LIMES, RIVISTA ITALIANA DI GEOPOLITICA pubblicato il 5/11/ 2007 su http://www.limesonline.com NKRUMAH E LA RINASCITA DEL PANAFRICANISMO di Michele Melega

La storia di , padre della patria ghanese, e del suo sogno panafricanista; i vari progetti d’integrazione continentale, fra l’entusiasmo di Gheddafi e il pragmatismo di Mbeki. Il ruolo della Diaspora. Quale futuro per l’Unione Africana?

Q uando a giugno si sono svolti ad Accra, capitale del , i funerali di Stato accordati alla ex-first lady del Ghana, Fathia Rizk Nkrumah, moglie del defunto leader panafricanista e primo presidente del paese, Kwame Nkrumah, grande è stata la partecipazione popolare e affollato il parterre degli ospiti e delle personalità invitate, tra cui spiccavano le presenze di Kofi Annan e dell’ex-presidente del Ghana Jerry Rawlings, oltre a numerosi rappresentanti delle diverse forze politiche ghanesi.

Tutto ciò nonostante l’attuale presidente del Ghana, John Kufuor, appartenga ad un partito che è parte di una tradizione politica opposta a quella di Nkrumah, padre fondatore del Ghana oltre che primo capo di Stato indipendente di un paese dell’Africa subsahariana. Kufuor ha voluto però onorare la memoria del padre della patria con questo gesto, sottolineando allo stesso tempo l’importanza e l’attualità di uno dei temi cardine del nkrumahismo, cioè l’aspirazione all’unità politica ed economica africana. Pochi giorni dopo il funerale di Fathia Nkrumah si è svolto infatti ad Accra il vertice dell’Unione Africana, in cui il futuro del continente è stato oggetto di accesi dibattiti. Il luogo non è stato scelto a caso: si è voluto rendere omaggio ad una delle più vibranti democrazie dell’Africa, il Ghana, che il 6 marzo di quest’anno ha festeggiato i cinquant’anni della propria indipendenza. Il Ghana, dopo un lungo periodo turbolento caratterizzato da numerosi colpi di stato e regimi militari, è dal 1992, con l’elezione dell’allora presidente Rawlings, una democrazia compiuta con libere elezioni indipendenti e multipartitiche. “Sono sicuro”, ha detto Kufuor durante il discorso tenuto all’apertura delle celebrazioni per l’indipendenza del paese, “che tutti concorderanno con me nel ritenere il 6 marzo 1957 una data fondamentale non solo per il Ghana, ma per l’Africa intera. E’ una data che ha cambiato lo status e il ruolo del nostro continente nel mondo per sempre.” Il Ghana gode oggi di un’ economia relativamente buona, con un prodotto interno lordo che ha un tasso di crescita annuale del 6%. Allo stesso tempo, il continente deve affrontare sfide cruciali per il suo futuro e il dibattito ancora in corso sull’unità africana non può prescindere dalla situazione economica strutturalmente deficitaria che affligge la maggior parte degli stati del continente, dall’alto livello della disoccupazione giovanile e dalla crisi in cui versano il settore sanitario e l’istruzione. Durante il vertice molti sono stati i discorsi che hanno fatto riferimento a Nkrumah ed al suo panafricanismo. Tutti i leader presenti, pur con accenti diversi, hanno affermato la necessità vitale di una collaborazione politica ed economica più stretta. Il maliano Alpha

1 LIMES, RIVISTA ITALIANA DI GEOPOLITICA pubblicato il 5/11/ 2007 su http://www.limesonline.com

Oumar Konare, presidente della Commissione dell’Unione Africana, ha dichiarato alla stampa ”che la mia visione è quella di spingere i leader africani a unificare il nostro continente, prendendo il toro per le corna per muoversi in un’unica direzione, verso una nuova nazione: quella africana.” Ma dove ha origine questo anelito all’unità del continente? L’indipendenza del Ghana, conquistata da Nkrumah nel 1957 senza spargimenti di sangue, diede vita ad un forte movimento anticolonialista in tutta l’Africa, ed è per questo che egli è ancora ricordato per la passione e impegno in favore della Nazione Africana.

Nkrumah nacque a Nkroful, un piccolo villaggio vicino alla città di Takoradi nel settembre del 1909. Figlio unico, nel 1929 andò ad Accra per proseguire gli studi, ottenendo il diploma di maturità nel 1930. Nel 1935, grazie a una borsa di studio si trasferì negli Stati Uniti, avvenimento rarissimo all’epoca per un giovane africano, dove rimase per 10 anni ottenendo prima una laurea dalla Lincoln University nel 1939, e poi due Master in Scienze dell’Educazione e in Filosofia dall’Università della Pennsylvania nel 1942. Durante questo periodo venne a contatto con le idee di Marcus Garvey, leader carismatico e influente che si proponeva alla testa di un nuovo movimento per il Ritorno all’Africa degli Afro-Americani. Nel 1945 lasciò New York per Londra dove insieme a George Padmore, un avvocato dell’isola di Trinidad che divenne il suo primo consigliere dopo il raggiungimento dell’indipendenza del Ghana, organizzò il Quinto Congresso Panafricano di Manchester. Questo congresso segnò il risveglio della coscienza politica africana a tutti i livelli sociali, inclusi gli studenti e i lavoratori che vi parteciparono in gran numero arrivando anche dall’Africa per l’occasione. Successivamente Nkrumah fondò il Segretariato Nazionale dell’Africa Occidentale che si proponeva la decolonizzazione totale dell’Africa. Nel 1947 ritornò in Ghana, che allora si chiamava ancora Costa d’Oro, per diventare il segretario generale dell’UGCC (United Gold Coast Convention), un’organizzazione politica che si proponeva l’indipendenza del paese. In seguito fondò il primo vero partito politico di massa ghanese, lo CPP (Convention People’s Party), che esiste tutt’oggi e che si proponeva -oltre all’indipendenza- la realizzazione della sua visione del panfricanismo. Nkrumah vinse con larghissimo margine le prime elezioni democratiche tenutesi in Africa nel 1951, e ciò gli consentì di diventare primo ministro nel1952 e condividere gli affari del governo con il potere coloniale britannico nel periodo di transizione fino all’indipendenza. Il 6 marzo 1957, durante la cerimonia per celebrare finalmente la conquista dell’indipendenza, Nkrumah pronunciò le ormai storiche parole che fanno ancora vibrare all’unisono i cuori dei ghanesi: “Infine.. la battaglia è finita..e il Ghana, la nostra amata nazione.. è libero per sempre... da ora in avanti c’è un nuovo Africano nel mondo..pronto a dimostrare di essere in grado di amministrare i suoi affari... ora costruiremo la nostra personalità africana e la nostra Identità..... l’indipendenza del Ghana è senza significato, se non sarà seguita da una liberazione totale del continente africano”. Questa è a tutt’oggi la base del panfricanismo, dove l’unità politica ed economica non è considerata fine a sé stessa, ma strumentale alla realizzazione della dignità degli Africani.

L’indipendenza del Ghana diede fortissimo impeto agli altri movimenti di liberazione e di decolonizzazione africani. Nkrumah diventò un’icona continentale e simbolo del

2 LIMES, RIVISTA ITALIANA DI GEOPOLITICA pubblicato il 5/11/ 2007 su http://www.limesonline.com raggiungimento di questa impresa. I suoi frequenti discorsi alla radio in cui avvertiva sui pericoli derivanti dallo sfruttamento coloniale dell’Africa servirono ad accelerare il processo di sovranità politica del continente che si concluse con l’abolizione dell’apartheid nel 1994 in Sudafrica. Accra, la capitale ghanese, divenne la base per l’addestramento di numerosi combattenti per la liberazione, con l’istituzione a Winneba di un centro ideologico e politico che formò tra gli altri personalità quali Kenneth Kaunda (Zambia), Olivier Thambo (Sudafrica), Sam Nujoma (Namibia), Jomo Kenyatta (Kenia) e lo stesso Robert Mugabe (Zimbabwe). Qui nacque il sogno di un’Africa libera, unita politicamente in una federazione e con capitale Bangui(Repubblica Centroafricana). Anche con la vita privata, Nkrumah cercava di dare corpo al suo sogno di un’Africa unita. Aveva sposato infatti una donna egiziana, Fathia Rizk, che gli era stata presentata attraverso i buoni uffici del leader egiziano dell’epoca, . Questa unione coniugale rappresentò simbolicamente per molti africani l’unione tra i popoli a nord e a sud del Sahara. Anche gli arabi -come gli africani- avevano sofferto l’oppressione coloniale e lo sfruttamento delle loro risorse. “Nkrumah rifiutava la nozione secondo la quale il colonialismo era il risultato del desiderio degli europei di “civilizzare” i popoli “barbarici” del mondo”, ha spiegato la storica inglese June Milne, che per tanti anni è stata al fianco del padre della patria ghanese, assistendolo come ricercatrice1. Nel 1960 fu approvata una nuova costituzione e Nkrumah fu eletto presidente della Repubblica. Avviò un poderoso programma di industrializzazione del paese costruendo fabbriche, reti stradali e autostradali, reti televisive e telefoniche; molto importante fu anche la costruzione della enorme diga di Akosombo, che servì a fornire l’ energia elettrica alle aree rurali e a tutte le industrie del paese. Questo progetto fu avviato col sostegno economico degli Stati Uniti e del presidente Kennedy, con cui Nkrumah aveva un buon rapporto personale, nonostante le proprie inclinazioni socialiste. Infine costruì il porto di Tema sull’oceano Atlantico, ancora oggi uno dei più importanti porti dell’Africa Occidentale. Oltre che essere un politico e un uomo di stato il primo presidente ghanese era anche un intellettuale prolifico. Scrisse numerosi libri di analisi economica e sociale, la cui stesura coincideva spesso con avvenimenti politici del continente, come la crisi del Congo nei primi anni 60 o la dichiarazione unilaterale di indipendenza del governo di minoranza della Rhodesia, espressione di politiche razziste e coloniali. Il suo Africa Must Unite del 1963 rimane a tutt’oggi il testo principale su cui si sviluppano le teorie di sopravvivenza politica ed economica dell’Africa2.

Nel 1966 Nkrumah fu destituito con un golpe militare mentre si trovava in visita ufficiale in Cina e Vietnam. Fu costretto all’esilio a Conakry in Guinea, dove il suo amico Sekou Toure lo nominò co-presidente del paese. Nel 1972, debilitato nel fisico da un tumore, morì a Bucarest, dove si era recato per ricevere cure mediche. La sua salma fu trasferita in Ghana per essere sepolta nel suo villaggio natale e successivamente interrata nel mausoleo a lui dedicato ad Accra.

1 June Milne, Kwame Nkrumah, A Biography, London 1999, PANAF Books. 2 Kwame Nkrumah, Africa Must Unite- Challenge of the Congo-Rhodesia File, London 1963, PANAF Books.

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La scorciatoia che è stata presa successivamente rispetto all’intuizione di Nkrumah è stata l’ Organizzazione dell’Unità Africana, ora diventata Unione Africana. Nonostante le sue carenze strutturali, questa organizzazione ha consentito ai leader africani di usufruire di una piattaforma di ampio respiro su cui dibattere temi e argomenti di livello continentale. Tuttavia permangono sul percorso da intraprendere differenze cruciali, che si sono perpetuate negli anni e che non hanno ancora consentito di vedere realizzato il sogno di un’Africa federata in un’unica nazione così come si augurava il capo di Stato del Ghana. Gamal Nkrumah, figlio primogenito di Kwame e di Fathia Rizk e oggi editorialista del settimanale egiziano Al-Ahram Weekly sottolinea come “il trattato di Lomé che ha istituito l’Unione Africana sia in vigore dal 26 Maggio 2001. Ciononostante, molte delle istituzioni previste non si sono ancora materializzate. C’è ancora tanta strada da fare prima che un parlamento africano sia convenuto, che venga adottata una valuta unica africana o che vengano emessi dei passaporti africani.. Il Trattato ha un testo che prevede che si acceleri l’attuazione del Trattato di Abuja del 1991, che prevede a sua volta la creazione di una Comunità Economica Africana entro il 2025. L’ efficienza di questa nuova organizzazione panafricana, dipende però esclusivamente dalla volontà politica dei leader del continente”. I leader che si sono ritrovati al summit di luglio ad Accra hanno esposto le loro strategie per arrivare all’unità continentale. Secondo il giornalista nigeriano e panafricanista convinto Tajudeen Abdul Raheem, le posizioni espresse sono queste: c’è un gruppo che fa capo al colonnello libico Gheddafi, che vorrebbe l’unione immediata degli stati, una cittadinanza comune, un esercito, una difesa di pronto intervento, un ministro degli Esteri e un presidente dell’Africa. Gheddafi, che è il motore e la forza ispiratrice di questo gruppo insieme al presidente senegalese Abdoulaye Wade, è determinatissimo ad arrivare agli “Stati Uniti d’Africa”. Il colonnello è stato in passato un convinto sostenitore della Ummah (la Nazione araba) ma oggi sembra convinto che la chiave per arrivare ad un futuro prosperoso per i popoli arabi sia da ricercarsi nell’unione politica e nell’integrazione economica con gli altri paesi dell’Africa.

Un secondo gruppo di paesi, pur condividendo l’obbiettivo di un governo continentale, afferma che ora l’Unione Africana è un organismo consolidato e influente, che già contiene al suo interno le potenzialità per arrivare all’unità del continente, e che sarebbe quindi opportuno svilupparne la strategia politica ed economica. Capofila di questa fazione sono il Sudafrica di Thabo Mbeki insieme all’Etiopia del primo ministro Meles Zenawi e a Robert Mugabe, il presidente dello Zimbabwe. Altri importanti paesi come l’Egitto, l’Algeria e la Nigeria cercano di trovare un punto di mediazione tra l’entusiasmo di Gheddafi e il pragmatismo di Mbeki. Un terzo gruppo di paesi guidato dall’ugandese Yoweri Museveni, invece, si oppone a quella che ritiene la fretta precipitosa di Gheddafi, preferendo un approccio più gradualistico, cercando attraverso una cooperazione più integrata di consolidare i blocchi economici regionali già esistenti. “Nell'approccio di questi leader alla strategia visionaria di Nkrumah vi è però una debolezza di fondo: il mancato coinvolgimento delle masse e del popolo africano, la mancanza di processi democratici partecipativi: spesso tutto è lasciato esclusivamente alla buona volontà dei leader che purtroppo non vanno oltre la stesura di protocolli di buone intenzioni”, sottolinea Tajudeen Abdul Raheem.

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In Africa Must Unite, Nkrumah avvertiva che “c’è una tendenza a dividere l’Africa in zone fittizie, a nord come a sud del Sahara, che enfatizzano le differenze di razza, di religione e di cultura. E’ dunque auspicabile una singola rappresentazione che abbia le sue fondamenta nella forza dell’intero continente, piuttosto che tante piccole rappresentazioni messe insieme. Nessuno mette in dubbio il fatto che il benessere e la prosperità degli Stati Uniti non sarebbero mai stati raggiunti se ogni Stato si fosse ostinato a mantenere una propria piccola sovranità, in magnifico isolamento” ripeteva l padre della patria ghanese. Nonostante il vertice di Accra si sia concluso senza una decisione definitiva sulla creazione degli “Stati Uniti d’Africa”, o “Governo dell’Unione” come si è iniziato a chiamarlo, è stata redatta una dichiarazione d’intenti unanime in cui si prevede la creazione di una Commissione Ministeriale che dovrà identificare i contenuti per un Governo dell’Unione e le sue relazioni con i governi nazionali.

La stessa Commissione esaminerà la natura dei rapporti tra il Governo dell’Unione e le Comunità Regionali Economiche e provvederà ad individuare i canali di finanziamento economico delle attività del governo continentale. Il risultato di questi studi verrà sottoposto ad un Comitato di Capi di Stato e di governo, che a sua volta fornirà le raccomandazioni più adeguate per la prossima sessione di lavori ordinaria dell’Unione Africana che si terrà ad Addis Abeba nel gennaio del 2008. Il presidente ghanese John Kufuor - che attualmente detiene la presidenza rotante dell’UA - ha dichiarato nel suo discorso conclusivo che non esistono vincenti o perdenti nel dibattito che è stato avviato, ma solo “l’impegno di ognuno di noi per la costruzione del Governo dell’Unione”. Ha poi aggiunto che “ora c’è la volontà di costruire la necessaria sinergia per unire l’Africa e combattere i livelli inaccettabili di povertà sofferti dai suoi cittadini." L’integrazione politica dell’Africa non sarà piattamente modellata sui modelli degli Stati Uniti d’America o dell’Unione Europea, ma avrà caratteristiche adatte alla particolare natura del continente africano. Kufuor ha poi sottolineato l’importanza della razionalizzazione ed armonizzazione delle Comunità Economiche Regionali per arrivare ad una Comunità Economica Africana, così come stabilito dal trattato che istituisce la Commissione Economica Africana. Si è poi riconosciuta l’importanza del coinvolgimento dei popoli africani, inclusi gli africani della Diaspora, nel processo che porterà alla formazione di un governo continentale. Il ruolo della Diaspora africana è sempre stato molto importante per l’emancipazione del continente. Figure come George Padmore, W.E.B Du Bois, Marcus Garvey hanno avuto un ruolo fondamentale nella lotta panafricana. Dal 1900 al 1945 sono stati tenuti cinque congressi panafricani e l’ultimo, nel 1945, ha consegnato il testimone a Nkrumah, che ha portato la lotta per l’indipendenza sul suolo continentale, iniziando attraverso l’indipendenza del Ghana il progetto dell’unità africana. Oggi l’Unione Africana ha designato la Diaspora come la sesta regione dell’Africa, riconoscendone il ruolo potenziale per lo sviluppo del continente (le altre cinque sono Africa settentrionale, meridionale, centrale, orientale e occidentale). , figlia del leader, vive a Roma, dove presiede il Movimento degli Africani, un'organizzazione della Diaspora. “A metà settembre” - spiega - ” ho avuto il privilegio di partecipare a Parigi alla conferenza regionale della Diaspora dell’Unione Africana in Europa, organizzata dal Sudafrica. Più di 300 delegati africani residenti in Europa vi hanno preso parte (eravamo in venti dall’Italia) contribuendo con idee e progetti al ruolo costruttivo che la Diaspora può svolgere nel promuovere lo sviluppo del continente e

5 LIMES, RIVISTA ITALIANA DI GEOPOLITICA pubblicato il 5/11/ 2007 su http://www.limesonline.com stabilire un rapporto vicendevolmente fruttuoso con esso. Per noi questo è un importante passo avanti in favore dell’istituzionalizzazione del ruolo della Diaspora africana e per ribaltare le conseguenze del colonialismo e della tratta transatlantica degli schiavi.”

“Anche durante il periodo della guerra fredda, l’Africa ha pagato più di ogni altro continente”, spiega ancora Samia Nkrumah. “Questo spiega in parte il sottosviluppo di cui soffre il continente africano. Molti leader politici come mio padre, ma anche Lumumba in Congo, che cercavano di sconfiggere la povertà dei loro paesi e accelerare lo sviluppo economico, avviarono programmi di industrializzazione e nazionalizzazione basati sul modello socialista e con il sostegno dell’Unione Sovietica. Per questo non furono visti di buon occhio dall’Occidente, che si affrettò a marchiare come comunista mio padre, causandone anche l’uscita di scena con il golpe del 1966, orchestrato dalla CIA come indicano diversi documenti ora declassificati. Il progetto di unità africana veniva visto come fumo negli occhi, perché si temeva che l’intero continente potesse passare sotto l’influenza sovietica. Ma queste politiche di nazionalizzazione allora erano la norma, non solo in paesi dell’area del blocco sovietico, ma anche in Stati occidentali come la Gran Bretagna o l’Italia.” A proposito dell’Italia, c’è da notare che il Presidente Giorgio Napolitano - che a luglio ha visitato il Ghana - ha sottolineato come lo sviluppo dell’Africa vada di pari passo con la stabilità politica. Alla fine della sua visita di tre giorni e dopo aver deposto una corona di fiori presso il mausoleo di Nkrumah e visitato il museo a lui dedicato, Napolitano si è augurato che la comunità internazionale rafforzi la sua cooperazione con le istituzioni dell’Unione Africana, sollecitando anche l’Unione Europea ad assumersi impegni finanziari per assicurare il cammino del continente verso l’unità. Una delle crisi regionali che l’Unione Africana è chiamata ora a risolvere e che rappresenterà un banco di prova dell’unità politica è quella del Darfur, dove sono stanziate 7000 truppe della forza di interposizione dell’UA. E’ solo per la presenza di queste truppe che il presidente del Sudan Omar al-Bashir ha accettato la risoluzione ONU che ne prevede il dispiegamento. Il recente attacco perpetrato da una fazione ribelle dello SLA (Sudan Liberation Army) ai danni di una base militare (che ha provocato la morte di dieci soldati della forza multinazionale) ha messo a dura prova la tenuta dell’Unione. “Questo atto odioso e criminale” ha dichiarato però il presidente della commissione dell’UA Alpha Oumar Konaré “non inciderà sulla determinazione e sull’impegno dell’UA di arrivare a una pace duratura che ponga termine alle sofferenze dei popoli del Darfur”. Permane al momento la volontà di trovare una soluzione condivisa: è stato deciso di aumentare il numero delle truppe di interposizione dell’UA a 26.000 effettivi per il prossimo anno.

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