“IL MIO SOGNO PIU' GRANDE” (Gracie) di Davis Guggenheim

Produzione: USA, 2007 - Sceneggiatura: Lisa Marie Petersen, Karen Janszen – Fotografia: Chris Manley - Montaggio : Elizabeth Kling - Musica : - Interpreti e Personaggi: Carly Schroeder (Gracie Bowen); (Johnny Bowen); (allenatore Clark); (Lindsay Bowen); Dermot Mulroney (Bryan Bowen); Joshua Caras (Peter); Julia Garro (Jena Walpen); Hunter Schroeder (Mike Bowen); Trevor Heins (Daniel Bowen); Madison Arnold (Nonno); John Doman (allenatore Colasanti); Christopher Shand (Kyle Rhodes); Karl Girolamo (Curt); Emma Bell (Kate Dorset) - Colore - durata : 93 - Distribuzione : Moviemax .

LA STORIA Dura la vita se sei una ragazza e nella tua famiglia non esiste nient'altro che il calcio. Siamo nel New Jersey, nella metà degli anni ’70, e per Gracie Bowen, unica figlia femmina dei quattro di Lindsay e Bryan Bowen, non c'è posto neppure come raccatta palle. Eppure con il pallone è brava, come e più di suo fratello Johnny, maglia numero sette della Columbia Cougars, la stessa indossata a suo tempo dal padre, prima che l'infortunio a un ginocchio gli stroncasse una promettente carriera. Per questo Bryan non ha occhi che per il suo primogenito, che ha cresciuto a pane e calcio, seguendolo negli allenamenti e in ogni partita, ossessionandolo con i suoi consigli, ignorando questa figlia femmina che vorrebbe in cucina insieme alla madre, e non con il pallone ai piedi. Johnny è l'unico alleato di Gracie all’interno della famiglia, il solo a riconoscerne il talento, e lei lo adora. Il fratello è il suo idolo, il suo confidente e consigliere, e quando in una notte di pioggia muore in un incidente stradale, il mondo le crolla addosso. Qualche tempo dopo il funerale, Gracie annuncia la sua decisione di prendere il posto di Johnny in squadra, per concludere il campionato e portare a casa quella coppa alla quale egli teneva più di ogni cosa al mondo. La reazione dei genitori e dei fratelli è di totale stupore e disapprovazione, così come quella dell'allenatore e dei ragazzi della squadra, che anzi la prendono in giro pesantemente, a parte Peter, suo amico da sempre, che però subisce l'influenza dei compagni e non ha il coraggio di prenderne le difese. Ma a bruciarle più di tutto è il disprezzo di suo padre, che non vede in lei la stessa grinta e volontà del figlio perduto. Gracie però ha bisogno di fare qualcosa per lenire il suo dolore, e dopo aver provato ad allenarsi da sola, ricavando soltanto inutili fatiche e umiliazioni, comincia a lasciarsi andare a una serie di comportamenti sbagliati, come saltare la scuola, fumare, bere, buttarsi fra le braccia di sconosciuti rimorchiati sulla spiaggia, guidare l'automobile senza patente, rubacchiare nei negozi. Quando oramai è a un passo dalla bocciatura, il padre la mette di fronte a una scelta: se davvero vuole giocare a calcio, deve guadagnarsi il posto in squadra, e il solo modo per farlo è quello di presentare una regolare domanda, che naturalmente viene respinta. Perché non dedicarsi all'hockey su prato o diventare una cheerleader?, le suggeriscono tutti, ma Gracie non ci sta. Lei vuole proprio entrare nella squadra maschile della Columbia Cougars, ha un impegno da onorare per conto del fratello, e perciò decide di presentare ricorso, appellandosi a una legge del 1972 che vieta ogni discriminazione sessuale in ambito sportivo. Il ricorso viene accolto, grazie a una presidente di commissione donna e all'appassionata presa di posizione pubblica della madre. Gracie supera le dure selezioni nonostante i continui boicottaggi dei compagni e dello stesso allenatore, e finalmente viene ammessa come riserva. Lei veramente sperava in qualcosa di più che scaldare la panchina, ed è perciò grande la sua sorpresa quando il coach la chiama in campo a pochi minuti dalla fine dell'ultima, decisiva partita, per battere un calcio di punizione che purtroppo sbaglierà. Ora che però è entrata in partita, Gracie non ci pensa neppure a lasciare il campo né a farsi sopraffare dai compagni, perciò, una volta recuperata la palla ed essersi liberata di diversi avversari, arriva a segnare il gol della vittoria. Ora può finalmente abbracciare suo padre e abbandonarsi a un lungo pianto liberatorio. Con la sua determinazione, il suo coraggio, la sua forza d'animo, è riuscita ad aiutare se stessa e la sua famiglia a superare il momento più difficile della loro vita, e a ritrovare la forza per andare avanti, in nome di Johnny, di cui ha esaudito il sogno più grande, diventato anche il suo. Dimenticavamo: Gracie ha giocato con la maglia numero sette.

ANALISI CRITICA “Il mio sogno più grande” si inserisce nel filone cinematografico, diventato ormai classico, del racconto di crescita e di formazione, di cui il cinema statunitense è particolarmente ricco di titoli. Gli elementi che lo contraddistinguono sono sempre gli stessi: un/una adolescente alle prese con i primi conflitti e difficoltà della vita, una situazione familiare problematica, un dramma che interviene a modificare le cose, il riscatto per superarlo. A rendere interessante il film, che porta la firma prestigiosa di Davis Guggenheim, premio Oscar 2007 per “Una scomoda verità”, il documentario ambientalista con protagonista l'ex vicepresidente degli Stati Uniti , è che si tratta di una vicenda autobiografica, quella dell'attrice Elisabeth Shue, che interpreta il ruolo della madre di Gracie, la quale, da ragazzina, è stata una promessa del calcio. Unica femmina nata in mezzo a John, che ha prodotto il film insieme a lei, e Andrew, che interpreta il ruolo del vice allenatore, “Il mio sogno più grande” rende soprattutto omaggio alla memoria del fratello maggiore, William, scomparso nel 1988 in un tragico incidente, e questo sfondo reale e doloroso è testimoniato dai toccanti filmini di famiglia in super 8 che scorrono nei titoli di coda. A distanza di molti anni i tre fratelli Shue hanno insomma fatto squadra per far rivivere sullo schermo la loro esperienza passata, attraverso un racconto che, nonostante i cliché e gli stereotipi inevitabili di genere, possiede un tocco sincero e sensibile, risulta sobrio e contenuto nei sentimenti, non scade mai nel patetico, presta attenzione ai dettagli, ed è attraversato da una struggente malinconia. Inoltre pone il tema, sempre attuale, nonostante l'ambientazione degli anni Settanta, della discriminazione dei sessi, laddove si dà troppo per scontato il superamento di ogni atteggiamento e mentalità pregiudizievoli nei confronti delle donne, che invece è ancora latente anche fra i più giovani. Quel che è certo è che ci troviamo di fronte a un caso più unico che raro di una pellicola statunitense incentrata sul mondo del calcio, trattato però alla maniera di Hollywood, ovvero con tutta la retorica, il pathos, l'enfasi e l'epica che non appartengono al nostro modo di vedere questo (e altri) sport, ma se non altro offre un punto di vista inconsueto per raccontare un cammino di crescita e di costruzione dell'identità da parte della giovane protagonista, interpretata dalla bravissima Carly Schroeder, un'attrice che farà strada. Se l’amore per il calcio costituisce infatti la struttura portante del film, è invece un avvenimento doloroso a imprimerne il senso più profondo, e la passione per lo sport diventa perciò l'occasione per rappresentare l’elaborazione di un lutto e per analizzare i sentimenti e le reazioni del nucleo familiare che lo subisce. Gracie perde l'amato fratello maggiore nel momento cruciale della sua adolescenza, in un'età di sviluppo e di cambiamento, fisico e psicologico, che la rendono, come tutti i ragazzi in questa delicata fase, particolarmente vulnerabile, fragile, suscettibile, in conflitto con il mondo intero, incerta sul da farsi. Johnny costituiva per lei una figura fondamentale, che credeva nelle sue capacità, la faceva sentire importante, la incoraggiava come nessun altro. E' interessante come, con questi presupposti, il film racconti la lotta di Gracie non come rivendicazione orgogliosa o rivalsa personale, come spesso accade in pellicole a sfondo sportivo, dove la competizione è fine a se stessa, quanto piuttosto come reazione positiva a un dolore. Gracie non vuole fare parte di una squadra di maschi perché rifiuti la propria femminilità o debba dimostrare chissacché, ma perché ha un compito da portare a termine, quello cioè di realizzare il sogno di Johnny di battere la squadra avversaria, con la speranza di attirare l'attenzione di suo padre. “Papà, ti prego aiutami”, non si riferisce soltanto agli allenamenti, ma Bryan non è in grado di raccogliere il vero significato di questa accorata richiesta di Gracie. Il conflitto fra padre e figlia ruota infatti intorno al tema della comunicazione e della fiducia reciproche. Gracie pretende che suo padre veda “qualcosa” in lei, quel qualcosa che non la renda più invisibile ai suoi occhi, e siccome il calcio rappresenta l'unico tramite, l'unico linguaggio comune, il pallone diventa lo strumento del loro ritrovato legame. Prendendo il posto del fratello per ottenere quella considerazione che le era sempre stata negata, Gracie non aiuta soltanto se stessa, ma offre una nuova motivazione al padre, e riesce anche a tenere unita la sua famiglia in un momento estremamente difficile. Il tocco di verità e l'autenticità delle intenzioni e dei sentimenti che sono alla base del film, appaiono particolarmente evidenti soprattutto nella prima parte, che è girata senza retorica, con cura e attenzione ai personaggi e alle loro emozioni. Meno male, inoltre, che non c'è la solita storiella sentimentale a risolvere la situazione, quanto piuttosto sentimenti ed emozioni profondi, pregnanti, significativi. L'amore per un fratello perduto, l'affetto di una famiglia lacerata dal dolore, la dedizione di una madre, che pur non condividendole, non esita ad appoggiare le scelte della figlia. Quello fra ragazze e sport, nel cinema, è un connubio che porta sempre e soltanto da una sola parte: affermare la propria identità, contro ogni pregiudizio. Da “Ragazze vincenti” (1992) a ”Girl Fight” (2001); da “Sognando Beckam” (2002) a “Million Dollar Baby” (2005) da “Stick It” (2006) a “Biancaneve e il cacciatore” e “Hunger Games” (2012), queste ragazze hanno tenacia, grinta, forza d'animo da vendere, oltre a un cuore grande così, perché la loro motivazione è sempre l'amore, e con esso i sogni, i desideri, le aspirazioni, più forti delle paure e delle delusioni. Ragazze che esprimono identità femminili forti e libere dai condizionamenti, che rifiutano i modelli stereotipati, e manifestano volontà determinanti. Alla fine Gracie può essere davvero soddisfatta di sé: ha combattuto per ottenere l'applicazione di un diritto che le permettesse di realizzare il suo sogno, e l'ha fatto da sola, prendendo le proprie decisioni e portandole avanti fino in fondo, accorgendosi in tempo che stava per commettere degli errori irrimediabili, se avesse continuato a giocare con la propria vita; è riuscita ad affermare se stessa di fronte agli altri, ha imparato a spiccare il volo da sola, come l' uccellino al quale, essendosi accorta che la sua gabbia è diventata troppo piccola per lui, ha dato la libertà. Inizialmente incerto e timoroso sulle zampette, alla fine anche lui ce la fa a volare via.

SPUNTI DІ RIFLESSIONE E APPROFONDIMENTO -“Da grande vorrei giocare a calcio. Tante ragazze hanno paura di praticare gli sport assieme ai maschi. Ma dopo aver segnato qualche gol ci si sente meglio”, Elisabeth Shue, Prima media. (Dal Press Book del film). Queste le parole scritte dall'attrice in un tema quand'era ragazzina, un bel po' di anni fa. Secondo voi esistono ancora attività, sportive o lavorative, e percorsi di studio differenziati dal punto di vista sessuale, oppure è stata raggiunta una piena parità? L'identità maschile e quella femminile ha ancora bisogno, per essere accettata, di modelli e stereotipi?

-“...Al mio primo giorno sul campo da gioco un ragazzino decisamente antipatico mi ha rubato il pallone dicendo che era roba per maschi. A differenza di Gracie io non avevo lo stesso spirito forte e testardo, ho iniziato a piangere e sono corsa via. Mio padre era là e mi ha costretta a tornare in campo. L'allenatore ha fermato la partita e ha tuonato: "Maschi e femmine possono giocare a calcio, e questo è quanto" (Elizabeth Shue, dal Press Book del film). Come vedete il personaggio di Gracie, il suo carattere e la sua personalità, i suoi comportamenti e le sue scelte? Che cosa vi piace e cosa non vi piace di lei? Quali sono le sue qualità e quali i suoi difetti?

-Il film mette in luce, come Gracie, senza lo sport, stesse pericolosamente scivolando dentro a una serie di comportamenti trasgressivi (come perdere interesse per la scuola, bere, fumare, guidare spericolatamente, ecc.). Ritenete che lo sport sia utile ai giovani per superare e vincere momenti di crisi come quello attraversato dalla protagonista? -”Le ragazze che pensano solo allo sport alla nostra età sono lesbiche”, afferma a un certo punto l'amica di Gracie. Sussistono ancora, a vostro avviso, pregiudizi come questi, e se sì, ne avete esperienza diretta? Come giudicate il comportamento dell'amica di Gracie e delle ragazze che si intravedono sullo sfondo del film?

-Come giudicate i comportamenti dei maschi verso Gracie, in particolare quello di Kyle? Perché hanno bisogno di denigrarla in maniera così pesante? Perché sono così compatti nei loro atteggiamenti di rifiuto? Chi invece si dimostra suo amico, nonostante faccia fatica a sganciarsi dai condizionamenti del gruppo?

-Gracie mette suo padre di fronte alla sua fragilità e alle sue carenze, rimproverandolo di non essersi mai occupato di lei, costringendolo, in questo modo, a fare i conti con la propria storia personale. Attraverso quali tappe e passaggi si sviluppa il progressivo avvicinamento fra padre e figlia? -“Johnny giocava più per me che per se stesso” sostiene Bryan. Le ansie e le aspettative dei genitori si ripercuotono sui figli. Come giudicate la figura del padre di Gracie in questo senso? -Come valutate la figura della madre, il suo ruolo all'interno della famiglia, e l'atteggiamento nei confronti di Gracie? In quale momento del film la sua figura si rivela particolarmente importante e significativa?

-Come mai in un ambiente così maschilista com'è quello della famiglia Bowen, suo fratello Johnny manifesta un atteggiamento completamente diverso nei confronti della sorella, di cui incoraggia e sostiene il talento per il calcio?

-Cosa pensate della famiglia Bowen e della loro divorante passione per il calcio? Come giudicate i rapporti al suo interno? Avete anche voi, come i Bowen, uno sport di famiglia? Quale scena e personaggio del film vi ha particolarmente colpito, e per quale ragione?

-Quali differenze avete notato fra l'epoca di ambientazione del film per quanto riguarda le tematiche affrontate?

-"Grazie alla “Title Nine”, una legge statunitense del 1972, in base alla quale: "Nessun individuo negli Stati Uniti, dovrà essere, a causa del sesso, escluso dal partecipare a qualsiasi programma educativo o attività", e alle persone coraggiose come Gracie, ci sono cinque milioni di ragazze che giocano attualmente a calcio in America. Dal 1991 la Nazionale Statunitense femminile ha vinto quattro volte il Campionato Mondiale di Calcio, ma l'impatto più forte della “Title Nine” è stato sull’atletica praticata nelle scuole superiori e nelle Università. La legislazione copre infatti tutte le attività educative, ed è applicata anche alle attività al di fuori dello sport, come le bande scolastiche, le cheerleader, le confraternite, le associazioni studentesche femminili, i club e le organizzazioni" (Informazioni tratte dal Press Book del film). Nelle scuole italiane viene garantita piena parità nell'attività sportiva? Avete esperienza diretta o indiretta di razzismo sessuale? Le ragazze vivono l'attività sportiva al pari dei maschi, oppure notate delle differenze?

Scheda realizzata da: Lucia Caratti Progetto: “Educare alla sessualità – Schermi del cuore” – Usl 9 Treviso – Responsabile dott.ssa Teresa Rando