ARCHEOLOGIA, ARCHITETTURA, ARTE E TERRITORIO  Direttore Fabio R Università degli Studi dell’Aquila

Comitato scientifico Michela C Università degli Studi di Cassino Giulio T Università degli Studi dell’Aquila Fernando Amores C Università di Siviglia Francesco A Università degli Studi di Napoli Federico II ARCHEOLOGIA, ARCHITETTURA, ARTE E TERRITORIO

Uomo, cultura e ambiente: sulle tracce delle civiltà del territorio.

La collana nasce dall’esigenza di impostare una ricerca scientifica pluridisciplinare che consenta di indagare le risorse paesaggistiche, intese come contesti naturali antropizzati, e gli aspetti materiali e artistici delle produzioni presenti nel territorio. Il profilo geomor- fologico e le risorse climatico–ambientali di una regione ne condi- zionano l’occupazione antropica determinandone le dinamiche e le caratteristiche di gestione in stretta connessione con l’evolversi di quell’insieme di conoscenze tecniche, artistiche, di abitudini e tradizioni riassumibili con il termine “cultura”. La collana appro- fondisce e integra le diverse discipline scientifiche che hanno co- me oggetto lo studio del territorio e delle culture che in esso si so- no sviluppate, con lo scopo di ricostruirne le motivazioni e le dina- miche storiche, in funzione della valorizzazione di quegli elemen- ti che le connotano, connettendole con i contesti macroregionali. I volumi accolti in collana sono sottoposti a peer review.

Roberto Montagnetti Il territorio dell’antica Contea di e gli insediamenti della prima fraternitas francescana Aracne editrice

www.aracneeditrice.it [email protected]

Copyright © MMXVIII Gioacchino Onorati editore S.r.l. – unipersonale

www.gioacchinoonoratieditore.it [email protected]

via Vittorio Veneto,   Canterano (RM) () 

 ----

I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica, di riproduzione e di adattamento anche parziale, con qualsiasi mezzo, sono riservati per tutti i Paesi.

Non sono assolutamente consentite le fotocopie senza il permesso scritto dell’Editore.

I edizione: febbraio  Indice

 Prefazione

 Introduzione

 Capitolo I

.. Cenni geomorfologici del territorio,  – .. Storia degli studi e delle ricerche,  – .. Inquadramento storico del territorio in epoca medievale, .

 Capitolo II

.. Il dibattito storiografico sul francescanesimo abruzzese,  – .. La presenza di Francesco e le presunte fondazioni francescane in Abruz- zo,  – .. Gli attuali conventi francescani nel territorio del Parco Regionale Sirente–Velino,  – ... San Francesco A ,  – ... San Francesco a ,  – ... San Pietro in Al- be,  – ... San Francesco a ,  – ... San Francesco a Celano,  – ... San Francesco a , .

 Capitolo III

.. La presenza di San Francesco e l’origine degli insediamenti france- scani all’interno del parco regionale Sirente–Velino alla luce dell’analisi topografico–archeologica,  – .. La situazione insediativa del territo- rio al tempo di Francesco,  – .. La viabilità del territorio nella prima metà del  secolo,  – ... Le analisi geospaziali per la ricostruzione della viabilità,  – ... I modelli grid utilizzati per le cost surface analy- sis,  – ... Considerazioni conclusive sulla viabilità,  – .. Schede topografiche, .

 Conclusioni

  Indice

 Appendice

 Abbreviazioni bibliografiche Prefazione

Il tema degli insediamenti della prima fraternitas francescana in terri- torio aquilano non è estraneo alla storiografia francescana abruzzese, ma decisamente innovativa è la metodologia della ricerca, che de- finirei archeologica e con particolare attenzione alle più aggiornate tecniche informatiche e di telerilevamento, che Montagnetti applica con padronanza. L’elezione di Francesco quale “custode” del Parco Regionale Sirente–Velino appare una scelta molto coerente da parte degli amministratori e costituisce la molla iniziale della scommessa della verifica delle due posizioni prevalenti riguardo alla presenza del Santo nel territorio in esame. Da una parte i sostenitori dell’ipotesi che Francesco, come riferisce il protobiografo del Santo, Tommaso da Celano, abbia visitato soltanto Celano e Pescina tra il  e il  e di nuovo Celano intorno al ; dall’altra chi ritiene che Francesco si sia recato anche in altre località del territorio, fra le quali Castelvecchio Subequo che conserva una preziosa reliquia del Santo, fondandovi celle monastiche e conventi. Attraverso l’uso del drone, nel territorio indagato sono stati indi- viduati e analizzati siti esistenti e altri scomparsi e ridotti al livello di rudere o di semplice affioramento dal terreno; i dati sono stati geo- referenziati, schedati e inseriti in un sistema informativo territoriale (SIT), con elaborazioni grafiche e ricostruzioni in d delle evidenze materiali individuate sulla base del DEM o delle immagini satellitari tratte da Bing Map o del DTM LIDAR. Parlare di archeologia “pubblica”, definizione molto in voga re- centemente, mi sembra forse eccessivo, ma appropriato, in quanto la ricerca che Montagnetti ha svolto, dietro mio impulso, non si limita alla soluzione della diatriba storiografica ora detta, bensì, applicando le moderne tecnologie cui si è già accennato, oltre a individuare in- sediamenti monastici poco noti o del tutto sconosciuti, realizza un quadro insediativo territoriale che attenti e sagaci amministratori sa- ranno in grado certamente e auspicabilmente di mettere a frutto per

  Prefazione una migliore conoscenza e valorizzazione di un territorio straordi- nario che sta regredendo anche a seguito del triste fenomeno dello spopolamento naturale e della fuga dei giovani verso più comode sistemazioni. Potrebbe apparire mero esercizio accademico l’individuazione dei siti a vocazione francescana o fondati dal Santo, ricostruire un quadro ambientale e insediativo rapportabile cronologicamente ai tempi di Francesco, rintracciare la viabilità coeva e calcolare i tempi di per- correnza per valutare in modo concreto e scientifico le possibilità di spostamento da un sito all’altro del territorio in tempi e con impegno fisico ragionevoli e compatibili. In realtà tutto questo può essere assun- to dagli amministratori del Parco e delle comunità locali come misura dei percorsi di visita e di attività culturale–turistica e come base per la progettazione e la realizzazione di percorsi tematici, “francescani” nella fattispecie, e non solo, e come motore di valorizzazione e pro- mozione del territorio attraverso interventi socialmente sostenibili ed efficaci. Da qualche anno, con il sostegno della Regione e di alcune Amministrazioni locali si svolge alla fine di agosto la “Marcia del Crea- to” che intende far conoscere e apprezzare, con spirito francescano, le bellezze paesaggistiche e insediative del percorso che, ovviamente a piedi, unisce Celano, , Gagliano Aterno e Castelvecchio Subequo, con tappa intermedia nell’altopiano di Baullo, a circa  m s.l.m., dove da due anni, con uno scavo archeologico da me diretto, abbiamo riportato alla luce i resti di S. Scolastica, nei pressi della scatu- rigine naturale che, secondo la tradizione, fece sgorgare Francesco, con il celebre Miracolo dell’acqua effigiato da Giotto nella basilica di Assisi, in occasione del trasferimento del Santo da Celano a Gagliano Aterno e forse Castelvecchio Subequo. Alla “Marcia del Creato” esistente possiamo ipotizzare l’affianca- mento di altri percorsi e di altre attività culturali, turistiche, economi- che che la ricerca archeologica territoriale compiuta suggerisce come applicazione dei consistenti risultati conseguiti. F R

.R,M,R,L , pp. –. Introduzione

Questo studio ha cercato di ricostruire, attraverso una lettura incro- ciata delle fonti storiche, agiografiche e archeologiche, la presenza di San Francesco nell’area dell’attuale Parco Regionale Sirente–Velino e di individuare gli insediamenti della prima fraternitas francescana all’interno di questo territorio. Tale area geografica corrisponde, nello specifico, ai territori comu- nali di , , , Castelvecchio Subequo, Celano, , Collarmele, , Fontecchio, Gagliano Aterno, Go- riano Sicoli, Magliano dei Marsi, Massa d’Albe, Molino Aterno, , , Pescina, , , San Dome- nico né Vestini, e , tutti ricadenti nella provincia dell’Aquila. L’unica testimonianza della presenza fisica di Francesco in Abruzzo, e più specificatamente all’interno del territorio preso in considera- zione dalle ricerche, è fornita dal racconto del suo protobiografo Tommaso da Celano, secondo cui Francesco giunse in Abruzzo per la prima volta tra il  e il  rispettivamente a Celano e a Pescina e una seconda volta, intorno al , nella sola Celano. Eppure diverse memorie e tradizioni sostengono che San Francesco abbia visitato altre località in Abruzzo dove avrebbe fondato conventi e luoghi per i suoi frati. Questa diatriba, ovvero la presenza o meno del Santo in varie località della regione, oltre a Celano e Pescina, e la fondazione diretta da parte di Francesco di alcuni conventi abruzzesi, come vuole la tradizione, ha diviso e continua a dividere tutt’ora la storiografia francescana abruzzese. Essenzialmente sulla questione esistono due scuole di pensiero con- trapposte: quella che sostiene che Francesco abbia visitato solamente Celano e Pescina, unici luoghi attestati dalle fonti, senza aver fondato alcun insediamento e quella che non esclude a priori la presenza di San Francesco in altre località abruzzesi, così come la fondazione, da

  Introduzione parte del Santo, di alcuni insediamenti in quest’area, semplicemente per la mancanza di documenti scritti che la testimonino. Questo lavoro pertanto ha affrontato la questione da un punto di vista diverso, vale a dire quello dell’analisi archeologico–topografica e geospaziale del territorio. Come primo passo ha individuato, censito e analizzato archeologi- camente tutti quei siti e quelle strutture superstiti tradizionalmente legate alla figura del Santo, allo scopo di capire se effettivamente potessero risalire cronologicamente all’epoca di Francesco. Allo stesso tempo si è proposto l’obiettivo di ricostruire la topo- grafia medievale del territorio attraverso l’individuazione di tutti gli insediamenti sicuramente esistenti al tempo di Francesco e la viabilità dell’area in quell’epoca, per valutare, in questo modo, la sua densità abitativa, la qualità dei collegamenti tra un insediamento e l’altro e le tempistiche di spostamento al suo interno. Tutto ciò per capire le ragioni che avrebbero potuto determinare la visita di San Francesco in altre località di quest’area oltre a Celano e Pescina, influenzare i suoi spostamenti e decretare, eventualmente, la fondazione di loci francisci all’interno del territorio. Stabilire, quindi, l’effettiva incidenza che la figura di San Francesco ha avuto, in termini di nuove edificazioni monastico–religiose o di riadattamento di quelle già esistenti, all’interno del territorio e quanto, eventualmente, tutto questo abbia inciso sull’assetto insediativo e topografico dell’area, chiarendo i rapporti tra le strutture francescane e gli altri insediamenti del territorio. Capitolo I

.. Cenni geomorfologici del territorio

Il territorio del Parco Sirente–Velino è delimitato dai massicci mon- tuosi del Sirente e del Velino. Il Sirente e il Velino, insieme alle montagne distinte nei sottogruppi dei Monti della Magnola, delle Montagne della Duchessa, della Serra di Celano e di Monte Ocre/Monte Cagno, rappresentano geografi- camente il centro del sistema montuoso abruzzese. Il loro insieme orografico è compreso tra le depressioni della Valle del Salto a sud ovest, la Valle dell’Aterno a nord e la conca del Fucino a sud. A est la ridente Valle Subequana mette in comunicazione con la Conca di e la Valle Peligna, mentre a nord ovest le Montagne della Du- chessa proseguono le loro linee oltre regione, saldandosi ai Monti del Cicolano nel Lazio. Nel Parco è presente la terza vetta dell’Appennino, il Monte Velino con i suoi  metri; altre considerevoli elevazioni sono il Sirente ( m) che sovrasta l’Altopiano delle Rocche, il Co- stone ( m), il Monte Ocre ( m), i Monti della Magnola ( m), il Murolungo ( m). L’ambiente geologico dell’intero comprensorio è dato dall’area interposta tra l’imponente catena carbonatica del monte Ocre (m .)– (m .) e la sottostante valle del fiume Aterno, ubicata a NE della catena, con il corso d’acqua che scorre da NO verso SE. Il substrato geologico è costituito da una successione calcarea e calcareo–marnosa (subordinatamente calcareo–dolomitica) di età me- so–cenozoica e di notevole spessore (.–. m), attribuibile a facies di piattaforma carbonatica (con relativo margine), scarpata e bacino.

. Per l’inquadramento geomorfologico dell’area di indagine si fa riferimento a V,G  A.V. .

  Il territorio dell’antica Contea di Celano [. . . ]

Figura .. Inquadramento geografico del territorio del Parco Regionale Sirente–Velino.

Questa successione è connessa all’evoluzione spazio–temporale della cosiddetta Piattaforma laziale–abruzzese Auct., importante unità paleogeografica che ha caratterizzato e vincolato l’evoluzione tetto- nica di buona parte dell’Appennino centrale; a questa si associano, ai margini, le unità bacinali che andavano a circondare la piattaforma. Dal punto di vista strutturale, l’area è posta in corrispondenza del- la sovrapposizione tra l’unità strutturale del Velino–Sirente e l’unità strutturale del Gran Sasso, sovrapposizione che avviene lungo un fron- te di sovrascorrimento, variamente articolato, orientato in direzione appenninica. Durante il Pleistocene sistemi di faglie distensive a diversa orienta- zione hanno variamente disarticolato la struttura, determinando la for- mazione di una serie di depressioni ed alti strutturali tipo horst e gra- ben. Questo particolare assetto strutturale ha fortemente condizionato l’evoluzione geomorfologica pleistocenica. Dal punto di vista geomorfologico i rilievi dell’area sono carat- terizzati dall’intenso sviluppo di morfologie carsiche, sia a piccola Capitolo .  scala, doline, campi carreggiati, rocce fessurate e montonate e ancora profonde cavità carsiche a forma di imbuto (la più celebre è la Fossa Raganesca) e di grotte (Grotte di Stiffe), che a grande scala (polja). Queste ultime più che forme carsiche sono vere e proprie depressioni tettoniche, associate a sistemi di faglia distensivi o transtensivi, evolu- tesi in depressioni endoreiche costituenti il livello di base di primitivi reticoli idrografici, ora secchi. Le depressioni principali (Altopiani del- le Rocche, Prati dell’Anatella, Prati del Sirente) risultano allineate in direzione appenninica, controllate sia da sistemi di faglie distensive sia dall’affioramento di piani di sovrascorrimento. Sul fondo di tali depressioni si sono instaurati nel corso del Pleistoce- ne–Olocene (ed in alcune sono ancora presenti) ambienti sedimentari di tipo lacustre–palustre, con sedimentazione di limitati spessori di sabbie, argille e torbe. Al margine di alcune di esse si aprono inghiot- titoi (ad esempio Pozza Caldara), generalmente non percorribili ma sicuramente attivi. A quote minori, la piana intermontana del fiume Aterno rappre- senta la più grande depressione tettonica dell’area, interposta tra i massicci del Gran Sasso e del Velino–Ocre–Sirente. La sua morfologia è caratterizzata da superfici terrazzate, rilievi collinari e aree pianeg- gianti modellate in depositi lacustri e fluvio–lacustri relativi a più cicli sedimentari succedutisi nel corso del Pleistocene. Il paesaggio si presenta alquanto omogeneo come tipologia di am- bienti su entrambi i versanti settentrionali dei due massicci, ma non mancano di certo gli aspetti peculiari che lo differenziano dalle altre montagne appenniniche: le pareti rocciose che si innalzano a picco direttamente dalla faggeta sottostante, l’allineamento parallelo delle valli glaciali orientate a nord est, lo stesso isolamento geografico delle due montagne ai margini di ampie conche alluvionali del Pleistocene (del Fucino ad occidente e dell’Aterno a oriente). Un’ulteriore simili- tudine deriva dalla estrema aridità ambientale sui versanti meridionali dei due massicci, dove solo a nord si sono mantenute integre oasi di folta vegetazione, essendo quest’ultimo versante caratterizzato da un’esposizione più fresca e da una maggiore umidità. Viceversa, i versanti esposti a sud ovest sono costituiti da una vegetazione tipica di clima secco, meno evoluta a causa della forte insolazione e della conseguente ridotta umidità. Il Sirente, nello specifico, a causa della permeabilità del suo suolo, è  Il territorio dell’antica Contea di Celano [. . . ] particolarmente povero di acque superficiali e ha scarsissime sorgenti. I ruscelli che si incanalano sono attivi solo nella stagione invernale e primaverile. Di essi permane tutto l’anno solo il Rio Gamberale, che si versa nella Pozza Caldara. Anche tra le fonti e polle d’acqua solo tre rimangono in efficienza tutto l’anno: Fonte dell’Acqua ( m), Fonte Anatella ( m) e Fonte Canale ( m).

.. Storia degli studi e delle ricerche

L’excursus sulla storia degli studi del territorio indagato può essere delineato a partire dalla seconda metà del XVII secolo con la pubblica- zione dell’Historiae Marsorum di Muzio Febonio, in cui lo studioso proponeva il primo contributo alla conoscenza del quadro storico della , con particolare riferimento all’età romana, attraverso l’analisi delle fonti storiche e lo studio delle evidenze archeologiche; le dissertazioni del Febonio servirono da guida alle trattazioni successive come la Reggia Marsicana del Corsignani del . Quest’ultima, divi- sa in dodici capitoli, si apre con una rapida esposizione delle origini del popolo dei Marsi, delle loro tradizioni, dei loro rapporti con gli antichi Romani secondo le testimonianze di Strabone, di Plinio e di Gellio e si conclude con una raccolta di tutte le antiche iscrizioni che il Corsignani reperì in quest’area, fra cui val la pena di ricordare una curiosa descrizione della naumachia organizzata da Nerone nel lago Fucino; tuttavia, resta discutibile l’attendibilità dei dati riportati. Per il XVIII secolo, però, il maggiore contributo sulla storia del territorio marsicano, in particolare, e abruzzese in generale, è quello derivato dall’erudita Anton Ludovico Antinori che, in opere come la Corografia, forniva indicazioni interessanti sulla localizzazione e la storia delle principali località, conosciute anche grazie allo studio delle fonti antiche e medievali. Nel XIX secolo, l’avvio delle prime ricerche archeologiche in alcune località italiche e romane del territorio e le visite di alcuni viaggiatori stranieri, già frequenti dalla fine del secolo precedente, diedero un

.F . .C . .A, Corogr. Capitolo .  nuovo impulso alla conoscenza dell’area segnando di fatto un nuovo capitolo nella storia degli studi: in questo momento si collocano le pubblicazioni di nuovi interessanti contributi, tra cui figurano l’opera di carattere geografico Antica Topografia Istorica del Regno di Napoli di Domenico Romanelli, edita a Napoli del , ma soprattutto le prime pubblicazioni scientifiche con il resoconto delle attività di scavo in alcune località del comprensorio, fra cui Alba Fucens. Genericamente incentrati sulla storia dell’Abruzzo, e di poco successivi, sono gli importanti studi sulla viabilità romana con riferimento alla via Salaria e Cecilia del Persichetti e sulle antichità italiche abruzzesi, portati avanti da De Nino. Il XIX secolo si chiude con pubblicazioni allo stesso modo incentra- te principalmente sulle antichità italiche abruzzesi e soprattutto con i lavori di bonifica del bacino del Fucino che risvegliano l’interesse storico–archeologico di questa zona del territorio, che diviene oggetto di nuove ricerche. Gli studi condotti fino alla fine dell’, riguardanti quasi esclusi- vamente la storia e l’archeologia italica e romana, si rinnovano dal punto di vista tematico tanto che durante la prima metà del XX secolo sono pubblicati i primi contributi editi sulla storia medievale abruz- zese e, dunque, dell’area oggetto di questa indagine. In particolare, veri capisaldi in tal senso restano le diverse pubblicazioni del Rivera, attraverso cui è delineata la storia medievale abruzzese fino alla con- quista normanna, e della Jamison, autrice di studi sul regno normanno e sui conti dei Marsi. Ma soltanto con l’avvio di ricerche sistematiche da parte delle So- printendenze e di enti di ricerca universitari che a partire dalla seconda metà del XX secolo si registra una proliferazione di studi scientifici che seguono tendenzialmente tre ambiti di ricerca. Il primo è quello riguardante gli studi pre–protostorici del Radmilli e dell’Università di

.R –. .P . .P . .M . .B–D R . .R –;R ;R . .J .  Il territorio dell’antica Contea di Celano [. . . ]

Pisa a partire dal , ma intrapresi anche dai locali Irti e Grossi. Il secondo ha come obiettivo principale la storia dei centri italici e romani: per ciò che riguarda in maniera più specifica il periodo roma- no, si citano in primo luogo le pubblicazioni riguardanti Alba Funcens, indagata dal  al , e S. Potito dove le indagini sono iniziate nel , mentre, limitatamente alla ricostruzione della viabilità antica di quest’area, si annoverano gli studi di Orsatti sulla Via della Media Valle dell’Aterno e il lavoro di Zenodocchio che fissa quelle che sono, al momento, le principali ipotesi riguardo alla ricostruzione degli antichi itineraria romani all’interno di questo territorio. Il terzo ambito di ricerca, ancora piuttosto inesplorato fino a quell’epoca se si escludono gli studi del Rivera e della Jamison, è quello relativo al periodo compreso tra la tarda–antichità e il Medioevo. A tal riguardo si menziona lo scavo sistematico al recinto fortificato di Rovere condotto dalle Università di Roma e di Chieti dal , le pubblicazioni a carat- tere regionale di Staffa e Giuntella sui principali aspetti del periodo post–classico, e il lavoro, incentrato essenzialmente sulla ricostruzione storico–architettonica dell’altopiano delle Rocche, di Cifani. Al  si data l’ultimo grande contributo alla storia del Fucino dal periodo preromano al quello medievale, presentata per la prima volta secondo un approccio interdisciplinare nel lavoro curato da Burri. Tuttavia, è soltanto a partire dall’ultimo ventennio che la ricerca archeologica medievale del territorio ha conosciuto un maggiore interesse, in primis con gli importanti lavori sui siti fortificati della regione marsicana tra X e XII secolo dalla Somma e con la ricerca portata avanti della Saladino sui monasteri Benedettini dell’Abruzzo interno, pubblicati entrambi nel  e di aiuto per la comprensione

.R ;C–I–G . . Alba Fucens . .G–R . .O . .Z . .G . .S ;S . .G . .C . . Sulle rive della memoria . .S . .S . Capitolo .  delle dinamiche insediative del territorio. A questi si aggiungono gli scavi condotti dall’Università dell’Aquila a San Potito (Ovindoli) e al castello di Ocre. Un contributo particolare per la conoscenza storico–archeologica medievale del territorio è stato offerto da Giuseppe Grossi, che più di ogni altro autore ha compiuto ricerche all’interno di questo territorio confluite nel recente lavoro di Carta Archeologica della Marsica del . Infine, tra le pubblicazioni più recenti si annovera il lavoro a cura di Di Nino sulle torri e i castelli del Parco Regionale Sirente Velino del .

.. Inquadramento storico del territorio in epoca medievale

Nella seconda metà del VI secolo la provincia Valeria, di cui il territo- rio in esame faceva parte a partire dall’età imperiale, viene invasa dai Longobardi e definitivamente conquistata nel  da Ariulfo, secondo Duca di Spoleto. Le uniche fonti relative alla prima dominazione longobarda nella provincia sono costituite dalle lettere di Gregorio Magno, in cui vengono descritti essenzialmente gli sconvolgimenti che la traumatica conquista longobarda provocò sull’organizzazione ecclesiastica del territorio, con la decapitazione di un diacono della chiesa marsicana e l’uccisione di due altri monaci. All’ultimo periodo dell’egemonia longobarda risale, invece, un passo di Paolo Diacono che fa luce sull’assetto territoriale e sui principali centri del dominio longobardo in quest’area alla fine del regno. Quest’ultimo, infatti, nel descrivere la regione Valeria, annovera tra le sue città Tivoli, Car- soli, Rieti, Forcona e Amiterno, mentre il resto del territorio è definito

.R,M . .F . .G,I . .D N . .F , pp. –. . G M, Epist. IV, , , pp. ,: IX, , p. ; XII, , p. ; XII, , pp. –. . P D., Hist. Lang. II, : «. . . Porro tertia decima Valeria... Haec habet urbes Tiburim, Carsiolis et Reate, Furconam, et Amiternum regionemque Marsorum et eorum lacum qui Fucinus appellatur. . . ».  Il territorio dell’antica Contea di Celano [. . . ] unitamente come «regionem Marsorum et eorum lacum qui Fucinus appellatur», quindi come un’area sostanzialmente priva di centri urba- ni di cui l’elemento più rappresentativo era il lago del Fucino che, in quell’epoca, doveva ormai aver riacquistato la sua massima estensione. Pertanto, seppure con una certa approssimazione, questo passo svela l’assetto di un territorio ormai profondamente differente da quello di epoca romana, in cui gli antichi municipia sembrano aver perso completamente la loro importanza. Tuttavia, escluse queste limitate testimonianze, la documentazione di cui disponiamo non permette di delineare un quadro esauriente riguardo alle modalità e ai tempi dell’espansione longobarda nell’area oggetto di questa indagine, tantomeno riguardo le trasformazioni di ordine territoriale che seguirono la conquista. Probabilmente la Mar- sica divenne uno dei gastaldi in cui fu suddivisa la provincia Valeria dai longobardi, dipendente dal ducato di Spoleto; in un documen- to del , infatti, è citato un Gauderisius castaldus che sembrerebbe confermare tale ipotesi. Al momento, dunque, i pochissimi dati a disposizione per l’età lon- gobarda in questo territorio derivano essenzialmente dall’analisi della toponomastica e dalle fonti successive, vale a dire dalla documenta- zione monastica di epoca franca. Purtroppo anche i dati archeologici disponibili sono del tutto insufficienti a delineare la situazione inse- diativa dei nuovi conquistatori nell’area. Forse alla prima presenza longobarda nel territorio di Aielli possono essere riferiti i materiali di corredo datati al VI–VII secolo rinvenuti nella necropoli di S. Agosti- no; mentre i ritrovamenti ceramici effettuati in località “Cele”, nel di Aielli, potrebbero attestare una frequentazione del sito, pertinente all’antico insediamento di Caelanum, nel VII secolo e per tutto l’Altomedioevo.

.S , p. . . RF II, , p. . . Per quanto riguarda il territorio preso in esame da questa ricerca, non sono stati identificati al momento toponimi di origine germanica; tuttavia nelle immediate vicinanze è attestato il toponimo “Scurcola” (), di probabile origine longobarda. Per un approfondimento sulla toponomastica di origine germanica in Abruzzo si rimanda direttamente a Sabatini –. .F , pp. –. .G .