Le leggi eversive del 1806 a Corigliano d'

Giuseppe Orlando Ur

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Ancor prima dell'emanazione della legge eversiva del 2 agosto 1806 l'Uni- versità di Corigliano era ricorsa più volte contro un abuso che vessava i suoi cit- tadini da oltre tre secoli, nonostante fosse comunemente accettata l'idea che al feudatario tutto era dovuto. La stessa struttura sociale, con le sue regole e le sue consuetudini, legitti- mava agli occhi dei sudditi i diritti del titolare del feudo, e il retroterra cultura- le e ideologico sul quale poggiava e si consolidava tale concezione, così era spiegato da Davide Winspeare, presidente della Commissione Feudale, in un suo scritto: L'anarchia avea escogitato ed accumulato in questa provincia () tutte le vessazioni capaci di cadere nella mente umana, e la giurisprudenza forense chiamata a sostenerle, avea radicata l'opinione che la popolazione di Lecce aveva tutto ricevuto dalle mani dei baroni, e che i diritti di costoro non erano che tante riserve del loro universale dominio, come se la provincia di Terra d'O- tranto fosse stata la terra dei ttn, e i baroni i primogeniti degli uomini'. L'abuso contro il quale si batteva l'Università di Corigliano non rientrava tra quelli pvnt tllrt perché di derivazione feudale, dovuti al ttn b rn tl nr, ma era la pretesa autoritaria e arrogante della ripetizione di un atto di liberalità estemporaneo e autonomo che i coriglianesi si erano senti- ti di porre in essere trecento anni prima, d prn, in segno di affetto, di ri- spetto, fors' anche di adulazione. Il fatto è da collocare intorno alla prima metà del 1400: il 1415 ha suppo- sto Raffaele Guarini 2 scavando tra le righe dello scritto dell'arcade sebezio Do- rofilo Auricinio, e al quale si fa rimando per la ricostruzione della vicenda4, mentre qui ci si riserva un rapido sunto.

D. WISEAE, Storia degli abusi feudali, Napoli, Gabriele Regina ed., 1883, pp. 38-39. 2 . GUARINI, Corigliano d'Otranto. Economia e società nel `700. Il catasto onciario, Ca- vallino di Lecce, Capone Editore, 1987, pp. 134-148. A. LAPORTA (premessa dí), Corigliano d'Otranto, di Lecce, Lorenzo Capone Editore, 1979, pp. 38-40. 4 Vedi anche G. O. D'URSO, Corigliano d'Otranto. Memorie dimenticate, Lecce, Edizioni del Grífo, 2000, pp. 229-230, e nn. 17-18.

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Governando il principe di Taranto, i coriglianesi ritennero opportuno omag- giarlo con un donativo (in proporzione al numero di fuochi) di novecento to- moli di grano e altrettanti di orzo, ma quel principe lo esigette anche negli an- ni successivi con gran rammarico dei cittadini che protestarono invano le pro- prie ragioni. Contro quel principe mosse guerra Ferdinando I d'Aragona 5 : battuto, il prin- cipe cercò riparo nel castello di Corigliano, ma vi trovò la porta sbarrata e l'ar- tiglieria che gli sparava contro. I coriglianesi ebbero così la loro rivincita e pen- sando di liberarsi da quel sopruso si rivolsero a re Ferdinando. La guerra in corso abbisognava di mezzi finanziari e vettovaglie che non consentirono al re di abrogare quella che palesemente era una vessazione: ri- servandosi di provvedervi in tempi migliori, dispose che si continuasse a ver- sarla, ma ridotta di un quarto 6. Nel contratto d'affitto dell' 8 agosto 1771 7 si confermava8 che a carico del- l'Università gravava il peso per rnttr di seicentoquarantatre tomoli di grano e altrettanti di orzo, arricchendo con questo termine — riscontrato per Co- rigliano9 — il già cospicuo glossario di termini tributari vessatori, così spiegato nell'atto stesso:

La rnttr che consiste in esigere tomola novecento di grano ed altre tante di orzo della misura imperiale che ridotta alla misura napoletana restano tomo- la seicentoquarantatre di grano ed altre tante di orzo, delle quali se ne devono dedurre tomola cinquanta di grano ed altre tante di orzo che si devono ogni an- no alla Mensa Vescovile di Lecce, che però vengono a restare nelle tomola 592 e misure sei di grano ed altre tanto di orzo. E di più sacchi seicento di paglia, cioè trecento di grano e trecento di orzo che si contribuisce in ogni anno dal- l'Università, o in genere, o in denaro, seconde le solite liquidazioni, quale sud- dette somme di grano e orzo, secondo il solito costume, si raccolgono in ogn'anno nel mese di giugno o luglio, e resta il carico alli due granettieri eletti di fare tutta detta raccolta e conservarlo nel pubblico magazzino di detta Uni- versità, e nel giorno ventiquattro dicembre i detti granettieri devono dar conto al Padrone di tutta detta raccolta che si trova immessa nel detto magazzino pub-

È perciò da ritenere che si trattasse di Giovanni Antonio Orsini Del Balzo. 6 Sulla sua reale riduzione v. R. GUAII, Crln dOtrnt. En tà nl 00. Il tt nr, cit., p. 142. Asse, rtll ntrl, t Gvn ttt b, 46, . , atto dell'8 agosto 1771. 8 Un altro atto d'affitto datato 20 agosto 1761 è in . GUAII, Crln dOtrnt. E n tà nl 00. Il tt nr, cit., Appendice n. 4, pp. 193-197. 9 Si trova lo stesso tipo d'imposizione anche a Castrignano de' Greci, ma non si chiarisce l'origine.

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blico, e i generi raccolti si consegnano al Padrone il quale l'immette nei suol propri magazzini e restano a sua libera disposizione.

Forse approfittando del fatto che Francesco Trani, ultimo duca di Coriglia- no, aveva alienato al Regio Fisco il suo feudo, intorno al 1780 l'Università di Corigliano promosse una causa che si concluse nel 1794 con una transazione che commutava il tributo in un canone fisso redimibile di cinquecento ducati annui, ottenendo ancora una volta una fittizia vittorialo. A questa transazione fece riferimento il nuovo signore di Corigliano, Anto- nio Pignatelli di Belmonte, per far valere le sue ragioni di fronte alla Commis- sione Feudale nel 1810. Con l'entrata in vigore della legge abolitiva dei privilegi feudali del 2 ago- sto 1806, il di Corigliano chiamò in giudizio il principe Pignatelli di Belmonte contestandogli due fatti. Il primo riguardava una prestazione di trentacinque ducati annui che il Pi- gnatelli esigeva a titolo di rn brnl il secondo aveva per oggetto pro- prio la corresponsione di cinquecento ducati annui che nel feudo erano cono- sciuti sotto il nome di rnttr. I patrocinatori del Comune di Corigliano sostennero che, configurandosi co- me prtzn prnl, il tributo di rnttr dovesse essere abolito. Il Pi- gnatelli tentò invece di dimostrare la prvnnz rl e lrbl p , producendo una copia di un documento (dichiarandola estratta dagli ar- chivi di Lecce, di cui però non esisteva più l'originale), in cui si parlava della rnttr. Il 16 febbraio 1810 la Commissione Feudale, dopo aver esaminato i docu- menti prodotti e ascoltate le parti, dichiarò abolita la prima prestazione pari a trentacinque ducati annui dovuti come rn brnl, in conformità al dis- positivo della legge del 2 agosto 1806. Riguardo alla questione della rnttr rilevò che nell'Inventario dei Prin- cipi di Taranto, estratto dagli Archivi della Camera e datato 1396, non se ne fa- ceva menzione: non esisteva quindi la prova di un diritto sancito da un monar- ca; chiarì che il documento prodotto dal Pignatelli non poteva essere acquisito come più probante di quanto ricavato dagli Archivi della Camera, sia perché l'originale era andato disperso, sia perché

IO È perciò imprecisa la cifra di trecento ducati indicata dal Visitatore Economico Dome- nico Acclavio nella sua relazione al Ministro della Giustizia Giuseppe Zurlo, datata 22 otto- bre 1809 e pubblicata da P. Coco, d à fdl n rr dOtrnt 80, in "Rivi- sta storica salentina", a. X, 1915, p. 33; ad un refuso deve ascriversi il termine rntt e la quantità di t 000 a p. 26.

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nel concorso delle due scritture la prima deve prevalere alla seconda per la qua- lità dei depositi ove i monumenti antichi sono conservati. Che quando la seconda si ammettesse per vera si avrebbe dalle capitolazioni successive del 1463 che la prestazione era stabilita per ragione di fuoco, cosic- ché significherebbe diritto personale e non qualità di prestazione territoriale.

La Commissione Feudale stabilì ancora che la stessa transazione del 1794 fissava il canone annuo redimibile sulla base dei fuochi e che lo aveva dimi- nuito a causa della riduzione della popolazione. Poiché, infine, il Reale Decreto del 16 ottobre all'articolo 7 dichiarava abo- lita la prestazione a fuoco, di qualunque maniera e sotto qualsiasi forma perce- pita, la Commissione Feudale dichiarò abolita la prestazione della granetteria e di nessun effetto la transazione del 1794 perché caduta su oggetti divenuti per la legge intransigibili n . Così si chiudeva definitivamente una secolare questione. Questa sentenza, dichiarando abolite le due prestazioni, rispondeva piena- mente allo spirito delle leggi eversive sulla feudalità: altrettanto non si potrà di- re per altre che qui saranno evidenziate, perché se le leggi eversive sulla feuda- lità hanno trovato piena attuazione in altre aree e regioni, in Terra d'Otranto eb- bero un'applicazione differente. La spiegazione va ricercata nell'adesione da parte del governo centrale alle conclusioni e alle proposte presenti nella relazione che Winspeare inviò al Mi- nistro di Giustizia nel 1809:

Attraverso un'indagine delle contribuzioni otrantine essa traeva precise con- clusioni e proposte legislative da due sintomatiche premesse: 1) la estrema dif- ficoltà a distinguere il carattere dominicale da quello feudale delle decime e l'urgenza al tempo stesso di liberare la provincia dalle "esorbitanze baronali" secondo la legge del 2 agosto 1806; 2) la necessità che i provvedimenti legis- lativi da adottare non mutassero "per intiero Io stato presente della proprietà di quella provincia" e non portasse "seco loro una conseguenza violenta, che non è caduta nell'antivedimento della legge"«.

I francesi non erano interessati alla distruzione della proprietà, ma a liberar- la da quei vincoli feudali che ne ostacolavano la libera circolazione: contraria- mente a quanto era avvenuto in Francia, nel Regno di Napoli i baroni non fu- rono espropriati e si tenne in debito conto la differenza tra Nord e Sud con ri-

ll Bollettino delle Sentenze emanate dalla Suprema Commissione per le liti fra i già Ba- roni ed i Comuni, Napoli, A. Trani, P.S., 5a, III, n. 46 del 10 febbraio 1810. 12 L. MASELLA, Decime e demani: l'eversione della feudalità in Terra d'Otranto, in "Qua- derni storici", anno VII, fasc. 1, Gennaio-Aprile 1972, p. 292.

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ferimento alla giurisdizione feudale modellatasi a Nord sul diritto longobardo che, pur prevedendo la trasmissione delle terre a tutti i figli maschi, aveva fa- vorito la parcellizzazione della proprietà, mentre a Sud vigeva la legge del mag- giorascato che privilegiava l'indivisibilità della proprietà, il suo accentramento nel solo primogenito«. Su queste basi

Il susseguente decreto del 16 ottobre 1809 recepiva integralmente le istanze della relazione Winspeare e faceva sue le proposte che vi erano contenute. Era- no conservate le decime di comprovata legittimità, limitandone l'esazione agli otto generi prima citati 14 e vietandone la prestazione in misura superiore alla decima parte 15 .

Alle motivazioni suesposte vi è da aggiungere un'altra di carattere orografico:

A fine Settecento la geografia feudale di Terra d'Otranto presentava una confi- gurazione varia e complessa, per molti aspetti legata alle condizioni geofisiche ed economiche delle sue subregioni, grosso modo coincidente con le attuali province di Lecce, Brindisi e Taranto. La pianura salentina a sud di Lecce e la fascia costiera immediatamente a sud- est di Taranto, caratterizzate da una notevole diffusione del vigneto e dell'oli- veto e da insediamenti umani piccoli e molto vicini tra loro, si distinguevano per la notevole frantumazione dei possessi feudali, che comprendevano spesso un solo centro abitato con non più di mille abitanti e un migliaio di ducati di rendita annua 16 .

Ciò comportava ancora una differenziazione nella rendita derivante da due diverse gestioni della proprietà feudale. Nell'area meridionale di Terra d'O- tranto era prevalente il sistema di decimazione che assicurava in maniera sen- sibile le entrate; tale tipo di rendita diminuiva man mano che ci si spostava a nord di Lecce dove insistevano estesi demani feudali che garantivano entrate tanto dai fitti, quanto dall'esercizio dei diritti di decimazione:

Erano dunque già tutti ben individuati a fine secolo i grossi nodi che il decen- nio francese sarebbe stato chiamato a sciogliere: 1) nel , il problema del- le decime e la ferma decisione baronale di mantenerle; 2) la questione dema-

13 M. S. CORCIULO, Dall'amministrazione alla costituzione. I Consigli Generali e Distret- tuali di Terra d'Otranto nel decennio francese (1806-1815), Napoli, Guida editori, 1992, p. 16. 4 Gli otto prodotti erano: grano, orzo, avena, bambagia, lino, fave, vino mosto e ulive. L. MASELLA, Decime e demani: l'eversione della feudalità in Terra d'Otranto, cit., p. 292. 6 , p. 284.

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niale nell'agro tarantino, con il contrasto baroni-borghesi per il possesso e il controllo dei demani da una parte, e l'opposto interesse contadino alla divisio- ne e alla coltivazione dei medesimi dall'altra 17 .

Si spiega così la scarsezza di sentenze relative a questioni demaniali nell'a- rea investigata da questa ricerca, quella della Grecìa salentina, allargata a pochi altri paesi limitrofi. Essa non era caratterizzata da vaste estensioni di terre con boschi e macchie, con pratiche di usi civici, di terreni da quotizzare, salvo quel- le rare eccezioni rappresentate dalla foresta di 18, il bosco di Belve- dere 19 , il bosco di Calimera20. Di conseguenza, la gran parte delle sentenze che la Commissione Feudale fu chiamata ad emettere vertevano maggiormente sul diritto di decimare. Con particolare riferimento a Corigliano, partendo dall'analisi condotta da Raffaele Guarini 21 sul catasto onciario del 1749 e dalle relative tabelle elabora- te, si rileva che la proprietà fondiaria in testa al feudatario, il duca Francesco Trani, consisteva in poco più di centotto ettari su un'estensione complessiva del feudo di circa duemila ettari 22 ; che nella tipologia di coltura prevalente, circa il novantuno per cento era rappresentata da terreni seminativi, di cui solo appena il ventisei per cento con presenza di alberi d'ulivo 23 . L'esigua consistenza della proprietà agraria del feudatario non stupisce più di tanto e trova giustificazione nelle diverse alienazioni e vendite a privati di quello che era stato il territorio feudale iniziale e che nel toponimo ancor oggi utilizzato è identificato come lu feu grande (il feudo grande). Il diritto di decimare ricadeva perciò su quei pochi terreni sui quali grava- vano antichi privilegi. La stessa esiguità di proprietà feudali è stata riscontrata nell'area investiga- ta, esaminando i Bollettini delle Sentenze emanate dalla Suprema Commissio- ne per le liti fra i già baroni ed i Comuni presenti presso l'Archivio di Stato di

lvi, p. 286. 8 V. LIGORI, Un caso di usurpazione feudale: la foresta di Cutrofiano, in AA.Vv., Cutro- fiano. L'argilla, la terra, la pietra, , Congedo Editore, 1993, pp. 49-53. M. MAI- NARDI, La Foresta di Cutrofiano. Resistenze baronali, negligenze municipali, indigenze so- ciali: Una comunità salentina di fronte alla questione demaniale (1809/1882), in "Lu Lam- piune", a. X, n. 1, aprile 1994, pp. 31-34. 19 M. MAINARDI, Il Bosco di Belvedere, in "Lu Lampiune", a. V, n. 3, dicembre 1989, pp. 107-115. 2() IDEM, Il Bosco di , Cavallino di Lecce, Capone Editore, 1989. 21 . GUARINI, Corigliano d'Otranto. Economia e società nel '700. Il catasto onciario, t. 22 lvi, p . 92. 2 lvi, p. 42.

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Lecce24: si giustifica così lo scarso numero di sentenze pronunciate che sono sempre relative a decime o ad altre forme di esazione. La limitatezza delle sentenze è solo apparente se la si relaziona anche al qua- dro geografico presentato nella Nota dei feudi decimali della Provincia di Lec- ce, redatta da Domenico Acclavio nell'ottobre 1809 25, e dalla quale sono stati estrapolati i paesi dell'area indagata. Sono indicati come feudi appartenenti a laici: Castrignano de' Greci, Car- pignano, Cutrofiano, , , , Serrano, Sogliano, Zollino; come appartenenti a luoghi pii: Bagnolo (per il soppresso monastero dei PP. Olivetani di Galatina); come feudi soggetti ad un peso equivalente a de- cima: Corigliano (per la granetteria di cui si è già detto). Infine, sono compresi tra i feudi non decimali: , Muro, . Partendo da questi dati oggettivi è possibile valutare quale è stata la valen- za quantitativa e qualitativa delle leggi eversive in questo territorio, segnalando ancora che l'esame dei Bollettini consente di stabilire la serietà e l'impegno con cui la Commissione Feudale lavorò:

Si dispone la pubblicazione in fine di ogni mese del bollettino, acciocché l'e- secuzione delle sentenze non resti abbandonata al solo interesse degli Ammini- stratori e de' Proccuratori de' Comuni medesimi.

con la chiara intenzione di renderle quanto più fruibili e divulgate. Inoltre, in una circolare si rammentava ai presidenti la necessità di dare corso alle cause in tempi brevi: ai comparenti era concesso un tempo massimo di quindici gior- ni per produrre le documentazioni probatorie e i memoriali. É perciò manifesta la volontà politica di rispondere rapidamente alle querele e ai contenziosi e, da quel che appare, in Terra d'Otranto tali aspettative non furono disattese. Meri- to certo del suo presidente Davide Winspeare, ma anche di Domenico Acclavio, sia nella sua veste di Visitatore Economico, sia come Intendente di Terra d' O-

tranto, la cui efficace azione è stata evidenziata da altri 26 .

24 Si tratta dí ventiquattro volumi più due indici; partono dal 1808, mentre gli indici sono rispettivamente del 1829 e del 1859. Esistono poi i Supplementi del Bollettino che si riferi- scono al 1829 (sei volumi); si passa poi ad un'altra serie che va dal 1837 al 1848; ripartono dal 1853 fino al 1857. Le sentenze si presentano a volte brevi, facendo riferimento alla disa- mina degli atti prodotti; a volte analizzano le questioni nei dettagli; contengono sempre il dis- positivo finale. La Commissione Feudale fu istituita nel novembre 1807 da Giuseppe Bona- parte e fu sciolta con decreto del 20 agosto 1810 da Gioacchino Murat.

25 Cfr. P. Coco, Le decime già feudali in Terra d'Otranto 1809, cit., pp. 30 33. 26 Cfr. su questo tema L. MASELLA, Decime e demani: l'eversione della feudalità in Terra

d'Otranto, cit. pp. 293 297; M. S. CORCIULO, Dall'amministrazione alla costituzione. I Con- sigli Generali e Distrettuali di Terra d'Otranto nel decennio francese (1806-1815), cit. pp. 141-176.

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