La Grande Guerra E Il Cinema Italiano E Francese
Total Page:16
File Type:pdf, Size:1020Kb
La Grande Guerra e il cinema italiano e francese Corso di Laurea (L2) In Storia Tesi di Laurea LA GRANDE GUERRA E IL CINEMA ITALIANO E FRANCESE Relatore Ch. Prof. Pietro Brunello Laureando Elvio Bissoli Anno Accademico 2013/2014 1 La Grande Guerra e il cinema italiano e francese [email protected] 2 La Grande Guerra e il cinema italiano e francese Indice Premessa p. 4 1. Il cinema italiano e la Grande Guerra 5 I. L’Italia in guerra e il cinema p. 7 - II. La fascistizzazione del cinema p. 10 - III. La Grande Guerra e il cinema nella prima età repubblicana p. 15 - IV. Il cinema e la revisione del mito della Grande Guerra p. 19 2. I film 25 I. La Grande Guerra di Mario Monicelli p. 25 - II. Uomini contro di Francesco Rosi p. 33 III. La sciantosa di Alfredo Giannetti p. 38 - IV. torneranno i prati di Ermanno Olmi p. 41 V. Prima e dopo la guerra (Vincere, La marcia su Roma, I recuperanti) p. 46 3. Il cinema francese e la “Grande Guerre” 55 I. La Francia in guerra e il cinema p. 57 - II. Il cinema e il pacifismo tra le due guerre p. 61 4. I film tra le due guerre 65 I. Les croix de bois di Raymond Bernard p. 65 - II. La Grande illusion di Jean Renoir p. 67 III. J’accuse di Abel Gance p. 71 5. Il secondo dopoguerra e la revisione negli anni ’90 del XX secolo 75 6. I film del secondo dopoguerra 79 I. La vie et rien d'autre di Bertrand Tavernier p. 71 - II. Capitaine Conan di Bertrand Tavernier p. 83 III. Le pantalon di Yves Boisset p. 86 - IV. La chambre des officiers di François Dupeyron p. 89 V. Un long dimanche de fiançailles di Jean-Pierre Jeunet p. 92- VI. Joyeux Noël di Christian Carion p. 94 Conclusioni 98 Schede dei film 100 Nota bibliografica 102 Bibliografia 105 Indice dei film 108 3 La Grande Guerra e il cinema italiano e francese Premessa Per buona parte del ventesimo secolo il cinema è stato decisivo per la costruzione della memoria e dell’identità collettiva veicolando e diffondendo le idee, grazie alla sua abilità e capacità di mostrare, manipolare e trasformare il vero, il falso, il verosimile e l’inverosimile. Nel corso del primo conflitto mondiale, in tutti i paesi belligeranti il cinema fu uno dei mezzi di persuasione della necessità della guerra e delle ragioni per mobilitare milioni di persone e, contemporaneamente, anche lo strumento per raccontare una guerra inesistente, immaginaria, irreale e invisibile nei suoi orrori. Ma l’intento di questo lavoro è di analizzare come il cinema abbia tentato, dal dopoguerra ad oggi, di opporsi alla trasfigurazione propagandistica della guerra, di scalfire in qualche modo l’immaginario e il sentimento collettivo perpetuato e tramandato nel tempo. Un compito non facile: il cinema ha dovuto e deve ancora, pur se in misura attenuata, confrontarsi con la Grande Guerra come mito sacralizzato, costruito dall’uso politico della storia, dalla letteratura e dalla memorialistica colta, dall’elaborazione pubblica del lutto, dalle cerimonie, dalla monumentalità e, oggi, riproposto, con il possibile rischio della banalizzazione, dal turismo del centenario, dalle rievocazioni in costume o dalla mai sopita retorica. L’analisi è riferita alla cinematografia di due paesi vincitori: l’Italia e la Francia che, fra l’altro, per molto tempo hanno rappresentato l’essenza del cinema europeo. Diverso è stato il percorso, nei modi e nei tempi, delle due cinematografie per ripensare la Grande Guerra. Per l’Italia, in particolare, si dovrà decantare la retorica fascista, ancora perdurante nei primi decenni della Repubblica e si dovrà intraprendere una nuova storiografia perché il cinema possa affrontare criticamente il conflitto, vincendo gli ostacoli censori e finanziari. L’esame dei film non riguarda tuttavia la valutazione delle loro qualità artistiche, estetiche ed espressive, termini propri di una recensione o di una critica cinematografica che non rientrano tra gli obiettivi di questa tesi. Essa è incentrata piuttosto sulla contestualizzazione dell’opera nel momento storico, politico e culturale in cui è stata realizzata, con richiami alla storiografia relativa ai temi più rilevanti affrontati nel film. Sono riconoscente al prof. Pietro Brunello per avermi indirizzato e sostenuto in questo lavoro e per tutto il tempo dedicatomi. Un grande grazie a Lucia che ha dovuto sopportare molte rinunce per il mio tardivo, ma appassionante, percorso universitario e a chi mi ha sostenuto e incoraggiato: Irene, Francesco, Marco e Danilo. Grazie anche ai giovani colleghi incontrati nel corso degli studi e che sono sempre stati pronti ad aiutarmi: Nicolò, Ervis, Mirko, Simone, Enrico e Federico e ai miei coetanei Gianni, Ezio e Stefano. Per il reperimento del materiale cinematografico un ringraziamento sentito a Marco, al personale della Cineteca Comunale di Bologna, del Cinema Ritrovato e de Le Gallerie di Piedicastello Trento. Vorrei infine dedicare questa tesi alla memoria di mio nonno Riccardo, morto sul Piave nella battaglia del Solstizio il 20 giugno 1918. 4 La Grande Guerra e il cinema italiano e francese 1. IL CINEMA ITALIANO E LA GRANDE GUERRA Per una serie di ragioni economiche, politiche e culturali il cinema italiano, a differenza di quello di altri Paesi (come Francia, Germania o Stati Uniti), non ha contribuito in misura sostanziale alla costruzione del mito della Grande Guerra una volta che questa si concluse. Tra le varie motivazioni, non ultima e non meno importante, la caratteristica che ha sempre contrassegnato il cinema italiano: la rivendicazione di una propria autonomia culturale, artistica e creativa, mantenuta – seppur in forma più attenuata o segnata dall’inattualità – anche durante il regime fascista. Come sostiene Gian Piero Brunetta, il cinema italiano è: Un cinema che ha sempre manifestato un forte spirito d’indipendenza e insofferenza rispetto a ogni tipo di condizionamento esterno, che ha rivendicato da subito le sue discendenze culturali alte, i suoi geni artistici e letterari, che ha cercato di stabilire dei ponti con le tradizioni letterarie, teatrali e pittoriche 1. Sin dai primi anni del Novecento, superata la fase di un divertimento inteso come fenomeno da baraccone ambulante e attrazione da luna park, il cinema era diventato uno spettacolo veramente popolare, con grande seguito di spettatori, anche per la rapida diffusione delle sale cinematografiche nei centri urbani. Negli anni a ridosso della guerra i suoi prodotti riuscivano a competere sul mercato internazionale con il cinema francese (dal quale il cinema italiano, alle sue origini, importò un gran numero di registi, scenografi e operatori), arrivando anche su quello americano che non aveva ancora sviluppato la sua potente industria cinematografica, mentre Torino poteva ben definirsi la capitale mondiale del cinema. Con il suo specifico linguaggio il cinema partecipò alla costruzione di un’identità nazionale, ancora incerta per un paese unito da pochi decenni, privilegiando le storie e le figure risorgimentali, ma recuperando anche la storiografia romana, i classici della letteratura italiana e le opere liriche 2. Non casualmente il primo film italiano a soggetto è stato La presa di Roma, 20 settembre 1870 di Filoteo Alberini nel 1905, cui seguirono Garibaldi (1907), Pietro Micca (1908) e Il piccolo garibaldino (1909). In occasione del cinquantenario dell’unità d’Italia furono quasi una decina i film dedicati al Risorgimento, il più importante tra questi I Mille di Alberto degli Abbati; mentre quelli di ispirazione irredentista e antiaustriaca, in ossequio alla politica governativa che non voleva offrire alcuna sponda alle rivendicazioni irredentistiche, furono sottoposti a tagli e censure per non compromettere l’alleanza in atto. Di fatto il cinema, insieme alle finalità puramente commerciali, assunse una funzione pedagogica-divulgativa nei confronti di una società dove la scolarità obbligatoria era ancora largamente insufficiente e ben lontana da quanto realizzato negli altri paesi europei (durante le proiezioni, accanto all’accompagnamento al pianoforte, c’era chi leggeva ad alta voce le didascalie per renderle comprensibili a tutti). Si potrebbe affermare che, prima del conflitto mondiale, il cinema svolse un’azione di sussidiarietà, se non di supplenza, nella formazione di un senso popolare di appartenenza collettiva, attraverso la rielaborazione visiva di miti, storie e simboli 1 G.P. Brunetta, Guida alla storia del cinema italiano, 1905-2003, Giulio Einaudi, Torino 2003, p. XVIII 2 Conferma di questa aspirazione “alta” del cinema italiano è il coinvolgimento – dietro compensi non indifferenti - di molti letterati italiani e autori di testi teatrali nella stesura di soggetti cinematografici, pur se la maggior parte di essi si preoccupò di non far apparire in alcun modo il proprio nome: Verga, Capuana, Gozzano, Serao, Deledda, Pirandello, De Roberto, D’Annunzio (quest’ultimo forse il più pagato e che non nascose mai il suo apporto al cinema). 5 La Grande Guerra e il cinema italiano e francese ripresi dal passato. La natura oligarchica- notabilare e autoritaria, che caratterizzò lo stato unitario, si era dimostrata anche nella scarsa persuasione della classe dirigente dello stato liberale di utilizzare convintamente i due strumenti principali di intervento per costruire un sentimento collettivo di appartenenza nazionale: la scuola e l’esercito. Quest’ultimo – nonostante l’introduzione della leva obbligatoria – era permeato di un sentimento elitario, fondamentalmente estraneo alla società, pur riproducendone le rigorose gerarchie, come si dimostrerà pienamente nel corso del conflitto. In sostanza un paese dove incompiuta era l’unità morale e ideale delle masse, che si poteva definire con le parole di Mario Isnenghi: “Uno Stato senza popolo, un popolo senza Stato 3”. L’opera di nazionalizzazione, e inclusione, delle masse era pertanto subordinata alla precisa volontà della monarchia e dei governi di tenerle escluse dalla vita nazionale, perché considerate pericolose e destabilizzanti nella visione dell’ordine pubblico da salvaguardare mediante la funzione di polizia affidata proprio all’esercito.