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PREMESSA ...... 4

1. INQUADRAMENTO GEOGRAFICO ...... 9

2. LINEAMENTI GEOLOGICI ...... 12 2.1. La carta geologico-strutturale ...... 12

3. ANALISI DEI PRINCIPALI EVENTI ALLUVIONALI DEL XX SECOLO NEL PIEMONTE MERIDIONALE ...... 18

4. OSSERVAZIONI GEOMORFOLOGICHE ...... 21 4.1. La carta geomorfologica, dei dissesti, della dinamica fluviale e del reticolato idrografico minore...... 22 4.1.1. Dinamica dei versanti ...... 22 4.1.2. Dinamica fluviale e torrentizia ...... 25 4.2. La carta di localizzazione probabile delle valanghe ...... 28 4.3. La carta delle acclività ...... 30

5. LA CARTA GEOIDROLOGICA E DELLE OPERE IDRAULICHE CENSITE ...... 31

6. LA CARTA DI SINTESI DELLA PERICOLOSITÀ GEOMORFOLOGICA E DELL’IDONEITÀ ALL’UTILIZZAZIONE URBANISTICA ...... 33 6.1. Criteri di classificazione ...... 33

7. PROPOSTA DI NORMATIVA RELATIVA ALLE TIPOLOGIE D’INTERVENTO EDILIZIO ED URBANISTICO AMMESSE IN FUNZIONE DELLE CLASSI DI IDONEITÀ ALL’UTILIZZAZIONE URBANISTICA ...... 36 7.1. Ambiti edificabili ...... 36 7.2. Ambiti a edificabilità condizionata ed inedificabili ...... 37

8. RIFERIMENTI LEGISLATIVI ...... 43

9. BIBLIOGRAFIA ...... 45

ALLEGATO A - Schede sintetiche dell’archivio Processi/Effetti del Sistema Informativo Geologico (Settore Prevenzione del Rischio Geologico, Meteorologico e Sismico della Regione Piemonte) ...... 47

ALLEGATO B - Schede illustrative dei principali dissesti ...... 48

ALLEGATO C - Schede illustrative dei dissesti non cartografabili ...... 49

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ALLEGATO D - Schede di rilevamento delle valanghe di neve ...... 51

ALLEGATO E - Schede di rilevamento dei processi lungo la rete idrografica principale e secondaria ...... 52

ALLEGATO F - Schede di rilevamento dei conoidi ...... 53

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PREMESSA

In ottemperanza a quanto previsto dal Piano stralcio per l’Assetto Idrogeologico (PAI), adottato dalla Autorità di Bacino del fiume con deliberazione n. 1 del 11/05/1999 e approvato con D.P.C.M. del 24/05/2001, l’Amministrazione Comunale di Macra ha incaricato gli scriventi di procedere alla verifica della compatibilità idraulica e idrogeologica delle previsioni degli strumenti urbanistici vigenti con le condizioni di dissesto sulla base di indagini conformi alla Circolare del Presidente della giunta Regionale del 08/05/1996 n. 7/LAP, relativa alla L.R. n. 56 del 05/09/1977, con la quale vengono meglio definite e dettagliate le Specifiche tecniche per l’elaborazione degli studi geologici a supporto degli strumenti urbanistici. Lo svolgimento delle sopraddette operazioni di istruttoria tecnica usufruiscono di un finanziamento dell’Autorità di Bacino previsto dalle norme del PAI ai sensi della L. 183/89; i criteri e la modalità per l’erogazione dei contributi ai Comuni sono specificati nel D.G.R. n. 1-819 del 15/09/00. Così come previsto dall’art. 18 (Indirizzi alla pianificazione urbanistica), comma 3, del Piano la verifica di compatibilità, è stata svolta secondo le seguenti modalità:  rilevazione e caratterizzazione dei fenomeni di dissesto idraulico e idrogeologico, attivi o potenzialmente attivi che interessano il territorio comunale, con particolare riferimento alle parti urbanizzate o soggette a previsioni di espansione urbanistica;  delimitazione alla scala opportuna delle porzioni di territorio soggette a dissesti idraulici e idrogeologici;  descrizione con elaborati adeguati, delle interferenze fra lo stato del dissesto presente o potenziale rilevato e le previsioni del piano regolatore generale;  indicazione delle misure da adottare al fine di rendere compatibili le previsioni degli strumenti urbanistici vigenti con lo stato dei dissesti presenti o potenziali.

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L’area di indagine non ricalca i confini comunali di ma bensì una porzione di territorio con estensione pari a circa 11,5 chilometri quadrati (cfr. Figura 1). Tale scelta deriva dalla necessità di verificare con dettaglio le caratteristiche geologiche e geomorfologiche in relazione al dissesto delle aree urbanizzate o comunque potenzialmente urbanizzabili. Ciò nonostante, sia per rispettare la buona norma di estendere le indagini ad un intorno significativo che per fornire un quadro completo delle aree in dissesto previste dalla legenda PAI, si è scelto di riferire all’intero territorio comunale, contraddistinto da una superficie di circa 25 chilometri quadrati, lo studio delle frane, dei dissesti di carattere torrentizio, delle valanghe e dei conoidi. Allo scopo di rendere le cartografie prodotte direttamente confrontabili con quelle proposte da PAI tutti i fenomeni appartenenti alle quattro categorie citate sono stati descritti in legenda utilizzando le specifiche proposte dal Piano Stralcio per l’Assetto Idrogeologico.

L’indagine è stata svolta sulla base di un programma ben definito che può essere distinto nelle seguenti fasi operative principali:

a) reperimento del materiale bibliografico esistente e consultazione della documentazione residente negli archivi del Settore Studi e Ricerche Geologiche – Sistema Informativo Prevenzione Rischi della Regione Piemonte; b) studio fotointerpretativo necessario al fine di acquisire validi dati in relazione soprattutto agli aspetti geomorfologici ed alle caratteristiche del reticolato idrografico. L’analisi è stata condotta utilizzando in un primo momento il volo Rossi 1991 (strisciata 8/2, fotogrammi 050, 052 e 056), in bianco-nero e a media quota, al fine di ricavare una radiografia generale dell’area; in un secondo momento le riprese aeree, a colori e a bassa quota, del volo C.G.R. 78/80 (strisciata 21B – fotogrammi 1, 2, 3; strisciata 22B –

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fotogrammi 8, 9, 10, 11; strisciata 23A – fotogrammi 12, 13, 14; strisciata 24A – fotogrammi 12, 13, 14); c) lavoro sul terreno comprendente il controllo dei fenomeni di instabilità maggiori individuati attraverso la fotointerpretazione e la definizione della loro tendenza evolutiva, il rilevamento dei dissesti minori non altrimenti cartografabili, il censimento di tutte le opere idrauliche localizzate sia lungo la rete idrografica maggiore che minore, l’adeguamento della carta geologica sulla base di una versione preliminare ottenuta attraverso i dati di letteratura; d) correlazione sintetica degli elementi raccolti mirata alla stesura della carta di sintesi della pericolosità geomorfologica in funzione di future scelte di tipo urbanistico; e) gestione informatica dei dati raccolti compiuta mediante il programma di georeferenziazione Arcview e loro elaborazione attraverso l’utilizzo di software di tipo grafico; f) stesura della presente relazione geologico-tecnica esplicativa del fine, dei metodi e dei risultati ottenuti.

Fanno parte integrante del presente lavoro i seguenti elaborati cartografici in scala 1:10.000:  Carta geologico-strutturale (Tavola A1)  Carta geomorfologica, dei dissesti, della dinamica fluviale e del reticolato idrografico minore (Tavola A2)  Carta di localizzazione probabile delle valanghe (Tavola A3)  Carta dell’acclività (Tavola A4)  Carta geoidrologica e delle opere idrauliche censite (Tavola A5)  Carta di sintesi della pericolosità geomorfologica e dell’idoneità all’utilizzazione urbanistica (Tavola A6)

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DATI RACCOLTI

BORGATE: GARINO – molta umidità, assenza di lesioni agli edifici che potrebbero indicare movimenti del terreno, assenza di roccia affiorante COLLETTO – collocazione molto buona su una sella rocciosa che separa la punta Cialier con la Cresta del Castello; alcune zone inseribili in classe II sul versante ovest CUCCHIETTO – abitazioni impostate su roccia; nessuna possibilità di espansione dell’area II a causa della ripidità del versante MAURENGO e ARAMOLA – le abitazioni sono state realizzate su roccia; all’imbocco della strada che passa all’interno di Aramola si osservano alcuni muretti a secco controripa spanciati verso l’alto; la prima casa di Aramola, collocata in prossimità dell’impluvio e a monte di una piccola nicchia di frana, può essere inserita in classe IIIb SERREMORELLO – abitazioni collocate su una dorsale rocciosa; nulla da segnalare fatta eccezione per la pessima chiesa CHIATIGNANO – strada di accesso alla borgata impostata in roccia fino in corrispondenza dell’impluvio più marcato; borgata molto umida, assenza di roccia affiorante; tra tutte le frazioni di Macra è la più deperente, numerose case crollate o lesionate, probabilmente per incuria, una sola sommariamente ristrutturata PALENT – il settore a destra rispetto alla frazione è soggetto a franamento della coltre superficiale costituita da limi argillosi al contatto con il substrato rappresentato da calcemicascisti fittamente scistosi contraddistinti da una giacitura con direzione varaiabile tra 180 e 200° e inclinazione da 35 a 45°; a monte della strada di accesso, in un tratto di circa 150 metri, sono state realizzate gabbionate non continue VILLETTA – borgata collocata su un ripiano in destra rispetto al torrente costituita da abitazioni in buona parte ristrutturate; il limite orientale della borgata è definito dalla ripida scarpata vegetata che definisce l’impluvio del rio Comba Scura

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ALMA – il settore in destra rispetto al rio Bedale di Langra risulta in situazione di vulnerabilità nei riguardi delle acque dello stesso rio (come già avvenuto nel 1957) e delle acque del torrente Maira (evento del 1996) CARICATORI – piccola borgata il cui problema più rilevante è rappresentato dal rio Comba della Montagna che scorre a Nord a ridosso delle abitazioni; nel periodo di sopralluogo le case limitrofe al rio erano in fase di ristrutturazione. Si ravvisa la possibilità di espansione verso sud LANGRA – borgata collocata in fregio al rio Comba Font Buient in stato di degrado a causa dell’umidità diffusa; le situazioni di rischio sono da ricercarsi in corrispondenza della passerella in cemento a monte della quale sono presenti case sui due lati del rio CUCCHIALES – le abitazioni che costituiscono la borgata sono in buona parte ristrutturate; non si ravvisano particolari pericoli per l’edificato

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1. INQUADRAMENTO GEOGRAFICO

La Valle Maira è situata nel settore sud-occidentale della Regione Piemonte e rientra nell’ambito territoriale delle Alpi Cozie Meridionali. Dal punto di vista amministrativo il territorio della Valle Maira è suddiviso in 13 comuni tutti parte della Comunità Montana Valle Maira. La Valle Maira, oltre ad un ambiente naturale di grande bellezza, possiede molte caratteristiche uniche e singolari tra le quali l’appartenenza all’area di minoranza linguistica occitana. Si tratta di una valle dallo sviluppo considerevole occupando una superficie complessiva di 56.917 ha. Così come la maggior parte delle valli alpine piemontesi, la Valle Maira confina in testata con il territorio dello Stato francese, rappresentato dalla Valle Ubaye. Il limite territoriale è definito dalla dorsale montuosa le cui cime più significative, procedendo da sud a nord, sono il Monte Oronaye (3100 m), il Monte Sautron (3166 m), il Monte Chambeyron (3389 m), il Monte Maniglia (3177 m). A sud la Valle confina con la ; lo spartiacque è rappresentato dalla dorsale che collega il M. Chialmo (2021 m) con Cima Fauniera (2.515 m), passando attraverso il M. Tibert (2.647 m). Su tale dorsale si apre un passo, transitabile con autovetture ad eccezione del periodo invernale, denominato Colle d’Esischie (2.370 m) che collega il territorio in esame sia con la Valle Grana che con la Valle . A nord la Valle confina con la Valle rispetto alla quale è separata dalla dorsale delineata dai rilievi del Monte Birrone (2131 m), del M. Rastcias (2401 m), del Pelvo d’Elva (3064 m), della Rocca la Marchisa (3071 m) e del Monte Maniglia (3177 m). Anche in questo caso la comunicazione tra le due valli è assicurata, almeno durante il periodo estivo, dalla strada asfaltata che transita al Colle di (2284 m). La Valle Maira, nel complesso, presenta un andamento est-ovest; il suo sbocco nella pianura cuneese avviene ad est, a valle del Comune di . Tale orientamento produce una notevole differenziazione tra i due versanti principali: quello settentrionale è per lo più scosceso e selvaggio e risulta fittamente

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ricoperto da pregiati boschi di conifere; quello meridionale si presenta decisamente più aperto e privo di una copertura boschiva continua, a favore dal prato-pascolo, tanto da ospitare la maggior parte delle borgate della valle. Soprattutto nella parte inferiore dei due versanti sono frequenti non solo balze rocciose ma anche vere e proprie pareti subverticali; il tracciato della Strada Provinciale, che si snoda sul fianco destro idrografico e rappresenta la principale via di transito della valle, è fortemente condizionato dalla presenza di tali pareti rocciose soprattutto nel tratto compreso tra e Ponte Marmora. Il sistema idrografico è rappresentato da un corso d’acqua principale, il torrente Maira, che occupa un fondovalle stretto e limitato da versanti assai ripidi, in particolare nel tratto tra e Ponte Marmora. Il reticolo idrografico secondario è costituito da una serie di impluvi generalmente a decorso abbastanza rettilineo, fortemente incassati nei settori medio-bassi dei versanti e di solito poco gerarchizzati se si eccettuano i valloni laterali maggiori (Vallone di Preit, Vallone di Marmora, Vallone di Elva, Vallone del Mollasco). Nel contesto morfologico della valle, i settori pianeggianti sono necessariamente poco frequenti; fanno eccezione limitate aree immediatamente a monte degli abitati di Stroppo e Dronero.

Il territorio comunale di Macra, esteso per circa 2470 ha sui versanti destro e sinistro del solco vallivo principale, risulta ubicato indicativamente a metà strada tra la testata della Valle Maira ed il paese di Dronero. Per un inquadramento topografico di dettaglio è possibile fare riferimento alle cartografie ufficiali rappresentate sia dalla tavoletta topografica dell’IGM, alla scala 1:25.000, SAMPEYRE F. 79 – IV S.E. sia dagli elementi della Carta Tecnica Regionale (CTR), alla scala 1:10.000, 208060 – STROPPO , 208070 – FRACCHIE, 208100 – MARMORA e 208110 – (cfr. Figura 1). I confini amministrativi del territorio comunale di Macra sono definiti:  a nord dal Comune di Sampeyre;  a sud dal Comune di Celle di Macra;

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 a est dai comuni di Stroppo e Marmora;  a ovest dai comuni di San Damiano Macra e Celle di Macra.

Come altri comuni della valle, anche Macra è costituito da un gran numero di borgate collocate generalmente in settori favorevoli per morfologia ed esposizione. Rispetto al corso del torrente Maira, sul versante sinistro, culminante con le cime del Monte Cugulet (2495 m s.l.m.) e del Monte Rastcias (2407 m s.l.m.), hanno sede i nuclei denominati Caricatori, Langra, Camoglieres e, in prossimità del fondovalle, attraversata dalla Strada Statale, Alma sede comunale; in destra idrografica del Maira si sviluppa la valletta secondaria solcata dal rio Bedale di Celle il cui versante sinistro ospita le borgate di Aramola, Maurengo, Palent, Colletto, Cucchietto, Serremorello, Garino, Ciatignano, Sagna, Combe e Grange Curbia. Infine in posizione isolata, su un vecchio terrazzo del Maira, è collocata Villetta.

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2. LINEAMENTI GEOLOGICI

Le nozioni geologiche generali relative al territorio indagato sono riportate sui Fogli 78-79 (-DRONERO) della Carta Geologica d’Italia alla scala 1:100.000 e nelle relative Note illustrative. Per ulteriori informazioni di carattere geologico è stato consultato il Foglio 35 - GAP della Carte Geologique de la France a scala 1:250.000 e le relative Note esplicative. In estrema sintesi si può affermare che i terreni che costituiscono l’ossatura della zona fanno parte dell’ampia fascia di origine sedimentaria che avvolge il batolite presente al nucleo del Massiccio esterno dell’Argentera nelle Alpi Marittime. La valle si è impostata, nel tratto distale, lungo il contatto fra il massiccio cristallino Dora-Maira, formato in prevalenza da gneiss occhiadini e minuti, micascisti e quarziti micacee, ed il Complesso dei calcescisti ofiolitiferi, in cui dominano, oltre ai calcescisti, le pietre verdi, le dolomie ed i calcari. I primi tipi litologici affiorano prevalentemente sul versante sinistro, i secondi sul destro. Infine sono variamente rappresentati i depositi quaternari conseguenti all’attività dei ghiacciai e dei corsi d’acqua ed alla naturale evoluzione del paesaggio in funzione degli agenti atmosferici e della forza di gravità.

2.1. La carta geologico-strutturale

Nell’ambito della Carta geologico-strutturale (cfr. Tavola A1, fuori testo) sono state distinte le seguenti unità strutturali:  Complesso dei Calcescisti ofiolitiferi  Complesso Dora Maira  Permo-Carbonifero Assiale Infine sono stati presi in considerazione i depositi originatisi nel Quaternario, variamente distribuiti nel fondovalle principale e lungo i versanti.

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Complesso dei Calcescisti ofiolitiferi Tale complesso è costituito da un insieme di terreni, principalmente sedimentari e subordinatamente metamorfici, di pertinenza piemontese. I dati più recenti sembrano indicare che il complesso sia costituito da due tipi di serie, provenienti da domini paleogeografici distinti, ma caratterizzati da un evoluzione tettono-metamorfica comune. Si riconoscono:  serie con basamento triassico che costituisce la “serie piemontese s.s.”; queste serie, che si spinge fino al Cretaceo superiore, può contenere intercalazioni di materiali ofiolitici, sottoforma di lave o elementi rimaneggiati come olistoliti e brecce; il basamento triassico affiora soprattutto in corrispondenza del limite meridionale del Dora Maira e quindi in Val Maira e in Val Grana;  serie a basamento ofiolitico, generalmente in posizione rovesciata, deposta su un fondale oceanico, analoga a quella preservata dal metamorfismo alpino e riferibile al periodo compreso tra il Giurassico superiore e il Cretaceo medio, in situazione di affioramento nell’Appennino settentrionale.

L’evoluzione strutturale è determinata da più fasi successive: a) ricoprimento delle serie piemontesi da parte di una falda ofiolitica ligure; b) fasi “1” e “2” di piegamento isoclinalico accompagnate da un metamorfismo di alta pressione e bassa temperatura; c) fase “3” di piegamento a scistosità macroscopica, seguita da fagliamenti e scollamenti.

All’interno della Carta geologico-strutturale sono stati distinte i seguenti tipi litologici:  serpentiniti, serpentinoscisti, cloritoscisti (Giurassico sup. – Cretaceo inf.): affiorano essenzialmente nel settore sudoccidentale dell’area di indagine, sotto forma di modesti lembi a forma vagamente ellittica;

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 prasiniti anfiboliche, cloritiche ed epidotiche (Giurassico sup. – Cretaceo inf.): affiorano in un ridottissimo settore al margine meridionale dell’area di indagine, in prossimità delle Rocche Sarblet;  calcescisti, calcemicascisti, calcescisti filladici (Cretaceo inf.): nell’ambito dell’area di indagine, sono tra i litotipi più rappresentati e, come conseguenza della dolce morfologia alla quale danno origine, maggiormente sfruttati in passato per l’impianto delle borgate; affiorano esclusivamente in destra idrografica del Torrente Maira dove sono tettonicamente affiancati ai calcari dolomitici ed ai calcari a cellette.  calcari dolomitici e dolomie (Triassico medio): per quanto riguarda il territorio esaminato questa litologia è paragonabile, in quanto ad estensione, ai calcescisti cretacei; affiorano estesamente sul versante sinistro idrografico della Valle Maira e nel settore basale del versante destro; la tenacità e compattezza di questi litotipi da origine ad una morfologia accidentata, caratterizzata frequentemente da pareti rocciose, talvolta soggette a distacchi di volumi rocciosi anche rilevanti;  calcari a cellette e dolomie cariate (Triassico): queste litologie affiorano in lembi allungati in direzione nordovest-sudest, essenzialmente in contatto tettonico con i calcescisti; gli affioramenti più evidenti sono esaminabili in corrispondenza dei tagli stradali che interessano il versante sinistro idrografico del rio Bedale di Celle.

Complesso Dora Maira Tale complesso è conosciuto in letteratura anche come Massiccio Cristallino del Dora Maira sebbene, contrariamente ai massicci cristallini esterni, questo “massiccio” non rappresenti alcuna entità morfologica netta all’interno della zona piemontese. Si riconosce un vecchio zoccolo polimetamorfico ante-carbonifero in parte granitizzato (Vialon, 1966), sormontato da una serie discordante, interessata dal solo

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metamorfismo alpino, che inizia con il gruppo grafitico di Pinerolo, attribuito al Carbonifero, al quale segue una potente serie vulcanico-detritica permiana. Il massiccio del Dora Maira si può suddividere in tre grandi unità strutturali:  al centro del massiccio, il complesso di Bas-Chisone mostra la serie grafitica di Pinerolo saldata con il vecchio zoccolo;  la falda del Varaita formata dal vecchio zoccolo e dal Permiano che affiora principalmente lungo la sponda destra del Po, all’altezza di ;  le unità di Dronero e di Sampeyre che sono separate dalla serie precedente da un cuscinetto di Schistes lustres a ofioliti e di Trias.

L’evoluzione tettonometamorfica alpina del massiccio Dora Maira è determinata principalmente da due tappe: a) un metamorfismo di alta pressione e bassa temperatura che porta all’acquisizione di una foliazione cristallofilladica; b) un secondo metamorfismo di più alta temperatura che precede o accompagna la fase di retroscorrimento generale della zona piemontese e che è seguita dal piegamento anticlinale dell’intero massiccio.

All’interno della Carta geologico-strutturale è presente una sola litologia appartenente al Dora Maira:  quarziti micacee (Paleozoico sup.): rappresentano la copertura permo- carbonifera del Dora Maira. All’interno del territorio esaminato risultano rappresentate unicamente da una stretta fascia orientata nordovest-sudest, in contatto tettonico con i calcari dolomitici e con i calcescisti.

Permo-Carbonifero Assiale Tale complesso costituisce il substrato paleozoico della Zona Brianzonese; comprende una successione di terreni rappresentati da scisti quarzoso-sericitici e sericitico-cloritici violacei, grigio verdastri e verdastri del Permiano inferiore e da quarziti conglomeratiche bianche o grigiastre e da conglomerati poligenici del Permiano superiore. Il primo tipo litologico, notevolmente scistoso, è soggetto ad

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intensi fenomeni di gelificazione mentre il secondo è costituito da rocce compatte, non gelive e resistenti all’erosione.

All’interno della Carta geologico-strutturale è presente una sola litologia appartenente al Permo-Carbonifero Assiale:  scisti quarzoso-sericitici o sericitico-cloritici (Permiano inf.): affiorano esclusivamente in una piccola fascia allungata in senso nordovest-sudest, a cavallo del rio Bedale di Celle; il contatto con i terreni limitrofi è di tipo tettonico.

Quaternario Per quanto riguarda la copertura quaternaria, nella carta geologico-strutturale sono stati distinti i seguenti tipi di terreni:  deposito alluvionale: si tratta dei depositi conseguenti all’attività torrentizia, variamente distribuiti lungo i settori di fondovalle; tali sedimenti sono contraddistinti da ghiaie, ciottoli e blocchi immersi in matrice prevalentemente sabbiosa; nell’area esaminata questi materiali sono presenti sulle sponde del torrente Maira e in ridotti lembi, non cartografabili, lungo i corsi d’acqua secondari dove le pendenze sono meno accentuate;  deposito glaciale: i caratteri che contraddistinguono tali materiali sono rappresentati da forte eterometria, assenza di classazione e assenza di stratificazione; gli elementi detritici che lo costituiscono sono generalmente angolosi e di pezzatura da centimetrica a decimetrica mentre la frazione fine presenta una granulometria sabbiosa e subordinatamente limosa. Nell’area di studio i depositi glaciali sono stati cartografati esclusivamente sul versante ad est della borgata Pessa dove risultano particolarmente ben visibili poichè interessati in passato da una frana superficiale;  terreni detritici: sotto tale denominazione sono stati riuniti sia i prodotti dell’alterazione in situ del substrato roccioso e delle formazioni superficiali, sia gli accumuli detritici provenienti dalla disgregazione graduale dei rilievi

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rocciosi; nell’area considerata questi depositi sono particolarmente frequenti sia a monte della strada comunale che collega le borgate Paschero e Centenero, sia a monte ed a valle della Strada Provinciale;  accumuli gravitativi: in questa categoria sono stati inseriti i depositi correlati ai fenomeni gravitativi riconosciuti nell’area esaminata. I depositi che si osservano sono conseguenti alla tipologia franosa: nel caso di crolli si sviluppano accumuli caotici costituiti da blocchi di varie dimensioni e scarsa matrice mentre nel caso di movimenti complessi di traslazione e scivolamento la componente argilloso-limoso-sabbiosa è decisamente più abbondante.

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3. ANALISI DEI PRINCIPALI EVENTI ALLUVIONALI DEL XX SECOLO NEL PIEMONTE MERIDIONALE

Nel contesto di un’indagine geologico-tecnica finalizzata alla pianificazione territoriale appare prioritario effettuare un’approfondita analisi delle componenti fisiche del territorio. A tale scopo risulta fondamentale lo studio delle aree dissestate in modo da poter definire i vincoli d’uso per l’utilizzazione del territorio e valutare gli interventi necessari ad eliminare le situazioni di rischio idrogeologico in atto o potenziali. I fenomeni d’instabilità presi in considerazione sono prevalentemente quelli che determinano la modificazione dell’assetto morfologico esistente a favore di nuove condizioni di equilibrio dinamico. Questi processi si sviluppano attraverso movimenti di materiali rocciosi e traslazioni di volumi idrici che interagiscono in modo negativo sia con la pubblica incolumità che con le risorse ambientali. In generale si può affermare che il territorio del Comune di Macra mostra una propensione al dissesto poco accentuata in funzione delle caratteristiche geologiche e fisiografiche. Tuttavia è necessario rimarcare che il quadro dissestivo rilevato evidenzia una buona gestione del territorio; come hanno dimostrato gli eventi piovosi particolarmente intensi che hanno interessato la Regione Piemonte negli anni passati, le uniche interferenze negative tra territorio e opere antropiche sono rappresentate dalle strade, molto spesso indispensabili e a collocazione obbligata,che collegano le varie frazioni. Per meglio inquadrare la situazione dissestiva, si ritiene utile fornire una breve descrizione dei principali eventi alluvionali verificatisi nell’ultimo secolo che in qualche modo hanno interessato il territorio del Comune di Macra.

1957 - 13-16 giugno: “Le acque dei torrenti travolsero le arginature, buttarono giù ponti e case e provocarono frane dappertutto, riducendo campagne e prati, da sempre magnificamente irrigati, a lande ricoperte di ghiaione e massi ... I ponti travolti e le case asportate furono ancora ricostruiti, ma gli argini in muratura e le prese d’acqua per l’irrigazione non furono più ripristinati. Lo sbancamento delle

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sponde e l’enorme abbassamento del letto dei corsi d’acqua, causate dalle furiose ondate di piena, avevano reso molto difficile, e in certi luoghi impossibile senza importanti opere di ingegneria idraulica, riportare le cose allo stato di prima.” (Ponzo, 1986). Quest’evento coinvolse soprattutto l’area compresa tra la Dora Baltea e la valle Gesso; a causa della sua gravità, rappresenta ancora attualmente il termine di paragone per gli episodi sviluppatisi in tempi successivi. I corsi d’acqua sia maggiori che minori alluvionarono interi abitati, producendo considerevoli processi di trasporto in massa e di ridefinizione della morfologia lungo i fondovalle per processi di erosione e deposito. Tra i comuni più colpiti nell’ambito della Valle Maira è da segnalare , alluvionato per la quasi totalità.

1996 – 7-10 ottobre: l’evento alluvionale ha colpito in particolar modo le valli delle Alpi Liguri-Marittime ed il settore del Monregalese, con effetti minori al contorno. Come si legge nel rapporto d’evento della Regione Piemonte (1998), la Valle Maira è stata interessata da un discreto numero di dissesti seppure di entità ridotta; per quanto riguarda il territorio comunale di Macra si sono sviluppati processi dissestivi lungo la rete idrografica minore e lungo i versanti che hanno provocato essenzialmente danni alle strade. Nella Banca Dati Geologica è riportata una sola scheda con codice 00308 che segnala cedimenti spondali lungo i rio Bedale di Langra, in prossimità del concentrico (cfr. Allegato A).

2000 – 13-16 giugno: si tratta di un grave evento alluvionale che ha coinvolto il settore alpino compreso tra la valle Pesio e la valle Susa. I settori più colpiti sono rappresentati dalla valle Gesso e dalla Valle Stura di , dove le piogge di particolare intensità hanno portato alla crisi il reticolo idrografico principale e secondario, e dalla fascia pedemontana compresa tra Boves e , dove si sono sviluppati numerosi movimenti franosi superficiali.

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Sebbene numerosi dissesti, riconducibili nella maggior parte dei casi a frane superficiali di modesta estensione, abbiano interessato il territorio della Valle Maira, nulla viene segnalato dal rapporto d’evento della Regione Piemonte (2000) in merito al Comune di Macra.

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4. OSSERVAZIONI GEOMORFOLOGICHE

Le forme del paesaggio mostrano tratti molto complessi direttamente correlabili con le variazioni climatiche del Quaternario. I tratti morfologici fondamentali, quali l’andamento dei principali crinali e delle incisioni maggiori, sono condizionati in modo determinante sia dai vincoli imposti dalla complessa struttura geologica che dalla diversa predisposizione delle litologie affioranti nei confronti dei processi degradatori e di modellamento. In grande la morfologia è influenzata dalle caratteristiche strutturali delle rocce dato che la giacitura presenta un’immersione piuttosto costante verso ovest. Infatti tale aspetto determina la formazione di versanti con andamento asimmetrico, ad acclività contenuta se impostati secondo la giacitura della stratificazione (versanti a franapoggio) e a maggiore pendenza con scarpate subverticali se caratterizzati da un’esposizione orientale (versanti a reggipoggio). Tra i versanti a franapoggio più rappresentativi va inserito quello sul quale sono ubicate le borgate di Morinesio e Paschero; tra quelli a reggipoggio il versante che ospita le borgate Contà, Ciamino e S. Martino. Le caratteristiche giaciturali associate alla natura litologica del substrato, nell’ambito del quale si osserva una predominanza di rocce calcaree e subordinatamente di rocce metamorfiche scistose, determinano una diversa risposta nei confronti dei processi di modellamento e quindi una diversa propensione al dissesto. Tra le forme di modellamento più importanti, individuate nel territorio esaminato, vanno prese in considerazione quelle legate a movimenti gravitativi di varia natura e subordinatamente quelle dovute all’azione delle acque correnti siano esse incanalate o libere di scorrere sul versante.

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4.1. La carta geomorfologica, dei dissesti, della dinamica fluviale e del reticolato idrografico minore

Nella “Carta geomorfologica dei dissesti, della dinamica fluviale e del reticolato idrografico minore” (cfr. Tavola A2, fuori testo) sono stati messi in evidenza i fenomeni geomorfici di tipo gravitativo e quelli direttamente correlabili con il reticolo idrografico minore e maggiore. L’elaborato cartografico, realizzato alla scala 1:10.000 e allegato alla presente relazione, oltre a fornire indicazioni sulla natura delle forme dal punto di vista delle dimensioni e della modalità di sviluppo, ha lo scopo di mettere in evidenza lo stato di attività di ciascun fenomeno. I dati riportati sono stati ricavati nel corso dei sopralluoghi svolti sul territorio e attraverso un attento esame stereoscopico delle fotografie aeree della zona; l’analisi geomorfologica è stata inoltre sostenuta dall’esame delle conoscenze note per il settore in esame tra le quali le cartografie del PAI e soprattutto quelle della Banca Dati Geologica della Regione Piemonte pubblicate alla scala 1:100.000 (cfr. Figura 3).

4.1.1. Dinamica dei versanti Per quanto riguarda la dinamica dei versanti, si è fatto riferimento alla classificazione predisposta da Varnes (1978) ed ufficialmente adottata dai Settori geologici della Regione Piemonte. Nella cartografia allegata sono stati distinti i seguenti tipi di dissesto: Crolli (simbolo F1). Sono fenomeni improvvisi e contraddistinti da un evoluzione molto rapida che si sviluppano in corrispondenza dei settori più ripidi dei versanti impostati in rocce cristalline o sedimentarie competenti; i volumi rocciosi interessati si staccano da una parete e si spostano verso valle per caduta libera, rotolamento e rimbalzo. Il grado di pericolosità insito nelle frane per crollo, è conseguente non solo al ridotto tempo di sviluppo ma anche agli ingenti volumi di roccia che possono essere mobilizzati, talvolta superiori alle decine di milioni di metri cubi. I fattori predisponenti sono in sintesi l’intensa fratturazione dell’ammasso roccioso e la

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disposizione geometrica delle fratture in rapporto alla giacitura del versante; non trascurabile è il ruolo giocato dai fenomeni crioclastici, dalle elevate pressioni interstiziali e dalle modificazioni della geometria dei luoghi. Nell’area esaminata sono stati riconosciuti due crolli, censiti con i numeri 21 e 22, e numerosi versanti rocciosi soggetti a distacchi periodici di materiale lapideo. Scivolamenti (simbolo F4). Sono frane che coinvolgono masse, talvolta di notevole volume, di roccia detrito o terra. Il movimento comporta uno spostamento lungo una superficie di rottura o all’interno di una zona di taglio ben definita; che si viene a delineare man mano che il fenomeno franoso si evolve. Spesso i primi segnali del movimento, sono rappresentati da fratture di trazione e da cedimenti rilevabili nella zona di coronamento. Nelle classificazioni dei processi franosi (Varnes, 1978), le frane per scivolamento vengono ulteriormente distinte in rotazionali e traslazionali a seconda che il fenomeno evolva lungo una superficie di rottura curva e concava oppure lungo una superficie piana e/o debolmente ondulata. Gli scivolamenti di tipo rotazionale sono per lo più tipici in materiali omogenei naturali e non (es: rilevati, riempimenti, ...); gli scivolamenti traslazionali spesso si sviluppano al contatto tra coperture e substrato roccioso e risultano controllati da piani strutturali o stratigrafici. Nell’area rilevata rientra nella categoria degli scivolamenti la frana censita con il numero 12. Si sottolinea tuttavia che tutte le frane collocate sui versanti a franapoggio, sebbene definite come complesse, presentano un meccanismo di innesco di tipo traslativo direttamente correlabile alla giacitura degli strati. Colate di detrito o di terra (simbolo F6). Si tratta di colate superficiali di materiale misto ad acqua, caratterizzate da velocità generalmente elevate e quindi destinate ad esaurirsi in breve tempo; il materiale mobilizzato, rappresentato dalle coltri eluvio-colluviali ed eventualmente dalla porzione alterata del substrato, si sposta con comportamento di tipo viscoso, aumentando talora il volume di terreno coinvolto durante l’evoluzione del fenomeno. Questo tipo di dissesto si innesca in concomitanza a periodi di piogge intense, quando la saturazione dei terreni determina lo scadimento dei parametri geotecnici e quindi il passaggio da un comportamento di tipo plastico ad uno di tipo liquido. Nella carta geomorfologica sono stati riportati

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quattro colamenti indicati con i numeri 13, 23a, 23b e 23c. Questi ultimi dissesti, con nicchia posizionata in corrispondenza di una pista forestale, evidenziano il ruolo determinante giocato da opere antropiche, inserite in modo negativo sui versanti o non soggette a manutenzione, nell’innesco dei fenomeni franosi. Deformazioni gravitative profonde di versante o DGPV (simbolo F8). Si tratta di movimenti gravitativi molto lenti, tipici dell’ambiente alpino, che interessano interi versanti per grandi estensioni e profondità. Tali fenomeni si sviluppano soprattutto nei litotipi ricchi di discontinuità come ad esempio la formazione dei calcescisti. Nell’ambito delle aree in cui questi fenomeni sono riconosciuti attivi, in settori localizzati, posti generalmente nella parte medio-inferiore dei versanti, sovente a causa del superamento del movimento per deformazione lenta, si assiste all’innesco di frane di altra tipologia, come i crolli, gli scivolamenti e le valanghe di roccia. Nella carta geomorfologica è stato cartografato un esteso settore soggetto a deformazione gravitativa, censito con il numero 15, il cui limite superiore è rappresentato dal Monte Cugulet; compresi nel limite della deformazione e ad essa direttamente correlabili, sono stati censiti tre dissesti di tipo complesso, descritti di seguito. Movimenti gravitativi complessi (simbolo F10). Sono fenomeni franosi che risultano dalla combinazione di due o più dei movimenti descritti. Nel contesto esaminato si è ricorsi a tale classificazione quando non è stato possibile distinguere un movimento prevalente a causa sia dell’intenso rimodellamento subito dalla zona di distacco e dal settore di accumulo, sia della effettiva coesistenza di più meccanismi di franamento. Nel territorio comunale sono state censite in questa tipologia, le frane numero 19 e 20, probabilmente molto antiche, e quelle identificate dai numeri 11, 14, 16, 17, 18 innescatesi secondo scorrimenti planari e rotazionali evoluti successivamente, a causa della disaggregazione dei materiali, in colamenti.

Per quanto riguarda lo stato di attività dei dissesti franosi si è fatto uso della seguente caratterizzazione:

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Dissesto attivo (pericolosità molto elevata): il fenomeno è da considerarsi attivo in presenza di movimenti attuali evidenti (presenza di indicatori cinematici di neoformazione) e/o nel caso in cui vi siano notizie di riattivazioni significative in tempi recenti, permanendo le condizioni geomorfologiche e climatiche che hanno dato origine al dissesto. Dissesto quiescente (pericolosità elevata): il fenomeno è da considerarsi quiescente quando non risultano movimenti attuali evidenti o riattivazioni in tempi recenti, permanendo condizioni geomorfologiche e climatiche tali da poter riattivare il fenomeno. Dissesto stabilizzato (pericolosità media o moderata): il fenomeno è da considerarsi stabilizzato quando è riconoscibile solamente per evidenze morfologiche o quando sono intervenuti fattori antropici che hanno portato alla definitiva stabilizzazione da dissesto, eventualmente documentata attraverso monitoraggi nel tempo.

4.1.2. Dinamica fluviale e torrentizia Per quanto riguarda i processi lungo la rete idrografica occorre distinguere le fenomenologie riconducibili ai corsi d’acqua minori, il cui deflusso si sviluppa sui versanti della valle principale, da quelle ascrivibili al torrente Maira che, in quanto tali, caratterizzano il fondovalle principale. Il reticolo idrografico minore è rappresentato nel complesso da rii poco gerarchizzati, a decorso prevalentemente rettilineo e generalmente contraddistinti da una portata liquida per tutto l’arco dell’anno, seppure soggetta a fluttuazioni importanti in funzione delle stagioni. Per quanto riguarda il fianco sinistro della valle, nell’ambito del settore preso in considerazione nel presente studio, il corso d’acqua secondario più importante è rappresentato dal Bedale, incassato tra versanti ripidi e rocciosi e caratterizzato da un andamento circa nord-sud, che si getta nel torrente Maira dopo aver lasciato in sinistra idrografica la frazione Bassura. Nel Bedale confluiscono, dal versante destro, il Cumbat Tinas ed il Comba Caire le cui aste risultano discretamente gerarchizzate

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ed estese; dal versante sinistro gli apporti all’interno del Bedale sono determinati da aste di minore sviluppo, non definite da un toponimo preciso. Ancora compreso nel territorio di Stroppo ma all’esterno dell’area oggetto delle Verifiche di compatibilità idraulica ed idrogeologica e il rio del Vallone di Elva che si presenta particolarmente incassato e delimitato da ripidi versanti prevalentemente rocciosi. Altri corsi d’acqua degni di nota, che solcano il versante meridionale, sono il Rio Venines, impostato nella valletta compresa tra le borgate Caudano e Centenero, nel quale confluiscono il Comba Abric e il Rio di S. Maria, ed il Rio Fusinero impostato nella valletta sottostante il Santuario di S. Maria di Morinesio; entrambi i rii confluiscono nel torrente Maira a breve distanza l’uno dall’altro, nel tratto sottostante la borgata Pessa. Passando al fianco sinistro della valle principale, almeno per quanto riguarda il territorio comunale di Stroppo, sono pochi gli impluvi significativi; vale la pena menzionare la Comba Turnoira, che scorre in una vallecola posta a sinistra rispetto alle Grange Possile, ed il Rio del Mezzogiorno frutto della confluenza di due corsi d’acqua provenienti dal M. Buch (2111 m), il Rio Fiota e Il Giardino, che si getta nel Maira all’altezza della frazione di Bassura. I corsi d’acqua sono caratterizzati da elevate pendenze e, quindi, da una velocità della corrente sostenuta; prevalgono perciò, dove l’alveo non è impostato direttamente in roccia, i processi di tipo erosivo a scapito delle scarpate laterali e del fondo. Il materiale solido, fluitato verso valle, viene deposto nei tratti in cui le pendenze diminuiscono e cioè essenzialmente in corrispondenza del modesto settore pianeggiante di pertinenza del torrente Maira, dove tuttavia non sono stati rilevati dei veri apparati di conoide. Non di rado i processi di deposito si esplicano a causa dell’interferenza tra manufatti antropici ed aste torrentizie; tra i casi più frequenti vanno citati i fenomeni di tracimazione che si innescano a causa della presenza di attraversamenti stradali sottodimensionati, rapidamente intasabili da accumuli di materiale. Sulla base di considerazioni prevalentemente morfologiche, desunte sia attraverso il lavoro di fotointerpretazione che direttamente sul terreno, e facendo riferimento

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alla legenda Pai il Rio Bedale, il Rio Venines, il Rio del Vallone di Elva, il Rio Comba Turnoira ed il Rio del Mezzogiorno sono stati evidenziati nella Carta geomorfologica (cfr. Tavola A2, fuori testo) mediante un sovrasimbolo che assume il significato di area non perimetrata contraddistinta da pericolosità molto elevata (Ee). Infine relativamente alle forme e depositi dovuti allo scorrimento delle acque provenienti dai versanti, nell’ambito del territorio comunale, sono stati cartografati tre conoidi sul versante sinistro idrografico della Valle Maira geneticamente collegati al Rio del Vallone di Elva, al Rio Bedale ed al Rio Fusinero. Sulla base di considerazioni morfologiche e tenendo conto dell’assenza di notizie storiche riguardanti l’attivazione di tali apparati di conoide si è ritenuto idoneo definirli come aree di conoide non recentemente attivatesi (Cn). Per quanto riguarda il torrente Maira, verso il quale afferisce il reticolo idrografico minore, i processi erosivi e deposizionali, nel tratto pertinente al territorio comunale di Stroppo, sono fortemente condizionati dagli aspetti morfologici del fondovalle direttamente correlabili al precedente modellamento glaciale. Il corso d’acqua, caratterizzato da un andamento di tipo unicursale, si trova a scorrere in un fondovalle stretto e delimitato da ripidi versanti, spesso impostati in roccia, nell’ambito del quale i settori pianeggianti sono limitati ad alcuni lembi di terrazzo alluvionale posti all’altezza della frazione di Bassura. Tale conformazione determina che l’energia, connessa al transito delle onde di piena, si smaltisce non gradualmente lungo tutta l’asta del torrente ma bensì principalmente la dove la consistenza del substrato lo permette. Nel corso dei sopralluoghi si è osservato che le erosioni più evidenti, seppure non cartografabili per le modeste dimensioni, sono a carico dei lembi di terrazzo in sinistra idrografica e della ripida sponda destra. Si è rilevata inoltre una netta tendenza all’erosione di fondo, particolarmente evidente in corrispondenza del depuratore, dove il muro a protezione della sponda sinistra risulta abbondantemente sottoscalzato. Questo assetto evolutivo in parte è attribuibile all’interferenza negativa prodotta dal ponte in cemento sul torrente Maira, in parte alla dinamica torrentizia propria del corso d’acqua.

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I processi deposizionali, al contrario di quelli erosionali, sono meno frequenti e sono limitati al rimaneggiamento e alla riorganizzazione dei materiali presenti in alveo ed alla deposizione, durante la fase di calo dell’energia, dei materiali a granulometria limoso-sabbiosa sulle superfici pianeggianti terrazzate. Nell’ambito della Carta geomorfologica (cfr. Tavola A2) il settore che per caratteristiche morfologiche risulta soggetto direttamente all’azione del torrente Maira è stato perimetrato come area a pericolosità molto elevata (Ee).

4.2. La carta di localizzazione probabile delle valanghe

La “Carta di localizzazione probabile delle valanghe” o C.L.P.V. (cfr. Tavola A3, fuori testo) è una carta tematica tra le più recenti in Italia visto che la sua messa a punto risale soltanto all'inizio degli anni novanta. La metodologia utilizzata nell'esecuzione della carta, adottata sull’intero arco alpino italiano dalle Regioni e Province autonome aderenti all'A.I.NE.V.A., è quella standardizzata dal Servizio di Fotointerpretazione dell'Istituto Geografico Nazionale di Francia. Caratteristica saliente della C.L.P.V. è quella di rappresentare una sintesi delle conoscenze alla data della sua pubblicazione. Tale elaborato, quindi, non contiene alcuna previsione dei limiti che le valanghe in futuro potranno eventualmente raggiungere ma riporta esclusivamente i dati relativi ad eventi verificatisi. La raccolta dei dati viene eseguita in due fasi distinte corrispondenti ad uno studio fotointerpretativo preliminare e ad un rilievo sul terreno. La fotointerpretazione permette di individuare sia le tracce lasciate dalle valanghe nella zona di scorrimento e arresto, attraverso le quali risalire alla relative zone di distacco, sia i bacini di accumulo favorevoli al distacco di valanghe, attraverso i quali riconoscere le zone di deposito delle masse nevose. Inoltre tale metodologia risulta particolarmente utile per rilevare tracce di valanghe molto antiche, caratterizzate da una frequenza molto debole e spesso da conseguenze catastrofiche, la cui estensione originale risulta mascherata per la colonizzazione operata dalla vegetazione o dall'urbanizzazione.

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La fase successiva consiste nell'indagine diretta sul terreno, indispensabile per completare la precedente analisi, chiarire i possibili dubbi e lacune ancora esistenti, raccogliere preziose testimonianze orali; queste ultime, in quanto a numero e precisione, sono direttamente correlabili agli effetti prodotti dalla valanga sugli insediamenti ed opere umane.

Lo studio fotointerpretativo è stato realizzato utilizzando prevalentemente le riprese della Provincia di risalenti al 1975/1976 (fotogrammi 1990, 1991, 1992, 1993), maggiormente significative essendo successive al periodo intensamente valanghivo dei primi anni settanta; a questa fase è seguito il controllo sul terreno eseguito nel periodo estivo dell’anno 2001. Nella stesura della carta, tutte le informazioni ricavate dallo studio fotointerpretativo sono state riportate in colore arancio, mentre i risultati dell'inchiesta sul terreno sono rappresentati in colore viola. Dal punto di vista della rappresentazione cartografica si è inoltre scelto di attribuire la tinta piena ai siti valanghivi ben localizzati e la campitura rigata alle zone ove gli scaricamenti non risultano concentrati ma piuttosto distribuiti; infine, nei casi in cui non è stato possibile cartografare adeguatamente il fenomeno, per problemi legati alla scala di rappresentazione, si è utilizzata un freccia. La restituzione cartografica dei dati ottenuti è stata accompagnata dalla compilazione di apposite schede di rilevamento delle valanghe che descrivono sinteticamente il sito (profili e natura del terreno, caratteristiche della zona di distacco ecc.) e indicano, se presenti, i lavori di protezione realizzati; alla scheda, e dunque al sito riportato sulla carta, è stato successivamente assegnato un numero di identificazione. Il formato della scheda di censimento utilizzata è quello allegato alla “Nota Tecnica Esplicativa alla circolare P.G.R. 8/5/1996 n.7/LAP”, che ricalca abbastanza fedelmente il modello utilizzato direttamente dal Settore Prevenzione del Rischio Geologico, Meteorologico e Sismico della Regione Piemonte.

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Le schede compilate sono complessivamente 8 e sono state riportate integralmente al fondo della presente relazione all’interno dell’Allegato D.

4.3. La carta delle acclività

La “Carta dell’acclività” o clivometrica (cfr. Tavola A4, fuori testo) è stata costruita al fine di avere un quadro generale delle pendenze del settore esaminato, da utilizzare come base per la stesura della Carta di sintesi. Tale elaborato cartografico è stato realizzato facendo uso del programma di tipo GIS ArcView; attraverso l’utilizzo delle CTR numeriche della Regione Piemonte caratterizzate da un’equidistanza di 10 metri, è stato possibile interpolare i dati di quota in modo da ottenere una griglia caratterizzata da celle quadrate, ciascuna con lato di 10 metri. Il passo successivo ha riguardato la definizione delle classi di pendenza da utilizzare per la rappresentazione cartografica in funzione delle caratteristiche del territorio. Nella carta dell’acclività sono state distinte sei classi di pendenza per ciascuna delle quali si riporta di seguito l’estensione relativa in percentuale ed in chilometri quadrati.

Classe di pendenza Superficie in Km2 Superficie in % 0°-5° 0,04 0,8 5°-10° 0,05 1,0 10°-15° 0,20 4,0 15°-25° 1,03 20,6 25°-35° 1,94 38,7 > 35° 1,74 34,9

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5. LA CARTA GEOIDROLOGICA E DELLE OPERE IDRAULICHE CENSITE

Nella “Carta geoidrologica e delle opere idrauliche censite” (cfr. Tavola A5, fuori testo) il territorio esaminato è stato classificato tenendo conto del fatto che i complessi geolitologici, riportati nella carta geologico-strutturale, sono caratterizzati da parametri idrodinamici differenti e perciò presentano caratteristiche di permeabilità e di vulnerabilità diverse. Sotto l’aspetto idrogeologico, quindi, sono state distinte 4 classi di permeabilità definite come segue:

 permeabilità per porosità alta (detrito, accumuli gravitativi di elementi rocciosi);  permeabilità per porosità medio-alta (depositi alluvionali, depositi morenici, accumuli gravitativi di elementi rocciosi misti a terra);  permeabilità per carsismo medio-alta (calcari a cellette, calcari dolomitici);  permeabilità per fessurazione bassa, media in corrispondenza di faglie e porzioni molto fratturate (rocce scistose, pietre verdi, quarziti).

Nello stesso elaborato cartografico sono state riportate le principali sorgenti, le opere di difesa idraulica esistenti e le opere di attraversamento di corsi d’acqua minori e maggiori vale a dire ponti ed intubamenti di varia natura. Per quanto riguarda le opere di difesa idraulica, i sopralluoghi condotti sul territorio hanno evidenziato esclusivamente la presenza di opere di protezione spondale corrispondenti nella maggior parte dei casi a scogliere di massi. La scarsa presenza di tali opere lungo le aste dei corsi d’acqua minori e maggiori associata ad una bassa frequenza di dissesti, denota una debole vulnerabilità del territorio esaminato nei riguardi della dinamica torrentizia. Sono stati inoltre riportati sulla carta tutti gli attraversamenti collocati sui torrenti minori e sul torrente Maira, distinguendo le varie tipologie riscontrate ovvero ponti e intubamenti a sezione circolare, a sezione rettangolare e di tipo misto. Per maggiore

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chiarezza ed al fine di porre l’attenzione sugli attraversamenti che, dotati di sezione di deflusso insufficiente, potrebbero essere responsabili di dissesti futuri, si riporta di seguito una tabella riassuntiva delle principali caratteristiche di ciascuno di essi.

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6. LA CARTA DI SINTESI DELLA PERICOLOSITÀ GEOMORFOLOGICA E DELL’IDONEITÀ ALL’UTILIZZAZIONE URBANISTICA

La “Carta di sintesi della pericolosità geomorfologica e dell’idoneità all’utilizzazione urbanistica” (cfr. Tavola A6 fuori testo) costituisce l’elaborato finale che, ottenuto dall’incrocio dei dati oggettivi contenuti negli elaborati di base (litologia, assetto strutturale, caratteristiche geotecniche, caratteristiche idrogeologiche, acclività, presenza di eventi storici di dissesto, esistenza e stato delle opere idrauliche), permette di evidenziare la pericolosità geomorfologica intrinseca attraverso la zonizzazione del territorio comunale per aree omogenee. Nel contempo la carta in oggetto contiene la descrizione della propensione all’uso urbanistico dei settori distinti mediante l’adozione di tre classi di idoneità. Per la stesura della carta sono state adottate le classi proposte nella “Circolare del Presidente della Giunta Regionale n. 7/LAP” approvata in data 8 maggio 1996 tenendo conto inoltre delle indicazione contenute nella relativa “Nota tecnica esplicativa” del dicembre 1999.

6.1. Criteri di classificazione

Di seguito sono riportate le classi di idoneità adottate nell’ambito del territorio del Comune di Macra e gli elementi di carattere geologico e morfologico che hanno guidato la loro cartografazione.

CLASSE II “Porzioni di territorio nelle quali le condizioni di moderata pericolosità geomorfologica possono essere agevolmente superate attraverso l’adozione ed il rispetto di modesti accorgimenti tecnici esplicitati a livello di norme di attuazione ispirate al D.M. 11 marzo 1988 n° 47 e realizzabili a livello di progetto esecutivo esclusivamente nell’ambito del singolo lotto edificatorio o dell’intorno significativo circostante.” Sono state comprese in tale classe le aree caratterizzate dai seguenti attributi:

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 presenza di rocce e terreni dotati di buone caratteristiche tecniche, ma talora con limitata capacità drenante;  morfologia subpianeggiante o caratterizzata da modesta acclività;  assenza di frane di qualunque tipo sia attive che inattive sull’area stessa e nel suo intorno;  assenza di coltri eluviali di spessore notevole (superiore a 0,5-1 metro) (sono compresi i versanti poco acclivi ed a morfologia regolare);  distanza e posizione altimetrica rispetto ai corsi d’acqua principali e secondari sufficiente per escludere rischi di fenomeni di erosione o esondazione dotati di forte energia e tali da determinare rischi di instabilità sul terreno di fondazione e/o sui manufatti.

CLASSE III “Porzioni di territorio inedificate, contraddistinte da condizioni di pericolosità geomorfologica elevata ma con situazioni locali meno pericolose.” In accordo con la Nota Tecnica Esplicativa alla Circolare 7/LAP, nella Classe III non differenziata rientrano zone complessivamente di Classe IIIa, con locali aree di Classe IIIb ed eventuali aree in Classe II non cartografate o cartografabili alla scala utilizzata. Nell’ambito di tali settori, l’identificazione puntuale e cartografica delle rare edificazioni può essere omessa e trattata nell’ambito delle norme di attuazione del PRGC con specifico riferimento normativo; l’analisi di dettaglio necessaria per identificare eventuali situazioni locali, potenzialmente attribuibili a classi meno condizionanti (Classe II o Classe IIIb), viene rinviata ad eventuali future varianti di piano che dovranno essere supportate da studi geomorfologici di dettaglio. Sono state comprese in tale classe le aree caratterizzate dai seguenti attributi:

CLASSE IIIa “Porzioni di territorio inedificate che presentano caratteri geomorfologici o idrogeologici che le rendono inidonee a nuovi insediamenti (aree in frana, aree

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soggette a pericolo di valanghe, aree alluvionabili da acque di esondazione ad elevata energia, aree dissestate).” Sono state comprese in tale classe le aree caratterizzate dai seguenti attributi:

 presenza di fenomeni valanghivi;  presenza di coltri eluviali di spessore notevole;  presenza di rischi di erosione ed esondazione di corsi d’acqua minori e maggiori;  presenza di frane attive, frane quiescenti, di soliflussi e piccole frane, presenza di indizi morfologici diffusi, collegabili a instabilità potenziali.

CLASSE IIIb “Porzioni di territorio edificate nelle quali gli elementi di pericolosità geomorfologica e di rischio sono tali da imporre in ogni caso interventi di riassetto territoriale a tutela del patrimonio urbanistico esistente.” Sono state comprese in tale classe le aree edificate esistenti caratterizzate dai seguenti attributi:

 presenza di rischi di erosione ed esondazione di corsi d’acqua minori e maggiori;  presenza di frane attive, frane quiescenti, di soliflussi e piccole frane, presenza di indizi morfologici diffusi, collegabili a instabilità potenziali;

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7. PROPOSTA DI NORMATIVA RELATIVA ALLE TIPOLOGIE D’INTERVENTO EDILIZIO ED URBANISTICO AMMESSE IN FUNZIONE DELLE CLASSI DI IDONEITÀ ALL’UTILIZZAZIONE URBANISTICA

7.1. Ambiti edificabili

CLASSE II ► Settori caratterizzati da pericolosità geomorfologica moderata

Interventi ammessi Sono consentiti tutti gli interventi edilizi e urbanistici compatibili con le condizioni di moderata pericolosità che contraddistingue questa classe; saranno sempre possibili interventi di nuova edificazione e di ampliamento. Prescrizioni Su tali aree in fase di progettazione andranno previsti, oltre alle indagini e verifiche prescritte dal D.M. 11/03/88 n. 47, approfondimenti specifici, volti a definire i seguenti aspetti:  lo spessore e le caratteristiche geotecniche ed idrogeologiche delle coperture eluvio-colluviali;  la profondità e la condizione del substrato di fondazione;  le condizioni della rete drenante minore di superficie;  le modalità più sicure per la realizzazione di scavi e/o riporti;  gli interventi di regimazione delle acque superficiali. Tutti gli interventi dovranno essere congruenti con la situazione di rischio e dovranno essere indicati in modo dettagliato gli accorgimenti tecnici atti a superare quest’ultima. Tali accorgimenti saranno esplicitati in una relazione geologica e geotecnica e “realizzabili a livello di progetto esecutivo esclusivamente nell’ambito del singolo lotto edificatorio” e dell’intorno circostante significativo. Gli interventi previsti non dovranno in alcun modo incidere negativamente sulle aree limitrofe ne condizionarne la propensione all’edificabilità.

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7.2. Ambiti a edificabilità condizionata ed inedificabili

Nelle classi seguenti (Classe III, Classe IIIa e Classe IIIb) sono comprese in prevalenza aree decisamente marginali ai contesti urbanizzati e limitate aree urbanizzate, interessate da dissesti in atto o quiescenti, ma anche potenzialmente vulnerabili sia nei confronti della dinamica di versante sia nei riguardi della naturale evoluzione del reticolo idrografico.

Saranno generalmente consentiti:  interventi che comportino una diminuzione del rischio geologico rammentando che il rischio geologico è definito in prima istanza dal tempo/uomo di permanenza nei fabbricati e secondariamente dal valore economico delle attività presenti;  interventi per la realizzazione di infrastrutture pubbliche o di interesse pubblico quali infrastrutture viarie (strade, ponti, gallerie) e infrastrutture tecnologiche (acquedotti, metanodotti, linee elettriche e telefoniche, …). La realizzazione di nuove opere pubbliche e di interesse pubblico di competenza degli organi statali, regionali o di altri enti territoriali nelle aree soggette a rischio per fenomeni di dissesto idraulico e geomorfologico, è ammessa solo se i progetti dimostrano, attraverso opportuna documentazione tecnica, la compatibilità dell’opera con le condizioni di dissesto e di instabilità presenti e l’assenza di effetti negativi indotti dall’opera stessa; infine dovranno essere previste le necessarie opere di sistemazione e difesa degli eventuali dissesti attivi o quiescenti interessati. Gli interventi di carattere pubblico e le infrastrutture interessanti la rete idrografica potranno essere realizzate a condizione che non modifichino i fenomeni idraulici naturali che possono aver luogo in alveo, costituendo significativo ostacolo al deflusso liquido e solido; a tal fine i progetti dovranno essere corredati da uno studio di compatibilità idraulica;  interventi idraulici e di sistemazione ambientale e dei versanti, ripristino delle opere di difesa esistenti, atti a ridurre i rischi legati alla dinamica

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fluvio-torrentizia ed alla dinamica dei versanti; in funzione degli interventi previsti dovrà essere presentata idonea documentazione tecnica.

CLASSE III ► Settori caratterizzati da pericolosità geomorfologica elevata o molto elevata

CLASSE III Interventi ammessi Oltre a quanto stabilito in linea generale, vengono consentiti i seguenti interventi: a) relativamente agli eventuali singoli fabbricati esistenti:

a1) manutenzione ordinaria e straordinaria;

a2) restauro e risanamento conservativo;

a3) mutamento di destinazione d’uso in destinazioni a minor rischio geologico nelle quali vi sia una diminuzione del carico antropico;

a4) ristrutturazione edilizia e ampliamento “una-tantum” (max 20%) del volume originario per adeguamento igienico sanitario e funzionale-distributivo, realizzazione dei volumi tecnici, ampliamento delle unità abitative esistenti, dotazione di volumi pertinenziali;

a5) un modesto aumento del carico antropico solo se deriva da una più razionale fruizione degli edifici esistenti (cambi di destinazione d’uso) e solo a seguito di indagini puntuali e opere per la riduzione del rischio. b) ampliamento edilizio e realizzazione di nuove costruzioni che riguardino in senso stretto edifici per attività agricole e residenze rurali connesse alla conduzione aziendale; tali edifici devono risultare non diversamente localizzabili in posizioni a minor rischio nell’ambito dell’azienda agricola e la loro fattibilità deve essere verificata da opportune indagini geologiche. Prescrizioni

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Al fine di garantire la sicurezza delle opere e degli interventi ricadenti entro aree di classe III, la fattibilità e la compatibilità dovrà essere verificata attraverso:  lo studio geomorfologico di dettaglio di un’area compresa in un congruo intorno del sito di intervento, finalizzato a valutare gli elementi che condizionano la stabilità del versante (assetto generale del versante, assetto del reticolo idrografico, indizi morfologici collegabili a instabilità, rapporti con le zone instabili limitrofe, …); il quadro dei dati dovrà essere riportato su adeguati elaborati grafici e esplicitato in una relazione geologico-tecnica;  la caratterizzazione geotecnica ed idrogeologica dei terreni interessati dall’intervento mediante esplorazione indiretta (geofisica), esplorazione diretta (assaggi, sondaggi, penetrometrie, prove di carico su piastra, prove di densità in sito) e/o analisi di laboratorio su campioni rappresentativi di terreno (prove di identificazione, prove meccaniche quali compressione triassiale, edometrica, …). L’estensione dell’area da indagare in dettaglio andrà valutata in base all’inquadramento ricavato con il rilievo geomorfologico, che dovrà identificare i limiti dell’area instabile e la zona potenzialmente influenzabile dall’intervento; la profondità di indagine dovrà consentire di valutare con sicurezza la quota del substrato roccioso inalterato o comunque per dar ragione delle delle soluzioni progettuali adottate;  la verifica delle interazioni tra l’intervento in progetto e la stabilità del versante e la progettazione delle eventuali opere di prevenzione e contrasto delle instabilità;  la verifica delle opere in progetto in relazione agli effetti determinati sul terreno di fondazione, secondo le prescrizioni del D.M. 11/03/88 n. 47.

CLASSE IIIa Interventi ammessi Oltre a quanto stabilito in linea generale, vengono consentiti i seguenti interventi: a) relativamente agli eventuali singoli fabbricati esistenti:

a1) manutenzione ordinaria e straordinaria;

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a2) restauro e risanamento conservativo;

a3) mutamento di destinazione d’uso in destinazioni a minor rischio geologico nelle quali vi sia una diminuzione del carico antropico;

a4) demolizione senza ricostruzione.

Prescrizioni Al fine di garantire la sicurezza delle opere e degli interventi ricadenti entro aree di Classe IIIa, la fattibilità e la compatibilità dovrà essere verificata attraverso:  lo studio geomorfologico di dettaglio di un’area compresa in un congruo intorno del sito di intervento, finalizzato a valutare gli elementi che condizionano la stabilità del versante (assetto generale del versante, assetto del reticolo idrografico, indizi morfologici collegabili a instabilità, rapporti con le zone instabili limitrofe, …); il quadro dei dati dovrà essere riportato su adeguati elaborati grafici e esplicitato in una relazione geologico-tecnica;  la caratterizzazione geotecnica ed idrogeologica dei terreni interessati dall’intervento mediante esplorazione indiretta (geofisica), esplorazione diretta (assaggi, sondaggi, penetrometrie, prove di carico su piastra, prove di densità in sito) e/o analisi di laboratorio su campioni rappresentativi di terreno (prove di identificazione, prove meccaniche quali compressione triassiale, edometrica, …). L’estensione dell’area da indagare in dettaglio andrà valutata in base all’inquadramento ricavato con il rilievo geomorfologico, che dovrà identificare i limiti dell’area instabile e la zona potenzialmente influenzabile dall’intervento; la profondità di indagine dovrà consentire di valutare con sicurezza la quota del substrato roccioso inalterato o comunque per dar ragione delle delle soluzioni progettuali adottate;  la verifica delle interazioni tra l’intervento in progetto e la stabilità del versante e la progettazione delle eventuali opere di prevenzione e contrasto delle instabilità;  la verifica delle opere in progetto in relazione agli effetti determinati sul terreno di fondazione, secondo le prescrizioni del D.M. 11/03/88 n. 47.

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CLASSE IIIb Interventi ammessi nella situazione attuale In assenza di interventi di riassetto di iniziativa pubblica o privata volti alla messa in sicurezza delle aree a rischio, oltre a quanto stabilito in linea generale, vengono consentiti i seguenti interventi: a) relativamente agli eventuali singoli fabbricati esistenti:

a1) manutenzione ordinaria e straordinaria;

a2) restauro e risanamento conservativo;

a3) mutamento di destinazione d’uso in destinazioni a minor rischio geologico nelle quali vi sia una diminuzione del carico antropico;

a4) demolizione senza ricostruzione. Prescrizioni La procedura che porterà alla realizzazione delle opere per la mitigazione del rischio (progettazione, realizzazione e collaudo) potrà essere gestita direttamente dall’Amministrazione Comunale o da altri soggetti pubblici o privati.

Per quanto riguarda le aree interessate da fenomeni di dinamica fluvio-torrentizia (borgata Combe, borgata Bassura, borgata Chiotto), gli interventi di messa in sicurezza dovranno prevedere:  rilievo geomorfologico dell’alveo;  studio idrologico ed idraulico per la valutazione delle portate di piena;  verifica della capacità di smaltimento delle portate dell’alveo nel tratto interessato;  valutazione dell’efficacia delle opere idrauliche esistenti (ponti, attraversamenti, protezioni spondali, …);  progetto di integrazione e potenziamento delle opere di difesa contro l’erosione e l’esondazione.

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Per quanto riguarda il riassetto dell’area di versante denominata sulla CTR “Serra”, ove sono posizionate le Grange Serra, andranno previsti:  studio geomorfologico di dettaglio dell’area in frana e di un congruo intorno significativo, finalizzato a valutare il grado di stabilizzazione dell’accumulo di frana (assetto generale del versante, assetto del reticolo idrografico, indizi morfologici collegabili ad instabilità, rapporti con le zone limitrofe, …);  monitoraggio dei movimenti mediante strumentazione superficiale (capisaldi topografici, GPS) e profonda (tubi inclinometrici);  caratterizzazione geotecnica ed idrogeologica dei terreni (caratteristiche e spessori delle coperture, presenza e dinamica dell’eventuale falda) mediante esplorazione indiretta (geofisica), esplorazione diretta (assaggi, sondaggi, penetrometrie, prove di carico su piastra, prove di densità in sito) e/o analisi di laboratorio su campioni rappresentativi di terreno (prove di identificazione, prove meccaniche quali compressione triassiale, edometrica, …); l’estensione dell’area da indagare in dettaglio sarà definita e giustificata in base al rilievo geomorfologico ed ai dati conseguenti all’attività di monitoraggio;  verifica delle interazioni tra gli edifici esistenti e la stabilità del versante;  progettazione degli eventuali interventi di messa in sicurezza (opere di consolidamento, sistemazione e protezione del versante, regimazione delle acque superficiali e profonde, …). Interventi ammessi dopo messa in sicurezza A seguito della realizzazione degli interventi di riassetto territoriale e dell’avvenuta minimizzazione del rischio, la cui verifica, fatte salve le procedure di approvazione da parte delle autorità competenti, spetterà responsabilmente all’Amministrazione Comunale, nelle diverse aree sono consentiti, oltre agli interventi già ammessi nella situazione attuale, gli interventi precisati di seguito: a) ristrutturazione edilizia limitatamente ai fabbricati esistenti; b) cambio di destinazione d’uso.

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8. RIFERIMENTI LEGISLATIVI

Legge del 02/02/1974 n° 64: “Provvedimenti per le costruzioni con particolari prescrizioni per le zone sismiche”.

L.R. del 05/12/1977 n° 56: “Tutela ed Uso del suolo” e successive modifiche ed integrazioni, e relative circolari n° 16/URE e n° 7/LAP.

D.M. del 12/12/1985: “Norme tecniche relative alle tubazioni”. Stabilisce i principi da seguire nel progetto, costruzione e collaudo delle tubazioni in generale.

D.M. 11/03/1988 n° 47: “Norme tecniche riguardanti le indagini sui terreni e sulle rocce, la stabilità dei pendii naturali e delle scarpate, i criteri generali e le prescrizioni per la progettazione, l’esecuzione e il collaudo delle opere di sostegno delle terre e delle opere di fondazione”.

Legge del 18/05/1989 n° 183: “Norme per il riassetto organizzativo e funzionale della difesa del suolo”.

L.R. del 09/09/1989 n° 45: “Nuove norme per gli interventi da eseguire in terreni sottoposti a vincolo per scopi idrogeologici”. Essa trova applicazione in tutte le aree soggette a vincolo idrogeologico così come definito dal R.D. del 30/12/1923 n° 3267.

Circolare del P.G.R. del 18/05/1990 n° 11/PRE: Circolare esplicativa sugli adempimenti in ordine all’applicazione del D.M. 11/03/1988”.

Circolare del P.G.R. del 31/12/1992 n° 20/PRE: “Prescrizioni di cui agli artt. 2 e 13 della legge O2/02/1974 n° 64, relativa abitati da consolidare o da trasferire ai sensi della legge 09/07/1908 n° 445”.

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Circolare P.R.G. del 08/05/1996 n° 7/LAP: “L.R. 05/12/1977 n° 56 e s.m.i. – Specifiche tecniche per l’elaborazione degli studi geologici a supporto degli strumenti urbanistici”.

Piano Stralcio delle Fasce Fluviali – Adottato con deliberazione dell’Autorità di Bacino del 1997 n° 26 – Approvato con D.P.C.M. del 24/07/1998.

Progetto di Piano Stralcio per la difesa del bacino idrogeologico del fiume Po (P.A.I.) redatto ai sensi del comma 6 ter dell’art. 17 della legge 19/05/1989 – Adottato con deliberazione del Comitato Istituzionale n° 18 in data 26/04/2001 – Approvato con D.P.C.M. del 24/05/2001.

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9. BIBLIOGRAFIA

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VIALON P. (1966) – Etude Géologique du Massif Cristallin Dora-Maira (Alpes Cottiennes internes-Italie). Trav. Lab. Géol. Grenoble, mém., 4, 293 pp.

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ALLEGATO A - Schede sintetiche dell’archivio Processi/Effetti del Sistema Informativo Geologico (Settore Prevenzione del Rischio Geologico, Meteorologico e Sismico della Regione Piemonte)

(numerazione da 01 a 05 della Carta geomorfologica)

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ALLEGATO B - Schede illustrative dei principali dissesti

(numerazione da 05 a 23c della Carta geomorfologica)

CVMB22 – frana in parte di crollo ed in parte di scivolamento incidente sulla strada; a protezione della strada è stato realizzato un muro in c.a. rivestito h=2 m e l=20-25 m

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ALLEGATO C - Schede illustrative dei dissesti non cartografabili

(numerazione da 24 a 39 della Carta geomorfologica)

1 – la carreggiata a valle della chiesa, soggetta a cedimenti, è stata consolidata mediante la realizzazione di un solettone in c.a. 2 – piccola frana superficiale nell’impluvio con nicchia a circa 10 m dalla casa sosprastante 3 – frana superficiale, immediatamente a monte della strada, con h=6 m e l=10 m 4 – frana superficiale, immediatamente a monte della strada, con h=6 m e l=10 m 5 – frana superficiale, recente perchè non ancora vegetata, immediatamente a monte della strada, con h=5 m e l=5 m 6 – frana superficiale, parzialmente vegetata, immediatamente a monte della strada, con h=5 m e l=5 m 7 – frana superficiale, vegetata, immediatamente a monte della strada, con h=12 m e l=20 m 8 – frana superficiale, vegetata, posta nell’impluvio immediatamente a monte della strada, con h=10 m e l=8 m 9 – frana di crollo con h=20 m e l=20 m; la roccia è data da calcari organizzati in bancate potenti al massimo 1-1,5 m contraddistinti da giacitura pari a 240/19. Alla

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base, a protezione della strada, muro in c.a. con h=2 m e l=25 m sormontato da una rete h=1,5 m fissata ad aste di ferro, parzialmete distrutta; è necessario rispristinare l’opera provvedendo ad innalzare la rete 10 – cedimento della sede stradale in svariati settori in un tratto di circa 250 m 11 – piccola frana sul lato a monte dell’incrocio tra la strada comunale e la strada per Cucchietto, a lato della vasca dell’acquedotto 12 – frana di scivolamento con h = 40 m, l = 15 m e spessore del materiale mobilizzato pari a circa 3 m; l’accumulo ben visibile alla base comprende oltre a terra anche blocchi di roccia e larici 13 – cedimento pronunciato della sede stradale per la borgata Alma in corrispondenza dell’innesto sulla S. P.; il dissesto è esteso per circa 7 m 14 – sul versante che sovrasta la casa in via di ristrutturazione sono presenti due modesti settori interessati da frane superficiali

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ALLEGATO D - Schede di rilevamento delle valanghe di neve

(numerazione da 01 a 08 della Carta delle valanghe)

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ALLEGATO E - Schede di rilevamento dei processi lungo la rete idrografica principale e secondaria

1 – Torrente Maira 2 – Rio Bedale 3 – Rio Venines 4 – Rio del Vallone di Elva 5 – Rio Comba Turnoira 6 – Rio del Mezzogiorno

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ALLEGATO F - Schede di rilevamento dei conoidi

1 – Conoide del Rio del Vallone di Elva 2 – Conoide del Rio Bedale 3 – Conoide del Rio Fusinero

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CLASSE II: Porzioni di territorio a moderata pericolosità geomorfologica, edificabili con l’adozione di modesti accorgimenti tecnici.

CLASSE III: Porzioni di territorio inedificate, contraddistinte da condizioni di pericolosità geomorfologica elevata ma con situazioni locali meno pericolose.

CLASSE IIIa: Porzioni di territorio inedificate che presentano caratteri geomorfologici o idrogeologici che le rendono inidonee a nuovi insediamenti.

CLASSE IIIb: Porzioni di territorio edificate nelle quali gli elementi di pericolosità geomorfologica e di rischio sono tali da imporre in ogni caso interventi di riassetto territoriale a tutela del patrimonio urbanistico esistente.

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