PosteItaliane SpA-Spedizione inabbonamento postale-70% - Aut.GIPA/C/RM/04/2013 (Cesare Zavattini) per conoscere glialtri. è unodeipochimodirimastici L'autobiografismo affrontato sulserio (Isabelle Huppert in invece diraccontarla! Devo inventare lamia vita (Humphrey Bogartin se avesse visto troppi bruttifilm... La vita sicomporta talvolta come

Le strategie del cuore del strategie Le scalza contessa La ) )

ESISTE UNA VIA ITALIANA AL BIOPIC? BIOGRAFIE E AUTOBIOGRAFIE NEL CINEMA ITALIANO Dicembre 2020 | numero 54 | anno VIII NEL CINEMA ITALIANO E AUTOBIOGRAFIEBIOGRAFIE ITALIANA ALBIOPIC? UNAESISTE VIA giornale della sera della giornale un a John Malkovich Alberto Sordi, Salvatore Ferragamo, CINEMA ESPANSO aperta Lettera a 50annida ANNIVERSARI Il cinema aCuba FOCUS il Festival di Berlino per gliOscar e Nuove regole DISCUSSIONI n°54 | dicembre 2020| €5,50 Il prossimo numero di 81/2 sarà in uscita a marzo 2021 editoriale

L’ATROFIA DELL’IMMAGINAZIONE

di GIANNI CANOVA

Ancora il buio. Buio pesto, buio denso, buio cupo. Il cinema stava faticosamente iniziando a riprendersi dopo il lockdown della scorsa primavera quando una nuova chiusura ha riportato il setto- re in una impasse dolorosa e preoccupante. La Mostra di Venezia prima e la Festa di Roma poi avevano contribuito – ciascuna a suo modo – a rilanciare la fiducia, a dare visibilità ai film pronti per la distribuzione, a richiamare al cinema il grande pubblico. Ma la pandemia ha di nuovo fermato tutto. I cinema hanno nuovamen- te abbassato le serrande, le uscite dei film vengono rinviate o trasferite direttamente sulle piattaforme digitali, molti set sono di nuovo sospesi. Non c’era alternativa? Forse. Però, forse, prima di chiudere tutto si pote- va anche tentare uno scatto di fantasia, un guizzo dell’immaginazione. Fra il tutto aperto e il tutto chiuso si poteva esplorare l’infinita gamma del possibile, magari immaginando soluzioni intermedie: ad esempio, cinema e teatri aperti solo nel weekend, su prenotazione del posto, in giornate in cui i mezzi pubblici sono meno stressati. Ma per elaborare soluzioni diverse bisognerebbe saper fare i conti con la complessità. Cosa che purtroppo non sappiamo quasi più fare. Non siamo più capaci di pensare. Di progettare. Di immaginare. Di uscire dai protocolli e dai paradigmi novecenteschi. Di fronte a problemi complessi e dolorosi come quelli che la pandemia ci impone non sappiamo che dare risposte semplificatorie e banalizzanti. Sempre le stesse. Forse, una delle cose che il virus sta portando alla luce, purtroppo, è la crescente e paralizzan- te atrofia della nostra immaginazione. sommario

EDITORIALE 24 Ritratto in piedi INCHIESTE RACCONTI DI CINEMA

01 L’atrofia 25 La cancellazione 42 Dagli Oscar 52 La grande bellezza. dell’immaginazione dello sguardo. alla Berlinale: Il nastro rosso di Gianni Canova Pierfrancesco Favino una rivoluzione di Carmen Diotaiuti di Marcella Leonardi (im)possibile di Cristiana Paternò 26 L’uomo gallina. SCENARI Elio Germano 44 PRO ANNIVERSARI di Alberto Pezzotta Come se fosse Antani 04 Il mimetismo di Francesco Castelnuovo 54 a 50 anni da… problematico 27 Il figlio di Dio. Lettera aperta di Gianni Canova CONTRO a un giornale della sera di Nicole Bianchi Avvocati e sotto- 06 E il protagonista muore... rappresentati L’intellighenzia all’attacco di Andrea Guglielmino 28 L’eco di una voce. di Paolo Mereghetti di Stefano Stefanutto Rosa Serena Rossi 08 Andrea Romeo: di n/b 45 Un premio genderless Intervista “Ogni vita merita per Berlino, città simbolo Citto Maselli di essere raccontata” 29 Il sentimento della libertà di Beatrice Fiorentino del declino. di Ilaria Ravarino Toni Servillo 10 Oltre il santino di Roberto De Gaetano Intervista CINEMA E... di Daniela Catelli Carlo Chatrian 30 Elisa Fuksas: 12 Una Babele interminabile salvezza e lockdown 47 Magari il problema CINEMA E ARTE di Luca Barnabé di Ang fosse solo nei premi 62 Botticelli, inafferrabile di Laura Delli Colli fashion maker 16 C’è storia e Storia. 32 Il giocattolo rotto di Nicole Bianchi Sociologia delle vite di Hilary Tiscione 48 Ben vengano che contano le esagerazioni di Carmen Diotaiuti Intervista di Piera Detassis CINEMA E MUSICA Emanuele Trevi 64 Rumori e musica, 18 La vita vera. O no? nemici-amici di Paola Casella 36 Alla prova del pubblico di Riccardo Giagni di Mario Mazzetti REPRINT Interviste 38 Artiste, divi e ribelli 50 Battuta d’aspetto CINEMA E ANIMAZIONE Susanna Nicchiarelli a cura della redazione di Luigi Comencini 66 Mattotti: “L’artigianato Giorgio Diritti da “Il Tesoretto. autoriale di Massi Gianluca Iodice 40 Mimetismi Almanacco e il miracolo di MAD” Gianni Amelio Sondaggio di Alice Bonetti dello Specchio”, di Nicole Bianchi Ferdinando Cito Filomarino 1941-XIX, pp. 184-185. di Andrea Mariani Intervista Lorenzo Mattotti SCANNER CINEMA ESPANSO INTERNET E NUOVI CONSUMI CINEMA E FUMETTO 74 Misure per le pari 88 , 68 Le avventure opportunità di genere un cuore napoletano 100 Video Party: quando di Remo Starr di Rossella Gaudio, di Cristiana Paternò la visione è di nuovo il cinenauta Iole Maria Giannattasio, condivisione Testi di Fumasoli Monica Sardelli 90 Ferragamo di Carmen Diotaiuti Disegni di Farina e Bruno Zambardino e la scarpa perfetta a cura di Bugs Comics di Nicole Bianchi

92 Mnemosine, Clio, CONSTELLACTION! CINEMA E CIBO FOCUS CUBA Urania, Cronos. 70 Gianfranco Pannone I miti continuano 102 Dall’arcobaleno a km zero 82 Oltre il cinema di Sara Colombini al buio in sala di Andrea Gropplero della rivoluzione di Simon&TheStars di Troppenburg di Gian Luca Pisacane 94 A casa di Alberto di Giulia Bianconi Acquario-Ferzan Özpetek 86 Dall’ICAIC alle nuove Pesci-Bernardo Bertolucci CINEMA E ISTITUZIONI tendenze 96 Malkovich, oltre i limiti 72 Uno, nessuno, centomila: di Luciano Castillo del corpo e dell’identità ecco le “storie” di Silvana Annicchiarico del cinema 104 BIOGRAFIE di Alberto Anile GEOGRAFIE

98 Le strade di Giulietta di Oscar Iarussi

In Redazione Progetto Creativo ½ 8 Carmen Diotaiuti 19novanta communication partners NUMERI, VISIONI Andrea Guglielmino E PROSPETTIVE Creative Director DEL CINEMA ITALIANO Coordinamento redazionale Consuelo Ughi DG Cinema Bimestrale d’informazione Iole Maria Giannattasio Stampa ed allestimento e cultura cinematografica Arti Grafiche La Moderna Coordinamento editoriale Via Enrico Fermi 13/17 Nicole Bianchi 00012 Guidonia Montecelio (Roma) Iniziativa editoriale realizzata da Istituto Luce-Cinecittà Hanno collaborato Registrazione presso il Tribunale con Direzione Generale Paolo Altibrandi, Silvana Annicchiarico, Alberto Anile, di Roma n° 339/2012 Luca Barnabé, Giulia Bianconi, Alice Bonetti, Cinema e Audiovisivo del 7/12/2012 Paola Casella, Francesco Castelnuovo, Luciano Castillo, Direzione, Redazione, Daniela Catelli, Sara Colombini, Roberto De Gaetano, Amministrazione Laura Delli Colli, Piera Detassis, Adriana Farina, Beatrice Istituto Luce-Cinecittà Srl Fiorentino, Gianmarco Fumasoli, Rossella Gaudio, Via Tuscolana, 1055 - 00173 Roma Direttore Responsabile Riccardo Giagni, Iole Maria Giannattasio, Tel. 06722861 fax: 067221883 Giancarlo Di Gregorio Andrea Gropplero di Troppenburg, Oscar Iarussi, [email protected] Direttore Editoriale Marcella Leonardi, Andrea Mariani, Mario Mazzetti, www.8-mezzo.it Gianni Canova Paolo Mereghetti, Alberto Pezzotta, Gian Luca Pisacane, Ilaria Ravarino, Monica Sardelli, Simon&TheStars, Chiuso in tipografia il 11/12/2020 Vice Direttore Responsabile Stefano Stefanutto Rosa, Hilary Tiscione, Cristiana Paternò Bruno Zambardino scenari

IL MIMETISMO PROBLEMATICO di GIANNI CANOVA

Fra pulsione imitativa ed estetica dei sosia, il biopic sta diventando il macrogenere dominante del cinema italiano: come per decenni è stata la commedia, ma con una capacità più accentuata di vedere nelle vite dei personaggi che racconta le ferite e le contraddizioni della Storia.

Plutarco. Svetonio. Vasari. Ci sono radici nobili e antiche nella ricorrente e pervasiva passione del cinema italiano per le bio- grafie. C’è la convinzione – poco importa quanto consapevole ma certo maturata e sedimentata nel tempo – che raccontare le vite di uomini “illustri” sia uno dei modi migliori per indagare la Storia. C’è la consapevolezza che ogni biografia implichi anche un tas- so di inevitabile agiografia. C’è la fascinazione per quelle vite che hanno saputo esprimere in modo esemplare la grandezza ma anche la limitatezza dell’umano. Che

scenari Esiste una via italiana al biopic? Biografie e autobiografie nel cinema italiano Un poeta, un politico, un pen- tito di mafia, tre artisti. Tre sole donne, purtroppo. Ma anche nessun santo, nessun navigatore. Quelli, caso mai, li celebra la Tv. Il cinema italiano – per lo meno fino a prima della devastazione della pandemia – sembra dav- vero aver trovato nel biopic una volta – il Craxi di Favino/Amelio: nuova frontiera: un genere (un la pulsione al mimetismo si in- macrogenere?) che riesce a far carna e si svela nella prova gigan- da contenitore a storie che poi si tesca dell’attore: come mosso da declinano anche su registri molto una smania imitativa assoluta, diversi. Il biopic italiano predili- Favino cerca di riprodurre su di ne sia consapevole o no, il biopic ge i “casi problematici”: Amelio sé i tratti fisici e psicologici più italiano viene da quella tradi- per esempio riesce a estrarre il connotativi della figura di Craxi, zione. Porta con sé quel DNA. E “fantasma” di Craxi dall’angustia e lo fa con un’esattezza e un’a- condivide con Vasari l’ambizione della cronaca per traghettarlo in derenza impressionanti, coin- di far entrare le Opere nelle Vite. una dimensione tragica: il Craxi volgendo nella hybris mimetica Facciamo un breve censimento di Amelio/Favino non è né quello non solo il volto e il corpo, ma la dei biopic italiani usciti anche delle monetine lanciategli addos- postura, il ritmo della fonazione, solo nelle due ultime stagioni: so all’Hotel Raphael né quello l’intonazione della voce, la mi- Gianni Amelio rivisita l’ultimo trionfante al 45° Congresso del crogestualità quotidiana (il modo Craxi in esilio tunisino in Ham- PSI né quello che un prete del di toccarsi gli occhiali, di appog- mamet, Marco Bellocchio chiede collegio in cui andava da piccolo giare pollice e indice alla radice a Pierfrancesco Favino di ridare definiva sprezzantemente “Mal- del naso, e così via). “Sembra Cra- vita con un mimetismo impres- fattore Manigoldo Malvivente xi…”, commentavano gli spettato- sionante alla figura di Tommaso Maligno Maledetto”. Diventa nella stragrande maggioranza dei ri all’uscita del cinema. Ed è vero. Buscetta ne Il traditore, Sergio piuttosto un personaggio sha- titoli citati, da Il traditore di Bel- Ma è altrettanto vero che un tale Castellitto assume le fattezze e kespeariano, un mix di Re Lear locchio a Miss Marx di Susanna mimetismo assoluto riguarda solo l’identità di Gabriele D’Annunzio e di Agamennone, l’ipostasi del Nicchiarelli, come se il racconto il suo personaggio, tutto il resto ne Il cattivo poeta, Elio Germano re caduto, del Potere che crolla, di una vita storicamente accerta- del film va in altre direzioni: a dif- in Volevo nascondermi interpreta della vita che fugge. Crepusco- ta si offrisse quale terreno privi- ferenza di quanto accadeva ne Il sotto la guida di Giorgio Diritti lare e furente, non riconciliato, legiato per sondare le aporie, le divo di (che face- il talento e la follia di Antonio dolce e cattivo, egoista e gene- contraddizioni e i nodi non sciol- va dei vari personaggi una galleria Ligabue, Susanna Nicchiarelli roso al tempo stesso. Insomma: ti della Storia. di sosia di persone reali facilmen- porta a Venezia con Miss Marx una figura che fa discutere, che Se c’è un tratto distintivo del te riconoscibili), in Hammamet di una biografia in stile punk-rock mette in discussione le certezze biopic italiano, tuttavia, credo altri sosia non c’è traccia, nessun della figlia di Karl Marx, Claudio acquisite, che ci invita a guardare possa essere individuato nella personaggio è chiamato col nome Noce chiama ancora Favino a far le cose da un altro punto di vista. predilezione assoluta per il mi- che aveva nella realtà (anche la fi- rivivere sullo schermo la figura di Un po’ come è probabile che sia metismo. C’è una sorta di estetica glia Stefania diventa Anita), tutto è suo padre, il vicequestore Alfonso anche il nuovo film a cui Amelio del sosia che ricorre più o meno sfumato e sfuocato. Come dire: il Noce, vittima negli Anni ’70 di un sta lavorando, un altro biopic, inalterata (solo qua e là un po’ mimetismo che costruisce il pro- attentato terroristico da parte dei dedicato questa volta a Aldo Brai- più grottesca) dall’Aldo Moro di tagonista cozza con l’elusività con Nuclei Armati Proletari. Ma non banti, il professore omosessuale Gian Maria Volonté all’Andreotti cui viene messo in scena il resto. È è finita: ci sono anche il Leonardo accusato di plagio e massacrato e al Berlusconi incarnati da Toni solo uno degli esempi possibili di di Luca Argentero (Io, Leonardo), anche dal moralismo conformi- Servillo rispettivamente ne Il divo quell’originalità del biopic italiano il Michelangelo di Alberto Testo- sta di quella stessa sinistra in cui e in Loro di Paolo Sorrentino fino che cerchiamo di indagare in que- ne (nel film di Konchalovsky, Il pure militava. Un’analoga pro- al Buscetta di Favino, al Ligabue sto numero di 8½. peccato), la Mia Martini di Serena blematicità è ravvisabile anche di Germano e al D’Annunzio di Rossi (Mia Martini-Io sono mia, di Castellitto. È come se il consegui- Riccardo Donna), il Fabrizio De mento della somiglianza e della André di Luca Marinelli (Fabrizio riconoscibilità garantisse a priori De André-Principe Libero di Luca anche l’autenticità del contesto. Facchini), l’Alberto Sordi di Edo- Ma non è così. E lo dimostra con ardo Pesce (Permette? Alberto Sordi cristallina evidenza – ancora una di Luca Manfredi), la Federica An- geli di A mano disarmata di Clau- dio Bonivento, l’Elisa Girotto di 18 regali di Francesco Amato. E ci è sicuramente sfuggito qualcuno.

4/5 E IL PROTAGONISTA MUORE...

di ANDREA GUGLIELMINO

Una riflessione sulle forme e le strutture del racconto biografico. Con un’avvertenza: la vita vera non appartiene a nessun genere. O forse a tutti.

Partiamo dalla definizione, usando lo strumento più semplice e popo- finale è sempre scontato: il prota- Freddie Mercury, e il Rocketman lare di cui si possa disporre al momento. Secondo Wikipedia, un biopic, gonista muore. del solo Fletcher, dell’anno suc- o “film biografico”, è “un film in cui si rievoca la biografia, più o meno Per far sì, dunque, che una vita di- cessivo, con un brillante Taron rielaborata, di un determinato personaggio realmente esistito”. Il termi- venti interessante come film, bi- Egerton negli scintillanti panni ne è ricavato appunto dalla contrazione dei lemmi biographic (motion) sogna necessariamente adattarla, di Elton John. A parte la necessa- picture “film biografico”. Sempre in lingua inglese, il termine è spesso scegliendo i momenti che desta- ria diversità d’approccio, dovuta restituito con la locuzione biographical film. no interesse nel pubblico, avvici- al fatto che Elton John è tuttora La questione sembrerebbe semplice e chiusa, ma proprio perché sono nandoli o spostandoli nel tempo, in vita, mentre Mercury no, i due film che hanno a che fare direttamente con la “vita”, se li si va ad analiz- costruendo un serrato montaggio film sono difficilmente accosta- zare singolarmente diventa quantomai limitante sottoporli a un’unica e spesso tradendo anche “quello bili, anche per genere. Vediamo etichetta, essendo risaputo che la vita, innanzitutto, non ha trama – che è realmente avvenuto”, che l’uso della musica. In Rhapsody è come ha affermato spesso, ad esempio, Paolo Sorrentino, anche in re- diventa poco importante nella totalmente diegetico e con vena- lazione al modo di costruire la sua personale narrazione, fatta di atmo- trasposizione scenica. Un sotto- ture documentaristiche. Si canta sfera e suggestioni, più che di snodi – ma soprattutto non ha un genere, genere particolarmente in voga quando i personaggi cantano e le presentandosi come mix di dramma e commedia, azione e riflessione, in ambito biopic è quello che pre- esibizioni dal vivo – specie il Live spavento e rilassatezza, sviluppandosi anche in più ambienti; la vita può senta le biografie di grandi star Aid a Wembley che conclude il essere di genere ospedaliero durante il decorso da una malattia, può es- musicali, particolarmente ostico film, il quale volutamente evita sere di genere carcerario per chi capita dentro l’esperienza, può essere perché deve affrontare anche le di soffermarsi sulla malattia e la di genere scolastico, e così via. L’unico condizionamento è quello sto- “ire funeste” dei fan della star in morte di Mercury perché, appun- rico. Se consideriamo “genere” il Western o il film in Costume, allora la questione. Si vedano due esempi to, è la parte “scontata”, che tutti vita non può essere che quella che capita al protagonista nell’epoca in recenti e vicini nel tempo, il Bohe- conoscono – sono ricostruite al cui egli vive, salvo il gioco della rievocazione storica che, però, rappre- mian Rhapsody di Bryan Singer dettaglio, inquadratura per in- senta una finzione e non la vita. Il problema con la vita è che, presa di per e Dexter Fletcher del 2018, che è quadratura. Il resto è un buon film sé, è di necessario interesse per il suo protagonista, ma noiosa per tutti valso a Rami Malek l’Oscar come drammatico, con un bel ritmo, quelli che invece vi assistono senza esserne direttamente coinvolti. E il Miglior Protagonista nei panni di dove gli eventi vengono sposta- scenari Esiste una via italiana al biopic? Biografie e autobiografie nel cinema italiano ti e riassemblati a convenienza, elemento poco apprezzato dai fan storici dei Queen che sanno bene come We Will Rock You sia nata in un momento storico diverso da quello presentato dalla pellicola, che però ne fa un uso narrativo specifico, per creare enfasi su una scena particolarmente toccan- te. Rocketman invece si presenta come un musical in senso stretto. Per capirci, gli attori cantano an- che quando i personaggi stanno semplicemente dialogando. Anzi, si può dire che il film sia tutto un lungo monologo presentato dallo stesso Elton durante la sua fase di rehab. La prima scena lo vede rac- contare la sua vita, e questo rende il tutto accessibile, onirico, tea- trale, sia visivamente, che acusti- camente, che concettualmente. Non è importante che il film sia fe- dele alla vita del cantante, perché deve essere piuttosto fedele al suo racconto e alla sua confessione. Questo semplice esempio ci fa capire come il biopic in realtà corrisponda alla vita nella sua multigeneralità: The Doors di Oli- ver Stone è un dramma lisergico, mentre Great Balls of Fire si presen- ta più come una commedia, seb- bene i momenti drammatici nella vita di Jerry Lee Lewis non siano certo mancati. E vale anche, natu- ralmente, se usciamo dall’ambito musicale. Gorilla nella nebbia, con Sigourney Weaver nei panni del- la zoologa Dian Fossey, è un film d’avventura con elementi noir. Turner, con Timothy Spall cele- bre pittore, è un “motion picture” in senso letterale, dato che quasi ogni inquadratura richiama essa stessa i dipinti dell’artista. E a vol- te l’impatto del film è tale che ci si dimentica quasi che si tratti di una biografia – sono in effetti i risultati migliori – per cui l’opera supera la storia. È il caso di Amadeus, The Ele- phant Man, Toro scatenato e molti altri. Per chiudere con un esempio dello scorso anno, il recente The Irishman di Scorsese, basato sul- la vita del sindacalista e mafioso Frank Sheeran, è percepito come un “crime movie” – perché in effet- ti è così che si presenta – più che come una biografia.

6/7 ANDREA ROMEO: “OGNI VITA MERITA DI ESSERE RACCONTATA” di BEATRICE FIORENTINO

scenariscenari EsisteEsiste unauna viavia italianaitaliana alal biopic?biopic? BiografieBiografie ee autobiografieautobiografie nelnel cinemacinema italianoitaliano Nel 2005 ha fondato il Biografilm, primo evento mondiale dedicato alle biografie e ai racconti di vita, nato da un’esigenza personale, come risposta a un presente in divenire che prendeva direzioni sempre più imprevedibili e schizofreniche. C’era da poco stato l’11 settembre, la guerra in Afghanistan, l’operazione “Enduring Freedom” accompagna- ta da un senso di profondo disagio, con la voglia di guardare altrove e di cercare rifugio in un “luogo” intimo e accogliente. Come la biografia. È così che Andrea Romeo racconta di avere pionieristicamente abbrac- ciato questa avventura quindici anni fa, alla ricerca di ricette “per vivere meglio” osservando le vite degli altri.

Romeo, partiamo dal tema del focus: elementi di forza e di debo- lezza del biopic italiano. Preferirei superare la polarizzazione che in fondo serve solo a fare delle contabilità, degli elenchi. Cercare di stabilire cosa è buono e cosa non lo è ci rassicura, ma risponde a un modello culturale italiano, duale e ripetitivo, non più contemporaneo. Personalmente amo i film che non sono fatti solo di cose riuscite ma, come nella vita, sono indistinguibili dal bello e dal brutto. Non mi affeziono al registro del bello e del brut- to. E non è nel biopic più lineare che mi diverto di più, anzi, spesso è il contrario, mi piace quando il racconto diventa inestricabile come la vita. Incide anche l’età dello spettatore. Quando sei giovane vuoi le cose belle. Più avanti vuoi le cose intense, importanti.

Di recente anche in Italia abbiamo assistito a una crescita del ge- nere biopic. Pensando solo ai mesi più recenti vengono in mente Miss Marx, Hammamet, Volevo nascondermi, Nico, 1988…. Miss Marx è un film clamoroso. Susanna Nicchiarelli parla una lingua Come nel documentario, entra in campo il concetto di fiducia. viscerale, non si rivolge solo agli occhi e al cervello dello spettatore, si Bisogna fidarsi di chi ti sta raccontando delle cose assicurandole esprime emotivamente e con grande maturità. Guardo sempre con ri- come ‘vere’. spetto e stupore a Susanna, perché lei si pone con l’aria insicura di quel- Però ormai siamo usciti dall’idea della non manipolazione, i film di oggi la che ci prova, ma invece riesce sempre a dire cose di grandissima rile- sono più maliziosi. Se lo spettatore è in grado di comprendere la mani- vanza. Non le interessa essere vera o giusta, ma forte. Ti scuote, apre uno polazione delle notizie, comprende anche quella delle immagini. E oggi squarcio sul mondo e sulla vita, anche la tua. Anche Volevo nascondermi i biopic più interessanti sono anche i meno oggettivi. Nicchiarelli non ha è un grande film. Era dai tempi di Jarman che un ritratto d’artista non mi bisogno di essere solo documentale, può offrire il suo sguardo autoriale emozionava così. Ti blocca i muscoli, il sentire. Il rapporto con l’opera in un gioco esplicito. La cosa più interessante sta proprio nel taglio che d’arte è incredibilmente fisico e seducente. Ho iniziato quel viaggio con decidi di dare al film, uscendo dallo stereotipo del genere o evitando di qualche titubanza, anche per la sua drammaticità, ma è lì che il cinema raccontare una vita dalla nascita alla morte, ma solo in una sezione, come ti manipola e da osservatore imbarazzato finisci per diventare un tifoso accade in Nico, 1988. del Maestro, abbracciando l’euforia del vivere. Quali sono le differenze i tra biopic fictional e i documentari? E A cosa si deve il crescente successo del genere biografico? L’im- tra quelli realizzati per il cinema e per la tv? pressione è che se ne produca di più. Non ne so abbastanza di tv, io riporto tutto al cinema. Ma il mondo va da Si tratta di un fenomeno mondiale. Il biopic è produttivamente rassicu- un’altra parte e quindi dovrò adeguarmi. Prometto che studierò come rante perché quando parliamo delle vite di personaggi famosi sappiamo cambi il canone tra grande e piccolo schermo. Per quel che riguarda fi- già esistere un pubblico potenzialmente interessato. E in un momento in ction e doc, il canone del documentario ora mi pare meno forte della cui il cinema fatica a trovare storie originali da raccontare, il biopic rap- finzione. Perché, salvo alcuni casi particolari, oggi è più importante ciò presenta una possibilità. Anche se non è sempre vero, quando vedi un che sarà e potrebbe essere, rispetto a ciò che è ed è stato. biopic hai comunque la sensazione di portarti qualcosa a casa, se non al- tro una conoscenza in più. Si aggiunga anche il fatto che oggi lo sguardo Se provassimo a tracciare un identikit del biopic? sul presente funziona meglio se si parte dal punto di vista di un singolo In quasi tutte le biografie che ho incontrato, i grandi interrogativi sono anziché da una storia collettiva, come invece si sarebbe fatto un tempo. gli stessi: come mai sono qui e di chi sono figlio? Posso amare e ripro- In fondo la biografia è solo un punto di osservazione su un’epoca o una durmi? Come vivo la morte degli altri? Come affronto la mia finitezza e vicenda e oggi, forse sull’onda dell’auto-fiction che spopola sui social, il la possibilità di restare nella memoria degli altri? Domande esistenziali punto di vista personale ha un peso maggiore rispetto al passato. che si ripropongono sempre uguali, trovando sempre risposte diverse.

Un personaggio trascurato che meriterebbe un biopic? Augusto Tretti. Sono 25 anni che mio padre me lo ripete.

Quello che è stato raccontato fin troppo? Nessuno. Ogni vita merita di essere raccontata.

8/9 OLTRE IL SANTINO

di DANIELA CATELLI

Cinema e Televisione: strade parallele che, a volte, si intersecano.

È indubbio che al pubblico dei tele e cinespettatori le vite degli altri piacciano. Esempio positivo o negativo, cadere in un didascalismo di ma- ritratto fedele o reinterpretazione che siano, il successo premia spesso quei prodotti che in America chiama- niera. Diverso è il discorso di Vo- no biopic. In Italia la casa per eccellenza di questo genere di prodotti, per tradizione, quantità e approfondi- levo nascondermi di Giorgio Diritti, mento, è la televisione, fin da quando si chiamavano ancora “sceneggiati” o “originali tv”. Le vite di santi, papi che non teme il confronto con lo e papi santi, navigatori, eroi, poeti, scienziati e medici, pedagoghi e inventori, esploratori e industriali, politici storico Ligabue di Nocita: in que- e sportivi, artisti, registi, attori e letterati sono un pozzo inesauribile di storie dal quale le nostre tv attingono sto caso la sintesi dell’opera cine- a piene mani, sapendo che possono contare su registi capaci e specializzati nel genere (come ad esempio matografica non si traduce in un Michele Soavi e Giacomo Campiotti) e attori di provata qualità, tra cui i ricorrenti Claudio Santamaria, Sergio racconto parziale ma coglie esat- Castellitto, Michele Placido e Beppe Fiorello. Il filone biografico della tv italiana è inizialmente legato a un tamente l’anima del personaggio modello didattico/didascalico a cui anche registi cinematografici come Roberto Rossellini contribuiscono rappresentato. Ci sono ancora mo- con opere in costume di approfondimento culturale e spirituale. Pian piano, però, la tv va incontro a un pub- menti in cui cinema e fiction bio- blico più vasto con le biografie di divulgazione dedicate a glorie nazionali, realizzate con grandi mezzi e dirette grafica s’incontrano, in un percor- da registi di nome. Apripista negli Anni ‘70 sono le serie dedicate agli artisti: dal fortunato e discutibile Puccini so inverso a quello a cui eravamo di Sandro Bolchi con Alberto Lionello a La vita di Leonardo Da Vinci di Renato Castellani con Philippe Leroy, abituati, come avvenuto con Fa- dall’affascinante Paganini con Tino Schirinzi al fenomeno popolare del Ligabue di Salvatore Nocita con Flavio brizio De Andrè. Principe libero, nato Bucci, che porta per la prima volta in prima serata la materia sporca e concreta delle campagne, la brutalità di per il cinema e trasformato in mi- una vita e del trattamento della follia, nella visione non edulcorata che al cinema negli stessi anni Bernardo niserie tv. Come tutti però anche Bertolucci mostra in Novecento. Seguono a questi negli Anni ‘80 celebri miniserie d’avventura di coproduzio- questo prodotto non è migliore ne internazionale, come l’epico viaggio esotico del Marco Polo di Giuliano Montaldo e il Cristoforo Colombo di o peggiore a priori in base alla sua Alberto Lattuada. Col passare degli anni i prodotti di genere biografico si moltiplicano - spesso in parallelo destinazione: l’unica vera differen- con l’abbassarsi dei valori produttivi - e in alcuni casi si assiste a un fecondo interscambio tra piccolo e grande za è la capacità di chi lo scrive, chi schermo, con la riproposta della versione ridotta di alcune di queste biografie anche per il cinema. lo interpreta e lo dirige di raccon- tare storie capaci di coinvolgere un A causa della coesistenza della tv pubblica coi network privati, poi, niente vieta la realizzazione contempora- pubblico che chiede al film biogra- nea di due fiction su Padre Pio nel 2000: per la Rai quella di Giulio Base con Michele Placido e per Fininvest fico qualcosa di più e di diverso del quella di Carlo Carlei con Sergio Castellitto. Con l’eccezione di Francesco di Liliana Cavani, che nel 1989 ripor- santino agiografico o del Bignami, ta al cinema la figura del Santo già raccontata nel 1966 col televisivo Francesco D’Assisi, sul grande schermo a e che dimostra spesso di apprezza- lungo il filone biografico si sposa in un connubio inestricabile con quello di impegno civile, grazie a registi re maggiormente le opere che non come Giuliano Montaldo, Francesco Rosi e Giuseppe Ferrara, autori di un cinema “biop(olit)ics”, reinven- pretendono di raccontargli tutto il tato almeno parzialmente in tempi recenti da titoli come Il testimone e Hammamet, entrambi interpretati dal percorso di vita di un personaggio, camaleontico Pierfrancesco Favino. La differenza, in questi casi, è data dall’evidente intervento dell’autore: ma glielo mostrano in momenti non si tratta solo della ricostruzione della vita e delle azioni di personaggi come Tommaso Buscetta o Bettino decisivi e formativi del suo diveni- Craxi, ma della volontà di riflettere retroattivamente su un momento storico che parla al presente, puntare i re tale, che si tratti di Alberto Sordi, riflettori su figure i cui fatti o malefatte riverberano ancora su di noi. Alberto Manzi o Fausto Coppi. A volte, nel raccontarli, il regista si lascia andare a una visionarietà che non gli è propria, oppure rischia di

scenari Esiste una via italiana al biopic? Biografie e autobiografie nel cinema italiano "Le vite di santi, papi e papi santi, navigatori, eroi, poeti, scienziati e medici, pedagoghi e inventori, esploratori e industriali, politici e sportivi, artisti, registi, attori e letterati sono un pozzo inesauribile di storie dal quale le nostre tv attingono a piene mani. "

10/11 UNA BABELE INTERMINABILE

di LUCA BARNABÉ

Esiste o è esistita una via italiana al biopic? Tra verosimiglianza e invenzione, realtà e falsificazione, mondo e illusione, una breve storia del genere.

scenari Esiste una via italiana al biopic? Biografie e autobiografie nel cinema italiano Giovanni). La differenza con ope- re oleografiche come il successivo Gesù di Nazareth (1977) è lampan- “…Le biografie non sono altro te. Pasolini è talmente “avanti” che sembra anticipare quanto che i vestiti e i bottoni di un uomo. avrebbe scritto, una decina di anni dopo, il teologo Francesco Ca- La biografia di un uomo non può cucci (in Teologia dell’immagine, essere scritta…”. Mark Twain Edizioni 17): “Il cinema ritornerà a essere sacro o religioso se accetterà di Esiste o è esistita una via italiana al biopic? C’è un filone o un vero genere cominciare, o ricominciare dall’uo- di film storico-biografico à l’italienne? mo. Dio stesso, per rendere credibile Forse, in parte. Ogni biopic ha fatto un po’ “Storia” a sé e, per conven- la sua Rivelazione, ha accettato di zione possiamo ascriverlo, almeno per temi e personaggi trattati, alla cominciare dall’uomo”. stessa “categoria”. Ogni film biografico vuole o vorrebbe essere una ri-produzione di vita in immagini, ma è sempre una reinvenzione per- Vite dei santi (e oltre) sonale e tendenziosa. Saio, povertà, aloni di luce, visioni C’è stata una moltitudine di film italiani “storici”, fin dagli albori, (qua- mistiche… Sono molteplici i film si) ogni regista con il proprio stile e sguardo. Ogni singolo fotogramma italiani sui santi, dal cortometraggio parziale e soggettivo, ogni inquadratura spesso eccessivamente celebra- San Giorgio Cavaliere (1912) di Giu- tiva tanto da “deformare” il personaggio e la storia al centro della scena seppe de Liguoro a Rita da Cascia sotto la lente-macchina da presa, spingendosi a volte fino all’agiografia (1942) di Antonio Leonviola, fino o al cinema “santino” (Fratello sole, sorella luna di Zeffirelli). Forse sono a Sant’Antonio di Padova (2001) di rintracciabili alcuni topoi o veri e propri tic da opera biografica (masche- Umberto Marino (film tv). re, trucco, belletto, costumi di scena, orpelli), ma ogni regista o autore In particolare, sono tantissimi i tito- ha offerto – nel bene e nel male - un proprio sguardo sui personaggi e sui li dedicati a San Francesco, dal cor- fatti. Più o meno documentati e accurati, più o meno rigorosi. All’inter- to Il poverello di Assisi (1911) di Guaz- no della Babele di film biografici – parlati in italiano, almeno al doppiag- zoni a Frate Sole (1918) di Falena. gio – troviamo tantissime opere su Cristo, svariati santi, alcuni Papi, ma Tra i biopic cinematograficamente anche film su Benito Mussolini (Mussolini ultimo atto di Lizzani e Vincere più suggestivi sul tema troviamo di Bellocchio), su filosofi (Giordano Bruno di Montaldo, Nietzsche rivi- Francesco, giullare di Dio (1950) di sto da Cavani in Al di là del bene e del male) e pittori (Caravaggio di Ales- Roberto Rossellini e le due opere di sandrini, Modì di Brogi Taviani). Liliana Cavani dedicate al Santo di Poi film su anarchici (il magnifico Sacco e Vanzetti di Montaldo), rivolu- Assisi: il film per la tv Francesco d’As- zionari, scienziati, e perfino celebri playboy… sisi del 1966, e Francesco (1989) con Ogni Babele - direbbe Borges – “è interminabile”. Abbiamo messo a fuo- Mickey Rourke. co alcuni dei capitoli più rilevanti tra i biopic italiani del passato che, Rossellini, attraverso un realismo nelle loro differenze/analogie/difformità, se non hanno (ri)fatto la Sto- scarno, poetico e in bianco e nero, ria, hanno quanto meno segnato la Storia del cinema. gli attori presi dalla “vita reale”, si concentra soprattutto sulla “sem- Figurae Christi plicità” francescana, ne coglie la Dal bianco e nero al colore, sono davvero tantissimi i film italiani che dimensione spirituale attraverso hanno cercato di raccontare la figura di Cristo. quella terrena (il bacio al lebbro- Il primo pare sia La passione di Cristo (attribuito a Vittorio Calcina), so, il “gioco” con i confratelli, il girato a Torino nel 1899, il primo kolossal: Christus (1916) di Giulio An- digiuno). Lo introduce attraverso tamoro, girato in Egitto con enorme dispendio di comparse e costanti i Fioretti e attraverso il modo in cui rimandi pittorici al Mantegna, al Beato Angelico, a Raffaello. fu percepito, “il mondo lo derise e lo I più significativi e potenti sono, ancora oggi, Il Vangelo secondo Matteo chiamò ‘pazzo’…”. Mostra France- di Pier Paolo Pasolini (1964), Il Messia (1975) e Atti degli apostoli (1969) di sco (quasi) sempre all’aperto, nel- Rossellini che si basano – spesso fin dai titoli – sui testi biblico evangeli- la natura, tra gli elementi, la terra, la ci più che su altre fonti storiche. I giardini dell’Eden (1998) di Alessandro pioggia, il fango e il sole. D’Alatri, con Kim Rossi Stuart nella parte principale, trae invece ispira- Cavani, con la consulenza stori- zione soprattutto dai Vangeli apocrifi (come, in seguito, lo straordinario ca del filosofo Boris Ulianich alla Io sono con te di Guido Chiesa, opera spiazzante e viva sull’infanzia e la sceneggiatura, e l’attore Lou Castel giovinezza di Maria). nel ruolo principale, mette a fuoco È proprio il Vangelo di Pasolini a essere tra le opere più interessan- soprattutto la “scandalosità” del ti. Il Vangelo secondo Matteo è il modo in cui Pasolini ha reinterpretato personaggio, che predica qualco- la vita di Cristo – a partire dagli scritti evangelici - secondo la propria sa di assolutamente inconcepibile sensibilità/sguardo/pensiero. Un anticlericale, marxista, omosessuale nell’Italia del “boom”, la povertà. si confronta con Gesù e ne coglie l’animo più sovversivo e antipotere. Per questo fu attaccata da tanta L’elemento più discutibile storicamente – per i non credenti - riguarda stampa di Destra (“Il film puzza di i miracoli e la resurrezione (presa, a dispetto del titolo, dal Vangelo di zolfo”, scrisse “Il borghese”).

12/13 Il cattolico e l’anticlericale, ovvero i film sul Papa buono e sul Papa “cattivo” Anche il maestro Ermanno Olmi si è spesso confrontato con la Storia e i personaggi storici (Il mestiere delle armi, Cantando dietro i para- venti, Torneranno i prati). Suo è un biopic estremamente anoma- lo, in parte “catechistico”, a suo modo estremamente sincero, uni- co e “libero”. In E venne un uomo (1965), Olmi sceglie la strada quasi dell’antibiopic. Rivela da subito il gioco della finzione per mettere a fuoco la realtà. Nell’introduzio- ne (in voce fuori campo), ci viene anticipato che l’attore Rod Steiger interpreterà il Papa dopo averne approfondito le origini, l’infanzia, la provenienza. Olmi pare dirci “questo non è certo un documentario, pretesa di totale aderenza alla realtà, ma non è nem- meno totale finzione”. Dalla lezio- ne neorealista e nella tradizione di scelte frequenti dell’autore, gli attori comprimari sono tutti non professionisti scelti dall’ambiente contadino, in cui è nato e cresciuto il Papa, prima di diventare Papa. Cavani sarebbe poi tornata sul Steiger, la voce di Romolo Valli, Santo di Assisi con il film interpre- viene da subito definito – nei titoli tato da Rourke. Il divo in versione – come “Mediatore”. Il film, dun- divina, all’apice del successo e que, si presenta come una sorta di della bellezza, appare per la pri- “indagine” sul personaggio a par- ma volta senza alcun make-up, né tire dai testi dello stesso Roncalli. orpelli. L’unico dettaglio di con- La pretesa autenticità è contenu- temporaneità Anni ‘80, il ciuffo ta, esplicitata, consapevolmen- vagamente jamesdeaniano con te “di parte”. La messa in scena un chilo di gel. viene liberata dai dettagli e dai tic Sempre Cavani si è confrontata – al tipici della finzione cinematogra- suo primo lungometraggio per il fica (trucco, abiti di scena, dida- cinema – anche con la vita di Gali- scalismi posticci). L’essenza del leo Galilei. Galileo (1968) è un vero personaggio sono le sue (vere) atto d’accusa contro l’arroganza parole e le sue azioni. Parole pop, del potere, attraverso la figura del- ormai entrate nell’immaginario lo scienziato padovano (in questo pubblico, come “la carezza ai figli senso è un film del ‘68 e sul ‘68). La da parte del Papa”. regista mostra soprattutto il con- Luigi Magni ha invece dedicato trasto tra il fasto scenografico ed un’intera carriera alla rilettura in eccessivo del potere della Chiesa chiave cinematografica, al con- cinquecentesca e seicentesca e tempo documentata e iperperso- l’essenzialità razionalista di uno nale della Storia. In particolare, scienziato (interpretato dall’attore ha realizzato un’ideale trilogia irlandese Cyril Cusack). libertaria e antipotere sulla Roma E se prendessimo nuovamente papalina e sulla Chiesa che prati- coscienza che non è la Terra il cò il potere temporale più degli centro dell’universo? ideali evangelici (Nell’anno del Si- scenari Esiste una via italiana al biopic? Biografie e autobiografie nel cinema italiano gnore, In nome del Papa Re, In nome del popolo sovrano). Nell’ultimo capitolo della trilogia si rifà all’e- poca della Repubblica Romana, esempio fulgido e illuminato di rivoluzione democratica (eliminò la pena di morte, reintrodotta poi da Papa Pio IX, appena tornato al potere). Racconta le vicende del sacerdote barnabita e antipapista Ugo Bassi (Jacques Perrin), del soldato e patriota Giovanni Livra- ghi (Luca Barbareschi) e soprat- tutto del popolano e capopopolo Angelo Brunetti, noto con il nome di battaglia di “Ciceruacchio”, in- terpretato dall’attore “feticcio” di Magni, Nino Manfredi. È un film di contrasti, che mescola alto e basso, comico e tragico, Storia e Commedia, vis rivoluzionaria e linguaggio volgare. Se non un bio- pic, un “histopic”, un grande af- fresco, sovraffollato di personaggi In fondo, anche per le vite reali di trame e sottotrame, come in un quadro Ottocentesco. Di questo re-immaginate dal cinema, affresco percepiamo colori, senti- menti ma anche odori sgradevoli vale la definizione di George Lucas e puzza di sudore. secondo cui: Il playboy veneziano, ovvero l’anti-biopic “Movies are storytelling!”. di Federico Fellini Tra gli “anti-biopic” per eccellen- za c’è Il Casanova di Federico Fellini di un personaggio leggendario, che, fin dal titolo include la griffe oltre che storicamente esistito. È dell’autore e si smarca da ogni dunque l’onestà del “prestigiatore pretesa di verosimiglianza storica. d’immagini” a restituire il quadro Come a dire: “Questo è Casano- su una figura reale, smisurata- va, per come lo vedo io”. Suther- mente falsa(ta). land (“Donaldino” per Fellini) era sempre truccato all’estremo Historytelling: (cerone e rossetto, 40 costumi Storia e finzione di scena, oltre 300 nasi finti). Il Questi sono solo alcuni dei capitoli, capolavoro felliniano parte dalle dei personaggi e degli autori di mag- memorie dello stesso Casanova, giore rilievo nella storia e nelle sfac- dunque un testo letterario senza cettature possibili del biopic italiano, troppa attendibilità storica. sempre sospeso tra verosimiglianza L’autore riminese comunque non e invenzione, realtà e falsificazione, aveva grande simpatia per Casa- mondo e illusione. Senza dimentica- nova – sul set e fuori –, si riferiva re che l’immagine fotografica stessa infatti al noto seduttore, chia- non sia di per sé attestato o traccia di mandolo “Lo stronzone”. Nel film verità. Dunque, perché dovrebbe – o lo mostra come un bambino vizia- come potrebbe - esserlo il cinema, to, malcresciuto, marionetta, un per giunta di fiction? grottesco erotomane. In fondo, anche per le vite reali Fin dal titolo – o paratesto – Fel- re-immaginate dal cinema, vale la lini mette in chiaro che si tratti definizione di George Lucas secon- della sua personale reinvenzione do cui: “Movies are storytelling!”.

14/15 C’È STORIA E STORIA. SOCIOLOGIA DELLE VITE CHE CONTANO

di CARMEN DIOTAIUTI

Nei racconti di vita prendono forma vicende e personaggi rappresentativi di una certa realtà o significativi per la particolarità del loro percorso esistenziale. Ma, dal matematico schizofrenico John Forbes Nash alla controversa pattinatrice Tonya Harding, la selezione del percorso di vita da narrare non è arbitraria, e risponde all’esigenza di esplorare il tessuto sociale e le questioni umane di cui la vicenda biografica si fa catalizzatrice.

Ci sono storie e Storie. Nella lettura e narrazione del tessuto sociale attraverso i racconti di vita prendono forma vicende e soggetti rap- presentativi di una certa realtà o significativi per la particolarità del loro percorso esistenziale. Personaggi dalle vite ritenute, in un dato momento, degne di essere raccontate, che diventano per questo pro- tagoniste di narrazioni biografiche e ritratti, capaci di dar senso alla realtà attraverso una narrazione individuale, ma pur sempre inserita in un preciso contesto relazionale e sociale, finalizzata a una migliore conoscenza dei fenomeni e delle questioni umane, di cui si fa cataliz- zatrice. Che si tratti della vita del geniale matematico schizofrenico John Forbes Nash (A Beautiful Mind, 2001), dell’animo tormentato di artisti come Van Gogh e Basquiat, ritratti da Julian Schnabel, o dell’i- scenari Esiste una via italiana al biopic? Biografie e autobiografie nel cinema italiano rascibile quanto controversa pattinatrice su ghiaccio Tonya Harding (Tonya, 2017), la selezione del percorso di vita da narrare non è arbitra- ria. La biografia, lungi dall’essere meramente celebrativa, adatta, a volte anche pesantemente, le vicende di vita vissuta per renderle portatrici di senso. La scelta del racconto sembra seguire la definizione di bene in base all’utilità sociale delle condotte osservate, non necessariamente in conformità a un ordine prestabilito che, anzi, il più delle volte viene vio- lato dal personaggio che si allontana dall’ordinario e si pone per oppo- sizione alla logica del sistema. Tali condotte, in ogni caso, costituiscono l’opportuno contributo del soggetto al buon funzionamento del corpo sociale, consentendo, così, di connettere sempre, in un continuum si- gnificativo, le biografie individuali al comportamento e alle aspettative collettive; lo status del singolo alle attese di comportamento pubbliche, secondo il modello normativo e culturale inscritto nel contratto collet- tivo, il quale è alla base del vivere comune e definisce ruoli e usi all’inter- no di una determinata scena sociale.

In una tale prospettiva è fondamentale il processo di attribuzione di senso da parte del narratore che valuta la storia del personaggio, mette insieme i frammenti scomposti del reale, riduce l’ambiguità percepita degli avvenimenti e offre allo spettatore una prospettiva interpretativa e rappresentativa, mettendo il fluire degli eventi in una relazione cau- sale capace di evidenziare che ogni azione è motivata dalle finalità del soggetto. Il percorso di vita reale reso, in questo modo, significativo e sociologicamente rilevante, viene messo al servizio della drammaturgia e delle dinamiche del contesto relazionale e sociale su cui il narratore intende operare. L’esperienza personale, pertanto, viene modificata, per far sì che il corso di vita diventi racconto della vita, facendo narra- tivamente leva sull’ossessione crescente del pubblico per le vite degli altri e per i dettagli intimi realmente (o realisticamente) accaduti a per- sonaggi più o meno celebri.

Come avviene per ogni narrazione, anche la struttura del racconto bio- grafico risponde a una macro-sintassi generale che passa attraverso si- stemi di aspettative convenzionali che rendono comunicabile e memo- rabile l’esperienza e il fluire degli eventi: presentazione del personaggio e dell’ambiente; accadimento di un evento imprevisto e precipitante che modifica lo stato di cose preesistente; risposta interna del prota- gonista ed elenco delle azioni intraprese dal personaggio per portare la situazione ad una condizione ritenuta desiderabile, la quale passa il più delle volte attraverso una sfida (a se stessi, all’ordine sociale, alla legge dell’utilità). In questo modo lo schema interpretativo attribuisce senso all’evento straordinario di cui il personaggio è non solo protagonista ma soprattutto agente intenzionale. Dal racconto biografico più classico e celebrativo a quello di stampo politico o investigativo, fino a narrazio- ni “desacralizzanti” volte a decostruire un mito e a mostrarne i lati oscu- ri tenuti nascosti alla sfera pubblica, il fulcro viene sempre posto sull’in- tenzionalità del soggetto che, con la sua vita fuori dal comune, è capace di cambiare, anche da solo e non necessariamente in bene, il corso degli eventi. Rappresentazione simbolica della rilevante possibilità di azione del singolo all’interno del contesto storico e sociale che lo accoglie, in cui la morale non insegna più la conformità all’ordine, ma invita, piut- tosto, ad assumersi responsabilità e possibilità agenti sulla propria vita.

16/17 LA VITA VERA. O NO? di PAOLA CASELLA

La parola a sei autori che si sono confrontati con il genere biografico: Mario Martone, Susanna Nicchiarelli, Giorgio Diritti, Gianluca Iodice, Gianni Amelio, Ferdinando Cito Filomarino.

Mario Martone, regista di Morte di un matematico napoletano, Il giovane favoloso e Qui rido io

Perché ha scelto di realizzare biografie di figure reali?

Per me è una costante: già il mio primo film, Morte di un matematico napoletano, si basava su un personaggio realmente esistito, Renato Cac- cioppoli. Poi c’è stato Il giovane favoloso su Giacomo Leopardi e adesso Qui rido io su Eduardo Scarpetta. Anche i protagonisti di Noi credevamo derivano da personaggi storici, e in Capri Revolution c’è la trasfigurazio- ne di Karl Diefenbach. Film come L’amore molesto o L’odore del sangue sono tratti da romanzi in cui gli autori sono molto presenti biografica- mente. Mi interessa giocare una partita con la vita vera, in uno spirito un po’ Nouvelle Vague: non fare dell’astrazione ma scendere in strada con la macchina da presa, mettendo in rapporto il cinema con la realtà.

Perché Giacomo Leopardi?

Io lavoro tra cinema, teatro e opera, come in un grande cantiere con le porte aperte tra i diversi campi. Dopo Noi credevamo avevo deciso di mettere in scena le Operette morali, e questo mi ha avvicinato a Leopar- di. Se da sempre sentivo dentro di me la parte napoletana della sua vita, andare a Recanati è stato come mettere insieme l’alfa e l’omega. Da lì scenari Esiste una via italiana al biopic? Biografie e autobiografie nel cinema italiano sono nati il desiderio e la sfida di to tenendo ben presente l’ico- venivano, cosa c’era prima e cosa azzardare una sceneggiatura sulla nografia. Questo vale anche per dopo. Questo ci ha dato una gran- vita e la poesia di Leopardi: tutto i personaggi come Caccioppoli de libertà di lavoro: sul set si pote- ciò che ha scritto è autobiografico, nella Napoli degli Anni ’50: Morte va modificare e rielaborare perché anticipando di un secolo artisti di un matematico napoletano è un avevamo una piattaforma comu- come Proust, in cui la rivelazione film realizzato camminando, pe- ne. Infine, l’idea di fare un film su della propria vita è l’elemento in ripatetico come era Caccioppoli. Scarpetta era tutt’uno con l’idea cui si gioca la partita con la verità. Quindi il personaggio stesso im- di fare un film con Toni Servillo: prime anche il metodo. abbiamo frequentato entrambi E perché Eduardo Scarpetta? Eduardo De Filippo e condividia- Che cosa ha contribuito mo un patrimonio genetico ancor Non avevo mai messo in scena un alla scelta degli interpreti? prima che culturale, perché le testo di Eduardo De Filippo, ma nostre vite di teatranti napoleta- l’idea di lavorare con Francesco Quella di Carlo Cecchi come ni non possono prescindere dalla Di Leva e col gruppo del Nest a Caccioppoli è un esempio del sua presenza. E poiché il film era Il sindaco del Rione Sanità mi ha cortocircuito tra vita, biografia e pensato perché Toni lo interpre- schiuso questa possibilità, e mi cinema. Cecchi non assomigliava tasse, fin dalla sceneggiatura c’è ha portato alla scoperta del papà fisicamente al matematico, ma stato un lavoro di simbiosi. di De Filippo, Eduardo Scarpetta. era impressionante la loro vici- De Filippo non è mai stato ricono- nanza dal punto di vista della te- Quali sono per lei i criteri sciuto dal padre, per lui era lo zio, sta: da genio, Carlo era in grado di fondamentali nel costruire una e questa ambivalenza deve avere mettersi in rapporto con un genio biografia cinematografica? creato in lui una ferita. Dopo Il come Caccioppoli. Avevano in co- sindaco del Rione Sanità, in cui la mune anche il totale anticonfor- Ho fama di regista intellettua- questione della paternità è molto mismo, e una certa spinta autodi- le, ma ciò che fonda le cose che forte, ho quindi cominciato a tira- struttiva: tutte cose che fanno di faccio è più la mia ignoranza che re dei fili tra la biografia e la scrit- Morte di un matematico napoletano la mia cultura: vengo attratto da tura di Eduardo De Filippo. un film su Caccioppoli ma anche ciò che non conosco. Ad un cer- su Cecchi. Anche ne Il giovane to punto si accende qualcosa che Qual è stato il suo metodo favoloso vediamo Elio Germano diventa necessario per me, e lì di lavoro nel preparare dietro la maschera di Leopardi, e comincia il viaggio di scoperta e le due biografie? in Qui rido io Toni Servillo dietro conoscenza. Gli strumenti sono quella di Scarpetta, ma le masche- quelli dello studio, della libertà, Ho scritto entrambe le sceneggia- re di Leopardi e Scarpetta sono del mettere in rapporto le fonti ture con Ippolita Di Maio, che è più spesse di quella di Cacciop- con la parte visiva, e concatenare anche mia moglie. Per noi la sce- poli per Cecchi. Le ragioni per cui vita, immagine e scrittura. neggiatura fa parte di un processo ho pensato subito a Elio Germano ampio, non è solo uno studio del- per Il giovane favoloso erano il suo le fonti ma di come queste fonti si essere un attore estremamente mettano in rapporto con la vita. sensibile ma anche il suo essere L’idea anche in questo caso è un un ribelle, entrambi aspetti fonda- po’ Nouvelle Vague, un po’ ros- mentali del ‘nostro’ Leopardi. Ciò selliniana: una sceneggiatura che che non potevo immaginare era la non sia un testo letterario chiuso grande capacità di studio di Elio. ma una mappa. Una mappa più è Ogni parte della sceneggiatura è precisa nei dettagli, più ti consen- una rielaborazione immaginaria te libertà nel viaggio: per questo e visionaria dei testi di Leopardi ho sempre fotografato i luoghi ed Elio li conosceva tutti, poteva dove pensavo di girare mentre smontare ogni frase e ogni battu- scrivevo, e abbiamo sempre scrit- ta e sapere esattamente da dove

18/19 Susanna Nicchiarelli, regista di Nico, 1988 e di Miss Marx

Perché ha deciso di raccontare Eleanor Marx?

C’è sempre un trasporto che ti avvicina al personaggio: avverti che lì c’è qualcosa che ti riguarda dal punto di vista emotivo. Sia in Eleanor che in Nico ho visto un lato oscuro che so di avere dentro, da qualche parte. Miss Marx racconta che la nostra componente razionale e quella emoti- va sono sempre un po’ mischiate. Eleanor era una donna moderna, non aveva figli, non si è mai sposata, manteneva il marito e non aveva nessun motivo oggettivo per restare con quell’uomo, soltanto una dipendenza morale e sentimentale, che è qualcosa con cui ci possiamo relazionare anche oggi. Inoltre, parla al presente perché narra di una generazione che ha avuto la forza e l’energia di immaginare un mondo diverso. La sua battaglia ha qualcosa di disperato, ma non cancella la sua volontà di inventare una società più giusta.

Su che basi ha scelto Romola Garai per il ruolo della protagonista?

Romola ha un carisma e un magnetismo molto particolari, e questo è importante quando metti un film interamente sulle spalle di un’inter- prete. Ha un che di antico, ma al tempo stesso anche di molto moderno e vero. Non è una bellona, ma è dotata di grande fascino. E poi mi piace moltissimo come recita: sa essere molto empatica.

Qual è stato il suo metodo di lavoro?

È stata importante la fase di ricerca e di approfondimento. Quando stu- diavo per il dottorato in Filosofia alla “Normale” di Pisa e poi a Parigi ho fatto tante ricerche di archivio e di biblioteca. Nel passare al cinema avevo un po’ perso questo lato di me, che invece ho ritrovato da quando dirigo biografie. Nel caso di Nico sono andata in giro per l’Europa, ho incontrato a Manchester il suo manager, a Parigi suo figlio, le cui storie poi sono entrate a far parte del film. Nel caso di Eleanor Marx ho cercato nell’archivio di Amsterdam tutto quello che lei ha scritto, e ho trovato il suo quaderno di bambina, dove ha fatto il disegno che si vede nel film.

Quali sono per lei i criteri fondamentali nel realizzare un film biografico?

Innanzitutto una scelta definitiva: se scadi nell’aneddotica e cerchi di raccontare tutto di un personaggio ti perdi, e lo spettatore si annoia. Devi scegliere ciò che per te è essenziale, e accettare il fatto che stai dan- do la tua visione. Credo sia importante anche non appiattirsi sull’idea dell’imitazione: sia per Nico che per Eleanor non ho mai pensato alla somiglianza fisica, perché altrimenti il pubblico si concentra su quella e si perde la storia.

scenari Esiste una via italiana al biopic? Biografie e autobiografie nel cinema italiano Giorgio Diritti, regista di Volevo nascondermi

Come è avvenuta la scelta di girare un film su Antonio Ligabue?

Ligabue mi ha incuriosito sin da adolescente, ma il vero innamoramen- to è nato in seguito alla visita che ho fatto a Gualtieri e a Guastalla, du- rante la quale ho potuto entrare in relazione con i luoghi in cui l’artista ha vissuto e incontrare persone che lo hanno conosciuto direttamente. A guidarmi è stato il tema del valore della diversità: pur essendo rifiutato ed emarginato, Ligabue è riuscito a realizzare qualcosa di importante di cui ancora oggi parliamo, e davanti a cui i bambini ancora oggi si entu- siasmano. Credo che fosse il momento giusto per parlarne, per ricordar- ci che le persone che incontriamo meritano attenzione e non distacco.

Qual è stato il suo metodo di lavoro?

Fare interviste sul territorio a chi l’aveva conosciuto, e leggere tutto quel che ho potuto trovare su di lui nei cataloghi d’arte, nelle biografie.

Perché ha scelto Elio Germano per il ruolo centrale?

È il primo a cui ho pensato tra gli attori italiani di grande talento, e nel momento in cui ho immaginato lui, ho escluso ogni altra opzione. Inoltre, Elio ha una conformazione fisica che lo porta facilmente ad avvicinarsi a Ligabue, che non poteva essere interpretato da un attore alto, grande e grosso. Ma il motivo principale era la grande fiducia che ho sempre avuto nei suoi confronti: avrei voluto lavorare con Elio già ai tempi de L’uomo che verrà ma allora non abbiamo trovato la giusta com- binazione di date. Ho molta stima nei suoi confronti, e questa era la base per costruire insieme un progetto così impegnativo.

Era più importante la somiglianza fisica o quella emotiva?

Diciamo che se ci sono entrambe facilitano il risultato! Germano si è do- vuto sforzare per rendere credibile una bruttezza che non ha, e il suo sfor- zo è stato prezioso. Quando gli altri attori si sono trovati di fronte un Elio così trasformato si è aperta la porta ad una reazione istintiva di compas- sione o di rifiuto nei suoi confronti, e tutto è stato più vero, più naturale.

Qual è il criterio fondamentale nel realizzare un film biografico su un personaggio celebre?

Quello di trovare una chiave di lettura non meramente biografica. È in- teressante ripercorrere le storie degli uomini solo se sono fortemente legate a ciò che ci richiama alla nostra esistenza. Non ha senso elencare una serie di aneddoti o di eventi, bisogna trovare qualcosa che abbia un riflesso nella vita di ogni uomo.

20/21 Gianni Amelio, regista di Hammamet

Come è avvenuta la scelta del personaggio?

Il produttore del film mi ha proposto di raccontare un celebre statista dell’800 nel suo rapporto con la figlia. E io mi sono detto: perché an- dare tanto indietro quando si potrebbe parlare di un politico dei nostri tempi, il cui lato intimo è stato oggetto solo di pettegolezzo? Volevo che il film fosse la storia di un rapporto famigliare, come avevo cominciato a sentirlo ne La tenerezza, e come ho raccontato altre volte in storie di padri e di figli, in Colpire al cuore o Le chiavi di casa… È un tema che mi tocca molto e credo che si possa coniugare in tanti modi.

Qual è stato il suo metodo di lavoro?

Il primo obbligo di un regista è capire se il tema che ha scelto gli sia vi- cino nella testa e nel cuore, che non ci sia bisogno di ricorrere a qualche furbizia di mestiere. In questo caso, più che documentarmi sui fatti ‘re- almente accaduti’, ho cercato di riflettere su me stesso, ho voluto non l’identificazione ma un approccio quasi da entomologo verso il pro- tagonista e le figure a lui vicine. Ho avuto bisogno di introdurre nella vicenda un personaggio di fantasia, che mi aiutasse a entrare in quella casa ‘vera’ e mi facesse capire cose che, dico la verità, mi erano (e mi sono) profondamente estranee. Ho introdotto Fausto, il giovane che cerca di vendicare la colpa, per toccare una verità più profonda, per niente legata alla cronaca.

Quali sono i criteri fondamentali nel realizzare un film su un personaggio celebre?

Non credo che il personaggio debba essere reso in quella che gli altri credono sia la sua verità, ma in quella che l’autore del film ritiene essere la verità… Non ho mai pensato di descrivere la vera figura del Politico, del quale non ho mai pronunciato il nome, ma di restituire un mio pen- siero su di lui legato alla morte… Volevo raccontare come in molti casi la fine del potere coincida con quella della vita, e in che modo un uomo di potere possa giocarsi l’ultima partita possibile. Ho visto nel Presidente un uomo pieno di contraddizioni, non tutte risolte, che ha pagato con il prezzo più alto la sua presunzione di onnipotenza.

Su che basi è avvenuta la scelta dell’interprete, Pierfrancesco Favino?

Favino usa il suo fisico senza dimenticare che la cosa più importante è ciò che viene da dentro. Io volevo un trucco estremo, che restituisse nel fisico il Presidente come una copia perfetta. Ma volevo pure che questa immagine fosse rivissuta dall’interno, che non fosse una maschera ma il veicolo più immediato perché lo spettatore, dopo aver riconosciuto il personaggio, sentisse ciò che aveva da esprimere e lo guardasse con occhi più liberi.

scenari Esiste una via italiana al biopic? Biografie e autobiografie nel cinema italiano Gianluca Iodice, Ferdinando Cito Filomarino, regista de Il cattivo poeta regista di Antonia

Come è avvenuta la scelta di raccontare Gabriele D’Annunzio? Come è nata la scelta di girare un film su Antonia Pozzi?

Sono un lettore di poesia e all’università mi aveva incuriosito soprattut- Da una conversazione con Luca Guadagnino, che ha prodotto il film. to il D’Annunzio dell’ultimo periodo. Quando sono andato a documen- Io non conoscevo Antonia Pozzi, ma dopo che Luca me ne ha parlato tarmi su quegli ultimi anni ho scoperto cose incredibili, tra cui il suo dis- ho letto le sue poesie e scoperto le sue foto, e ho capito che c’era la pos- senso. Finora pochissimi film italiani si sono fatti carico di raccontare il sibilità di creare su di lei non il mero racconto di una vita ma il ritratto Fascismo dall’interno, e D’Annunzio è stato visto solo dal punto di vista di un’artista. Antonia aveva una forma di ascetismo, di rimozione dei del giovane che credeva ciecamente in Mussolini. tormenti della sua vita quotidiana: per questo nel film solo quando è in cima alla Grigna prova una pace che al di sotto di quell’altitudine non Come mai ha scelto un D’Annunzio dissenziente e ‘scomodo’? riusciva a trovare.

D’Annunzio è morto nel ‘38, l’ultimo anno in cui Mussolini stava tessen- Qual è stato il suo metodo di lavoro? do la tela dell’alleanza tra Germania e Italia, cui lui era contrarissimo, dunque tentò con i suoi discorsi di bloccarla. Ma il tema cui sono parti- Il punto di partenza è stato uno studio totale di tutta l’opera poetica e fo- colarmente legato è il modo in cui i regimi penetrano nel microcosmo tografica della Pozzi, e dei carteggi che sono rimasti, che purtroppo non delle persone: l’inconsapevolezza della propaganda mi sta molto a cuo- sono tutti perché il padre di Antonia ha bruciato molte delle lettere dopo re. Il film è nato tre anni fa, quando il Neofascismo non era in tutti i tele- la morte della figlia. Quello che è rimasto era custodito in un archivio che giornali come oggi. E non ho mai voluto forzare il legame con l’attualità si trova a Brescia, dove ho scoperto una miniera di documenti e informa- per costruire facili connessioni con il presente. È ovvio che ci siano, ma zioni sulla vita privata e le abitudini di Antonia, nonché sul suo contesto sono profonde, non di superficie. sociale e l’epoca in cui ha vissuto, anche se poi ho scelto di dare al film un taglio intimista, come era la sua poesia, e non di racconto storico. Perché Sergio Castellitto come protagonista? Quali sono i criteri da tenere in considerazione nel realizzare I suoi occhi, lo sguardo, la fronte sono simili a quelli di D’Annunzio. Ma un film biografico su un personaggio celebre? non abbiamo voluto rincorrere quella somiglianza maniacale ‘all’ameri- cana’, che può diventare un ostacolo per entrare nell’intenzione e nella Il discorso cambia se si parla di un grande imprenditore, o di un grande psiche del personaggio. Castellitto era nella nostra top list, e quando ci ciclista. Qui si parlava di un’artista che ha avuto una vita non spettaco- siamo incontrati è scoccata la scintilla. lare, perché si è svolta tutta nella sua intimità. Il modo in cui ho pensato di raccontare Antonia è stato immergermi nella sua arte e trovare un Qual è stato il suo metodo di lavoro? ponte tra la poesia e il cinema attraverso il suo linguaggio, dal momento che partiva da un’esigenza intima e profonda, e da una grossa difficoltà Il più faticoso: ho letto libri, storie, biografie, rapporti, lettere, tutta la a comunicarla apertamente. Per Antonia la poesia è stato l’unico meto- prosa e la poesia di D’Annunzio. La specificità del film è che tutte le pa- do di espressione reale, ma talmente potente che ancora oggi ci parla. role che escono dalla bocca di Castellitto sono parole che il ‘poeta vate’ ha veramente scritto o pronunciato. La nostra è stata una decisione ri- Come ha scelto Linda Caridi per il ruolo della protagonista? solutiva ma difficile da applicare: far parlare D’Annunzio, senza ricorre- re a dialoghi inventati e senza snaturare il suo pensiero, è una respon- Facendo montagne di provini tra le migliori scuole di recitazione in Ita- sabilità non da poco. Il risultato è un linguaggio un po’ desueto ma in lia! Linda ha lasciato da subito un segno: era la persona perfetta per il qualche modo anche moderno, con una temperatura quasi letteraria. ruolo, benché questo fosse il suo primo film. La somiglianza fisica non c’era, l’abbiamo dovuta forgiare con i costumi e il trucco. Ma Linda è Quali sono i criteri nel realizzare un film biografico un’attrice con grandi potenzialità, ed era affascinata dalla specifici- su un personaggio celebre? tà di Antonia: non voleva solo ottenere una parte, ma capire chi fosse quell’artista, il che si è tramutato in una performance più intima, che Penso che ce ne sia uno fondamentale: quello di trovare nel personag- riesce a raccontare qualcosa di Antonia anche attraverso i suoi silenzi. gio qualcosa di te stesso. Altrimenti diventa un’operazione esteriore, più storica che cinematografica.

22/23 RITRATTO IN PIEDI

Cinque interpreti che hanno dato vita a un personaggio realmente esistito: Tommaso Buscetta, Antonio Ligabue, Gesù, Mia Martini e Silvio Berlusconi nella rievocazione di Pierfrancesco Favino, Elio Germano, Kim Rossi Stuart, Serena Rossi e Toni Servillo.

scenari Esiste una via italiana al biopic? Biografie e autobiografie nel cinema italiano LA CANCELLAZIONE DELLO SGUARDO di MARCELLA LEONARDI Pierfrancesco Favino è Tommaso Buscetta ne Il traditore (2019), regia di Marco Bellocchio

“Per trasformarmi in lui ho preso 9 chili. Ingrassando ho cambiato il mio modo di respirare, e se cambi il tuo modo di respirare cambi anche il modo guardare gli altri”. Un buon interprete mantiene sempre un’indefinitez- za, un’ombra. La stessa che il direttore della fotografia Vladan Radovic crea sul viso di Favino ne Il Traditore, illuminandolo di taglio. L’immer- sione nel buio è sempre presente e Favino lavora per estrarre dal suo Buscetta l’oscurità interiore: nella sua visione, Buscetta è un grandissi- mo attore che ha sempre celato la sua identità e ha cambiato faccia per tutta la sua vita. Per due anni Favino ha studiato libri, atti dei processi, ha incontrato giudici e agenti che lo avevano in custodia; il risultato è un’interpretazione che non si limita a oggettivare, ma è protesa a rende- re tutta la complessità del personaggio: uomo e criminale, non privo di un malato romanticismo. Sin dalla scena d’apertura, durante alla festa nella villa di Bontate, per- cepiamo il nero spirituale che lo affatica: Buscetta appare leggermente pesto, sudato. Bellocchio ne inquadra l’ombra curva dietro un’inferria- ta e l’immagine, di puro simbolismo espressionista, prefigura la caduta. La caratterizzazione di Favino reca con sé il peso d’un presagio: i suoi occhi (spesso nascosti dietro grossi occhiali da sole) sembrano sempre cadere nel vuoto; l’attore romano fa perno in modo particolare sull’atto del vedere o sulla sua negazione, come ad esempio nel confronto pro- cessuale con Calò: sequenze in cui riesce quasi a “cancellare” il proprio sguardo. L’occhio è assente, sfugge in una dimensione obliqua eserci- tando una resistenza. Buscetta, composto e vestito in abito sartoriale si proietta in un altrove che lo separa dal circo mafioso e dal suo grottesco linguaggio di urla, insulti e mimica caricaturale. Attraverso pochi segni portati sul viso ed esaltati da Bellocchio nell’in- timità del primo piano, Favino crea una maschera al contempo uguale e mutevole, “aggrottando i lunghi e neri sopraccigli” (secondo la defi- nizione manzoniana). Un’attenta osservazione ci rivela anche la sua cura nei confronti del gesto e delle sue contingenze: le mani, sempre irrequiete, afferrano, toccano, esprimendo un’energia e un desiderio di comunicazione. Nei colloqui con Falcone (che Bellocchio conduce con delicatezza, lavorando per sottrazione), Buscetta gesticola, fuma, strin- ge il pacchetto di sigarette. Ed è questa energia a fare di Favino un artista di rara devozione al proprio ruolo: egli adopera tutto se stesso - attiran- do le critiche di chi vede in lui una tendenza istrionica - per divenire il personaggio e replicarne il magnetismo. È nelle eccedenze della sua re- citazione - il tremolio d’una mano, le pieghe profonde dell’espressione, l’occhio cupo - che Favino riesce a rendere più vera del vero l’opacità di un’anima tragica e impossibile da afferrare.

24/25 adulta. Ligabue è sempre stranie- L’UOMO GALLINA ro, e di rado parla con gli altri; fa a pezzi la lingua, la smozzica, la di ALBERTO PEZZOTTA usa soprattutto tra sé e sé. Tutte cose che Germano ha capito mol- to bene. E poi c’è la prossemica: Elio Germano è Antonio Ligabue il Ligabue di Germano è quasi in Volevo nascondermi (2020), sempre chino, piegato (o meglio spezzato) in due – molto più di regia di Giorgio Diritti quello di Bucci. Un po’ perché è un uomo-animale, un uomo-gal- lina (infatti mima un pollo per il divertimento dei bambini). È gobbo per stare più vicino a ter- È impossibile vedere Elio Germa- ra, a seguire le creature che stri- no nella parte di Antonio Ligabue, sciano. Ma è gobbo anche perché in Volevo nascondermi di Giorgio costretto a vedere le cose sempre Diritti, senza pensare ai preceden- dal basso verso l’alto, schiaccia- ti: da una parte le riprese del vero na che sembra uscita da un film to, oppresso, spaventato da esse Ligabue, dall’altra la miniserie Li- di Petri, tutta giocata sul registro – anche quando sono le statue gabue di Salvatore Nocita (1977), del grottesco. Un’interpretazio- del Bernini sul ponte Sant’Ange- che spesso interpreta personaggi su sceneggiatura di Cesare Zavat- ne che, prendendo in prestito le lo. E la postura curva di Ligabue privi di strumenti intellettuali, a tini. All’inizio degli Anni ‘60 il do- parole del Paradosso sull’attore di non può non richiamare quella di volte sgradevoli e privi di consa- cumentarista Raffaele Andreassi Diderot, mostra “molta intelli- Giacomo Leopardi, interpretato pevolezza di sé (come in Favolacce immortalò il pittore di Gualtieri genza” e appartiene a un “osser- da Germano ne Il giovane favoloso dei fratelli D’Innocenzo), sceglie a più riprese: in Nebbia (1960), Lo vatore freddo e calmo”. Di freddo di Martone (2014); per frazioni comunque una chiave alta e tra- specchio, la tigre e la pianura (1960) e calmo invece non ha nulla l’in- di secondo, sotto il latex della gica per l’artista autodidatta e di- e in Antonio Ligabue, pittore (1965), terpretazione di Elio Germano. E maschera di Ligabue emergono i sadattato, evitando che lo spetta- girato nell’anno in cui morì. Le neanche di brechtiano, perché gli mezzi sorrisi del poeta di Recana- tore lo guardi dall’alto in basso; al immagini dell’artista contadino effetti prostetici lo trasformano ti, bloccati sul nascere. Germano, tempo stesso accentua i suoi lati dal volto scavato e dagli occhi in un impressionante clone più scostanti o anche megalomani (il febbrili che farfuglia, dipinge vero del vero. Con Aldo Signoret- relativo successo in età avanzata attaccato alla tela, traccia segni ti (hair and wigs designer), Lo- diede evidentemente alla testa al apotropaici per terra, imita i versi renzo Tamburini (make-up and pittore), e non permette mai em- degli animali e indossa abiti fem- prosthetic designer) e Giuseppe patia. Ma questo non vuol dire che minili nel chiuso della sua stanza, Desiato (make up designer) sono il brechtismo, scacciato dalla por- per quanto evidentemente messe accreditati altri diciotto tecnici, ta, torni dalla finestra. È la chiave in scena, bucano i limiti del rap- più di quelli che, in Hammamet, per rendere la totale estraneità di presentabile del cinema dell’e- hanno lavorato per trasformare Toni: all’insensibile Italia conta- poca, consegnando alla memoria Pierfrancesco Favino in Betti- dina, alla torpida Italia del Boom, un’iconografia e una mitologia. no Craxi. L’effetto, nelle foto di all’Italia immemore che poi lo ha Quando nel 1977 Flavio Bucci scena e in quelle diffuse ad arte scoperto e celebrato. porta nelle case degli italiani il pit- per generare hype, è iperrealista, tore “matto”, ormai celebrato nei da museo delle cere di Madame lussuosi libri editi di Franco Maria Tussauds. Ma la fotocopia fisio- Ricci, lo shock rimane grande. Nel gnomica è il trampolino da cui lucido discorso di Zavattini, la fol- Germano può prendere il volo per lia, l’emarginazione, la non recu- un’interpretazione del tutto libera perabilità, non sono ostacoli o li- ed empatica. I suoi punti di forza mitazioni trascesi dal genio, ma la sono due. Da una parte la voce: conditio sine qua non perché possa Germano, molisano di nascita, esprimersi quell’arte unica. Che in ha già mostrato in passato di es- un secondo momento deve fare i sere a suo agio con le cadenze del conti con il mercato e i media. Ma Nord, e qui le asprezze del tedesco l’interpretazione di Flavio Bucci, dell’infanzia di Toni permangono all’epoca lodatissima, vista oggi nella cantilena emiliana dell’età sembra un po’ normalizzante: all’inizio, stretto tra due carabi- nieri, Bucci-Ligabue è una specie di Pinocchio con un vago ricordo addirittura di Alberto Sordi. Poi diventa una maschera brechtia- scenari Esiste una via italiana al biopic? Biografie e autobiografie nel cinema italiano te intenso, seppur una parte della critica l’abbia letto come eccessi- vamente sanguigno. Un apparen- te difetto questo, sembrerebbe: forse si mostra troppo poco affine all’idea spirituale del personag- gio mistico? Eppure la passione è motore imprescindibile per uno spirito che ha lo scopo di irraggia- re l’umanità, e Kim Rossi Stuart, indubbiamente favorito da un’e- stetica che ammalia e rende rea- listica l’icona del Gesù che portia- mo nella mente, anche grazie alle diffuse raffigurazioni pittoriche di quello Misericordioso, ha il pregio recitativo di essere espres- sivamente penetrante senza il ricorso a eccessi mimici, come se l’attore stesso possedesse già in sé la grazia naturale del personaggio, non peccando però di restituire un Gesù troppo poco umano, per cui, anzi, lo sguardo vibrante, il passo deciso, i fasci nervosi sotto la pelle, la mobilità dinamica del corpo – come nella sequenza del confronto con Satana - permetto- no che possieda quella sfumatura umana, “troppo umana”, che lo rende uno di noi e non solo l’im- palpabile “Figlio di Dio”.

to da Robert Powell, e il Jeoshua, IL FIGLIO DI DIO ispirato ai Vangeli apocrifi ma scritto in sceneggiatura originale di NICOLE BIANCHI da Alessandro D’Alatri, de I giar- dini dell’Eden (1998), con il ruolo interpretato da Kim Rossi Stuart, Kim Rossi Stuart è Gesù che porta sullo schermo il perio- do della formazione, dall’adole- ne I giardini dell’Eden (1998), scenza ai trent’anni, un profilo regia di Alessandro D’Alatri cristologico intriso del rapporto tra natura umana e divina, sin- Premio “Pasinetti” - Miglior Attore a Venezia55 tetizzate nella persona. E Kim Rossi Stuart - al tempo del film non ancora trentenne -, almeno secondo l’immaginario dell’ico- nografia occidentale, rispecchia L’attore è quella figura plastica artistica, psicologica, sociale del naturalmente l’incarnazione di il cui talento dovrebbe risiede- soggetto dell’eventuale biopic, Gesù: scapigliato nell’acconcia- re nell’essere camaleonte tra i e di certo l’interrogativo si pone tura dalla cromìa dorata, con il ruoli, ma ci sono figure somme nell’immaginare di dover sceglie- volto di sublime e ascetica bel- (da interpretare) per cui, pur di- re “un” Gesù. Nella Storia del ci- lezza, pregio natale che nel lavoro sponendo semmai di punte di nema/tv mondiali sono forse due interpretativo di Rossi Stuart rie- diamante della recitazione, la quelli all’altezza del ruolo, il Gesù sce a conservare anche il mistero questione: “chi lo interpreta?” si di Nazareth di Franco Zeffirelli proprio del personaggio, che sulla fa ardua, per la statura simbolica, (mini serie tv, 1977), interpreta- scena di D’Alatri è indubbiamen-

26/27 L’ECO DI UNA VOCE di n/b Serena Rossi è Mia Martini in Io sono Mia (2019), regia di Riccardo Donna

ne in equilibrio senza suscitare fa- cile pietismo né gratuita rabbia o delusione, pur non nascondendo la ferita spirituale interiore, sem- pre compagna di un’assoluta di- Una vita intensa e una personalità gnità nel nome del proprio dono sincera e autentica quella dell’ar- canoro e di se stessa, sentimenti tista interprete di capolavori che assumono un termometro come Piccolo uomo e Minuetto: una precisissimo nella recitazione vita portata sul grande – e piccolo della Rossi. Un’interpretazione, – schermo da Serena Rossi, un’at- non un’imitazione, certamente trice versatile e dal grande talento possibile anche grazie al lavoro di canoro, che per questo ruolo fa Erica Barbano, costumista, che ha percepire il puntuale e maniacale creato copie pedisseque degli abiti lavoro di studio fatto evidente- indossati da Mia Martini, uno stile mente sul personaggio, anche se, originale e proprio, inconfondibi- come ha dichiarato il regista, Ric- le, che nella vita vera hanno scritto cardo Donna: “abbiamo deciso di la persona e il personaggio, qual- fare un passo indietro e di giocare cosa da cui anche il racconto fin- più sulle emozioni e i sentimenti zionale ha fatto bene a non disco- che su una fedele ricostruzione starsi. Serena Rossi moltissimo dà della sua vita. Serena Rossi si è alla sua Mia Martini nella sequenza calata con eleganza e umanità nel “finale”, quella in cui l’artista torna personaggio, non facendone un’i- sul palco di Sanremo per l’ultima mitazione, ma dandole se stessa”. volta, chiudendo così il cerchio Una storia personale in cui il pre- narrativo in quell’89 sanremese giudizio ha dettato il corso: la ma- che, come ha riflettuto Donna: lalingua sulla sfortuna, di cui Mia “racchiude il riscatto di una vita Martini è stata accusata di essere vissuta con dolore”. portatrice, ha scandito la sua car- riera e, necessariamente, s’è riper- cossa sulla sua vita, in equilibrio tra consacrazione e precipizio. Gli anni ’72, ’73 e ’74 come apice di un percorso artistico in cui la critica europea la decreta infine cantante dell’anno. Un’opposizione di poli, quello del talento puro proprio dell’essere umano Domenica Rita Adriana Bertè, per l’anagrafe, Mia Martini per l’arte, e quello della società circostante, un abbraccio rovinoso dentro cui era stretta suo malgrado, e che Serena Rossi, con la sua buona abilità di saper dosare sottrazione e veracità, tie-

scenari Esiste una via italiana al biopic? Biografie e autobiografie nel cinema italiano IL SENTIMENTO DEL DECLINO di ROBERTO DE GAETANO

Toni Servillo è Silvio Berlusconi in Loro (2018), regia di Paolo Sorrentino

Lincoln, JFK, Malcom X, Il caimano, Il divo, Loro: i primi sono tre film americani che raccontano personaggi pubblici identificandoli con il loro nome proprio, i secondi tre titoli italiani dove il personaggio pub- blico diventa fin dal titolo maschera, e il film si subordina al potere generalizzante di quest’ultima. C’è tutta la differenza tra una tradizio- ne culturale in cui il potere e lo spazio sociale si incarnano nella figura (eroica o meno) di un individuo che rappresenta una comunità, e quella in cui chi la guida ed esercita il potere condivide con la comunità difetti e vizi. I primi generalmente ruotano intorno ad una storia (o ad un ele- mento determinato, per esempio la lotta di Lincoln contro la schiavitù), i secondi intorno al carattere del personaggio, al suo modo d’essere. Che spesso si fa maschera (e talvolta le moltiplica come ne Il caimano). Il ruolo e il compito dell’attore in questo secondo caso è decisivo, per- ché il personaggio si subordina alla storia per far emergere il carattere o un suo aspetto. In Loro il ruolo di Servillo nel rappresentare Berlusconi è esattamente questo: far precipitare nella sua pur eccentrica verosimiglianza della storia, di cui si fa depositario il personaggio della moglie Veronica Lario (nell’interpretazione di Elena Sofia Ricci), e nello spettacolo di escort e ballerine dove la visualità si fa dominante, un carattere talmente in ri- lievo da farsi maschera. E manifestare nel tratto totalizzante di questa un malessere profondo, indicativo di un narcisismo senza via d’uscita. Il malessere per non sentirsi sufficientemente amato nonostante il suo potere. E accompagnare questo sentimento con quello crepuscolare del passare del tempo, attraverso i segni materiali che lo manifestano, per esempio l’alito da vecchio. Il profilo del carattere emerge nel suo modellamento sul corpo e il volto dell’attore, che fin dalla sua prima apparizione lo fa giocare teatralmente in veste di odalisca, per giungere alla performance canora di Malafemmina. Servillo/Berlusconi àncora il flusso visuale di Loro al carattere del per- sonaggio, e ad una sua declinazione. Per fare questo costruisce una maschera che di quel carattere ci riconsegna il tratto più crepuscolare e malinconico (in sintonia con il mondo sorrentiniano). L’adesione mi- metica di Servillo alla faccia di Berlusconi va dunque oltre il riscontro di un’imitazione verosimile – a cui tra l’altro il film si sottrae fin da subi- to – e ci restituisce il senso della fine (di un matrimonio, del destino di uomo pubblico, della vita stessa). Con in braccio cagnolini, o muoven- dosi stancamente in accappatoio bianco di spugna, o osservando giova- ni ragazze danzanti, con un volto ridotto a maschera immobile, Servillo/ Berlusconi ci restituisce il sentimento malinconico di una fine senza riscatto, che eccede e trascende anche la storia del film.

28/29 ELISA FUKSAS: SALVEZZA E LOCKDOWN

scenari Esiste una via italiana al biopic? Biografie e autobiografie nel cinema italiano di ANG iSOLA, documentario diretto dalla regista di Nina e The App, girato con un iPhone, “scelta di sopravvivenza”, nasce dall’esigenza di raccontare, ed esorcizzare, un tumore alla tiroide, diagnosticato all’autrice il 26 febbraio 2020, poco prima del blocco sanitario.

“Il racconto è la mia salvezza”. Così Elisa Fuksas descrive il suo film iSO- “Ora sto molto meglio - dichiara Fuksas - Lì per lì non avevo dato peso al LA, passato alle Giornate degli Autori all’ultima Mostra del Cinema. E fatto che la tiroide regoli un po’ tutto, anche l’umore. Ora vivo emozio- forse è una salvezza per tutti. Non sarebbe corretto definire il film solo ni contrastanti. Piango, rido, voglio morire, voglio vivere. Il lockdown un documentario, anche se di fatto finisce per rappresentare in maniera ha messo tutto in secondo piano. Ho conosciuto persone che avevano poetica ed emozionante l’Italia del lockdown. E nemmeno si tratta di un un gran mal di denti e non potevano curarsi. Adesso c’è un momento instant movie sul coronavirus, dato che nasce dall’esigenza di racconta- particolare, di ‘attesa’. Sto cercando di guardare a quello che succede. re, e dunque esorcizzare, un altro male, un tumore alla tiroide, diagno- Prima ero ‘avanti’ al momento, volevo fare per non soffermarmi a ve- sticato all’autrice il 26 febbraio 2020. “A volte un bene apparente è un derlo. Devo rendermi conto di quello che ho fatto e di quello che mi è male e viceversa. Certe fortune in realtà sono sfortune. Un errore che successo. Le giornate in quarantena erano tutte concentrate a finire il sembra imperdonabile può essere provvidenziale, e solo tempo dopo si romanzo che esce in parallelo con la pellicola, mentre l’idea del film è capisce qualcosa in più. Quando storie più grandi di noi si confondono venuta in un secondo momento. Era nato semplicemente come un dia- con la nostra, diventa più difficile decifrare cosa vogliano dirci, ma forse rio personale e penso che questo si veda. C’è un momento, da quando è una nostra ossessione pensare che tutto ci parli e parli di noi”, prose- sono stata meglio, in cui mi sono concentrata sul racconto e il film ha gue Fuksas nei suoi dialoghi, asciutti e ben scritti. acquisito forma, ma ho avuto molti dubbi, era un percorso personale, che non sapevo dove mi avrebbe portata e che mi faceva paura”. Costretta a isolarsi, come recita il titolo, e a convivere con l’attesa di un intervento che viene costantemente ritardato dall’emergenza Covid – Il film si chiude con una ripresa suggestiva della Terra dalla stratosfera, situazione seria ma non grave, come quella di molti ammalati “di altro” registrata con una Go-Pro, che sembra dire “speranza” o quantomeno nel periodo della quarantena – l’autrice racconta tutto attraverso il suo invitare, come ne L’attimo fuggente, a guardare le cose da un’altra pro- cellulare e i suoi sentimenti, ponendo innanzitutto la trasparenza come spettiva: “Il film è stato tutto realizzato con un iPhone e quello è l’unico elemento portante del racconto, e riuscendo così a coinvolgere lo spet- momento dove usiamo una Go-Pro, con l’aiuto dell’artista Tommaso tatore anche quando parla di vicende assolutamente personali. Come Fagioli. È una vera performance. A una certa temperatura e pressione, quella di Alessia, la sua amica, come lei ammalata di una forma di tumo- tutto esplode e cade a terra. Devi usare il GPS per ritrovarlo, ma anche re ancora più pericolosa. Una scoperta arrivata a riprese iniziate e che essere fortunato. Non puoi sapere se cada su un albero o sul tetto di una ancora una volta devia il flusso della narrazione. fabbrica, ma per noi è andata bene”.

“Il primo racconto l’ho fatto a me stessa – ha detto la regista in un’in- Assieme al film è uscito anche il suo libro Ama e fai quello che vuoi, tervista – in un momento storico e personale molto difficile, ho cercato edito da Marsilio, che intreccia in qualche modo le vicende del film. il modo di ironizzare ed elaborare quello che succedeva. Riprendere, “Elisa ha trentasette anni - recita la sinossi - niente figli, un fidanzato, riprendermi, con l’unica cosa che avevo a disposizione, cioè il mio cel- Giacomo, col quale sta bene ma tanto tutto prima o poi finisce, un nuo- lulare, non è stata una scelta stilistica ma di sopravvivenza. Con sponta- vo corteggiatore conosciuto durante una lezione di yoga, Luca, alto e neità, immediatezza, - spiega - ho ripreso tutto nello stesso momento in del Nord, col quale si incontra la mattina alle cinque, una sorella, Bian- cui accadeva, in cui lo vivevo, dimenticando il pudore e la convenienza ca, molto diversa da lei, come si addice alle sorelle, e due genitori che, estetica o formale. Quello che sembra, che sembro, viene dopo: ho pro- un anno prima che questa storia inizi, decidono di sposarsi in chiesa. vato a scegliere la verità, che non è tutto ma è già qualcosa”. Il film parla Elisa e Giacomo hanno molte cose in comune, ma forse non un grande anche di Fede e religione, attraverso la “casuale” coincidenza della data senso della realtà e quando Elisa riceve una inaspettata proposta di ma- dell’operazione con quella del battesimo dell’autrice, avvenuto appena trimonio da Luca, nonostante sia forse un gioco, realizza di non essere un anno prima. Un anno che, date le circostanze, sembra contenere gli battezzata. Qualcosa cambia in lei e da quel momento inizia a vedere il accadimenti di dieci, ed è un sentimento che Fuksas riesce a esprime- disegno di Dio ovunque. Ma come ci si battezza da adulti? Si comincia, re con grande sincerità intrecciando il corso della sua storia con quella pare, trovando una chiesa e un prete e, in fondo, un’appartenenza. In un di tutti coloro che si sono trovati a dover affrontare l’imposto cambia- romanzo scandito come l’anno liturgico, Elisa Fuksas, accompagnata mento del mondo, spesso in concomitanza con altri problemi di natura da Elia, il giovane padre spirituale, compie un viaggio che da se stessa pratica e personale. la porta a se stessa, senza lasciare indietro nessuno dei suoi – numerosi, ironici, teneri, fastidiosi – difetti”.

30/31 IL GIOCATTOLO ROTTO

di HILARY TISCIONE

La vita di Pia Pera e quella di Rocco Carbone si uniscono nella memoria di Emanuele Trevi che scrive Due vite (Neri Pozza): intervista all’autore.

La prima stesura del testo era suddivisa in due parti. Poi cambia intervallando le personalità dei protagonisti. Cosa ha guadagnato ripensando il testo con un ‘montaggio’ parallelo? L’editing interessante non è quello sulle imprecisioni, ma quello che prende in mano la struttura del libro e la sua forma. La bellezza non è scrivere bene, è creare un’immagine credibile del mondo con una suc- cessione di pagine. Il girato di un film è un’operazione simile, raramente le competenze del regista e quelle del montatore si sovrappongono; il regista lavora in un approccio di fiducia verso il montatore. È proprio un’altra mano. L’inter- vento di Mario Desiati sul mio testo è stato molto interessante, anche se decisamente stravolgente. C’era un piccolo problema di imbarazzo con il personaggio femminile nel senso che il personaggio maschile di Due vite aveva per me una struttura più riconoscibile. Non mi interessa finire un lavoro, mi interessa farlo al massimo di quelle che sono le mie capacità. Per questa ragione ho lavorato insieme a una persona di cui mi fido. All’i- nizio ero un po’ scioccato, è un po’ come prendere in mano un mazzo di carte e rimischiarlo. Alla fine, direi che il lavoro è venuto bene. Ma non è la prima volta che capita che qualcuno mi ‘monti’ meglio le cose.

scenari Esiste una via italiana al biopic? Biografie e autobiografie nel cinema italiano " Per quello che mi riguarda, il giocattolo, che funzioni o che sia rotto, va bene in entrambi i modi. Le vite, invece, quelle sono rotte. "

Nelle prime pagine c’è una Chiaramente nell’arte si tratta di metafora sui ‘giocattoli rotti’, un’imperfezione programmata, noi scrive del tentativo di smontare dobbiamo comunque seguire delle certi giocattoli che funzionereb- regole che creino immaginazio- bero benissimo anche da rotti. ne, empatia. Per restare in tema, è Lo ha fatto con le vite molto importante il lavoro che si fa dei personaggi? sul giocattolo, ma è vero che il gio- In quel punto scrivevo degli stu- cattolo funziona anche rotto. di di Letteratura di Rocco che mi sembravano assurdi, scherzando Sono due vite o sono tre? gli chiedevo: ‘ma perché studi ‘ste È come un gioco in cui riveli qual- cose?’. Propp - Morfologia della fia- cosa che nell’esistenza normale ba – e Lévi-Strauss, certo erano dei non riveleresti. Ho bisogno di geni che hanno cercato di ricono- mettere in un corpo una narrazio- scere nella carne lo scheletro, ma io ne, quando non lo faccio il libro ho sempre avuto una visione un po’ mi sembra meno soddisfacente. più romantica. Mi piacciono molto Non intendo il narratore come i discorsi sulla tecnica, ma il lavoro fosse il padrone della giostra, mi di bottega mi interessa meno. Tro- piace stare in mezzo alle storie vo che l’aspetto più interessante che racconto anche perché sono sia l’emozione che dà il prodotto tratte dalla mia esperienza. finito. Per quello che mi riguarda, il giocattolo, che funzioni o che sia Quando è opportuno (se lo è) rotto, va bene in entrambi i modi. che una biografia si discosti un Le vite, invece, quelle sono rotte. po’ dal reale? Sono attratto dall’imperfezione Chi fa autofiction svolge un’opera- dell’esistenza umana, dall’appros- zione fondamentale: la compres- simazione, dall’improvvisazione. sione e la dilatazione del tempo.

32/33 Per esempio, a me viene più facile comprimere in uno spazio più breve quello che in realtà è acca- duto in anni. Trovo giusto quello che dice Proust all’inizio di Alla ricerca del tempo perduto nel punto in cui si interroga sulla funzione dei ro- manzi. La cosa più importante – afferma - è che il cuore cambi; questo cambiamento si fa mate- ria dell’arte. Nella vita reale non ci accorgiamo, per esempio, che un fiore sboccia, ci servirebbe un time lapse; il romanzo invece rende questo passaggio visibile, manipolando il tempo possiamo comprendere il cambiamento di cui si parla. Questo è un gran- de stacco dalla verità. Il reale si manifesta attraverso esperienze molto disseminate nel tempo. Al contrario c’è la dilatazione, quan- do faccio durare molto una cosa temporanea e la metto sotto una lente d’ingrandimento. Il nor- vegese Knausgârd - per esempio - può far durare un litigio con la moglie per seicento pagine. Io non sono uno scrittore d’in- venzione, attingo dalla mia vita, dalla mia memoria, creo degli elementi di significatività rispet- to a quello che vivo. L’elemento fiction però è determinante, si tratta di riproduzioni della real- tà che si rendono significative in termini estetici.

Quanto è più importante raccontare di altre vite perché la propria assuma un’espres- sione più coinvolgente? Sono sempre stato in mezzo agli altri. Poi vivo da solo, passo un sacco di tempo da solo a scrivere, ma consiglio vivamente a tutte le

scenari Esiste una via italiana al biopic? Biografie e autobiografie nel cinema italiano " Sono attratto dall’imperfezione dell’esistenza umana, dall’approssimazione, dall’improvvisazione. Chiaramente nell’arte si tratta di un’imperfezione programmata, noi dobbiamo comunque seguire delle regole che creino immaginazione, empatia".

persone – soprattutto quelle che Tarkovskij sono noiosi, se io indi- tificazione. Perché c’è tanta auto- Adelphi che si chiama Sončka di vengono nella scuola di scrittura viduo un limite e compio una dis- fiction brutta? Perché ci si pensa Marina Cvetaeva, ma parlando - di non isolarsi in campagna per sacrazione, l’operazione critica come nella recita alle elementari e di biografie è un genere di lavoro scrivere, non spegnere il telefono, mi riesce migliore. si vuole piacere per forza a mam- che non farei perché troppo do- perché l’attività artistica più è le- Fin da ragazzino, quando leggo ma e papà. Invece l’errore crea cumentato. Se c’è una zona d’i- gata a un senso di percezione del un libro cerco il punto debole. uno spazio narrativo. Ritornando nerzia, il biografo la deve inserire mondo, più è viva. Non lo cerco come fanno alcuni alla mia amicizia con Rocco, quel per forza; a me invece interessano Mentre scrivo mi capita di rice- critici a cui piace stroncare, lo in- mio tradimento, in termini di nar- i buchi, io ho bisogno che tutto vere delle telefonate e magari seguo perché in quello riconosco razione, ci sta bene nel testo. Crea sia nevrotizzato. Ci sono troppe di quella conversazione inseri- il processo umano. Questo riguar- un vuoto. Crea riconoscimento. notizie in una biografia, non puoi sco una parola nel libro. Questo da anche la descrizione dei miei avere una tensione fluttuante. Se per dire che la permeabilità è un rapporti di amicizia che intendo Come avrebbero iniziato la storia di Clarice Lispector con- aspetto essenziale di quello che come una specie di amore a lunga a descriverla Pia Pera e Rocco tiene dieci amori, quello che a me faccio. Se vuoi scrivere, questo durata, dove mi rendo conto che Carbone se avessero interessa è l’amore sbagliato. Ma sarà più forte di tutto; infatti la alle persone si vuole bene anche scritto di lei? non puoi fare così una biografia, gente scriveva nei campi di con- per i loro limiti. Nel caso di Due Nella prima frase di Rocco ci sa- devi metterli tutti. Sa perché vale centramento, sulle navi durante vite non è solo il fatto che Pia e rebbe stata una mia mancanza, molto la pena di studiare le cose? le tempeste ecc. Per me, il giorno Rocco avessero due caratteri di sicuramente. Perché le riporti a un materiale produttivo, magari è quello in cui merda, è anche il fatto di come ho Per esempio, avrebbe iniziato tuo e ti vengono idee interessanti. devo pagare una bolletta, quello mancato nell’amicizia con Rocco. con: ‘Ritardatario…’ e sarebbe A riguardo, un libro straordinario in cui mi viene a trovare una per- Inizialmente quella era una cosa stata una cosa perfida perché in- che parla di un rapporto di ami- sona all’improvviso, a Roma non che volevo saltare perché tendia- tesa in senso generale, quando in cizia è quello di Comisso su De c’è vita privata, la gente citofona. mo a voler dare di noi un’immagi- verità avrebbe fatto riferimento a Pisis, poi i saggi di Cesare Garboli, Questo da giovane lo ponevo ne rassicurante; quindi poniamo un vecchio rancore tra di noi che peraltro – raccontando di Anto- come un problema, pensavo: ‘ma il caso che io ometta una cosa avrei dovuto intendere. Questo nio Delfini – aveva scritto: ‘in ogni io quando scrivo?’. Quando inizi nella narrazione (perché non vo- l’ho trovato anche in alcune re- amicizia c’è un rimorso’, da qui mi a fare questo lavoro pensi sem- glio dare dispiacere a qualcuno), censioni sui miei libri, ad esempio è tornato a galla quello che avevo pre che il tempo ti mancherà, poi questa omissione ha delle conse- usava: ‘una prosa scostante’ quan- fatto con Rocco; non avevo capito ho capito che la concentrazione guenze estetiche? Adesso sto scri- do voleva dire che io ero scostan- che stavo scrivendo sulla base di è un piacere enorme, come il pia- vendo un libro su mio padre del te. (ride, ndr). un rimorso. Leggendo, la memo- cere sessuale. In qualche modo quale conosco molti segreti, ma Pia, invece, si sarebbe attribuita ria si illumina. la scrittura ti aspetta. È vero che il mio criterio non è quanto di lui un difetto che avevo solo io. Mi Gli scrittori di gialli leggono molti la vita può portarti via, ma quella posso arrivare a rivelare: l’arte non diceva spesso ‘sai, noi siamo gente gialli, gli scrittori di fantascienza cosa è sempre lì, come il fondo del è un flusso di informazioni. Il libro distratta’ e lei non era distratta per leggono cose di fantascienza, nel mare. Ci può essere il giorno cal- può avere senso estetico anche da niente, ma per rassicurarmi usava mio caso leggo scritture che pos- mo o il giorno di tempesta, ma è lì. una sottrazione? questo noi bellissimo! (ride, ndr). sono definirsi autobiografiche. Viviamo in un mondo un po’ Ad ogni modo, continui a vivere Il coinvolgimento nei confron- stupido, le persone ti chiedono: Nel suo percorso si è ispirato mentre fai lo scrittore, conviene ti delle personalità descritte quanto hai inventato? Certe cose a qualche biografo? abbandonarsi alla vita come se può essere anche negativo? sono necessarie alla costruzione Per Due vite, è stata molto im- non ci fosse bisogno di scriverla. In Sogni e favole scrivo che i film di di una forma e la forma crea iden- portante la lettura di un libretto

34/35 ALLAALLA PROVAPROVA DELDEL PUBBLICOPUBBLICO di MARIO MAZZETTI

Premi e incassi dei più recenti biopic italiani, tra bestseller e cinema di nicchia.

Se si considera l’accezione hollywoodiana, nel cinema italiano ci sono ti con Rodrigo de la Serna/Papa Leonardo di Jesus Garces Lam- ben pochi biopic che celebrino la vita di personaggi popolari. Una ri- Francesco (3,6 M€ nel 2015); il bert con Luca Argentero, per una lettura che sembra relegata alla più accessibile (e stilisticamente meno Vallanzasca che Michele Placido volta fuori dal circuito dei “film impegnativa) sfera delle fiction tv: quelle su Modugno, Rino Gaetano, ha cucito addosso a Kim Rossi evento”, 653mila euro nel 2019; De André, Mia Martini sono alcuni degli esempi più recenti, le ultime Stuart (2,9 M€ nel 2011), e - sem- Sanguepazzo di Marco Tullio due precedute da una fortunata anteprima-evento al cinema (con un pre di Placido - Un viaggio chia- Giordana sulla tragica vicenda incasso rispettivamente di 808mila e 307mila euro). Rispetto agli sta- mato amore con Laura Morante/ degli attori Osvaldo Valenti/Luca tunitensi Ray, Tina, Jimi, Janis o ai francesi Cloclo (sull’autore della ver- Sibilla Aleramo e Stefano Accor- Zingaretti e Luisa Ferida/Monica sione originale di My way Claude François), Dalida e l’imminente Aline si/Dino Campana (lei candidata Bellucci (in sala 611mila euro nel (che guarda a Céline Dion), insomma, il filone da noi quasi non esiste all’EFA, lui Coppa Volpi a Vene- 2008, poi una miniserie tv); tra i e non sapremmo dire se il motivo risieda in una domanda limitata o zia, 4,3 M€ nel 2002); Maradona tanti film su Pier Paolo Pasolini, semplicemente trascurata - fa eccezione Nico, 1988 di Susanna Nic- la mano de dios di Marco Risi con sono concentrati sul delitto il Pa- chiarelli, Premio Orizzonti a Venezia 2017 e 4 David di Donatello, che Marco Leonardi (484mila euro solini di Abel Ferrara con Willem però ha incassato appena 197mila euro. Tra politica e militanza, figure nel 2007); il Barbarossa di Renzo Dafoe e La macchinazione di Da- di attualità e profili artistici, emerge poi una differenza di approccio Martinelli, 12 milioni di costo e vid Grieco con Massimo Ranieri, sostanziale: il biopic all’italiana sembra privilegiare esistenze tragiche un incasso deludente di 838mila rispettivamente 413mila euro nel e sfortunate piuttosto che celebrare, come nei mercati citati, la gloria euro nel 2009; la coproduzione 2014 e 201mila euro nel 2016. raggiunta dopo stenti, incontri sbagliati e schiaffi del destino. Non The Happy Prince di e con Rupert Un capitolo a parte sono le ela- tanto individui che ce l’hanno fatta quanto figure relegate ai margini, Everett/Oscar Wilde (426mila borazioni stilisticamente visio- amanti sfortunati, artisti immortalati per lo più al termine di un’esi- euro, selezionato al Sundance); narie di Paolo Sorrentino, che in- stenza che evidenzia il carattere effimero dei successi pure conseguiti. ancora della Nicchiarelli il recen- nervano la trama di una rilettura Tra gli esempi più tradizionali di biopic, con alterne fortune e partendo te Miss Marx, 430mila euro; due epocale: il campione d’incassi Il dal 2000, citiamo: il gran successo Il giovane favoloso di Mario Marto- bei ritratti di “dimenticati” come divo, sul Giulio Andreotti dei pri- ne, che ha spopolato anche tra gli studenti incassando 6,3 M€ nel 2014 Vincere di Bellocchio, con Gio- mi Anni ’90, 4,5 M€ e tanti premi con oltre un milione di spettatori (film dell’anno ai Nastri d’Argento, vanna Mezzogiorno/Ida Dalser e (Prix du Jury a Cannes, 7 David 5 David di Donatello); la libera rilettura Callas Forever di Franco Zeffi- Filippo Timi nei panni del figlio di Donatello, 4 Nastri d’argento, relli con Fanny Ardant (1,2 M€ nel 2002); i recenti Volevo nascondermi illegittimo del Duce (2,1 M€ nel nomination all’Oscar per il Truc- di Giorgio Diritti, 820mila euro post-pandemia e l’Orso d’argento della 2009, 8 David e 4 Nastri); La sici- co, Premio EFA a Toni Servillo); Berlinale a Elio Germano (per ora), e Il traditore di Marco Bellocchio liana ribelle di Marco Amenta sul- il dittico berlusconiano Loro (ri- con Pierfrancesco Favino/Tommaso Buscetta, Miglior Film ai David e la testimone di giustizia Rita Atria spettivamente 4,1 M€ e 2,6 M€, ai Nastri 2020 e in sala 4,8 M€; Chiamatemi Francesco di Daniele Luchet- (188mila euro lo stesso anno); il 4 Nastri d’argento e 2 David di

scenari Esiste una via italiana al biopic? Biografie e autobiografie nel cinema italiano Donatello). Mentre Il caimano di Nanni Moretti (6,8 M€ nel 2006 e 6 David di Donatello) non può ascriversi in senso stretto al ge- nere, il Craxi ad Hammamet di Gianni Amelio a inizio 2020 ha incassato 5,7 M€ e ha già fatto vincere a Pierfrancesco Favino il Nastro d’argento, il Flaiano e il Globo d’oro. Se insomma i pro- tagonisti della politica al cinema vanno forte, un sottofilone co- stantemente rinnovato scaturi- sce dalle opere di impegno civile che ritraggono servitori dello Sta- to con un forte senso delle istitu- zioni democratiche, che hanno sfidato avversari nell’ombra fino al sacrificio: su tutti l’ormai cult I cento passi di Marco Tullio Giordana, sulla figura di Peppi- no Impastato, che nel 2000 ha incassato 3,2 M€, lanciato Luigi Lo Cascio e vinto il Premio per la Sceneggiatura a Venezia, 5 David di Donatello, 1 Nastro d’argento. In ordine decrescente di incassi vanno citati Fortapasc di Marco Risi su Giancarlo Siani/Libero De Rienzo (736mila euro nel 2009), Placido Rizzotto di Pasquale Sci- meca con Marcello Mazzarella nel ruolo del sindacalista sici- liano (394mila euro nel 2000); Il delitto Mattarella di Aurelio Grimaldi, appena 31mila euro lo scorso giugno; unico caso di (31mila euro nel 2016); il Pontor- “lieto fine”, A mano disarmata di mo di Giovanni Fago con musi- Claudio Bonivento su Federica che di Pino Donaggio (143mila Angeli/Claudia Gerini (310mila euro nel 2004); il Caravaggio euro nel 2019) e, sempre in tema diretto da Angelo Longoni (poi di reporter d’inchiesta, Ilaria Alpi miniserie tv, 18mila euro nel - Il più crudele dei giorni di Ferdi- 2008); la coproduzione Il sogno nando Vicentini Orgnani, Nastro di Francesco sul santo di Assisi d’argento per Giovanna Mezzo- con Elio Germano (161mila euro giorno (244mila euro nel 2003). nel 2016); l’anarchico attentatore Dal punto di vista produttivo, Passannante di Sergio Colabona spiccano produzioni indipen- (25mila euro nel 2011) e poi il denti dal budget spesso risicato, Rudy Valentino di Nico Cirasola con una ricostruzione biografica (8mila euro nel 2018), Quando che si avvale di attualizzazioni, corre Nuvolari di Tonino Zan- confronti a distanza, elaborazio- gardi (13mila euro nel 2018), Il ni fantasiose di elementi cruciali giovane Pertini di Assanti-Caretti spesso a scapito di un’accurata (4mila euro nel 2019), Gli anni ricostruzione storica. Senza un amari di Andrea Adriatico su Ma- consistente battage promozio- rio Mieli (32mila euro nel 2020), nale, molte di queste opere sono finanche il cartone animato su state viste da un numero molto Padre Pio (7mila euro nel 2016). limitato di spettatori: tra i nu- merosi esempi, Antonia (Pozzi) di Ferdinando Cito Filomarino

36/37 ARTISTE, DIVI E RIBELLI

Otto critici indicano il più bel biopic italiano e un personaggio italiano la cui vita meriterebbe di essere raccontata.

a CURA DELLA REDAZIONE

Pedro Armocida Se lo consideriamo un biopic: Puccini e la fanciulla di Paolo Benvenuti (un rigoroso film muto del 2008 come se fossimo nel 1908) altrimenti Antonia di Ferdinando Cito Filomarino (l’essenza dell’atto dello scrivere).

Amadeo Giannini (“l’America è nata nelle strade” recitava Gangs of New York di Scorsese ma senza questo “banchiere di tutti” di origine italiane non ci sarebbero stati i primi film di Walt Disney, Charlie Chaplin, Frank Capra e, soprattutto, la “Bank of Italy”, poi “Bank of America”, con l’ac- cesso al credito anche per le classi più povere).

Adriano De Grandis Pasolini di Abel Ferrara: introduce uno sguardo dichiaratamente perso- nale, in un flusso magmatico, disordinato, kitsch, affascinante, senza tirarsi indietro, nemmeno nella scelta di campo sull’omicidio. Con un frammento di una vita (le ultime ore), racconta una vita intera: non solo Ferrara cattura il modo di intenderla del poeta, ma anche dichiara le ra- gioni e la necessità del proprio cinema.

Probabilmente Lucio Battisti, il più grande cantautore italiano, così ostinatamente segreto e impenetrabile nella sua clausura, scrostando le banalità delle rimembranze televisive e inoltrandosi in un territorio ancora troppo sconosciuto. scenari Esiste una via italiana al biopic? Biografie e autobiografie nel cinema italiano Steve Della Casa Giuseppe Verdi di Raffaello Matarazzo.

Giambattista Lazagna, avvocato, partigiano e scrittore.

Anna Maria Pasetti Salvatore Giuliano di Francesco Rosi: perché Rosi ha inventato il bio- pic di denuncia, in questo caso mettendo in evidenza un personaggio al basso della scala sociale. Ribaltando così la Storia, come del resto ha spesso fatto.

Rita Levi Montalcini: una scienziata premio Nobel, attivista a più livel- li, già perseguitata, celebrata nel mondo ma poco in Italia. Meritereb- be un’opera degna della sua portata.

Cristiana Paternò Il resto di niente di Antonietta De Lillo (2003) perché con uno sguardo rigoroso e insieme partecipe costruisce il percorso di una rivoluziona- ria che porta fino alle estreme conseguenze le sue scelte, un film che rimane esemplare anche per la capacità di restituire una ribellione che ci riguarda tutte.

Grazia Deledda ed Eleonora Duse, due donne straordinarie del primo Novecento che idealmente si incrociano nella realizzazione del film Cenere, tratto dal romanzo dell’autrice premio Nobel e unica interpre- tazione cinematografica della Diva.

Angela Prudenzi Il resto di niente di Antonietta De Lillo, un ritratto di donna colta, sen- sibile, vitale, rivoluzionaria e incredibilmente contemporanea: Eleo- nora Pimentel Fonseca.

Mara Cagol, una figura controversa come controversa fu la sua morte. Un’occasione per ripercorrere gli anni bui del terrorismo con il quale non abbiamo fatto mai i conti fino in fondo.

Emanuele Rauco Il caso Mattei (Francesco Rosi, 1972): il gusto romanzesco del raccon- to, la tensione della messinscena e, al tempo stesso, una fiducia nei fatti e nel gesto stesso dell’esposizione, che è il principale segno po- litico del regista.

Direi Enrico Berlinguer, se non fossi certo che uscirebbe fuori una di quelle opere agiografiche e nostalgiche di cui la Sinistra non ha biso- gno. Oppure Adriano Aragozzini, e fare dei retroscena tra musica e po- tere, una sorta di Ellroy contemporaneo: Sanremo Confidential.

Barbara Sorrentini Il Divo perché è riuscito a rendere pop un personaggio grigio e contro- verso, che ha maneggiato dietro le quinte della politica italiana. E Sor- rentino ha giocato con gli aspetti irrisolti e misteriosi della sua figura rendendoli appassionanti.

Sandro Pertini, perché attraverso la sua figura affascinante si potreb- be raccontare quasi un secolo di Storia, di politica e società italiana. Oltre a far emergere le caratteristiche di un presidente e di un uomo onesto e molto amato.

38/39 MIMETISMIMIMETISMI SONDAGGIO DI ALICE BONETTI

Moro quando si preparò a girare il film di Ferrara. L’attore, e i nostri intervistati non hanno mancato di ricordarlo, aveva infatti già inter- pretato il leader della DC (o perlo- meno un personaggio apertamen- 5) L’Aldo Moro te calcato e caricaturizzato sulla di Gian Maria Volonté sua figura) in Todo Modo (1976) di Aprile ‘86. Giuseppe Ferrara con Elio Petri, una delle pellicole più troupe e attori è a Via Fani a girare controverse del cinema italiano. una scena cruciale de Il caso Moro, quella del sequestro dello statista 4) Il Fabrizio De André Il genere biografico – che non solo in Italia cattura sempre di più l’atten- democristiano e della strage della di Luca Marinelli zione e l’interesse del pubblico - è forse quello che più mette alla prova sua scorta. All’arrivo di Gian Ma- Davanti all’interpretazione che il fisico e la mente di un attore. Non sono un segreto i mesi di prepa- ria Volonté, sul set tutti restano di Luca Marinelli ha dato di Fabri- razione per adattare il fisico al personaggio o le ore passate al make-up stucco. C’è chi mormora: “Fa im- zio De André in Principe Libero prima dell’inizio delle riprese. Da Mussolini a Berlusconi, da San Fran- pressione, sembra proprio Lui”. c’è poco da dire. Se non chapeau cesco a Gesù Cristo, da Aldo Moro a De André: quanti di noi, pensando Sì, perché Volonté ha fatto proprio (sì, anche alla voce, nonostante a questi personaggi associano – forse inconsapevolmente - il loro volto un autentico miracolo. La sua non tutte le polemiche sull’accento a quello di un interprete che ne ha preso le sembianze sullo schermo? E è una semplice interpretazione, romano). Marinelli non interpre- quali sono gli attori e i loro alter ego di celluloide che più hanno colpito pare quasi una resurrezione. Ha ta semplicemente De André ma lo l’immaginario degli spettatori? Abbiamo stilato un elenco di persone fatto entrare Moro nel suo corpo, rappresenta, se lo porta dentro e celebri le cui vite sono state trasposte una o più volte al cinema (o in tv) nel suo volto prematuramente in- lo fa emergere con una naturalez- e abbiamo chiesto a 50 persone di indicarci il nome dell’attore a cui im- vecchiato, persino nelle sue corde za sconvolgente. Il modo di porta- mediatamente collegano tale personaggio. Ne è nata una classifica delle vocali. In effetti, Volonté non era re i capelli e di fumare la sigaretta, cinque interpretazioni più memorabili del biopic italiano. certo a digiuno della fisicità di la postura, la camminata, l’inten- scenari Esiste una via italiana al biopic? Biografie e autobiografie nel cinema italiano sità, il tormento. Marinelli ha tro- nuovo, una maschera. Questa vato il “suo” Faber, più intimo e volta però si distacca dall’icona privato, e gli ha dato vita (e voce) di gaffe e processi a cui i media ci in maniera inquieta e poetica. hanno abituati e diventa lo spunto per raccontare dell’offuscamen- 3) Il Bettino Craxi to e della negazione dell’essere di Pierfrancesco Favino umano. Servillo aggiunge così Sono le 4:50 del mattino. In sala una dose massiccia di teatralità ai trucco inizia la trasformazione di modi pubblici dell’imprenditore, Pierfrancesco Favino in Bettino ne imita l’accento nordico e ne Craxi: ci vogliono ore di lavoro, sbaglia la cantata napoletana, che come mostra un video in timelapse invece appartiene naturalmente all’attore. Ammalia con una ge- stualità istrionica, muovendosi con sicurezza tra gli spazi dell’am- pia casa sulla costa sarda. Strega, stordisce e frastorna popolo e fedeli con la scioltezza e l’agilità di una parlantina brianzola d.o.c. Andreotti. Berlusconi. Servillo. Due politici che hanno lascia- to un’impronta pesantissima Andreotti e conquista il secon- nell’immaginario del nostro Pa- do posto della nostra classifica. ese. Due personaggi che hanno È una maschera, è argilla nelle segnato in modo importante la mani di un artigiano; la sua faccia cinematografia italiana degli ulti- si trasforma, si piega, si tira. Segre- mi anni. E un attore straordinario tamente nascosto nei grandi am- che sale sul trono di questa nostra bienti del palazzo in cui dimora, classifica, impugnando lo scettro il politico sembra un Nosferatu la di re del biopic. cui vita pare essersi dilatata in un che gira su internet ma il risultato tempo infinito. Interpreti/Personaggi più citati è eccezionale. Il filmato è stato gi- per biopic: film e fiction italiani rato durante le riprese di Hamma- 1)Il Silvio Berlusconi met, l’opera di Gianni Amelio sul di Toni Servillo 1) Silvio Berlusconi: Toni Servillo (Loro 1 e Loro 2), tramonto umano di Bettino Craxi. Silvio Berlusconi è decisamente Elio De Capitani, Michele Placido, Nanni Moretti (Il Caimano), Favino interpreta, con un’aderen- uno dei personaggi più contro- Paolo Pierobon (1993, serie tv) za pressoché assoluta, gli ultimi versi della politica italiana. Non ci 2) Giulio Andreotti: Toni Servillo (Il divo) sei mesi del leader socialista. Lo fa ha stupito quindi – come emerge 3) Bettino Craxi: Pierfrancesco Favino (Hammamet) grazie allo straordinario lavoro di dai risultati del nostro sondaggio 4) Fabrizio De André: Luca Marinelli make-up e a una caratterizzazione – che sia anche quello che mag- (Fabrizio De André - Principe Libero, film tv) vocale e gestuale che ha dell’in- giormente ha lasciato il segno 5) Aldo Moro: Gian Maria Volonté (Il caso Moro), credibile. L’attore romano sa sul piccolo e grande schermo. La Gian Maria Volonté (Todo Modo), Roberto Herlitzka (Buongiorno essere cangiante, sa calarsi total- maggioranza delle persone inter- notte), Michele Placido (Aldo Moro: Il Presidente - miniserie tv), mente. Sa far zampillare emozioni vistate ha associato il volto del Ca- Sergio Castellitto (Aldo Moro: Il Professore, film tv) dai suoi personaggi. Anche sotto valiere a più di uno dei diversi at- 6) Tommaso Buscetta: Pierfrancesco Favino (Il traditore) chili di trucco. Anche nei silenzi. tori che lo hanno interpretato: dal 7) Giacomo Leopardi: Elio Germano (Il giovane favoloso) Nella gestualità delle mani, negli Berlusconi, identico nella figura 8) S.Francesco d’Assisi: Mickey Rourke (Francesco), sguardi, nel muoversi pesante del e nel look, di Elio De Capitani, a Nazario Gerardi (Francesco Giullare di Dio), Raoul Bova corpo. Se fosse statunitense, Favi- quello vanesio e istrionico di Mi- (Francesco, serie tv) no avrebbe già un Oscar in mano chele Placido, da quello arrogante 9) Benito Mussolini: Mario Adorf (Il delitto Matteotti) / e probabilmente lo avrebbe vinto e meschino interpretato da Nanni Bob Hoskins (Io e il duce, miniserie), Rod Steiger (Mussolini ulti- proprio per questo ruolo. Moretti (tutti e tre comparsi nel il mo atto), Filippo Timi (Vincere) film Il Caimano), al “Berlusca” de- 10) Ligabue: Elio Germano (Volevo nascondermi) 2) Il Giulio Andreotti gli anni della gloria interpretato da 11) Giordano Bruno: Gian Maria Volonté (Giordano Bruno) di Toni Servillo Paolo Pierobon nella serie tv 1993. 12) Galileo Galilei: Cyril Cusack (Galileo) Pacato, sornione, imperscrutabi- L’attore che è più rimasto impres- 13) Cristo: Enrique Irazoqui (Il Vangelo secondo Matteo), le. Orrendamente trasformato da so nella memoria degli spettatori Robert Powell (Gesù di Nazareth) un trucco pesantissimo, ingobbi- però è, senza dubbio, ancora una 14) Casanova: Donald Sutherland (Il Casanova di Federico Fellini) to e con le orecchie ricurve. Ser- volta Toni Servillo. Truccato con 15) Leonardo Da Vinci: Luca Argentero (Io, Leonardo) villo è perfetto nelle vesti dell’ex un pesante cerone in volto, con Presidente del Consiglio Giulio i capelli nero pece, Servillo è, di

40/41 inchieste

DAGLI OSCAR ALLA BERLINALE: UNA RIVOLUZIONE (IM)POSSIBILE

di CRISTIANA PATERNÒ

Mentre Hollywood è letteral- mente paralizzata dall’emergen- za Coronavirus, arriva a com- pimento una rivoluzione nel sistema dei premi che potrebbe cambiare radicalmente il volto dell’industria cinematografica americana. L’annuncio dall’Aca- demy of Motion Picture Arts and Sciences è giunto il 9 settembre, non senza immediate reazioni fortemente polemiche anche da parte del cinema italiano: “Per incoraggiare l’equa rappresen- tanza sullo schermo e nel dietro le quinte e rispecchiare la diver- sità dei pubblici, i film dovran- no avere dei requisiti minimi di rappresentanza e inclusione per essere candidabili all’Oscar per il Miglior Film a partire dall’edi- zione 96 che si terrà nel 2025 e ri- guarderà la produzione dell’anno precedente”. Una notizia bomba ma non proprio inattesa, perché la più potente congregazione ci- nematografica del mondo stava da tempo lavorando a rovesciare gli standard in nome delle pari opportunità, sia tra i due sessi che per quanto riguarda la que- stione razziale, da sempre punto vulnerabile per eccellenza della democrazia americana (a luglio inchieste Dall’edizione numero 96 (2025) degli Oscar un film dovrà avere almeno due dei seguenti requisiti per essere candidabile nella categoria princi- 2016 gli ispanici e latino-americani erano il 17,8% della popolazione to- pale. Tutte le altre categorie, eccetto Miglior Film, mantengono le rego- tale, formando così la più grande minoranza etnica, mentre gli afroame- le correnti di eleggibilità. I film di categorie speciali come animazione, ricani erano il 12,7%). documentari e film internazionali saranno considerati separatamente. Poco tempo prima, a metà agosto, sul fronte europeo, era stato il Festi- val Internazionale di Berlino ad annunciare una riorganizzazione dei premi con l’introduzione di un riconoscimento gender-neutral per la STANDARD A: NARRAZIONE E RAPPRESENTAZIONE recitazione. Anziché parlare di “miglior attore” e “miglior attrice”, come si è fatto finora e come si fa nella quasi totalità delle kermesse di cine- Il film deve assolvere almeno uno di questi criteri: ma, la prossima Berlinale avrà riconoscimenti per “ruolo principale” e A1. Protagonista o coprotagonista appartenente a una minoranza “ruolo secondario”. “Un segnale di maggiore consapevolezza in merito etnica poco rappresentata: asiatico, ispanico/ latino, nero o afroameri- al concetto di genere nel campo dell’industria cinematografica”, come cano, indigeno/nativo americano/nativo dell’Alaska, medio-orientale/ hanno spiegato i direttori del Festival Carlo Chatrian e Mariette Rissen- nordafricano, nativo delle Hawaii o altra isola del Pacifico, altra mino- beek. Deve aver pesato nella decisione anche la vicenda del film del ci- ranza o gruppo etnico sottorappresentato. leno Sebastián Lelio Una mujer fantástica, interpretato magistralmente A2. Cast in generale Almeno il 30% degli attori in ruoli secondari o dall’attrice transessuale Daniela Vega: era in Concorso nel 2017 e vinse minori devono appartenere a questi gruppi sottorappresentati: donne, l’Orso d’argento per la sceneggiatura. minoranze etniche, LGBTQ+, disabili cognitivi o fisici, deficit uditivo. Si tratta di due visioni in un certo senso opposte per affrontare quello A3. Argomento Il soggetto del film deve essere incentrato su uno dei che è un problema reale e ineludibile del tempo presente, la rappresen- gruppi sottorappresentati: donne, minoranze etniche, LGBTQ+, disa- tanza di soggetti che avendo avuto scarsa voce e visibilità nell’immagi- bili cognitivi e fisici, deficit uditivo. nario – ricordiamoci che stiamo parlando, almeno nel caso dell’Aca- demy, non certo di lavori di ricerca artistica o tantomeno underground – continuano a restare in disparte. Svantaggiati nella società, tendono a STANDARD B: GRUPPO CREATIVO scomparire o stare sullo sfondo anche nella produzione del simbolico e nella narrazione di storie. La pressione al cambiamento è arrivata da- Il film deve assolvere almeno un criterio: gli stessi membri dell’industria, nel caso delle donne sono state attrici B1. Leadership creativa e capi dei reparti almeno due degli artisti e registe a prendere la parola pubblicamente e rendere evidente il gen- o capi dei reparti - Casting Director, DOP, Compositore, Costumista, der gap con azioni concrete. Mentre per quanto riguarda le minoranze Regista, Montatore, Hairstylist, Makeup Artist, Produttore, Scenogra- razziali fortemente discriminate nella vita civile – con continui episo- fo, Arredatore, Fonico, VFX Supervisor, Scrittore - deve appartenere ai di di violenza perpetrati ai danni specialmente degli afroamericani da gruppi sottorappresentati. parte della polizia – la richiesta ha preso la forma di un movimento di Almeno una delle posizioni chiave deve essere occupata da un rappre- opinione culminato proprio nella campagna #OscarsSoWhite. Non è sentante di una minoranza etnica o razziale. mancata, poi, l’attenzione alle altre minoranze discriminate: LGBTQ+ B2. Altri ruoli chiave Almeno sei altri membri della troupe e tecnici e disabilità di vario ordine. (esclusi assistenti di produzione) devono provenire da gruppi razziali E dunque l’Academy, che a giugno aveva rinnovato il Board of Gover- o etnici sottorappresentati. nors con l’ingresso di un maggior numero di donne e afroamericani e B3. Composizione della troupe in generale Almeno il 30% della con la scelta di una donna afroamericana come la filmmaker Ava Du- troupe deve appartenere a uno dei gruppi sottorappresentati. Vernay a capo della sezione registi, ha decretato che, a partire dall’edi- zione 2024, per poter aspirare alla statuetta più ambita, un film dovrà ri- spondere ad almeno due su quattro standard applicabili sia davanti alla STANDARD C: ACCESSO ALL’INDUSTRIA macchina da presa che dietro le quinte. Molti gli applausi, ma anche le polemiche: su Twitter, Kirstie Alley ha definito la decisione “orwelliana” Il film deve assolvere entrambi i criteri: e “una disgrazia per gli artisti di tutto il mondo”. Secondo l’ex direttore C1. Opportunità di apprendistato e stage pagati dell’intelligence nazionale, Richard Grenell, peraltro apertamente gay, La distribuzione o i finanziatori del film devono assumere apprendisti i nuovi criteri dimostrano che “i democratici controllano Hollywood”. o stagisti che appartengano a gruppi sottorappresentati. Tra i nuovi standard richiesti dall’Academy, si prevede l’appartenenza C2. Opportunità di training. La produzione, distribuzione o i finan- di almeno uno degli attori protagonisti a minoranze etniche; in alterna- ziatori devono offrire opportunità di crescita professionale ai seguenti tiva, il 30% del cast dovrà essere composto da due tra le seguenti cate- gruppi: donne, minoranze etniche, LGBTQ+, disabili cognitivi o fisici gorie: donne, LGBTQ+, minoranze e/o disabili. L’iniziativa, va aggiunto, e non udenti. è ispirata a quella adottata nel 2016 dal British Film Institute riguardo ai progetti finanziabili e a quelli candidabili ai BAFTA Awards. “L’idea è di riflettere la diversità della popolazione globale sia nella STANDARD D: SVILUPPO DEL PUBBLICO creazione di film che nel pubblico”, hanno detto il presidente dell’Aca- demy David Rubin e la Ceo Dawn Hudson, auspicando che gli standard Il film deve assolvere i seguenti criteri: “facciano da catalizzatori per cambiamenti duraturi e essenziali nell’in- D1. Rappresentanza nel marketing, pubblicità e distribuzione. dustria dello spettacolo”. L’applicazione degli Academy Inclusion Lo studio o la compagnia produttrice deve avere senior executives che Standards, stabiliti di concerto con i produttori del Producers Guild of provengono dalle minoranze e gruppi sottorappresentati nei settori America, sarà graduale: niente cambia per l’edizione 93 che si terrà il 25 marketing, pubblicità e distribuzione. aprile 2021, sempre coronavirus permettendo.

42/43 PRO

COME SE FOSSE ANTANI di FRANCESCO CASTELNUOVO

Curiose le squadre che si sono formate sulle nuove regole di inclusione per accedere agli Oscar. CONTRO I commentatori tradizionalmente di Destra hanno detto “vergogna”. I com- mentatori tradizionalmente di Sinistra hanno detto “vergogna”. I produtto- ri e/o distributori italiani hanno detto, più o meno, “vergogna”. Alla fine, una sola grande squadra, sotto un unico grande vessillo: l’arte per l’arte. Tra il pericolo che le donne, i neri, i latinos, i gay possano restare fuori da ruoli un po’ più attivi nel fare cinema e il pericolo che l’accesso agli AVVOCATI E Oscar sia sottoposto a percentuali di scelta basati sulla morale, i com- mentatori che ora si scaldano contro la nuova regolamentazione non hanno dubbi: scelgono il primo. Il problemino è che nella loro foga di crociati per l’indipendenza dell’ar- SOTTO- te si dimentichino una serie di cose. Primo: gli Oscar non sono l’arte cinematografica in toto, sono un club importantissimo certo, ma solo un club, insieme ad altri club che si chiamano Toronto, Cannes, Venezia, Berlino. RAPPRESENTATI Secondo: qui stiamo parlando di una sfera, lo show business, che da al- meno 150 anni è stato negli Stati Uniti del melting pot, uno dei principali ascensori di innalzamento sociale per le minoranze... dagli ebrei negli Anni ‘30, agli italiani negli Anni ‘70, fino agli afroamericani negli Anni di PAOLO MEREGHETTI ‘80-90. Questa è la storia (nobile) dell’entertainment americano. Altro che “arte per l’arte”. Terzo: che frase è “ecco la morte del cinema”, che ha verniciato molti artico- Alla fine a guadagnarci saranno solo gli avvocati, chiamati a certificare li sull’argomento in queste settimane? Quanta ignoranza c’è in questa frase! con quale percentuale siano state rispettate le nuove regole di “equi- Io conduco da 11 anni per Sky la diretta italiana degli Oscar e ho impa- table opportunity” dettate dall’Academy. Non certo la qualità dei film e rato che l’idea che si ha degli Academy Awards in Europa è impregnata tanto meno il loro valore “inclusivo”, perché a mettersi d’impegno an- come un babà al rhum di un pensiero ubriaco secondo cui gli Oscar rappre- che il tanto vituperato Via col vento potrebbe superare l’esame: l’attrice senterebbero il grande cinema americano, quello che conquista il mondo. di colore Hattie McDaniel è un fondamentale personaggio secondario Un pensiero erede di quella vecchia frase del Wim Wenders Anni ‘70 che che proveniente da un gruppo razziale sottostimato, così come la tra- diceva “l’America ci ha colonizzato l’inconscio”. ma può essere letta come lo sforzo di due donne (Scarlett e la cugina Ecco...se invece di sorseggiare vecchie frasi da barricaderos barriccati, Melania) di difendersi dall’aggressione del mondo (assicurando così la uno scendesse dalla barrique e andasse, da sobrio, a controllarsi la cro- centralità di un gruppo sottorappresentato). E si potrebbe continuare. nistoria degli Oscar, scoprirebbe che da almeno 25 anni... per non dire di Ma per dimostrare cosa? Che la stupidità non smette mai di far capo- più... le statuette consegnate dall’Academy non sono più l’espressione lino tra i paladini di ogni tipo di ortodossia perché nonostante il bizan- del “cinema americano che conquista il mondo”. tinismo delle regole (bisognerà soddisfare almeno un requisito per Lo dicono i dati... che sono altra cosa dalle barrique ideologiche. due delle quattro categorie con cui verranno vagliati i film candidabili Primo dato: dal 1995, solo 6 volte su 25 il film con il maggior incasso all’Oscar per il Miglior Film) niente potrà garantire che i film saranno dell’anno è stato nominato all’Oscar per il Miglior Film. davvero portatori di valori progressisti e inclusivi. Dopo la decisione del Secondo dato: nessun vincitore dell’Oscar per il Miglior Film ha incas- Festival di Berlino di abolire le distinzioni per i premi d’interpretazione sato più di 150 milioni di dollari al botteghino USA da Il Signore degli (come se darne uno per genere fosse in qualche modo offensivo), l’u- Anelli: Il ritorno del re del 2003. scita dell’Academy per favorire una presunta “equity and inclusion” fa Terzo dato: da quel 2003 al 2019, ben 6 vincitori dell’Oscar come Miglior tornare alla memoria le discussioni sul sesso degli angeli, le stesse che Film non sono riusciti a incassare nemmeno 75 milioni $. serviranno per decretare quale community avrà diritto al titolo di “sotto- Conclusione n.1: le nuove regole di inclusione per gli Oscar toccheran- rappresentata”. E non voglio immaginare il numero di azzeccagarbugli no solo una piccola parte del cinema americano... quella parte che porta che spunteranno per difendere questa o quella comunità bistrattata. in sala una parte relativamente bassa del pubblico USA (e mondiale). Torna Fantozzi, tutto ti è perdonato! Tu non sai di quanto abbiamo an- Altro che “morte del cinema”! cora bisogno delle tue esternazioni! inchieste UN PREMIO GENDERLESS PER BERLINO, CITTÀ SIMBOLO DELLA LIBERTÀ AVVOCATI E SOTTO- di ILARIA RAVARINO Intervista al direttore artistico Carlo Chatrian RAPPRESENTATI

Un premio genderless per gli attori e l’aggiunta di un premio all’Interprete Non Protagonista: come siete arrivati a questa rivoluzione?

Il punto di partenza è la città in cui si svolge il festival, Berlino. Un luogo giovane per la sua storia, quella di una città che è stata divisa fino al 1989 e poi ha iniziato un nuovo percorso, con l’arrivo di moltissimi ragazzi dagli Anni ‘90 in poi. Una città multiculturale e molto politica, in cui trova espressione anche questo percorso di ridefinizione, riconsidera- zione e libertà di espressione delle identità.

Chi ha preso la decisione?

La decisione è stata mia, condivisa con la direttrice generale Mariette Rissenbeek. Come sempre tutte le decisioni strategiche vengono di- scusse insieme e dibattute all’interno del gruppo direttivo, con i respon- sabili delle sezioni e l’ufficio stampa.

La decisione ha diviso: se lo aspettava?

Sì. Giustamente la stampa ha evidenziato in modo molto forte l’aboli- zione della categoria attore- attrice, ma c’è un’altra implicazione, forse più importante e tecnica, che è l’introduzione di un premio che distin- gua tra interprete principale e di supporto. In alcuni casi i film guada- gnano davvero tanto da un’interpretazione non centrale, ma che ac- quista nella pellicola una dimensione unica. E non dimentichiamo che spesso è nei ruoli cosiddetti secondari che emergono i nuovi talenti.

44/45 Gli Oscar hanno il premio all’Attore Non Protagonista dal 1936. Pensa che il premio genderless Perché a Berlino mancava? farà scuola?

I premi danno la possibilità alla giuria di premiare il migliore attore, Non è questo il nostro obiettivo. Ho a prescindere dal suo ruolo nel film. È chiaro che nella stragrande mag- parlato con i colleghi che hanno po- gioranza dei casi questi è l’attore protagonista, ma può capitare che an- sizioni diverse, legate al luogo in cui che che la giuria resti colpita da un’interpretazione senza che questa sia lavorano. Io stesso non avrei pensa- la principale. Mi sembra che questo sia il caso di Pierfrancesco Favino in to a questo tipo di premio per il Fe- Padrenostro all’ultima edizione di Venezia stival di Locarno, quando lo dirige- vo: il contesto è totalmente diverso Ridurre i premi: perché - come accade nello sport - da quello di Berlino. non accontentarsi di un podio? Come si può impedire Un podio virtuale esiste in tutti i festival: il Miglior Film, il Gran Premio alla legittima ricerca della Giuria e il Miglior Regista. Ma sono d’accordo con l’idea di istituire dell’equilibrio di sfociare premi dedicati a discipline o contributi tecnici, come il premio che alla nell’autocensura Berlinale assegniamo al miglior contributo artistico (Silberner Bär/Be- del politicamente corretto? sondere Künstlerische Leistung, ndr), per sottolineare e far riconoscere al pubblico generico che il cinema è un’arte collettiva. È la domanda che si fa ogni direttore artistico. Penso che da Perché si fatica ad accettare un premio genderless? parte dell’industria ci sia una giusta spinta a rilanciare gli equilibri. In Ogni volta che si rompe una tradizione ci si devono aspettare delle re- ogni scelta, anche di vita, il risultato azioni. In qualunque società, in qualunque comunità – e il cinema lo è migliore lo si ottiene quando si è - le discussioni aiutano a capire e ad avanzare. Siamo molto attenti alle stimolati da un lato e dall’altro. ragioni degli altri. Ci sono ragioni legate a criteri culturali, e altre legate a Non penso che la pressione di parte criteri economici o di rappresentanza. della stampa e dell’industria verso un maggiore equilibrio sia un fatto Poche attrici saranno premiate come protagoniste, negativo. Il nostro compito è tenere perché pochi sono i ruoli disponibili per loro. Che ne pensa? in considerazione le rivendicazioni, che sono corrette, e calarle nella Statisticamente i ruoli da protagonista sono meno numerosi per le don- selezione e nei film. È la croce e la ne, è un fatto e non lo si deve negare. Comporrò una selezione in cui ci delizia di questo mestiere. sia equilibrio, così come cerco sempre di avere un equilibrio di generi e nazionalità. Fermo restando che il criterio principale è la qualità. Ri- Una previsione per la prossima badisco: non sono sorpreso dalle critiche, ma penso che la discussione Berlinale: live o online? aiuti tutti. Un’edizione online per la Berli- Dicono: così la Berlinale finirà comunque col premiare un attore nale, che è un festival fortemente e un’attrice. È vero? ancorato nella città, con un pub- blico di prossimità, non ha senso. E se invece volessimo premiare un trasgender spariglieremmo le carte? Berlino, Cannes e Venezia condi- La giuria valuterà, così come faccio io, le esigenze e le opportunità di vidono una posizione che non è rappresentare i diversi generi rispetto alla qualità delle interpretazioni. dogmatica ma pragmatica. Stiamo È probabile che ci sia un’alternanza, ma non è obbligatorio. seguendo con attenzione quello che accade. Per adesso abbiamo La natura inclusiva del premio genderless ha contato rassicurazioni, ma se dovesse- sulla decisione? ro arrivare indicazioni opposte prenderemo una decisione che Certamente. Lo scorso anno a Berlino avevamo almeno tre lavori, do- certamente non avrà a che fare cumentari e di finzione, che avevano al loro centro persone che non si con l’essere online. riconoscevamo nella binarietà dei generi. A questo mi riferivo parlando di Berlino come di una città molto sensibile alla libertà di espressione, molto attenta al concetto di fluidità di genere.

inchieste MAGARI IL PROBLEMA FOSSE SOLO NEI PREMI di LAURA DELLI COLLI

Presidente del Sngci e di Fondazione Cinema per Roma

Premi genderless? Il dibattito è aperto ma non è detto che quella annun- scelta? Quindi sarà obbligato a ciata dalla Berlinale sia la strada giusta. A leggerla più attentamente, usare un ‘bilancino’ anche nella oltre le buone intenzioni e la volontà democratica che esprime, la de- composizione delle giurie? cisione di rendere unico, dal prossimo anno, il premio per l’interpreta- zione potrebbe, infatti, non essere una buona soluzione per risolvere il No, non ci siamo. Vero che dal- problema. Ma ripartiamo dalla notizia: la Berlinale, ha annunciato che la stessa comunità LGBTQ+ da dall’edizione del 2021 non assegnerà più premi diversi optando per tempo filtri l’istanza di riunire i un solo premio ‘alla migliore interpretazione protagonista’ che potrà premi in una sola macrocatego- essere assegnato a donne, uomini e a persone che non si riconosco- ria, favorendo l’idea di un premio no in nessuno dei due generi. I direttori Mariette Rissenbeek e Carlo singolo alla miglior performan- Chatrian, sostengono che non distinguere i premi agli attori sulla base ce ma che accadrà ai Bafta o ai del genere possa dare così un segnale per una maggiore sensibilità sul César come agli Emmy e perfino tema all’industria cinematografica. Come se fino ad oggi avessimo agli Oscar®? Per ora ricordiamo- avuto un’Orso per il migliore attore e un’Orsa, magari, per la migliore ci che Lina Wertmüller, con la attrice. Berlino sceglie la strada di una parità che, pur rappresentando solita ironia, un segnale l’ha già un gesto di buona volontà per affrontare il tema del genere, rischia in dato con una battuta: “Perché realtà di penalizzarli tutti e due, le attrici e gli attori, con la loro profes- lo chiamiamo Oscar?” ha detto sionalità e il loro apporto segnato, comunque, da una differenza. Quel pochi mesi fa ritirando la sua modo di declinare il talento sulle corde di diverse sensibilità per esem- statuetta. “Chiamiamolo d’ora pio? Premesso che il talento, ovviamente, non ha sesso, la ridefinizione in poi, col nome di una donna… di un premio storico annuncia solo polemiche. Immaginiamo che lo Che so, magari Anna!”. Ma, Anna vinca un attore: chi ci assicura che nel paragone con l’interpretazio- o Oscar, magari il problema fosse ne di un’attrice qualcuno non sia pronto a tacciare di maschilismo la solo dei premi. giuria in carica? Se poi, invece, dovesse essere assegnato ad un’attrice, magari a parità di considerazione per un possibile premio ad un pro- tagonista maschile, chi può escludere che il premio all’eventuale vin- citrice non sia accompagnato dalla lettura (certamente strumentale e maliziosa) che sia stato proprio il tema del ‘genere’ a condizionare la

46/47 BEN VENGANO LE ESAGERAZIONI

di PIERA DETASSIS

Presidente e direttore artistico dell’Accademia del David di Donatello

Quando parliamo di premi e dell’urgenza dell’inclusione, alcuni dati re- lativi alla Storia dei David di Donatello ci aiutano a capire: in 65 edizioni nessuna donna ha mai vinto per la Miglior Regia; 3 registe hanno vinto come Esordienti, in 40 edizioni; 3 per Miglior Documentario, in 18 edi- zioni; una sola ha vinto il David Miglior Cortometraggio, in 24 edizioni. Infine, solo due titoli firmati da una regista hanno vinto il David per il Miglior Film. Liliana Cavani e Lina Wertmüller, mai candidate, hanno ricevuto dei David Speciali. La fotografia è questa, in linea con le per- centuali mondiali, ma comunque desolante e appena migliorata dalle quattro candidature, a Miglior Film e a Miglior Regia, per Euforia di Va- leria Golino e Lazzaro Felice di Alice Rohrwacher, nella stessa edizione di due anni fa: una prima volta, non era mai successo.

L’allargamento della Giuria e le nuove regole super inclusive di genere e razza dell’Academy Awards, e la scelta della nuova Berlinale di non votare più il premio all’Interpretazione secondo la classica distinzione uomo/donna, si muovono tutte in un’auspicabile direzione di rinnova- mento e rivoluzione, seppure con qualche bizantismo eccessivo e una tigna che rischia di affondare nella melassa del politically correct. Il pro- blema c’è, e in Italia riguarda soprattutto il protagonismo femminile, ma la soluzione non è quella delle riserve indiane, soprattutto se abitate da un’unica specie. Per un attimo, come provocazione, al David avevamo fantasticato di rompere il soffitto di cristallo con una vera forzatura, un premio destinato alla Regia Femminile, ma abbiamo subito capito che sarebbe apparsa come una sconfitta, in più ribadendo una sola via pos- sibile, quella binaria. Il mondo è più complesso.

inchieste Da qualche parte, però, bisogna pur cominciare, e ben vengano dunque le esagerazioni perché i premi non devono limitarsi ad una fotografia dell’esistente, pur eccellente, ma essere anche motore del cambiamen- to e parteciparvi. Per la Presidenza e il Consiglio del David significa la- vorare sulle Giurie, sulla progressiva, costante, quotidiana discussione con le varie branche della professione, accogliendone i suggerimenti, facendo sì che ogni lavoratore dello spettacolo si senta rappresentato, tenendo saldo il legame con la sala senza perdere di vista le mutazioni che il futuro porterà inevitabili nell’audiovisivo, le nuove forme ibride. È il grande tema - cruciale ai fini del premio - nell’anno della pandemia e con l’afflusso di titoli rimasti esclusi dalle sale e usciti direttamente in piattaforma. E, soprattutto, è il grande tema per il post-COVID, quando ci ritroveremo di fronte a scenari diversissimi con cui confrontarci e ad una crescita esponenziale dei mestieri cosiddetti di post-produzione. Nell’azione di riforma iniziata nel 2018, una componente fondamentale di inclusione ha riguardato certamente la ricerca di un equilibrio di gene- re nella nuova sezione Cultura e Società, costruita secondo la regola del 50/50, ad ogni nuovo giurato doveva corrispondere una nuova giurata, oggi l’assemblea totale è composta per un terzo da donne ed è già un risul- tato, poiché nella parte di giuria denominata “Cinema”, in cui candidati e premiati entrano automaticamente, è difficile sanare il gap culturale e professionale di base, che solo l’industria può riequilibrare con maggior coraggio produttivo e distributivo, e grazie a proposte come quella sulla premialità di genere formalizzata dall’Anica alla Direzione Generale Ci- nema con un’assegnazione di punteggio a un’opera cinematografica per la cui realizzazione siano state coinvolte in misura maggioritaria profes- sionalità di genere femminile come capo reparto. L’Accademia non resta a guardare, abbiamo lanciato da settembre la prima serie di “Maestre”, disponibile su tutti i canali web e social David di Donatello, partner la casa editrice Hearst Italia con Elle Active, dedi- cate ai nuovi mestieri femminili del cinema.

Il David ha cercato diversificazione, trasparenza e inclusione con l’in- troduzione del voto di categoria, difendendo il massimo di rappresen- tatività dei mestieri nel corso della serata di premiazione e con gli eventi di formazione lungo tutto l’anno. Persino il Premio dello Spettatore (as- segnato al film con più presenze in sala) può essere considerato come il tentativo di rispondere a una discriminazione, quella che fa sì che com- medie e blockbuster, benché d’autore, vengano spesso sottaciuti dalle giurie. In sintonia con Agiscuola stiamo lavorando anche alla riforma del David Giovani assegnato dalla Giuria di studenti di tutta Italia: in tempo di Dad e di nuove visioni è un presidio fondamentale per la crea- zione del nuovo spettatore e ciò a cui puntiamo, è una vera rivoluzione della formula a partire dal 2021/22. La crisi, se da un lato obbliga il David a focalizzarsi sui temi di uscita film in sala e/o in piattaforma trovando il giusto equilibrio, dall’altra ci ha co- stretto - più che mai - al confronto continuo con la realtà complessa della filiera audiovisiva, non solo italiana. Il dibattito e la propensione al cam- biamento non sono mai stati così forti e alti. Tra i tanti tavoli di confronto, quello più significativo ci vede coinvolti, congiuntamente, con la rappre- sentanza degli Oscar e la nuova governance del César, premio completa- mente rinnovato sotto la spinta critica del cinema francese più giovane e indipendente. Un tavolo, per fortuna, a maggioranza femminile.

48/49 reprint

Battuta d’aspetto di Luigi Comencini da “Il Tesoretto. Almanacco dello Specchio”, 1941-XIX, pp. 184-185. di ANDREA MARIANI

“Il cinema potrebbe anche morire. L’epoca che ci attende potrebbe an- parole quasi profetiche quelle di cini è una condizione di sospen- che non averne bisogno e le macchine costose potrebbero limitarsi a Comencini – ma che in realtà la- sione inquietante, dove realtà sto- divulgare acrobazie di saltimbanchi”. Così scrive il giovanissimo Luigi sciano filtrare un mondo, quello rica e teoria del cinema sembrano Comencini nei mesi sempre più bui del conflitto bellico – quando pure, cinematografico dei primi Anni convergere in uno stato assoluto. nonostante le bombe, i cinema restavano aperti e continuavano a pro- ‘40, che freme, brulica di idee e di È una congiuntura epocale: co- iettare incessantemente “perché il cinema è diventato un divertimento iniziative a livello sotterraneo, è il stringe in una condizione di attesa che al pubblico non si può più levare”. Il tono di Comencini – già anima- mondo che vede nascere la stagio- angosciante che ci ricorda quasi tore del Cineguf di Milano e della – non ancora formalizzata – Cineteca ne neorealista e vive i prodromi le pagine di Sartre de Il rinvio, e di Milano, è funereo, segna il passo di una stagione che sembra dare per della modernità cinematografica. che pure si chiudono con un bar- scontata una “morte del cinema”, o di un certo cinema. In quel momen- Quello che Comencini sta descri- lume di speranza: “chi ha avuto to Comencini – che partirà per il fronte di lì a poco – è tra i protagonisti vendo è un mondo in pezzi, dove fede nel cinema crede ancora che di un ambiente culturale che a Milano è vivacissimo e coinvolge critici il cinema pulsa affannosamente, negli anni futuri esso diverrà una in erba – come Ugo Casiraghi, Glauco Viazzi, Guido Guerrasio, Corra- malato eppure instancabile: “La necessità e, per quanto sappia che do Terzi –, il mondo dell’editoria – con Alberto Mondadori ex-Cineguf stanchezza è il peggiore dei mali potrebbe anche non rinascere, di Milano – ma anche il mondo delle avanguardie milanesi e comasche per chi non può riposarsi”, e la non lo crede e già pregusta la gioia con la galleria del Milione (con i vari Bruno Munari e Albe Steiner che condizione che descrive Comen- di un cinema vivo e intelligente”. si prestavano spesso ad impreziosire graficamente le pubblicazioni più ambiziose e sperimentali), delle iniziative di Luciano Emmer e dell’e- sperimento della Dolomiti Film: insomma il milieu culturale di Milano è stato un ambiente di eccezione tra gli Anni ‘20 e ‘30 (con le iniziative del Cine-Convegno, del Cine-club) ed è sicuramente ancora un ambien- te di eccezione tra gli Anni ‘30 e gli Anni ‘40 e Comencini ne respira gli umori. Questi sono riconoscibili ad esempio nelle bellissime fotografie, tra verismo ed espressionismo, che Comencini cura a corredo dell’ap- parato iconografico dell’“Almanacco dello ‘Specchio’”, dove trova spa- zio questa sua accorata preghiera laica di speranza. Il cinema muore. Comencini registra una produzione in stato comatoso, asfittica, come forse il mondo che lo circonda – lo si legge nel tentativo di smorzare, dapprincipio la polemica: “Come, c’è ancora qualcuno che, tralascian- do tutti gli avvenimenti che sconvolgono il mondo, vuol creare dissidi e partigianerie per un film?”. Ancora una volta il bersaglio del j’accuse è il cinema dei colossi industriali – come spesso accadeva per gli scritti giovanili di quella generazione di critici e cineasti -, che comunque sembrano salvarsi, che continuano a proiettare i loro film alimentando la marcia verso il baratro: è una marcia degli spettri, quella che sembra descrivere Comencini… il cinema italiano dei primi Anni ‘40 è un morto vivente, è un cinema trascinato stancamente nelle forme della comme- dia borghese, dei telefoni bianchi, è un cinema lontano anni luce dalla verità della Storia. Eppure, negli “occhi” – e nella penna – del giovane Comencini non c’è disperazione, ma speranza. Sa che il cinema – dopo – si risolleverà, rinascerà e rinascerà nuovo: il 1942 sarà un anno deci- sivo, dove la generazione di Comencini riconoscerà segnali importanti di rinascita, che andranno da Uomini sul fondo (1942) di De Robertis a, ovviamente, Ossessione (1942) di Luchino Visconti, attorno alla cui lavo- razione si addensa lo stuolo dei giovani amanti del cinema che sono in attesa di un segno di speranza. “Per questo – scrive Comencini – chiuso un capitolo della Storia del cinema, l’attesa è più che mai ansiosa”. Sono

reprint 50/51 racconti di cinema

La grande bellezza IL NASTRO ROSSO di CARMEN DIOTAIUTI

racconti di cinema Diciannove minuti e cinquantasei secondi. Il tempo esatto in cui l’ani- Eppure poco tempo fa l’aveva fatto ma va in apnea ogni volta che si riallontana dal fazzoletto di mondo in ancora. Si era fermata un attimo, cui è nata. Un punto preciso che diventa d’un tratto pesante, a metà stra- illusa dal barlume aveva creduto da tra la gola e la bocca dello stomaco. Fame d’aria, e di terra; una ruota di essere fuori dalla grotta. Così, di zucchero filato che si srotola e si scompone nei quarantadue chilo- quasi senza accorgersene, ave- metri di binari che separano quel mare di grano da un piccolo presepe va infranto il patto per sbirciare disabitato alle pendici della roccia. Nove archi di mattoni rossi e poi la la grande bellezza alle sue spalle. solitudine di case abbandonate, ultimo graffio di chi ci ha provato ma Superbia punita o fragilità difesa, non è riuscito a domare l’asprezza di quella natura. Eppure sta proprio difficile stabilirlo, ma Ade vorace lì il nucleo, al di qua di quelle linee di fuga così caparbiamente percorse; questa volta si era ripreso la sposa che solo quelle pietre sanno leggere la materia esatta dei suoi primi pas- con tale impeto da farle pensare si, prima che tanti e tanti strati si depositassero a nasconderne il peso che il nastro fosse andato perduto reale al resto del mondo. per sempre, volato via verso chis- sà quale inespugnabile confine. Ramona fissa uno spazio vuoto fuori dal finestrino del treno lanciato Era rimasta lì, immobile, stordita nella corsa. Destinazione Milano, clinica “Mater Salutis”: nome che dalla violenza del colpo, in una di- sottende ambizioni, commenterebbe qualcuno. Getta uno sguardo in- mensione senza ragione in cui non dolente alla sua immagine riflessa e le strappa una smorfia il taglio delle esisteva né dentro né fuori. Carne, labbra, con gli angoli rivolti all’insù. Sembra che una mano si sia diverti- sangue, umori, sudore, lacrime. ta a disegnare per lei lineamenti più consoni al sorriso; rassicurante ma Tutto si era mischiato in un vortice a volte ingannevole come l’espressione dei delfini in un acquario. Ma è salato e pesante che toglieva spazio questione di poco, sbatte le palpebre e si lascia inondare dalla vociante ad aria e fiato; mentre le giungeva moltitudine di sciocchezze cui tempo fa ha deciso di abbandonarsi. Ma- da lontano solo l’eco, ripetuto, di niere spavalde, banali gusti addomesticati, rozze formalità rassicuranti, un antico rituale di presentazione: opportunità cui obbedire. Involucri su involucri di cellophane rumoro- “Non ho commesso iniquità contro so, ideali per impacchettare per bene l’anima, disorientarla e costrin- gli uomini. Non ho tollerato di vedere gerla a lasciarsi solo trasportare. il male. Non ho fatto piangere. Io sono puro, io sono puro, io sono puro, io Che fermarsi a guardare può essere rischioso, Ramona lo sa bene. sono puro”. Nella testa la vertigine delle cose solo sfiorate e sulle mani L’ha fatto troppe volte per fingere di non sapere che dietro il velo c’è il segno di una scottatura, frutto solo un leggero nastro rosso a tenere i margini delle cose, e che se lo dell’insensato tentativo di tratte- solleva con troppa forza rischia di spazzarlo via. Allora non ci sarebbe nere. Una specie di tatuaggio, ma più contorno a separare il buono dal cattivo, il bello dal brutto, il sano un po’ più profondo, una linea do- dal malato, il vivo dal morto; e sarebbe un gran guaio perché il mondo lente appena accennata che devia ha bisogno di confini certi per tenersi lontano dal vuoto. Come fa col il suo corso per rimanere nascosta mito della taranta, che riporta ogni volta il rigurgito dell’irrisolto nel- tra le pieghe della mano, come un le tracce di un rituale destinato a finire bene; o con le Calaveras mes- segnetto impercettibile lasciato sicane, teschi in fiore che colorano il varco, dischiuso per un giorno dal caso. Ma che rimugina pensieri appena, che collega al più assoluto degli ignoti. Così balla Ramona per e saliva come chi non perdona, e stordirsi l’anima, per allentarla da quel peso che la trattiene al suolo. che è destinato a macerare. Si spoglia Ramona per scrollarsi la polvere e, insieme a una gamba, solleva uno strato d’involucro. Butta indietro i capelli; nella furia della Il nastro l’aveva poi riportato di foga il mondo vede un seno, lei, invece, espone il cuore. Che per chi nascosto Persefone, Regina degli vive di frastuono è facile lasciarsi abbagliare dal rumore della musica e Inferi dallo sguardo compassio- non accorgersi della melodia del tuono. Bambina dalle grinze stanche nevole, che, nel risistemare quel come le larve, ripete una filastrocca che governa le onde dentro: “Asso, pezzo di stoffa ormai sudicio e la- smargiasso, sasso. Cuore dolente, cuore gradasso. Cuore che rotola, in fon- cerato, l’aveva ammonita sussur- do è un masso; cuore si sgretola, cade nel fosso. Cuore che urla: forse mai randole: “Attenta, questa è l’ulti- posso? Cuore si perde nel sangue rosso”. ma volta che lo faccio”.

52/53 anniversari

a 50 anni da... Lettera aperta a un giornale della sera L’intellighenzia all’attacco

di STEFANO STEFANUTTO ROSA

“Accidenti, per trovarvi! È un’ora per sempre la complicità con un che giriamo… Compagni ci sono Sistema che sa deteriorare e utiliz- delle novità, purtroppo. Delle zare uomini e idee” resta in fondo novità imprevedibili. Mi dispiace una romantica volontà per il pro- molto. Il comitato centrale del fessore di università, il direttore di partito vietnamita ha dato parere casa editrice, l’architetto, lo scrit- negativo. Sì, sulla brigata inter- tore, il regista e imprenditore pub- nazionale della cultura… Mi è blicitario, lo sceneggiatore. arrivata questa nota tramite dele- Del resto, qualcuno di loro non gazione, giusto stanotte: c’è l’ora era poi così convinto dell’im- scritta, vedi? C’è stata una discus- presa e alla fine tira un sospiro di sione, una battaglia di tre gior- sollievo mentre il maggiordomo ni, ma alla fine hanno deciso di riporta il bagaglio in magazzino. continuare nella vecchia linea di Tutto ha avuto origine in una del- condotta: rifiutare ogni partecipa- le tante e lunghe serate trascorse zione estranea…Scusa, Piero, ma da quella intellighenzia organica devo mostrarlo anche agli altri. e non al Pci in case confortevoli e Anzi, ora devo tornare subito in- arredate all’ultima moda. Come dietro per bloccare i gruppi che si sempre si discute dei grandi temi concentrano a Pisa e a Modena”. all’ordine del giorno, soprattutto Dunque, la brigata internazionale di quell’impegno politico che è non parte a combattere a fianco andato scemando nel tempo, in dei compagni vietnamiti impe- coincidenza con i successi sul gnati da anni nella lotta di libe- lavoro e la compromissione con razione dalle truppe occupanti la società capitalista. E anche per americane. Saverio, giornalista gli errori e le colpe del Pci sempre comunista e inviato da Belgra- più calato in una strategia parla- do - ruolo interpretato dal regista mentare e di lungo periodo, men- Citto Maselli nel suo film politico tre la protesta studentesca è forte e civile Lettera aperta a un giornale e si fa sentire. della sera (1970) - si presenta inat- Capita così che alla richiesta da teso nella casa di campagna dove parte del quotidiano “Paese Sera” alcuni intellettuali simpatizzanti di un’ennesima presa di posizione o iscritti del Pci si sono dati ap- del mondo comunista della cul- puntamento per la loro trasferta tura, questa volta sul conflitto in rivoluzionaria. Il sogno di “tagliar- Vietnam, lo stesso risponda con si i ponti alle spalle, chiudere e una lettera aperta nella quale si

anniversari a 50 anni da Lettera aperta a un giornale della sera Accidenti, per trovarvi! ’ e un’ora che giriamo… Compagni ci sono delle novita, ’purtroppo.

50 lancia l’iniziativa per “la forma- si nelle discussioni collettive, zione di un gruppo operativo che registrando gli sfoghi in privato, non dichiari nulla, ma che invece cogliendo l’intreccio di relazioni spari, uccida, muoia se necessario amorose degli intellettuali con al fianco del popolo vietnamita”. mogli, amanti e amiche. Il filo nar- anni Ma a pubblicarla non è il giornale rativo è quello di un’impasse e, nel di area comunista ma il settima- contempo, di uno scatto politico nale “l’Espresso”, mentre la diri- di un gruppo rappresentativo di genza del Pci temporeggia. Solo intellettuali marxisti, che Maselli fa... quando l’iniziativa trova un’am- indaga con spirito autocritico e pia adesione internazionale, allo- rigore, senza censure e indulgen- ra sì un funzionario porta a quel ze, con partecipazione. E il film gruppo di intellettuali il sostegno si svolge come una successione Lettera aperta e la presenza del partito, evitando ininterrotta di frammenti di con- comunque il suo coinvolgimento fronti collettivi e discussioni pri- diretto nell’iniziativa. Arrivate le vate, affidata a un montaggio ner- a un giornale tante adesioni alla Lettera e il pla- voso fatto di stacchi improvvisi e cet del Pci, per gli intellettuali non cambi rapidi di inquadrature. Alla è più possibile tornare indietro fine, più che i singoli personaggi della sera dall’appello barricadiero. emerge un gruppo di intellettua- Lettera aperta è un film militante li che, a disagio con il Pci, cerca e sperimentale, di un autore, im- un rapporto e un ruolo nel clima pegnato nel Pci, che vive in prima incandescente che vive il Paese persona le contraddizioni poli- e suggerito nel film da inserti di tiche ed esistenziali della classe manifestazioni politiche e dalla intellettuale raccontata, nonché vicenda ricostruita di uno stu- Le foto della sezione ‘Anniversari’ sono state gentilmente concesse la diffidenza del Pci nei confronti dente picchiato e torturato dalla dall’archivio fotografico © della protesta studentesca. No- polizia. Un film scomodo e mal Si ringraziano dott. Marcello Foti, direttore Cineteca Nazionale; nostante la trama abbia elementi digerito da una parte del Pci di dott.ssa Daniela Currò, conservatore della CN; grotteschi, quasi surreali, Maselli allora come testimoniato dall’ac- dott.ssa Viridiana Rotondi, responsabile Archivio fotografico della CN; s’ispira al cinema verità, girando coglienza ostile sulle pagine del dott. Alessandro Andreini, ricerca e elaborazione immagini Archivio in 16 mm, per lo più con camera “L’Unità” dell’allora suo vicedi- fotografico della CN. a mano e in interni, insinuando- rettore Maurizio Ferrara.

54/55 “ESSERE INTELLETTUALI COMUNISTI DOPO IL ‘68” Intervista a Citto Maselli

di S.S.R.

Prima di Lettera aperta a un il ‘68, che irrompe mettendo giornale della sera dirige due in discussione equilibri e cer- commedie, allontanandosi dal tezze, anche quelle del Partito cinema d’autore e d’impegno comunista italiano? civile. Come mai questa scelta? In realtà fu solo il ritorno a me Le due commedie nascono da stesso dopo la parentesi delle un’estate a Ravello dove avevamo due commedie. Ma ebbe, per me, una bellissima villa affittata per una grande importanza il ‘68 che, tutto l’anno. Erano venuti ospiti rimettendo in discussione tut- da noi Betsy Blair - l’attrice ame- to, ci riproponeva anche alcuni ricana comunista e mia grande interrogativi sul nostro modo amica - con il suo compagno di al- di essere intellettuali comuni- lora Karel Reisz, l’autore di Sabato sti. Quella stagione ha nei fatti sera, domenica mattina - anche lui influenzato tutta la produzione comunista. Ricordo che insieme culturale italiana - e mondia- a lui discutevamo sulla possibilità le - non solo in quegli anni ma di fare film politici e impegnati at- perlomeno fino alla metà degli traverso un tessuto più leggero di Cinema Anni ‘80, quando cioè inizia la commedia. Decidemmo insieme vera controffensiva culturale, di provarci. Così io pensai a Fai oltre che ovviamente politica e in fretta ad uccidermi…ho freddo! sociale. Il ‘68 porta con sé quella che però fu un film non riuscito, eccezionale rivoluzione cultu- Domande... anche se invece molto amato da rale che, insieme al movimento Gianni Amelio e dal critico Mino femminista, ha inciso e modifi- Argentieri. Karel fece invece quel cato profondamente i costumi, il piccolo grande capolavoro che fu senso comune, il sistema dei va- Morgan matto da legare. Ma ricor- lori, le relazioni personali e col- do che non mi detti per vinto e lettive, il rapporto con la politica, riprovai con un’altra commedia, i rapporti sociali, la produzione Ruba al prossimo tuo, che in effetti di senso, la consapevolezza di sé venne un po’ meglio, ma eviden- e dei propri diritti, individuali e temente la commedia non era collettivi. Ma anche il rapporto nelle mie corde. con lo Stato, insieme alla riaffer- mazione decisa del suo ruolo, a Poi improvvisamente decide condizione della trasformazione di girare Lettera aperta... Forse profonda in senso democratico e determinante per il suo film è partecipato delle sue istituzioni.

anniversari a 50 anni da Lettera aperta a un giornale della sera Com’era il Pci di quel tem- liceo Torquato Tasso di Roma. Ma po, come si rapportava con la non potevo stare ufficialmente protesta studentesca e le lotte nel Partito perché avevo solo 13 operaie, spesso spontanee? anni, dunque formalmente ero Direi che c’era una prudente ma nell’Usi (Unione studenti italia- forte attenzione: basti ricordare ni) ma fui regolarmente iscritto gli articoli di Luigi Longo (segre- al Partito da Carlo Melograni e ' tario del Pci) su ‘Rinascita’ e sul Aldo Natoli il giorno dopo la libe- In realta fu solo ‘Contemporaneo’ in cui afferma- razione di Roma. Ho svolto anche va che “il problema è trovare il un’intensa attività nella sezio- legame politico e di azione tra le ne Ludovisi, cui appartenevo, e rivendicazioni studentesche e i come attivista della Federazione il ritorno a me stesso problemi del movimento operaio di Roma. Quanto alla Commissio- e popolare anticapitalistico”. È ne Cinema va detto che in realtà noto poi l’incontro di Longo con era la Sezione Cinema (diretta gli esponenti di tutto il movimen- allora splendidamente da Mino to studentesco; c’era una parte del Argentieri) della più ampia Com- dopo la parentesi partito invece molto più critica missione Cultura del Comitato verso il movimento studentesco centrale del Partito. Dal ‘68, con (Giorgio Amendola). Ma non si la contestazione alla Biennale di deve scordare neanche la posi- Venezia, comincia anche la mia delle due commedie. zione della Fiom di Bruno Trentin intensa attività politica all’interno e la critica interna al gruppo diri- dell’Anac, l’Associazione nazio- gente del Partito, che sarebbe poi nale degli autori cinematografici, diventata la più complessa linea durata per quasi 50 anni. di Pietro Ingrao. Nella geografia interna del Par- Allora era un iscritto al Pci e si tito era un ‘ingraiano’? occupava della Commissione Sì, anche se prima dell’undicesi- Cinema. mo Congresso questa collocazio- Nel Pci stavo dai tempi della Resi- ne non era così precisa. stenza romana dove lavoravo con Luigi Pintor e Alfredo Reichlin. Come nasce Lettera aperta…? Ero con Aggeo Savioli, che era re- Il soggetto del film mi pare che sponsabile degli studenti medi, l’avessi formulato discutendo con dentro il fertilissimo e importante Franco Solinas e Giorgio Arlorio in

56/57 quel di Fregene, che era allora uno Il film si presenta come uno Il film evidenzia anche la pre- straordinario luogo di incontro e sguardo impietoso e lucido carietà dei rapporti amorosi, discussione dei cineasti comuni- sull’intellighenzia comunista, non mancano i tradimenti. Le sti. Avendo allora un contratto di incerta e sospesa tra l’impe- donne, tranne qualche ecce- esclusiva con la Vides di Franco gno politico, spesso a parole, e zione, sono delle comparse, nel Cristaldi, ricordo che buttai giù il le convenienze e i privilegi del ruolo di mogli e amanti. soggetto del film in una paginetta. mondo borghese. Era questo Mi dispiace se risultano tali, a Cristaldi, che era uno straordina- l’ambiente che voleva indagare? me sembra al contrario che i due rio produttore intelligentissimo Sì. “Volevamo cambiare il mondo personaggi più politicamente im- e colto, ne fu entusiasta e decise e poi il mondo ha cambiato noi”, portanti del film siano Laura De di produrlo individuando la di- dice a un certo punto il professore Marchi, definita se non sbaglio la stribuzione più adatta non nella universitario. Il film è in gran parte ‘rappresentante della sinistra in- Lux Film, come di consueto, ma autobiografico: quei 17 personag- terna’, e Goliarda Sapienza, una nell’Italnoleggio cinematografico, gi sono in qualche modo parte di studiosa che in un punto del film da poco nato con la presidenza di me. Questi intellettuali comunisti sintetizza, attraverso una parafra- Mario Gallo, intellettuale socia- si ritrovano di fronte a una scissio- si biblica, la posizione reale e pro- lista ed ex critico cinematogra- ne tra le loro posizioni di vita e di fonda di alcuni dei protagonisti, fico de “L’Avanti!”. A quei tempi obiettivo adeguamento al siste- nonché del Pci. esisteva il meccanismo detto del ma, da un lato, e una mai cancella- ‘minimo garantito’ per cui i distri- ta o dimenticata voglia di cambia- Il Pci non ne esce bene: è al butori anticipavano al produtto- re le cose, dall’altro. Ma insieme a traino degli eventi, in ritardo re una cifra anche forte, che poi questo c’era la denuncia sincera cavalca la lettera degli intellet- avrebbero recuperato sui primi e reale, paradossale ma tragica, tuali non avendo alternative. incassi del film, che andavano tut- di un problema che riguardava le Temo che sia così e mi dispiace ti al distributore finché non avesse organizzazioni politiche della Si- perché il Pci in realtà si mosse raggiunto la cifra anticipata. Con nistra e del Movimento Operaio. sempre, in quegli anni, con grande questo sistema il distributore di- intelligenza e da protagonista. ventava in qualche modo anche il produttore del film, ed è per que- Come scelse gli interpreti? sto che nei miei ricordi Gallo ebbe Erano più o meno tutti bravissimi un ruolo importante nella nascita attori di teatro. Comunque, ricor- di Lettera aperta. do che lottai per non prendere anniversari a 50 anni da Lettera aperta a un giornale della sera nessuno degli attori o delle attrici fossero un po’ dei fantasmi. Come certo periodo divenne anche un che nel nostro cinema andavano in tutti i miei film, riscrivevo i dia- amore. Il commento musicale del allora per la maggiore. loghi giorno per giorno, durante la film affidato a lei fu un piccolo lavorazione. tradimento a Giovanni Fusco, il Nel film interpreta il personag- musicista di Antonioni che aveva gio di un giornalista, perché Il montaggio si caratterizza splendidamente musicato I delfini questo ruolo? per un linguaggio rapido e ner- e Gli indifferenti. Fu un caso. Per questo personag- voso, incalzante e frammenta- gio, che voleva un po’ ispirarsi rio. È stato influenzato da altri C’è anche la famosa canzone al giornalista e scrittore Saverio autori di quel periodo? Contessa di Paolo Pietrangeli? Tutino, avevo scelto il direttore Sinceramente credo di no. Ricor- Sì, era la canzone ‘simbolo’ delle della fotografia Carlo di Palma, do che fu un lavoro lunghissimo lotte studentesche di allora (e lo che però non si presentò sul set il ed estenuante. Fu interamen- è ancora). giorno previsto. Così lo feci io per te opera mia e va ricordato che, disperazione, anche se poi mi di- avendo montato i miei tanti do- Il gruppo dirigente comunista vertii molto. cumentari, avevo acquisito una come reagì al film? grande pratica e manualità. Il Ricordo solo di Giancarlo Pajetta, Il film venne girato con la mac- montaggio per me è una delle fasi allora direttore de ‘L’Unità’, che china a mano e in 16mm? C’era più importanti e creative del film. espresse un giudizio molto ostile un’esile sceneggiatura e i dialo- in quella veste. Così come Mau- ghi erano improvvisati o creati Per il commento musicale scel- rizio Ferrara, che era il vicediret- sul momento? se la cantautrice politica Gio- tore. Ci fu prima un attacco di Sì, a volte con la macchina a mano. vanna Marini. Ferrara, cui risposi - su richiesta Scelsi il 16 mm e una leggera so- Ero un entusiasta ammiratore dello stesso Pajetta che mi offrì vraesposizione perché volevo una delle ballate di Giovanna. Avevo sul giornale il medesimo spazio grana un po’ documentaristica, scoperto inoltre che era diplo- che aveva avuto Ferrara - con un che sarebbe venuta fuori nell’in- mata in Composizione e aveva articolo che fu pubblicato, sen- grandimento da 16 a 35 mm. Men- studiato chitarra classica niente- za alcun taglio, in terza pagina. Il tre quella leggera sovraesposizio- dimeno che con Andrés Segovia. Partito in quanto tale non prese ne voleva dare ai personaggi una Si era creato con lei una sorta mai una posizione sul film, che sorta di leggera trasparenza, quasi di sodalizio artistico che per un peraltro fu molto amato e anche molto discusso dai compagni.

La cosiddetta stampa ‘borghe- se’ e quella di Destra come ac- colsero il film? Non ricordo esattamente, ma non ne capirono granché.

Rivendendolo oggi ha qualcosa da rimproverarsi? Sì. Per me era evidente la metafora e riguardava il complesso dei pro- blemi che il partito stava vivendo in quegli anni. Ma oggi capisco che si possa leggere anche come “Volevamo cambiare un attacco al Partito che, come ho già detto, si era invece comporta- to in quell’epoca con grande intel- il mondo e poi il mondo ligenza e serietà. Che rapporto c’è con il suo film ha cambiato noi”, successivo, Il sospetto? Nessuno. Con Luigi Longo ci fu il via libera a Paolo Spriano per la sua innovativa e serissima Storia dice a un certo punto del Partito comunista italiano, e poi l’uscita a valanga della memoriali- stica dei dirigenti - e anche di mili- il professore universitario. tanti - del Partito nell’epoca della clandestinità. Dalla lettura di quelle memorie nacque l’idea de Il sospetto.

58/59 Maselli e la critica

Alla sua uscita in sala nel marzo 1970 Lettera aperta… è accolto da “L’Unità” con giudizi contrastan- ti. La recensione di Aggeo Savio- li, critico ufficiale del quotidiano del Partito comunista, è ricordata da Maselli come “una critica per- plessa, ma intelligente e seria”. Ben differente è il tono aspro di un successivo editoriale, intitola- to Crisi di ex militanti o di ex intel- lettuali?, del vicedirettore del quo- tidiano comunista. Per Maurizio Ferrara va in scena un dramma antico, “cioè la ricerca di un rap- porto di coerenza fra le proprie idealità politiche e il proprio agire sociale” e i protagonisti sono dei piccoli borghesi con il loro com- plicato rapporto di odio e amore nei confronti del Partito. Il Pci di Longo, Nell’estate 1968 il segretario del Nel frattempo, fallita l’esperien- “… che c’entra con la crisi ideale Ingrao e Pci dichiara il suo dissenso nei za dei governi di centrosinistra degli intellettuali il fatto che al- confronti della decisione sovie- guidati dal leader democristiano cuni di essi sono frustrati perché l’espulsione tica di reprimere la Primavera di Aldo Moro e rimaste disattese le non riescono a conciliare il loro del “Manifesto” Praga con l’intervento militare riforme sociali promesse da tem- compromesso con i mercati bor- delle truppe del Patto di Varsa- po, nel Paese forte è la protesta ghesi con l’ipotesi della rivoluzio- Quando Citto Maselli, iscritto al via, ma Longo conferma anche, degli studenti nelle università, ne? - scrive Ferrara - Affari loro, Partito comunista italiano, rea- nel segno dell’internazionalismo, che s’intreccia con le lotte ope- viene voglia di dire irritandosi lizza Lettera aperta a un giornale il fraterno rapporto con l’URSS. raie e sindacali, in particolare ogni tanto davanti a certe smanie: della sera, la formazione politica Alla Conferenza internazionale l’autunno caldo del 1969. È in anche per difendere quegli intel- è diretta dal segretario Luigi Lon- dei partiti comunisti e operai, che questo panorama di grande fer- lettuali di tutte le generazioni, la go, un passato da dirigente delle si tiene a Mosca nel giugno ‘69, il mento sociale, a volte spontaneo cui crisi, quando c’è, affonda in Brigate internazionali al tempo vicesegretario Enrico Berlin- e libertario, di “un movimento altre radici. Ma per i personaggi della Guerra civile di Spagna e guer riafferma il dissenso del Pci impetuoso che aspira a una so- presi spietatamente sotto tiro da responsabile delle formazioni sui fatti di Praga, sviluppando la cietà radicalmente diversa”, che Maselli, il processo appare uni- partigiane comuniste durante la linea dell’unità nella diversità. nasce nel giugno 1969 il mensile, direzionale: più s’innalza la ci- Resistenza. Alla morte di Palmi- Ci pensa, all’inizio all’interno del poi quotidiano, “il manifesto”, lindrata dell’auto più vertiginoso ro Togliatti, nel 1964, Longo gli Pci, il gruppo del “Manifesto” a fondato, tra gli altri, da Castellina, diviene l’indice della frustrazione succede alla guida del Pci, in con- rompere senza indugi con il model- Magri, Natoli, Pintor e Rossanda, e apocalittico, addirittura, l’im- tinuità con la linea politica della lo sovietico in nome del marxismo allora iscritti al Pci. Recita l’edito- peto di velleità eversive nella fuga “via italiana al socialismo”. critico, sostenendo che l’invasione riale del primo numero della rivi- in avanti. Sono cose che sappia- Nonostante il centralismo de- della Cecoslovacchia non sia un tra- sta: “Questa pubblicazione nasce mo ormai tutti, tanto ormai sono mocratico impedisca il formarsi gico errore ma la logica conseguen- da un convincimento… che molti scontate e consegnate al ‘folklore’ di correnti interne al Partito, nel za del dominio dell’URSS sui Paesi schemi consacrati di interpreta- d’obbligo dei rotocalchi sulla in- corso dell’undicesimo congresso di socialismo reale. Si accentua così zione della realtà e molti modi di quietudine di una certa intellet- del Pci a Roma, nel gennaio 1966, il dissenso dalla linea politica del comportamento siano saltati sen- tualità di sinistra”. emergono posizioni contrastan- segretario Longo fino all’espulsione za rimedio; che la crisi sociale e Per il vicedirettore de “L’Unità” il ti: l’ala “migliorista” e socialde- dal Partito, nel novembre 1969, de- politica che ci circonda non possa film “fortifica involontariamen- mocratica di Giorgio Amendola gli appartenenti al “Manifesto”. essere vissuta e fronteggiata con te l’immagine macchiettistica propone la riunificazione delle Nonostante alcune forti resisten- la normale amministrazione”. In dell’intellettuale di lusso, tanto forze di sinistra (Psi) e trova in ze all’interno del Pci, Longo cer- contemporanea nascono, a sini- più integrato, che da anni propa- parte il sostegno dell’ala centri- ca comunque il confronto con il stra del Pci, numerose formazioni gandano i più ambigui settima- sta del segretario; la linea, emar- Movimento Studentesco del ‘68, extraparlamentari, a volte fazio- nali. Vero è che Maselli non vuole ginata, di Piero Ingrao ricerca in- convinto del necessario collega- se e ideologiche, e di lì a poco si raggiungere questo effetto, ma vece un “nuovo blocco storico” mento delle lotte degli studenti a avranno le prime avvisaglie del esattamente il contrario. Ma al li- di forze sociali fondato su allean- quelle degli operai. terrorismo rosso. vello del pubblico meno addentro ze anticapitalistiche. anniversari a 50 anni da Lettera aperta a un giornale della sera nelle pieghe quasi private di certi più generale che logicamente ne l’aspetto negativo quando serve”. momenti di crisi, temiamo che consegue, non corrisponde ai per- Il critico Mino Argentieri sul l’effetto sia proprio quello non sonaggi quali oggettivamente al di settimanale del Pci “Rinascita” voluto dal regista”. là di ogni eventuale mediazione apprezza, con qualche riserva, il Sempre sulle pagine de “L’Unità” o ‘tradimento artistico’ sono pre- film definendolo “di critica aspra il 31 marzo 1970 Citto Maselli senti ed esposti nel film”. e corrosiva all’oblomovismo dei replica a Ferrara ricordandogli “il Maselli ci tiene poi a precisare che rivoluzionari per diporto, e lo è fatto che per un film dagli squal- “le posizioni della maggioranza perché non si mostra indulgente lidi connotati, che hai descritto e dei personaggi, e certo di quelli verso la contraddizione fra il dire spiegato (che nella migliore delle su cui è maggiormente posto l’ac- e il fare politico e non la eleva a ipotesi sono appunto ‘patetici’ cento sono quelle di tanti e tanti spettacolare pianto e lamento su e nella peggiore modestamen- ‘compagni’ intellettuali e non in- se stessa”. te spregevoli), il nostro giornale tellettuali che dal momento che dedichi tre colonne di apertura sono vivi e in una società non so- in terza pagina, a firma di uno dei cialista cercano di svolgere il loro suoi direttori. E dopo una critica lavoro operando come e quanto (quella di Aggeo Savioli, ndr.) poi, possono all’interno delle struttu- che già l’ha preso (e non si capisce re che gli danno da vivere (più o perché) ‘in attenta considerazio- meno bene o anche benissimo) ne’. (…) il punto a mio parere è senza che “per questo motivo” che la descrizione che tu fai dei vadano da nessuno - e da noi - tac- personaggi, e dalla quale parti per ciati di spregevoli e soprattutto analizzare e sviluppare il discorso senza che se ne sappia vedere solo

60/61 cinema e arte BOTTICELLI, INAFFERRABILE FASHION MAKER

di NICOLE BIANCHI

Botticelli e Firenze. La Nascita della Bellezza, ideato e scritto da Francesca Priori, regia di Marco Pianigiani, che ci presentano il documentario, in sala ad inizio 2021. Il racconto fuori campo dell’enigmatico artista rinascimentale è affidato alla voce di Jasmine Trinca.

Un legame indissolubile con Lorenzo il Magnifico: leader politico, ma ‘Botticelli, inventore della nuova bellezza’, strilla la locandina anche culturale, poeta, banchiere interessato alle arti, spietato manipo- del film: quale studio e sviluppo sono stati fatti per comunicare latore, sapeva come usare la cultura a suo vantaggio. Tanto che ormai è l’essenza del concetto di ‘nuova bellezza’? accreditato che uno dei due Santi in primo piano nella Pala di Sant’Am- F. Priori: Per la scrittura - non da critica d’arte - io stessa sono partita da brogio di Sandro Botticelli sia proprio lui, il Magnifico de’ Medici. una domanda: ‘come mai le Veneri di Botticelli, oggi più che mai, fanno parte dell’immaginario collettivo, e sono diventate icone di bellezza con- Botticelli – anno di nascita 1445 di Alessandro di Mariano di Vanni Filippi, det- temporanea?’ Sono riferimenti per l’arte, la moda, la pubblicità, quindi non to Botticelli, soprannome del fratello maggiore – è uno dei più grandi ritrattisti c’è dubbio che Botticelli abbia dato vita a un nuovo ideale di bellezza, che del Rinascimento; artista così visionario, e anche misterioso, da trascendere abbia dedicato la sua vita a questa ricerca: ha studiato, mischiato, innovato. le barriere dello spazio e del tempo, infatti Andy Warhol, Terry Gilliam, David Guardando da vicino le opere, ha un nuovo canone: i volti sono asimmetrici LaChapelle, Jeff Koons, Lady Gaga ammettono di aver attinto dalla sua arte. e imperfetti, i corpi armoniosi e splendidi, ma asimmetrici e androgeni. La cinema e... cinema e arte sua bellezza è un’invenzione totale in cui Madonne, Veneri, Angeli, hanno Marco, quali sono le caratteristiche - tecniche, estetiche - un’impronta così contemporanea che noi stessi ci rivediamo. della sua regia; sente di aver ‘potuto osare’ M. Pianigiani: Mi sono lasciato ispirare guardando i quadri, per capire con qualche esperimento/soluzione particolare? ‘cosa mi dicesse’ a pelle l’artista: ho visto un grande fashion maker, mi Per me, importante è la forte valenza emotiva, e ho guardato i dettagli sono reso conto come in Pallade e il centauro, nell’abito, metta tutti ‘i lo- delle opere - la bocca di Zefiro che soffia il vento, la ciocca di capelli della ghi’ di Lorenzo il Magnifico, quasi fosse un brand; ho visto una ricerca Venere -, nella Primavera ero rimasto incantato dai piedi, dalle mani, dai estetica eccezionale, unita ad una assolutizzazione: le sue opere sono vestiti svolazzanti, per cui – per introdurre il quadro, per rinfrescare l’oc- una sorta di astrazione, di giardino incantato, quindi è un fashion ma- chio a chi (ri)guarda l’opera – ho creato queste reenactment, dando una ker assolutizzato. Ho cercato, sia in Firenze che nelle reenactment, che dimensione temporale al quadro; della Venere, che noi vediamo già emer- prendono vita come degli appetizers per arrivare alle sue opere, di curare sa nel suo splendore, mi sono chiesto cosa pensasse lei nella fase di emer- questo stile patinato con un che di assoluto: la Venere o la Primavera le sione e allora ecco che nella mia rievocazione faccio vedere quest’acqua ho assolutizzate nel nulla, con luce e controluce, per dare questo spirito dorata che aspetta la creazione dell’onda che la crea, quindi lei che esce, di bellezza molto fashion, che richiama mondi come Dior o Nowness, di dando la dimensione temporale prima di giungere al dipinto stesso. Poi, cui lui è un precursore, però con uno spirito incantato, magico, a metà Botticelli è sempre in silhouette, non sopportavo di mostrarlo bene, per tra il religioso e il mitologico. Si sarebbe potuto osare tantissimo, ma come è misterioso, è un prisma con mille sfaccettature; la sua vita l’ho in- sono stato rispettoso, ho preferito parlassero le opere. terpretata in base ai quattro elementi: l’Aria, che è la Primavera; l’Acqua, liquido amniotico e maturità, la Venere; il Fuoco censore del Savonarola, C’è stato qualcosa che vi ha particolarmente ispirati? Vi siete mi- infatti i colori del doc cambiano, più sanguigni, più cinerei; per arrivare surati al suo dipingere ‘messaggi molto complessi in scene chiare alla Terra, con l’Inferno, con cui ho cambiato ancora una volta stile, per e armoniose’? seguire il suo cambio, che porta anche alla vecchiaia. Ho girato in inverno, FP: I messaggi sono molto complessi, lui stesso è un personaggio enigmatico. quindi in studio, cercando di ricreare una Natura assolutizzata. Più lo studi, meno lo conosci. Si sa pochissimo. La difficoltà di comprende- re i tanti messaggi è enorme, quello che abbiamo tentato di fare è trovare un Il film è narrato da Jasmine Trinca: Francesca, la voce narrate era equilibrio tra contenuto e immagini, in modo che fosse fluida la narrazione e presente nell’idea iniziale? Cosa aggiunge ‘alla bellezza’ di Botti- intuitivo il messaggio nascosto delle opere. celli una voce così particolare? MP: Era una sfida enorme, per le tante cose da raccontare e per i diversi La voce doveva dare qualcosa di più, e all’inizio abbiamo valutato varie committenti. Con Francesca abbiamo cercato una narrazione viva, con ipotesi, fino a capire che c’era già tanto, bastava solo una strepitosa voce: molti cambi di ritmo, alternando grande approfondimento scientifico con abbiamo pensato a lei, per Botticelli più che mai doveva essere una voce momenti emotivi, di pura musica, di godimento delle opere, per dare dei femminile, forte, emozionante, partecipe, al tempo stesso sensuale e ‘pieni’ e dei ‘vuoti’, affinché il film non risultasse un Bignami condensato, né autorevole, e lei è un’attrice dalle mille incarnazioni, mille colori e volti, privo di cognizione scientifica, calibrando emozione e conoscenza. mutante e mutevole come le Veneri, è contemporanea come lo sono loro, altrettanto antica, e con una bellezza fuori dai canoni, nessuna meglio di Francesca, quali sono le colonne su cui ha scelto di basare il rac- lei poteva rivelare gli enigmi e le sfumature di un artista così inafferrabile. conto, che include anche Firenze, culla di Botticelli e del Rinasci- mento? Tra le testimonianze del docu-film: Chiara Cappelletto, professore Ho studiato per un anno, basandomi soprattutto su tutti i testi scien- associato di Estetica al Dipartimento di Filosofia - Università degli Stu- tifici contemporanei, come quello di Alessandro Cecchi, biografo per di di Milano; Alessandro Cecchi, direttore del Museo Casa Buonarroti eccellenza, che ha scoperto in gran parte quello che si sa di Botticelli. - Firenze; Ana Debenedetti, curatrice della sezione Disegni e Dipinti Ho deciso di non escludere niente di quello che si sapeva, ma di esclu- del Victoria & Albert Museum - Londra; Franco Cardini, professore dere – da giornalista, quale nasco - leggende, dicerie, pettegolezzi, per di Storia Medievale - Università di Firenze; Jonathan Nelson, profes- riportare il suo ritratto ai fatti certi. Mi interessava ne uscisse come sore di Storia dell’Arte - Syracuse University di Firenze; Marco Ciatti, grandissimo innovatore: ha fatto guardare in camera le donne per la direttore dell’Opificio delle pietre dure - Firenze; Kate Bryan, storica prima volta, e non le ha rese perfette, ma straordinarie sì. E l’ho voluto dell’Arte; Edward Buchanan, direttore creativo di Sansovino 6. inserire nel contesto storico in cui viveva, nella Firenze del Magnifico, delle botteghe, un momento magico che ha dato vita a opere straordi- Botticelli e Firenze. La Nascita della Bellezza è un progetto originale ed narie, non solo di Botticelli, che ne è l’espressione più straordinaria. esclusivo di Nexo Digital, atteso in sala ad inizio 2021.

62/63 cinema e musica

NOI SIAMO LE COLONNE RUMORI E MUSICA, NEMICI-AMICI

di RICCARDO GIAGNI

cinema e... cinema e musica - noi siamo le colonne Viviamo immersi in un oceano alcuni tra loro: le note musicali, del mondo, con una particolare fetti e la colonna dialoghi come di suoni, eppure non ci facciamo le voci che discorrono… predilezione per la voce parlante, “nemiche”, come avversarie del- caso, quasi non ce ne accorgia- Ma quando l’ascolto del paesag- questo veicolo potente di espres- la musica e delle sue ragioni. Un mo, forse per lunga abitudine. gio sonoro in cui abitiamo si fa più sione e significazione, vera e pro- temporale o una pioggia scro- Già nel buio della notte uterina attento, più cosciente e più acuto, pria “bussola informativa” con sciante potevano “uccidere” una gli esseri umani fanno esperien- può accadere che all’improvviso la quale orientarsi - da spettatori sequenza musicale, il clangore di za diretta del suono, poi diret- si spalanchino per noi i cancelli di - tra i sentieri e le false piste del- un tumulto di piazza “sopprime- tamente vi partecipano con il un’esperienza nuova, esaltante, di lo schema narrativo di un film. Il va” una partitura per orchestra, proprio agire, muovendosi nel cui i poeti hanno spesso testimo- cinema è vococentrico e verbo- un monologo o un dialogo serrato mondo, parlando, piangendo, ri- niato, un’esperienza che fa dire a centrico, si è detto con buoni ar- si prendevano la libertà di “azze- dendo, ascoltando. Su di noi ogni Walt Whitman: “Ora non voglio gomenti, ma senza nulla togliere rare” una melodia… suono, anche il più minuscolo che ascoltare… Sento il brulichio ai valori specifici delle altre com- Più avanti, lo sviluppo di tecnolo- e insignificante, genera il suo del grano che matura, gli schioc- ponenti sonore di un prodotto gie sonore in grado di favorire la effetto: ci orienta o ci depista, chi degli sterpi che mi cuociono cinematografico: la musica e so- ripresa e la restituzione in sala di ci aggredisce o ci eleva, talvolta il cibo, sento il suono che amo, il prattutto gli ambienti e i rumori, un suono più dettagliato, più tat- semplicemente ci mette sull’av- suono della voce umana, ascol- che sono la materialità viva del tile e più “immersivo” ha stimola- viso, sollecita un’attesa vigile: to tutti i suoni che si spandono mondo creato dal film, il suo re- to alcuni cineasti ad approfittare poi, magari, di notte lo rincon- insieme, che si combinano, che spiro, il suo soffio sensoriale. delle nuove possibilità messe in triamo nei nostri sogni. Ciascu- si fondono o che si susseguono, Nella fascinosa storia della musi- gioco: vi vedevano lo stigma di un no per suo conto e tutti insieme, i suoni della città e della cam- ca cinematografica la rivalità tra orizzonte estetico a venire, in cui dunque, i suoni del mondo sono pagna, i suoni del giorno e della i compositori e gli altri elementi il campo acustico guadagnasse il mare stesso in cui galleggiamo notte… Il fischio del vapore, il della colonna sonora si è fatta un rilievo cinematografico d’im- nella nostra quotidianità, eppure violoncello…”. sentire a lungo: una certa rigidi- portanza. Del resto, quale regista manifestiamo indifferenza per Sin dal momento in cui è diventa- tà della vecchia generazione dei si priverebbe delle opportunità gran parte di essi; li derubrichia- to sonoro e sincronizzato, anche musicisti, nel confronto con gli offerte da un universo sonoro sot- mo collettivamente in “rumori” e il cinema si è messo con atten- altri suoni del film, li ha portati tile ma pervasivo, un tempo im- degniamo di considerazione solo zione all’ascolto dei mille suoni spesso a percepire la colonna ef- percettibile e improvvisamente a

disposizione e al servizio delle vo- generazione di cineasti si è posta inedita, affascinante, in cui il ru- tra le sonorità dell’ambiente di lute narrative del proprio film? Lo in ascolto dell’universo acustico more trasfigura in suono musicale guerra e la musica di Hans Zim- scricchiolio di un granello di pol- con l’intraprendenza del caccia- fissandosi in una sorta di immo- mer che rendono quasi indistin- vere sotto un tacco, il suono lie- tore di suoni. bilità atemporale e sganciando la guibili i due campi sonori. vissimo dell’incresparsi dell’ac- Uno dei precursori di questa nuo- musica dal suo tradizionale ruolo E così, alla fine del viaggio, rumo- qua di uno stagno, un richiamo va relazione con il campo sonoro di “commento”. Uno dei punti re e colonna musicale si ritrovano remoto eppure così presente, un è stato David Lynch, sin dai tem- d’arrivo - provvisori - di questo non più rivali, ma alleati. E insie- silenzio tangibile: come il Marco- pi di The Elephant Man e poi nel processo è invece il film di Chri- me alle immagini rimettono in valdo di Italo Calvino, attento a lungo sodalizio con il musicista stopher Nolan Dunkirk, premiato movimento ancora una volta la ogni minuscola variazione degli Angelo Badalamenti: in film come nel 2018 con due Oscar per il suo- macchina meravigliosa che pro- elementi e delle cose in cui s’im- Blue Velvet, Lost Highway, fino no. Qui l’integrazione compatta ietta i nostri sogni e le nostre os- batte nella sua routine quotidiana almeno a Mulholland Drive, si al- del progetto acustico è il risultato sessioni su uno schermo bianco. di manovale in città, una nuova lestisce una cartografia auditiva di un’alleanza, di una solidarietà

64/65 cinema e animazione MATTOTTI: “L’ARTIGIANATO AUTORIALE DI MASSI E IL MIRACOLO DI MAD” Intervista a Lorenzo Mattotti di NICOLE BIANCHI Esordisce alla fine degli Anni ’70 come autore di fumetti: nel ’77 esce il suo primo libro, Alice Brum Brum. Da Milano, si trasferisce a Venezia e s’iscrive ad Architettura, che influenzerà il rigore compo- sitivo delle sue illustrazioni. Nel 1983 fonda “Valvoline”, rivista che mette in dialogo il fumetto con i linguaggi dell’arte. Nel ’98 si trasfe- risce a Parigi, esplorando modalità espressive diverse dal fumetto: il tema dell’individuo con le sue insicurezze, le complessità di rela- zione, ma anche l’idea di un viaggio non interiore, reale e avventuroso. Negli Anni Duemila si dedica alla pittura e disegna copertine e ma- nifesti per importanti eventi cultu- rali. Il lungometraggio animato La famosa invasione degli orsi in Sicilia è il suo ultimo impegno interna- zionale, presentato a Un Certain Regard di Cannes nel 2019.

L’autore de La famosa invasione Qual è lo stato di salute équipe di supporto, di produzione. degli orsi in Sicilia, dal suo pecu- dell’animazione italiana? Mi sembra ci siano realtà molto liare punto di vista di italiano che Non posso rispondere ‘da esperto’, isolate, che fanno un’enorme fa- vive e lavora Oltralpe - tenendo a e rispondo rispetto al cinema d’au- tica ad andare avanti, come MAD precisare la propria parziale co- tore: per la mia esperienza, quando a Napoli: loro sono molto bravi a noscenza dell’universo animato abbiamo provato a creare un polo fare con quel poco che c’è. Rispet- italiano, e non reputandosi “uno italiano per la produzione del film to alla capacità produttiva di certi specialista del mondo dell’ani- degli Orsi, è stato praticamente Paesi d’Europa, mi sembra l’Italia mazione” - ha partecipato alla impossibile; all’inizio pensavamo sia molto indietro. Certamente nostra intervista tenendo a riba- fosse possibile, ma pian piano – non mancano i talenti personali, dire “la visione dilettantesca del anche se non me ne sono occupa- ma sono molto isolati e fanno una paesaggio animato, perché certa- to io personalmente – posso dire fatica pazzesca a emergere: ci sono mente ci sono realtà molto speci- essere stato impossibile. Non c’è realtà autoriali, quasi artigianali, fiche di cui non ho conoscenza”. la conoscenza approfondita di come Simone Massi, mentre mi certe tecniche, non c’è la capacità sembra che per produzioni capaci organizzativa: forse manca pro- di fare lungometraggi ricchi, forti, prio questa, cioè organizzare delle non ci siano le strutture. cinema e... cinema e animazione Cosa potrebbe fare l’animazio- ne italiana per rafforzare una vera credibilità internazionale? Non essendo né un produttore, né La stampa di settore come re- un organizzatore, non lo so in sen- cepisce e tratta l’animazione so assoluto, e non vorrei dire stu- italiana? C’è sinergia, valoriz- pidaggini, ma credo ci sia una scel- zazione, o l’attenzione è cata- ta culturale e politica molto forte lizzata dalle produzioni colos- da fare, per creare delle società di sali americane? servizio che possano collaborare In generale, la stampa di cinema con le produzioni internazionali, prende in analisi i grandi pro- così da stabilire un rapporto di dotti giapponesi o americani, fiducia, per attirare produttori o quelli molto connessi anche alla autori, che così vedono strutture promozione. Ci sono però gior- su cui possano basarsi. nalisti molto specializzati, precisi nell’analizzare i prodotti d’ani- mazione, questo soprattutto in Francia, anche perché a Parigi Le istituzioni sono presenti a noto sempre esserci rassegne di Un titolo italiano (recente), e sostegno dell’animazione? Qua- lungometraggi per bambini, di uno internazionale, che reputa li sono gli appuntamenti nazio- produzione europea, c’è un con- di alta qualità e perché. nali - e non - in cui il settore rie- tinuo rinnovarsi, per cui c’è una Seppur non completamente in sce ad avere un’efficace vetrina? stampa che li segue; la mia espe- animazione, mi ha colpito mol- Credo ci debba essere una scelta rienza con la stampa italiana è to La strada dei Samouni, a cui ha culturale da parte dello Stato, è molto nuova, per cui non ho pun- collaborato Massi: l’animazione è una decisione molto importante: ti di riferimento: per i miei Orsi molto più potente del documen- l’hanno fatta in Francia una ven- c’è stato molto entusiasmo per la tario, un esempio di come possa tina d’anni fa, creando dei poli di grafica, per il regista italiano, per essere potente la narrazione di- animazione, in alcune città, dove l’adattamento da Buzzati, ma non segnata. Poi, parlando di MAD c’è stato molto investimento, aiu- si è mai andati molto a fondo, si è Entertainment, hanno fatto un to dalle Regioni, così da creare poco capaci di analizzare lo sfor- miracolo straordinario nel riusci- una dimensione che sia culturale, zo che c’è dietro a questi lavori, si re a fare i loro film: li rispetto tan- politica e anche economica natu- sottovalutano molto la difficoltà, tissimo e gli faccio davvero i com- ralmente. Per gli appuntamenti, a la fatica, i talenti che ci lavorano plimenti per i loro progetti, credo parte ad Alice nella Città, che però dietro, per cui spesso rimane un che piano piano, lavorando così, Qual è il valore aggiunto del no- è una manifestazione ‘di cinema’, po’ un discorso superficiale; si si faranno conoscere anche all’e- stro settore animato, in ottica non ‘di animazione’, con il mio guarda il significato della storia, stero. Per la produzione straniera, mondiale? C’è un’eredità che la film non ho partecipato a nessun ma poi non si analizza la capa- posso nominare J’ai perdu mon nuova generazione ha saputo contesto specifico: credo gli ap- cità dell’animazione, la qualità corps, che purtroppo ci ha fregato raccogliere dai maestri? puntamenti un po’ più importanti dell’immagine, la sintesi, l’analisi tutti i premi l’anno scorso (ride, Se parliamo di cortometraggi, di per l’animazione siano quelli in- estetica: per fortuna, il mio film ndr)! È raccontato molto, molto progetti artigianali, di persone ternazionali, come Annecy, e poi ha toccato molto per l’estetica, bene, ha un montaggio cinemato- che fanno le proprie produzioni, Cartoon Movie, che sicuramente è ma non c’è la coscienza di capire grafico fatto benissimo, non è fa- credo che il panorama internazio- un appuntamento importantissi- la ricerca di uno stile originale, la cile per un cartone animato avere nale sia talmente aperto che non mo per poter riuscire a creare una difficoltà di staccarsi dagli stereo- quel tipo di montaggio, e il regista credo i ragazzi di adesso vadano produzione, a stabilire delle copro- tipi generalizzati. La mia impres- – Jérémy Clapin - è davvero ca- a guardare i riferimenti storici ita- duzioni, per sviluppare progetti. sione, di certo superficiale, è que- pace, ho visto i suoi cortometraggi liani, ma guardino un po’ di tutto, sta. E forse, talvolta, chi si occupa precedenti e sono geniali. E poi, quello che succede da tutte le par- di animazione, come giornalista, andando più indietro, La tartaru- ti del mondo, e sperimentino tec- si occupa anche di fumetto, ma ga rossa. Ci sono altre presenze, niche, anche perché questo mon- non sono la stessa cosa. che magari non mi hanno colpito do si evolve talmente in fretta, a livello tecnico, ma sono storie tecnicamente e graficamente, che molto importanti, come Les Hi- i riferimenti storici diventano un rondelles de Kabuol. po’ espressione di tempi passati.

66/67 cinema e fumetto

Robba sana, sostan- ziosa…

…marmel- …mostar- lata… da…

Testi: Fumasoli Disegni: farina

Maccherone… m’hai provocato e io ti di- struggo adesso, maccherone…

cinema e... cinema e fumetto ...e mo’ chi ce lo manna questo?!?

hh f hh ssssshhh

Mi perdoni, buon uomo… io Per caso non volevo… lo mangia questo?..

Addio, Mi scusi, maccherone… ma sono giorni ssshhh ss h che non man- f No! hh gio… Non di nuovo!

… continua…

A cura di Bugs Comics

68/69 CineGourmet

GIANFRANCO PANNONE A KM ZERO

di ANDREA GROPPLERO DI TROPPENBURG

Caro Gianfranco, ti confesso che mi sembra strano intervistarti: è da sette mesi che lavoriamo come co-registi al nostro prossimo film Ok boomers ma, al contempo, parlare del cibo in metafora forse ci permette di dire l’indicibile e conoscerci sul piano del cinema che amiamo, partendo da una cosa immediata. Quindi cominciamo: dove fai la spesa per i tuoi film?

Io vivo in città, quindi mi capita di fare la spesa al mercato e talvolta al Il tuo è un cinema Dobbiamo sapere che la realtà ha supermercato, però, essendo nato in campagna e facendo un lavoro che documentario, un cinema molte sfaccettature, ma dobbia- mi porta molto in giro per l’Italia, ogni volta che posso faccio scorta di della realtà: che differenze mo sapere anche che la verità ha vere leccornie, che di solito trovo nelle campagne. Credo nel discorso trovi con il cinema di un cuore e qualunque cibo tu pre- ‘dal produttore al consumatore’, credo nel km zero e nel biologico: che finzione? Dici spesso che pari, qualunque film fai, a quella nesso ha questo con il mio lavoro? Il nesso è che cerco la fonte delle non ci sia differenza, che verità devi arrivare. Questa dia- storie che racconto. Sia che parli degli anni di piombo, come ne Il sol tutto è cinema: si può dire lettica per me è importante ed è dell’avvenire, o di fascismo o di vulcani, affido sempre il mio racconto ai che anche tra le cucine ‘alte’, quella che cerco nei miei film. Nei testimoni, non agli storici o agli esperti, con quelli magari ci parlo prima, ‘stellate’ e le cucine popolari, miei lavori mi occupo spesso di in fase di elaborazione del progetto. Quando parlo con i miei allievi di della tradizione, non ci sia temi storici legati alla costruzione cinema documentario al CSC, dico sempre di non seguire le autostrade, differenza? dell’Italia, ma sono le cosiddette che sai già dove ti portano, ma di prendere i tortuosi sentieri di mon- “storie minori”, quelle di uomini tagna. Sono le difficoltà che ti permettono di orientarti e poter gusta- Veramente questo è Godard a dir- spesso sconosciuti a dare le gam- re un prodotto genuino, di andare alla radice. Dietro alle storie, come lo, io mi limito a prendere in pre- be al racconto. dietro ai prodotti genuini, non ci sono categorie ma persone, che voglio stito da Agnès Varda la domanda: Pensa al vino. Io non credo che incontrare per avere il massimo di verità possibile, sia nel cinema che ‘documentare o docu-mentire?’. quello del biologico sia un cliché, in cucina. Nell’ultimo periodo seguo molto il dialogo tra Carlin Petrini Tutto ciò che l’uomo fa è costru- quando bevi un vino senza solfiti, (l’inventore di Slow Food) e il Santo Padre, trovo davvero importante zione, questo vale per il cinema senti il racconto dell’uomo nella quello che fa per il cibo e per il pianeta, oggi è imprescindibile andare come per la cucina. Il problema vigna e poi nella cantina, tutta la sui luoghi, incontrare le storie delle persone che realizzano i prodotti e non è dire che tutto sia finzione, fatica che fa perché quel vino non vivere il territorio, presidiarlo. quanto che tutto sia elaborazione. vada a male e diventi aceto; e a cinema e... cinema e cibo volte, però, un tanto di solfiti li deve mettere e trovare una giusta media- zione tra il naturale, l’organico e la sua fruibilità. Io credo che la cucina come il cinema rispondano spesso ad un com- promesso, di natura economica ma non solo; limiti che ti impongono certi modelli della contemporaneità. Cosa mi aiuta? Credo molto in uno sguardo orizzontale sul mondo; mi piacciono i cibi naturali e gli autori puliti, come Rossellini, Truffaut, Olmi, ma al contempo sono un uomo che vive nella “società globaliz- zata” e quindi se devo mangiare un limone che viene dalla Spagna o mi chiedono di assaggiare un piatto di cucina molecolare, non mi straccio le vesti ma non mi tiro neanche indietro.

Nella preparazione di un piatto-film, quali sono le fasi più rilevanti, quelle che ti appassionano di più e ti fanno capire che ‘il film c’è’?

Tutte le fasi in un documentario sono importanti, la ricerca, le ripre- se, il montaggio, ma il momento in cui fai davvero i conti con il film è il montaggio. Perché la vera scrittura di un documentario avviene al mon- taggio. E questo vale anche per il cibo: hai degli ingredienti straordinari, la linea pronta, il piatto pensato in tutti i suoi dettagli, ma la verità te la restituiscono i fornelli, è in quell’atto che scrivi la ricetta. Fellini amava dire che il momento più rilassante durante la lavorazione di un film è quando fai i sopralluoghi, che è come dire che per un cuoco il momen- to più rilassante è quando fai la spesa; insomma, è il desiderio di fare un film o un piatto che gioca la parte del leone, perché l’uomo è in gran parte desiderio, desiderio ed elaborazione. Diciamo che per me l’idea- zione e le ricerche vanno di pari passo, ho bisogno di verifiche imme- Pasta al forno melanzane diate dell’idea; e durante riprese di solito capisco se il film c’è, anche se, e provola ripeto, la vera scrittura che può anche stravolgere le scritture precedenti io la trovo nel montaggio. Non è solo la verifica ma è per me il momento Ingredienti più creativo del film, ed è il momento che mi eccita di più. 500 gr di rigatoni di Gragnano Qual è il tuo piatto preferito? 350 gr di provola affumicata dop di Battipaglia Diciamo così: per me esistono la cucina semplice e quella elaborata; 300 gr di melanzane campane la mia cucina di riferimento è la cucina napoletana, quando mi metti di 250 gr pomodori San Marzano fronte a un gateau di patate, a una parmigiana di melanzane o a una pasta 250 gr di passata di pomodoro alla genovese o anche a una pizza, provo un’autentica felicità. Mi piaccio- 1 cipolla no anche le cucine libanese e siriana, la cucina ucraina, ricca di zuppe, basilico, olio Evo di Cori, sale quella iraniana… e gli involtini di pescespada alla siciliana, che è la cucina più sofisticata di tutte. Credo che la curiosità aiuti a rimanere giovani. Preparazione

Preparare un soffritto di cipolla, rosolare bene i cubetti di melan- zane, aggiungere il San Marzano a pezzetti, cucinare per 10-12 minu- ti; scolare i rigatoni e aggiungere il sugo di pomodoro e melanzane; stendere il preparato su una teglia unta di olio, aggiungere la passata, disporre la provola a cubetti o a fette nella teglia; infornare per 20 minuti a 180°; il piatto sarà pronto quando la pasta e la provola saran- no “arruscate” cioè bruciacchiate.

70/71 cinema e istituzioni UNO, NESSUNO, CENTOMILA: ECCO LE “STORIE” DEL CINEMA di ALBERTO ANILE Un nuovo manuale per raccontare i mille percorsi del film, dalle origini al digitale e al Coronavirus. A curarlo due docenti dell’Università di Roma Tre, Vito Zagarrio e Christian Uva. “Un volume unico che raccontasse una Storia del cinema non secondo il solito percorso, ma tenendo conto anche del post-coloniale, del cinema latino-americano, di quello asiatico, con i loro mille rivoli. E al Neorealismo è dedicato un solo paragrafo”.

L’idea è nata grosso modo quattro anni fa, durante una riunione di do- centi con l’editore Carocci. Il risultato è un tomo di 500 pagine per rac- contare la Storia del cinema, anzi: Le storie del cinema, al plurale. “C’era un vuoto editoriale”, dice Vito Zagarrio, docente all’Università Roma Tre e curatore del volume con il collega Christian Uva. “Il testo di Bor- dwell & Thompson porta i segni del tempo, Micciché ha realizzato una grossa operazione ma sul solo cinema italiano, Brunetta l’ha distribuita in diversi libri: mancava un volume unico che raccontasse una Storia del cinema non secondo il solito percorso - Muto, Hollywood, Nouvelle Vague, modernità - ma tenendo conto anche del post coloniale, del ci- nema latino-americano, di quello asiatico, con i loro mille rivoli”. Il libro parte dall’attualità più vicina, pandemia inclusa, per tornare in flashback al cinema delle origini e ripercorrere tutta la storia del film; i vari contributi sono affidati a coppie di studiosi, e i singoli capitoli sono chiusi fra “Contesti” (introduzioni affidate a storici puri) e “Controsto- rie” (appendici che completano il contenuto dei capitoli). I due curatori cinema e... cinema e istituzioni “ Parliamo di cinema, di alcuni film e pure di singole sequenze ma proiettandoli in un contesto più ampio: storico, sociale e politico. ”

hanno avuto il compito di aprire e be”, dice Zagarrio. “Io rimango piano, quasi abbassassero il livel- Uva rimane il glorioso Che cos’è il chiudere il volume, e soprattutto un fan del cinema-cinema e del lo della speculazione. Ma oggi mi cinema? di Bazin. “Sarà ormai un di coordinare quarantadue colle- film in sala ma ho imparato mol- sembra che entrambi questi pro- testo polveroso ma per me resta ghi, di formazione e metodo anche to anche dalle nuove generazioni. blemi siano superati”. “C’è una fondamentale, in termini affettivi e molto diversi: si va da un’intervista In fondo anche il racconto di una nuova consapevolezza - sottolinea sul piano culturale e didattico”. Za- immaginaria a Louis Lumière e Storia non più cronologico ma a Zagarrio - e comunque personal- garrio: “Nel mio cuore c’è la tanta Georges Méliès allestita da Elena schegge deriva dal modo in cui i mente non sono mai stato della produzione di Brunetta. Poi i testi Dagrada, alle considerazioni di giovani guardano i film. Noi cer- scuola della super teoria; c’è biso- di due amici, Film History As Media Gianni Canova su Ready Player chiamo di aiutarli offrendo dubbi gno anche del vecchio storicismo, Archaeology di Thomas Elsaesser, e One di Spielberg, passando per e percorsi, spiegando che la Storia di contaminare Storia e teorie, per Puzzle Films di Warren Buckland”. una disamina del cinema mo- del cinema avrebbe anche potuto prendere quello che ci interessa e I due docenti ora lavorano ad al- derno fra Europa e Asia firmata essere diversa, per esempio se an- capire le dinamiche in atto”. tro. Uva dà gli ultimi tocchi a un da Roberto De Gaetano e Stefa- ziché Hollywood avesse prevalso Curare un compendio ambizioso libro sulla spiaggia nel cinema ita- nia Parigi. “Parliamo di cinema”, Ejzenstejn”. “Non dobbiamo di- come Le storie del cinema ha com- liano, dal dopoguerra ai Vanzina. spiega Uva, “di alcuni film e pure menticare che questo libro nasce portato ovviamente anche qual- Zagarrio è tornato a fare il regista, di singole sequenze ma proiet- come un manuale”, aggiunge Uva, che rinuncia. Per Zagarrio la parte con un lungometraggio dal ro- tandoli in un contesto più ampio: “cioè qualcosa che a sua volta de- dedicata al World Cinema avrebbe manzo Le seduzioni dell’inverno di storico, sociale e politico. La no- v’essere spiegato, accompagnato. potuto essere ancora più espansa, Lidia Ravera, girato a Napoli prima stra preoccupazione è far capire La sfida del libro è nei confronti “ma non potevamo mettere tutto; della pandemia. “Adesso però dob- agli studenti che nesso ci sia tra dei discenti ma anche dei docenti, non rimpiango invece di avere ri- biamo capire come farlo uscire, in la Storia del cinema e quello che che dovranno darlo in pasto agli dimensionato alcune cose: il Neo- questo momento tutte le sale sono c’era intorno. E infatti partiamo studenti, aiutandoli nella lettura e realismo qui occupa un paragrafo, chiuse”. Un evento doloroso, che dal Covid, perché la pandemia nella decodifica”. non mezzo libro come di solito si non decreterà comunque la fine del sta avendo una ricaduta fortissi- Nella difficoltà a insegnare il cine- fa”. “Se avessi avuto più spazio”, cinema. “È da quando ero giovane ma non solo sull’esercizio cine- ma e le sue storie, qualche respon- dice Uva, “avrei curato di più che si parla di morte del cinema. matografico ma sulle forme stes- sabilità non sarà anche dei profes- quella Storia parallela del cinema Negli Anni ‘70 l’Estate Romana pro- se del film”. sori, che per anni hanno scavato che è l’animazione, ma una cosa iettava film al Circo Massimo; ‘dal Gli studenti? Bisognerebbe al- solchi di aridità scientifica nella del genere meriterebbe un volu- Filmstudio al film-stadio’, si scher- lora tenere conto di una platea carne di un argomento che sarebbe me a parte. E ci sarebbe piaciuto zava allora. Oggi i film si vedono universitaria spesso priva di sen- di per sé appassionante? “Non ho che i QR code presenti in molte anche sui telefonini. Forse pure la so della Storia, a volte ignorante mai amato l’uso autoreferenziale pagine, anziché a immagini stati- pandemia ci insegnerà qualcosa, e pure dei fondamentali. “Quando di questa disciplina e dei suoi stru- che, rimandassero a sequenze in se spariranno i multiplex trovere- chiedi agli studenti se conoscono menti”, ammette Uva. “Ed è anche movimento, cosa impossibile per mo altri modi...”. La terra trema ti rispondono che capitato che tecnica e tecnologia problemi di diritti”. hanno visto dei pezzi su YouTu- siano state relegate in secondo Il loro testo preferito? Quello di

72/73 scanner

MISURE PER LE PARI OPPORTUNITÀ DI GENERE

DI ROSSELLA GAUDIO, IOLE MARIA GIANNATTASIO, MONICA SARDELLI E BRUNO ZAMBARDINO

La DG Cinema e Audiovisivo ha iniziato nel 2014 a monitorare i dati la volontà di Eurimages di creare sulla parità di genere nel settore audiovisivo, aderendo alla ricerca pa- un’occasione fissa di dialogo sul neuropea “Where are the women directors? Report on gender equality tema delle pari opportunità, che in the European film industry” realizzata da EWA - European Women’s si svolga nell’ambito di un festival Audiovisual Network, pubblicata nel 2016. Lo studio ha mostrato che prestigioso sul piano internazio- meno del 10% dei film usciti in sala in Italia nel periodo 2006-2013 era nale, come la Mostra di Venezia; diretto da una donna. dall’altro l’impegno assunto dalla A fronte di questa allarmante analisi, l’emanazione della Legge di Biennale durante la Mostra del sistema n. 220 del 2016 - che ha ridisegnato l’intervento statale nel 2018, con la firma dell’accordo settore - è stata l’opportunità per introdurre delle azioni mirate a stipulato con le due associazio- correggere il palese squilibrio di opportunità, dando seguito al primo ni che rappresentano le donne principio della legge stessa che garantisce il pluralismo dell’offerta ci- dell’audiovisivo per la diffusione nematografica e audiovisiva. di statistiche sulla composizio- Parallelamente al lavoro in ambito nazionale, la DGCA dal 2014 è im- ne di genere sia all’interno delle pegnata, a livello europeo, nel gruppo di lavoro “Gender Equality” sezioni della manifestazione, sia istituito in seno al board di Eurimages, il fondo del Consiglio d’Euro- delle giurie e degli organi ammini- pa che sostiene le coproduzioni internazionali. Eurimages è in prima strativi della Biennale. linea nelle politiche di promozione della pari opportunità nell’au- La prima edizione del seminario diovisivo e, nel 2017, ha adottato una strategia per la parità di genere si è tenuta nel 2019. L’esperienza nell’industria di settore europea. si è ripetuta durante Venezia77, La necessità di monitorare con costanza le evoluzioni del mercato e di l’edizione 2020 della Mostra che, rispondere all’esigenza di comunicazione e sensibilizzazione del mon- grazie all’impeccabile organiz- do dell’audiovisivo è stato il motore che ha spinto tre istituzioni e due zazione, si è svolta nel difficile associazioni di categoria a dar vita a un momento di riflessione annuale, contesto dell’emergenza sanitaria di taglio internazionale, che proponga un confronto sullo status della da Covid-19. Il Seminario 2020 presenza femminile nei vari segmenti del settore audiovisivo. ha avuto luogo l’8 settembre, in L’evento Annual seminar on gender equality and inclusivity in formato sia fisico sia digitale, e the film industry è organizzato da Biennale di Venezia, Eurimages, ha messo a confronto i dati della DGCA, Dissenso Comune e Women in Film Television & Media Italy. Biennale di Venezia, di Eurimages L’idea del seminario è nata dalla convergenza di due urgenze: da un lato e della DGCA.

scanner dati e tendenze del mercato audiovisivo a cura di DG Cinema e Audiovisivo Gli strumenti nale - sulla qualità della sceneg- Le opere dirette te in linea con quanto accade a della nuova legge giatura e dell’approccio registico. da registe donne livello europeo in relazione ai per incentivare I contributi selettivi alla produ- e i contributi selettivi film diffusi al pubblico. Secondo la parità di genere zione prevedono 5 linee di inter- i dati dell’Osservatorio Europeo nell’audiovisivo vento, destinati a: Se guardiamo ai dati del trien- dell’Audiovisivo, infatti, i film • opere di giovani autori: i film di nio 2017-2019, la percentuale di diretti da donne e usciti in sala Come già anticipato, con la Legge lungometraggio diretti da registi opere dirette da registe donne nel periodo 2003-2017 sono il del 2016, la DGCA si è dotata di che non hanno ancora compiu- sul totale delle opere presenta- 17% del totale (Cfr. P. Simone, nuovi strumenti per intervenire a to 35 anni alla data di scadenza te al contributo è pari al 17,74%. Female directors in European ci- favore di una maggiore rappresen- del bando. Il limite dei 35 anni Questo dato è sostanzialmen- nema. Key figures, 2019). tatività delle voci femminili nella deve essere assicurato anche produzione audiovisiva italiana. da almeno una delle altre figure I decreti attuativi della Legge coinvolte nella realizzazione del hanno introdotto, per la prima film quale sceneggiatore, auto- volta in Italia, degli incentivi alla re della fotografia, autore delle Opere che hanno richiesto un contributo selettivo produzione di opere realizzate da musiche originali, autore della alla produzione 2017-2019 donne. In due dei tre principali scenografia; schemi di sostegno - i contributi • opere prime e seconde: i film di automatici e i contributi selettivi lungometraggio diretti da registi – sono stati creati dei meccanismi esordienti o da registi che abbia- che garantiscono premialità per le no diretto, da soli o con altri, al opere con registe o autrici donne. massimo un solo lungometrag- I contributi automatici sono gio distribuito nelle sale cine- 740 sostegni derivati dal calcolo dei matografiche italiane o estere; successi economici, culturali e • documentari e cortometraggi de- 80% artistici ottenuti da produttori, stinati al cinema, alla tv e al web; distributori e venditori interna- • animazione (di lungometraggio zionali così come codificati nel e cortometraggio) per il cinema, decreto che li disciplina e che la tv e il web; stabilisce un determinato punteg- • film di lungometraggio difficili o gio per ogni risultato ottenuto. Al considerati di particolare quali- punteggio corrisponde un con- tà artistica. In questa categoria tributo economico che l’impresa rientrano anche le opere degli beneficiaria deve reinvestire in autori affermati. 16 nuove opere. 163 L’aver prodotto o distribuito ope- Le opere analizzate 18% 2% re dirette da donne o con maggio- ranza di autrici donne (soggetto, L’analisi che segue è stata effet- sceneggiatura, regia e musica) tuata sui soli lungometraggi pre- assicura un punteggio automatico sentati ai bandi per la concessione che può essere quindi utilizzato di contributi selettivi nel triennio per attività successive, determi- 2017-2020. Sono stati quindi nando pertanto un incentivo a re- esclusi dall’analisi sia i cortome- alizzare opere a firma femminile. traggi (che comunque possono Nel caso dei contributi selettivi, presentare domanda solo in due le opere dirette da donne o con delle cinque linee di intervento maggioranza di autrici donne ot- previste) sia le opere respinte tengono punteggi automatici che per difetti formali, e quindi mai cumulano con i punteggi deter- portate in commissione. Si tratta minati invece su base puramente in totale di 919 opere, di cui 276 discrezionale da parte della com- finanziate. Tutti i dati elaborati ri- missione di esperti che valuta i guardano progetti di opera e quin- progetti e assegna i contributi. I di rappresentano una fotografia punti maturati automaticamente non definitiva. La DGCA, infatti, nel caso di opera a regia femmi- non ha ancora a disposizione un nile, contribuiscono quindi ad set di dati sufficiente per fare ana- avvantaggiare tali opere nella va- lisi sulle opere finanziate conclu- lutazione comparativa con gli altri se, che ovviamente hanno biso- F M MIXED progetti in gara, fermo restando il gno di tempo per essere ultimate maggior peso dei punteggi deri- e per completare l’iter previsto vanti dal criterio – tutto discrezio- per ottenere il saldo.

74/75 Pur essendo una percentuale an- Come si può vedere dal grafico Il dato preoccupante, però, sta nel Altra informazione interessante cora molto bassa e ampiamente riportato in basso, le richieste fatto che, se si guarda al numero di ha a che fare con la percentuale migliorabile, va detto che i numeri presentate per opere dirette da progetti presentati diretti da don- di progetti presentati nelle varie fatti registrare dai contributi se- registe donne sono maggiori per ne, la percentuale sul totale tende linee di intervento. Se il peso del- lettivi sono più alti di quelli di altri i contributi selettivi rispetto al a decrescere nel tempo, anche se le opere dirette da donne sembra contributi e riconoscimenti. tax credit e anche rispetto alle in misura lieve. Se nel 2017, infatti, aumentare fra i film di giovani richieste di nazionalità italiana. quasi il 19% dei progetti di opera autori (21,25% sul totale per linea Per avere un primo termine di In particolare, solo il 12,4% dei presentati aveva come regista una di intervento), e fra i documen- paragone, sono state messe a con- film per cui era stata fatta richie- donna, nel 2019 la percentuale è tari (23,99%), le percentuali sono fronto le percentuali di film diretti sta di tax credit alla produzione scesa a poco più del 17%. molto basse quando si parla di da registe donne sul totale dei film risultava avere una regia compo- progetti di animazione e di pro- per cui è stata presentata doman- sta da donne, contro il 17,2% dei Questo nonostante le commis- getti di film difficili o considerati da di credito d’imposta, di ricono- contributi selettivi. Se invece si sioni di valutazione, anche grazie di particolare qualità artistica. In scimento della nazionalità pre- guarda alle domande di naziona- all’automatismo dei punteggi de- particolare, per quanto riguarda i ventiva e di contributo selettivo lità italiana preventiva per opere dicati, sembrino mostrare atten- film difficili o associati ad autori nell’anno 2019. Sono stati invece cinematografiche, la percentuale zione alle opere dirette da registe affermati, solo il 12,6% dei pro- tralasciati i contributi automatici sale al 14,8% ma risulta comun- donne: a fronte delle domande getti di lungometraggio presentati perché i dati a disposizione fanno que inferiore al dato dei selettivi. pervenute, nel triennio 2017-2019 è diretto da una donna e la per- riferimento alle opere già prodot- Sarà interessante monitorare in il 19,93% delle opere finanziate era centuale scende al 7,5% nel caso te che danno diritto ai punteggi. futuro l’andamento di questi dati. diretto da donne. Si tratta di un dell’animazione. In futuro, però, sarà interessante Per ora, però, i contributi selettivi segnale sicuramente positivo: in includere nell’analisi anche le ri- sembrano essere lo strumento di tutti gli anni analizzati, infatti, la Questi dati sembrano suggerire chieste di reinvestimento dei con- sostegno maggiormente scelto percentuale di film finanziati di- due trend significativi: una mag- tributi automatici riconosciuti dai produttori per portare avanti retti da donne sul totale è sempre giore presenza di registe donne alle società di produzione. un film diretto da registe donne. superiore alla percentuale delle giovani rispetto alle altre classi di Ciò è in linea con gli obiettivi della richieste di contributo, con nu- età e la tendenza a far dirigere alle legge 220 del 2016 rispetto ai di- meri diversi dovuti alle peculiarità donne opere con costi di produ- versi schemi di aiuto: il tax credit delle produzioni nei diversi anni. zione inferiori. è una misura di sostegno mirata al rafforzamento dell’industria, mentre i contributi selettivi sono focalizzati soprattutto sulla quali- tà e il valore culturale delle opere.

Film diretti da registe donne sul totale Lungometraggi diretti da registe donne 2019 - % % sul totale dei lungometraggi presentati/finanziati ai contributi selettivi

21,51% 18,88% 19,18% 19,09% 17,80% 17,10%

17,16% 14,84% 12,41%

OPERE PRESENTATE OPERE FINANZIATE TAX CREDIT NAZIONALITÀ CONTRIBUTI SELETTIVI 2017 2018 2019

scanner dati e tendenze del mercato audiovisivo a cura di DG Cinema e Audiovisivo Opere che hanno ottenuto un contributo selettivo Le classi di età delle registe alla produzione 2017-2019 Il primo trend è confermato dai riore rispetto a quella degli uomi- dati sulle classi di età dei registi. ni (52,25% di registe fra i 41 e i 60 La percentuale di registe donne anni contro il 54,73% degli uomini; fra i 20 e i 40 anni sul totale delle 11,04% di registe over 60 contro registe che hanno presentato do- il 15,41% degli uomini). Questo 214 manda è più alta di quella degli dato potrebbe essere interpretato uomini e maggiore anche rispetto come un segnale di speranza: una 77% alla media (36,81% di opere diret- nuova generazione di registe che te da donne contro il 29,86% di prova a farsi strada. Solo le ana- opere dirette da uomini). Paralle- lisi future potranno dirci quanta 7 lamente, la percentuale di registe parte di queste giovani registe riu- 55 3% fra i 41 e i 60 anni e over 60 è infe- scirà ad affermarsi in futuro. 20% Registe donna per classe d'età % sul totale dei lungometraggi presentati ai contributi selettivi 2017-2019

15,41% OVER 60 11,04%

14,36%

54,73%

DA 41 52,15% A 60 54,84%

F M MIXED 29,86% DA 20 A 40 36,81%

Opere presentate ai contributi selettivi alla produzione 30,79% per linea di intervento, 2017-2019

M F TOTAL

82,71% 87,50% 86,64% 78,75% 71,96%

23,99% 21,25% 16,92% 7,50% 12,60%

UNDER OPERE DOCUMENTARI ANIMAZIONE OPERE 35 PRIME E DI AUTORI SECONDE AFFERMATI E FILM DIFFICILI

F M

76/77 I costi delle opere e i compensi delle registe

Per quanto riguarda invece il se- domanda alla linea di intervento Budget gap medio per le opere dirette da registe donne condo trend considerato, media- specificamente dedicata ad essi) var% sul totale dei lungometraggi presentati mente le registe dirigono opere e dispone che le spese sopra la ai contributi selettivi 2017-2019 che costano oltre il 5% in meno linea (inclusi quindi i compensi rispetto alle opere dirette dai dei registi) non possano superare DOCUMENTARI FINZIONE colleghi uomini nel caso dei do- il 30% delle spese totali (ridotto al cumentari e quasi il 9% in meno 25% nel caso di opere di giovani nel caso di opere di finzione (in- autori ed opere prime e seconde). -5,73% -8,85% clusa l’animazione). Il dato risul- Il numero di opere ad alto budget ta ancora più preoccupante se si che presentano domanda di con- guarda al compenso medio delle tributo selettivo è quindi molto registe, che è di oltre 18 punti ridotto ed è riconducibile alle sole percentuali in meno rispetto coproduzioni. Pay gap medio per le opere ai colleghi uomini nel caso dei Il 75% delle opere dirette da don- dirette da registe donne documentari e di oltre il 13% in ne non costa più di circa 1,45 mi- var% sul totale dei lungometraggi meno in caso di opere di finzio- lioni di euro, contro i circa 1,63 presentati ai contributi selettivi 2017-2019 ne. Il dato qui presentato non tie- milioni per le opere dirette da uo- ne conto di tre opere, finanziate, mini. I registi uomini, poi, espri- DOCUMENTARI FINZIONE i cui valori sono particolarmente mono un maggior numero di alti rispetto alla media: si tratta di titoli a budget medio-alto (supe- due documentari diretti da regi- riore a 3 milioni di euro) rispetto -13,28% sti uomini affermati e un film di- alle donne. Il grafico mostra però -18,41% retto da una regista donna. I costi un’eccezione: un film diretto da e i compensi di questi tre film una regista donna il cui costo su- sono stati scorporati per evitare pera i 10 milioni di euro. Si tratta di inquinare il dato medio. di una coproduzione minoritaria e la regista non è di nazionalità È tuttavia interessante, date le ca- italiana. Analogamente, nel 75% ratteristiche del settore che pro- dei casi, il compenso di una re- duce pochi titoli con un numero gista donna non è preventivato alto di spettatori e di ricavi e molti a più di circa 32mila euro, contro titoli con ricavi medio-bassi, os- i 49mila degli uomini. Anche in servare anche come sono distri- questo caso, i registi uomini che buiti i costi dei film e i compensi possono vantare un compenso in generale. Va qui fatta, però, una più alto rispetto alla maggioranza precisazione: il bando che disci- dei loro colleghi sono in numero plina i contributi selettivi pone maggiore rispetto alle donne. Ciò un tetto massimo al costo delle è dovuto anche al fatto che il nu- opere finanziate (massimo 4 mi- mero di registe donne affermate lioni di euro, ridotti a 1 milione nel nel nostro Paese è minore rispet- caso di documentari che fanno to a quello degli uomini.

scanner dati e tendenze del mercato audiovisivo a cura di DG Cinema e Audiovisivo Conclusioni

Costo delle opere Il tema delle presenza e del peso 2017 - 2019 delle registe donna nel panorama audiovisivo del nostro Paese è di sicuro interesse e si intreccia con 12,00 altri temi rilevanti: dal ruolo più generale delle donne nel settore audiovisivo (come produttrici, 10,00 autrici, membri delle maestranze coinvolte nella realizzazione del- le opere) alle storie e ai contenuti 8,00 raccontati davanti alla macchina da presa; dalla necessaria libertà di espressione artistica fino ad ar- MILIONI 6,00 rivare al tema più ampio della di- versità culturale e dell’inclusività. Al di là degli approcci e delle spe- 4,00 cifiche soluzioni individuate, una nota sicuramente positiva sta nel fatto che si parla dell’argomento 2,00 (e se ne studiano i diversi aspet- ti, dati alla mano) molto più che X X in passato. - Questa discussione produce spesso proposte di soluzioni da adottare: sia a livello internazio- F M nale che locale diversi soggetti cercano una strada per affrontare la questione. I nuovi criteri per le assegnazioni degli Oscar, ad esempio, prevedono alcuni stan- dard di inclusività perché i film siano papabili nella categoria Mi- glior Film. Tra questi, lo standard Compenso dei registi B - Leadership creativa e team del 2017 - 2019 progetto, prevede che il leader di una tra le diverse posizioni creati- 900 ve (inclusa la regia), debba far par- te di un gruppo sottorappresenta- 800 to, e tra questi compaiono anche 700 le donne. Sul fronte italiano, an- che in seno ai David di Donatello 600 sono nate delle discussioni e delle 500 proposte a riguardo. La DGCA prova a fare la sua parte. MIGLIAIA 400 Gli strumenti utilizzati sono per- 300 fettibili e andranno sicuramente aggiornati sulla base delle esigen- 200 ze e delle evoluzioni del settore. 100 Ma sono un primo tassello per X X provare a incentivare tutti gli atto- 0 ri in campo a sviluppare ancora di più punti di vista diversi e plurali. F M

78/79 FOCUS

Nome ufficiale República de Cuba Lingua ufficiale Spagnolo Capitale L’Avana Forma di Governo Repubblica socialista monopartitica Superficie 110860 km2 Popolazione 11.239.004 Valuta Peso cubano

focus Cuba 80/81 OLTRE IL CINEMA DELLA RIVOLUZIONE

di GIAN LUCA PISACANE

“Io sono Cuba. Una volta, qui sbarcò Colombo. Nel suo diario scrisse: è la terra più bella che l’occhio umano abbia mai visto”. Iniziava così nel 1964 il controverso Soy Cuba di Michail K. Kalatozov. Fu l’unica collaborazio- ne tra l’ICAIC (Instituto Cubano del Arte e Industria Cinematográficos) e la Mosfil’m di Mosca. Lo si ricorda per i piani sequenza acrobatici, la tecnica ardita, anche se all’epoca fu accusato di non aver colto il vero spirito dell’isola. Ma qual è l’anima del cinema cubano? Proviamo a scoprirlo insieme. È una storia che inizia da lontano, proprio dai fratelli Lumière. Nel gennaio del 1897 Gabriel Veyre, un loro collaboratore, fa la prima proiezione a L’Avana. Mostra quattro cortometraggi, il costo del biglietto era di cinquanta centesimi: Partida de cartas, El tren, El regador y el muchacho e El Sombrero Cómico. La novità ha successo, e un mese dopo lo stesso Veyre realizza il primo film della storia cubana: Simulacro de incendio. La durata è solo di 60 secondi, e i protagonisti sono un grup- po di pompieri che sfidano le fiamme. I cubani non ci mettono molto a passare dietro la macchina da presa. Appena un anno dopo, l’attore José E. Casasús dirige El brujo desapareciendo, incentrato su un trucco di ma- gia. Anche l’industria comincia a muovere i primi passi. Nel 1905 vede la luce la Compañía Cinematográfica Habanera, una società di produzio- ne e distribuzione di Pablo Santos e Jesús Artigas. I due fondano anche una rivista: “Cuba cinematográfica”. E a L’Avana apre l’Actualidades, la prima sala cinematografica. Sono anni di forte espansione per il settore.

Il regista più importante del Muto è stato Enrique Díaz Quesada. Ri- cordiamo il documentario El epílogo del ‘Maine’, dove viene descritto il recupero del relitto di una nave statunitense, e Manuel García, rey de los campos de Cuba, che ha come protagonista un rivoluzionario. Il film più incisivo del periodo è La Virgen de la Caridad del 1930 di Ramón Peón. Racconta le angherie che un contadino deve subire da parte di un vio- lento feudatario. Purtroppo, l’85% delle pellicole di quei decenni sono focus Cuba andate perdute. Una delle criticità già traballante tenuta del settore. guerriglia, la sconfitta di Batista, delle distribuzioni cubane di quel Solo nel ‘49 il governo di C. Prío l’arrivo al potere di Fidel Castro. tempo è che non riuscirono a cre- Socarrás prova a dare una svolta. Dalle ceneri della società cultura- are un forte mercato interno, ca- Fonda una “banca del cinema”, le Nuestro Tiempo, nasce l’ICAIC, pace di sostenersi in autonomia. E il Patronato para el Fomento de ancora oggi il maggiore Istituto di l’avvento del sonoro indirizzò gli la Industria Cinematográfica Cu- produzione e distribuzione sul spettatori verso i prodotti ameri- bana, che supporta gli Estudios territorio. Proietta a Cuba Il posto cani. Già nel 1927 Il cantante Jazz di Nacionales diretti da Alonso. delle fragole di Bergman, La dolce Alan Crosland, primo film sonoro I finanziamenti diventano più vita di Fellini, Accattone di Paso- di sempre, fece registrare incassi significativi, e Alonso gira Siete lini, L’eclisse di Antonioni… Il pri- da capogiro. In più Hollywood muertes a plazo fijo e Casta de ro- mo a dirigerlo è Alfredo Guevara, produceva anche titoli recitati in ble. Su quest’ultimo vale la pena con il supporto degli intellettuali spagnolo, che toglievano possibi- di soffermarsi. Si tratta del suo Santiago Álvarez, Tomás Gutiérrez lità ai cineasti locali. Cuba si tra- lungometraggio migliore, che qui Alea e Saúl Yelín. L’obiettivo è di sformò in una terra di conquista, unisce la forza dei temi sociali, la creare una nuova identità nazio- anche per quanto riguarda il gran- militanza, con un’ottima padro- nale, favorendo i cineasti locali. de schermo. nanza espressiva. Ci sono i primi Nel 1960 c’è il blocco economico segnali di un cinema di qualità che dell’isola, Hollywood smette di Negli Anni ‘30, per attirare l’atten- si svilupperà negli anni a venire. monopolizzare il mercato. E gli zione del loro pubblico, i cubani si Nel 1959 crolla il regime di Batista, ideali rivoluzionari arrivano sul focalizzano su generi cinemato- trionfano gli ideali della rivoluzio- grande schermo, mescolati con le grafici ben codificati, che riman- ne. Chi prima lavorava nell’ombra, influenze del cinema italiano. Hi- dano ai canoni degli Studios. Il può finalmente uscire allo sco- storias de la revolución di Gutiérrez sonoro lo avrebbero poi raggiunto perto. Tra coloro che non si sono Alea si ispira a Paisà, con un rac- nel 1937 con La Serpiente roja di Er- mai piegati, si schierano in prima conto diviso in episodi. El joven re- nesto Caparrós, dove il mattatore fila Tomás Gutiérrez Alea e Julio belde di García Espinosa si avvale è un investigatore cinese. Prima García Espinosa, che nel 1969 scri- di un soggetto di Cesare Zavattini. alcuni pionieri, come Jaime Saint verà un saggio fondamentale per il Ma i film cubani hanno anche una Andrews in El caballero del mar, cinema cubano: Por un cine imper- chiave di commedia, usano toni avevano utilizzato il Vitaphone, fecto. I due, durante la lotta clan- più leggeri e popolari, come di- un complesso sistema che con- destina, avevano sfidato le regole mostra Las doce sillas, sulla ricerca sentiva di incidere l’audio su un rischiando la propria pelle. Il loro di alcuni diamanti nascosti, molto disco analogico durante le riprese. documentario di protesta El még- amato dal grande pubblico. Ma la difficoltà era nell’allinearlo ano era stato subito sequestrato. alle immagini in fase di postpro- Entrambi, all’inizio degli Anni ‘50, Il cinema “della rivoluzione” di- duzione. Nel 1937 nascono i primi avevano studiato al Centro Spe- venta subito un punto di riferi- “cartoni animati”, e tra i fondatori rimentale di Cinematografia di mento, è l’alba di un momento c’è Manuel Alonso con Napoleón, Roma. Non a caso nel loro cinema d’oro. Anche nel campo docu- el faraón de los sinsabores. si sentono le influenze del Neo- mentaristico e dei cinegiornali realismo. Intanto alcuni pensano si fanno passi da gigante. Ci si in- Dal punto di vista industriale di portare le loro opere nelle sale terroga sui diritti umani, su come però il numero dei film cubani d’essai statunitensi. A tentare per migliorare la società. E a conqui- non riesce a decollare, sono solo primo, nel 1956, è l’attore di teatro stare sono le eroine senza paura, sei all’anno. E anche la nascita di Marrio Barral con la Productores autonome e motivate. Manuela nuove società di produzione si ri- Independientes Asociados, S.A. di Humberto Solás Borrego narra vela un fallimento. Un esempio è (PIASA). Ma l’impresa appare te- di una guerrigliera pronta a sacri- la Películas Cubanas S.A. (PECU- meraria e senza esito. ficarsi per il bene comune, criti- SA), che dopo un biennio (1938- cando duramente la connotazio- 1939) chiude i battenti. Intanto la La Storia di Cuba e del suo ci- ne machista del sistema cubano. Seconda Guerra Mondiale mina la nema scorre veloce. Tre anni di Lucia invece è diviso in tre periodi

82/83 separati, ed è interpretato da tre donne diverse che condividono lo stes- Nel 1990, l’ICAIC aveva prodotto so nome. 1895, 1932 e gli Anni ‘60, che corrispondono alla seconda guer- 161 film, 1.082 documentari, 262 ra d’indipendenza, alla lotta contro la dittatura del generale Machado e cartoni animati, 1.490 cinegiorna- infine a una rinnovata voglia di reinventarsi eliminando alcuni stereotipi. li. Ma la caduta dell’Unione Sovie- tica mette in crisi Cuba. Il modello Uno dei film più importanti è Memorias del subdesarollo di Gutiérr- socialista europeo non ha funzio- ez Alea. Il “sottosviluppo” richiamato dal titolo si riferisce al ruvido nato, viene a mancare il sostegno rapporto tra la borghesia e il comunismo. Il richiamo a certi canoni di economico dell’URSS. La rinasci- propaganda imposti dal partito negli Anni ‘60 è un duro colpo all’arte ta che si prospettava negli Anni cubana, non solo sul fronte cinematografico. L’ICAIC si impegna fin da ‘80 comincia a rallentare. Si invo- subito a proteggere registi e attori, rifiutando la censura. L’obiettivo è di ca una nuova unità nazionale, per promuovere un’offerta variegata, mai statica, suddivisa su più generi ci- far fronte all’emarginazione in ar- nematografici. Devono incontrarsi intrattenimento e autorialità. Tante rivo sullo scacchiere geopolitico. I le tematiche: il patriottismo (Páginas del diario de José Martí di José Mas- tagli sono molti, il cinema fa fatica sip), gli antieroi (la trilogia di Sergio Giral composta da El otro Francisco, a rialzarsi. Si riduce drasticamen- Rancheador e Maluala), l’incontro tra documentario e fiction (De cierta te il numero di film già in cantiere. manera di Sara Gómez), l’animazione (El machete di Juan Padrón), la Le casse dell’ICAIC sono vuote, politica (Mella di Enrique Pineda Barnet), la rivolta del 1907 dei minato- l’unica possibilità sono le copro- ri cileni (Cantata de Chile di Solás). Gutiérrez Alea nel 1979 gira anche il duzioni con l’estero. Il problema è suo omaggio a Viridiana di Buñuel, ovvero La última cena. che spesso in questi film i cubani sono presentati come macchiette, La creatività e la sperimentazione negli Anni ’80 si muovono su due stra- come figure caricaturali. E Cuba è de. Da una parte c’è il cinema attento all’individuo, alla costante muta- descritta come la terra della cuc- zione dell’ambiente che lo circonda. Dall’altra si afferma una marcata cagna, dove il turista occidentale necessità commerciale, che si allinea alla tradizione della commedia. In può permettersi di tutto e di più. Son… o no son di Espinosa la parodia si fa irriverente, come in Cecilia di Alcune coproduzioni hanno però Solás, che fu accolto in modo controverso. Nel 1982 lo stesso Espinosa molto successo, e nascono delle sostituisce Guevara alla direzione dell’ICAIC, e si mette a promuovere opere interessanti che varcano la cosiddetta: “drammaturgia del quotidiano”. Le narrazioni si devono le frontiere. Fragola e cioccolato di proporre come il riflesso dell’uomo comune, devono essere attente alle Tomás Gutiérrez Alea e Juan Car- necessità del popolo. Si abbandonano i drammi storici, spesso collocati los Tabío (1993), vince l’Orso d’ar- in epoca coloniale, che avevano caratterizzato il decennio precedente. gento al Festival di Berlino e viene Si conclude il Quinquennio Grigio (1971-1976), dove la censura si era candidato all’Oscar per il Miglior guadagnata purtroppo un ruolo di primo piano. La necessità è di affron- Film Straniero. Tratta dell’omo- tare temi come l’emigrazione, la fuga dal Paese. Viene in mente soprat- sessualità nel 1979, un argomento tutto Lejania di Jesus Diaz del 1985. Per i documentari, oltre al maestro tabù a Cuba, che finalmente trova Santiago Álvarez, si fa strada il giovane Enrique Colina, con Estética, il suo spazio anche al cinema. Vecino e Chapucerías. Nel 1986 viene fondata la Scuola Internazionale di Cinema e Televisione di San Antonio de los Baños, perno culturale I fondi provenienti dall’estero dell’isola, dove si sono formate più generazioni di cineasti. consentono agli autori di uscire dalle maglie censorie, dalle im- focus Cuba posizioni rigide. I giovani registi nata l’autorevolezza dell’ICAIC e e scrittori sono più liberi di far anche la centralità di una settima sentire la loro voce, si gettano le arte rispettosa delle proprie origi- basi di un cinema indipendente. ni. Per altri invece rappresenta il Suite Habana del 2003 di Fernan- futuro. Citando il decreto: “Il Mi- do Pèrez offre uno spaccato mol- nistero della Cultura, incaricato to duro sulla vita di tutti i giorni di applicare la politica culturale a L’Avana, attraverso otto storie della Rivoluzione Cubana, ha ap- di inaudita sofferenza. Pèrez è il provato diverse risoluzioni che: secondo cineasta più importante regolano il funzionamento del della storia del cinema cubano, registro dei lavoratori audiovisivi dopo Gutiérrez Alea. Da ricordare e cinematografici indipendenti, sono anche Madrigal, dove Pèrez creano il fondo per la promozione sfiora l’astrazione, e José Martí el del cinema cubano e di una Film ojos del canario del 2012. Attraver- Commission per la supervisione so la macchina da presa, si va alla dei progetti”. E ancora: “Questa ricerca di un’identità nazionale politica, basata sulla promozione sempre frammentata: conflitti della creazione cinematografica generazionali, religiosi, i flussi e audiovisiva, riconosce l’ICAIC migratori che si contrappongono come l’asse centrale del cinema al turismo. Tutto questo viene cubano, in conformità con i suoi affrontato in film come Lista de principi fondanti e la necessità pending, Nada, Miel para Ochún, di accompagnare i giovani registi Perfecto amor equivocado, Habana nello sviluppo di un cinema na- Blues e Viva Cuba. Non mancano zionale”. L’auspicio è di assistere il razzismo, la discriminazione, alla costruzione di una sinergia e uno sguardo più oggettivo sul- che getti le basi di un cinema este- la Storia. Il cinema cubano si fa ticamente e commercialmente in più universale. Non si parla solo buona salute. di vicende “locali”, l’obiettivo è di far sentire la voce di Cuba nel A questo punto potremmo tor- mondo, mostrare il vero volto del- nare alla domanda di partenza. la sua gente. Cineasti come Pavel Nel 1964 il pubblico, per schie- Giroud, Lester Hamlet, Esteban rarsi contro il film di Kalatozov, Insausti e Alejandro Brugués aveva coniato lo slogan “NO Soy cercano di allargare l’orizzonte. Cuba”, “Io non sono Cuba”. Ma Brugués dirige Juan de los muer- allora qual è l’anima del cinema tos, dove unisce umorismo nero cubano? Sfaccettata, mai univoca, e zombie. Ad oggi è il progetto in continua evoluzione. La spinta che ha ricevuto più finanziamenti rivoluzionaria ha segnato i giorni dall’estero, al di fuori del circuito migliori, ma oggi si può sperimen- gestito dall’ICAIC. Ha incassato tare, scegliere se appoggiare le di- molto al botteghino, ed è stato ac- namiche dell’industria o riflettere quistato in oltre trenta Paesi. sugli esseri umani, provando a ri- conciliarsi con l’eredità della Sto- Cambiano le influenze estetiche, ria. Nel 2018, in Italia è stata distri- lo stile alcune volte si avvicina a buita una commedia cubana dal quello del videoclip, le immagini titolo Sergio e Sergei – Il professore e hanno colori accesi, il montaggio il cosmonauta di Ernesto Daranas. scorre a velocità estrema. È ciò Racconta di un cosmonauta russo che capita in Long Distance, Old in orbita, che per caso si mette in House, Lisanka, Fable e The Mole’s contatto con un radioamatore a Den. Il cinema cubano si divide tra L’Avana, un professore universi- una fascia “libera” e quella sup- tario di filosofia marxista. È il 1991, portata dall’ICAIC. Ma nel 2019 l’Unione Sovietica sta crollando. è stato varato un decreto legge Entrambi si sentono orfani, ma (il 373), che prevede l’erogazione in qualche modo devono riparti- di fondi anche per la crescita del re. Come il cinema cubano, che è cinema indipendente. Si tratta di ambizioso, maturo, e ha le carte una decisione senza precedenti, in regola per creare interesse e cu- che ha suscitato un acceso dibat- riosità nelle platee internazionali. tito. Secondo alcuni, viene mi-

84/85 DALL’ICAIC ALLE NUOVE TENDENZE di LUCIANO CASTILLO

Direttore della Cinemateca de Cuba a L’Avana

Sono passati sessant’anni dalla nascita dell’ICAIC (Istituto Cubano dell’Arte e dell’Industria Cinematografica), agenzia governativa sen- za precedenti creata nel 1959. Film come Memorias del subdesarrollo di Tomás Gutiérrez Alea e Lucia di Humberto Solás, del 1968, sono or- mai dei classici. Il Noticiero ICAIC Latinoamericano (il cinegiornale dell’ICAIC), oltre a essere Patrimonio Nazionale di Cuba, fa parte del Registro della Memoria del Mondo dell’UNESCO. Il cartone animato ¡Vampiros en La Habana! (Vampiri a L’Avana) del 1985, di Juan Padrón, è considerato un cult per quanto riguarda l’animazione. Il cinema si è consolidato, e l’intenzione è sempre stata quella di educare il pubblico alle immagini attraverso l’arte.

La collaborazione con altri Paesi, specialmente europei, ci ha permesso di rivitalizzare le tipografie delle famose locandine cubane, lo sviluppo di scuole legate al settore, l’aumento delle pubblicazioni delle Edicio- nes ICAIC (la casa editrice dell’Istituto) e il graduale recupero dei do- focus Cuba Filo diretto da L'Avana Il punto di vista critico.

cumentari. La priorità assoluta è temi, stili e generazioni diverse coe- iniziare Una noche con los Rolling los Baños. Heidi Hassan e Patricia conservare le pellicole custodite sistono sul grande schermo. Dopo Stones (Una notte con i Rolling Pérez, finiti gli studi, nel 2019 han- dalla Cineteca Cubana, che cor- essersi confrontato con l’identità Stones) non appena l’attuale si- no girato il documentario A media rispondono alla nostra cultura. di un popolo nel film in costume tuazione sanitaria lo permetterà. voz (Parlando a bassa voce), che è Di recente sono state messe a di- Insumisas (Disobbediente) del stato premiato in festival di tutto sposizione della Cineteca nuove 2018, Fernando Pérez, uno dei no- La produzione del cinema cuba- il mondo. strutture e, con l’aiuto di radicate stri registi più importanti, è al lavoro no, che non ha mai superato più realtà internazionali, stiamo la- per raccontare il contemporaneo di una decina di titoli l’anno, com- Il cinema cubano, acclamato per vorando sui restauri. Purtroppo, dell’isola in Rikimbili o La vida según prende film finanziati non solo i suoi profondi valori umani, è a Cuba il personale specializzato Nelsito (Rikimbili o la vita secondo dall’ICAIC, ma anche prodotti da una preziosa testimonianza vi- in materia non è molto ampio, e Nelsito). È in arrivo Oscuros amores Società non statali che siano sta- siva e una fonte di informazioni non ci sono neanche le risorse (Amori in nero) di Gerardo Chijo- te ufficialmente registrate. Tutto sull’evolversi di un Paese che non per intraprendere processi tec- na, una commedia dai toni noir, e questo era successo già prima smette di crescere e di costruirsi nici così complessi. Grazie alla Jorge Luis Sánchez ha già mostrato dell’approvazione della tanto at- giorno per giorno. È un cinema World Film Foundation, a Martin in anteprima Buscando a Casal (Alla tesa Legge sul Cinema. Nel bel che nel corso degli anni ha saputo Scorsese che ha supervisionato ricerca di Casal), controverso ritrat- mezzo della complicata situazio- fondere tra loro gli elementi del le operazioni, e alla Cineteca di to del famoso poeta del XIX secolo ne creata dalla pandemia, l’ICAIC documentario e quelli della fin- Bologna, alcune pietre miliari Julián del Casal. Si tratta di una delle ha sentito la necessità per la prima zione, eliminando le barriere che dirette da Alea e Solás sono state proposte più intriganti e rischiose volta di convocare il Fondo per la spesso li separano in senso non presentate al Festival di Cannes. E presenti in questo momento nel promozione del cinema cubano, solo estetico. I cineasti di Cuba si col contributo di specialisti della nostro panorama cinematografico. per supportare e dare nuova linfa trovano oggi davanti a sfide sem- Los Angeles Academy of Motion El Mayor (2019), la cui uscita è al settore. Questo processo, so- pre più complesse, in un secolo Picture Arts and Sciences, capo- stata rimandata per differenti stenuto dallo Stato, rafforza la na- che è ormai entrato nel suo terzo lavori di Alea come La muerte de motivi, è la vicenda di uno dei più scita di lungometraggi di finzione, decennio. Tanti nomi hanno un un burócrata (1966) e La última importanti leader nella lotta per documentari, film d’animazione, futuro promettente. E forze gio- cena (1976) sono stati proiettati l’indipendenza di Cuba. Il regi- rendendo sempre più solidi i rap- vani sono pronte ad arricchire alla Mostra di Venezia e a Il Cine- sta Rigoberto López è purtroppo porti tra gli artisti e le istituzioni. quello che alcuni già chiamano “il ma Ritrovato di Bologna, punto di scomparso prima che il progetto Inoltre, il numero dei registi è in nuovo cinema cubano”. riferimento per industria e appas- fosse completato. Dalla Storia alla crescita, questo grazie ai diplo- sionati di ogni nazionalità. musica: dopo il successo della sua mati che escono dalla prestigiosa opera prima El techo (Il tetto) del Scuola Internazionale di Cinema Oggi il cinema cubano è sfaccettato: 2016, Patricia Ramos è pronta a e Televisione di San Antonio de

86/87 cinema espanso

MASSIMO TROISI, UN CUORE NAPOLETANO

di CRISTIANA PATERNÒ

A Napoli, a Castel dell'Ovo, la mostra "Troisi poeta Massimo", un progetto di Istituto Luce Cinecittà che restituisce il coté poetico dell'artista di San Giorgio a Cremano.

Il lato poetico di Massimo Troisi. Uomo e artista estremamente sensi- riprese lasciando tutti sgomenti. volle fare un giro per Cinecittà, bile, fin dalle poesie scritte di getto dall’età di 16 anni. All’epoca viveva Quel libro, Ardiente paciencia, che rivedere i teatri dove aveva girato in una famiglia di 17 persone e la scrittura era il suo spazio intimo, il suo gli era stato donato dalla compa- i suoi film – racconta ancora Ve- scrigno. Sono versi indirizzati alla mamma, che perde giovanissimo, o al gna Nathalie Caldonazzo, l’ave- neruso – Non so se presentisse suo cuore malandato, versi magari naïf come ingenua e “semplice” volle va folgorato, tanto che da subito qualcosa, ma era stanco di tutto essere la sua arte, per quanto invece sofisticata e profonda. Ricca di con- pensò al film e in mostra c’è la sua quel martirio, degli interventi che trasti e di ossimori, tanto da venire definita “malincomica”. copia personale, con gli appunti aveva subìto fin da ragazzino. Uno a margine, ma anche la bicicletta strazio, specie per uno come lui Dunque, Troisi poeta. Anzi poeta Massimo. Titolo dello spettacolo te- e la borsa del postino di Neruda, che amava il calcio, figlio di un atrale curato dal nipote Stefano Veneruso e della mostra romana del i bozzetti di Lorenzo Baraldi e calciatore professionista e bravo 2019 ripresa e ampliata per portare ora l’artista nella sua Napoli, a Castel Gianna Gissi, rispettivamente per a giocare. Anche quando dimen- dell’Ovo, fino al 31 gennaio 2021 (ma con una proroga quasi certa per scene e costumi, il backstage gira- ticava la malattia, era il ticchettio colmare le settimane di ritardo a causa del Coronavirus). Un progetto ​ to da Stefano Veneruso, all’epoca della mitrale al titanio a ricordar- promosso e organizzato da Istituto Luce-Cinecittà con l’Assessorato 23enne aiuto regista di Radford, gliela”. alla Cultura e al Turismo del Comune di Napoli e 30 Miles Film con il con una telecamerina VHS che Nel percorso multimediale tro- riconoscimento di MiBACT - Direzione generale Cinema e Audiovisivo proprio Massimo gli aveva regala- viamo testimonianze di Carlo Ver- e Regione Campania ​in collaborazione con Archivio Enrico Appetito, to. In quel filmato – che Massimo done, della sceneggiatrice ed ex Rai Teche, Cinecittà si Mostra, Cinecittà News. I curatori sono Nevio passava notti insonni a rivedere partner Anna Pavignano, di Gian- De Pascalis e Marco Dionisi, oltre ovviamente a Veneruso, figlio della - vediamo Troisi che fa l’ultimo ni Minà, Enzo Decaro, complice sorella Annamaria. “Per me Massimo è stato come un fratello maggiore, brindisi a Cinecittà, al Teatro 9, con Lello Arena nel trio, dell’a- di 15 anni più grande – racconta Stefano – nella sua arte forse era malin- dicendo “Non vi scordate di me”: mico d’infanzia e produttore Ga- conico, come si tende a dire, ma non nel privato, amava giocare e voleva era in attesa del trapianto e aveva etano Daniele, di Renato Scarpa, sempre vincere. Era spiritoso e allegro e aveva sempre una visione spe- voluto portare a termine il film, Massimo Wertmüller, Marco Risi ciale delle cose. Pensava molto, questo sì. E poi aveva un’aura, stare con per il quale ebbe poi due candi- e Massimo Bonetti, che racconta lui era indescrivibile”. dature postume agli Oscar, come la parte frivola: i viaggi e il rimor- In questo nuovo allestimento il filo conduttore è il rapporto con la sua miglior attore e per la sceneggia- chio al Bar Parnaso ai Parioli, dove città in un percorso tra fotografie private, immagini d’archivio, locandi- tura non originale. Voleva prose- andavano spesso insieme e ogni ne, filmati e carteggi personali inediti. C’è spazio per le canzoni scritte guire a tutti i costi, anche se tutti volta facevano qualche conquista. ai tempi della Smorfia, e poi uscite in un cd di Enzo Decaro del 2008, e lo sconsigliavano. “Questo film lo “I suoi film – spiega Dionisi – han- c’è l’emozione speciale dell’ultimo film, Il Postino, anche quello legato voglio fare con il mio cuore, e non no raccontato una generazione di al mondo della poesia, sulla scorta della pagina di Antonio Skàrmeta. col cuore trapiantato”, diceva con antieroi, ragazzi fragili, con diffi- La morte, il 4 giugno del ’94, arriva proprio a poche ore dalla fine delle gentile fermezza. “Ricordo che coltà lavorative, problemi senti- cinema espanso mentali, squattrinati, eternamente a casa coi genitori”. E se Il Postino è, per tanti versi, la summa della sua arte, Ricomincio da tre segna l’esordio folgorante al cinema, nell’81. Un grande e inaspettato successo per il produttore Mauro Berardi – 5 miliardi e mezzo di incassi - che si deve ascrivere, oltre che alla comicità lunare, alla gestualità unica e all’elo- quio inconfondibile, sincopato e interrotto, quasi jazzato, proprio alla capacità di descrivere i giovani di quegli anni, il post ‘77, il post terre- moto, il rapporto complicato con il femminismo e le donne, la politica vissuta dal basso, un nuovo modello antropologico in fieri. Massimo è incarnazione di questo antieroe moderno e rivoluzionario, anarchico come un Pulcinella senza maschera. Certamente figlio della contesta- zione, tanto che, quando, sull’onda del successo, lo chiamano al Festi- val di Sanremo, rifiuta il prestigioso invito perché non è disposto a con- formarsi al diktat Rai, “non improvvisare, non parlare di Pertini in visita ai terremotati dell’Irpinia”. “Sono indeciso se portare una poesia di Pa- scoli o Carducci”, sfotte. E annulla tutto a mezz’ora dalla messa in onda. Tra i suoi estimatori più di tutti c’è Ettore Scola, che lo dirige in tre film: Splendor e Che ora è? (entrambi con Marcello Mastroianni) e in versione Pulcinella con Il viaggio di Capitan Fracassa del ’90. “E l’avrebbe diret- to ancora, se avesse potuto”, racconta Dionisi facendo riferimento al mancato progetto Un drago a forma di nuvola. “Scola, quando vedeva una foto di Massimo, si rabbuiava e non riusciva a rivedere Il Postino. Per lui era il figlio maschio che non aveva avuto”. Aggiunge Veneruso: “Una volta lo accompagnai a casa di Ettore a Fregene e mi resi conto di quan- to si amassero. Per Massimo era riposante essere diretto da un grande maestro con cui c’era sintonia assoluta, gli faceva sentire meno la fatica del lavoro a 360 gradi”.

88/89 FERRAGAMO E LA SCARPA PERFETTA

di NICOLE BIANCHI

Il calzolaio dei sogni - l'autobiografia di Salvatore Ferragamo che ha ispirato il doc Salvatore – Shoemaker of Dreams di Luca Guadagnino - si rinnova a 63 anni dalla prima edizione e arriva anche in e-book. “Signore e Signori, Audiolibro e versioni in lingue straniere sono attese la parte meno importante di que- per il prossimo anno. sto libro è il racconto della vita di un calzolaio italiano. Tutti possia- mo scrivere la storia della nostra vita […] Dunque, questo libro trat- ta soprattutto di piedi. […] La sa- lute dei vostri piedi dipende in so- stanza dalle scarpe che indossate. […] Il piede finisce per prendere la forma della scarpa, e una scar- cinema espanso pa progettata e realizzata male pennino meridionale, è un vero su un bicolore bianco e nero di turalmente, attese e immancabili, lo distorce, lo schiaccia, lo com- cul-de-sac…”, quello da cui però malinconica suggestione; o “Un le fotografie delle dive, da Joan prime. […] Questo è il lavoro di il talento è prepotentemente fuo- sandalo di Ferragamo - pagina Crawford a Carmen Miranda, tutta la mia vita: imparare a fare riuscito, alla conquista di un’altra 70 - fotografato con il pendolo, a alla nostra Anna Magnani, a Pa- scarpe perfette… […] Quindi, per collina, quella di Hollywood, e sintetizzare gli studi condotti da lazzo Spini Feroni – storica e sem- favore, guardate oltre la storia del del mondo tutto, fino ad andare Ferragamo sulla calzata”, aspetto piterna sede fiorentina dell’azien- bambino scalzo e quasi analfabe- “avanti per sempre. Sono appena fondamentale nella concezione da Ferragamo, qui nel 1955, mentre ta…”, queste le parole di Salvato- agli inizi e mi sto ancora perfezio- della sue scarpe, infatti, appena l’attrice prova il sandalo Ranina. re Ferragamo - nato nell’irpina nando per il lavoro che dovro fare approdato negli Stati Uniti, a Bo- Bonito, provincia di Avellino, il in futuro. Il compito al quale sono ston, rimane scandalizzato dal- Leggere il libro è un po’ guardare 5 giugno 1898 – per la Prefazione stato destinato. Ho tutto il tem- la produzione industriale delle il film, e viceversa, perché dalle della sua autobiografia letteraria, po del mondo. So che e cosi. E se calzature, per lui inconcepibile: pagine di carta l’abilità di Ferra- Il calzolaio dei sogni, pubblicata lo non sara con questo corpo, vuol quasi analfabeta, come lo stesso gamo è stata quella di scrivere scorso settembre da Electa, in una dire che compiro la mia missio- Ferragamo dice del se stesso di con un tono e un passo tali da raffinata ri-edizione con coperti- ne con un altro. Tutti viaggiamo allora, a quel punto s’iscrive ad passar davvero l’impressione che na rigida in tessuto color carmi- nel flusso di un’eterna marea. Un Anatomia all’Università della Ca- s’abbia dinnanzi l’uomo che, in nio, su cui campeggiano il nome eterno scorrere che non avra mai lifornia, alla ricerca dell’ “equili- prima persona, narra se stesso e dell’autore e il titolo del volume, fine. Ecco, vi ho raccontato la mia brio”, che vive nella caduta verti- la sua epica biografia: ma, al tem- rispettivamente in nero e oro, ri- storia. Non voglio abusare della cale del peso del corpo sull’arco po stesso, anche il documentario presi poi nella quarta, diretto da Guadagni- nell’illustrazione delle no, pur conservando “Moderne”, come nel il tratto della mano bozzetto del manife- dell’autore cinema- sto pubblicitario data- tografico, è riuscito a to 1930 (pagina 129 del trattenere l’essenza volume). dell’io centrale della storia; naturalmente, Da questo libro - pri- Salvatore il film si correda di ma edizione in ingle- contenuto ulteriore, a se, nel 1957, per Ge- commento, contem- orge G. Harrap&Co. Ferragamo poraneo, come nel- - Londra, a cui seguì le parole di Martin la traduzione italiana Scorsese, una delle nel ’71 per Sansoni, personalità intervista- Firenze – l’ispirazione Il calzolaio te, insieme alla costu- per Salvatore – Shoe- mista Deborah Na- maker of Dreams, do- doolman Landis, e cumentario diretto dei sogni ai colleghi “ciabatti- da Luca Guadagnino, ni” Manolo Blahnik presentato alla recen- e Christian Loubou- te Mostra del Cinema tin, in cui però non di Venezia, infor- manca il racconto mazione che strilla famigliare, contesto anche sulla fascetta apposta su vostra ospitalita e spero di non plantare che, da sempre, contrad- fondamentale per Salvatore Fer- quest’ultima edizione dell’auto- avervi trattenuti troppo a lungo. distingue la calzata perfetta che ragamo, come confermato, pro- biografia, cui è seguita la versione Signore e Signori, grazie! Arrive- porta il suo nome. Dunque, non prio al Lido, delle parole di un e-book, mentre l’audiolibro e le derci”, così si conclude lo scritto. solo una creazione artistica quel- altro figlio, Leonardo: “Con la edizioni straniere sono annun- la di Ferragamo, ma soprattutto mia famiglia siamo molto emo- ciati per il prossimo anno. Ciascun capitolo di questa edizio- tecnica, ossessivamente tale per zionati. Abbiamo, prima di que- ne 2020 – cura grafica dello Studio Salvatore, che – in tutta la vita – sto film, evitato molte tentazio- 22 capitoli, da Scarpette bianche Leonardo Sonnoli - apre con una deposita parecchi brevetti delle ni ma qui s’è scelta la forma del a La sfida del futuro, per 238 pa- prima pagina titolata in testa, in sue creazioni e di ciò che ne deri- documentario, la più vera, e non gine “di vita su carta”, laddove cui il testo a seguire ha sempre un va, come mostra il documento a poteva che essere un genio del il capitolo d’apertura recita: “Se corpo più grande rispetto a quello pagina 79, “brevetto 1,479,536 per film come Luca Guadagnino a partendo da Napoli procedete delle pagine che seguono, così da ‘apparecchio ortopedico’ rilascia- riuscire a renderla come doveva verso est per un centinaio di chi- chiamare subito l’attenzione sul to negli Stati Uniti il 1° gennaio essere. Siamo orgogliosi. Un ap- lometri, raggiungerete un pic- soggetto del capitolo stesso, den- 1924 (con domanda n. 512,612 del prezzamento particolare va a mia colo paese che non ha altra via tro cui poi ci si addentra, tra pa- 3 novembre 1921)” e come confer- madre, Wanda – a cui il film è de- d’uscita se non quella che avete role, ma anche immagini d’epoca: ma – nel documentario – il figlio dicato - per aver portato sempre percorso per arrivarci. È Bonito, così, una foto d’antan a pagina 12 Massimo: “quando creava cose presente, in modo enfatizzato, il paese dove sono nato. Situato imprime “La piazza principale di particolari, le brevettava”, così il l’amore per mio padre”. sulla cima di una collina dell’Ap- Bonito agli inizi del Novecento” famosissimo “tacco a gabbia”. Na-

90/91 MNEMOSINE, CLIO, URANIA, CRONOS. I MITI CONTINUANO

di SARA COLOMBINI

Nato sotto il segno di una paternità realistica e di una maternità fantastica, il cinema attinge costantemente dalla fonte mitologica classica. Ce ne parla un libro di Gian Piero Brunetta, Le muse al cinema. Memoria, Mito, Metamorfosi che raccoglie saggi scritti dalla fine degli Anni ’60 ad oggi.

Bisogna sostare sulla copertina morfosi al cinema; ed è una Diva, prima di intraprendere i percor- icona e femme fatale, a schiudere il si di ricerca dell’ultimo volume dialogo con ogni lettore e spettato- di Gian Piero Brunetta. Un titolo re dello spazio e nel tempo. allitterante, Le muse al cinema. L’inizio dello spettacolo è nel Memoria, Mito, Metamorfosi, e 1895, anno in cui, sotto l’incante- un’immagine sottostante, una simo delle muse, la Settima Arte fotografia di Theda Bara che inter- nasce come mito e macchina mi- preta Cleopatra nel film omonimo, topoietica. Grazie al lógos dei Lu- anticipano, nel paratestuale, il filo mière e al mythos di Méliès, men- soggiacente al testo: sono le muse tre Mnemosine e Clio, dee della a ispirare e orientare l’arte della Memoria e della Storia, rendono memoria, del mito e della meta- il cinema un potente archiviatore cinema espanso e certificatore del reale; Urania, gli stessi miti (si pensi alla rappre- musa dell’Astronomia, inanella sentazione della macchina che, le avventure astronomiche del nata all’insegna della meraviglia, cannocchiale a quelle popolari ha finito per fagocitare l’uomo della lanterna magica per offri- nei propri ingranaggi), ma anche re allo sguardo esperienze visive la percezione delle vesti mitiche meravigliose. Nato sotto il segno del cinema, cangianti come le po- di una paternità realistica e di una etiche e i sogni dei suoi cineasti: maternità fantastica, il cinema at- se per le avanguardie di inizio se- tinge costantemente dalla fonte colo la Settima Arte è stata musa mitologica classica per abbevera- ispiratrice di forme espressive re i propri mondi. La persistenza sperimentali; per il realismo e il del mito sullo schermo deriva Neorealismo, in un’inversione di dalla sua natura meta e polimorfi- rotta, ha soffiato verso un ritorno ca: contenitore degli archetipi del alla tradizione del racconto orale. racconto, elemento identitario È però soprattutto sulla scia delle nazionale e specchio dell’incon- Metamorfosi ovidiane che la natu- scio collettivo, ma anche motore ra mutante delle immagini filmi- dell’immaginario, stimolo crea- che rende possibile ogni forma di tivo e attrattore popolare, esso è ibridazione e trasfigurazione dei humus e plancton, e se la metafora corpi: la leggendaria fenomeno- vegetale restituisce la sua natu- logia del divenire animale sboccia ra di ciclico fertilizzante, quella dall’immenso campionario delle animale, che figura l’adattabilità figure mitologiche e, passando di tutti i suoi organismi a ogni dalle Dive angeliche-demoniache ambiente (in greco, planktón si attraverso l’evoluzione dell’homo traduce come errabondo), lo ren- erectus in homo technologicus sino de materia caleidoscopica duttile alla galassia dei mostri, sbarca su da plasmare da un punto di vista un futuro distopico e post-umano narrativo, simbolico e visivo (si abitato da androidi, robot, repli- veda a tal proposito il capitolo canti e cyborg. Il mito, poi, può far- sulla longevità del western, gene- si tessuto connettivo tra gli uomini re epico più popolare del contem- e i propri alter-ego cinematografi- poraneo). Ed è proprio attorno ci: un unicum è il caso di Pasolini alle variazioni delle forme e delle che, rielaborando nuclei tematici figure classiche nell’iconosfera e secondo continue innovazioni for- nell’immaginario mediatico no- mali, riesce a compiere la ricerca di vecentesco che si irradiano i saggi sé attraverso una metamorfosi che che compongono questo volume: lo porta a coincidere in una mimesi nella cornice del divenire dell’ho- differenziale con l’Edipo sofocleo mo cinematographicus e dell’alfa- e lo sfondo atemporale su cui si beto delle sue immagini, ognuno staglia la sua tragedia. di essi ripercorre il progressivo Lungo questa navigazione nel intrecciarsi e disciogliersi delle secolo della visione, gli Iconauti sue (rap)presentazioni e (ri)pre- si sono trasformati in Cybernau- sentificazioni mitiche sulle su- ti e le tradizionali forme dell’e- perfici del visibile. La velocità su sperienza cinematografica si cui sintonizzarsi è 24 fotogrammi sono mescolate con e liquefatte al secondo: in scena, c’è la meta- nell’habitat della Rete. Mentre morfosi, eracliteo arché dell’esi- l’espansione del linguaggio uni- stente e principio trasformativo versale delle immagini sembra delle immagini filmiche. A scor- atrofizzare i poteri dello sguardo rere è anzitutto il tempo, e men- e ridurre il visibile, i miti conti- tre la cinematografia americana nuano a testimoniare la propria proietta su impulso di Cronos il durevolezza: sotto l’egida di Muse proprio sguardo verso un futuro eterne, essi inspessiscono senza da conquistare; quella europea, su sosta la memoria della propria cui si imprime l’afflato di Mnemo- storia, in un costante viaggio di sine, si muove in senso antiorario metamorfizzazione tra le costella- per assorbire dalla temporalità del zioni della mediasfera che sembra passato il proprio materiale narra- destinato a non avere fine. tivo. A variare, poi, non sono solo

92/93 A CASA DI ALBERTO

di GIULIA BIANCONI

La villa di famiglia a piazzale Numa Pompilio a Roma, e il Teatro dei Dioscuri al Quirinale, ospitano - fino-Alberto al 31 gennaio Sordi 1920-2020”, - la mostra “Il Centenario curata da Alessandro Nicosia con Vincenzo Mollica e Gloria Satta, promossa da Fondazione Museo Alberto Sordi, con Istituto Luce Cinecittà. Nella sua dimora, mai aperta prima al pubblico, e che presto diventerà un vero e proprio museo, si scopre soprattutto l’aspetto privato dell’artista, cinema espanso nato nella Capitale il 15 giugno di un secolo fa. Esiste il gigante Sordi. Il mostro “Quando si chiudeva tra le mura sacro della Commedia all’ita- domestiche, questo immenso liana. La maschera dalle infinite artista tornava a essere sempli- espressioni. L’icona della roma- cemente Alberto. Dunque, la sua nità cinematografica. Il tassinaro, storica villa, mai aperta prima al il medico della mutua, il vigile, il pubblico, e che presto diventerà borghese piccolo piccolo. L’ar- un vero e proprio museo, era il tista che non diceva mai di no ai luogo ideale per offrire al pub- suoi fan. E poi c’è l’uomo Alber- blico un suo ritratto completo, to. Riservato, un fervente cattoli- inedito, profondo”, spiega Gloria co, legatissimo alla sua famiglia, Satta, che con Sordi aveva un forte soprattutto alle sorelle Aurelia e legame di amicizia. Savina. Un vero benefattore, no- Il percorso della mostra inizia con nostante la sua fama di avaro. Un il contratto di acquisizione della estimatore degli anziani, un soste- casa. La mattina del 20 maggio nitore dei giovani, un amante dei 1954 Sordi vede per la prima volta cordi del cinema. Ci sono un toro La mostra prosegue poi nei padi- cani e, in generale, degli animali. la villa immersa nel verde che af- meccanico (sul quale è salito an- glioni esterni. Il primo svela un Nella sua villa di piazzale Numa faccia sulle Terme di Caracalla. Il che Anna Magnani), una cyclet- Sordi sconosciuto, che debutta Pompilio a Roma, l’Albertone pomeriggio si presenta dal notaio te, un punching ball. Una piccola come doppiatore. Sono esposti i nazionale trovava il suo rifugio per acquistarla. La paga 10 milio- galleria ospita alcuni abiti del suo manoscritti, gli interventi da cro- lontano dai riflettori. Era l’unico ni di lire in contanti, soffiandola guardaroba personale. nista per il Giro d’Italia, gli sketch luogo in cui non era l’idolo delle a Vittorio De Sica, da tempo inte- Se non avesse fatto l’attore, Sordi radiofonici con i personaggi di folle. Ed è lì che, fino al prossimo ressato a comprarla. avrebbe fatto l’antiquario. E nei Mario Pio e Conte Claro. Una sa- 31 gennaio, sarà possibile scopri- Sordi trasforma la legnaia in tea- saloni della casa si scopre il gusto letta è dedicata a Mamma mia, che re soprattutto l’aspetto privato tro. Qui viene raccontato il giova- di un uomo benestante degli Anni impressione!, il primo film da lui dell’attore e regista nato nella Ca- nissimo Alberto, inserito nel suo ‘50. Le sue passioni per il bello e scritto nel ‘51. La seconda tenso- pitale il 15 giugno di un secolo fa. contesto familiare. Per tanti anni l’arte, tra i quadri di De Chirico, le struttura, invece, racconta il suo La mostra “Il Centenario-Al- questo luogo, con una cabina di statuine di Pinelli e i pregiati broc- rapporto con le donne (lo scapolo berto Sordi 1920-2020” svela la proiezione, i camerini e un piano- cati. Una delle sale ospita anche la d’oro, sempre fidanzato, che non dimensione umana, intima, af- forte originale Bechstein, sarà il sezione dedicata al quotidiano “Il si è mai sposato), l’amore verso gli fettuosa, di un mito del cinema. cuore e l’anima della villa. Feste, Messaggero”, con il quale colla- animali, il rispetto nei confronti L’esposizione, curata da Ales- incontri, spettacoli, proiezioni, borò dal 1988 fino al 2002. In una degli anziani. Al centro di una sala sandro Nicosia con Vincenzo viavai di attori. Quando nel 1972 teca è conservato il primo articolo c’è la mitica Harley Davidson di Mollica e Gloria Satta, promossa muore la sorella Savina, il teatro del 1943, che parla di lui. Un americano a Roma. Poi oltre da Fondazione Museo Alberto diventa un fortilizio per Sordi. Sordi abitava al piano superiore venti costumi originali di scena, Sordi, con il sostegno di Istituto Gli unici a poter entrare sono po- della villa, dove si ha l’occasione tra cui quelli de Il Marchese del Luce Cinecittà, si snoda tra i due chi amici e collaboratori stretti. di ammirare il suo studio, colmo Grillo. Una parete omaggia i suoi piani della villa, progettata negli Il compositore Piero Piccioni, lo di premi, libri, cimeli di una car- tanti personaggi. Da un’installa- Anni ‘30 dall’architetto Clemente sceneggiatore Rodolfo Sonego, riera lunga quasi sessant’anni. zione mediale risuona la sua voce, Busiri Vici, in due tensostrutture Carlo Verdone. Dalla camera da letto, dov’è mor- mentre in una sala è proiettato un adiacenti alla casa, e al Teatro dei Dal teatro si arriva alla palestra, to il 24 febbraio 2003, si arriva a filmato a lui dedicato, curato da Dioscuri al Quirinale. dove Sordi raccoglieva i suoi ri- una curiosa e originale barberia. Istituto Luce Cinecittà.

L’esposizione si arricchisce e completa al Teatro dei Dioscuri, dove trovano accoglienza Storia di un italiano ‘79-86, il program- La villa di famiglia a piazzale Numa Pompilio ma tv con il quale Sordi raccontò a Roma, e il Teatro dei Dioscuri al Quirinale, il nostro Paese, e la raccolta di fotografie “I viaggi nel mondo”, ospitano - fino-Alberto al 31 gennaio Sordi 1920-2020”, - la mostra “Il Centenario dal soggiorno in Israele del 1961 a quelli in Brasile del ‘64 e del curata da Alessandro Nicosia con ‘70. Infine, c’è la sezione “Il mito americano”: alcune immagini lo Vincenzo Mollica e Gloria Satta, promossa da ritraggono come cittadino onora- Fondazione Museo Alberto Sordi, rio di Kansans City. Lo yankee de’ con Istituto Luce Cinecittà. noantri era riuscito a conquistare tutto il mondo. Nella sua dimora, mai aperta prima al pubblico, e che presto diventerà un vero e proprio museo, si scopre soprattutto l’aspetto privato dell’artista, nato nella Capitale il 15 giugno di un secolo fa. 94/95 MALKOVICH, OLTRE I LIMITI DEL CORPO E DELL’IDENTITÀ di SILVANA ANNICCHIARICO

“Malkovich. Malkovich. Malkovich. Hommage to Photographic Masters”, mostra inaugurata lo scorso ottobre al “Magazzino delle idee” di Trieste, curata da Simona Cossu: le opere, un’operazione di mimetismo iconografico e interpretativo, sono di Sandro Miller, americano, nato nel 1958 in Illinois, con madre di Frosinone. cinema espanso capolavoro che è Essere John Malkovich di Spike Jonze (su una sceneg- giatura di Charlie Kaufman), dove entrava perfino dentro la propria te- sta, Malkovich si moltiplica all’infinito, fino a occupare tutta la scena e a saturare ogni piccolo interstizio del sociale. Se in un primo tempo San- dro Miller aveva pensato di utilizzare ogni volta un attore diverso per interpretare una delle foto che voleva omaggiare, alla fine ha deciso di chiedere a Malkovich di provare a interpretare lui solo tutta questa folla di personaggi. E Malkovich è stato al gioco, prestandosi alle trasforma- zioni più funamboliche. Perché Malkovich riesce a stupire anche se si traveste da Meryl Streep. E quando incarna – sempre lui – le due gemelle ritratte da Diane Arbus nel 1967, riesce con pochi piccoli dettagli fisio- gnomici a dare l’idea che una delle sorelle non vedeva l’ora di essere fo- tografata mentre l’altra non riusciva a smettere di chiedersi perché mai dovesse lasciarsi fotografare. Ma se Malkovich è camaleontico, Miller non lo è da meno: come mosso da una pulsione indomabile e ossessiva, cerca di ricreare le fotografie a cui s’ispira riproducendole con esattezza assoluta nei formati, negli spessori, nelle cornici, nelle luci, nei colori, in quello che è un atto d’amore e di ammirazione assoluto. Al “Magazzino delle idee” di Trieste l’allestimento di Bruno Morello crea finestre illuminate da neon per incorniciare le varie immagini e farne quasi quadri di un’esposizione, in una messinscena che sa essere al tempo stesso astratta e fisica. Rispetto alle tappe precedenti, la Mo- stra triestina presenta una sezione inedita intitolata Malkolynch: qui in un corto realizzato sempre da Sandro Miller e intitolato Psychogenic Fugue Malkovich interpreta non solo David Lynch ma anche otto per- sonaggi dei capolavori lynchiani, dal protagonista di The Elephant Man all’agente speciale Dale Cooper da I segreti di Twin Peaks, da Frank Booth di Velluto blu al Mystery Man di Strade perdute. Anche qui, con una cura minuziosa dei dettagli e delle luci, il regista e l’interprete hanno cercato di realizzare un calco il più possibile fedele delle sequenze originali, im- mergendoci nelle atmosfere oniriche e finanche nei labirinti dell’incon- scio che caratterizzano in modo inconfondibile il cinema lynchiano. I In uno dei suoi racconti più celebri Jorge Luis Borges immagina che ritratti dei personaggi così ricreati sono anch’essi esposti in mostra, in uno scrittore francese, Pierre Menard, riscriva parola per parola due in- una sorta di ideale galleria dei tipi umani che popolano il folle e surreale teri capitoli del Don Chisciotte di Cervantes. Il fotografo Sandro Miller – universo lynchiano. Il titolo del corto realizzato da Miller è quanto mai americano, nato nel 1958 in Illinois, ma con madre di Frosinone – fa una indicativo: si dice infatti psicogena quella forma di dissociazione per cui cosa analoga con la fotografia: prende il più camaleontico e trasformista un soggetto perde coscienza della propria identità per assumere quel- fra gli attori americani contemporanei e lo “mette in posa” in modo da la di un altro. Non solo Malkovich ma anche Miller sono protagonisti riprodurre e ricreare in modo rigorosamente filologico (ma un poco an- di una sorta di fuga psicogena al termine della quale non possono che che feticistico) le immagini scattate da una trentina di grandi maestri provare l’ebbrezza di sentirsi entrambi, per dirla con Pirandello, uno, della fotografia: da Irving Penn a Richard Avedon passando per Diane nessuno e centomila. Arbus, Bill Brandt, Annie Leibovitz, Robert Mappelthorpe e tanti altri. La mostra “Malkovich. Malkovich. Malkovich. Hommage to Photo- graphic Masters”, inaugurata lo scorso ottobre al “Magazzino delle idee” di Trieste e curata da Simona Cossu, è una straordinaria opera- zione di mimetismo iconografico e interpretativo: da grande “pianista” della mimica facciale, Malkovich interpreta indifferentemente maschi e femmine, giovani e vecchi, assumendo di volta in volta – davanti all’obiettivo di Sandro Miller – le fattezze della Madre dei migranti nella celebre foto di Dorothea Lange del 1936 o quelle di Albert Einstein che mostra la lingua nella fotografia che gli scattò Arthur Sasse nel 1951, ma non teme di indossare anche il basco di Che Guevara nella fotografia di Alberto Korda del 1960 o di mostrarsi nudo e coperto di api per ricre- are il celebre Beekeeper di Richard Avedon. Grazie ad accurate sedute di trucco, parrucche, baffi finti e cerone, Malkovich si trasforma e lo fa con il piacere del grande performer che si diverte a esplorare i limiti del proprio corpo e anche della propria identità. Così diventa di volta in vol- ta Marilyn e Andy Warhol, Pablo Picasso e Alfred Hitchcock, il Joker di Jack Nicholson e John Lennon, Yoko Ono e Salvador Dalì. Malkovich si trasforma. Malkovich si deforma. Malkovich si trucca. Si agghinda, si maschera e si nasconde. Malkovich cupo, Malkovich gioio- so. Malkovich indifeso e Malkovich aggressivo. Come già in quel piccolo

96/97 geografie LE STRADE DI GIULIETTA di OSCAR IARUSSI

Da San Giorgio di Piano, nei pressi di Bologna, dove è nata, a Roma, che “l’ha adottata” e fatta innamorare di Fellini: da via Lutezia ai Parioli, alla più modesta dimora di lui, in via Nicotera 26, passando per i luoghi dei set di cui è stata protagonista, ricordiamo Giulietta Masina - il 22 gennaio 2021 ricorre il centenario - in questa sua geografia personale.

geografie Non tutti ricordano che Giulietta comiche della coppia di fidanza- strada (1954) è la lunare, stupe- Masina, soprannominata “Pata- tini Cico e Pallina in una rubrica fatta Gelsomina che girovaga col tina” da Roberto Rossellini, esor- intitolata “Terziglio”, che debut- rozzo Zampanò-Anthony Quinn disce al cinema come comparsa ta nel settembre del 1942. Pallina in un’Italia “di rive sterpose e bor- di Paisà, neppure accreditata nei naturalmente è lei, Cico ha la voce ghi assopiti nella neve o nel sole” titoli di coda del film del 1946. di Angelo Zanobini. Il fantasioso (Giuseppe Marotta). Siamo nei Masina scende le scale quando la autore dei testi è uno spilungone borghi della Tuscia romana, fra coppia protagonista dell’episodio riminese, Federico Fellini, tanto cui Bagnoregio dove, fra piazza fiorentino lascia di corsa l’appar- allampanato quanto affamato, Cavour e la chiesa di San Nicola tamento in cerca del partigiano con domicilio romano ben più e San Donato, sono ambientate le Lupo. La scena però non fu girata modesto in un residence di via scene più importanti del film, con a Firenze, bensì nel palazzo roma- Nicotera 26, che la ragazza è feli- incursioni nella frazione di Civita no di via Lutezia 11, ai Parioli, dove ce prima di saziare con porzioni sospesa sui calanchi. Giulietta viveva sin da bambina giganti extra di tagliatelle o tortel- Ma già ne Lo sceicco bianco, l’au- ospite della zia Giulia Sardi. Nata lini e quindi di sposare, sabato 30 tentica opera prima di Federico il 22 febbraio 1921 a San Giorgio di ottobre 1943. Il fascismo è caduto (1952), Giulietta si presta a una fu- Piano, a una ventina di chilometri da poco più di tre mesi, ma quello gace apparizione nei panni della da Bologna, Giulia Anna Masina è un giorno di coprifuoco come gli prostituta Cabiria. Un nome quasi è la prima di quattro figli in una altri nella “Roma città aperta” che “profetico” per la Masina, che - ha famiglia piccolo-borghese. La nel 1945 darà il titolo al capolavoro scritto di recente l’italianista Da- madre Angela Flavia Pasqualini è di Rossellini, grazie al quale dopo niela Brogi su doppiozero.com un’insegnante elementare nella la guerra il ventiseienne Fellini, in- - inizia a esistere, per così dire, scuola di San Venanzio di Gallie- credulo, riceverà la prima nomina- cinematograficamente, perché ra e il padre si guadagna da vivere tion all’Oscar per la sceneggiatura di notte, a quell’ora, Cabiria è let- come cassiere in una fabbrica del- insieme con Sergio Amidei. Meno teralmente ‘uscita dal cinema’… la Montecatini, ma è anche vio- di un anno dopo le nozze, Giulietta Comincia a vivere, nello sguardo linista e liutaio. I suoi acconsen- perde un bambino cadendo per le dello spettatore, mentre parla con tono a mandarla a Roma quando scale. Porta a termine una seconda entusiasmo del film che ha appe- è ancora piccola perché conviva gravidanza il 22 marzo 1945, dando na visto. È un sistema di riflessi con la zia Giulia rimasta vedova alla luce Pierfederico detto Federi- che l’oscurità dell’ora tarda rende e decisamente più agiata di loro, chino, che, colpito da encefalite le- ancora più simile a un incantesi- giacché appartenente alla famiglia targica, muore il 2 aprile. Oggi è se- mo”. E grazie all’elegia da marcia- lombarda proprietaria del “Cal- polto con il papà e la mamma nella piede de Le notti di Cabiria nel 1957 zaturificio di Varese”. La Sardi è tomba monumentale del cimitero Giulietta vincerà il premio per la un’appassionata di teatro, tanto di Rimini, una scultura bronzea di Migliore Interpretazione Femmi- che già nel 1925 conduce la nipo- Arnaldo Pomodoro a forma di prua nile ai Festival di Cannes e di San tina in un palco affinché veda da su una lama di acqua, che evoca il Sebastian (il film si aggiudica l’O- vicino un tale… Luigi Pirandello. Rex. Il dolore per quella perdita scar nel 1958). Nella capitale del periodo fasci- cementa l’unione di Giulietta e Fe- Da Il bidone (1955) all’immenso sta, Giulietta studia dalle Orsoline derico, fino all’ultimo atto di uno Giulietta degli spiriti (1965), fino e si trova bene nella bella casa di straordinario connubio coniugale all’amarcord dei due ballerini di via Lutezia, la stessa in cui nel 1943 e artistico: Fellini scompare il 31 ot- Ginger e Fred (1985, lui è natural- verrà celebrato il “matrimonio di tobre 1993; Masina pochi mesi più mente Marcello Mastroianni), guerra” con il suo Federico. Ma la tardi, il 23 marzo 1994, nella clinica “c’è una parte di incantesimi e precoce separazione dai genitori Columbus di Roma. magie, visioni e trasparenze - dirà la segnerà per tutta la vita, lascian- “Giuliettina mia adorata, sei sem- Federico - la cui chiave è proprio dole quell’aria un po’ spaurita e pre una ragazzetta in gambissima Giulietta, proprio così. Mi prende lo smarrimento dell’“orfanella” e insieme con il tuo vecchierello per mano e mi porta in zone dove anche nei momenti di apparente faremo ancora qualche pastroc- da solo non sarei mai arrivato”. serenità o allegria, un suo caratte- chio. Con te vicino sono ancora Un amore angelico, una promessa re perenne sullo schermo. capace di fare capriole. Coraggio”, contro la morte. La giovane Masina comincia ad le aveva scritto Federico nel 1992, appassionarsi allo spettacolo baz- in una delle lettere pubblicate solo zicando compagnie teatrali uni- nel 2018 da “Famiglia Cristiana”. versitarie e dopo la laurea in Lette- Giulietta, tenera e piccola, fedele re, in pieno conflitto, mette piede al diminutivo battesimale, buffa negli studi della favolosa EIAR nel compagna del Maestro Giocolie- Palazzo della Radio di via Asiago re. Già, la clownerie di Masina… 10, un orgoglio del regime proget- “Female-Chaplin”, la definirono tato da Carlo Marchesi Cappai, i britannici dopo che l’immenso ancora oggi sede RAI. Davanti al Charlot ebbe a dichiarare: “È l’at- microfono interpreta le scenette trice che ammiro di più”. Ne La

98/99 internet e nuovi consumi

VIDEO PARTY: QUANDO LA VISIONE È DI NUOVO CONDIVISIONE

di CARMEN DIOTAIUTI

Una nuova modalità di visione collettiva lanciata da Twitch, celebre piattaforma di streaming videoludico, ha reso disponibili i video party: cineforum virtuali in cui gli spettatori, mentre guardano un film o una serie Amazon Prime Video, possono vedere in diretta e sentire le reazioni di chi ha organizzato l’evento, interagendo in una chat di gruppo per commentare in tempo reale.

Risate, applausi, commenti ad alta voce: tutte reazioni fragorose della in diretta con amici che possono sala che, non troppo tempo fa, avremmo additato come moleste, ma, interagire via chat, Twitch conta in tempi di nuova socialità sempre più forzatamente virtuale e aneste- oggi milioni di utenti, non solo tizzante, non solo non sembrano arrecarci alcun disturbo, ma vengono giovanissimi, che non parlano più addirittura inseguite in moderne esperienze di visione collegiale, ca- esclusivamente di videogiochi, paci di superare distanziamento e isolamento degli streaming dome- ma di molto altro. Nei video party stici, protagonisti indiscussi degli ultimi mesi. Pratiche innovative che di Twitch, le community possono permettono di riassaporare, almeno virtualmente, la connessione e il incontrarsi online per guardare sentire collettivo che sono a fondamento di ogni gruppo sociale. Così, insieme film e serie tv disponibili dopo una fase di test durata circa un anno, Amazon ha lanciato i Wa- sul proprio account Amazon Pri- tch Parties: una nuova funzione di Twitch, sempre più celebre piatta- me Video, per reagire e discutere forma di streaming videoludico acquisita da Amazon nel 2014, che sta collettivamente durante e dopo la pian piano allargando il suo campo d’azione. Partita come ritrovo per visione. Il party viene avviato, tra- nativi digitali dove filmarsi mentre si gioca per condividere l’esperienza mite il suo profilo Twitch, da un

internet e nuovi consumi organizzatore che sceglie il film da guardare in compagnia dei suoi fan, e le possibilità di interazioni piut- addirittura, a disposizione una anche internazionali, i quali possono vedere la pellicola nella lingua che tosto ridotte; ma anche in questo chat video - naturalmente con un preferiscono, a patto che sia disponibile nel paese da cui si collegano. È caso l’esperienza che si cerca di ri- numero limitato di accessi simul- l’organizzatore dell’evento che tiene in mano una sorta di telecomando: proporre è quella di una vicinanza tanei - applicazioni come TwoSe- avvia il video, mette in pausa ed è sempre presente in un riquadro Pictu- emotiva capace di oltrepassare la ven o Scener, il quale consente di re In Picture – da solo o con gli ospiti che intende coinvolgere nella con- distanza fisica, e di una elabora- organizzare sia room private, con versazione – visualizzato, insieme al film in primo piano, nei pc di tutto zione collettiva in cui la narrazio- massimo dieci partecipanti che il gruppo che può assistere in diretta alle reazioni spontanee trasmesse ne si fonde all’esperienza sociale. possono video-chattare contem- dalla webcam e commentare con messaggi in una chat sempre visibile. poraneamente, che proiezioni Una modalità di coinvolgimento interattivo e in tempo reale del pubbli- Funziona in maniera simile, ma virtuali pubbliche, come la colle- co che sta prendendo piede anche in Italia, dove, ad esempio, sia “Mo- solo sui pc, anche Teleparty, zione Stream & Scream proposta in vieplayer” che “Badtaste” hanno da poco aperto un canale Twitch con estensione disponibile per Go- occasione del mese di Halloween, una serie di format per discutere in diretta su film e serie del momento o ogle Chrome, che permette di con un programma di titoli cult grandi cult del passato, incontrare ospiti per dialogare sulla settima arte creare cineforum virtuali a par- del cinema horror e ospiti con cui e, naturalmente, guardare film in modalità video party live. tire dagli account Netflix, Hulu, interagire in diretta: da Hocus Po- Disney e HBO, sincronizzando cus (1983) da guardare insieme a Amazon, però, non è l’unico gigante dello streaming che sta esplorando la riproduzione in streaming dei Mick Garris a Scary Stories to Tell la possibilità di visione di film in gruppo. Una funzionalità simile è stata film all’interno del gruppo di in- in the Dark (2019) con ospite Ga- appena proposta anche da parte di Disney +, GroupWatch, che con- vitati e aggiungendo una chat al briel Rush. sente di organizzare proiezioni virtuali dei titoli Disney insieme ad ami- lato del riquadro di visione in cui ci e familiari, reagendo alle scene con la condivisione di emoji. Tuttavia, tutti possono esprimersi scriven- il limite massimo di connessioni contemporanee è parecchio limitato do i propri commenti. Mettono,

Il consumo del film diventa, così, nuovamente un processo sociale cui aderire e gli spettatori si ag- gregano attorno a questo nuovo spettacolo collettivo, col risultato di scongiurare l’eccessivo isola- mento e rafforzare i legami identi- tari basati sull’appartenenza a una comunità che condivide gusti, emozioni, esperienze.

100/101 constellaction!

DALL’ARCOBALENO AL BUIO IN SALA

di SIMON&THESTARS

L’Acquario Ferzan Özpetek e il Pesci Bernardo Bertolucci

Il Cinema e lo Zodiaco hanno molto in comune. Sono due potenti macchine narrative: dentro il cerchio zodiacale sono inscritte tutte le storie che l’uomo può raccontare, proprio come dentro i 16:9 del grande schermo. I 12 segni dello Zodiaco sono “personaggi” straordinari. Esprimono i dodici aspetti fondamentali che si fondono nella creazione di una personalità che possa dirsi completa. D’altro canto, ci vogliono dodici cavalieri per fare la Tavola Rotonda, dodici apostoli per portare il Messaggio nel mondo, dodici fatiche per concludere il cammino iniziatico di Ercole, e dodici archetipi astrologici per comporre quel caleidoscopio che chiamiamo “personalità”. Raccontiamo il cerchio dello Zodiaco attraverso dodici registi, uno per segno, che incarnano al meglio il relativo “insegnamento” astrologico.

constellaction! Ferzan Bernardo Özpetek Bertolucci

L’Acquario chiude il cerchio dei segni d’Aria, elemento delle idee, E chiudiamo con i Pesci, ultimo segno dello Zodiaco, sapiente summa della conoscenza e della comunicazione. Una sequenza iniziata con di tutti gli insegnamenti precedenti ma allo stesso tempo premessa i Gemelli (l’osservazione della realtà), divenuta poi scambio di idee (astro)logica di un nuovo ciclo che sta per iniziare. È l’alba di qual- con la Bilancia, che raggiunge qui il gradino più alto: il pensiero in- cosa di nuovo, il caos creativo prima del big bang. Proprio per questo ventivo. La vocazione dell’Acquario è spingersi fino al confine della forse sono considerati uno dei segni più eclettici, geniali e difficili da conoscenza e sbirciare un metro più in là. Fino a vedere ciò che gli inquadrare dello Zodiaco. Forse perché non appartengono interamen- altri ancora non vedono ed essere considerato, a seconda dei casi, un te a questo mondo. Vivono infatti in un ambiente (l’Acqua, elemento precursore o un visionario. delle emozioni) dove tutto è fluido e ogni percezione è amplificata. In Non è un segno facile da inquadrare. Perché ha due “anime”, quanti quell’oceano dal quale provengono le ispirazioni più alte dell’uomo, sono i pianeti - molto diversi tra loro - che lo governano. Uno è Urano così come la confusione ed il rischio di “perdersi”. Comunicano attra- il progressista, dal quale prende l’animo ribelle, eccentrico e perenne- verso il linguaggio emotivo, attraverso un alfabeto fatto di immagini, mente controcorrente. L’altro è Saturno il conservatore, più severo e suoni, colori e suggestioni molto più che di parole. inquadrato. Ed è da lì che provengono rigore e autodisciplina, una certa E soprattutto sentono più di qualsiasi altro segno. Come un’antenna insicurezza e soprattutto la paura di non essere “compreso”. puntata sugli stati d’animo del mondo, ne traggono ispirazione, talvol- E così vive un costante rimpallo tra questi due opposti. Un po’ Peter ta non senza una certa sofferta compassione. Per rappresentare il se- Pan e un po’ Capitan Uncino. Leader insicuro, eremita socievole, “spi- gno dei Pesci, e per chiudere questa straordinaria carrellata, ho scelto rito libero” terrorizzato dall’idea di restare solo. Rivoluzionario refrat- Bernardo Bertolucci. Per la maestosa potenza visiva del suo cinema, tario ai piccoli cambiamenti, e qualsiasi altro ossimoro nasca dal con- espressione eccelsa di quel linguaggio per immagini di cui parlavo pri- trasto tra vecchio (Saturno) e nuovo (Urano). Ma tra questi estremi ma. Per l’espressione artistica che diventa quasi un modo per fuggire apparentemente inconciliabili (e chissà quanti altri ancora) l’Acquario dalla realtà. In una sua intervista dichiara: “non credo di aver mai avuto un suo equilibro lo trova, seppur spesso incomprensibile agli altri. una vita al di fuori del cinema”. È chiaramente un’iperbole, ma ci rac- Nel panorama italiano, c’è un regista che incarna alla perfezione queste conta un segno che in un ambiente omologato, routinario, materialista caratteristiche: Ferzan Özpetek. Per la sua capacità di raccontare con non ci sa stare: si sente soffocare, come un pesce fuor d’acqua. Ripenso amore e rispetto l’istituzione più tradizionale della nostra società (la anche ad Ultimo tango a Parigi, e alla trasgressione vista come via di famiglia), riformulandone il concetto di normalità. Andando alla so- fuga da un conformismo opprimente. stanza dei rapporti ben oltre la loro forma, fino ad includere nel cerchio Ma ciò che più mi colpisce di Bertolucci è il senso del divino che emer- la famiglia “allargata” e quella “arcobaleno”. Perché quelle radici di ap- ge prorompente da Il piccolo Buddha. Una visione del mondo dove partenenza, condivisione e protezione reciproca attraversano qualsiasi “gli uomini sono interdipendenti, come gli organi in un unico corpo”, legame fondato su sentimenti profondi. e dove “il Paradiso è un’idea di totale armonia e condivisione con l’u- E poi c’è quell’amore struggente e nostalgico - tipico del suo segno - niverso”. Con quell’unico grande oceano nel quale i pesci nuotano in per un passato che aleggia come una “magnifica presenza”. Che torna assoluta sincronia. Dove le individualità si fondono e l’ego è rimesso spesso ad intrecciarsi al presente pur essendo ormai inafferrabile. E sull’altare di una spiritualità più alta. questo è un altro controsenso dell’Acquario. Da un lato, è il più pro- E vorrei chiudere con un’immagine suggestiva. Se lo Zodiaco fosse un gressista dello Zodiaco, perennemente proiettato in un futuro degno film, dove ogni segno occupa un determinato momento della trama, di Blade Runner. Dall’altro, un senso fortissimo del “tempo perduto” ai Pesci assocerei il gran finale ed il buio in sala che segue. Uno spazio unito a una memoria da elefante lo rendono una sorte di archivio sospeso, intriso delle emozioni che il film ci ha lasciato dentro. Ma allo emotivo vivente della sua Storia (con la “S” maiuscola) e di quella stesso tempo, uno schermo vuoto dove tutto può essere scritto, e una delle persone che ama. nuova storia attende di esser raccontata.

102/103 biografie

LUCIANO CASTILLO

Camagüey, Cuba, 1955. È uno dei più importanti critici e studiosi del PIERA cinema cubano. Direttore della Ci- nemateca de Cuba a L’Avana, autore di molti libri, ha dato anche vita a nu- DETASSIS merosi programmi televisivi. Fonda- tore dell’Associazione Cubana della Stampa Cinematografica, affiliata Trentina, si è laureata in Storia e critica del cinema con Giampiero Bru- FIPRESCI, è anche Membro del Con- netta. Dal 1997 al 2019 ha ricoperto la carica di direttore responsabile siglio Nazionale dell’Unione degli della rivista “Ciak”. Per un decennio, dal 1994 al 2014, ha firmato la rubri- Scrittori e degli Artisti di Cuba. ca di critica cinematografica per il settimanale “Panorama”. Nel 2001 è stata membro della giuria ufficiale della Mostra del Cinema di Venezia. Dalla fondazione nel 2006 fino al 2008 è stata direttore della sezione “Premiere” della Festa del cinema di Roma diventando in seguito di- rettore artistico dell’intera manifestazione tra il 2008 e il 2011. È stata presidente della Fondazione Cinema per Roma dal 2015 al 2018. La sua retrospettiva “20 Italian Leading Ladies”, accompagnata dal volume GIANMARCO omonimo edito da Cinecittà, è stata presentata in tutto il mondo. È au- trice di molti saggi e volumi. Dal 1° maggio 2019 è Editor at large Cinema & Entertainment di “Elle”. Nel 2018 è stata nominata presidente e di- FUMASOLI rettore artistico della Fondazione Accademia del Cinema Italiano che assegna i Premi David di Donatello. Editore e sceneggiatore, nel 2015 apre BUGS Comics, che pubblica Mo- stri, Alieni e Gangster, riviste di fumetti “di genere”, poi MoFtri per i bam- bini e, dal 2019, graphic novel. Dal 2017 insegna al corso “Comics - Soft Skills” presso la LUISS di Roma. Nel 2019 porta in edicola Samuel Stern e apre l’accademia del fumetto “BUGS Academy”. Attualmente è diretto- re editoriale della BUGS. LAURA DELLI COLLI MARIO Giornalista, presidente della Fondazione Cinema per Roma e del SN- GCI, che assegna, tra l’altro, i Nastri d’Argento. Nata a Roma in una fami- MAZZETTI glia di direttori della fotografia: con grande passione, anche per questo, al cinema e ai suoi protagonisti ha dedicato per oltre trent’anni inchie- ste e interviste, prima come cronista d’agenzia all’AdnKronos, poi sulle Nato a Napoli, vive a Roma. Lavora per l’ANEC - Associazione Nazionale pagine del quotidiano “la Repubblica” e come inviato speciale di “Pano- Esercenti Cinema. Giornalista pubblicista, è direttore responsabile del rama”. È autrice di molti libri dedicati al cinema (tra gli altri Monica Vitti, bimestrale “Vivilcinema”, edito dalla FICE - Federazione Italiana Cinema Fare Cinema, Eur si gira, Ferzan Ozpetek - Ad occhi aperti e la serie Il gusto d’Essai. È direttore della newsletter “CineNotes”, edita dall’ANEC. Per del cinema), del documentario Handmade Cinema, con la regia di Guido conto della FICE organizza, sin dalla prima edizione nel 2001, gli Incontri Torlonia, sugli artigiani del set. Coordina la selezione di “Cinema Italian del Cinema d’Essai, che si svolgono a Mantova dal 2009, curando anche Style”, la rassegna di Luce Cinecittà che promuove in America il cinema i Premi FICE, assegnati alle eccellenze del cinema italiano ed europeo. È italiano lanciando ogni anno il film italiano candidato agli Oscar®. membro della Giuria che assegna il David di Donatello al Miglior Corto- metraggio, incarico ricoperto in passato anche per la categoria del Docu- mentario. Ha curato la selezione per festival e rassegne di cinema, come il Mosaico d’Europa Film Festival di Ravenna e il Maratea Film Festival.

biografie Il prossimo numero di 81/2 sarà in uscita a marzo 2021 PosteItaliane SpA-Spedizione inabbonamento postale-70% - Aut.GIPA/C/RM/04/2013 (Cesare Zavattini) per conoscere glialtri. è unodeipochimodirimastici L'autobiografismo affrontato sulserio (Isabelle Huppert in invece diraccontarla! Devo inventare lamia vita (Humphrey Bogartin se avesse visto troppi bruttifilm... La vita sicomporta talvolta come

Le strategie del cuore del strategie Le scalza contessa La ) )

ESISTE UNA VIA ITALIANA AL BIOPIC? BIOGRAFIE E AUTOBIOGRAFIE NEL CINEMA ITALIANO Dicembre 2020 | numero 54 | anno VIII NEL CINEMA ITALIANO E AUTOBIOGRAFIEBIOGRAFIE ITALIANA ALBIOPIC? UNAESISTE VIA giornale della sera della giornale un a John Malkovich Alberto Sordi, Salvatore Ferragamo, CINEMA ESPANSO aperta Lettera a 50annida ANNIVERSARI Il cinema aCuba FOCUS il Festival di Berlino per gliOscar e Nuove regole DISCUSSIONI n°54 | dicembre 2020| €5,50