita Moretti [email protected] Combinata Olimpica 2019: Ludovico Hanno collaborato: Cristina Guarnaschelli, Fossali, Michael Piccolruaz, Laura Sara Sottocornola DF Sport Specialist Rogora, Marcello Bombardi, Francesco Redazione “Uomini e Sport” Vettorata, Stefano Ghisolfi. Numero chiuso in redazione: 23/10/2020 Via Figliodoni, 14 - 23891 Barzanò - LC Laura Rogora a fine agosto ha vinto Diffusione: 8.000 copie la tappa di Briançon nella Coppa del Distribuzione nei negozi DF Sport Specialist Mondo, Lead. [Foto: Matteo Pavana] IL PUNTO DI VISTA

Se stiamo assistendo ad un boom vero e proprio nel mercato delle biciclette as- sistite da motore elettrico, come rileviamo dalla comparsa esplosiva nelle nostre strade e sui percorsi una volta proibitivi per chi non era dotato di una buona dose di potenzialità muscolare, è naturale che ci chiediamo perché e come si è svilup- pata questa rivoluzionaria evoluzione del più antico mezzo di locomozione ad uso personale. A questi interrogativi ci ha risposto con un pizzico di orgoglio e con tanto entusiasmo l’ingegnere Massimo

Panzeri, CEO di Atala, che con corag- Atala CEO di Ing. Massimo Panzeri, gio e lungimiranza aveva rilevato lo storico marchio, Atala è un marchio storico per il mondo delle biciclette. Fondata nei primi anni del 900, van- ta nel suo palmares la vittoria del primo Giro d’Italia del 1909. Ha attraversato oltre cent’an- imprimendo subito una ni di storia e oggi, grazie al boom delle bici elettriche, vanta uno sviluppo a doppio zero. nuova marcia produttiva “Il ritmo di crescita sfiora il 300%, e sono convinto che si stabilizzerà, perché è un percor- di proporzioni impensabili so verso il livello naturale del mercato che il Covid ha solo accelerato” spiega Massimo per un’azienda che si tro- Panzeri, CEO di Atala. “La bicicletta è uno sport sicuro, che permette di socializzare e stare all’aria aperta, man- vava in difficoltà tali per tenendo le distanze richieste in questo momento”. cui nessun altro avrebbe Per rispondere alla richiesta crescente e sempre più attenta al dettaglio, Atala ha puntato scommesso qualcosa. tutto sulle competenze specializzate e sul Made in Italy: “Ogni fase della produzione è sotto controllo: vogliamo progettare e realizzare prodotti di assoluta qualità in termini di tecnica e prestazioni”. intervista di Sara Sottocornola “Mettiamo il cuore nei pedali” è il loro pay-off, e leggendo questa intervista, il perché è chiaro.

Ing. Panzeri, parliamo della straordinaria assumendo ingegneri con competenze elettri- Inizialmente il prodotto era “NordEuropeo”, storia di Atala, fondata oltre cent’anni fa. che elettroniche, affermandoci come leader adatto solo nelle città o per gli anziani, ma Come siete arrivati ad oggi? italiani del mercato. Siamo anche i maggiori con l’avvento dei motori Bosch è comparsa È un percorso che vede tre macrofasi di cre- esportatori verso la Comunità Europea. la bike elettrica, e a quel punto era scita. Il fondatore, nei primi anni del ‘900, era Oggi quanto conta per voi questo mercato? chiaro che si sarebbe sviluppato ovunque. un ex-dipendente della Bianchi, che ha fonda- L’80% del nostro fatturato arriva dalle biciclette Quando c’è stata la svolta? to Atala Milano. La seconda fase si apre nel a pedalata assistita. Produciamo solo mezzi Nel 2011. Quello delle mountain bike elettriche 1921 con Cesare Rizzato, artigiano di Padova di altissima qualità, con motori AM80, cambio è stato un vero boom. Ha aperto il mercato ai che la fa diventare il marchio leader in Italia: e Shimano, Bosch, telai in carbonio, alluminio e giovani, lo scopo non è più stato solo lo spo- non solo delle bici, perchè si afferma come il via dicendo. stamento casa-lavoro o una comodità per secondo produttore italiano di motorini dopo Quando ha rilevato l’azienda aveva già gli anziani: è diventato l’uso sportivo, il diver- Piaggio. A causa di un passaggio generazio- previsto la crescita del segmento a pedalata timento. Poi ha iniziato a diffondersi in Italia nale che non funziona si apre una crisi negli assistita? come mezzo per andare a lavorare. Qui è stato anni Novanta: l’azienda non si adegua al mer- Ni. Sapevo che in Olanda nel 2002 aveva pre- fondamentale l’uso delle mountain bike, anche cato e rischia di scomparire. Qui entro in sce- so piede il mercato della bici elettrica, molto per la conformazione del territorio, che vede na io, che poco dopo la laurea in ingegneria prima che nel resto d’Europa, ma non sapevo rilievi sulla maggior parte del nostro Paese. elettronica e un primo lavoro in Bianchi, mi se e come si sarebbe diffuso negli altri Paesi. Siamo stati tra i primi a cogliere le potenziali- sono occupato della ristrutturazione indu- Comunque ho voluto subito puntare su quello, tà di questo mercato, e la diffusione delle Mtb striale per la Banca che allora deteneva la pro- ma ci sono voluti due anni e mezzo per esse- elettriche ci ha consentito di tornare ad essere prietà. Quando l’ha messa in vendita, con un re pronti con prodotto nostro. Il primo anno esportatori verso gli altri Paesi, principalmente altro socio l’ho rilevata e mi sono lanciato in abbiamo venduto 25 bici elettriche, quest’an- l’Europa. quest’avventura, anche se molti mi sconsiglia- no circa 50.000. I primi anni facevamo grossi Oggi le bici elettriche stanno vivendo un al- vano. Dal 2005 Atala ha ricominciato a cresce- investimenti e avevamo scarsi ritorni: è stata tro boom, spinto dalle necessità di limitare re e ha subito prodotto utili. Abbiamo iniziato una scommessa perché vedevamo che quel gli spostamenti coi mezzi pubblici e stimola- ad investire sulle bici elettriche prima di tutti mercato era in grossa crescita, anche se to dagli incentivi del Governo. gli altri, sviluppando competenze specifiche e per l’Italia era un grosso punto di domanda. In questo momento, fa quasi impressione dir-

2 | Novembre 2020 | Uomini&Sport lo, abbiamo una crescita del 300%. Si stabi- lizzerà, e non tornerà indietro: sono certo che non è una bolla, ma stiamo andando verso il livello naturale del mercato di questo prodot- to. Solo che questi fattori stanno spingendo la crescita con maggior velocità. Oltre al discor- so dello spostamento casa-lavoro in bici, c’è anche il discorso sportivo: la bici dà possibilità a tutti di fare performance importanti con una preparazione media, non da atleta professioni- sta. Se vogliamo forzare un paragone, è come quando sono stati inventati gli sci carving ri- spetto agli sci di una volta: per tutti, sciare è diventato più facile, divertente e sicuro. Il lockdown e la pandemia vi hanno messo in difficoltà? Durante la pandemia abbiamo vissuto le stes- se incertezze e le stesse crisi degli altri. Alla riapertura però, tutti si sono buttati sulle bici, perché è uno sport che consente di stare all’a- ria aperta, di mantenere la distanza sociale, anche se viene praticato in squadra. La bici aiuta con questo tipo di regole che li- mitano tanti altri sport al chiuso o di contatto. Bici e sci vivranno un momento di gloria, solo che per lo sci ci vuole la neve, mentre per la bici basta che non piova: in media abbiamo 250 giorni l’anno di sole, quindi la bici ha un utilizzo potenziale altissimo. Molte persone sono forse frenate dal costo elevato di una bici elettrica? Il costo è più alto rispetto a una bici tradizio- nale, ma oggi esistono opzioni che forse non sono basse ma sicuramente abbordabili, e hanno il vantaggio di bassi costi di manuten- zione. Le bici elettriche partono da 800 Euro e per un modello medio-alto ne spendi circa 2.000 Euro. Rispetto ai motorini non ci sono tasse, non ci vuole l’assicurazione, diciamo che l’investimento si ripaga tranquillamente con l’uso. Oggettivamente ha dentro tanta tecnologia: motori, batterie, materiali che nelle auto sono presenti solo in modelli da centinaia di migliaia di Euro (carbonio, telai alluminio). Una batteria oggi dura centinaia di cicli di rica- rica, vuol dire decine migliaia di km, e comun- que anche dopo questo tempo non vanno a zero, ma semplicemente riduce la sua capaci- tà di chilometraggio. Che strada avete scelto per far conoscere il prodotto al mercato? La bici elettrica è un prodotto impossibile da L’azienda moderna e perfettamente attrezzata di proporre attraverso cataloghi o siti internet. Atala: capannoni funzionali e in stile aderente ai tempi Sin dall’inizio, ma anche adesso, abbiamo pun- attuali, lasciano subito immaginare l’efficienza che si sviluppa negli ampi spazi che consentono la massima tato tutto sulla prova pratica per far conoscere produttività. i dettagli al cliente. Abbiamo promosso tantis- simi eventi nelle piazze italiane: solo provare le bici ti fa capire quanto è fantastico usarle, solo col bike-test puoi comprendere le poten- zialità che ha e quale modello è più adatto a te. Esistono diversi tipi di motore, e peculiarità specifiche se devo usare la bici in montagna, in città o per altri scopi.

Uomini&Sport | Novembre 2020 | 3 Il modello B-Rush-C7.1 di Atala, con telaio full carbon realizzato con tecnologia 3D, motore Bosch Performance CX con batteria PowerTube 625 WH, con un ottimo rapporto qualità prezzo tra i migliori della categoria.

A livello di produzione, fate tutto in Italia? siamo appoggiati solo a marchi leader per le a fare sport oggi. La voglia di socializzare oltre Tutte le bici elettriche sono progettate e co- batterie ed i motori come Bosch, Yamaha, Shi- che restare in forma. struite al 100% in Italia. È una scelta precisa: mano, Samsung. Sono tutte scelte che duran- Come mai ha scelto la Brianza servono competenze tecniche, informatiche, te gli anni hanno dato i loro frutti. come sede dell’azienda? ingegneristiche e produttive molto elevate, e Oltre alle bici elettriche avete altri prodotti Io sono brianzolo, e volevo riportare l’azienda tutto il processo deve essere seguito passo in commercio? vicino a dove era nata. Ma al di là di questioni passo per ottenere un prodotto di elevata qua- Oggi siamo concentrati sull’elettrico, che ri- romantiche, qui ci sono competenze di eleva- lità. Quelle muscolari sono prodotte parzial- scuote un interesse pazzesco tra gli adulti, to livello in ogni campo: ingegneri del bacino mente all’estero. ma Atala produce qualunque tipo di bicicletta, del Politecnico, assemblatori esperti. C’è un In Italia quante sedi avete? anche quelle da bambino e le storiche BMX. contesto di imprenditori molto innovativo con Abbiamo tre siti produttivi: due tra Bergamo e Anzi, direi che il boom delle bici elettriche sta idee all’avanguardia e c’è un mercato forte nel- Brescia e uno a Monza-Brianza, poi una sede facendo da traino anche per le bici muscolari, la zona. La scelta di “tornare a casa” è quindi a Monza e una a Padova. In totale abbiamo 45 anche loro sono in crescita. anche una scelta industriale. dipendenti, ma arriviamo a un centinaio di col- Abbiamo poi la produzione di attrezzature per Come ha conosciuto Sergio Longoni? laboratori, per 50 milioni di fatturato. Stiamo il fitness, un settore in cui Atala era presente Come tutti qui nella zona: da piccolo andavo a assumendo, e lo stavamo facendo anche nel da tempo. Il mercato però è andato in diminu- comprare da lui le bici, i moschettoni, gli sci in- periodo pre-Covid: riteniamo che la crescita zione, sostituito dalle palestre. Col Covid, devo sieme a mio papà! Con Atala lavoriamo con lui del mercato sia strutturale, perciò stiamo am- dire che sta aumentando la richiesta, ma pen- da molto tempo, ed è un binomio che funziona pliando la struttura a livello di tutte le funzioni. so che sia in realtà un rimbalzo. Mentre con le molto bene. Sergio ha fatto della competenza Qual è il vostro vantaggio competitivo? bici sono certo che sia strutturale perché stia- e della preparazione il punto di forza dei suoi Il primo è che prima di tutti abbiamo investi- mo ripercorrendo ciò che è accaduto in mer- negozi, e questo per le bici è fondamentale: la to nelle bici elettriche, costruendo una storia cati più maturi del nostro, per il fitness ci sono scelta non è semplice e il prodotto dev’esse- e delle competenze specifiche, che pochi in delle questioni culturali che mi fanno pensare re spiegato per fare in modo che il cliente sia Europa hanno. Secondo, abbiamo deciso di sia solo una crescita temporanea. Fare sport contento. produrre tutto in Italia. Ma non per un discorso in casa è poco divertente, ecco il punto debo- di Paese: servono competenze tecniche eleva- le: ora c’è una necessità sanitaria, ma non cre- te in produzione e a livello di software, ed è do durerà più di un paio di anni. meglio lavorare insieme sul prodotto dall’inizio La bici invece è sicura e ti fa socializzare: è alla fine. Cito anche i fornitori: fin dall’inizio ci questo che porta la maggior parte della gente

4 | Novembre 2020 | Uomini&Sport OGNI VOLTA “UN NOME”: DA NON DIMENTICARE a cura di Renato Frigerio

Carlo Pedroni, ovvero il “Kung fu” dell’alpinismo

di Giuseppe “Popi” Miotti

Carlo Pedroni in un’immagine simbolo e presagio della privilegiata passione che lo legava al Pizzo Badile: forse conscio che proprio sulla montagna più amata avrebbe avuto fine la sua attività alpinistica insieme alla sua stessa vita.

Forse più ancora che un uomo da non dimenticare, sarà tutto da scoprire, almeno per buona parte di coloro che sono vivamente interessati alle pagine dell’alpinismo, questo Carlo Pedroni, che con evidente affetto e ammirazione ci viene qui presentato da un altro noto alpinista come Giuseppe Miotti. Anzi la reciproca stima e amicizia tra il protagonista e l’autore dell’articolo, come bene traspaiono nel testo, costituiscono per se stesse un valido elemento positivo, di cui ai nostri giorni si sono perse le tracce. Il ricordo inizia invece evidenziando come, da un tragico episodio, in tempi passati si ritornava su se stessi con sincera umiltà, e con senso di responsabilità si prendevano radicali decisioni: come fece Pedroni che non esitò a lasciar perdere la baldanza giovanile con cui stava attuando la sua passione alpinistica. Giova a tutti che ritorni alla ribalta sotto tutti gli aspetti questo straordinario innamorato della montagna, perché rimangano come fonte di ispirazione le sue numerose qualità. Oltre all’eccezionale livello delle sue arrampicate, possiamo prendere nota qui della sua meticolosa preparazione di ogni aspetto prima delle sue scalate, dell’accettazione dei più improbi sacrifici, dell’intelligente lungimiranza con cui ha individuato valide soluzioni tecniche: tutte cose che ce lo fanno considerare come una persona che vorremmo conoscere nella sua completa realtà, oltre la pur pregevole e incisiva descrizione che ne ha fatto Giuseppe Miotti.

“Kung fu” significa risultato ottenuto con fatica, di risalita sulle corde, incapace di issarsi a fisico e bravura. Rapidità di esecuzione, velocità con applicazione, tecnica che ben si addice braccia, lo Zoanni, forse anche il più debole dei di salita e di discesa, dimestichezza massima all’alpinismo di Carlo Pedroni, l’uomo che più di tre, perdeva via via le forze. Alla fine, dopo una con i materiali e le tecniche di scalata: queste tutti ha cercato di creare in Valtellina una forte lunga e straziante lotta per sopravvivere, spirava erano le armi vincenti di Carlo. Ricordo ancora e solida tradizione alpinistica. a poche lunghezze di corda dalla base della le corse verso il Medale lungo la statale del Quasi certamente il suo modo di affrontare parete, quando ormai la salvezza sembrava a lago: credo di aver rischiato la morte più sulla le vette è stato profondamente segnato portata di mano. Dopo questo episodio Pedroni sua auto lanciata a folle velocità che in parete. dalla terribile esperienza vissuta sulla parete improntò il suo alpinismo verso il massimo Una volta giunti, senza un attimo di respiro Nord del Pizzo di Prata il 15 settembre 1963: rispetto per la montagna, dando ad esso si partiva per la Boga o per la Taveggia che la vicenda occorsa ai giovanissimi Antonio un’impostazione quasi scientifica. andavano salite a tempo di record, per poi Del Giorgio, Carlo Pedroni e Aristide Zoanni Egli non lasciava mai nulla al caso: preparava tornare d’un fiato a casa. A dispetto di ciò, è da annoverarsi fra le più tragiche di quegli con cura e meticolosità ogni sua scalata, anche Pedroni era celebre per la grande prudenza, che anni. Fidando troppo nelle loro forze, i tre la più banale. La viveva già prima, a casa, con spesso poteva sembrare eccessiva, ma che, per attaccarono decisi la parete, per accorgersi molta intensità. Studiava tutte le numerose lunghi anni, lo guidò in sicurezza nei più difficili subito dopo di non essere assolutamente in variabili che avrebbero potuto verificarsi e, per momenti. Affinando queste qualità, studiando grado di proseguire. Iniziarono quindi la ritirata ognuna, cercava di predisporre la soluzione e impiegando concezioni rivoluzionarie per che fu fatale: privi della necessaria esperienza, migliore. Ogni suo passo era ponderato, quegli anni, ‘Pedro’ riuscì a compiere un gran si trovarono a dover calare lo Zoanni in modo improntato alla maggiore riduzione possibile numero di ascensioni di alto livello. Era un vero che potesse raggiungere una cengia. Un errore del rischio. Tempi di percorrenza, condizioni fissato della leggerezza dei materiali che, con nella valutazione della manovra portò il giovane meteorologiche, temperatura, materiali e lungimiranza, vedeva strettamente legata al sotto uno strapiombo, lontano dalla cengia attrezzatura, abbigliamento, alimentazione, futuro dell’alpinismo, soprattutto invernale ed e fuori dalla vista dei compagni. In questa tutto era rigidamente previsto e calcolato. extraeuropeo. posizione il poveretto si trovò completamente Con lo stesso spirito, l’alpinista, nato a San Carlo Fu tra i primi ad adottare il goretex, a usare due appeso alle corde, senza poter scaricare il suo di Chiavenna il 29 giugno 1943, affrontava gli corde da otto millimetri, anziché da nove, per le peso dalla legatura che gli serrava sempre allenamenti e la preparazione invernale. ascensioni invernali e su ghiaccio, e a studiare più fortemente il torace. Più in alto, gli amici, Ogni uscita, anche la più banale, era vissuta con spesso improbabili soluzioni per sacchi a pelo ignari dei sistemi di autosoccorso, assistevano l’impegno di una grande salita; ogni scalata, ultraleggeri, ma sufficientemente caldi. impotenti alla lotta di Aristide per alleggerire specie quelle sulla sua palestra preferita, la Ma per un’altra caratteristica era famoso: la sua l’implacabile stretta. Non conoscendo i sistemi Corna di Medale, era un mettere alla prova quasi masochistica accettazione di sacrifici

Uomini&Sport | Novembre 2020 | 5 Era una sua caratteristica anche l’ambizione di essere il primo a superare in invernale le vie più impressionanti, come questa del tentativo al Pilastro ENE del Badile, che sta effettuando insieme a Tiziano Nardella.

incredibili, forse persino eccessivi, e giustificati neve, un muro compatto e liscio di 15-20 metri da Antonio Forni, Pietro Ghetti, Franco Gugiatti solamente dalla sua divorante passione per la ci separava dalla cima. La visibilità era quasi e Carlo Pedroni), quest’ultima per certi versi montagna. Come ho scritto, ogni più piccola azzerata, la neve e la sottile patina di lichene un’impresa d’avanguardia assoluta. Accanto gita o scalata erano per Carlo un allenamento: che ricopriva la roccia rendevano impossibile ad un’intensissima, quasi “maniacale”, attività ma per averlo conosciuto bene, oserei dire che la scalata. Usando tutte le sue magie alpinistica che lo vedeva impegnato su ogni considerava anche le scalate più impegnative d’artificialista e sfruttando alcuni funghetti tipo di terreno e in ogni stagione, Pedroni seppe una preparazione verso un’irraggiungibile di roccia, passandoci attorno il cordino delle anche dedicarsi, con passione e altruismo, a meta ideale. Ricordo salite fatte con tempo staffe, Carlo riuscì tuttavia ad arrivare a tre tutte le iniziative della Rezia prima e del CAI umido e uggioso in Val Torrone, solo per fare metri dall’uscita per poi arrestarsi impotente Valtellinese poi. La sua presenza, nei corsi di due lunghezze di corda sulla parete della di fronte a un tratto liscio e compatto. Fedele alpinismo e sci alpinismo, come INSA e nelle Meridiana dove pendevano nel vuoto dei mazzi all’attenzione verso i minimi particolari, esercitazioni di Soccorso Alpino, era sempre di chiodi, forse abbandonati da Taldo, Nusdeo fortunatamente aveva portato un paio di garantita. La serie impressionante delle e compagni. Ricordo una salita sulla parete chiodi a pressione per rendere più sicure le sue scalate proseguì per tutti gli anni 70 del del Torrione Porro sotto la neve e innumerevoli calate lungo il camino Est, e grazie ad uno di Novecento, con la ripetizione di vie importanti altre “scampagnate” quasi sempre sotto la questi, piantato sotto l’infuriare della tempesta, su tutto l’arco alpino: la Ratti-Vitali all’Aiguille pioggia, perché in quegli anni... pioveva sempre. riuscimmo a fuggire da lì. Noire de Peutérey con Franco Gugiatti, lo Forse questo modo di vivere la montagna, Oltre che diabolico arrampicatore con chiodi e sperone Walker alle , la Ovest piuttosto stressante, toglieva all’amico parte staffe, Pedroni era anche un ottimo scalatore delle Petites Jorasses, la Carlesso e la Cassin del piacere che dona la scalata: ma pareva che libero, e per molti anni fu il compagno preferito alla Torre Trieste col giovanissimo Gianpietro un fuoco inestinguibile alimentasse questo da Pietro Ghetti, alpinista poco noto ai più, ma Scherini, sono solo alcune. Ma l’autentico atteggiamento. Anche oggi, guardando le in quel periodo fra i migliori d’Italia. Sul finire pallino del “Pedro” era l’alpinismo invernale. foto che ritraggono ‘Pedro’, è difficile trovarne degli anni 60, un forte gruppo di scalatori, fra i Lo testimoniano le prime dello spigolo qualcuna in cui lo si veda in atteggiamento quali spiccavano Tullio Speckenhauser, Franco Gervasutti alla Punta Allievi salito con Franco rilassato e sorridente. Gugiatti, Pietro Ghetti e lo stesso Pedroni, si Gugiatti nel 1971; della parete Nord-ovest del Carlo Pedroni è stato il mio vero maestro era separato dalla Sezione Valtellinese del Badile, via Castiglioni, con Franco ed Ermanno d’alpinismo e naturalmente, come fanno tutti CAI, creando il Gruppo Rezia, espressione Gugiatti nel 1974; della via Bramani alla Punta gli allievi, l’ho più tardi lasciato. Con lui, oltre alla dell’eccellenza alpinistica locale. Proprio negli Rasica con il sottoscritto nel 1975. Sono prima invernale della via Bramani alla Rasica, anni d’oro del Rezia, Pedroni fu fra i principali poi innumerevoli i tentativi invernali a salite feci la prima ripetizione della via Nardella sulla protagonisti di importanti imprese. impressionanti come: la via del Centenario alla parete Sud del Cavalcorto. Qui l’amico mostrò Voglio rimarcare quanto egli tenesse a quel Punta Ferrario, il pilastro Est-nord-est del Badile tutta la sua tempra, oltre che la validità delle mitico 1969, quando, fra le altre scalate, la tentato con Tiziano Nardella (che poi lo salì sue idee. Il secondo giorno di scalata, nel sua attività annuale culminò con la terza salita d’estate con Daniele Chiappa, Giulio Martinelli grande camino sommitale fummo investiti da alla via Nusdeo-Taldo sulla parete Sud-est e Elio Scarabelli), la Sud del Pizzo Argent, con un fulmine, che paralizzò il mio braccio, cui del , la prima alla parete Gugiatti e Ghetti, o l’integrale alla Cresta di seguì subito una intensissima nevicata. Sulla Sud-est di Quota 3225, e la prima traversata Peutérey sempre con Nardella. Si affacciò cengia finale, coperta da trenta centimetri di invernale Roseg-Scerscen-Bernina (effettuata anche sul mondo dell’alpinismo extraeuropeo,

6 | Novembre 2020 | Uomini&Sport A fianco: il suo piacere di vivere la montagna nel pieno dell’inverno gli consentiva di riuscire a cogliere anche le più impensate opportunità, come fece con la prima traversata invernale di Roseg-Scerscen-Bernina, realizzata assieme a Franco Gugiatti e Antonio Forni nel 1969. (Da sinistra, nella foto di Pietro Ghetti).

La conquista in prima invernale della via Bramani alla Punta Rasica, realizzata nel 1975 insieme all’autore di questo articolo, può essere considerata una delle più significative espressioni della sua attitudine per le invernali.

con una spedizione del CAI Valtellinese al Nevado Rasac Principal, assieme a Vincenzo Fagioli, Franco Gugiatti, Edgardo Gazzi e la milanese Elena Bordogni. Più tardi, compì diverse esperienze, meno impegnative, sui monti himalayani. Con una simile attività, nel 1976, Carlo Pedroni sarà il quinto valtellinese a diventare Accademico del CAI, titolo che però non considerava un traguardo, ma un nuovo punto di partenza. Il mondo alpinistico di Pedroni, però, restava particolarmente legato alle Alpi, che ogni estate percorreva in lungo e in largo per ripetere le vie più importanti. Era invece meno interessato all’apertura di nuovi itinerari, ma riuscì a legare il suo nome alla montagna che forse amava di più, il Pizzo Badile. Nell’estate del 1984, con Camillo Selvetti e Alberto Rossi, tracciò una via direttissima sulla parete Sud-est, oggi considerata una delle vie classiche sul versante meridionale della A parte la sua nota montagna. Purtroppo, sulla montagna che preferenza per le gli aveva dato tante soddisfazioni, l’alpinista montagne di casa, perdeva tragicamente la vita l’anno successivo. non disdegnava conoscere e Risalendo il canalone del Cengalo, fra la Est del conseguire Badile e la Nord-ovest del Cengalo, al ritorno importanti da un tentativo alla via Kosterlitz, Carlo veniva esperienze su ogni colpito da una scarica di sassi staccatasi a tipo di terreno: causa del caldo intenso. Scompariva una se poi si trattava delle Dolomiti, delle figure alpinistiche più rappresentative del si vede con quanto panorama alpinistico valtellinese, un ottimo ardore e passione arrampicatore, completo su tutti i terreni, un sta affrontando uomo buono e sensibile, forse a volte troppo la classica via preso dalla sua stessa passione che raramente, Carlesso sulla Torre Trieste. in vetta, gli concedeva spazio per la gioia e per qualche attimo di pace, trascinandolo immediatamente verso altri traguardi. Le fotografie sono state recuperate dall’archivio di Carlo Pedroni. Uomini&Sport | Novembre 2020 | 7 ACCADEVA NELL’ANNO...1987 a cura di Renato Frigerio

Se, come è stato affermato, la storia è maestra di vita, è opportuno non dimenticare questa massima specialmente quando, piuttosto che di guerre e battaglie, ci parla delle consuetudini e della mentalità di coloro che ci hanno preceduto. Non può essere una for- zatura riferirci in questo senso all’articolo che segue, solo perché i fatti riportati risalgo- no solo a tre decenni fa: nelle nostre ultime generazioni, per la supersonica velocità dei ritmi che ci stiamo imponendo, la percezione degli anni che passano li allontana sempre più considerevolmente da noi. Leggeremo allora negli avvenimenti e nelle considerazioni qui raccontate l’aspetto diver- so di come allora veniva inteso e praticato l’alpinismo, trovandolo semplicemente nella passione autentica dei tre giovani alpinisti che si erano decisi di affrontare un’impegna- tiva spedizione extraeuropea senza lasciarsi intimorire né dai costi proibitivi che si sta- vano accollando né dalle difficoltà logistiche insite nell’organizzazione. Che contava era poter raggiungere l’importante obiettivo alpinistico che li aveva attirati: ed è sintomatico che poi la descrizione della loro arrampicata proceda nell’essenzialità che la rende certo un po’ scarna, quando neppure accenna ai gradi della scala di difficoltà che si succedeva- no nella progressione, ma che proprio così evidenzia come nella loro mente fosse fissata Un suggestivo momento di relax, al riparo dalle soltanto la meta che albergava nel loro cuore. intemperie e riscaldati dalla fiamma che illumina È la nostalgia di questa passione soprattutto che ci fa riflettere e un po’ rimpiangere un il bivacco al Campo base Rio Blanco: si riconoscono, da sinistra, Dario Spreafico, Paolo Crippa, Danilo Valsecchi. articolo scritto con grande ma profonda semplicità,

INVERNO AL FITZ ROY di Dario Spreafico

In una città come Lecco, dove il solo nome richiama alla mente immagini di montagna e di arrampicatori, la grande tradizione alpinistica ha ancora il potere di spingere dei giovani ad affrontare fatiche, rischi e sacrifici per la semplice soddisfazione di ottenere una conquista in montagna. Forse in questo momento particolare della pratica dell’alpinismo, chi come noi si richiama all’alpinismo di altri tempi costituisce un capitolo a sé: ma per me rischio, fatica e sacrificio sono tre componenti essenziali dell’andare in montagna, affascinato dallo spirito d’avventura e con la vo- glia di andare sempre avanti. È proprio questa voglia che ti spinge a tentare avventure sempre diverse e, quando ti riesce, qualitativamente migliori: ed è anche per questo che si decide di partire in pochi, con il minimo di materiale, sorretti in cambio da una preparazione fisica e psicologica molto forte. Dopo aver meditato di orientarmi ad una montagna dell’Himalaya, dis- suaso soprattutto dalle previsioni delle difficoltà di ordine burocratico che qui si incontrano, la mia scelta cade sulla Patagonia ed in particolare sul Fitz Roy. Il pilastro Est, aperto da amici lecchesi e ancora inviolato d’in- verno, mi attirava per la sua linea esteticamente perfetta e certamente mi avrebbe consentito di misurarmi con qualcosa di diverso, qualcosa che non avevo ancora sperimentato. 17 luglio 1987: sono con me, Paolo Crippa e Danilo Valsecchi. Partiamo da Linate con l’intenzione di tentare la ripetizione del pilastro Est, lungo la via dei Ragni, aperta nel ’76. Dopo i soliti problemi di viaggio, ma, tutto sommato considerata la sta- gione, molto rapidamente, il 23 siamo al Campo base Rio Blanco. Sistemiamo il Campo, sostituiamo il telo del tetto e facciamo tutti quei piccoli lavori che ci permettono di trascorrere nel miglior modo possibile la nostra permanenza qui. Nei giorni successivi effettuiamo parecchi viaggi di rifornimento alla base Già da lontano, provenendo dalla Laguna de los Tres al Paso Superior, del pilastro, dove scaviamo una truna come campo avanzato. Il tempo è la tipica sagoma del Fitz Roy appare nella sua imponente maestosità, mediocre e le condizioni del terreno e della montagna sono buone. sovrastando le spettacolari guglie della Patagonia. Verso il 26 purtroppo il tempo cambia e per alcuni giorni nevica. Quando

8 | Novembre 2020 | Uomini&Sport il primo di agosto, con tempo variabile, risaliamo al campo avanzato, il paesaggio è molto cambiato. È caduta molta neve, e pur avendo gli sci (tra l’altro essenziali per muoversi) facciamo molta fatica. Una volta arrivati al punto della truna, constatiamo che purtroppo una slavina dalla parete o il lavoro del vento hanno coperto la truna stessa e la corda di segnalazione. Scaviamo per delle ore e, pur avendo dei riferimenti su roccia e la certez- za di scavare nel punto esatto, l’enorme quantità di neve non ci permette di ritrovare il materiale. Dopo un bivacco d’emergenza, sfiduciati e con brutto tempo, torniamo al Campo base, dove nei giorni successivi, fatto il punto della situazione e valutato il materiale a disposizione, decidiamo di tentare la salita per la Un altro ostacolo che si oppone al loro tentativo viene superato da via Franco-Argentina dello Sperone Sud, sempre del Fitz Roy. Danilo Valsecchi in traversata alla Brecha de los Italianos. Il giorno 5 il tempo migliora, l’altimetro (contrariamente a quanto succe- de d’estate, d’inverno funziona) si abbassa notevolmente e per la famosa legge matematica il nostro morale sale. Prepariamo tutto e il 6 alle 3 di mattino siamo già in cammino: raggiungiamo la base del canale che porta alla “Brecha de los Italianos” verso le 11. Subito ci rendiamo conto dell’enorme quantità di neve accumulatasi nel canale; salire di lì sarebbe troppo pericoloso e faticoso. Quindi, dopo un paio d’ore trascorse a nuotare e battagliare per superare la crepaccia ter- minale, saliamo sulle rocce a destra del canale con delle lunghezze di mi- sto e artificiale e solo alla 1 di notte troviamo un terrazzino per bivaccare. Il giorno 7 riprendiamo la salita appena fa chiaro (le 9), raggiungiamo l’intaglio a Sud della cima, 2627m, indicato come “Brecha” e, valutate le buone condizioni del tempo e della parte verticale della via, ci alleggeria- mo un po’ lasciando un piccolo deposito d’emergenza. Attacchiamo la parte verticale e nuovamente solo alle 23 riusciamo a trovare un piccolo pendio di ghiaccio, dove intagliare una ridotta cengia per poter piazzare la tendina da bivacco. 8 agosto: è ancor buio quando, sistemato tutto, ci prepariamo a partire. Continuiamo la salita per diedri e fessure su roccia stupenda, con qual- che problema per il ghiaccio e la neve che intasa alcune fessure. Verso le Dario Spreafico in arrampicata nel cuore della parete, alle prese con la solidità del granito di questa splendida via. 16 arriviamo al punto dove la parete comincia a perdere la sua verticalità e, trovata una cengia, abbandoniamo lì tutto il materiale da bivacco. Saliamo ora più veloci e leggeri verso la cima, 3405m, che raggiungiamo alle 18.15’. Il tempo per le foto e un attimo di felicità, poi il freddo e la preoccupazione per la discesa ci riportano alla realtà: scendere. Dopo tre calate si è già fatto buio. Abbiamo due pile, e con quelle conti- nuiamo a scendere. Dopo un po’, una pila si esaurisce: ancora due calate e anche l’altra per solidarietà si spegne, e ci fa passare un paio d’ore di paura. È solamente verso l’una, più per fortuna che per abilità, che mi ritrovo sulla cengia dove abbiamo il materiale da bivacco. Grido a Paolo e Danilo la mia felicità e, appena mi raggiungono, dico loro che una “bife de lomo” con patatine fritte una volta giunti a Calafate me la devono proprio offrire. Siamo contenti e sollevati mentre, preparato qualcosa di caldo, ci infilia- mo nei sacchi piuma. L’idea di un bivacco senza sacco con una tempe- ratura di -20°, senza poter bere e mangiare niente, proprio non ci entu- siasmava. Appena fa chiaro riprendiamo a calarci, raggiungiamo la “Brecha” e con- tinuiamo sino alla base, dove arriviamo verso le 16. Il tempo è peggiorato e c’è un vento degno del luogo: sembra che il Fitz Roy prima di salutarci voglia mostrarci ancora una volta la sua faccia peggiore. Infiliamo gli sci e nella bufera scendiamo verso la Laguna de los Tres al Paso Superior. Alle 19, stravolti ma felici ci possiamo stringere la mano al Rio Blanco. I giorni successivi sono la storia di tre amici contenti e sod- Paolo Crippa in una fase impegnativa, forse critica, della progressione disfatti che hanno avuto la fortuna di vivere questa avventura grazie al finale sulla granitica parete. loro affiatamento, alla fiducia e a tutti gli aiuti ricevuti da amici e sponsor. Soprattutto grazie al Fitz Roy, che ci ha fatto sì qualche sgambetto, ma è anche stato e diventato un grande amico.

Uomini&Sport | Novembre 2020 | 9 Dopo l’impegnativa ascensione lungo la parete Ovest, percorsa in stile alpino, i tre alpinisti meritano di gustarsi sulla vetta del Fitz Roy l’incontenibile soddisfazione per la conquista di un prestigioso obiettivo. Nello splendido scenario della Patagonia, dominato dal mitico Cerro Torre, Paolo Crippa e Dario Spreafico esultano nella foto scattata da Danilo Valsecchi.

L’esperienza vissuta al Fitz Roy è stata certamente dura, ma per me sa- rebbe un enorme piacere poterla ripetere in modo simile. Passare tan- ti giorni su una montagna d’inverno, con due soli compagni, lontani da casa qualcosa come 15.000km, e coscienti del fatto, che qualunque cosa fosse successa, nessuno ci avrebbe potuto aiutare, mi ha fatto provare sensazioni profonde, come l’amicizia e la dipendenza dai miei compagni. In quelle distese di neve e di ghiaccio, il ricordo di chi aveva avuto fiducia in noi e ci aveva dato il suo aiuto (il Gruppo Ragni, il Gruppo Gamma, il CAI Lecco, la concessionaria FIAT di Colombo Pisati, le azien- de Ciesse Piumini, Koflach, Abrio, Vaude, Trezeta, Barba Sport) ci offriva la sicurezza e ci spronava a non desistere. Sacrifici, pericoli e rischi hanno rafforzato l’amicizia e l’affiatamento di noi tre: e tuttavia credo che sarebbe bello affrontare altre esperienze an- che con amici diversi, per riscoprire nei momenti difficili il comportamen- to di persone che si conoscono ed aumentare così il proprio bagaglio di esperienze umane. Si è ormai avviata la discesa dalla Supercanaleta in corda doppia, ma il cuore rimarrà a lungo ancora su questa vetta che ha segnato una tappa significativa della loro vita. L’articolo è tratto da “Alpinismo” – Bollettino numero 90 – Annuario 1989 del Club Alpino Accademico Italiano.

Le fotografie ci sono state offerte da Danilo Valsecchi.

10 | Novembre 2020 | Uomini&Sport

SPORT A TUTTO CAMPO

LE GENERAZIONI IN ATTESA DEL FUTURO TERMINE DI CONFRONTO

Arrampicata Sportiva: l’arte di arrampicare, sapendo che il premio che ti aspetta non è una vetta più vicina al cielo, ma la soddisfazione di poter sfidare anche le pareti più lisce e verticali

di Renato Frigerio Le interviste a cura di Sara Sottocornola

Nel lungo percorso attraverso il quale abbiamo incontrato numerose discipline sportive, dove si distinguono le differenti scelte che accen- dono il tifo e l’interesse di tanti appassionati, si sono più volte presentati degli spazi che avevano un’evidente origine dalle normali esi- genze e abitudini dell’uomo. Esistono certa- mente anche delle attività sportive che sono state introdotte a partire da precedenti ele- menti ludici che un tempo venivano praticati per passatempo o gioco, a scopo di diverti- mento e poi di sfida: li vediamo per esempio in tutte le specialità dove si usa la palla, nelle va- rie dimensioni e forme, come la troviamo nel calcio, nel basket, nel tennis, nel rugby, nella pallavolo. In altri casi la disciplina si è invece sviluppata partendo addirittura dalla costitu- zione fisica e dalle abitudini dell’uomo, e la tro- Anche i semplici allenamenti non mancano di richiamare appassionati e curiosi: viamo evidente nella gare di marcia e di corsa, qui si svolgono all’interno del Palazzo a Vela di Torino, dal 1987 la prima e la più grande palestra nelle regate e nel nuoto, nella stessa bicicletta. di arrampicata d’Europa. Ciò che era stato un mezzo per raggiungere uno scopo preciso assume il ruolo autentico catalogate e dotate di normative giuridiche e si basa su ancoraggi permanenti fissi alla di fine a se stesso. Non è difficile vedere che regolamentari, formule e appositi calendari. roccia come protezione/sicurezza. Il termine sotto questo aspetto si può inquadrare anche È una disciplina tipica delle più recenti gene- è usato in contrapposizione all’arrampicata l’Arrampicata Sportiva: arrampicare quando razioni, e come tale non può trovare nessun tradizionale o trad, facente uso invece di pro- era indispensabile per raggiungere una vetta, confronto con atleti datati: questo il motivo tezioni amovibili come nut e friend. Poiché l’e- costretti spesso a superare pareti vertiginose per cui nella nostra rubrica “Sport a tutto cam- quipaggiamento è usato esclusivamente per e repulsive, è diventato ora anche uno sport a po” verrà a mancare il consueto riscontro con l’assicurazione, e non per aiutare la progres- tutti gli effetti. È successo attraverso passaggi gli atleti del passato. Poiché questa verifica sione, l’arrampicata sportiva è considerato un progressivi, distribuiti in un lungo spazio tem- si renderà possibile non prima di una decina tipo di arrampicata libera. Per quanto riguar- porale, ma ora è stato accreditato come una d’anni, anche l’arrampicata sportiva subisce la da le competizioni l’arrampicata sportiva è reale disciplina sportiva, che attira sempre più sorte toccata al Parapendio, venendo consi- regolamentata a livello internazionale dall’In- numerosi praticanti, sempre più stimolati nel derata tra “Le generazioni in attesa del futuro ternational Federation of ”. reciproco confronto. termine di confronto”. In Italia il punto di riferimento dell’Arrampicata Le competizioni iniziali, che immaginiamo si Che cosa si intende poi per “Arrampicata Spor- Sportiva si identifica nella FASI, la Federazione siano svolte come gioco tra amici, sono cul- tiva” lo possiamo specificare con i semplici dell’Arrampicata Sportiva Italiana, ammessa minate rapidamente in gare autentiche, che ed essenziali termini con cui viene definita ufficialmente al CONI, dotata di apposito sta- sono state prese in considerazione dai mas- da Wikipedia, l’enciclopedia libera: “L’arrampi- tuto, regolamento e strutture. simi organismi competenti e opportunamente cata sportiva è uno stile di arrampicata che La FASI, dopo il rinnovamento delle ultime vo-

Uomini&Sport | Novembre 2020 | 11 tazioni che hanno portato all’elizione di Davi- liani giovanili non si sono potuti svolgere ma gradi di difficoltà al limite delle capacità uma- de Battistella come Presidente e un consiglio si è riusciti a ripartire con tre importantissimi ne, come del resto si verifica in tutte le disci- Federale compatto e operativo sta intrapren- appuntamenti, quali i tre Campionati Italiani pline dell’arrampicata e come pure in tutti gli dendo un percorso di rinnovamento e sviluppo senior di specialità (Lead, 12-13 settembre a altri sport. Ad ogni presa viene assegnato un che la porta a diventare Federazione Sportiva, Brunico, Speed, 26 settembre a Mezzolombar- punteggio progressivo e ha due valori: “tenuta” in quanto attualmente è Disciplina Sportiva do, Boulder, 17-18 ottobre a Roma). se viene impugnata; “utilizzata” se, dopo aver- Associata. In questi giorni estivi al Centro Federale di Arco la impugnata, si inizia un movimento che però Ad oggi conta più di 250 Società affiliate e si sono svolti i raduni di preparazione per le non permette di raggiungere la presa succes- 43.000 tesserati suddivise in tutte le regioni squadre senior e dal 27 agosto al 6 settembre siva. Il massimo punteggio si ha nell’arrivare d’Italia. Le società sportive operano sul territo- si sono tenuti collegiali di allenamento e se- con entrambe le mani all’ultima presa: il “top”. rio per la promozione e lo sviluppo dello Sport lezione per le squadre giovanili. Sta partendo Si può effettuare con la corda di sicurezza dall’al- dell’arrampicata: al loro fianco la Federazione inoltre un progetto più ampio al fine di prepa- to, nei giovanissimi, o con corda dal basso. supporta le società stesse con la formazione rare i futuri atleti con obiettivo Olimpiadi 2024 Velocità (Speed). La specialità di velocità, det- dei tecnici, istruttori, allenatori, giudici, al fine a Parigi, dove, se confermato, il nuovo format ta comunemente Speed, consiste nel comple- di rendere la crescita della disciplina struttura- prevede l’assegnazione di due medaglie, una tare una via (normalmente di grado medio/ ta e conforme ai regolamenti CONI. per specialità Speed e una per la combinata basso) nel minor tempo possibile. La FASI ha al suo interno le squadre nazionali Boulder e Lead. Sulla base di questo nuovo Dal 2007 la IFSC ha omologato un muro di che portano i suoi atleti a competere nei cir- format è partito un progetto guidato dal Com- arrampicata di 15m dove effettuare le com- cuiti internazionali, quali la Coppa Europa e la missario tecnico, Tito Pozzoli, al fine di prepa- petizioni. La via da competizione è fornita di Coppa del Mondo, con i relativi Campionati rare gli atleti stessi nel miglior modo possibi- un sistema di cronometraggio alla partenza e Europei e Mondiali. Gli atleti delle squadre na- le. Il progetto prevede di iniziare a lavorare a all’arrivo, un sensore in cima alla via che per- zionali sono affiliati alle società sul territorio partire dagli atleti di categorie U14 e U12 con mette agli atleti di fermare il tempo. La via vie- e hanno solitamente propri allenatori che ne l’obiettivo di intraprendere un percorso struttu- ne salita in moulinette, cioè con corda dall’alto, seguono la preparazione. La Nazionale acco- rato per la formazione degli atleti ancor prima in modo che l’atleta possa concentrarsi solo glie al suo interno gli atleti che nel corso della di poter accedere alle squadre nazionali. sul tempo di salita. stagione e secondo i criteri di selezione risul- Le gare si svolgono nelle diverse specialità di: Boulder. La specialità chiamata Boulder consi- tano averne le caratteristiche. Vengono poi Difficoltà (Lead). La specialità di difficoltà, ste nel dover arrampicare su vie basse, mas- organizzati raduni di allenamento collegiale o detta comunemente Lead, consiste nell’effet- simo 4 m, dove il punto più basso del corpo selezione per poter preparare gli atleti stessi tuare una scalata su vie che aumentano di non deve superare i 3 metri, di diversa difficol- alle competizioni internazionali. A partire dallo difficoltà progressivamente fino a raggiungere tà, senza l’uso dell’imbragatura (l’incolumità è scorso giugno la FASI ha firmato un accordo con il Comune di Arco per la gestione del Clim- bing Stadium di Arco per utilizzarlo quale Cen- tro Federale mettendolo a disposizione della squadra olimpica e delle squadre nazionali Se- nior e Junior, un Centro Tecnico Federale all’al- tezza del fabbisogno dei suoi atleti azzurri. Le competizioni si suddividono in ambito re- gionale, o nazionale. Nei cui circuiti si vanno a misurare gli atleti stessi suddivisi per diver- se categorie giovanili sino alle competizio- ni Senior. In ambito giovanile ogni stagione parte con i circuiti regionali da cui verranno selezionati i migliori atleti che potranno così accedere alle finali nazionali che eleggono i Campionati Italiani giovanili delle varie catego- rie e specialità. Le competizioni Senior sono strutturate su circuiti di Coppa Italia per le tre specialità (Boulder-Lead-Speed) e con le finali nazionali che aggiudicano i titoli di Campioni Italiani. Quest’anno, come sappiamo tutti è estremamente particolare e i Campionati Ita-

12 | Novembre 2020 | Uomini&Sport assicurata da materassi para cadute). Richie- Sono previste competizioni specifiche in ordi- cuito internazionale di gare che si svolge ogni de uno sforzo di breve durata ma di massima ne di età: anno per ogni singola disciplina. intensità e prevede una serie limitata di movi- Senior. Campionato del mondo: competizio- Giovanili: Campionato del mondo giovanile, menti, 7-8 di media. Bisogna partire con tutti e ne biennale, a cui possono partecipare atleti competizione annuale riservata ai ragazzi quattro gli arti appoggiati su prese obbligate di ogni nazione, in cui sono presenti le tre di- under20 di ogni nazione. Campionato euro- di “start” per completare il percorso che cul- scipline ufficiali (Lead, Speed e Boulder), più peo giovanile: competizione annuale riserva- mina con un “top” (presa finale), che dev’es- le gare paraolimpiche. Campionato europeo: ta ai ragazzi under20 di nazionalità europea. sere tenuto dall’atleta per almeno tre secondi competizione, che si effettua ad anni alterni ri- Coppa Europa giovanile: circuito internaziona- consecutivi. Vengono contati il numero dei spetto al mondiale, a cui possono partecipare le di gare, riservata ai ragazzi under20 di na- tentativi impiegati nel raggiungere il “top” in un solo atleti di nazionalità europea, in cui sono zionalità europea, che si svolge ogni anno per tempo determinato. Si ha, inoltre, una presa presenti le tre discipline ufficiali. ogni singola disciplina. intermedia chiamata “zona”, che attribuisce Campionato nazionale: competizione annuale Nella pagina a fianco, sempre da sinistra, un ulteriore punteggio, sempre a seconda del svolta in ogni nazione, in cui sono presenti le in alto: Stefan Glowacz, numero di tentativi impiegati per raggiungerla. tre discipline ufficiali. Coppa del mondo: cir- e Luisa Iovane; in basso: Patrick Edlinger e Roberto Bassi.

Uno sguardo storico

Nel 1985 si svolge Sport Roccia, sulla parete storica dei Militi, nell’Alta Valle Stretta sopra Bardonecchia, la prima competizione internazionale di arrampicata della storia. In questa occasione, le gare che si sono svolte dal 5 al 7 luglio, sono state vinte nel settore maschile dal tedesco Stefan Glowacz, davanti al francese Jackie Godoffe. Primo tra gli italiani si classificò Roberto Bassi. Nell’ambito femminile la francese Catherine Destivelle vinse davanti alla nostra Luisa Iovane. Nel 1986 imponente fu la manifestazione organizzata sulle pareti del Colodri ad Arco di Trento e Bardonecchia, dove in rappresentanza di 14 Nazioni, 192 iscritti si dettero battaglia dal 4 al 6 luglio ad Arco e dall’11 al 13 a Bardonecchia. Per la categoria maschile nell’ordine: vinse il francese Patrick Edlinger, secondo si classificò l’inglese Ben Moon: sempre Roberto Bassi primo tra gli italiani. Nella classifica femminile Catherine Destivelle si piazzò al primo posto davanti all’americana Lynn Hill. Nel 1985 e 1986 Sport Roccia viene anche utilizzato per proclamare il Campione italiano, conferendo il titolo agli atleti italiani meglio piazzati. Dato il grande successo delle prime competizioni di arrampicata nel 1987 viene fondata a Torino la Federazio- ne Arrampicata Sportiva Italiana. Nel 1989 si svolge la prima Coppa del mondo Lead di arrampicata organizzata dall’UIAA, circuito di gare organizzato annualmente. Nel 1990 la FASI viene riconosciuta dal CONI Disciplina Sportiva Associata. Nel 1991 si svolge il primo Campionato del mondo di arrampicata, evento a cadenza biennale, e solo dal 1992 si svolge il primo Campionato europeo di arrampicata (sem- pre a cadenza biennale). Dal 1998 si introduce la prima Coppa del Mondo Speed di arrampicata, circuito di gare organizzato annualmente e un anno dopo vede la luce la prima Coppa del mondo Boulder di arrampicata, a cadenza annualmente. Nel 2007 nasce l’International Fe- deration of Sport Climbing (IFSC) staccandosi dall’UIAA (Unione Internazionale delle Associazioni Alpinistiche), passo fondamentale per arrivare al sogno olimpico. Infatti nel 2010 l’IFSC viene riconosciuta dal CIO e solo un anno dopo viene inserita l’arrampicata in una rosa di otto sport, uno dei quali parteciperà ai Giochi olimpici del 2020. Nel 2016 il Comitato Olimpico comunica ufficialmente che l’arrampicata sporti- va parteciperà alle Olimpiadi. Le Olimpiadi di Tokjo 2020 segnano l’ingresso ufficiale dell’Arrampicata Sportiva, per questa “prima volta” il CIO ha deciso di attribuire una sola medaglia a questo Sport. L’IFSC per non penalizzare nessuna delle tre discipline ufficiali, ha deciso di parteci- pare con una competizione in cui tutti gli atleti si devono confrontare in tutte, nasce Non necessita di commenti l’impressionante così la Combinata Olimpica. Come prima prova c’è la Speed, seguita dal Boulder e a affollamento degli appassionati accorsi a Bardonecchia per seguire le gare di Sport Roccia ’85. chiudere è la Lead. Alle Olimpiadi partecipano 20 uomini e 20 donne selezionate attra- verso un complicato meccanismo del regolamento. Dopo una fase di qualifica i primi otto si confronteranno nella finale ripetendo tutte e tre le discipline per aggiudicarsi le medaglie.

Siamo vivamente grati a Roberto Capucciati e Davide Manzoni per la loro competente e preziosa collaborazione, e a Gianmario Besana per il totale contributo fotografico.

Uomini&Sport | Novembre 2020 | 13 I PERSONAGGI CHE HANNO APERTO LA STRADA ALL’ARRAMPICATA SPORTIVA

Stefano Alippi

Stefano Alippi è venuto al mondo avendo nel sangue l’arrampicata, ma non propriamente l’alpinismo, come lo era stato per il padre Gigi, uno

dei più forti alpinisti lecchesi della sua generazione. Come il padre però Gianmario Besana] [Foto: ha avuto l’onore di venire ammesso al prestigioso gruppo dei Ragni della Grignetta, nel 1992, dopo che dal 1989-1990 era entrato nel circu- ito delle gare fino a venire riconosciuto come arrampicatore sportivo a livello internazionale. La sua ammissione tra i Ragni deve essere con- siderata un privilegio degno di nota, perché fino ad allora il loro Statuto non prevedeva nessuna ammissione per gli arrampicatori sportivi. Proprio nel periodo degli anni ’90, le falesie e i massi del territorio, dal lago alla Grigna, grazie a lui e al nucleo di pionieri dell’arrampicata sportiva cui si è unito, sono diventati palestre per scalatori puri che si dedicavano esclusivamente alla ricerca del gesto e del limite di diffi- coltà, aprendo a poco a poco la via alla nascita di una nuova disciplina sportiva. Nonostante suo padre, il noto alpinista Gigi Alippi, Stefano non ha ereditato la passione per la montagna, ma ha sempre guardato la roccia in ottica sportiva: “quello che mi è piaciuto sono stati il gesto, l’arrampicata pura, la ricerca della difficoltà. Non ho una visione roman- tica come molti”.

Stefano, nella tua famiglia l’alpinismo è una tradizione. C’è ancora spazio per salti simili nell’arrampicata? Qual è stata la prima volta che hai messo le mani sulla roccia? Difficile prevederlo, perché è uno sport che non ha parametri ben precisi: È stato al Nibbio, ai Piani Resinelli, avrò avuto all’incirca una decina d’anni, non è come sui 100 metri, dove tutto il mondo si misura sempre sulla con mio papà. Penso si trattasse di un satellite del Nibbio, il Sasso Rossi, stessa distanza e la stessa difficoltà. Nell’arrampicata, man mano che un torrione a punta alto circa 15 metri. arrivano atleti meglio preparati, la difficoltà si alza di un pezzettino. Da quel giorno, che percorso hai fatto per arrivare ai livelli più alti Se parliamo poi di outdoor, il limite dipende anche dalla struttura, dalla dell’arrampicata sportiva? roccia. Non c’è omologazione, è difficile definire un limite del corpo umano. Sono andato qualche volta a scalare, poi ho fatto altri sport. Non ci pensa- Sembra che l’arrampicata sia più una ricerca interiore vo proprio alla montagna, andavo con le moto da trial, a correre o in bici. che un’esplorazione, come in alpinismo. La passione ce l’hai oppure no. La montagna classica non mi piaceva: ho Mah, io non ho queste visioni romantiche. Vedo l’arrampicata come uno ripreso solo verso i 17, 18 anni, insieme a degli amici. Tra i primi con cui ho sport dove cerchi di fare il meglio che puoi. È un’attività sportiva in un scalato c’è Marco Ballerini, uno dei precursori dell’arrampicata sportiva. bell’ambiente. Le idee sull’esplorazione, la ricerca, sono un retaggio de- Era un po’ un ambiente di ribellione, quindi era facile essere più coinvolti. gli anni Ottanta, quando cerca quel movimento un po’ “naif” in cui sentivi Con loro vivevo la roccia in modo diverso: mi è piaciuto il gesto, l’arram- alcuni climber dire che vedevano le pareti respirare, e altre cose simili… picata pura. Io scalo per piacere di scalare la difficoltà massima: se oggi fai come Cosa ricordi delle tue prime scalate? quelli, mi riferisco ad atleti come Ondra, pensano che sei matto. Per l’al- Ho scalato quasi sempre al Nibbio perchè lavoravo nell’albergo di fami- pinismo è diverso, c’è tutto un altro contesto, ad esempio il percorso che glia. Poi, da maggiorenne avevo maggior autonomia e avevo la macchi- ti porta in vetta. In arrampicata, alla fine, quello che fai è la ricerca del na che mi ha permesso di iniziare la parte agonistica. Da allora è stata massimo grado che riesci a fare, e c’è poco di romantico. un’altra storia. Le mie prime gare sono state a Bardonecchia nel 1986, ma all’inizio era più un ritrovo per mettere a confronto i grandi campioni del tempo. Man mano è cresciuta la visione professionale dell’arrampicata come disciplina sportiva, sono cambiate le strutture, dall’outdoor si è pas- sato all’indoor. È cambiata l’arrampicata da allora? L’arrampicata in sé non è molto dissimile da ciò che c’è adesso. È cambia- to più che altro il contesto. In un breve periodo di tempo si è passato da una visione naif a una visione professionale, più inquadrata, anche se non è una disciplina facilmente comprensibile a chi non la conosce. È cambiato anche l’approccio: una volta se portavi un bambino a scalare eri un pazzo, mentre oggi te li portano in palestra così piccoli che quasi devi dirgli di tornare dopo qualche anno. Siete stati i primi a richiodare e liberare le vie in Grigna: Il Sasso Alippi, come avete iniziato? Per sfida o per un progetto preciso? luogo di allenamento Non proprio sulla Grigna, ma al Nibbio. In quegli anni c’era una forte spinta di Stefano, come richiamato in un degli americani e dei francesi a cercare di salire le vie tradizionali in libera, passo nella sua senza usare mezzi artificiali per proteggersi, ma solo per progredire. intervista. Per alcune vie si pensava fosse impossibile: oggi invece, dopo 35 anni, [Foto: Gianmario sono considerate facili. Besana]

14 | Novembre 2020 | Uomini&Sport Cristian Brenna [Foto: Richard Felderer] Richard [Foto:

Cristian Brenna, classe 1970, è stato uno dei più brillanti atleti su roccia, pioniere dell’arrampicata sportiva, e uno dei pochi capaci di lasciare il segno anche nell’alpinismo e sulle big wall. Entra a far parte del Gruppo Ragni nel 2004. Tre volte sul podio della classifica finale di Coppa del Mondo di arrampicata, secondo nel 1998 , terzo nel 1996 e nel 2000. È stato il primo italiano a vincerne una tappa Stefano Alippi impegnato sulla falesia del Forcellino, in una delle vie da nel 1998. Capace di eccellere nelle diverse specialità, dal Lead alla lui preferite, per un tracciato di carattere strettamente sportivo, di alta Velocità dove ha conquistato il secondo posto nel Campionato Eu- difficoltà e con uno sviluppo massimo di tre tiri. [Foto: Gianmario Besana] ropeo del 1992, ha chiuso la carriera agonistica 2005 per dedicarsi ad esperienze di alpinismo extra-europeo, con la spedizione in Pa- La via più difficile che hai scalato? kistan “UP-Project” ideata da Luca Maspes. Portano la sua firma Les Sindacalistes, la via di 8c+ a Cornalba (Bergamo), perché è quella la libera della via Up & Down aperta nel 2005 durante la spedizione che mi ha impegnato di più. Sono circa 40 movimenti: per salirla ci ho sullo scudo del Chogolisa (800 m, 7a/A1) in Karakorum a 5.000m di messo una marea di tentativi. I posti più belli in cui ho scalato sono stati quota, superando difficoltà fino al 7c, e nel 2008 con Hervè Barmasse le pareti rocciose a Buoux nella Francia meridionale, una delle falesie di la prima salita alla parete Nord del Cerro Piergiorgio, sulla via La riferimento e l’area montuosa a Kalymnos in Grecia per l’ambiente che la Routa de l’Hermano (950m, 6b+/A3) in Patagonia. circonda. Noi vivevamo molto sotto l’influenza francese, anche se sono stati gli americani a lanciare la moda. Se volevi confrontarti coi migliori e le massime difficoltà dovevi andare in Francia. Ti viene voglia di cimentarti ancora su quelle vie o su vie più difficili? Cristian, come ti sei avvicinato all’arrampicata sportiva? No, non mi viene più voglia di provare, perché non mi muoverei più come Avevo 17 anni. Ho iniziato arrampicare su roccia insieme a un gruppo allora. La nuova generazione dell’arrampicata ha un’altra preparazione, un di ragazzi del CAI Bollate, vicino a Milano. A quei tempi non c’erano altro gesto. Se non ce l’hai, non ti muovi. palestre in città quindi si cominciava sulla roccia e poi pian pianino Salire a vista: non hai mai avuto paura? per migliorare abbiamo cominciato a costruirci qualche muretto ca- No, mai. In falesia non rischi come in alpinismo. salingo per poterci allenare anche durante la settimana. Hai un maestro, un modello a cui ti sei ispirato? Oggi spesso si conosce l’arrampicata in palestra Il maestro ispiratore è Marco Ballerini. Quando l’ho conosciuto io avevo 16 prima che in ambiente. È diverso iniziare sulla roccia? anni e lui forse 23-24: era uno spirito ribelle, tipo rockstar dell’arrampicata. Sì. Oggi molti ragazzi iniziano in palestra e si fermano lì, mentre per Era facile seguirlo. Poi ci sono tantissimi nomi che ho ammirato, soprat- noi era soltanto un mezzo per allenarsi e la vera arrampicata era all’a- tutto francesi, per la loro visione agonistica dell’arrampicata. Quanto al perto. Costruivamo piccole palestre a casa per allenarci, ma per noi livello Brenna, Zardini, Gnerro forse erano anche meglio di molti altri, ma era solo un mezzo con cui migliorare le prestazioni in ambiente. Oggi non hanno avuto lo stesso riconoscimento internazionale. l’arrampicata è molto cambiata, non c’è più un legame stretto con Il Sasso Alippi, sul sentiero che parte dal dodicesimo tornante della l’alpinismo, anzi molti non sanno nemmeno cosa sia. Lo vivono come strada verso Pian Resinelli, era uno dei tuoi luoghi di allenamento e una forma di fitness, e non solo in Italia: oramai in tutto il mondo esi- porta il tuo nome… ste un buon numero di praticanti che arrampica esclusivamente su Mi fa un po’ specie questa storia del sasso, che è una cosa insignificante strutture artificiali. su un sentiero. Prima di me ci hanno scalato altri, molti altri, ci sono vie di È una cosa positiva o negativa? quindici metri, venti metri. Forse nessuno ci ha visto le potenzialità come Ci sono degli aspetti positivi e alcuni negativi, positivo è il fatto che un arrampicata sportiva. Comunque è nato tutto dal fatto che in quel periodo gran numero di persone può appassionarsi a questo bellissimo sport dovevi fare anche una ricerca per trovare posti nuovi, perchè tutto il salibi- e trovare dei talenti, che magari non essendo nati in luoghi dove si le in Grigna era stato fatto. arrampica, possono comunque avvicinarsi all’arrampicata sportiva. Oggi dove ti piace arrampicare? Tra i lati negativi, uno che mi sembra particolarmente importante è il Mi piace scalare se c’è un buon gruppo e sono in compagnia. Poi va tutto sovraffollamento delle falesie. Io vivo ad Arco, dove ci sono zone con bene. Come divertimento preferisco l’indoor, però anche fuori vado volen- problemi di posteggi e infrastrutture che provocano diversi disagi an- tieri. Non ne faccio una malattia, ma preferisco vedere posti nuovi piutto- che alla popolazione locale, sporcizie alla base delle falesie e escre- sto che tornare sempre nei soliti che conosco. meti lasciati qua e là. Bisognerebbe che nelle sale da arrampicata,

Uomini&Sport | Novembre 2020 | 15 Per Cristian Brenna Il grado cosa rappresenta per te? è una parete repellente È l’asticella, fa la differenza in arrampicata, anche se molti dicono che non che si è prefisso di è importante. Cerchi sempre di fare quel pizzico in più per migliorarti, e la domare sul Monte Colt, ad Arco (Trento). scelta si basa su quello. È vero che l’arrampicatore può scegliersi la linea [Foto: Giordano che lo appaga di più e che spesso sono bellezza e storia che ti attraggono Garosio] nelle vie, ma è il grado, che ti porta lì, la sua presenza è una costante. Oggi che climber sei? Ormai io arrampico per diletto, con due bimbi piccoli è difficile programma- re allenamenti, o spedizioni. Provo magari vie più difficili, vie alpinistiche. Sono più poliedrico, d’inverno vado molto con le pelli. L’arrampicata non è più totalizzante per me. Non mi è più venuto in mente di tornare su una via che avevo fatto: bisogna anche un po’ distaccarsi dal personaggio quando si cresce. Se dovessi descriverti con una delle tue vie, quale sceglieresti? Ogni via è un tassello della mia vita di arrampicatore. Forse Mortal Kombat, 8b+ a vista. In montagna, invece, magari è la prossima… Tra arrampicata e alpinismo, cosa preferisci? Nel 2005 ho avuto l’invito da Luca Maspes a partecipare alla spedizione UP Project, e la curiosità di provare cose nuove mi ha spinto ad accettare. Quell’anno ho smesso di fare le gare, volevo provare le grandi pareti. Non avevo molta esperienza, ma mi è piaciuto un mondo. Poi ho fatto i cor- si guida e ho iniziato ad arrampicare in montagna in modo più frequente. Preferisci le montagne di casa o viaggiare? Preferirei essere sempre in giro! Con la famiglia l’organizzazione è diversa, oltre all’arrampicata e alla sicurezza nella manovre di corda, si dovrebbe ma una volta l’anno andiamo, tutti insieme a fare un viaggio. Siamo stati insegnare un po’ di norme comportamentali nei siti naturali: per esempio, in Norvegia, nel Sud Italia, con i bambini andiamo a fare vie plasir, ferrate, portarsi una paletta da giardinaggio e fare una buca per sotterrare i propri salite di diverso genere. Cerco di dar loro orizzonti ampi. escrementi, mettendo la carta in un sacchettino e buttarla una volta poi Un consiglio a chi si avvicina all’arrampicata? tornati a casa. Dico di non pensare solo al grado: all’inizio va messo in disparte. Il grado Sei stato uno dei pionieri dell’arrampicata sportiva, arriva da sé, bisogna avere una visione allargata. È come una piramide, cosa ti ha attratto in questo sport? più hai una base larga, più puoi farla alta. La base è la tecnica delle diverse La voglia di confrontarsi e lo spirito competitivo. Ho voluto provare le gare, discipline, la conoscenza di diverse rocce. Se non hai questo bagaglio, sei all’inizio con risultati non proprio eccellenti, per le sensazioni che provavo. un arrampicatore limitato. Il bello della competizione è che devi dare il 100 per cento in quel mo- mento, non puoi dire oggi non me la sento la provo domani, devi sparare la tua cartuccia: è un atteggiamento mentale molto diverso dal fare delle Un passaggio arduo e intrigante non riuscirà a bloccare l’arrampicata di Cristian Brenna impegnato sulla via Gelbe Mauer (Muro Giallo 7a+), aperta prestazioni in falesia o sui blocchi. Mi sono impegnato, e alla fine sono nel 1996 da Stefan Glowacz e Kurt Albert, sulla Sud di Cima Piccola di arrivati i risultati: ci vuole sì talento, ma anche molta determinazione e Lavaredo. [Foto: Richard Felderer] non abbattersi quando si prendono delle bastonate a livello psicologico. Qual è stato il traguardo che ti ha reso più orgoglioso? Difficile scegliere. Forse vincere la gara di Coppa del Mondo a Courma- yeur, un’esperienza unica perché ero il primo italiano a riuscirci, e la vit- toria al Master Serre Chevalier (Francia) nel 1999. Devo citare anche il ad Arco: una delle gare più storiche e più sentite, almeno a quei tempi. Oggi ha perso un po’ di fascino, ha cambiato la formula e si è standardizzato ad un format tipo Coppa del Mondo: gli atleti non vedono più nessuna differenza con le altre gare. Prima era una gara ad invito, dove solo i migliori 15 arrampicatori del ranking mondiale potevano esse- re invitati e poi aveva formula unica con due vie in due giornate: la prima giornata con formula a vista e la seconda giornata con una via lavorata nei giorni precedenti. Prima era considerata “la gara” da tutti i climber, ed essere invitato rappresentava un po’ il coronamento della carriera. Com’è cambiato l’ambiente dei climber oggi? Molto. È diventato uno sport di massa, le gare si sono evolute, prima era uno sport giovane. Il gesto, la tracciatura sono cresciuti negli anni e oggi sono molto spettacolari. Cambiare è naturale, ora è uno sport a sè stante, diciamo che si è scrollato negli anni prima l’ombra di sport derivato dall’al- pinismo e ora come gestualità anche dall’arrampicata su roccia. Anche se sono convinto che i nuovi movimenti dinamici che vediamo nel- le gare adesso, tra qualche anno li rivedremo proposti sui boulder e sulle vie. Quindi un trait d’union tra i due mondi continuerà ad esserci. Arrampicata alle Olimpiadi: cosa ne pensi? È un grande traguardo che ha pro e contro. Darà molta visibilità allo sport, e più considerazione per gli atleti che saranno più appagati, perché con le Olimpiadi non si tratta di vincere una gara ma di realizzare un sogno. Però entrerà nel business degli sport popolari: vedremo come sarà gestito.

16 | Novembre 2020 | Uomini&Sport DUE ATLETI CHE MIRANO A PRIMEGGIARE NELLA CLASSIFICA DI UNA NUOVA DISCIPLINA

Stefano Carnati

Movimento elegante, fluido, snodato. Determinazione oltremisura e una inconfondibile aria da bravo ragazzo. Stefano Carnati, nato a Como il 12 giugno del 1998, è ai massimi livelli di questo sport sin da quando era adolescente: a 15 anni ha conquistato il titolo mondiale nella cate- goria Lead Youth B in Canada. È uno dei climber più affermati a livello internazionale, uno dei membri più giovani e più stimati del Gruppo Ra- gni della Grignetta, e fa parte della Nazionale B di arrampicata sportiva. Vive a Erba e vanta nel suo curriculum una lunga serie di successi na- zionali e internazionali, sia a livello agonistico sia in termini di salite al limite dell’irripetibile. Dal 2011 ha realizzato oltre 450 vie superiori all’8a, raggiungendo il grado di 9a+, prima fino all’8c+. Quest’anno ha chiuso il primo 9a post lockdown con la prima ripetizione di The party’s here, nel Triangolo Lariano.

Già da adolescente eri una celebrità nell’arrampicata sportiva. nascondere di aver avuto periodi difficili, che ho superato facendo un pas- Come hai vissuto questa esperienza a quell’età? so indietro e ricordando a me stesso che in ogni caso potevo comunque Grazie per questa così grande considerazione dei miei successi passati. arrampicare, ovvero fare ciò che più mi diverte! Ho vissuto quel periodo con molta naturalezza. Sicuramente ho gioito dei Provare e fallire, provare e fallire, provare e finalmente riuscire. bei risultati che mi hanno entusiasmato e, in qualche modo, mi hanno Il gioco dell’arrampicata richiede molta pazienza, cosa ti fa tenere dato quella serenità e motivazione utili per affrontare gli impegni succes- duro fino all’obiettivo? sivi con più costanza e determinazione. Avere un obiettivo chiaro e definito è il primo passo per poter trovare la Come ti sei avvicinato a questo sport? giusta motivazione. A questo si deve aggiungere una buona sopportazio- E cosa ti ha attratto successivamente? ne dei fallimenti, momenti duri ma fondamentali per comprendere lacune Ho un padre alpinista, e il mondo della scalata ha sempre fatto parte del- nella preparazione sia fisica sia mentale. Arrivando dal mondo della gin- la mia vita. Fino ai 12 anni ho praticato ginnastica artistica, senza mai nastica artistica, fin da piccolo ho capito l’importanza degli allenamenti e pensare seriamente all’arrampicata. Capitava talvolta che, recandomi con della continua ripetizione del gesto per guadagnare in precisione ed effi- mio padre nelle diverse falesie, mi divertissi a stare appeso sulle corde cienza. Questo è entrato nel mio modo di pensare e, dunque, di praticare dondolandomi: non andavo oltre. Poi, accompagnandolo alla palestra in- anche l’arrampicata sportiva. door dei Ragni, ho pian piano compreso che il gesto dell’arrampicata mi divertiva e così ha avuto avvio la mia avventura in questa realtà. Qual è stata finora la soddisfazione maggiore che ti ha dato questo sport? È uno sport che regala stimoli sempre forti e diversi. Per praticarlo occor- re spesso viaggiare e frequentare luoghi sconosciuti, conoscendo perso- ne con cui allacciare nuove amicizie e relazioni. Credo che questo costitu- isca la soddisfazione maggiore, più importante anche della realizzazione di una particolare via o di una vittoria in una gara. Quanto ti alleni per arrivare a questi risultati? L’agonismo richiede più talento o più determinazione? Solitamente mi alleno in palestra tre volte durante la settimana e dedico il sabato e la domenica all’arrampicata in falesia, meteo permettendo. L’agonismo richiede entrambi: il talento aiuta ma, se non si lavora “duro” e con grande impegno, da solo non basta. Hai un sogno nel cassetto? Ci sono molte vie che sogno di poter salire, alcune in luoghi interessanti ma lontani, che spero un giorno di avere l’opportunità di visitare! Hai mai pensato che gli impegni sportivi fossero troppi, o al contrario hai mai pensato di mettere da parte un po’ lo studio per dedicarti solo allo sport? Spesso ho sognato di poter solo arrampicare, ma purtroppo non posso permettermelo, almeno nella situazione attuale. Per carattere sono piut- tosto razionale e concreto e, ormai da tempo, ho compreso che devo pensare al futuro e, soprattutto, a come mantenermi. Per questo cerco di portare avanti sia l’università da un lato e l’arrampicata dall’altro. Non è sempre facile, soprattutto quando si hanno progetti arrampicatori lon- tano da casa che richiedono un notevole investimento in tempo ed an- che denaro. Pertanto, mi capita spesso di accantonare, fra i sogni, tiri che vorrei realizzare, magari anche quando sono vicino alla loro conclusione. Come in ogni situazione è necessario trovare i giusti equilibri, accettare compromessi e sperare in nuove e più opportune occasioni. Non posso

Uomini&Sport | Novembre 2020 | 17 Lo stile inconfondibile di Stefano Carnati, Giorgia Tesio che manifesta il suo impegno di ricercare un valore aggiunto nella scelta dei suoi progetti, si evidenzia nelle due foto che lo ritraggono su “Moon Landing”, 9a, [Foto: Fabio Fin] Fabio [Foto: al Passo della Presolana (foto a lato) e su “The party’s here”, 9a, nel Triangolo Lariano, nella pagina precedente. [Foto: Adriano Carnati]

Come scegli le tue sfide? Quali sono i tuoi prossimi progetti? In genere mi piace scegliere vie estetiche, magari con una particolare sto- ria. Anche l’apritore conta molto: ci sono dei nomi che sono una sicurezza. Inoltre, preferisco vie con movimenti inusuali e su roccia con formazioni particolari. Di progetti e di sogni, come dicevo prima, ce ne sono davvero molti nella mia testa. Purtroppo, nella zona in cui abito ci sono poche vie di alta difficoltà rimaste da realizzare, e ciò mi costringe a spostamen- ti continui. Spero che la situazione attuale, provocata dal Covid, migliori presto e che si possa tornare a viaggiare liberamente e spensieratamente come in passato. È stato importante per te il Gruppo Ragni? Appartenere ad un gruppo di alpinisti e arrampicatori così importante è un grande stimolo ed orgoglio. La loro mentalità, sempre aperta verso novità Classe 2000, piemontese di Mondovì, Giorgia Tesio è tra le più pro- ed esperienze diverse, mi ha permesso di sentirmi ben supportato nelle mettenti climber del momento a livello internazionale e la prima atleta scelte effettuate e nella loro conseguente attuazione. femminile a portare i colori del Centro Sportivo Esercito di Come vivi le competizioni? nelle competizioni di arrampicata sportiva. Specializzata nel Boulder, Pur non essendo un professionista, cerco di affrontarle con grande im- ma capace di eccellere anche nelle altre specialità, ha già nel suo pal- pegno e preparazione. In genere, quando mi rendo conto che il mio stato mares titoli di Coppa Italia, Coppa Europa e Coppa del Mondo. fisico non è al top, l’ansia, presente sempre e comunque in una gara, sale “Il mio sogno sono le Olimpiadi di Parigi 2024, dato che per Pechino e, nella maggior parte dei casi, risulta incontrollabile. Quando invece so non ho potuto qualificarmi a causa di un infortunio”. di essermi preparato al meglio, perché ho avuto le occasioni e il tempo per farlo, ciò che più mi stimola è trasformare quest’ansia in sensazio- ni positive che mi permettono di raggiungere lo stato di concentrazione migliore ed avere il massimo rendimento. Da queste esperienze traggo Giorgia, come ti sei avvicinata all’arrampicata grande soddisfazione e stimolo per mantenere lo stile di vita che pratico, e cosa ti ha spinto a diventare agonista? fatto spesso di rinunce e qualche piccolo sacrificio. L’arrampicata c’è sempre stata nella mia vita. Ho iniziato sulla roccia Molti delle giovani generazioni si avvicinano all’arrampicata con mio padre, che ha sempre amato scalare: la domenica andavamo solo in palestra e non la praticano in ambiente. Tu che alpinista sei? in montagna per arrampicare, sciare o camminare. Da piccola ho pra- Che terreno e che stile preferisci? ticato altri sport, nuoto, ginnastica ritmica e altro, ma l’arrampicata è Direi innanzitutto che il termine corretto per identificarmi è arrampicatore. sempre stata una passione. Quando ha aperto la palestra di roccia nel Mi dedico all’arrampicata in falesia, al Boulder e alle competizioni. Per ora 2009 vicino casa mia, mi sono iscritta al corso agonistico e non ho più sono solo questi i campi in cui mi pongo degli obiettivi. Arrampicare in smesso. palestra significa soprattutto prepararmi alle uscite su roccia o alle com- L’agonismo richiede molto tempo e molti sacrifici, ti è mai pesato? petizioni. Noto, inoltre, che, almeno nelle mie zone e nelle palestre che Ho provato a fare le gare e mi sono piaciute da subito. Ho trovato un frequento, anche per chi inizia indoor, il passo successivo e naturale è bell’ambiente, tanti ragazzi della mia età con cui condividere sport e mo- quello di dedicarsi alla falesia. È qui che è possibile passare delle belle menti belli. No, non mi è mai pesato, forse anche perché ho trovato un giornate all’aperto e in compagnia, porsi degli obiettivi e confrontarsi in bel gruppo di amici. Poi è bello sapere che a mio padre fa piacere avermi maniera non agonistica. trasmesso questa passione, anche se non mi ha mai forzato nella scelta Hai un alpinista che ritieni sia il tuo punto di riferimento? dello sport. Sì, anch’ io ho dei personaggi di riferimento. Sono climber che hanno con- I risultati in gara sono arrivati subito? tribuito alla storia dell’arrampicata sportiva, riuscendo a trasmettere la Sì, il primo anno di gare, il 2009, ho vinto il campionato italiano giova- loro passione e mentalità. Scalare sulle vie da loro liberate e/o anche chio- nile, quindi è stata una bella spinta a continuare. Poi sono entrata in date significa per me apprendere sempre qualcosa di nuovo ed importan- Nazionale giovanile nel 2014 e ho iniziato a competere anche in Europa: te per progredire. Tra questi personaggi, ad esempio, mi piace ricordare anche lì sono andate subito bene. : i video delle sue vie mi hanno avvicinato all’arrampicata Nell’Esercito mi sono arruolata solo l’anno scorso e questo mi ha per- quando ero piccolo e continuano ancor oggi a essere fonte di stimolo. messo di diventare professionista. È stata una bella soddisfazione vince-

18 | Novembre 2020 | Uomini&Sport re il concorso in un anno un po’ sfortunato a causa di un infortunio. Ti manca casa tua? Io sono l’unica ragazza del CSE della squadra di arrampicata, ma mi trovo Mi piace tanto vivere da sola ed essere autonoma negli spostamenti, molto bene in particolare con Marcello Bombardi e Ludovico Fossali. nell’organizzazione del tempo e degli allenamenti. Però ovviamente la fa- Ci alleniamo insieme, sono atleti molto forti ed è molto stimolante. miglia e la casa mancano, torno abbastanza di frequente. Quest’anno siete stati bloccati diversi mesi per l’emergenza Covid. Quali sono i tuoi prossimi progetti? Come hai ricominciato la stagione? Nel futuro imminente il campionato italiano a Roma, sperando che non È stato difficile trovare la motivazione per allenarsi, perché cancellavano sia cancellato. Tengo molto al titolo italiano di Boulder. E poi mi allenerò gare ogni settimana. Poi però, finito il lockdown, sono tornata a Trento con per la stagione successiva, nell’ottica delle prossime Coppe del Mondo. gli altri ragazzi della Nazionale per riprendere gli allenamenti, e la tappa di Hai un sogno nel cassetto? Magari una via da salire? Coppa del Mondo Lead a Briançon di agosto è stata una buona occasione Non ho una via in particolare. Quest’estate ho fatto il mio primo 8c in per allenarmi nel Lead, considerando che negli ultimi anni mi ero dedicata Francia vicino Briançon, “Mieux vaut une petite bien dure” a La Saume, e quasi soltanto al Boulder in vista delle Olimpiadi. Per me è stata la prima poi il secondo, ripetendo “Cinque Uve” nella falesia i Narango, ad Arco, in volta in finale di una Coppa del Mondo Lead senior. A settembre sono Trentino. Vorrei fare il mio primo 8c+ o 9a ma non ho ancora scelto una arrivata seconda al 36° Campionato Italiano Lead, dietro Laura Rogora. via cui puntare. Quali sono le vie che preferisci salire? Cosa ti ha insegnato l’arrampicata? La mia specialità preferita era il Boulder, che prevede percorsi corti e in- La cosa più importante è la resilienza. Mi ha insegnato a non mollare mai tensi. In gara preferisco questi tracciati, con passaggi selettivi, piuttosto e a non scendere a compromessi: se vuoi, puoi fare tutto. Non ho mai do- che lunghe serie di movimenti semplici che richiedono maggiore resisten- vuto scegliere se studiare o arrampicare, sono sempre riuscita a trovare za. Invece in falesia, potendo scegliere, prediligo vie con tiri piuttosto corti. la soluzione per conciliare tutto. Il fatto di riuscire a rialzarmi dopo le delu- La scalata che ricordi con più emozione? sioni, di non giustificarmi di fronte alla difficoltà, ma di provare a risolverle Sicuramente la via che mi ha dato più soddisfazione è Hyaena, 8b+, nella nel modo migliore, è un atteggiamento alla base dell’arrampicata che si falesia di Monte Sordo a Finale Ligure, prima ripetizione femminile. È una applica tutti i giorni nella vita. linea bellissima, sia da vedere che da scalare. Mi sono divertita tanto a salirla e non mi ha richiesto troppi tentativi. Poi c’è stata una cosa strana: la notte precedente ho sognato di farla, mi sono svegliata coi movimenti nella testa e mentre salivo era come ripercorrere il sogno. Come Boulder la linea la più emozionante è stata Noi, ad Andonno, il mio primo 8b, anche se non è stata la più bella via che ho fatto ero col mio migliore amico, e ho potuto condividere con lui un grande traguardo. È stato lo scorso inverno. Quanto ti alleni per arrivare a questi risultati? L’agonismo richiede più talento o più determinazione? Dipende, ma di solito nel periodo di carico o tutti i giorni o almeno sei giorni a settimana almeno per quattro ore in una giornata. Tutto questo compatibilmente con l’università: sto facendo studi internazionali a Tren- to, mi piace molto studiare e voglio continuare la mia formazione, perché nel mio futuro vedo anche altro, oltre l’arrampicata.

Anche se il fermo immagine non consente di rendere comprensibile la difficoltà e l’impegno dell’atleta, con un po’ di immaginazione in entrambe le foto risaltano le eccezionali qualità di Giorgia Tesio. [Foto: Jean Schenk]

Uomini&Sport | Novembre 2020 | 19 IL COVID NON HA FERMATO IL CAI NAZIONALE Provvedimenti, iniziative e programmi assunti dal CAI Nazionale al tempo dell’epidemia nell’intervista concessaci dal suo Presidente Generale Vincenzo Torti

di Sara Sottocornola

Progetti concreti, positività e cambio di mentalità nel vivere la montagna. È ispirata a questi valori la risposta del Club Alpino Italiano all’emergenza Coronavirus, dalla quale il mondo della montagna sta uscendo più forte di prima, con nuovi frequentatori, nuove proposte e nuovo entusiasmo. Il CAI è stato in prima linea sul fronte dell’informazione e del rispetto delle regole prima, e nella ripresa poi, con diversi progetti. “In un momento come questo siamo un punto di riferimento per la montagna” – dice l’Avv. Vincenzo Torti, Presidente Generale del CAI, in questa intervista. “Lo dimostrano i numeri dei tesseramenti e gli investimenti che stiamo facendo. L’attività delle Sezioni, la formazione, gli eventi sono ripresi, e stiamo lavorando per il rilancio della montagna italiana, dalla promozione di nuovi itinerari, come il Sentiero Italia e le vette meno conosciute, ad azioni concrete post-pandemia come l’acquisto di autovetture per l’assistenza domiciliare nei paesi di montagna”.

Presidente, parliamo del ruolo sociale l’importanza di avvicinarsi alla montagna temperatura, saturimetro e sanificazione degli del CAI durante e dopo l’emergenza attraverso il CAI, è dato dalla percentuale dei ambienti. Abbiamo fatto un grande lavoro per Coronavirus. Qual è la sua visione? soccorsi che solo in rarissimi casi – e per di aiutarli con le nuove normative e con le nuove Mai come in questo periodo il ruolo del CAI è più in situazioni alpinistiche – ha riguardato esigenze, e posso dire che abbiamo ottenuto marcato e fondamentale. Il confinamento ha soci CAI. risultati straordinari. Ma non abbiamo pensato costretto le persone a casa, senza possibilità Come vede il futuro dell’Associazione solo alle nostre strutture, noi lavoriamo per la di uscire, generando discussioni sulla dopo questo anno di emergenza? montagna in generale. Abbiamo destinato possibilità di andare in montagna. Non è stato Ne avete sofferto? 500mila Euro delle nostre risorse provenienti facile far capire al mondo della montagna Siamo una delle Associazioni che sta dal tesseramento all’acquisto di 53 Panda per che per far funzionare il distanziamento in confermando presenza sul territorio e l’assistenza domiciliare da parte di ANPAS nelle città dovevamo fare la stessa cosa in tutti gli successo nei tesseramenti. Nel 2019 abbiamo valli di montagna. E ricordo che ad Amatrice ambienti, anche sui sentieri dove normalmente toccato il record di soci con 327.148 tessere. abbiamo costruito e messo in funzione con se si va a camminare si è comunque distanti A febbraio avevamo 5000 soci in più dell’anno la stessa ANPAS la Casa della Montagna che almeno uno o due metri. Il CAI ha voluto dare, precedente nello stesso periodo, a conferma viene usata dalle istituzioni locali ed è una delle durante il lockdown, un messaggio forte di anche della bontà di tante scelte fatta nei poche strutture funzionanti in quei luoghi. esempio di rispetto delle regole. mesi passati. Non nascondo che cinque mesi Una delle principali attività del CAI è la Subito dopo, il ruolo del CAI è stato di Sezioni e attività chiuse ci avevano fatto formazione. Che conseguenze ha avuto fondamentale nell’informazione e nella temere una perdita, ma oggi abbiamo oltre la pandemia sui corsi organizzati comunicazione rivolta alle persone che 302mila soci ed è come se il lockdown non dalle Sezioni? andavano in montagna. Abbiamo capito fosse esistito. A Codogno abbiamo registrato Abbiamo sempre fornito indicazioni graduali che sarebbe stata “invasa” da gente che un aumento di soci CAI. In un momento come e tempestive, rispettando di volta in volta normalmente andava in spiaggia e ci siamo questo, siamo un punto di riferimento di una le indicazioni contenute nei provvedimenti dati da fare attraverso tutti i canali possibili: montagna non solo turistica, ma da vivere. Una legislativi: ad esempio prima i corsi potevano stampa nazionale, radio, dirette Tv, Rai, per conferma arriva anche dalla frequentazione avere solo 4 persone, poi 10, oggi 20. diffondere i principi di prudenza e conoscenza dei rifugi: a maggio erano tutti disperati e Ovviamente, con gli imperativi di mascherina, della montagna e raggiungere un pubblico più assillati da domande tipo: come faremo con distanziamento, sanificazione e divieto di vasto possibile. la sanificazione? il distanziamento? I pranzi e i assembramento. Nel rispetto delle regole, le Qual è stato il risultato di questo sforzo pernottamenti? Riusciremo ad aprire? Ci sono singole Scuole hanno potuto ripartire e molti di comunicazione? state anche diverse richieste di abbassamento corsi sono attivi già da settembre. Ritengo che sia stato molto positivo all’interno dei canoni di affitto in previsione di un anno Che disposizioni ci sono per sentieri dell’Associazione, e in parte, anche all’esterno, di crisi. A consuntivo, invece, l’estate 2020 attrezzati e vie ferrate? se si considera il grande incremento di è stata una delle più floride, anche se il tipo Abbiamo suggerito di evitare questo tipo di frequentatori della montagna, mossi dalla di frequentazione è cambiata, abbiamo più percorsi attrezzati. Non ci è parsa possibile scelta di vacanze di prossimità e dal fatto pranzi e meno pernottamenti. una indicazione diversa nel momento in cui che la montagna appare un ambiente più Cosa avete fatto per supportare i vostri rifugi? la regola fondamentale anti contagio è quella aperto e sicuro rispetto ad altri. L’indice di Abbiamo dotato tutti gli oltre 300 rifugi CAI di lavarsi frequentemente le mani e, in questi valore da considerare, però, per comprendere di “kit anti-Covid” per la misurazione della contesti, con un uso promiscuo elevato,

20 | Novembre 2020 | Uomini&Sport I rifugi alpini del CAI

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Realizzazioni di grande capacità e impegno, rappresentano il regalo più concreto ed apprezzato che gli amanti della montagna ricevono come stimo- lo per la loro passione e come meta dove si trova ristoro, convivialità e riposo. Studiati per un inserimento in posizioni strategiche, dove ambiente e panorami suscitano sensazioni indicibili, già averli potuti raggiungere dona soddisfazione piena e gratificante. Sono però determinanti anche nella loro potenziale funzione di una specie di campo base, da cui un breve percorso consente agli alpinisti di arrivare ai piedi delle splendide pareti che normalmente li sovrastano. Nella carrellata delle fotografie che proponiamo abbiamo preso in considerazione un settore delle Prealpi e tre zone delle Alpi a noi più vicine per presentare per ognuno le corrispondenti illustrazioni fotografiche di rifugi storici. Nell’ordine passeremo dalle Prealpi lecchesi, gruppo delle Grigne, alle Alpi Retiche Occidentali in Val Masino, in Val Chiavenna e in Val Malenco.

1 Rifugio Rosalba al Pertusio, 1730m, in Grignetta: separa la Val Monastero dalla Val Scarettone. 2 Rifugio Luigi Brioschi, 2403m, sulla vetta del Grignone, con vista sulla Grignetta. 3 Rifugio Arnaldo Bogani, 1816m, al Moncodeno, località Poiat, nell’ampio anfiteatro settentrionale del Grignone. 4 Rifugio Cesare Ponti, 2559m, in Val Preda Rossa, nel gruppo del Disgrazia. 5 Rifugio Luigi Gianetti, 2534m, in Val Porcellizzo, nel gruppo del Castello. 6 Rifugio Antonio Omio, 2100m, all’Alpe dell’Oro, nel gruppo del Ligoncio. 7 Rifugio Chiavenna, 2044m, ad Angeloga, alla testata della Val Rabbiosa, nel gruppo del Platta. 8 Rifugio Carate Brianza, 2635m, alla Bocchetta delle Forbici, nel gruppo del Bernina. 9 Rifugio Damiano Marinelli e Luigi Bombardieri, 2813m, in Alta Valle dello Scerscen, nel gruppo del Bernina.

Le bellissime foto dei nove rifugi sono opera di Mauro Lanfranchi.

Uomini&Sport | Novembre 2020 | 21 non sarebbe possibile farlo. Ho sentito che come la nostra, con oltre trecentomila soci, proporre escursioni lungo sentieri meno noti, circolavano indicazioni, del tipo passare il deve avere necessariamente dei momenti di per scoprire la bellezza delle valli e dei versanti gel sulle catene, ma questo, al di là della verifica e progettualità condivise. Certo, per meno conosciuti, favorendo il rispetto del praticabilità, avrebbe generato altre criticità. le distanze e il non assembramento, abbiamo divieto di assembramento. Noi vogliamo che chi va in montagna lo faccia affittato un Palazzetto dello Sport… Ci sono una ventina di mete abusate, in Italia, per stare bene effettivamente e non potevamo Quali progetti avete in cantiere per il futuro? quando le nostre montagne sono stracolme di dimenticare che vi sono asintomatici che, Il 29 settembre alle 11 firmeremo col Ministro posti sconosciuti e meravigliosi. Ho una casa inconsapevolmente, potrebbero andare Franceschini al MIBACT un nuovo protocollo che si affaccia sul Monte Bianco e accanto in montagna senza saperlo, con quanto per la valorizzazione della sentieristica c’è una montagna di 3.500m che non viene ne deriverebbe in caso di uso multiplo di Nazionale e del Sentiero Italia, che collega mai salita da nessuno. Quest’estate per la attrezzature che non si possono sanificare attraverso i suoi oltre 7.000km, tutte le regioni prima volta ho visto 30 persone in quella dopo ogni utilizzo. Siamo consapevoli che italiane e vede molte attività culturali per la valle: avranno sicuramente potuto godere di la libertà dei singoli può sconfinare fino alla promozione dei territori, e con il Ministero esperienze uniche, come passare in mezzo discoteca senza mascherina, ma quello non è dell’Ambiente il Vicepresidente Montani sta a prati di stelle alpine o incontrare animali di nostra competenza. curando un progetto che unirà tutti i Parchi selvatici, esperienze che si possono vivere L’emergenza ha costretto a cancellare nazionali d’Italia con una rete di sentieri. solo là dove la natura ha riguadagnato i suoi numerosi eventi, e rende complessa Abbiamo in programma l’uscita di volumi che spazi. Questi luoghi esistono, ma bisogna l’organizzazione di quelli futuri. illustreranno puntualmente tutti questi percorsi. scoprirli: desideriamo promuovere un cambio Come vede il futuro su questo fronte? E questi sono solo alcuni dei numerosi progetti di mentalità in questo senso. Torno a citare Rispetto a nuove situazioni, si ricercano e in campo. il Sentiero Italia perché è uno strumento per adottano nuove soluzioni. La nostra risposta è Parliamo di spedizioni alpinistiche. conoscere paesi, culture, usanze oltre che stata tempestiva e flessibile, vi cito un esempio: Come vede il futuro dell’esplorazione? cime. Come la via Francigena o il Cammino il Trento Film Festival è stato realizzato a fine Dalle coperture assicurative rileviamo le di S. Benedetto: lungo questi itinerari si passa agosto, con una nuova modalità, distribuito attività internazionali dei soci. Ci sono alpinisti dalla montagna isolata a bellissimi borghi e sul territorio. Ho partecipato ad una serata che hanno i loro progetti e siamo felici di questo significa scoprire il proprio Paese in un dedicata alla montanità, con Mauro Corona supportarli quando possibile, ma a causa modo unico. e Luca Mercalli, con il pubblico distanziato delle limitazioni di viaggio questo settore nel prato del MUSE, e con oltre 5500 persone si trova in pesante riduzione. Tengo però collegate in streaming. In modo coraggioso a dire che non bisogna necessariamente abbiamo riaperto le assemblee delle nostre andare dall’altra parte del mondo per fare Sezioni, da svolgersi con prudenza e rispetto esplorazione. Quest’estate abbiamo lanciato delle regole, ed abbiamo convocato la nostra l’iniziativa “Scopriamo nuovi sentieri” per La gestione dei rifugi viene spesso affidata Assemblea Nazionale, perché un’Associazione coinvolgere le persone attraverso i social e a personaggi che hanno brillato nel passato nella pratica degli sport di montagna, che ora diventano un richiamo illustre e simpatico per chi raggiunge il loro punto ospitale. Nella foto: Giancarlo Lenatti, detto Bianco, “capanàtt” della Marco e Rosa, maestro di sci e guida alpina, conosciuto per i suoi grandi exploit di sci estremo, e per superbe scalate in Africa, in Alaska e nella . [Foto: Mauro Lanfranchi]

Anche la cura dell’arredamento rivela con quanta passione e dedizione per gli ospiti venga sempre più migliorata e aggiornata l’accoglienza nei rifugi del CAI. Nella foto sopra: il Rifugio Carlo Porta (1.426m) ai Resinelli, gruppo delle Grigne; sotto: il Rifugio Marco e Rosa De Marchi – Agostino Rocca (3.609m) alla Forcola di Cresta Guzza, nel gruppo del Bernina. [Foto: Mauro Lanfranchi]

22 | Novembre 2020 | Uomini&Sport IN ESCLUSIVA nei negozi DF Sport Specialist, Bevera di Sirtori, Lissone, Orio al Serio

La collezione Alpine Tech 98396783 98396778 di La Sportiva: la linea di abbigliamento tecnico dedicata agli alpinisti più esigenti, è in vendita in esclusiva nei negozi DF Sport Specialist di Bevera di Sirtori, Orio al Serio, Lissone.

Nasce in collaborazione con le guide alpine svizzere dello Swiss Alpine Club, per soddisfare le necessità degli amanti della montagna più esigenti come gli alpinisti Tamara Lunger, Roger Schaeli e Federica Mingolla, endorser ALPINE GUIDE SOFTSHELL JKT ufficiali. Il design incontra la funzionalità senza ALPINE GUIDE GTX PANT Giacca versatile e funzionale, adatta alla vita compromessi in una collezione strutturata su 4 L’Alpine Guide GTX Pant combina quotidiana di una guida alpina o capsule pensate per 4 modi diversi di vivere la GORE-TEX ProShell e GORE-TEX ActiveShell, di un alpinista in alta montagna. montagna. assicurandone la resistenza alle intemperie Il mix di materiali altamente tecnici con mantenendo, allo stesso tempo, un comfort soluzioni innovative sono studiate su misura Apine Guide Series ottimale. Questi pantaloni offrono la migliore per le esigenze di un alpinista attivo. Sviluppata appositamente per le guide alpine e protezione nella pratica dell’alpinismo. adottata ufficialmente dallo Swiss Alpine Club. Comfort e robustezza sono stati testati da Plus: Nessun compromesso, pura funzionalità per chi guide alpine professionisti. + Gore Windstopper abbinato a tessuto lavora quotidianamente in montagna. elasticizzato 4 direzioni Plus: + 2 tasche facili da raggiungere quando Classic Series + 2 tasche frontali con zip si indossa uno zaino, imbracatura da Dedicata agli alpinisti più tecnici che devono + 1 tasca posteriore con zip arrampicata raggiungere le vette più alte delle Alpi (4000 m). + aree rinforzate delle ginocchia, glutei e + tasca piatta sul petto con zip parte inferiore delle gambe con + tasca in rete applicata Ambition Series Gore-Tex Pro Shell + ventilazione ascellare con zip Dedicata agli alpinisti esigenti per escursioni + ghette regolabili + polsini e orlo regolabili dinamiche e sportive di un giorno in avvicina- + aperture laterali per la ventilazione + cappuccio regolabile con coulisse mento alle vette delle Alpi. Utilizzo consigliato + cerniere YKK Flat-Vislon tra 3000 e 4000 metri di altezza. + Cintura integrata, clip per bretelle

Authentic Series Nato per i backpacker che amano muoversi velocemente in montagna, nelle traversate di ghiacciai e catene montuose alpine.

Alcuni tra i capi della collezione Alpine Tech di La Sportiva Uomini&Sport | Novembre 2020 | 23 ANCHE QUI SI TROVA DF SPORT SPECIALIST a cura di Cristina Guarnaschelli

Lungo le tappe della bellissima Via Francigena, i protagonisti hanno #LIBERI DI CAMMINARE: accolto chi desiderava condividere e sostenere il messaggio di “Liberi DODICI TAPPE LUNGO di camminare”, un messaggio di speranza per coloro che soffrono di sclerosi multipla e che contemporaneamente intendeva infondere un LA VIA FRANCIGENA segnale di Ri-partenza e Ri-nascita per tutti. Le parole del dott. Gabriele Rosa: “Il cammino rappresenta la storia Un progetto sociale finalizzato a rendere dell’uomo. Le grandi migrazioni hanno permesso alla specie umana un mondo libero dalla Sclerosi Multipla di diffondersi ovunque e di popolare il pianeta. Se il cammino è stato fondamentale nella storia nell’uomo, esso è anche di estrema importanza “Liberi di Camminare” è un progetto sociale nato con l’obiettivo di nella vita contemporanea, perché permette a chi lo compie di continuare diffondere un messaggio di incoraggiamento e sostegno a coloro che a rendere omaggio a questo meraviglioso gesto. Camminando, vediamo il sono affetti da sclerosi multipla per dimostrare, a più voci, l’importanza mondo con lentezza, e ciò ci consente di ammirare paesaggi meravigliosi che una pratica motoria corretta e supervisionata può avere sui pazienti e di ricevere dai medesimi grandi sensazioni di conforto, anche in momenti affetti dalla patologia. difficili, facendoci riscoprire il piacere del vivere. Questo progetto mi dà È dimostrato infatti come il movimento possa rallentare ed alleviare enorme emozione! i sintomi, oltre ad essere un supporto psicologico insostituibile, Attraverso i chilometri percorsi dagli ammalati di sclerosi multipla e aumentando la sicurezza e l’autostima del paziente. dai loro accompagnatori intendiamo diffondere un grande messaggio Ideato dal dott. Gabriele Rosa, a capo di Associazione Lamu e Rosa di speranza per tutti. Con questo progetto, inoltre, invitiamo tutti a Running Team ASD, in collaborazione con l’avvocato Maria Luisa camminare, ovunque, da soli o in compagnia, aumentando il piacere di Garatti, presidente dell’Associazione Sevuoipuoi, “Liberi di Camminare” vivere e migliorando la propria condizione di benessere psicofisico. è a favore di AISM e per un mondo libero dalla Sclerosi Multipla. Camminatori del mondo e nel mondo seguiteci tutti. Uniti possiamo Teatro dell’iniziativa è stata la Via Francigena con 12 tappe, da Siena a formare una rete che renda migliori noi e il mondo in cui viviamo”. Roma, dal 26 agosto al 7 settembre. Le parole di Maria Luisa Garatti: “Durante una delle mie giornate difficili, Da anni il Gruppo Rosa realizza progetti sociali che vedono protagoniste in cui ero rinchiusa in casa, ho pensato a questo progetto: un modo per persone con patologie e disabilità, offrendo loro l’opportunità di far conoscere la malattia di cui soffro da 14 anni, raccogliere fondi per la partecipare a grandi eventi sportivi internazionali. ricerca e muovere le mie gambe anche per chi non può ... un cammino La pandemia da Covid-19 ha bloccato le manifestazioni sportive dentro i meandri della mia anima per rendere ancora più forte la mia ma non l’energia e la voglia di fare: è nato così il progetto “Liberi di voglia di vivere. Perché io non mi arrendo e, anche se ogni giorno mi sento Camminare”, con l’obiettivo di evidenziare come dalla pratica di questo stanca e spossata, come se avessi uno zaino di 20kg costantemente gesto semplice e naturale, tutti possano trarre notevoli vantaggi dal sulle spalle, so che c’è una vita da vivere, ci sono corse da fare, obiettivi punto di vista psicofisico, in particolar modo le persone con patologie da raggiungere, sorrisi da trasmettere.” o disabilità.

È nata la WEB TV!

Raccontare le novità di prodotto con le figure autorevoli e competenti dei venditori dei punti vendita DF Sport Specialist e Bicimania: questo è il nuovo progetto di video content marketing ideato dall’azienda per essere ancora più vicina ai suoi clienti con un nuovo strumento di comunicazione. L’idea ha preso avvio durante gli ski test dello scorso inverno con le prime riprese video degli sci presentati dai responsabili dei brand presenti all’evento. Da lì, il progetto si è evoluto fino a diventare un tour settimanale nei punti vendita dei negozi DF Sport Specialist e Bicimania: una nuova modalità, fruibile online direttamente sul sito o attraverso il canale youtube DF Sport Specialist, per presentare con brevi video le novità di prodotto arrivate in negozio, dall’abbigliamento, alle calzature, all’attrezzatura e alle biciclette. Dalle voci dei venditori dei reparti nasce così, ogni settimana, un video racconto delle caratteristiche tecniche del prodotto, una breve anteprima che permette ai clienti di avere le prime informazioni per prepararsi alla visita in negozio o all’acquisto online. Dai brand nazionali ed internazionali distribuiti nei negozi fino alle marche proprie, come DF Mountain, la web TV accende le sue luci sulle novità del settore.

24 | Novembre 2020 | Uomini&Sport DF SPORT SPECIALIST insieme a “Officina della Corsa” per gli allenamenti del gruppo milanese delle Pink Ambassador

Pink is Good è un progetto della Fondazione Umberto Veronesi, nato a Gli allenamenti delle Pink Ambassador milanesi con “Officina della Corsa”, Milano nel 2014 e oggi attivo in 14 città italiane: dal capoluogo meneghino sostenuta da DF Sport Specialist, sono bisettimanali: si svolgono il lunedì fino a Bari, Bologna, Cagliari, Catania, Firenze, Monza e Brianza, Napoli, al campo XXV Aprile, Montagnetta di San Siro, ed il venerdì al Parco Nord, Palermo, Perugia, Roma, Torino, Varese, Verona. con base all’Officina della Corsa, e prevedono lavori di tecnica di corsa, Chi sono le Pink Ambassador? Sono donne, runner che si fanno portatrici ripetute, fartlek con spiegazioni tecniche sulla corretta postura e appoggio di un forte messaggio: dopo la malattia si può tornare a vivere più forti del piede, senza trascurare esercizi di potenziamento e insegnamenti di prima, anche grazie alla corsa, dimostrando, a se stesse e al mondo, sulla respirazione diaframmatica. che il tumore non ha vinto. Si può correre per dimostrare che si è capaci Le Pink Ambassador sono seguite da un team tecnico d’eccellenza: di lottare anche se la malattia può segnare nel profondo. Ma la vita è medici, nutrizionisti, psicologi e allenatori. sempre lì, da apprezzare anche più di prima. La scienza ha ormai provato i benefici dell’attività fisica a tutti i livelli di Le Pink Ambassador condividono la propria esperienza di malattia a prevenzione, non solo quella primaria che previene dall’insorgenza delle sostegno della ricerca scientifica e della prevenzione, per dimostrare malattie. Secondo numerosi studi scientifici fare movimento in modo l’importanza della diagnosi precoce e dei corretti stili di vita nella lotta costante nel tempo riduce il rischio di recidive e favorisce il recupero contro i tumori. Correndo, parlano a tutti di coraggio, di ricerca, di psicofisico dei pazienti oncologici. prevenzione. Per questo motivo Fondazione Umberto Veronesi recluta ogni anno A “Officina della Corsa”, con gli allenatori FIDAL Elena Griffa ePier donne operate di tumore al seno, utero o ovaie, che accettano una nuova Bergonti, il compito di seguire le 25 donne, di età diverse, che hanno sfida: allenarsi per partecipare a una corsa podistica di alto livello. aderito all’iniziativa in previsione della staffetta che si è svolta il 3 ottobre al parco Nord di Milano: il gruppo milanese delle Pink Ambassador è stato il primo gruppo che ha dato il via a questa staffetta virtuale che si è tenuta poi anche in altre città italiane.

6 Comuni Presolana Trail

Domenica 4 ottobre si è svolta la 6 Comuni Presolana Trail: 24 km al cospetto della Regina delle Orobie, la Presolana. Quasi duecento atleti hanno ricevuto il pacco gara con lo zaino DF Sport Specialist personalizzato con il pittogramma della manifestazione, presentandosi alla partenza nella medievale piazza di Fino del Monte. Grande soddisfazione per l’organizzatore Mario Poletti: è stata una bella giornata di sport alla scoperta dei sei borghi all’ombra del massiccio della Presolana, e un’occasione per ricordare Danilo Fiorina, socio fondatore di Fly-Up venuto a mancare nell’ottobre di quattro anni fa. La gara è stata vinta da Antonio Lollo, atleta prevalentemente stradista e pistard, ha mostrato a tutti le sue doti da mezzofondista dominando dall’inizio alla fine i 24 chilometri del percorso che unisce i comuni di Fino, Rovetta, Songavazzo, Cerete, Onore e Castione. L’ex ciclista, ora portacolori dell’Atletica Bergamo 1959 ha stoppato le lancette sotto l’arco di arrivo di DF Sport Specialist, su 1h39’17”. In campo femminile la gara è stata vinta dalla skyrunner comasca Paola Gelpi del team La Sportiva: 1h56’15” il crono che le è valso la vittoria. [Foto: Cristian Riva e Diego Degiorgi]

Uomini&Sport | Novembre 2020 | 25 BANFF CENTRE MOUNTAIN FILM FESTIVAL WORLD TOUR ITALY

DF Sport Specialist è fedele partner di alcune tappe del prestigioso Banff Centre Mountain Film Festival World Tour Italy. Avventura e sport sono protagonisti della rassegna cinematografica internazionale di medio e cortometraggi dedicati al mondo della montagna e dell’outdoor. L’evento, alla sua all’ottava edizione italiana, ha visto quest’anno 41 tappe nazionali, con Bergamo, Casatenovo, Como, Lecco, Milano, Saronno, realizzate grazie anche al supporto di DF Sport Specialist.

Salomon Running: una corsa vera, una corsa sicura

Non fermate Milano ora, ma anche ‘non fermatemi ora’, questo è il nuovo slogan della Salomon Running Milano che si è svolta domenica 27 settembre. Salomon Running Milano, è stata la prima vera competizione running del capoluogo lombardo post coronavirus, il primo vero ritorno a quella normalità che davamo per scontata ed invece quest’anno abbiamo capito che è di fondamentale importanza per la nostra esistenza. Tutte le partenze si sono svolte a scaglioni di 250 persone, opportunamente distanziate lungo tutto il canale di partenza grazie a dei bolli posizionati a terra, scattate ogni 5 minuti indossando la mascherina per i primi 500 metri di gara. L’occasione per tornare a vivere la sfida, condividere emozioni, confrontarsi con avversari e ritrovare tanti amici. Una sfida nella sfida per dimostrare che Milano c’è, con tutta la sua voglia di ripartire e tornare a correre forte, con tutta la sua vitalità ed energia. E al fianco di migliaia di runner e della loro voglia di tornare ad allenarsi con un obiettivo vero e concreto, sognando una medaglia e un traguardo, non poteva che esserci DF Sport Specialist, che oltre ad essere partner della manifestazione ha anche organizzato, nel pieno rispetto delle normative sanitarie vigenti, quattro sessioni di allenamento gratuiti a Milano Via Palmanova, Bevera di Sirtori, Parco Nord, City Life. Ogni allenamento, sviluppato su 3 distanze e con la possibilità di testare le scarpe delle nuove collezioni di Salomon, ha richiamato oltre 100 partecipanti ad ogni tappa. Gli allenamenti, curati da tecnici professionisti del running, hanno visto la collaborazione del testimonial DF Sport Specialist, Renzo Barbugian e di Elena e Pier di Officina della Corsa. [Foto: Salomon Running]

26 | Novembre 20192020 | Uomini&Sport DF Sport Specialist per la “Casa di Reclusione” di Milano Opera

Sabato 10 ottobre presso il Centro Sportivo della Casa di Reclusione di Milano Opera, si è svolto il 1° meeting di Arti Marziali alla presenza del Comandate di Reparto di Polizia Penitenziaria Dirigente Dott. Amerigo Fusco, del sottosegretario alla Presidenza della Regione Lombardia Alan Rizzi, e di Giuseppe Zamboni, responsabile marketing di DF Sport Specialist, che ha offerto il materiale per le premiazioni degli atleti. Ad alternarsi sul tatami, i maestri di World Ju-Jitsu PMA Italia, Karate Fijlkam, Krav Maga/BJJ, Aikido AIA, Kendo CIK, in una dimostrazione che si è svolta in un piacevole clima di amicizia e sportività. Un ringraziamento particolare a Pier Robertino Cocco.

Monza Run Free

DF Sport Specialist ha sponsorizzato la Monza Run free: un evento di corsa a cronometro su tre percorsi a disposizione da 21km, 10km, 5km, all’interno del Parco di Monza. Un meccanismo semplicissimo per tornare a sfidarsi in piena sicurezza: ci si iscrive sul sito scegliendo, tra quelli disponibili, l’orario in cui si vuole partire, si scarica l’app e si entra nella Community di Monza Run Free! L’evento ha avuto inizio giovedì 15 ottobre per concludersi domenica 18 ottobre e ha registrato 1.300 partecipanti.

Fondazione Costruiamo il futuro, con il sostegno di DF Sport Specialist premia chi educa attraverso lo sport

La Fondazione Costruiamo il Futuro nasce nel 2009 dall’unione di due associazioni territoriali: l’Associazione Costruiamo il Futuro (con sede a Merate) e l’Associazione Costruiamo il Futuro Brianza (con sede a Seregno), e si propone di promuovere e organizzare iniziative culturali e di sostegno al mondo del volontariato, del no-profit e dell’associazionismo sportivo. All’insegna del motto “Sarà ancora più bello aiutarvi”, si è conclusa sabato 10 ottobre la quarta edizione del Premio Costruiamo il futuro Milano Città Metropolitana, nato per sostenere i progetti e la vita delle tante associazioni che operano a favore dell’educazione di bambini, ragazzi e disabili. La cerimonia ospitata al Marriott Hotel di Milano, nel pieno rispetto delle vigenti misure anti Covid, alla presenza di Maurizio Lupi, presidente della Fondazione Costruiamo il futuro e ha visto come madrina d’eccezione, Lorella Cuccarini, in collegamento da Roma. Quest’anno il Premio ha assunto un significato più che mai particolare: l’emergenza Covid 19 ha toccato profondamente le casse delle Associazioni che si ritrovano a far fronte a spese straordinarie per le sanificazioni che la pandemia ha imposto, spazi più ampi dove accogliere i ragazzi, sostegno economico alle famiglie in difficoltà per poter ridurre le quote di iscrizione e dare la possibilità a tutti di partecipare all’attività sportiva. L’iniziativa ha raccolto come sempre la generosità della Famiglia Longoni, che ha voluto mettere a disposizione otto assegni del valore di 500Euro ciascuno, per l’acquisto di abbigliamento e attrezzature sportive nei suoi negozi DF Sport Specialist. [Foto: Fondazione Costruiamo il futuro]

Uomini&Sport | Novembre 2020 | 27 L’ECLETTICO TEAM DI DF SPORT SPECIALIST GLI AMBASSADOR PER IL 2020/2021

28 | Novembre 2020 | Uomini&Sport

PER CONOSCERE I TESTIMONIAL DEL TEAM DF SPORT SPECIALIST a cura di Cristina Guarnaschelli

DALLE ALPI PIEMONTESI AL MAR LIGURE LUNGO LA VIA DEL SALE

Antonio Armuzzi, responsabile running del punto vendita di Lissone, e Luca Guglielmetti, insieme di corsa sui vecchi sentieri utilizzati dai mercanti di sale. 100 km da Limone Piemonte a Ventimiglia in poco più di tredici ore.

Antonio e Luca sono amici e condividono la passione per gli ultra trail: Lungo il percorso poche possibilità di rifornimento d’acqua, fontane corrono e si allenano insieme non appena il lavoro lo permette loro. pressoché inesistenti. Ne abbiamo trovata una sola, la gestione dell’acqua La passione è forte, intensa, fatta di obiettivi e risultati: ma quest’anno, si sa, è stata quindi parsimoniosa, consapevoli dei chilometri che ci mancavano le gare che avevano programmato sono state annullate. alla meta e del gran caldo delle ore diurne. Per chi, come loro, è abituato ad allenarsi in vista delle competizioni è A proposito di energie – ci racconta Antonio – ne abbiamo impiegate tante, difficile mantenere alte motivazione e concentrazione: la ricerca di nuove soprattutto a livello mentale, quando alle 7 del mattino ci siamo trovati, sfide diventa quindi fondamentale come stimolo per programmare gli in territorio francese, circondati da sei cani, quelli utilizzati dai pastori per allenamenti, per mettersi in gioco individuando nuovi traguardi personali, a tenere lontani i lupi. È stato davvero un momento molto brutto, a furia di urla volte in solitaria o in coppia, come nel caso di Antonio e Luca. e tentativi di tenerli lontani con i nostri bastoncini da trekking siamo riusciti Ai primi di luglio hanno concretizzato il loro primo risultato stagionale: a proseguire, purtroppo però allungando il percorso di circa 20km. 100km di corsa con un dislivello complessivo di 2.200m, partenza da Il vostro prossimo obiettivo? Limone Piemonte e arrivo a Ventimiglia, con una sola e breve sosta al La data c’è già, 19 settembre, e l’idea pure: questa volta giochiamo in casa, 78°km e un percorso complessivo compiuto in poco più di tredici ore. sulle montagne dell’Alta Via dei Monti Lariani con un percorso di 130 km e Scoprite con noi com’è andata la loro avventura! un dislivello complessivo di 5.500m. Com’è nata l’idea? Partenza sempre di notte: sarà più impegnativo dal punto di vista del Per noi che amiamo le ultra trail, doverne fare a meno è davvero difficile. dislivello, ma è a nostro favore il fatto di correre su sentieri che conosciamo Durante il lockdown, abbiamo iniziato a pensare come avremmo potuto molto bene. compensare questa mancanza non appena avremmo avuto il via libera per Forza ragazzi! tornare a correre. Così è nata l’idea di questa traversata: siamo partiti di notte, dopo aver terminato la giornata di lavoro, passando dai 30 gradi della pianura ai 12 di Limone Piemonte. Antonio Armuzzi e A mezzanotte e mezza abbiamo iniziato a correre, frontale accesa Luca Guglielmetti per guidare i nostri passi sul sentiero, accorgendoci dopo poco che ci accompagnava una bellissima luna piena che illuminava il percorso così chiaramente da farci spegnere le frontali. È stata un’emozione davvero unica! Perché avete scelto la Via del Sale? Ho proposto a Luca questo itinerario – ci racconta Antonio – perché era stato fatto lo scorso anno da mio papà, in due giorni, con la mountain bike, e ne era rimasto entusiasta. Per gli appassionati della bicicletta questo è un percorso battuto, lo è molto meno dai runner, aspetto che ci ha stimolato a fare questa scelta, oltre che per la bellezza e la varietà del paesaggio che avevamo visto dalle foto e documentandoci anche online. Il paesaggio è molto bello, ma molto spoglio, - ci racconta Luca - poche segnalazioni lungo il sentiero. All’orizzonte, man mano che correvamo, vedevamo avvicinarsi il mare, la nostra meta a Ventimiglia. Come vi siete allenati considerando anche il periodo del lockdown? Siamo rimasti sempre attivi utilizzando la bicicletta da spinning, i rulli e facendo anche tanto allenamento a secco per cercare di mantenere una buona condizione muscolare, in attesa che si potesse tornare a correre in montagna, a macinare chilometri, come piace a noi. Come avete gestito le energie durante la traversata? Il primo e unico “pit stop” lo abbiamo fatto al 78°km al rifugio Gola di Gouda, a metà mattina verso le 10, per una veloce colazione prima di ripartire per gli ultimi chilometri finali. È stata dura in alcuni momenti, soprattutto di giorno, quando le temperature si sono alzate – ci racconta Luca. Erano i primi caldi della stagione e non eravamo abituati a temperature così elevate: abbiamo sofferto nella parte finale del percorso. Essere in due però ci ha permesso di sostenerci e spronarci a vicenda per tenere duro ed arrivare fino in fondo. Devo dire grazie ad Antonio: la sua lunga esperienza da professionista, è stata fondamentale per la gestione del ritmo di corsa e quindi dell’energia.

30 | Novembre 2020 | Uomini&Sport QUANDO DAL TEAM DF SPORT SPECIALIST PROROMPE UN EXPLOIT: DANIEL ANTONIOLI E IL TENTATIVO DI RECORD SUL GRAN PARADISO

Martedì 14 luglio Daniel Antonioli e Nadir Maguet alle ore 6:30 sono partiti da Pont Valsavaranche con l’obiettivo di raggiungere la vetta del Gran Paradiso (4.061m) e ritornare nel minor tempo possibile. In una stagione senza gare, i due atleti si sono ritrovati insieme a tentare di battere un record che durava da 25 anni: l’ha spuntata Nadir Maguet con il tempo 2h02’32”, mentre Daniel Antonioli ha concluso l’impresa con 2h10’32”, tempo comunque inferiore rispetto al record di Champretavy. Daniel, com’è nata l’idea di tentare di tentare il record? “In questa stagione particolare, finora senza gare, la voglia di cercare nuove sfide e stimoli per allenarmi era tanta, così ho deciso di tentare questo record sul Gran Paradiso, una montagna che conosco molto bene e che aveva un record di andata e ritorno imbattuto da 25 anni. Non ero sicuro di poter battere il tempo di 2h21’36’’ fatto da Ettore Champretavy nel 1995. Per poter stare sotto quel tempo, sapevo che, oltre a dovermi trovare in un ottimo stato di forma, avrei dovuto trovare il percorso in condizioni ideali. Ma nonostante le incognite la voglia di provarci era tanta.” L’hai pensata sin dall’inizio con Nadir oppure è stata una coincidenza ritrovarvi focalizzati sullo stesso obiettivo? Raccontaci com’è andata. “Ad inizio luglio il Gran Paradiso stava “andando in condizione”: la neve che durante le ore più calde si squagliava al sole, la notte rigelava, offrendo così una superfice dura e liscia sulla quale, utilizzando dei micro ramponi, si corre veloci e sicuri. Sapevo che dovevo affrettarmi a fissare una data e trovare alcuni amici disposti ad assistermi lungo il percorso in caso di necessità. Facendo un giro di chiamate sono così venuto a sapere che anche Nadir voleva tentare lo stesso record. Lo chiamai immediatamente e ci trovammo subito d’accordo sul fatto di provarci assieme, ma individualmente: entrambi sapevamo che per poter battere il precedente record si doveva essere al 100% della forma e non ci si poteva permettere nemmeno un breve momento di crisi. Ma, non gareggiando da parecchio tempo, entrambi avevamo dei dubbi sul nostro stato di forma. Così abbiamo escluso l’idea di salire e scendere appaiati. Inoltre correndo come “avversari” sarebbe somigliata di più ad una gara, alla quali entrambi siamo più abituati: ci avremmo così probabilmente messo più grinta.” Come ti sei allenato, considerando anche il lungo periodo di stop dovuto al lockdown? “Nei mesi di gennaio e la prima metà di febbraio, ho gareggiato nel Winter Triathlon, finché si è potuto, quindi ho corso, pedalato e sciato. Mi sono quindi trovato nel periodo di stop in una discreta condizione fisica, che ho cercato di mantenere con tutte le attività che potevo svolgere tra le mura di casa: ho pedalato tanto sui rulli ed ho fatto ginnastica a corpo libero. Anche se lo sport indoor non è mai stato la mia passione, durante il lockdown è stato un valido alleato per mantenermi in forma.” I tuoi prossimi obiettivi? “In questa stagione avrei voluto seguire il circuito World Series di Skyrunning: le Skyraces, durante la stagione estiva, sono le gare che preferisco. Grazie ai tre podi del circuito mondiale conquistati l’anno scorso, quest’anno ho ricevuto l’invito a molte gare. Purtroppo però il circuito è stato annullato, ma in alcuni paesi le gare che ne facevano parte si svolgeranno regolarmente ed io intendo andarci. Non ho ancora certezze su tutte le gare, ma quasi sicuramente ad agosto sarò al via della Ultraks Extreme a Zermatt, un percorso un po’ “estremo” ma di vera montagna e a me piace molto.”

Sequenza di immagini di un faticoso impegno, di uno splendido successo, e di esplosioni di gioia per Antonioli, a sinistra, e Maguet. [Photo Credit ©Jeantet Stefano]

Uomini&Sport | Novembre 2020 | 31 LUCA MANFREDI NEGRI, ULTRARUNNER, E LA SUA “RIPARTENZA” CON UN RECORD DEL MONDO

È venuto a trovarci in azienda, con la maglia che ha indossato per la sua Da quel primo seme di idea, la 24 ore Up&Down, così fortemente voluta e impresa sportiva, dopo il record mondiale di dislivello positivo e negativo, pensata da Luca, è diventata un evento all’Aprica che, con tutte le dovute Luca Manfredi Negri, atleta del Team DF Sport Specialist. cautele legate all’emergenza sanitaria, ha visto il sostegno di tanti amici e Tanta era la voglia di tornare a correre sulle sue montagne che Luca parenti del runner, i quali in effetti hanno accompagnato e incitato lo stesso Manfredi Negri, trail runner di livello internazionale, di Oliveto Lario, ha atleta lungo il percorso. pensato di ripartire con una sfida: il tentativo di battere il record mondiale di Un primo passo verso una ripartenza, un riappropriarsi della natura e un dislivello positivo e negativo compiuto nell’arco di 24 ore. ritorno alle proprie passioni outdoor. Sabato 13 giugno, Luca ha centrato l’obiettivo con 17.000m di dislivello positivo, strappando il precedente record di 16.054m, realizzato, proprio qualche giorno prima in Finlandia dall’ultra runner Juha Jumisko, che aveva a sua volta superato il francese Ugo Ferrari con 15.467m. La 24 ore Up&Down di Luca Manfredi Negri si è svolta lungo il percorso della pista da sci “C” del Palabione all’Aprica, località di cui Luca è originario: 34 giri per 149,6km, con ogni giro da 4,2km, corso spesso ad una media inferiore ai quaranta minuti. “Ho pensato a questo record durante il periodo di lockdown tra marzo e aprile – ci ha raccontato Luca Manfredi Negri - per cercare nuovi stimoli e motivazioni per continuare gli allenamenti al chiuso. Essermi dato questo obiettivo mi ha aiutato a mantenere la concentrazione e una preparazione atletica quotidiana”. Per Luca è stata una sfida per ripartire, per dare una svolta a questi mesi senza gare e soprattutto per tornare alla propria passione, quella delle lunghe distanze che, da un paio d’anni, lo vedono al vertice delle ultra maratone in montagna con prestazioni di rilievo, come il secondo posto all’Adamello Ultra Trail nel 2019. “Il dislivello è il parametro che tutti noi atleti utilizziamo per gli allenamenti in montagna – afferma Luca – e il ricordo che all’AUT avevo percorso Luca Manfedi con Sergio Longoni, che si compiace, condividendolo 11.500m in ventiquattro ore mi ha fatto scattare la scintilla e il desiderio di con affettuoso sorriso, per ogni successo dei suoi testimonial. provarci”.

UN’ALTRA IMPRESA PER ANTONIO ARMUZZI E LUCA GUGLIELMETTI: UN TRAIL DI 113 KM IN QUOTA SULL’ANELLO CANTÙ - VARENNA

Dopo la Via del Sale, raccontata nelle precedenti pagine, Antonio Armuzzi e fino a scendere a Menaggio, dove i due hanno preso il battello per Bellagio; Luca Guglielmetti si sono cimentati in un’altra avventura, questa volta sulle da qui la ripartenza tutta in salita lungo i sentieri del Triangolo Lariano: montagne di casa, da Cantù a Varenna. San Primo, Sormano, Rifugio Riella (per una breve sosta di ristoro), Capanna Anche questa volta i due runner hanno scelto una partenza in notturna, Mara, Alpe Vicere, Albavilla e ritorno ad Alzate Brianza. sabato 19 settembre alle ore 23 per un percorso che si è svolto in 14 ore e Il messaggio della loro impresa sportiva è di ottimismo, di voglia di 42 minuti per un totale di 113 km e 4.000m di dislivello. continuare a fare sport, inseguendo le proprie passioni sul terreno di nuove Il giro è partito da Alzate Brianza, Como, Monte Bisbino, lungo la dorsale sfide personali.

Antonio Armuzzi e Luca Guglielmetti

32 | Novembre 2020 | Uomini&Sport FABIO RUGA SI AGGIUDICA IL TRACCIOLINO TRAIL

Fabio Ruga vince il Tracciolino Trail, domenica 27 settembre: la gara di trail running only up, con un tempo di 55’28”. Organizzata dal Team Valtellina A.S.D., la gara si è svolta con partenza da Verceia, sul lungolago di Mezzola, con arrivo nel tipico borgo di Frasnedo, in Val dei Ratti, per un percorso di 8,9 km e un dislivello positivo di 1050m. Fabio Ruga, Team La Recastello Radici Group, ha tagliato il traguardo a mani alzate staccando Giuseppe Molteni dell’Atletica Desio di 1’22”. Terzo posto per Mattia Gianola del Team Premana Crazy a 1’36” dal vincitore.

MONICA CASIRAGHI E IL SUO “EVERESTING” DEDICATO ALLA SORELLA ALESSANDRA

Un’altra impresa sportiva di Monica Casiraghi nel ricordo di sua sorella Alessandra, nota alpinista, scomparsa tre anni fa. E proprio in corrispondenza del giorno dell’anniversario, dalle ore 17 di sabato 26 settembre 2020 alle 17 di domenica 27 settembre 2020, Monica e Federica Vernò hanno affrontato il Muro di Sormano (pendenza massima del 25 per cento) percorrendo 113 chilometri, per un dislivello positivo di 9.179m, salendo per 32 volte il muro e percorrendolo in discesa Federica Vernò e Monica Casiraghi sul Muro di Sormano per 31 volte. L’obiettivo degli 8.848m dell’Everest, traguardo che permette di etichettare l’impresa come “Everesting”, è stato ampiamente superato dalle due atlete, che hanno corso per 24 ore, con brevissime pause di qualche minuto per non prendere freddo e perdere il ritmo. Vento e temperature basse hanno messo a dura prova le due ultramarotonete che non hanno mollato, resistendo e alternando la corsa alla camminata veloce per non sovraccaricare muscolatura e piedi, specialmente in discesa. Molti sono stati gli amici (oltre all’immancabile mamma di Monica, Pinuccia), che, quasi compiendo una staffetta, non hanno fatto mai mancare il supporto e la presenza. “È stata molto dura ma non ho mai avuto dubbi di non farcela – ha affermato Monica Casiraghi – al termine dell’impresa: sicuramente il Muro di Sormano ora non lo voglio più vedere per i prossimi dieci anni!”

Uomini&Sport | Novembre 2020 | 33 DANIEL ANTONIOLI, UNA STAGIONE RICCA DI SUCCESSI: VITTORIA ALLA LATEMAR MOUNTAIN RACE, SECONDO POSTO ALLA DYNAFIT TRAIL RUN3 E TEMPO DA RECORD AL TRAIL DEL NEVEGAL

Daniel Antonioli, team DF Sport Specialist, è davvero in ottima forma e i risultati delle sue ultime gare lo confermano. Partiamo dalla vittoria alla 13° edizione della Latemar Mountain Race, domenica 13 settembre, che si è svolta con partenza da Pampeago, a quota 1.750m, con un percorso di 25 km e un dislivello positivo di 1.680m, in gran parte immerso nella catena montuosa ubicata tra il Trentino e l’Alto Adige. Daniel Antonioli si è aggiudicato la vittoria, in una giornata caratterizzata da condizioni meteo ottimali, con un tempo di 2h18’50”, precedendo di 2 minuti e 18 secondi l’atleta che lo tallonava, Jean Baptiste Simukeka.

Dalle Dolomiti al Tirolo! La settimana successiva, da venerdì 18 a domenica 20 settembre, è stata la volta della Dynafit Trail Run3, una tre giorni di gare austriaca che ha visto Daniel Antonioli gareggiare in team con il campione di scialpinismo Jakob Herrmann. La coppia si è classificata al secondo posto con due successi di tappa (3h22’30”). Antonioli ha registrato il miglior tempo nella vertical iniziale ed è arrivato secondo in volata nella tappa intermedia.

E il mese di settembre si è chiuso domenica 27 con la 6° edizione del Trail Due passaggi della Latemar Mountain Race. In alto, Antonioli in zona del Nevegal, nelle prealpi bellunesi, un percorso di 21 km circa e un dislivello Agnello / Cornon; sopra in Latemar. [Foto: latemarun.com] positivo di circa 1.700m. Un’edizione caratterizzata da un sole tiepido che ha accompagnato gli oltre 330 concorrenti presenti alla partenza. Daniel Antonioli si è subito messo in evidenza spingendo sul ripido del muro della Grava e dando filo da torcere ai diretti avversari che hanno potuto recuperare un po’ di terreno in discesa, senza però riuscire ad anticipare il forte atleta, originario dei Piani dei Resinelli, che si è imposto con il tempo record di 1 ora 55 minuti e 21 secondi. Daniel Antonioli ha dichiarato: «Una bellissima gara con un percorso alla portata di tutti. Quest’anno ho preferito partecipare a gare italiane e sono stato contento di esserci al Trail del Nevegal, perché ne ho sentito parlare molto bene! Devo dire che le voci hanno rispecchiato la realtà. Il livello era molto alto. Fortunatamente ne avevo di più in salita e nelle disceso ho stretto i denti per mantenere la posizione. E’ stata una gara bellissima, complimenti agli organizzatori». Fonte della dichiarazione Trailrunning.it Sopra un momento del Trail del Nevegal con Antonioli, impegnato sul muro della Grava. [Foto: trailrunning.it]

Podio della Latemar Mountain Race. [Foto: latemarun.com] Daniel Antonioli durante Dynafit Trail Run3, dove si è classificato secondo. [Foto: Maurizio Torri - sportdimontagna.com]

34 | Novembre 2020 | Uomini&Sport TENTAZIONI ALPINISTICHE PER UN CARNET DA SOGNO Le più importanti ripetizioni delle vie classiche proposte per un magico curriculum

Sul Pilone Centrale del Frêney …come se nulla fosse

Testo e foto di Tommaso Lamantia

Non ci ha sorpreso che un giovane alpinista abbia subito irresistibilmente il fascino di una montagna splendida e invitante, come del resto a tutti appare il Pilone Centrale del Frêney. Si tratta però di una montagna insidiosa, quasi un retaggio esclusivo di coloro che l’alpinismo riescono a praticarlo ai più alti livelli. Sorprendente diventa allora che l’attrattiva di questo Pilone, che sorge tra i mari dei ghiacciai che caratterizzano il Monte Bianco, si sia tramutata nella decisione di farne una propria meta di arrampicata. Altrettanto singolare può venire considerata anche la facilità con cui l’autore dell’articolo è riuscito a coinvolgere senza problemi in questa audace iniziativa altri tre amici, che non hanno esitato a dare una risposta affermativa con identico entusiasmo. Confessiamo che tutto questo ci ha fatto riflettere, fino al punto di prendere in considerazione l’opportunità che l’impresa di questi quattro tramutata nella decisione di fare in modo che proprio questi obiettivi alpinisti potesse venire esposta come un evento paradigmatico per altri alpinistici prendessero visibilità, come sembrava suggerirci l’arrampicata giovani che, praticando l’alpinismo, bramerebbero confrontarsi con vie di sul Pilone Centrale del Frêney: aprire su Uomini e Sport una nuova rubrica, arrampicata di importanza storica o comunque rilevante, ma si sentono indicata “Tentazioni alpinistiche per un carnet da sogno”. Sappiamo che frenati, o imbarazzati nella scelta, per la mancanza di un riferimento reale è una rubrica che potrà avere un seguito soltanto se, come contributo e rassicurante. di generosità, altri alpinisti come Lamantia vorranno indirizzare alla La semplicità verbale con cui la salita su una famosa parete al Monte redazione di Uomini e Sport le relazioni di loro gratificanti arrampicate Bianco è stata raccontata da Tommaso Lamantia è in grado di indicare con la semplicità accattivante del presente articolo. che anche una meta prestigiosa può divenire appannaggio di ognuno che, Ce lo auguriamo, proprio per il bene dell’alpinismo e per il bene che dotato della debita formazione alpinistica che comprende le cognizioni proviene dall’alpinismo, e saremo grati, anche a nome di tanti giovani su sicurezza e prudenza, fino a quel momento non si era immaginato alpinisti ancora incerti e titubanti, e a nome di tutti i lettori della nostra potesse essere alla sua portata. La nostra riflessione si è per questo rivista, agli alpinisti che vorranno accogliere il nostro invito.

I primi messaggi con Mirco (Grasso, ndr) Durante la settimana ci scriviamo e sentiamo ad inizio settimana scorsa sono molto diretti più volte confrontandoci con le varie notizie e decisi. che avevamo sul meteo e sulle condizioni sia Nei prossimi giorni ci sarà alta pressione del ghiacciaio sia del Pilone stesso. Le notizie in quota: andiamo a scalare qualcosa di bello? in nostro possesso non sono tutte ottimiste, Io sono in parola con un amico e pensavamo di infatti ci arrivano commenti che descrivono andare sul Monte Bianco. Entrambi siamo sulla la via non in condizioni e molto sporca di stessa linea e già pensiamo al Pilone Centrale neve ancora dall’inverno. Ma non ci perdiamo del Frêney. d’animo, e intanto organizziamo la logistica e Mirco e Francesco (Rigon, ndr) però preferisco- con fare molto punk decidiamo di sbatterci il no non andare soltanto in tre, per cui per me muso di persona!! comincia la ricerca del compagno adatto alle Ci troviamo il venerdì pomeriggio a Courmayeur fatiche del viaggio che si prospetta. al piazzale della panoramica Skyway, dove Non sono molte le persone cui rivolgersi per lasciamo una macchina, e con l’altra saliamo una salita del genere, ma subito dopo mi ri- in val Vény, dove comincia il nostro viaggio. sponde Michele (Zanotti, ndr), dicendomi di Dopo una cena abbondante al rifugio Monzino avergli cambiato la giornata con la richiesta e (2.560m), cominciamo a scrutare verso l’alto confermandoci di esserci. per cercare di capire se avevano ragione i

In alto, del tutto motivata l’esplosione di orgogliosa soddisfazione che si evince dal volto di Tommaso e Michele giunti sulla cima del Monte Bianco. Sotto, non poteva presentarsi più invitante l’aspetto del prestigioso obiettivo alpinistico che aveva stregato i quattro amici: qui Tommaso Lamantia, che si trova in arrampicata nella parte bassa del Pilone, può sperimentare quanto sia irresistibile affrontare verticalità ed esposizione in un ambiente di stupenda bellezza.

Uomini&Sport | Novembre 2020 | 35 pessimisti oppure noi. Non si vede molto, ma la Il caldo e la stanchezza accumulata durante vista della parte alta del Pilone stesso ci ricarica i due giorni di scalata non ci fanno trovare le idee. Ci mettiamo nei letti e trascorriamo velocissimi e, visti i tempi, dopo le foto di rito giusto qualche ora prima che la sveglia suoni in vetta, andiamo diretti al rifugio Tête Rousse, all’una di notte, e dopo colazione e ultimi consapevoli che ormai dovremo scendere preparativi, alle due ci incamminiamo verso a piedi fino a . Per festeggiare il ghiacciaio e i bivacchi Eccles (Lampugnani beviamo la birra più costosa d’Europa e con 3.852m e Crippa 3.837m). Il rigelo è buono, e in molta pazienza piano piano perdiamo quota meno tempo del previsto, dopo aver zizzagato e arriviamo alle nove di sera a Chamonix, dove tra i vari crepacci, siamo all’interno del bivacco poi troviamo un passaggio per rientrare in Italia nuovo a farci un the e mangiare qualcosa. e rifocillarci seriamente con un pizza enorme a L’idea è di andare fino al Colle Eccles (4.021m), e Courmayeur! prima di calarci nel ghiacciaio del Frêney (punto La salita, anche se non in condizioni ottimali, di difficile ritorno) valutare bene se proseguire è stata fantastica e ci ha impegnato il giusto verso il Pilone Centrale oppure optare per il per ripagare la nostra motivazione intrinseca piano B. Ma, giunti al Colle, la voglia di salire nel porci un obiettivo di un certo livello e, anche uno dei pilastri più belli del Monte Bianco e se i consigli e le informazioni non erano dalla la motivazione ci fa trovare in poco tempo nostra parte, ci abbiamo creduto e abbiamo alla base del Pilone, con ormai un’unica via di vissuto un’avventura unica in uno dei posti più uscita. selvaggi del Monte Bianco. Siamo tutti e quattro molto tranquilli e ci stiamo La via alterna tratti puliti e zone muovendo con fluidità, visto che abbiamo ______abbondantemente innevate che costringono tutto quello che ci serve per affrontare un Nota di redazione sul Pilone Centrale del Frêney il ricorso ai cambi di assetto che rallentano bivacco in parete. Così, trovato il punto migliore l’arrampicata. Sullo sfondo si intravedono il ghiacciaio del Freney, l’Aiguille Noire e per attraversare la crepacciata terminale, ci L’aura del Pilone Centrale del Frêney al l’Aiguille Blanche. fiondiamo verso l’attacco della via. Monte Bianco sul versante italiano è una tra Le informazioni sulla via non sono eccessi- le vie più classiche e sognate del massiccio, ve e dettagliate, ma seguendo il proprio fiuto con verticalità ed esposizione in un ambiente alpinistico saliamo bene tutta la prima parte, mozzafiato. A partire dagli anni ’60 del secolo che in realtà si dimostra non proprio in ottime scorso sul suo percorso si sono consumate condizioni e ci costringe a fare qualche cam- conquiste e tragedie da parte di uomini che bio di assetto (scarpette/scarponi) oppure ad hanno scritto la storia dell’alpinismo mondiale affondare i piedi con le scarpette direttamente e che, forti della loro tenacia e volontà, su neve o ghiaccio. riuscivano a superare ostacoli giganteschi. Dopo parecchie ore dalla nostra partenza La prima ascensione, che ha dovuto superare notturna, arriviamo finalmente alla parte più una parete di 800 metri di sviluppo, alta 500, dura e verticale di tutta la salita, sotto alla con difficoltà 7a+ (V+ e A2 obbl.), è stata “Chandelle”. Decidiamo di fermarci a sciogliere appannaggio della cordata anglo-polacca Tommaso Lamantia in arrampicata sopra la la neve e mangiare qualcosa, e visto che formata da , , Chandelle, ai cui piedi si estende ben visibile il comunque erano le cinque di pomeriggio e Ian Clough e Jan Djuglosz. ghiacciaio del Freney. il sole era già sparito nel versante opposto decidiamo di bivaccare. Trovati gli unici centimetri disponibili, ci prepariamo i nostri bivacchi: Mirco e Francesco in cima al pilastro all’attacco del tiro artificiale, mentre io e Michele ripuliamo dalla neve la cengia dove Bonatti e compagni vissero la tragedia del 1961 durante la prima salita. Il bivacco, anche se scomodo e molto aereo, non può che essere una delle esperienze più intense vissute, e tutto il freddo patito durante la notte viene subito dimenticato al sorgere del sole. Da quel punto siamo i primi in tutta Europa a vedere e prendere i suoi raggi. Alba magnifica a quasi 4.500m. Con calma ci prepariamo e cominciamo a scalare la sezione dura della via, e in qualche ora siamo in cima al Pilone, soddisfatti e felici di esserci goduti ogni singolo metro, ma consapevoli che adesso dopo una breve calata, ci aspettano ancora qualche tiro di misto non banale: la parte finale della Cresta del Brouillard che porta in vetta al Monte Bianco, e poi la discesa. Ancora l’autore dell’articolo che, giunto sulla cuspide terminale del Pilone Centrale, può godersi in premio uno scenario impagabile, che compensa tutti i disagi e i rischi affrontati.

36 | Novembre 2020 | Uomini&Sport I CONSIGLI DEGLI ESPERTI a cura di Giuseppe Caligiore e Paola Radice, buyer DF Sport Specialist

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Uomini&Sport | Novembre 2020 | 37 INTERVISTE AD ALPINISTI

Marco Ballerini, figura tipica dell’alpinismo lecchese di un’intera generazione, ha portato nell’arrampicata

foto: Luca Lozza Luca foto: l’agonismo sperimentato con lo sci.

a cura di Sara Sottocornola

Marco Ballerini. O semplicemente “Ballera”. Basta il nome, a Lecco, per evocare strapiombi ed equilibri al massimo grado, per pensare all’arrampicata sportiva e alla sua storia, che lo vede protagonista già nei primi anni 80 quando timidamente faceva capolino come nuovo sport, accanto all’attività principe dell’alpinismo. Maestro di sci, guida alpina e maestro di arrampicata, classe 1957, Ballerini è stato pioniere dell’arrampicata sportiva nella zona del lecchese e vanta una grande esperienza internazionale, dal Verdon alla Patagonia fino a . Luoghi dove ha conosciuto un modo di scalare lontano anni luce da quello a cui si era abituati in Italia, e che ha contribuito a diffondere sul territorio facendosi pioniere di un nuovo stile, forse un nuovo sport. Insieme ad altri nomi noti come Dario Spreafico, Norberto Riva, Paolo Crippa, Antonio Peccati, porta ai massimi livelli di difficoltà le vie in falesia, prima viste soltanto come un “allenamento” per le salite alpinistiche. Oggi, è direttore sportivo della palestra d’arrampicata di Lecco e svolge con passione l’attività di maestro di sci ai Piani di Bobbio. Ma nessuna intenzione di lasciare le falesie, dove torna per allenarsi quasi ogni giorno della settimana.

Marco, quando è iniziata la tua carriera? Ti attraeva la competizione? tissimo. Pensavo di annoiarmi, perché io sono Quando hai iniziato ad andare in montagna, Nonostante sia stato uno dei primissimi a par- un tipo che la pazienza non sa dove sta di casa, se c’è un inizio? tecipare alle gare di arrampicata, inventate con invece con i bambini entro in un’altra dimensio- Il mio rapporto con la montagna dura da trop- “Sport Roccia” nel 1985, non sono mai stato ne, non mi pesa, anzi mi piace molto. po tempo! Scherzo. Dura da tutta la vita e non particolarmente motivato dal confronto con al- C’è una delle tue salite che ricordi finirà mai, anche se parlare di “montagna” è tri. Partecipavo per gioco, era un mondo nuovo con maggior orgoglio o emozione? forse una parola grossa, perché vado quasi e interessante. Ma nel mio modo di andare in Non c’è una in particolare, mi ricordo con piace- esclusivamente in falesia. Quando ho iniziato montagna lo stimolo è la sfida con me stesso re la spedizione dell’86 in Patagonia con i Ragni non esisteva nemmeno l’arrampicata spor- per alzare il livello. Difatti di gare ne ho fatte ben Norberto Riva, Carlo Besana, Renato Da Pozzo tiva, è arrivata dopo. Come tutti i lecchesi, ho poche. Ero già comunque troppo vecchio, oc- e Dario Spreafico. Aprimmo una via nuova in iniziato in montagna. Ero incuriosito dal mon- correvano allenamenti troppo specifici per l’a- condizioni proibitive alla parete Sud della Torre to alpinistico, ma in realtà vivevo la montagna gonismo e facendo anche l’alpinista, all’epoca Centrale del Paine e arrivammo in vetta la sera d’inverno: ero sciatore agonista, in Nazionale, andavo spesso anche in spedizione, non avevo di Natale, dopo due mesi di tentativi tipicamen- ma mi sono rotto due o tre volte la gamba e ho tempo. te patagonici. Fu un regalo bellissimo. dovuto smettere. Durante la formazione come Avresti mai pensato allora che l’arrampicata Quanto ha contato il Gruppo Ragni maestro di sci, a 18 anni, ho conosciuto Adriano sarebbe sbarcata alle Olimpiadi? nella tua storia? Trincavelli detto “Moss”, guida alpina, che mi ha Non mi ha meravigliato. Subito, già all’epoca di Molto, nella mia vita, nel bene e nel male. fatto provare a scalare in Grigna, e mi è piaciuto Sport Roccia ’85, avevo previsto o comunque Perché ne facevo parte ma ne sono anche usci- subito. capito, che la direzione sarebbe stata quella, to, per opinioni diverse col Direttivo che c’era Cosa, in particolare, ti è piaciuto? che l’arrampicata sportiva si scostava molto all’epoca ho deciso di dare le dimissioni. Cosa ti ha tenuto così legato alla montagna dall’alpinismo e avrebbe preso una strada tut- Non son più rientrato, ma mi sono riavvicina- per tutti questi anni? ta sua, con livelli che si alzavano così tanto, sia to. Oggi collaboro con la palestra, li frequento e Mi ha affascinato subito tutto il mondo lega- indoor sia outdoor, da risvegliare interesse nel faccio diverse cose con loro. to alle scalate. All’inizio, soprattutto, il gesto mondo agonistico. Ti hanno affidato la Direzione Tecnica della sportivo, forse perchè arrivavo da uno sport Preferisci la roccia o la neve? Palestra d’arrampicata di Lecco. agonistico. Qui a Lecco si respirava un clima L’attività di guida o di maestro di sci? Che esperienza è? alpinistico particolare, vivevamo con leggende Fare la guida non mi è mai piaciuto tantissimo, Mi ha dato tanta soddisfazione perché quan- viventi come , Carlo Mauri. anche se ho avuto dei clienti molto importanti e do è iniziato il progetto era una vera incognita, Io ho iniziato subito a scalare in modo sportivo. di alto livello con cui ho fatto grandi esperienze, una scommessa. Mi dà orgoglio, perché oggi è Non salivo per il piacere di andare in monta- ad esempio El Capitan, nello Yosemite. frequentata da tantissimi giovani. I primi anni gna, mi ha sempre attratto la difficoltà, la per- Preferisco di gran lunga fare il maestro di sci. ha fatto un po’ fatica, il target era diverso, ma formance. Diciamo che ho portato l’agonismo Prima facevo l’allenatore dello Sci Club Lecco, grazie al lavoro fatto con le scuole, i corsi, oggi dello sci nell’arrampicata, guidato dalla voglia di oggi faccio il maestro ai Piani di Bobbio, quasi abbiamo molto successo con loro. Essere riu- innalzare i propri limiti e le difficoltà in parete. solo con bambini e principianti e mi piace tan- sciti – insieme agli altri Ragni che collaborano

38 | Novembre 2020 | Uomini&Sport L’intensa espressione dal viso del “Ballera”, a sinistra impegnato sulla via “McKinley”, 7c, a destra sulla “Un coin a Ben diretta”, 7b+, sulla parete Est del Corno settentrionale del Nibbio, traduce perfettamente il suo concetto di affrontare l’arrampicata con spirito agonistico, per innalzare i propri limiti. [Foto: Luca Lozza]

come istruttori - a trasmettere questa passione è importante. Quest’anno anche noi abbiamo dovuto chiudere per il lockdown, ma abbiamo già moltissime iscrizioni per i prossimi mesi e svolgeremo come sempre la nostra attività nel rispetto delle regole anti-Covid, con mascheri- na, distanziamento e disinfezione. Si può scala- re in maniera sicura. Oggi che alpinista sei? Oggi scalo 4-5 giorni alla settimana cerco di ri- manere al mio livello top: provarci mi stimola, Questo fa perdere un po’ di passione, compagno di cordata storico. Poi ci sono Da- mi motiva. Faccio quasi esclusivamente falesia di istinto? rio Spreafico, Norberto Riva, per non parlare perchè mi diverto, devo dire che le spedizioni No, la passione non si perde. Ma ora se vuoi di quelli che non ci sono più come Benvenuto non mi mancano. farla, è così. È molto cambiata. Laritti, Marco Pedrini, Paolo Crippa. Purtroppo Come vedi i giovani climber oggi? I top climber internazionali hanno toccato capita di perdere amici in montagna, abbiamo Scalano a livelli altissimi. Fare dei nomi è diffici- livelli inimmaginabili qualche anno fa. visto anche molto giovani, ultimamente. le perché dimentichi sempre di citare qualcuno. Si può andare ancora oltre? La montagna purtroppo lascia tante cose belle, Qui a Lecco, più che speranze abbiamo delle Siamo al 9c, con su Silence, al ma a volte si perdono persone care. certezze, come Stefano Carnati che quest’anno grottone di , nel Nord della Norvegia, e Ti fa vivere, ma ti fa anche tanto male. ha compiuto un’attività in falesia strabiliante. il tedesco su Bibliographie nella fa- Cosa ti ha insegnato la montagna? E abbiamo 4-5 ragazzini dell’agonistica a un lesia di Céüse, in Francia. Parliamo di solo due Ti insegna a dare il giusto valore alle cose, a livello nazionale/internazionale molto alto. persone al mondo. Presumo che si potrà anda- darlo alle cose importanti. Vivi esperienze gio- Com’è cambiata l’arrampicata da quando hai re oltre, è difficile dire che abbiamo raggiunto il iose e divertenti, ma profonde: si costruiscono iniziato? limite, piano piano faranno forse il 10°. amicizie. Magari perdi un amico, ma sai che se Non si può dire sia meglio o peggio di prima. Venti anni fa pensavamo che i limiti fossero capita, se ne sono andati facendo le cose che L’attività che si fa è completamente diversa: le quasi raggiunti, e oggi siamo a livelli ben diver- amavano. La montagna ti dà questo equilibrio prime gare erano eventi, meeting, esperimenti, si, qualche anno fa impensabili. Ma tra 15 anni di capire quali sono i veri valori nella vita. ritrovi simili a una Woodstock dell’arrampicata. magari scaleranno gradi più difficili ancora. Ora invece è una disciplina che ha livelli altis- Quali sono stati i tuoi migliori compagni simi, atleti che seguono programmi e regole di cordata? come negli altri sport. Questa è l’evoluzione I miei ricordi più belli di alpinismo e arrampicata delle cose. Ora non è più Woodstock, ma è il sono legati alle persone con cui ho condiviso Festival di Sanremo. le esperienze. Antonio Peccati è stato il mio

Uomini&Sport | Novembre 2020 | 39 Rosa Morotti, una donna dalle risorse irresistibili, ammirevoli e invidiabili, che nell’alpinismo ha trovato la sua ragione di vita, ma anche di più, la gioia di ritornare a vivere serenamente al di là delle prove esistenziali più dolorose che nulla le hanno risparmiato con la perdita, ogni volta tragica, delle persone più amate.

a cura di Sara Sottocornola

Chi nasce a Bergamo la montagna ce l’ha nel sangue: Rosa Morotti non fa eccezione. Forse il suo nome non è mai stato alla ribalta delle cronache alpinistiche, ma la sua attività sulle Alpi e sulle montagne extraeuropee la registrano sicuramente tra gli alpinisti di più ampia esperienza attualmente in circolazione. Schietta, dinamica e determinata, lavora come tecnico di radiologia, ed è membro del Club Alpino Accademico Italiano. A 54 anni ha all’attivo scalate in Patagonia, Canada, Perù, Groenlandia, Norvegia, Sud Africa, Marocco e , molte delle quali vissute con il marito Sergio Dalla Longa, tragicamente caduto sul Dhaulagiri nel 2007. Qualche anno fa si è trasferita in Svizzera con l’alpinista Norbert Joos, 13 ottomila scalati senza ossigeno: ma quattro anni fa ha perso anche lui durante una salita sul Pizzo Bernina, parete Ovest. L’amore per le grandi pareti non è stato scalfito di un millimetro, e negli ultimi anni Rosa è stata protagonista dell’apertura di nuove vie insieme al giovane e ben conosciuto climber Tito Arosio, una delle quali dedicata a Norbert.

Rosa, una vita dedicata alla montagna. biamo sempre un po’ scartato l’Himalaya fino Che scalate preferisci ora? Quanto è grande e quando è iniziata questa al 2007, quando ci siamo ritornati per salire il Scalate di misto, creste. In generale mi piace an- passione? Dhaulagiri. dare dove c’è poca gente. Tornerei in Himalaya, L’ho ereditata da mio zio che era una guida alpi- Una spedizione che è finita in tragedia, dove c’è frequentazione di massa, magari su na, che purtroppo è morto in Bolivia quand’era con la morte di Sergio… un 6000. Sono già tornata in Himalaya, a fare ancora giovane. Sono sempre stata una tipa Sì, lui è caduto e io per problemi di congela- dei trekking, ma ci sono troppi turisti che vanno sportiva: facevo atletica e sci, ma a fare alpini- mento ho perso 9 dita delle mani, parzialmen- lì perché è di moda e non conoscono niente del- smo vero ho iniziato nell’88, quando ho cono- te recuperate con 9 mesi di terapia iperbarica. la montagna. Così non c’è avventura. Andare in sciuto Sergio Dalla Longa, che poi è diventato D’inverno soffro un po’, ma per fortuna posso posti poco frequentati ed esplorare, per quanto mio marito. Abbiamo iniziato a scalare su Dolo- ancora arrampicare. Ho voluto recuperare su- possibile, ti soddisfa molto di più. miti e Monte Bianco, dove ho salito tantissime bito e continuare ad andare avanti. Dopo due La tua salita più emozionante? vie, e abbiamo poi viaggiato in tutto il mondo. anni e mezzo ho conosciuto Norbert sotto il Sicuramente la Nord dell’, una parete che Abbiamo dedicato la nostra vita a questo: con Pizzo Badile, e dopo un anno mi sono trasferi- ho sempre avuto nella testa. Sono andata tante la montagna hai sempre tanti sogni da realizza- ta in Svizzera con lui, senza nemmeno sapere volte a Grindelwald con Norbert, volevo fare la re, leggi tanto e immagini sempre nuove avven- il tedesco: tra noi parlavamo in inglese. Poi ho Nord in inverno. Abbiamo sempre dovuto rinun- ture. Siamo stati all’Isola di Baffin, Groenlandia, trovato un posto di lavoro. Con lui ho viaggiato ciare per il brutto tempo, il freddo faceva soffri- Alaska, El Capitan, ma amavamo particolar- tantissimo, quando ha smesso di fare spedizio- re le mie mani congelate e così ho detto basta mente i viaggi in posti poco conosciuti. Non ni abbiamo scalato in Alaska, Yosemite, e altro- alle invernali. Alla fine sono salita nell’ottobre avevamo possibilità di ferie lunghe, quindi non ve. Purtroppo anche lui è scomparso, cadendo 2014 con Tito Arosio, ed è stata una grandis- facevamo spedizioni, fino a quando nel nostro mentre scendevamo dalla Biancograt al Pizzo sima emozione. In parete rivivi tutto quello che paese hanno organizzato una spedizione al Bernina. Sono salita due domeniche fa a vede- hai letto sulla storia di quella via, sai tutto ciò Broad Peak, e abbiamo deciso di sposarci per re dove è caduto. Avevo da quattro anni questo che è successo e hai comunque timore. avere le settimane del viaggio di nozze. Siamo groppo nello stomaco, volevo tornare su per Invece noi eravamo tranquilli. Abbiamo fatto arrivati sull’anticima. rendermi conto, anche se ero a cinque metri da due bivacchi, ma è andato tutto bene: è come Tra tutti i posti che hai visitato, qual è stato lui e ho visto tutto. Mi sono liberata di un peso, se la montagna ci avesse accolto, è stata una il più bello? e mi sento più leggera. Anche se nessuno me soddisfazione enorme. Due mesi fa sono sali- L’Himalaya è molto bello, ma non mi ha entusia- lo potrà portare indietro. ta dalla lunghissima cresta Mittellegi con mio smato: preferisco fare vie più impegnative dove Dopo queste tragedie, hai mai avuto cognato, e quando sono passata dove esce la riesco a godermi ogni momento, soprattutto un momento di rifiuto verso la montagna? Nord, mi sono commossa al ricordo di quell’e- quando arrivo in cima. In quota soffri, sei stan- Mai. Finora la montagna è l’unica cosa che mi mozione. co, non vedi l’ora di tornare giù perché sei stre- ha fatto andare avanti: io senza montagna non Oggi c’è qualche parete in particolare che mato, e la discesa non è mai facile. Preferisco posso vivere. Ho realizzato tutti i sogni che ave- desideri scalare? godermi le salite, possibilmente in compagnia vo, come quello di salire le grandi Nord, e ora Avrei ancora un sogno, il Cerro Torre. Sono sta- di persone che amo. Per questo motivo ab- tutto ciò che viene in più me lo godo. ta sei volte in Patagonia, ma ho sempre trova-

40 | Novembre 2020 | Uomini&Sport Rosa Morotti, in cima alle sue preferenze ha sempre incluso le vie più impegnative, sia in Alaska (foto a fianco), che sulle Dolomiti (foto sotto). [Foto: Archivio Rosa Morotti]

to brutto tempo. Oggi ho 54 anni, e malgrado due protesi all’anca e tutto quello che mi è suc- cesso – questa primavera ho perso entrambi i genitori per il Covid-19 nel giro di sei giorni – sto bene e vado ancora. Nei giorni scorsi ero in Dolomiti a scalare con Ennio Spiranelli, e in parete mi diverto, mi sento viva. E mi permetto di inseguire ancora dei sogni. Ti manca l’Italia? Sì, tante volte dico che vorrei tornare, perché qui, nella Svizzera tedesca, tutti sono freddi. Ormai il mio lavoro è qui, non voglio buttar via questi anni. Ma tornerò appena avrò la pensione. Non voglio parlar male degli svizzeri: quando è mor- to “Noppa” mi hanno aiutato molto, ma mi pesa stare qui. La gente è chiusa nei suoi progetti, pensa al lavoro e a poco altro. Socializzare davvero è difficile. Noi siamo mol- to più socievoli, aperti e uniti. Ho riscoperto la mia Bergamo soprattutto con il Covid. Sono stata lì tre settimane quando sono morti i miei genitori, e ho visto le persone che soffrivano per me, con me, anche se a loro non era successo nulla. Hanno un cuore. La gente ama, anche se non lo fa vedere. Com’è stata l’emergenza Covid in Svizzera? A Bergamo sembrava una guerra. Invece qui in Svizzera, dico qui nei Grigioni, è stata abbastan- za tranquilla, ma devo anche dire che hanno Preferisci le montagne italiane avuto anche la possibilità di organizzarsi, per- o qualche altra zona del mondo? ché i contagi sono arrivati dopo. Avevano predi- Mi piace viaggiare e conoscere culture diverse, sposto stazioni pandemiche in ospedale, erano ma alla fine ho sempre voglia di tornare in Ita- preparati. In ogni caso il numero di contagi è lia. Ci sono posti meravigliosi come l’Alaska: ci stato basso e gestibile. sono stata sei volte, ma non ci vivrei mai. Mi Qual è il momento della giornata basta avere degli amici e dei conoscenti in giro che preferisci quando sei in montagna? per il mondo che vado a trovare. Invece sulle Le albe e i tramonti. Soprattutto le albe, quando Alpi hai la possibilità tutto l’anno di fare qual- parti di notte e i primi raggi di sole ti scaldano. cosa: io faccio anche tanto scialpinismo in in- E poi, sicuramente, l’emozione di arrivare sulla verno. cima. La montagna, cosa ti ha insegnato nella vita? Negli ultimi anni hai scalato molto Io non sono mai stata una professionista, per con Tito Arosio… me la montagna è la conquista di una cosa tut- Sì, Tito ha 33 anni, siamo molto uniti, è come ta mia, che mi sono guadagnata. È soddisfa- se fosse mio figlio. È molto bravo, abbiamo zione personale, è un desiderio che hai dentro scalato molto insieme ed è bello condividere e riesci a realizzare. Mi ha insegnato a fare le con lui tanti sogni. È bello anche scalare con cose per me, e non per gli altri. A lei ho dedicato una persona che conosci bene: siamo a nostro la mia vita, il mio tempo libero e i miei risparmi agio, sai che anche in caso di emergenza puoi li investo nei miei viaggi: qualcuno non capisce, contare sull’altro. ma per me è una scelta ben precisa. Tanti anni Hai mai pensato di diventare guida alpina? fa ho fatto questa scelta con Sergio, per que- Sì, ho provato il corso 30 anni fa poi però, Ser- sto non abbiamo avuto figli e non ho rimpianti. gio mi aveva detto “se diventerai guida non fa- Sono contenta della mia vita. Me la godo fino remo più tante cose insieme, perché non avrai alla fine, e spero che finalmente arrivi anche un tempo”. Ho pensato quindi che non fosse la po’ di fortuna. Anche se incontro ostacoli, però, mia strada. Col senno di poi posso dire che ave- trovo sempre la forza per superarli. Bisogna va ragione, perchè non avrei avuto la vita che sempre guardare avanti, senza farsi troppe do- ho avuto con lui. Avrei dedicato a mio marito mande e tenendo nel cuore le cose belle. meno tempo e non avrei potuto fare tutti i viag- Testa dura, volontà di ferro… e come pura ber- gi e le esperienze che abbiamo fatto. gamasca, “la mola mia”.

Uomini&Sport | Novembre 2020 | 41 IL RUOLO DELL’ESERCITO NELLE DISCIPLINE SPORTIVE DELLA MONTAGNA a cura di Renato Frigerio

EFFICIENTI IN MONTAGNA, MA ANCHE IN ZONE DOVE SI DEVONO AFFRONTARE LE CONDIZIONI CLIMATICHE E AMBIENTALI PIÙ ESTREME

Servizio e interviste a cura di Sara Sottocornola

Siamo giunti alla conclusione di un ampio servizio in tre puntate con il quale abbiamo cercato di offrire almeno un punto di partenza per approfondire un tema che nella sua complessa organizzazione ed operosità è quasi totalmente ignorato dall’opinione pubblica. Pur ritenendo di aver chiarito precedentemente molte cose su cui non avevamo mai riflettuto, pensiamo che questa ultima puntata sia ancora più importante per il fatto che offre visibilità ad uno degli impegni fondamentali che l’Esercito si è assunto, quello di formare professionisti della montagna e di preparare gli atleti delle discipline invernali. Al termine di tutto, sentiamo doveroso rivolgere un sentito ringraziamento agli Ufficiali ed ai militari dell’Esercito che ci hanno consentito di realizzare questo insolito servizio, augurando loro di continuare a mietere i successi sportivi dei quali si sentono giustamente orgogliosi, e che noi pure potremo da adesso considerare sotto un aspetto più appassionato e obiettivo.

L’obiettivo principale del Centro Addestramento Alpino – Scuola Milita- Maggiore Stella, ci racconta a grandi linee di cosa si occupa re (Ce. Add. Alp.) è da sempre la formazione del personale in ambito la Sezione Sci Alpinistica? alpinistico e sciistico. Nato nel 1934, con il nome di Scuola Centrale Mi- “L’Esercito non deve soltanto difendere i confini Nazionali, ma ha tra i litare di Alpinismo, con lo scopo di formare Ufficiali e Sottufficiali delle suoi compiti più importanti il soccorso e l’intervento in caso di pubbliche Truppe Alpine alle asperità e all’ambiente estremo delle montagne, per- calamità. In questo contesto l’attività svolta dalla Sezione Sci Alpinistica segue tutt’oggi queste finalità, mirando da un lato all’eccellenza sportiva è estremamente importante in quanto ha l’obiettivo di formare profes- e dall’altro alla formazione di specialità per le Forze Armate e in altri sionisti capaci di operare in ambienti e situazioni climatiche estreme. ambiti professionali nei quali è richiesta a vari livelli una preparazione La SSA è focalizzata sulla formazione tecnica di specialità, dedicandosi specifica in ambiente montano. prevalentemente alla formazione di personale proveniente da altri Re- Dopo aver conosciuto, negli ultimi due numeri di “Uomini e Sport”, l’atti- parti delle Truppe Alpine; storicamente tutti gli Ufficiali e Sottufficiali alpi- vità del Centro Sportivo Esercito di Courmayeur - Reparto Attività Spor- ni devono passare da questo Reparto per il loro iter formativo alpinistico tive (RAS) e le attività alpinistiche d’eccellenza della Sezione Militare di e sciistico. Nell’ambito del Centro Addestramento Alpino – Scuola Mili- Alta Montagna (SMAM), oggi avremo l’occasione di scoprire di cosa si tare, la Sezione Sci Alpinistica dal 1999 fa parte del RAS; la sede di que- occupa la Sezione Sci Alpinistica (SSA) che inquadra i migliori Istruttori sto Reparto che si occupa di sport e montagna a 360° è a Courmayeur. di Sci e Alpinismo dell’Esercito Italiano con il compito di formare tutti i Com’è nata la Sezione? quadri delle Truppe Alpine, di altre specialità dell’Esercito, della Marina, Quando è scoppiata la prima guerra mondiale, il Corpo degli Alpini era dell’Aeronautica e il personale appartenente alle Forze Armate di na- stato creato da poco, con un reclutamento di soldati provenienti dalle zioni straniere. La Sezione Sci Alpinistica qualifica professionisti militari regioni alpine, ottimi conoscitori del territorio montano e capaci di muo- in ambito alpinistico, sciistico e del soccorso alpino; si occupa inoltre versi agevolmente anche in condizioni ambientali e climatiche tipiche della formazione dei ricercatori dell’Enea (Ente Nazionale delle Energie dell’alta quota. Al contrario, gli Ufficiali superiori, non erano stati ade- Alternative) impegnati in missioni scientifiche in ambienti estremi come guatamente formati e non conoscevano l’ambiente montano in manie- l’Antartide. ra approfondita. Questo fatto ha causato enormi perdite di uomini nel primo conflitto mondiale rendendo necessaria, al termine della guerra, ______la costituzione della Scuola Militare Centrale di Alpinismo con sede ad Aosta. Il principale obiettivo di questa Scuola, è sempre stato quello di Nell’intervista che ci è stata concessa dal Capo Sezione Scialpinistica, formare e qualificare gli Ufficiali e Sottoufficiali alpini alla conoscenza Maggiore Valerio Stella, ci viene svelata l’attività intensa e preziosa, del dell’ambiente montano e ad acquisire elevate capacità di muoversi in suo Reparto, per lo più sconosciuta al vasto pubblico. sicurezza sulle Alpi.

42 | Novembre 2020 | Uomini&Sport Oggi come funziona? Attualmente la Sezione Sci Alpinistica è composta da un Comandante, un Vice Comandante e sedici Istruttori, tutti in possesso delle massime qualifiche militari e civili in ambito alpinistico e sciistico. I Corsi di forma- zione svolti dalla SSA si sviluppano su tre livelli di difficoltà ed impegno crescenti: corsi basici, avanzati e qualificativi. Il superamento di tutto l’iter formativo, con esiti positivi, porta al conseguimento dei diversi bre- vetti che caratterizzano il professionista della montagna. Gli allievi dei corsi della SSA, oltre che dai Reparti delle Truppe Alpine, affluiscono an- Corso di Soccorso Alpino Foto: Stefano Jeantet che dai Reparti delle Forze Speciali, dell’Esercito, della Marina, dell’Aero- nautica e dei Carabinieri per un volume di frequentatori di circa 600/700 persone all’anno. Corso Qualificativo Sci/Sci Alpinismo Quanto durano i Corsi di formazione? Foto: Stefano Jeantet I Corsi, sia per la parte sciistica che alpinistica, sono strutturati su una durata di tre settimane per i corsi basici e quattro settimane ciascuno per i corsi avanzati e qualificativi. Oltre a queste tipologie di corsi, la SSA svolge anche corsi formativi di alto livello tecnico riguardanti le proble- matiche inerenti alla neve e valanghe, il Soccorso Alpino e il Soccorso su piste da sci. Il personale qualificato nei suddetti corsi è inserito anche in Squadre di Soccorso dedicate al pronto intervento in caso di pubbli- che calamità, come ad esempio nei casi delle emergenze di Ovindoli e Rigopiano. Su cosa verte la formazione? La formazione alpinistica e sciistica che diamo ai frequentatori dei no- stri corsi, verte su tutti gli aspetti tecnici, metodologici e didattici riguar- danti i diversi settori di attività. Nel periodo invernale la formazione ri- guarda lo sviluppo delle capacità tecniche sciistiche in pista e fuori pista ed all’ approfondimento di tutte le nozioni necessarie a comprendere ed interpretare il fenomeno valanghivo. Nel periodo estivo la formazione è finalizzata allo sviluppo delle tecniche di arrampicata su roccia, ghiac- cio e misto, sulle procedure tecniche di progressione e sulle manovre di soccorso e autosoccorso della cordata. Corso Qualificativo Sci/Sci Alpinismo È vero che vi occupate anche della formazione di militari stranieri Foto: Stefano Jeantet e personale civile? Storicamente il Centro Addestramento Alpino – Scuola Militare è consi- derato, anche in ambito internazionale, una delle migliori Scuole Militari di montagna. Per questo motivo spesso ai corsi organizzati dalle SSA affluiscono, come frequentatori, militari stranieri di Paesi amici ed alleati tra i quali gli Stati Uniti d’America, Paesi dell’ex Unione Sovietica, Oman, Qatar o di Nazioni nelle quali l’Italia è impegnata in missioni internazio- nali come il Libano. La Sezione Sci Alpinistica inoltre collabora da oltre 30 anni con l’Ente Nazionale Energie Alternative (ENEA) per formare i ricercatori che partecipano a programmi di studi scientifici in Antartide presso la Base Italiana “Mario Zucchelli” a Baia Terranova. In funzione dei progetti scientifici che dovranno sviluppare in Antartide, gli scienziati possono partecipare a due diverse tipologie di corso di formazione e ambientamento alla montagna: un corso soft, della durata di una setti- mana svolto nella zona del Piccolo San Bernardo e un corso hard, per i ricercatori che dovranno affrontare condizioni ambientali e climatiche più estreme, svolto normalmente in alta quota nella zona del Colle del Corso Qualificativo Alpinismo Gigante, nel gruppo del Monte Bianco. Foto: Stefano Jeantet Come si svolge il vostro anno di lavoro? In base al periodo e alle tipologie di corsi programmati, gli istruttori della SSA svolgono la loro attività prevalentemente in Valle d’Aosta, soprat- tutto nelle sedi di Courmayeur, La Thuile ed Aosta. Per alcuni corsi di aggiornamento o di qualificazione la Sezione Sci Alpinistica, o parte dei suoi istruttori, operano anche in alcune tra le più belle zone dolomitiche.

Nelle foto: Militari dell’Esercito nelle diverse fasi di addestramento e di Soccorso in montagna.

Uomini&Sport | Novembre 2020 | 43 Alessandro Zeni, un atleta dell’Esercito Italiano che si trasforma in mago nell’arrampicata su placca

Dopo aver scalato “Energia Cosmica” 9a+ su un muro Stefano Jeantet Foto: impossibile alla falesia del Bilico, in Val Canali, presso Fiera di Primiero, si ripete in Svizzera risolvendo con “Cryptography” un altro enigma di 9b

La magia è riuscita al 1° Caporal Maggiore degli Alpini Alessandro Zeni, che ha salito, nella falesia di Saint Loup, una delle placche più dure al mondo, decifrando una linea nuova, pensata, immaginata e sognata per anni. Zeni, uno dei pochissimi atleti al mondo a poter realizzare questi “Per me è la massima espressione della scalata” - dice Zeni - “perché su progetti su placca, è riuscito a creare un’opera d’arte nella storica falesia questi specchi di roccia verticale si cela il dubbio dell’incertezza. Non c’è di Saint Loup, una delle prime nate in territorio elvetico. Il nome della via parte del corpo che possa essere dimenticata, il solo movimento di un “Cryptography” svela tutto il lavoro di preparazione e ricerca che sta alla piede, del bacino, delle spalle, del viso possono fare la differenza. Anche base di questo progetto. quando tutto sembra essere perfetto e ogni tassello al proprio posto, L’impresa di Zeni, atleta della Sezione Militare di Alta Montagna del Re- puoi essere trascinato verso il basso dal vuoto ritrovandoti a pensare parto Attività Sportive del Centro Addestramento Alpino e nuovo Am- dove hai sbagliato e più ci pensi più ti convinci che era tutto davvero bassador di Karpos, è stata resa nota all’inizio di maggio, pur essendo perfetto. Forse proprio per questo motivo la scalata su placca viene ri- stata realizzata l’11 gennaio 2020, prima dell’emergenza Covid-19. pudiata, perché a volte, come nella vita, per quanto tu sia preparato può “Abbiamo atteso per pubblicare questo sensazionale risultato di Zeni comunque arrivare una sconfitta. Questa non dipende da te, ma sem- perché, in accordo con il Reparto Attività Sportive, volevamo dare la visi- plicemente qualcuno ha deciso che non era il tuo momento. Credo che bilità che meritava un risultato del genere. Siamo stati al contempo mol- questa danza verticale sia qualcosa che va oltre al semplice raggiungi- to combattuti nel dare la notizia in un momento tanto delicato per il no- mento del risultato, diventando per me un importante insegnamento. stro Paese ed il mondo intero. Sono proprio imprese di questo tipo però Combattere fino in fondo, con la consapevolezza di essere accompa- che ci possono aiutare a trovare l’energia per pensare a nuovi progetti e gnato dall’incertezza del dubbio, colora ogni movimento e ogni mio più superare le difficoltà che oggi viviamo”, dice il Brand Manager di Karpos. piccolo passo”. L’arrampicata su placca al giorno d’oggi è un po’ fuori moda, non perché La componente mentale in un progetto come questo è la base per poter meno interessante, ma piuttosto perché non è sufficiente essere allenati avere ragione della gravità; bisogna accettare il fatto che ci vorranno per riuscire a salire. Per quanto tu sia forte non hai la certezza di riuscire molto tempo e allenamento, che si dovranno curare tutti gli aspetti nel a salire in libera, semplicemente tirando le prese, perché è uno stile di dettaglio fino a ricostruire in palestra i passaggi chiave della via. scalata fatto di equilibri precari che a volte sembrano spezzarsi con il Un ultimo aspetto, per nulla scontato e assolutamente da non sottova- solo peso di un pensiero di troppo. lutare, riguarda il meteo. Infatti solo con condizioni meteorologiche par- ticolarmente favorevoli è possibile tenere prese tanto piccole e taglienti senza cadere.

Non si vedono appigli che consentano ad Alessandro Zeni di progredire nelle sue incredibili scalate sulle placche. Nella sua ricerca dell’essenza dell’arrampicata ha dimostrato di essere uno dei “placchisti” più forti al mondo.

44 | Novembre 2020 | Uomini&Sport ALLA SCOPERTA DI NUOVE VIE

Valsassina, Prealpi Lombarde, Gruppo dei Campelli, Zuccone Campelli 2161m “WIVA LA FORTUNA” Adriano Selva, Lorenzo Negri e Federico Besana

Testo e foto di Federico Besana

Ci è pervenuta la relazione di una nuova via individuata e tracciata allo Zuccone Campelli ai Wiva La Fortuna Piani di Bobbio da tre giovani alpinisti e ci siamo chiesti se non fosse l’indizio per dare spazio Zuccone Campelli, Piani di Bobbio, LC ad una nuova rubrica sulla nostra rivista. 25/01/2020 Del resto sono ormai numerosi i giovani che si avvicinano all’alpinismo, e tra essi non • Avvicinamento: dalla funivia dei Piani mancano quelli che sono ansiosi di fare esperienze personali anche nella ricerca di nuove di Bobbio dirigersi verso il Rifugio Lecco, e interessanti proposte di autentico valore nell’ambito dell’arrampicata. Esperienze che da dove ci si porta verso l’anfiteatro dei riempiono maggiormente di soddisfazione, ed anche di orgoglio, se possono venire apprezzate Campelli: da qui verso l’attacco della via e condivise da altri che vivono la medesima passione. Comici-Cassin. Allora accettiamo il suggerimento, con la fiducia che una volta accolta l’iniziativa, si possa • Attacco: a sx del pilastro Comici- instaurare una specie di amichevole collaborazione tra che fa da apripista e chi ne approfitta Cassin. • Difficoltà: VI, M4+, ghiaccio e neve a per provare nuovi incentivi per praticare l’arrampicata. 65/70° • Sviluppo: 110 mt. • Primi salitori: Adriano Selva, Lorenzo Negri e Federico Besana. • Materiale per ripetizione: 2 mezze corde da 50 mt., friends da 03 a 3, dadi medi e piccoli, 3-4 chiodi. • Relazione: • L1: 25mt, IV+, M4 Attaccare sulla sx del camino, su muro tecnico fino ad un buco, poi attraversare a dx verso il canale innevato, una volta entrati, con passaggi di misto, si arriva in sosta posta nella grotta. Chiodo universale + friend 3BD; • L2: 40mt, VI, M4+ Salire il diedro fessurato a sx della sosta fino ad un chiodo, breve tratto su neve, rimontare uno strapiombino tecnico che immette nella paretina verticale che si supera tenendo la dx. Con un breve tratto su neve di circa 10 mt si arriva alla sosta. Friend 04 + 075 Totem • L3: 35mt Tratto di collegamento su neve e roccette fino alla ferrata Minonzio, non banale. Da qui seguire la ferrata fino in cima. • Discesa: per il canale dei Camosci. • Note: la via di misto nella parte bassa condivide la linea con una via storica di roccia, la ‘Basili-Ferrari’ del 1933. Durante la salita abbiamo seguito i pas- saggi più logici per la progressione con piccozze e ramponi, senza aver trovato alcun segno di passaggio.

Adriano Selva in apertura su L1 Lorenzo Negri su L3

Uomini&Sport | Novembre 2020 | 45 Da sinistra: Federico Besana, Adriano Selva e Lorenzo Negri. PERCHÉ ‘WIVA LA FORTUNA’? Una volta in cima allo Zuccone Campelli, felici ed entusiasti della nostra riuscita, dopo qualche selfie ci nasce un dubbio che ci porteremo dietro fino al Rifugio Lecco…come chiamiamo la via? Abbiamo poche idee, fin- ché, davanti ad un piatto di tagliatelle, ci si accende una lampadina. WLF, Wiva La Fortuna… forse il nome più azzeccato: siamo partiti con tutt’altra idea, abbiamo deciso all’ultimo di salire questa linea, senza al- cuna certezza! Non sapevamo cosa avremmo trovato e soprattutto se saremmo usciti in cima o meno. Alla fine la Fortuna,(o forse l’occhio di Adriano ad individuare questa linea) è stata dalla nostra parte e ne è uscita una bella linea di misto, tecnica e in ambiente quasi dolomitico!

IMPRESSIONI A CALDO Federico: “Quando Adriano propone una linea nuova, si sa già che sarà una linea interessante e di soddisfazione: diciamo che avevo le mie certezze! Durante l’apertura sono tanti i pensieri, la roccia sarà buona? La neve? Ri- usciremo a uscire? Però alla fine mentre sali pensi solo a scalare al tuo meglio, a goderti i passaggi, ad incastrare le piccozze e i ramponi tra neve, ghiaccio, roccia e zolle di erba ghiacciate. Una volta raggiunta la cima tutti i dubbi e i pensieri svaniscono e sei domi- nato dalla felicità, perché è il momento in cui realizzi cosa abbiamo appena fatto insieme! Il gruppo dei Campelli non delude mai, “Wiva La Fortuna” è la seconda via che apro con Adriano qui, dopo “Cucciolo d’Uomo” sulla Nord del Barbisino. Sono un parco giochi in tutte le stagioni: si può scalare al fresco in estate, in quanto offrono una gran varietà di vie sportive e trad, in inverno sono un “paradiso” per l’arrampicata su misto con un avvicinamento comodo e breve”. Lorenzo: “Quando abbiamo deciso insieme a Federico e Adriano di cam- biare programma e aprire una nuova via ero molto contento perché non avevo mai provato questa esperienza, e quindi per me sarebbe stato tutto Lunedì 20 Gennaio 2020 una novità. Tra una sessione di studio e l’altra apro Facebook e vedo il report di una Quando Adri ci ha indicato la linea che aveva individuato, sembrava davvero nuova via di misto ai Piani di Bobbio, ‘Zero Peones’ aperta da Cristian Can- bella e soprattutto logica: una volta arrivati all’attacco abbiamo preparato il diotto. materiale e siamo partiti. Pertanto decido di scrivere ad Adriano, proponendogli di andare a vedere I primi tiri erano di misto, non banali, tecnici e molto divertenti. Il bello però com’è. Decidiamo per sabato 25, ma mancano ancora ben cinque giorni e è arrivato quando siamo arrivati in cima allo Zuccone Campelli, dopo aver non sappiamo come saranno le condizioni per sabato. recuperato Adri e Fede: ci siamo guardati ed eravamo tutti e tre super gasati per la nuova via appena aperta! Venerdì 24 Gennaio Esperienza fantastica con squadra top! Chiamo Adriano per aggiornamenti relativi a sabato. Le condizioni non I Campelli per me rappresentano le montagne di casa, come d’altra parte sappiamo come si presentano: sono passati cinque giorni e saranno sicu- tutte le montagne del Lecchese, perché sanno sempre regalare emozioni ramente cambiate. Nel dubbio, portiamo materiale per qualsiasi evenien- uniche a Km0!” za, e soprattutto tanto abbigliamento pesante, perché saremo sempre a Nord e le previsioni dànno neve. Federico Besana su L1 Sabato 25 Gennaio In Brianza alle 5 fa molto caldo: non è una buona cosa, ma la voglia è tan- ta e parto carico! Il ritrovo è a Valmadrera alle 6.15. Passiamo a prendere Lorenzo a Lecco, e poi ci dirigiamo verso il parcheggio dei Piani di Bobbio, dove capiamo che l’abbigliamento pesante è stata la scelta giusta. Saliamo ai Piani in funivia e ci dirigiamo verso il Rifugio Lecco. Da qui iniziamo a incamminarci nel vallone dei Camosci. Fuori dal rifugio troviamo una cordata di alpinisti bergamaschi, anche loro diretti al Dente dei Camosci per salire la via ‘Zero Peones’. Noi, ancora incerti sul da farsi, decidiamo di valutare da vicino; quindi, una volta en- trati nel vallone, ci ramponiamo, imbraghiamo e saliamo fin sotto i Pilastri Ovest per avere un’idea più chiara delle condizioni. Qui Adriano ci propone: “andiamo a vedere Zero Peones? facciamo il canale SEM? oppure potremmo salire lì (indicando una linea a sinistra della via Comici-Cassin): è un po’ che l’ho individuata, e secondo me non è male” e poi aggiunge “però non sappiamo cosa troveremo: a occhio saranno 2 tiri, forse 3”. A questo punto la scelta ci è parsa obbligatoria…andiamo a curiosare la linea nuova! E meno male che abbiamo deciso così!

46 | Novembre 2020 | Uomini&Sport ABBIAMO LETTO PER VOI a cura di Renato Frigerio

“ROCK’N’ROLL ON THE WALL – Autobiografia di una leggenda” di Silvo Karo

“Il nome di Silvo Karo suscita nella maggioranza degli alpinisti di tutto il mondo una sorta di timore reverenziale. Come può una persona normale fare cose simili? Dopo più di trent’anni le sue vie più pericolose e impegnative rimangono tutt’oggi irripetute. Questa non è un’autobiografia di un uomo comune: è la storia di un lottatore che ha portato dall’altra parte qualcosa di prezioso”. Dopo queste parole di recensione di un alpinista del prestigio di Paul Pritchard che dalla tremenda disgrazia in montagna ha avuto in cambio la dote di diventare uno straordinario e profondo scrittore, potrebbe sembrare superfluo aggiungere oltre per valorizzare questo volume autobiografico. Ma non si finirebbe mai di parlare della lunghissima carriera alpinistica di Silvo Karo, che prende l’avvio nel lontano 1978, appena sedicenne, e si conclude nel 2017, dopo un cammino intenso e ininterrotto. Nel libro da lui scritto prendono risalto imprese e avventure addirittura sbalorditive, alleggerite dal racconto di aneddoti curiosi e piacevoli, descritti con avvincente semplicità e freschezza. La trasparente sincerità di quanto trasmette non consente di mettere in dubbio che qui ci sia qualcosa di falso o esagerato, anche se spesso le impressionanti vicende che hanno caratterizzato molte 296 pagine – copertina b/n con risvolti – di queste arrampicate e conquiste hanno dell’incredibile. Tutto quello che viene raccontato, con foto b/n e a colori – formato cm. 23x15,5 – Euro 19,90 – Collana “I Rampicanti” – una lucidità che fa avvertire gli episodi come fossero appena accaduti, si riferisce ad imprese che Edizioni Versante Sud hanno colpito ed entusiasmato gli appassionati di ogni generazione, malgrado lui li esponga come la normalità della comune attività di ogni alpinista. Ma intanto riscontriamo che, non appena l’alpinista sloveno percepisce che il suo tipo di alpinismo, nonostante le indubbie soddisfazioni guadagnate nell’affrontare ogni impresa senza guardare al rischio, ai sacrifici e all’immensa fatica, potrebbe trasformarsi in normale routine, riesce sempre a trovare nuovi ambienti, nuove modalità e nuovi stili per esprimere pienamente tutte le sue eccezionali potenzialità. Come racconto autobiografico, il libro ci consente di conoscere Silvo Karo sotto tutti gli aspetti umani, a partire dalla sua origine familiare, di gente povera, legata al duro lavoro della campagna, e di vedere come nasce la sua passione per la montagna, che fin dall’adolescenza prende spunto dal particolare ambiente sociale. Nel libro trovano spazio anche interessanti considerazioni legate al periodo storico e politico del suo paese, e, proseguendo di volta in volta, acute valutazioni critiche delle diverse situazioni territoriali, senza tralasciare quelle che gli premeva addossare agli enti e alle persone che avevano avuto a che fare con l’alpinismo e le sue vicissitudini. È innegabile che il volume si presti ad una lettura interessante e piacevole, ma nello stesso tempo offre opportunità e motivazioni concrete che inducono alla riflessione e alla condivisione.

“OROBIE TRAIL – 52 itinerari di Trail Running dalle Grigne al Lago d’Iseo” di Claudio Regazzoni

Il trail running è un’attività sportiva che, come poche altre e come del resto viene qui presentata dall’autore, oltre che giovare e rinvigorire le doti fisiche, serve ad aprire e ad alimentare lo spirito. Non ci vuol molto a rimanerne convinti, dopo che si abbia presa visione anche solo dalla prima pagina dal volume di Claudio Regazzoni, che ci ha prima tentati con la descrizione di allettanti percorsi, e ci rende poi irrinunciabili le sue proposte spalancandoci fantastiche illustrazioni fotografiche degli incantevoli luoghi che vengono attraversati e degli stupendi panorami che si aprono di continuo alla vista. Pur limitando la spazio previsto tra le “Grigne e il Lago d’Iseo”, l’autore ha composto un circuito formato da 52 itinerari, uno per ogni settimana dell’anno, cosicchè la passione degli atleti non venga privata nemmeno nella stagione invernale della bellezza di un’attività che li appaga sotto ogni aspetto.

452 pagine – copertina a colori con risvolti – fotografie e cartine a colori – formato cm. 21x15 – Euro 33,00 – Collana “Luoghi Verticali” – Edizioni Versante Sud

Uomini&Sport | Novembre 2020 | 47 “I RAGNI DI LECCO – Una storia per immagini” di Serafino Ripamonti

Lo scopriamo amaramente che gli anni scivolano via troppo in fretta e che le generazioni si rincorrono allo stesso modo, lasciandosi così spesso alle spalle anche le esperienze più belle, che rimangono avvolte come in una scia di fumosi ricordi, per finire poi per essere del tutto dimenticate. Ad una di queste storie straordinarie che, pur proseguendo tuttora, corre il rischio di perdere il filo del suo importante passato, ha voluto ridare piena intensità di memoria Serafino Ripamonti, che dei Ragni di Lecco ha completa conoscenza per averne seguito buona parte del loro cammino come giornalista e vivendone poi da quasi un ventennio le stesse vicende come componente del gruppo. Si risale al 1946, quando alcuni alpinisti di spicco della Sezione del CAI di Lecco, particolarmente appassionati ed entusiasti, decidono di dar vita ad un gruppo elitario, che si darà presto la denominazione di “Ragni della Grignetta”. Con questo suo libro, che non è il primo che traccia la storia dei Ragni, l’autore riesce a riattivare 256 pagine – copertina rigida a colori – l’interesse, oltre che a colmare la lacuna per questo ultimo non breve periodo in cui il cammino dei fotografie b/n e a colori – formato cm. 22,5x17 – Euro 24,90 – Ragni è proseguito. Serafino Ripamonti comunque ritiene importante riprendere la loro storia dall’inizio, Edito da Rizzoli/Mondadori Libri SpA – perché l’influenza determinante dei Ragni per l’alpinismo lecchese e non solo, è in grado di offrire Milano una solida forza propulsiva soltanto se viene considerata a partire dalle vicende che hanno originato il gruppo, lanciandolo poi ai vertici dell’alpinismo mondiale con un’attività sbalorditiva, che ha avuto seguito per un lungo periodo. Questo percorso nel libro viene individuato e descritto in forma briosa e accattivante e con meticolosa precisione, in linea con l’impressionante realizzazione di tante e superbe imprese, che non meritano ora di finire irresponsabilmente in una vacua dimenticanza. Saremo forse sorpresi nel leggere che il cammino di un gruppo, pur composto da alpinisti di eccezionale profilo, non sempre è proseguito con un profilo ideale, intervallando momenti di slancio e di esaltazione a periodi in cui si accendevano accalorate discussioni e si arrivava alle note sconvolgenti lacerazioni. Il bello di questa lunga storia narrata per intero sta nell’abilità dell’autore che riesce a farci comprendere come i comuni ideali della passione per la montagna e l’alpinismo possano fare di un insieme di persone un gruppo affiatato, dal quale ognuno riceve più forti stimoli e autostima. È per questa sensazione di orgogliosa appartenenza che i singoli alpinisti si riferiscono e si richiamano al loro gruppo anche quando la loro attività si svolge a livello personale o unitamente ad alpinisti estranei al gruppo. Lo spazio preponderante del libro offre comunque il più vistoso interesse negli avvincenti ed esaurienti racconti delle grandi conquiste dei Ragni, che sono però intessute di qualche inevitabile sconfitta e di dolorosi tragici eventi. Troveremo che, dopo settantaquattro anni, il gruppo “Ragni di Lecco” può guardare fiducioso al suo passato per continuare una gloriosa tradizione che si adegua all’evoluzione dell’alpinismo: e certamente, anche la lettura di questo libro, oltre che soddisfare gli appassionati della montagna, contribuirà ad infondere entusiasmo e impegno ai giovani che praticano l’alpinismo, guardando ai Ragni.

“DOLOMITI SENZA CONFINI – L’alta via ferrata dolomitica che annulla i confini” di Daniel Rogger

Originato da un impegno ideale inteso a valorizzare la montagna come parte di unione tra i vari stati Europei, “Dolomiti senza confini” è il nome con cui si è voluto indicare il percorso dell’alta via ferrata dolomitica che annulla i confini nazionali. Il nome è stato ripreso da Daniel Rogger per realizzare un interessante volumetto in cui descrive in modo tecnico e perfetto sotto il profilo logistico questo che è il più lungo percorso continuo di vie ferrate al mondo. L’autore si è impegnato ad indicare come percorrere l’intero tracciato circolare, nel quale si incontrano 12 vie ferrate e 17 rifugi alpini, superando confini provinciali, nazionali e linguistici. La lunghezza di 125km totali, con 12.000m di dislivello, è stato suddivisa in 9 tappe giornaliere ben definite, seguendo le vie storiche lungo il fronte della prima guerra mondiale: e in effetti il progetto è stato intenzionalmente inaugurato a 100 anni dalla sua fine. Nel volume, cui è annessa a parte una bella carta topografica escursionistica, scala 1:25.000, delle Dolomiti di Sesto, si precisa che le difficoltà impegnative del percorso, dal punto di vista tecnico e 96 pagine – copertina a colori con risvolti – fotografie e cartine a colori – fisico, escludono che possano prendervi parte persone non dotate e inesperte, e nemmeno ferratisti formato cm. 21x15 – Euro 19,50 – principianti. Collana “Luoghi Verticali” – Edizioni Versante Sud Prefazione di

48 | Novembre 2020 | Uomini&Sport “LA VIA DEL TARCI – Tarcisio Fazzini, genio del granito” di Giuseppe “Popi” Miotti

Un libro nuovo e diverso ritorna a farsi notare nell’ambito biografico della letteratura alpinistica, inconsueto per il fatto che il personaggio di cui si parla, scomparso ormai da trent’anni non è mai stato alla ribalta sulle maggiori fonti d’informazione. Più che di personaggio si dovrebbe allora dire di un uomo, un ragazzo che, a differenza di tanti giovani della stessa età, è vissuto con una passione in più rispetto agli abituali interessi. La sua si è distinta come una passione smisurata per l’arrampicata e l’alpinismo, un’attività che lui ha praticato ai più alti livelli della tecnica, dell’intuizione e dell’intelligenza, indispensabili per individuare gli obiettivi di grande prestigio, oltre al modo di superarli, come lui ha fatto con uno stile e una capacità inconfondibile. La sua storia dimostra comunque che anche nel caso dell’alpinismo non basta essere sopra anche più di una spanna rispetto alla compagine di tutti quelli che lo praticano: per farsi notare su larga scala bisogna in certo senso farsi largo senza andare per il sottile, e lui ammirevolmente non lo ha fatto. Di Tarcisio Fazzini si sarebbe rimasti al punto comprensibile di un vago ricordo, anche per coloro che a suo tempo gli erano stati amici affezionati ed entusiasti ammiratori: che però, interpellati 176 pagine – copertina a colori con risvolti – foto a colori e in b/n – dai suoi familiari, hanno generosamente contribuito alla realizzazione del suo percorso biografico. formato cm. 23x15,5 – Euro 19,90 – Autore del libro, pubblicato in occasione del decimo anniversario della morte, è stato un altro grande Collana “I Rampicanti” – e famoso esponente dell’arrampicata, Giuseppe “Popi” Miotti, che di Tarcisio fu amico, ammiratore e Edizioni Versante Sud anche compagno di cordata in una delle sue più straordinarie imprese. A distanza di vent’anni della prima edizione, quasi subito esaurita, i familiari di Tarcisio, d’accordo con lo stesso autore, ripropongono questa nuova ristampa, che risponde certamente all’interesse di tutti coloro che si muovono o guardano al mondo dell’arrampicata. Avvicinandosi a questa avvincente storia, anche prescindendo momentaneamente dal nome del protagonista, di pagina in pagina si resterà sorpresi nel sentirsi coinvolti e partecipi di una passione vissuta senza riserve e senza secondi fini. Alla fine rimarrà però un soffocato rimpianto per l’assurda e precoce scomparsa dalla scena della vita di un giovane “genio” dell’arrampicata, che avremmo voluto conoscere senza dover attendere tutto questo tempo.

“MONTE BIANCO – Tutte le vie su roccia – versante italiano” di Fabrizio Calebasso e Matteo Pasquetto

La biblioteca dell’alpinismo si arricchisce di un importante contributo grazie all’intenso lavoro di due giovani alpinisti, colti e fortemente innamorati entrambi della stessa montagna, che nel Monte Bianco appunto trova la sua massima espressione per come si presenta nell’insieme della sua imponente struttura e per come è diventato nel tempo la fonte inesauribile delle più emozionanti vicende alpinistiche. L’opera presentata ora da Fabrizio Calebasso e Matteo Pasquetto è frutto di un impegno che li ha uniti in una riuscitissima collaborazione, tanto che adesso possono avere la meritata soddisfazione di presentare una valida guida di quasi 450 pagine, nella quale, oltre alla descrizione completa di tutte le vie su roccia e misto del versante italiano, si aggiunge un’incantevole raccolta fotografica su cui è piacevole e rilassante soffermarsi a non finire. Gli autori, che nutrono per questo massiccio un’incredibile passione, arrampicando lì insieme da parecchi anni, ne possono parlare con perfetta cognizione. Inoltre si sono dedicati a questo lavoro con rara acribia e con uno studiato 448 pagine – copertina a colori con risvolti metodo scientifico, così che si è realizzata una guida particolare che facilita notevolmente anche la – fotografie e cartine a colori – consultazione. Pur dichiarando che le loro descrizioni si avvalgono della lettura critica di precedenti formato cm. 21x15 – Euro 37,00 – Collana “Luoghi Verticali” – guide e dei siti internet specializzati, si preoccupano di affermare che l’aspetto essenziale dell’opera Edizioni Versante Sud è basato principalmente sulla loro possibilità di aver esplorato come fatto predisposto un massiccio montuoso che avevano frequentato da sempre. Per questo assicurano i lettori che di tutte le vie descritte, tante sono quelle che hanno loro stessi scalate e che tutti i luoghi di cui si parla nella guida sono stati da loro personalmente visitati. Si comprende che il libro che ne è uscito diventa un affidabile compagno di viaggio di chi si accinge a cercare dove scalare in uno dei posti più spettacolari del mondo, ma che comunque non mancherà di deliziare anche chi semplicemente intende soffermarsi nella contemplazione di indescrivibili immagini delle tante facce di una grandiosa montagna.

Uomini&Sport | Novembre 2020 | 49 EVENTO DI LUGLIO

“Risucchiato verso l’alto” con Maurizio “Manolo” Zanolla

Il Covid non ha interrotto il tradizionale evento di luglio. Un fuoriclasse dell’arrampicata e una virtuosa di fama mondiale del violino hanno reso emozionante la serata del 30 luglio nel piazzale di DF Sport Specialist a Bevera di Sirtori.

di Sara Sottocornola

Ospiti straordinari e grandi emozioni il 30 luglio 2020 da DF Sport Specialist per la 227° serata del ciclo “A tu per tu con i grandi dello Sport”, la prima dopo l’emergenza Covid-19. Nel pieno rispetto delle normative sanitarie vi- genti, il punto vendita di Bevera di Sirtori ha ospitato nel piazzale all’aperto centinaia di persone che hanno potuto incontrare, dal vivo, un atleta leg- gendario come Manolo e Matteo Della Bordella, alpinista e Presidente dei Ragni di Lecco, che nell’introduzione ha presentato il libro “I Ragni di Lec- co. Una storia per immagini” edito nel 2020 e scritto da Serafino Ripamonti. Giuseppe Zamboni, Marketing Manager DF Sport Specialist, ha introdotto la serata, chiedendo un minuto di silenzio per le vittime del Coronavirus e un grande applauso di incoraggiamento e sostegno per tutte le persone impegnate a fronteggiare il virus. ““Ci vuole coraggio. Ecco perché siamo ripartiti. Con noi c’è Manolo, uno che nella vita ha avuto certamente molto coraggio, per questo è lui il protagonista stasera”. Manolo, classe 1958, è un climber d’altri tempi, un autentico artista della roccia, ispirato da un romanticismo che l’ha tenuto sempre lontano dalle competizioni e dai canoni moderni dell’arrampicata sportiva ma capace, ai suoi tempi, di performance senza paragoni. Conosciuto fuori e dentro il mondo dell’alpinismo, è stato il primo italiano a salire una via d’arrampica- ta di difficoltà 8b (Ultimo Movimento in Totoga nelle Pale di San Martino, 1986) e ha portato il free solo fino all’8a con Masala Dosa sulla falesia di San Silvestro nel 1992. “Non so perché io abbia iniziato a scalare evitando chiodi e cercando la qualità – ha raccontato al pubblico –. Ma provo rispetto anche per chi sa- liva piantando i chiodi, perché il fatto che fossero lì mi permetteva di osare di più. Ciò che so per certo è che quella passione mi ha tolto dalla strada, mi ha fatto superare un periodo difficile negli anni del ‘68. Amavo toccare la roccia, lei mi indicava la strada e mi permetteva di scegliere, ho provato per la prima volta interesse a risolvere un problema. La roccia mi dava la libertà da un mondo che mi opprimeva. Il primo passo per stare bene è sognare qualcosa, immaginare la linea. Poi realizzarla. In montagna ci sono tempi diversi dalla vita normale, la montagna mi ha dato capacità di equilibrare le cose”. Maurizio Zanolla, chiamato Manolo, in questa ricerca personale, ha com- piuto salite oltre ogni limite, lontano dai riflettori ma suscitando lo stupore di tutto il mondo alpinistico dal quale comunque si teneva piuttosto a di- stanza. Luca Castaldini, giornalista di Sportweek, che ha condotto l’inter- vista e moderato l’intera serata, ha chiesto a Manolo: “Hai mai cercato la morte, su quelle pareti?”. Immediata la risposta del climber: “No assolu- tamente, sono sempre andato per vivere. Devo ammettere che ho avuto anche molta fortuna. Il percorso che facciamo fa parte di noi, compresi gli sbagli: accumulare errori serve a crescere. La prima volta che ho scalato da primo ho avuto paura, ho avvertito un vuoto enorme sotto di me, mai provato prima. Volevo vincere questa mia battaglia mentale. Ho trasfor- mato il vuoto da terrore a punto di appoggio e ho cercato il mio equilibrio attraverso gli eccessi. La paura del vuoto è anche una forma di rispetto per gli ambienti naturali e mi ha permesso di sopravvivere e fermarmi da-

50 | Novembre 2020 | Uomini&Sport vanti ai pericoli. Gli incidenti, comunque, succedono ovunque e io non do Nell’introduzione alla serata, Giovanna Canton di Solferino ha presentato mai giudizi in questi casi”. il libro “I miei ricordi” di . Un altro grande mito dell’alpinismo, Coraggio nella vita, nella scalata e oggi anche nel nuovo impegno come che non passerà mai di moda perché ha avuto un modo di pensare e scrittore. Manolo ha parlato molto del suo libro “Eravamo immortali”, scalare moderno e sempre un passo avanti. “Ho iniziato a scalare in un scritto di suo pugno con fatica ed emozione. ambiente lontano da queste figure – ha detto Manolo –. Poi ho raggiunto “Quando aprivo le vie, non le progettavo: ero così in armonia da essere le loro tracce e l’ho conosciuto attraverso quelle, non attraverso la sua risucchiato verso l’alto – ha detto Manolo – . Per me è stata un’esperien- fama, rimanendo affascinato. La vedo così: l’arrampicata è una forma di za molto personale. È stato difficile metterla nero su bianco in un libro, ci cultura da donare ad altri”. ho messo mesi, anni. Era quasi una sofferenza rivivere cose già vissute Ora Manolo è lontano dalle solitarie in libera, dalle pareti verticali. “Non mi per me che ho sempre vissuto in avanti. Ma con le parole affioravano le mancano l’alpinismo e l’adrenalina, ci sono cose più importanti – ha detto emozioni, pure, anche se alcuni fatti non li ricordavo più. Questo libro è un –. Non riesco nemmeno più a vedere uno che scala slegato. Un incidente omaggio alla fortuna che ho avuto nella vita, sulle montagne. Ed è un pez- mi ha fatto sentire poco a mio agio sulla roccia e lì ho smesso. Ora mi zo di storia perchè racconto il mondo di allora, un mondo che ricordava piace guardare le montagne e pensare alla vita che c’è alla loro base”. ancora la guerra, in cui la montagna era vista come pericolosa e inutile, in Un pensiero che gli ha permesso di trovare lati positivi anche nel lockdown: cui si scalava con gli scarponi e non ci si allenava mai. Si saliva e basta”. “Per noi che viviamo in montagna, in paesi isolati, è stato quasi bello, e lo dico con il massimo rispetto per le vittime del virus e i loro cari. Ho fatto legna, vissuto il bosco, visto i galli cedroni che non vedevo da vent’anni, rispolverato la cantina, rimesso le prese di arrampicata alle pareti di casa”. La serata del 30 luglio, all’insegna del grande alpinismo, ha avuto l’onore di ospitare nella parte iniziale uno dei personaggi più apprezzati dell’e- poca odierna, Matteo Della Bordella, Presidente del Gruppo Ragni della Grignetta. Della Bordella, ha presentato il volume appena uscito sulla storia del Gruppo. “La storia dei Ragni inizia nel 1946 e le cose da scoprire non finiscono mai – ha detto –. Per esempio che il simbolo è un Ragno a sette zampe perché si pensava portasse fortuna, e che il Gruppo all’inizio si chiamava i “Sempre al verde”: erano dei giovani che unendosi volevano comprare l’at- trezzature per esplorare la Grignetta negli anni ‘40”. Dalla nascita alle spe- dizioni odierne, il libro passa attraverso i decenni svelando curiosità e foto inedite di salite sulle montagne lecchesi e delle spedizioni internazionali che hanno fatto la storia del gruppo, come il McKinley nel 1961, che ha dato visibilità mondiale al gruppo, e parimenti la Ovest del Torre nel 1974, coronamento di molti tentativi sulla celebre montagna della Patagonia. “Il gruppo Ragni è partito ed è sempre ripartito dai giovani e dalla loro voglia di esplorare e fare cose nuove insieme - ha detto Della Bordella -. Anche se cambia lo stile nel tempo, non cambia lo spirito”. Della Bordella, cancellata la spedizione in programma a causa della pan- demia, è reduce da una nuova difficile via, aperta sul Monte Bianco con François Cazzanelli e Francesco Ratti: “Incroyable” sul Pilastro Rosso di Brouillard, aperta a fine giugno. Oltre al racconto della salita, è stato com- movente e intenso il ricordo dedicato a Matteo Bernasconi, “Berna”, con cui ha affrontato tante pareti. “Non è facile parlare della sua scomparsa L’atmosfera irreale, dovuta anche al fatto di essere stata per molti perché ci ha toccato molto da vicino ed è troppo recente. È un amico con la prima uscita pubblica dopo il lockdown, ma soprattutto per l’intervento cui sono cresciuto, è difficile da superare”. di tanti ospiti famosi e sempre sorprendenti, come Manolo e Matteo Della Memorabile, in questa serata, il break musicale d’alta classe offerto al Bordella, e di una eccelsa violinista, Saule Kilaite, la cui figura si stagliava illuminata sullo sfondo scuro della notte, resterà indimenticabile per il pubblico con la violinista Saule Kilaite, performance artist, compositrice pubblico che ha riempito il piazzale di Bevera di Sirtori. e scrittrice di origine lituana. Capace di incantare il pubblico con le note del suo violino e con le parole, ha esordito con la musica del “Gladiatore” paragonando la serata ad una “scalata in musica” e dedicandola “ai gran- di uomini della montagna capaci di affrontare avversità del cielo e della terra. Musica e montagna sono passioni che vanno al di là dell’aspetto sportivo e tecnico e permettono di entrare in contatto profondo con se stessi”. I brani successivi, Palladio, Libertango e Irish reel hanno avuto un crescendo di ritmo che simboleggiava il ritorno alla vita dopo il lockdown. “Festeggiamo la vita, oggi” - ha detto la violinista. Orgoglioso Sergio Longoni, che ha definito “incredibile” la serata estiva, realizzata contro ogni previsione possibile nei mesi precedenti nel rispetto del DPCM, delle ordinanze regionali e delle linee guida per la prevenzione del Covid, per salvaguardare la salute di operatori e pubblico. Longoni si è augurato di poter organizzare altre serate da inizio autunno in avanti, e di poter continuare a donare la simbolica piccozza dorata a tanti ospiti, come ha fatto a fine serata con l’applaudito climber Manolo. Durante la serata, si è realizzata la vendita benefica di t-shirt DF Sport Specialist con devoluzione del ricavato alla Protezione Civile per l’emer- genza Covid-19 e a Suor Rita per i suoi progetti ad Haiti con bambini or- fani e abbandonati. L’evento si è svolto in collaborazione con Peregolibri.

Uomini&Sport | Novembre 2020 | 51 La completa poliedrica collezione di “UOMINI E SPORT”

blocchi9 di diretti10 11IL FASCINO 12LO SPETTACOLO partenza alla vetta DELLA SFIDA NELLO SPORT Inverno alle porte, riparti alla È lo sci alpinismo la meravigliosa ARRAMPICARE: LO SPORT PIÙ FORTI EMOZIONI DI FRONTE grande con la tua stagione sportiva fonte di sensazioni pure e profonde ECCITANTE ALL’ARIA APERTA ALL’ARRAMPICATA SPORTIVA Uomini e Sport 11 | Maggio - numero 2013 | Pubblicazione gratuita Uomini e Sport - numero 10 | Febbraio 2013 | PubblicazioneUomini e Sport gratuita 10 | Febbraio - numero Uomini e Sport 12 | Settembre - numero 2013 | Pubblicazione gratuita Uomini e Sport - Periodico bimestrale - numero 9. Novembre 2012. Pubblicazione gratuita 2012. Novembre Uomini e Sport bimestrale 9. - numero - Periodico

18 17LO SPORT CHE  19SCI ALPINO: SEMPRE HA FATTO  LO SPORT CHE HA FATTO MOLTIPLICARE SOGNARE  E GREMIRE LE PISTE INNEVATE     RITORNA ALLE STELLE IL TIFO   LA FOLLA MULTICOLORE CHE INVADE COMUNQUE I CAMPI CON VINCENZO NIBALI  DI GARA RAPPRESENTA UNO SPETTACOLO MERAVIGLIOSO Uomini e Sport 18 | Maggio - numero 2015 | Pubblicazione gratuita Uomini e Sport 19 | Settembre - numero 2015 | Pubblicazione gratuita Uomini e Sport 17 | Gennaio 2015 Pubblicazione - numero gratuita

28 TUTTO SULLO SKYRUNNING Verso il cielo, di corsa: è un fascino che afferra, a prima vista Uomini e Sport - numero 28 | Ottobre 2018 | Pubblicazione periodica gratuita | Pubblicazione 2018 Uomini e SportOttobre | 28 - numero È possibile sfogliare e scaricare il contenuto dei 32 numeri: www.df-sportspecialist.it/uomini-e-sport/

13SPORT E DIVERTIMENTO l’arrivo della nuova stagione invernale ci offre un piacevole binomio sulla neve Uomini e Sport 2013 | Pubblicazione 13 | Dicembre - numero gratuita

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w 29 32 BASKET, uno sport per atleti con statura di giganti: ma all’estro NEL SEGNO DEL RUGBY e doti sportive vanno aggiunte qualità Uno sport solo in apparenza rude mentali per azioni di singolare rapidità Uomini e Sport - numero 29 | Febbraio 2019 | Pubblicazione periodica gratuita | Pubblicazione 2019 Uomini e SportFebbraio | 29 numero - Uomini e Sportgratuita Pubblicazione periodica | 2020 Maggio | 32 numero - CAUSA COVID, SIAMO IN ATTESA DI POTER I NEGOZI DF SPORT SPECIALIST: PROGRAMMARE LE DATE DEGLI ATTESI BELLINZAGO LOMBARDO (MI) APPUNTAMENTI CON LE NOSTRE SERATE Centro Commerciale La Corte Lombarda Strada Padana Superiore, 154 “A TU PER TU CON I GRANDI DELLO SPORT” Tel. 02-95384192 CREMONA Centro Commerciale Cremona Po Via Castelleone, 108 Anche l’ultima pagina della rivista, con cui normalmente si Tel. 0372-458252 evidenziano le presentazioni sociali di DF Sport Specialist DESENZANO DEL GARDA (BS) Centro Commerciale Le Vele relative all’uscita di “Uomini e Sport” e all’anticipazione delle Via Marconi, angolo Via Bezzecca serate del nuovo anno, è contrassegnata dalle conseguenze del Tel. 030-9911845 Covid-19, di cui ancora non ci siamo liberati. Ci rammarichiamo, GRANCIA / LUGANO (Svizzera) Parco Commerciale Grancia sconsolati che le succitate iniziative abbiano subito un Via Cantonale, Grancia contraccolpo come mai ci saremmo aspettati, e ancor peggio ci Tel. 0041-919944030 sentiamo preoccupati per non poter prevedere come e quando LISSONE (MB) potremo ritornare alle nostre consuete cadenze. Multisala UCI Cinema Via Madre Teresa / Via Valassina Per DF Sport Specialist è stato un dato di fatto che il rapporto Tel. 039-2454390

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