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Scopri le antiche selve, i fossi, A i a

Livia Narcisi ppamuseo

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i boschi e fai la conoscenza A

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dei personaggi che li abitavano: T E

poveri contadini e pastori transumanti, C

I P ricchi latifondisti e solerti carabinieri, A I DE Z IL MUSEO DEL BRIGANTAGGIO ma soprattutto loro... I O i temutissimi BRIGANTI! N A E T LER S S I T L R A illustrazioni di Francesca Rossi A N O OR RDI GI NARIA DEL A SI VIENI A CONOSCERE I MILLE... VOLTI DOL ROS DI DOMENICO TIBURZI FO IL “RE DEL LAMONE”! Storie e storielle tra gioco, fantasia e realtà: scopri il mondo dei cantastorie!

UNIONE EUROPEA DI CELLERE € 5,00 12 Aguzza occhi e orecchie quando incontri questi simboli!

LO SAI CHE ... NOTIZIE, ANEDDOTI, CURIOSITÀ...

IMPARA il significato delle parole più difficili!

RICORDA! Quando si parla PROV di un secolo (100 anni), puoi trovare ACi TU! scritto, ad esempio, rimboccati Cinquecento le maniche e... mani in pasta! o XVI secolo: entrambe le date indicano un periodo che va dal 1500 al 1599. Ma stai attento quando trovi (che sta per “avanti Cristo”, cioè a.C. prima della nascita di Gesù, che corrisponde all’anno O) allora le cose cambiano! Un secolo vale sempre 100 anni, ma si conta alla rovescia! Ad esempio, I sec. a.C. copre un periodo che va dal 99 a.C. all’anno O e non viceversa! 12

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Livia Narcisi

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Illustrazioni di Francesca Rossi

2016 “L’acchiappamuseo” è una guida in fascicoli per bambini dedicata ai musei del Sistema museale del lago di . Progetto editoriale: Francesca Favilli, Livia Narcisi. Progetto grafico: Francesca Rossi.

Sistema museale del lago di Bolsena (Provincia di ) Comuni di , , Bolsena, Cellere, Farnese, , , , , , , . www.simulabo.it www.culturalazio.it/sistermusei/sist_bolsena/index.php

Comune capofila: Bolsena L.go San Giovanni Battista de la Salle, 3 01023 Bolsena (VT) Tel. 0761 795317 Fax 0761 795555 e-mail: [email protected]

Centro-visite: Palazzo Monaldeschi della Cervara Piazza dell’Orologio, 7 01023 Bolsena (VT) Tel. 0761 796914

Questa guida è stata realizzata con un finanziamento erogato dalla Regione Lazio sulla base della Legge Regionale 6/2013.

ISBN: 978-8864336848

Finito di stampare Luglio 2016 per conto di

Arcidosso PER ROMPERE IL GHIACCIO...

Questa guida ti accompagnerà in uno dei musei che formano il Sistema museale del lago di Bolsena, seguendo l’avventuroso viaggio di Arturo e Camilla. Ma prima di partire devi sapere…

COS’È UN MUSEO? È il luogo dove puoi divertirti a conoscere le creazioni dell’uomo e della natura, svelandone i segreti e le curiosità. Vi troverai tanti oggetti che, protetti da questa nuova casa, ti parleranno della loro storia.

COS’È IL SISTEMA MUSEALE DEL LAGO DI BOLSENA? È l’insieme dei musei situati nel territorio che circonda il lago di Bolsena, il più grande d’Europa fra quelli di origine vulcanica! Il Sistema museale è come un grande puzzle: ciascun museo è un zaino tassello che, unito agli altri, ricostruisce la storia dell’uomo e del territorio intorno al lago. macchina fotografica MA NON INDUGIAMO OLTRE... INIZIA LA SPEDIZIONE!

un bel panino... e non dimenticare la tua IMMAGINAZIONE! matite bussola 3 PER ORIENTARTI IN QUESTO VIAGGIO NEL TEMPO E NELLO SPAZIO, ECCO UNA MAPPA CHE TI CONDURRÀ AL TESORO DELLA CONOSCENZA! IL METRO DELLA STORIA... LO SVILUPPO DELL’UOMO VISSUTO INTORNO AL LAGO DI BOLSENA

STORIA OGGI ETÀ CONTEMPORANEA 1789 Rivoluzione francese ETÀ MODERNA 1492 scoperta MEDIOEVO dell’America 476 d.C. caduta dell’Impero Romano PERIODO d’Occidente ROMANO 280-265 a.C. conquista romana PROTOSTORIA PERIODO (inizio della storia) di Vulci e Volsinii ETRUSCO 750 a.C. ETÀ DEL FERRO 1.100 a.C. ETÀ DEL BRONZO 2.300 a.C. PREISTORIA ENEOLITICO (prima della storia) 3.500 a.C. NEOLITICO 6.000 a.C. PALEOLITICO 800.000 a.C.

5 OGGI ANDIAMO A...

CIAO, siamo ARTURO e CAMILLA! Abbiamo con noi uno strano tipo di cane che non hai mai visto: un cane “acchiappamuseo” di nome ARGO (ricordate … il cane di Ulisse!). Argo scoverà per noi i musei del Sistema museale del lago di Bolsena. Vuoi fare parte della compagnia? Bene! Allora affrettati, stiamo partendo perC ELLERE, dove visiteremo il MUSEO DEL BRIGANTAGGIO! IL MUSEO DEL BRIGANTAGGIO

CAMILLA: Questa volta il fiuto di Argo ha funzionato anche troppo: funghi, tartufi, zanna di cinghiale, coda di volpe! Non mi sembra che ad attirarlo siano esattamente i musei... speriamo bene! ARTURO: Sorpresa! Nonostante tutto anche stavolta il nostro Argo ci ha condotto proprio da- vanti al museo giusto, quello di Cellere, però è molto agitato: corre, abbaia, scodinzola, scava?!? CAMILLA: Ci credo! Non senti quanto frastuono? Sembrano spari, zoccoli di cavalli in corsa, ruote di carri... Ma dove siamo? Nel Far West? Eppure credo proprio che tutto questo chiasso provenga dal museo. Pensavo che fosse un luogo in cui regna la calma e il silenzio... Sento perfino qualcuno che canta! POETA NERO: “Oh incognito stranier che giri in tondo ascolta bene, non restar stupito puoi ricercarlo fino all’infinito di lui maggior non v’è che regno al mondo” Ragazzi, occhio alla penna, questa è terra di briganti! ETÀ CONTEMPORANEA CAMILLA: Briganti?! Adesso capisco... Ma tu chi sei e di chi parli nella tua canzone? POETA NERO: “Io son Poeta nero il cantastorie e di Tiburzi or canto la vita che qui in Maremma non è mai finita la fama e le terribili memorie” Ma come, non lo sapete? Parlo di Domenico Tiburzi (detto Domenichino), il brigante più popolare della Maremma! Tutti accorsero a Viterbo nel 1893 a vedere il famoso processo ai briganti e ai loro favoreggiatori! Fu un grande evento che coinvolse tanta gente, circa 270 persone.... Ricchi proprietari terrieri, poveri contadini e artigiani, tutti erano pieni di paura e di speranza! Tiburzi, però, al processo non c’era. Dov’era? Sul monte Amiata, nel bosco del Lamone, a Roma? Erano venticinque anni che lo cercavano, ma Domenichino era inafferrabile! ARTURO: Ooohhh! Argo mi trascina via di nuovo e adesso scava, scava... Ora capisco perché scava!

...... LO SAI CHE...... DOVE ORA SI TROVA . . IL MUSEO DEL BRIGANTAGGIO . . . DI CELLERE UN TEMPO ...... SI TROVAVA UN MATTATOIO, Briganti, in genere, sono CIOÈ UN LUOGO ATTREZZATO chiamati i banditi, cioè i fuorilegge! PER LA MACELLAZIONE I favoreggiatori sono coloro che non hanno contrastato DEGLI ANIMALI! l’azione dei briganti e, in qualche modo, l’hanno addirittura favorita!

8 CAMILLA:CAMILLA: Guardate là, c’è un uomo che sta partendo frettolosamente con quel carro: non sarà mica Tiburzi... Fermiamolo! IL GIORNALISTA: Ehi! Ragazza non importunarmi, ho molta fretta. Sono in ritardo per il “processone” di Viterbo e devo telegrafare il mio reportage alla redazione del giornale entro stasera. CAMILLA: Reportage... giornale... ma tu non sei Tiburzi? IL GIORNALISTA: Ah! Ah! Molto divertente! Certamente no! Mi presento: sono Adolfo Rossi, giornalista, inviato qui in Maremma dal quotidiano di Roma “La Tribuna” per riportare le informazioni circa il famoso processo ai briganti e visitare i luoghi impervi e selvaggi in cui si nascondevano e operavano: vedete? Ho tutto quello che mi serve: un binocolo, mappe del territorio, penna e calama-calama- io per scrivere il mio reportage. Nella grande e moderna città di Roma sono tutti molto curiosi di conoscere una realtà così diversa dalla loro e, per certi versi, così affascinante ai nostri occhi! ARTURO: In effetti piacerebbe molto anche a noi... Vero, Camilla? IL GIORNALISTA: Allora salite con me su questo calesse che sembra così primitivo, ma affrettatevi: si parte! CAMILLA: Non ci addentreremo mica in quel bosco buio e pericoloso?! Aiutoooo! IL GIORNALISTA: Sapete i briganti utilizzavano le numerose selve di questo territorio per nascondersi: quella del Lamone, dell’Elceta, di Castro, di Montauto in Toscana! Si trovavano una vicina all’altra ed erano così difficili da percorrere senza perdersi che costituivano confine tra un ottimo nascondiglio per un esperto TOSCANA LAZIO conoscitore di queste macchie! Tiburzi, ad esempio, era soprannominato Selva del addirittura il “Re del Lamone”, un bosco Lamone davvero impenetrabile! Il suolo è disseminato di enormi massi scuri (resti di antichissime eruzioni vulcaniche) ricoperti di muschio, dove prosperano rovi di ogni genere alternati a tronchi di Macchia vecchi alberi di cerro, tra i quali s’intravedono di Castro buchi, antri e caverne paurose in cui si rifugiavano i briganti! Insomma un ammasso selvaggio e impene- trabile da cui questi fuorilegge potevano osservare senza essere visti e fare agguati Selva di ai poveri avventori dei pochi sentieri Montauto agibili che attraversavano la selva!

Macchie sono chiamate le fitte boscaglie che, viste in lontananza, appaiono come una macchia compatta di colore verde. ponte dell’Abbadia CAMILLA: Ehm! Mi sento osservata... sento, anche, i fruscii delle foglie e molte voci lontane: sono gli alberi! Guarda Arturo, c’è l’albero delle mele marce, l’albero degli incontri, l’albero delle vite interrotte, l’albero della forca... c’è persino l’albero della cuccagna! Le voci che sento provengono proprio da lì! Le loro foglie custodiscono la memoria di tantissimi racconti e testimonianze di persone vissute all’epoca dei briganti: che strano bosco è mai questo! Ascolta...

Per noi, povera gente, il Lamone era una vera e propria provviden-provviden za, perché ci dava la vita! Era tutto un brulichio di persone e animali. Nelle radure del bosco si portavano a pascolare capre, pecore, maiali, somari e i contadini vi avevano addirittura creato confine tra dei “roggi” (piccoli appezzamenti di terreno che venivano semi-semi nati dopo essere stati lavorati a lungo e puliti dai ciottoli di lava). TOSCANA LAZIO Piccole capanne di pastori e coltivatori si trovavano qua e là e tutti vi ricavavano la legna per riscaldarsi e per cucinare i cibi; anche i cacciatori vi trovavano molta selvaggina e assai prelibato era il cinghiale! Schiere di boscaioli erano al lavoro nelle zone desti-desti nate al taglio stagionale degli alberi mentre i carbonai si addentravano nella macchia per costruire le carbonaie! Cellere CAMILLA: C’è qualcosa che non torna... il Lamone non era impenetrabile? Sembra, invece, che fosse molto frequentato e non solo dai briganti!

Le carbonaie erano complesse strutture fatte con i rami degli alberi, che custodivano all’interno il fuoco, tenuto Montalto sempre vivo ma senza fiamma, ponte di Castro così da produrre il carbone. dell’Abbadia 11 Scopri tutto ciò che questa selva/museo nasconde: IL GIORNALISTA: Infatti in occasione del processo di Viterbo osserva, cerca, apri, tocca, vennero arrestate molte persone come favoreggiatori dei ascolta, leggi! Un mondo di storie briganti! Non mancarono neanche i più ricchi, cioè i grandi ti sta aspettando... proprietari di terre, anch’essi coinvolti per aver pagato ai fuorilegge la cosiddetta “tassa sul brigan- taggio”, inventata da Tiburzi per estorcere denaro ai possidenti in cambio della “sicurezza” delle loro terre! ARTURO:ARTURO: Guardate! Gli alberi tutt’intorno nascondo-nascondo FOTO MANO no finestre e cassetti pieni di oggetti misteriosi e... STREGA pericolosi, ci sono persino armi di ogni genere... non doveva essere tanto sicura la vita da queste parti nell’Ottocento! Ops! Mi scusi.... ma lei chi è? IL LATIFONDISTA: Attento a dove andate ragazzo, da queste parti bisogna muoversi con attenzione... Come, non mi riconoscete? La nobile famiglia da cui provengo è da secoli proprietaria di latifondi nella parte settentrio- nale del Lazio al confine con la Toscana e naturalmente è la più potente in questi luoghi! ARTURO: Piacere di conoscerla, signore. Quindi lei si occupa di agricoltura...

latus La vita nei campi: Latifondo: parola che deriva dal latino (vasto) e fundus (podere). Infatti i latifondi erano ampie strumenti, giochi, lavoro e proprietà di terre che venivano in gran parte destinate caldarroste ti aspettano al pascolo del bestiame o coltivate solo a grano o altro cereale, cioè colture estensive che potevano evitare al Museo della terra l’utilizzo di tecniche e strumenti costosi. di Latera. Un mondo tutto da esplorare! IL LATIFONDISTA: Non direi proprio, di quella si preoccupano i contadini, i pastori e il mio fattore, che amministra le mie proprietà. Noi grandi proprietari riscuotiamo i guadagni e ci occupiamo spesso di politica e di finanza, per questo viviamo gran parte del nostro tempo lontano dalle nostre terre, nelle grandi e magnifiche città moderne del nostro XIX secolo, dove possiamo frequentare teatri, locali alla moda! Sapete i latifondi, essendo molto vasti, comprendono anche selve, zone impervie o inospitali, come la Maremma, cioè la zona vicino al mare, in cui per buona parte dell’anno è meglio non andare a causa della malaria! POETA NERO: “Tutti la chiamano maremma, maremma! a me mi pare ‘na maremma amara. L’uccello che ci va perde la penna io c’ho perduto ‘na persona cara. Sempre mi piange ‘l cor quando ci vai perch’ò paura che non torni mai...”

Malaria o “mala aria”, cioè aria cattiva e dannosa! In effetti nella Maremma si trovavano sconfinate distese di acque basse e fango, dovute al ristagno dell’acqua che il suolo non riusciva ad assorbire, in cui prosperavano le zanzare anofele che pos- sono trasmettere questa pericolosa malattia. Molte persone ne morivano: una vera piaga per coloro che vivevano in quelle zone!

Parte fondamentale del paesaggio della Maremma erano i BUTTERI, cioè uomini a cavallo che conducevano al pascolo intere mandrie di buoi maremmani , 1894 dalle caratteristiche lunghe corna: Butteri e mandrie in Maremma GIOVANNI FATTORI, proprio come nel Far West!

13 Per noi povera gente che per una parte dell’anno veniva dalla vicina montagna in Marem- ma per poter lavorare, la mala- ria costituiva un vero problema! Nei latifondi al momento della raccolta del grano c’era bisogno di tante braccia al lavoro e noi braccianti venivamo in massa dalla montagna come i pastori transumanti, che durante l’inverno dovevano portare le greggi nei vasti pascoli dei latifondi della Maremma poiché sui monti innevati non avevano cibo sufficiente. Non vivevamo nei centri abitati, ma nelle campagne più vicine al mare, dove la malaria imperversava; qui i pastori costruivano grandi capanne e molti rimanevano all’aperto. Eravamo molto esposti al rischio del contagio e l’unica speranza era il chinino!

IL GIORNALISTA: Ragazzi, attraversare i luoghi frequentati dai briganti è affascinante! Le pittoresche rovine dell’antica città di Castro sommerse dalla vegetazione, il castello dell’Abbadia sull’or-sull’or- lo di un profondo dirupo in cui si dibatte e “bolle” il fiume Fiora, attraversato solo da un ponte tanto vetusto quanto sublime! Per non parlare degli eremi, come quello di Poggio Conte, Il chinino è una dove nel Medioevo i monaci si ritirarono per sentirsi più vicini sostanza ricavata a Dio: poco distanti dal fiume Fiora dalla corteccia degli alberi appaiono come cattedrali tra i rovi di china, che si e le cascate amene! trovano in America I dipinti dell’eremo del Sud, e veniva di Poggio Conte Ora addentriamoci nel bosco usato come di San Magno a Gradoli... rimedio contro e i resti di Castro ti la malaria. aspettano nel Museo civico archeologico di Ischia di Castro! CAMILLA: Fate silenzio, sentite? Sento di nuovo quegli spari... nascondiamoci! IL GIORNALISTA: Ehm... dimenticavo di dirvi che nel bosco di San Magno ci fu il famoso scontro a fuoco tra briganti e carabinieri! Io realizzai un minuzioso e avvincente reportage, sottolinenando la prontezza e la rapidità d’azione dei carabinieri che portò alla cattura del brigante Menichetti, mentre il suo compagno Ansuini riuscì a scappare e, purtroppo, il brigadiere Preta venne ucciso...

IL CARABINIERE: Ragazzi, cosa fate qui? Questo non è posto per voi, stiamo inseguendo un pericoloso brigante! Credo, però, che ormai ci sia sfuggito, nascosto in questa selva impenetrabile... Il solito problema. Vedete, per noi carabinieri, che spesso veniamo da luo- ghi lontani da qui, non è facile orientarsi in questi folti boschi o in queste vaste pianure attraversate da poche strade tortuose e dissestate! Le stazioni dei carabinieri, inoltre, per metà dell’anno restano chiuse a causa del pericolo della malaria, cosicché noi non riusciamo mai a stabilirci vera- mente in queste zone... Ma ora sarà diverso! Stiamo preparando una grande azione che porterà alla cattura dei briganti, in particolare, di Tiburzi...

15 IdentikitIdentikit didi unun famosofamoso brigante:brigante: DOMENICODOMENICO TIBURZITIBURZI WANTED dettodetto DOMENICHINODOMENICHINO cappello giacca “cacciatora” signorile ALTO M 1,60 con panciotto in feltro CAPELLI NERI e pantaloni di fustagno OCCHI MARRONI di buona sartoria BARBA FOLTA VISO TONDO ultimo modello CORPORATURA REGOLARE di doppietta TEMPERAMENTO VIOLENTO MOLTO PERICOLOSO! a canne lunghe “catana”, di fabbricazione cioè bisaccia inglese di cuoio

rivoltella cosciali in pelle caprina La cattiveria doppia cartuccera stivali DI TIBURZI con proiettili da buttero pugnale a lama è ormai triangolare diventata Nato a Pianiano (vicino a Cellere) il 28 maggio 1836, pastore, bracciante e buttero, proverbiale! marito di Veronica, ha avuto due figli, Luciano e Nicola. Nel 1867 ha ucciso un guardiano dei marchesi Guglielmi che lo aveva sorpreso a rubare dell’erba da pascolo nella tenuta. E’ stato condannato a diciotto anni di carcere da scontare con i lavori forzati nelle saline di , da dove, ben presto, è scappato insieme ad altri compagni, con i quali ha iniziato la sua “carriera” di brigante, nascondendosi nei boschi al confine tra Lazio e Toscana. 16 ARTURO: Ora sono io che sento degli strani rumori, come dei fruscii nel bosco... Attenta Camilla, laggiù c’è un cinghiale! Incredibile, finora li avevo visti solo nei libri. IL CARABINIERE: Se qui ci sono dei cinghiali vuol dire che questo è un luogo nascosto e selvaggio, perfetto per rintanarsi. Sicuramente, quindi, qui vicino si trovano anche i rifugi dei briganti... Li senti ma è difficile vederli e ancor di più prenderli, proprio come i cinghiali!!

CAMILLA: Non credo ai miei occhi! Un treno fermo in mezzo alla boscaglia, ma cosa ci fa qui? La cattiveria IL GIORNALISTA: È veramente strano che una locomotiva si trovi qui, in questa macchia DI TIBURZI selvaggia e scura! Essa rappresenta è ormai perfettamente la modernità diventata del nostro XIX secolo, perché proverbiale! è veloce (non lento come questo calesse medievale!), attraversa le campagne, affratella le genti “...Ma tu sei peggio di Tiburzi! e porta progresso! Come fa la tua povera famiglia a sopportare una canaglia come te?” 17 Osserva la locomoti- va nel museo e vedrai com’era la Maremma IL LATIFONDISTA: Purtroppo questa locomotiva non parte, nell’Ottocento. Sentirai suoni, non ha mai funzionato e la ferrovia qui nella Maremma viterbese ballate e rumori non è mai stata finita. Eppure molti di noi aristocratici e sindaci di allora: affret- l’avevano voluta, sperando che potesse portare le nostre terre fuori tati a salire dall’isolamento e metterci in contatto con i moderni centri abitati. a bordo!

Anche noi contadini, pastori e povera gente volevamo la modernità! Per noi, però, la modernità significava bonificare le terre dalle acque stagnanti e malsane, così da renderle coltivabili e finalmente debellare la malaria. Speravamo, inoltre, che ci fosse concesso un piccolo appezzamento di terra da coltivare, così avremmo potuto vivere serenamente, felici e liberi da qualunque padrone...

CAMILLA: Avete tutti ragione, non doveva essere facile vivere qui tra briganti, malaria, condizioni di lavoro difficili, povertà... insomma mi sembra di capire che c’erano solo persone povere o persone ricche: troppa differenza! ARTURO: Vieni Camilla, ho la soluzione... Aiutami ad aggiustare questo treno! STORIETTESTORIETTE “TIBURZIANE”...“TIBURZIANE”...TIBURZITIBURZI CONFESSORECONFESSORE “La mia bisnonna aveva sposato un uomo benestante di un piccolo borgo, chiamato il Piano, quattro case sulla strada per Viterbo. Un nome che dice tutto, il Piano, un borgo anonimo, sperduto, dove non succede mai nulla, senza niente di bello, senza neanche una chiesa o un prete.

Ebbene un giorno arrivò un prete e la comunità ne era entusiasta, lo accolse con tutti gli onori e gli chiese di celebrare la messa. Tuttavia al Piano non c’era una chiesa e la cerimonia venne im- provvisata in un luogo qualunque. Allora le messe si dicevano in latino, ma la povera gente non conosceva il latino. Quel gior- no, però, vicino alla mia bisnonna era seduta una vecchia zitella che da giovane era stata in collegio a Roma e conosceva un po’ il latino. Alla fine della messa, la donna era perplessa perché la lingua parlata dal prete durante la celebrazione non le sembrava proprio latino. Ad un certo punto alcune donne, tra le quali la mia bisnonna, decisero di confessarsi. Così, non essendoci alcun confessionale, presero un grande setaccio e lo misero di traverso tra due panche in modo che fungesse da grata. Il prete ascoltò con attenzione e diede le consuete penitenze. Il buio, intanto, era calato e il prete fu ospitato da due fratelli per la notte.

La mattina dopo il prete non c’era più e sul giaciglio aveva lasciato un biglietto con scritto: Questi soldi che lascio sono per ringraziarvi di tutto quello che avete fatto per me. Sappiate che non avete ospitato un prete bensì il bandito Tiburzi! Per cui le pie donne e la mia bisnonna erano state confessate non da un prete ma da un brigante addirittura!”

Tante altre storie su Tiburzi ti aspettano al piano superiore... come in un teatro costruito tutto intorno a te, in compagnia di streghe, cantastorie, carbonai, insomma del popolo del bosco e... del sottobosco dell’immaginazione! PRO VACi TU! TI SENTI PIU’ GIORNALISTA O CANTASTORIE?

Il cantastorie è un artista che racconta storie, leggende o aneddoti ricchi di sentimenti, positivi e negativi, con molta ironia, accompagnato dal suono di uno strumento (spesso una chitarra o un organetto) e da cartelloni dipinti che raffigurano i fatti narrati. Egli raccoglie le informazioni dai libri, dai giornali, dalla viva voce dei testimoni e poi li elabora, trasformandoli in un testo poetico! Pensi di farcela? Provaci e vedrai... sarà molto divertente!

Dividi le frasi in versi: attenzione, un VERSO corrisponde a una riga! Ogni verso deve Otto versi, quindi otto righe, essere composto compongono una STROFA e corri- da undici sillabe. spondono a una storia o a una parte di una storia con un senso compiuto.

Fin qui tutto bene? Ora, però, le cose si complicano! Gli ultimi due versi devono essere in rima baciata, cioè le loro ultime parole devono finire con la stessa sillaba preceduta dalla stessa vocale. Ad esempio: o-gnu-no sce-glie-va il suo me-stie-re (11 sillabe) (11 sillabe) ORA TOCCA A TE, MA PRIMA DI INIZIARE: io fui bri-gan-te, tu ca-ra-bi-nie-re! (11 sillabe) 1) vai a caccia di situazioni curiose o interessanti 2) riportale in un piccolo testo, Bene, un ultimo orpello e il gioco è fatto! Ad esempio: usando poche parole I primi otto versi devono essere in rima alternata, Spe-ro col-le-ga che tu sia con-ten-to 3) componi le rime poetiche cioè devono rispettare le stesse regole per la rima di par-ti in vi-ta io n’ho fat-te tan-te seguendo le regole e... l’ispirazione! ma non per l’ordine in cui si dispone che, questa ma un po-chet-ti-no ora mi sgo-men-to volta, non è consecutivo ma alternato. mi toc-ca far la par-te del bri-gan-te! BENE, IL GIOCO E’ FATTO: ORA NON RESTA CHE CANTARLE AI TUOI AMICI!!!

20 Ora prendiamo una storia che racconta di quando Tiburzi uccise un muratore che aveva lavorato per lui e poi, pensando alla moglie e ai tre figli rimasti soli, decise di pagare il suo debito con la vittima portando alla moglie il compenso per il lavoro svolto dal marito: per gesti come questo veniva molto apprezzato dal popolo...!? Una parte di questa storia, messa in rima da un cantastorie nel 1896, è stata raccontata così:

E Ti-bur-zi sa-pu-to dei tre fi-gli (11 sillabe) so-l re-sta-ti, pri-vi di suo pa-dre: “opre” sta per “opere”: “Ep-pu-re, dis-se, bi-so-gna che pi-gli licenza poetica! un mez-zo per soc-cor-re-re la ma-dre, Puoi prendertene per-ché non si ri-tro-vi nei pe-ri-gli”: qualcuna anche tu... Ben-ché bri-gan-te, so-no opre leg-gia-dre, e da se stes-so par-te in un mo-men-to e li-re le por-tò mil-le-due-cen-to.

La rima alternata è: figli... pigli... perigli; padre... madre... leggiadre. La rima baciata è: momento-milleduecento.

ORA TOCCA A TE, MA PRIMA DI INIZIARE: 1) vai a caccia di situazioni curiose o interessanti 2) riportale in un piccolo testo, usando poche parole 3) componi le rime poetiche seguendo le regole e... l’ispirazione! BENE, IL GIOCO E’ FATTO: ORA NON RESTA CHE CANTARLE AI TUOI AMICI!!! IL SALUTO DEL DIRETTORE

C’era una volta Domenico Tiburzi, brigante. C’era una volta. Proprio come nelle storie (così chiamano le fiabe da queste parti). C’erano i buoni e i cattivi. Solo che quella raccontata nel Museo del brigantaggio di Cellere è una storia assai complicata, che oscilla tra realtà e immaginazione, e che non ha smesso mai di essere narrata, dalla fine dell’Ottocento ad oggi. Una storia che, passando di bocca in bocca, talvolta ha visto trasformarsi i cattivi in buoni e viceversa. Anche di come si sia prodotta questa trasformazione parliamo, all’interno del Museo. E di come si viveva a quei tempi, di quali mestieri si praticavano, dei rapporti tra proprietari terrieri e contadini. Al piano terra troverai un percorso tutto da scoprire seguendo le tue curiosità e le tue sensazioni. Attraverserai un bosco immaginario trafitto dalle rotaie e dal simula- cro di un treno atteso ma mai arrivato a Cellere. Ti accompagnerà, per maremme febbri- cose, tra piste polverose, in mezzo selve annose e solitarie, Adolfo Rossi, un giornalista di quell’epoca che scrisse molti articoli sul brigantaggio maremmano, e che immaginò di intervistare il “protagonista” del Museo, il Re del Lamone. Al piano superiore, spazio alla fantasia! Scoprirai che il brigante Tiburzi, la sua immagine, oggi vive uno spazio abitato da tante altre figure favolose: la strega, il cantastorie, ma io dico anche Spiderman o Capitan America. Sì, perché oggi in gran parte si è perduta la memoria di chi fu il brigante, ed ecco che allora il Nostro – svanito il suo reale spessore storico – diventa (al pari dei supereroi) protagonista di millanta racconti, alcuni verosimili, altri meno, ma tutti narrati come fossero realmente accaduti. Suvvia, dai! Bando alle ciance. Vieni a passare mezza giornata al Museo del brigantaggio di Cellere. E mi raccomando: occhio alla penna!

Marco D’Aureli Direttore del Museo del brigantaggio di Cellere

22 PER SAPERNE DI PIÙ...

A. Rossi, Nel regno di Tiburzi, Roma 1893; ed. cons. Roma 1981.

A. Cavoli, I briganti italiani nella storia e nei versi dei cantastorie, Roma 1990.

A. La Bella, R. Mecarolo, Tiburzi senza leggenda. Realistica ricostruzione della vita del brigante attraverso il maxiprocesso ai suoi manutengoli, Valentano 1995.

Fiabe e storie della Maremma nel fondo narrativo di tradizione orale “Roberto Ferret- ti”, Grosseto 1997.

V. Padiglione, F. Caruso, Tiburzi è vivo e lotta insieme a noi, a cura di Marco D’Aureli, Arcidosso 2011.

Guida al Sistema Museale del Lago di Bolsena, a cura di Pietro Tamburini, Fabio Rossi, Acquapendente 2015.

23 LE GUIDE DE “L’ACCHIAPPAMUSEO” 1. F. Belisario, Il Museo del fiore. Acquapendente, Bolsena (VT) 2011. 2. F. Favilli, Il Museo della città. Acquapendente, Bolsena (VT) 2011. 3. F. Belisario, Il Museo geologico e delle frane. Civita di Bagnoregio, Bolsena (VT) 2011. 4. L. Narcisi, Il Museo territoriale del lago di Bolsena. Bolsena, Bolsena (VT) 2011. 5. F. Favilli, Il Museo civico “F. Rittatore Vonwiller”. Farnese, Bolsena (VT) 2011. 6. F. Favilli, Il Museo del costume farnesiano. Gradoli, Bolsena (VT) 2011. 7. L. Narcisi, Il Museo Civita. Grotte di Castro, Bolsena (VT) 2011. 8. F. Favilli, L. Narcisi, Il Museo civico archeologico “Pietro e Turiddo Lotti”. Ischia di Castro, Bolsena (VT) 2011. 9. L. Narcisi, Il Museo della terra. Latera, Bolsena (VT) 2011. 10. L. Narcisi, Il Museo dell’architettura di Antonio da Sangallo il Giovane. Montefiascone, Bolsena (VT) 2011. 11. F. Favilli, Il Museo della preistoria della Tuscia e della Rocca Farnese. Valentano, Bolsena (VT) 2011. 12. L. Narcisi, Il Museo del brigantaggio. Cellere, Arcidosso (GR) 2016. 13. F. Belisario, Il Museo naturalistico. Lubriano, Arcidosso (GR) 2016.

... ma non è finita qui! Chissà dove ci condurrà ancora il fiuto di Argo! Ci vediamo al prossimo museo... Aguzza occhi e orecchie quando incontri questi simboli!

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IMPARA il significato delle parole più difficili!

RICORDA! Quando si parla PROV di un secolo (100 anni), puoi trovare ACi TU! scritto, ad esempio, rimboccati Cinquecento le maniche e... mani in pasta! o XVI secolo: entrambe le date indicano un periodo che va dal 1500 al 1599. Ma stai attento quando trovi (che sta per “avanti Cristo”, cioè a.C. prima della nascita di Gesù, che corrisponde all’anno O) allora le cose cambiano! Un secolo vale sempre 100 anni, ma si conta alla rovescia! Ad esempio, I sec. a.C. copre un periodo che va dal 99 a.C. all’anno O e non viceversa!

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Scopri le antiche selve, i fossi, A i a

Livia Narcisi ppamuseo

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i boschi e fai la conoscenza A

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dei personaggi che li abitavano: T E

poveri contadini e pastori transumanti, C

I P ricchi latifondisti e solerti carabinieri, A I DE Z IL MUSEO DEL BRIGANTAGGIO ma soprattutto loro... I O i temutissimi BRIGANTI! N A E T CELLERE LER S S I T L R A illustrazioni di Francesca Rossi A N O OR RDI GI NARIA DEL A SI VIENI A CONOSCERE I MILLE... VOLTI DOL ROS DI DOMENICO TIBURZI FO IL “RE DEL LAMONE”! Storie e storielle tra gioco, fantasia e realtà: scopri il mondo dei cantastorie!

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