Atti Del 10° Congresso Associazione Italiana
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ATTI DEL 10° CONGRESSO DELLA ASSOCIAZIONE ITALIANA DI OCEANOLOGIA E LIMNOLOGIA Alassio 4-6 Novembre 1992 a cura di Giancarlo Albertelli, Riccardo Cattaneo - Vietti, e Mauro Piccazzo E ATTI DELL'ASSOCIAZIONE ITALIANA DI OCEANOLOGIA E LIMNOLOGIA (A.I.O.L.) (dal 1° Gennaio 1991 al 31 Dicembre 1992) Volume stampato con il contributo del Consiglio Nazionale delle Ricerche Genova 1994 Ditta Giuseppe Lang s.r.l. Arti Grafiche Salita delle Fieschine, 30 r. 16122 Genova A.I.O.L. CONSIGLIO DI PRESIDENZA per gli anni 1991-1992 Presidente NORBERTO DELLA CROCE Consiglieri GIANCARLO ALBERTELLI WALTER AMBROSETTI GIULIO CATALANO GIOVANNI PAOLO FANZUTTI PAOLA GIORDANI MAURO PICCAZZO Segretario RICCARDO CATTANEO-VIETTI I II PRESENTAZIONE II 10° Congresso, a vent'anni dalla fondazione dell'Associazione Italiana di Oceanologia e Limnologia, segna una prima tappa che merita qualche considerazione. In questi venti anni si è auspicato a più riprese una maggiore integrazione culturale tra ricerca oceanologica e limnologica ed una maggiore interdisciplinarità; si è constatato come i contributi di conoscenze, pur di diversa impostazione di base, vadano assumendo una propria fisionomia da poterli considerare tasselli di un nuovo mosaico, preludio al concetto unificante di ecologia acquatica; si è assistito ad una crescita culturale che fa convergere nell'A.I.O.L. forze giovani che guardano oltre gli schemi tradizionali della ricerca in mare; si è osservato come alla aumentata sensibilità della collettività nazionale per problemi del mare non corrisponda una strategia nazionale per il potenziamento delle strutture per giungere a risposte adeguate ai problemi dei mari italiani. La grave e marcata dissonanza ha indotto il Consiglio di Presidenza a presentare alla stampa ed ai mezzi audiovisivi d'informazione la nota "II Mare: ricerca e politica ambientale" che viene qui di seguito riportata. In una precedente presentazione ci si riferisce giustamente ai mali storici che affliggono l'Oceanologia e la Limnologia in Italia. Non è questa la sede e tanto meno opportuno è il momento per insistere su mali storici e cronici, nonché sull'effetto nefasto di certe improvvisazioni tecnico-scientifico- politiche nella ricerca marina ed in quella delle acque interne. Nella ricerca, la crescita a tasso variabile per cause e fattori che insistono dall'esterno sulle componenti scientifiche risulta particolarmente negativa e controproducente. Norberto Della Croce III Lettera aperta del Consiglio Direttivo IL MARE : RICERCA E POLITICA AMBIENTALE In quest'ultimo decennio abbiamo visto nascere, in Italia, diverse espressioni ambientaliste che si sono rapidamente "ritagliate" un loro spazio politico, anche grazie ai "mass media" che hanno subito compreso quale presa, all'inizio solo emotiva, avesse la questione ambientale sull'opinione pubblica. Non è in questa sede che si intende comprendere le complesse motivazioni sociali e politiche che hanno dato il via ai diversi movimenti, ma appare necessario oggi sviluppare alcune considerazioni sul loro ruolo e sui rapporti che si sono intrecciati tra ricerca scientifica, movimenti d'opinione e politica ambientale in Italia. Il "polverone" sollevato in Italia dai movimenti ecologisti ha rapidamente avviluppato le scienze che studiano, da che mondo è mondo, l'ambiente: le Scienze della Natura. L'ansia e la esagitazione per una risposta non poteva avere marchio scientifico a breve termine e pertanto non poteva soddisfare i movimenti ambientalisti, trovando spesso impreparato il mondo accademico: questo rifiuta la notorietà improvvisata che proviene dal sottoscrivere certezze scientifiche spesso invocate da un opinione pubblica più o meno teleguidata e talora "traumatizzata" a seconda degli interessi in gioco. È altrettanto ovvio però che certi problemi ambientali, comunque originatisi, non possono attendere all'infinito la risposta scientifica che - sbloccando il dubbio - permette l'intervento in tempo reale. Ma se questo non lo può fare la scienza, tanto meno lo può fare l'opinione pubblica, soprattutto quando essa non è consapevole delle dimensioni e della gravità del problema. Il trionfo della scienza-spettacolo, delle interviste, delle tavole rotonde, con o senza ammiccamenti, in diretta TV non hanno fatto altro che contribuire ad aumentare la confusione dei ruoli, alimentata da vuoti di conoscenza e da spinte demagogiche pilotate da cavalcatori di tigri e di asini (più asini che tigri) di diversa estrazione culturale e sociale. Questo non significa che associazioni nazionali, internazionali e mondiali non possano svolgere e svolgano un'importante funzione educativa e di presa di coscienza delle problematiche ambientali, ed ancora di pungolare un apparato statale miope o che preferisce essere tale. Ma il caso (?) vuole che siano proprio le associazioni ambientaliste ad essere rappresentate in forma consistente nelle varie commissioni e consulte che i diversi ministeri hanno creato, valutando forse più che l'apporto scientifico quello elettorale. Da questo processo nasce una manovalanza intellettuale piuttosto rilevante, sempre disponibile a cavalcare l'asino di cui sopra. In questa confusione per un verso, ed in questa giungla per un altro, si dibattono le componenti pubbliche della ricerca e dell'istruzione, almeno per quanto concerne la problematica dei mari e delle acque interne del nostro Paese. D'altra parte le risorse disponibili non sono scarse, pur ancorate a schemi spesso scarsamente scientifici, per cui ne risulta che le briciole della pagnotta vengono destinate alla ricerca, il tozzo di pane al monitoraggio, il pane e burro alle così dette catastrofi che - guarda caso - sono in aumento in tutto il mondo (e questo è un fatto su cui riflettere) e che talvolta costituiscono l'unico movente per sviluppare specifici settori di ricerca. La situazione risulta ancora più pesante se si considera che la riforma universitaria ha previsto - e concettualmente si può essere d'accordo - che la partecipazione dell'Uni- versità alla vita del Paese significa integrare il potere della conoscenza con il potere economico della tecnica. Situazione questa che dovrebbe porre l'Università sullo stesso piano concorrenziale delle cooperative, degli studi professionali, delle società pubbliche e private. Tutto ciò potrebbe anche realizzarsi in pratica se l'Università potesse comportarsi, pur nell'attuale snellezza amministrativa, come un'azienda qualsiasi, mentre sappiamo IV bene in quali problemi burocratici ed organizzativi si dibatte la nostra Università che, d'altra parte, non può e non vuole rinunciare alla sua libertà di pensiero e ricerca. Uno dei campi della ricerca ambientale dove le carenze, la confusione dei ruoli, la mancanza di continuità e la programmazione soffrono di enormi ritardi nel tradursi in fatto operativo è proprio quello dell'Oceanologia e della Limnologia. Senza andare indietro nel tempo e richiamare aspetti appariscenti ed illuminanti (naufragi della Cavtat e della Haven, parchi marini, balneazione, fermo di pesca, goletta verde, inerzia, condiscendenza) è sufficiente ricordare che materie sicuramente alla base di tali problemi ambientali, come la Limnologia e l'Oceanologia, non trovano, come tali, spazi precisi sia nel campo della ricerca che della formazione. Nel frattempo, nel campo della Comunità europea s'intende rafforzare le basi scientifiche e tecnologiche necessarie per l'esplorazione, l'utilizzazione, la gestione e la protezione dei mari europei ed ancora una volta l'Italia vi giocherà un ruolo di secondo piano. L'impressione è che in Italia non si voglia intendere il significato di produrre una cultura che non sia quella storica, economica e tecnica delle vie d'acqua e, d'altra parte, la struttura della ricerca oceano- grafica e delle acque interne è affidata a pochi ed antiquati mezzi navali ed a poche istituzioni di cui alcune fiorenti, altre in stato preagonico o di convalescenza o appena nate e nessuna di queste sostenuta adeguatamente per evitare cadute o ricadute ..... Lo stesso corso di laurea in Scienze Ambientali a diversi indirizzi, quello marino incluso, che è nato come esigenza sentita anche dall'opinione pubblica, risulta essere alle prese con la moda e con la politica di provincia che lo vuole ovunque, mentre da un'altra sponda già si pensa ad una revisione dei contenuti dei corsi a pochi anni dalla sua attivazione, quando alcune delle Sedi che hanno invocato la revisione non lo hanno ancora avviato. In questo contesto non ha significato dilungarsi sui vari aspetti che sino ad oggi non hanno fatto decollare in Italia l'Oceanografia e la Limnologia per proporre soluzioni. Qui si desidera confermare che la ricerca ambientale marina e delle acque interne intende rivendicare, attraverso le Società Scientifiche che più coerentemente le rappresen- tano, il ruolo di svolgere analisi rigorose dei fenomeni, analisi oggettive dei fatti e delle loro conseguenze. In questo senso, il corpo docente e di ricerca di questo Paese dovrebbe chiaramente dibattere, nell'ambito delle varie Società, il suo compito ed il suo concreto contributo ai problemi degli ambienti acquatici. Lo studio, la gestione e la divulgazione dei problemi ambientali, tutte componenti necessarie alla crescita civile del Paese, necessitano una ridefinizione dei ruoli che le varie realtà della società civile debbono svolgere, nell'ambito delle proprie competenze, per il comune progresso. Del resto, è proprio la confusione dei ruoli che ha portato il Paese ad un degrado che non è soltanto ambientale. Norberto DELLA CROCE - Istituto di Scienze