La Canzone Napoletana, Vol I-III, Il Torchio, Napoli 1968 E Catalano Gaeta B., E

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La Canzone Napoletana, Vol I-III, Il Torchio, Napoli 1968 E Catalano Gaeta B., E Canzone appassionata: 90 anni tra identità e significati di CARLA CONTI Les souvenirs sont cors de chasse dont meurt le bruit parmi le vent Guillaume Apollinaire Qualsiasi attività che contempli un arco temporale di novanta anni implica, di per sé, un esercizio di memoria. Nello specifico, parlare di memoria e musica è riferirsi ad un’attività ancestrale connessa al suono, quello vocale prima ancora che musicale: impariamo a comunicare verbalmente attivando la nostra memoria a breve e lungo termine e lo facciamo adottando una tecnica di feed back continuo. La musica vocale e la canzone in particolare, dunque, – per la durata di pochi minuti, per l’estensione vocale che raramente supera l’estensione di un’ottava e per l’accessibilità complessiva dei contenuti musicali diremmo – rappresentano il campo di indagine dove meglio si possono verificare le ipotesi riguardanti la memoria al lavoro, nell’ascolto musicale. L’idea di partenza è quella di verificare cosa c’è di una canzone napoletana nella memoria collettiva, intesa come www: world wide web. L’obiettivo è quello di evidenziare quali tratti della canzone stessa, sopravvivendo alle più differenti versioni, ne costituiscono il nucleo identificativo. La scelta della canzone per testare questa verifica non è stata facile e così ho 1 assecondato una richiesta di Marialuisa Stazio: Canzone appassionata, di E.A. Mario 1 E. A. Mario è lo pseudonimo di Giovanni Ermete Gaeta (Napoli, 5 maggio 1884-Napoli, 24 giugno 1961) compositore, poeta dialettale, scrittore e commediografo. All’epoca di Canzone appassiunata l’autore era già molto affermato anche in ambito nazionale, tanto che il suo brano La leggenda del Piave, con il famoso incipit: «il Piave mormorava», scritta nell’agosto del 1918 assunse, tra il 1943 e il 1946, il ruolo di inno nazionale prima di Fratelli d’Italia. Cfr. De Mura E., Enciclopedia della canzone napoletana, vol I-III, Il torchio, Napoli 1968 e Catalano Gaeta B., E. A. Mario, leggenda e storia, prefazione di Max Vajro, Liguori Editore, Napoli, 1989. Carla Conti che nel 2012 compie novanta anni, una lunga “passione”, appunto, che sarà per noi l’oggetto della memoria al lavoro. Le fonti di studio sono state determinate in base ad alcune categorie d’interpreti le cui versioni sono disponibili sul sito web YouTube o su altri siti in rete in genere, che consentono la condivisione e la visualizzazione di file audio e audio-video che, nella maggior parte dei casi, sono caricati da singoli utenti. Questo ultimo aspetto è fondamentale per la nostra ricerca, in quanto se uno dei principi fondativi della memoria al lavoro è quello di constatare la diffusione e/o creare nuove modalità: quanto e come si memorizza una canzone e quali tra i suoi tratti ci restano impressi, non avrebbe senso prendere in esame oggetti sonori rari e di difficile reperimento, così come registrazioni private, materiali di collezionisti etc. Le categorie d’interpreti, pertanto, sono quelle che ricorrono maggiormente in rete e sono state determinate dal tipo di vocalità e di formazione (cantanti lirici/cantanti popular), dal tipo di repertorio di provenienza (teatro musicale/canzone italiana, canzone napoletana), dall’organico vocale adottato (solisti/gruppi), e nell’ambito di una stessa tipologia, procedono i materiali con una più lunga datazione. Seguendo le diverse categorie, gli interpreti scelti sono: voci liriche (Giuseppe Di Stefano, Tito Schipa); voci popular italiane (Alberto Amato, Milva, Mina Claudio Villa); voci popular napoletane (Sergio Bruni, Fausto Cigliano, Isa Danieli, Gigi Finizio, Enzo Gragnaniello, Gianni Lamagna, Mario Merola, Roberto Murolo, Massimo Ranieri, Lina Sastri, Sciallo, Brunella Selo); gruppi (Renzo Arbore con Barbara Bonaiuto e Gianni Conte), Gianni Conte e Lorenzo Hellenger, Gennaro Cosmo Parlato e Francesco Bianconi, Peppe Servillo e gli Avion Travel, Peppe Servillo e i Solis String Quartet)2. Una siffatta indagine s’inserisce nel percorso in cui da tempo identifico la canzone napoletana come “oggetto estetico – bimodale – anfibio” 3 , per la sua componente che chiamo “veste sonora”, e di questo tracciato ne percorre il 2 Questo elenco è alfabetico per facilitare, appunto, il lavoro della memoria. Nell’operazione di confronto tra le diverse interpretazioni si segue un ordine per quanto possibile cronologico, e che privilegi gli aspetti singolari, originali di ciascun interprete, al fine di formare una canzone blog che le racchiuda tutte. 3 Cfr. Conti C., Schedare per credere, pp. 87-95 di questo volume. 336 Canzone appassionata: 90 anni tra identità e significati passaggio dallo spartito musicale alla sua registrazione, spostando proprio simmetricamente l’osservazione dal dato scritto all’oggetto sonoro e viceversa. Si delinea così un metodo che contempla la reciprocità tra analisi e esecuzione, per l’opera “oltre” la partitura. «Le partiture musicali non sono tanto il pezzo quanto una mappa del pezzo, oppure una prescrizione per realizzarlo. Quantunque differenti possano essere le metafore (“mappa” o “prescrizione” per il nostro discorso non sono poi così diverse), entrambe suggeriscono che un’opera musicale esiste “oltre” la partitura. Le esecuzioni sono una sorta di realizzazione di un pezzo (nella maggioranza dei casi quella intesa dal compositore) e sono, allo stesso tempo, piu ricche e più limitate delle partiture. Esse sono piu ricche in quanto aggiungono delle caratteristiche non completamente annotate in partitura – miriadi di sfumature di articolazione, timbri, dinamiche, vibrati, altezze, durate e cosi via. Eppure ciascuna sfumatura limita il pezzo attraverso l’esclusione di altre opzioni di quell’elemento»4. Specie per questo tipo di repertorio l’analisi del dato scritto non può assumere una posizione prioritaria rispetto al dato relativo all’esecuzione, poiché l’oggetto sonoro non è riducibile alla sola notazione ma comprende molti altri elementi tra cui la tradizione esecutiva inerente il repertorio specifico. Questo aspetto è molto significativo per il nostro studio anche alla luce del metodo di apprendimento, ampiamente diffuso, di questi generi musicali popular da parte di cantanti che non sempre sono alfabetizzati musicalmente e che apprendono la canzone da altri interpreti, sebbene questo non comporti la conseguente assunzione di scelte analoghe nell’esecuzione. La memoria digitale funzione allora, in questi anni, come una sorta di oralità di ritorno, mantenendo viva la pratica della trasmissione musicale che si radica in un circuito audio-fonatorio e da sempre caratterizza il genere canzone. 4 Cfr. Lester J., in un articolo del 1995 Performance and analysis: interaction and interpretation, in Rink I. (a cura di) The practice of performance. Studies in musical interpretation, Cambridge University Press, Cambridge-New York, critica la posizione “strutturalista”: prima l’analisi e poi l’esecuzione e sottolinea che come un'esecuzione sia necessariamente una singola opzione del brano in esame, quella che delinea alcuni aspetti escludendone altri, come una singola analisi, e come si usano le partiture a mo’ di “strade d'accesso” al pezzo che si analizza, per riferirsi ad altre analisi approvandole o disapprovandole, chi lavorare sulle interpretazioni significa riferirsi alle esecuzioni per riuscire a raggiungere l'essenza del pezzo analizzato. 337 Carla Conti La partitura, allora, è l’oggetto sonoro potenziale, si identifica con esso, in quanto contiene infieri la sua interpretazione5; il dato scritto e la sua interpretazione sonora sono quindi due visuali di uno stesso oggetto musicale. Il lavoro di analisi tra spartito e interpretazione segna, spesso, una frattura nei dibattiti sull’analisi musicale, nella direzione secondo cui i discorsi sui significanti musicali sarebbero analisi e quelli sui significati musicali sarebbero interpretazioni mentre, è innegabile che qualsiasi discorso verbale è analitico e semiotico insieme poiché compie al tempo stesso distinzioni, selezioni e attribuzioni di significato ad un oggetto mediante una regola di correlazione che Charles Peirce chiama appunto «semiosi»6. Nel campo delle relazioni tra oggetto musicale scritto e oggetto sonoro, infatti, l’attività interpretativa può essere ricondotta a una semiosi corrispondente e così Philip Tagg – in un percorso che contempla sia la theory of music, base della stylistic analysis, che la critical analysis – si è dedicato alla popular music individuando un processo che definisce interpretative musical analysis. Questo tipo di ricerca incentra l’attenzione su un testo musicale, che si differenza da altri testi, in quanto dotato di una disposizione alla comunicazione per “unità musicali”. L’interpretative musical analysis di Tagg richiama ciò che Leonard Meyer individua come strategy per la ricerca dei musemi 7 , laddove, con l’analisi musematica Meyer comprende, in una prima fase, la ricerca, in diversi brani, di alcune unità dello stesso ambito musicale (ad esempio per genere musicale: da camera, sacra, per autore, per destinazione d’uso: danza, immagine, etc.) e degli elementi formali che danno a ciascuna unità forza di musema. In una seconda fase, poi, attribuisce un significato specifico ad uno stesso musema, che lo assume in varie occorrenze nei testi considerati. Infine, l’analisi si conclude con la 5 Da questo scaturiscono anche posizioni contrarie e, talvolta, estreme di alcuni analisti, specie americani, che concependo la partitura come luogo di sintesi tra l’opera (l'atto compositivo) e la sua interpretazione, fanno derivare dalla struttura (analisi) le scelte
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