Soprintendenza Archivistica Della Sicilia Archivio Di Stato Di Palermo

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Soprintendenza Archivistica Della Sicilia Archivio Di Stato Di Palermo Soprintendenza Archivistica della Sicilia Archivio di Stato di Palermo Archivio Lanza Principi di Trabia (secc. XIII – XX, con documenti in copia dal XIII) regg. e bb. 7866 n. 150 Trascrizione, revisione, aggiornamento e indicizzazione a cura di S. Falletta (2018-2020) 1 ARCHIVIO LANZA DI TRABIA Nota storica1 I principi di Trabia costituiscono una dinastia tra le più note. Autori antichi e moderni si diffondono ampiamente sulla genealogia, sulle cariche pubbliche, le onorificenze, le iniziative sociali e private, le benemerenze, i numerosi e cospicui possedimenti. Lo svolgersi delle generazioni, a partire almeno dal secolo XIV, e la successione delle investiture non presentano, si può dire, punti oscuri. Sono state illustrate nei particolari le vicende di Blasco Lanza, noto giurista, vissuto tra il 1460 e il 1535, l’alternarsi delle sue fortune politiche, la cura posta nel creare le basi della grandezza del casato con accorte alleanze matrimoniali (i mulini di Trabia, primo nucleo della baronia, gli furono portati in dote dalla prima moglie) e con altri lucrosi acquisti; del figlio Cesare, primo conte di Mussomeli, famoso per le qualità politiche e militari ma assai più per essere stato il principale protagonista del “caso” della baronessa di Carini, sua figlia; di Ottavio, primo principe di Trabia, e così via2. Conviene osservare che, a differenza dei Branciforti la cui discendenza maschile spesso si interrompe tanto che ai primi dell’Ottocento la famiglia si estingue con Stefania, i Lanza riescono per secoli a mantenere la linea maschile diretta. Per ben due volte, nel Seicento, un figlio premuore al padre (Lorenzo nel 1612 e un altro Lorenzo nel 1660) ma in entrambi i casi esiste l’erede diretto. In mancanza subentra un fratello, come nel caso di Pietro che nel 1784 succede al fratello Ignazio morto senza figli. Ai primi feudi in possesso dei Lanza se ne erano intanto aggregati diversi altri. L’unica erede della linea Lucchese dei duchi di Camastra, Giovanna, sposa nel 1626 Ottavio, portanto in casa Trabia, oltre a quello stato, anche Dammisa e Sommatino, proveniente quest’ultimo dal prozio Gaspare Lo Porto. Ottavio attribuisce Trabia e Mussomeli al primogenito Lorenzo e Camastra al secondogenito Giuseppe, ma i titoli saranno presto riuniti con le nozze tra Ignazio Lanza, nipote di Lorenzo, e la figlia di Giuseppe3, Giovanna Lanza e Castelli, che porterà ai Trabia come unica erede della madre, anche i titoli di principe di Castelferrato e di Santo Stefano di Mistretta. Poco meno di un secolo dopo, ai primi dell’Ottocento, va infine a segno, con la ricordata unione di Giuseppe Lanza e Stefania Branciforti, quella politica 1 Estr. da G. Fallico, Le carte Trabia nell’Archivio di Stato di Palermo, in Archivio Storico Siciliano”, s. IV, 3 (1977). 2 F. San Martino De Spucches, La storia dei feudi e dei titoli nobiliari di Sicilia dalla loro origine ai nostri giorni, voll. 10, Palermo 1924-1941; V. Spreti, Enciclopedia storico-nobiliare italiana, IV, rist. 1969; A. Mango, Nobiliario di Sicilia, I, Palermo 1912; F. Emanuele di Villabianca, Sicilia nobile, p. II, Palermo 1754; G. Sorge, Mussomeli dall’origine all’abolizione della feudalità, voll. I-II, Catania 1910-1916; S. Salomone Marino, La Baronessa di Carini, Catania 1926; A. Baviera Albanese, La storia vera del “caso” della Baronessa di Carini, in “Nuovi Quaderni del Meridione”, 2 (1964), pp. 493-533. 3 Giuseppe Lanza, duca di Camastra, fu il vicario per Valdemone e Val di Noto dopo il terremoto del 1693. Si v. C. Gallo, Il terremoto del 1693 e l’opera di governo del vicario generale duca di Camastra, in “Archivio storico siciliano”, s. IV, I (1975), p. 38ss. 2 matrimoniale che già da diverse generazioni mirava a portare in casa Lanza l’immenso patrimonio della dinastia Branciforti in via di estinzione. È vero che di lì a qualche anno l’abolizione della feudalità avrebbe svuotato di contenuto questo dominio feudale dalle proporzioni mai raggiunte da nessun altro casato siciliano; ma se la proprietà si trasforma da feudale in allodiale, con il conseguente venir meno dei poteri giurisdizionali e finanziari, non viene per questo a cessare completamente l’influenza del signore sui territori che per secoli erano stati sottoposti alla sua amministrazione, anche se ormai si tratta di un’influenza più che altro morale. Avviene però il progressivo sfaldamento del patrimonio, caduto ogni ostacolo circa l’alienazione del feudo e la possibilità del frazionamento dello stesso, per cui gli innumerevoli titoli ereditati da Giuseppe Lanza col figlio Pietro e i suoi successori vengono divisi tra i discendenti, sì che alla politica della concentrazione perseguita sotto il regime feudale fa seguito il fenomeno inverso, il progressivo allargamento della successione che porta alla creazione di nuovi rami come quello dei Lanza di Scalea4. Sulla storia di Trabia e sulle successioni nello stato ci riferiscono le opere degli autori sopra ricordati5. Località ricca di acque, divette a questa caratteristica la spunta allo sviluppo economico e la sua vitalità nei secoli. Osserva il padre Salvatore Lanza che questo luogo, descritto nel 1509 come “territorio chiamato della Tarbia col fondaco, molini e tonnara, scuderia e trappeto, pertinenze e acque” aveva tutti i requisiti per una colonizzazione. In effetti però, per la lunga rivalità con la confinante città demaniale di Termini, che probabilmente, sotto il pretesto di una questione di confini, aveva un fondamento di concorrenza economica, la licentia populandi fu concessa solo nel 1635 a Ottavio Lanza, che aveva offerto al sovrano 20.000 scudi, metà in contanti e metà in biscotto per le galere, chiedendo in cambio la definitiva conclusione della lite con Termini, la licenza di fabbricare e la concessione del mero e misto impero per tutte le sue terre6. Senza dubbio i lunghi soggiorni che vi fecero i principi, specie in tempi più antichi, favorirono lo svolgersi in Trabia di varie attività. Ancora Salvatore Lanza ricorda: “La pesca del tonno rese sempre amatissime quelle amene spiagge, finchè Pietro Lanza, principe di quella terra [m. 1811] fe’ mutare aspetto al suo castello, che dal silenzio passò a sentire lo strepito delle ruote e dei congegni della fabbrica del panno e di altre industrie, mossi dalle abbondanti acque, che strette nei provvidi canali diedero luogo ad uno inaspettato lavorio, e consacrarono alla industria quella rocca negli ultimi aneliti dello spirante potere feudale”7. Molte delle attività industriali e manifatturiere gestite dalla Famiglia Trabia trovano testimonianza in fascicoli sparsi qua e là nella cd. Serie A. Un primo gruppo di volumi (338 bis e seguenti) comprende materiale dei secoli XVIII-XIX, in primo luogo le cautele dell’amministrazione dello stato. Il 338 bis raccoglie alcuni fascicoli sulla secrezia, le tonnare, i 4 Questo titolo fu portato dalla napoletana Eleonora Spinelli nel 1832. Verso la fine del secolo avviene invece una associazione tra nobiltà di antico lignaggio e aristocrazia del commercio e della finanza: Pietro Lanza sposa nel 1885 Giulia, figlia di Ignazio Florio. 5 Si segnalano ancora S. Lanza, Notizie storiche sul castello e sul territorio di Trabia, in “Archivio Storico Siciliano”, n.s., 3 (1878), pp. 309-330 e il più recente, ma piuttosto modesto, opuscolo di G. Migliore, Trabia dalle origini a oggi, Palermo 1960. 6 Cfr. ASPa, Conservatoria, 327, c. 169ss. 7 S. Lanza, Op. cit., p. 318. 3 ARCHIVIO LANZA DI TRABIA mulini, il macello, il castello, le chiese etc.; il 354 bis contiene in titoli di possesso delle tonnare a partire dal sec. XV (si veda il volume 652). Altre scritture di epoca piuttosto antica si possono trovare nella prima parte della serie, inserite nei voluminosi incartamenti di liti giudiziarie, e ancora nella seconda parte, a partire dal vol. 607: sono privilegi, investiture, testamenti, contratti, riferibili specialmente alla gestione dei principali autori delle fortune della dinastia, Cesare e Ottavio I e II Lanza. Per quanto riguarda Mussomeli, assegnata a cesare nel 1549 in forza dei crediti che vantava verso Andreotta Lo Campo, proprietario dello stato (contea dal 1563), tra le molte scritture prodotte dalla sua complessa amministrazione notiamo le cautele dell’università (dal 1748, voll. 448 ss.), i fascicoli sull’allevamento del bestiame (vol. 510), le fabbriche, il castello, la fastuchiera (coltivazione del pistacchio, vol. 874 e 928), gli usi civici che, come per molti altri comuni dell’isola, sono oggetto per tutta la prima metà dell’Ottocento di irriducibili contese tra il signore e gli antichi vassalli. Per Camastra esiste un grosso nucleo di scritture del Settecento, di cui il gruppo più organico è quello delle cautele dello stato (voll. 368 e ss., dal 1796 al 1871, con testimonianze di data anteriore). Sono fuse in questi volumi le scritture del governatore dello stato e quelle dei giurati, in quanto il primo amministrava le entrate e le uscite anche per conto del consiglio civico: vediamo ad esempio nel 1798 il paese entrare in stato di emergenza, e sono i giurati che danno al governatore l’ordine di provvedere all’acquisto di polvere e munizioni per la milizia urbana, così da esser pronti al semplice avviso (vol. 368). Di S. Stefano di Mistretta – poi Camastra – si sa che, distrutta da una frana nel 1682, fu ricostruita negli anni successivi soprattutto per l’impulso dato dal già ricordato duca di Camastra, che diede il suo nome all’abitato che andava sorgendo e poi lo considerò sempre opera sua: “la mia terra”, la definisce nel testamento, mentre dispone di essere seppellito lì, accanto alla prima moglie Maria Gomez de Silvera (vol. 4 bis). A Maria Gomez de Silvera appartenne, per qualche tempo, la baronia di Pettineo che poi, per transazione stipulata nei primi del Settecento, tornò ai discendenti della famiglia Ferreri, primi acquirenti della baronia stessa nel secolo XVI (voll. 295ss.). Nell’archivio Lanza costituiscono un gruppo piuttosto consistente le scritture dello stato di Sommatino, per lo più comprese tra l’ultimo quarto del Settecento e la prima metà dell’Ottocento, e in gran parte riferentisi all’amministrazione delle zolfare (Zolfara grande, Zolfarella, Cubba, Buco di Calj).
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