SAPORI E SAPERI REM che in presenza di terreni stanchi (i veneziani mettevano tirare fuori quello che rimaneva dall’uva), e finalmente la dell’orto. Particolarmente ricche e sostanziose e per que- salami da taglio (con aglio e vino), cotechini, lardo, cic- all’asta il nuovo territorio che il Po formava alla foce ven- donna poteva “fare i fatti” in santa pace! Questi scorci di sto adatte al periodo freddo erano la zuppa di trippe, i cioli (pezzetti di carne residua dalla fusione del grasso), dendolo con la formula “fino a due onde in mare”). vita sono tratti da una testimonianza dei primi del nove- marafanti di Corbola, e Pontecchio (che consi- strutto e pancetta, coda, piedini e orecchiette sono vere e Quando il prezzo del riso, tra il 1825 e il 1835, superò cento raccolta da Chiara Crepaldi. Al mattino quando si stevano in una polentina liquida cotta in un brodo di proprie leccornie. Il maiale viene anche lavorato in vari il prezzo del grano, con incrementi che si protrassero per metteva “su il mangiare”, spesso questo consisteva in una coda di maiale o ossi di maiale), i papariti: una polentina insaccati fra i quali famosa è la “bondiola affumicata”, oltre un decennio, in Polesine la risaia superò gli 11.000 zuppa con quello che c’era, oppure in una minestra di come la precedente ma con l’aggiunta di fagioli, mentre tipica del Basso Polesine, soprattutto tradizionale nelle ettari di investimen to. Sul finire dell’800 si ridusse ai fagioli che cuocendo lentamente fino a sera produceva il più delicate erano la pappina dei bambini, la minestra di zone di Ariano, e . Si tratta di 6.900 ettari, a causa del crollo del prezzo del riso per la ”brustolin”; così si poteva anche portare nei campi avvol- olla (fatta con l’unto del maiale) e la zuppa di uovo che carne di maiale tritata grossolanamente, mescolata con concorrenza del riso orien tale, la cui penetrazione com- to in un foglio di carta da giornale. Naturalmente insieme avrà come variante la stracciatella. Importanti ricerche su pepe e sale, insaccata nella vescica del maiale e appesa merciale fu facilitata dall’apertura del Canale di Suez e ai fagioli veniva cotto anche il riso, detto ”risotto alla questi argomenti sono state sviluppate da Chiara Crepal- ad asciugare. È un prodotto da consumare fresco, bollito dalla riduzione dei suoli. La crisi così innescata proseguì Canarola”, chiamato anche risotto col brustolin. Il riso di e Paolo Rigoni nel loro libro ”Il fuoco, il piatto, la paro- lentamente per quattro ore. La “bondiola” è presentata nel 1900, l’estensione delle risaie si ridusse ulteriormente non veniva cotto solo con i fagioli ma, quando c’erano, la” edito dall’Associazione Culturale Minelliana di Rovi- come pietanza, con purea di patate o verdure cotte. Vi è fino a circa 2500 ettari nelle sole aree marine per poi anche con il pesce gatto, con le rane, con le scardole, go e anche dal Conte Capnist, d’origine vicentina, che poi la “bondiola di ”, che può essere confusa con la scomparire e riemergere in tempi recentissimi. Nelle cam- con il luccio, con il pesce di mare, riso in brodo di pesce. nei suoi soggiorni nel Delta si appassionò alla tradizione salama da sugo ferrarese, ma l’impasto è diverso: nella pagne la vita era dura e la giornata agricola era divisa Al riso si abbinavano anche le erbe di stagione, sia spon- culinaria locale che lo portò a realizzare un libro sulle salama è fatto solo con il maiale, nella bondiola adriese in quattro quarti. La suddivisione, suscettibile di variazio- tanee che coltivate: “risi e bruscandoli”, “risi e carletti” eccellenze gastronomiche polesane. Nelle loro opere si ci sono carne magra di vitello macinata insieme con fesa ne in funzione delle Stagioni: il primo quarto dall’alba (un’erba che cresce nei campi), risi e asparago selvatico, sono dimostrati molto attenti alla tradizione popolare ed di maiale e lardo. L’impasto viene insaporito con sale, alle otto, ora in cui ci si fermava per la merenda; il secon- con nepitella, con acetosella, con equiseto, con prezze- alla cultura alimentare, sulle dosi delle vecchie ricette in- pepe e vino rosso e insaccato nel budello cieco del bue do durava fino a mezzogiorno, il terzo dalle tre alle cin- molo e ricotta, con le ortiche. Con i prodotti dell’orto e vece si nutrono molti dubbi, dato che le misure adottate o nella vescica del maiale. La stagionatura avviene per que, con una breve sosta per il “marendin”; il quarto si allora: risi e sedano, con la zucca, con la cipolla, coi sono “na sbrancà de risi”, “un tuclinin a grass”, “na man almeno quattro mesi in un ambiente fresco e ventilato. La protraeva sino al tramonto. D’inverno ci si alzava che era bisi, con le patate, con i cavoli cappucci, con la fava e de formajo”, “ un cincin de sal” e anche i tempi di lavo- bondiola va cucinata con le stesse regole della salama: ancora buio, quando gli uomini andavano in stalla; la con i tabinabour e il “pelao” fatto con soffritto e conserva razione e di cottura sono estranei all’orologio: “fin a far- lunga bollitura (almeno quattro ore) a fuoco molto basso, prima cosa che le donne facevano di casa e riso alla fine. Qualcuno con qualche ne na poentina ciareta come na crema”, “tant tant sospesa in acqua senza toccare le era quella di accendere il fuoco possibilità economica si poteva permettere ca iena quasi bianca”, “finamente che la pa- pareti della pentola. Si serve e raccogliere i resti del man- riso con le trippe, alla cacciatora, fatto con sta la fa na crostina rossa par tagliata a spicchi su un letto giare che si erano accumulati gli uccellini “viatare” di fosso, riso con bu- de sora“, “fin quand che di purea di patate o di vicino al focolare e poi get- della dell’anatra, riso e tuto le diventà duro”. verdure saltate al bur- tarli dentro a fuoco vivo. latte, risotto con il tartufo Comprendono inoltre in- ro. Altri insaccati Alla sera non si poteva spaz- di , risi e lugà- gredienti scomparsi e piatti particolari zare fuori perché si sarebbe neghe, risi e fegatini come la melassa, i tri- sono la “pontega” buttata via la fortuna. Si di gallina. Anche se goli, l’erba porcella- (topa) di Adria (un metteva sul fuoco il paiolo tra le minestre do- na e quindi creano sugo di carne di per la broda del mais, si li- mina incontrasta- qualche momento maiale proveniente beravano le galline e si to il riso, non di imbarazzo se si da insaccati e mangiata dava loro da mangia- mancano ricette vogliono rifare le con la pinsa), la carne re, si raccoglieva- di zuppe povere, ricette. pestata di Castelno- no le uova, si a base di un poco Oltre al riso, i vo Bariano, i san- pulivano e si di acqua con ver- prodotti base guinacci di Loreo dava da man- dure, per lo più erbe e della cucina e di Cavanella giare alle “cioche” quando andava bene con un soffritto di polesana erano Po, la soppressa che erano a covo. Dopo il “ponaro” si andava a dare da grasso di maiale. La zuppa povera, fatta con il mais, il maiale, le di Panarella e di mangiare al maiale e passando per l’orto si raccoglieva- acqua bollita, pepe, aglio, sale ed un goccio di olio uova, il pesce d’acqua dolce e marino, la selvaggina del- , il “bundlin” di Papozze, la bondiola no le verdure. In casa si mettevano a bollire i fagioli per con le varianti della zuppa poveretta, a cui si aggiunge- le valli e le verdure. Nel periodo invernale, in prossimità di Cauccio di , la pancetta di Fasana, la lucanica avviare il mangiare. Si svegliavano i “fioi” per mandarli va pane rotto, della zuppa del bovaio di Ariano, ma con delle feste natalizie, nelle case contadine si uccideva il matta fatta con frattaglie e carne bianca del maiale e cot- a scuola e si preparava la tavola per la merenda. Gli aggiunta di formaggio, la poveretta di come le maiale, la cui carne era un tempo la sola che veniva, par- ta al momento, lo scamone a bagnomaria e le pancette di uomini si avviavano verso la campagna, con il loro fia- precedenti ma con il prezzemolo. La zuppa rossa con un simoniosamente, consumata dalle famiglie più povere del Castelnovo Bariano, le more e more matte (salsicce con schetto di bevanda o di graspia (una specie di vino che battuto di lardo e pomodoro. Altre zuppe erano quella di Polesine. E’ quindi naturale che occupi il primo posto tra sanguinacci), con le orecchie e i polmoni, con lingua, si faceva buttando acqua sulle vinacce ormai esaurite per pastinaca, zuppa di carciofi e in genere con le verdure le carni più usate nella cucina tipica polesana. Braciole, con la testa zampone, ossa lesse. Niente viene buttato!

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