Teatro Historico Di Velletri
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TEATRO HISTORICO DI VELLETRI Bonaventura Teoli MINENTIS. E REVERENDIS. SIG. E PADRON MIO COLENDISS. L’ANGUSTO Teatro delle Memorie Veliterne ammantato con rozza veste di una bassa dicitura, ardimentoso si rappresenta avanti all’Augusta Machina de’ sopremi meriti di V. EMINENZA, addobbata di Sacra Porpora, ingioiellata di heroiche Virtù, e chiari Gesti. Questo è da Fabro vile fabricato di negri caratteri, che contengono pochi vestiggi d’una Patria insigne; e quella è da sublime Architetto compaginata d’auree note di gloriose imprese, che racchiudono innumerabili splendori d’un’antica, e nobile Prosapia. E generosità de’ Grandi inchinar talvolta le chiare Luci de’ favori alla bassezza de’ soggetti; sarà magnanimità di V.E. se con le lucidissime Pupille della sua Protettione risguardarà chi humilissimo al suo Sacro Nome (tanto GERONIMO risuona) prostrato, si dedica, e consacra. Non s’isdegni (supplichevolmente la priego) V.E. per tanto ardimento, perchè anc’a’ famosi Heroi de’ passati Secoli, più per dimostranza d’ossequio, che per valor dell’opra, particolari Edificij dedicar si solevano, e io, non per il piccolo valor d’un’isbozzata fatiga historica, sotto li benigni Auspicij della sua Maestosa Porpora questo rovinoso TEATRO discuopro, ma per continuar l’ossequiosa servitù mia, che dovutamente professavo all’Eminentiss. FABRITIO suo Zio; à quel Fabritio, che per haver ad onta del Tempo sposato all’Immortalità il suo alto, e giusto sapere, li furono dall’Hore voraci tolti li giorni (ma non la gloria) togliendo à Roma, e al Mondo l’incorrotto Fabritio del nostro Secolo. E se il Fabro nella struttura di esso non haverà ne anco la perspicacità d’un ingegno mediocre dimostrato, haverà almeno l’acutezza d’un occhio purgato palesato, in fissar li sguardi, benchè vacillanti, ne’ luminosi raggi delle sue vaghissime Stelle, dalle quali, e l’Opra, e l’Artefice, ancorchè vili, sperano felicissimi influssi di grazie. Mentre à V. Emin. con profondissima riverenza m’inchino. Di Velletri li 8. di Maggio 1644. Di V. Em. Reverendis. Divotis. & obligatiss. Servo F. Bonaventura Theuli SUPERIORUM APPROBATIO Librum, cui Titulus THEATRO HISTORICO di Velletri Insigne Città, e Capo de’ Volsci, Ab. Ad. R.P.G. Mag. Bonavetura Theulo Veliterno elaboratum, Ego infrascriptus, ex Auctoritate à Revendiss. P.Ministro Generali tradita, attentè, accurateq. vidi, nihil in eo, vel contra bonos, vel contra Fidem, imò potius in Patria honorem, Civium Perennitatem, Antiquorum Testimonio, magna cum eruditione, plurima scitu digna reperi, quapropter luci, praloquè dandum censeo. In Fidem Ec. Dat. Velitris Die 18. Octobris 1642. Ego Fr. Iulius Leonardus ab Aquapendente Minister Provincialis Romæ. Locus † Signi. Fr. Per. Ant. Fulgures Secret. Librum Inscriptum THEATRO HISTORICO di Velletri Insigne Città, e Capo de’ Volsci, ab. Ad. R.P. Mag. Bonaventura Theulo Veliterno Ordinis Nostri Min. Conv. non parvo sudore elaboratum ab Adm. R.P. Magist Iulio Leonardo ab Aquapendente Provinciæ Romæ Ministro Provinciali, cuius censuræ illum commisimus, præsentium virtute, Typis mandari posse (servatis servandi) licentiam concedimus. In Fidem &c. Dat. Romæ Die 23.Octobris 1642. Fr. Octavius Ariminen. eiusd. ord. in Curia Romana Procur. Gener. & Commiss. de mandat. Reverendiss. P. Gen. Locus † Signi. Fr. Gregorius Sangeorg. Secret. † 3 L’AV L’AUTORE A CHI LEGGE Posso persuadermi, virtuoso Lettore, che nel vedere questo piccolo Volume con il titolo di TEATRO Historico, sarete per prenderne materia d’ischernirlo più tosto, che di leggerlo, non che di lodarlo; mentre poche memorie d’una Città sola in esso si racchiudono: nulladimeno, considerando, per vostra cortesia, che cose e particolari, e communi ne’ Teatri à gl’occhi de’ riguardanti si rappresentavano; giudicarete, che non senza raggione io l’habbi honorato di così bel Nome. Era l’altero Regno de’ Volsci da voraci denti del Tempo conciso, e quasi estinto, per farsi ancor vivo ne’ suoi vestiggi vedere, doveva col manto delle sue rovine discoprirsi in un Teatro. Stava Velletri, lontano da gl’occhi de molti, e per iscaresezza de penna amica, rassembrava un sepolto nell’oblio, per rendersi con la luce del Sole oggetto corrispondente à gl’occhi de’ Curiosi, doveva publicamente comparire in un Teatro. Li Parti illustri di questa Patria, oltre alle proprie ceneri, havevano per lor sciagura, anco li fatti heorici, e gloriose imprese convertite in polve; per isvegliar gl’animi de’ Cittadini al preggiato acquisto dell’honore, dovevansi palesare in un Teatro. Non lo scorgerete con vaghezza d’elocuzione, ò con dolcezza di stile adornato, abbellimenti da’ delicati ingegni nelle fabbriche moderne bramati, ma come comporta l’edacità del tempo, e la bassezza della mia penna, rovinoso ne fusi Frammenti, e lagrimoso nelle sue Memorie. Anzi ne pure esposto alla luce veduto l’havereste, se li miei Cittadini non m’havessero con amorosa violenza spinto à far palese à gl’occhi de molti, ciò ch’era, per semplice raguaglio, indrizzato à gl’cchi de pochi, come nel Terzo Libro vederete. Mi rendo sicuro di sperimentare benigno, e che, se ritrovarete in Cimenti tanto remoti, e occulti qualche mancanza di errore, sarete per dire con Servio, Antiquitas ipsa creavit errorem. E così mi bastarà di haver sodisfatto a me stesso, con il manifestar à chi son tenuto, esser stata Velletri una Città Antica, Inclita Celebre, Famosa, Insigne, Nobile, Eccellente, Populosa, Potente, Abbondante, Ricca, Fedele, Divota, e degna senza fallo di quelle Prerogative, e Privilegi, che godè per il passato, e che di presente possiede. Vivete felice. SE Del Regno d’Italia. Cap. I. Che la bella Italia, dominante Regina del Mondo, fosse doppo l’Universal Diluvio, nella dolce Età dell’Oro, da rampolli, anzi, da quei felici Ceppi dall’inondatione dell’acque salvatj, habitata; sono chiare l’autentiche Autorità de gl’Historici e Sacri e Profani. Basterebbe per schivar longhezza nel riferire, quella di Q. Fabio Pittore, qual facendo mentione de Popoli primi habitatori dell’Italia, Toscani, cioè, e Romani, ò vogliamo dire Latini, disse, Sub Iano cœperunt in Aureo Sæculo. Ma per più chiarezza aggiungerò quel che registra M. Portio Catone, che più apertamente con queste parole lo confessa, Italiæ splendidissima origo fuit, tum tempore, tum origine gentis. Cœpit enim Aureo Sæculo sub Principibus Dÿs Iano, Camese, Saturno, gente Phœnica, e Saga, qua post inundationem terrarum prima Colonias misit. E’ però d’avertire (dica à suo bell’agio quello che vuole Lilio Gregorio Giraldi) che Giano è l’istesso che Noe, come frà molti gravi Autori afferma Beroso Caldeo, il quale, doppo haverlo più volte Noe chiamato, come nell’accennare la discesa di lui dal Monte di Gordico nell’Armenia, dove per quello habbiamo dal sacro Cronista, cessate l’acque del Diluvio, si fermò l’Arca, nel descrivere l’insegnamento de sacri Riti, nel riferire la partenza dall’Armenia, & in altri particolari ancora, lo chiama Giano, per esser egli stato primo inventore del Vino; non significando Iain, in lingua Hebrea, che Vino in lingua nostra. Ob beneficium inventa vinis, & vini, dignatus est cognomento Iano. Confermò l’istesso Girberto Genebrardo, quando disse, Ab hoc vino invento Ianus fortasse dictus est, nam Iain Hebreis vinum est. Seguitato anco da Gerolamo Bardi, da Giovanni Becano, e da Antonio Fonseca Portoghese, che apertamente dice, Noe esse Ianum exitum ab Area Mense Yanuarÿ quia à Iano sic dicitum. Anzi li Greci per l’istessa caggione del Vino lo chiamarono Oenotrio, asserisce Catone, quem quidam Oenotrium dictum affirmant, quia invenit Vinum & Far. E’ ben vero che fù chiamato Cielo, & Ogige da Senofonte, nel descrivere la sopputazione de gl’Anni de gl’Antecessori à Semiramide potente Regina de gl’Affarij scolpita in una Colonna, dice Atavus Cælus fœnix, Ogiges, ab Ogige ad meum Avum, etc. Fù detto anco Urano, che l’istesso significa, che Cielo, che Diodoro Siculo, narrando la Posterità di lui, Uranum ex multis Uxoribus suscepisse ferunt filios, e lo conferma Lattantio Firmiano dicendo, Uranum potentem virum habuisse coniugem. Anzi afferma, ch’egli fosse il primo Re d’Italia, apportando il parere d’Ennio, Ennius in Eubemero, non primum regnasse Saturnum, sed Uranum Patrem. E per ciò erra Diodoro Siculo in dire, Ex multis Uxoribus, perchè una sola n’hebbe con più nomi chiamata, come più sotto si dirà. Fù, per finirla, chiamato Vertunno, Protheo, e Vadimone, che l’istesso significano, dice Giovanni Lucido Samoteo per parere di Samuele Talmudista, Dictus est Protheus, idest Vertunnus, vel Vadimon, qua tria nomina idem significant, ma in diverse Lingue, perchè quello che denota Vado appresso gl’Aramei, significo Protho appresso gl’Egittij, e Verto appresso i Latini. Quindi ragionevolmente disse Giovanni Nauclero Idem sunt Noe, Noa, Ianus, Ogiges, Vertunnus, Cælum, Sol. E s’altri nomi à Noe furono dati, ne fù caggione la varietà de’ concetti, c’haveva di lui il Mondo, per la congitione che si haveva de’ beneficij apportati da lui alle genti. Noe dunque doppo il Diluvio, veggendo ravvivato (per così dire) il Gener’humano, moltpilicati i figli, e li nepoti in gran numero cresciuti; per toglier via ogni motivo di rissa, divise à quelli i Regni, le Provincie, e le Colonie; divisione autenticata dal sacro Cronista, che disse, Ha familia Noe iuxta Populos, & Nationes suas ab his divisa sunt Gentes in terra post Diluvium. Et havendo à Semo l’Asia, à Giapero l’Europa, e l’Africa à Camo assegnato, come anco à varij Capi di famiglie diverse Provincie, e Regni (questo fù al computo di Giovanni Annio l’Anno C. doppo il Diluvio.) Egli, dubbioso forse, ò più tosto presago della discordia de suoi figli, pigliò l’independente cura del Mondo; il che fu accennato da Ovidio, quando disse Me penes est unum vasti custodia Mundi. Fondate haveva Noe, poco avanti che partisse, molte Colonie nell’Armenia, & in altre Contrade ancora, conforme al bisogno: quali stabilite, non molto doppo gl’altri, con la sua consorte Tithea, ò Aretia, ò pure Vetta, overo Esta, ò come in lingua Toscana dice Mirsilo Lesbio Horchia, e con altri figli, e nepoti in copioso numero, se ne venne il primo in Italia.