L’Era Glaciale: doppiaggi a confronto

SCUOLA SUPERIORE PER MEDIATORI LINGUISTICI

Via Pasquale Stanislao Mancini, 2 – 00196 Roma

TESI DI LAUREA

L’era Glaciale: doppiaggi a confronto

Relatore: Prof.ssa Adriana Bisirri Candidata: Carmen Soggia

Correlatori:

Prof.ssa Anna Rita Gerardi

Prof.ssa Olga Colorado Camuñas

Prof.ssa Claudia Piemonte

Anno Accademico 2010/2011

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L’Era Glaciale: doppiaggi a confronto

Sommario 1. INTRODUZIONE ...... 4

2. LA TRADUZIONE AUDIOVISIVA ...... 6

2.1 IL SOTTOTITOLAGGIO ...... 10

2.2 VOICE OVER / fuori campo ...... 11

2.3 IL DOPPIAGGIO ...... 12

2.4 LE FASI DEL DOPPIAGGIO ...... 14

2.5.II LE FIGURE PROFESSIONALI NEL DOPPIAGGIO ...... 19

3. IL DOPPIAGGIO IN ITALIA ...... 21

3.1 La normativa ...... 21

3.2 Panoramica storica dell’italiano nel doppiaggio ...... 26

3.3 L’italiano del doppiato - caratteristiche principali ...... 32

4.L’ERA GLACIALE ...... 37

5.ANALISI DEI DIALOGHI ITALIANI ...... 45

1. ANALYSIS OF THE FILM ...... 58

1.2 Types of methods ...... 59

2. ...... 64

2.1 The plot ...... 68

2.2 General analysis ...... 69

2.3 Characters analysis ...... 77

2.4 Language analysis ...... 81

1. INTRODUCCIÓN AL DOBLAJE ESPAÑOL ...... 89

1.1 ALGO DE HISTORIA ...... 89

12 El doblaje con Disney ...... 89

1.3 Historia del doblaje en España ...... 91

1.4 Historia del doblaje en Sudamérica ...... 94

2. ESPAÑOL NEUTRO ...... 98

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3. LA EDAD DE HIELO (España) ...... 101

4. LA ERA DE HIELO (Iberoamérica) ...... 111

5. BIBLIOGRAFIA

6. SITOGRAFIA

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1. INTRODUZIONE

La decisione di analizzare le versioni tradotte del film d’animazione L’Era Glaciale è nata dal mio profondo amore per questo film e per i suoi personaggi, ma anche dalla curiosità che, vedendo la versione italiana di un film, mi spinge a chiedermi come una certa idea sia stata espressa in lingua originale, o che tipo di scelte abbiano fatto i traduttori e gli adattatori per poter arrivare al testo finale, o ancora quali inevitabili perdite traduttive abbia dovuto subire il testo e come sono state compensate.

La mia ricerca non si concentra sull’analisi del film in sé, o sull’analisi dei significati impliciti che gli autori hanno voluto inserire nella storia, piuttosto mi sono dedicata all’analisi di quegli aspetti strettamente connessi con il lavoro di traduzione che hanno avuto un certo peso al momento di fare delle scelte traduttive.

Di conseguenza non ho potuto evitare di analizzare l’intreccio del film, i riferimenti storici ed il carattere dei personaggi, concentrandomi sul modo di parlare e sui rapporti che si stabiliscono fra loro durante tutto il film. Dovendo analizzare le varie scelte traduttive della versione doppiata e dovendo fare una critica con la consapevolezza delle dinamiche che hanno motivato determinate scelte, ho ritenuto necessario, inoltre, fare una panoramica generale della traduzione audiovisiva, soffermandomi in particolare sulla tecnica del doppiaggio e dell’adattamento.

Trattandosi di un film già tradotto non ho potuto fare altro che un’analisi della traduzione come prodotto, ma vorrei precisare che il lavoro che segue non nasce come un “gioco al massacro” della versione esistente, se così fosse il lavoro in sé perderebbe di senso. La mia intenzione è quella di capire cosa implica la traduzione di un testo multimediale e quali strategie possono essere usate verso un certo pubblico, in questo caso composto tanto da adulti quanto da bambini, e nello specifico quali soluzioni sono state adottate in questo riuscitissimo film d’animazione e quali modifiche hanno dovuto apportare i dialoghisti adattatori.

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Per questioni relative ai requisiti formali di una tesi di laurea, questo lavoro è stato diviso in tre sezioni scritte in lingue diverse, in lingua italiana, in lingua inglese ed in lingua spagnola. Le tre parti non sono indipendenti tra loro, anche se la divisione dei capitoli potrebbe far pensare il contrario, piuttosto costituiscono tre sezioni di un unico lavoro. Per motivi di impaginazione e di impostazione del lavoro di tesi la parte italiana, nonché la parte più consistente, doveva costituire la sezione di apertura; ma, in quanto autrice della tesi chiedo al lettore di dedicarsi alla lettura di questo testo iniziando dalla parte in inglese, dove è stato analizzando il film ed il testo di partenza. Le parti in italiano ed in spagnolo, oltre a contenere rispettivamente un excursus sul doppiaggio in quanto tecnica traduttiva interna alla traduzione audiovisiva ed una panoramica storica del doppiaggio in lingua spagnola, presentano un’analisi del doppiaggio che non avrebbe senso leggere senza aver letto l’analisi della lingua d’origine, riportata, come già detto, nella sezione inglese.

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2. LA TRADUZIONE AUDIOVISIVA

Per traduzione audiovisiva si intende quella modalità di traduzione interlinguistica che si occupa di tradurre i dialoghi originali di prodotti audiovisivi, con lo scopo di renderli accessibili ad un pubblico più vasto. Per definizione, i prodotti audiovisivi sono quei prodotti che impiegano sia il canale acustico sia il canale visivo per comunicare un messaggio; sarebbe impensabile quindi, avvicinarsi alla traduzione di un copione senza tenere in conto le immagini che contemporaneamente scorrono sullo schermo.

Qualsiasi prodotto audiovisivo è il mezzo di trasmissione di una realtà culturale, che al momento della traduzione non può essere ignorata. In modo particolare il film è un sistema semiotico complesso, costituito da un codice visivo, uno sonoro ed uno verbale1; l’elemento verbale quindi, non è altro che un elemento strutturale, essenziale sì alla comunicazione, ma strettamente collegato agli altri elementi che non possono essere trascurati se non si vuole perdere la comprensibilità del testo.

Prima di avvicinarsi alla traduzione di un sistema di codici complesso come un film bisogna scomporre ed analizzare tutte le unità costituenti, quindi risalire al percorso di creazione e formazione del film per poterlo riprodurre e trasportare nella cultura ricevente, mantenendo intatti, per quanto possibile, i tratti salienti della comunicazione e del messaggio espresso nell’originale.

Tuttavia, com’è noto nel campo della traduzione, è impossibile che un testo tradotto non subisca la cosiddetta “perdita” traduttiva, la quale non è altro che l’impossibilità di rendere un termine o un concetto nella lingua d’arrivo, specialmente se sono legati alla realtà culturale della lingua del prototesto. Come vedremo più avanti il film che ho analizzato non subisce perdite sostanziali principalmente per due motivi: i protagonisti sono degli

1 MARIO PAOLINELLI – ELEONORA DI FORTUNATO, Tradurre per il doppiaggio. La trasposizione linguistica dell’audiovisivo: teoria e pratica di un’arte imperfetta, Hoepli, 2005.

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animali e non sono inseriti in un contesto culturale preciso, l’ambientazione temporale del film, come si deduce dal titolo, è preistorica, e di conseguenza uguale nel mondo intero.

La traduzione audiovisiva non è stata oggetto di numerosi studi fino allo scorso decennio e si tende ad attribuire questa scarsezza di opere e pubblicazioni a quattro fattori principali:

 Il recente riconoscimento degli Studi Traduttivi come disciplina indipendente.  La recente affermazione degli studi dei mezzi di comunicazione e della comunicazione in generale.  Il poco valore dato in ambiti accademici e lavorativi alla figura professionale del traduttore.  La scarsa attenzione rivolta alla traduzione audiovisiva all’interno dell’ambito degli Studi Traduttivi.2

Il termine “traduzione audiovisiva” potrebbe portare a delle incomprensioni, in quanto potrebbe essere considerato un sinonimo di adattamento cinematografico3; quest’ultimo invece, non ha a che vedere con la traduzione di un copione filmico, bensì con la trasposizione di un’opera letteraria in un’opera cinematografica.

Potrebbe capitare di incontrare l’espressione “traduzione filmica” usata come sinonimo di traduzione audiovisiva e soprattutto di doppiaggio; questo fenomeno va attribuito alla mancanza di popolarità della televisione in Italia, e quindi alla mancanza del bisogno di traduzioni per la televisione, negli anni in cui la traduzione audiovisiva prendeva piede. Gran parte del mercato della traduzione audiovisiva in quegli anni quindi, era rivolta alla traduzione dei dialoghi cinematografici facendo dei film l’unico prodotto con necessità di traduzione.

2 SUSANA CAÑUELO, Adaptación cinematográfica y traducción: hacia una sistematización de sus relaciones, Tesi di dottorato, Universitat Pompeu Fabra, luglio 2002.

3 O trasposizione cinematografica.

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Riporto di seguito uno schema di distinzione dalla tesi di dottorato di Susana Cañuelo citata in bibliografia.

Traduzione letteraria:

- Da testo letterario in lingua A a testo letterario in lingua B.

Traduzione audiovisiva:

- Da film in lingua A a film in lingua B. - Traduzione audiovisiva di un film in lingua B basata su un testo letterario in lingua A.

Adattamento cinematografico o trasposizione cinematografica: - Da testo letterario in lingua A a film in lingua A. - Da testo letterario in lingua B a film in lingua B.

LA TRADUZIONE DEI TESTI MULTILINGUI

Tradurre una sceneggiatura per la versione doppiata di un film implica un adattamento linguistico e culturale che si realizza attraverso una serie di strategie.

Le tecniche principali sono:

SPOSTAMENTO: per caratterizzare meglio un personaggio l’idea viene tradotta con un’espressione più colorita rispetto all’originale, spesso anche l’intensità viene modificata con delle variazioni semantiche.

AGGIUNTA: parti di testo vengono aggiunte senza che ci sia una corrispondenza nel testo originale. Questa tecnica viene utilizzata quando il personaggio è fuori campo ed in tutti quei momenti in cui la sincronizzazione può essere trascurata.

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CHIARIFICAZIONE: alcune espressioni vengono tradotte perché rimandano a delle realtà specifiche della cultura da cui proviene il film. Questa tecnica viene utilizzata quando un riferimento troppo lontano alla cultura meta potrebbe causare straniamento o la perdita di doppi sensi.

CANCELLAZIONE: alcune parole del copione originale vengono eliminate se sono troppo specifiche della cultura di partenza e se l’adattatore ritiene che possano risultare estranee allo spettatore.

Queste strategie possono essere applicate nei casi in cui l’originale sonoro presenti dei modelli di lingua standard, quando invece gli originali presentano delle varietà di lingua non standard (accenti italoamericani, inglese dei neri d’America) si verificano i così detti fenomeni di code- switching, o anche gli slittamenti di codice. In passato i personaggi stranieri che apparivano nei film venivano semplicemente appiattiti sulla lingua di arrivo, andando incontro a delle inevitabili perdite traduttive.

I fenomeni di code mixing, invece, sono una mescolanza di codici che prevede l’inserimento nei dialoghi di parole o espressioni in una lingua diversa da quella della traduzione. Si possono aggiungere parole straniere all’interno di un testo anche se non c’è corrispondenza nell’originale, con il solo scopo di dare una patina esotica al testo doppiato.

Nei doppiaggi dei dialoghi multilingui si adottano le seguenti strategie:

a) L’effetto dell’originale viene mantenuto, le parole o espressioni in L2 non vengono tradotte, a condizione che la L2 sia una lingua diversa da quella in cui avviene il doppiaggio. b) Le parole o espressioni in L2 vengono lasciate in lingua originale, aggiungendo un sottotitolo in corrispondenza di esse.

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c) Il plurilinguismo può essere mantenuto anche cambiando le parti in L2, o magari creando dei neologismi che mantengano l’effetto esotico ma che siano più comprensibili al grande pubblico. d) Si può dare una connotazione di bilinguismo aggiungendo delle parole o delle espressioni straniere che non hanno corrispondenza nell’originale.

Quando si parla di traduzione audiovisiva si sottintendono varie tecniche di traduzione ma ci soffermeremo sulle tre principali: il sottotitolaggio , il voice-over, ed il doppiaggio; soffermandoci su quest’ultimo in quanto parte fondamentale del testo da analizzare.

2.1 IL SOTTOTITOLAGGIO

È una traduzione scritta e ridotta dei dialoghi originali, generalmente è collocata nella parte inferiore dello schermo ed è adattata ai tempi di scorrimento delle scene.

In passato era considerato di categoria inferiore al doppiaggio in quanto non in grado di rispettare la realtà linguistica del prodotto originale. Oggi la situazione è cambiata e la consapevolezza nei confronti di questa tecnica della traduzione audiovisiva è aumentata tanto da mettere in discussione l’utilizzo del doppiaggio, considerato troppo costoso, limitativo e troppo influente sulla qualità finale del film.

Il sottotitolaggio non sostituisce la banda sonora originale, si limita ad aggiungere una traduzione semplice ed efficace della versione originale, senza però nascondere o alterare le caratteristiche originali del film, tra cui la voce e la recitazione degli attori.

Non è una sorpresa che un metodo di traduzione che permette di guadagnare tempo e denaro nella vendita e presentazione di un film si stia affermando e che stia mettendo in dubbio il futuro, seppur a lungo termine, di un’industria ben sviluppata come quella del doppiaggio italiano.

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È importante però segnalare alcuni limiti:

- Riduzione del testo per adeguare i tempi di lettura delle battute ai tempi delle relative scene; - Parte dell’immagine è coperta dai caratteri dei sottotitoli, la visione completa dello schermo è quindi impossibile; - L’attenzione dello spettatore viene divisa tra la lettura dei sottotitoli e la visione del film, il quale di conseguenza non può essere seguito nei minimi particolari; - In un paese in cui circa il 90% della produzione cinematografica è di origine straniera si rischia di perdere una fattore molto influente dell’identità linguistica italiana.

Bisogna anche dire che la scelta fra doppiaggio e sottotitolaggio non è dettata solamente da fattori economici, dipende spesso dalla vicinanza culturale di un paese con la lingua d’origine del film e dalla familiarità della popolazione con la lingua straniera. Considerando che la maggior parte della produzione cinematografica distribuita in Europa è di origine statunitense, al momento della scelta fra doppiaggio e sottotitolaggio sarà di fondamentale importanza la conoscenza media dell’inglese della popolazione.

2.2 VOICE OVER / fuori campo

Con il termine voice over si intende tutto ciò che avviene al di fuori del campo visivo dell’inquadratura; quando questo termine è riferito alle tecniche di traduzione audiovisiva si intende quel metodo per cui la traccia originale non viene eliminata, ma semplicemente lasciata sul fondo al minimo del volume e la traccia tradotta viene montata sul video. Di solito lo spettatore non si rende conto dell’origine della versione tradotta, in quanto il traduttore difficilmente appare sullo schermo.

La versione tradotta è di qualche secondo ritardata rispetto alla versione originale, di conseguenza, a differenza del doppiaggio, non viene

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adattata ai movimenti labiali dei personaggi che parlano. Questo è dovuto al fatto che non c’è la necessità di ricreare il dialogo in modo naturale fingendo che quelle parole siano pronunciate direttamente dal personaggio sullo schermo. Per questi motivi molti considerano la traduzione fuori campo una via di mezzo tra il doppiaggio ed il sottotitolaggio in quanto è una traduzione orale proprio come il doppiaggio ma è una versione sintetizzata dell’originale, proprio come il sottotitolaggio.

Lo sviluppo di questa tecnica si è reso necessario per far fronte alle necessità di rapidità e di economia dei programmi televisivi, ed è utilizzata soprattutto per trasmettere documentari, notizie dell’ultimo minuto o interviste. È molto utile anche per le conferenze stampa e per gli avvenimenti mediatici che coinvolgono un pubblico vasto, ad esempio un discorso presidenziale.

Esistono due tipi di voice-over:

- Classico: consiste nella traduzione registrata in precedenza dei testi originali e montata sul prodotto audiovisivo. - In diretta: realizzata senza una registrazione precedente, questa tecnica è molto simile alla traduzione simultanea.

2.3 IL DOPPIAGGIO

Il doppiaggio è il procedimento tecnico con il quale si sostituisce la voce degli attori che appaiono sullo schermo con quella dei doppiatori. E’ usato soprattutto per la proiezione dei film stranieri.

Nella cultura occidentale, il cinema e la televisione sono senza dubbio i mezzi di comunicazione più utilizzati e più comuni; è proprio questa popolarità a far sì che l’influenza del doppiaggio sulla vita quotidiana sia superiore ad ogni altro tipo di traduzione. Ad esempio, nella traduzione letteraria la maggiore consapevolezza del lavoro di mediazione ma anche la possibilità di dedicare il tempo necessario ad eventuali riflessioni permette di

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individuare la presenza di interferenze traduttive e/o culturali, mentre il pubblico indifferenziato dei prodotti cinematografici è verosimilmente più permeabile al linguaggio a cui è esposto.

Il doppiaggio è un fattore determinante nel definire il valore di scambio dei prodotti audiovisivi ed un lavoro di qualità può sicuramente fare la differenza. Proprio a causa dell’importanza del doppiaggio nella ricezione del film, si tende ad attribuire il mancato successo di una produzione cinematografica alla qualità scadente della traduzione, ma volendo citare Pino Colizzi (attore, doppiatore, direttore di doppiaggio e dialoghista) il doppiaggio può peggiorare un film, ma soltanto nella misura in cui una brutta cornice peggiora un quadro. Le perdite e le modifiche che i dialoghi di un film subiscono con il processo di doppiaggio o di adattamento sono una conseguenza necessaria della traduzione stessa, sono quindi presenti anche nella letteratura. Ma ciò che nel campo letterario è ormai dato per scontato, nell’audiovisivo desta ancora polemiche; gli scrittori italiani non accusano la traduzione di essere la causa del maggiore successo di un romanzo straniero, allo stesso modo in cui non colpevolizzano la traduzione di un loro romanzo se non viene ben recepito all’estero.

Il film è un sistema semiotico complesso, costituito da un codice visivo, uno sonoro e uno verbale; l’elemento verbale è quindi un elemento strutturale e la sua comprensione è essenziale alla comunicazione, ma il linguaggio filmico è un linguaggio in cui ogni parola assume significato dal contesto generale e dall’associazione con le immagini. Non è il dialogo a dover essere ricostruito ma il rapporto dialettico tra parole e immagini. Non è difficile immaginare quanto un lavoro così complesso richieda la presenza di professionisti qualificati e di macchinari adeguati, ma soprattutto di un lungo processo di realizzazione.

Il punto di partenza di ogni doppiaggio è il copione, ce ne sono di vari tipi:

Copione di scena: è il libro utilizzato per la ripresa di un film. Di solito è incompleto e mancante di tutte quelle frasi che gli attori aggiungono sul

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momento. Raramente uno studio di doppiaggio riceve questo tipo di copione ma quando succede il traduttore deve completarlo ascoltando i dialoghi e riportando le frasi mancanti.

Lista dialoghi: (Dialogue list) non è altro che la trascrizione di tutti i dialoghi di un film. Ci sono aziende, come la Gelula di Hollywood, che si occupano proprio di trascrivere parola per parola le bande sonore delle produzioni cinematografiche. Generalmente in questo tipo di copione i dialoghi sono accompagnati dal metraggio, che specifica il momento esatto in cui si svolge una determinata scena.

Lista dei dialoghi e lista dei sottotitoli: (Combined dialogue list): è composto da due colonne, in una vengono riportati i dialoghi, nell’altra il testo dei sottotitoli, oltre a una serie di spiegazioni sulle espressioni gergali della versione originale.

Workprint: è la copia positiva del film da doppiare.

Colonna internazionale: (M/E track) comprende gli effetti sala, gli effetti speciali e gli effetti ambiente che non possono essere doppiati. Contiene anche i dialoghi in una lingua diversa da quella originale che non devono essere doppiati.

2.4 LE FASI DEL DOPPIAGGIO

Il montaggio

Fin dalle origini del doppiaggio e prima della digitalizzazione questa fase della lavorazione svolgeva un ruolo di rilevanza nell’intero processo, ma con l’arrivo delle nuove tecnologie si è convertita in un lavoro più meccanico che artistico. Si divide in varie fasi:

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Inventario del materiale: non appena uno studio di doppiaggio riceve copione e colonna internazionale, tutto il materiale viene controllato e catalogato per poi essere trasferito alla sezione di produzione.

Divisione del film: i dialoghi del film vengono divisi in piccole sezioni numerate definite anelli (takes), rilevando anche il time code di inizio e fine di ogni anello.

Controllo della colonna internazionale: la banda degli effetti sonori ed il copione vengono confrontati per assicurarsi che tutti gli effetti e le colonne sonore siano presenti e per verificare che la qualità sia adeguata alla realizzazione di un buon missaggio.

Sezione di produzione

La produzione si occupa di:

 Organizzare il lavoro delle fasi di montaggio, del traduttore e del direttore;  Trascrivere l’adattamento dei dialoghi;  Preparare i grafici, cioè una pianificazione, pellicola per pellicola, di tutti i personaggi e degli anelli dove compaiono i vari personaggi;  Organizzare gli impegni delle giornate di lavoro e della registrazione.

Traduzione

La traduzione è uno dei pilastri del doppiaggio. Deve essere il più fedele possibile all’originale senza essere eccessivamente letterale.

In passato, il lavoro del traduttore era fare una traduzione letterale dei dialoghi, era poi compito dell’adattatore sincronizzare il testo. Proprio per questo, al momento di registrare una traduzione il traduttore riceveva soltanto il 30% dei diritti di autore. Oggi invece molti traduttori si occupano dell’adattamento dei dialoghi, nella maggior parte dei casi con risultati soddisfacenti.

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Adattamento dei dialoghi

L’adattamento è la fase del doppiaggio in cui i dialoghi tradotti vengono adeguati ai movimenti labiali dei personaggi ed ai tempi della versione originale.

Nelle sue fasi iniziali il lavoro dell’adattatore si basa sulla traduzione letterale dei dialoghi effettuata dal traduttore, preoccupandosi di sincronizzare i dialoghi tradotti con le consonanti bilabiali ed i gesti e le espressioni dei personaggi. Molto spesso, specialmente nella combinazione inglese-italiano, la versione tradotta è più lunga della versione originale, è quindi compito dell’adattatore sintetizzarla, evitando perdite significative di senso. Anche correggere eventuali errori del traduttore fa parte delle responsabilità dell’adattatore, controllare i toponimi e le date, così come citazioni e fatti storici mal interpretati.

L’adattatore si occupa anche di preparare i dialoghi di ambiente, tra cui le parti comprensibili delle conversazioni di sottofondo.

Selezione delle voci

Il direttore del doppiaggio sceglie le voci degli attori in base all’aderenza vocale o recitativa del doppiatore al personaggio.

Registrazione delle voci

La registrazione delle voci (voices recording) avviene nella sala di doppiaggio (recording room), costituita da due ambienti insonorizzati e separati da un doppio vetro: in uno, la regia, ci sono il direttore di doppiaggio ed il fonico di sala, nell’altro, la sala vera e propria, ci sono i doppiatori e l’assistente di doppiaggio, che organizza e coordina il lavoro e controlla le lunghezze ed il sincronismo labiale.

I doppiatori hanno di fronte un leggìo con il copione italiano, il microfono, ed uno schermo su cui vengono proiettate le immagini; vedono l’anello più volte

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ascoltando il sonoro originale e provano le battute in sincrono con le immagini, fino a quando non sono pronti ad incidere. Nel caso in cui ci siano personaggi che parlano contemporaneamente e le voci si sovrappongano, si ricorre all’incisione di piste separate.

Missaggio

Fino a metà degli anni cinquanta questo lavoro veniva svolto su un supporto ottico o fotografico, con il grande inconveniente che, in caso di errore, non era possibile cancellare una registrazione e tornare a registrare sulla stessa pista audio.

Ai giorni nostri il missaggio viene realizzato su un supporto di disco rigido che dà la possibilità di registrare e cancellare tante volte quante ce ne sia bisogno; l’arrivo delle nuove tecnologie semplifica considerevolmente la parte tecnica del processo di doppiaggio. Il progresso tecnologico rapido e continuo mette gli studi di doppiaggio nella posizione di doversi costantemente aggiornare, creando situazioni in cui nel giro di pochi anni un’apparecchiatura di cui non si è ancora ammortizzato il costo, potrebbe diventare obsoleta.

Il lavoro del mixatore inizia guardando, nella versione originale, l’immagine della bobina che bisogna mixare per rendersi conto dei livelli sonori e dei dettagli della banda sonora. Una volta visionata la riavvolge e la riproietta muta, cambiando la pista audio con la versione doppiata che proprio in questo momento viene mixata con la banda internazionale.

Il missaggio svolge un ruolo fondamentale in tutto il processo ma, paradossalmente, solo una piccola minoranza valorizza e comprende l’importanza del lavoro di un buon mixatore.

A volte il missaggio viene svolto all’estero, generalmente negli Stati Uniti o in Inghilterra, in questi casi i dialoghi incisi in sala vengono preparati su una banda di dialoghi per il missaggio (mixing dialogue track) e vengono inviati allo studio dove si svolgerà verranno mixati. Generalmente la banda

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dei dialoghi viene accompagnata da una serie di resoconti tecnici ( mixing reports).

La sincronizzazione

È la fase che assicura la spontaneità dei dialoghi e, di conseguenza, la buona riuscita di un film. Secondo Herbst (1994), è possibile dividere i diversi tipi di sincronismo in due grandi gruppi: il sincronismo articolatorio, che si divide ulteriormente in quantitativo e qualitativo, e quello paralinguistico e cinetico.

Il sincronismo articolatorio quantitativo comprende la simultaneità dei dialoghi con l’inizio e la fine dei movimenti della bocca degli attori; questo sincronismo agisce necessariamente sulla velocità delle frasi, a seconda che la lunghezza dei testi tradotti sia maggiore o minore rispetto a quella dei testi originali. Questo tipo di sincronismo è probabilmente il più importante dal punto di vista degli spettatori: il pubblico si accorge immediatamente delle discrepanze tra inizio e fine del dialogo ed i movimenti delle labbra degli attori. Il sincronismo articolatorio qualitativo riguarda, invece, la compatibilità tra i suoni del dialogo doppiato ed i movimenti della bocca dei personaggi. Questo tipo di sincronismo riguarda anche il volume ed il tono della voce ed è indispensabile nei primissimi piani. Il sincronismo paralinguistico, detto anche “espressivo”, riguarda la necessità di rispettare la concordanza tra i dialoghi ed i movimenti del corpo, i gesti e le espressioni.

Revisione del doppiaggio

Una volta finito il missaggio si procede al controllo del lavoro svolto ( check) tramite interlock. La tecnica interlock è la riproduzione separata ma contemporanea delle immagini e della pista audio, con questo procedimento il risultato sarà una copia standard del film in cui lo spettatore

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non si rende conto che audio e immagini arrivano da due fonti diverse. In questa fase si prende nota di eventuali errori e si fanno le correzioni.

Negativo del suono

Una volta controllato il doppiaggio ed effettuate le correzioni la versione doppiata viene trascritta su una pellicola fotografica, sviluppandola, si ottiene il negativo del suono (dubbed version sound negative). Su ogni bobina del negativo viene annotata la sincronia: primo fotogramma (first picture frame), primo cambio di immagine (first picture scene change) e ultimo fotogramma, e viene inviata al laboratorio accompagnata da dei resoconti.

2.5.II LE FIGURE PROFESSIONALI NEL DOPPIAGGIO

 ll traduttore-adattatore o dialoghista: è il traduttore specializzato che si occupa di tradurre e adattare i dialoghi da una lingua all'altra, effettuando - nel rispetto dell'opera originaria - una mediazione culturale che renda comprensibile la narrazione allo spettatore, mantenendo allo stesso tempo il ritmo ed il sincronismo labiale del dialogo. Spesso, per un'insufficiente conoscenza della lingua di partenza dell'opera, il dialoghista si serve di un secondo traduttore che realizza, senza l'ausilio del supporto ottico, la versione letterale del testo;  Il direttore del doppiaggio: sceglie le voci che più si adattano ai personaggi e dirige gli attori-doppiatori, indicando loro come interpretare le battute per renderle efficaci e adatte allo specifico momento del film;  Il doppiatore: che essenzialmente è un attore in grado di interpretare al meglio il personaggio, al quale presta la propria voce; generalmente deve avere una voce fonogenica, con una dizione adeguata e priva di inflessioni dialettali; nel caso dei film d'animazione, si ricorre spesso ad attori famosi o a personaggi della televisione con una voce riconoscibile dal grande pubblico;

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 Il doppiatore pubblicitario: un doppiatore particolarmente capace e specializzato nelle tecniche di utilizzo della propria voce in ambito pubblicitario, come nei trailer o negli spot TV;

Le figure tecniche sono invece:

 L'assistente al doppiaggio: coordina e pianifica il lavoro, controlla che l'attore-doppiatore sia in sincrono con l'attore sullo schermo, e prepara le singole scene da doppiare utilizzando gli anelli;  Il sincronizzatore: cerca di perfezionare il sincronismo tra il labiale e le singole parole pronunciate dal doppiatore (ad esempio allungando o accorciando le pause di silenzio tra una parola e l'altra). Tale attività veniva svolta, fino a tutti gli anni novanta, attraverso l'utilizzo della moviola e operando su pellicola magnetica; mentre attualmente si usa un particolare programma gestito da un computer, che permette non solo di spostare battute o di aggiungere e togliere pause, ma anche di allungare o accorciare le stesse senza alterare l’armonia del suono, tecnica che favorisce una sincronizzazione più efficace e permette di gestire contemporaneamente un numero considerevole di tracce audio.  Il fonico: si occupa della qualità delle incisioni;  Il mixatore: miscela le varie tracce audio, riallineando tutti i livelli sonori.

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3. IL DOPPIAGGIO IN ITALIA

3.1 La normativa

I diritti morali e patrimoniali del dialoghista adattatore vengono tutelati per la prima volta in Italia con la legge sui diritti d’autore n. 633 del 1941, il cui articolo 4 tutela le elaborazioni di carattere creativo di un’opera “quali le traduzioni in un’altra lingua”, senza pregiudicare i diritti esistenti sull’opera originaria.

L’articolo 20 affronta il tema della personalità dell’autore:

“Indipendentemente dai diritti esclusivi di utilizzazione economica dell’opera, previsti nelle disposizioni della sezione precedente, ed anche dopo la cessione dei diritti stessi, l’autore conserva il diritto di rivendicare la paternità dell’opera e di opporsi a qualsiasi deformazione, mutilazione od altra modificazione, ed a ogni atto a danno dell’opera stessa, che possano essere di pregiudizio al suo onore o alla sua reputazione.”

Con il decreto legislativo del 9 aprile 2003 lo stato italiano riconosce agli adattatori dialoghisti un equo compenso anche per la riproduzione privata di videogrammi, inoltre, l’articolo 39 dello stesso decreto sancisce i compensi pecuniari per il lavoro svolto dall’adattatore:

a) Supporti audio analogici: 0,23 euro per ogni ora di registrazione; b) Supporti audio digitali dedicati, quali minidisc, CD-R audio e CD-RW audio: 0,29 euro per ora di registrazione. Il compenso è aumentato proporzionalmente per i supporti di durata superiore; c) Supporti digitali non dedicati, idonei alla registrazione di fonogrammi, quali CD-R dati e CD-RW dati: 0,23 euro per 650 megabyte; d) Memorie digitali dedicate audio, fisse o trasferibili, quali flash memory e cartucce per lettori MP3 e analoghi: 0,36 euro per 64 megabyte; e) Supporti video analogici: 0,29 euro per ciascuna ora di registrazione;

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f) Supporti video digitali dedicati quali DVHS, DVD-R video e DVD-RW video: 0,29 euro per ora, pari a 0,87 euro per un supporto con una capacità di registrazione di 180 minuti. Il compenso è aumentato proporzionalmente per i supporti di durata superiore; g) Supporti digitali idonei alla registrazione di fonogrammi e videogrammi, quali DVD Ram, DVD-R e DVD-RW: 0,87 euro per 4,7 gigabyte. Il compenso è aumentato proporzionalmente per i supporti di durata superiore; h) Apparecchi esclusivamente destinati alla registrazione analogica o digitale audio o video: 3 per cento dei relativi prezzi di listino al rivenditore.

Subito dopo l’emanazione di questa norma, da considerare un adeguamento alle tariffe europee dei compensi ad autori, produttori ed interpreti esecutori, si è scatenata una polemica da parte dei produttori di supporti multimediali, i quali, per ammortizzare i presunti costi relativi all’aumento del compenso agli adattatori, hanno aumentato il prezzo di vendita al pubblico.

Nonostante i diritti morali e patrimoniali dell’adattatore fossero già stati riconosciuti dalla legge n.63/1941, bisognerà aspettare parecchi anni prima che il dialogista venga riconosciuto e tutelato in quanto figura professionale. Nello specifico, due decisioni della Pretura di Roma degli anni settanta avevano negato l’attuabilità della legge sul diritto d’autore ai dialoghi cinematografici. La versione dei giudici era la seguente: l’art 4 della legge sul diritto d’autore protegge le elaborazioni creative “se e in quanto queste ultime si riferiscono ad opera originale, di per sé tutelabile e tutelata” di conseguenza “sarebbe incongruo considerare originale e creativa l’elaborazione di un’opera che tale non è o, quanto meno, tale non è qualificata dalla legge sul diritto d’autore”. I dialoghi di un’opera cinematografica, sostiene il giudice, non costituiscono un’opera originaria ed autonoma sia perché “sono privi di una loro autonoma rilevanza” sia perché non sono considerati dal legislatore come contributi creativi. Uno dei pochi a prendere le distanze dalla tendenza dominante fu Diego Zimino, docente di

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L’Era Glaciale: doppiaggi a confronto

diritto industriale all’Università di Palermo, affermando che l’adattamento di un’opera cinematografica e televisiva “rientra nel diritto esclusivo di traduzione, investendo particolari problemi di carattere tecnico quale ad esempio quello della medesima durata temporale del dialogo originale e del testo tradotto … il traduttore deve adattare il dialogo originale in altra lingua rispettando sia il contenuto che la composizione ideativa; in tal caso la traduzione richiede un’attività intellettuale dotata di efficacia creativa che costituisce un quid novi, tutelabile in moto autonomo come oggetto del diritto d’autore”.

Nel 1993, con la sentenza n. 1759 del tribunale di Roma riguardante la causa tra l’adattatore Alberto Toschi e la XXth Century Fox, l’attività creativa del dialoghista venne definitivamente riconosciuta, rendendo applicabile la legge sul diritto d’autore.

“L’autore della traduzione e dell’adattamento dei dialoghi di un’opera cinematografica compie opera di elaborazione ed ha diritto a che il suo nome compaia nei titoli di testa del film in quanto il suo contributo è da considerare come di collaborazione alla sceneggiatura (la quale contiene il dialogo che di regola è presente nell’espressione cinematografica attuale).”

La previdenza nel settore del doppiaggio è gestita dall’ENPALS, l’ente nazionale di previdenza e assistenza dei lavoratori dello spettacolo, che divide i suoi assistiti in base al tipo di contratto: a tempo indeterminato ed a tempo determinato. Del primo gruppo fanno parte tutti i dipendenti stabili di qualsiasi impresa dello spettacolo, mentre nel secondo gruppo, di cui fanno parte i dialoghisti, troviamo tutti i lavoratori il cui impiego dipende dalla durata della lavorazione, ad esempio le riprese di un film.

Il lavoro dei traduttori e degli adattatori di opere audiovisive straniere è regolato, così come tutte le altre categorie di lavoratori del doppiaggio, da un

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L’Era Glaciale: doppiaggi a confronto

Contratto collettivo nazionale di lavoro, stipulato nel 2004 e rinnovato nel 2008, tra i sindacati dei lavoratori ed alcuni rappresentanti delle imprese di doppiaggio.

L’adattatore viene definito nell’articolo 3 come “l’autore cui è affidata dall’impresa o dalla committenza la trasposizione, l’elaborazione e l’adattamento in sincronismo ritmico e labiale dei dialoghi di opere cinematografiche o assimilate straniere ovvero di produzione nazionale da post-sincronizzare, al fine di rendere nella lingua di destinazione lo spirito dell’opera”.

Il Contratto nazionale stabilisce le caratteristiche obbligatorie di un contratto individuale, che sono: dati identificativi dell’autore, codice fiscale, numero di matricola ENPALS, denominazione della società di doppiaggio e sua sede legale, titolo originale dell’opera e anno di produzione, denominazione del soggetto committente o del soggetto titolare del diritto di utilizzazione, Paese di produzione dell’opera, numero di rulli, data di consegna e giornate lavorative previste, compenso, tempi e modalità di pagamento. I termini minimi di consegna sono fissati nel Contratto collettivo, il quale prevede un giorno di lavoro ogni rullo, più una giornata di preparazione ogni quattro rulli. L’adattatore è nella posizione di chiedere di visionare il materiale prima di accettare il lavoro. I modi e i termini di visione saranno stabiliti in accordo con la società commissionante.

L’articolo 5 sancisce le modalità di stesura del copione di adattamento:

 Ogni pagina del copione deve contenere dalle 18 alle 20 righe e deve essere numerata;  Il massimo di battute dattiloscritte è fissato a 50, spazi e punteggiatura compresi;  Le tecniche didascaliche sono state unificate secondo il seguente schema

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(IC) In campo (FC) Fuori campo (inIC), (inFC) Inizia campo – il personaggio passa di campo nei primi fotogrammi dell’inquadratura (finIC), (finFC) Finisce campo - il personaggio passa di campo negli ultimi fotogrammi dell’inquadratura (SOVR) Sovrapposto … La frase contiene una pausa breve / Pausa tra due frasi // Pausa fra due scene (Ant.) Anticipato – la battuta va leggermente anticipata rispetto al sonoro originale. Poco usato è una soluzione estrema. (EFF) Voce effettata – radio, televisione (DS) Di spalle (SM) Sul muto – la battuta non è presente nel sonoro originale. un caso frequente è quello di una voce che legge una lettera o un giornale. (VERSO) Ogni tipo di verso (FIATO) Presa di fiato, sospiro (RIS.) Risatina (RIDE) Risata (VOCE) Voce narrante (Orig.) Come da originale- si mantiene il sonoro originale della battuta, di solito è registrato sulla banda internazionale

Stando al contratto collettivo l’adattatore dei dialoghi deve fornire alla società di doppiaggio due copie firmate della lista dialoghi ed una copia su un supporto digitale, possibilmente in formati non modificabili. Il nome dell’adattatore deve essere inserito in testa ai titoli di coda.

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L’Era Glaciale: doppiaggi a confronto

3.2 Panoramica storica dell’italiano nel doppiaggio

Secondo quanto affermato da Sergio Raffaelli nel suo intervento intitolato: Un italiano per tutte le stagioni,4 il doppiaggio ha una storia interna ed una esterna. La storia esterna non è solo conosciuta, ma è anche perfettamente documentabile, e si riferisce a tutte le norme, le leggi, le vicende culturali e sociali che hanno portato il doppiaggio allo stato attuale. Sulla storia interna del doppiaggio invece si sa molto poco; quando la lingua del doppiaggio ha smesso di essere sorvegliata, generalizzata e ripetitiva ed ha iniziato ad adattarsi ai cambiamenti stilistici e di registro delle opere originali? Quando gli adattatori si sono ribellati al livellamento stilistico della produzione doppiata italiana? Per decenni il doppiaggio ha mantenuto immutata la fisionomia linguistica utilizzata negli anni Trenta:

- Rispetto della pronuncia romano-fiorentina - Correttezza grammaticale - Uso del condizionale - Uso di un lessico universalmente comprensibile - Correttezza sintattica

Il risultato era una lingua ripetitiva e stereotipata che non era in grado di rispettare le varietà di registro e di lessico delle lingue originali. L’italiano standard, infatti, non possiede un numero di variazioni di codice e di registro sufficienti a riprodurre un dialogo quotidiano senza ricorrere a regionalismi e, in alcuni casi estremi, al dialetto. La storica carenza, nella lingua italiana, di modi di dire ed espressioni dimesse e disinvolte non permisero agli adattatori italiani di rispettare la scioltezza con un maturo uso orale della lingua.

Seppur fissa e ripetitiva questa varietà linguistica italiana, dal punto di vista

4 SERGIO PAOLINELLI, La questione doppiaggio, La norma traviata. Un ascensore per la torre di babele, convegno AIDAC 9-10 febbraio 1996.

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delle imprese produttrici americane, era in ogni caso una garanzia di gradimento.

Il problema quindi è che il doppiaggio, almeno fino agli anni Settanta, non ha saputo o non ha voluto adattarsi ai cambiamenti linguistici che invece sono evidenti nella produzione cinematografica nazionale, col passare del tempo il pubblico è diventato sempre meno dialettofono e sempre più familiarizzato con dei regionalismi diversi dal proprio.

Si potrebbe far risalire la nascita del doppiaggio italiano al 31 maggio 1914, quando un decreto approvato dal governo Giolitti stabiliva: “Vigilanza sulle pellicole cinematografiche presso il Ministero dell’Interno” e prescriveva che “i titoli, i sottotitoli e le scritture sulla pellicola” dovessero essere scritti “in corretta lingua italiana”.

Le integrazioni verbali di questo periodo erano scritte con uno stile ridondante e retorico, rispecchiando lo stile artificioso ed arcaicizzante delle didascalie americane.

Nel 1925, con l’affermarsi del regime fascista e della tendenza nazionalista-purista, l’industria cinematografica fu centralizzata a Roma ed il cinema sonoro cominciò ad elaborare un italiano proprio, disseminato di preziosismi sintattici e lessicali. Nei primi anni Trenta il doppiaggio inizia ad affermarsi anche ad Hollywood, ma nei doppiaggi effettuati al di là dell’Atlantico le interferenze dialettali sono frequentissime, in quanto gli attori utilizzati per questo tipo di produzioni provenivano dalle colonie italiane di Los Angeles o New York. In Italia però questo tipo di produzioni non avevano grande successo, il pubblico italiano li sentiva estranei e non perdeva occasione per criticare le varie inflessioni, tanto che il critico e regista Gian Gaspare Napolitano arrivò ad affermare: “La loro pronunzia italo-americana agli orecchi degli italiani sa di yankee e di inflessioni dialettali ad ogni sospiro”.

La censura italiana, posta di fronte all’arrivo dagli Stati uniti di film sonori (sempre più spesso “cantati” e “parlati”) già all’inizio della stagione

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1929-1930 assunse la decisione radicale di concedere loro il nulla osta solo a condizione che la componente verbale straniera venisse tolta. In un primo momento agì con tolleranza: alla fine del 1929 infatti concesse che “le pellicole sonore e cantate” fossero “ammesse al visto di censura” mentre dispose che restassero “nettamente vietate le pellicole riproducenti brani di dialogo in lingua straniera.” Il provvedimento non appare severo, se si considera che nei primissimi mesi i film erano per lo più confezionati con musiche, canzoni e rare battute Ma poi il dialogo prevalse, tanto che si pubblicizzarono presto film parlati al 70% e più.

Così, di fronte al dilagare del parlato in lingua straniera, e ormai non più soltanto inglese, l’ufficio di revisione fece divulgare il 22 ottobre 1930 la comunicazione di norme più rigide che sarebbero rimaste definitive: “Il ministero dell’interno ha disposto che da oggi non venga accordato il nulla osta alla rappresentazione di pellicole cinematografiche che contengono del parlato in lingua straniera sia pure in qualche parte e in misura minima. Di conseguenza tutti indistintamente i film sonori, ad approvazione ottenuta, porteranno sul visto la condizione della soppressione di ogni scena dialogata o comunque parlata in lingua straniera. Furono innumerevoli i titoli contrassegnati dal richiamo alla sostituzione del parlato originale con quello italiano. Furono oggetto della disposizione 480 film (420 dei quali di lungometraggio), in massima parte statunitensi, entro un arco di tempo che andò dal novembre del 1929 all’agosto del 1933. Aprì la serie nel novembre del 1929 il cortometraggio della Paramount Monelli Musicanti al quale fu imposto di togliere la parte parlata in lingua straniera. Tale prescrizione fu normalmente espressa, dal gennaio del 1930, con la formula fissa “togliere ogni scena dialogata o comunque parlata in lingua straniera”. Nel novembre 1930, l’espressione generica “sopprimere o rendere muti i brani parlati in inglese” del cortometraggio Fofò in avventura; o, nello stesso mese, formulazioni specifiche per tre opere della Fox Sinfonia d’amore, e infine nel

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Marzo del 1933, un’ultima ancora specifica, che per Amami stanotte proibiva anche “i recitativi in lingua straniera”. 5

Nel 1932 si iniziò a doppiare a Roma e nel 1933, quella che ormai era una consuetudine diventò un obbligo con il Decreto Legge del 5 ottobre: “È vietata la proiezione nelle sale cinematografiche del Regno delle pellicole cinematografiche sonore non nazionali … il cui adattamento supplementare in lingua italiana - doppiaggio o post-sincronizzazione – sia stato eseguito all’estero”. La volontà di favorire l’industria cinematografica italiana è resa evidente dalla disposizione secondo cui “la totalità del personale artistico e tecnico impiegato” doveva essere italiano.

La censura cinematografica ebbe un ruolo di grande rilevanza nei contenuti delle versioni italiane dei film stranieri, e non soltanto durante il ventennio fascista, anche se l’operato della censura nel primo quindicennio del sonoro coincise col periodo del massimo potere del fascismo, della guerra, della repubblica sociale italiana.

Nei primi anni del dopoguerra il cinema assunse un valore sociale, e di conseguenza linguistico, molto importante. Così come la televisione qualche anno più tardi, il cinema dà un apporto decisivo alla formazione linguistica degli italiani ed alla diffusione dell’italiano popolare unitario; bisogna tenere in conto che nell’immediato dopoguerra solamente il 10-20% della popolazione aveva una conoscenza attiva della lingua italiana.

Negli anni Cinquanta il parlato cinematografico italiano cercò di staccarsi dai vecchi modelli linguistici cercando di elaborare una lingua propria; la soluzione sembrò arrivare dal neorealismo: il cinema italiano riscoprì il dialetto. Il doppiaggio invece non faceva progressi, i modelli linguistici utilizzati continuavano ad essere gli stessi da ormai più di vent’anni. Il linguaggio era privo di variazioni di codice e perfino nelle

5 FRANCESCA DEL MORO, L’inquietante gemello, lineamenti di storia del doppiaggio in Italia, Dottorato di ricerca in scienze della traduzione A.A. 1999-2000.

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L’Era Glaciale: doppiaggi a confronto

commedie il cui tema centrale era il conflitto di classi, il doppiaggio faceva scomparire del tutto la diversità linguistica ed il dinamismo sociolinguistico.

In una intervista a cura di Marcello Pavesi, Sergio Raffaelli ha identificato tre cause principali della staticità della lingua del doppiaggio di questi anni:

 Il monolinguismo statico e decoroso dava la certezza del successo,  L’impianto linguistico italiano è stato “ingessato” per molto tempo,  Uno straniero che pronuncia frasi in dialetto potrebbe creare un effetto straniante ed inverosimile.

Solo agli inizi degli anni Settanta ci fu una svolta nel doppiaggio. In questo periodo nelle grandi aziende produttrici americane si iniziò a dare più spazio al dialetto. Con il successo de Il Padrino si passò da una situazione in cui il dialetto era del tutto bandito ad un uso sistematico delle varietà linguistiche regionali, con l’intenzione di sottolineare le caratteristiche etniche, sociali e psicologiche dei personaggi originali. È questo il periodo in cui si iniziano a stabilire contatti con le major americane e si cerca di rinnovare la lingua del doppiaggio italiano, eliminando tutte quelle caratteristiche ridondanti e ripetitive. Sull’onda delle nuove tendenze Ferdinando Contestabile, sceneggiatore, dichiarava: “L’abilità del dialoghista non consiste nel far parlare la gente nella maniera più pulita e perfetta, ma nel far parlare la gente così come parlerebbe una persona di quel rango in quella circostanza. Senza ricorrere al dialetto, beninteso …”.

Attualmente l’unica censura attiva nell’ambito linguistico riguarda il turpiloquio e le bestemmie.

Purtroppo però se questa nuova tendenza, ancora in vigore oggi, ha portato alla creazione di neologismi, di invenzioni linguistiche e di soluzioni fantasiose, ha anche fatto sì che l’industria del doppiaggio si sviluppasse e che diventasse preda dei tempi e dei costi di produzione, in altre parole l’ha resa un’impresa in cui il guadagno si trova al primo posto della scala gerarchica ed in cui si può barattare la qualità con la quantità.

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L’Era Glaciale: doppiaggi a confronto

Questa situazione si è resa evidente negli anni Ottanta, quando la necessità di riempire i palinsesti delle televisioni commerciali ha fatto sì che si avvicinassero a questa professione molti adattatori e doppiatori tanto improvvisati quanto incompetenti.

I bassi costi di produzione, la ristrettezza dei tempi di lavoro e l’incompetenza dei lavoratori dell’ambito hanno tolto a questo lavoro qualsiasi attività creativa, rendendolo più simile ad una catena di montaggio che ad un lavoro artistico. Nonostante la riconosciuta importanza di una traduzione di qualità, afferma Nicola Maccanico, direttore generale della Warner Bros Italia, le mayor holliwoodiane stentano a guardare al doppiaggio come una fase essenziale della creazione del film. Le spese vengono considerate sempre eccessive, atteggiamento poco lungimirante perché un buon doppiaggio è sempre un valore aggiunto.

Mario Paolinelli, dialoghista e vice-presidente dell’AIDAC, ha sottolineato quanto il fattore economico sia la causa prima del declino della qualità del doppiaggio. La corsa al ribasso unita alla richiesta sempre maggiore di comprimere i tempi di lavorazione, allontanano dal mercato i professionisti e attirano nuovi soggetti non preparati. È inevitabile che il livello complessivo del doppiaggio ne risenta e che l’industria italiana, una delle prime al mondo, rischi di abbandonarsi a lavori di qualità sempre più scadente. A questo proposito Roberto Nepoti, critico cinematografico, ha parlato del rischio di perdere quell’eccellenza cha ha sempre caratterizzato il doppiaggio italiano ed ha posto il problema dell’inconciliabilità tra i tempi di lavorazione ed il lavoro creativo-artistico richiesto.6

6 La questione doppiaggio, La norma traviata. Un ascensore per la torre di babele, convegno AIDAC 9- 10 febbraio 1996

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3.3 L’italiano del doppiato - caratteristiche principali

“Lo standard linguistico più diffuso e generalizzato è quello della lingua parlata formale, costruita nel pieno rispetto delle strutture sintattiche, morfologiche e fonologiche. Questo livello costituisce anche la base di comunicazione che si può trovare nel doppiato dei film americani”7

Questa definizione che il critico Gian Piero Brunetta ha dato all’italiano usato nei doppiaggi è utile come trampolino di lancio per una descrizione più approfondita delle caratteristiche linguistiche riscontrabili nelle versioni italiane dei dialoghi cinematografici.

La lingua parlata nei film, per natura, non può essere definita né orale né scritta. I copioni cinematografici nascono sulla carta, come testi scritti, e presentano la concisione e la precisione tipiche di questo tipo di testi, ma la caratteristica principale dei dialoghi cinematografici è la simulazione dell’oralità, che non è mai totale e naturale.

Pur nascendo come testo scritto, i dialoghi vengono recitati da attori che lo rendono orale; nel caso dei film doppiati poi questo procedimento è raddoppiato: la traduzione del testo originale viene trascritta, e di nuovo recitata dai doppiatori. Queste continue trasmutazioni del testo non possono portare che ad un’oralità falsata, in cui la spontaneità, le ripetizioni e perfino le autocorrezioni dei dialoghi “reali” non sono presenti.

Nel caso della lingua del doppiaggio l’oralità viene ulteriormente falsata dai condizionamenti della traduzione e dell’adattamento, da eventuali censure e dal fatto che la lingua doppiata non nasce dall’uso, ma da una necessità tecnica.

Malgrado la risonanza delle traduzioni audiovisive sul grande pubblico, i traduttologi di tutti i tempi hanno sempre voluto ignorare questa forma artistica, probabilmente perché assimilata come genere di scrittura minore,

7 GIAN PIERO BRUNETTA, Storia del cinema italiano, Editori riuniti, Roma 1993

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vista la vicinanza con la cultura di massa. Solo negli ultimi anni sono state avviate alcune ricerche dal prof. Sergio Raffaelli, ampiamente citato in questo lavoro, che ha identificato le cause di questa mancanza di letteratura critica a riguardo sia nel pregiudizio teorico delle capacità formative del linguaggio cinematografico, sia nella difficoltà di reperire fisicamente i testi dopo le riprese dei film.

Secondo Sergio Raffaelli si possono individuare tre principali tendenze linguistiche nel doppiaggio italiano: una normale, che segue gli standard linguistici descritti da Gian Piero Brunetta e che corrisponde ai lavori di qualità, ma che col passare del tempo sta diventando sempre meno attenta alle scelte lessicali ed alle pronunce; una seriale, in cui prevale un registro medio-basso tendenzialmente corretto dal punto di vista grammaticale ma che è evidentemente frutto di un lavoro vittima di tempi e di costi di produzione ristretti; ed una creativa, in cui l’adattatore oltre alle sue competenze linguistiche può dimostrare il suo estro creativo. Il lavoro di questo tipo di doppiaggio prevede la trasposizione dei vari codici linguistici e stilistici dell’originale mediante dei corrispondenti, o presunti tali, italiani.

Riprendendo un tema già trattato nel paragrafo precedente; l’incompetenza di molti adattatori, gli inevitabili compromessi traduttivi che ogni testo comporta e la fretta nei lavori di traduzione hanno portato alla creazione di una lingua artificiale, sostanzialmente corretta ma piena di calchi e di interferenze: il doppiaggese.

Le caratteristiche di questa “lingua” sono le seguenti:

 Ripetizione o uso improprio dei possessivi.

Versione tradotta Versione corretta

Prendimi le mie scarpe Prendimi le scarpe Esci dalla mia casa Esci dalla mia casa

 Confusione dei termini crimine – delitto – reato.

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La traduzione esatta di crime in italiano è reato, infatti leggendo le definizioni delle due parole, esse sono equivalenti:

Reato Crime Atto antigiuridico, volontario e An action or omission which libero, che produce un evento constitutes an offence and is contrario a un interesse protetto punishable by law.9 dalla norma penale e che pertanto è punibile con sanzioni specifiche dette pene (è termine comprensivo sia del delitto sia della contravvenzione, e nei sistemi giuridici moderni per essere punibile deve essere specificamente e espressamente previsto dalle leggi).8

Ma la somiglianza fonetica tra crime e crimine, fa sì che reato venga sostituito da crimine, quando in realtà crimine è un reato specifico, definito come “delitto grave”.

 Molte parole vengono lasciate in lingua originale, tanto da causare la perdita del corrispondente italiano.

Detective Investigatore Week-end Finesettimana Basket Pallacanestro Shuttle Navetta

8 Dizionario Treccani

9 Oxford Dictionaries

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L’Era Glaciale: doppiaggi a confronto

 Termini che compaiono solo nei dialoghi doppiati e non trovano corrispondenza nella lingua parlata, anche se alla lunga vengono assimilati nel linguaggio quotidiano. L’utilizzo di questi termini è da ricondurre a motivi di sincronizzazione:

Fottuto Fuckin’ Dannato Fuckin’ Maledizione Goddam it

 Interferenze sintattiche e lessicali.

Versione Versione tradotta Versione corretta originale I am absolutely Io sono assolutamente Sono del tutto certa convinced that … convinta che … che …

He’s incredibly sweet. È’ incredibilmente È dolcissimo. dolce.

You’re wasting my time. Sto perdendo il mio Mi stai facendo tempo. perdere tempo.

 Anteposizione dell’aggettivo al sostantivo.

In italiano l’aggettivo può essere anteposto al nome solo se qualificativo e se il significato di quell’aggettivo riguarda un’opinione personale e non un dato di fatto.

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L’Era Glaciale: doppiaggi a confronto

Versione tradotta Versione corretta

Piccoli inutili polsi * in questo caso i Polsi piccoli ed inutili due aggettivi anteposti al sostantivo sono un calco sintattico molto evidente della versione inglese.

Spasmi di filiale rimorso Spasmi di rimorso filiale

 Calchi nelle formule di cortesia.

Yes, please Sì, per favore Sì, grazie

 Interferenze fraseologiche.

Versione originale Versione tradotta Versione corretta

It’s not just like riding Non è come andare Non è come bere un a bike. in bicicletta. bicchier d’acqua.

You think you could Pensi di poter fare Faresti questo per do this for me? questo per me? me?

Relax Si rilassi Stia calmo

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4.L’ERA GLACIALE

La versione italiana de L’Era Glaciale è stata curata dalla Dubbing Brothers International Italia. La Dubbing Brothers è un gruppo globale creato nel 1989 con sedi negli Stati Uniti, in Francia, in Germania, in Italia, in Belgio ed in Spagna con un partenariato. Da più di 15 anni Dubbing Brothers offre una gamma completa di servizi audio, video, tecnici e artistici in materia di doppiaggio multilingue, mix centralizzati per il cinema, la TV e l’Home Video, sottotitoli, digitalizzazione, encoding, trasferimento su negativo ottico, lavorazioni di laboratorio VOD, DVD e immagazzinaggio fisico e virtuale. Fra i suoi clienti troviamo Buena Vista International, CANAL+, Dreamworks, Fox, Paramount e molte altre industrie cinematografiche e non importanti a livello internazionale.

Dialoghi Italiani: Marco Bardella, nato a Roma nel 1957. Laureato in Filosofia, da più di quindici anni svolge l'attività di dialoghista adattatore. E' socio dell'Associazione Italiana Dialoghisti Adattatori Cinematografici (AIDAC), di cui è stato membro del Consiglio Direttivo nel periodo 1993- 1995. Da alcuni anni tiene lezioni sul Lavoro dell’Adattatore nell’ambito dei Corsi di Perferzionamento in Traduzione Multimediale della Scuola Superiore di Lingue Moderne per Interpreti e Traduttori dell’Università di Bologna. Ha curato i dialoghi di numerose serie televisive, di film per la televisione e di film di circuito.

Direzione del doppiaggio: Marco Guadagno, (Roma, 19 dicembre 1960) è un attore, doppiatore, regista teatrale e direttore del doppiaggio italiano, tra i più rappresentativi della quarta generazione del doppiaggio10. Attore dall'età di 10 anni, ha lavorato con V. De Sica, M. Bolognini, D. Damiani, C. Lizzani, C. Verdone, D. Luchetti, R. Izzo, M. Risi e tanti altri. Regista teatrale di

10 La storia del doppiaggio italiano è divisa in sei generazioni, la quarta generazione percorre gli anni Settanta e Ottanta.

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Quattro ritratti di madre di A. Wesker e di (S)oggetti Smarriti, di cui è anche autore ed interprete. È noto soprattutto per aver prestato voce a Jason Priestley nel ruolo di Brandon Walsh in Beverly Hills 90210, Matthew Broderick nelle sue più significative interpretazioni, Eric Stoltz in Dietro la maschera e John Leguizamo nel ruolo di Toulouse-Lautrec in Moulin Rouge, Quattrocchi nel cartone I Puffi, Gintoki Sakata nella serie Gintama, Conan in Conan il ragazzo del futuro e il Bassotto Burgerbass nel cartone animato Ducktales e Anthony in Candy Candy e Chachi in Happy Days.

Assistente al doppiaggio: Monica Simonetti, ha lavorato come assistente al doppiaggio anche in film come The Strangers (2008), Herbie il supermaggiolino (2005) e Cambio di gioco (2007).

Doppiatori dei personaggi principali:

Claudio Bisio - Sid il bradipo

Nasce a Novi Ligure il 19 marzo nel 1957. Dopo aver trascorso i primi mesi di vita nella città natale, la famiglia si trasferisce a Milano. Diplomato alla Civica scuola d'arte drammatica del Piccolo Teatro di Milano, negli anni settanta fu attivista di Avanguardia Operaia, alternando l'impegno politico, con la passione per il teatro e incominciando a recitare al Centro sociale Leoncavallo. Fu la sua insegnante del Piccolo Teatro ad indirizzarlo per prima verso la comicità. La sua prima apparizione significativa in televisione è la partecipazione alla sitcom Zanzibar nel 1988, riuscendo in pochi anni a partecipare al Maurizio Costanzo Show. Dopo la partecipazione ad alcuni programmi televisivi insieme a degli esordienti di talento come Antonio Albanese, Maurizio Milani e Aldo Giovanni e Giacomo, al principio degli anni

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novanta Bisio ottiene un sorprendente successo come cantante sui generis con la geniale Rapput, scritta con Rocco Tanica.Contemporaneamente, vince l'Oscar con Mediterraneo, riproponendosi poi in un eccezionale duetto interpretativo con Diego Abatantuono in Puerto Escondido, che gli ha permesso di togliersi l’etichetta di attore secondario. Nella primavera del 1997 conduce su Italia 1 insieme ad Antonella Elia Facciamo Cabaret, antenato del fortunato Zelig Circus.

Bisio è inoltre presenza fissa nelle stagioni 1997-98 e 1998-99 di Mai dire gol, dove alcuni dei personaggi più famosi sono rimasti impressi nella storia della televisione italiana, il procuratore calcistico Mici ed il Dott. Imbruglia, incapace e un po' passato di cottura. Anche qui, Bisio si dimostra adeguatissimo ai tempi comici della trasmissione e alla feroce competizione dialettica con la Gialappa's Band, a causa della quale non pochi comici avevano sfiorato l’esaurimento. Pur rimanendo molto legato al teatro, grazie al palcoscenico di Zelig si scopre conduttore di successo, anche con riuscite incursioni nel ballo. Nell'estate del 2006 porta in giro lo spettacolo Così è se vi pare in collaborazione con gli Elio e le Storie Tese; venti date in giro per l'Italia per un mese di tournée terminata la quale si rimette nei panni dell'attore per girare i film Natale a New York e Manuale d'amore 2 - Capitoli successivi (2007). Nel 2008 partecipa come ospite a sorpresa ad una puntata di Buona la prima, trasmissione dei comici Ale e Franz fondata sull’improvvisazione, e torna al cinema con i film Amore, Bugie e Calcetto e Si può fare, mentre nel 2009 è nel cast di Ex , per il quale riceve la candidatura al David di Donatello ed al Nastro d'Argento come "miglior attore non protagonista”. Nel 2010, oltre ad essere il protagonista dei film Benvenuti al Sud di Luca Miniero, ottiene il ruolo principale anche nei film Maschi contro femmine e Femmine contro maschi (2011).11

11 www.claudiobisio.it

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Pino Insegno – Diego, la sciabola

Fratello maggiore del regista e attore Claudio Insegno, debutta nel 1982 a teatro con l'Allegra Brigata in Giulio Cesare ma non lo dite a Shakespear, seguito da ODISSEA un musical, Supercalifragilistichespiralidhorror e My Fair West.

L'esordio cinematografico è invece nel ruolo di un calciatore nella pellicola di Sergio Martino Mezzo destro, mezzo sinistro (1985) con Gigi Sammarchi e Andrea Roncato, Milena Vukotic, Leo Gullotta e Sandro Ghiani, contemporaneamente fonda la Premiata Ditta assieme agli attori Francesca Draghetti, Roberto Ciufoli e Tiziana Foschi, con i quali realizzerà numerosissimi programmi televisivi, spettacoli teatrali e pubblicità.

Diretto da Enrico Montesano in A me mi piace (1985) e da Giampiero Mele ne In punta di piedi Streetdance (1985), passa al piccolo schermo per la regia di Gianni Boncompagni in Pronto chi gioca (1986), programma condotto da Enrica Bonaccorti, dove lui e la Premiata Ditta occupano uno spazio comico. Similmente faranno in Jeans 2 di Fabio Fazio, passando alla conduzione di Cinema insieme Walt Disney (1987), mentre cominceranno i primi spettacoli teatrali con Gallina vecchia fa buon Broadway.

Nel 1988 affiancano Gigi Sabani in Chi tiriamo in ballo??, mentre Pino Insegno si presterà come attore nella pellicola di Filippo Ottoni I giorni

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randagi (1988) con Sergio Rubini e Margherita Buy. E dopo il gioco televisivo Domani sposi (1989), sarà diretto da Carlo Vanzina ne Le finte bionde (1989). Continuerà ad alternare il palcoscenico ai set televisivi passando dagli spettacoli Baci da Broadway e Preferisco ridere, entrambi del 1990, a Ricominciamo da due di Raffaella Carrà su Rai Due.

Non solo Bbiutiful (1991) è un successo a teatro e Ciao week end (1991) presentato da Giancarlo Magalli lo fa diventare un volto amico degli italiani. I cervelloni di Paolo Bonolis e Vita da cani di Jocelyn, sono gli unici programmi televisivi a cui prende parte, inossidabilmente legato alla Premiata Ditta, con i quali sarà diretto nel film L'assassino è quello con le scarpe gialle (1995). Si distinguono per i siparietti comici e musicali nel contenitore domenicale Buona domenica (1996), condotto da Lorella Cuccarini, poi dopo Campioni di ballo (1997), Pino Insegno diventa marito della presentatrice, ballerina, soubrette e attrice Roberta Lanfranchi, dalla quale avrà due figli, Matteo e Francesco.

Diretto a teatro da Guglielmo Ferro in Soap, con la Premiata Ditta si investiranno in un programma televisivo tutto loro dal titolo: Finchè c'è ditta c'è speranza, trasmesso su Canale 5, che avrà così tanto successo da avere tre serie. Premiata Teleditta (2000) fa incetta di ascolti, mentre a teatro Pino Insegno, viene diretto dal fratello Claudio in Colto in flagrante (2001/2002), esperienza che ripeteranno in Soap Opera (2003), Gli allegri chirurghi (2004) e Insegnami a sognare (2004). Promosso a co-conduttore dentro quell'immenso circo mediatico che è Buona domenica (2002/03) di Maurizio Costanzo, diventa conduttore vero e proprio di programmi come Oblivius (2002), Compagni di scuola (2003) e Il mercante in fiera (2006).

Attore nella pellicola che racconta la storia di Emanuela Loi, membro della scorta di Paolo Borsellino, Gli angeli di Borsellino Scorta QS 21 (2003) di Rocco Cesareo, non è da dimenticare l'enorme contributo cinematografico di Pino Insegno nel mondo del doppiaggio. Voce ufficiale di

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Will Ferrell, Keanu Reeves, Will Smith, Matt Dillon, , vince un Nastro d'Argento e il premio "Alberto Sordi" 2004 per il doppiaggio di nella trilogia de Il signore degli Anelli, nonché un secondo Nastro per il doppiaggio della tigre Diego ne L'era glaciale (2002). Presterà la sua voce anche ad altri personaggi animati come il John Smith di Pocahontas, lo specchio magico di , il navigatore Sinbad nell'omonimo cartone e Obelix in Asterix e i Vichinghi (2007).12

Leo Gullotta – Manfred, il mammut

Nato nel 1946 a Catania, nel popolare quartiere del Fortino, ultimo di sei figli di un pasticcere, Gullotta incontra la vocazione d'attore a 15 anni guardando Gassman recitare Adelchi. È una passione improvvisa che non si ferma più. Dopo alcune esperienze nelle compagnie teatrali universitarie, Gullotta inizia a recitare per lo Stabile di Catania, dove lavora per dieci anni accanto a grandi maestri come Ave Ninchi, Salvo Randone e Turi Ferro. Poi si trasferisce a Roma dove inizia a lavorare nel doppiaggio ma dove scopre, soprattutto, la comicità e il cabaret. Lavora al Puff, a La Chanson e, infine, approda al Bagaglino dove diventa in breve una delle colonne portanti dello spettacolo che gli regala una grande popolarità televisiva.

Nel cinema debutta con Caffè Express di Nanni Loy con Nino Manfredi. La prima grande prova arriva con II Camorrista di Giuseppe

12 www.pinoinsegno.it

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Tornatore, per il quale riceve il primo David di Donatello come attore non protagonista. È il film che gli consente di ritornare in Sicilia da attore affermato e di rivederla quindi con occhi più distaccati. Ma è solo l'inizio di una carriera intensa e ricca di ruoli importanti: dal segretario ambiguo di La Scorta (1992) di Ricky Tognazzi, al commerciante omosessuale, troppo succube della madre, di Uomini Uomini Uomini (1994) di Christian De Sica, al venditore greco della favola ecologica Palla di Neve di Maurizio Nichetti; dalle caratterizzazioni più dichiaratamente comiche (da Selvaggi di Carlo Vanzina a Simpatici ed Antipatici di Christian De Sica) fìno al notevole II Carniere (1996) di Maurizio Zaccaro, dove riceve il secondo David di Donatello, che con grande sensibilità interpreta il ruolo di un giornalista sportivo costretto a raccontare con accenti drammaticamente veri la tragedia bosniaca. Dello stesso regista, con Un Uomo perbene al festival di Venezia 1999, ottiene uno straordinario successo personale: conquista il suo terzo David di Donatello e il Globo d'Oro della Stampa Estera come migliore attore 2000.

Per la fìction TV, dopo il successo di La Madre Inutile di J. M. Sanchez, Cristallo di Rocca di M. Zaccaro, Operazione Odissea di C. Fragasso e Onora il Padre di G. Tescari, con Cuore, ancora una volta a firma di Zaccaro, nel ruolo di un direttore didattico burbero, austero ma umanissimo, riscuote un grande consenso di pubblico e critica. Ed è proprio per l'interpretazione in Cuore che gli viene assegnato il premio del pubblico Capitello d'oro del Sanniofilmfest 2002: ma va ricordato anche il Telegatto 2002 vinto con questo film-TV. In ultimo, ma solo in senso cronologico, gli viene attribuito il prestigioso Efebo d'oro 2002 sempre per la sua partecipazione al su citato lavoro televisivo. Nel 2002, per il cinema, con Vajont di Renzo Martinelli, si conferma interprete di grande spessore: riceve il Ciak d'oro 2002 e il prestigioso Nastro d'Argento 2002 del Sindacato Nazionale Giornalisti Cinematografici Italiani assegnato nella suggestiva cornice del teatro greco di Taormina.

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Quanto i personaggi comici da lui interpretati sono chiassosi, ciarlieri, invadenti, tanto Gullotta è timido, introverso, sempre attento ad approfondire più che a sottolineare quel che vede. Pronto a cogliere le occasioni della commedia come del dramma civile, sapendo, e provandolo ogni volta, che nella recitazione non ci sono sconti possibili: «Una pessima abitudine italiana è sottovalutare il lavoro dei comici», dice Gullotta, «Niente di più errato. Un grande autore, ad esempio Shakespeare, prevede tutto, basta interpretarlo; per realizzare una scenetta comica, invece, è indispensabile provare tutto, spazi - respiri - battute - gesti, non basta la conoscenza tecnica. Bisogna avere orecchio, ritmo, sapersi muovere in sintonia con le aspettative del pubblico».13

13 www.leogullotta.it

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5.ANALISI DEI DIALOGHI ITALIANI

La seguente analisi linguistica e traduttiva dei dialoghi italiani de L’Era Glaciale è stata sviluppata sulla base dell’analisi del testo originale svolta nel capitolo 2.4 della parte inglese di questo lavoro. Le caratteristiche testuali analizzate e gli esempi riportati spesso coincideranno, ma in questa sezione verrà dedicata maggiore attenzione alle scene in cui le scelte degli adattatori hanno causato dei cambiamenti o delle contraddizioni all’interno del testo, o in cui semplicemente, per le esigenze più disparate, il testo di arrivo è stato appiattito.

Come già sottolineato in varie occasioni, una delle caratteristiche principali dei dialoghi in questione è l’informalità del linguaggio. La peculiarità della lingua italiana fa sì che la relativa mancanza di espressioni colloquiali standard, che non ricadono quindi nell’ambito dei regionalismi, renda particolarmente difficile la traduzione e l’adattamento di questo tipo di dialoghi. Nonostante sia impossibile riprodurre l’effetto “trascurato” delle forme progressive inglesi ed il tono informale delle varie forme contratte (ain’t, wiped’em), le soluzioni grammaticali utilizzate (uso di diminutivi, deittici) e le varie espressioni colloquiali inserite nei dialoghi rendono la corrispondenza con l’originale quasi perfetta. Come esempio possiamo citare alcune delle espressioni rilevate nel testo:

• Tanto per dire • Non so se mi spiego bello • Piccolo così • Papparmela • Lo abbiamo fatto fuori • Sei grande e grosso • Mi posso ficcare lì sotto? • Così di botto? • Dare una mano

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• La vuoi piantare? • Ce l’ha fregato!

La caratteristica di finta oralità dei dialoghi cinematografici viene riprodotta quasi fedelmente nella versione italiana rispettando le seguenti caratteristiche:

Ripetizioni:

Versione originale Versione italiana For a second I thought you Per un secondo ho pensato were gonna eat me che mi avresti mangiato - I don’t eat junk food davvero - I thought you were gonna - Non m mangio schifezze eat me, I thought you were -Pensavo che mi avresti, gonna, I thought you were pensavo che mi avresti, mi gonna…were you? avresti? Commento: Differentemente dai dialoghi spagnoli, in cui la ripetizione era interna alla seconda frase di Sid, gli adattatori italiani hanno mantenuto la struttura interna della frase rispettando il riferimento delle ripetizioni fra le due battute del bradipo.

I’m fine, I’m fine, I’m gonna die Sto bene, sto bene, sto per morire Commento: Rispettare sia le ripetizioni sia la rima fra le due battute non è stato possibile, ma la perdita di musicalità è stata recuperata grazie al tono cadenzato del doppiatore.

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Got it, got it, got it, don’t got it Ce l’ho, ce l’ho, ce l’ho, non ce l’ho Commento: In questa battuta dei dodo oltre alle ripetizioni troviamo un’imprecisione grammaticale che non è stata riprodotta nella versione italiana, probabilmente perché non era possibile riprodurre una imprecisione senza cadere nell’errore grave e perché ne avrebbe risentito il ritmo della frase.

Frasi spezzate:

Versione originale Versione italiana It makes me so … I wanna Eh mi fa venire un nervoso, … Yuck come vorrei … That was my mistake. Let Sono desolato, ma guardate me… cercherò di … Went through water so I’d E hanno camminato lose their scent, and… nell’acqua per nascondere l’odore e … Commento: Anche in questa situazione la versione italiana si differenzia dalle altre versioni tradotte, ha saputo rispettare sia la fedeltà al testo sia l’effetto di oralità desiderato. You’re a little low on the Sei troppo in basso nella chain food to… catena alimentare per fare lo sbruffone!

Questo è l’unico esempio in cui una frase in sospeso viene tradotta con una frase compiuta. La motivazione della scelta può essere individuata nella volontà dell’adattatore di rafforzare il tono perentorio della battuta di Diego.

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Nei dialoghi delle produzioni cinematografiche attuali sarcasmo ed ironia acquistano sempre maggiori importanza. Nei film d’animazione questa caratteristica viene accentuata dalla necessità di catturare l’attenzione degli adulti pur non avendo una trama particolarmente articolata e complessa. Di seguito degli esempi di battute sarcastiche:

 Scusate, dov’è Eddie? Oh, ha detto che era a un passo da un grande balzo evoluzionistico Oh davvero? Proprio un grande balzo …

 Perché non andiamo a sud insieme? Ma certo! Saltami in groppa e mettiti comodo Davvero? No!

 Scommetto che ha fame, un po’ di latte? Uh sì, mi andrebbe Non per te, per il bambino Non sono in fase di allattamento bello mio!

Su un piano diverso, ma ugualmente importante, si trovano invece le espressioni idiomatiche distribuite nei dialoghi dei vari personaggi. In un film d’animazione con un’ambientazione neutra le espressioni idiomatiche difficilmente fanno riferimento a delle specificità culturali, risulta quindi più facile per l’adattatore riprodurre lo stesso effetto nel testo meta e compensare eventuali perdite senza correre il rischio di modificare l’integrità e la coerenza interna del film. Nel caso de L’Era Glaciale, nonostante la già menzionata neutralità dell’ambientazione, possiamo trovare vari esempi di espressioni tipiche della quotidianità statunitense, a causa delle quali gli adattatori hanno dovuto accontentarsi di riprodurre il significato connotativo

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della battuta, perdendo ogni effetto e riproducendolo in altre scene del film con la tecnica della compensazione. Ad esempio:

Espressione inglese Espressione italiana Jeez ( - ) Commento: Non è stato utilizzato un corrispondente esatto. Anche se nella versione originale questa espressione caratterizza il personaggio di Sid, i problemi di sincronizzazione hanno prevalso sulla caratterizzazione del personaggio tramite il suo modo di parlare.

Curb it next time Falla in un cartuccio la prossima volta Commento: Questa espressione è utilizzata nelle strade statunitensi per invitare i cittadini a raccogliere i bisogni dei propri animali domestici. È importante mantenere il riferimento moderno e civilizzato in una società animale preistorica, ma non essendoci un corrispondente in italiano la perdita è stata inevitabile

Zip the lip Mi cucio le labbra, quando dico che sono mmm sono mmm Commento: Probabilmente l’espressione più adeguata sarebbe stata “chiudi il becco” ma essendo Sid un bradipo si rischiava di creare un effetto straniante. La resa è stata aiutata dalla posizione di Sid, che si trova di spalle.

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Come esempio di compensazione possiamo citare una delle prime battute di Manny dove un semplice You’re going the wrong way è stato trasformato in un culturalmente definito Va a fare il Bastian Contrario da un’altra parte!

Una caratteristica importante dei dialoghi di questo film d’animazione sono le modifiche che le parole subiscono, gli autori sembrano divertirsi ad inventare soprannomi e nuovi termini per cambiare il tono della frase e per dare maggiore risonanza ad un determinato concetto; c’è poi da aggiungere che nella versione italiana questo gioco è stato facilitato dall’uso quasi spropositato di diminutivi e dispregiativi che la nostra lingua ci offre. Una parte abbondante di questo gruppo di parole è rappresentato dal linguaggio infantile utilizzato dai personaggi sia per parlare con il bambino:

Meany-weeny mammoth Mammuttone cattivone Pumpkin Fragolino Wormy worm Frugolino frugoletto Pushover** Mammuttone giuggiolone

** nella versione originale il termine pushover non rientra nel linguaggio infantile ma nella versione italiana si è deciso di continuare con la linea traduttiva utilizzata nella scena, quindi di far parlare i personaggi con un linguaggio infantile che dia una continuità linguistica e affettiva alla scena. Propongo una tabellina, in ordine cronologico, dei soprannomi utilizzati durante tutto il film:

Sid

Furry piñata Punchiball peloso Overgrown weasel Topastro gigante Knucklehead Testa vuota

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Manfred

Moody mammoth Manny il mammut musone

Manny the melancholy Manny il malinconico

Jumbo Jumbo

Diego

Bucktooth Dentone Uber-tracker Super segugio Mr. Great tracker Campione dei segugi

Il bambino, pur non avendo un ruolo propriamente attivo nello svolgimento della storia, è in realtà il deus ex machina del film ed è importante analizzare i suoi soprannomi.

Nella versione originale de L’Era Glaciale, a conferma dell’importanza dei soprannomi come segnale del cambiamento dei rapporti affettivi tra i personaggi, possiamo osservare una sorta di “progressione affettiva” nei nomignoli che i nostri protagonisti usano per rivolgersi al bambino. La formazione ed il consolidamento dei tre animali come branco unico procede di pari passo con l’amore che progressivamente sviluppano (e sviluppiamo in quanto spettatori) nei confronti del bambino, fatto che può essere facilmente verificato con la seguente tabella:

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Appena trovano il Look at that ( - ) bambino Quando conosciamo That pink thing is mine Il cosino rosa è nostro Diego Quando decidono di Little bundle of joy L’amore della mamma riportarlo indietro Quando incontrano i Junior Il giovanotto dodo Quando il bambino fa i Little biped Piccolo bipede primi passi Quando Diego muore Squirt ( - )

La versione italiana non rispetta in nessun modo il cambiamento di questi soprannomi, tanto da eliminare del tutto il primo e l’ultimo della lista: il più distaccato, it, ed il più affettuoso, squirt.

Un dato che ci dimostra la decisione degli adattatori italiani di trascurare i soprannomi del bambino è la mancanza di un corrispettivo per Pinky. Nell’ultima parte del film questo soprannome viene utilizzato tanto che quasi può essere considerato il nome stesso del bambino, Manfred, Sid e Diego non conoscendo il nome di Roshan eleggono un appellativo affettuoso che per loro diventa come un nome proprio. L’uso di un solo nome per tutti i personaggi è importante in quanto segna l’entrata del bambino all’interno del branco ma nella versione italiana a volte viene utilizzato giovanotto, ed a volte cosino.

Parlando del tema della personificazione dei personaggi, nell’analisi inglese era stata menzionata la scelta dei produttori di utilizzare parti del corpo umane per i protagonisti, mentre gli adattatori italiani hanno preferito non rispettare questa scelta ed utilizzare le parti del corpo umane solo in riferimento al bambino:

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Manfred: get off my face! Manfred: togliti dal mio muso! Manfred: jump on my back Manfred: salta in groppa Sid: it’s nose is dry Sid: ha il naso secco

La questione dell’adattamento e della sincronizzazione viene fuori in modo piuttosto prepotente nella scena in cui Diego, nel tentativo di consolare Roshan che non smette di piangere, gioca al comunissimo bubu settete con il bambino. Il problema maggiore è rappresentato da due questioni: Diego si trova in primissimo piano e la frase inglese “Where is the baby?” “There he is” è più lunga rispetto alla versione italiana. A differenza degli adattatori spagnoli, che hanno deciso di perdere il riferimento culturale e tradurre letteralmente con una frase che in italiano suonerebbe come “Dove sta il bambino?” “Sta qui”, i dialogisti italiani hanno preferito la seguente versione:

Dov’è Bubu? Settete

L’aggiunta della parola dov’è non crea nessun effetto straniante allo spettatore che è concentrato sulla scena, ma permette l’aggiunta di due sillabe, decisive per la sincronizzazione dei dialoghi. Inoltre, le due bilabiali di bubu si incastrano perfettamente con le due b di baby.

L’approccio degli adattatori italiani nei confronti delle imprecisioni presenti nel testo è di tipo correttivo, seppur rischiando di perdere in fedeltà si preferisce creare una situazione che non crei confusione o fraintendimenti nello spettatore. E’ il caso della scena in cui i nostri protagonisti, mentre attraversano la grotta, si mettono ad osservare le rappresentazioni rupestri in cui le tigri rincorrono le antilopi. Per confortare il bambino che si è spaventato Sid pronuncia la seguente battuta:

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Sid: No, niente paura, le tigri stanno giocando a rincorrersi con le antilopi... Chi vince mangia Diego:Giochiamo anche noi a rincorrerci… tu scappi!

Nella versione originale Diego propone a Sid di giocare al playing tag, che è il corrispondente dell’italiano rincorrersi, l’imprecisione risiede nel fatto che pur pronunciando la frase in tono minaccioso Diego propone a Sid di fare il ruolo dell’it player, il giocatore che rincorre gli altri. Perché una tigre che sta minacciando un bradipo dovrebbe farsi rincorrere? Piuttosto che distrarre lo spettatore con un simile dubbio gli adattatori italiani hanno preferito eliminare il problema ed allineare il tono minaccioso della tigre con il contenuto del discorso.

La scena che rappresentava la maggiore sfida traduttiva, così come nelle altre versioni, è la scena in cui Scrat, lo scoiattolo primitivo, dà indicazioni. Scrat non sa parlare e deve spiegarsi a gesti, si crea quindi una scena in cui Manfred e Sid si ritrovano a giocare al gioco dei mimi, mentre Diego cerca di mascherare i messaggi dello scoiattolo: ha visto passare un branco di tigri, e non un “branco di uomini”.

Versione originale Movimenti di Scrat Versione tradotta

Three words Alza tre dita Tre parole Stomp / Stamp Batte i piedi a terra Batti il tempo / schiaccia il tempo Pack Prende la ghianda e se Branchi … un branco la carica sulla schiena Pack of long teeth and Mima denti e artigli Un branco di denti lunghi claws e artigli

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Pack of wolves, pack of Indica Diego ma Sid e Un branco di lupi, un bears, pack of fleas… Manfred non lo stanno branco di … un branco di guardando orsi, un branco di pulci Pack of whiskers Indica Diego ma Sid Un branco di baffi pensa che sta indicando i baffi Pack of birds Diego colpisce Scrat Un branco di uccelli che prende il volo Pack of flying fish Scrat vola via gridando Un brancolamento

Questa scena è stata tradotta molto fedelmente se non per due punti importanti. Il punto critico era rappresentato dal doppio senso della parola pack, che significa sia pacco, inteso come scatola da spedire, sia branco. Nella versione originale Manfred capisce il doppio gioco quando Scrat fa il gesto di caricarsi la ghianda sulle spalle. Il gioco di parole era molto difficile da rendere in italiano ed a differenza degli adattatori spagnoli che hanno risolto il problema con la parola manada, giocando il doppio senso con le immagini in cui Scrat sbatte le zampe per terra e spostandolo su un’altra immagine ma riuscendo a mantenere il gioco di parole, gli adattatori italiani hanno perso del tutto l’effetto originale, tanto che lo spettatore non riesce a capire come Manfred abbia potuto indovinare branco.

Ma se la perdita del doppio senso può essere oggetto di critica, la scelta traduttiva dell’ultima battuta non può che essere lodata. Il flying fish che viene citato da Sid non trova un grande riscontro con le immagini e soprattutto non provoca nello spettatore italiano la stessa ilarità che provoca nello spettatore anglofono. La soluzione quindi è stata quella di continuare a lavorare sul doppio piano linguistico e visivo, combinando la ripetizione della parola branco con l’urlo di Scrat che vola via: brancolamento.

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All’inizio del film, dopo una panoramica di tutti gli animali che pazientemente migrano verso sud, l’inquadratura si restringe su dei gruppetti di personaggi che chiacchierano fra di loro. Queste micro scene iniziali hanno la doppia funzione di anticipare il tono del film, sarcastico ed ironico, e di presentare il tema principale nonché unico protagonista: l’Era Glaciale. La prima di queste micro scene presenta una perdita traduttiva molto significativa:

Why not call it the Big chill or the Nippy era? I’m just sayin’, how do we know it’s an ice age? Because of all the ice! Well, things just got a little chillier…

Senza considerare l’impossibilità per la versione italiana di ripetere la parola ghiaccio in queste prime frasi, nell’ultima battuta della versione originale è contenuto un gioco di parole basato sul doppio senso di things just got a little chillier : da un lato si esprime l’idea dell’abbassamento della temperatura, dall’altro il personaggio si lamenta della rispostaccia ricevuta dal compagno di viaggio (anche grazie al tono del doppiatore).

E perché non chiamarlo Il grande freddo? O L’epoca dei brividi, tanto per dire, come facciamo a sapere che è un’era glaciale? Per via di tutto questo ghiaccio! Fa solo un po’ di freschetto …

Nella versione italiana il doppio senso viene completamente tralasciato, la mancanza non è grave solo in quanto facilmente risolvibile, il problema si sarebbe potuto risolvere con un ora sì che mi si è gelato il sangue, ma anche perché eliminare un gioco di parole nella scena di apertura del film significa annullare la funzione di presentazione della scena stessa.

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A conclusione del lavoro di analisi riportato nelle pagine anteriori, vorrei segnalare una certa tendenza degli adattatori a risolvere le criticità del testo originale modellandolo in base al gusto degli spettatori. In una classifica di fedeltà all’originale che include le versioni da me analizzate, la traduzione italiana si colloca nel mezzo, dopo la versione spagnola che rispetta anche i controsensi, ma prima della versione sudamericana che inserisce nei dialoghi degli elementi caratterizzanti della propria cultura.

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1. ANALYSIS OF THE FILM

The analysis of the film I have done hasn’t the aim to find the hidden meanings of the plot or to make an accurate description of the characters’ personalities. The study I have made focuses on those aspects of the plot that, in my opinion, have a certain influence on the translation process. It is fundamental to understand a text before translating it; this is why I decided to an analyze the plot and the language used.

Analysis method

The necessity of a systematical method of work, which guarantees for some aspects the final quality of a translation, is almost fundamental in the translation field. In fact in this area, it is very difficult for those who don’t know anything about translation, to distinguish between a professional and someone who knows a language well enough to decide he can start a career in this field. I don’t feel like starting a controversy, but everyone has to understand the importance of a methodical technique of analysis, especially if talking about an audiovisual product, where a lot of factors are involved.

Using an analysis method means approaching a text in a systematical way. According to Frederic Chaume Varela, when working on an audiovisual product, a translator needs to have studied both the theory of Translation Studies and the theory of the so called Film Studies, because both disciplines have peculiar characteristics that a translator cannot ignore.

Furthermore, the analysis method has the aim to reduce improvisation, as well as it gives the translator the tools, like strategies and translation techniques, to do his/her job properly.

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1.2 Types of methods

Few authors have elaborated a precise analysis method with translating purposes for audiovisual texts, and those who have, have focused only on one or two aspects of translating issues, without considering all the codes that are involved in this kinds of texts. When interpreting words, pictures and other text items during the translating process, it is important to be aware of what types of relations can be established between them.14

The first studies focused on the specific aspects of audiovisual texts. By saying specific we mean those characteristics which make an audiovisual text harder to translate than a literary or scientific one (local references, lip movements), and which cause the translator many problems when trying to convey the message and the impressions from a source to a target language. Unfortunately none of those authors gave translation strategies or possible solutions which could help the translators solve the problems encountered, problems that Chaume calls restrictions.

Other authors proposed an analysis of the texts based on the distinction between genres and text-types, they advise that the translator first include the text in the genre which most suits it in order to identify the main problems of the translation, and then work on them as if they were part of a text of a certain genre. This method is useful because before this kind of approach there used to be analysis schemes, and consequent translation strategies, only for certain text-types, but finding the problem doesn’t necessarily mean finding the solution.

14 Jorge Dìaz Cinta, The Didactics of Audiovisual Translation, 2008

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A quite interesting school of thought developed a system which analyses the audiovisual text from the point of view of the final quality of the translated text and gives less importance to fidelity of the translation with the source text. These methods do not analyze only linguistic standards but also those elements which offer a description of the historical, economical, and social situation in which the target text is produced. An analysis method which evaluates a translation from the point of view of the final quality is easily considered an analysis method in retrospect, which may not provide the translator with the techniques and solutions s/he needs.

There also are some analysis models which focus on the textual item and which refer to the general notions of literary translation , such as repetitions, anaphora, alliterations... These models include both semantic and syntactic issues, as well as the linguistic code and cultural problems.

All the quoted methods of analysis may fit to the translation of an audiovisual text, in fact, all the authors started their studies on a film, but none of them has been ideated exclusively for an audiovisual text and even more important, none of them embraces all the issues of an audiovisual text.

Chaume proposes an analysis method which not only concentrates on all the above mentioned general items, but also on the characterising aspects of an audiovisual translation. The final meaning and the global impression of an audiovisual text is the result of the “collaboration” of different codes and it is important for the translator to know how these codes work and how, as well as how much, they can influence the translation.

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The linguistic code

Without a linguistic code we wouldn’t even be able to refer to translation. What all audiovisual texts have in common is that they are all written texts which should seem oral and spontaneous. The result is a language with all the items of standard written language (no repetitions, no contradictions, sentences organized properly) where the typical characteristics of oral language (interjections, intertextuality, use of fixed and clichéd expressions) have been added to make the text fluent and pleasant. The aim of the translator is to reproduce a text with the same balance and characteristics of the source text.

The paralinguistic code

This expression refers to the symbols used to indicate those parts of the audiovisual product which cannot be described in the linguistic code such as laughter, pauses and gestures. It is fundamental for a translator working on the translation of an audiovisual text to know these symbols and to know when and how to use them.

The music code

The translation of songs in a film usually requires the adaptation to music rhythm and syllables. It is impossible to analyze a song’s lyrics without considering its stave.

The sound position code

It is important to distinguish whether a certain voice belongs to a character or to a narrator not displayed on the screen. Noting if the mouth of an actor is not visible when he’s saying a certain line becomes fundamental when doing the adaptation of the text, because it means that the translator

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doesn’t need to respect the timing of mouth movements of the actors and consequently he can add something or simply translate the source text faithfully and easily.

The iconographic code

The importance of this code comes out especially when an icon or a symbol are displayed on the screen. The tendency is not to translate these icons unless they are absolutely necessary to the comprehension of the film, in this case the translator tends to adapt the lines of the characters by adding explications or by referring indirectly to them in dialogues, for example substituting a deictic word with the name of the icon.

The screen code

When an actor is in a close up, the translator has to find a text which adapts to the movements of opening and closing of the lips, the so-called phonetic synchronization. The translator has to create an impression of credibility by fitting open vowels and bilabial consonants.

The graphic code

Usually, when captions, titles, texts or subtitles are displayed on the screen, the translator has the duty to convey the same message in the target text. The following scheme represents the common techniques used to translate written sentences in an audiovisual product.

Captions Titles Texts Subtitles

voice over voice over voice over voice over

subtitles subtitles subtitles subtitles

new text

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It is the client who decides which one of these techniques has to be used, but the translator can advise according to the importance that a certain title or subtitle has on the final meaning.

In conclusion the linguistic code, despite its principal role, is only one of the codes to be interpreted, and the translator has to find a balance between the two simultaneous narrations: visual and verbal, and has to find a translating technique which does not only reproduce the information of every code, but also the information that comes out from the collaboration of all codes.

The use I have made of these method schemes is quite unusual, because my work isn’t to translate the text starting from the beginning, but to comment and analyze the work that another translator has done.

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2. ICE AGE

THE FILM

“A lighthearted animated romp which followed the adventures of a group of animals weathering the new frozen landscape in order to return a human child to its father, Ice Age gave Disney a run for their money and further proved that popular computer-animated family fare was no longer exclusive to the Mouse House.” The New York Times

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Ice Age is a computer-animated film created by the Blue Sky Studios and released by the 20th Century Fox in 2002. It was directed by Chris Wedge and co-directed by Carlos Saldanha. The characters are prehistoric animals, voiced by a series of famous actors:

Sid – Jonathan Alberto Leguizamo, known as John Leguizamo.15

Colombian-born actor and comedian John Leguizamo has made a career proving that it is possible to be taken seriously both as a raunchy comic performer and a serious dramatic actor. Since 1991, when he won audiences and critics over with his one-man show, the off-Broadway, Leguizamo has been working steadily in film, television, and theater. Whether playing lowlife criminals, conflicted womanizers, or flamboyant drag queens, he has impressed viewers with his often sharply satirical characterizations of Latinos, making fun of stereotypes even as he blows them to smithereens.

15 The New York Times, All movie guide

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Manfred – Raymond Albert Romano, known as Ray Romano. 16

One gets the impression that the success of humble comedian turned actor Ray Romano is more of a surprise to him than it is to those who supported him in his years. (…) Married to wife Anna in the mid-'80s, Romano decided to pursue comedy full-time in 1987. (…). Finally gaining national exposure and seemingly on the fast track to stardom, more television appearances soon followed, with a 1995 appearance on Late Night With David Letterman prompting Letterman to begin talks with Romano about the idea of developing a sitcom. Premiering in September 13, 1996, Everybody Loves Raymond found the now-popular comic's offbeat domestic observations striking a chord with both audiences and critics alike. Nominated multiple times for numerous awards ELR carried on well into the new millennium, which saw the now-established comic branching out into other arenas as well.

16 The New York Times, All movie guide

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Diego – Denis Leary 17

Boston-born Denis Leary is the sneering, tousle-haired comedian who popularized the cautionary phrase "two words." (His routine went something like this: "Regarding Bill Clinton's foreign policy, two words: Jimmy...Carter.") Best known for his many MTV appearances, Leary excels in playing characters who wavered between quiet sarcasm and howling insanity. His one-man show No Cure for Cancer premiered in New York in 1991, scoring a hit with its "intellectual guerilla" comedy. (…). In 2001, he starred as a New York detective in a night time drama called The Job. The series was cancelled before the end of the second season, but Leary was soon back in the movies, lending his voice to the character of Diego in the animated feature Ice Age. Then in 2004, Leary took on the character that would come to define the second leg of his career, accepting the lead role of firefighter Tommy Gavin on the FX series Rescue Me. Critically acclaimed and renowned for pushing the borders of cable television, the show proved to be a huge hit, and Leary won an Emmy for his performance.

17 The New York Times, All movie guide

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2.1 The plot

Sid, a clumsy sloth left behind by his family, is trying to escape the two rhinos he angered when he meets Manfred, (Manny) a gloomy mammoth who isn’t heading south and who eventually saves him. Sid, who feels alone and unprotected decides to follow Manny and to make friends with him even if Manny isn’t really happy about that. Meanwhile, a herd of sabers is organizing its attack on a group of humans. Their plan is to abduct Roshan, the baby of the group to take their revenge since the humans had killed half of their pack. When they finally attack the humans the mother’s baby manages to escape with the baby and Diego, one of the sabers, is given the task to find the baby and bring him back to the sabers. Diego runs after the woman who, in an extreme act of love and courage, jumps into a waterfall. Sid and Manny spot Roshan and his mother near the lake, having survived her trip down the waterfall. The mother only has enough strength to trust her baby to Manny before she dies. After much persuasion by the sloth, they decide to return the baby to the humans but when they get to the human camp, the humans are gone. They meet up with Diego, who convinces the pair to let him help by tracking the humans. The four travel on, with Diego secretly leading them to an ambush, in fact he’s leading them to Half Peak, where the herd of sales is waiting for them. Soon they reach a cave where Sid and Diego learn about Manny's past and his previous interactions with the humans, where his wife and son were killed, leaving Manny a cynical loner. The trip to bring the baby back lasts some days and in this brief time they all start to grow fond of each other until Diego tells the truth to Manny and Sid and decides to help them fighting the sabers. Diego gets hurt in the fight and Manny and Sid have to go on without him. Manny and Sid eventually manage to return the baby to his tribe and little before they leave, Diego rejoins them and they all head south together.

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2.2 General analysis

Ice Age is one of those animated movies that both children and adults love. It contains all the characteristics of a cartoon, (a nice story, the opposition between “good” and “evil” characters, the fight between the two, the bad becoming good, the happy ending) without leaving out those features that adults always like in films (irony and sarcasm, moral view of the world and society we live in, symbols and meaning behind the story).

Arguably the first impression this film gives is that it is a happy story, three animals that no one ever thought could survive and make friends finally reach their aim and decide to go on travelling together. The only character who is obviously sad is Manfred, we learn about his story only after some minutes the film and we realize he lost his family and he’s all alone. As soon as we meet Sid we know he’s been abandoned, but his cheery and chatty attitude keep us from thinking he’s sad, we see his need to talk and to make friends with Manny as a part of his character or at least as an attempt not to be eaten by the rhinos. In reality he just doesn’t want to be alone. Diego seems to be perfectly integrated in his pack of sabers, he’s the one his chief Soto trusts the most, he is sent to dispatch his mission, he doesn’t change his mind until the second part of the film. But maybe this is just appearance, he’s a loyal tiger and if he decides to betray his pack there must be a reason. In conclusion the script is mostly dramatic, and there’s almost nothing funny in the core of the story, about the idea of a baby being separated from his family and then reunited by three desperate characters, society’s outcasts, who have to learn to live with each other.

Family is one of the main themes in the whole film. The story doesn’t give happy examples of families, Manny’s family has been killed and he’s alone, Sid has been abandoned and the baby has been separated by his family. Characters seem to be perfectly able to live by themselves, apparently they don’t feel the need to have a family and they stay together just to bring the

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baby back, but they feel at ease together from the very first moment and they finally decide to go on traveling together after the baby is with his father, which reveals their wish to have sincere emotional bonds, even if they had expressed their wish to stay alone.

Together they form a kind of family. The baby represents the child, the one you have to take care of, you have to help him grow and you have to guide him the right way. As a proof of this “family theory” when the baby starts to walk Sid says “ Our little guy is growing up”. All the members of the family cooperate to his health, but it’s the mum who spends the most time with him. Manny plays the role of the mummy. From the very first moment he shows he’s the most reliable, probably this is because he has already had a baby. In many of the scenes when our protagonists are traveling we see the baby in Manny’s “arms”; this mummy-Manny role comes out from some lines that the mammoth says:

o “ I don’t care who started it, I’ll finish it” He says it when Sid and Pinky are arguing and he wants them to stop. That’s the typical situation you can find in a family where the children are arguing, the mum doesn’t care about who’s right or who’s wrong or who started, she only wants them to be quiet. o “What am I? The wet nurse?” Manny has to take care of the whole herd, just like a mum who has to take care of the whole family, and sometimes she gets tired of this, she complains that she has to do everything by herself, and that’s exactly what Manny’s doing when he’s saying this line.

Sid and Diego represent the two uncles of the family. It is more difficult to identify Diego as the uncle of the group because for more than the first half of the film he doesn’t even take part in the “family”. Diego represents that uncle who’s afraid to show his love, he’s proud and a bit cold, but he’s ready to risk his life for his family. Sid represents the reckless uncle who doesn’t feel like getting himself sorted

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out. He’s more a friend to the baby than an adult figure to rely on. He uses the baby to talk with girls, which reminds me of those uncles who go around with the baby just to show how sensible and sweet they are. They play together and quarrel, just like two babies. Sid is like one of those uncles who are eternally young and who don’t know how to take care of the baby. He is convinced he can attend the baby’s needs but he doesn’t have the slightest idea how to go about it.

The protagonists’ will bring the baby back so that he can rejoin his family shows the importance that this institution has for them; even when they start to grow fond of the little “Pinky” they never think they should keep him with them. They know how important it is to have a family and they know he needs to grow with his father. They have been separated from their family and they don’t want the baby to suffer as well.

The idea of solidarity is the central theme of the film. It is solidarity that moves Sid and Manfred to bring the baby back to his herd. It is an example of a good action done for nothing, they are not going to receive anything for bringing the baby back and they do it just because they believe it is the right thing to do. Manny decided to take care of the baby only because he knew that otherwise Diego would have eaten him, we don’t know what Manny would have decided if Diego hadn’t intervened. But why did he decide to help him? To those watching the cartoon it certainly seems the best thing to do, but he changed his plans to do so. He probably had somewhere to go before he met Sid, or at least he had decided to go somewhere. But he changed his mind. When they decide to bring the baby to his family they still don’t love him, they have just met him; the only reason why they decide to bring him back is their “social sense”.

This social sense is probably one of the main items of the partial personification of the characters. I say partial, because characters do not live like humans, they live their lives like animals (for example in Shrek the ogre’s lifestyle is an evident copy of human lifestyle, lives in a common house, takes

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baths…); their personification concerns only the emotional part of their lives. They have human feelings and sensations, the relationships they have resemble those of our society. What is particular about this personification is the role that humans have. We can see a sort of reversal between the human herd and animals,( “Save your breath Sid, you know humans can’t talk”) it’s as if in a world where animals are the protagonists humans lose their “principal” role in nature and they’re at the same level as other animals, they have the same importance in nature as any other herd. We usually observe animal’s life to understand their habits while in the film it is the animals who observe and study human’s lifestyle.

I shall create fire says Sid to Manny when the mammoth realizes he only has one stick to build his shelter for the night; this is where his human side comes out more evidently. The most important fact isn’t that he finally discovered it, or at least not important in this moment, but the fact that he was looking for it. Sid thinks like a human, he wants to use his highly evolved brain to face the difficulties that nature poses.

In a film where a catastrophic weather condition changes the life of every living animal in earth, weather has a very important role. In many scenes it adjusts to the atmosphere of the part of the film that is going on, it is snowing when Diego decides to confess his ambush and when he “dies”, it is snowing also when they give the baby back to his father; but the sun come out when Diego reappears. When they are fighting against the herd of sabers the snow comes out very frequently, whereas when Diego is dying the snow comes down very slowly, to underline the sad moment. The weather is also important because it shows the passing of time.

Despite the ancient setting of the film some elements of modernity have been inserted, but they have been “adapted” to the ancient era. For example the protagonists have to cross a level crossing, which is regulated by a traffic light made of the smog of a geyser; they see Stonhenge and they call it “modern architecture”, Roshan does with the hand the Vulcan salute, evidently inspired by the Star Trek saga.

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I have had the impression that the authors were conscious of the fact that although Ice Age is a cartoon it tells quite a sad story, so they decided to add some elements which could give it a frivolous atmosphere. They managed to do so through irony, jokes and funny scenes. Most of these funny scenes see Sid as a protagonist, in many occasions the authors have used the Sloth’s clumsiness to make fun of him.

The theme of sport was used with this purpose too. Sports are constantly present during the film, sometimes they are just mentioned while others we see characters practicing them. The first sport we see is Taekwondodo; as soon as our three protagonists realise that the baby is hungry, they find a melon and decide to feed the baby with it. But they don’t know that the melon belongs to a herd of strange animals who are preparing for their survival, the Dodos. Taekwondo comes out when in an attempt to defend their melons, the dodos set up a kind of fight, which may recall the natural fight for food among animals, against Sid, Manny and Diego.

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As soon as the fight becomes “harder”, the scene starts to resemble a rugby match. Sid holds the last melon in his arms and finds himself encircled by the whole herd of Dodos, the only way to bring the melon to the baby is to reach Manny and Diego by crossing the circle of Dodos…he finally manages to score the try which makes him win the match and keep the melon.

Sports come out again after Diego reveals he was leading his new friends to an ambush and explains the strategy he wants to adopt to escape the sabers. When the tigers first see Sid they run after him but they can’t reach him because he is wearing a pair of skiis, but while skiing he loses one of his skiis and ends up snowboarding.

Sports are often mentioned en passant by characters, and this is evident in two scenes:

o In the last scene, when Diego reappears Sid accepts Manny’s lift and as soon as he gets on the mammoth’s back he says: “mush”, a term used in horse riding o Manny mentions a “time out” for the baby. While he’s complaining because he has to do everything by himself he someway punishes the baby, and calls for the time out when he decides it is over.

Ice Age like every other decent film can be divided into three internal phases. Introduction, development and conclusion.

The beginning of the film, more or less until minute 11:00, has an introducing function. The characters are presented, we understand that Sid has been abandoned and he’s not able to defend himself, we learn that Manny isn’t heading south like every other animal, we know that Diego and the sabers want to kidnap the baby. The heart of the story is still quite far but we now have the basis to understand the whole plot. The relationship between Manny and Sid is sketched out from the very first moment of the story and the film’s ironic and sarcastic atmosphere is presented.

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The first part of the film has the function to introduce the characters and the atmosphere. Until roughly minute 20:00, when Sid and Manny save the baby, we are shown the situation which gives birth to the story. We learn a bit about Sid’s lifestyle and we understand that something’s wrong with Manfred. We know the film is set during one of the Ice Ages, which we could easily understand by the title, and we learn that everyone is migrating. We are showed the basis of the plot, why the tigers want to attack humans and two animals seem to adopt a baby.

Our protagonists are showed one by one, and from the first moment we realise that sarcasm and irony will be the keys of the animated story. We understand that Sid and Manny are outcasts of society, even if we don’t know why, and we learn that every character has a side which we will discover during the story. This part of the film leaves the audience curious, its explicative function is perfectly balanced by the intention of drawing the attention of the spectators on what may happen and on what happened before. Why is Manny going the wrong way? Why was Sid left alone? What’s their story behind that?

The personification of animals does that they do human things, they know human sports, they have a human idea of family, they have a social sense…but what struck me the most is the scene when they are walking through the cave trying to find a shortcut and they see the cave drawings representing antelopes running away from tigers. The baby is afraid and Sid tries to comfort him by saying that the antelopes are just playing tag with the tigers. The idea is brilliant, I couldn’t imagine a better excuse to comfort a baby. What surprised me was Diego’s answer: Come on Sid, let’s play tag, you’re it. Why should Sid be “it”? The “it player” has the aim to touch another player, so he runs after the others. In this case, tigers are the “it player”, because they are aiming to touch, (and eat) the antelopes. Why should Sid run after Diego? The tiger is evidently threatening the sloth, who understands the situation and manifests a frightened expression, in fact he decides to suddenly change topic and asks why slots are never included in these

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drawings. A solution may be that Diego only fakes he is escaping from the sloth and suddenly attacks Sid who wouldn’t have the time to react. But in my opinion this version is too complex for a cartoon. Furthermore, this scene is very quick, and what Diego says should seem hilarious to the spectator, so it is hard to think that the authors wanted to create this kind of effect where the audience should stop and think about what is going on.

The part of the film where we understand the most about the characters and their relations is during the journey to reach Half Peak, in particular the “cave scenes”.

This is the point where the plot starts to develop. We understand why Manny is so grumpy, not because he’s a bad mammoth but because he suffered in his life and this is the way he has to go on, Diego starts to grow fond of Sid and the baby, but especially of Manny. Now, the saber starts to admire him since he learns about his story and hushes Sid when the cave drawings show the death of Manny’s wife and child because he starts to love him. The three characters have their first adventure as a pack when they are slipping on the ice trying to reach the baby, but most importantly, this is also their first happy moment together, slipping was scary but funny.

As soon as they go in the cave they start walking as if they were in a museum where history, science and nature are represented. “Fossils” of a dinosaur and of an ancient fish have been frozen and Sid can see them as if they were in a window. Then the evolution of the sloth is reproduced, and surprisingly Sid is the last representative of his species. A UFO is also present, representing the science sector of the museum and calling the attention of the sloth.

Every cartoon has a clear distinction between characters: good ones and bad ones, the good ones trying to escape from those who are bad and who are trying to attack them for some reason. Many times bad characters are just bad, there’s no reason why the audience should question itself about

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why they are bad, there’s no reason whatsoever, their role is to be bad and that’s all that counts, just think about Cinderella or Snow White. In this story sabers have this sad role.

They were somehow predestinated, there’s no animal that better suits the role of the bad character than tigers, they have to kill other animals to survive and if they decide to kill for revenge than there’s no more to say. But looking at the story with more attention than normal it is evident that tigers are killing because humans have killed half of their pack. The leader of the herd talks about that, but as soon as the spectator looks at the sweet and undefended baby it is evident who’s going to be the bad guy of the story. I am not saying that humans should play the cruel role, because they killed half of the pack to keep warm with sabers skins, they had no choice if they wanted to survive the low temperatures of the ice age. Humans also killed Manny’s family, but it was because they needed meat to eat. It is nature’s law that rules life and that creates the whole plot. Once again the Ice Age is the real reason why everything is happening as well as the one and only protagonist of the story. The survival of the fittest is the only law that can be followed in a pre-civilized society, but our characters want to turn it over. The only animals that oppose this social trend are the rhinos, they are vegetarians but they want to kill Sid, he disturbed them and they want to take their revenge by killing him, but they are not part of the “strange herd” and they may just be an exception.

A tiger, a mammoth a sloth and a baby, isn’t that the weirdest herd you could ever imagine?

2.3 Characters analysis

Sid the sloth

Sid is the odd one of the group, he’s a poor soul who has been abandoned by his family. All the disappointments he has been through didn’t put him down, he is still lively and ingenuous. Especially at the beginning of

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the film he’s the only one who believes that this “herd” can live together, he’s the one who creates it and who keeps it alive. He’s annoying and nagging, but these characteristics allow him to start talking and traveling with Manny. It is, thanks to Sid’s insistence, that the baby was finally returned. He is a liar, he lies with the female sloths and with Manny about his past, he’s a coward, lazybones and assuming, he tells the rhinos they have a small brain ( look who’s talking), but after all, in the eyes of the audience, he’s the funniest character. He’s officious and a bit stupid: “I don’t like this cat, he reads minds”, but he is also the only one capable of expressing his feelings, he’s sensitive and childish and he manages to establish a baby-baby relationship with Rosham. Sid is the weakest component of the herd, and it is also evident in a pseudo- human society. For example:

Manfred: “You. Check for poop”

Sid: “Why am I the poo-checker?”

Manfred: “Returning him was your idea, you’re small and insignificant, and I’ll pummel you if you don’t”.

In spite of being the less reliable, Sid manages to conquer the melon, and to create the spark to start the fire.

Manfred the mammoth

Manfred is the most reliable. He had a family and he has been through many difficulties that certainly helped him grow. The first impression he gives is to be grumpy and unfriendly, but we soon learn that he is a very good animal ( he risks his life to save Diego) and that he doesn’t want to grow fond of anyone because he is afraid he may suffer again.

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The first time we see him we can’t see his face and he’s walking the opposite way than all the others, this is revealing of the fact that:

- If he’s not going south like everyone else there must be a reason - He’s different from all the others.

He is patient, loyal and discrete. In a herd that accepts no “chief” he is definitely the animal who makes the decisions, after all, according to nature laws the biggest and strongest of the animals leads the whole pack. Even if he is meek and calm, when the others contradict him he gets angry and commands respect. See poo-checker scene.

Diego the saber

Diego is the character where change is more evident. His change leads to the change in the story. When the films starts he is presented as cruel, he wants to seek his revenge on the humans, and he decides to attack the weakest of humans.

When the “family herd” starts he is not a real part of it, he’s playing a double role and he doesn’t want to save the baby, but as soon as the story develops he starts to grow fond of Manny and the others, and it is evident how he starts to have doubts:

 Maybe we shouldn't do this. - Why not? If we save him, he'll be a hunter. And who do you think he'll hunt?

After Manny saves him he realizes he had never met such lovely and sincere people:

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 You know, Diego, I've never had a friend who would risk his life for me.

- Yeah, Manny's... he's a good guy.

He is definitely the most realistic, he knows the baby will probably kill him in the same way as his father killed half of his pack, he’s not a bad guy but he knows survival has some strict rules.

The dodos – the crackpots

These strange animals are the only pack who’s trying to face the Ice Age organizing their stocks and not migrating, they think they are a step forward than the other animals and that they will definitely survive but they are the first who die and extinguish.

 Survival separates the dodos from the beasts

What is funny is that they think they will survive for billions of years only with three melons, they keep fighting for the survival of their species even after their last female died.

They changed their lifestyle according to a rumor: “I don’t know but I’ve been told, that end of world be mighty cold”.18

With the creation of these animals the producers wanted to refer to those people in the United States that in 2000, when the film was shot, were stocking tuna cans to survive the end of the world.

18 The song sung by dodos

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2.4 Language analysis

Every text used for an audiovisual product is a written text which has to be represented orally and has to seem spontaneous, the result is a text with the peculiar planning and organization of a written text ( no repetitions, no contradictions, no hesitations) but which is also very simple. In this case it doesn’t only has to seem oral, but it also has to be fluent, direct and funny. It is not easy to meet both the needs of a film that the whole English speaking world has to enjoy and the straight rules and conventions around cinema. The directors of Ice Age decided to use an informal and colloquial language, which creates a relaxed atmosphere and makes the audience feel at ease. In order to stress this aspect, Ice Age’s script includes repetitions, broken sentences and stock phrases that are usually avoided but which in this case make the various situations closer to reality. We find many examples of repetitions;

I thought you were gonna eat me, I thought you were gonna, I thought you were gonna…were you? No, no. Wait, wait wait

Broken sentences; It makes me so… I wanna…Yuck

Stock phrases;

Oh, jeez, yuck Yeah, yeah that was a bluff Whoa

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Characters often clip their speech;

I thought the frost had wiped’em all out I ain’t exactly lactating right now pal

Sarcasm and irony are one of the most evident and important characteristics of the dialogues. It is what makes an animated movie suitable for adults. Sarcasm, where ridicule is used harshly, makes characters seem intelligent and brilliant, and in some occasions is used as a bullying action:

Some breakthrough

What do you say we head south together? Great jump on my back and relax the whole way Really? No!

I ain’t exactly lactating right now pal

Repetitions are sometimes used to create an effect of musicality. In some cases musicality can be more important than grammar.

I’m fine, I’m fine. I’m gonna die Got it, got it, got it. Don’t got it

This technique is useful to catch the audience’s attention in a moment when they may not be paying attention, or to focus the attention on a certain aspect of the scene. For example when Sid is escaping from the rhinos, in one of the first scenes of the film, he hides behind Manny and he disappears from the screen. He is the subject of the scene but we only see the rhinos talking with the mammoth. This is how our attention is drawn on the Sloth again:

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Manny: “I don’t like animals that kill for pleasure” Rhino: “ Save it for a mammal that cares” Sid, only the head coming out from behind Manfred’s leg: “ I am a mammal that cares”

Although all characters speak in an informal and colloquial way, every animal has his own style which reflects his characteristics and which allows us to understand their way of being from the very first moments, even when we still don’t know anything about them.

The sabers

Their sentences are short and pithy, they usually say few words but they are clear in expressing what they want to say.

Go to Half Peak. Meet us there. It had better be alive.

Especially during the first part of the cartoon, when they are planning to kidnap Rosham, they use a sort of military slang which strengthen the idea of the tigers being the bad character and which underlines the fact that the only thing they care about is to seek their revenge on the humans.

Alert the troops. We attack at dawn

Manfred

He rarely talks and if he does he is always enigmatic. We don’t understand a lot about him until we see the cave paintings, but what is important about him is that he doesn’t want anyone to understand. In a paradoxical way the fact that he doesn’t talk is very communicative. The first thing he says is: if my trunk was that small, I wouldn’t draw attention to myself, definitely surly.

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Sid

As soon as we see him he talks, he has just woken up and he’s talking. He doesn’t need other people to talk with, his first speech is a monologue, and even when talking with the rhinos, these latter only manage to speak after two minutes. He talks fluently and fast. He cuts his words and sentences because he is looking forward to saying the following thing. He uses a lot of interjections and he invents words (meany-weany mammoth, she-moth, wormy-worm), as if the whole vocabulary wasn’t enough to express the millions of things he has to say. His speeches abound with question tags, which he addresses to other people but he never waits for the answers, he just keeps talking.

Many idiomatic expressions have been used to make the dialogues more realistic:

Jeez – Sid says it more than once, it is a saying derived from the phrase “Jesus Christ”. It displays anger, disappointment or wow. It is an expression of exasperation or annoyance.

“Jeez, pick him up, put him down…”

Curb it next time – It derives from the American expression “curb your dog” which invites citizens to pick up their pet’s poo and not to leave it in the street. Sid uses it when he steps on the poo of a sort of giant turtle.

Zip the lip – Expression used when we want someone to shut up.

Rise and shine – Sid uses it as soon as he wakes up, it’s a nice thing to say when someone is waking up, the meaning is similar to “get out of bed and prepare for work”.

Ice is the main protagonist of the story, the ice age is the main cause of the story, and its importance is represented in the dialogues from the beginning, the word ice is repeated twice in three sentences:

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“Why not call it the Big Chill or the Nippy Era? I’m just sayin’, how do we know it’s an ice age? Because of all the ice. Well, things just got a little chillier.”

These are the opening lines, cold and ice are the main concepts and the play on words gives importance to this idea and captures the full attention of the audience. The double sense is played both on the literal meaning of the sentence, linked to the low temperature which is the reason why every animal has to go south, and on the metaphorical one, the animal who’s speaking has just received a bad joke from his friend. (The double meaning has been perfectly rendered into Spanish but totally ignored in the Italian version).

We can find many examples of childish words; our protagonists use them especially when talking or referring to the baby,

. Meany-weeny mammoth . Wormy-worm . Little baldy bean

but also when they want to make fun of someone.

. Little bundle of joy19 . Bad tigey-wigey6

Especially during the first part of the film, the protagonists refer to each other using nicknames. These nicknames are usually connected with their way of being and with their defects, they make statements more colorful.

SID

. Furry piñata . Overgrown weasel . Knucklehead6

19 The intonation is important.

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MANFRED

. Moody mammoth . Manny the melancholy . Jumbo

DIEGO

. Bucktooth . Über- tracker – Über is a slang word for awesome. . Mr. Great tracker

The nicknames that the protagonists give to Rosham perfectly show the changing of the story, how they get more and more attached to him and how they start to consider him a part of their herd, or their team, as they call it.

As soon as they find the baby “Look at that” When Diego first appears “That pink thing is mine” When they decide to return it Little bundle of joy ( a bit sarcastic) When they face the dodos Junior ( starts being part of the herd) When Sid talks with female Pinky ( warm way to call him, sloths will use it from now on) When the baby takes his first Little biped steps When Diego dies Squirt (quite affectionate, it is used to refer to a puny or an insignificant person)

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Only the sabers refer to him as “baby”, Diego does too before he starts the travel.

As a proof of my theory about the personification of characters in the script our protagonists talk about them using “human terms”, and refer to the humans as a “herd”.

 Manfred: “Get off my face” why not muzzle?  Manfred: “Jump on my back” why not rump?  Sid: “Its nose is dry” why not snout? In this last sentence we can also see that they refer to the baby as “it”, usually used for animals.

The most interesting scene from the translating and linguistic point of view is when our protagonists ask directions to Scrat, the squirrel who’s in love with the nut. The scene is a combination of images and movements shown on the screen and the written words. Scrat can’t talk ( like humans),so he mimes the words he wants to say, Manfred and Sid are trying to guess what he means.

Words guessed Scrat’s movements Three words Scrat puts up three fingers Stomp / Stamp Scrat threads heavily on the floor Pack Scrat takes the nut and puts it on his back Pack of long teeth and claws Scrat mimes teeth and claws Pack of wolves, pack of bears, pack Scrat is evidently pointing at Diego of fleas… but they’re not looking at him Pack of whiskers Scrat is pointing at Diego but Sid thinks he is pointing his whiskers Pack of birds Diego hits Scrat that flies away Pack of flying fish Scrat screams and flies.

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As written in the introduction, this analysis ha sto be considered a preparing exercise, just the basis of the translating analysis of the Italian and Spanish versions. Analysing the original text gave me the tools to think about my own solutions and to look at the “official” version with increased awareness.

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1. INTRODUCCIÓN AL DOBLAJE ESPAÑOL

1.1 Algo de historia

La industria cinematográfica estadounidense sufrió un periodo de crisis a principios de la década de los años treinta a causa de la gran depresión que afectó a todos los ámbitos de la economía. Tampoco la producción cinematográfica escapó de esta crisis y se cometió el error de pensar que bastaría con la sonorización para reactivarla, sin embargo ésta se convirtió en la causa principal de que el cine estadounidense perdiera el numeroso público latinoamericano y europeo.

El primer intento de internacionalizar las películas fue rodar los filmes en varios idiomas, es decir, se contrataba a actores extranjeros que rehacían completamente las películas. Sin embargo esta solución era demasiado costosa como para ayudar a una industria en plena crisis y, además, los actores extranjeros no eran ni tan famosos ni tan buenos como los actores originales, y las películas acababan siendo mal recibidas. Además, los actores procedían de todos los países hispanohablantes y la mezcla de variaciones lingüísticas resultaba cuando no ridícula, incomprensible.

El subtitulado no representaba una solución al problema a causa de la alta tasa de analfabetismo. La primera película que se dobló en español fue Entre la espada y la pared (Marion Gering) de 1932.

12 El doblaje con Disney

Se puede considerar a Walt Disney el pionero del doblaje internacional. Al ser un productor de películas infantiles, para él era muy

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importante que los niños disfrutaran viéndolas y que pudieran reconocerse en algunos de los personajes.

En 1941, Walt Disney llegó a Buenos Aires para estrenar Fantasía, con la que obtuvo un gran éxito. Visitó también los estudios Sono Film, muy conocidos en Argentina, donde decidió que el joven director Luis César Amadori se encargaría del doblaje para el mercado hispanohablante de sus próximas películas, en aquella época: Bambi y Dumbo.

Por entonces, el doblaje todavía era una técnica nueva, no se conocían todas las implicaciones y peculiaridades de cada tipo de texto, no se dedicaba una especial atención a la adaptación de las canciones y el resultado era que, muchas veces, el producto final era algo impreciso.

A principios de la década de los cuarenta Edmundo Santos tenía un programa de radio en Méjico. Un día, durante su programa El Sartén y la Cuchara empezó a criticar las letras de la versión española de las películas de la Walt Disney Pictures tachándolas de no tener musicalidad, ritmo y armonía. Al día siguiente le llamaron desde los estudios de Disney en Burbank, California.

Fue, y al llegar allá, cuenta que entró a un salón muy grande y vio a un señor que estaba observándolo recargado en un piano... Lo recibió otro señor y le dijo: “Si usted critica tanto las canciones de Disney, aquí tiene una partitura, es una película que se va a llamar Pinocho, esperamos recibir su adaptación”.Volvió en tren a Tijuana y al bajarse ya tenía terminada la adaptación de “La Estrella Azul”. Dobló la hoja, la metió en un buzón. Lo mandaron a llamar nuevamente. Dice que cuando regresó, el Sr. que él había visto recargado en el piano ahora lo recibió: era Walt Disney. Desde ahí empezó a trabajar para ellos y mi papá tuvo a cargo todas las adaptaciones de Pinocho, aunque entonces se grababa en Argentina.

Declaración de Diana, hija de Edmundo Santos

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En 1943, Walt Disney contrató a Edmundo Santos como responsable del doblaje en español de Saludos Amigos y Los tres caballeros. A partir de ese momento, Disney encargó a Edmundo Santos todos los doblajes de las películas para el mercado hispanohablante en sus estudios de Los Ángeles. Los doblajes de esta época están marcados por la variedad de actores con distinto acento que intentaban reproducir esa misma diferencia de acento de la versión original. Más adelante se decidió utilizar un acento estándar para todos los doblajes, creando el llamado “español neutro”. Las películas se doblaban en un español comprensible para cualquier hispanohablante, carente de localismos y lo más neutro posible.

En 1955, Santos se asoció con Richard Thompkins para doblar La Dama y el Vagabundo, en los estudios Churubusco donde, en 1959, también se dobló La Bella Durmiente. A partir de 1964 se volvió a realizar el doblaje de películas que ya se había hecho en Argentina, como Blancanieves y los siete enanitos, Fantasía, Dumbo y Bambi entre otras. El Libro de la Selva, de 1967, fue la última película supervisada por Walt Disney, pero Edmundo Santos siguió siendo el responsable de las versiones españolas de las películas. El último doblaje que dirigió fue el de Bernardo y Bianca. A partir de entonces su sucesor fue Francisco Colmenero.

A partir de 1991, se empezó a doblar los clásicos Disney en España y La Bella y la Bestia fue la primera. En 1996 se empezó a doblar también en catalán.

1.3 Historia del doblaje en España

Los primeros doblajes no se llevaron a cabo en territorio español sino en Francia, en Joinville donde la Paramount tenía su sede europea. Los doblajes de la primera época eran de muy baja calidad, debido a las malas condiciones técnicas y a los pocos medios disponibles. Hasta entonces los actores españoles tenían que desplazarse a Francia para doblar las películas.

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El primer estudio de doblaje en España se inauguró en Barcelona (1932) con el nombre de Trilla-La Riva y poco después se inauguraron en Madrid los estudios Fono España.

Pese a la difundida creencia de que el doblaje en España fue una obligación impuesta por el Franquismo, es importante subrayar que las primeras cintas dobladas ya habían llegado durante los años de la Segunda República. Aun así fue en 1941 cuando el doblaje empezó a desarrollarse con mayor fuerza, cuando Franco promulgó la Orden del 23 de abril de 1941 inspirandose en la “Ley de defensa del idioma” de 1930 de Benito Mussolini. La Orden prohibía la proyección cinematográfica en otro idioma que no fuera el castellano, salvo autorización del Sindicato Nacional de Espectáculo. El doblaje debía realizarse en estudios españoles y por personal español.

A partir de entonces, y durante décadas, el doblaje se convirtió en un instrumento de manipulación y control ideológico y, aunque en 1946 dejó de ser obligatorio por ley, se siguió utilizando como forma de control político y social durante muchos años.

Ello dio lugar a una gran cantidad de abusos y aberración como en la versión española de Mogambo (John Ford, 1953), donde un matrimonio, de safari por África, se convirtió, por obra y arte de la censura, en una pareja de hermanos ya que Grace Kelly (la esposa) se enamoraba del jefe de la expedición, Clark Gable. De esa forma, si marido y mujer se veían como hermanos, desaparecía la situación de adulterio. No repararon en que dado los evidentes celos del “hermano”, la adaptación española transformaba el adulterio en incesto. Otro ejemplo de este fenómeno slo encontrramos en Arco de Triunfo (Lewis Milestone, 1948. En una escena alguien pregunta a Ingrid Bergman si el caballero que la acompaña es su esposo y, mientras ella con la cabeza hace un gesto de negación bastante explícito, se oye un “sí” procedente de la versión doblada.

La mayoría de los actores de doblaje de los años cuarenta procedían del teatro y de la radio.

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En 1952 llegó el sonido magnético, un nuevo sistema de grabación gracias al cual no había que cortar y tirar el material fotográfico, simplemente se sustituía el sonido. Con esta técnica los doblajes ganaron en agilidad, tiempos de realización y calidad.

En los años sesenta, con la llegada de la televisión a España, TVE encargaba los doblajes a estudios hispanoamericanos. Por ejemplo la serie televisiva Perry Mason estaba doblada por actores portorriqueños. A mediados de esa década, los estudios de doblaje comenzaron a presionar a TVE para que doblara los filmes en España, pero no lo consiguieron hasta principios de los setenta. En esos años Barcelona se consolidó como la capital española del doblaje. Y fue precisamente allí donde se creó el doblaje por ritmo, es decir los actores tenían que sincronizar el texto con el movimiento de los labios sin haberlo memorizado previamente, lo que dio lugar a una reducción de costes. En 1978, con la llegada de la democracia, desapareció la censura en el doblaje.

Los ochenta fueron los años del boom del doblaje. Aparecieron nuevos canales de televisión autonómicos y privados. Tuvo lugar lo que hoy se llama “industrialización del proceso de doblaje”. En ese periodo aumentó el número de dobladores no cualificados, y todavía hoy siguen faltando centros de formación suficientemente preparados como para formar buenos dobladores.

A partir de 1989 todas las Comunidades Autónomas empezaron a tener sus propios estudios de doblaje, que mediamente cobraban un treinta, cuarenta por ciento menos que los estudios centrales de Madrid y Barcelona. La competencia desleal sumada a la crisis económica que España atraversaba entonces, hicieron que el doblaje sufriera una de sus peores épocas.

A mediados de la década de los ochenta, el doblaje en España sufrió un grave descenso en calidad y producción. Entre 1988 y 1991 la situación se agravó aún más si cabe, el coste de los doblajes se incrementó tanto que

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en 1993 dobladores y empresarios convocaron una huelga de cien días hasta que se firmó el Convenio Colectivo de Profesionales del Doblaje que, a pesar de todo, no logró solucionar todos los problemas. Muchas empresas del sector tuvieron que cerrar. La falta de unidad en el sector provocó una tendencia a bajar los precios de la que se aprovecharon distribuidoras y televisiones privadas. El cliente iba conformándose con doblajes cada vez peores con tal de pagar menos.

Tampoco hoy en día, se respeta lo pactado en Convenio Colectivo, la competencia desleal no deja al doblador mucha elección entre aceptar un trabajo mal pagado o dejarlo. Todo ello repercute en la calidad de los trabajos. Muchas distribuidoras caen en el error de pensar que el público ni detecta ni sufre este cambio, aunque cada vez es mayor el número de espectadores que prefieren las versiones originales.

1.4 Historia del doblaje en Sudamérica

Cada país de América Latina tiene sus propias leyes y normas en lo que se refiere al doblaje, pero tienen una historia parecida y común.

En 1944, la Metro Goldwyn Mayer envió a Méjico a sus representantes con la finalidad de contratar a actores de doblaje para sus estudios en Nueva York y realizar allí el doblaje en español. Contrató principalmente a actores de la radio ya que eran los más expresivos utilizando sólo la voz. Se le encargó a Carlos Montalbán la preparación de estos actores.

Durante los años cuarenta surgieron dos teorías acerca del doblaje: por un lado algunos consideraban que las películas dobladas representaban una seria competencia para la industria cinematográfica nacional; por otro se constituyeron las primeras compañías de doblaje y consiguieron que esta profesión se convirtiera en algo realmente especializado. Fue exactamente en ese momento, a finales de la década, cuando el gobierno mejicano

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prohibió la exhibición de películas dobladas, poniendo fin a toda controversia. En 1948 tanto Méjico como Argentina ya habían prohibido la exhibición de peliculas dobladas, excepción hecha de las películas infantiles.

Las cosas cambiaron en 1953 cuando también los programas de televisión necesitaban una traducción. La creciente demanda de programas extranjeros para la televisión motivó a algunos empresarios a abrir varias salas de doblaje en Hispanoamérica, entre los más importantes estaban Rivatón de América, S.A. y los Estudios Churubusco.

Durante los años sesenta y setenta los principales clientes para el doblaje de televisión fueron los Estados Unidos. En la mayoría de los casos eran las propias compañías distribuidoras como Metro Goldwin Mayer, Warner Brothers, Columbia Pictures y 20th Century Fox quienes nombraban a su representante con el fin de supervisar el trabajo.

En junio de 1986 en Argentina se aprobó la llamada “Ley del doblaje” n. 23.316, cuya última reforma es del año 2005. En su artículo 1 reza:

“El doblaje para la televisión de películas y/o tapes de corto o largo metraje, la presentación fraccionada de ellas con fines de propaganda, la publicidad, la prensa y las denominadas series que sean puestas en pantalla por dicho medio y en los porcentajes que fija esta ley, deberá ser realizado en idioma castellano neutro, según su uso corriente en nuestro país, pero comprensible para todo el público de América hispano hablante”. En el artículo 12 se añade: “Quedan exceptuados de la obligadoriedad del doblaje que determina la presente ley: a) las letras de composiciones musicales; b) los programas destinados a la enseñanza de lenguas extranjeras; c) los programas para colectividades extranjeras; d) las ceremonias de cualquier credo...”

Hasta este momento Méjico era el país con el doblaje de mayor calidad de Hispanoamérica, sin embargo desde la aprobación de la ley

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argentina de 1986 las cosas empezaron a cambiar, y dicho país empezó a recuperar protagonismo en el campo del doblaje. Como consecuencia, el intento de esta ley, no fue tan sólo defender el castellano sino también hacer exportables todas las obras argentinas.

Aunque el doblaje es hoy día es una profesión bien reglamentada, algunos críticos literarios, en una carta enviada en 2004 a la publicación argentina “Posadas”, se oponen a la utilización de esta técnica y la consideran inútil:

"Más tarde se impuso, para algunas películas, la doble versión: doblada y subtitulada, dejándoles a los espectadores la posibilidad de elegir cuál de ellas preferían ver. Parecería que ahora llega la única del doblaje. Los críticos cinematográficos nos oponemos a ello, entre otras cosas por considerarlo perfectamente innecesario.” Los integrantes de la federación afirmaron que esta práctica sólo puede "empobrecer la cultura cinematográfica argentina, ya de por sí suficientemente castigada por la falta de opciones y de una verdadera variedad en la cartelera".

"Desde los propios comienzos del cine sonoro, el público argentino, como el de tantos otros países, impuso su derecho de escuchar las películas en su idioma original. Parecería que esa larga y provechosa historia quiere borrarse de un plumazo, convirtiendo la experiencia de ir al cine en un sustituto de la de ver televisión. Y no precisamente televisión de cable, donde también se respeta el buen uso del subtitulado”. 20

También en Venezuela se promulgó en 2008 una Ley para el doblaje con el objetivo de preservar el idioma nacional, según dicha ley los prestadores de servicios tienen que doblar no menos del cincuenta por ciento de sus horas de transmisión.

Al contrario, hoy en día en Méjico sólo se doblan las películas infantiles, según la Ley Federal de Cinematografía, cuya última reforma está

20 Posadas, 2004

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fechada el 28 de abril de 2010. El objeto de dicha ley, según los propios legisladores es el de promover la producción, distribución y comercialización de las películas mejicanas. El artículo 8 de esta ley reza así:

“Las películas serán exhibidas al público en su versión original y, en su caso, subtituladas en español en los términos que establezca el Reglamento. Las clasificadas para el público infantil y los documentales educativos podrán exhibirse doblados al español”

El artículo 23 se puede considerar como una explicación del artículo anterior:

“Con el fin de conservar la identidad lingüística nacional, el doblaje de películas extranjeras se realizará en la República Mexicana, con personal y actores mexicanos o extranjeros residentes en el país, salvo las disposiciones contenidas en convenios o tratados internacionales, y en los precisos términos del artículo 8 de esta Ley.”

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2. ESPAÑOL NEUTRO

El español neutro es una variedad dialectal del idioma español que tiene dos características definitorias: 1) ejerce su influencia en un enorme territorio virtual, es decir los veintiún países donde el español es idioma oficial y en el resto de los países donde comunidades e individuos independientes lo hablan; 2) todos los hispanohablantes tienen que comprenderlo perfectamente.

Como cualquier otra lengua ampliamente hablada, el español no es uniforme; en cada país hispanohablante, y en cada una de sus regiones, se le añaden razones gramaticales que crean una variopinta gama sociolingüística con rasgos lexicales únicos, además de conferir la propia diversidad de pronunciación.

Se define español neutro aquella variedad lingüística que da la posibilidad de comunicar en habla hispana sin identificar el origen del hablante y que ya no posee las características peculiares de ninguno de los países hispanohablantes. Se eliminan términos locales, modismos y las características fonéticas muy marcadas (por ejemplo, la realización del sonido de la “ll” o “y” muy fuerte entre argentinos y paraguayos). Así mismo, es el resultado de aplicar un conjunto de reglas gramaticales que constan de variaciones mínimas en la lengua. También se excluye el vocabulario rebuscado, logrando así, un contexto en un español comprensible, conciso y al mismo tiempo artificial e inexistente.

Aunque su mayor campo de utilización hoy en día es el mundo de la interpretación y más precisamente el mundo del doblaje, su historia es anterior. Ya con la literatura se sintió la necesidad de llevar las obras nacionales a todo el mundo hispanohablante, pero muchas veces las obras hispanoamericanas resultaban difíciles de comprender para los lectores de España y lo mismo pasaba con la literatura castellana en Hispanoamérica.

El objetivo principal del español neutro es comercial. Se procura que el

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producto sea exportable a la mayor cantidad de sectores del mercado y por eso se busca una lengua que prescinda de las peculiaridades nacionales.

Las características del español neutro son las siguientes:

Morfosintácticas:

 Ausencia de vosotros (-as): en su lugar se utiliza la tercera persona plural.  Frecuentes oraciones pasivas.  Uso de perífrasis verbales, muchas veces traducidas literalmente del inglés.  Uso impropio de los posesivos. Por ejemplo: Go home “a+posesivo+casa” en lugar de su traducción correcta “a casa”;

What’s your job? “¿cuál es tu trabajo?” en lugar de su traducción correcta “¿en qué trabajas?”.

 La estructura sintáctica de las frases es simple.  Presencia del sujeto incluso no enfático por ejemplo: Pase usted.

Lexicales:

El léxico del español neutro es muy reducido. Desde el punto de vista de los préstamos es frecuente que haya calcos de expresiones y palabras extranjeras, pero no palabras originales. Se intenta evitar las malas palabras y es muy frecuente el uso de insultos eufemísticos o ajenos a la cultura hispanohablante como demonio, rayos y otros, aunque hay que decir que ya se van integrando en la lengua. La tendencia a sustituir una palabrota con palabras y expresiones “correctas”, lleva muy a menudo a errores semánticos porque estas últimas pertenecen a un registro formal y culto que no encajan con el registro original. Sirva de ejemplo, el caso de un traficante de droga que reprime su forma habitual de hablar teniendo cuidado con las palabrotas.

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Semánticas:

Uno de los rasgos más destacados de español neutro es la neutralización del campo semántico, ya que cada término tiene un significado conceptual pero no significados asociativos que nos den información pragmática acerca de la situación social, temporal y regional del hablante. Como es fácil de imaginar esta variedad de la lengua es un terreno fértil para las controversias ideólogicas y lingüísticas: los puristas de la lengua consideran que se corre el riesgo de perder las características peuliares de cada nación. La pregunta principal sigue siendo la misma desde hace tiempo: ¿será el neutro el causante de la muerte de la lengua o la panacea de la comunicación universal?

De este modo se justifica el objetivo de recurrir al español neutro, el cual no es una lengua idealizada que pretende sustituir a las variedades del idioma. Su fin es claro, el español neutro intenta ser un modelo de comprensión y adecuación entre los hispanohablantes de todo el mundo.

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3. LA EDAD DE HIELO (España)

Estrenada en España en 2002, la versión en español se dobló en los estudios Sonoblock, S.A. de Barcelona. El director del doblaje es Abril Gonzalo, quien también dio su voz a uno de los rinocerontes. Los dobladores españoles son: para Sid el perezoso Aleix Estadella, para Manfred el mamut Ricky Coello y para Diego, Óscar Barberás.

Voy a analizar la traducción y la adaptación de la versión española de la película basándome principalmente en el análisis de la lengua que he realizado en la parte inglesa de este trabajo, teniendo en cuenta mis conocimientos en el campo de la traducción y tratando de entender las necesidades de sincronización labial que hicieron que llevaron a los traductores a tomar ciertas decisiones.

Unas de las primeras características de la lengua usada es el registro informal y coloquial como podemos apreciar por el uso de algunas palabras o ciertos rasgos gramaticales y sintácticos:

Léxico o Requeterricas (deliciosas) o Verbos como molar o chiflar (gustar, encantar) o El peque (el bebé) o Borde (antipático) o Chismes (cosas)

Es muy frecuente el uso de diminutivos (colmillitos, chiquitín, bolita, animalillo). Además de términos individuales, también encontramos expresiones muy frecuentes en la cotidiana: o ¡Será marrano! (¡qué asco de persona!)

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o Has picado (te lo has creído) o ¡Chócala! (¡qué bien lo hemos hecho!) o Estoy hecho polvo (estoy muerto de cansancio)

En el texto original se ha utilizado la técnica de dejar las frases pendientes para dar a los diálogos un aspecto aún más espontáneo e informal, sin embargo los adaptadores españoles no respetaron esta característica y ajustaron los diálogos para completar las frases. En algunos casos no añadieron ideas a los conceptos explicitados, sólo simplificaron la oración creando dos frases más cortas, en otros casos tuvieron que explicitar las ideas que los autores del filme querían dejar sobreentendidas.

 It makes me so... I wanna...Yuck Será marrano. ¡Qué asco!

 You’re a little low on the chain food to... No estás en la situación de hacerte el gracioso sabandija.

 ...went through the water so I’d lose their scent and..who needs’em? Hasta cruzaron un río para que no les siguiera el rastro. ¿Qué más da?

Otra característica de este texto son las exclamaciones llamadas “muletillas”. Entre otras encontramos: ¡puah!, ¡¿eh?!, ¡guau!, ¡ay! En la versión original la exclamación Jeez es muy frecuente, y de hecho caracteriza al personaje de Sid; sin embargo en la versión española no se utilizó un sólo correspondiente sino varios, como consecuencia se ha perdido uno de los rasgos identificativos de uno de los protagonistas, y ello podría tener repercusiones en la presentación del perezoso. Una posible correspondencia es jo muy utilizada en España, pero es de imaginar que la diferencia labial entre la inglesa y la española, y la diferencia de sincornización supuso un problema para los adaptadores.

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Los autores de esta película infantil dieron gran importancia a elementos como la musicalidad y las repeticiones para capturar la atención de los espectadores. Cuando de traduce no siempre es posible reproducir el mismo efecto del texto original, respetando ambos el sentido denotativo de las palabras y los efectos seudo-musicales. He aquí algunos ejemplos:

I’m up, I’m up Ya me he despertado

Mush. Or not mush Arre. O no arre

Save it for a mammal that cares. I’m Cuéntaselo a quien le importe. Pues a mammal that cares. a mí me importa

I’m fine. I’m fine. I’m gonna die Esto está tirado. Yo lo tengo dominado

En la escena donde Sid intenta ligar con las dos hembras, en la versión original el perezoso siempre se refiere a ellas llamándolas ladies. Al contrario, en la versión española no se respetó esta repetición y se encontraron soluciones como damas, sexis y señoritas.

Los autores del texto original jugaron con las palabras modificándolas, por ejemplo encontramos muchos ejemplos del lenguaje utilizados con y por los niños pequeños, perfectamente respetado en español:

Meany-weeny mammoth Ese mamutazo malo y tonto

Wormy-worm Gusanete gusanadito

Little baldy bean Habichuelita regordita

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también en los casos en que sólo se utilizan para reírse de alguien:

Little bundle of joy Saco de alegría

Bad tigey-wigey Gatitito grandote y malito

Lo mismo se hizo con los apodos utilizados durante toda la película:

Sid

Furry piñata Piñata peluda

Overgrown weasel Comadreja hipertrofiada

Knucklehead Tontorrón

Manfred

Moody mammoth El mamut mimoso

Manny the melancholy Manny el melancólico

Jumbo Jumbo

Diego

Bucktooth Colmillitos

Über- tracker Super rastreador

Mr. Great tracker Señor del rastro

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Para entender mejor el papel del niño y sus relaciones con los protagonistas dentro de la historia, es importante analizar como cambia la manera de llamarlo por parte de nuestros tres heroes. La versión española respeta casi totalmente los cambios y la progresión de la versión original:

Apenas encuentran al niño “Look at that” -- Al encontrar Diego “That pink thing is mine” Bolita

Cuando deciden devolverlo Little bundle of joy Saquito de alegría Cuando se pelean con los Junior El peque dodos Sid hablando con las Pinky Bolita hembras perezosas Cuando el niño hace sus Little biped Pequeño bípedo primeros pasos Cuando Diego muere Squirt Renacuajo

Una parte muy importante del lenguaje de esta película son las frases idiomáticas, son numerosas y todas ellas contribuyen a crear una atmósfera familiar y divertida, estas estructuras representan un verdadero reto para los traductores, y aún más en aquellos casos de traducciones audiovisuales donde las referencias locales se ven en la pantalla y esto obliga donde hay que respetar los tiempos de pronunciación.

Los adaptadores españoles de esta película, no pudiendo encontrar correspondencias perfectas, aplicaron la técnica de la compensación, es decir incluyeron frases idiomáticas, aunque no existieran en el texto original, para recuperar lo que antes hemos llamado la atmósfera general de la película. Por ejemplo:

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“Curb it next time” es una expresión muy utilizada en Estados Unidos, en las calles hay carteles que invitan a los ciudadanos a recoger los excrementos de sus animales domésticos. La referencia a la sociedad actual en una película con ambientación histórica es muy importante, pero los traductores se encotraron con la falta de esa misma expresión en español y utilizaron la frase “te habrás quedado a gusto”, que aun perdiendo la referencia civilizada respeta el tono colegial de la oración.

Con la expresión “Zip the lip” ocurre casi lo mismo que con la anterior. La lengua española no posee una expresión equivalente, pero en este caso pudieron respetar perfectamente el sentido. En esta escena vemos a Sid de espaldas y no existen problemas de sincronización, con lo cual la frase elgida “sellaré mis labios, cuando digo mm es que mm” encaja muy bien.

Encontramos casos de compensación en varios momentos de la película, por ejemplo en aquellas escenas en las que las expresiones inglesas no tienen connotación idiomática y se sustituyen con otras españolas fijas:

Let’s get him ¡A por él!

I can’t believe it lo veo y no lo creo

Cuando Sid y el niño logran escapar de uno de los tigres, se ha añadido un ¡chócala! Que no tiene su correspondiente en la versión original.

Además de hacer un análisis general de la traducción, merece la pena centrarse en algunas escenas donde las elecciones traductivas tuvieron mayor importancia.

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Cuando nuestros protagonistas deciden devolver al niño, se encuentran con un problema: la bolita no para de llorar. El pañal está limpio y parece estár bien físicamente, la única solución que queda es jugar un poco con él. El texto “Where is the baby? – There he is” , se repite dos veces. Mirando como el tigre se tapa los ojos cuando dice “Where’s the baby” y como vuelve a mirar al niño cuando dice “there he is”, las primeras palabras que se le ocurrirían a un español son “Cucú – tras tras”, sin embrago Diego pronuncia unas frases que no son nada más que una traducción literal del inglés, o sea: ¿Dónde está el bebé? Aquí está.

No cabe duda de que la razón primaria por la que se decidió no utilizar el juego fonético español es la sincronización labial, el número de sílabas no encaja y los movimientos labiales de Diego serían demasiados. En la versión italiana, donde el problema era más o menos el mismo, añadieron unas palabras antes de lo que sería el “cucú”, resolviendo el problema de la sincronización que en los dibujos animados es más aproximada. Es imposible reproducir las consonantes bilabiales de baby, pero en este caso el significado

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cultural era mucho más importante que la sincronización, aun encontrándose el tigre en primer plano, habría sido mejor evitar la extrañeza visual que produce.

Otra escena muy interesante se desarrolla dentro de la cueva. Poco antes de que los dibujos rupestres nos cuenten la triste historia de Manny, Roshan, el niño, pone una cara asustada al ver a los sables persiguiendo a los antílopes. El diálogo es el siguiente:

Sid: ¡Eh, mira, tigres! No, no tranquilo. Los tigres sólo juegan al pilla pilla con los antílopes, con los colmillos

Diego: Venga, juguemos al pilla pilla. Tú la quedas.

Jugando al pilla pilla, el jugador que “la queda” es el que tiene que pillar y los otros jugadores son los que escapan. Diego lo dice claramente con tono amenazador, entonces ¿por qué debería Sid perseguir a Diego? La traducción es correcta, porque respeta la versión original, donde también aparece esta contradicción. Los adaptadores españoles, al contrario de los italianos o de los latinoamericanos, decidieron dar más importancia a la fidelidad del texto y no modificar el contrasentido.

El mayor reto de toda la película es la escena en que la ardilla da indicaciones a los tres protagonistas, la relación entre los movimientos de la ardilla que no puede hablar, la sincronización labial y los dobles sentidos de las palabras hacen que la traducción sea casi imposible. Vamos a analizar en el siguiente diagrama las palabras inglesas, las españolas y los movimientos de la ardilla:

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Movimientos Scrat Texto inglés Texto español

Scrat alza tres dedos Three words Tres palabras Scrat da patadas en el Stomp / Stamp Pisotear / Machacar suelo Scrat coge su bellota y Pack A la grupa / Grupo la pone en su espalda Scrat imita dientes y Pack of long teeth and De colmillos largos y garras claws garras Scrat señala a Diego Pack of wolves, pack of De lobos, de osos... (no le están mirando) bears... Scrat señala a Diego Pack of whiskers De bigotes pero Sid piensa que está señalando a los bigotes Diego golpea a Scrat Pack of birds De pájaros

Scrat desaparece de la Pack of flying fish De peces voladores pantalla volando y gritando

Hasta que Manny dice “machacar” el juego se traduce sin problemas, sólo Sid está intentando adivinar lo que hace la ardilla, además las caras de los otros personajes no se ven. El problema se plantea cuando Scrat se pone la bellota en la espalda: en inglés se crea el doble sentido entre pack (grupo de animales) y pack (caja) que es exactamente lo que la ardilla está imitando. La caja sería su bellota. La solución se encuentra con la palabra “grupo” (de animales), que es menos específica que “manada”, pero que permite reproducir el doble sentido. Manfred pronuncia las palabras “a la grupa” es

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decir “a caballo”, como si la bellota estuviese a la grupa de la ardilla, y por semejanza llega a la palabra grupo. Esta solución también permite resolver los problemas de sincronización;

Pack – a la grupa (2-3 sílabas)

Pack of – grupo (2-2 sílabas)

Pack of long and teeth and claws – de colmillos y garras (6-7 sílabas) En la versión española Manfred pronuncia la palabra “grupo” cuando en la versión inglesa ya está pronunciando el inicio de la frase siguiente (pack of...) de manera que en español ya no hace falta repetir la palabra grupo y se ganan sílabas para las frases siguientes.

Según van jugando, en inglés siguen repitiendo la palabra pack: pack of wolves (3 sílabas) y pack of bears (3 sílabas) pero en español las mismas frases se convierten en “de lobos” (3 sílabas) y “de osos” (3 sílabas) en lugar de anteponer siempre la palabra “grupo” lo que cambiaría todos los tiempos.

Del análisis hecho podemos llegar a la conclusión de que los traductores eligieron respetar fielmente el texto y las referencias de la versión original, tal vez perdiendo partes importantes de la cultura meta. Dieron importancia a los juegos de palabras y a las expresiones idiomáticas utilizadas, intentando reproducir cuando no el sentido, por lo menos el efecto. Me gustaría precisar que la intención no era la de poner en tela de juicio las decisiones de los adaptadores cinematográficos españoles en general, sino las decisiones tomadas para esta película.

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4. LA ERA DE HIELO (Iberoamérica)

En 2002 se estrena versión para Hispanoamérica, doblada en los estudios Prime Dubb en México. El director del doblaje es José Antonio Macías. Los dobladores son actores mexicanos: Carlos Espejel dio vida a Sid el perezoso, Jesús Ochoa prestó su voz a Manfred el mamut y Sergio Sendel a Diego.

Para el análisis de la versión hispanoamericana me he basado en los mismos criterios anteriores; las diferencias nacen de la estructura misma del texto y de las elecciones de los traductores. Las escenas de mayor interés en una versión podrían pasar inadvertidas y en otra no, simplemente porque no hay motivo para analizar las soluciones las soluciones encontradas.

El objetivo del español neutro de ser una lengua entendida y hablada por todos los hispanohablantes hace que sea más arduo reproducir un registro coloquial universal pues la mayoría de las expresiones coloquiales son muy directas y tienen referencias locales imprescindibles. Podría ser difícil que en Argentina se entendiera una expresión mexicana, o, simplemente, crearía una sensación de lejanía que no encaja con los criterios del español neutro. Por esto a veces hay que utilizar expresiones más genéricas aunque no correspondan a juegos de palabras o a un doble sentido presente en la versión original

El léxico es un elemento cultural identificativo de cada país y por esto se utilizaron muy pocas palabras típicas de la jerga (tarado, peque, galanazo), sin embargo los traductores lograron obtener el efecto de la lengua hablada utilizando diminutivos (filetote, pachonchito, animalillo...). Las características coloquiales se evidencian en la utilización de las expresiones fijas como por elemplo:

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 No hagas bilis (para decir a una persona que no se enfade)  Quiere llorar, quiere llorar (al verle la cara de miedo a alguien)  Ahí te ves (adiós)  Más te vale (mejor para tí)  Qué genio (tiene muy mal humor)  Ya cásate (cuando alguien siempre está de malhumor)

Tanto los traductores de Hispanoamérica como los de España, decidieron no dejar frases a medias, ignorando el intento de los autores de que el texto se pareciera lo más posible a la lengua hablada, que es más espontánea:

 It makes me so...I wanna...Yuck Ay, no puedo creer que haya ensuciado mis patitas.

 ...went through the water so I’d lose their scent and..who needs’em? ...taparon las huellas para que perdiera su rastro. Y sueña con los angelitos.

 No, really... No sé que piensan ustedes, la vida es así.

– en este caso completar la frase, que es la última de la película, podría hacer que se perdiera un efecto importante: dejar una frase en el aire puede indicar que la historia no está cerrada del todo, que los personajes siguen juntos sugiriendo al público que tal vez habrá una continuación.

Sólo encontramos una excepción en la escena en que Diego amenaza a Sid:

 You’re a little low on the chain food to... Tu lugar en la cadena alimenticia no te permite...

Por lo que concierne a las repeticiones y a los efectos musicales, no siempre se pudo reproducir el mismo efecto, en este caso por ejemplo

 I’m up, I’m up Ya desperté

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con la palabra “desperté”, que es la única que exprime este concepto, se utilizaron todos los movimientos labiales disponibles, eliminando así la posibilidad de repetirla dos veces, como sucede en la versión inglesa.

En algunos casos la traducción es muy fiel:

 Save it for a mammal that cares – I’m a mammal that cares Díselo a un animal que le interese – A mí sí me interesa

 You were bluffing – Yeah, was a bluff ¿Era mentira? – Sí, era mentira

en este caso el cambio gramatical de verbo a sustantivo no influye en modo alguno.

 I don’t eat junk food – I thought you were gonna... I thought you were gonna...were you? No como porquerías – Porquerías, por...que...¿porquería yo?

Sid se encuentra de espaldas y la sicronización es irrelevante. La musicalidad de la escena no se pierde, pero el sentido sí se modifica. En la versión original lo que resalta es el miedo de Sid a que Diego se lo quiera comer (las amenazas de Diego son un punto muy importante en la película), mientras en la versión latina el miedo de Sid se convierte en preocupación porque le ha llamado “porquería”. Las repeticiones de la version original son propias de Sid y empiezan desde la frase anterior “Creí que ibas a comerme”, mientras que la traducción hecha en Hispanoamérica la repetición tiene lugar en el diálogo entre los dos personajes, además repetir una palabra no tiene el mismo efecto que repetir una frase casi completa.

No hay documentación para explicar por qué traductores y dobladores prefirieron cambiar la escena en lugar de recurrir a una solución como:

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 “¿Creí que ibas a...creí que ibas a...ibas?”

manteniéndose más cercanos al texto.

Un elemento muy importante en la caracterización de los personajes son los apodos que los protagonistas se dan entre sí:

Sid

Furry piñata Piñata peluda

Overgrown weasel Tiranosaurio bonsai

Knucklehead Cabeza de chorlito

Manfred

Moody mammoth El mamut melancólico

Manny the melancholy Manny para que te digan Manito

Jumbo La bola de grasa

Diego

Bucktooth ( - )

Über-tracker Superrastreador

Mr. Great tracker El rey de los cazadores

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El lenguaje infantil no solo se ha reproducido en los casos muy evidentes...

Meany-weeny mammoth Mamut trompudo y feo

Wormy-worm Bon bon

Little baldy bean Cabeza de melón

...sino también en aquellos casos en que no hay una correspondencia con el original, como por ejemplo llamar a Diego “tiguecito” durante toda la película, o en la escena en que Diego revela sus iniciales malas intenciones (Córtalas para siempre), o también cuando el niño da sus primeros pasos (ven con el tío Sid, no, no, aquí toy). A menudo este tipo de habla infantil se utiliza para reírse de alguien:

Little bundle of joy (- ) no utilizaron lenguaje de niños

Bad tigey-wigey Tiguecito

En la versión castellana no se le dio mucha importancia a la progresión de los apodos usados con el niño, un detalle que refleja el cariño que le van cogiendo nuestros protagonistas:

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Apenas encuentran al “Look at that” -- niño Al encontrar a Diego “That pink thing is mine” Bola rosa

Cuando deciden Little bundle of joy Bodoque con patas devolverlo Cuando se pelean con Junior El niño los dodos Sid hablando con las Pinky Bodoque hembras de los perezosos Cuando el niño da sus Little biped Bodoque con patas primeros pasos Cuando Diego muere Squirt Enano

Para solucionar el hipotético problema del playing tag decidieron eliminar la referencia al juego y traducir con un simple: “Los tigrecitos sólo están jugando con los antílopes... a las mordidas. – Ven Sid, vamos a jugar, ¿quieres?”. El concepto del juego se ha conservado intacto y el problema del it player quedó resuelto.

En la escena en que Scrat la Ardilla utiliza la mímica para dar indicaciones a Sid, Manfred y Diego sólo a veces las soluciones son fieles al original y no está muy clara la relación entre el juego y el doble sentido de la palabra “pack”.

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Movimientos Scrat Texto inglés Texto español

Scrat alza tres dedos Three words Tres palabras Scrat sacude los pies al Stomp / Stamp Pata / La pata salta suelo Scrat coge su bellota y Pack Manada la pone en su espalda Scrat imita dientes y Pack of long teeth and De dientes y garras garras claws Scrat señala a Diego Pack of wolves, pack of De lobos (no la están mirando) bears... Siguen sin mirar a Scrat Pack of troubles. Pack Manada de nada. Ma de of wallop... ná... Scrat señala a Diego Pack of whiskers De osos polares pero Sid piensa que señala a los bigotes Diego golpea a Scrat Pack of birds De golpeadores, de voladores Scrat desaparece de la Pack of flying fish De peces voladores pantalla volando y gritando

También en esta versión la traducción sigue sin problemas hasta que Manny dice “la pata salta”. Lo que no se puede explicar es de dónde ha sacado Manfred la palabra “manada”, que es el perfecto correspondiente de pack; no hay doble sentido y, sobre todo no se adapta a la imagen. Además la decisión de repetir la palabra “manada” en cada frase hizo que el tiempo a disposición se redugera y que no se pudiese repetir el nombre de cada tipo de animal del texto original. En el desvarío del juego Manfred y Diego hacen

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una lista de una serie de cosas que no tienen nada que ver con lo que Scrat les está enseñando pero en este caso no es importante que la traducción no sea fiel al original, lo importante es que el efecto de ser un sinsentido sea el mismo. Lo que sí podría haberse respetado es el malentendido más importante de la escena: cuando, por fin, la ardilla decide indicar a Diego, Manfred y Sid hablan de pack of whiskers, of noses (literalmente manada de bigotes, de hocicos); pero los traductores decidieron hablar de “maracuya”.

Como ya se ha dicho, la característica principal del español neutro es la ausencia de expresiones idiomáticas por su especificidad local y cultural, a pesar de todo, este tipo de expresiones son una parte demasiado importante en el fime para ignorarlas, y se decidió recuperar este tipo de efecto con otros diálogos o escenas de la película, con expresiones que fueran conocidas en todo el mundo hispanohablante o por lo menos, en América Latina.

 No hagas bilis  Ahí te ves  Se ve que tienes mucho colmillo  A otro perro con este hueso  Así no me llevo contigo  Lo dices de colmillo para fuera  Ya lo chupó el diablo  Cortalas para siempre

La labor de recuperar y añadir frases idiomáticas coincidió con el enriquecimiento de elementos típicamente latinoamericanos para que el texto fuera más cercano al público. En otras palabras, se optó por una traducción target-oriented, es decir se añadieron elementos de la cultura meta, allí donde fue posible.

 En una de las primeras escena las dos tortugas primitivas hablan entre ellas y, en la versión hispanoamericana, se llaman comadre.

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 Uno de los rinocerontes ha preparado el último diente de león de la temporada con la receta de la abuela de su pareja  Buen provecho, en lugar de Bon apétit  Sid aconseja a Manfred que empiece la dieta de la luna

Entre las versiones analizadas, la traducción en cuestión es la que presenta más diferencias con el original aunque muchas de ellas sólo causan pequeños cambios de sentido, y solamente analizándolas con un ojo muy crítico se notarían variaciones en la historia. Por ejemplo cambiar los nombres de personajes segundarios, o alterar las frases de personajes poco importantes:

Come on. If he wants to freeze to Ah vieron niños? Lo puse en su lugar death let him. Wide body, curb it next time Cuando comas cactus quítale las espinas I’m too lazy to hold a grudge No soy rencoroso

Pero también encontramos cambios que implican que las reacción de un personaje cambie según la situación y, como consecuencia, cambian las descripciones y el carácter de los personajes mismos:

 No sé qué es investir pero me va a doler – Don’t let them impale me! I wanna live.

En este caso Sid debería de estar suplicando a Manfred, la suplica es una característica importante del carácter de Sid y quitarla en una de las primeras escenas podría afectar la presentación general del perezoso.

 Ya veremos a quien se le enfríen las patas en la noche – We’ll see if brains triumph over brawn tonight.

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En este caso el cambio podría afectar el matiz humano que los autores quisieron dar a los personajes. La cuestión de la humanización es muy importante y la impresión es que en esta versión se subestimó.

En conclusión la versión de Hispanoamérica presenta diferencias culturales y traductivas que no encontramos en las otras versiones europeas, tendencialmente más fieles al texto. No encontramos calcos sintácticos, pero sí lexicales o palabras inglesas.

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