Ricordo di Ferruccio Porri

Pensiero e azione di Parri. 1915-1943 di Guido Quazza

Uno studio sull’evoluzione delle idee di Ferruc­ Il criterio è quello dello sviluppo del suo cio Parri in connessione con la sua opera di pensiero e della sua azione quale nasce e si militante non è stato ancora fatto. È fonda- snoda dall’esperienza quotidiana di uomo a mentale, tuttavia, per la documentazione di­ confronto con altri uomini, prima di fronte e sponibile, il grosso volume di Scritti 1915- dentro la guerra, poi di fronte e dentro l’eredità 1 9 7 5 Ad esso è d’obbligo fare riferimento, e della guerra nel combattentismo, infine di fron­ da esso sono tratte per lo più le citazioni fatte in te e dentro la crisi e la vittoria definitiva del questo studio (di esse non darò la collocazione fascismo nel regime. né i dati filologico-testuali). Mi pare, inoltre, La pianta “uomo” nasce in Piemonte, a Pinero- opportuno ricordare che, per un uomo come lo, allo sbocco delle valli valdesi, e sembra Parri così parco e si può ben dire pudico nei crescere e configurarsi nell’atmosfera di fierezza ricordi autobiografici, poco di più che dagli e di capacità di ribellione e insieme di durata scritti contenuti nel volume ricordato sarà pos­ propria della minoranza religiosa che domina sibile apprendere in futuro. Lettere di amici, la zona, anche se Parri non ne discende. L’“e- come o Ernesto Rossi, testimo­ ducazione familiare” è per un verso discipli­ nianze per altro di troppo posteriori per essere narmente rigorosa, per l’altro affettuosamente compiutamente utilizzabili, non l’archivio pri­ lieta, e prodiga di messaggi etici e culturali. vato, presso che inesistente per gli anni dei quali Disciplinarmente rigorosa, come quella che qui si parla e per altro non copioso. scende per “rami” nati e sviluppati in una stir­ Da queste considerazioni sulle “fonti” è nata pe, originaria del Montefeltrino, allenatasi nel la decisione di tentare un’analisi del pensiero di duro lavoro dei carbonai, e come quella degli Parri dall’interno delle poche cose a lui sicura­ alpini, della quale Parri scrive, a quasi ottanta- mente attribuibili. Da queste si può forse pro­ cinque anni, in pagine stupende sulla “prova” porre una suddivisione della vita di Parri dal di guerra vissuta sul trincerone del Merzli: “Mi 1915 al 1943, collocata nella storia generale, la era dispiaciuto non poter arruolarmi con gli quale individui tre fasi: la prima, dal 1915 al alpini. A Pinerolo, dove io son nato, erano di 1918; la seconda, dal 1919 al 1924; la terza, dal casa. Quando scendevano giù dalla caserma 1924 al 1943. sotto San Maurizio, a ranghi serrati, il rombo

Si tratta del testo della relazione tenuta al convegno su “Ferruccio Parri: sessant’anni di storia italiana”, promosso dalla Sinistra indipendente, dal Senato della Repubblica e dal Movimento Gaetano Salvemini a Roma nei giorni 11 e 12 maggio 1982. 1 F. Parri. Scritti 1915-1975. Milano, Feltrinelli, 1976, edito nella collana dell’Istituto nazionale per la storia del movimento di liberazione in Italia a cura di E. Collotti, G. Rochat, G. Solaro Pelazza e P. Speziale.

“Italia contemporanea”, dicembre 1982, fase. 149 6 Guido Quazza cadenzato degli scarponi chiodati dava l’im­ tristi, terribilmente tristi e solitari. Scherzano, pressione di una forza sicura di sé e disci­ ridono, amano come tutti gli altri. Ma c’è nel plinata”. fondo del loro essere una tragica disperazione, Educazione lieta, dicevo, come il sole che una specie di disperazione cosmica. La vita è con la vista del Monviso invadeva la stanza nei per loro dovere. Fino alla conoscenza di Parri, giorni gelidi dell’inverno, come i cavalli che l’eroe mazziniano mi era parso astratto e retori­ traversavano le vie di Pinerolo per andare al co. Ora me lo vedo steso vicino, con tutto il maneggio. Immagini di forza piena, di un Pie­ dolore del mondo ma anche tutta la morale monte guerriero e montanaro ma fiducioso energia del mondo, incisa sul volto”. nell’avvenire, che gli suggerirà, col santo della Non meraviglia dunque, di là dalla specifica cattedrale natia, il più famoso dei suoi nomi di eccezionalità della persona, trovare già nell’a­ battaglia, Maurizio. dolescente figlio di Fedele gusto per la milizia Educazione, insieme, affettuosamente pro­ delle armi sentita come tempratrice del caratte­ diga di messaggi etici e culturali. Soprattutto re e senso rigido del dovere: un gusto per il del padre, mazziniano, amico del repubblicano “mestiere” di soldato che era anche una passio­ Alberto Mario, e di quell’eccezionale perso­ ne dei fratelli, entrambi combattenti, e il più naggio ch’era stata Jessie White Mario,2 e futu­ anziano, Walter, valoroso generale di carriera ro autore di un’operetta su II pensiero sociale ed oltre che chimico eccezionale.5 Neppure mera­ economico di Mazzini, finita di scrivere a Ge­ viglia la cultura larga e raffinata, con un p e n ­ nova nel giugno 1941 e edita a Torino dall’Im­ epiani spiccatissimo per la storia, storia degli pronta nel 1942. Un padre severo ma anche uomini immersa nella storia dell’economia e amoroso, certamente assai presente nella co­ della società, come nella tesi di laurea discussa struzione d’un uomo la cui stoffa eccezionale di con Pietro Fedele, sulfeconomia piemontese membro della “generazione della morte” Piero nel Sei-Settecento, e coronata dal massimo dei Gobetti coglierà con sicurezza, segnalandolo a voti il 13 novembre 1913 presso la facoltà di Bauer3 e di “eroe mazziniano”, secondo il ri­ Lettere dell’Università di Torino. tratto che Carlo Rosselli ne dà narrando nel Allievo ufficiale in fanteria presso il 90° reg­ 1931 la propria fuga da Lipari4 e che merita qui gimento a Genova dal I gennaio al 31 dicembre ricordare: 1913, sottotenente presso il 42° reggimento dal “Guardo Pani. Come il suo viso fino, palli­ 15 marzo al 15 novembre 1914, viene gettato do, incorniciato da una barba di venti giorni, nel pieno della guerra, in trincea, pochi giorni spira nobiltà. Pani è la mia seconda coscienza, dopo il richiamo, avvenuto il 6 maggio 1915 (e il mio fratello maggiore. Se la prigione non mi starà in divisa fino al 2 giugno 1919). Suo avesse dato altro, la sua malinconica amicizia bagaglio, una viva simpatia per la “Voce” di mi basterebbe. Questi uomini alti e puri sono Prezzolini e per 1’“ Unità” di Salvemini quali

2 Alcune lettere e biglietti dell’uno e dell’altra sono conservati presso l’archivio deH’Insml in fotocopia, e altri, ivi attestano la fede repubblicana di Fedele Parri e rapidi ma interessanti rapporti con Aurelio Saffi. Ringrazio Giorgio Parri di avermeli fatti conoscere. 3 Ce lo attesta Bauer stesso nella testimonianza scritta resa al Convegno su Ferruccio Parri, sessantanni di storia italiana citato sopra. Parri stesso ricorda (in una testimonianza orale resa a Roma il 15 giugno 1973 e ora conservata nell’Archivio nazionale cinematografico della Resistenza, a Torino, Video 25, F. 19, S. 25) di aver conosciuto Gobetti prima attraverso “Energie nuove” e “La rivoluzione liberale” e solo in un secondo momento di persona; di avere avuto divergenze di opinione sui tentativi di evitare lo slittamento a destra del movimento dei combattenti, tentativi che Gobetti non riteneva destinati a successo; di avere criticato la posizione presa da Gobetti con la sua notissima lettera contro Delcroix. 4 Cfr. Carlo Rosselli, Socialismo liberale, a cura di Aldo Garosci, Torino, Einaudi, 1973, pp. 512-513. 5 Ciò risulta da una preziosa testimonianza che Giorgio Parri ebbe la cortesia di darmi, in una conversazione ricca di elementi storicamente interessanti. Pensiero e azione di Parri 7

riviste critiche verso il giolittismo maneggione e combattuti stando “aggrappati alla vetta di uno corruttore, verso il protezionismo considerato di questi aspri monti dell’Isonzo: uno dei capi­ fonte nefasta d’un quotidiano compromesso saldi di questa munitissima barriera” che è mercantile fra potere politico e potere econo­ “permanente minaccia”. mico, verso il socialismo visto come macchina Nazione ben lontana dall’avere la coesione e antiliberale che con l’uso demagogico del collet­ la maturità necessaria: “Se verrà [al fronte] è tivo addormenta il senso di responsabilità del qui che vedrà di che trama sia intessuta la singolo. nostra stoffa nazionale. Trama solidissima al Il primo documento scritto che conosciamo, fondo. Ma quanto lontana dalla finitezza e la lettera a Prezzolini datata 28 settembre 1915, dalla docilità che permettono intelligenti lavo­ è pervaso da un patriottismo di stampo otto­ razioni. Ancor grezza”. centesco non privo di punte nazionalistiche del Intelligenti lavorazioni: illuminismo educa­ Mazzini più “sacerdote”, e preoccupato soprat­ tore, che denuncia sia “l’impreparazione mora­ tutto di reagire alle abdicazioni della borghesia, le con cui l’esercito si è accinto alla guerra”, sia i colpevole, agli occhi del giovane ufficiale- “tanti anni di propaganda socialista”. E dall’al­ professore delle tare degli italiani, che definirà to di quello specifico elitismo della piccola bor­ molti anni dopo “più che cittadini, sudditi oscil­ ghesia intellettuale, che nel Piemonte del pater­ lanti tra il gregge, la fronda, la furbesca evasio­ nalismo sabaudo aveva trovato tanto corrobo­ ne”. La borghesia senza fede. rante quanto antico incentivo, vien naturale al Nella lettera a Prezzolini, tuttavia, si sente giovane ufficiale coraggioso, sempre pronto ad anche — e più di quanto sia stato sin qui affrontare di persona i servizi più pericolosi e rilevato — la passione dell’educatore. Era stato più faticosi (tre medaglie d’argento, promozio­ per breve tempo (fra l’ottobre 1914 e il maggio ni al merito di guerra a capitano e poi a mag­ 1915) insegnante di storia e geografia nella giore, ferite poco meno che mortali e malanni scuola tecnica F. Re di Reggio Emilia, e sembra permanenti)6, dire dei suoi soldati: “Che guerra trasferire direttamente sui “ragazzi in grigio­ possono fare i contadini lombardi, emiliani ecc. verde” al suo comando l’esperienza fatta con dall’anima chiusa grettissima! Cioè senz’ani­ quelle ragazze “malvagie — come scriverà a ma. Gente all’oscuro”. ottantacinque anni con la fine ironia che gli Degli ufficiali asserisce perentoriamente che conoscemmo — che una dopo l’altra, tutte “riflettono l’animo della nostra borghesia. An­ quante, cacciavano le gambe fuori dal banco”, che qui io non mi attendevo tanta forza di facendolo “sudar freddo e cercar di fissare sacrificio. Si son fatti ammazzare al loro posto. sempre lo sguardo sul soffitto”. Eroicamente, se vogliamo. Ma senza fede. La guerra — scrive a Prezzolini — è “guerra Esercito senza fede. Guerra sentita da pochi”. che la storia ha imposto”, e l’atteggiamento La speranza gli viene da ciò che i giovani' verso di essa non può esprimersi se non con un: sapranno fare per la rigenerazione morale, non “Almeno l’onore sarà salvo. Ed è affermata la da un disegno politico. “E forse il suo frutto più nazione di fronte alla storia”. grande — di questa guerra — sarà per la nostra “Guerra di difesa preventiva”, però, giustifi­ vita politica interna: punto fermo, svolta. È cata dalle ragioni della geografia, come gli sug­ un’alba questa? [...] Per chi spera — come me geriscono i quattro mesi “in primissima linea”, — è ancora la prospettiva del lavoro di domani.

6 Nelle carte donate all’Insml in fotocopia da Giorgio Parri c’è un biglietto di Parri nel quale si leggono parole che dimostrano la gravità delle ferite ricevute: “Il mio ultimo pensiero è per mio babbo e per mia mamma. Se devo morire sopportino il dolore della mia perdita con la stessa serenità con cui io muoio...” 8 Guido Quazza

Lavoro di fondazione e di ricostruzione: orga­ Alla scuola con i ragazzi preferisce la scuola nizzazione anzi”. della politica, ma della politica in senso lato, Contro “i ceti dirigenti attuali” solo i giovani non del cabotaggio piccolo o grande dentro e potranno fare quésto lavoro: “siamo i più puri e intorno al “potere”. Porta con sé la conoscenza dobbiamo e vogliamo essere i più forti”, nei degli uomini che aveva guidato al pericolo di “gruppi sorti intorno alle riviste sane; tutti i morte, quelle “plebi contadine” a poco a poco giovani che non si sentono a posto politicamen­ capite nelle loro potenziali capacità, superando te”. Contro i partiti — il liberale che non esiste le posizioni nazional-liberali del ’ 15, conferma­ ed è invece conservatore, il socialista che è te allora anche dal consenso dato al settimanale equivoco e del quale è morta l’idea — il sotto- “L’azione” edito dal 1914 al 1916 a Milano da tenente Parri invoca il “principio liberistico”, due uomini significativamente affiancati, ma “che trascende l’azione politica pura, per forni­ presto destinati a militare in due trincee oppo­ re un centro, uno strumento di giudizio di ogni ste: e Gioacchino Volpe. individuale vita pratica”, e insieme consente Vincitore del concorso per le grandi sedi e l’“accettazione piena della lotta di classe: la destinato, dal 1 ottobre 1920, alla Scuola tecni­ quale rientra nell’intimo del progresso naziona­ ca Maurizio di Roma, chiede l’aspettativa dal I le e ne è fattore”. gennaio 1921 al 30 settembre 1922 per trasferir­ Nazionalismo liberale, dunque, individua­ si a Milano a collaborare al “Corriere della lismo nel quadro dello scontro sociale per un’a­ sera”, e nel capoluogo lombardo si stabilisce zione “riservata ad un’aristocrazia. Non oligar­ definitivamente, insegnando dal I ottobre 1922 chia. Aristocrazia a ruoli aperti che deve stori­ alla Scuola tecnica P. Fusi e dal I ottobre 1923 camente soppiantare la democrazia: o almeno al Parini come ordinario di lettere nel ginnasio la democrazia delle ideologie progressiste”. inferiore. Prima di chiedere nuovamente l’a­ Pensieri antidemocratici, d’un interventismo spettativa nell’ottobre 1924 per dedicarsi to­ assai più prezzoliniano che salveminiano talmente agli impegni giornalistici e politici, ha (“Strano spettacolo quello di Salvemini — sto­ combattuto le principali battaglie interne al rico — che non sente, almeno all’apparenza, combattentismo contro i tentativi dei fascisti e dell’antistoricità della sua piattaforma sociali­ degli opportunisti di impadronirsene. Tra la sta. Ed avremmo tanto bisogno di Salvemini fine del ’20 e l’inizio del ’21 ha infatti collabora­ con noi!”). La scelta è però attenuata da una to al “Popolo romano”, nel 1921 a “Volontà”, linea che parte dalla responsabilità del singolo ed è entrato nel giugno dello stesso anno nel per coinvolgere gli altri nell’opera più propria­ nuovo comitato direttivo dell’Associazione na­ mente politica, una linea che vuole esplicita­ zionale combattenti con Federico Comandini e mente richiamarsi al “concreto” dello storico Camillo Bellieni, svolgendovi un’attività che nato a Moffetta: “Lei mi chiederà il concreto, emerge dal settimanale milanese “Nuova gior­ necessario a questa azione. Ma creda come nata”. Nel gennaio 1922 è diventato redattore zampillerà facile il nostro concretismo una vol­ del giornale di Albertini per la cronaca politica ta accettata e fermata la nostra teoretica”. interna e militare, molto imparando di quelle tecniche che saranno poi utile strumento nel Appena congedato, nel 1919, Parri ottiene, suo agire politico. con l’aiuto di Giovanni Mira, di lavorare come “comandato”, dal 1 ottobre 1919 al 30 settem­ Siamo, dunque, dopo la fase crociana, al­ bre 1920, ai servizi assistenziali e cooperativisti­ l’antifascismo, con qualche progresso reale sul­ ci dell’Opera nazionale combattenti, sezione la via del concretismo solo vagamente auspica­ sociale. to nel 1915 e di una visione politica meno Comincia quella che chiamavo seconda fase. ristretta entro l’“aristocrazia”, più aperta alle Pensiero e azione di Parri 9 altre forze sociali in campo. Il filo che consente sgorgare dalle masse combattenti” è caduta. di unire il quinquennio 1919-24 al 1915 è nel­ Ora — ed è la novità maggiore, pur nel persi­ l’ammissione, quale sfondo d’ogni attività, del­ stente antisocialismo — afferma: “La diagnosi la “lotta di classe”, ancora intesa come una del problema della origine e della costituzione realtà non governabile dalle norme marxiste politica della nazione [...] ci dimostra ancora ma come un’eredità della formazione storica assente dal processo di sviluppo della nostra del paese, un retaggio del solco fra Italia legale e storia la grande classe contadina scarsa ancora’ Italia reale. Gli echi della guida egemonica della di consapevolezza sociale e, quindi, di peso Destra storica persistenti nel suo mazzinismo politico. E quindi di contributo alla nostra sto­ per così dire imperfetto lasciano via via, in ria nazionale: passiva ed inerte di solito, lancia­ questi anni, il campo alle esperienze risorgi­ ta nelle sommosse distruttive nelle ore rosse”. mentali del partito democratico non più soltan­ Non c’è nell’orizzonte di Parri il processo di to mazziniano ma garibaldino. L’interventismo industrializzazione, sono lontane dalla sua pro­ del ’15 muta segno, diventa ora più schietta­ spettiva le masse operaie, certamente anche mente salveminiano. La profonda ambiguità, perché assenti dalla guerra combattuta. Ma insita nell’atteggiamento di una parte della pic­ quelle che aveva chiamato “plebi contadine” cola borghesia intellettuale che aveva accettato sono ora in primo piano: “Intendevamo sem­ la guerra si va liberando in chiarezza: in lui pre più chiaramente la formidabile gravità di come in molti altri. Vicenda personale, dunque, questo vuoto, la formidabile necessità equili­ che è vicenda nazionale, quant’altra mai rap­ bratrice ed integratrice della presenza di questa presentativa d’un cammino non certo rischiara­ classe giovane, ricca di avvenire storico, accan­ to sempre e senza incertezze dall’obiettivo fina­ to alle classi ed ai gruppi privilegiati, unici attivi le, ma anche per questo più viva, più storica­ sinora della nostra storia, sempre più poveri di mente attendibile. Ambiguità, del resto, dello capacità di superamento e di sviluppo”. stesso Risorgimento perché ambiguità d’una “Conosciamo le plebi contadine. Le abbia­ società nella quale anche lo scontro di classe è mo fraternamente tollerate ed amate in trincea. appesantito e confuso dalla grande varietà delle Non ci facciamo illusioni messianiche sulla economie e delle situazioni sociali. “santità” di queste classi; non nutriamo adora­ Fra le prove di questo cercare, da parte di zioni letterarie od esotiche per il ‘contadino’. “uno spaesato inquieto”, come si definirà nel Sappiamo solo che questa è la classe più giova­ bel ricordo del governo 1945, quanto scrive in ne, socialmente più intatta e — nonostante “Volontà”, numero 5-30 aprile 1921. Al centro tutto — meno pregiudicata, specie nel Mezzo­ è ancora la “impostazione nazionale superante giorno.” i limiti e l’angolo visuale delle singole classi “Strumento” contro il protezionismo e il sociali” e resta qualcosa del vecchio naziona­ clientelismo per “quei gruppi di intelligenti che lismo nel “concetto organico dello stato” che intendono portare direttamente nella lotta poli­ egli pone “a base di ogni critica e di ogni tica la loro chiaroveggenza”, finora rimasti iso­ programma”. lati e perciò “fatalmente destituiti di efficacia C’è però un vero passo avanti rispetto all’eli- politica diretta, perché incapaci di azione di tismo, al richiamo insistente all’“aristocrazia”, massa”. quando addebita alla “Lega democratica” di “Noi — dice Parri con fervida convinzione essersi rivolta soltanto a “scarni gruppetti di — possiamo farlo perché non socialisti, perché studiosi”. L’illusione del 1919, simile a quella governati “da una concezione cardinale dello dei garibaldini nel 1860 e anticipatrice di quelle stato”, perché “fuori, per costruzione, da ogni di tanti partigiani nel 1945, che “un vasto mo­ equivoco popolare”. Uno stato è visto come vimento politico a carattere nazionale potesse articolato “nello sviluppo di tutte le autonomie 10 Guido Quazza locali, intese come consapevolezza, afferma­ provvisa voragine sotto le loro illusioni e jat- zione di tutte le forze autonome”. L’autogover­ tanze di beati possidentes”. no di Cattaneo, il futuro autogoverno del Parti­ Parri individua con rigore le tappe e le mosse to d’Azione sono quindi già presenti, seppure della corsa del al riparo, e le prudenze o ancora senza il quadro generale lucido del futu­ paure degli opportunisti legatisi a lui. Egli chie­ ro. Non manca la consapevolezza che “una de, in una pagina stupenda moralmente e stili­ vera coscienza di classe non può procedere da sticamente, che Mussolini se ne vada: “Ingenui­ una azione esterna alla classe stessa: la quale tà chiederglielo: ma sia lecito dirgli che un gesto deve conquistarsela”. Il filo illuministico resiste di questa grandezza morale sarebbe stato in­ tuttavia: dobbiamo tendere a favorire questa sieme principio di riabilitazione. Un gesto — o presa di coscienza, a svegliare e guidare il con­ duce — da uomo di stato responsabile! [...] tadino ad esprimere “le sue forme di organizza­ Vano del resto sperarlo: uomo di stato egli non zione, i suoi uomini” sulla base del risveglio fu mai; egli che non seppe mai dire una parola portato dalla guerra. “È la via più lunga”, che in grande, non seppe mai avere una visione serena parte deve rifare quella “fatta o tentata da po­ della sua patria, una concezione superiore della polari e socialisti”. Combattenti e maestri ele­ sua opera; egli prigioniero, ancora dopo l’ulti­ mentari debbono essere i nostri “propagandi­ ma lezione, della povertà morale del polemista sti”, i nostri “parroci”, e la trama quella di che mentre chiede collaborazione minaccia “organismi rurali che si possano facilmente e l’irreparabile’!” rapidamente trapiantare”. Il professore-educa­ Bella caratterizzazione di Mussolini e del tore è sempre presente: occorre “studiare ed significato del suo dominio, tanto più bella se la essere aiutati a studiare, se si vuole muovere il si confronta con le recenti riabilitazioni oppor­ primo passo su questa via”. tunistiche — dico quasi per incidens. Attraverso l’intreccio di riflessioni e di azioni “Liberate da gravi scorie [...], le opposizioni del quinquennio 1919-1924 matura, e si affer­ si sono fatte interpreti — né potevano sottrarvi- ma con chiarezza dopo l’uccisione di Matteotti, si — di un imperativo di moralità politica che quell’antifascismo che era rimasto immerso nel­ ne ha facilmente unificata, spronata e contenu­ l’onda non sempre limpida del movimento ta la battaglia in questa storica seconda quindi­ combattentistico e aveva dovuto fare i conti cina di giugno; ed è la ragione del loro avvenire, con l’ambiguità di esso dentro quella più vasta della loro forza e sicurezza di vittoria.” ambiguità della società italiana della quale ho Parri denuncia però che “la battaglia contro prima parlato. È la terza fase. Mussolini è stata abbandonata o rinviata” dalle Un segno inequivocabile si trova nell’artico­ opposizioni, anche nel discorso di Albertini, lo programmatico del primo numero de “Il che pur era stato “schiacciante requisitoria di caffè”, datato I luglio 1924, a poche settimane un sistema”. “Contro le illusioni”, esorta Parri: per non dire pochi giorni dal tragico 10 giugno, “Ed ora? Non è lecito attendere facili vittorie. anonimo ma attribuibile a Parri secondo le La disfatta morale di un sistema tarderà a tra­ ricerche di Bianca Ceva. Nell’organo del picco­ dursi in disfatta politica, poiché il capo del lo ma intransigente gruppo capeggiato da Ric­ governo dispone di armi, poiché la sensibilità cardo Bauer, Giovanni Mira, E. M. Marga- del paese é ottusa da lungo abuso di eccitanti e donna, di impronta largamente liberale ma con stupefacenti, poiché la resistenza di quella rete assonanze morali di tipo gobettiano, si legge: di interessi di cui s’intesse il fascismo governan­ “Ci vollero quarantotto ore perché Mussolini e te è, e sarà, disperata”. la sua maggioranza si accorgessero che l’assas­ Dal “lupo” non possiamo attenderci “altro sinio di Matteotti non era semplicemente uno che colpi di forza, o colpi di destrezza” in “una spiacevole incidente, ma spalancava una im­ fase depretisiana della sua dittatura”. Un qua­ Pensiero e azione di Pani 11 dro, come si vede, molto acuto dell’ambiguità propaganda fieramente antimonarchica [...]. generale. È molto vivo il senso di ciò che si deve La gente si chiede: il re? Che fa il re?.” fare, della “via maestra” da seguire: “Non ven­ “La battaglia precipita agli atti decisivi. Noi dano le opposizioni il loro diritto di primogeni­ ti diciamo, o Re, che l’inattività delle opposi­ tura per un piatto di lenticchie: non sciupino la zioni deve cessare, e cesserà. Da esse, che hanno loro forza, che è solo forza morale; una sola via sin qui pessimamente condotto la lotta, verrà al è loro aperta: quella maestra della lotta a fon­ governo una perentoria messa in mora che sarà do, condotta con fermezza, con pazienza, con anche una chiamata in causa della monarchia temperanza: senza contare i nemici e le loro da parte dei legittimi rappresentanti del tuo armi, senza deflettere, senza eccedere”. popolo”. “E allora quella sarà la tua voce, Re “Grave colpa l’intemperanza e l’eccesso” — d’Italia. Non tradire. Non affidare l’onore del insiste, ed è già intera, mentre molti tentenna­ tuo paese ad un giocatore d’azzardo [...]. Noi no, la regola fondamentale della sua futura siamo legalitari: noi vogliamo essere legalitari, azione di antifascista e di capo della Resistenza perché questa catena dei governi di piazza deve armata. essere ad ogni costo troncata [...]. Re, non E al “Signor Re”, atteso a lungo nei mesi tradire lo statuto che hai giurato [...]. Non successivi come miracoloso salvatore, Parri ri­ ridurre gli italiani a sperar salvezza da un colpo volgerà in “Il caffè” una lettera PII gennaio di mano di generali, o da pronunciamenti di 1925, dopo il discorso “fatale” del 3 gennaio, piazza. Non ridurli a disprezzare il tuo Stato e il per inchiodare il sovrano alle sue responsabili­ tuo Statuto.” tà: “In quel giorno tra lui e la Camera, che Cè ancora l’illusione di molti aventiniani, partecipa con te della potestà legislativa, tu Giovanni Amendola in testa, che la monarchia proprio non c’eri: c’era un dittatore che minac­ possa arginare la piena verso il consolidamento ciava quarantotto ore oscure per liquidare non della dittatura. Ma l’antifascismo come sola i suoi avversari ma i suoi accusatori [...]. Que­ forza centrale effettiva da contrapporre ad esso st’uomo ha parlato come un re, al quale la tua è fuori d’ogni incertezza. L’ambiguità, anche maestà non serve che come espediente polemi­ quella di classe, è vinta. Parri, e con lui non co. Io, Re, al tuo posto l’avrei licenziato come pochi fra gli interventisti di dieci anni prima, si un servo petulante.” avvia verso una più ampia consapevolezza po­ “O Re questa è l’ora nella quale la solidità litica. Siamo alle soglie del Parri non più della tua dinastia e della tua tradizione è chia­ nazional-liberale ma liberal-socialista. mata a prova decisiva.” Colpito a morte il Non diversi sono gli accenti della sua parte­ potere legislativo, umiliata la magistratura, “il cipazione alla redazione del settimanale dei potere esecutivo è tutto: anzi ormai è tutto combattenti lombardi “La patria”, uscito dal I l’arbitrio senza legge della oligarchia centrale e novembre 1924 al 31 maggio 1925. Non diverso di quelle locali, che sfogano ora nelle perquisi­ è il significato della richiesta al suo preside di zioni e nei sequestri anche le loro vendette esser posto in aspettativa come insegnante il 5 personali”. novembre 1924, richiesta che gli costerà la cac­ Parri è giunto ormai al riconoscimento poli­ ciata dal servizio il 26 ottobre 1925. Non diver­ tico di fondo dell’importanza delle masse: so l’abbandono del “”, nella “L’unità morale del paese è sempre più profon­ cui redazione gli Albertini l’avevano lasciato, damente ferita: le masse proletarie si alienano prova di grande fiducia, per assicurare un pas­ sempre più dalla nazione che le comprime, le saggio alla nuova gestione che non fosse, come vessa e spoglia i suoi istituti. Questa propagan­ si rivelò, di rapida fascistizzazione. da di sedizione che vien dall’alto, di bolscevi­ Sono i costi della “lotta a fondo”. Subito se smo di stato è veramente insensata; ed è anche ne ha la prova. 12 Guido Quazza

Dopo essersi prodigato a distribuire il “Non dei beni morali devastati, della nazione lacera­ mollare”, a prender contatti con Gobetti, a ta. Il regime li può colpire, perseguitare, disper­ fornire notizie aH’“Economist” e alla “London dere, ma non potrà mai avere ragione della loro General Press”, dopo aver collaborato con opposizione, perché non si può estirpare un Bauer e Ernesto Rossi a scrivere l’opuscolo istinto morale. Consapevoli custodi, essi sanno Casi d ’Italia, dopo varie corrispondenze segrete che alla loro coscienza è affidata, per le speran­ per il parigino “Corriere degli italiani” diretto ze dell’avvenire, la tradizione del passato. da Donati, Parri partecipa all’organizzazione “Questa tradizione è nella aspirazione, pe­ degli espatri clandestini. E in quest’opera, di renne della nostra storia migliore, alla libertà e ritorno dall’impresa che porta da Savona in alla giustizia, ragione ideale del nostro Risor­ Corsica, nella notte del 12 dicembre 1926, Fi­ gimento, ragione domani ancora della nostra lippo Turati, egli viene arrestato con Carlo storia nella storia del mondo”. Rosselli presso Marina di Massa il 14 dicem­ Parri afferma con piena franchezza che la bre, rinchiuso nel castello Malaspina, poi a sua partecipazione all’impresa è “volontaria e Savona, e processato. La condanna, dopo la meditata” e che trae le sue ragioni “da moventi concessione della libertà provvisoria il 9 aprile strettamente politici”: è la stessa “ragione poli­ 1927, è lieve (dieci mesi di arresto, con sentenza tica” di cui parla l’altro accusato, Carlo Rossel­ del 14 settembre 1927), ma gli è inflitto il confi­ li, nella lettera al giudice che Aldo Garosci no, trascorso a Ustica e poi a Lipari dal gennaio attribuisce all’agosto 19277. Parri ricorda d’“a- 1928 al gennaio 1930, dopo un mese di Ustica ver servito in pace ed in guerra lo stato italiano fra la liberazione provvisoria e la condanna. Il con fedeltà ed abnegazione”, di non aver “mai peso è aggravato dal fatto d’avere un figlio in seguito movimenti di estrema”, d’esser “rima­ tenera età (Giorgio era nato il 30 giugno 1926), sto sempre estraneo ai partiti”. Un tasto di ma Parri subito si impone come un oppositore grande significato, che Carlo Rosselli riprende strenuo. Senza iattanza e tuttavia impavido nel per parte sua nell’interrogatorio al processo, rigore. dicendo: “E mi ritengo onorato di essermi as­ Non è forse inopportuno, sebbene siano sociato in ciò ad un uomo come Parri, un molto conosciute, rileggere alcune righe della uomo che ha avuto in guerra ed in pace il sua celebre lettera al giudice istruttore datata 18 meraviglioso contegno che ha avuto”8. febbraio 1927: “Contro il fascismo non ho che Un tasto che viene utilizzato per battere i una ragione di avversione: ma quest’ultima pe­ fascisti sul loro stesso terreno, di esaltazione rentoria e irriducibile, perché è avversione mo­ della guerra, come ricorda lo stesso Carlo Ros­ rale: è, meglio, integrale negazione del clima selli9: “forse i distintivi delle medaglie, che ‘noi’ fascista. Né sono solo: il mio antifascismo non è abbiamo pregato Parri di portare, hanno fatto fermentazione di solitaria acidità. Le mie idee il miracolo” di far tacere d’incanto il brigadiere sono di altri mille giovani, generosi combattenti che li minaccia durante il trasporto al confino; ieri, nemici oggi del traffico di benemerenze e “quei distintivi che Parri chiama ‘chincaglierie’ del baccanale di retorica che contrassegnano e hanno già fatto abbassare gli occhi ai fascisti, colorano l’ora fascista [...]. Ad essi il fascismo sul piroscafo”. Certo, un tasto che il “reo” Parri deve, e dovrà, rendere strettamente conto delle tocca per poter esprimere con maggiore incisi­ lacrime e dell’odio di cui gronda la sua storia, vità la predizione e l’auspicio del militante

7 Cfr. C. Rosselli, Socialismo liberale, cit., p. 49!. K Ivi, p. 493. g hi, p. 513. Pensiero e azione di Parri 13 inflessibile: “Perché questa buia parentesi di 1929 dal confino di Lipari ai genitori nella cattività sia chiusa e espiata occorre che respe­ quale Parri rifiuta di firmare la domanda di rimento fascista, percorso tutto l’arco del suo grazia: “Ma voi ed essi [“gli amici carissimi” di sviluppo secondo la logica del suo impulso e del cui aveva parlato prima10] dovete intendere che suo peso, abbia maturato nella coscienza del decisioni come queste appaiono di lieve mo­ popolo tutti i suoi frutti amari e salutari, resti­ mento solo a chi le consideri con una disinvol­ tuendogli ansiosa sete di beni perduti, ferma tura morale, cui sono per costituzione negato; volontà di riconquista e ferma volontà di dife­ che decisioni come queste involgono lo stile di sa. Secondo Risorgimento di popolo — non un uomo, il suo modo di vivere, la sua ragione più di avanguardie — che solo potrà riallaccia­ anzi di vivere, di fronte alla quale affetti ed re il passato all’awenire. È in noi la certezza che amicizie devono per necessità rimanere al se­ libertà e giustizia, idee inintelligibili e mute solo condo piano”. in tempi di supina servitù, ma non periture e Subito dopo, una nota di umanità familiare, non corruttibili perché radicate nel più intimo un chiarimento bonario, da figlio: “Io non sono spirito dell’uomo, che questi due primi valori inciampato per caso nelle mie disavventure po­ civili debbano immutabilmente sostanziare litiche. Avendo agito sempre per chiarissima ogni sforzo di ascensione, di liberazione di clas­ consapevolezza, devo adattarmi in santa pace si e di popolo” [...]. alle conseguenze dei miei atti”. “Io non potevo non sentire che l’esempio del La medesima fermezza si trova nelle proteste Risorgimento ed il dovere del 1915 erano anco­ contro le pesanti limitazioni del soggiorno a ra il dovere di oggi. Ho sentito anche, come in Lipari e contro le procedure per l’assegnazione guerra, che ai più consapevoli spetta inelutta­ ad altri cinque anni di confino11. bilmente l’onore dell’esempio”. Con tutta evidenza, Parri sente un maggior È già tutto lo spirito di Giustizia e libertà, peso non soltanto per le difficoltà e la respon­ tutta la concezione della Resistenza come Se­ sabilità della sua piccola famiglia, ma anche condo Risorgimento, che collega il primo all’in­ perché a Lipari si consuma una parte e un tervento nella grande guerra, alla lotta antifa­ modo del sodalizio con gli amici militanti anti­ scista del ventennio, alla presa delle armi per fascisti. Nello stesso tempo nel quale maturano vincere “con le proprie forze” e “l’onore dell’e­ in lui, nei lunghi conversari con Carlo Rosselli, sempio” il nemico implacabile della giustizia e , Ermanno Bartellini e tanti altri della libertà. compagni di confino, le nuove prospettive della La fermezza del rifiuto trova conferma in lotta da combattere, avvicinandolo a quella altri documenti, come la lettera del 21 gennaio revisione del socialismo che porterà il nome di

10 Si tratta dei colleghi (le firme sono circa cinquanta) del corso di Stato maggiore frequentato sotto la guida del generale Angelo Modena diventato intanto comandante del Corpo d’armata di Verona, i quali definiscono Parri “uno dei migliori loro compagni d’armi e di corpo”. In seguito a questo documento si comunica da parte del ministero dell’Interno al generale Modena che “qualora il prof. Parri presentasse domanda di clemenza, sarebbe presa in esame e sottoposta alla determinazione di S.E. il capo del Governo” (da un appunto senza data nelle carte datemi da Giorgio Parri. ora in archivio institi). È segno interessante dell’uso dei meriti di guer a anche una lettera del ministro degli Esteri Dino Grandi al capo della polizia, datata 19 giugno 1931, alla quale peraltro si risponde con un: “Così stando le cose, il Parri non appare meritevole di un ulteriore atto di clemenza" (ivi). Sintomatico dell’opinione di un Parri “ben noto e famoso confinato politico” e “pericoloso individuo [...] capo riconosciuto di tutti questi loschi figuri” di confinati è la lettera di Nicolò Nicchiarelli, del Reparto autonomo di Lipari della Milizia volontaria per la sicurezza nazionale e futuro generale della Guardia nazionale repubblicana nella Repubblica sociale italiana (ivi). 11 Vedi i due ricorsi al ministero dell’Interno datati 21 agosto 1929 e 21 aprile 1931 (nellecarte citate ma già pubblicate in F. Parri, Scrii» 1915-1975, cit.). 11 prefetto di Milano in lettera del 2maggio 1929 al ministro deH’lnterno, indica come ragioni per rifiutare la liberazione dal confino la pervicacia di Parri a coltivare “la viva in lui fede nelle sue idee e negli uomini che di tali idee ne erano gli esponenti” (nelle copie di carte donate da Giorgio Parri, in Archivio Insml). 14 Guido Quazza

Carlo Rosselli, le scelte specifiche degli stru­ golare condotta morale e politica”14, ma nell’e­ menti di azione divergono. Il 27 luglio 1929 state 1940 gli verrà negata la carta di turismo Carlo Rosselli, Lussu e Fausto Nitti fuggono alpino: “Sebbene in questi ultimi anni non ab­ da Lipari per andare fuori d’Italia. L’emigra­ bia dato luogo a rilievi, egli continua a mante­ zione dal paese non attrae invece Parri, così ner fede ai suoi principi”. Si dà parere (e il come non lo attrarrà la decisione di altri com­ Ministero decide) che sia meglio rifiutare il pagni di attaccare il fascismo con attentati di­ rilascio, “ritenendosi che il predetto si rechi mostrativi. La sua via è quella di lavorare in nelle zone di confine per riprendere contatto patria, e di lavorare serbando intatta la coscien­ con i suoi ex compagni fuoriusciti, dai quali za, in attesa di tempi migliori. Non sappiamo potrebbe avere incarichi da assolvere nel quasi nulla sulle motivazioni di queste scelte12. Regno” 15. Ma non ci è difficile pensare che per un autenti­ Non risultano a tutt’oggi testimonianze scrit­ co militante come lui la preferenza per l’inazio­ te del suo pensiero politico, perché ciò che è ne dovette essere non senza intime crisi, non possibile leggere di lui (ma i più degli scritti senza dubbi e rimorsi. sono anonimi anche per ragioni redazionali) D’altra parte, la polizia fascista non lo lascia riguarda le materie di cui ora, per motivi di tranquillo neppure dopo che viene liberato bilancio familiare, si occupa. Sulla scia di tra­ “condizionalmente” con atto di clemenza di duzioni fatte già negli anni precedenti, si dà a Mussolini alla fine del gennaio 1930. Già il 30 studi di economia, collaborando dal 1932 al ottobre dello stesso anno viene arrestato per 1936 (con lo pseudonimo di “uno qualunque”) correità col gruppo Bauer - Rossi - Ceva con sotto lo stimolo e l’aiuto dell’amico “statistico” l’imputazione di “delitto contro i poteri dello Giorgio Mortara, al “Giornale degli economisti Stato e di complicità nel tentativo di riorganiz­ e rivista di statistica” e in modo anonimo all’o­ zare il movimento massonico e il movimento pera, diretta anch’essa, come il giornale, dal Giustizia e libertà”13. Prosciolto in istruttoria Mortara, sul cinquantenario della Edison. Re­ dal Tribunale speciale il 6 marzo 1931, viene il censisce molti libri francesi e inglesi su paesi 30 marzo dalla Commissione provinciale di extraeuropei o europei un poco esterni ai pro­ Roma assegnato nuovamente al confino per­ blemi italiani e opere di storia economica: si ché “pertinace avversario del regime”. Vano il conoscono, pubblicati nel 1932-33, tre saggi più suo ricorso; di nuovo assegnato a Lipari, poi ampi su Turchia d’oggi, Problemi ed incognite trasferito a Vallo della Lucania nella seconda del Giappone moderno, Un nuovo trattato di metà d’aprile 1932, sarà liberato soltanto il 20 politica economica internazionale, e una rasse­ dicembre di quest’anno con decreto del 5 no­ gna di studi storici nella quale egli segnala il vembre emanato nel quadro dell’amnistia per il Carlo Pisacane nel Risorgimento italiano di decennale. , uscito nel 1932, a cui per altro Il decennio successivo è un poco più tran­ dedica nella “Nuova rivista storica” (fase. I-II quillo, anche se egli non cessa di mantenere, sia del gennaio-aprile 1933) una più ampia e impe­ pure con prudenza, i contatti con gli avversari gnativa analisi. del regime. Secondo il prefetto di Milano il Questo è, allo stato attuale della documenta­ “prof. Parri”, “socialista schedato”, “serba re­ zione nota, il solo testo dal quale si può desu­

12 Cè soltanto una testimonianza di Bianca Ceva: cfr. F. Parri, Scrini 1915/1975. cit., p. 21. " Cfr. nelle carte più volte citate, in Archivio Insml. » Ivi. 15 Ivi. Pensiero e azione di Parri 15 mere qualche informazione sul procedere del che dette alla sua vita e alla sua morte lo stigma suo pensiero politico. Ed è perciò da leggere un unitario di un magnifico stile, lo stigma di una poco più attentamente di quanto non sia stato splendente divisa, ‘noblesse oblige’, finisca per fin qui fatto. render gratuito ogni altro calcolo e pro­ Nelle pagine su Pisacane non troviamo sol­ spettiva”. tanto — ed è già moltissimo — una straordina­ Del resto, Parri è se stesso anche quando ria capacità di ritrarre il personaggio storico coglie le contraddizioni dell’“eroe di Sapri” nella sua interezza, nella psicologia e non solo come chiave profonda della sua fecondità nel nelle idee e nelle azioni, ed anche nelle circo­ processo storico italiano: “A parte la penombra stanze (“il Caso e la Fortuna sommi artefici di che oscura ancora qualche punto della vita del storia”, dirà poco avanti). Vi troviamo l’ammi- Pisacane, e qualche lato dei suoi atteggiamenti, razione — dato di grande significato — “per un sono queste antinomie — ben sottolineate dal uomo di tanto spicco, per un carattere di tanta Rosselli — ed i processi di elaborazione interio­ forza, per una sorte così tragica”. Subitole re che esse presuppongono a colpire di più la congiuntamente — non è di minore importan­ riflessione del lettore: curioso cervello, curioso za — la considerazione approfondita “per un carattere di nazional-socialismo-libertario, per­ pensiero che ha un posto ben singolare nel vaso sin nell’intime fibre di un senso profondo e patrimonio di idee e di motivi ideali della nostra vigoroso di libertà che non gli impedisce di storia recente”. Se l’ammirazione per il perso­ concludere con rigide postulazioni di comu­ naggio poteva essere ricondotta al tipo d’uomo nismo autoritario e spregiudicato, le quali sono che Parri si era da tanto tempo assunto come — sembra a me in qualche dissenso da Rosselli modello, la considerazione di un pensiero che — più che fredde e formali e provvisorie acqui­ faceva di Pisacane il primo socialista di stampo sizioni ideologiche se riflettono anch’esse uno vicino al marxista segnava fortemente il cam­ dei lati distintivi del suo temperamento; ag­ mino percorso dal Parri antisocialista della let­ giungete in dissonanza una vivace tendenzialità tera a Prezzolini, pur nelle riserve in parte all’autonomismo autarchico delle coscienze e mantenute. degli istituti; aggiungete a quel romanticismo L’uomo Pisacane gli appare colto da Rossel­ generoso che fu fondamentale lievito dello spi­ li con “una sicura capacità di penetrazione psi­ rito migliore di quella generazione una esigenza cologica”, ma vorrebbe fosse in qualche punto vigile, sino alla pedanteria talora, di concretez­ rilevato “ancor più vivacemente un tal tempe­ za di chiarezza e di ordine anche formale; ed ramento, orgoglioso suscettivo autoritario accostate infine ad una inesausta forza spiritua­ chiuso volontario, passionale e positivo insie­ le splendente di disinteresse, ad un istinto — ed me, impulsivo e ponderato, romantico e geli­ a un tal esempio — di volontarismo creativo la do”. E qui vediamo alcuni aggettivi che Parri più secca e lineare filosofia materialista e de­ stesso attribuirà — e altri gli potranno attribui­ terminista. Ed una nota in fondo che domina re — a se stesso. Altrettanto chiaro è il senso su tutto: sete di certezza e di assoluto”. che, su questo piano umano Parri dà alla spedi­ Non possono restare molti dubbi, dopo la zione di Sapri vista quale conclusione del lettura di questo ritratto. Parri si sente per molti cammino della persona, dissentendo dal giudi­ versi vicino a Pisacane, e non a caso insiste sugli zio di Rosselli quando questi rimpiange “che elementi nazionale e libertario come indissolu­ egli col suo sacrificio inconsciamente oscurasse bili dal socialismo. Non c’è, per uno storico di il senso prezioso delle sue intuizioni e delle sue razza quale è Parri, nessun tentativo di acca­ profezie”. parrarsi il personaggio, di ricondurlo a quel “A me pare — scrive invece Parri — che socialismo liberale nel quale ormai crede; c’è il quella elementare forza generosa dell’animo bisogno autentico di capire le ragioni del nesso 16 Guido Quazza istituito da Pisacane fra libertà e socialismo, fra sia tale la resistenza [a Roma] da preparare la volontarismo idealistico e determinismo mate­ riscossa, sia tale la prova di consapevolezza rialistico, cioè di capire u n o dei nodi, il nodo rivoluzionaria da meritare i futuri destini”. centrale col quale egli si sta misurando per Sembra di sentirvi il bisogno dell’entusiasta conto proprio e, in un colloquio che séguita da combattente della grande guerra e del deluso lontano, col grande compagno di confino, il militante del dopo di trovare esempi che con­ fratello di Nello. È un discorso su una rivista fortino sull’avvenire, come nelle dichiarazioni storica letta da pochi, ma un discorso che vuole della lettera al giudice di Savona. E gli piace, esser rivolto anche ad altri, i più impegnati nella evidentemente perché gli ricorda il confino di “lotta a fondo” contro il fascismo, com’egli Lipari, il quadro tracciato da Nello Rosselli di l’aveva definita in “D caffè”. In una biografia “quella particolare psicologia di esuli, sì che che Parri considera non disgiungibile mai dal quella vita di grandezza e di miseria, di discus­ quadro complessivo, ma “un brano vivo, un sioni sterminate e di carteggi febbrili, dove il elemento necessario della storia d’Italia”, la cospirare e il litigare sono ragioni di vita, dove simpatia per l’uomo diventa esigenza di cono­ la capacità di illusioni è inesauribile, quel mon­ scere meglio “il suo ambiente familiare e socia­ do di grandi sogni e di fame gli riesce sempre le” prima e dopo l’aggressione subita e la cele­ dipinto al vivo”. bre fuga del ’47 con Enrichetta, dove il grande Mentre chiede “se non fosse stato possibile amore di singoli si deve congiungere con la — poiché i documenti tacciono — dall’analisi visione delle reazioni collettive, locali ed euro­ degli scritti risalire alla determinazione più par­ pee (l’inseguimento delle polizie di vari Stati e ticolare delle influenze” e capire meglio l’in ­ lo scandalo pubblico): “La violenta ribellione fluenza attribuibile a Marx ed in particolare al di quella donna, moglie e madre, contro la sua suo Manifesto”, Parri tocca con vigore elo­ casa e la sua vita non può non può sorprendere. quente, che sembra anticipare profeticamente Quanto v’è di angustia e falsità soffocante di la Resistenza, il dilemma fra rivoluzione sociale ambiente? e quanto in entrambi di esaltata e rivoluzione nazionale: “Come conciliare il ostinazione?” dilemma?” si chiede. “No: — si risponde — un Non meno acuta e squisita, anche se da buon dilemma così cardinale non può, non deve esse­ cavaliere antiquo non ancora sfiorato dalla re conciliato, deve essere superato mediante un prospettiva femminista, l’annotazione che farà ferreo rapporto di necessità reciproca”. Questo sul breve excursus di Enrichetta, lasciata per rapporto — Parri non ha dubbi, come del resto anni sola a Genova, con Enrico Cosenz, amico Nello Rosselli — sta nel fatto che il gran Qua­ anche di Carlo e a Carlo da lei stessa comunica­ rantotto è finito in sconfitta per [’“assenza delle to con sincerità amorosa: “Povera Enrichetta: masse, non cercate o tenute lontane dagli in fondo, forse una donna senza casa. Le nostre egoismi, dalle paure di classe, anche inconsape­ donne, si sa, sono come le lumache: soffrono voli, dei gruppi dirigenti, dalla loro miopia sto­ troppo senza un loro tiepido guscio”. rica e politica”. “La rivoluzione italiana è pos­ Accanto all’amore, il punto della passione di sibile solo con la massa” — ripete Parri con Pisacane per le vicende militari: anche qui una Pisacane e la nettezza è maggiore che negli sottolineatura che ricorda la partecipazione di articoli di “Volontà”. E le masse possono m uo­ Parri al disegno di Vittorio Veneto: “Questo dei versi solo per “una nuova giustizia economica e piani strategici, che redigerà per la guerra pie­ sociale: cioè rivoluzione politica e sociale. Ecco montese del 1849, a Roma, e dovunque potrà, è la più grande verità, ecco la nuova parola un suo evidente chiodo professionale”. d’ordine”. Ancora: dopo le sconfitte del ’48 e del ’49, lo Ancora: se si deve ammettere che la mentali­ sforzo di ricominciare: “Se è certa la sconfitta, tà di Pisacane è “scarsa forse di quel senso di Pensiero e azione di Parri 17

relatività, di quel senso o istinto dei rapporti e E, in contrappunto, il grande quesito storico delle proporzioni che è il sale nel cervello dello e insieme politico-psicologico del dilemma tra storico”, è fin troppo vero — torna qui un leit l’ottimismo del Pisacane degli scritti preparato­ motiv del dirigente dei movimenti combattenti­ ri della spedizione e i “neri pessimismi” dei stici — che la borghesia ha gravi limiti di con­ Saggi. Non “c’è bisogno di conciliare ad ogni sapevolezza “dei problemi fondamentali della costo: disperare e sperare possono essere due società e della economia italiana”. E il riferi­ momenti dello stesso spirito; inoltre è proprio mento al presente si fa subito esplicito: “Certo della gente d’azione uno speciale ottimismo in grave il danno, e grave la tara: ne avemmo quello che fanno e vogliono fare che li rende recente eperienza. Che dire? Si può forse osser­ meno sensibili a dubbi riserve e scrupoli; né in vare che esce dalla storia rimproverare una quel suo carattere a linea spezzata mancava, nazione od una classe di non aver dato il vino secondo me, il segmento della ingenuità. Ed che non aveva. Contentiamoci di constatare anche egli — di nuovo la nota autobiografica che la faciloneria della classe politica italiana è emerge — partecipa di queirimpenitente otti­ evidentemente di antiche radici. Ed aggiun­ mismo quasi professionale degli emigrati esilia­ giamo, se mai, che qui si vedono i lati negativi ti rifugiati di ogni tempo e clima, che è come della tradizionale educazione letteraria e curiale una istintiva reazione umorale difensiva dello della borghesia italiana. spirito”. Infine, il monito a quel se stesso che Quasi a precisare meglio il proprio pensiero sarà il capo di tanti uomini impegnati nella attuale, Parri aggiunge che ad ogni buon conto lotta armata e poi nel governo dell’intero paese: al Pisacane ideologo si affianca il Pisacane “Poi che si deve agire egli non ha più dubbi, o “concretistico”, e cita il proclama “riformista” non li mostra”. lanciato ai napoletani, la lucida coscienza che La conclusione è, per quanto consentono di occorra “prevenire e rompere il gioco di Ca­ dire pubblicamente i tempi, non soltanto signi­ vour, e sventare un possibile pasticcio muratti- ficativamente esplicita, ma anche sufficiente- sta” a Napoli, che l’“agire e puntare a Sud”, mente esplicativa dell’evoluzione di Parri, in “idea fissa di Pisacane”, troverà la sua clamo­ quella che ho definito “terza fase” del periodo rosa riprova nel trionfo della spedizione dei 1925-1943. Mille di Garibaldi. Anche dopo la vittoria dei piemontesi, dellp Tutto il finale del dramma di Sapri, che è il “forza” sabauda, del realista Cavour — è evi­ finale della recensione al libro di Rosselli, sem­ dente la proiezione sul dopo 1861 e sull’oggi — bra un indiretto appello alla fiducia nella forza “continuava ad aver ragione colui che aveva della passione di lotta e di sacrificio. detto che fatta l’Italia restavan da fare gli italia­ Il crescendo febbrile dell’opera “di pochi ni: semplice ed incontrastabile verità di senso uomini ardenti e decisi: che affilano le armi per comune, e pregna di senso del reale. Senso della la catastrofe che li attende nell’ombra” si lega a coscienza letteraria che i ceti borghesi avevano un toccante “Dietro essi l’angoscie, il funesto della nazione; senso della coscienza retorica e presentire di qualche donna”. Ancora una vol­ labilissima che essi avevano della libertà elargi­ ta, politico e personale, oggi si direbbe, sono fra ta e non conquistata; senso della scarsa consi­ essi congiunti dal Parri qui storico ma nel cuore stenza di classe di questa semiamorfa borghe­ ancora uomo d’azione. L’ammirazione ritorna sia, povera di coesione sociale e civile; senso senza celare le punte più incontrollabili del vero della sua coscienza larvale dello stato, del suo e proprio entusiasmo: “Pisacane grandeggia nuovo stato liberale che li aveva piuttostoché magnifico: magnifico di volontà lucida e con­ cittadini sudditi incuriosi, oscillanti spesso tra la sapevole; il suo carteggio con Napoli è un su­ ereditaria docilità del gregge che attende il pa­ perbo attestato di volontà creatrice”. drone, la fronda verbale e la furbesca evasione 18 Guido Quazza quotidiana; senso infine dell’assenza — massi­ Volontarismo risorgimentale, impegno fino ma tara ed incombente pericolo — delle classi al rischio della morte del combattente nella popolari nel quadro della nazione e dello stato grande guerra, attenzione alle angustie dei dei signori”. gruppi dirigenti borghesi e poi, in misura via via Fin qui sono le idee scritte in “Volontà” e in crescente, alle capacità insite nelle masse con­ “D caffè” che ritornano con più sintetica e al tadine, nazionalismo mazziniano e senso dell’a­ tempo stesso incisiva chiarezza: ma aggiunge: ristocrazia morale, profonda fede nel concorre­ “E senso anche della efficacia salutare che a re libero dei singoli attraverso l’assunzione delle risvegliare orientare articolare questa massa ge­ loro responsabilità individuali: i tratti che per­ latinosa avrebbe potuto esercitare l’azione di­ corrono il pensiero di Parri dal 1915 al 1943 rettrice delle élites e dei conduttori”. E qui è sono lo specifico particolare dei tratti che con riconfermato, come filo rosso di un’intera vita, mescolanze e percentuali diverse segnano una l’illuminismo dei giellisti, del futuro Partito parte cospicua della piccola borghesia intellet­ d’Azione. Coerenza, dunque, e innovazione. tuale e di quella operosa nelle professioni e negli Con la scorta di queste idee Parri lavora con impieghi. È un percorso nella sua complessiva grande intensità, dal dicembre 1934, nell’ufficio rappresentatività esemplare — e ancor più studi della Edison col compito di seguire le esemplare se si guarda al dopo, alla Resistenza, vicende dell’economia intemazionale e dal 1 al governo del 1945, alla battaglia per la legge luglio 1937 come capo della sezione economica truffa, all’inclinare verso i socialisti e poi verso il di quell’ufficio. Poco si sa sui suoi contatti con più vasto mondo dell’intera sinistra vecchia e gli antifascisti all’interno, sulle vere ragioni del­ nuova. Il “transito” d’una forza sociale decisiva l’arresto il 30 maggio 1942 con denuncia “per per le sorti del paese attraverso l’ampliamento disfattismo” e la carcerazione fino al novembre, progressivo del rapporto fra società e stato quando (in data 24 del mese) è “assolto per non dall’oligarchia dominante alle grandi masse, aver commesso il fatto” con sentenza del Tri­ quale l’ultimo Gobetti aveva auspicato e pre­ bunale speciale.16 E ancor molto da conoscere è conizzato: dal “terzo stato” di Cavour al “po­ sulle forme e il grado della sua partecipazione al polo” di Mazzini con l’avanzata delle classi gruppo dei fondatori del Partito d’Azione. Ciò operaie e contadine di Marx. che è certo, ma esula da questo studio, è che Un secolo e più di vita italiana in un confron­ l’estate cruciale del 1943 lo vede già tutto im­ to sempre più ampio e complessivo fra passato merso in quello sforzo di ricominciare di cui e presente, fra tradizione ed innovazione, nel aveva scritto parlando di Pisacane, uno sforzo quale — a differenza che in Gramsci — cam­ per il quale, al convegno di Firenze del Partito peggia non l’iniziativa dei contadini e degli ope­ d’Azione il 5 settembre 1943, prevederà l’esi­ rai, ma la creatività dei borghesi che hanno genza di passare dalla lotta politica di pochi alla fede, come aveva scritto il giovane Parri nel lotta armata di massa, una lotta dal “decorso 1915.1 borghesi che, a differenza o contro i loro lungo e aspro”. compagni di classe che occupavano i posti

16 Ivi, in lettera del prefetto di Milano al ministro deirinterno. Direzione generale pubblica sicurezza. Servizio Schedario. 2 gennaio 1943, comunicazione alla quale è aggiunto: “Ha ripreso dimora in Via Buonarroti 40 ed è stata ripristinata nei suoi confronti la vigilanza. Dal 1934 al 1942 si susseguono regolarmente le comunicazioni da Milano a Roma con un “Nulla da segnalare”. Notizie sul processo, il cui capo d’accusa riguardava la traduzione e diffusione (con una breve prefazione antifascista) per mezzo di ciclostile del libro Afts.s!'one/i7//;7fl dell’ex ambasciatore inglese a Berlino Henderson, si trovano in “Lettera ai compagni", febbraio 1982, n. 2, p. 22. Si tratta d’un resoconto del giornalista Riccardo Aragno, presente all’udienza finale, e pubblicato in “Italia libera” il 6 e 7 agosto 1945. Parri era stato accusato d’aver partecipato a due riunioni serali a casa di Annarosa Cerritano e di sua madre Elsa Finzi, tenute da un gruppo di giovani (fra i quali Guido Bersellini, Luciano Bolis, Gilberto Rossa e Peter Tumiati) per fondare un “movimento liberale studentesco”. Pensiero e azione di Parri 19 principali di potere, di prestigio, di ricchezza, classi. Parri fra il 1915 e il 1943 incarna quasi erano partiti dalla provincia per andare a com­ sempre con incisivo rigore logico e profonda battere con Garibaldi, avevano creduto nella passione sentimentale, in un connubio raro di grande guerra come l’ultima delle guerre, come esprit de géométrie e di esprit de finesse, quel la guerra alla guerra, come massima scuola di travaglio che sfocerà nel congiungersi della par­ sacrificio e di responsabilità, come suprema te più generosa dei “ceti medi” con ampi strati scuola del carattere, avevano capito che la le­ contadini e operai nella lotta armata del zione della guerra non stava tuttavia nel sacrifi­ 1943-45. cio e nella responsabilità in quanto tali, ma nel porli al servizio di un’opera di guida delle altre Guido Quazza