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N. 2 nuova serie ARCHIVIO STORICO BERGAMASCO Rassegna semestrale di storia e cultura 2 nuova serie N. 2 Anno XV 1995 Rivista del Centro Studi e Ricerche Archivio Bergamasco Versione per Internet EDIZIONI JUNIOR Bergamo 1995 SOMMARIO LA RICERCA Barbara Carissoni . ...................................... IL SISTEMA CARCERARIO A BERGAMO IN ETA' NAPOLEONICA Riccardo Schwamenthal .............................. JAZZ A BERGAMO. RICORDI TESTIMONIANZE DOCUMENTI DAGLI ANNI TRENTA AGLI ANNI SETTANTA IL DOCUMENTO Giosuè Bonetti . LA RIVOLUZIONE DALL'ALTO NELLE NOTE DI MICHELE BIGONI LE FONTI Fabio Luini e Nino Piscitello ......................... LE CARTE DELL'ASSISTENZA DOCUMENTI BERGAMASCHI A MILANO IMMAGINI E IMMAGINARIO Giosuè Bonetti e Matteo Rabaglio ................. IL TEATRO DELL'ALDILA'. LE ANIME PURGANTI DISCUSSIONI a cura di Natale Carra e Mario Suardi ......... ISTITUZIONI E MEMORIA. BILANCIO E PROSPETTIVE LOCALI L 'E V E N T 0 Giulio Orazio Bravi ...................................... TESORI MINIATI. CODICI E INCUNABOLI DI BERGAMO E BRESCIA ESPOSIZIONI & LETTURE I Colombo: arte e tecnologia, due diversi incontri (Francesca Buonincontri) - Oltre il compasso. La geometria delle curve (G. M.) - Bergamo: piani e progetti (Carlo Salon) - Il Monastero di Pontida tra Medioevo e Rinascimento (A. Z.) - Ciserano: il paese, la sua gente, la sua storia (P. G.) - Boscbi miniere forni. Culture del lavoro nelle valli bergamasche e bresciane (M.S.) - La Resistenza in valle Brembana (Alex Pirastu) CRONACA a cura di Paolo Oscar, con la collaborazione di Sergio Del Bello, Daniele Pelandi, Monica Resmini. _________________________________________________________________ Pubblicazione del Centro Studi ARCHIVIO BERGAMASCO via A. Locatelli 62 - 24100 Bergamo. Direttore: Giulio Orazio Bravi. Comitato di Redazione: Claudio Calzana, Natale Carra, Cesare Fenili, Mauro Gelfi, Paola Grillo, Fabio Luini, Giorgio Mangini, Nino Piscitello, Mario Suardi, Andrea Zonca. Collaboratori: Renata Badi, Sivia Beretta, Alberto Bianchi, Giosué Bonetti, Sergio Del Bello, Bruno Felice Duina, Annio Freri, Alessandro Giaconia, Francesca Gipponi, Mirko Mora, Franco Nicefori, Bernardino Pasinelli, Paolo Pesenti, Antonio Previtali, Antonella Rizzi, Silvia Rossi, Silvia Rota, Cosimo Tinelli, Giuseppe Tognon, Annalisa Zaccarelli. Redazione e Amministrazione: Edizioni Junior - 24100 Bergamo. Abbonamenti: L. 18.000; per l' Estero $ 25; Sostenitore L. 50.000. L'abbonamento può essere sottoscritto negli Uffici di Edizioni Junior Editore, o con l'invio di bollettino di conto corrente postale n. 12664249 intestato all'Editore (Prezzo del fascicolo singolo L. 18.000). La rivista è semestrale. Indici nel secondo numero. Autorizzazione del Tribunale di Bergamo n. 3 del 30-3-1981. Direttore responsabile: Susanna Pesenti. Composizione e impaginazione: ARTYPING - Alzano Lombardo. Stampa: IL SISTEMA CARCERARIO A BERGAMO IN ETA’ NAPOLEONICA di Barbara Carissoni Tra il 1797 e il 1813 l'ordinamento penitenziario di Bergamo subisce notevoli mutamenti, sotto la spinta delle concezioni politiche e dei nuovi ordinamenti amministrativi della Rivoluzione. Il nuovo Stato centrale ha necessità di un più efficace controllo sociale. Cresce la popolazione carceraria, mutano le modalità dell'assistenza ai reclusi, si procurano nuovi spazi per le carceri ristrutturando gli edifici di conventi soppressi. Nel periodo della dominazione veneta a Bergamo, durato oltre tre secoli e mezzo, le prigioni della città, di proprietà comunale, erano situate in Piazza Vecchia al pianterreno di un fabbricato esistente nei pressi della Torre Civica (fig. 1), vicino al Palazzo della Ragione. (1) In queste prigioni si rinchiudevano tutti i colpevoli di reati comuni, senza alcuna distinzione tra condannati e imputati in attesa di giudizio. I prigionieri politici, invece, venivano condotti nella cappella di Santa Maria Maddalena, nel forte di San Vigilio, e i contravventori agli ordini fiscali si mandavano nella torre di Cittadella, detta Torre Beccherina. Solo i colpevoli di alto tradimento o di gravi misfatti venivano trasportati direttamente alle carceri di Venezia. (2) Questa semplice articolazione del sistema carcerario venne messa in discussione dalle vicende belliche della fine del XVIII secolo, che portarono all'instaurarsi dei governi rivoluzionari e napoleonici. Infatti, in seguito al continuo aumento della criminalità, del vagabondaggio e della mendicità - aumento legato in parte alla diffusione del pauperismo e della disoccupazione tra le masse popolari - e per l'intransigenza delle leggi penali napoleoniche, volte a prevenire e a reprimere ogni causa di disordine pubblico, il numero degli arresti crebbe notevolmente, al punto che la capienza delle carceri cittadine divenne presto insufficiente. Il problema di ricercare nuovi locali in grado di accogliere la sovrabbondante popolazione carceraria potè risolversi allorché il processo di soppressione delle corporazioni religiose, già in atto su tutto il territorio nazionale a partire dalla seconda metà del XVIII secolo, ma ampliatosi in età napoleonica, mise a disposizione dello Stato i beni appartenenti agli enti ecclesiastici, dichiarandoli "beni nazionali". (3) Tale eredità patrimoniale, che consisteva essenzialmente in antichi edifici conventuali, fu infatti destinata ad usi civili dalla legge 15 messidoro anno VI (3 luglio 1798), che ordinò di utilizzare i fabbricati per collocarvi «tutte le case di forza e custodia, i tribunali d'ogni classe, le pubbliche autorità, i quartieri ed offici per la guardia nazionale, come pure tutti gli stabilimenti di pubblica istruzione e gli istitutori posti alla direzione delle scuole primarie».(4) La separazione tra condannati e reclusi in attesa di giudizio A Bergamo, fra i numerosi edifici sottratti agli ordini regolari, il Direttorio esecutivo della Cisalpina stabilì di destinare a carcere l'ex convento di Sant'Agata (fig. 2 e 3), che fino al 1797 era appartenuto alla Congregazione dei Chierici regolari detti Teatini. (5) Nel 1799 la parrocchia annessa al convento, e fino a due anni prima gestita dagli stessi Teatini, fu trasferita nella Chiesa del Carmine (6) e l'intero com plesso monastico venne messo a disposizione dello Stato. In adempimento della legge 5 fruttidoro anno VI (22 agosto 1798), che con l'intenzione di porre fine all'indistinta carcerazione dei prigionieri ritenne opportuno distinguere le case di semplice custodia ed arresto degli inquisiti dalle case di detenzione dei condannati, (7) si stabilì di utilizzare le nuove carceri di Sant'Agata per collocarvi gli imputati in attesa di giudizio. Le antiche prigioni di Piazza Vecchia, invece, avrebbero d'ora in poi ospitato solo i detenuti già condannati ad espiarvi la loro pena, o in attesa di essere trasferiti ad altro luogo di detenzione. Infatti, a partire dagli ultimi decenni del XVIII secolo, periodo in cui si accelerò il processo di transizione verso una penalità incentrata unicamente sulla detenzione, vennero istituite su tutto il territorio nazionale apposite case di pena in cui i criminali avrebbero espiato specifiche condanne mediante la privazione della libertà e l'imposizione della disciplina e del lavoro. Le carceri giudiziarie dei dipartimenti italiani vennero invece destinate ai detenuti condannati a pene di breve durata, i quali, a loro volta, avrebbero dovuto essere separati da coloro che attendevano il giudizio. Nella provincia orobica, oltre alle carceri cittadine di Sant'Agata, si scelsero alcuni locali in ogni Comune del Dipartimento del Serio che fosse sede di pretura e li si adattò a fungere da luogo di custodia provvisoria per gli individui che venivano arrestati (fig. 4). Costoro vi sarebbero stati trattenuti per cautela affinché non si sottraessero al processo mediante la fuga e solo dopo la sentenza definitiva sarebbero stati condotti al luogo di pena loro destinato. Ma alla carcerazione come misura cautelare o come sistema repressivo dei crimini si aggiunse, in età napoleonica, la tendenza sempre più diffu sa a ricorrere ad essa per difendere la società da particolari classi di emarginati, considerati pericolosi per la sicurezza collettiva. Le leggi si mostrarono infatti molto severe nei confronti dei perturbatori dell'ordine pubblico. La legge del 20 agosto 1802, ad esempio, assoggettò gli oziosi, i vagabondi e i mendicanti abili al lavoro alla sorveglianza della polizia e il successivo decreto del 18 ottobre ordinò l'espulsione per i sospetti forestieri e l'arresto di quindici giorni per i nazionali, stabilendo per i contravventori pene di reclusione in carcere o in case di lavoro forzato (8). Gli individui fermati dalla polizia sarebbero stati condotti in specifiche case d'arresto - distinte dalle carceri destinate agli imputati in attesa di giudizio e dalle case di pena - dove sarebbero rimasti finché non fosse stata decisa la loro sorte. A Bergamo per tale categoria di detenuti, definiti "politici", che, come diceva il prefetto del Dipartimento del Serio, Vincenzo Brunetti, «comunque siano contravventori ai regolamenti di polizia, o indiziati di delitti, o a sospetti, hanno diritto di avere una casa di separata custodia finché riconosciuti come innocenti non siano dimessi liberamente, come rei non siano demandati ai tribunali di giustizia, come correzionali non abbiano scontata la pena»(9), si pensò di utilizzare l'ex convento di San Francesco, situato in Piazza Mercato del Fieno, (figg. 5-6). L'edificio era appartenuto per secoli ai Minori conventuali, ordine religioso soppresso dal Governo rivoluzionario nel 1797. (10) In