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(provincia di )

Prog. Prog. Oggetto: Prefattibilità impianti definitivo esecutivo

Progetto definitivo di un Parco Eolico

ubicato nel Comune di Banzi Data: marzo 2011

Rappr.:

Committente: Elab.: STUDIO DI IMPATTO CROSSENERGY s.r.l. A.17.A AMBIENTALE: Via Santa Lucia n° 107 Quadro di Riferimento 80100 NAPOLI P.IVA: 06511361211 Programmatico

Legale rappresentante: Progettista:

Dott. Claudio Maiello Dott. Geol. Raffaele NARDONE Dott. Claudio Maiello

Engineering Geology S.r.l e-mail: Via Del Gallitello, 89/b - 85100 Potenza Tel. 0971 26378 fax 0971 1940737 A norma di Legge il presente documento non può essere riprodotto o comunicato a terzi senza la Ns autorizzazione scritta

Sommario 1. INTRODUZIONE...... 3 2. OBIETTIVI DELLO STUDIO DI IMPATTO AMBIENTALE ...... 4 3. CONTESTO ENERGETICO INTERNAZIONALE...... 5 3.1 DINAMICHE ENERGETICHE ...... 7 3.2. IL G8 DEL 2009 ...... 14 3.3. LA CONFERENZA O.N.U. DI COPENAGHEN DEL DICEMBRE 2009...... 15 3.4. L’EUROPA...... 18 3.5. LE PROSPETTIVE FUTURE: IL 2050 ...... 31 4. LO SCENARIO ITALIANO ...... 33 4.1. L’ITALIA E KYOTO ...... 35 5. FONTI ENERGETICHE RINNOVABILI ...... 40 5.1. LA PRODUZIONE DI FONTI RINNOVABILI: L’EUROPA ...... 41 5.2. LE ENERGIE RINNOVABILI: I PIANI NAZIONALI...... 41 5.3. LA PRODUZIONE DI FONTI RINNOVABILI IN ITALIA ...... 43 5.4. GLI INCENTIVI ALLA DIFFUSIONE DELLE ENERGIE RINNOVABILI IN ITALIA ...... 47 5.5. LA ...... 49 6. ENERGIA EOLICA ...... 50 6.1. LO SVILUPPO DELL’EOLICO NEL MONDO...... 51 6.2. LO SVILUPPO DELL’EOLICO IN EUROPA ...... 52 6.3. LO SVILUPPO DELL’EOLICO IN ITALIA...... 54 6.4. LO SVILUPPO DELL’EOLICO IN BASILICATA ...... 61 7. IL PROTOCOLLO D’INTESA ANEV-LEGAMBIENTE-GREENPEACE...... 62 8. LA NORMATIVA DI RIFERIMENTO: SETTORE ENERGETICO...... 65 8.1. IL PIANO ENERGETICO NAZIONALE...... 65 8.2. LA LEGGE REGIONALE 9/2007 E LA REDAZIONE DEL P.I.E.A.R. DELLA BASILICATA...... 67 8.3. IL PIANO DI INDIRIZZO ENERGETICO AMBIENTALE REGIONALE (P.I.E.A.R.)...... 68 8.4. I CONTENUTI DELL’APPENDICE A PER GLI IMPIANTI EOLICI DI GRANDE GENERAZIONE ...... 69 8.5. LA L.R. N. 1 DEL 19/01/2010 “NORME IN MATERIA DI ENERGIA E P.I.E.A.R”...... 71 8.6. IL PROGRAMMA OPERATIVO F.E.S.R. 2007-2013...... 72 9. LA NORMATIVA DI RIFERIMENTO: SETTORE AMBIENTALE ...... 74 9.1. IL TESTO UNICO SULL’AMBIENTE (D.LGS N. 152/2006) ...... 75 9.2. LE NOVITÀ IN MATERIA DI V.I.A. INTRODOTTE DAL D.LGS DEL 16 01 2008 N. 4...... 76 9.3. I PRINCIPI GENERALI V.I.A./V.A.S. (ARTICOLI 4 - 10) ...... 76 9.4. DECISIONE DELLA V.I.A...... 78 9.5. IL CODICE DEI BENI CULTURALI E DEL PAESAGGIO ...... 79 9.6. LA PIANIFICAZIONE PAESISTICA: I PIANI TERRITORIALI PAESAGGISTICI ...... 82 9.7. LE AREE NATURALI PROTETTE IN BASILICATA ...... 83 9.8. LE Z.P.S. ED I S.I.C. NATURA 2000...... 87 9.9. LE AREE I.B.A. - IMPORTANT BIRDS AREAS...... 92 9.10. LO STRUMENTO URBANISTICO DEL COMUNE DI BANZI...... 93 9.11. IL PIANO STRALCIO PER LA DIFESA DAL RISCHIO IDROGEOLOGICO ...... 93 9.12. IL PIANO STRALCIO DELLE FASCE FLUVIALI ...... 95 9.13. VINCOLO IDROGEOLOGICO EX R.D. N. 3267/1923 ...... 96 9.14. VINCOLO ARCHEOLOGICO...... 97 9.15. PIANO DI TUTELA DELLA QUALITÀ DELL’ARIA ...... 101 Via del Gallitello,89 – 85100 Potenza Tel 0971.26378 fax 0971.1940737 1

10. VERIFICA DI COMPATIBILITÀ DEL PARCO RISPETTO A P.I.E.A.R...... 103 10.1. VERIFICA DEI REQUISITI MINIMI DI SICUREZZA ...... 104 10.2. AUTORIZZAZIONI NECESSARIE: IL PROCEDIMENTO UNICO...... 104

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1. INTRODUZIONE

Lo Studio di Impatto Ambientale in oggetto è redatto ai sensi del D.Lgs 152/2006, così come modificato ed integrato dal D.Lgs 4/2008, e della Legge Regionale 14 dicembre 1998 n. 47 della Regione Basilicata, denominata “Disciplina della Valutazione di Impatto Ambientale e norme per la Tutela dell’Ambiente” che ordina a scala regionale la materia “al fine di tutelare e migliorare la salute umana, la qualità della vita dei cittadini, della flora e della fauna, salvaguardare il patrimonio naturale e culturale, la capacità di riproduzione dell’ecosistema, delle risorse e la molteplicità delle specie”, come riportato testualmente all’art. 1 delle Norme Generali. Il Quadro di Riferimento Programmatico in oggetto, costituisce parte integrante del progetto definitivo presentato dalla società “Crossenergy s.r.l” inerente la realizzazione di un nuovo parco eolico ubicato nel territorio comunale di Banzi, in provincia di Potenza. Il parco in oggetto sarà costituito da n. 22 aerogeneratori della potenza unitaria di 3 MW tipo Vestas V90, per una potenza complessiva di 66 MW. La società che si propone di realizzare il parco eolico in oggetto è la “Crossenergy s.r.l.”, con sede legale in Napoli (NA) in via Santa Lucia n°107 (c.a.p. 80100), numero repertorio economico amministrativo (REA) 819998, Partita I.V.A. 06511361211. La società è costituita da un consiglio di amministrazione il cui presidente (rappresentante dell’impresa) è il dott. Claudio Maiello, nato a Napoli il 02-12-1969 (C.F. MLLCLD69T02F839D), domiciliato per la sua carica presso la sede legale della società in Napoli (NA) in via Santa Lucia n°107 (c.a.p. 80100). L’impianto in termini di manufatti percepibili sarà costituito da: - N.22 aerogeneratori con cabine elettriche annesse, comprensivi della loro fondazione e della loro piazzola; - da una cabina elettrica di interfaccia con la rete elettrica di AT. E’ prevista la realizzazione della viabilità interna e l’adeguamento della viabilità di accesso al sito nonché la realizzazione dei cavidotti interrati per il collegamento degli aerogeneratori tra loro e con la Rete elettrica nazionale.

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2. OBIETTIVI DELLO STUDIO DI IMPATTO AMBIENTALE

L’obiettivo del presente Studio di Impatto Ambientale, così come prescritto dal D.Lgs 152/2006, modificato ed integrato dal D.Lgs 4/2008 e ai sensi dalla Legge Regionale n° 47 del 14 dicembre 1998, è quello di esprimere un giudizio “sulle opere e sugli interventi proposti, in relazione alle modificazioni e ai processi di trasformazione che la loro realizzazione potrebbe determinare direttamente o indirettamente, a breve o a lungo termine, temporaneamente o permanentemente, positivamente o negativamente nell’ambiente naturale e nella realtà sociale ed economica” (art. 1, comma 2). In particolare lo Studio si prefigge di: • definire e descrivere le relazioni tra l’opera e gli strumenti di pianificazione vigenti, considerando i rapporti di coerenza e lo stato di attuazione di tali strumenti; • descrivere i vincoli di varia natura esistenti nell’area prescelta e nell’intera zona di studio; • descrivere le caratteristiche fisiche del progetto e le esigenze di utilizzazione del suolo durante le fasi di costruzione e di funzionamento; • descrivere le principali fasi del processo di produzione di energia elettrica da fonte eolica; • descrivere la tecnica prescelta, con riferimento alle migliori tecniche disponibili a costi non eccessivi, e le altre tecniche previste per prevenire le emissioni degli impianti o per ridurre l’utilizzo delle risorse naturali confrontando le tecniche prescelte con le migliori disponibili; • valutare il tipo e la quantità delle emissioni previste risultanti dalla realizzazione e dalla attività di progetto; • descrivere le principali alternative possibili, inclusa quella zero, indicando i motivi che hanno sostenuto la scelta, tenendo conto dell’impatto sull’ambiente; • analizzare la qualità ambientale, facendo riferimento alle componenti dell’ambiente potenzialmente soggette ad un impatto rilevante del progetto proposto, con particolare attenzione verso la popolazione, la fauna, la flora, il suolo, il sottosuolo, l’aria, l’acqua, i fattori climatici, i beni materiali compreso il patrimonio architettonico ed archeologico, il paesaggio; • identificare e valutare la natura e l’intensità degli effetti positivi e negativi originati dall’esistenza del progetto, dall’utilizzazione delle risorse naturali, dalle emissioni di inquinanti e dallo smaltimento dei rifiuti; • stabilire metodi di previsione, attraverso i quali valutare gli effetti sull’ambiente;

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• stabilire e definire una proposta base delle misure correttive che, essendo percorribili tecnicamente ed economicamente, minimizzano gli impatti negativi identificati. In definitiva, con il presente documento si intendono stabilire, stimare e valutare gli impatti associati sia alla costruzione che al funzionamento del parco eolico di progetto, sulla base di una conoscenza esaustiva dell’ambiente interessato, proponendo al contempo le idonee misure di mitigazione e/o compensazione.

3. CONTESTO ENERGETICO INTERNAZIONALE

La crescita continua della domanda di energia a livello mondiale pone problemi di ordine politico, economico ed ambientale e sollecita a rinnovare gli sforzi per il suo contenimento. Il miglioramento dell’efficienza energetica ed una attenta gestione della domanda costituiscono misure di fondamentale importanza per contrastare il trend di crescita e sono, al tempo stesso, un valido strumento per conseguire ulteriori obiettivi di politica energetica ed ambientale. La domanda di energia cresce nel mondo ad un ritmo elevato, soprattutto per il contributo dei paesi asiatici. La ripartizione geografica dei consumi mondiali mostra un sempre minor peso relativo dei consumi in aree come il Nord America (Canada e Stati Uniti) e l’Europa (inclusa la Russia), a fronte di una crescita assoluta e relativa di tutte le altre aree e in particolare dell’Asia. Tale fenomeno è la conseguenza di differenti dinamiche di crescita: molto più elevata della media nelle aree emergenti in Asia, e molto più contenuta nelle zone già industrializzate in Europa e Nord America. Uno dei risultati di questa situazione è l’accelerarsi del processo, già evidenziatosi nel corso degli ultimi anni, di progressiva perdita di peso delle aree di più antica industrializzazione sul totale dei consumi energetici mondiali. Secondo i dati B.P., l’area O.C.S.E. rappresenta nel 2007 oltre la metà dei consumi mondiali ma la sola Cina, che nel 2007 ha quasi raddoppiato i consumi del 2000, ha ormai superato i consumi totali dell’U.E. e si avvia a superare gli Stati Uniti nei prossimi anni. L’India, invece, con una popolazione di poco inferiore a quella cinese, rappresenta ancora solo il 3,6% dei consumi mondiali con consumi che nel 2007 sono cresciuti del 37% rispetto al 2000. Sono praticamente costanti dal 2000 i consumi del Giappone.

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Figura 1 - Consumi mondiali di energia primaria 2000-2007 (Mtoe)

Figura 2 - Andamento dei consumi mondiali per fonte fossile 2000-2007 (Mtoe)

L’andamento dei consumi per fonti, fra il 2006 ed il 2007, registra un aumento dell’utilizzo di tutte le fonti energetiche considerate, salvo l’energia nucleare, il cui consumo cala del 2% a livello mondiale per effetto di riduzioni in Europa, Asia ed America Latina. Cresce in particolare l’uso del carbone (4,5% a livello mondiale e 8% in Cina) e l’uso del gas (3,1% a livello mondiale) con punte di crescita in Asia e Africa. Via del Gallitello,89 – 85100 Potenza Tel 0971.26378 fax 0971.1940737 6

Quanto ai consumi di petrolio, la progressione è dell’1,1%: questo è il risultato di un andamento negativo in Europa e quasi stazionario in Nord America, combinato con una crescita significativa in America Latina, Medio Oriente ed Africa, ed una domanda ancora robusta in Asia. Nella composizione dei consumi per fonti prosegue la tendenza ad una riduzione del peso del petrolio sul totale, compensato da un incremento della quota di gas e carbone. Nella generazione elettrica queste due fonti rimpiazzano progressivamente il petrolio il cui uso si concentra sempre più nelle attività di trasporto o come materia prima nelle produzioni chimiche e petrolchimiche. Come si vede nella figura seguente la diminuzione dei consumi è particolarmente evidente nei paesi dell’UE e incide in particolare su gas e petrolio.

Figura 3 - Andamento dei consumi dei paesi dell’UE per fonte fossile 2000-2007

3.1 DINAMICHE ENERGETICHE

Se complessivamente i consumi e la disponibilità totale di energia negli ultimi anni hanno continuato a crescere, diverse sono state le tendenze delle singole fonti. Pur trattandosi di quantità finite ed esauribili, la disponibilità accertata di risorse di gas e petrolio nel sottosuolo a livello mondiale è tale da poter coprire la domanda ancora per qualche decennio. Lo sfruttamento di riserve

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esistenti, al momento ritenute non economiche, dipenderà dall’andamento dei prezzi, dalle aspettative degli operatori sull’andamento degli stessi e dallo sviluppo di tecniche di estrazione più evolute. La materiale accessibilità a molte di queste risorse è ostacolata da problemi di natura geopolitica. Oltre il 56% delle riserve accertate di petrolio è concentrato in Medio Oriente, mentre, Russia e Medio Oriente soddisfano circa il 40% del fabbisogno mondiale di gas naturale e nel lungo termine crescerà la dipendenza dei Paesi consumatori da quelle aree (figura seguente).

Figura 4 - Produzione di petrolio per area: dati storici e previsioni (dati percentuali)

Il crescente ruolo delle società petrolifere nazionali limita oggettivamente l’accesso alle risorse delle compagnie private e riduce la possibilità di sfruttamento ottimale delle risorse esistenti. In particolare, la propensione ad investire in nuove prospezioni trova un limite nella convenienza determinata dagli andamenti del mercato di vendere la produzione disponibile a prezzi sempre più elevati per via della spinta esercitata dalla domanda crescente. Per il carbone si registra, invece, un rapido adeguamento della produzione a fronte dell’incremento della domanda mondiale attribuibile essenzialmente all’impulso della produzione termoelettrica cinese e degli altri Paesi dell’Asia. La crescita dei consumi con ritmi più contenuti coinvolge tutte le altre aree geopolitiche con l’eccezione dell’Europa dove i consumi e la produzione si contraggono. Le riserve di petrolio sono lievemente diminuite nel 2007 rispetto all’anno precedente.

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Oltre il 60% di queste riserve si concentra in Medio Oriente mentre la quota in mano ai paesi dell’O.P.E.C. supera il 75%. Il rapporto riserve su produzione annua è relativamente stabile intorno a 40 anni; tuttavia, le dimensioni dei nuovi giacimenti sono da diversi anni in continua diminuzione e insistono su zone sempre più inaccessibili (a grandi profondità anche sotto il fondo del mare, o sotto grossi strati di ghiaccio) e sono dunque tecnicamente più difficili da sviluppare. Ciò ha fatto sì che i costi per svilupparli e portarli a produzione siano più che raddoppiati dal 2000. La produzione di petrolio ha rallentato la sua crescita già dal 2005 e ha fatto segnare nel 2007 una riduzione della produzione giornaliera di 126.000 barili di petrolio rispetto al 2006, pari a due decimi di punto percentuale, dovuta alle variazioni negative nella produzione di quasi tutte le maggiori regioni produttrici, attenuata dalla crescita della produzione russa e, nei paesi ex-URSS, della zona del Mar Caspio. Se per i paesi dell’OPEC la riduzione è dovuta ai tagli operati a novembre 2006 e febbraio 2007 da dieci membri del cartello, in altri, come i paesi produttori in seno all’OCSE (fra cui alcuni membri dell’UE) e fra molti dei paesi produttori non-OPEC, la produzione è in declino da qualche tempo per il progressivo esaurirsi di molti giacimenti a cui non è corrisposta tempestivamente una nuova disponibilità. Il discorso vale per Stati Uniti, Argentina, Venezuela, Norvegia, Regno Unito, Siria, Gabon, Indonesia, per non menzionare che i maggiori, mentre l’incremento della produzione di Russia, Azerbaijan, Angola ed Iraq ha in parte colmato queste riduzioni ma non ha impedito che il mercato restasse teso durante tutto il 2007. Esiste inoltre uno scarto crescente fra il tipo di petrolio richiesto dal mercato e quello di fatto prodotto dai giacimenti attualmente in produzione. La quantità disponibile sul mercato di petroli leggeri (tipo Brent) - preferiti dalle raffinerie per la loro più elevata resa in benzine e gasoli - è limitata e tende a ridursi mentre esiste maggiore disponibilità di greggi medi o pesanti, più difficili da lavorare se non in raffinerie più complesse e sofisticate, che producono prevalentemente oli combustibili da riscaldamento, di cui al momento esiste sovrapproduzione. Tale situazione spiega in parte la resistenza di paesi come l’Arabia Saudita o l’Iran ad aumentare la propria offerta, in ragione della difficoltà a vendere la gran parte dei greggi pesanti che costituiscono una parte cospicua della loro produzione. La produzione di gas naturale è cresciuta di pochi punti percentuali nel 2007, ma la crescita è avvenuta principalmente in Medio Oriente (Qatar), in Africa e in Cina, mentre declina irrimediabilmente la produzione nell’Unione Europea (Olanda, Regno Unito) che diviene sempre

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più dipendente dalle importazioni dalla Russia o da altri Paesi dell’ex Unione Sovietica. Le riserve di gas, principalmente situate in Medio Oriente ed in Russia, sono cresciute molto poco negli ultimi anni facendo scendere il rapporto riserve/produzione a 61 anni rispetto ai 68 anni nel 2000. La produzione di carbone è cresciuta negli ultimi anni in Cina e in India mentre nell’Unione Europea la produzione continua a contrarsi di oltre il 2% l’anno. Le riserve - collocate in quote equivalenti in tre aree: Nord America; Europa e Paesi ex URSS; Asia - ammontavano a fine 2007 a 847,5 Miliardi di tonnellate, sufficienti a coprire per 133 anni la produzione del 2007. La produzione di energia nucleare è diminuita del 2% nel 2007 dopo un incremento dell'1,3% dell'anno precedente. In totale nel 2007 sono stati prodotti 2748,9 TWh, di cui circa l'83,7% nei Paesi OCSE. La produzione nell'Unione Europea rappresenta circa il 40% del totale mondiale ma è diminuita negli ultimi due anni del 6,4% complessivamente. La produzione ha continuato a crescere nei Paesi non O.C.S.E.. La produzione di energia da fonti rinnovabili è cresciuta complessivamente del 4,7% nel 2006 e copre, nello stesso anno, il 18,6% della produzione elettrica: l’idroelettrico, che rappresenta nel 2006 l’89% del totale delle rinnovabili, è cresciuto del 4% rispetto al 2005. Percentualmente, pur rimanendo su valori ancora bassi, sono cresciute in misura molto maggiore le nuove fonti rinnovabili; nel corso del decennio 1996-2006 l’eolico cresce infatti di 11 volte e il solare di 6 volte. Nel quadro di un’offerta complessiva che stenta ad adeguarsi alla domanda di energia, il Rapporto 2008 dell’Agenzia Internazionale dell’Energia (A.I.E.) sulle prospettive delle tecnologie al 2050, nel prendere atto della continua crescita delle emissioni di gas serra, stima, nello scenario di Base (del tipo “business as usual”), entro il 2050, un incremento del 70% della domanda di petrolio e del 130% delle emissioni di CO2. Questo, naturalmente, in assenza di modificazioni delle politiche attualmente vigenti e senza particolari restrizioni per gli approvvigionamenti delle risorse. Secondo quanto indicato dal Comitato Intergovernativo sul Cambiamento Climatico (I.P.C.C.), una crescita di tale portata delle emissioni di CO2 potrebbe innalzare la media delle temperature mondiali di 6 °C, o forse più, con modificazioni rilevanti su tutti gli aspetti della vita e conseguenze irreversibili sull’ambiente. Deriva da qui, secondo l’A.I.E., la necessità di una vera e propria rivoluzione nel modo di produrre e consumare l’energia a livello mondiale che implichi il netto miglioramento dell’efficienza

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energetica, lo sviluppo delle tecnologie per le fonti rinnovabili, l’energia nucleare e la cattura e confinamento della CO2 e lo sviluppo di un sistema di trasporti a zero emissioni di carbonio. Nel suo rapporto l’A.I.E. presenta un’analisi approfondita della situazione attuale e futura delle tecnologie esistenti ed avanzate per un’energia pulita, illustrando anche, con un’analisi basata su differenti scenari, come un mix di queste tecnologie possa fare la differenza introducendo il concetto di “accelerazione tecnologica”. Nel rapporto sono presentati diversi gruppi di scenari. Gli “Scenari A.C.T.” mostrano come le emissioni di CO2 mondiali possono essere riportate, nel 2050, ai livelli attuali. Ancora più spinti sono gli “Scenari BLUE” che hanno come obiettivo una riduzione del 50% delle emissioni di CO2 nel medesimo arco temporale. Nella Figura 5 sono indicate le emissioni di CO2 nello scenario base e negli scenari di accelerazione tecnologica con riferimento alle percentuali di riduzione delle emissioni che corrispondono alle tecnologie adottate.

Figura 5 - Emissioni di CO2 al 2050 secondo lo scenario base e gli scenari di accelerazione tecnologica

La Figura 6, in cui sono sintetizzati i risultati dell’analisi dell’A.I.E., mostra come sia l’efficienza energetica, nelle diverse forme indicate, la voce che più incide nella riduzione delle emissioni (43%), seguita dalle rinnovabili (21%), dalla generazione con cattura e confinamento della CO2 (19%, indicata come C.C.C.), dalla sostituzione di combustibili nei settori di uso finale (11%) e dal nucleare (6%).

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Figura 6 - Incidenza percentuale delle tecnologie nella riduzione delle emissioni serra al 2050

In conclusione ricorrendo a tecnologie che già esistono, o che sono in una fase di sviluppo avanzato - scenario ACT Map -, le emissioni mondiali di CO2 raggiungono il loro picco tra il 2020 e il 2030 per essere poi riportate ai livelli attuali entro il 2050. Più impegnativo è il compito di ridurre le emissioni di CO2 al 2050 del 50% rispetto ai livelli attuali. Lo scenario BLUE, che fa riferimento a questo obiettivo, presuppone un netto cambio di direzione in tempi molto brevi. I costi non solo sono sostanzialmente più elevati, ma anche molto più incerti, perché si ipotizza la diffusione di tecnologie ancora in fase di sviluppo, il cui progresso e successo finale sono difficili da prevedere. Mentre gli scenari ACT richiedono un forte impegno, gli scenari BLUE richiedono una messa in atto urgente di politiche nuove e lungimiranti per il settore energetico, mai adottate sino ad ora. La figura di seguito riportata mostra come il costo marginale per l’abbattimento della CO2 al 2050 aumenti con l’incremento dell’obiettivo di riduzione dallo scenario ACT Map fino a raggiungere i più alti livelli del BLUE Map in funzione delle tecnologie adottate (da quelle per l’efficienza energetica negli usi finali ai carburanti alternativi per i trasporti).

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Figura 7- Costo marginale della riduzione di emissioni in funzione delle quantità evitate e delle tecnologie adottate

In Figura 8 sono indicate le tecnologie di generazione di energia adottate, in corrispondenza dei due scenari ACT Map e BLUE Map, con i relativi apporti di nuova capacità per anno.

Figura 8 – Tecnologie di generazione di energia adottate - scenari ACT Mape Blue Map

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3.2. IL G8 DEL 2009

Il Vertice G8 2009 si è svolto a l’Aquila dall’8 al 10 luglio; l’8 luglio i Leader G8 si sono incontrati per discutere di economia mondiale, sviluppo, cambiamento climatico e questioni politiche internazionali. Dal 9 luglio si sono uniti a loro Brasile, Cina, India, Messico e Sud Africa stabilendo un dialogo su un ampio raggio di temi globali. Anche l’Egitto e’ stato invitato a partecipare. Le discussioni sono poi proseguite con la partecipazione dei Capi delle Organizzazioni Internazionali; tutti gli altri membri del Major Economies Forum si sono poi uniti a loro per affrontare i temi del commercio e del cambiamento climatico. Nella sessione G8, i Leader hanno riconosciuto il punto di vista scientifico sulla necessità di mantenere l’aumento della temperatura globale al di sotto di due gradi rispetto ai livelli pre- industriali, e hanno concordato sull’obiettivo di lungo termine di ridurre le emissioni globali del 50% entro il 2050 e, come parte di ciò, su un obiettivo di riduzione dell’80% per i paesi sviluppati. Hanno inoltre concordato sulla necessità di intraprendere obiettivi di medio termine significativi conformi agli obiettivi di lungo termine, e di raggiungere il picco delle emissioni globali il più presto possibile. Il coinvolgimento attivo di tutti i principali paesi emettitori, attraverso azioni di mitigazione quantificate, e’ stato considerato come un requisito indispensabile per affrontare con successo i cambiamenti climatici. I Leader hanno discusso il ruolo delle tecnologie innovative e dei finanziamenti per i cambiamenti climatici, anche in riferimento al sostegno delle azioni di mitigazione delle emissioni nei paesi in via di sviluppo. Hanno evidenziato le necessità di adattamento dei paesi in via di sviluppo in termini di risorse, capacity building e sostegno istituzionale, soprattutto nei paesi più poveri e vulnerabili. I paesi G8 hanno adottato una dichiarazione articolata che ha predisposto un dibattito costruttivo con le economie emergenti il giorno successivo. Nella sessione più ampia, i 16 Leader del Foro delle Maggiori Economie su Energia e Clima, la Commissione Europea, la Svezia, la Danimarca e il Segretario Generale delle Nazioni Unite hanno definito un accordo sui temi più rilevanti dell’accordo di Copenhagen sul clima. I Leader di tutti i principali paesi emettitori hanno reiterato l’importanza di mantenere l’incremento della temperatura media globale entro 2 gradi Celsius, come riconosciuto dal G8, e hanno deciso di lavorare insieme, nei prossimi mesi fino alla Conferenza di Copenhagen, per identificare un obiettivo globale di riduzione significativa delle emissioni di lungo termine al 2050.

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I Leader hanno concordato sulla necessità che tutti i paesi intraprendano azioni appropriate di mitigazione delle emissioni a livello nazionale: i paesi sviluppati dovranno assumere tempestivamente significative riduzioni di medio termine, mentre i paesi in via di sviluppo intraprenderanno azioni per assicurare una significativa deviazione dei livelli di emissione rispetto allo scenario business as usual. E’ stato evidenziato il ruolo chiave delle maggiori economie nel promuovere l’innovazione e i Leader hanno lanciato una Partnership Globale per accelerare gli impegni. Si e’ trovato l’accordo sulla necessità di incrementare in modo significativo gli investimenti pubblici in ricerca e sviluppo, con l’obiettivo di raddoppiarli entro il 2015. Sottolineando il ruolo del settore privato e della cooperazione internazionale, i Leader si sono impegnati a creare incentivi per accelerare lo sviluppo, la diffusione e il trasferimento di tecnologie a basse emissioni di carbonio. Si è verificato un ampio consenso sulla necessità di incrementare i finanziamenti per il clima, sia da fonti pubbliche che private, anche tramite mercati del carbonio. I Leader hanno discusso meccanismi internazionali per i finanziamenti, con particolare attenzione alla proposta messicana per un Fondo Verde. I Leader G8 hanno adottato la Dichiarazione del Foro delle Maggiori Economie su Energia e Clima, ponendo le basi per la Conferenza di Copenhagen che si è tenuta nel dicembre 2009.

3.3. LA CONFERENZA O.N.U. DI COPENAGHEN DEL DICEMBRE 2009

La Conferenza sul clima di Copenaghen, che ha riunito i leader di oltre 192 paesi del mondo per decidere delle sorti del clima del pianeta, si è tenuta tra il sei e il diciotto dicembre del 2009. Gli oltre cento Capi di Stato e di Governo presentatisi all'appuntamento di Copenaghen hanno descritto come necessaria, improcrastinabile e prioritaria la battaglia contro il caos climatico fissando il limite dei 2 gradi di aumento entro la fine del secolo come la barriera da non superare per evitare il collasso degli ecosistemi indispensabili alla sopravvivenza dell'umanità. Tuttavia, malgrado le premesse, la Conferenza di Copenhagen, ha fatto registrare più ombre che luci nella definizione di un percorso comune di lotta ai cambiamenti climatici, concludendosi alla fine con un Accordo, stipulato nella notte tra il 18 e il 18 dicembre tra Usa, Cina, India e Sudafrica; rispetto al quale 185 Paesi su 192 si sono limitati semplicemente a "prenderne nota”.

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L’Accordo raggiunto a Copenaghen, sia pure con le riserve di cui sopra, è costituito da 12 punti che di seguito si descrivono in maniera più analitica. Il primo punto ribadisce ancora una volta “ la forte volontà politica di lottare con urgenza contro il cambiamento climatico in conformità con il principio delle responsabilità comuni ma differenziate e delle rispettive capacità. Al fine di raggiungere l'obiettivo ultimo della Convenzione, volto a stabilizzare la concentrazione di gas a effetto serra nell'atmosfera a un livello che eviti un'interferenza antropogenica pericolosa nel sistema climatico, rafforzeremo la nostra azione cooperativa di lungo termine per combattere il cambiamento climatico riconoscendo l'opinione scientifica secondo la quale l'aumento della temperatura mondiale dovrebbe essere inferiore ai 2 gradi centigradi, basandoci sul principio di equità e operando nel contesto dello sviluppo sostenibile. Siamo consci degli impatti critici del cambiamento climatico e degli impatti potenziali che le misure di contrasto hanno sui paesi particolarmente vulnerabili ai suoi effetti collaterali e ribadiamo la necessità di varare un ampio programma di adattamento che comprenda aiuti internazionali”. Il secondo punto ribadisce la ferma volontà di ridurre drasticamente le emissioni globali in coerenza con quanto sostenuto dal mondo scientifico e documentato nel Quarto Rapporto di valutazione I.P.C.C., al fine di contenere così l'aumento delle temperatura globale al di sotto dei 2 gradi centigradi. L’obiettivo è quello di una collaborazione efficace affinché il picco delle emissioni globali e nazionali venga raggiunto il più presto possibile, considerando ad ogni modo che i tempi per il raggiungimento del picco saranno più lunghi nei paesi in via di sviluppo, per i quali lo sviluppo economico e sociale e l'eliminazione della povertà hanno la massima priorità, e che una strategia per lo sviluppo con bassi livelli di emissione è indispensabile per lo sviluppo sostenibile. Il terzo punto mira a promuovere una più forte azione e collaborazione internazionale in materia di adattamento per garantire l'attuazione della Convenzione facilitando e sostenendo le azioni volte a ridurre la vulnerabilità e potenziare le difese nei paesi in via di sviluppo, in particolare in quelli meno sviluppati,quali i piccoli Stati insulari in via di sviluppo e l'Africa. I Paesi sviluppati dovranno fornire risorse finanziarie, tecnologie e strumenti di rafforzamento delle capacità adeguati, prevedibili e sostenibili per determinare l'attuazione delle misure di adattamento nei Paesi in via di sviluppo. Il quarto punto infatti ribadisce come le Parti dell'Allegato I si impegnino ad attuare, individualmente o congiuntamente, obiettivi quantificati di riduzione delle emissioni per il 2020; le

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Parti dell'Allegato I aderenti al Protocollo di Kyoto rafforzeranno ulteriormente i tagli alle emissioni promossi da tale Protocollo. L'attuazione effettiva della riduzione delle emissioni nonché l'erogazione dei relativi finanziamenti da parte dei paesi sviluppati dovrà essere misurata, riferita e verificata conformemente alle direttive vigenti e a quelle eventualmente approvate dalla Conferenza delle Parti, e la revisione di tali obiettivi e finanziamenti dovrà essere rigorosa, vigorosa e trasparente. Il quinto punto si riferisce alle Parti non appartenenti all'Allegato I della Convenzione; queste ultime dovranno mettere in atto misure di mitigazione, comprese quelle che saranno sottoposte al segretariato dalle Parti non Allegato I nel formato previsto nell'Appendice II entro il 31 gennaio 2010. I paesi meno sviluppati e i piccoli paesi insulari in via di sviluppo potranno adottare misure su base volontaria e in base al sostegno disponibile. Il sesto punto verte sul riconoscimento dell’importanza cruciale della riduzione delle emissioni da deforestazione e degrado delle foreste e sulla necessità di promuovere l'eliminazione delle emissioni di gas serra attraverso le foreste, attraverso la determinazione di incentivi positivi a tali azioni con l'immediata istituzione di un meccanismo che includa la riduzione delle emissioni di cui sopra (REDD-plus), per permettere la mobilitazione di risorse finanziarie da parte di paesi sviluppati. Nel settimo punto si manifesta la volontà di aiutare i paesi in via di sviluppo, specialmente quelli con economie a basso tenore di emissioni, attraverso incentivi di vario genere nel proseguire il proprio sviluppo sulla via delle basse emissioni. Il punto otto infatti dispone che ai paesi in via di sviluppo debbano essere forniti finanziamenti nuovi, aggiuntivi, maggiorati, prevedibili e adeguati nonché un migliore accesso ai finanziamenti stessi, in conformità con le relative disposizioni della Convenzione, al fine di rendere possibili e sostenere più efficaci misure di mitigazione, ivi inclusi adeguati finanziamenti per la riduzione delle emissioni da deforestazione e degrado delle foreste, adattamento, sviluppo e trasferimento di tecnologie e rafforzamento delle capacità, ai fini dell'efficace attuazione della Convenzione. L'impegno collettivo dei paesi sviluppati prevede che essi forniscano risorse nuove e aggiuntive, inclusi foreste e investimenti tramite istituti internazionali, per arrivare alla cifra di 30 miliardi di dollari statunitensi per il periodo 2010-2012 con una distribuzione equilibrata tra adattamento e mitigazione. I finanziamenti per l'adattamento saranno assegnati in via prioritaria ai paesi in via di sviluppo più vulnerabili, come i paesi meno sviluppati, i piccoli paesi insulari in via di sviluppo e l'Africa. Ai fini di significative azioni di mitigazione e di un'attuazione trasparente, i paesi

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sviluppati si impegneranno a favore dell'obiettivo di mobilitare congiuntamente 100 miliardi di dollari statunitensi all'anno entro il 2020 per far fronte alle esigenze dei paesi in via di sviluppo. Tali finanziamenti deriveranno da un'ampia gamma di fonti, pubbliche e private, bilaterali e multilaterali, ivi incluse fonti di finanziamento alternative. Nuovi finanziamenti multilaterali destinati all'adattamento saranno forniti attraverso validi ed efficienti sistemi di fondi, e una struttura governativa assicurerà uguale rappresentanza ai paesi sviluppati e in via di sviluppo. Una percentuale significativa di tali fondi dovrebbe provenire dal Copenhagen Green Climate Fund. Il nono punto, a tal fine, promuove l’istituzione di un High Level Panel posto sotto la guida della Conferenza delle Parti, atto a studiare il contributo delle potenziali fonti di reddito, incluse le fonti di finanziamento alternative, per il raggiungimento di tale obiettivo. Il punto dieci stabilisce che “il Copenhagen Green Climate Fund sarà istituito come entità operativa del meccanismo finanziario della Convenzione al fine di sostenere progetti, programmi, politiche ed altre attività in paesi in via di sviluppo in materia di mitigazione, ivi inclusi REDD-plus, adattamento, rafforzamento delle capacità, messa a punto e trasferimento di tecnologie”. Al fine di rafforzare le iniziative in materia di messa a punto e trasferimento di tecnologie, il punto undici istituisce un “Meccanismo per le tecnologie, volto ad accelerare la messa a punto e il trasferimento di tecnologie a sostegno delle misure di mitigazione e adattamento, che saranno guidate da un approccio stabilito dal singolo paese e basate su circostanze e priorità nazionali”. Il punto dodici definisce una valutazione dell'attuazione dell’Accordo in oggetto, da completare entro il 2015, anche alla luce dell'obiettivo ultimo della Convenzione. Ciò includerebbe l'ipotesi del rafforzamento dell'obiettivo di lungo periodo facendo riferimento a diversi dati presentati dal mondo scientifico, anche in relazione all'aumento della temperatura di 1,5 gradi centigradi.

3.4. L’EUROPA

L'Unione Europea manifesta una forte dipendenza dalle importazioni di idrocarburi; ove dovessero mantenersi le tendenze attuali la sua dipendenza dalle importazioni di energia passerebbe dal 50% del consumo energetico totale attuale al 65% nel 2030. La dipendenza dalle importazioni di gas dovrebbe aumentare dal 57% all'84% entro il 2030; quella dalle importazioni di petrolio dall'82% al 93%. Questa dipendenza comporta rischi politici ed economici in quanto la pressione sulle risorse energetiche mondiali è particolarmente forte.

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Recentemente si è intensificato il dibattito europeo sugli obiettivi e gli strumenti delle politiche energetiche. È cresciuta, infatti, la preoccupazione per gli alti prezzi del petrolio e del gas naturale, per la dipendenza dei paesi dell’Unione europea dalle importazioni di idrocarburi provenienti da un numero limitato di paesi e per il riscaldamento del pianeta. Per far fronte a queste sfide, l’U.E. ha avanzato numerose proposte che convergono nella strategia cosiddetta del “20-20-20” che di seguito si espliciterà meglio: • riduzione del 20% delle emissioni di CO2 rispetto ai livelli del 1990; • aumento dell’efficienza energetica pari al 20% del consumo totale di energia; • incremento della quota del consumo energetico proveniente dalle energie rinnovabili fino al 20% del totale. Benché questi obiettivi siano stati riaffermati dal Consiglio Europeo dell’11- 12 dicembre 2008, l’attuale crisi economica mondiale, il recente calo del prezzo del petrolio e le rinnovate tensioni tra Russia e Ucraina sulle forniture di gas potrebbero indurre l’UE, già nei prossimi mesi, a rivedere alcuni aspetti della sua politica energetica. Per garantire la sicurezza degli approvvigionamenti, l’Unione Europea agisce su due fronti, uno interno e l’altro esterno. Sul piano interno, l’U.E. ha adottato una serie di misure volte a contenere la domanda di energia – favorendo il risparmio e l’efficienza energetica – e a sviluppare l’offerta interna in particolare attraverso le fonti rinnovabili. I risultati, tuttavia, non sembrano per ora in linea con le ambizioni. Sul piano esterno, l’Unione punta ad una diversificazione delle forniture con l’obiettivo di ridurre la dipendenza di molti Stati membri da un unico produttore, la Russia (ciò vale soprattutto per le forniture di gas). Tuttavia, la tendenza degli stati membri a privilegiare i rapporti bilaterali con i paesi fornitori di energia limita la capacità d’azione dell’Unione. Le difficoltà che l’U.E. incontra nel dotarsi di una politica energetica comune dipendono anche dall’assenza di un autentico mercato unico dell’energia. La Commissione ha fatto numerosi sforzi in questo senso, concentrandosi in particolare sul problema della separazione delle attività di produzione da quelle di distribuzione (il c.d. unbundling). Le sue proposte hanno però incontrato la forte resistenza di alcuni stati membri, soprattutto Francia e Germania, che spingono per soluzione meno drastiche. Le politiche energetiche europee sono legate alle politiche ambientali a filo doppio. L’Unione sostiene con forza la necessità di introdurre limiti vincolanti alle emissioni di CO2 anche senza analoghi impegni da parte di altri paesi produttori di gas inquinanti. Essa ha però incontrato

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crescenti difficoltà a conciliare le sue alte ambizioni in tema ambientale con le esigenze di crescita dell’industria europea, lamentando il rischio di perdere competitività a vantaggio di industrie di altri paesi su cui non gravano restrizioni simili. La grave crisi economica in corso, riducendo i margini di investimento delle imprese, ha ulteriormente complicato le cose. L’accordo raggiunto al vertice europeo dell’11-12 dicembre 2008, che lascia ampie concessioni all’industria per quanto riguarda le emissioni, riflette queste difficoltà. Esso tuttavia dimostra anche della volontà dell’U.E. di mantenere un alto profilo internazionale nel contrasto ai cambiamenti climatici; nell'ambito del Consiglio Europeo del 19 e 20 marzo 2009, i Paesi membri hanno ribadito che la sicurezza energetica costituisce una priorità fondamentale da incentivare rafforzando l'efficienza energetica, diversificando i fornitori, le fonti e le rotte di approvvigionamento di energia e promuovendo gli interessi energetici dell'Unione nei confronti dei paesi terzi. Al fine di conseguire gli obiettivi della sicurezza energetica, l'U.E. collettivamente e ciascuno degli Stati membri devono essere preparati ad abbinare solidarietà e responsabilità. In tale ottica, il Consiglio europeo ha approvato le iniziative generali stabilite nel secondo riesame strategico della politica energetica e ulteriormente affinate nelle conclusioni del Consiglio T.T.E. (Trasporti, telecomunicazioni ed energia) del 19 febbraio 2009. In particolare, si è deciso quanto segue: 1. Implementazione delle infrastrutture e delle interconnessioni energetiche: a tal fine, la Commissione Europea, in cooperazione con gli Stati membri, dovrà presentare celermente gli interventi particolareggiati necessari per realizzare le priorità individuate nel riesame strategico della politica energetica. Tale documento insiste in particolare su cinque priorità: a. fabbisogno di infrastrutture e diversificazione degli approvvigionamenti energetici; b. relazioni esterne nel settore energetico; c. scorte di gas e petrolio e meccanismi anticrisi; d. efficienza energetica; e. uso ottimale delle risorse energetiche endogene dell'UE. 2. Istituzione di meccanismi anticrisi adeguati all’unione Europea, mostratisi necessari ad esempio nella recente crisi del gas, nonché l’attivazione di garanzie chiare da parte dei fornitori e dei partner di transito circa il fatto che gli approvvigionamenti non dovranno essere interrotti. 3. Promozione dell'efficienza energetica per fornire un contributo importante alla sicurezza energetica. A tal fine sarebbe opportuna entro la fine del 2009 l’approvazione da parte del Consiglio delle proposte contenute nel Pacchetto sull'efficienza energetica.

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4. Realizzazione di un mercato energetico interno efficiente, liberalizzato e ben collegato che costituisca condizione preliminare di un'efficiente politica di sicurezza energetica. Il Consiglio ed il Parlamento Europeo dovranno pertanto concludere un accordo sul terzo pacchetto per il mercato interno dell'energia, prima della sospensione delle attività parlamentari. 5. Diversificazione delle fonti, dei combustibili e delle rotte dell'approvvigionamento energetico,. 6. Promozione dell’uso ottimale delle proprie risorse energetiche inclusi le energie rinnovabili, i combustibili fossili e, nei paesi che operano tale scelta, l'energia nucleare. In previsione della Conferenza di Copenaghen tenutasi nel dicembre 2009, come già indicato, la Conferenza di Poznan delle Nazioni Unite (1-12 dicembre 2008) si è posta l' obiettivo generale di verificare i progressi compiuti nel corso del 2008 nella costruzione di un percorso condiviso che entro il 2009 – potesse portare ad un accordo che includesse tutti i principali paesi emettitori di gas ad effetto serra, in vista della prima scadenza di Kyoto prevista per il 2012. Nello specifico, la Conferenza ha perseguito i seguenti obiettivi: • trovare accordo su un piano di azione e programmi di lavoro per l’ultimo anno dei negoziati; • registrare progressi significativi su una serie di punti chiave necessari a rafforzare la Convenzione e il protocollo di Kyoto tra cui: la “capacity-building” dei paesi in via di sviluppo, la riduzione delle emissioni provocate dalla deforestazione, il trasferimento tecnologico, l’adattamento; • rafforzare la consapevolezza e la necessità di una visione condivisa per un nuovo contesto di cambiamento climatico; • rafforzare l’impegno per giungere a un accordo entro i tempi previsti. A Poznan sono state adottate decisioni che rafforzano il processo negoziale istituito con la Roadmap definita nella Conferenza di Bali (1-13 dicembre 2007). Gli elementi costitutivi principali del piano d’azione di Bali sono: mitigazione, adattamento, sviluppo e trasferimento di tecnologie eco-compatibili, risorse finanziarie. La Roadmap definisce una chiara ed articolata agenda per i negoziati, in connessione con i lavori del’I.P.C.C. (il Comitato scientifico intergovernativo dell’O.N.U. che si occupa di cambiamenti climatici). Sono stati definiti accordi anche per l’avvio di un Fondo per l’adattamento ai cambiamenti climatici nei paesi in via di sviluppo, sul trasferimento delle tecnologie, sulla deforestazione e sul mercato del carbonio.

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Per quanto concerne le politiche di mitigazione dei cambiamenti climatici le linee generali dell’accordo prevedono che: • i paesi sviluppati assumano impegni o realizzino azioni appropriate, compresa la quantificazione delle limitazioni e delle riduzioni delle emissioni, tenendo conto delle singole specificità nazionali; • i paesi in via di sviluppo realizzino azioni appropriate di mitigazione nel contesto dello sviluppo sostenibile e con il supporto delle tecnologie e dei meccanismi finanziari; • siano sviluppati meccanismi di mercato per sostenere le politiche di mitigazione; • siano incoraggiati gli organismi multilaterali e le cooperazioni pubblico privato nelle azioni di mitigazione. Per sostenere le politiche di adattamento ai cambiamenti climatici, e in particolare le misure necessarie ad affrontare le conseguenze dei fenomeni estremi, è stato deciso di istituire un Fondo per l’adattamento per i paesi in via di sviluppo alimentato da un’imposta sul Clean Development Mechanism (uno dei meccanismi flessibili previsti dal Protocollo di Kyoto che permette ai paesi sviluppati con vincoli di emissione di realizzare progetti che mirano alla riduzione delle emissioni di gas serra nei paesi in via di sviluppo senza vincoli di emissione, ottenendo in cambio crediti di emissione da utilizzare per raggiungere il proprio livello di riduzione da impiegare sul mercato delle emissioni). Sono state decise inoltre le modalità di funzionamento e gestione del Fondo che sarà inizialmente coordinato dal G.E.F. (Global Environment Facility) e diventerà operativo agli inizi del primo periodo del Protocollo di Kyoto (2008-2012). Sulle tecnologie c’è stato un accordo su un ambizioso programma di lavoro che copre sia la mitigazione che l’adattamento e che prevede un’accelerazione degli investimenti in tecnologie eco- compatibili e per il loro trasferimento nei paesi meno sviluppati. Riguardo alla deforestazione, l’accordo di Bali apre la strada all’istituzione di incentivi per ridurre le emissioni provocate dalla deforestazione tropicale e dalla degradazione delle foreste, con l’obiettivo di definire un quadro generale di regole approvato dalle Nazioni Unite. La Conferenza di Bali ha deciso di riconoscere il Quarto Rapporto di Valutazione dell’IPCC come la più esaustiva e autorevole valutazione dei cambiamenti climatici attualmente disponibile, ed esorta le Parti a fare uso delle informazioni in esso contenute, anche ai fini dei negoziati sulle future azioni relative ai cambiamenti climatici. Per la prima volta è stata considerata la possibilità di

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includere i progetti di CCS (cattura e stoccaggio dell’anidride carbonica) come attività di Clean Development Mechanism. Già nel Libro Bianco del 1996 la Comunità Europea fissava gli obiettivi fondamentali di politica energetica comunitaria. In particolare venivano menzionate: • la sicurezza dell’approvvigionamento, la diversificazione delle fonti e la dipendenza energetica; • l’apertura del mercato dell’energia e la competitività delle fonti; • il miglioramento dell’efficienza energetica o sviluppo delle fonti rinnovabili; • la tutela dell’ambiente e gli obiettivi di riduzione dei gas serra. Pietra miliare della politica ambientale ed energetica nel mondo è certamente il Protocollo di Kyoto (1997) che prefigura l’impegno, da parte dei principali Paesi del mondo, alla riduzione delle emissioni globali di sei gas, ritenuti responsabili di una delle cause del riscaldamento del pianeta, primo tra tutti l’anidride carbonica (CO2). Gli altri gas interessati sono il metano (CH4), l’ossido di azoto (N2O), l’esafluoruro di zolfo (SF6), gli idrofluorocarburi (HFCs) e i perfluorocarburi (PFCs). Con il termine “Protocollo di Kyoto” dunque si intende l’accordo internazionale sottoscritto il 7 dicembre 1997 da oltre 160 paesi partecipanti alla terza sessione della Conferenza delle Parti della Convenzione sui cambiamenti climatici (U.N.F.C.C.C.). Il Protocollo di Kyoto impegna i Paesi industrializzati ed i Paesi con economia in transizione a ridurre del 5,2%, rispetto ai livelli del 1990, le emissioni di gas in grado di alterare l’effetto serra del pianeta entro il 2012. Il Protocollo non prevede infatti vincoli alle emissioni per tutti i paesi firmatari (oltre 160), ma solo per quelli compresi nell’elenco riportato nell’Annex I: una lista di 39 paesi che include i paesi OCSE e quelli con economie in transizione verso il mercato. Tale scelta è stata operata in attuazione del principio di “responsabilità comune ma differenziata” secondo il quale, nel controllo delle emissioni i paesi industrializzati si fanno carico di maggiori responsabilità, in considerazione dei bisogni di sviluppo economico dei PVS. Per quanto riguarda l’onere del 5,2%, esso è stato ripartito fra i Paesi dell’Annex I in maniera non uniforme, in considerazione del grado di sviluppo industriale, del reddito e dei livelli di efficienza energetica. In base all’accordo le riduzioni dovranno essere conseguite nelle seguenti misure percentuali: Protocollo di Kyoto Riduzione (entro il 2008-2012) dei Impegni assunti gas serra rispetto ai livelli del 1990

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Stati membri UE 8% USA 7% Giappone 6% Canada 6% Totale paesi Annex I 5,2%

Il Protocollo di Kyoto riconosce all’Unione Europea, che ha provveduto a ratificarlo in data 31 maggio 2002, la facoltà di ridistribuire tra i suoi Stati membri gli obiettivi ad essa imposti, a condizione che rimanga invariato il risultato finale. Con la Decisione politica nota come accordo sulla ripartizione degli oneri (raggiunto nel Consiglio Ambiente del 16-17 giugno 1998) sono state fissate le seguenti percentuali di riduzione:

Il Protocollo è diventato vincolante a livello internazionale il 16 febbraio 2005 in seguito al deposito dello strumento di ratifica da parte della Russia . E’ da ricordare, infatti, che l’art. 24 del Protocollo ne ha previsto l’entrata in vigore 90 giorni dopo la ratifica da parte di almeno 55 paesi firmatari della Convenzione, comprendenti un numero di paesi dell’Annex I a cui sia riferibile almeno il 55% delle emissioni calcolate al 1990. Più recentemente un Piano di azione globale in materia di energia è quello che il Consiglio Europeo dell’8-9 marzo 2007 ha approvato per il periodo 2007-2009, sulla base della comunicazione “Una politica energetica per l’Europa” (COM(2007)1), presentata dalla Commissione il 10 gennaio 2007. Esso comprendeva un insieme di azioni prioritarie finalizzate al raggiungimento dei tre obiettivi della politica energetica europea, già prospettati nel Libro Verde sull’energia presentato dalla Commissione nel marzo 2006: • aumentare la sicurezza dell'approvvigionamento; • garantire la competitività delle economie europee e la disponibilità di energia a prezzi accessibili;

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• promuovere la sostenibilità ambientale e lottare contro i cambiamenti climatici. L’ obiettivo strategico per la politica energetica europea è di ridurre almeno del 20%, entro il 2020, le emissioni di gas serra derivanti dal consumo di energia nell’U.E. rispetto ai livelli del 1990, all’interno di un’azione internazionale volta a raggiungere l’obiettivo di ridurre del 30 % le emissioni di gas serra a livello globale, di cui l’U.E. deve farsi promotrice. Il piano d’azione, tra l’altro, ha stabilito obiettivi quantificati come altamente ambiziosi in materia di efficienza energetica, di energie rinnovabili e di uso dei biocarburanti e, in particolare: • ha sottolineato la necessità di aumentare l'efficienza energetica nell'U.E. in modo da raggiungere l'obiettivo di risparmio dei consumi energetici dell'U.E. del 20% rispetto alle proiezioni per il 2020; • ha adottato un obiettivo vincolante che prevede una quota del 20% di energie rinnovabili nel totale dei consumi energetici dell'UE entro il 2020; • ha adottato un obiettivo vincolante che prevede una quota minima del 10% per i biocarburanti nel totale dei consumi di benzina e gasolio per autotrazione dell'U.E. entro il 2020. Il 19 settembre 2007 la Commissione ha presentato un pacchetto (terzo pacchetto energia) di misure volte a realizzare pienamente l’apertura del mercato dell’energia nei settori dell’elettricità e del gas completando la normativa esistente. Nello specifico si tratta di: • una proposta di regolamento che istituisce un'Agenzia per la cooperazione fra i regolatori nazionali dell'energia (CO.M.(2007)530); • una proposta di direttiva che modifica la direttiva 2003/54/CE relativa a norme comuni per il mercato interno dell'energia elettrica (C.O.M.(2007)528); • una proposta di regolamento che modifica il regolamento (C.E.) n. 1228/2003 relativo alle condizioni di accesso alla rete per gli scambi transfrontalieri di energia elettrica (C.O.M.(2007)531); • una proposta di direttiva che modifica la direttiva 2003/55/CE relativa a norme comuni per il mercato interno del gas naturale (C.O.M.(2007)529); • una proposta di regolamento che modifica il regolamento (CE) n. 1775/2005 relativo alle condizioni di accesso alle reti di trasporto del gas naturale (C.O.M.(2007)532). Le proposte della Commissione hanno riguardato essenzialmente i seguenti aspetti:

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1. la disaggregazione delle attività di produzione/distribuzione dell’energia e della proprietà delle reti di trasporto (unbundling); 2. misure di salvaguardia volte ad assicurare il rispetto delle norme U.E. nell'ipotesi in cui le imprese di paesi terzi vogliano acquisire un interesse significativo o il controllo su una rete dell'U.E.; 3. il rafforzamento dei poteri e indipendenza delle autorità di regolamentazione nazionali negli Stati membri; 4. la creazione di un'Agenzia di cooperazione delle autorità di regolamentazione nazionali nel settore dell'energia; 5. la realizzazione di una sorta di rete degli operatori europei dei sistemi di trasmissione europea; 6. il miglioramento del quadro legislativo, così da facilitare l’accesso dei terzi alle infrastrutture chiave, aumentare la trasparenza sul mercato, sviluppare l’integrazione del mercato e migliorare l’accesso dei clienti al dettaglio; 7. la promozione della solidarietà regionale e bilaterale in caso di minacce per la sicurezza dell’approvvigionamento energetico. Il 22 novembre 2007 la Commissione ha presentato un Piano strategico europeo per le tecnologie energetiche teso ad accelerare lo sviluppo e l’impiego diffuso di tecnologie a bassa emissione di carbonio attraverso la predisposizione di un nuovo ed ampio programma di ricerca nel campo energetico. In particolare, la Commissione ha proposto un nuovo modello di cooperazione che consentisse di sfruttare il potenziale degli interventi pubblici, dell’industria europea e dei ricercatori a livello degli Stati membri, comunitario nonché a livello globale. A tale scopo, il piano S.E.T. della Commissione ha proposto , tra l’altro di: • creare di un gruppo di pilotaggio sulle tecnologie energetiche strategiche, all’inizio del 2008, che definisca priorità e azioni nel settore della ricerca energetica; • lanciare, a partire dal 2008, una serie di nuove iniziative industriali europee nei seguenti settori prioritari: energia eolica; energia solare; bioenergia; cattura, trasporto e stoccaggio di CO2; rete elettrica intelligente; fissione nucleare sostenibile; • istituire un’alleanza europea per la ricerca nel settore dell’energia anche avvalendosi del ruolo che potrà svolgere l’Istituto europeo di tecnologia; • aumentare gli investimenti ed ampliare la base delle risorse umane;

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• promuovere in modo rafforzato la cooperazione internazionale per una piena attuazione del piano S.E.T.. Il Consiglio Energia del 28 febbraio 2008 ha approvato le conclusioni sul Piano strategico europeo per le tecnologie energetiche (piano S.E.T.) accogliendo con favore la comunicazione della Commissione. Il 23 gennaio 2008 la Commissione ha presentato un pacchetto (pacchetto climaenergia) di proposte nel settore dell'energia e della lotta ai cambiamenti climatici. Le proposte sono state tese a modificare la struttura del consumo energetico da parte degli Stati membri privilegiando le fonti di energia meno inquinanti, secondo quanto previsto dal piano d’azione per una politica energetica europea e dalla strategia europea per la lotta ai cambiamenti climatici, approvati dal Consiglio europeo del marzo 2007. Il pacchetto di proposte della Commissione comprende: • una proposta di direttiva che modifica quella precedente in relazione al sistema comunitario di scambio delle quote di emissione; • una proposta di decisione relativa alla ripartizione degli sforzi da intraprendere per adempiere all’impegno comunitario a ridurre unilateralmente le emissioni di gas serra in settori non rientranti nel sistema E.T.S. (come i trasporti, l’edilizia, l’agricoltura e i rifiuti); • una proposta di direttiva sulla promozione delle energie rinnovabili, concernente anche l'utilizzo dei biocarburanti, per contribuire a conseguire entrambi gli obiettivi di riduzione delle emissioni sopra indicati; • una proposta di direttiva relativa alla disciplina giuridica della cattura e dello stoccaggio del carbonio, accompagnata da una comunicazione sulle attività di dimostrazione in materia di cattura e stoccaggio del carbonio; • la nuova disciplina comunitaria degli aiuti di Stato per la tutela ambientale. Il Consiglio europeo del 13 e 14 marzo 2008, nelle sue Conclusioni, ha espresso la sua determinazione a mantenere gli impegni assunti nel piano d’azione in materia di clima e di energia approvato dal Consiglio europeo del marzo 2007. In particolare, il Consiglio europeo ha ritenuto che l'ambizioso pacchetto di proposte presentato dalla Commissione per attuare il Piano d’Azione rappresentasse un eccellente punto di partenza ed una buona base di discussione in vista di un accordo su tali proposte, in forma di pacchetto coerente, da raggiungere prima della fine del 2008 in modo da consentirne l'adozione nel 2009.

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Nel programma legislativo e di lavoro per il 2008 la Commissione ha inserito, tra le sue priorità, l’impegno a precisare le proposte presentate nel quadro del piano d’azione in materia di politica energetica europea per il periodo 2007-2009, approvato dal Consiglio Europeo del marzo 2007, in particolare, per ciò che riguarda gli obiettivi in materia di gas a effetto serra e di energie rinnovabili, nonché di radicale cambiamento nel settore delle tecnologie energetiche. Nella Gazzetta Ufficiale dell'Unione Europea del 5 giugno 2009 è stato pubblicato il Pacchetto clima-energia rivolto al raggiungimento degli obiettivi europei al 2020. Con l'entrata in vigore del Pacchetto, nei 20 mesi successivi alla pubblicazione in Gazzetta, gli Stati membri si sono impegnati a recepire le Direttive nei propri ordinamenti. La Direttiva 2009/28/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 23 aprile 2009 sulla “promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili, recante modifica e successiva abrogazione delle direttive 2001/77/CE e 2003/30/CE sulla promozione dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili” dovrà essere recepita entro il 5 dicembre 2010. In particolare, la Direttiva prevede il controllo del consumo di energia europeo ed il maggiore ricorso all'energia da fonti rinnovabili, congiuntamente ai risparmi energetici e ad un aumento dell'efficienza energetica. I 27 Stati membri, in base a tale Direttiva, dovranno raggiungere, come già ribadito, tutti l’obiettivo obbligatorio del 20% di energia da fonti rinnovabili sul consumo di energia complessivo della Comunità entro il 2020. A Bruxelles dunque si sono discusse e vergate anche le istruzioni per l'uso su come redigere il Programma nazionale, che dovrà essere presentato alla Commissione Europea al massimo entro il 30 giugno 2010, infatti, la CE il 30 giugno 2009 ha approvato un modello comune per guidare gli Stati Membri alla delineazione dei Piani Nazionali per le Energie Rinnovabili. Il modello adottato dalla Commissione Europea aiuterà gli Stati Membri ad elaborare dei piani attendibili; definendo obiettivi obbligatori riguardanti la parte delle fonti di energie rinnovabili nel 2020, l’UE ha dato un segnale forte che alimenta la fiducia degli investitori nelle tecnologie ecologiche che si basano sulle energie rinnovabili. Mentre i Piani di azione nazionali contribuiranno a stabilizzare ancora di più il clima degli investimenti, il modello adottato ad oggi dalla Commissione aiuterà gli Stati membri ad elaborare dei Piani affidabili, il che in seguito aiuterà l’UE a raggiungere i suoi obiettivi nel tempo giusto, ha sottolineato il Commissario europeo per l’energia, Andris Piebalgs.

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Il modello, nel quale sono presentate le metodologie e le terminologie che dovranno essere utilizzate nei piani d'azione nazionali, consente di precisare e delineare le misure di facilitazioni da adottare per i vari paesi, la revisione delle procedure amministrative, i codici del settore edilizio, l'informazione, la formazione e la qualificazione di personale specializzato in rinnovabili, lo sviluppo e la disponibilità delle infrastrutture energetiche, oltre alle misure di aiuto e flessibilità. I N.R.E.A.P. (National Renewable Energy Action Plan) dovranno essere presentati alla Commissione U.E. entro il 30 giugno 2010. Il 24 luglio 2009 infine, la Commissione Europea ha presentato una comunicazione relativa al riesame 2009 della strategia U.E. per lo sviluppo sostenibile (C.O.M.(2009)400). Adottata dal Consiglio europeo nel 2006 e sottoposta ad un primo riesame nel 2007 (C.O.M.(2007)642), essa si prefigge di integrare la strategia per lo sviluppo sostenibile con la strategia di Lisbona e con le altre strategie trasversali dell’U.E., in primo luogo la politica climatica. La Commissione sottolinea che la crisi economica in atto può costituire un’occasione per accelerare il passaggio ad un’economia più compatibile con l’ambiente che riduca le emissioni di carbonio e migliori l’efficienza energetica attraverso un uso razionale delle risorse. Il Consiglio europeo informale del 17 settembre 2009, nelle sue conclusioni, ha raccomandato al vertice del G20, che si è svolto Pittsburgh il 24-25 settembre 2009, di riorientare le politiche di bilancio gradualmente verso la sostenibilità e indica nell’elaborazione di una Carta dell’attività economica sostenibile basata sui principi di responsabilità, sostenibilità e trasparenza uno degli strumenti possibili per avviare il mondo verso una ripresa sostenibile. La comunicazione “Integrare lo sviluppo sostenibile nelle politiche dell’U.E.: riesame 2009 della strategia dell’Unione europea per lo sviluppo sostenibile” valuta i progressi realizzati rispetto al primo riesame dell’ottobre 2007 evidenziando alcune questioni su cui l'U.E. deve intensificare i suoi sforzi, in particolare: la rapida crescita della domanda di risorse naturali, la diminuzione della biodiversità, l’aumento del consumo di energia nel settore dei trasporti, la povertà globale. In tale contesto, la Commissione propone, tra l’altro, di: • predisporre un quadro di valutazione dello sviluppo sostenibile completando, ad esempio, gli indi-catori di sviluppo sostenibile; • concentrarsi in particolare sugli obiettivi a lungo termine dell'UE nei settori chiave, al fine di accelerare il passaggio ad un'economia a basse emissioni di carbonio e a basso uso di fattori produttivi, basata sull'energia e su tecnologie che consentano un uso razionale delle risorse;

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• tenere conto della dimensione esterna dello sviluppo sostenibile, per la quale i cambiamenti climatici e l'energia dovrebbero rimanere settori prioritari, così come il conseguimento degli obiettivi di sviluppo del millennio. Il Consiglio europeo informale del 17 settembre 2009, nelle sue conclu-sioni, ha fatto proprie le proposte della Commissione (C.O.M.(2009)475) per il sostegno internazionale agli sforzi di mitigazione climatica delle economie più deboli che, in base alle stime della Commissione europea, potrebbe raggiungere circa 100 miliardi di euro l'anno entro il 2020. La Commissione calcola che il contributo dell’UE potrebbe variare dal 10% circa (se si applicasse esclusivamente un criterio di responsabilità delle emissioni) al 30% circa (se prevalesse il criterio di capacità contributiva ovvero il P.I.L.) che corrisponderebbe ad un impegno variabile tra 0,5-2,1 miliardi di euro nel biennio 2010- 2012, e da 0,9-3,9 miliardi di euro l’anno a 2-15 miliardi tra il 2013 e il 2020. Il Consi-glio europeo propone, inoltre, al G20 di riconoscere la necessità di un sostegno internazionale pubblico per affrontare i bisogni urgenti di adattamento che, secondo la Commissione, richiederebbero circa 5- 7 miliardi di euro l'anno nel periodo 2010-2012; • utilizzare i meccanismi della strategia di Lisbona anche per sorvegliare l'attuazione della strate-gia dell'U.E. per lo sviluppo sostenibile attraverso strumenti di misurazione (indicatori, orientamenti), parametri di riferimento (confronto tra i risultati dei singoli Stati membri) e la possibilità di riprodurre e promuovere le migliori pratiche. Il riesame 2009 sarà completato da una relazione Eurostat basata sugli indicatori di sviluppo sostenibile dell'UE, che sarà pubblicata nell'autunno 2009. Sulla base di tali documenti e di un parere esplorativo sul futuro della strategia dell'U.E. per lo sviluppo sostenibile che il Comitato economico e sociale dovrebbe presentare entro l'autunno 2009 e del contributo delle parti interessate, la Commissione deciderà se avviare un riesame globale della strategia dell'UE per lo sviluppo sostenibile al fine di razionalizzarla ulteriormente, specificarne il suo ruolo nella definizione delle politiche dell'U.E., incentrandola sui settori in cui i progressi sono più necessari e migliorandone la governance. La Commissione pone in evidenza il ruolo di primo piano assunto dall’U.E. nella lotta globale ai cambiamenti climatici, in particolare con l’impegno affinché nel dicembre 2009 si raggiunga a Copenhagen un accordo internazionale sul clima che consenta di conseguire l’obiettivo di ridurre le emissioni planetarie di CO2 del 50% rispetto ai livelli del 1990 entro il 2050, necessario a limitare l’aumento medio della temperatura globale a 2° Celsius rispetto ai livelli preindustriali.

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Nel quadro della nuova strategia integrata per l’energia e l’ambiente finalizzata alla lotta ai cambiamenti climatici, approvata dall’U.E. nel 2007 e che considera prioritario migliorare l’efficienza e il risparmio energetico, vanno inseriti: l’attuazione del Piano strategico europeo per le tecnologie energetiche (Piano S.E.T.) COM(2007)723); la discussione del pacchetto di proposte sull’efficienza energetica, presentato nel novembre 2008 dalla Commissione nel contesto del secondo riesame della politica energetica dell’UE (COM(2008)781), che tra l’altro rafforza la normativa sul rendimento energetico degli edifici (COM(2008)780) mediante prescrizioni più rigorose applicabili ad un numero maggiore di edifici e il rafforzamento del ruolo dei certificati di rendimento energetico; rafforza la normativa esistente sull’etichettatura dei prodotti che consumano energia (COM(2008)778); propone di estendere la direttiva sulla progettazione ecocompatibile ai prodotti che incidono sul consumo energetico (COM(2008)399).

3.5. LE PROSPETTIVE FUTURE: IL 2050

Nel prossimo futuro, con il costante aumento della domanda di petrolio e il declino della capacità produttiva di molti giacimenti petroliferi, l'equilibrio tra domanda e offerta diventerà sempre più precario. La necessità di contrastare i cambiamenti climatici richiederà una conversione massiccia verso tecnologie energetiche ad alta efficienza e a bassa emissione di carbonio. L'agenda dell'U.E. per il 2020 ha definito i primi passi indispensabili in questo lungo cammino. Profonde trasformazioni strutturali come la produzione di elettricità senza emissioni di carbonio, o una radicale inversione di marcia in campo tecnologico che permetta di sganciare il trasporto dal petrolio, richiederanno tempi molto più lunghi, ma dipendono dalle scelte che vengono fatte oggi da politici, investitori, scienziati e università. La Commissione intende pertanto proporre un rinnovamento della politica energetica per l'Europa nel 2010, con l'intento di tracciare un'agenda politica fino al 2030 e una prospettiva che vada fino all'orizzonte 2050. Questo lavoro sarà il frutto di ampie consultazioni volte a esaminare possibili obiettivi a lungo termine, come quelli sotto elencati. • Decarbonizzare l'elettricità prodotta nell'UE entro il 2050. Si tratta di una sfida macroscopica, ma peraltro necessaria se si vuole che l'Europa partecipi pienamente allo sforzo di riduzione delle emissioni di gas serra nel mondo per prevenire i cambiamenti

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climatici entro il 2050. Richiederà un'ulteriore conversione verso le fonti di energia rinnovabili, la cattura e lo stoccaggio del carbonio e, per i paesi che lo scelgono, il nucleare. • Porre fine alla dipendenza dal petrolio nel settore dei trasporti, agevolando la diffusione dell'automobile elettrica, all'idrogeno o alimentata da carburanti alternativi. Sulla scorta della comunicazione del 2008 "Rendere i trasporti più ecologici", la Commissione dovrà in particolare esaminare, i) l'opportunità di agevolazioni fiscali ed altri incentivi, nel rispetto della normativa sugli aiuti di Stato, per l'acquisto di veicoli più ecologici, elettrici, a biometano e a idrogeno e per il ritiro anticipato di quelli più vecchi e inquinanti; ii) l'eventuale imposizione di una percentuale minima di veicoli elettrici, a biometano o a idrogeno su tutti i nuovi veicoli acquistati dalle pubbliche amministrazioni centrali e locali; e iii) l'eventuale obbligo per le stazioni di servizio di dotarsi dell'attrezzatura necessaria per consentire un rapido sviluppo dei trasporti alternativi in tutta Europa. Rifletterà anche su come promuovere ulteriori miglioramenti dell'efficienza dei veicoli dopo il 2012. • Edilizia a basso consumo energetico e ad elettricità positiva. La Commissione stabilirà criteri comuni per la definizione degli edifici a bassa emissione di carbonio o "senza carbonio" e a basso consumo energetico e, se necessario, proporrà misure per aumentarne il numero. La Commissione e gli Stati membri analizzeranno più in dettaglio le condizioni del mercato interno e i possibili incentivi per stimolare tali investimenti atti a risparmiare energia nel settore dell'edilizia abitativa. • Una rete elettrica interconnessa e "intelligente". L'attuale rete di trasmissione è stata concepita per portare l'elettricità da grandi centrali elettriche alle reti nazionali di distribuzione al dettaglio. La rete di domani dovrà adattarsi alle conseguenze dei cambiamenti climatici e servire un mercato europeo integrato, con una molteplicità di piccoli fornitori di energia rinnovabile, siano essi parchi eolici o generatori privati, i quali, a fianco delle grandi centrali elettriche, contribuiranno in misura crescente all'approvvigionamento essenziale per l'economia dell'UE. La rete di trasmissione dell'UE dovrà subire enormi trasformazioni per adeguarsi ad una produzione decentrata di elettricità. L'idea di una super-rete offshore disposta ad anello intorno all'Europa per collegare l'energia solare del sud, quella del moto ondoso ad ovest e quella eolica o idroelettrica delle regioni settentrionali con i principali centri di consumo merita di essere ulteriormente esplorata. Contatori "intelligenti" e controlli a livello dell'utente possono accrescere notevolmente l'efficienza energetica e incoraggiare la fabbricazione di veicoli elettrici.

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• Promuovere un sistema energetico ad alta efficienza e a bassa emissione di carbonio a livello mondiale. Un programma ambizioso e tempestivo per la trasformazione del sistema energetico in Europa farebbe di questo continente il leader mondiale nel campo della tecnologia automobilistica, architettonica ed energetica. • Quello che precede non è un elenco esaustivo degli aspetti da esaminare, ma soltanto una serie di esempi basati su tecnologie già dimostratesi valide su scala sperimentale. Si tratta di cambiamenti tecnologici fondamentali che non potranno verificarsi senza un piano coordinato di ricerca e sviluppo tecnologico, una regolamentazione appropriata e una politica di investimento e d'infrastruttura, possibilmente a livello continentale. Per procedere in questo senso, la Commissione metterà a punto, nel quadro del Piano strategico per le tecnologie energetiche, una tabella di marcia per una politica energetica all'orizzonte 2050, contenente una serie di azioni da intraprendere, in concertazione con funzionari delle amministrazioni nazionali, esponenti del mondo accademico ed esperti dell'industria, per favorirne, ove giustificato, la realizzazione su vasta scala. Questa tabella di marcia indicherà, in particolare, gli interventi necessari e le opzioni disponibili per ottenere elettricità completamente decarbonizzata nell'UE entro il 2050.

4. LO SCENARIO ITALIANO

La domanda di energia, composta non solo dall'elettricità ma anche dai carburanti per i trasporti e dall'industria, è stata nel 2007 in Italia di 145,5 Mtep. A fronte di una domanda di 145,5 Mtep il nostro Paese ha offerto però nello stesso anno di riferimento 194,5 Mtep: il dato indica che il fabbisogno energetico nazionale è risultato nel 2007 in leggero calo, fatto ricongiungibile alle favorevoli condizioni climatiche con una diminuzione dello 0,9% rispetto all'anno precedente. La composizione percentuale delle fonti energetiche impiegate per la copertura della domanda è stata caratterizzata, rispetto al 2006, dalla crescita della quota del carbone, passata dall’8,7% al 9,0% e del gas naturale (dal 35,5% al 36,0%). In diminuzione il contributo offerto dal petrolio, passato dal 43,4% al 42,5%. La differenza, pari a 49 Mtep (oltre il 30% della domanda nazionale di

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energia) è composta da consumi e sprechi del settore energetico italiano. Si tratta di una quota molto importante che dimostra quanto il sistema energia italiano possa essere ancora migliorato. L'Italia importa dall'estero gran parte delle risorse energetiche primarie. Ha una capacità di produzione di energia minima, pari soltanto a 30 Mtep, pertanto è costretta ad importare 165 Mtep di energia dall'estero, pari a quasi l'80% della domanda energetica nazionale: è il secondo Paese al mondo per importazione di energia elettrica, il 90% della quale proviene da Svizzera e Francia. L'Italia è anche il paese europeo (sesto al mondo) maggiormente dipendente dal petrolio per la produzione di energia elettrica. La dipendenza energetica dall'estero è molto alta e simile a quella di molti altri paesi occidentali. Il fabbisogno energetico italiano è fortemente dipendente dal petrolio per il 45% e dal gas per il 32%. La dipendenza italiana dal petrolio è marcata soprattutto nel settore dei trasporti mentre è limitata nel settore della produzione dell'energia elettrica. Purtroppo ci sono da segnalare, a fronte di un esiguo incremento della produzione di energia da fonti rinnovabili, gli alti ratei di crescita che la produzione di energia da termovalorizzatori (o inceneritori) ha ottenuto dal 1992 (quasi nulla) al 2007, dove ha raggiunto la quota del 2%. Nel 2007 l'offerta italiana di energia elettrica è stata di 70,4 Mtep. La produzione è rimasta sostanzialmente invariata rispetto al triennio 2005-2006- 2007, con un leggero aumento nell'utilizzo di gas (35%) e carbone (18%). Le energie rinnovabili contribuiscono con il 15,7%. La produzione di energia elettrica con il petrolio è pari a circa il 17%. L'offerta di energia elettrica di 70,4 Mtep è in realtà potenziale. Si riduce drasticamente di quasi 2/3 a causa degli sprechi e dei consumi del settore energetico nazionale. In pratica, l'Italia è costretta a importare 10 Mtep di energia elettrica dall'estero mentre 45 Mtep (pari a circa 4 volte l'importazione di energia elettrica dall'estero) si perdono a causa delle inefficienze strutturali del sistema. Se l'Italia migliorasse del 15% l'efficienza della propria rete elettrica potrebbe fare a meno di importare 10 Mtep l'anno di energia elettrica dall'estero. Ridurre le inefficienze del sistema energia è fondamentale, ma non risolve il vero problema strutturale a cui l'Italia dovrà dare una risposta nel futuro prossimo: l'eccessiva dipendenza dalle fonti di energia fossili. Come tutti i paesi occidentali anche l'Italia risente degli sbalzi nei prezzi delle fonti di energia fossili. L'instabile crescita del prezzo del petrolio ha fatto crescere anche i prezzi di gas e carbone, aumentando la spesa per l'import di energia primaria nei paesi occidentali. La presenza dell'euro forte ha permesso all'Italia di contenere la crescita della spesa energetica.

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I cambiamenti climatici costituiscono ovviamente un problema anche per l’Italia. Il Governo Nazionale, come ormai tutti i Governi europei, si occupa costantemente della messa a punto di strategie per contrastare tali cambiamenti: essenzialmente si punta al raggiungimento di una completa integrazione tra le azioni di riduzione delle emissioni di gas serra e le azioni di adattamento sostenibile nelle politiche sociali, economiche, finanziarie, agricole e territoriali.

4.1. L’ITALIA E KYOTO

L’Italia deve ridurre le sue emissioni di gas serra nel periodo 2008 – 2012 del 6,5% rispetto al 1990. A quattro anni di distanza dall'approvazione del Protocollo di Kyoto, volendo fare un bilancio, l’Italia potrebbe rispettare gli impegni presi in sede internazionale; le emissioni climalteranti italiane si sono infatti ridotte. Nel 2008, in base alle ultime stime, esse sono state del 6% più alte rispetto al 1990, mentre nel 2004 la distanza rispetto all’anno base era arrivata a toccare l’11%. Il recupero degli ultimi anni deriva dall’aumentato prezzo dell’energia, da inverni poco rigidi, dall’arrivo della recessione e per finire dai primi risultati delle politiche di efficienza energetica e di incentivazione delle rinnovabili. E tutto fa pensare che anche il corrente 2009, a seguito della crisi, vedrà una ulteriore riduzione delle emissioni. Nel 2010 e negli anni successivi, se dovesse esservi una ripresa economica, è prevedibile anche una ripresa, rapida, del prezzo del petrolio. Le proiezioni su continue crescite delle emissioni di CO2 in Italia sono risultate infondate anche se per raggiungere gli obiettivi al 2012 occorre uno sforzo aggiuntivo. Secondo i calcoli e le proiezioni, documentati dalle tabelle riportate di seguito, applicando i meccanismi del Protocollo di Kyoto – con le misure già in atto, con l’istituzione del Registro degli assorbimenti e con i meccanismi flessibili già operativi – l’Italia arriverebbe a -5,4% (molto vicino all’obiettivo) e con uno sforzo supplementare potrebbe raggiungerlo, entro il 2012. Dal grafico di seguito riportato si può desumere come a partire dal 2005 la domanda di energia in Italia sia in diminuzione costante, e sempre a partire da questa data, allorquando hanno cominciato a produrre effetti alcune misure (soprattutto europee: la direttiva E.T.S. sui grandi impianti, la direttiva sulle rinnovabili e sull’efficienza energetica), le emissioni di CO2 hanno iniziato a calare in modo consistente.

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Figura 9 - Domanda energetica in forma primaria

Anche per quanto riguarda i consumi finali si assiste ad una loro diminuzione a partire dal 2005, sia nell’industria sia nel settore civile, e si vanno stabilizzando nei trasporti.

Figura 10 - Consumi di energia negli usi finali, nei trasporti, nell’industria e nel settore civile (Mtep) dal 1990 al 2007

Nel 2008 i consumi di energia sono ancora calati.

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Tabella 1 - Bilancio energia elettrica (TWh)

Figura 11 – Energia elettrica richiesta alla rete (Twh) da 1990 al 2008

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Tabella 2 - Emissioni di CO2 per settore (Mt CO2)

Il calo delle emissioni è proseguito nel 2007 e nel 2008. Nel 2007 il calcolo delle emissioni è ormai consolidato e definitivo: 555,8 Mton, con ben 12,1 Mton in meno dell’anno precedente. Per quanto riguarda il 2008 in considerazione di: • un consumo di petrolio diminuito del 3,6% rispetto al 2007; • un consumo gas diminuito dello 0,1% rispetto al 2007; • un consumo di carbone aumentato del 4% rispetto al 2007; • una forte diminuzione del consumo di benzina (-7,2%) e una leggera diminuzione di quello del gasolio per autotrazione (- 0,2%), si può avanzare una stima delle emissioni di gas serra pari a 550 Mton. Tale stima può ritenersi approssimata per eccesso, in quanto ha previsto per il 2008 meno di metà della riduzione delle emissioni verificatasi durante l’anno precedente, con una riduzione di sole 5,8 Mton rispetto al 2007.

Tabella 3 - Emissioni totali di gas serra in Italia nel periodo 1990-2008 (Mton CO2 equiv.)

Le proiezioni tendenziali delle emissioni al 2012 conducono a 515 Mton. Queste proiezioni sono il risultato di un modello di calcolo basato sugli andamenti del triennio precedente (2006-2007-2008), ipotizzando in particolare che: • i consumi primari di energia mantengano lo stesso moderato trend di calo nell’industria, un calo più consistente nel civile e permanga almeno una stabilizzazione nei trasporti;

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• i consumi elettrici non aumentino e si mantenga almeno il trend attuale delle emissioni di CO2 al KWh; • una ripresa economica internazionale comporti anche una nuova rapida crescita dei prezzi del petrolio. La valutazione degli effetti delle misure in atto porta a ulteriori riduzioni, entro il 2012, pari a circa 12 Mton (mediamente 3 Mton all’anno a partire dal 2009). Le misure valutate riguardano: • l’incremento delle rinnovabili (conto energia e nuova incentivazione) con un effetto stimato di ulteriore riduzione di 4,5 Mton al 2012; • l’incremento dei certificati bianchi con un effetto stimato di ulteriore riduzione di 2,5 Mton al 2012; • le misure per l’efficienza energetica degli edifici e degli impianti civili e industriali con un effetto stimato di ulteriore riduzione di 2,7 Mton al 2020 • le misure per il trasporto ferroviario e urbano e quelle per i biocaburanti con un effetto di ulteriore riduzione di 1,3 Mton al 2020; • la riduzione dei rifiuti biodegradabili in discarica e l’aumento della raccolta differenziata e del riciclo con un effetto stimato di ulteriore riduzione di 1 Mton. L’istituzione dell’apposito Registro degli assorbimenti di carbonio, inoltre, porterebbe ad un ulteriore taglio di 10,2 Mton di CO2. Il computo degli assorbimenti di carbonio, secondo le procedure previste dal Protocollo di Kyoto, per poter essere regolarmente incluso nel conteggio e nella corrispondente comunicazione nazionale, richiede l’istituzione di un Registro delle emissioni che, con la connessa attività di raccolta, validazione ed elaborazione dei dati, ha un costo di circa 2 milioni di euro all’anno per tre anni. Questi fondi, stanziati con la Legge finanziaria del 2007, sono stati abrogati con quella del 2009. Se fossero subito ripristinati, saremmo ancora in tempo ad avere il Registro operante entro il 2011: non si capisce come si possa abbandonare l’ipotesi di contabilizzare un taglio di oltre 10 milioni di tonnellate di CO2 ad un costo minimo, inferiore a 60 centesimi di euro a tonnellata. Il computo, infine, delle riduzioni già acquisite col ricorso ai meccanismi flessibili, comporta ulteriori riduzioni pari a 3,42 Mton di CO2 equiv. al 2012. Sommando queste riduzioni si arriva, al 2012, ad emissioni pari a 489 Mton: cioè - 5,4% rispetto ai livelli del 1990, a fronte di un obiettivo di Kyoto di - 6,5%.

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L’obiettivo complessivo delle emissioni di CO2equiv per l’Italia al 2020 è di circa 485 Mton; le emissioni stimate del 2008 sono pari a circa 550 Mton; la distanza dall’obiettivo al 2020 è quindi di circa 75 Mton: una distanza significativa, ma non impossibile da colmare. Il nuovo quadro delle emissioni previste al 2012 consente quindi di affrontare le più impegnative riduzioni al 2020 come concreta possibilità, come occasione per una forte crescita delle fonti energetiche rinnovabili e dell’efficienza energetica. Il forte impegno nazionale richiesto, potrebbe stimolare una consistente crescita degli investimenti, pubblici e privati, una diffusione di tecnologie e di nuove produzioni, una rilevante crescita dell’occupazione: produrre l’effetto complessivo di quel New Deal ecologico anche con l’obiettivo di affrontare meglio la attuale crisi economica.

5. FONTI ENERGETICHE RINNOVABILI

Una fonte di energia è rinnovabile quando il suo sfruttamento avviene in un tempo confrontabile con quello necessario per la sua rigenerazione. A differenza dei combustibili fossili e nucleari, destinati a esaurirsi in un tempo finito, le fonti rinnovabili possono essere considerate virtualmente inesauribili. Il Decreto Legislativo n. 387 del 2003 definisce all’art 2 lettera a) le fonti energetiche rinnovabili come: le fonti energetiche rinnovabili non fossili (eolica, solare, geotermica, del moto ondoso, maremotrice, idraulica, biomasse, gas di discarica, gas residuati dai processi di depurazione e biogas). In particolare, per biomasse si intende: la parte biodegradabile dei prodotti, rifiuti e residui provenienti dall'agricoltura (comprendente sostanze vegetali e animali) dalla silvicoltura e dalle industrie connesse, nonché la parte biodegradabile dei rifiuti industriali e urbani. È importante considerare come le forme di energia sul nostro pianeta abbiano origine dall’irraggiamento solare (ad eccezione dell'energia nucleare). Dall’energia solare derivano: l’energia idroelettrica, che sfrutta le cadute d’acqua; l’eolica, derivante dal vento dovuto al disuniforme riscaldamento delle masse d’aria; l’energia delle biomasse è energia solare immagazzinata chimicamente, attraverso il processo della fotosintesi clorofilliana.

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In Italia poco più del 16% è il consumo interno lordo di energia da fonti rinnovabili. Si colloca, infatti, nella media europea ma deriva per il 65% da fonti idroelettriche e geotermiche, per il 30% da biomasse e rifiuti e appena per il 3% da “nuove rinnovabili”, con un peso dell’eolico pari al 2,1% e del solare inferiore allo 0,15.

5.1. LA PRODUZIONE DI FONTI RINNOVABILI: L’EUROPA

Dal 2000 al 2007 l'Europa si è confermata leader nelle tecnologie per l'ambiente e le rinnovabili, con il 15% dell'elettricità prodotta da fonti alternative. Nel triennio 2005-2007 il successo delle rinnovabili è stato trainato dalla forte accelerazione dei tassi di crescita dell’eolico e del solare che hanno aumentato il proprio valore rispettivamente di tre e oltre dodici volte. In Europa lo stimolo allo sviluppo delle rinnovabili è arrivato dal Pacchetto Clima, che fissa per gli stati membri un target al 2020 di produzione di energia da fonti rinnovabili pari al 20% dei consumi finali (per l’Italia 17%). Nel periodo 1996-2006 la produzione di energia elettrica dell’Europa (UE 27) segna un incremento del 44% passando da 88 a 127 Mtoe (milioni di tonnellate di petrolio equivalente). Nel 2006 le fonti rinnovabili arrivano a coprire il 15% dell’energia elettrica in Europa. L’area di maggior crescita è rappresentata dall’energia eolica che a fine 2008 raggiunge una capacità installata di circa 65 GW nell’UE 27, producendo 142 TWh di elettricità, pari al 4,2% del fabbisogno europeo. L’anno scorso in Europa è stata installata nuova capacità eolica per circa 8.500 MW, ponendo per la prima volta questa fonte come capofila nella produzione di elettricità rispetto alle fonti tradizionali (gas, carbone, nucleare).

5.2. LE ENERGIE RINNOVABILI: I PIANI NAZIONALI

Nella Gazzetta Ufficiale dell'Unione Europea del 5 giugno 2009 è stato pubblicato il Pacchetto clima-energia rivolto al raggiungimento degli obiettivi europei al 2020. Con l'entrata in vigore del Pacchetto, nei 20 giorni successivi alla pubblicazione in Gazzetta, gli Stati membri sono impegnati a recepire le Direttive nei propri ordinamenti.

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La Direttiva 2009/28/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 23 aprile 2009 sulla “promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili, recante modifica e successiva abrogazione delle direttive 2001/77/CE e 2003/30/CE sulla promozione dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili” dovrà essere recepita entro il 5 dicembre 2010. In particolare, la Direttiva prevede il controllo del consumo di energia europeo e il maggiore ricorso all'energia da fonti rinnovabili, congiuntamente ai risparmi energetici e ad un aumento dell'efficienza energetica. I 27 Stati membri, in base a tale Direttiva, dovranno raggiungere, come già ribadito, tutti l’obiettivo obbligatorio del 20% di energia da fonti rinnovabili sul consumo di energia complessivo della Comunità entro il 2020. A Bruxelles dunque si sono discusse e scritte le istruzioni per l'uso su come redigere il programma nazionale, che dovrà essere presentato alla Commissione europea al massimo entro il 30 giugno 2010, infatti, la Commissione Europea il 30 giugno 2009 ha approvato un modello comune per guidare gli stati membri alla delineazione dei Piani Nazionali per le Energie Rinnovabili. Il modello adottato dalla Commissione europea aiuterà gli stati membri ad elaborare dei piani attendibili, definendo obiettivi obbligatori riguardanti la parte delle fonti di energie rinnovabili nel 2020, l’Ue ha dato un segnale forte che alimenta la fiducia degli investitori nelle tecnologie ecologiche che si basano selle energie rinnovabili. Mentre i Piani di azione nazionali contribuiranno a stabilizzare ancora di più il clima degli investimenti, il modello adottato oggi dalla Commissione aiuterà gli Stati membri ad elaborare dei Piani affidabili, il che in seguito aiuterà l’Ue a raggiungere i suoi obiettivi nel tempo giusto, ha sottolineato il Commissario europeo per l’energia, Andris Piebalgs. Il modello, nel quale sono presentate le metodologie e le terminologie che dovranno essere utilizzate nei piani d'azione nazionali, aiuta a chiarire le misure di facilitazioni da adottare dai vari paesi, la revisione delle procedure amministrative, i codici del settore edilizio, l'informazione, la formazione e la qualificazione di personale specializzato in rinnovabili, lo sviluppo e la disponibilità delle infrastrutture energetiche, oltre alle misure di aiuto e flessibilità. I N.R.E.A.P. (National Renewable Energy Action Plan) dovranno essere presentati alla Commissione Ue entro il 30 giugno 2010.

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5.3. LA PRODUZIONE DI FONTI RINNOVABILI IN ITALIA

In Italia nel 2009 la produzione di energia elettrica da fonte rinnovabile ha registrato un incremento del 13% rispetto al 2008. Si è così passati da 58,16 TWh registrati a fine 2008 a circa 66 TWh stimati a fine 2009. Ad oggi, l’energia prodotta da fonti rinnovabili copre un quinto del fabbisogno nazionale. È quanto emerge dalle prime stime di fine anno, elaborate del Dipartimento Energia del Ministero dello Sviluppo Economico, intersecando i risultati dell’attività di dispacciamento di Terna e quella di qualifica degli impianti per l’incentivazione fatta dal G.S.E.-Gestore Servizi Energetici. L’accelerazione maggiore tra le fonti rinnovabili si evidenzia nella produzione di energia solare da impianti fotovoltaici, che da un anno all’altro è passata da 193 GWh a circa 1.000 GWh del 2009, con un incremento di oltre il 400%. Importante è anche il dato di produzione del settore eolico, passato dai 4.861 GWh del 2008 ai circa 6.600 GWh del 2009, con un aumento del 35%. Altrettanto indicativo il dato relativo alla produzione degli impianti alimentati da biomasse: dai 5.966 GWh del 2008 si è arrivati ad una stima di circa 6.500 GWh del 2009, con un incremento del 10%. Contribuisce, infine, in maniera significativa e continuativa l’apporto degli impianti idroelettrici che, grazie alle opere di rifacimento delle infrastrutture esistenti e alla ottima idraulicità registrata lo scorso anno, hanno registrato un aumento della produzione del 13%, da 41.623 GWh a circa 47.000 GWh. Grazie a tali incrementi, la produzione da fonti rinnovabili ha pertanto coperto nel 2009 circa il 20% del consumo interno lordo di energia elettrica del nostro Paese, rispetto al 16,5% del 2008, dato che sconta la flessione dei consumi registrata nel corso dell’anno. Di seguito si illustrano i dati desunti da GSE per ciò che riguarda l’andamento della produzione lorda da fonte rinnovabile. Il periodo preso in considerazione considera il lasso temporale 1997- 2008.

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Figura 12 - Andamento della produzione lorda da fonte rinnovabile in Italia dal 1997 al 2008 (GWh)

Dal grafico si evince come l’andamento della produzione totale da fonte rinnovabile in Italia, negli ultimi 12 anni, sia stato influenzato dalla variabilità della produzione da fonte idrica, malgrado il notevole incremento delle altre fonti rinnovabili.

La Figura seguente rappresenta il confronto tra la produzione lorda totale e la produzione lorda rinnovabile in Italia dal 1997 al 2008 (GWh).

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Figura 13 – Confronto tra la produzione lorda totale e la produzione lorda rinnovabile in Italia dal 1997 al 2008 (GWh).

Di seguito si riporta il rapporto percentuale tra la produzione di energia derivante da fonti rinnovabili e quella totale.

Figura 14 – Rapporto percentuale produzione rinnovabile / produzione totale

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Il Governo nazionale, anche grazie alle sollecitazioni dell’Unione Europea si appresta a varare l’atteso decreto sulle nuove “Linee guida per il procedimento di cui all’articolo 12 del Decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387 per l’autorizzazione alla costruzione e all’esercizio di impianti di produzione di elettricità da fonti rinnovabili. linee guida per l’autorizzazione alla costruzione e all’esercizio di impianti di produzione di elettricità da fonti rinnovabili in Italia” . Le nuove procedure ruoteranno attorno al principio dell’Autorizzazione Unica e del silenzio- assenso da parte della Regione e della Provincia interessata, con una decisa “blindatura” dai possibili intralci amministrativi. I punti più rilevanti del testo che costituisce ancora una bozza sono: • la costruzione e l’esercizio di impianti di produzione di energia elettrica alimentati da fonti rinnovabili, delle opere connesse e delle infrastrutture indispensabili sono soggetti ad Autorizzazione Unica rilasciata dalla Regione o dalla Provincia delegata. Basterà, invece, la semplice “denuncia di inizio attività (Dia)” per gli impianti con capacità di generazione inferiore alle soglie indicate di seguito:

Qualora sia necessario ottenere autorizzazioni ambientali, paesaggistiche, di tutela del patrimonio storico-artistico, della salute o della pubblica incolumità, le stesse sono acquisite e allegate alla Dia, salvo che il Comune provveda direttamente per gli atti di sua competenza gli impianti di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili da realizzare o installare in edifici e fabbricati esistenti, qualunque sia la destinazione d’uso, sono assimilati a tutti gli effetti alla manutenzione straordinaria e sono soggetti alla disciplina di denuncia inizio attività. Sono soggette a denuncia di inizio attività le opere di rifacimento realizzate sugli impianti fotovoltaici ed eolici esistenti che non comportano variazioni delle dimensioni fisiche degli apparecchi, della volumetria delle strutture dell’area destinata ad ospitare gli impianti stessi. E’ in ogni caso facoltà del proponente, in alternativa, presentare istanza per il rilascio dell’Autorizzazione Unica.

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il Procedimento Unico si svolge tramite Conferenza di Servizi, nell’ambito della quale confluiscono tutti gli apporti amministrativi necessari per la costruzione e l’esercizio dell’impianto, delle opere connesse e delle infrastrutture indispensabili. • il Procedimento viene avviato sulla base dell’ordine cronologico di presentazione delle istanze di autorizzazione, tenendo conto della data in cui queste sono considerate procedibili ai sensi delle leggi nazionali e regionali di riferimento conformi alle linee guida in oggetto. • entro 15 giorni dalla presentazione dell’istanza, l’amministrazione competente, verificata la completezza della documentazione, comunica al richiedente l’avvio del procedimento ovvero esprime la improcedibilità dell’istanza per carenza della documentazione prescritta. Il procedimento può essere avviato solo alla data di ricevimento dell’istanza completa. Trascorso detto termine senza che l’amministrazione abbia comunicato la improcedibilità, il procedimento si intende avviato. • il superamento di eventuali limitazioni di tipo programmatico contenute nel Piano Energetico regionale o delle quote minime di incremento dell’energia elettrica da fonti rinnovabili ripartite ai sensi dell’articolo 8 bis del decreto legge 30 dicembre 2008, n. 208, convertito con modificazioni dalla legge 27 febbraio 2009, n. 13 non preclude l’avvio e la conclusione favorevole del procedimento. • ai sensi dell’articolo 12, comma 4, del D.Lgs. 387 del 2003 il termine per la conclusione del Procedimento Unico non può comunque essere superiore a 180 giorni decorrenti dalla data di ricevimento dell’istanza ritenuta procedibile. Il testo introduce anche il principio che "non possono essere posti in via generale divieti o restrizioni di tipo programmatico per l’utilizzo di determinate fonti rinnovabili, mentre eventuali restrizioni o divieti di utilizzo, nel caso concreto ossia sul singolo progetto, devono fondarsi su criteri di ragionevolezza, adeguatezza e proporzionalità da valutarsi nell’ambito del procedimento amministrativo.

5.4. GLI INCENTIVI ALLA DIFFUSIONE DELLE ENERGIE RINNOVABILI IN ITALIA

In materia di incentivi alle rinnovabili il 2008 si è concluso con l’attesa firma da parte del ministro dello Sviluppo Economico di concerto con il Ministro all’Ambiente del Decreto Ministeriale Rinnovabili, che è stato pubblicato nella G.U. n. 1 del 2 gennaio 2009.

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Tale decreto fornisce le prime direttive generali per regolare la transizione dal vecchio al nuovo meccanismo di incentivazione nel campo delle energie alternative, in attuazione dell’ultima Finanziaria. Dalla normativa rimane esclusa la tecnologia fotovoltaica che gode di una forma di incentivazione specifica, vale a dire il nuovo Conto Energia introdotto dal DM 19 febbraio 2007. Per tutti gli altri impianti il sistema di incentivi – certificati verdi (C.V.) o in alternativa una tariffa omnicomprensiva – è stabilito in base della taglia e la domanda per accedere all’incentivazione va presentata al Gestore del Servizio Elettrico (G.S.E.) entro tre anni dall’entrata in esercizio dell’impianto. E’ dunque il G.S.E. stesso a qualificare gli impianti e a determinare l’energia elettrica incentivata, definendo il numero di C.V. e la tariffa onnicomprensiva cui si ha diritto. Spetta poi all’Autorità per l’energia elettrica e il gas a stabilire dall’entrata in vigore del provvedimento, modalità, tempi e condizioni per l’erogazione delle tariffe fisse onnicomprensive, modalità per lo scambio sul posto, nonché per la verifica del rispetto delle disposizioni che “trovano copertura nel gettito della componente tariffaria A3 delle tariffe dell’energia elettrica”. Ecco cosa si prevede in dettaglio: Formula Conto energia Tutti gli impianti con potenza non superiore a 1 MW e 0,2 MW per l’eolico, entrati in esercizio in data successiva al 31 dicembre 2007, hanno diritto, in alternativa ai certificati verdi ad una nuova forma di tariffa incentivante corrisposta per ogni kWh immesso in rete, mentre per gli impianti di potenza superiore a 1 MW viene modificato il sistema dei certificati verdi introdotto in precedenza stabilendo il diritto a una tariffa fissa onnicomprensiva di entità variabile. Gli incentivi non sono cumulabili ad esclusione di alcuni settori come gli impianti da biomasse di filiera per i quali i CV e tariffa fissa “sono cumulabili con altri incentivi pubblici di natura nazionale, regionale, locale o comunitaria in conto capitale o conto interessi con capitalizzazione anticipata, non eccedenti il 40 per cento del costo dell’investimento”. Scambio sul posto Il Decreto prevede che possano accedere al meccanismo di scambio sul posto, ovvero la possibilità di vendere alla rete l’energia prodotta in eccesso, gli impianti alimentati da fonti rinnovabili “ovvero cogenerativi ad alto rendimento la cui potenza nominale media annua complessiva non risulti superiore a 200 kW”, attraverso specifichi meccanismi che saranno oggetto di successivi provvedimenti. E’ consentito inoltre il passaggio dal sistema dello scambio sul posto al sistema della tariffa fissa onnicomprensiva. In tal caso, “il periodo di incentivazione è conseguentemente ridotto del periodo intercorrente tra la data di entrata in esercizio e la data di entrata in esercizio

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commerciale, comunicata dal produttore al GSE in seguito all’accoglimento della suddetta richiesta di qualifica”. Certificati verdi Ridefinito l’arco temporale nel quale si ha diritto agli incentivi: 15 anni per tutti gli impianti ibridi alimentati da fonti rinnovabili che hanno cominciato a operare dopo il 31 dicembre 2007, 12 anni per quelli entrati in esercizio prima di quella data e 8 anni per gli impianti di cogenerazione abbinata al teleriscaldamento e per quegli impianti anche ibridi alimentati da rifiuti non biodegradabili. Per questi ultimi tre casi è prevista la proroga di altri 4 anni rispetto alla durata stabilita “in misura corrispondente al 60% dell’energia elettrica incentivata”. Il certificato verde, di valore unitario pari a 1MWh, è emesso dal GSE, su richiesta del produttore per gli impianti dotati di relativa qualifica e lo stesso Gestore organizzerà, nell’ambito della gestione economica del mercato elettrico, una sede per la contrattazione dei CV.

5.5. LA BASILICATA

Le fonti rinnovabili contribuiscono ed hanno contribuito in maniera determinante, alla produzione di energia elettrica in Basilicata. Infatti, nel 1990 circa il 37% della produzione elettrica lucana era da attribuirsi all’utilizzo di fonti rinnovabili (idroelettrico); questa percentuale è poi diminuita nel corso degli anni fino al 23% nel 1998, risalendo al 30 % nel 2005 per effetto dell’energia eolica e dell’utilizzo dei rifiuti solidi urbani per la produzione di energia elettrica.

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Figura 15 - Evoluzione storica della produzione e della potenza da rinnovabili installata in Regione

Dalla figura in alto rappresentata è possibile rilevare come, mentre nel 1998 la produzione da fonti rinnovabili era imputabile esclusivamente all’idroelettrico, nel 2005 essa è dovuta per il 66% all’idroelettrico, per il 29% all’eolico e per il restante 5% ai R.S.U. Lo sviluppo della produzione da eolico e da RSU ha in parte assorbito il calo di produzione da idroelettrico verificatosi fra il 2000 e il 2003. Dall’analisi del parco impianti attuale si nota che alcuni di essi godono di vecchi sistemi di incentivazione in conto esercizio (provvedimento CIP 6/92), mentre altri hanno avuto accesso al meccanismo di incentivazione delle rinnovabili introdotto dal decreto legislativo n. 79 del 1999 (Certificati Verdi).

6. ENERGIA EOLICA

Tra le fonti rinnovabili l’eolico risulta una delle opzioni più appetibili per la produzione di elettricità. Le relative tecnologie sono, infatti, sufficientemente mature per garantire costi di produzione contenuti ed un impatto ambientale ridotto rispetto alle altre tecnologie per la produzione di energia elettrica. L'energia eolica è una fonte di energia pulita. Il vantaggio più importante sul piano dell'impatto ambientale è legato alla considerevole diminuzione delle emissioni di CO2 che è tra i maggiori responsabili dell'effetto serra e del cambiamento climatico. L'eolico risolve inoltre il problema di alcune sostanze inquinanti che sono invece associate ai combustibili fossili e allo sfruttamento dell'energia nucleare. L’eolico inoltre porta benefici in termini economici locali, nazionali ed internazionali, supportando lo sviluppo della manodopera locale, creazione di posti di lavoro sia dal lato del produttore/ investitore sia indirettamente tramite i fornitori. Inoltre i benefici di una produzione elettrica con l’eolico consentono di risparmiare materie prime, di evitare attività invasive sul territorio, di incrementare le attività ad alta innovazione, di sfruttare una fonte pulita e inesauribile. La tecnologia più innovativa e avanzata utilizzata oggi per la

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produzione produzione di energia dal vento è estremamente silenziosa, altamente efficiente e anche grazie ai rotori a bassa velocità ha un basso impatto sulla flora e sulla fauna. La tecnologia eolica detiene la leadership tra le fonti rinnovabili per la produzione di energia elettrica di nuova generazione.

6.1. LO SVILUPPO DELL’EOLICO NEL MONDO

Il 2008 si è confermato, su base globale, come un anno di boom per l'eolico. Secondo le prime stime del Global Wind Energy Council le istallazioni di campi eolici hanno superato negli scorsi dodici mesi i 27 gigawatt, con una crescita su base globale, in termini di nuova capacità istallata, del 36% sul 2007. Oggi nel mondo l'eolico rappresenta circa 120 gigawatt di picco di potenza, pari a 260 terawattore annue di produzione elettrica, aumentate del 28,8% nei dodici mesi. Certo, si tratta di una frazione ancora piccola (intorno all'1,3% della produzione elettrica globale) ma che in Spagna raggiunge il 10%, in Germania il 7% e in Italia, nel 2008, il 2%. Primo protagonista di questa fase di crescita dell'eolico gli Usa, che nel 2008 hanno sorpassato la Germania come primo produttore eolico mondiale, con un'accelerazione al ritmo del 50% della capacità istallata (25 gigawatt, di cui 8,3 nell'anno). Cifre significative: Il Gwec stima che l'eolico nel 2008 abbia pesato negli Usa per il 42% dell'intera nuova potenza elettrica aggiunta nel paese. Poco distante l'Asia, con in testa la Cina. Mentre Nord America e Europa corrono testa a testa, ciascuna al ritmo di 9,9 nuovi gigawatt, l'Asia si è attestata a 8,6, poco al di sotto. Il vero motore asiatico è cinese, che per il secondo anno di seguito ha raddoppiato la sua capacità di energia dal vento (ormai a 12,2 gigawatt, di cui 6,3 nel 2008). «E lo scenario per i prossimi anni - afferma Shi Pengfei, vicepresidente della Cwea (Chinese Wind energy association) - sarà ancora molto positivo». L'Eolico, infatti, è stato identificato dal Governo cinese come una delle aree di crescita, capaci di mitigare gli effetti dell'attuale crisi finanziaria e occupazionale. Nel 2009 le previsioni della Creia (l'associazione dell'industria cinese delle rinnovabili) scontano ancora un raddoppio. Con un ritmo che già a fine 2010 potrebbe mettere la Cina sulla corsia di sorpasso sia della Spagna che della Germania. Oggi il mercato mondiale per le turbine eoliche viene stimato in circa 36,5 miliardi di Euro. Con circa 400mila addetti globali. «E queste cifre saranno nell'ordine dei milioni nel prossimo futuro, rileva Arthouros Zervos, presidente del Gwec.».

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Soltanto l'anno scorso negli Usa si stimano circa 35mila posti di lavoro nuovi creati nell'eolico, su un totale di 85mila. Il 2009, così, vedrà le prime offensive industriali cinesi anche oltre confine. Per esempio in Gran Bretagna e Giappone, dove alcuni contratti per torri eoliche sono già stati firmati. Anche la scena europea appare in pieno movimento: 8,9 gigawatt aggiuntivi su una capacità complessiva di 66 gigawatt. E, per le prima volta, una quota italiana (3,7 gigawatt dichiarati dalla Anev) che supera il 41% del totale di nuove torri eoliche nel 2008 nel continente. Italia, Francia e Gran Bretagna, più degli "storici" protagonisti dell'eolico europeo (Spagna e Germania) appaiono i paesi più dinamici negli scorsi dodici mesi. Segno di un chiaro fenomeno di rincorsa messosi in moto, soprattutto sotto la spinta della direttiva europea 20-20-20 (il 20% da rinnovabili al 2020) e che vede l'eolico oggi, per costi e volumi prodotti, come la nuova fonte di punta. Il grafico di Figura 20 (fonte Anev) riporta i dati della crescita globale del settore eolico dal 1993 al 2008 ed il confronto tra la capacità installata Europea e quella Mondiale.

Figura 16 - La crescita dell’eolico nel mondo dal 1993 al 2008. - Confronto tra la capacità europea e quella mondiale (fonte Anev)

6.2. LO SVILUPPO DELL’EOLICO IN EUROPA

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Nell'Unione Europea il 43% del parco elettrico del 2008 è rappresentato dall'energia eolica, più di ogni altra tecnologia energetica. Con 8.484 MW nell'anno appena trascorso l'eolico ha toccato quota 65.000 MW totali. L'Italia è al terzo posto con oltre 3.700 MW. Nel 2008 le installazioni eoliche hanno superato per potenza ogni altra tecnologia di produzione elettrica (incluso gas, carbone e nucleare). Il 43% del totale del parco elettrico del 2008 è rappresentato appunto dall’eolico. Per la prima volta l’eolico è la fonte leader in Europa con 8.484 MW, mentre nel 2007 erano stati circa 8.550 MW. A comunicarlo è l’EWEA (European Wind Energy Association), che nelle sue statistiche valuta che a fine anno nell’Unione Europa erano presenti 64.949 MW, con una crescita del 15% rispetto al 2007.

Figura 17 – Nuova potenza installata nel 2008

La Figura 17 mostra come nel 2008 la leadership per quanto riguarda la potenza elettrica installata sia detenuta dall’eolico. E’ interessante notare la notevole similitudine dell’andamento del settore nel Nord America e nell’UE: 8.358 MW negli Stati Uniti (8.880 se si aggiunge il Canada). Ma anche il fatto che pure negli States il 42% della potenza elettrica totale installata nell’anno sia stato eolica.

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Anche la rapidità delle installazioni nell’UE è stata veramente significativa: 20 turbine per ogni giorno lavorativo del 2008. Ben oltre 160 mila addetti al settore vi hanno lavorato, direttamente o indirettamente, con un giro d’affari di 11 miliardi di euro. La producibilità di energia elettrica degli impianti installati a fine 2008 è stimata in 142 TWh (miliardi di kWh), circa il 4,2% della domanda elettrica dell’Unione (emissioni evitate: 108 Mt CO2, come 50 milioni di automobili non più in circolazione). La leadership europea nel settore eolico è ancora contesa dalla Germania e dalla Spagna. Nel 2008 è tornata in testa la Germania con 1.665 MW contro i 1.609 MW spagnoli (in totale hanno rispettivamente 23.903 e 16.754 MW). Ma altri paesi mostrano numeri importanti. Tra questi l’Italia con nuovi 1.010 MW che portano ad un totale a fine 2008 di 3.736 MW (oggi al 3° posto nell’UE). Notevole la potenza in Francia (950 MW nel 2008 e con un totale di 3.404 MW) e nel Regno Unito (836 MW e un totale di 3.241 MW). E’ interessante notare anche che per la prima volta si assiste ad uno sviluppo sostanziale dell’eolico nei nuovi Stati Membri, come l’Ungheria, la Bulgaria e la Polonia. Per quanto riguarda l’eolico offshore la potenza rappresenta ancora il 2,3% del totale installato nell’UE: 357 MW nel 2008 per un totale di 1.471 MW. In totale nel mondo si stima che lo scorso anno siano stati installati oltre 27 GW (27.000 MW) eolici che porterebbero il totale a fine anno a quasi 121 GW. Di seguito si riporta la capacità eolica installata in Europa tra la fine del 2007 e la fine del 2008 secondo i dati EWEA.

6.3. LO SVILUPPO DELL’EOLICO IN ITALIA

L’eolico costituisce la fonte energetica a più alto tasso di crescita in Italia. Il 2009 si è chiuso con una potenza eolica efficiente installata di 4850 MW. Nel 2009 sono stati installati più di 1.100 MW e con un dato di produzione elettrica rilevante che evidenzia il significativo apporto dell’eolico al sistema elettrico, con una crescita del settore su base annua superiore al 30%. L'ottimo risultato raggiunto è ancora più importante alla luce dei nuovi obiettivi comunitari al 2020 che, come già ribadito, impegneranno l’Italia ad uno sforzo significativo che potrà vedere il positivo raggiungimento dello stesso a patto che venga sostenuto nel tempo con efficacia e unità di intenti da parte di tutti i soggetti e le Istituzioni interessati.

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Tale dato é da considerarsi estremamente positivo anche in considerazione del permanere di alcune incertezze e difficoltà tuttora esistenti, nonostante le recenti positive novità introdotte dal D.M. Rinnovabili recentemente emanato e pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 2.1.2009, il quadro normativo è ancora incompleto, mancando allo stato i decreti attuativi sulla Autorizzazione Unica Semplificata con connesse linee guida nazionali e ripartizione dell’obiettivo nazionale sulle singole Regioni. I dati del 2008 finalmente sono in linea con gli obiettivi settoriali, e sufficienti a rimettere l'Italia in carreggiata e a ridurre il ritardo accumulato, pertanto occorre sottolineare come tale risultato sia un buon punto di partenza per il raggiungimento degli obiettivi preposti e per consentire di sfruttare a pieno il reale potenziale stimato in oltre 16.000 MW di questa fonte pulita. In particolare la ripartizione dell'obbligo tra le Regioni e la semplificazione delle connessioni, oltre a quella dell’iter autorizzativo unico, dovranno avere quanto prima attuazione per non perdere l'onda positiva di sviluppo che finalmente anche in Italia sta consentendo all’eolico di rivestire il ruolo di sua competenza. Di seguito si riportano le analisi elaborate da GSE per il settore dell’eolico relative agli ultimi dati derivanti dallo studio del periodo di tempo 2004-2008 in cui la produzione di impianti eolici in Italia è cresciuta ad un tasso medio annuo pari al 27%. La Puglia, come può evincersi dalla Tabella 5 conserva il primato in termini di produzione regionale sul totale nazionale pari al 27% nel 2008, malgrado la sua quota fosse pari al 30% nel 2004. Segue la Sicilia col 21%, che dal 2007 ha superato la Campania (20%). Insieme alla Sardegna (13%), queste quattro regioni rappresentano l’82% della produzione totale.

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Tabella 4 - Produzione degli impianti eolici in Italia dal 2004 al 2008

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Tabella 5 - Potenza lorda e numerosità degli impianti eolici in Italia nel 2007 e 2008

L’incremento della potenza installata è dovuto ai 39 nuovi impianti, di cui il 69% situati in Puglia, Campania e Sicilia. La ripartizione per classe di potenza è la seguente (cfr.Tabella 6): - 11 impianti tra 0 e 12 MW; - 14 impianti tra 12 e 24 MW; - 14 impianti maggiore di 24 MW. La suddivisione degli impianti per classe di potenza ha evidenziato che in Italia l’intervallo di potenza tra 1 e 5 MW è quello che contiene il maggior numero di impianti (61). In Puglia l’83% degli impianti ha potenza minore di 25 MW, in Sicilia la classe più numerosa è quella compresa nell’intervallo 5-10 MW e vi sono istallati 2, dei 4 impianti esistenti in Italia, con

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potenza più elevata (ossia compresa tra 70-75MW). La Campania ha il 62% degli impianti compresi nell’intervallo tra 1 e 15 MW. Singolare il caso della Sardegna nella quale il maggior numero di impianti ha potenza compresa nell’intervallo 20-25 MW.

Figura 18 – Distribuzione di potenza e numerosità degli impianti eolici al 2008

Nel quinquennio 2004-2008, la numerosità degli impianti è più che raddoppiata passando dai 120 impianti presenti in Italia nel 2004 ai 242 attuali. Il tasso di crescita medio annuo è stato pari al 19% con 39 impianti istallati solo nell’ultimo anno. Nel 2008 si contano 91 impianti con oltre 1.800 ore di utilizzazione, con una crescita media annua del 10%. Questa percentuale è influenzata dalla performance dimostrata tra il 2006 e il 2007, quando gli impianti caratterizzati da ore di utilizzazione maggiori di 1.800 sono aumentati del 53% (81 nel 2007 a fronte dei 53 del 2006). Il numero di impianti con ore di utilizzazione pari a 0 (ossia con produzione nulla) è in ogni anno intorno al 10% del totale.

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Figura 19 – Ore di utilizzazione degli impianti eolici in Italia

La rappresentazione cartografica della distribuzione regionale della numerosità degli impianti, come può evincersi dalla Figura 20 mostra che in Italia il numero maggiore di installazioni di parchi eolici è presente nelle regioni meridionali. Infatti nell’Italia meridionale vi è il più alto numero di impianti realizzati: in particolare in Puglia ed in Campania, che insieme esprimono oltre il 43% del totale nazionale. Sicilia e Sardegna esprimono valori molto elevati pari rispettivamente al 16,1% ed al 10,3%. In molte Regioni dell’Italia settentrionale non sono stati installati impianti eolici e nelle regioni in cui sono presenti la percentuale è molto bassa. In Italia centrale l’Abruzzo ed il Molise, sono le regioni con la più elevata percentuale, totalizzando più del 13%.

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Figura 20 – Distribuzione regionale in percentuale del numero di impianti a fine 2008

La rappresentazione cartografica della distribuzione del rapporto fra la potenza eolica installata e la superficie regionale, come riportato nella Figura 21, mostra che nell’Italia settentrionale la regione con la più alta concentrazione di capacità per kmq è la Liguria. Nell’Italia centrale il Molise sopravanza l’Abruzzo con 36.830 Watt/Kmq, poiché ha un’estensione territoriale minore. Analogo discorso vale per la Campania (48.008 Watt/kmq) che sopravanza la Puglia (44.498 Watt/kmq), in quanto ha una superficie territoriale meno estesa. Le regioni meridionali comprese la Sicilia e la Sardegna sono caratterizzate da valori più elevati rispetto a quello nazionale.

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Figura 21 – Distribuzione regionale Watt/Kmq a fine 2008

6.4. LO SVILUPPO DELL’EOLICO IN BASILICATA

Il settore eolico ha iniziato a svilupparsi in Basilicata a partire dal 2001 con l’entrata in esercizio dei primi impianti realizzati tramite il provvedimento CIP 6/92. Sulla base dei dati 2005, sul territorio lucano sono attualmente installati 7 impianti eolici per una potenza di 76 MW e una produzione di circa 148 GWh.

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A questi impianti se ne sono aggiunti altri tanto che nel 2008 la potenza istallata complessiva ha raggiunto i 198 MW circa. Nella tabella di seguito si riporta il dettaglio degli impianti in esercizio al 2008.

Tabella 6 - Impianti eolici in esercizio nel 2008 (elaborazioni Regione Basilicata su dati G.S.E. e TERNA)

7. IL PROTOCOLLO D’INTESA ANEV-LEGAMBIENTE-GREENPEACE

L’A.n.e.v. (Associazione Nazionale Energia del Vento) è un’associazione senza fini di lucro, che ha l’obiettivo di 1. concorrere alla promozione e utilizzazione della fonte eolica in un rapporto equilibrato tra insediamenti e natura;

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2. promuove la ricerca e lo sviluppo tecnologico finalizzato all'utilizzo della risorsa vento e all'uso razionale dell'energia; 3. si impegna a raccogliere, elaborare e diffondere dati e ogni informazione utile alla conoscenza delle problematiche correlate all'uso della fonte eolica attraverso i mass - media e qualsiasi altro mezzo di divulgazione, ivi comprese pubblicazioni per conto terzi che non siano in contrasto con lo scopo sociale dell'associazione; 4. si impegna, altresì, in tutte le azioni sopra riportate, ad evidenziare la valenza ambientale della produzione di energia elettrica da fonte eolica in funzione del risparmio energetico e della riduzione delle sostanze inquinanti responsabili del degrado dell'ambiente sia locale che globale. 5. si impegna ad intrattenere rapporti con le istituzioni pubbliche al fine di rappresentare in queste sedi le esigenze dell'associazione e dei suoi associati. L’ A.N.E.V. nel 2007 ha siglato un protocollo d’intesa con Legambiente e Greenpeace per la “Per la promozione dell’eolico in Italia e il suo corretto inserimento nel paesaggio”. Punti qualificanti del protocollo sono i seguenti: Siting L’individuazione del sito dovrà avvenire sulla base: • di uno studio delle potenzialità anemologiche locali necessarie alla valutazione della producibilità energetica dell'impianto, • di uno studio che oltre agli impatti dell’opera sull’ambiente evidenzi anche quelli sulla realtà socioeconomica locale; • di uno studio che evidenzi l’impatto visivo sul patrimonio naturale, storico, monumentale e paesistico - ambientale, direttamente interessato, necessario a valutare il grado di integrabilità dell’impianto nel paesaggio. Possibili misure di mitigazione dell’impatto visivo potranno essere l’interramento dei cavidotti a media e bassa tensione, propri dell’impianto e di collegamento alla rete elettrica, una distanza minima dalle abitazioni, la riduzione dell’effetto “selva” dai punti di vista più sensibili, in particolare dai centri abitati limitrofi, l’utilizzo di soluzioni cromatiche particolari. Progetto • La presentazione del progetto dovrà essere accompagnata da un atto di impegno al ripristino del sito e relativo piano ambientale, tecnico ed economico. • Dovranno essere definite prioritariamente azioni si informazione e sensibilizzazione per la condivisione del progetto da parte delle popolazioni e delle autorità locali.

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Minimizzazione impatto Al fine di minimizzare l’impatto sul territorio e sull’ambiente i firmatari del protocollo d’intesa si impegnano a: • minimizzare le modifiche dell’habitat in fase di cantiere e di esercizio, e ripristino della eventuale flora eliminata nel corso dei lavori di costruzione e restituzione alla destinazione originaria delle aree di cantiere; • attenzione alla stabilità dei pendii evitando pendenze in cui si possono innescare fenomeni di erosione; • utilizzare i percorsi di accesso presenti se tecnicamente possibile ed adeguamento dei nuovi eventualmente necessari alle tipologie esistenti se pienamente integrate nel paesaggio; Inoltre vengono individuate delle aree nelle quali escludere la realizzazione di impianti: • aree di nidificazione di rapaci o uccelli che utilizzano pareti rocciose e a grotte utilizzate da popolazioni di chirotteri; • aree corridoio per l’avifauna migratoria interessate da flussi costanti nei periodi primaverili e autunnali; • aree con presenza di alberi ad alto fusto; • zone A di parchi regionali e nazionali; • aree archeologiche; • ambiti con insediamenti ad una distanza inferiore ai 300 metri dagli impianti; Al fine di minimizzare l’impatto visivo e paesaggistico dovrà essere limitata • l’interferenza visiva degli impianti considerando i punti di vista prioritari della porzione di territorio da cui l’impianto è chiaramente visibile; • impedita l’alterazione del valore panoramico del sito oggetto dell’installazione ossia del quadro dei centri abitati e delle principali emergenze storiche, architettoniche, naturalistiche e dei punti di vista panoramici da cui l’impianto è chiaramente visibile; • ridotti gli effetti visivi negativi dovuti all’addensamento di impianti dai punti di vista più sensibili, in particolare dai limitrofi centri abitati. Dovranno essere: • utilizzate torri tubolari o eventualmente a traliccio, per questi ultimi deve essere dimostrato, attraverso un apposito studio, la migliore compatibilità paesaggistica rispetto al paesaggio oggetto di intervento; • utilizzate soluzioni cromatiche neutre e di vernici antiriflettenti; Via del Gallitello,89 – 85100 Potenza Tel 0971.26378 fax 0971.1940737 64

• interrati i cavidotti a media e bassa tensione, propri dell’impianto e di collegamento alla rete elettrica. Come si potrà evincere dal Quadro di Riferimento Progettuale e dal Quadro di Riferimento Ambientale il progetto in esame è conforme alle indicazioni del protocollo d’intesa, indicazioni che, peraltro, sono contenute in sostanza anche all’interno delle linee guida dettate dal Piano Energetico Regionale cui, ovviamente, il progetto fa riferimento.

8. LA NORMATIVA DI RIFERIMENTO: SETTORE ENERGETICO

Gli strumenti principali di programmazione riguardanti l’oggetto del presente studio sono: • atti legislativi di livello nazionale con funzione di indirizzo generale in materia di programmazione nel settore; • atti di programmazione regionale con funzione di indirizzo e programmazione operativa. • normativa nel settore della pianificazione e della tutela del territorio e dell’ambiente a livello nazionale, regionale e comunale.

8.1. IL PIANO ENERGETICO NAZIONALE

Il primo strumento di rilievo a sostegno delle fonti rinnovabili è stato il Piano Energetico Nazionale (P.E.N.), approvato il 10 agosto 1988. Gli obiettivi contenuti nel P.E.N. sono: • promozione dell'uso razionale dell'energia e del risparmio energetico; • adozione di norme per gli autoproduttori; • sviluppo progressivo di fonti di energia rinnovabile. Le leggi n. 9 e n. 10 del 9 gennaio 1991 hanno attuato il Piano Energetico Nazionale. Il successivo provvedimento C.I.P. 6/92 che ha stabilito prezzi incentivanti per la cessione all’Enel di energia elettrica prodotta con impianti da fonti rinnovabili o simili, pur con le sue limitazioni, ha rappresentato un importantissimo strumento utilizzato per le fonti rinnovabili in Italia. La legge del 9 gennaio 1991 n. 9 dal titolo “Norme per l'attuazione del nuovo Piano Energetico Nazionale: aspetti istituzionali, centrali idroelettriche ed elettrodotti, idrocarburi e geotermia,

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autoproduzione e disposizioni fiscali” ha introdotto una parziale liberalizzazione della produzione dell'energia elettrica da fonti rinnovabili e assimilate. La legge ha in pratica esteso a tutti gli impianti utilizzanti fonti rinnovabili il regime di liberalizzazione previsto dalla L. 382/82 per gli impianti fino a 3 MW ed ha concesso l'utilizzo di tale energia all'interno di consorzi di autoconsumatori (non è invece possibile distribuire o vendere l'energia a terzi). L'art. 20 della citata legge, modificando la legge n. 1643 del 6 dicembre 1962, ha consentito alle imprese di produrre energia elettrica per autoconsumo o per la cessione all'E.N.E.L. La Legge 9/1991 ha introdotto incentivi alla produzione di energia elettrica da fonti di energia rinnovabili o assimilate e in particolare da impianti combinati di energia e calore. La stessa Legge ha dedicato un articolo anche al problema della circolazione dell'energia elettrica prodotta da impianti che usano fonti rinnovabili e assimilate. La legge 10/91 dal titolo “Norme in materia di uso razionale dell’energia, di risparmio energetico e di sviluppo delle fonti rinnovabili di energia“ ha posto come principali obiettivi gli stessi pronunciati in ambito Europeo: uso razionale dell’energia, contenimento dei consumi nella produzione e nell’utilizzo di manufatti, impiego di fonti rinnovabili, una più rapida sostituzione degli impianti nei settori a più elevata intensità energetica. In particolare, in sede europea, sono stati fissati due obiettivi: il raddoppio del contributo in fonti rinnovabili sui fabbisogni, e la riduzione dei consumi del 20% al 2010. La Legge in esame ha previsto inoltre che i comuni con più di 50.000 abitanti disponessero di un proprio Piano Energetico Locale per il risparmio e la diffusione delle fonti rinnovabili. Ancora gli artt. 11, 12 e 14 della 10/91 hanno previsto la possibilità di erogare contributi per studi e realizzazioni nel campo delle energie rinnovabili. Come può facilmente evincersi dalle date delle normative richiamate nel presente paragrafo, il P.E.N. costituisce allo stato dell’arte uno strumento alquanto datato e forse non più in grado di reggere il passo con lo sviluppo del mercato energetico attuale: è volontà politica di questi ultimi tempi quella di aggiornare il Piano per adeguarlo alle sopravvenute esigenze in materia di energia, di promozione delle rinnovabili e ai recenti riferimenti della Normativa Europea. A tal fine il Ministro dello Sviluppo Economico dovrà convocare una “Conferenza nazionale dell’ energia e dell’ ambiente” d’ intesa con il Ministro dell’ Ambiente. La strategia del “piano energetico nazionale” dovrebbe essere orientata verso più direzioni, tra cui: • diversificazione delle fonti energetiche;

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• nuove infrastrutture; • efficienza energetica; • sostenibilità ambientale nella produzione e negli usi dell’ energia; • promozione delle fonti rinnovabili; • realizzazione di impianti per la produzione di energia elettrica da fonte nucleare; • potenziamento della ricerca nel settore energetico con particolare riferimento allo sviluppo del nucleare; • potenziamento della partecipazione ad accordi internazionali sulla ricerca nel settore energetico.

8.2. LA LEGGE REGIONALE 9/2007 E LA REDAZIONE DEL P.I.E.A.R. DELLA BASILICATA

La legge regionale 26 aprile 2007, n. 9 dal titolo “Disposizioni in materia di energia” ha stabilito all’art. 2 che il Piano di Indirizzo Energetico Ambientale Regionale (P.I.E.A.R.) dovesse definire: a) i fabbisogni energetici stimati e le relative dotazioni infrastrutturali necessarie; b) gli obiettivi di risparmio energetico ed efficienza energetica negli usi finali; c) gli obiettivi di sviluppo delle fonti rinnovabili ivi comprese quelle connesse al settore agricolo e forestale; d) gli obiettivi di diversificazione delle fonti energetiche e di riduzione della dipendenza dalle fonti fossili; e) gli obiettivi di qualità dei servizi energetici; f) gli obiettivi di sviluppo delle reti energetiche, tenuto conto dei programmi pluriennali che i soggetti operanti nella distribuzione, trasmissione e trasporto di energia presentano; g) gli indirizzi e le linee guida per la prevenzione dell’inquinamento luminoso; h) le azioni per la soddisfazione dei fabbisogni ed il raggiungimento degli obiettivi di cui al presente comma e le risorse necessarie. L’art’ 4 della Legge Regionale recita così: “La Regione sostiene il risparmio energetico e l’uso delle fonti rinnovabili attraverso programmi finanziati con risorse comunitarie, nazionali e regionali”. Lo stesso articolo introduce anche il principio per il quale chi vorrà sfruttare il territorio ai fini della produzione energetica dovrà versare nelle casse della Regione delle compensazioni ambientali",

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anche in aggiunta a quelle concordate con le Amministrazioni comunali per costituire così un fondo regionale.

8.3. IL PIANO DI INDIRIZZO ENERGETICO AMBIENTALE REGIONALE (P.I.E.A.R.)

Il Piano di Indirizzo Energetico Ambientale Regionale è stato adottato dalla Giunta Regionale della Basilicata il 22 aprile del 2009 ed approvato dal Consiglio nella notte tra il 13 e il 14 gennaio 2010. Il P.I.E.A.R. copre l’intero territorio regionale e, ai sensi dell’art. 1 della già citata legge regionale 26 aprile 2007 n. 9, fissa le scelte fondamentali di programmazione regionale in materia di energia, il suo orizzonte temporale è fissato all’anno 2020. Il Piano Energetico si compone di tre parti; la prima, dal titolo “COORDINATE GENERALI DEL CONTESTO ENERGETICO REGIONALE”, analizza l’evoluzione storica del settore energetico della Regione Basilicata, e fornisce un resoconto esaustivo dell’attuale scenario energetico esibendo dati concernenti l’offerta di energia relativamente a fonti convenzionali, infrastrutture energetiche e fonti rinnovabili, e definisce il bilancio energetico degli anni 2004 e 2005, da cui si può dedurre che la Basilicata esporta energia proveniente prevalentemente da fonti energetiche primarie convenzionali (petrolio grezzo e gas naturale) e in misura minore da fonti rinnovabili (energia idroelettrica, eolica, solare elettrica e termica, biomasse – principalmente legna – RSU) ed un’importatrice netta di energia elettrica dalle regioni circostanti (51% del fabbisogno nel 2005). I consumi energetici regionali nel 2005 (meno dell’1% dei consumi nazionali) risultano così ripartiti tra i vari settori: 39% industria, 30% trasporti, 16% residenziale, 10% terziario e 5% agricoltura e pesca. La seconda parte del piano, dal titolo “SCENARI EVOLUTIVI DELLO SVILUPPO ENERGETICO REGIONALE“, traccia le evoluzioni future della domanda e dell’offerta di energia, sulla base delle risultanze emerse nella prima parte. Secondo una stima del trend di crescita della domanda di energia per usi finali in Basilicata si registrerebbe al 2020 rispetto al 2005 un aumento del 35% della domanda di energia dovuto principalmente alla crescita del consumo energetico del settore industriale. L’analisi della domanda di energia è completata analizzando il trend di crescita della domanda di energia per usi finali dal 2005 al 2020 disaggregata per tutte le tipologie di fonti di energia esistenti in regione (prodotti petroliferi, gas naturale, fonti rinnovabili e energia elettrica); secondo tale previsione si avrebbe un lieve incremento del consumo di prodotti petroliferi (+13%) e

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gas naturale (+7%), un aumento del consumo di energia elettrica (+45%) ed il raddoppio del peso della domanda di energia da fonti rinnovabili sul totale della domanda (+95%). Per quanto riguarda l’andamento dell’offerta di energia si prevede un picco di produzione negli anni 2009 e 2010 delle fonti primarie di energia, petrolio e gas naturale rispettivamente, un loro declino seppur contenuto fino al 2018 e un forte potenziale produttivo delle fonti secondarie: generazione termoelettrica da gas naturale e fonti rinnovabili (eolico, solare fotovoltaico, idroelettrico, biomasse). La terza parte dal titolo “OBIETTIVI E STRUMENTI DELLA POLITICA ENERGETICA REGIONALE”, definisce gli obiettivi strategici e gli strumenti della politica energetica regionale a partire da quelli indicati dalla Unione Europea e dagli impegni assunti dal Governo italiano. Gli obiettivi strategici, proiettati al 2020, riguardano in particolare l’aumento della produzione di energia da fonti rinnovabili, il contenimento dei consumi energetici ed inoltre, il sostegno della ricerca e dell’innovazione tecnologica a supporto della produzione di componentistica e di materiali innovativi nel settore dell’efficienza energetica e della bioarchitettura. Sono previste inoltre attività di armonizzazione normativa e semplificazione amministrativa, funzionali al conseguimento degli obiettivi prefissati al fine di rendere più efficace e trasparente l’azione amministrativa. Parte integrante della struttura del Piano è costituita dall’Appendice A che indica i “Principi generali per la progettazione, la realizzazione, l’esercizio e la dismissione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili”. Il punto 3 di tale Appendice nello specifico riguarda gli impianti eolici e fornisce le indicazioni per un corretto insediamento degli impianti eolici sul territorio lucano nell’ottica della promozione della qualità degli interventi e dell’integrazione degli stessi con l’ambiente circostante.

8.4. I CONTENUTI DELL’APPENDICE A PER GLI IMPIANTI EOLICI DI GRANDE GENERAZIONE

Questa appendice definisce i principi generali per la progettazione, la realizzazione, l’esercizio e la dismissione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili. Il capitolo 1.2 è interamente dedicato agli impianti eolici e contiene le procedure per la realizzazione e l’esercizio degli stessi.

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Per quello che riguarda gli impianti di grande generazione (cap.1.2.1), il PIEAR suddivide il territorio regionale in due macro aree che di seguito si indicano: • aree e siti non idonei; • aree e siti idonei, suddivisi in: 9 aree di valore naturalistico, paesaggistico e ambientale; 9 aree permesse.

Le aree e siti non idonei sono aree che per effetto dell’eccezionale valore ambientale, paesaggistico, archeologico e storico, o per effetto della pericolosità idrogeologica, si ritiene necessario preservare. In queste aree pertanto non è consentita la realizzazione di impianti eolici di macrogenerazione. In questa categoria ricadono: • le Riserve Naturali regionali e statali; • le aree S.I.C. e quelle pSIC; • le aree Z.P.S. e quelle pZPS; • le Oasi W.W.F.; • i siti archeologici e storico-monumentali con fascia di rispetto di 1.000 m; • le aree comprese nei Piani Paesistici di Area vasta soggette a vincolo di conservazione A1 e A2, escluso quelle interessate dall’elettrodotto dell’impianto quali opere considerate secondarie; • le superfici boscate governate a fustaia; • le aree boscate ed a pascolo percorse da incendio da meno di 10 anni dalla data di presentazione dell’istanza di autorizzazione; • le fasce costiere per una profondità di almeno 1.000 m; • le aree fluviali, umide, lacuali e le dighe artificiali con fascia di rispetto di 150 m dalle sponde (ex D.lgs n.42/2004) ed in ogni caso compatibile con le previsioni dei Piani di Stralcio per l’Assetto Idrogeologico; • i centri urbani. A tal fine è necessario considerare la zona all’interno del limite dell’ambito urbano previsto dai regolamenti urbanistici redatti ai sensi della L. R. n. 23/99; • aree dei Parchi Nazionali e Regionali esistenti; • aree comprese nei Piani Paesistici di Area Vasta soggette a verifica di ammissibilità; • aree sopra i 1.200 m di altitudine dal livello del mare;

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• aree di crinale individuate dai Piani Paesistici di Area Vasta come elementi lineari di valore elevato. Le aree e i siti idonei invece, sono a loro volta suddivisi in: • aree idonee di valore naturalistico, paesaggistico e ambientale. Ai fini del Piano, sono aree con un valore naturalistico, paesaggistico ed ambientale medio-alto le aree dei Piani Paesistici soggette a trasformabilità condizionata o ordinaria, i Boschi governati a ceduo e le aree agricole investite da colture di pregio (quali ad esempio le D.O.C., D.O.P., I.G.T., I.G.P., ecc.). In tali aree è consentita esclusivamente la realizzazione di impianti eolici, con numero massimo di dieci aerogeneratori, realizzati da soggetti dotati di certificazione di qualità (I.S.O.) ed ambientale (I.S.O. e/o E.M.A.S.). • Aree idonee: in questa categoria ricadono tutte le aree e i siti che non ricadono nelle altre. Il parco eolico di Banzi rientra in questa fattispecie.

8.5. LA L.R. N. 1 DEL 19/01/2010 “NORME IN MATERIA DI ENERGIA E P.I.E.A.R”

La L.R. n. 1 del 19 gennaio 2010, la cosiddetta legge istitutiva del Piano energetico regionale, definisce all’art. 1 le procedure per l’applicazione del P.I.E.A.R. e le modalità per le eventuali modifiche e all’ art. 2 ne sancisce l’efficacia. L’art. 3 della Legge definisce lo svolgimento del procedimento unico volto al rilascio dell’Autorizzazione Unica prevista dal D.Lgs 387/2003 con lo scopo di semplificare e dare velocità alla fase procedimentale prevede l’emanazione di un apposito disciplinare che definisca in un “unicum” le modalità procedimentali delle varie fasi che caratterizzano il rilascio dell’Autorizzazione Unica. L’art. 4 della legge intende contemperare le esigenze di legalità dell’operato della Pubblica Amministrazione, con quella di evitare pregiudizi ad interessi e legittime aspettative, già maturate nell’ambito del procedimento di V.I.A. relativamente all’esame dei Progetti conclusisi con esito positivo per i quali deve essere assicurato un esame separato. L’art. 5 introduce una “clausola” valutativa, proprio in ragione del fatto che il PIEAR disciplina politiche complesse, presupponenti una serie di eventi ed azioni di non semplice applicazione. Per queste motivazioni prefigura un controllo sull’attuazione del PIEAR al fine di valutare l’efficacia delle politiche.

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8.6. IL PROGRAMMA OPERATIVO F.E.S.R. 2007-2013

Coerentemente con il Regolamento CE n. 1080/2006 e con gli indirizzi contenuti nel Quadro Strategico Nazionale 2007-20013 il Programma Operativo F.E.S.R. 2007-2013 è volto a promuovere la crescita economica e a migliorare la capacità di innovazione per qualificare la Basilicata come territorio aperto, attrattivo, competitivo, inclusivo e coeso, valorizzando in particolare le sue risorse ambientali ed umane e sostenere la sua transizione verso l'obiettivo "Competitività ed occupazione". Al fine di attuare tale strategia di sviluppo regionale può contare su una dotazione finanziaria, fra contributo comunitario e nazionale di 752 milioni di euro, che sarà ripartita sugli otto assi individuati e che la politica regionale intende perseguire fino al 2013. Gli otto assi prioritari sono: I - Accessibilità: assicurare ai cittadini e alle imprese elevati standard di accessibilità e qualità di servizi per la mobilità di merci e persone, mediante il potenziamento delle reti di trasporto e dei sistemi logistici; II - Società della conoscenza: fare della Basilicata una società incentrata sull’economia della conoscenza attraverso il potenziamento della ricerca e la diffusione delle nuove tecnologie e lo sviluppo delle reti ICT; III - Competitività produttiva: migliorare il sistema produttivo della Basilicata a livello settoriale e territoriale sui mercati nazionali ed internazionali; IV - Valorizzazione dei beni culturali e naturali: accrescere e rendere competitivo lo sviluppo turistico sostenibile, valorizzando le risorse culturali e naturali e della biodiversità presenti sul territorio regionale; V - Sistemi urbani: favorire lo sviluppo regionale delle città attraverso il potenziamento delle reti urbane innovative, la diffusione dei servizi avanzati di qualità e l’innalzamento degli standard di qualità e vivibilità per i residenti e promuovere l’inclusione sociale; VI - Inclusione sociale: rafforzare, ampliare, riqualificare e sostenere i servizi volti alla promozione dell’inclusione sociale per garantire una migliore accessibilità e qualità dei servizi collettivi; VII - Energia e sviluppo sostenibile: valorizzare le risorse energetiche e migliorare gli standard dei servizi ambientali per promuovere lo sviluppo sostenibile e tutelare la salute e la sicurezza dei cittadini e delle imprese; VIII - Governance e assistenza tecnica: accrescere la capacità delle amministrazioni pubbliche, mediante il rafforzamento e la qualificazione delle attività di indirizzo, implementazione, gestione, Via del Gallitello,89 – 85100 Potenza Tel 0971.26378 fax 0971.1940737 72

sorveglianza e controllo per una maggiore efficacia ed efficienza nell’attuazione del PO, cofinanziato dal Fondo FESR. Il PO FESR Basilicata 2007-2013, così come richiesto dalla Commissione Europea, assegna più del 7% (7,41% pari a 55.720.000,00 Euro) del proprio costo pubblico totale (pari a 752.186.373,00 Euro) per sostenere gli investimenti in campo energetico.

Tabella 7- Asse VII – Energia e Sviluppo sostenibile - fonte Regione Basilicata

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9. LA NORMATIVA DI RIFERIMENTO: SETTORE AMBIENTALE

Per quanto riguarda il settore paesaggistico-ambientale i principali riferimenti normativi sono i seguenti: • D.L. 30 dicembre 1923, n. 3267 “Riordinamento e riforma della legislazione in materia di boschi e di terreni montani”; • Legge 29 giugno 1939, n. 1497 “Protezione delle bellezze naturali” (abrogata dal D.Lgs n. 490/99); • R.D. 3 giugno 1940, n. 1357 “Regolamento per l’applicazione della legge 29 giugno 1939, n. 1497, sulla protezione delle bellezze naturali”; • Direttiva europea n. 92/42/CEE del Consiglio del 21 maggio 1992 (Direttiva Habitat) “Conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatica”; • DPR 8 settembre 1997 n. 357 di recepimento della Direttiva 92/43/CEE; • Dlgs n. 490/99 “testo unico delle disposizioni legislative in materia di beni culturali e ambientali, a norma dell’articolo 1 della legge 8 ottobre n. 352”; • Legge 11 dicembre 2000 n. 365 (Soverato) “Conversione in legge, con modificazioni, del decreto legge 12 ottobre 2000, n. 279, recante interventi urgenti per le aree a rischio idrogeologico molto elevato ed in materia di protezione civile, nonché a favore delle zone della Regione Basilicata danneggiate dalle calamità idrogeologiche di settembre ed ottobre 2000”; • DGR Regione Basilicata del 13.12.2004, n. 2920, “Atto di indirizzo per il corretto inserimento degli impianti eolici sul territorio regionale – modifiche alla DGR n. 1138 del 24.06.2002”. • Dlgs 22 gennaio 2004, n, 42 “Codice dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi dell’articolo 10 della legge 6 luglio 2002, n. 137”; • Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 12 dicembre 2005 “Individuazione della documentazione necessaria alla verifica della compatibilita' paesaggistica degli interventi proposti, ai sensi dell'articolo 146, comma 3, del Codice dei beni culturali e del paesaggio di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42.” • D.Lgs n. 152 del 3 aprile 2006 “Norme in materia ambientale”; • D.Lgs del 16 gennaio 2008 n. 4 cosiddetto "Correttivo unificato"

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Nei successivi paragrafi saranno analizzati gli eventuali vincoli territoriali presenti nell’area interessata dalla realizzazione del parco eolico di Banzi in riferimento a dette normative e la compatibilità dell’intervento con le stesse.

9.1. IL TESTO UNICO SULL’AMBIENTE (D.LGS N. 152/2006)

Il D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152 costituisce attuazione della legge delega 15.12.2004 n. 304 e regola cinque settori: 1) VAS, VIA e IPPC, 2) Suolo e acque, 3) Rifiuti, 4) Aria, 5)Danno ambientale. Il decreto legislativo in oggetto ha subito vari aggiornamenti attraverso le leggi successive n. 284/06; e n. 17/07. Il D.Lgs n. 04/08 infine ha apportato ulteriori modifiche ed integrazioni, giustificate dall’art. 1, comma 6 Legge delega 308/04 che prevede la possibilità di disposizioni correttive ed integrative “entro due anni dalla data di entrata in vigore” del decreto di attuazione (cioè dal 3 aprile 2006). La prima parte del D.Lgs 152/06 conteneva, in tre articoli, alcune “disposizioni comuni” che restano (ambito di applicazione, finalità, criteri per l’adozione di provvedimenti successivi), ma con il nuovo testo vi è stata l’integrazione con alcuni “principi generali”. La parte seconda del nuovo testo relativa alle procedure di VAS, VIA, IPPC, è stata completamente riscritta, nel complesso con un criterio unitario, poggiando gli istituti su una filosofia comune: trattasi di un testo più snello (33 articoli invece di 49), diviso in cinque titoli: principi generali; VAS, VIA, valutazione ambientale interregionale e transfrontaliera; norme transitorie e finali. Sui principi non vi sono differenze significative rispetto al testo precedente. La parte terza del nuovo testo non modifica le norme in difesa del suolo, mentre quelle in difesa delle acque, dell’inquinamento hanno ricevuto limitate modifiche nel complesso più restrittive.

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9.2. LE NOVITÀ IN MATERIA DI V.I.A. INTRODOTTE DAL D.LGS DEL 16 01 2008 N. 4

Il Decreto Legislativo n. 4 del 2008 introduce rilevanti e numerose innovazioni rispetto al testo della Parte seconda del Decreto 152/2006, soprattutto per ciò che concerne V.A.S., V.I.A. ed I.P.P.C.: tale scelta è stata finalizzata a correggere i numerosi vizi rispetto alle previsioni della legge delega 308/2004 e le inadempienze rispetto alle pertinenti Direttive Europee. Elementi rilevanti del D.Lgs 4/2008 sono costituiti da: • eliminazione dell’erronea assimilazione delle discipline relative alla V.A.S. a quelle relative alla V.I.A. ed all’I.P.P.C.; • corretto recepimento degli ambiti di applicazione rispetto a quanto previsto dalle direttive europee per V.A.S. e V.I.A., • chiara individuazione delle competenze statali e regionali sia per la V.A.S. sia per la V.I.A.; • esplicita previsione di norme di coordinamento e semplificazione dei procedimenti; • adeguata strutturazione delle modalità di informazione e partecipazione dei cittadini ai procedimenti di V.A.S. e di V.I.A.; • scelta di identici modelli procedimentali relativamente alla V.A.S. ed alla V.I.A. per i procedimenti di competenza statale ed i procedimenti di competenza regionale, • completa abrogazione delle norme previgenti in materia di valutazione di impatto ambientale. Sostanzialmente La nuova disciplina V.I.A. V.A.S. E I.P.P.C. in vigore dal 13 febbraio 2008 sostituisce integralmente la Parte II del D.Lgs 152/2006.

9.3. I PRINCIPI GENERALI V.I.A./V.A.S. (ARTICOLI 4 - 10)

Nel nuovo D.Lgs. aumenta il numero delle disposizioni comuni per V.I.A., V.A.S. e I.P.C.C. che passano dai 3 articoli previsti nel D.Lgs 152/2006, versione ante "Correttivo" (artt. 4-6), ai 7 articoli recanti "principi generali" in vigore dal 13 febbraio 2008. Il "nuovo" articolo 7 disciplina le competenze, senza porre innovazioni rispetto ai criteri di delimitazione tra V.A.S. statale e regionale che continuano a dipendere dall'Autorità competente - Stato o Regione - per l'approvazione del piano/programma; cambiano invece gli stessi criteri in

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relazione alla V.I.A., mediante l'individuazione puntuale dei progetti sottoposti a VIA statale (elencati nel nuovo allegato II) o a V.I.A. regionale (allegati III e IV). Per i provvedimenti statali rimane competente il Ministero dell’Ambiente, che opera di concerto con il Ministro Beni Culturali. Per i provvedimenti regionali, l'Autorità competente è la P.A. con compiti di tutela e protezione ambientale, individuata dalle leggi regionali. Alle Regioni, spetta il compito di disciplinare in particolare: • i criteri per l'individuazione degli enti locali interessati e dei soggetti competenti; • le eventuali ulteriori modalità per l'individuazione dei piani o progetti da sottoporre a V.I.A./V.A.S. o per le modalità di consultazione; • in ambito V.A.S., le modalità di partecipazione delle Regioni confinanti. Il supporto tecnico-scientifico è assicurato dalla "Commissione tecnica di verifica dell'impatto ambientale" (articolo 7), i cui membri, che restano in carica per un triennio, sono nominati tramite D.M. Ambiente; in caso di progetti sottoposti a Via statale, la suddetta Commissione dovrà coordinarsi con la "Commissione istruttoria per l'Autorizzazione ambientale integrata" (entrambe le commissioni sono state istituite dal D.P.R. 90/2007). Rientrano nelle disposizioni comuni alla V.I.A.-V.A.S. anche le norme sulla modalità di partecipazione, i cui principi generali sono fissati dall'articolo 8 che prevede la possibilità, ove utile, di indire una o più Conferenze di servizi e/o stipulare accordi che semplifichino e migliorino l'efficacia dei procedimenti. L'ultimo articolo dei principi generali (articolo 10), infine, è dedicato alle "norme per il coordinamento e la semplificazione dei procedimenti", dedicate a chiarire il rapporto tra procedure V.I.A. E A.I.A. (statali o regionali), tra procedure V.I.A./V.A.S. e Valutazione d'incidenza nonché tra procedure V.I.A. e V.A.S..

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9.4. DECISIONE DELLA V.I.A.

L'Autorità competente conclude - qualora non vi sia necessità di integrazioni della documentazione - il procedimento di V.I.A. con provvedimento "espresso e motivato", entro 150 giorni dalla presentazione dell'istanza o, nel caso di indagini particolarmente complesse, entro 210 giorni dalla data di presentazione dell'istanza: il provvedimento deve contenere le condizioni per la realizzazione, l'esercizio e la dismissione dei progetti, nonché quelle relative a eventuali malfunzionamenti. Entro 120 giorni dalla presentazione dell'istanza, l'Autorità può comunque chiedere integrazioni alla documentazione, in un'unica soluzione, che il proponente deve fornire entro 60 giorni (prorogabili di altri 60). Qualora queste integrazioni vengano ritenute "rilevanti per il pubblico", il proponente dovrà depositarne copia presso l'Autorità competente e darne avviso a mezzo stampa, secondo le consuete modalità; a partire dalla data delle pubblicazione, chiunque sia interessato può presentare osservazioni aggiuntive entro massimo 60 giorni, e il provvedimento di V.I.A. dovrà essere espresso entro 90 giorni. I progetti devono essere realizzati entro 5 anni, dopodiché, a meno di proroga espressa, la procedura di V.I.A. deve essere reiterata. Il provvedimento di V.I.A. deve essere pubblicato: • per intero, sul sito web dell'autorità competente (con indicazione del luogo ove si possono consultare tutti i documenti); • per estratto (opera, esito e luoghi per la consultazione) sulla Gazzetta ufficiale o sul Bollettino regionale, in dipendenza del tipo di procedura. Da quest'ultima pubblicazione scatteranno i termini per le impugnazioni giurisdizionali del provvedimento. • Il provvedimento di V.I.A. deve specificatamente contenere "ogni opportuna indicazione" per la progettazione e lo svolgimento del controllo e monitoraggio degli impatti, anche tramite il sistema Apat/Arpa, con l'obiettivo di assicurare il controllo degli impatti significativi sull'ambiente, la corrispondenza alle prescrizioni espresse, nonché - in caso di impatti negativi non previsti – per adottare le misure correttive, che dovranno essere "tempestive". Le Autorità coinvolte dovranno informare le modalità e i risultati del monitoraggio, tramite i propri siti web.

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9.5. IL CODICE DEI BENI CULTURALI E DEL PAESAGGIO

Il riferimento normativo principale in materia di tutela del paesaggio è costituito dal “Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio” definito con Decreto Legislativo del 22 gennaio 2004, n. 42, ai sensi dell’articolo 10 della legge 6 luglio 2002, n. 137 ed entrato in vigore il 1° maggio 2004 che ha abrogato il ”Testo Unico della legislazione in materia di beni culturali e ambientali”, istituito con D. Lgs. 29 ottobre 1999, n. 490. Ai sensi di tale normativa, gli strumenti che permettono di individuare e tutelare i beni paesaggistici sono: • la dichiarazione di notevole interesse pubblico su determinati contesti paesaggistici, effettuata con apposito decreto ministeriale ai sensi degli articoli 138 - 141; • le aree tutelate per legge elencate nell'art. 142 che ripete l'individuazione operata dall'ex legge "Galasso" (Legge n. 431 dell'8 agosto 1985); • i Piani Paesaggistici i cui contenuti, individuati dagli articoli 143, stabiliscono le norme di uso dell'intero territorio. L’art. 142 del Codice elenca come sottoposte in ogni caso a vincolo paesaggistico ambientale le seguenti categorie di beni: a) i territori costieri compresi in una fascia della profondità di 300 metri dalla linea di battigia, anche per i terreni elevati sul mare; b) i territori contermini ai laghi compresi in una fascia della profondità di 300 metri dalla linea di battigia, anche per i territori elevati sui laghi; c) i fiumi, i torrenti ed i corsi d'acqua iscritti negli elenchi previsti dal testo unico delle disposizioni di legge sulle acque ed impianti elettrici, approvato con regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775, e le relative sponde o piede degli argini per una fascia di 150 metri ciascuna; d) le montagne per la parte eccedente 1.600 metri sul livello del mare per la catena alpina e 1.200 metri sul livello del mare per la catena appenninica e per le isole; e) i ghiacciai ed i circhi glaciali; f) i parchi e le riserve nazionali o regionali, nonché i territori di protezione esterna dei parchi; g) i territori coperti da foreste e da boschi, ancorché percorsi o danneggiati dal fuoco, e quelli sottoposti a vincolo di rimboschimento; h) le aree assegnate alle Università agrarie e le zone gravate da usi civici;

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i) le zone umide incluse nell'elenco previsto dal decreto del Presidente della Repubblica 13 marzo 1976, n. 448; j) i vulcani; k) le zone di interesse archeologico. Il futuro Parco eolico sito nel territorio comunale di Banzi non ricade in area soggetta a tutela di cui all’art. 142 del D.Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42 "Codice dei beni culturali e del paesaggio”; tuttavia ricade a debita distanza (specialmente gli aerogeneratori posti all’estremità sud-ovest) da una zona vincolata ai sensi della ex lege 1497/39. Si riporta di seguito il testo del decreto istitutivo del vincolo: DELIBERAZIONE DEL CONSIGLIO REGIONALE DEL 29 NOVEMBRE 1985, N. 38. DICHIARAZIONE DI NOTEVOLE INTERESSE PUBBLICO DI UNA ZONA IN COMUNE DI BANZI IL CONSIGLIO REGIONALE VISTO IL DELIBERATO DELLA GIUNTA REGIONALE N. 5410 DELL'11 OTTOBRE 1985 CON CUI SI PROPONE DI INCLUDERE, IN QUANTO DI NOTEVOLE INTERESSE PUBBLICO, NEGLI ELENCHI DI CUI ALLA LEGGE 29 GIUGNO 1939, N. 1497 ART. 1 NUMERI 3 E 4 UNA ZONA FACENTE PARTE DEL TERRITORIO COMUNALE DI BANZI; VISTO IL REGOLAMENTO APPROVATO CON REGIO DECRETO 3 GIUGNO 1940, N. 1357 ; VISTA LA LEGGE REGIONALE N. 9 DEL 4 MAGGIO 1981; VISTO IL VERBALE DELLA COMMISSIONE PROVINCIALE DI POTENZA PER LA PROTEZIONE DELLE BELLEZZE NATURALI, ALLEGATO AL PRESENTE PROVVEDIMENTO DEBITAMENTE PUBBLICATO ALL'ALBO DEL COMUNE DI BANZI; PRESO ATTO CHE LE OPPOSIZIONI AL VINCOLO IN PAROLA SONO STATE RESPINTE DALLA COMMISSIONE SOPRACITATA; PRESO ATTO DEGLI OBBLIGHI CHE INCOMBONO SUI PROPRIETARI E POSSESSORI DI IMMOBILI RICADENTI NELL'AEREA DICHIARATA DI PUBBLICO INTERESSE COSI' COME FORULATI NELLA PREMESSA DEL DELIBERATO DI GIUNTA E DELLE MOTIVAZIONI CHE HANNO DETERMINATO IL VINCOLO; VISTO IL PARERE DELLA QUINTA COMMISSIONE CONSILIARE PERMANENTE; ALL'UNANIMITA' DEI VOTI, ESPRESSI DAI VENTIDUE CONSIGLIERI PRESENTI E VOTANTI, DELIBERA DI APPROVARE L'INCLUSIONE IN QUANTO DI NOTEVOLE INTERESSE PUBBLICO NEGLI ELENCHI DI CUI ALLA LEGGE 29 GIUGNO 1939, N. 1497, ART. 1 , NUMERI 3 E 4, UNA ZONA FACENTE PARTE DEL TERRITORIO COMUNALE DI BANZI CHE SARA' SOTTOPOSTA A

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TUTTE LE DISPOSIZIONI CONTENUTE NELLA LEGGE STESSA. TALE ZONA E' DELIMITATA DALLA SEGUENTE PERIMETRAZIONE: "PARTENDO DALLA Q. 567 SULLA CARRARECCIA A MONTE DI PIANO CARBONE; SEGUENDO STESSA CARRARECCIA OLTRE LA MASSERIA LA SALA FINO ALL'INNESTO CON IL SENTIERO LUNGO LA VALLE NOCELLARA (Q. 557); LUNGO QUESTO SENTIERO FINO AL CONFINE COMUNALE; SEGUENDO STESSO CONFINE FINO ALL'INNESTO CON LA CARRARECCIA DENOMINATA CARRERA DELLA REGINA; LUNGO QUESTA FINO ALL'INNESTO CON LA STRADA PROVINCIALE APULA 6 PER PALAZZO S. GERVASO; SEGUENDO QUESTA FINO AD INCONTRARE LA STRADA GROTTE DI CASSANO; LUNGO QUESTA STRADA FINO AL KM 4 ALL'INNESTO CON LA CARRERA DELLA REGINA; SEGUENDO QUESTA FINO A RAGGIUNGERE LA Q. 543; DA Q. 543 LUNGO LA MULATTIERA TRA PARCO DI NOZZA E TERRE NUOVE FINO A Q. 441 E OLTRE FINO A Q. 520; DA Q. 520 FINO ALL'INCROCIO TRA LA STRADA COMUNALE FONTENELLE E FORNACI CON LA COMUNALE PARCO DEL TESORO; LUNGO QUESTA FINO ALL'INCROCIO CON LA STRADA BANZI - GENZANO; VIA NAZIONALE; VIA VITTORIO EMANUELE III, VIA CAVOUR; STRADA COMUNALE DEL CIMITERO FINO ALLA CURVA Q. 545; DI QUI FINO AL KM 66 DELLA VIA PROVINCIALE BANZI - PALAZZO S.G.; DA KM 66 FINO A RICONGIUNGERSI ALLA Q. 567 A MONTE DI PIANO CARBONE. DI PUBBLICARE, AI SENSI DELL'ART. 6, COMMA QUARTO DELLA LEGGE REGIONALE 4 MAGGIO 1981, N. 9 IL SUDDETTO ELENCO DELLE ZONE VINCOLATE, SUL BOLLETTINO UFFICIALE DELLA REGIONE BASILICATA, NONCHE' AI SENSI E PER GLI EFFETTI DELL'ART. 12 DEL REGOLAMENTO 3 GIUGNO 1940, N. 1357, NELLA GAZZETTA UFFICIALE INSIEME CON IL VERBALE DELLA COMMISSIONE PROVINCIALE PER LA TUTELA DELLE BELLEZZE NATURALI DI POTENZA". DEL CHE IL PRESENTE VERBALE CHE VIENE SOTTOSCRITTO COME APPRESSO. IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO REGIONALE: COVIELLO. L’area, pur essendo a breve distanza dagli aerogeneratori posti a sud ovest non interferisce con quella destinata ad ospitare il parco eolico.

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9.6. LA PIANIFICAZIONE PAESISTICA: I PIANI TERRITORIALI PAESAGGISTICI

L’atto più importante compiuto dalla Regione Basilicata, in funzione della tutela del suo notevole patrimonio paesaggistico, dotato di un tasso di naturalità fra i più alti tra quelli delle regioni italiane, è individuabile nella legge regionale n. 3 del 1990 che approvava ben sei Piani Territoriali Paesistici di aria vasta per un totale di 2596,76 Kmq, corrispondenti circa ad un quarto della superficie regionale totale. Tali piani identificano non solo gli elementi di interesse percettivo (quadri paesaggistici di insieme di cui alla Legge n. 1497/1939, art. 1), ma anche quelli di interesse naturalistico e produttivo agricolo “per caratteri naturali” e di pericolosità geologica; sono inclusi anche gli elementi di interesse archeologico e storico (urbanistico, architettonico), anche se in Basilicata questi piani ruotano, per lo più, proprio intorno alla tutela e alla valorizzazione della risorsa naturale. I sei Piani Territoriali Paesistici di aria vasta individuati con la L.R. n. 3/90, sono: 1. P.T.P.A.V. Laghi di Monticchio (o del Vulture). Redatto dalla struttura regionale sulla base del decreto Ministeriale di vincolo 18.04.85, l’area era già in precedenza sottoposta a vincolo paesaggistico, con precedente D.M., ai sensi della L. 1497/39. L’area interessata dal Piano coincide con quella del sistema dei Laghi di Monticchio e delle pendici boscate del Monte Vulture, delimitata ai sensi della L. 431/85 e del D.M. 18/4/1985, e ricade nel territorio dei comuni di Atella, e . 2. P.T.P.A.V. Volturino-Sellata-Madonna di . Il Piano comprende i comuni di , , Anzi, , Marsiconuovo e Viggiano, con il Massiccio del Volturino. Il territorio interessato dal Piano rientra nel costituendo Parco Nazionale Val D’Agri e Lagonegrese, la cui situazione è definita dalla legge n. 496/98, all’art. 2, comma 5. 3. P.T.P. di Gallipoli-Cognato. La perimetrazione del P.T.P. coincide con quella del parco, istituito con Legge Regionale 47/97. Comprende i comuni di , , Calciano, Accettura ed Oliveto Lucano, con le creste rocciose delle piccole Dolomiti Lucane ed i vasti boschi di Gallipoli Cognato e Monte Piano. 4. P.T.P. del Massiccio del Sirino. Approvato con Legge Regionale 3/90, il P.T.P. ingloba i territori comunali di , e con i suggestivi Laghi Sirino e Laudemio ed il circo morenico del Monte Papa.

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5. P.T.P. del Metapontino. Già in parte sottoposto a vincolo ministeriale ai sensi della Legge Regionale n. 3/90. Sono inclusi i comuni di Scanzano, Policoro, Montalbano Jonico, Nova Siri, Bernalda, Pisticci, Rotondella, Montescaglioso e Tursi. 6. P.T.P.A.V. . Approvato con Legge Regionale n. 13 del 21.05.1992, il Piano ingloba i territori comunali di Maratea, Rivello e Trecchina. Da quanto esposto emerge che il territorio del Comune di Banzi e conseguentemente l’area interessata dall’intervento, non sono compresi in nessuno dei Piani Paesistici sopra elencati.

9.7. LE AREE NATURALI PROTETTE IN BASILICATA

La Legge 6 dicembre 1991 n. 394 “Legge quadro sulle aree protette” pubblicata sul Supplemento ordinario alla Gazzetta ufficiale del 13 dicembre 1991 n. 292, costituisce uno strumento organico per la disciplina normativa delle aree protette. L’art. 1 delle Legge, detta i principi fondamentali per l'istituzione e la gestione delle aree naturali protette, al fine di garantire e di promuovere, in forma coordinata, la conservazione e la valorizzazione del patrimonio naturale del paese. Per patrimonio naturale deve intendersi quello costituito da: formazioni fisiche, geologiche, geomorfologiche e biologiche, o gruppi di esse, che hanno rilevante valore naturalistico e ambientale. I territori che ospitano gli elementi naturali sopra citati, specialmente se vulnerabili, secondo la 394/91 devono essere sottoposti ad uno speciale regime di tutela e di gestione, allo scopo di perseguire le seguenti finalità: a) conservazione di specie animali o vegetali, di associazioni vegetali o forestali, di singolarità geologiche, di formazioni paleontologiche, di comunità biologiche, di biotopi, di valori scenici e panoramici, di processi naturali, di equilibri idraulici e idrogeologici, di equilibri ecologici; b) applicazione di metodi di gestione o di restauro ambientale idonei a realizzare una integrazione tra uomo e ambiente naturale, anche mediante la salvaguardia dei valori antropologici, archeologici, storici e architettonici e delle attività agro-silvo-pastorali e tradizionali;

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c) promozione di attività di educazione, di formazione e di ricerca scientifica, anche interdisciplinare, nonché di attività ricreative compatibili; d) difesa e ricostituzione degli equilibri idraulici e idrogeologici. L’art. 2 della Legge fornisce una classificazione delle aree naturali protette, che di seguito si riporta: • PARCHI NAZIONALI: aree terrestri, marine, fluviali, o lacustri che contengano uno o più ecosistemi intatti o anche parzialmente alterati da interventi antropici, una o più formazioni fisiche, geologiche, geomorfologiche, biologiche, di interesse nazionale od internazionale per valori naturalistici, scientifici, culturali, estetici, educativi e ricreativi tali da giustificare l'intervento dello Stato per la loro conservazione. • PARCHI REGIONALI: aree terrestri, fluviali, lacustri ed eventualmente da tratti di mare prospicienti la costa, di valore ambientale e naturalistico, che costituiscano, nell'ambito di una o più regioni adiacenti, un sistema omogeneo, individuato dagli assetti naturalistici dei luoghi, dai valori paesaggistici e artistici e dalle tradizioni culturali delle popolazioni locali. • RISERVE NATURALI: aree terrestri, fluviali, lacustri o marine che contengano una o più specie naturalisticamente rilevanti della fauna e della flora, ovvero presentino uno o più ecosistemi importanti per la diversità biologica o per la conservazione delle risorse genetiche. Le riserve naturali possono essere statali o regionali in base alla rilevanza degli interessi in esse rappresentati. • ZONE UMIDE: paludi, aree acquitrinose, torbiere oppure zone di acque naturali od artificiali, comprese zone di acqua marina la cui profondità non superi i sei metri (quando c'è bassa marea) che, per le loro caratteristiche, possano essere considerate di importanza internazionale ai sensi della Convenzione di Ramsar. • AREE MARINE PROTETTE: tratti di mare, costieri e non, in cui le attività umane sono parzialmente o totalmente limitate. La tipologia di queste aree varia in base ai vincoli di protezione. • ALTRE AREE NATURALI PROTETTE: aree (oasi delle associazioni ambientaliste, parchi suburbani, ecc.) che non rientrano nelle precedenti classi. Si dividono in aree di gestione pubblica, istituite cioè con leggi regionali o provvedimenti equivalenti, e aree a gestione privata, istituite con provvedimenti formali pubblici o con atti contrattuali quali concessioni o forme equivalenti.

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In base alla 394/91 è stato istituito “l'Elenco Ufficiale delle aree protette”, presso il Ministero dell’Ambiente, nel quale vengono iscritte tutte le aree che rispondono ai criteri stabiliti dal Comitato nazionale per le aree protette, istituito ai sensi dell’art. 3. Il Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare provvede a tenere aggiornato l'Elenco Ufficiale delle aree protette e rilascia le relative certificazioni. A tal fine le Regioni e gli altri soggetti pubblici o privati che attuano forme di protezione naturalistica di aree sono tenuti ad informare il Ministro dell'Ambiente secondo le modalità indicate dal Comitato. Nella Regione Basilicata il patrimonio naturale, costituisce una ricchezza molto importante, tale da rappresentare l’elemento trainante dello sviluppo economico regionale. Il 30% del territorio regionale è area protetta con due parchi nazionali, tre parchi regionali e sei riserve naturali. A questi dati va aggiunto il sistema dei Piani Paesistici di area vasta precedentemente descritto. La Regione con la Legge regionale 28 giugno 1998 n. 28, in attuazione della legge 394/91, ha tutelato l’ambiente naturale in tutti i suoi aspetti e ne ha promosso e disciplinato l’uso sociale e pubblico. Lo scopo della salvaguardia delle risorse naturalistiche, paesaggistiche ed ecologiche è perseguito nella prospettiva di un miglioramento della qualità di vita dei cittadini, del conseguimento di obiettivi di sviluppo socio - economico delle popolazioni locali e di recupero e valorizzazione delle loro espressioni storiche e culturali, anche con la sperimentazione di attività produttive attinenti la vocazione agro - silvo - pastorale presente nel territorio. Nel perseguimento di tale finalità la Regione ha istituito le seguenti aree naturali protette, distinte in: • Parchi naturali; • Riserve naturali, divise a loro volta in: 9 Riserve naturali integrali, 9 Riserve naturali speciali. I Parchi Il territorio della Regione Basilicata ospita attualmente due parchi nazionali (il parco del Pollino e quello dell’Appennino Lucano, Val d’Agri e Lagonegrese) e due parchi regionali (il parco di Gallipoli – Cognato, Piccole Dolomiti Lucane e il parco archeologico storico naturale delle Chiese Rupestri del Materano). E’ in fase di costituzione il Parco Regionale del Vulture.

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Le Riserve Naturali Nel territorio lucano sono presenti 8 riserve naturali statali e 6 riserve naturali regionali. Le riserve regionali di Pantano di Pignola, Lago piccolo di Monticchio, Abetina di e Lago Laudemio di Lagonegro, sono state istituite ai sensi della Legge Regionale n. 42/80, sostituita dalla Legge Regionale n. 28/94 con relativo D.P.G.R. del 1984. Le riserve regionali di Bosco Pantano di Policoro ed Oasi di S. Giuliano sono state istituite recentemente ai sensi della Legge Regionale n. 28/94 e sono gestite dalle Amministrazioni Provinciali. Il parco eolico in oggetto non ricade in aree naturali protette (parchi e riserve).

Figura 22 – Carta dei parchi e delle Aree protette della Regione Basilicata

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9.8. LE Z.P.S. ED I S.I.C. NATURA 2000

Natura 2000 è la rete delle aree naturali e seminaturali d’Europa, cui è riconosciuto un alto valore biologico e naturalistico. Oltre ad habitat naturali, Natura 2000 accoglie al suo interno anche habitat trasformati dall’uomo nel corso dei secoli, come paesaggi culturali che presentano peculiarità e caratteristiche specifiche. L’obiettivo di Natura 2000 è contribuire alla salvaguardia della biodiversità degli habitat, della flora e della fauna selvatiche attraverso la istituzione di Zone di Protezione Speciale sulla base della Direttiva “Uccelli” e di Zone Speciali di Conservazioni sulla base della Direttiva “Habitat”. Il patrimonio naturale europeo costituisce una ricchezza inestimabile, con diversi migliaia di tipi di habitat naturali, oltre 10.000 specie vegetali e innumerevoli specie animali. Con la Direttiva 79/409/CEE, adottata dal Consiglio in data 2 aprile 1979 e concernente la conservazione degli uccelli selvatici, si introducono per la prima volta le Zone di protezione speciale. Oggetto di tale Direttiva è la protezione a lungo termine di tutti gli uccelli selvatici e dei loro habitat all’interno degli Stati membri europei. La Direttiva contempla altresì elementi di tutela delle specie quali il divieto di qualsiasi forma di cattura o di uccisione. La protezione vale inoltre per tutte le specie migratrici e per le loro aree di riproduzione, muta, svernamento, nonché per le stazioni lungo le rotte di migrazione. A tal fine, gli Stati membri devono adottare le necessarie misure per preservare, mantenere o ristabilire una determinata varietà e superficie di habitat. In Italia, solo nel 1992, si provvede a recepire la direttiva 79/409/CEE, con la legge n°157 dell’11 febbraio 1992 (G.U. n°46 del 25 febbraio 1992). Con la successiva direttiva 92/43/CEE del 21 maggio 1992 (G.U. n° 206 del 22 luglio 1992), ed il D.P.R. attuativo n° 357 dell’ 8 settembre 1997 (G.U. n° 248 del 23 ottobre 1997), ci si pone come obiettivo prioritario la creazione di una rete ecologica europea coerente di zone speciali di conservazione. La Direttiva “Uccelli” punta a migliorare la protezione di un’unica classe, ovvero gli uccelli. La Direttiva “Habitat” estende per contro il proprio mandato agli habitat ed a specie faunistiche e floristiche sino ad ora non ancora considerate. Insieme, le aree protette ai sensi della Direttiva “Uccelli” e quella della Direttiva “Habitat” formano la Rete Natura 2000, ove le disposizioni di

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protezione della Direttiva “Habitat” si applicano anche alle zone di protezione speciale dell’avifauna. La classificazione di un sito come Zona Speciale di Conservazione ai sensi di Natura 2000 non comporta un divieto generalizzato di qualsiasi tipo di sfruttamento. L’U.E. è infatti consapevole di come gran parte del patrimonio naturale europeo sia strettamente legato a uno sfruttamento sostenibile del territorio. Nell’attuare la Direttiva si dovrà infatti garantire all’interno delle zone di protezione uno sviluppo compatibile con le istanze di tutela della natura. L’uso del territorio in atto potrà proseguire, nella misura in cui esso non comporti una situazione di grave conflitto nei confronti dello stato di conservazione del sito. E’ altresì possibile modificare il tipo di utilizzazione o di attività, a condizione che ciò non si ripercuota negativamente sugli obbiettivi di protezione all’interno delle zone facenti parte della Rete Natura 2000. La Direttiva prevede delle misure di conservazione; in particolare stabilisce che: • per un SIC iscritto nell’elenco fissato della Commissione, gli Stati membri adottano le misure opportune per evitare il degrado degli habitat naturali e delle specie; • per le zone speciali di conservazione, gli Stati membri stabiliscono: 9 le necessarie misure di conservazione attraverso piani di gestione specifici o integrati ad altri piani di sviluppo; 9 le opportune misure regolamentari, amministrative o contrattuali conformi alle esigenze ecologiche dei tipi di habitat naturali e delle specie. Recentemente è stato approvato il D.M. AMBIENTE 17 OTTOBRE 2007 dal titolo “Criteri minimi uniformi per la definizione di misure di conservazione relative a Zone speciali di conservazione (Zsc) e a Zone di protezione speciale (Zps)” e pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 258 del 6/11/2007. Il decreto integra la disciplina afferente la gestione dei siti che formano la rete Natura 2000, dettando i criteri minimi uniformi sulla cui base le regioni e le province autonome devono adottare le misure di conservazione o all'occorrenza i piani di gestione per tali aree, in adempimento dell'art. 1, comma 1226, della legge 27 dicembre 2006, n. 296. In Basilicata sono stati individuati 48 siti per la rete Natura 2000, per una superficie complessiva di 53.573 ha, pari a circa il 5,32% del territorio regionale. Essi risultano sufficientemente rappresentativi dal patrimonio lucano. Tra questi, i 17 siti di particolare importanza ornitologica sono stati già designati con decreto dal Ministro dell’Ambiente anche come Zone di Protezione Speciale dell’avifauna (Z.P.S.).

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Tali siti risultano pertanto già definitivamente inseriti nelle aree Natura 2000. I siti proposti comprendono territori dei parchi nazionali e regionali, delle riserve statali e regionali, delle aree del demanio pubblico e di altre aree lucane di interesse naturalistico. Nella rete natura 2000 sono pertanto ben rappresentati i monti, i boschi, i fiumi, i laghi e le coste appartenenti al territorio lucano ricco di biodiversità. Zone a protezione speciale Individuata ai sensi della direttiva comunitaria 79/409/CEE “Uccelli”, questi siti sono abitati da uccelli di interesse comunitario e vanno preservati conservando gli habitat che ne favoriscono la permanenza. I siti che ricadono all’interno del territorio lucano sono: • Bosco Cupolicchio; • Dolomiti di Pietrapertosa; • Lago Pantano di Pignola; • Monte Alpi – Malboschetto di , • Monte Paratiello; • Monte Raparo; • Monte Sirino; • Monte Volturino; • Monte Vulture; • Murgia S.Lorenzo; • Bosco Rubbio; • Bosco Pantano di Policoro e costa ionica foce Sinni; • Foresta Gallipoli-Cognato; • Gravina di Matera; • Lago di S.Giuliano e Timmari; • Valle Basento-Ferrandina scalo; • Valle Basento-Grassano Scalo-Grottole. Siti di interesse comunitario Sono stati istituiti ai sensi della direttiva Comunitaria 92/43/CEE “Habitat” I S.I.C. che costituiscono aree dove sono presenti habitat d’interesse comunitario, individuati in un apposito elenco. I siti S.I.C. della regione Basilicata sono individuati nel seguente elenco:

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• Abetina di Laurenzana; • Abetina di ; • Acquafredda di Maratea; • Bosco della Farnetta; • Bosco di Rifreddo; • Bosco di Magnano; • Bosco Mangarrone (Rifreddo); • Bosco Vaccarizzo; • Lago Duglia, casino Toscano e Piana di S. Francesco; • Faggeta di ; • Faggeta di Monte Pierfaone; • La Falconara; • Grotticelle di Monticchio; • Lago La Rotonda; • Lago Pertusillo; • Madonna del Pollino località Vacuarro; • Marina di Castrocucco; • Isola di S. Ianni e costa Prospiciente; • Monte Caldarosa; • Monte della Madonna di Viaggiano; • Monte la Spina, Monte Zaccana; • Monti Foi; • Serra di Calvello; • Serra di Crispo, Grande Porta del Pollino e Pietra Castello; • Timpa delle Murge; • Valle del Noci; • Bosco di Montepiano; • Costa ionica foce Agri; • Costa ionica foce Basento; • Costa ionica foce Cavone; • Bosco Cupolicchio di Pignola; • Monte Paratiello;

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• Monte Volturino; • Monte Vulture; • Murgia di S. Lorenzo; • Bosco Pantano di Policoro e costa ionica foce Sinni; • Foresta Gallipoli-Cognato; • Gravina di Matera; • Lago S.Giuliano e Timmari; • Valle Basento-Ferrandina Scalo; • Valle Basento-Grassano Scalo-Grottole.

L’area del parco eolico oggetto di studio non ricade all’interno delle Zone a Protezione Speciale (Z.P.S.), né tantomeno nell’elenco dei Siti di interesse comunitario (S.I.C.).

Figura 23 - Carta delle zone SIC e ZPS della Regione Basilicata

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9.9. LE AREE I.B.A. - IMPORTANT BIRDS AREAS

L'acronimo I.B.A. - Important Birds Areas - identifica i luoghi strategicamente importanti per la conservazione delle oltre 9.000 specie di uccelli ed è attribuito da BirdLife International, l'associazione internazionale che riunisce oltre 100 associazioni ambientaliste e protezioniste. Nate dalla necessità di individuare le aree da proteggere attraverso la Direttiva Uccelli n. 409/79, che già prevedeva l'individuazione di "Zone di Protezione Speciali per la Fauna", le aree I.B.A rivestono oggi grande importanza per lo sviluppo e la tutela delle popolazioni di uccelli che vi risiedono stanzialmente o stagionalmente. Le aree I.B.A., per le caratteristiche che le contraddistinguono, rientrano spessissimo tra le zone protette anche da altre direttive europee o internazionali come, ad esempio, la convenzione di Ramsar. Le aree I.B.A. sono: • siti di importanza internazionale per la conservazione dell'avifauna; • individuate secondo criteri standardizzati con accordi internazionali e sono proposte da enti no profit (in Italia la L.I.P.U.); • da sole, o insieme ad aree vicine , le I.B.A. devono fornire i requisiti per la conservazione di popolazioni di uccelli per i quali sono state identificate; • aree appropriate per la conservazione di alcune specie di uccelli; • parte di una proposta integrata di più ampio respiro per la conservazione della biodiversità che include anche la protezione di specie ed habitat. Le IBA italiane identificate attualmente sono 172, e i territori da esse interessate sono quasi integralmente stati classificati come ZPS in base alla Direttiva 79/409/CEE. Le aree IBA della Regione Basilicata sono di seguito riportate: • Area Pollino (IBA-SIC) • Area Rubbio (IBA –RBE-ZPS) All’interno del territorio del comune di Banzi non sono presenti aree I.B.A.

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9.10. LO STRUMENTO URBANISTICO DEL COMUNE DI BANZI

Il comune di Banzi ha adottato con D.P.G.R. 479 del 02/06/1993 il proprio Piano Regolatore Generale. Le Norme tecniche di attuazione del P.R.G. definiscono come agricole le “Aree esterne all'Ambito Urbano ”. Dall’analisi dello stralcio dello strumento urbanistico generale (tavola A.17.a.2) del P.R.G. si evince l’assenza di vincoli nell’area del parco eolico di progetto. Il futuro parco eolico di Banzi ricade in area classificata dal P.R.G. come “zona agricola”; il comma 7 dell’art. 12 del D.Lgs 387/2003 prevede che “ gli impianti alimentati da fonti rinnovabili possono essere ubicati anche in zone classificate agricole dai piani urbanistici”. Dall’esame della normativa sopra indicata dunque e da quanto su esposto si evince la piena coerenza e compatibilità del futuro parco eolico sotto l’aspetto urbanistico.

9.11. IL PIANO STRALCIO PER LA DIFESA DAL RISCHIO IDROGEOLOGICO

In Basilicata sono presenti sei bacini idrografici di rilievo interregionale (Bradano, Sinni-Noce, Sele, Lao ed Ofanto) e tre di rilievo regionale (Cavone, Basento ed Agri), così come definiti dall’art. 15 della Legge 183/89 ed individuati dalla L.R. 29/94. La Legislazione ha individuato nell’Autorità di Bacino l’Ente deputato a gestire i territori coincidenti con la perimetrazione dei bacini e gli schemi idrici ad essi relativi attraverso la redazione di appositi Piani di Bacino che costituiscono il principale strumento di pianificazione dell’AdB. Il primo stralcio funzionale del Piano di Bacino, relativo alla “Difesa dal Rischio Idrogeologico” (PAI), è stato approvato dal proprio Comitato Istituzionale in data 5/12/2001 con delibera n. 26. Successivamente nel periodo 2001-2010 è stato aggiornato 13 volte in funzione dello stato di realizzazione delle opere programmate e del variare della situazione morfologica ed ambientale dei luoghi ed in funzione degli studi conoscitivi intrapresi, secondo quanto previsto dall'articolo 25 delle norme di attuazione del piano stesso. Inoltre, l'aggiornamento ha riguardato alcuni articoli della Normativa di Attuazione del PAI. Le variazioni e integrazioni apportate non modificano in maniera sostanziale i contenuti precedenti ma

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sono finalizzate a snellire alcuni iter procedurali e favorire una più diretta ed univoca interpretazione delle disposizioni normative sia da parte dei cittadini che delle Amministrazioni pubbliche. Il Piano di Bacino costituisce lo strumento conoscitivo, normativo e tecnico operativo attraverso il quale sono pianificate, programmate e gestite le azioni e le norme d’uso finalizzate alla tutela, alla difesa ed alla valorizzazione del suolo ed alla corretta utilizzazione delle acque, sulla base delle caratteristiche fisiche e ambientali del territorio preso in considerazione. Il Piano Stralcio per la Difesa dal Rischio Idrogeologico (PAI) rappresenta un primo stralcio di settore funzionale del Piano di Bacino. Il vigente PAI costituisce il quadro di riferimento a cui devono adeguarsi e riferirsi tutti i provvedimenti autorizzativi e concessori. La sua valenza di Piano sovraordinato rispetto a tutti i piani di settore, compresi quelli urbanistici, comporta quindi, nella gestione dello stesso, un'attenta attività di coordinamento e di coinvolgimento degli Enti operanti sul territorio. Le tematiche inerenti le inondazioni ed i processi di instabilità dei versanti, sono contenuti rispettivamente nel Piano delle aree di versante e nel Piano delle fasce fluviali. Il piano stralcio delle aree di versante si estrinseca attraverso le seguenti azioni: • individuazione e perimetrazione delle aree che presentano fenomeni di dissesto reali e/o potenziali; • definizione di metodologie di gestione del territorio che pur nel rispetto delle specificità morfologico-ambientali e paesaggistiche connesse ai naturali processi evolutivi dei versanti, consentano migliori condizioni di equilibrio, soprattutto nelle situazioni di interferenza dei dissesti con gli insediamenti antropici; • determinazione degli interventi indispensabili per la minimizzazione del rischio di abitati e infrastrutture ricadenti in aree di dissesto reale o potenziale. Il piano stralcio delle aree di versante definisce il rischio idrogeologico ed in coerenza con il DPCM del 29 settembre 1998 stabilisce quattro classi di rischio così distinte: R1 – moderato Sono così classificate quelle aree in cui è possibile l’instaurarsi di fenomeni comportanti danni sociali ed economici marginali al patrimonio ambientale e culturale. Sono inoltre classificate come aree a Pericolosità idrogeologica (P) quelle aree che, pur presentando condizioni di instabilità o di propensione all’instabilità, interessano aree non antropizzate e quasi

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sempre prive di beni esposti e, pertanto, non minacciano direttamente l’incolumità delle persone e non provocano in maniera diretta danni a beni ed infrastrutture. Sono qualificate come aree soggette a verifica idrogeologica (ASV) quelle aree nelle quali sono presenti fenomeni di dissesto e instabilità, attivi o quiescenti, individuate nelle tavole del Piano Stralcio, assoggettate a specifica ricognizione e verifica. R2 – medio Sono così classificate quelle aree in cui è possibile l’instaurarsi di fenomeni comportanti danni minori agli edifici, alle infrastrutture ed al patrimonio ambientale, che non pregiudicano le attività economiche e l’agibilità degli edifici. R3 – elevato Sono così classificate quelle aree in cui è possibile l’instaurarsi di fenomeni comportanti rischi per l’incolumità delle persone, danni funzionali agli edifici ed alle infrastrutture con conseguente inagibilità degli stessi, l’interruzione delle attività socioeconomiche, danni al patrimonio ambientale e culturale. R4 - molto elevato Sono così classificate quelle aree in cui è possibile l’instaurarsi di fenomeni tali da provocare la perdita di vite umane e/o lesioni gravi alle persone, danni gravi agli edifici ed alle infrastrutture, danni al patrimonio ambientale e culturale, la distruzione di attività socioeconomiche. Dall’analisi della “Carta del Rischio” del Piano Stralcio per la difesa del rischio Idrogeologico dell’Autorità di Bacino competente attualmente vigente - Aggiornamento 2010, il parco eolico oggetto non risulta sottoposto a vincolo idrogeologico.

9.12. IL PIANO STRALCIO DELLE FASCE FLUVIALI

Le finalità del piano stralcio delle aree fluviali consistono in: • individuazione degli alvei, delle aree golenali, delle fasce di territorio inondabili per piene con tempi di ritorno fino a 30 anni, per piene con tempi di ritorno fino a 200 anni e per piene con tempi di ritorno fino a 500 anni, dei corsi d’acqua compresi nel territorio dell’AdB della Basilicata: • fiume Bradano, fiume Basento, fiume Cavone, fiume Agri, fiume Sinni, fiume Noce; il P.A.I. definisce prioritariamente la pianificazione delle fasce fluviali del reticolo idrografico

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principale e una volta conclusa tale attività, la estende ai restanti corsi d’acqua di propria competenza; • definizione, per le dette aree e per i restanti tratti della rete idrografica, di una strategia di gestione finalizzata a superare gli squilibri in atto conseguenti a fenomeni naturali o antropici, a salvaguardare le dinamiche idrauliche naturali, con particolare riferimento alle esondazioni e alla evoluzione morfologica degli alvei, a salvaguardare la qualità ambientale dei corsi d’acqua attraverso la tutela dell’inquinamento dei corpi idrici e dei depositi alluvionali permeabili a essi direttamente connessi, a favorire il mantenimento e/o il ripristino, ove possibile, dei caratteri di naturalità del reticolo idrografico; • definizione di una politica di minimizzazione del rischio idraulico attraverso la formulazione di indirizzi relativi alle scelte insediative e la predisposizione di un programma di azioni specifiche, definito nei tipi di intervento e nelle priorità di attuazione, per prevenire, risolvere o mitigare le situazioni a rischio. In base al Piano stralcio delle fasce fluviali emesso dall’Autorità Interregionale di Bacino l’impianto eolico di Banzi non interferisce con nessun corso d’acqua.

9.13. VINCOLO IDROGEOLOGICO EX R.D. N. 3267/1923

Da indagini effettuate presso l’Ufficio tecnico del Comune di Banzi, come riportato anche nelle tavole tematiche del P.R.G., nonché da verifiche eseguite presso l’Ufficio Foreste e Tutela del Territorio della Regione Basilicata, competente in materia, è emerso che l’area in questione rientra all’interno di quelle sottoposte a vincolo idrogeologico secondo il R.D. n. 3267/1923 (L.R. 42/98), recante “Boschi e foreste”; ne consegue che, contestualmente alla procedura di valutazione di impatto ambientale ai sensi dell’art. 19 del D.Lgs. n. 152/2006, il progetto in questione verrà sottoposto all’attenzione del sopra citato Ufficio regionale per il rilascio dell’autorizzazione. Si può affermare che la costruzione del parco non altera in alcun modo il sito; infatti le operazioni di scavo sono limitate alla realizzazione delle fondazioni, della viabilità di servizio, dei cavidotti e della cabina di campo. Dal punto di vista morfologico la realizzazione delle opere non inficia la stabilità dell’area; la pendenza della stessa rimane sostanzialmente invariata.

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Dal punto di vista idrogeologico le linee di displuvio rimangono inalterate: la viabilità di servizio sarà dotata di apposite opere (fossi di guardia, cunette, tombini…) in grado di preservare la continuità idraulica dei terreni. Alla luce di quanto detto, il progetto dovrà essere sottoposto all’esame dell’Ufficio Foreste e Tutela del Territorio per un giudizio di compatibilità.

9.14. VINCOLO ARCHEOLOGICO

Tutte le scoperte archeologiche nel comune di Banzi, dunque, possono essere localizzate nell’area dell’attuale centro abitato o nelle immediate vicinanze. I ritrovamenti archeologici infatti riguardano le seguenti località: • Mancamasone; • Fontana dei Monaci; • Pezza la Rena; • Montelupino; • Piano Carbone Località queste che si trovano in prossimità del centro abitato di Banzi. Per le zone invece più lontane del centro abitato, la ricerca storiografica e in situ non ci fornisce ancora prove certe su l’entità, la quantità e le probabilità di possibili ritrovamenti. Sulla localizzazione di antichi villaggi pre-romani, i reperti archeologici fin d’ora ritrovati non ci forniscono prove come questi erano distribuiti sul territorio. L’urbanizzazione sparsa presente nell’area oggetto di studio (a nord del centro abitato di Banzi) ci induce, ovviamente con molta cautela, a supporre che gli antichi abitanti di Banzi pre-romana non avessero colonizzato quest’area in quanto dalle nostre ricerche non è emerso nessuna notizia di ritrovamenti fortuiti all’epoca di costruzione dei manufatti edilizi presenti o nelle opere infrastrutturali come strade. Questa mancanza di notizie, ovviamente, non preclude che anche nella zona interessata dal progetto le probabilità di rinvenire tracce di antichi insediamenti è nulla. Gli scriventi ritengono che a fronte della quantità di ritrovamenti rinvenuti nel comune di Banzi, le probabilità per questa area collocata a nord del centro abitato (rischio archeologico altissimo) sono da classificarsi medio/basse.

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Ovviamente il rischio archeologico aumenta con l’inevitabile aumento delle probabilità di rinvenimento di reperti con la importanza delle opere da eseguirsi; importanza che deve essere intesa a secondo se i lavori sono estesi/non estesi, profondi/non profondi, zone antropizzate/scarsamente antropizzate/per niente antropizzate. Ai fini della valutazione del rischio di un determinato territorio è di grande utilità il grado di conoscenza del tessuto insediativo antico, intendendo quel complesso sistema diacronico composto da reti viarie, empori commerciali, centri religiosi, impianti produttivi, centri minori e ecc. inseriti in un conteso geomorfologico di riferimento. I fattori di valutazione per la definizione del rischio archeologico si possono riassumere in analisi dei siti noti e della loro distribuzione spazio-temporale, riconoscimento di eventuali persistenze abitative, grado di ricostruzione dell’ambiente antico. Altri aspetti che vengono valutati, infine, sono gli ambiti geomorfologico e toponomastico. Occorre inoltre tenere presente l’attuale utilizzo del territorio, l’eventuale presenza di nuclei storici, o la presenza massiccia di aree edificate. È evidente che aree ad alta densità abitativa moderna possono rappresentare un minor rischio archeologico rispetto a quelle con bassa densità. Sono inoltre da considerare anche rapporti di relazione e correlazione fra le varie qualificazioni dei siti individuati. È evidente che l’informazione della presenza di una necropoli o tomba isolata presso un importante relitto viabilistico, possa far supporre la presenza nelle immediate vicinanze di una area abitativa riferibile all’insediamento stesso. Diversi livelli di rischio sono generati inoltre dalle tipologie di opera, in particolare dalle profondità di scavo previste dal progetto. In questa fase di valutazione, ciò che conta è capire per grandi categorie e per tratti omogenei, il tipo di potenziale rischio – in termini di sensibilità archeologica – espresso da un determinato territorio. Anche la presenza di aree vincolate – sia interferenti sia nel territorio circostante – rappresentano indicatori del fattori di rischio.

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Il grado di rischio archeologico è pertanto definito su tre livelli differenziati:

BASSO Aree con scarse presenze di rinvenimenti archeologici, assenza di toponimi Valore 3-4 significativi, con situazione paleo ambientale difficile, aree ad alte densità abitativa moderna. MEDIO Aree con scarsità di rinvenimenti archeologici ubicate a 1000 mt da siti con Valore 5-6 numerose presenze attestate in bibliografia e\o sitografia ALTO Aree con sufficiente probabilità di rinvenimenti archeologici ubicate a meno Valore 7-8 di 500 mt da siti con numerose presenze attestate in bibliografia e\o sitografia

Individuazione del rischio archeologico Ci sembra a questo punto stabilire che l’area interessata dal progetto è stata impiegata, e lo è tuttora, essenzialmente e prevalentemente come fondi agricoli. I vincoli archeologici individuati dallo strumento urbanistico vigente del Comune di Banzi si trovano: • Sito archeologico in località acqua delle Nocelle (denominazione carta IGM) si trova nelle vicinanze del centro abitato di Banzi così come quello individuato tra le località Mancamasone e Montelupino; • Sito archeologico in località Posta Vecchia ubicato a nord del centro abitato di Banzi ma spostato a ovest dell’area oggetto del progetto (distanza superiore a 1000 mt). Inoltre, come è stato dimostrato nei precedenti paragrafi, le aree dove è maggiore la probabilità di trovare reperti archeologici (Mancamasone, Montelupino, Piano Carbone) sono nelle vicinanze del centro abitato di Banzi e, quindi, a sud dell’area interessata dal progetto. La fascia di territorio interessata dal progetto è attualmente destinata prevalentemente a usi agricoli o all’allevamento suino. L’edificazione esistente è del tipo sparso con evidenti spazi di aree utilizzate ai soli scopo agricoli. La presenza umana presente nella fascia di territorio interessata dal progetto può ritenersi MEDIO- ALTA in quanto lo sfruttamento del territorio risulta omogeneo per la presenza di aree coltivate, insediamenti rurali e/o ad uso civile, infrastrutture anche rilevanti (acquedotti, vasche di raccolta acqua, elettrodotto S. Lucia, strade comunali, provinciali e statali), stabilimenti industriali (porcilaie e altro). Tutti gli interventi previsti dal progetto non interferiscono con:

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a) Fiumi ai sensi della Legge 8 agosto 1985, n. 431 in quanto le opere previste dal progetto sono distanti dalla fascia di rispetto di 150 mt; b) Le infrastrutture di progetto (strade) e gli aereogeneratori distano dal parco archeologico più di 1000 mt così come prescrive il PIAR della Regione Basilicata. Comunque, anche se le opere previste dal progetto non interferiscono con le emergenze archeologiche, monumentali e naturali presenti nell’area presa in esame, allo stato attuale delle nostre conoscenze storico-archeologiche, si ritiene che per una valutazione del rischio archeologico, le azioni previste dal progetto non debbano avere un peso omogeneo ma differenziato a seconda del grado di penetrazione che dette opere incidono sull’ambiente, fattore questo che dipende essenzialmente dalla profondità e dalla estensione di scavo prevista dal progetto. Inoltre è da considerare anche la vicinanza e non vicinanza di dette opere alle aree in cui insistono beni vincolati dove il fattore di rischio deve ritenersi ALTO in quanto la ricerca bibliografica non può considerarsi esaustiva. Dunque, da quanto esposto, i diversi livelli di rischio archeologico valutato per i singoli interventi di progetto possono essere sintetizzati così come rappresentato dalla seguente tabella:

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Tabella 9- sintesi dei risultati ottenuti circa il rischio archeologico

Tabella 10- rischio archeologico della messa in opera del Cavidotto MT/AT

9.15. PIANO DI TUTELA DELLA QUALITÀ DELL’ARIA

La Regione Basilicata ha adottato “Il Piano di tutela e risanamento della qualità dell’aria” con Deliberazione della Giunta Regionale n. 640 del 28/03/2000. Via del Gallitello,89 – 85100 Potenza Tel 0971.26378 fax 0971.1940737 101

Il Piano di tutela e risanamento della qualità dell’aria vuole, tra le altre cose, intervenire fra la domanda di energia e l'emissione di sostanze inquinanti nell'ambiente per limitarle e per raggiungere livelli di sostenibilità più alti. Per tale motivo il Piano di Tutela si pone come piano quadro per gli altri piani settoriali (energia, rifiuti, trasporti, piano urbanistici, industriali). Tra gli obiettivi che detto Piano si prefigge di raggiungere si citano: - Incentivi all'uso di combustibili puliti nei trasporti; - diffusione di sistemi ad alto rendimento per migliorare le prestazioni in termini di intensità energetica; - diffusione di sistemi di cogenerazione, di recupero energetico da termodistruzione e di tecnologie che utilizzano le fonti rinnovabili nelle produzione di elettricità; - sostituzione delle tecnologie obsolete con impianti ambientalmente virtuosi; - utilizzo delle migliori tecnologie disponibili; - promozione di azioni dimostrative per la diffusione delle fonti rinnovabili; - erogazione di servizi alle imprese (diagnosi energetica-ambientale, ecoauditing, innovazione tecnologica); - erogazione di servizi ai cittadini (informazione e manutenzione); - incentivazione del risparmio energetico; - riduzione la domanda di beni ad alta intensità energetica, "pesanti"; - promozione del riciclaggio dei rifiuti; - stimolo all'uso di combustibili e materie prime puliti; - analisi ecosostenibile sull'intero ciclo di vita del prodotto; - diffusione di tecnologie di abbattimento delle emissioni (trattamento e depurazione dei fumi); - incentivazione delle rinnovabili, dei combustibili puliti; - razionalizzazione degli usi elettrici; - campagne di informazione presso la collettività per stimolare l'adozione di misure per il corretto uso dell'energia e per creare una sensibilità per i problemi legati all'uso razionale dell'energia; - rinnovo del parco veicolare; - miglioramento della qualità dei carburanti;

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- miglioramento del sistema di viabilità regionale, con gestione della domanda e dell'offerta di mobilità. Allo stato attuale è in fase di redazione il nuovo Piano di Tutela e Risanamento della Qualità dell’Aria.

10. VERIFICA DI COMPATIBILITÀ DEL PARCO RISPETTO A P.I.E.A.R.

Il parco eolico sito in agro di Banzi rientra nelle definite “idonee” dal P.I.E.A.R., esso infatti non ricade in: • Riserve Naturali regionali e statali; • Aree S.I.C.; • Aree Z.P.S.; • Oasi W.W.F.; • Aree indicate a rischio idrogeologico elevato o molto elevato nei “Piani per la difesa del rischio idrogeologico” (PAI) redatti dalle competenti Autorità di bacino (aree R3 ed R4 dei PAI), nonché le aree classificate come aree a rischio geologico eccezionale o elevato nei Piani Paesistici di Area Vasta; • Aree comprese nei Piani Paesistici di Area vasta soggette a vincolo di conservazione A1 e A2; • Boschi governati a fustaia e di castagno; • Fasce costiere per una profondità di almeno 1.000 m; • Aree fluviali, umide, lacuali e le dighe artificiali con fascia di rispetto di 150 m dalle sponde; • Centri urbani. • Aree dei Parchi Nazionali e Regionali. • Aree comprese nei Piani Paesistici di Area Vasta soggette a verifica di ammissibilità; • Aree sopra i 1.200 m di altitudine dal livello del mare; • Aree di crinale individuate dai Piani Paesistici di Area Vasta come elementi lineari di valore elevato. Rientra, invece, nell’area di rispetto di 1000 metri dai Siti archeologici (c.f.r. Relazione Archeologica) Via del Gallitello,89 – 85100 Potenza Tel 0971.26378 fax 0971.1940737 103

10.1. VERIFICA DEI REQUISITI MINIMI DI SICUREZZA

In termini di requisiti di sicurezza, è stato verificato: ƒ Distanza minima di ogni aerogeneratore dal limite dell’ambito urbano previsto dai regolamenti urbanistici redatti ai sensi della L.R. n. 23/99 determinata in base ad una verifica di compatibilità acustica e tale da garantire l’assenza di effetti di Shadow- Flickering in prossimità delle abitazioni, e comunque non inferiore a pari a 1.000 m. ƒ Distanza minima di ogni aerogeneratore dalle abitazioni determinata in base ad una verifica di compatibilità acustica (relativi a tutte le frequenze emesse) di Shadow-Flickering, di sicurezza in caso di rottura accidentale degli organi rotanti. In ogni caso, tale distanza non deve essere inferiore a 2,5 volte l’altezza massima della pala (altezza della torre più lunghezza della pala ) a 300 m. ƒ Distanza minima da edifici subordinata a studi di compatibilità acustica, di Shadow-Flickering, di sicurezza in caso di rottura accidentale degli organi rotanti. In ogni caso, tale distanza non deve essere inferiore a 300 metri. ƒ Distanza minima da strade statali ed autostrade subordinata a studi di sicurezza in caso di rottura accidentale degli organi rotanti, in ogni caso tale distanza non deve essere inferiore a 300 metri. ƒ Distanza minima da strade provinciali subordinata a studi di sicurezza in caso di rottura accidentale degli organi rotanti e comunque non inferiore a 200 metri. ƒ Con riferimento al rischio sismico, osservanza di quanto previsto dall’Ordinanza n. 3274/03 e sue successive modifiche, nonché al DM 14 gennaio 2008 ed alla Circolare Esplicativa del Ministero delle Infrastrutture n.617 del 02/02/2009 e, con riferimento al rischio idrogeologico, osservare le prescrizioni previste dai Piani di Assetto Idrogeologico (P.A.I.) delle competenti Autorità di Bacino. ƒ Distanza tale da non interferire con le attività dei centri di osservazioni astronomiche e di rilevazioni di dati spaziali, da verificare con specifico studio da allegare al progetto.

10.2. AUTORIZZAZIONI NECESSARIE: IL PROCEDIMENTO UNICO

L’Autorizzazione Unica regionale di cui all’art. 12 del D. Lgs 387/2003 è rilasciata a seguito di un procedimento Unico svolto tramite apposita Conferenza di Servizi ai sensi della Legge n. 241/90.

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Si riporta di seguito brevemente l’iter approvativo ed autorizzativo necessario per la realizzazione di un parco eolico nella Regione Basilicata. Il progetto definitivo del parco, deve essere consegnato in triplice copia e in uno con lo Studio di Impatto Ambientale all’Ufficio Compatibilità Ambientale del Dipartimento Ambiente, Territorio, Politiche della Sostenibilità della Regione Basilicata al fine di ottenere il Giudizio di Compatibilità ai sensi della Legge Regione Basilicata n. 47/98 e del D.LGS 152/06 e successive modifiche. Altra copia, sempre ai sensi della L.R. n. 47/98 deve essere trasmessa al Servizio Ambiente della Provincia di Potenza, al Comune di Banzi ed all’Ufficio Energia del Dipartimento Attività Produttive, Politiche dell’Impresa, Innovazione Tecnologica della Regione Basilicata per l’Autorizzazione Unica. Decorsi i tempi di istruttoria si riunisce il C.T.R.A. (Comitato Tecnico Regionale per l’Ambiente) che si pronuncia. Il C.T.R.A. è composto generalmente dai seguenti Uffici del Dipartimento Ambiente: • Ufficio Compatibilità Ambientale; • Ufficio Urbanistica; • Ufficio Tutela della Natura; • Ufficio Geologico ed Attività Estrattive; • Ufficio Controllo e Prevenzione Ambientale; Al C.T.R.A. partecipa anche l’Ufficio A.R.P.A.B. della Regione. Ottenuta la pronuncia di compatibilità, il progetto viene esaminato dall’Ufficio Energia del Dipartimento Attività Produttive, Politiche dell’Impresa, Innovazione Tecnologica per l’Autorizzazione Unica per la costruzione ed esercizio di impianti di produzione di energia elettrica alimentati da fonti rinnovabili (D.Lgs. n. 387 del 2003). Il rilascio dell’Autorizzazione Unica per la costruzione e l’esercizio di impianti alimentati da F.E.R. è disciplinato dal comma 3 dell'articolo 12 del citato D.Lgs. 387/03; iIl comma stabilisce, infatti, che la costruzione e l'esercizio degli impianti di produzione di energia elettrica alimentati da fonti rinnovabili, gli interventi di modifica, potenziamento, rifacimento totale o parziale e riattivazione, come definiti dalla normativa vigente, nonché le opere connesse e le infrastrutture indispensabili alla costruzione e all'esercizio degli impianti stessi, sono soggetti ad una Autorizzazione Unica, rilasciata dalla Regione o altro soggetto Istituzionale delegato, nel rispetto delle normative vigenti in materia di tutela dell'ambiente, di tutela del paesaggio e del patrimonio storico-artistico.

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A tal fine la Conferenza dei servizi è convocata dalla Regione entro trenta giorni dal ricevimento della domanda di Autorizzazione.

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