PROGETTO DI DOTTORATO DI CRISTINA FELICI

PROCESSI DI TRASFORMAZIONE DELL’INSEDIAMENTO RURALE TRA V E VIII SECOLO D.C. NELLA PROVINCIA SENESE. UN ESEMPIO DI SINERGIA FRA RICERCA ARCHEOLOGICA E FONTI DOCUMENTARIE.

Abstract Il periodo storico della ricerca comprende i secoli dal V all’VIII d.C. Notoriamente si tratta di una fase di scarsa conoscenza sia delle fonti archeologiche sia di quelle documentarie. L’area di indagine individuata è stata scelta proprio per la presenza di una serie di documenti che vanno dal VII fino al XIII secolo, relativi alla contesa fra la diocesi di e quella di Arezzo per il possesso di alcuni edifici religiosi. Il conflitto e conseguentemente la menzione topografica, ha permesso che si tramandasse uno spaccato del panorama altomedievale di un’area che va dal Chianti Senese alla bassa Val’d’Orcia. Immagine alla quale in parte vanno sommate le informazioni ricavabili dai documenti delle prime fasi del monastero di S. Salvatore al Monte Amiata. L’approccio archeologico che proponiamo mira alla sperimentazione di una strategia multimetodologica: aereofotointerpretazione di riprese verticali, ricognizioni aeree, ricognizioni di superficie, geofisica, scavo. Questo percorso, interamente gestito con la tecnologia GIS, deve essere inteso come un circuito che si autolegittima. Tutti i siti con potenziali di conoscenza delle prime fasi altomedievali desunti dalle fonti, saranno sottoposti allo studio delle foto aeree disponibili (voli: GAI 1952-54; EIRA 1975-76; AIMA 1996) e delle foto scattate durante le campagne di aerial survey 2000-2002. In seguito a questo primo approccio conoscitivo prevediamo di scegliere alcuni siti-pilota sui quali applicare in sequenza le metodologie di ricerca previste, fino alla chiusura del percorso e alla raccolta di una serie di dati convalidati. Nel dettaglio si praticheranno indagini archeologiche di superficie e successivamente una serie di indagini geofisiche seguite da verifiche stratigrafiche mirate. Parallelamente continueremo a sottoporre i siti a ricognizioni aeree in differenti condizioni, per raccogliere il maggior numero di dati sulla visibilità di eventuali tracce anomale. Il riscontro tra lo spettro delle anomalie individuate dagli strumenti geofisici e dalle ricognizioni aeree e la stratigrafia sottostante, permetterà di creare una griglia applicabile agli altri siti di interesse potenziale, rispondendo contemporaneamente ad esigenze di rigore metodologico nell’utilizzo del telerilevamento in archeologia. Crediamo che sia necessario gettare le basi per un affinamento del processo di integrazione di più fonti per poter considerare efficace la metodologia di ricerca archeologica non distruttiva. In brevissima sintesi il progetto tende alla comprensione dell’insediamento altomedievale, tramite l’integrazione di più metodi archeologici, sulla base di una selezione di siti proveniente dalle fonti documentarie.

INTRODUZIONE Le dinamiche insediative che hanno definito il periodo di passaggio tra la fine del IV e l’inizio dell’VIII secolo d.C. rappresentano i temi di ricerca in esame. La zona centro meridionale della provincia di Siena offre su questo argomento interessanti spunti di analisi. L'ambito territoriale specifico è compreso tra il Chianti, la Valdichiana senese e la Val d'Orcia fino alle pendici settentrionali del Monte Amiata. L’idea base del progetto consiste nell'interazione fra ricerca archeologica e fonte scritta. Più dettagliatamente si propone una ricerca archeologica negli spazi indicati nella documentazione altomedievale. I documenti considerati riguardano le vertenze iniziate a metà del VII secolo d.C. per il possesso di alcuni edifici religiosi posti sulla linea di confine tra le diocesi di Siena e di Arezzo, rimasti sostanzialmente indefiniti per oltre sei secoli; e le carte altomedievali dell’Archivio dell’Abbazia di S. Salvatore al Monte Amiata (Siena).

1 Nella storia dello studio delle chiese rurali l’interesse per quelle oggetto della secolare inquisitio, riveste come in passato un ruolo considerevole1. Il carattere innovativo di questa ricerca è il differente punto di vista con il quale si intedono utilizzare i documenti. Alla lista di edifici religiosi assegniamo un valore aggiunto, servendosene come guida per indirizzare una serie di indagini archeologiche. La ricerca si basa su metodologie combinate di avvicinamento progressivo all’oggetto di indagine: - Il primo passo è lo studio delle foto aeree, parallelamente alla consultazione delle foto oblique; - Successivamente si propone una ricognizione archeologica sistematica nelle aree circostanti (da 1 a 3 km2) i siti di interesse; - In seguito è previsto l’utilizzo di metodi geofisici (Magnetometria e Geoelettrica), nei siti che presentino le caratteristiche necessarie. - Scelta di almeno quattro siti in cui praticare piccoli saggi stratigrafici in corrispondenza delle anomalie documentate sia da foto aerea sia tramite indagini geofisiche; - Scelta di almeno un sito dove praticare un’indagine stratigrafica approfondita. Questa approccio ci sembra assecondi un’esigenza di cambiamento metodologico nello studio delle chiese rurali, espressa anche recentemente2. La mancanza, tra gli archeologi, di tentativi di contestualizzazione delle chiese nel background insediativo nel quale sorgono, è stata manifestata in occasione del più recente incontro sull’argomento. Si è nuovamente rimarcata l’importanza rivestita a tutt’oggi dai luoghi di culto per lo studio dell’altomedioevo3.

1 - IL TEMA DELLA RICERCA La ricerca ha avuto come stimolo iniziale le ricognizioni archeologiche di una parte della Val d'Orcia4. Ciò ha richiesto la conoscenza dei documenti della disputa tra i vescovi di Siena e Arezzo. Da essi si delinea una mappa di luoghi di culto di età longobarda (a partire dal 715 d.C.)5. Questa documentazione è uno dei più preziosi strumenti dell’epoca6. L'area di studio si è autogenerata, plasmando la sua forma sulle zone interessate dall’inquisitio. Ne è risultato uno spazio molto vasto, ai cui limiti si trovano all'estremo sud, a est e a nord7 (fig. 1).

1 Le riflessioni generali sulle chiese rurali, pievi e parrocchie negli ultimi vent’anni si è concentrato maggiormente sul basso medioevo, probabilmente potendo contare su un consistente supporto documentario. Due bilanci storiografici in tal senso sono stati formulati nel 1981: PIEVI E PARROCCHIE, 1984 e successivamente nel 1995: PARROCCHIA NEL MEDIO EVO, 1995. In merito alla situazione dei documenti toscani e nello specifico quelli dell’area in esame, a più riprese studiosi di vari ambiti vi si sono imbattuti. Per lo più si sono rivolti alla vastissima mole di informazioni sulla vita religiosa del tempo e in generale sugli orientamenti più propriamente pastorali: LA RONCIÈRE, 1983; PELLEGRINI, 1994. p. 602. La documentazione della disputa è stata utilizzata anche come base per la definizione dei limiti dell’antico territorio senese: LUSINI, 1900. Mentre un primo tentativo di localizzazione spaziale degli edifici sacri è stato tentato nel precoce lavoro della Fasoli: FASOLI, 1958. Speciale attenzione al breve del 715 è stata offerta da Violante nel 1982, anche se l’attenzione è rivolta alle pievi e alla loro evoluzione subita nel tempo in rapporto con le variabili economiche, sociali e civili: VIOLANTE, 1982, p. 966. Più attento alle indicazioni sul popolamento si è dimostrato Settia: SETTIA, 1982. Infine Tabacco ha utilizzato la documentazione in questione dal punto di vista dei ceti aristocratici di stirpe longobarda, inquadrando il lavoro sul loro radicamento nel tessuto insediativo rurale e sul loro ruolo di sostegno sociale delle strutture plebane: TABACCO, 1973. 2“Veri progressi nell’analisi degli ordinamenti ecclesiastici delle campagne dell’Italia longobarda, almeno per quanto riguarda il tema del loro nesso con il popolamento rurale, ci sembra possano venire piuttosto (…) solo grazie all’elaborazione del dato archeologico, per quanto esso è in grado di documentare ”, AZZARA, 2001, p. 10. 3 BROGIOLO, 2001, pp. 199, 203. 4 Ci riferiamo al comune di che è stato interessato da ricerche archeologiche di superficie dal 1996 al 2001, condotte nell’ambito del progetto Carta Archeologica della Provincia di Siena: FELICI, 2002, c.s. 5 In realtà i primi documenti in merito alla questione risalgono al 650 circa, ma le liste più complete partono dagli anni 714, 715; PASQUI, 1899; SCHIAPPARELLI, 1929. 6Il documento del 715 d.C. dove si trova la lista di edifici sacri è pubblicato da PASQUI,1899, n. 5, pp. 9-17; e SCHIAPPARELLI, 1929, n. 19, pp. 61-77. Quasi esclusivamente su tale documento si basa il lavoro di Violante del 1982 rimarcandone la rarità in un panorama di generale penuria documentaria, VIOLANTE, 1982. Fondamentale il breve inquisitionis anche per l’analisi di Castagnetti sull’argomento, CASTAGNETTI, 1982, pp. 29-43. 2 Fig. 1- Indicazione dell’area interessata dalla ricerca. Sono indicati i limiti dei comuni attuali.

Nonostante oggi la validità delle carte altomedievali sia accettata da tutti gli studiosi8, in passato ne è stata prospettata l’inattendibilità. Lusini all’inizio del secolo non nega che:“…del falso sia passato di trattato in trattato…”9; senza arrivare alle lontanissime e drastiche posizioni del Benvoglienti10. Le indicazioni ricavabili dai documenti sarebbero fondamentali anche con eventuali dubbi sull’autenticità, per almeno due ragioni. La prima è che se i redattori di eventuali falsi hanno citato in giudizio proprio quegli edifici religiosi è perché nella memoria comune essi si differenziano dagli altri, forse proprio per un’antichità presunta. La seconda ragione si lega all’importanza del possesso di quella linea di confine che può aver stimolato i redattori di eventuali falsi a scegliere quei luoghi perché posti in zone strategiche. Si tratterebbe in ambedue i casi di una lista di luoghi importanti, frutto di più o meno antiche selezioni, in grado di stimolare uno studio puntuale, isolando un tematismo di ricerca in un territorio ampio come la provincia senese. Per la zona valdorciana è stata presa in considerazione anche un'altra fonte storica: la documentazione dell’Archivio dell’Abbazia di S. Salvatore al Monte Amiata11. Gli incartamenti si

7 Si tratta dei comprensori attualmente rispondenti a dodici amministrazioni comunali: Gaiole in Chianti, , , , , , Torrita di Siena, San Giovanni d’Asso, Pienza, Montepulciano, San Quirico d’Orcia, Montalcino. Questa fascia di territorio d’ora in poi per comodità di lettura e comprensione viene chiamata convenzionalmente AREA 1. 8 Citiamo alcuni nomi tra i più recenti: Tabacco, Castagnetti, Violante e Settia. 9 Anche se le sue obiezioni sono relative alla fase carolingia, a certi incartamenti di conferma a nome di Carlo Magno che egli sospetta di fabbricazione posteriore, LUSINI, 1900, pp 419-420. Pone altresì il sospetto su una testimonianza di un convegno dei vescovi di Arezzo, Volterra e Castel di Felicità presso la pieve di S. Marcellino, al quale non partecipò il vescovo di Siena nonostante l’intimazione di richiamo. Anche su questo atto viene prospettata la possibilità di un “ritocco” a favore della parte aretina. Su tali obiezioni è impossibile non collegare un’accentuata visione filosenese. 10 Che nega l’autenticità di tutti i documenti della disputa BENVOGLIENTI, Ricerche sopra il vescovado e diocesi di Siena, Biblioteca Comunale, Cod. C. III. 14, f. 17. 11 In merito al monastero di San Salvatore al Monte Amiata: KURZE-PREZZOLINI, 1988. ASCHERI-KURZE, 1989. Il primo documento dove compare il monastero di S. Salvatore risale al 762; KURZE, 1989 (A), p. 39. 3 riferiscono alla vasta proprietà abbaziale, i cui limiti nel momento di massima espansione toccano verso nord il triangolo: Montepulciano-Torrita-Pienza, a sud lambiscono il lago di Bolsena fino a Bagnoregio e a sudest raggiungono Tuscania, Tarquinia e Montalto di Castro12. Il monastero amiatino verso ovest ha avuto minori possibilità di espansione, andando a scontrarsi con i beni di Sant’Antimo13. Questi documenti trasmettono lo spettro dell’insediamento rurale altomedievale senza mediazioni, cioè il filtro della pieve come indicatore di popolazione (fig. 2).

Fig. 2- Le località ancora esistenti citate tra i possedimenti amiatini nell’area settentrionale.

Dalla sovrapposizione delle due basi documentarie14 risulta uno spazio in cui la rappresentazione altomedievale assume delle valenze uniche15 (fig. 3). Le ricerche archeologiche che hanno interessato ininterrottamente il territorio provinciale a partire dal 199016, hanno toccato in alcuni casi, come premesso, le aree di interesse di questo lavoro ( AREA 1 e AREA 2). Ciò ha consentito di poter contare su una cospicua base di dati archeologici di superficie delle fasi immediatamente precedenti e successive al momento di passaggio17.

12 KURZE, 1988, p. 3. 13 KURZE, 1990, p. 14. 14 Cioè dell’Archivio di S. Salvatore e degli incartamenti più antichi della disputa tra le due diocesi confinanti. 15 Da un lato le attestazioni di tipo essenzialmente ecclesiastico della disputa, dall’altro quelle dei vici, casali e curtes delle pergamene amiatine. Questa zona nel resto dell’intervento verrà indicata convenzionalmente come AREA 2. 16 Nell’ambito del Progetto Carta Archeologica della Provincia di Siena, che fino ad ora ha permesso la ricerca di superficie interessasse 23 dei 36 comuni della provincia. 17 In nessuno dei territori fino ad ora indagati e posti nelle aree 1 e 2 sono stati raccolti dati di superficie relativi alla fase altomedievale: nel territorio di Pienza, FELICI, 2002, c.s.; nella zona del Chianti senese, VALENTI, 1995; nella Val d’Elsa, VALENTI, 1999; nel del territorio di , NARDINI, 2002; nell’area comunale di , CAMPANA, 2001. Per il momento neppure nei territori ancora in corso di studio come Montalcino (in questo caso in realtà tracce altomedievali sono state riconosciute in località S. Pietro ad Asso, in un’area verosimilmente interpretabile come il sito del monastero altomedievale di S. Pietro ad Axo, che tra l’altro è uno dei luoghi di culto citati dai nostri documenti e disputato tra Siena e Arezzo), attualmente in corso di studio da parte del dott. Stefano Campana; nei territori di San Giovanni d’Asso e San Quirico d’Orcia (in studio da parte della scrivente). Si tratta di una tendenza molto diffusa che 4 Vediamo in dettaglio quali sono i dati utili emersi dalla ricognizione di superficie nel territorio dal quale è doveroso iniziare: quello di Pienza.

Fig. 3 – Spazio di sovrapposizione delle due basi documentarie.

La struttura dell’organizzazione insediativa si basa su case sparse, intervallate da complessi di dimensioni e articolazione maggiori a carattere spiccatamente produttivo18. Tutte le ville e fattorie di epoca imperiale presentano tracce di frequentazioni tardo antiche, interpretate come rioccupazioni parziali delle strutture in abbandono o comunque in forte crisi19 intorno al III sec.d.C. Questi riusi appaiono conformi ad un trend verificatosi sistematicamente anche in altri ambiti territoriali20.

fino ad ora è stata spiegata con il fenomeno della lunga frequentazione della maggior parte dei siti altomedievali, per tutte le fasi successive fino ad oggi, VALENTI, 1999, pp. 49-53. La regolarità con la quale si presenta questo vuoto conoscitivo è un importante stimolo a continuare su questo filone di ricerca, sperando di poter aprire finalmente un minimo di spiraglio su un periodo difficile da leggere. 18 La presenza di residenze rurali di grandi dimensioni e con caratteristiche produttive che non si possono inquadrare con certezza tra le ville per la mancanza di elementi spiccatamente decorativi, trova confronti anche in altri ambiti italiani. Ne è un esempio l’edificio che rimane in vita fino alla metà del VI secolo d.C. scavato nel comasco a Ponte Lambro. BROGIOLO, 1997, p. 73. 19 Da ricognizione non è facile percepire bene il limite tra abbandono e forte riduzione insediativa. In una fase come la tarda romanità, dove ancora le ceramiche non sono facilmente isolabili e mancano fossili guida sicuri, in assenza di ceramiche d’importazione che purtroppo in molti casi non sono presenti, può essere possibile interpretare come abbandono una fase in realtà di forte flessione. 20 Per esempio nel Chianti senese, dove è testimoniata la rioccupazione di ville tardo imperiali, da parte di singoli nuclei familiari, VALENTI, 1995, pp. 400-401. Rioccupazioni sono state riconosciute nelle ville e fattorie individuate in indagini di superficie svolte nel comune di Murlo, CAMPANA, 2001 e Montalcino, indagine ancora in corso. 5 La caratteristica più spiccata è l'assoluta aderenza delle evidenze tardo repubblicane-primo imperiali con le tracce di frequentazioni tardo antiche21. Quest’ultima riflessione ha progressivamente amplificato un'idea che con il tempo è maturata e ha preso forma. Cioè la relazione intercorrente tra i complessi di epoca romana (ville, fattorie e nuclei tipo villaggio) con continuità di vita nelle fasi tardo antiche e i siti (in particolare le pievi, oggetti della maggior parte delle fonti a nostra disposizione) altomedievali attestati nei documenti22. Abbiamo scelto di indagare il legame che sembra sia stato perseguito dagli stanziamenti delle popolazioni germaniche con i siti gerarchicamente dominanti della fase precedente23. Di questa linea guida per comprendere il rapporto tra chiesa e insediamento è stata indicata l’importanza, per l’Italia settentrionale, durante l’ultimo seminario di studi sul tardo antico e l’altomedioevo24. In Toscana fino ad ora i casi di studio si sono concentrati soprattutto nell’area nord occidentale25. Le pievi sono messe in relazione con edifici residenziali e produttivi di carattere privato. Si ipotizza che il nuovo ruolo delle pievi si sostituisca progressivamente a quello svolto dai complessi sopravvissuti alla crisi della media età imperiale, affacciandosi rinvigoriti alla Tarda Antichità, perni della “gestione” del territorio26. Questa premessa non intende riportare l’attenzione sull’antico problema della continuità o discontinuità e soprattutto della continuità pagus-pieve che ha già vissuto in passato un momento di dibattito, sul quale merita accennare brevemente.

1.1 - Storia degli studi La teoria sulla continuità tra pagus e pieve rurale è stata seguita soprattutto alla fine del secolo scorso27. Un certo filone di studi ha visto dietro ad ogni pieve altomedievale un’origine romana o preromana; ma la non applicabilità sistematica di questo principio è sentita presto28. Intorno agli anni ’60 si comincia a far notare la coesistenza di casistiche differenti29 e proprio alla fine di questo decennio la teoria pagus-pieve viene definitivamente rifiutata30. Lo studio delle pievi rurali è continuato negli anni, registrando ciclicamente delle punte di interesse31. Fino a giungere all’ultimo

21 Questo tipo di relazione assume un risalto enorme se pensiamo che confronti affini sono stati recentemente pubblicati in Spagna per il territorio di Tarraco. E’ stata messa in evidenza la continuità di vita nonostante le trasformazioni delle ville romane suburbane. In particolare quella di Els Munts ha permesso di leggere chiaramente la sequenza cronologica dall’epoca imperiale fino all’VIII. Nel 1997 sono emerse nella parte residenziale della villa circa 170 sepolture comprese tra la metà del IV secolo d.C. e il VII. ARNAU, 2001, p. 63. 22 In alcuni casi sono localizzabili nelle loro immediate vicinanze, se non addirittura sovrapposte. Questa casistica è stata individuata anche a Tarraco (Spagna) nella villa di En Paretdelgada, dove la costruzione di una chiesa su una villa precedente, ha fatto intravedere il mutamento avvenuto in epoca tardo antica di una parte della villa romana in spazio di culto. La difficoltà genericamente sentita anche nel caso iberico di capire i passaggi legati al primo Altomedioevo, per la manacanza anche di testi documentari, ci induce ad insistere sulla strada che iniziamo a percorrere. Per la situazione di Tarrcao: ARNAU, 2001, pp. 63-64. 23 La tendenza a perseguire il controllo di queste strutture di epoca romana è stata osservata da Brogiolo per la regione insubrica. BROGIOLO, 1997, p. 73. 24 BROGIOLO, 2001, p. 201. 25 Precisamente la media e alta provincia di Pisa, dove sono presenti casi di pievi attestate in fasi precoci, come la Pieve di Triano nel comune di Lari, il caso della Pieve Vecchia di Casale Marittimo, CIAMPOLTRINI, 1995. 26 CIAMPOLTRINI, 1995, p. 558. 27 IMBART DE LA TOUR, 1900. 28 BOGNETTI, 1926-27, FORCHIELLI, 1931. 29 In Gallia si registra una preponderanza delle chiese stabilite sui vici. Mentre in Belgio si ha maggiore continuità con le ville, LEMARIGNIER, 1966. 30 SIRONI, 1964-65, CAVANNA, 1967, TOUBERT, 1973. 31 In generale tra l’inizio degli anni ’80 e i ’90, l’attenzione su questo argomento è rimasta accesa. CASTAGNETTI, 1982. SETTIA, 1980, 1983, 1983 (A); VIOLANTE, 1981, 1982. Il nome di Brogiolo si è legato in Italia allo studio delle pievi rurali e all’insediamento per tutti gli anni ’80. 6 seminario sul tardo antico e l’altomedioevo, che sembra aver rilanciato con forza l’interesse verso le pievi e le parrocchie rurali32. Questi anni di studio hanno fatto notare che le chiese tardoromane o altomedievali spesso sono costruite su ville romane, come è stato dimostrato in molte zone dell’Italia settentrionale33; esemplificativi i casi di Palazzo Pignano34 e di Pieve di Manerba a sud del Garda35. Proprio il comprensorio gardesano è stato oggetto di uno studio attento sul rapporto tra pieve rurale e insediamento36. Tra i più recenti esponenti di spicco della questione, oltre a Brogiolo ci sono certamente Violante37, Settia,38 e Castagnetti39.

1.2 - Caso della Provincia di Siena Le diciannove pievi contese sono fondate e appartengono all’Episcopio aretino, ma sono inserite in epoca longobarda nella iudiciaria di Siena, questo è il motivo del perdurare della lite40 (fig. 4). La questione si è protratta dal VII al XIII secolo41. La bibliografia prodotta su questo caso è ampia e molteplice42. Una prima bozza di elenco di pievi contese è stata prodotta nel 71443. In questo documento i baptisteria sono quindici, più due monasteri44. All’anno successivo risale un documento più completo, si tratta dell’esame dei testimoni, fatto dal messo regio Gunteram, nella questione vertente tra Luperziano vescovo aretino e Adeodato vescovo senese45. E’ il giudicato e decreto dei vescovi di Fiesole, Firenze, Pisa e Lucca, redatto il 5

32 BROGIOLO, 2001. E’ previsto già il IX° seminario dal titolo: Le chiese rurali tra V e VI secolo in Italia settentrionale e regioni limitrofe, Garlate, parrocchiale di S. Stefano 26-28 settembre 2002. 33 Anche se si tratta di una tendenza generalizzabile ad ogni parte dell’Impero, BROGIOLO, 1984 (A). 34 Su una villa romana ricostruita nel tardo antico, si impianta una chiesa paleocristiana, sulla quale sorge la pieve di S. Martino nell’Altomedioevo, BROGIOLO, 1982. 35 La pieve di S. Maria di Manerba (in Val Tenesi, a sud/ovest del Garda), sorge su un’area di pertinenza di un’antica villa romana, affacciata sulla costa del lago. In asse con la villa, nella tarda antichità sorge l’oratorio di S. Siro. L’insediamento tardo antico e quello altomedievale, si trovano leggermente più a nord della chiesa romanica attuale (di inzio XI secolo). Sotto la chiesa lo scavo stratigrafico ha messo in luce edifici lignei con materiali di IV-V sec. d.C. e due edifici di VII secolo, BROGIOLO, 1982. 36 La nascita degli oratori cristiani sul luogo delle ville tardo antiche e intorno a insediamenti minori, che continuano presso ville abbandonate, mostra una continuità di insediamento dalla romanità all’Altomedievo, nonostante l’avvento del cristianesimo. Tale modello insediativo crollerà solo con l’incastellamento feudale, BROGIOLO, 1982. Molti altri casi possono essere portati ad esempio di continuità tra insediamento romano (fasi tardo antiche) e fase altomedievale. A Sesto Calende (Varese), BROGIOLO, 1982; BROGIOLO, 1983. Presso S. Fermo a S. Felice del Benaco (Brescia), BROGIOLO, 1984. Presso il Duomo di Salò, BROGIOLO, 1987. In Friuli (Ribaria), BROGIOLO, 1982. Infine a Ticineto (Alessandria), BROGIOLO, 1982. 37 Il suo punto di vista è molto specialistico e legato alle questioni prettamente pastorali. In merito alla continuità egli si pone in contrasto con la corrispondenza tra pago e pieve. 38 Specialmente in rapporto ai castelli, nell'ambito del sistema viario e dei collegamenti in genere, SETTIA, 1980, SETTIA, 1983. SETTIA, 1983 (A). SETTIA, 1991. 39 CASTAGNETTI, 1982. Non si pretende con questa breve rassegna di esporre un panorama completo. Si tratta del tentativo di inquadrare il nostro studio in un ambito di ricerche precedenti con le quali mantiene alcune affinità. 40 CASTAGNETTI, 1982, p. 29. 41 MARONI, 1990. 42 Solo alcune indicazioni: CASTAGNETTI, 1982, LUSINI, 1898-1900-1901, SCHNEIDER, 1975, MARONI, 1990, TACCHETTI, 1975-76, BOGNETTI, 1958-64, BERTOLINI, 1960, CONTI, 1965, TABACCO, 1966, TABACCO, 1969, TABACCO, 1974, SETTIA, 1982. 43 In un giudicato di Ambrogio, maggiordomo di Liutprando, dove si confermano all’allora vescovo di Arezzo, le chiese e i monasteri del territorio senese. 44 Sancti Petri ad Axo e sancti Angeli in Luco, PASQUI, 1899, n. 3, p. 6. 45 “In nomine domini (…) Idest primum omnium interrogavimus Semeris presbitero de monasterio sancti Ampsani (…) Item secundus presbiter introductus est Gunteram senex de ecclesia et baptisterio sancti Stephani a Cennano (…) Tertius presbiter Maiurinus de basilica sancti Simpliciani in Sextano (…) Quartus presbiter Onnius de baptisterio sancti Ypoliti Ressiano (…) Quintus presbiter Deusdedit senx de baptisterio sancti Iohannis in Rancia (…) Septimus presbiter Garibalti de monasterio sancti Archangeli in fundo Luco (…) Item introductus est Germanus diaconus de ecclesia et baptisterio sancti Andreae in Malcenis (…) 7 luglio 715 a S. Genesio in Vallari, il documento davvero esaustivo, emesso in favore del vescovo aretino46.

Fig. 4 –Limiti diocesani di Siena e di Arezzo nell’ambito toscano (dalle Rationes Decimarum).

Il documento contiene tale elenco di pievi: S. Stefano in Cennano (comune di Trequanda), S. Maria in Cosona (comune di Pienza), S. Ippolito in Sessiano (comune di Asciano), S. Giovanni in Rantia (comune di Asciano), S. Andrea in Malcenis (comune di Trequanda), S. Pietro in Pava (comune di San Giovanni d’Asso), S. Maria in Pacina (comune di Castelnuovo Berardenga), Santi Quirico e Giovanni in vico Falcino (comune di S. Quirico d’Orcia), S. Restituta in fundo Rexiano (comune di

Item introductus est Audo presbiter de baptisterio sancti Petri in Pava (…) Item introductus est Ursus presbiter de baptisterio sancte Mariae Cosona (…) Item introductus est Rodoald presbiter senex de baptisterio sancti Quirici et Ihoannis in vico Pallecino (…) Item introductus est Maurianus presbiter de ecclesia sancte Mariae in Pacina (…) Item intreductus est Florentinus presbiter de baptisterio sanctae Restitute in fundo Resciano (…) Item introductus est Firmolus presbiter de baptisterio sancti Felicis in Avala (…) Item introductus est Bonushomo presbiter de baptisterio sancti Viti (…) Item introductus est Leo presbiter de baptisterio in Mesalas sanctae matris ecclesiae (…) Item introductus est Bonefatius presbiter de ecclesia et baptisterio sancti Valentini in casale Orsina (…) Item introductus est Aufrit presbiter de monasterio sancti Petri ad Abso (…) Item introductus est in presentia nostra Mattichis presbiter de monasterio sancti Peregrini in loco Passeno prope baptisterio sancti Stephani (…) Item Godegis clericus sancti Marcellini plebe sancto Petro in Paba (…) ”,PASQUI, 1899, n. 5, pp. 9-17. 46 “ In nomine domni Dei (…): idest monasterio sancti Amsani, baptisterio sancti Stephani in Acinano, baptisterium Sancta Maria in Cosona, baptisterio sancti Ipoliti in Sexiano, baptisterio sancti Ihoanni in Rantia, monasterio sancti Archangeli in fundu Lucu, baptisterio sancti Andree in Malcinis, baptisterio sancti Petri in Pava, baptisterium sancta Maria in Pacina, baptisterium sancti Quirici et Ihoannis in vico Falcino, baptisterio sancta Restituta in fundo Rexiano, baptisterium sancti Felicis in Avano, baptisterium sancte matris ecclesie in Misulas, baptisterium sancti Valentini in casale Ursina, monasterio sancti Petri ad Axo, baptisterio sancti Viti in Rutiliano et sancte matris ecclesie in castello Politiano, baptisterium sancti Viti in Vescona, baptisterium sancti Viti in Pruniano, baptisterio sancti Viti in Osenna (…) ”, PASQUI, 1899, n. 6, p. 17-21. 8 Montalcino), S. Felice in Avano (comune di Gaiole in Chianti), S. Madre Chiesa in Misulas (comune di Sinalunga), S. Valentino in casale Ursina (comune di Torrita di Siena), S. Vito in Rutiliano (comune di Pienza), S. Madre Chiesa in Castello Pulliciano (comune di Montepulciano), S. Vito in Vescona (comune di Asciano), S. Donato in Citiliano (comune di Pienza), S. Maria in Saltu (comune di San Giovanni d’Asso), S. Vito in Pruniano (comune di Montalcino), S. Vito in Osenna (comune di S. Quirico d’Orcia). A queste nel corso dei secoli (tra X e XI) si aggiungono altre pievi: S. Marcellino in Avena (comune di Gaiole in Chianti), S. Vittore (comune di Rapolano Terme), S. Costanzo (comune di Torrita di Siena), S. Maria in Sexta (comune di Montalcino)47 (fig. 5). La convinzione che tra alcune strutture di epoca imperiale e le pievi altomedievali, potesse esistere qualche tipo di rapporto, si è rafforzata con l’inizio delle ricognizioni topografiche nei territori della Val d’Orcia. Nel territorio di Pienza sono tre i casi dove la presenza di strutture interpretate come ville, fattorie o complessi tipo villaggio di età imperiale, si associa ad un legame fisico più o meno stretto con una pieve altomedievale. Il primo caso è quello di S. Maria dello Spino. Una lente di reperti archeologici affioranti in superficie, interpretata come villa di età imperiale e tardo antica è apparsa in parte obliterata da un rialzamento di terra, sul quale si trova edificata la pieve di S. Maria dello Spino48. Durante l’ultima ricognizione effettuata nel corso del 2001 una situazione molto interessante è emersa nella zona di identificazione della pieve altomedievale di S. Maria di Cosona49. Ad est della villa di Cosona si trova un vasto pianoro lasciato a sodo, dal quale nonostante l’incolto emergono, un elevato numero di laterizi di epoca presumibilmente romana insieme ad altri tipicamente medievali50. Infine anche la Pieve di Corsignano51 si inserisce all'interno di un territorio, i Campi Rutiliani, precedentemente occupato da una fattoria di età etrusco-romana e tardo antica52. La tendenza si è rafforzata con le ricognizioni topografiche nel territorio di Montalcino53. Il caso più interessante riguarda la pieve di S. Maria di Sexta54. L’edificio attuale si trova a circa 300 m dal sito di una villa romana con evidenti tracce di frequentazione tardo antica55.

47 MARONI, 1990, p. 142. Alcune di queste ultime sono comunque di origine certamente altomedievale. S. Maria in Sexta, appartenente alla diocesi chiusina, menzionata nel documento del 715 per indicare i limiti estremi della diocesi aretina. Solo dal 1044, viene anch’essa enumerata fra le pievi aretine contese, MARONI, 1990, p. 143. Anche S. Costanzo era presente nel documento del 715, ma non come baptisterio, solo con il termine di ecclesia. Lo stesso discorso vale per S. Vittore, ambedue vengono innalzate a sedi plebane dopo l’VIII secolo, MARONI, 1990, p. 143. Per la localizzazione delle chiese ci si è basati principalmente sulle ipotesi di Maroni, che per il momento è l’unico ad essersi spinto verso un tentativo di posizionamento, tranne la Fasoli, che ci sembra sostenga delle posizioni in alcuni casi opinabili e basate soprattutto sui toponimi presenti nell’IGM al 25.000, la carta usata come base per il posizionamento di punti, FASOLI, 1958. 48 E’ nota con certezza dal 1014, ma si pensa ad una sua possibile origine paleocristiana, MARONI, 1990, p. 142, 207, 220. 49 MARONI, 1990, p. 142, p. 207, riconosciuta da alcuni nell’attuale Pod. La Pieve, CAMMAROSANO - PASSERI, 1976, p. 350. Da altri nell’area del cimiterino di Cosona, aree che non distano l’una dall’altra più di 200 m, MARONI, 1990, p. 204. 50 Purtroppo non è stato ancora possibile effettuare dei controlli più approfonditi. 51 Pieve altomedievale dedicata a S. Vito e Modesto, situata ai piedi dell’abitato di Pienza, MARONI, 1990, p. 142, p. 209. 52 PISTOI, 1997, p. 41. Ancora durante l’ultima ricognizione del 2001 abbiamo individuato massicce tracce di insediamento compreso tra IV e il VI secolo d.C. appena a ovest della pieve. 53 Anche nella zona di Montalcino sono attestate pievi e chiese relative all’annosa disputa di confine. 54 MARONI, 1990, p. 142, p. 224. 55 CAMPANA, 2002, c.s. E’ interessante anche la tradizione popolare ancora esistente nella memoria comune della gente del luogo, che chiama il colle dove si trovano le tracce della villa romana: Poggio della Pieve. 9 Fig. 5 – Gli edifici sacri contesi, dalla lista del documento del 715.

Anche le zone circostanti la pieve altomedievale di S. Restituta56, nonostante i pesanti scassi per l’impianto di vigneti, hanno restituito alcuni siti databili ad epoca imperiale e labili tracce tardo antiche. Allargando la fascia di osservazione al Chianti Senese, posto all’altro capo dell’area presa in esame e soggetto anch’esso a ricognizioni sistematiche, possiamo notare situazioni analoghe. Presso la Pieve di Pacina nel comune di Castelnuovo Berardenga le indagini di superficie hanno messo in evidenza varie tracce di strutture in pietra di epoca imperiale e in alcuni casi tardo antica; più un rinvenimento avvenuto in passato di colonne romane proprio lungo il viottolo che conduce alla chiesa57. Alla Pieve di S. Marcellino ( S. Marcellino in Avena ), oggi loc. Pieve, a nordest di S. Marcellino, è nota sin dal passato la presenza di massicce tracce di una villa romana e probabili fasi di riutilizzo dei suoi ambienti come cimitero della pieve58. In seguito a tali osservazioni sono sorte una serie di domande impellenti, dirette alla comprensione del processo di cristianizzazione delle campagne: - In quale tipo di habitat si è sviluppato? - Cosa ha comportato? - Perché le pievi sono sorte su agglomerarti consistenti di epoca precedente? - Chi sono le persone che hanno continuato ad utilizzare i siti delle ville? - Essi godono di qualche privilegio? - Come si distinguono, se si distinguono, dagli abitanti delle case sparse? - Le pievi possono in alcuni casi avere come origine una cappella privata poi allargata ad uso della popolazione rurale? Attraverso l’utilizzo dei metodi dell’indagine archeologica tentiamo di rispondere a questi interrogativi.

56 MARONI, 1990, p. 142, p. 207. 57 VALENTI, 1995, siti nn. 57, 58, 59, 60, 61 del Q F 114 III, pp. 311-312. In merito al rinvenimento edito, ASAT, 1992, p. 250; CRISTOFANI, 1979, p. 179. 58 Per la situazione archeologica nei dintorni di S. Marcellino, VALENTI, 1995, siti nn. 71, 72, 73, 74, 75, 76 del Q F 113 II, pp. 226-227. Per il rinvenimento edito della villa romana, ASAT, 1992, pp. 213-214; TRACCHI, 1978, pp. 43-44. 10 1.3 - Classificazione delle aree d’indagine La condizione fondamentale è l’identificazione dei siti altomedievali con la geografia attuale59. Se il riconoscimento è immediato nei casi in cui la struttura è ancora in elevato60, si rivela complesso quando della chiesa rimane solo la memoria. Questa molteplicità di casi ci ha indotto a creare una griglia di riferimento, composta da parametri impostati su percentuali decrescenti di certezza di localizzazione. Questi parametri hanno le caratteristiche di non essere ne rigidi ne tantomeno assoluti. Quello che è stato preso in considerazione in questa fase può andare incontro a cambiamenti ed in generale ad adattamenti progressivi con la messa a fuoco di nuovi punti di vista. Le caratteristiche delle quali abbiamo tenuto conto fino a questo momento sono: - Persistenza del toponimo usato nella documentazione altomedievale. - Sopravvivenza di tracce preromaniche tra gli elementi strutturali degli edifici religiosi esistenti. - Rinvenimenti archeologici nelle aree circostanti i siti che si avvicinino il più possibile alle fasi di passaggio dalla tarda antichità all’altomedioevo. - Presenza di habitat circostanti i siti apparentemente non sconvolti da interventi moderni o legati a sfruttamenti del suolo che tendano a trasformarne la morfologia. Se per alcuni siti come per esempio la Pieve di Corsignano a Pienza e la Pieve di Cennano a Castelmuzio, si può prospettare una percentuale che si avvicina al 100% di sicurezza di individuazione del sito altomedievale, ci sono casi per i quali si manifesta la carenza di elementi di riconoscimento, e la percentuale di sicurezza di individuazione del sito, scende quasi allo 0%. In mezzo a questi due dati estremi si collocano tutte le sfumatuare, legate alla particolare storia di ogni edificio, che nella ricerca hanno un peso proporzionale alla loro percentuale di attendibilità (figg. 6-7). In questo quadro abbiamo individuato come particolarmente problematica la localizzazione di almeno tre delle diciannove pievi, (SS. Quirico e Giovanni in vico Falcino, di S. Vito in Pruniano e di S. Vito in Osenna ). Se da un lato il punto di partenza è più labile, dall’altro lo stimolo a tentarne il riconoscimento è forte. Il limite della collocazione spaziale si ridimensiona precisando che il senso dell’identificazione non richiede la coincidenza puntuale con una struttura in elevato. Intendiamo il riconoscimento dell’ambito plebano di pertinenza, la cui territorialità sappiamo essere già connaturata nel termine plebs dei documenti altomedievali senesi-aretini61. All’elenco delle pievi e chiese abbiamo aggiunto le località riconoscibili dalle carte della crescita espansionistica del monastero di San Salvatore al Monte Amiata relaitve all’AREA 2 che sono: Petriolo, Ciliano, Frignano e Feroniano oggi nel comune di Torrita di Siena, Montepulciano (comune di Montepulciano) e Camprena, Cosona, Citiliano, Fabbrica, Corsignano, Tribbiolo, nell'attuale comune di Pienza62.

59 Il problema di fondo in merito a questo punto nodale è la mancanza di lavori, tranne il tentativo già ribadito di Maroni, MARONI, 1990, che identifichino le pievi altomedievali con edifici o almeno zone circoscrivibili. Da questo momento quindi quando localizziamo i siti ci rifacciamo sistematicamente alle teorie di Maroni. Le sue identificazioni sono mutate nel corso del tempo. Nell’ultima edizione del suo volume infatti alcune delle pievi sono identificate con località diverse rispetto all’edizione del 1990. E’ il caso della pieve dei SS. Quirico e Giovanni in vico Falcino, di S. Vito in Pruniano e di S. Vito in Osenna, che seppur di poco hanno mutato il luogo di identificazione precedente. 60 Anche se spesso non nell’aspetto della fase costruttiva originaria. 61 CASTAGNETTI, 1982, p. 29. 62 KURZE, 1988, fig. IV. Camprena appare in un documento del 775 come casale (CDA, n. 25). Cosona è citata come casale nel 794 (CDA, n. 44) e come vico nell’817 (CDA, n. 80). Corsignano appare prima come casale nell’828 (CDA, n. 105) e successivamente come corte organizzata dall'Abbazia del Monte Amiata, inclusa nei privilegi imperiali di Ottone III del 996, di Enrico II degli anni 1004 e 1007 e di Corrado II del1027 e 1036, CAMMAROSANO-PASSERI, 1976, pp. 249-250. Citiliano è ricordato come vico prima nel 791 e poi nell’800 (CDA, nn. 37, 50), in seguito come casale nell’828 (CDA, n. 105). Fabbrica appare come casale nel 783 (CDA, n. 31) e in seguito come corte dell'abbazia di S.Antimo, confermata nel 952 dai re Berengario II e Adalberto, e nel 1051 dall'imperatore Enrico III, CAMMAROSANO- PASSERI, 1976, pp. 350-351. Infine Tribbiolo o Tribiloni è un casale nel 791 (CDA, n. 38) e Feroniano (oggi ), VAQUERO PINEIRO, 1990, p. 21; appare come casale nell’854 (CDA, n. 136). Le località citate nel 11 Il proposito è di tentare di tradurre in qualcosa di concreto i casali, i vici e le corti e rapportare queste presenze alle pievi e chiese altomedievali, considerando le radici di uno sviluppo che potrebbero affondare in strutture insediative di epoca tardo romana. Al numero di siti coinvolti nella ricerca, che ricordiamo raccoglie gli edifici religiosi dei documenti di VIII secolo relativi alla disputa Siena/Arezzo e quelli entrati nell’orbita di interesse dell’abbazia amiatina, possiamo contare su alcuni elenchi di pievi e chiese non citate in fase altomedievale, ma che devono essere considerati per non limitare l’osservazione. Per esempio per la zona dell’antica diocesi di esiste una bolla papale di Celestino III del 1191 che elenca un grande numero di chiese

100%

90%

80%

70%

60%

50%

40%

30%

20%

10%

0% 13579111315 17 19 21 23 25 27 29 31 33 35 37 39

Fig. 6 – Rappresentazione grafica delle percentuali di affidabilità di localizzazione degli edifici religiosi citati nel documento del 715, compresi le due pievi aggiunte alla disputa nel X secolo. (I numeri corrispondono all’ordine dello Schedario in appendice).

Alcune di esse sono situate in aree dove le ricognizioni di superficie hanno fornito elementi che le hanno rese interessanti al fine di questa ricerca63. Anche nei limiti della diocesi di Siena sono individuabili casi analoghi64. A questi siti viene assegnato un peso diverso nella progettazione degli testo, senza supporto documentario in nota, sono ricavate da una carta dove Kurze posiziona i toponimi dei possedimenti di S. Salvatore verso nord, fino al diploma di Ludovico II dell'853, KURZE, 1988, fig. IV. 63 Emblematico il caso della pieve di S. Maria dello Spino nel territorio di Pienza, dove la ricognizione ha messo in evidenza la presenza di una villa romana nell’area sottostante la pieve medievale. 64 E’ il caso di citare la Pieve al Bozzone poco fuori da Siena lungo la strada che porta verso il Chianti, dove la presenza di una villa romana frequentata almeno fino al IV sec. d.C. è segnalata in passato prima dagli scavi del Piccolomini, in seguito dai ritrovamenti di Bianchi Bandinelli, CRISTOFANI, 1979, p. 196. Le chiese delle quali tenere conto sono: S. Maria di Pievasciata (nel Chianti), la sopracitata S. Andrea al Bozzone, S. Maria allo Spino (), S. Maria a Sprenna, S. Cristina a Lucignano (ambedue nel territorio di ). Ognuna di queste pievi presenta dei caratteri di altissimo interesse archeologico in base a rinvenimenti più o meno antichi avvenuti nelle loro vicinanze. Il caso più attuale è la Pieve di Ponte allo Spino (Sovicille), dove proprio in questo anno sono stati intrapresi lavori di restauro che hanno messo in luce strati pavimentati a mosaici di epoca romana sui quali è sorta la pieve medievale. Attualmente le evidenze sono sottoposte ad indagini stratigrafiche da parte della dot.ssa Flavia Ludovici, sotto la supervisione della Soprintendenza ai beni archeologici della Toscana. 12 interventi, nel senso che non rappresentano lo stimolo a convogliare le indagini, ma una volta delineati i limiti deve esserne tenuto conto se vi rientrano65.

12

11 11

10

9

8

6

5

4

2 2

1

0 90% 70% 50% 30% 15% 0%

Fig. 7 – Rappresentazione grafica della curva delle maggioranze di percentuali di affidabilità di localizzazione.

1.4 - Quadro storico altomedievale nell’area di studio E’ tra il VI e l’VIII secolo che avviene il passaggio da un modello insediativo di case sparse ad un panorama più eterogeneo e complesso fatto di villaggi e di casali66. Nell’ AREA 2 sembra che la struttura ecclesiastica rivesta un ruolo significativo nelle vicende insediative. In effetti in buona parte dei siti indicati dalle carte amiatine è presente una pieve67. Nel corso della prima metà dell’VIII secolo il fenomeno di strutturazione insediativa pare avviato. Ne sembra essere testimone il senso di radicamento delle sedi plebane nel substrato umano. Tra le parti che vengono interrogate dal messo regio Gunteram nel 715, sono rappresentati anche liberi homines, che esprimono la loro adesione all’ambito plebano di appartenenza68. Le sedi plebane in questo campione dove appaiono rappresentate senza omissioni69, permettono di intravedere i collegamenti tra di esse e con le località che conosciamo in quel periodo. Le pievi di Corsignano e

65 Le pievi elencate nella bolla papale di Celestino III che rientrano nell’area di ricerca sono: S. Maria in Campo ( oggi parrocchia di Contignano), S. Maria de Spino (a sud di Monticchiello), S. Martino de Fabrica (oggi in forma di labili tracce nel campo adiacente il Pod. Fabbrica a Pienza), S. Silvestro de Serraglio (nell’area di Totona, cioè tra Montepulcinao e il confine con il territorio di Pienza), S. Vincenzo (al confine tra il comune di Torrita di Siena e Montepulciano), S. Felice (citata nel 715, nel territorio di Castiglion d’Orcia), S. Antimo de castello (nel territorio di Montalcino). L’elenco è ripreso dalla pubblicazione di Maroni che a sua volta riprende il documento contenuto nel volume di Cappelletii sulle cappelle d’Italia, MARONI, 2001, pp. 316-321; CAPPELLETTI, 1863. 66 Le definizioni delle località nell’altomedioevo hanno subito fasi di fluttuanza, un toponimo come locus, casale, curtis, può aver indicato tanto un centro abitato quanto il territorio dipendente, SETTIA, 1991, p. 24. 67 Ciò accade in quattro dei nove toponimi amiatini riconosciuti nell’ AREA 2: Cosona e la pieve di S. Maria, Corsignano e la pieve di S. Vito, Citiliano e la pieve di S. Donato e Fabbrica la cui Pieve di S. Martino non appare nella documentazione della disputa ma se ne si ipotizza un’origine addirittura paleocristiana. Infine abbiamo il caso particolare di Montepulciano, che si presenta come castello in una fase molto precoce, per esempio è cià citato come: “castello Politiano” nel 714, PASQUI, 1899, n. 3. 68 Anche se esiste il sospetto che ci possa essere stata una qualche forma di forzatura, rimane forte la sensazione che queste persone vivano davvero l’apparenenza ad una pieve. 69 Esse infatti si trovano tutte sulla linea di confine e quindi sono tutte oggetto di menzione documentaria. 13 di Cosona sono collegate lungo un diverticolo che diramandosi dalla Strata Magistram all’altezza del territorio di San Quirico, si dirige a nordest, toccando appunto le suddette pievi, per poi ridiscendere dal cuore della Val d’Orcia e immettersi nella spina principale che in quel punto transita con orientamento est-ovest70. Questo diverticolo pur se successivo alla fase in esame 71, detto Francigena dei Baptisteria, potrebbe utilizzare un tratto stradale di epoca romana. La serie di rinvenimenti archeologici di epoca imperiale effettuati lungo questo percorso, durante le ricognizioni archeologiche di Pienza e San Quirico d’Orcia, è una conferma a tale supposizione. E’ ipotizzata una strada romana anche nel tratto che collega Cosona a Lucignano d’Asso, e successivamente alla Pieve di Pava e alla Pieve a Salti72. La strada da Cosona si dirige in direzione nordovest73, scendendo dal versante di Lucignano d’Asso ( fig. 8 ). La campagna di ricognizione 2001 nel comune di San Giovanni d’Asso, ha permesso di riconoscere un grande complesso tipo villa imperiale romana, con tracce di continuità d’uso fino almeno al VI secolo d.C. nella piana dell’Asso, proprio ai piedi della Pieve di Pava. Tale complesso è senz’altro legato al passaggio di una viabilità che proprio in questo punto si trova ad attraversare il torrente Asso. Da qui toccando la Pieve di Pava si dirige alla Pieve a Salti, per poi immettersi nella viabilità che probabilmente passa nel piano dell’Arbia, ridisegnata successivamente dal tronco principale della Francigena74. Non meno evidente l’influsso della viabilità sulle pievi di S. Costanzo e di S. Pietro ad Misulas o Mensulas. La prima nel territorio di Torrita di Siena, in origine non deve discostarsi troppo da una mansio (forse Manliana) lungo la Cassia Adrianea, nel tratto Chiusi-Firenze75. Il complesso ha mantenuto senza cesure, livelli di vita fino al VI secolo d.C. e una costante impronta commerciale associata alla vicinanza dell’asse viario. Problematico il caso della pieve di S. Pietro a Misulas a Sinalunga. Il legame con un importante itinerario stradale è dimostrato dalla presenza di una stazione ad Mensulas nella copia medievale della Tabula Peuntigeriana76 del IV sec. d.C. posta nel tratto viario di collegamento tra Chiusi e Aquae Populoniae. Purtroppo questo è uno dei casi in cui lo studio archeologico sarebbe possibile solo con occasionali trincee, dato che la struttura è ormai inserita nella rete di abitazioni moderne. Gli accenni alla viabilità rivelano un ulteriore tassello del mosaico che tentiamo di ricostruire. Il paesaggio probabilmente fruisce di alcuni tratti viari di epoca romana che devono essersi mantenuti attivi per tutta la tarda antichità77. Il parametro della viabilità come indizio di ricerca sul rapporto tra chiese e insediamento è stato anche recentemente messo in luce78.

70 BEZZINI, 1998, pp. 43-44. 71 La diramazione sembra essere successiva o contemporanea al percorso indicato da Sigerico nel 990, BEZZINI, 1998, p. 43. 72 Tuttora la gente di San Giovanni d’Asso chiama questa strada la “Via delle Pievi”. 73 Una fitta trama di siti archeologici di epoca tardo repubblicana primo imperiale, rintracciati tramite ricognizioni, connota questo percorso. 74 Per le indicazioni sulla strada romana, MARONI, 1990, p. 78. 75 Il sito è stato sottoposto a indagini geofisiche e a scavo archeologico da parte del Dipartimento di Archeologia dell’Università di Siena negli anni tra il 1994 e il 1999. Informazioni sull’antica posizione della pieve (trasferita nel corso dei secoli nell’attuale chiesa del cimitero, in posizione sopraelavata rispetto alla sede originaria) non sono state reperite durante le fasi di intervento archeologico. Non è escluso sia stata coperta da un’abitazione moderna, prossima all’area del sito. Si ringrazia per tali informazioni la direttirce dello scavo dott.ssa Cinthya Mascione. Per notizie dettagliate sullo scavo, 76 Uno dei rari esempi insieme all’Itinerario di Antonino, attribuito al II o al III sec. d.C. e alla Geographia Anonimi Ravennatis del VII sec d.C. di rappresentazioni di intinerari viari di epoca romana. La Tavola Peuntigeriana è conservata a Vienna, presso l’Osterreichische Nationalbibliothek, MARONI, 2001, p. 17; MORETTI-STOPANI, 1981, p. 9. 77 La ricognizione archeologia fornisce il suo apporto in questo senso, mostrandoci grossi complessi tipo ville di epoca imperiale, posti lungo gli assi viari che continuano ad essere utilizzati fino al VI secolo d.C. E’ il caso della villa individuata presso Sesta nel territorio di Montalcino, CAMPANA, c.s. Per alcune ipotesi di viabilità, MARONI, 2001, p. 61. 78 BROGIOLO, 2001, p. 201. 14 Fig. 8 – Ipotesi di collegamento tra alcune pievi dell’area compresa tra Pienza e San Giovanni d’Asso, (la così detta “Via delle Pievi”).

Sia nell’AREA 1 che nell’ AREA 2, i documenti di VIII secolo indicano un fervore eccezionale intorno all’edificazione e al rinnovamento di pievi e di cappelle rurali79. Senza contare la fondazione alla metà dell’VIII secolo del monastero di S. Salvatore sul Monte Amiata da parte del nobile longobardo Erfo, della cerchia dei collaboratori regi, dotato di patrimonio demaniale80. Purtroppo la diffusione delle pievi non sempre si accompagna alla sicura presenza di popolazione. Si inseriscono nell’equazione dei fattori che tendono a distorcerla, per esempio le fondazioni private di edifici religiosi, frequenti tra VIII e IX secolo, che obbediscono a necessità diverse da quelle delle popolazione esistente81. Questo fattore rende poco indicativa anche la presenza di un cimitero accanto alle pievi, come rivelatore di insediamento, per più di un motivo. Primo perché la pratica di seppellire presso le pievi appare convalidata solo dalla fine del X secolo, secondo perché sappiamo che tra VI e VIII secolo i Longobardi tendono ancora a seppellire i morti in piena campagna82. Questo discorso si lega a doppio filo al dominio longobardo che ha caratterizzato le vicissitudini del distretto diocesano senese83. Nei territori della inquisitio i Longobardi sono ben radicati e autonomi. Rappresentano un ceto di possessori che si investono del sostegno sociale delle strutture plebane. Sono di immediata comprensione i fini sociali ed economici (di inquadramento della popolazione e di ricerca di prestigio e radicamento nei propri possessi), delle fondazioni private 84. Questi concetti non servono a scoraggiare la ricerca, bensì a focalizzare tutti gli elementi in gioco. Per riprendere il filo del discorso iniziale, non è sempre automatico collegare una pieve ad un nucleo di popolazione. Uno dei nostri propositi è tentare una scissione tra fondazioni private e pievi nate per la popolazione rurale. In questo caso ci sembra necessario uno studio approfondito sul sito delle pieve di S. Vito in Osenna e della basilica di S. Ansano, ambedue nel territorio attuale di San

79 SETTIA, 1991, p. 1. 80 KURZE, 1989, pp. 39-40. 81 SETTIA, 1991, p. 5. 82 Ibidem, pp. 10-12. 83 Il radicamento longobardo nel territorio in esame lo si deve senza dubbio anche alla violenza della loro pentrazione nella Tuscia, TABACCO, 1973, pp. 164. 84 TABACCO, 1973, pp. 166-167; Settia, 1991, pp. 6-12. Tra le pievi disputate alcune private sono: il monastero di sancti Peregrini in loco Passeno, fondato da un “Ursus ariman ”, CDL, n. pp. 70-71; la pieve di S. Restituta, della quale un centenario interrogato nel 715 da Gunteram in mertio alla controvarsia dichiara: “…avus et besavus tenerunt ecclesiam Sanctae Restitutae…”, CDL, n. 19, p. 73. 15 Quirico d’Orcia. La cappella di S. Ansano viene identificata solo da Maroni nell’attuale podere S. Sano presso il Romitorio a sudovest di San Quirico d’Orcia. S. Vito in Osenna viene localizzata la prima volta dalla Fasoli semplicemente nel centro di San Quirico, senza nessun tentativo di avvicinamento maggiore al sito. In seguito viene identificata dal Maroni nelle edizioni del 1973 e 1990 presso l’attuale Romitorio a poche decine di metri dal sopradetto podere S. Sano (fig. 9). Nell’ultima edizione del suo volume, egli identifica invece la pieve in questione in tutt’altra zona, a nord ovest di San Quirico, nella località detta Pian della Pieve. Dopo questo breve inquadramento dei siti segnaliamo che il documento in cui appare S. Ansano è uno dei più interessanti della inquisitio, dato che si parla di una cappella voluta dalla popolazione rurale. Nelle deposizioni del 715 il “ presbiter Aufrit dixit. Homines fuerunt senensi (…) fecerunt sibi baselica in onore S. Ampsani (…)85”.

Fig. 9 – Foto obliqua dell’area attuale del Romitorio (foto scattata nel 2001 durante la Aerial Archaeology Research School, Siena 2001). L’identificazione segue l’ipotesi di Maroni del 1973 e 1990.

Cioè dei fedeli che prima devono recarsi alla pieve di S. Felice86, adesso per intervento del gastaldo senese Vilerat, possono ricevere le funzioni liturgiche minori nel luogo dove abitano. Per tutte le funzioni maggiori e per i sacramenti invece devono continuare a recarsi nelle pievi più prossime87. Che tutta questa operazione sia probabilmente una manovra politica senese88 per noi non conta. Il fatto importante è che la nuova basilica è utile ad un nucleo di popolazione che se consideriamo valida la prima identificazione fatta da Maroni, si trova vicinissima ad una pieve (S. Vito in Osenna). In questo caso il nostro scopo è ricavare informazioni sulla popolazione che abita il pianoro del Romitorio nell’VIII secolo, tramite i rapporti tra S. Ansano e S. Vito, perché la popolazione non utilizza quella pieve? Se invece consideriamo valida la seconda posizione di

85 PASQUI, 1899, p. 14. 86 Evidentemente lontana, per spingere una nuova edificazione. 87 In questo caso sancto Vito, sancto Quirico e in Quosona , PASQUI, 1899, p. 14. Trattano dell’evento CASTAGNETTI, 1982, pp. 33-34; SETTIA, 1991, p. 18; MARONI, 2001, p. 273. 88 CASTAGNETTI, 1982, pp. 34-35. 16 Maroni, il sito del Romitorio rimane lo stesso di notevole interesse poiché resta da stabilire la corrispondenza tra la basilica di S. Ansano e l’attuale chiesetta del Romitorio, e da individuare le tracce della popolazione di fedeli per la quale è stata edificata la nuova chiesa. Le ricognizioni archeologiche hanno individuato fin’ora tracce di frequentazione del sito almeno dal III sec a.C., fino al VI sec. d.C. 89. Mancano per il momento indizi ulteriori. Anche in questo caso come in altri dove le tracce archeologiche materiali si sono sommate a quelle archivistiche, resta il vuoto del VII secolo90. Cosa è successo nella fase di radicamento delle nuove aristocrazie longobarde? Quale è stata la fase intermedia tra l’insediamento del villaggio tardo romano del Romitorio e gli Homines senensis, già uniti in un vico91 tanto da necessitare di una basilica?

2 - LA STRATEGIA D’INDAGINE

2.1 – Ruolo della struttura architettonica Sin dalle prime fasi di lavoro il contatto con la struttura architettonica degli edifici religiosi si è rivelato un anello chiave, nel quale però abbiamo identificato un pericolo. Abbiamo il timore di perdere di vista il legame con il territorio, e di rimanere vincolati al singolo edificio, assumendo una posizione troppo vicina all’archeologia cristiana. Su questo punto si è rivelato fondamentale conoscere una delle linee guida del progetto di studio sulle chiese rurali, intrapreso attualmente per l’Italia settentrionale92. Il progetto è stato presentato nell’ambito di un seminario tenuto da Gian Pietro Brogiolo presso il Dipartimento di Archeologia dell’Università di Siena, dal titolo: “Chiese nell’Italia settentrionale tra VI e VII secolo”. E’ stata espressa la necessità di approfondire l’indagine sulle piante degli edifici religiosi più antichi, non escludendo che potrebbe esistere un rapporto di derivazione tra la maglia insediativa e le chiese, indagabile attraverso le loro planimetrie originarie. Per il momento si tratta anche per il nord d’Italia più di un’intuizione che di una certezza, che comunque mette in campo un nuovo elemento da considerare nello studio del passaggio all’altomediovo. Per la nostra area di studio raccogliere il maggior numero di piante disponibili della struttura originaria si è rivelato problematico, per la mancanza di analisi architettoniche attente alle parti ritenute più antiche (figg. 10-11). Nel territorio dell’antica diocesi di Siena le strutture architettoniche cosiddette preromaniche, sopravvissute al fenomeno del rinnovamento architettonico romanico sono quasi inesistenti93, soprattutto se si confronta questo dato con la quantità di edifici religiosi attestati, stimolo di tanto fervore documentario. Solo per alcune delle pievi contese nella disputa senese-aretina, al momento possiamo presentare delle piante della struttura originaria, in nessun caso purtroppo provenienti da dati di scavo archeologico94. Per il futuro si rivelerà fondamentale sia seguire le vicende dello studio della forma delle chiese altomedievali attualmente in corso di catastazione in Italia settentrionale, sia creare per l’Italia centrale un archivio delle planimetrie delle chiese altomedievali disponibili. Solo seguendo questa

89 La campagna 2001 ha permesso di individuare tra il Romitorio e il podere S. Sano una serie di emergenze leggibili come grande complesso tipo villa o villaggio di epoca imperiale e tardo antica e di individuare sotto la chiesetta del Romitorio un cospicuo numero di ossa umane, forse tracce di un cimitero. 90 Brogiolo ha puntato l’interesse su questo cruciale nodo di passaggio, BROGIOLO, 2001, p. 199. 91 CDL, n. 19, p. 74. 92 Ci riferiamo al tema promosso da Gian Pietro Brogiolo per l’ottavo seminario sul tardo antico e l’alto medioevo, per il quale sono previsti dei cicli seminariali per indagare la questione delle chiese rurali, che si rivelano come il parametro archeologico più diffuso a partire dal V secolo, BROGIOLO, 2001, p. 7. 93 In Toscana la rivoluzione del Romanico a partire dall’XI secolo rinnova quasi ogni forma di edilizia religiosa sul territorio, MORETTI-STOPANI, 1981, p. 41-42. 94 Sono, come per il caso della Pieve di Pàcina, il risulatato della somma degli elementi ritenuti più antichi tradotti in pianta da Moretti, MORETTI-STOPANI, 1969, p. 56. 17 strategia sarà possibile generare una griglia di casistiche alla quale confrontare i dati che emergeranno dal nostro territorio in seguito a interventi stratigrafici95 e a indagini geofisiche.

Figg. 10-11 – Partendo da sinistra rispettivamente: ricostruzione della pianta originaria della Pieve di Pacina e della Pieve di Corsignano. (MORETTI-STOPANI,1981).

2.2 - Organizzazione e gestione dei dati Il primo passo nella direzione di ricerca descritta è avvicinarsi progressivamente alle chiese per poi prenderne le distanze, allargando lo sguardo al territorio circostante. Questa sorta di movimento telescopico prende avvio dal contatto primario con le pievi e chiese citate nei documenti, cioè la loro conoscenza e archiviazione in un data base96. L’archivio creato si compone di diversi elementi, strutturati per raccogliere: - le indicazioni storiche delle fonti documentarie, - le informazioni sull’aspetto attuale degli edifici, - la localizzazione fisica delle strutture o dei siti di identificazione (a livello di base geologica e morfologica), - una loro immagine, - la descrizione del sito, - la bibliografia raccolta (fig. 12). In merito alle problematiche prettamente architettoniche non direttamente connesse all’inquadramento generico della struttura, facciamo riferimento al data base del Progetto Atlante dei siti ecclesiastici medievali della Toscana, attivo presso il Dipartimento di Archeologia e Storia delle Arti dell’Università di Siena97. Per il momento è stata conclusa la schedatura dei siti ecclesiastici riportati nelle Rationes Decimarum della fine del Duecento e dei primi del Trecento.

95 Naturalmente se si creeranno le condizioni per poter effettuare delle indagini mirate attarverso saggi stratigrafici su alcuni dei siti più rapprensentativi, condizioni che dipenderanno anche dalla disponibilità delle Amministrazioni comunali della provincia senese. 96 Il software che abbiamo usato per creare l’archivio è FileMaker pro 6. 97 Il progetto consiste in una sistematica raccolta di dati storici, archeologici ed architettonici su tutti i siti religiosi della Toscana, tuttora esistenti o solo documentati, dalle origini alla fine del Trecento. Si tratta di un totale ipotizzabile di circa seimila enti tra cattedrali, monasteri, conventi, pievi, chiese, ospedali e canoniche, oltre un quarto dei quali presumibilmente recanti consistenti strutture di età medievale. Direzione scientifica prof. Italo Moretti. Coordinamento scientifico dott. Fabio Gabbrielli. Elaborazione strumenti informatici Giancarlo Macchi. Apparati iconografici Aldo Favini. Consulenza storica Michele Pellegrini. Georeferenziazione dei siti e precatalogazione, Maricla Bicci, Aldo Favini, Eleonora Frati, Vincenza La Carrubba. 18 Fig. 12 – Interfaccia di FileMaker delle schede di sito del data-base.

Fig. 13 – Vista di ArcView del progetto di gestione-dati.

Il secondo passaggio è stato creare una griglia decrescente di valori attribuiti all’attendibilità del riconoscimento, affidato sulla base delle informazioni globali del sito. Fondamentale per visualizzare i dati archiviati e generare le basi di lavoro, è stato creare un GIS utilizzando varie tipologie cartografiche, permettendo la creazione di tematismi chiave da interrogare, rapportandoli via via tra loro e permettendone l’interazione con le basi cartografiche98 (fig. 13). Il quadro di presentazione dei dati ha previsto la creazione di un archivio multimediale delle immagini relative ai siti utilizzati come guida all’indagine, quindi le foto dello stato attuale delle

98 Il software utilizzato per la base GIS è ArcView 3.0 della ESRI Inc.La cartografia che abbiamo utilizzato è di natura raster e vettoriale. Le basi raster vanno dai fogli IGM a scala 1:25.000 fino ai catastali in scala 1:5.000. I dati vettoriali sono disponibili per tutta l’area della inquisitio in scala 1:10.000. Un altro importante supporto sono le ortofotocarte digitalizzate dei voli AIMA del 1996, su scala 1:10.000 una risorsa fondamentale per visualizzare i caratteri del paesaggio al fine di programmare i tipi di interventi. 19 chiese, il luogo di identificazione se se sono sparite, nei casi in cui sono già state effettuate ricognizioni archeologiche le foto dei siti rinvenute nelle vicinanze99. Questo lavoro di raccolta-dati ha lo scopo essenziale di pianificare la tipologia di intervento archeologico più adatta ad ogni sito100.

3 - LA RICERCA ARCHEOLOGICA

3.1 - Metodologia della ricerca (il cerchio si chiude)101 L’approccio archeologico che crediamo sia più opportuno utilizzare per lo studio di un territorio vasto e con diffusi fulcri d’interesse, ognuno inserito in un ambito territoriale con caratteristiche proprie, si basa sulla multidisciplinarità. Intendiamo avvicinarci alla conoscenza delle vicende insediative specifiche, seguendo un percorso che prende avvio dallo studio delle riprese aeree verticali, con particolare attenzione a quelle ad alto contenuto storico, come i voli del 1952-54, che si riferiscono a paesaggi ormai scomparsi in seguito agli sviluppi moderni delle pratiche agricole e al boom insediativo del dopo guerra. Per arrivare alle riprese del 1996, che servono sia da facile riferimento con il panorama attuale sia da testimonianza dei cambiamenti subiti dal territorio negli ultimi quarant’anni. Parallelamente a questo tipo di lavoro saranno consultate le foto oblique scattate sulla maggior parte dei siti considerati, durante le campagne di ricognizione aerea. Il progetto è stato organizzato dal Dipartimento di Archeologia di Siena, Insegnamento di Archeologia Medievale in collaborazione con English Heritage, nella primavera 2000, 2001 e 2002102. La ricognizione archeologica di superficie riveste in questo percorso il ruolo di primo contatto con il territorio circostante i siti menzionati nelle fonti. Rappresenta la strategia più utile per l’inquadramento delle tipologie e delle cronologie abitative presenti. Possibilmente sarebbe auspicabile individuare un’area di spicco per la comprensione delle trasformazioni dell’insediamento avvenute dalla Tarda antichità all’Altomedioevo, sulla quale applicare indagini geofisiche. Successivamente sullo stesso sito è necessario effettuare dei saggi stratigrafici che permettano di collegare le eventuali anomalie registrate dagli strumenti di indagine non distruttiva, con le stratigrafie sottostanti. Questa pratica che rappresenta la chiusura di un circuito prevede la ripetizione di voli aerei mirati su alcuni siti scelti come campioni, in modo da individuare i cambiamenti delle eventuali tracce in base alle varianti stagionali, metereologiche, agricole. Queste ripetizioni e i risultati della stratigrafia permetteranno come per i dati geofisici, di accertare l’affidabilità delle tracce anomale visibili dall’aereo e di rendere possibile la loro interpretazione con metodi non invasivi. L’utilizzo di prospezioni integrate per lo studio di siti archeologici ha precedenti che hanno restituito notevoli risultati. E’ esemplificativo il caso del sito romano di Neviodonum in Slovenia, indagato tramite l’utilizzo combinato di ricognizioni di superficie, indagini geofisiche, aereofotointerpretazione unite a fasi di scavo precedenti e successive103.

99 Il software che abbiamo usato per creare l’archivio è Canto Cumuls 5. 100 Vale la pena di ricordare nuovamente l’importanza riconosciuta all’approccio archeologico nello studio delle fasi di passaggio all’altomedioevo “E’ dunque soltanto mediante prospezioni o scavi archeologici, condotti con interessi e tecniche adeguati, che la continuità potrà essere provata o smentita; e alla prova dei reperti materiali dovrà rimettersi anche lo storico abituato sinora a trarre le sue deduzioni (volentieri ritenute definitive) unicamente dai documenti scritti (…)”, SETTIA, 1991, p. 21. 101 L’individuazione di questo tipo di approccio metodologico è il frutto della maturazione dell’idea di integrazione delle tecniche di ricerca archeologica che ha trovato un forte contributo nelle discussioni avute in merito a questo approccio con la prof.ssa Darja Grosman, che ha promosso da tempo l’uso di prospezioni integrate in Slovenia e con il dott. Stefano Campana, responsabile del settore del Telerilevamente presso il Dipartimento di Archeologia dell’Università di Siena. 102 I risultati di queste campagne e la presentazione di questo primo progetto in Italia, nato nell’esperienza di Dottorato di Ricerca in Archeologia Medievale del dott. Stefano Campana, possono essere lette nel volume di prossima pubblicazione: CAMPANA-et alii, c.s. 103 GROSMAN, 2000, p. 245. 20 Sito con potenziali fasi altomedievali.

RICERCA ARCHEOLOGICA

Aereofotointerpretazione Ricognizioni delle foto aeree verticali e archeologiche di oblique superficie

Ripetizione dell’aerial survey in differenti condizioni

Saggi stratigrafici di conferma alle anomalie individuate dalla Prospezioni geofisiche geofisica e dai voli aerei

Fig.14 – Rappresentazione grafica della chiusura del circuito metodologco di approccio multidisciplinare al sito.

Un esempio eccellente di questo tipo di approccio al territorio è l’esperienza austriaca ormai trentennale. Il monitoraggio archeologico e parallelamente la ricerca, avvengono integrando la fotogrammentria con diversi metodi geofisici (magnetometria, suscettività magnetica, resistività e GPR – graund penetrating radar). E’ a questo cammino costantemente parallelo tra remote sensing (aerial archaeology, prospezioni geofisiche), field survey e scavo stratigrafico che si ispira il nostro progetto di ricerca (fig. 14)104.

104 Sulla decennale esperienza di integrazione di fonti per l’archeologia in Austria si vedano i più recenti contributi su queste attività presentate al 4° incontro internazionale sulle prospezioni archeologiche svoltosi a Vienna nel 2001: NEUBAUER, 2001, pp. 9-10; DONEUS et alii, 2001, pp. 11-59. 21 3.2 – Creazione della griglia di riferimento L’aspetto fondamentale del processo di affinamento del metodo di indagine appena descritto è la creazione della griglia alla quale riferire i dati telerilevati dei siti per i quali non sarà previsto il riscontro stratigrafico. In effetti è questo il nodo cruciale della strategia di indagine del progetto. Come detto la griglia sarà necessaria per due tipologie di dati: - dati relativi allo spettro degli andamenti delle rilevazioni geofisiche, - dati sulle tracce individuate da aereo e fotografate in diversi momenti dell’anno. Per ambedue questi aspetti come detto è fondamentale avere il riscontro stratigrafico, per capire che a quel tipo di traccia o di registrazione per esempio magnetica, corrisponde tendenzialmente un certo elemento strutturale coperto. Questa griglia è l’elemento che permette di applicare la ricerca archeologica ai siti previsti.

4 – I METODI

4.1 - Le foto aeree verticali e oblique Per le immagini zenitali si possono utilizzare riprese aeree effettuate a distanza di anni e a differenti scale105.

Fig. 15 – Foto obliqua del sito di probabile identificazione della Pieve di S. Maria in Cosona (Aerial Research School, Siena-2001).

Questo tipo di supporto ha il grande merito di aiutarci ad inquadrare l’ambiente circostante i siti di interesse. E’ il passo-base per procedere alle successive fasi di ricerca, sia in merito alla scelta dei siti che presentino condizioni più favorevoli sia per individuare eventuali cambiamenti del paesaggio nel corso degli anni. Un’attenzione particolare meritano le foto oblique106. Durante le prime campagne di ricognizione aerea effettuate nel territorio senese abbiamo collezionato una serie di scatti sulla maggior parte dei siti di interesse citati in questa sede (fig. 15).

105 Volo GAI, 1952-53, scala 1:33.000. Volo EIRA, 1975-76, scala 1:13.000. Volo AIMA, 1996, scala 1:10.000. 22 Questo doppio tipo di supporto ci servirà a individuare anomalie nelle aree attorno alle chiese, alle quali seguiranno le sistematiche verifiche a terra. Sono chiaramente escluse da questo approccio le pievi oggi incluse nelle maglie urbane107. Soprattutto per le foto oblique come abbiamo precedentemente spiegato, è previsto un ciclo di ripetizione di voli e scatti su alcuni siti che presenteranno eventuali tracce anomale, per la messa a punto della metodologia delle ricognizioni archeologiche aeree mirate.

4.2 - Ricognizioni archeologiche di superficie La strategia più diretta è la ricognizione topografica mirata, attraverso degli zoom attorno alle pievi e chiese nominate nel 715 e alle attestazioni documentarie del monastero amiatino, allargando l'indagine da uno o ad un massimo di tre km2 (esempi delle aree circostanti alcuni siti localizzati: (fig. 16).

Fig. 16 – Ortofotocarta (1:10000) dell’area circostante la Pieve di Cennano presso Castelmuzio (comune di Trequanda).

L'obiettivo è individuare tracce che indichino la presenza di frequentazioni nelle aree circostanti i fulcri di interesse, con la speranza che si possa trattare di insediamenti relativi alla fase di formazione del paesaggio medievale. Un occhio di particolare interesse è rivolto alle tre pievi per le quali Maroni ha mutato il luogo di identificazione108. Tenteremo di individuare le aree di probabile localizzazione e da questo punto inizieremo le indagini, prima tramite ricognizioni di superficie ed inseguito se si creeranno le condizioni ottimali, attraverso indagini geofisiche mirate. Verranno da subito escluse da questa indagine le pievi di S. Pietro ad Mensulas e di Sant’Ippolito in Sessiano

106 La metodologia dell’aerial survey in ambiente anglosassone ha dato negli ultimi cinquant'anni un contributo decisivo alle indagini sui paesaggi archeologici. Nelle settimane a cavallo tra maggio e giugno 2000-2002 l'Insegnamento di Archeologia Medievale del Dipartimento di Archeologia di Siena in collaborazione con English Heritagesi, ha organizzato una serie di campagne di riprese aeree. In Italia questo tipo di esperienza ha rivestito un ruolo assolutamente pioneristico, permettendo di collezionare un patrimonio di circa 7000 foto del territorio toscano: CAMPANA, et alii, c.s. 107 Per esempio S. Quirico in Osenna, oggi collegiata nel centro storico di San Quirico d’Orcia. 108 Abbiamo già insistito ampiamente sulla pieve di S. Vito in Osenna. 23 (oggi San Polito), perché attualmente inserite nella maglia urbana rispettivamente della Pieve di Sinalunga e di Asciano. Mentre si rivela alto il potenziale di studio delle pievi oggi collocate nella fascia delle Crete senesi, notoriamente un paesaggio destinato quasi esclusivamente alla coltivazione cerealicola e ai pascoli. In queste condizioni aumentano in maniera esponenziale le potenzialità di investigazione dei territori circostanti le chiese rurali.

4.3 - Indagini geofisiche109 Questo tipo di approccio rappresenta il secondo passo nell’ideale zoom progressivo di avvicinamento al sito. Dopo la ricognizione di superficie il naturale passaggio porta ad un’indagine non distruttiva, ma più intensiva rispetto alla raccolta e osservazione dei materiali affioranti. Come abbiamo detto nel paragrafo 3.1 le prospezioni saranno seguite da saggi archeologici da effettuare nei punti nevralgici che esse mostreranno, così da collegare alle anomalie delle verifiche immediate. Va anzitutto ricordato che questi mezzi nelle condizioni ambientali e climatiche della nostra area vengono utilizzati al limite delle loro possibilità. Tutti i tipi di strumentazione agiscono al meglio in condizioni di clima secco e di terreni sabbiosi e asciutti. Nella nostra area sono invece presenti substrati geologici di natura argillosa e le condizioni ambientali sono spesso sfavorevoli. Nonostante queste premesse indagini indirette sul terreno possono rivelarsi di fondamentale importanza, specialmente nei siti dove la pieve non è più in elevato e il luogo di possibile identificazione si sovrappone ad un insediamento precedente. A favorire certamente l’utilizzo della Magnetometria come metodo preponderante nella nostra zona è la disponibilità di argilla. Questa caratteristica naturale in tutte le fasi storiche ha determinato il prevalente utilizzo di costruzioni in laterizi e genericamente un largo uso di terre cotte, particolarmente buone per la risposta magnetometrica, grazie alla magnetizzazione residua dovuta alla cottura in fornaci ad alte temperature.

4.4 - Scavo archeologico Lo scavo in questo progetto ha una duplice valenza. Durante le prime fasi della ricerca riveste il ruolo di accertamento e valorizzazione dei dati provenienti da metodi non distruttivi. Le sequenze stratigrafiche, come premesso, provenienti da eventuali saggi da praticare su alcuni siti pilota, saranno la base sulla quale investire per la conoscenza dei restanti siti. Lo scavo riveste comunque anche un ruolo diverso e conclusivo. La fase finale del lavoro è individuare almeno un sito sul quali praticare uno scavo stratigrafico. Il sito dovrà essere il più possibile esemplificativo delle casistiche individuate durante le fasi precedenti di comprensione dell’area di indagine. Naturalmente la scelta maturerà a seguito della conclusione dei livelli di studio precedenti.

5 – I TEMPI

5.1 – Obiettivi del primo anno Quello che prevediamo di portare avanti durante il I° anno di lavoro è lo studio delle foto aeree verticali ed oblique (per le seconde gli scatti disponibili fino a questo momento), inquadrando tutte le aree circostanti i siti di interesse e selezionando quelli con caratteri migliori per la ricerca sul campo ed eventualmente quelli con visibilità di tracce anomale nei dintorni. In seguito saranno programmate ricognizioni di superficie mirate ad alcuni siti-pilota. In seguito a queste indagini verranno individuate delle aree di preferenza dove crediamo si potranno concentrare il maggior numero di indicazioni relative all’insediamento tra l’epoca romana e quella medievale. In queste porzioni di territorio si potranno iniziare a praticare indagini geofisiche.

109 In questa fase della ricerca questo tipo di prospezioni verranno effettuate in collaborazione con il prof. Dario Albarello del Dipartimento di Scienze della Terra dell’Università di Siena, soprattutto in merito alla lettura ed interpretazione dei dati. 24 5.2 – Obiettivi del secondo anno Durante il II° anno prevediamo di iniziare a praticare i saggi stratigrafici sulle aree campione scelte nell’anno precedente nei casi in cui le indagini geofisiche siano già state effettuate. Parallelamente continueranno ad essere praticate prospezioni nei restanti siti-pilota. Insieme a queste indagini a terra prevediamo di ripetere i voli aerei110 e gli scatti fotografici sui siti di interesse, in più condizioni atmosferiche e stagionali così da mettere a punto un griglia per una lettura interpretativa anche delle tracce anomale visibili dall’alto. Le ricognizioni sistematiche a terra accompagnano tutte le fasi descritte durante questo anno.

5.3 – Obiettivi del terzo anno Nell’ultimo anno della ricerca, prevediamo soprattutto di poter applicare la griglia di lettura che dovrebbe essersi generata dal lavoro metodologico dei primi due anni alla maggior parte dei siti indagabili. Se si creeranno le condizioni necessarie potrebbe essere il momento di praticare uno scavo archeologico nel sito che considereremo più esaustivo per la comprensione del passaggio dall’insediamento romano a quello medievale. Naturalmente questo anno servirà per la stesura delle conclusioni e della tesi finale.

6 – CONCLUSIONI Per ribadire il concetto base di questo progetto di ricerca vorrei riportare l’attenzione sull’importanza delle fonti documentarie che abbiamo a disposizione e sulla rarità di un caso di attestazioni ecclesiastiche e non solo così completo nel panorama italiano in una fase tanto precoce del Medioevo. La possibilità di seguire la scia delle pievi e delle chiese attestate, per capire l’insediamento circostante e le scelte effettuate dalle nuove classi politiche longobarde che si insediano nell’attuale provincia senese in quegli anni è un’opportunità unica. Questo progetto si profila come base di sperimentazione e approfondimento di una metodologia di indagine archeologica integrata, fatta di più fonti da utilizzare contemporaneamente, unendo i risultati allo scopo di ottenere il meglio che ciascuna può offrire.

110 I voli pensiamo possano essere effettuati con la collaborazione dell’Aereoclub di Siena. 25