Gli affreschi della cappella di presso Casaluce

A breve distanza dall'abitato di Casaluce - sfiorati dalla moderna superstrada che collega Nola a - sono visibili, coperti da una fitta vegetazione, i ruderi di quello che fu l'antico casale di Popone, Pupone o Pipone. Rimandando ad altro ed esauriente studio per una conoscenza delle origini e delle vicende storiche che interessarono il casale1, in questo breve saggio s'intende mettere in evidenza la presenza, ancora in loco - precisamente in quella che fu la chiesa parrocchiale del

I resti del casale di Popone casale, dedicata a San Tammaro - di due affreschi, i quali anche se danneggiati e ridipinti, conservano, piuttosto bene nonostante tutto, i lineamenti dell'antico disegno e ampi lacerti con i colori originali. Dell’originaria pellicola pittorica superstite stupisce anzi la vivacità dei colori, mantenutasi pressoché inalterata benché, prima dell'attuale provvidenziale copertura, realizzata negli anni passati, gli affreschi fossero stati lungamente e neglettamente esposti alle intemperie. Il primo, e forse più antico dei dipinti, entrambi realizzati a tempera su intonaco, sovrasta il secondo dei tre altari che correvano un tempo lungo la sinistra del piccolo edificio. Il riquadro, che misura cm.60 x 68, rappresenta, come si deduce dalla presenza di san Giuseppe d'Arimatea, un Compianto sul Cristo morto, e non già, come si sarebbe tentati di pensare a una prima veloce e distratta occhiata, al popolare tema della Pietà, che - se è vero rappresenta l'aspetto devozionale dello stesso tema, è pur vero che è

1 C. DEL VILLANO, Casaluce Storia e civiltà nella penombra, 1991, pp. 109-117.

L’interno della cappella di San Tammaro raffigurato con la sola Vergine mentre regge il corpo di Cristo2. Maria, che indossa un mantello azzurro su una veste arancione, è seduta ai piedi di una grande croce da cui pendono alcuni emblemi della passione (i chiodi, il flagello, la corda, la lancia); tiene sulle ginocchia il corpo inanimato del figlio, gli occhi fissi nel suo volto, il viso atteggiato a un forte ma contenuto dolore. Appare oltremodo sereno, invece, quasi in contrapposizione al mesto atteggiamento virginale, il volto di Cristo. A sinistra è la figura di san. Giuseppe d'Arimatea, vestito con una lunga tunica rossa, che regge con la sinistra il lenzuolo usato per la deposizione e un rotolo. Le ridipinture non consentono, purtroppo, un’agevole e unitaria lettura stilistica dell'opera, che, tuttavia, si può datare alla fine del XV secolo e si collega - cronologicamente - immediatamente prima dell'altro affresco, inserito in una cornice di stucco sita alle spalle dell'altare maggiore e rappresentante una Crocifissione. Questo secondo dipinto, che misura cm. 140 x 100 per la parte che fuoriesce dalla muratura dell'altare - ormai completamente divelto e spogliato dei marmi in seguito a ripetuti furti - è concluso nella parte superiore - cui è diviso da una cornice con motivi geometrici - da un volo di putti che recano i simboli della Passione. Una composizione quest'ultima realizzata nel secolo scorso da un modesto pittore locale, forse quel Luigi Martorano, collaboratore di Tommaso de Vivo nelle decorazioni della cappella delle Reliquie nel duomo di Aversa. Il riquadro, in migliori condizioni di conservazione rispetto all'altro, ripropone il tema della Crocifissione di Cristo tra la

2 J.HALL, Dizionario dei soggetti e dei simboli nell’arte, Milano1983, pp. 327-28. Il termine Compianto si riferisce alla scena, di carattere narrativo immediatamente successiva alla Deposizione.

Ignoto pittore campano del XV secolo, Compianto

Vergine, san Giovanni Evangelista e la Maddalena. L'affresco è dominato da una grande croce dalla quale pende il Cristo con il capo reclinato a destra; del corpo, rivestito da un bianco perizoma, si evidenziano le linee dell'addome e della muscolatura. A destra la Madonna dolorosa, vestita con tunica e maphorion, mantiene il volto con la mano sinistra, mentre la destra è nell'attitudine classica della diesis. A sinistra il discepolo prediletto Giovanni si apre la tunica sul petto con entrambi le mani. La figura della Maddalena è sola parzialmente visibile - se ne intravede la sola parte superiore del capo - perché sovrapposta dai resti della muratura dell'altare, aggiunto, probabilmente, in uno dei restauri barocchi cui la chiesa fu sottoposta in epoca imprecisabile. Come nelle coeve rappresentazioni campane - una volta liberato l'affresco dai resti della muratura - la Maddalena apparirà sicuramente vestita riccamente, con una fluente chioma mentre inginocchiata ai piedi della croce, bacia i piedi del Signore o li deterge con i propri capelli. L’ignoto autore degli antichi affreschi - che vanno salvati per conservare, se non altro, un’ennesima testimonianza della memoria storica della comunità che li ha prodotti - si manifesta, infatti, apertamente legato a quei motivi e cadenze della pittura tardogotica, ancora diffusamente presenti, alla fine del XV secolo, nel territorio che si estende tra il basso Lazio e la settentrionale. Indicativo al riguardo è il suo modo di rappresentare la Vergine nella scena della Crocifissione, che come nelle più antiche scene di "deliquio" è raffigurata ancora in piedi, sia pure non sorretta dalle pie donne e da san Giovanni. E questo quantunque nell'epoca in cui l'affresco fu realizzato si fosse oramai consolidata una nuova iconografia che voleva la Vergine rappresentata mentre era accasciata al suolo. Fatto salvo poi che questo nuovo schema fu più tardi condannato dal Concilio di Trento che invitò gli artisti a ripristinare la vecchia

Ignoto pittore campano del XV secolo Crocifissione iconografia più fedele all'avvenimento così come san Giovanni aveva riportato nel suo Vangelo (19, 38 - 42). In modo ancor più aperto egli manifesta la sua appartenenza all'ambiente artistico suindicato nel riquadro col Compianto, che richiama alla mente la famosa Pietà conservata nella chiesa di Santa Maria Assunta a Fondi, attribuita da Federico Zeri a Giovanni da Gaeta, operoso nella zona a tutta la seconda metà del XV secolo3. Significative, le analogie: la posizione e l'espressione della Vergine e del Cristo, la croce dai lunghissimi bracci con i simboli della passione. Un modello iconografico che riscosse molto successo e che ritroviamo molto spesso riprodotto, quasi alla lettera, soprattutto nelle numerose cappelline devozionali dedicate al culto della Pietà. Uno per tutti indichiamo l'omonimo affresco 4 nella cappella della Madonnella a San Felice Circeo in territorio laziale . Franco Pezzella

3 F. ZERI, Il Maestro del 1456, in «Paragone», 3 (1950), pp. 23–24. 4 T. LANZUISI, Il Circeo Sabaudia Il Parco Nazionale Guida archeologica storica e turistica, Roma s.d.