SCRITTORI SARDI

A Nuoro, la mia città, la mia forza.

«[…] E, invero, la cerimonia ha un significato epico: poiché la bocca che morde il fegato ancora caldo di una vittima non conoscerà mai il gemito della viltà. Così, tante volte, quando ho piegato il viso sulla voragine sanguinante della vita, ho ricor- dato il curioso rito degli antichissimi avi […]».

G. DELEDDA, Ferro e fuoco Opera pubblicata con il contributo della Regione Autonoma della Sardegna Assessorato della Pubblica Istruzione, Beni Culturali, Informazione, Spettacolo e Sport

IL RITORNO DEL FIGLIO

edizione critica a cura di Dino Manca

CENTRO DI STUDI FILOLOGICI SARDI / CUEC SCRITTORI SARDI

coordinamento editoriale CENTRO DI STUDI FILOLOGICI SARDI / CUEC

Grazia Deledda Il ritorno del figlio

ISBN 88-8467-299-6 CUEC EDITRICE © 2005 prima edizione novembre 2005

CENTRO DI STUDI FILOLOGICI SARDI PRESIDENTE Nicola Tanda DIRETTORE Giuseppe Marci CONSIGLIERI Marcello Cocco, Mauro Pala, Maurizio Virdis Via Principessa Iolanda, 68 07100 Sassari Via Bottego, 7 09125 Cagliari Tel. 070344042 - Fax 0703459844 www.centrostudifilologici.it info@centrostudifilologici.it

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Realizzazione grafica Biplano, Cagliari Stampa Grafiche Ghiani, Monastir (Ca)

Le illustrazioni riproducono alcune pagine del manoscritto conservato presso la Biblioteca Universitaria di Sassari. IL LABORATORIO DELLA NOVELLA IN GRAZIA DELEDDA: IL PERIODO NUORESE E IL PRIMO PERIODO ROMANO

Sono ormai noti gli esordi letterari di Grazia Deledda. La scrittrice ha diciassette anni quando decide di inviare alla rivista popolare romana «L’Ultima Moda», della quale è un’affezionata lettrice, un suo breve racconto intitolato Sangue Sardo. Il pezzo non solo viene pubblicato, ma il direttore, Epaminonda Provaglio, chiede alla principiante altri lavori1. Inizia così la sua carriera artistica fino al confe- rimento, il dieci dicembre 1927 (per il 1926), del premio Nobel da parte dell’Accademia svedese. Dal 1890, anno di pubblicazione di Nell’Azzurro per i tipi della Trevisini di

1 G. DELEDDA, Sangue sardo, in «L’Ultima Moda», Roma, III (1-8 luglio, 1888), 88-89 [Il primo passo. Confessioni di scrittori contemporanei, Firen- ze, Nemi, 1937; Versi e prose giovanili di Grazia Deledda, Milano, Treves, 1938; Versi e prose giovanili, Milano, Virgilio, 1972; Roma, Newton Compton, 1995]. Nello stesso anno, sempre sulla rivista di Edoardo Pie- rino, uscirono il racconto Remigia Helder («L’Ultima Moda», Roma, III (19 agosto 1888), 95) e la prima parte del romanzo Memorie di Fernan- da («L’Ultima Moda», Roma, 12 settembre 1888-2 giugno 1889). San- gue sardo, pubblicato in due puntate, rifletteva le letture romantiche della giovane scrittrice e i feuilleton allora di largo successo fra le ragazze. La struttura è fra le più tipiche. Il racconto inizia in medias res e l’intreccio ha come inizio la parte centrale dell’asse temporale diegetico. La fabula si sorregge su otto fondamentali microsequenze e il tempo, nella sua durata, si caratterizza per le forti accelerazioni (sostenute da sommari ed ellissi), con qualche scena e pausa descrittiva nell’abbrivo. Ela, la prota- gonista, ha dodici anni quando si innamora di Lorenzo, un amico del fratello. La fanciulla trascorre lunghi periodi di patimenti perché il ragaz- zo non la corrisponde. Dopo qualche anno, però, quando tutto sembra essere stato superato, «accade una cosa orribile». Ela scopre che Lorenzo ama Maria, sua sorella maggiore. Da quel momento inizia a covare verso l’uomo un odio smisurato che sfocerà nella sua uccisione su una riva sco- gliosa, lì dove anni prima, in una notte di luglio, aveva giurato vendetta. X DINO MANCA

Milano2, fino alla silloge Il Cedro del Libano edita postuma da Garzanti nel 19393 – oltre le numerose composizioni

2 G. DELEDDA, Nell’azzurro [Vita silvana (Milano-Roma, Trevisini, 1890; 1898; 1929; in Versi e prose giovanili, Milano, Virgilio, 1972; Novelle – I, Nuoro, Ilisso, 1996); Sulla montagna («Il Paradiso dei Bambini», Roma, 18 ottobre-15 novembre 1888; Milano-Roma, Trevisini, 1890; 1898; 1929; in Versi e prose giovanili, Milano, Virgilio, 1972; Novelle – I, Nuoro, Ilisso, 1996); Memorie infantili (con il titolo Cose infantili anche in: «Il Paradiso dei Bambini», Roma, 14 aprile 1899; Milano-Roma, Tre- visini, 1890; 1898; 1929; con il titolo Ricordi d’infanzia in: Versi e prose giovanili, Milano, Virgilio, 1972; Novelle – I, Nuoro, Ilisso, 1996); Una terribile notte («La Sardegna», Sassari, IX (21-30 ottobre 1890), 248-256; Milano-Roma, Trevisini, 1890; 1898; 1929; Novelle – I, Nuoro, Ilisso, 1996); La casa paterna (Milano-Roma, Trevisini, 1890; 1898; 1929; Novelle – I, Nuoro, Ilisso, 1996)], Milano-Roma, Trevisini, 1890 [Mila- no, Trevisini, 1898; 1929; Novelle – I, Nuoro, Ilisso, 1996]. 3 G. DELEDDA, Il cedro del Libano, [II giuoco dei poveri (Milano, Garzan- ti, 1939; Novelle – VI, Nuoro, Ilisso, 1996); Cuori semplici (Milano, Gar- zanti, 1939; Novelle – VI, Nuoro, Ilisso, 1996); Vecchi e giovani (Milano, Garzanti, 1939; Novelle – VI, Nuoro, Ilisso, 1996); La gracchia (Roman- zi e novelle – IV, Milano, Mondadori, 1959); Ferro e fuoco (Milano, Gar- zanti, 1939; Nuoro, Il Maestrale, 1995; Novelle – VI, Nuoro, Ilisso, 1996); Trasloco (Milano, Garzanti, 1939; Novelle – VI, Nuoro, Ilisso, 1996); Caccia all’anatra (Milano, Garzanti, 1939; Novelle – VI, Nuoro, Ilisso, 1996); Il camino (Milano, Garzanti, 1939; Novelle – VI, Nuoro, Ilisso, 1996); L’uccello d’oro (Romanzi e novelle – IV, Milano, Mondado- ri, 1959); L’esempio («La Lettura», Milano, 3, marzo 1936); Il posto (Romanzi e novelle – IV, Milano, Mondadori, 1959); Vento di marzo; La mia amica (Romanzi e novelle – IV, Milano, Mondadori, 1959); La sta- tuetta di sughero; La melagrana (Romanzi e novelle – IV, Milano, Monda- dori, 1959; Nuoro, Il Maestrale, 1995); Agosto felice; Nel mulino; La fuga di Giuseppe (Romanzi e novelle – IV, Milano, Mondadori, 1959); La let- tera (Romanzi e novelle – IV, Milano, Mondadori, 1959); Ornello; Sotto il pino; Il gallo; Il signore della pensione (anche in: Romanzi e novelle – IV, Milano, Mondadori, 1959); Il cedro del Libano; Ballo in costume; Forze occulte; Le bestie parlano («Il Fanfulla della Domenica», Roma, XXXII (25 dicembre 1910), 52; L’angelo («Il Corriere della Sera», Milano, 11 aprile 1936; Romanzi e novelle – IV, Milano, Mondadori, 1959; Nuoro, Il Maestrale, 1995); I guardiani (Romanzi e novelle – IV, Milano, Mon- dadori, 1959); Via cupa (Milano, Garzanti, 1939; Novelle – VI, Nuoro, Introduzione XI sparse pubblicate in differenti fogli, eddomadari e giornali letterari – sono venti le raccolte di novelle scritte e pubbli- cate; un corpus di oltre quattrocento testi, imprescindibile al fine di una valutazione critica complessiva della personalità e dell’opera. Eppure la novellistica pare non abbia incon- trato il favore dei critici che l’hanno, per lungo tempo, incomprensibilmente trascurata o comunque relegata in ambiti di interesse marginali, concedendo solo ai romanzi una valenza estetico-letteraria degna di approfondimento e di studio4.

Ilisso, 1996); Medicina popolare (Romanzi e novelle – IV, Milano, Mon- dadori, 1959)], Milano, Garzanti, 1939 [Novelle – VI, Nuoro, Ilisso, 1996]. 4 Renato Serra rilevò che le novelle «[...] sono di una mediocrità esaspe- rante, con quella monotonia regionale che non arriva neanche ad avere l’evidenza superficiale e chiacchierina del bozzetto di genere». valutò i primi racconti «[...] documenti non inutili per rico- struire la sua formazione, ma, ai fini di un giudizio sulla sua arte, posso- no essere trascurati senza danno». Eurialo De Michelis dedicò alla scrit- trice un importante volume e definì i primi lavori «in tutto di qua dal bene e dal male» e «di bassa e variopinta popolarità o l’uno e l’altro insie- me» le riviste in cui trovavano ospitalità. Emilio Cecchi fu, di quella generazione di critici, uno dei pochi che del raccontar breve ne riconsi- derò il valore: «[…] a mezzo della sua produzione, come chiave di volta, la raccolta di novelle: Chiaroscuro. Di tale raccolta è davvero a dirsi che, in seguito, la Deledda poté riuscire in qualcosa di simile, non di supe- riore». Anna Dolfi definì la novellistica un «infelice genere», evidenzian- done la mediocrità delle pagine se non finanche le fragilità formali di alcune raccolte. Neppure in occasione delle giornate di studio tenutesi a Nuoro nel 1971 e nel 1986 la novellistica ha sollecitato quella attenzio- ne che forse avrebbe meritato. Solo nel 1996 esce, per i tipi dell’Ilisso di Nuoro, la riedizione in sei volumi, curata da Giovanna Cerina, delle rac- colte canoniche. Si vedano a tal riguardo: R. SERRA, Scritti letterari, mora- li e politici. Saggi e articoli dal 1900 al 1915, a c. di M. Isnenghi, Torino, Einaudi, 1974, 433; N. SAPEGNO, Prefazione a G. DELEDDA, Romanzi e Novelle, Milano, Mondadori [coll. «I Meridiani»], 1983, XI; E. DE MICHELIS, Grazia Deledda e il Decadentismo, Firenze, La Nuova Italia, 1938, 16; A. DOLFI, Grazia Deledda, Milano, Mursia, 1979; A.A.V.V., XII DINO MANCA La Deledda inizia il suo variegato e duraturo percorso di formazione a partire dal borgo, in quella temperie cultura- le e morale propria del villaggio e di una civiltà agro-pasto- rale le cui pulsioni primordiali, valori condivisi e tipi umani divengono fonte di ispirazione e oggetto inesauribile di scrittura. Durante il periodo nuorese la giovane scrittrice invia i suoi messaggi ad un mondo lontano e in parte sco- nosciuto. Sono sogni e fantasie, sono i primi acerbi frutti di letture d’appendice assai di moda in quei tempi, che rap- presentano i ripetuti tentativi di una ragazza ‘di provincia’ di presentarsi ad un pubblico lontano. È l’opera di trasfigu-

Convegno nazionale di studi deleddiani, Cagliari, Fossataro, 1974; A.A.V.V, Grazia Deledda nella cultura contemporanea, voll. II, a c. di U. Collu, Nuoro, «Consorzio per la pubblica lettura ‘S. Satta’», 1992. Una rilettu- ra dell’opera fatta con l’ausilio di una strumentazione critica e filologica aggiornata e concepita dentro una rinnovata concezione della fenome- nologia letteraria intesa come sistema integrato della comunicazione – che si fondi cioè non solo sulla produzione ma anche sulla circolazione e ricezione del testo in contesti culturali e situazionali connotati dal poli- centrismo e dal plurilinguismo – potrebbe consentire di riscoprire sotto altra luce quell’universo semantico e antropologico che sottende il mes- saggio deleddiano. Un’analisi sistematica che, pena la sua stessa ragion d’essere, dovrà essere funzionale alla comprensione profonda dell’opera e dell’ambiente in cui essa si è generata e da cui ha attinto la scrittrice nuo- rese; nuove indagini, dunque, incentrate su una personalità singolare, la cui esperienza ha avuto implicazioni molteplici ed ha fornito un contri- buto importante agli studi sulle problematiche della cultura sarda che in questi ultimi anni hanno assunto una particolare rilevanza. Si tratta per- ciò sempre più «di ridefinire l’identità stessa della letteratura italiana e si è giunti alla conclusione che è più corretto accedere ad un modello sto- riografico che decide per la letteratura degli italiani. L’operazione desanc- tisiana dunque, che muoveva da un presupposto teorico unificante che non ammetteva le differenze e che tendeva a non apprezzare la ricchezza, la complessità e le diversità delle varie letterature regionali, oggi non è più proponibile. Si va affermando invece un orientamento critico che nell’ottica della microstoria tende a superare e a modificare la tradizio- nale prospettiva centralista» (N. TANDA, Un’Odissea de rimas nobas. Verso la letteratura degli italiani, Cagliari, Cuec, 2003, 51-2). Introduzione XIII razione in finzione letteraria di un universo peculiare e complesso, di una terra ancora incontaminata che, dentro i suoi monti-protezione, è garanzia di continuità ma, in una certa fase, anche limite, impedimento. Quei primi voli incerti divengono il tentativo di oltrepassare la finestra- limine e proiettarsi nel mondo. L’apprendistato letterario inizia, dunque, da presto, da quando stringe rapporti di col- laborazione con le tante riviste di consumo che in quel periodo proliferano ovunque, in Sardegna e fuori5. Lettrice

5 Quantunque in modo lento e difficoltoso, la scuola si dimostrò fattore rilevante nell’opera di ampliamento dei ceti intellettuali e del pubblico dei lettori. Accanto ad essa risultati niente affatto trascurabili determina- rono i sistemi informativi. Il forte incremento della stampa e il prolife- rare di riviste regionali e nazionali (letterarie, storico-politiche, artistiche, scientifiche) suscitarono a Nuoro e in Sardegna fervore e dibattito. Oltre che straordinarie palestre letterarie, i giornali furono, non meno delle intense relazioni epistolari (nei primi anni si ricordano, tra le altre, quel- le con Stanis Manca e con Angelo De Gubernatis), fondamentali canali comunicativi in grado di catapultare all’interno di un più ampio e fecon- do reticolo di interscambi. Essi divennero gradatamente le fonti princi- pali di vicende, fatti e opinioni d’oltremare: «[…] Figurati tu una ragaz- za che rimane mesi interi senza uscire di casa; settimane e settimane senza parlare ad anima che non sia della famiglia; rinchiusa in una casa gaia e tranquilla sì, ma nella cui via non passa nessuno, il cui orizzonte è chiu- so da tristi montagne: una fanciulla che non ama, non soffre, non ha pensieri per l’avvenire, non sogni né buoni né cattivi, non amiche, non passatempi, nulla infine, nulla, e dimmi come può essa fare a non annoiarsi. I libri...i giornali...il lavoro...la famiglia! I libri e i giornali sono i miei amici e guai a me senza di loro» (Lettera di Grazia Deledda a Epa- minonda Provaglio, Nuoro, 23 febbraio 1892; la lettera si trova pubbli- cata in: M. CIUSA ROMAGNA (a c. di), Grazia Deledda, Cagliari, Poligra- fica Sarda, 1959, 39). Pur nella carenza cronica di istituti associativi, di biblioteche, di canali distributivi, non pochi intellettuali riuscirono ad instaurare rapporti con editori della penisola, grazie al sistema della distribuzione personale. La seconda metà dell’Ottocento vide fiorire un gran numero di periodici. Se fino al 1848 solo ventisei erano le testate sarde, dal 1857 al 1900, su una popolazione di settecentomila abitanti, ne comparvero oltre cento. Nel 1876 uscì a Cagliari il giornale «La Far- XIV DINO MANCA vorace e recettiva colma i limiti del suo autodidattismo for- mandosi sulle opere della migliore letteratura italiana ed europea. Il matrimonio apre la fase continentale, per certi versi inedita e non solo dal punto di vista letterario. Si può dire che essa inizi all’insegna della città-simbolo, Roma, sogno ambito e meta irrinunciabile. Qui approda l’undici aprile del 1900. Il suo orizzonte si allarga, quasi di colpo. Gli anni romani, durante i quali ricerca, trovandoli, input e sollecitazioni molteplici, sperimentando soluzioni estetiche differenti e aggiornando modalità espressive e linguaggi, indiscutibilmente segnano un punto di svolta nella sua maturazione artistica e antropologica6. Entra in contatto falla» di Angelo Sommaruga, primo impegnativo esperimento per dare alla cultura isolana una dimensione non più regionale, ma italiana. Prima di «La Farfalla» altre riviste avevano cercato di operare come punti di rac- colta degli intellettuali isolani. Si ricordano, «La Meteora» (1878-79), «Stella di Sardegna» di Enrico Costa, «Gioventù Sarda» (1876-77), «Vita di pensiero» (1878-79), «Vita Sarda» (1891-93) di Antonio Scano, e «Terra di Nuraghi» di Luigi Falchi. Dal 1888 al 1919, anno di pubblica- zione della novella Il ritorno del figlio, la Deledda scrisse nelle seguenti riviste: «L’Ultima Moda» (Roma), «Il Paradiso dei Bambini» (Roma), «La Sardegna» (Sassari), «L’illustrazione per tutti» (Roma), «Vita Sarda» (Cagliari), «La Tribuna Illustrata» (Roma), «L’Avvenire di Sardegna» (Cagliari), «Boccaccio» (Firenze), «Vita Moderna» (Milano), «Natura e Arte» (Milano), «Il Fanfulla della domenica» (Roma), «Roma Letteraria» (Roma), «Sardegna Artistica» (Sassari), «La Donna Sarda» (Cagliari), «Nella terra dei Nuraghes», «La Donna di Casa» (Roma), «La Piccola Antologia» (Roma), «Rivista per le Signorine» (Milano), «La Ricreazio- ne», (Roma), «La Vita Italiana» (Roma), «Il Corriere della Domenica» (Roma), «La Piccola Rivista» (Cagliari), «La Donna Sarda» (Cagliari), «La Rassegna Nazionale» (Roma), «La Riviera Ligure» (Oneglia), «La Lettura» (Milano), «Sardegna Letteraria e Artistica» (Cagliari), «II Seco- lo XX» (Milano), «La Gazzetta del Popolo» (Torino), «Varietas» (Mila- no), «II Ventesimo» (Genova), «L’Unione Sarda», (Cagliari), «Il Conve- gno», (Cagliari), «Sardegna Giovane» (Sassari), «Ichnusa» (Sassari), «L’E- roica» (La Spezia), «La Grande Illustrazione» (Pescara), «Il Giornale d’I- talia» (Roma), «La Domenica Illustrata» (Milano). 6 L’affinarsi del suo linguaggio «[…] più che nella direzione sensuale e Introduzione XV con i cenacoli di intellettuali e artisti più famosi e stimo- lanti della capitale. Alla sua formazione etica ed estetica, spirituale, intellettuale e umana, concorrono da un lato la solida cultura delle origini (agro-pastorale, sardofona, orale)7, dall’altro la cultura di inappartenenza (urbana, ita- impressionistica della dilagante prosa d’arte, dipende dalla possibilità che l’analisi della percezione offre in quel momento soprattutto ad artisti e pittori. Espressionisti, futuristi e surrealisti, sono in ogni caso, dalla Secessione in poi, gli unici teorici in questo senso. Seguendo la loro lezio- ne estetica la Deledda persegue una forma di narrazione che, pur attra- versando il versante sensuoso e malinconico del linguaggio dannunziano e crepuscolare, si prosciuga di ogni residuo di esaltazione lirica e di enfa- si, per approdare ad una visione tutta nuova della natura e del soggetto. La struttura della sua comunicazione narrativa si rinnova e diviene origi- nale. Ha sul lettore una straordinaria presa perché produce un flusso di emozioni primitive e intense. È funzionale ad una visione del mondo destrutturata dagli schemi percettivi tradizionali e rinnovata dalle ricer- che sull’arte dei primitivi propria della Secessione e dall’elaborazione di un universo di segni diversamente orientato. La visione antropologica e linguistica del mondo muta e non poggia sull’asse eurocentrico tradizio- nale» (N. TANDA, Dal mito dell’isola all’isola del mito. Deledda e dintorni, Roma, Bulzoni, 1992, 49-50). 7 «[…] il porco, rovesciato in terra, impotente a muoversi, sente il peri- colo e urla; ma l’uomo gli affonda il ferro nel punto preciso del cuore, e non una stilla di sangue accompagna l’agonia della vittima. Poi arde il rogo, in mezzo al cortile, e i due uomini vi dondolano su, come in un giuoco di giganti, l’animale morto; arde il suo pelame irto ancora di dolore, e il fumo appesta i dintorni, richiamando sulla cresta del muro del cortile le faccette diaboliche di tutti i monelli della contrada. Una cena quasi dantesca si svolge adesso intorno alla vittima, che viene rapi- damente raschiata del pelame abbrustolito, poi spaccata dalla gola all’in- guine: sgorgano le viscere fumanti, che vengono versate in un lacre, il grande recipiente di legno che serve anche per l’innocente manipolazio- ne del pane; viene scolato il sangue; un solo viscere è lasciato per ultimo, nella voragine ardente del grande ventre vuotato: è il fegato […] E c’è, sì, chi lo morde: una delle signorine la prima; l’esempio è imitato; le pre- ghiere le urla dei ragazzi perché sia permesso anche a loro il rito sembra- no quelle di figli di guerrieri. E, invero, la cerimonia ha un significato epico: poiché la bocca che morde il fegato ancora caldo di una vittima XVI DINO MANCA liana, scritta). Queste due componenti preparano il terreno – non senza difficoltà, interferenze e contraddizioni – per le opere più mature, soprattutto dopo la lenta evoluzione che si compie a Roma nel vivace ambiente di casa Cena8. La prima raccolta di novelle è Nell’azzurro, un volumetto destinato a un pubblico giovane, insignificante per la bana- lità dei temi e la semplicità dei procedimenti scritturali, ma utile «per sorprendere i primi passi, le fantasticherie e i sogni della scrittrice esordiente»9. Seguono, nella prima fase, numerosi altri esercizi letterari pubblicati su rivista o raccolti in volume10. Le trame di questi componimenti generalmente rispondevano alle esigenze del racconto d’ap- pendice che doveva colpire l’immaginazione dei lettori con intrighi, amori, fughe, agguati, travestimenti e con l’agni- zione, il riconoscimento finale che scioglie tutti i nodi del- l’intreccio11. Si trattava di una narrativa di largo consumo la non conoscerà mai il gemito della viltà. Così, tante volte, quando ho pie- gato il viso sulla voragine sanguinante della vita, ho ricordato il curioso rito degli antichissimi avi […]» [G. DELEDDA, Ferro e fuoco (in: Il cedro del Libano, Milano, Garzanti, 1939; Nuoro, Il Maestrale, 1995), in Novelle–VI, Nuoro, Ilisso, 1996, 157-8]. 8 A Roma Angelo De Gubernatis la presenta ai suoi amici e la introduce nell’ambiente letterario romano. Nella capitale inizia la collaborazione alle riviste di maggior prestigio, in particolare a «La Nuova Antologia», della quale è redattore Giovanni Cena. Gli amici della scrittrice costitui- scono la punta avanzata della cultura romana di quegli anni; si tratta dei poeti e degli scrittori simbolisti e dei pittori e degli artisti della Secessio- ne: Celli, Marcucci, Aleramo, Prini, Cambellotti, Severini, Boccioni, Balla, Corazzini, Moretti. La formazione antropologica ed estetica della Deledda si compie e si consolida frequentando questi gruppi. 9 G. CERINA, Prefazione a G. DELEDDA, Novelle – I, Nuoro, Ilisso, 1996, 8. 10 Le novelle scritte e pubblicate sino al 1919 anno di pubblicazione de Il ritorno del figlio sono riportate in bibliografia. 11 Di taglio feuilletonistico è la novella Il bambino smarrito. La trama, sentimentale e di destino, è segnata dall’evoluzione degli avvenimenti che coinvolgono il personaggio protagonista, il quale, dopo una serie di cir- costanze incombenti e fatali, recede dalle sue iniziali sofferte decisioni Introduzione XVII cui destinazione a un pubblico ampio, eterogeneo e com- posito, non poteva non avere implicazioni sulle modalità stesse di costruzione degli intrighi. Perciò gli autori tende- vano ad impossessarsi di particolari tecniche narrative pen- sate per catturare e mantenere viva l’attenzione del destina- tario con scene di intensa pateticità e di forte impatto emo- tivo12. Non sempre nella prima fase del suo artigianato lettera- rio, segnato da un acerbo sperimentalismo, la scrittrice rag- giunge risultati convincenti. Non mancano, infatti, fragilità formali e ingenuità contenutistiche, figlie naturali del suo demone e del suo sbrigliato autodidattismo. Ciononostan- te è pur vero che le continue letture di opere di autori ita- liani e stranieri, il caparbio e indefesso tirocinio narrativo (‘nulla dies sine linea’), l’affinamento estetico e stilistico e il continuo aggiornamento di modalità tecnico-compositive, modificando atteggiamento e attitudini comportamentali. A tal riguardo si veda: G. DELEDDA, Il bambino smarrito [«La Piccola Rivista», Caglia- ri, I (11 dicembre 1899), 23-24, con il titolo L’ostacolo], in La regina delle tenebre [Torino, Origlia, 1892; Milano, Giacomo Agnelli, 1902], in Novelle – II, Nuoro, Ilisso, 1996, 31-45. 12 La prima novella della raccolta Nell’azzurro, dal titolo Vita Silvana, ini- zia, ad esempio, una volta che gli avvenimenti che costituiscono una parte della fabula hanno già avuto inizio. Dopo quattordici microse- quenze – incentrate sul mistero dell’identità di una bambina smarrita, Cicytella (dal sardo Cicita, diminutivo di Francesca) – inizia il recupero regressivo completivo gestito esclusivamente dal narratore onnisciente fino alle ultime due unità funzionali che riportano all’adesso narrativo. Vita Silvana è una novella d’intrigo, proprio perché, come le novelle clas- siche ruota su un fatto o un personaggio (Cicytella e il suo rapimento) e perché si caratterizza per la sua struttura d’intreccio. Il racconto prende spunto dalla descrizione di un particolare tipo umano che è la causa, diretta e indiretta, che muove il racconto. Prevale il discorso narrativiz- zato e il racconto non focalizzato, nonostante, anche per ragioni di suspense, si trovi qualche esempio di parallissi e di focalizzazione interna variabile. A tal riguardo si veda: G. DELEDDA, Vita Silvana, in Nell’az- zurro, Novelle – I…, 29-64. XVIII DINO MANCA la conducono gradatamente, già a partire dalle prime rac- colte, a livelli di maturità artistica sempre più incoraggian- ti e lusinghieri fino a sillogi di significativa valenza estetico- letteraria come La casa del poeta, Il dono di Natale e La vigna sul mare13.

La fabula-tipo della novella di intrigo si struttura secon- do un modello prevalentemente triadico. La situazione ini- ziale è in stato d’equilibrio sino a quando non interviene un fattore nuovo (complicazione) che la altera profondamente. Dopo varie peripezie la complicazione è rimossa e si torna all’equilibrio iniziale14. Si tratta ovviamente, soprattutto nella prima produzione, di modelli semplici. Quanto più forti sono i contrasti tra i personaggi tanto più cresce la ten- sione che, a sua volta, si evolve nel corso del racconto, fino a raggiungere un massimo (spannung) che cade di solito poco prima dello scioglimento. Cosicché i due modelli ari- stotelici (diadico e triadico) possono anche essere unificati

13 G. DELEDDA, La casa del poeta, Milano, Treves, 1930 [Milano, Mon- dadori, 1956; Romanzi e novelle – V, Milano, Mondadori, 1969; Novelle – V, Nuoro, Ilisso, 1996]; Il dono di Natale, Milano, Treves, 1930 [Mila- no, Mondadori, 1956; Novelle – V, Nuoro, Ilisso, 1996]; La vigna sul mare, Milano-Roma, Treves-Treccani-Truminelli, 1932 [Romanzi e novelle – III, Milano, Mondadori, 1959; Novelle – V, Nuoro, Ilisso, 1996]. 14 La struttura tematica di Vita Silvana, per rimanere nell’esempio, si arti- cola in tre fondamentali unità di contenuto narrativo. Uno spunto d’av- vio (rappresentazione di un evento) con progetto (rapimento di Luisina) – che altera la situazione di partenza (amore e matrimonio di Giacomo e Fosca) –, uno sviluppo, che consiste nel racconto delle conseguenze e degli eventi successivi a ciò che ha mosso l’azione e delle operazioni com- piute da uno o più personaggi (Bastiano, Azzo, Giacomo), per favorire la realizzazione di un obiettivo (ritrovamento e scoperta dell’identità di Cicytella o Luisina), una conclusione, consistente nel raggiungimento di una nuova forma di equilibrio e nel ristabilimento della situazione ini- ziale. Introduzione XIX nel triangolo dialettico: esordio (tesi), spannung (antitesi), scioglimento (sintesi)15.

15 Architettura diegetica a struttura triadica troviamo, ad esempio, nella novella Le due giustizie. Incentrata sulle disgrazie del protagonista debo- le e inesperto che si riscatta alla fine di una serie di disavventure, l’im- palcatura tematica si sorregge sui motivi tipici della narrativa deleddiana quali quelli della giustizia (umana e divina), dell’infrazione (o presunta tale), dell’espiazione e della redenzione. Il personaggio, indissolubilmen- te legato all’universo antropologico a cui appartiene, è il centro focale della storia. La sfera pragmatica in cui è coinvolto e il processo evolutivo di cui è suscettibile in quanto vittima delle circostanze, costituiscono il filo rosso che tiene l’intera vicenda. Quirico Oroveru, soprannominato Barabba, «da una volta che aveva rappresentato questo personaggio in una sacra rappresentazione», è un taglialegna abusivo e analfabeta, «più povero degli stessi mendicanti», che un giorno trova sotto un cespuglio il portafogli di Saturnino Solitta, il più ricco del paese, assassinato poco tempo prima mentre rientrava da Cagliari, lì dove era stato per affari. Il buon uomo confida tutto all’amico il quale incautamente lo convince a riscuotere i soldi di uno degli assegni ritrovati. Il destino cinico e baro vuole, però, che in una bottega di Nuoro Barabba venga scoperto e arre- stato con l’infamante accusa di omicidio. Illuso «che bastasse dir la verità per essere creduto» e tradito dall’amico che non testimonia a suo favore, il credulone viene così condannato ai lavori forzati a vita. Tradotto nelle patrie galere (la lontananza del luogo – tòpos deleddiano – è prova di redenzione e di espiazione) e resosi amaramente conto di essere vittima dell’ingiustizia degli uomini, il malfatato invoca la giustizia divina. Le due giustizie, appunto. Dopo molti anni di reclusione ecco accadere l’i- nimmaginabile. Barabba stringe amicizia con un vecchio galeotto di nome Pretu il quale, fra le tante cose, gli parla di un tesoro nascosto. Nel mentre il vero assassino di Solitta, vinto dal rimorso, confessa la sua col- pevolezza e Oroveru è finalmente libero. Al momento della partenza Pretu gli rivela il luogo in cui è nascosto il tesoro e dopo qualche tempo, in un boschetto di pioppi e durante una notte di stelle, Zio Barabba «s’inginocchiò e cominciò a zappare pauroso, in quell’infinito silenzio solitario, dell’unico rumore ch’egli stesso produceva. La terra umida, nera, odorosa, veniva fuori, riversandosi sulle ginocchia del vecchio che si curvava sempre più. Alla fine la piccola zappa fece un suono metalli- co, incontrando un corpo duro. Zio Barabba sprofondò il braccio, toccò l’ansa della brocca, poi continuò a scavare con ardore selvaggio, e dopo un poco la brocca fu fuori. Egli la scosse. Drin, drin, drin, fecero dentro, XX DINO MANCA Il lavoro di estrapolazione della fabula consente di accla- rare altri aspetti, alcuni da essa indipendenti, altri invece ad essa connessi. Nell’ambito delle istituzioni narrative, per quanto concerne le fonti di emittenza prevale il tipo di nar- ratore onnisciente, extradiegetico ed eterodiegetico, che non di rado stabilisce un rapporto di complicità col narra- tario. Le sue due principali funzioni, oltre la narrativa (che si rapporta al cardine proairetico o delle azioni) sono l’eti- co-ideologica e la comunicativa (o fàtica, propria del narra- tore conversatore di tradizione orale). È la voce narrante che preferibilmente regola il flusso prospettico alternando l’on- niscienza del racconto classico al racconto a focalizzazione interna fissa, soprattutto quando adotta il punto di vista del personaggio e dice solo ciò che questi può sapere e vedere. La pellicola comunicazionale e segnica di alcune novelle, soprattutto del periodo romano, si caratterizza per il sapien- te intreccio a livelli diversi dei differenti codici culturali e strutturali (cronotopici, proairetici, semico-simbolici) con esiti estetico-compositivi apprezzabili. In non pochi rac- conti dell’età più matura, ad esempio, la prosa si articola in le monete. Allora egli si segnò, e col viso sollevato al cielo ringraziò la misericordia divina. Sembrava un vecchio selvaggio in adorazione della luna». L’ordine di successione degli avvenimenti della storia, così come sommariamente vengono qui riportati, non differiscono dall’ordine di disposizione che gli stessi hanno nel discorso narrativo. Peraltro la dura- ta temporale del racconto è intervallata da frequenti accelerazioni ellitti- che (esplicite e implicite) che concorrono a scandire a loro volta le diver- se sequenze narrative, qui intese come unità di contenuto diegetico. La voce narrante, esterna alla storia, regola il flusso prospettico alternando l’angolo di visuale illimitato tipico dell’onniscienza classica a focalizza- zione zero alla narrazione a focalizzazione interna fissa. Significativo ci sembra il riscontro, tutto narrativo, della vicinanza morale, intellettuale ed emotiva del narratore (e/o autore implicito?) al protagonista, vittima di angherie e soprusi. Personaggio che egli compatisce ed assolve. A tal riguardo si veda: G. DELEDDA, Le due giustizie, in La regina delle tenebre, Novelle – II…, 46-58. Introduzione XXI sequenze brevi, ben calibrate, godibili, con pause descritti- ve magistralmente incastonate nella intelaiatura diegetica di fondo, compresenti o alternative alle unità discorsive e d’a- zione, con sommari, scene e soluzioni ellittiche sapiente- mente dosate e orientate – grazie agli effetti di rallenta- mento, arresto e accelerazione – a cadenzare il ritmo e la velocità temporale dell’avventura. Nella lievitazione della scrittura deleddiana sono chiara- mente percepibili le suggestioni e le influenze derivanti da un’intertestualità ampia e stratificata che, a partire dal siste- ma segnico e culturale nuorese, è tutta volta ad estendere sempre più il respiro narrativo della scrittrice e ad accresce- re, aumentando e affinando la sua estrosa versatilità, le mol- teplici possibilità di opzione stilistica. La significativa com- presenza di differenti tipologie formali e di strutture super- ficiali di genere, che si avvalgono per esistere di altrettanta varietà di soluzioni tecnico-espressive e linguistiche, fa della produzione novellistica un vero esempio di sostrato mag- matico letterario ricco di istanze genetiche profonde. Den- tro tale palestra compositiva – segnata, come detto, dalla ricerca e dallo sperimentalismo – si trovano, ad esempio, i racconti attinti dal ricco serbatoio della tradizione orale sarda (sos contos), le atmosfere da racconto gotico, i model- li propri della novella d’avventure, d’ambiente – in cui gli esistenti sono strettamente legati all’universo antropologico a cui appartengono, rimanendone quasi condizionati nel comportamento e nelle scelte essenziali – della novella sati- rica e fantastica, di quella a sorpresa o di suspense. In questa ampia gamma di soluzioni narrative, la scrittri- ce si cimenta con possibilità combinatorie diverse, per ricreare architetture e tessiture sempre nuove capaci di avvincere e legare a sé il lettore: dalle impalcature diegetiche tipiche del racconto nel racconto (con cornice)16, al doppio

16 Novella attinta dal serbatoio della tradizione orale sarda e che si strut- XXII DINO MANCA racconto con doppia fonte di emittenza narrativa, all’in- treccio a incastro – con struttura temporale complessa, puntellata di anacronie e distorsioni temporali – oppure concentrico, circolare, a spirale, sino alla linearità fabulisti- ca propria della novella-fiaba. In altri componimenti ci si trova, invece, dinanzi a una non trascurabile caratterizzazione dell’orientamento e a una spiccata valorizzazione del breve episodio, della scena mino- re e del bozzetto descrittivo; sequenze queste che, non tro- vando posto nello schema compositivo della fabula, a volte alterano oltremodo l’equilibrio cronotopico fino quasi al parossismo e alla deflagrazione dell’intrigo, fondando su ciò gran parte della loro attrattiva. Un esempio di doppio racconto con doppia fonte di emittenza narrativa è la novella d’intreccio Di notte, la prima della raccolta Racconti sardi17. Scritta nel 1892 e pub- tura secondo le modalità del racconto nel racconto con una sorta di breve cornice iniziale (anche se in un caso si tratta di una leggenda narrativiz- zata dal narratore di primo grado) è La dama bianca. Il primo narratore, rappresentato e testimone, interrompe il fluire della diegesi principale (funzionale solo a introdurre le narrazioni che seguiranno) per innestarvi o fagocitarvi, quasi a mo’ di matrioska, altre microstorie che si muovono su piani temporali differenti e che della storia principale ne costituiscono il paradigma. In un caso su due il passaggio dal primo al secondo rac- conto avviene in forma trasposta, senza sintagmi di legamento, nel senso che la fonte di emittenza rimane comunque quella del narratore di primo grado, il quale, pur non rinunciando alla funzione testimoniale e di regia, trasferisce con intento mimetico al primo destinatario una storia appresa da altra fonte (un vecchio capo famiglia di nome Salvatore). Alle voci nar- rative che si intersecano (extradiegetiche ed intradiegetiche con testimo- ni indiretti o implicati nelle vicende), specularmente corrispondono altrettante figure del narratario (un destinatario sempre rappresentato e uditore che rimanda ad un narratore orale). A tal riguardo si veda: G. DELEDDA, La dama bianca [«Il Fanfulla della Domenica», Roma, 29 gen- naio 1893; Racconti sardi, Sassari, Dessy, 1894; Firenze, Quattrini, 1913], in Racconti sardi, Novelle – I, Nuoro, Ilisso, 1996, 154-63. 17 Raccolta che inaugura la rassegna delle novelle a tematica sarda: G. Introduzione XXIII blicata su «Natura ed Arte» con il titolo Gabina, dal suo testo fu tratto nel 1921 il dramma pastorale La grazia (con Claudio Guastalla e le musiche di Vincenzo Michetti) e nel 1929, per la regia di Aldo De Benedetti, un’opera filmica. La fanciulla Gabina, durante una notte di tempesta, divie- ne suo malgrado e all’insaputa di tutti spettatrice, in una domo barbaricina rischiarata di luci caravaggesche, di una sorta di processo rusticano. Un processo intentato dalla famiglia della madre, Simona, contro il padre naturale reo di aver dieci anni prima abbandonato la sua donna. Gabi- na, Simona e il padre naturale Elias sono la causa, diretta e indiretta, che muove il racconto; la prima in quanto figlia della colpa, la seconda perché vittima del tradimento e del- l’abbandono e il terzo in quanto responsabile del danno e

DELEDDA, Racconti sardi [Di notte («Natura ed Arte», Milano, 1 settem- bre 1892, con il titolo Gabina; Racconti sardi, Sassari, Dessy, 1894; Firenze, Quattrini, 1913; Versi e prose giovanili, Milano, Virgilio, 1972; Novelle – I, Nuoro, Ilisso, 1996); Il mago («La Tribuna Illustrata», Roma, 28 giugno 1891; Racconti sardi, Sassari, Dessy, 1894; « di Capo d’Anno», II, 1, suppl. al n. 8; «La Riviera Ligure», II serie (1906), 86, Genova; Firenze, Quattrini, 1913; Novelle – I, Nuoro, Ilisso, 1996); Ancora magie (Racconti sardi, Sassari, Dessy, 1894; Firenze, Quattrini, 1913; Novelle – I, Nuoro, Ilisso, 1996); Romanzo minimo («Boccaccio», Firenze, 31 luglio-1 agosto, 1892; «L’Ultima Moda», Roma, 25 settem- bre-2 ottobre, 1892; Racconti sardi, Sassari, Dessy, 1894; Firenze, Quat- trini, 1913; Novelle – I, Nuoro, Ilisso, 1996); La dama bianca («Il Fan- fulla della Domenica», Roma, 29 gennaio 1893; Racconti sardi, Sassari, Dessy, 1894; Firenze, Quattrini, 1913; Novelle – I, Nuoro, Ilisso, 1996); In sartu (Nel salto) («Roma Letteraria», Roma, 5 luglio 1893; Racconti sardi, Sassari, Dessy, 1894; Firenze, Quattrini, 1913; Novelle – I, Nuoro, Ilisso, 1996); Il padre («Sardegna Artistica», Sassari, 10, 17 settembre 1893; Racconti sardi, Sassari, Dessy, 1894; La regina delle tenebre, Mila- no, Agnelli, 1902, con il titolo I primi baci; Firenze, Quattrini, 1913; Novelle – I, Nuoro, Ilisso, 1996); Macchiette («Vita Moderna», Milano, 7 agosto 1892; Racconti sardi, Sassari, Dessy, 1894; Firenze, Quattrini, 1913; Versi e prose giovanili, Milano, Virgilio, 1972; Novelle – I, Nuoro, Ilisso, 1996)] Sassari, Dessy, 1894 [Novelle – I, Nuoro, Ilisso, 1996]. XXIV DINO MANCA artefice della propria infelicità. La narrazione, dopo una serie di eventi, di rivelazioni e di complicazioni, perviene ad una forma di equilibrio sciogliendosi con un evento tanto inatteso quanto provvidenziale. L’‘imputato’, infatti, dopo essere stato condannato a morte dalla famiglia ‘disonorata’, viene alla fine graziato e liberato. La durata prevede un inci- pit con effetto di rallentamento proprio dei racconti anali- tici, seguito da una parte scenica nella quale viene rappre- sentato – con tinte forti, chiaroscurali e mimetiche – il ser- rato dialogo fra i sei personaggi di questa tetra tragedia rusticana (Simona, Elias, Simone, Tanu, Pietro, zio Tottoi). A un certo punto s’innesta il racconto secondo (vero e pro- prio racconto nel racconto) la cui esplicazione si dà secon- do la modalità del processo rimemorativo, ossia attraverso il recupero regressivo attuato dal personaggio autodiegetico (Elias) che diventa narratore di secondo grado. Una sorta di racconto-sommario sostenuto da un buon ritmo narrativo, fatto di accelerazioni, rallentamenti scenici e rapide pause descrittive18. Sulla montagna19 è, invece, un esempio di bozzetto idilli- co dai tratti arcadici e dai tocchi rapidi e vivaci, dove tutto si addentella chiassoso entro un quadro di incontaminata bellezza: la montagna, i suoi boschi, i sentieri tortuosi, i profumi, le aperture di orizzonte. La descrizione è pittorica, a tratti oleografica, manierata e convenzionale, a tratti imbevuta di un lirismo suggestivo e ridente. La percezione

18 L’evocazione a posteriori si rileva sia quando Elias racconta al suo ristretto uditorio come e perché abbia abbandonato Simona, sia attra- verso il confronto dialogico con gli altri personaggi che interloquiscono con lui entrando nel processo comunicativo. L’analessi è, quindi, esterna e omodiegetica, basata sulla stessa linea contenutistica del racconto primo, e completiva nel senso che colma un’omissione provvisoria che il lettore apprende solo dal racconto di Elias. La chiusa, ovverosia il ritor- no al racconto primo, è tutta scenica. 19 G. DELEDDA, Sulla montagna, in Novelle – I…, 65-9. Introduzione XXV è totale (visiva, uditiva, olfattiva) e totalizzante. Come avviene per altre novelle il lettore sembra assistere alla con- templazione tardoromantica di un microcosmo carico di emozioni e suggestioni incantatorie con processi di antro- pomorfizzazione degli elementi naturali. Il paesaggio si dispiega nella sua molteplicità di forme e di colori; forme colte nella loro simultaneità, proposte in rassegna attraver- so un unico punto ottico e prospettico. Verrebbe quasi da parlare, in questa prima produzione, di descriptio a preva- lente funzione ricognitiva ed esornativa, se non fosse che l’orientamento vettoriale e il linguaggio spaziale non stabi- liscano altresì dei percorsi di senso, quasi simbolici20:

[…] Ad est, prima di ricominciare il bosco, vi è ancora un campo di pietre aride, un pozzo, una capanna rovinata e massi, sempre massi di granito; poi, in fondo, all’ultimo limite dell’orizzonte, quasi velata dall’immensa lontanan- za, una linea pura, disegnata sul confine dei cielo; una linea che azzurreggia mollemente col colore glauco senza riflessi. È il Mediterraneo!21

Racconto articolato e complesso per struttura tematica e sviluppo narrativo è, inoltre, La giumenta nera22. La novella, farraginosa per le tortuose modalità compositive dell’intrec- cio – infarcito oltremisura di motivi liberi, svincolati dalla storia (come le digressioni e le descrizioni circostanziali e completive che sospendono il corso del tempo e dilatano, sminuzzandolo, il racconto nello spazio) – presenta tuttavia, e quasi per le stesse ragioni, non pochi elementi d’indubbio

20 Il Mediterraneo come frontiera, come confine desiderato e anelato (verso est, verso Roma?). Un orientamento orizzontale di sogno e di spe- ranza si distingue da uno verticale, di viaggio e di espiazione. Tutto il bozzetto è inoltre attraversato da alcuni temi archetipici, connessi con gli elementi cosmici primordiali (aria, acqua, terra, fuoco). 21 G. DELEDDA, Sulla montagna, in Novelle – I…, 66-7. 22 G. DELEDDA, La giumenta nera, in Novelle – II…, 59-92. XXVI DINO MANCA interesse. Bellia e Ghisparru, servi di Antonio Dalvy, ricco e stimato mercante di giumente e puledri, un giorno incon- trano il vecchio Giovanni Battista, «figlio di Dio e di S. Antonio»23, custode di una chiesa campestre fatta edificare in onore al Santo suo omonimo da una dama liberata dai demoni. Appreso dal vecchio che egli è proprietario di una giumenta nera ricevuta in regalo un anno prima da un ricco signore – «che è sardo, ma vive in terraferma anzi fuori del regno (forse era il Marchese di Mores)»24 – e che, volendo, essa può essere acquistata, i due servi rientrano nel vicino vil- laggio e informano il padrone. L’indomani, una volta defi- nito il negozio, Giovanni Battista con un pretesto si apparta con Antonio Dalvy e gli chiede di cambiargli con del dena- ro nuovo una somma di biglietti vecchi:

[…] Alla fine furono tutti all’ordine. Antonio Dalvy partì per il primo, col suo ombrello verde aperto – poi s’avvia- rono i servi, a piedi, tirandosi dietro la giumenta nera pic- chiettata di bianco. La povera bestia si ribellava alquanto, gettava la testa all’indietro, scuoteva la coda: pareva sen- tisse la fine della sua libertà. E zio Juanne Battista rimase solo, all’ombra del portone, davanti al grande paesaggio verde, fiorito e solitario.25

A questo punto la dispositio sintattico-narrativa si compli- ca un po’ nel senso che il paradigma delle unità funzionali (unità fin lì sgranate generalmente secondo un ordine logi- co-cronologico) subisce una soluzione di continuità tempo- rale di tipo ellittico che determina una falla diegetica con effetto di sospensione, perfino intrigante ai fini del raccon- to-enigma se non fosse però che l’anacronia, nell’assetto

23 Così erano chiamati a Nuoro i figli nati da unione illegittima (G. DELEDDA, La giumenta nera, in Novelle - II…, 62). 24 G. DELEDDA, La giumenta nera, in Novelle…, 63. 25 G. DELEDDA, La giumenta nera, in Novelle…, 67. Introduzione XXVII generale del racconto, polverizzi oltremodo l’azione com- plicante relegandola in sede di epilogo e risoluzione. Essa infatti riemerge dall’oblio narrativo solo alla fine dell’in- treccio attraverso un recupero regressivo di tipo dialogico che satura l’omissione e ricostruisce i tasselli della vicenda. La storia, quindi, a un certo punto sembra deflagrare e per- dersi nei mille rivoli delle unità di contenuto descrittivo autonome, non essenziali ai fini della fabula. Alla luce della più volte ribadita organicità dell’opera let- teraria, secondo cui i caratteri formali in stretta connessio- ne con i piani di contenuto costruiscono il senso globale del testo e ne determinano la sua identità semantica, va da sé che la palestra compositiva non poteva, nella vasta gamma di soluzioni poste in essere nel telaio narrativo dalla scrittri- ce sarda, non comprendere anche l’aspetto dell’orditura tematica: dalla trama di destino a quella di personaggio e di pensiero, dalla trama d’azione, propria del racconto d’enig- ma, strutturato attorno a un mistero e al suo disvelamento, alla trama melodrammatica e sentimentale, dalla trama di prova a quella di maturazione o di degenerazione. Un racconto di avventura e prova insieme, il cui titolo rinvia a una novella di Cechov è, ad esempio, Una terribile notte26. La trama è d’azione in quanto si struttura attorno a una serie di difficoltà e di imprevisti da superare, mentre

26 G. DELEDDA, Una terribile notte, in Nell’Azzurro, Novelle – I, Nuoro, Ilisso, 1996, 75-94. Un giorno di ottobre, in uno stazzo della Gallura, un padre manda il proprio figlio, Ardo, in un villaggio vicino per comprare una forma di cacio. Ardo promette prudenza ma, arrivato al borgo e comprato il formaggio, anziché intraprendere subito la via del ritorno si attarda a giocare sino al tramonto. Sopraggiunta la notte egli è costretto a cercare ospitalità. Da questo momento in poi il fanciullo è vittima di una serie di disavventure, di beffe e di vicende terribili che lo faranno pentire in ultimo di aver disobbedito al proprio padre. Dopo una serie di eventi inattesi e di azioni concitate, si perviene al ristabilimento della situazione iniziale e al raggiungimento di una condizione di equilibrio. XXVIII DINO MANCA per il protagonista è di prova, espiazione e formazione insie- me. Il caso dissemina nel cammino del protagonista, Ardo, responsabile di un’infrazione (disobbedienza), una serie di circostanze difficili (tentazioni, ostacoli, pericoli) con esito problematico, dalle quali alla fine esce indenne. Egli, ine- sperto e ingenuo, ripara scontando la propria colpa con prove severe e dopo alterne vicissitudini (espiazione). Gra- zie a tali eventi purificatori conclude, patendo e soffrendo, il suo percorso simil dantesco («per la piccola ma dirupata china») di lenta e graduale maturazione (colpa – nemesi – purificazione – lieto fine). È probabile che la scrittrice abbia guardato, tra i modelli intertestuali, anche alla novella Andreuccio da Perugia. Non trascurabili risultano essere, infatti, le analogie strutturali (la stessa trama di formazione) e i motivi condivisi (il vaga- bondare, la discesa nella tomba, l’anello). Clamorosa per altro, in questa come in altre novelle, l’evidenza di un sostrato fiabesco. Le funzioni nell’asse sintagmatico sono quelle caratteristiche della fiaba: allontanamento (Ardo si allontana dallo stazzo per andare al villaggio e per compra- re il cacio); divieto-infrazione (Ardo, restando oltre il tempo stabilito al villaggio, contravviene ad un ordine impartitogli dal padre = disobbedienza); tranello (Ardo è vittima di una burla perpetrata da tre donne in una casa di campagna); persecuzione (Ardo è chiuso prima nella tomba, poi nella botte); danneggiamento (le tre donne sot- traggono il cacio al fanciullo); situazione iniziale (rientro allo stazzo). Le possibilità di combinazione del rapporto fabula-intreccio si riducono all’opzione strutturale più sem- plice che predilige, in un parallelismo perfetto senza altera- zioni o distorsioni dell’ordine temporale, il naturale e irre- versibile fluire degli eventi in conformità all’architettura canonica delle favole27. Anche l’anello (come in Capuana e

27 La libera dinamica del discorso segue la successione logico-cronologica Introduzione XXIX Afanasjev) richiamerebbe la tradizione fiabesca, sebbene qui la sua funzione sia diversa: non mezzo magico, ma sempli- ce strumento di salvezza. Quadretto d’ambiente, familiare e idillico, ambientato nella Sardegna di fine Ottocento e incentrato sulle vicende di una famiglia nuorese benestante, di prinzipales, si trova invece nella novella I Marvu28. Racconto sostenuto da una degli avvenimenti. Nella struttura segnica prevalgono le unità funziona- li pragmatiche che riguardano i processi che dinamizzano la storia. Di un certo interesse è la rappresentazione scenica resa efficace da un ritmo nar- rativo sostenuto che corre via senza impaccio. La narratio è intervallata da alcune pause descrittive orientate dal narratore eterodiegetico e da qualche ragguaglio riassuntivo. Il racconto ricorda altresì modalità rap- presentative vicine al componimento gotico (con influenze della novella satirica e fantastica). La storia, calata dentro cornici ambientali pervase di sinistra suggestione, è sostenuta da una particolare tecnica espositiva volta a creare suspense (con focalizzazione sul personaggio nei momenti cruciali, senza anticipazioni del narratore e atmosfere preparatorie). La descrizione spaziale si connota per sinistri effetti chiaroscurali e per le significative contrapposizioni cromatiche (rosso-nero; giallo-nero). Rac- conto popolato di fantasmi (bobbois) e animato da una fauna belluina multiforme (gatti, cinghiali, diavoli con gli occhi iniettati di sangue) che si muove in scenari notturni, Una terribile notte catapulta il lettore in atmosfere cupe e angoscianti (crepuscoli, cortinaggi di nuvole, oscurità), fatte di esseri orribili, di presenze e profili inquietanti (diavoli, sepolti vivi, apparizioni, banditi), di profanazioni – al limite del sacrilegio – di luoghi sacri e tombe. L’intreccio, il cui sviluppo è ricco di colpi di scena, si configura come un incubo che si rigenera e dal quale sembra non ci si possa destare. Un racconto che, fra urla strazianti, risa infernali, sinistri rintocchi, luci tremule e misteriosi suoni trasportati dal vento, appare nondimeno intriso di fobie ancestrali: della morte, del buio, dei luoghi chiusi, degli anfratti tenebrosi, dei fantasmi, dei tuoni e dei lampi. Novella che, tuttavia – e qui sta la pennellata satirica, di derivazione del racconto di burle e di scherzi – a tratti si stempera per taluni risvolti comici legati ai comportamenti bizzarri e paradossali del suo protagoni- sta e alla risibile performance di altri attori secondari (un esilarante esem- pio riguarda l’episodio della burla del cacio sottratto e dei banditi che fuggono credendo di avere dinanzi il diavolo). 28 G. DELEDDA, I Marvu [«Rivista per le Signorine», Firenze, 15 maggio XXX DINO MANCA narrazione movimentata e vivace, caratterizzato dalla messa in scena, non priva di forti accentuazioni mimetiche soprat- tutto nelle parti dialogiche, di una umanità multiforme («il piccolo gregge»), diversificata per età, sesso e condizione sociale (sorelle, cognati, zii e nipoti, bambini e studenti, padroni, servi e fantesche), calata a sua volta dentro un fascio di relazioni differenziali, per somiglianza e opposizio- ne, e colta significativamente entro una complessità di rap- porti fatti di antagonismo e conflitto, ovvero di dipenden- za, attrazione e solidarietà; relazioni – fattuali e sentimenta- li – intercorrenti fra personaggi comunque inestricabilmen- te legati all’ambiente solido e protettivo della casa e della famiglia in quanto dipendenti tutti da una sorta di mater familias forte e risoluta (Donna Martina Marvu), che inau-

1895; «L’Unione Sarda», Cagliari, aprile 1898, con il titolo Una sera d’in- verno; Firenze, Quattrini, 1916; Sesto San Giovanni, Madella, 1917], in Le Tentazioni [Milano, Cogliati, 1899], Novelle – I, Nuoro, Ilisso, 1996, 259-78. Novella convincente da un punto di vista formale, soprattutto per le sue calibrate descrizioni, venate di un lirismo intenso e vibrante e sostenute da un linguaggio più sorvegliato e maturo, è il secondo com- ponimento della raccolta dal titolo Un piccolo uomo. Il racconto prende l’abbrivo in medias res, quando gli avvenimenti della fabula hanno già avuto inizio. Cassio Longino, giovane sardo dal «volto scarno e dal pro- filo aquilino e dalla barba nera a punta», ama perdutamente una ragazza del suo paese, Paola. La ragazza è ricca ma orfana. Ella, posta sotto la tutela di uno zio che la maltratta e che da subito dilapida il suo patri- monio, ricambia l’amore del giovane tanto che gli chiede di sposarla. Cassio però, nell’intento – prima del matrimonio – di ridare alla fan- ciulla nuova ricchezza e indipendenza, falsifica la firma del tutore che godeva presso tutti di credito illimitato e acquista a nome della sventu- rata terre e rendita. Una volta scoperto, l’innamorato viene condannato, vilipeso, rinnegato dalla sua famiglia e recluso in un penitenziario della Toscana (verosimilmente in terra di Versilia). Da qui parte l’intreccio. Un componimento godibile, per le sue ambientazioni e per le magnifiche aperture di orizzonte rischiarate, nelle rosse aurore e al crepuscolo vesper- tino, di tante vivide luci e di bagliori sanguigni; descriptio pervasa di odo- rose fragranze e satura di colori caldi e luminosi. Introduzione XXXI gura la ricerca di un tipo di personaggio centrale nei roman- zi della maturità quali «L’incendio nell’oliveto, La madre e, in un ambito regionale diverso, Annalena Bilsini»29. Una vera trama, incentrata su un’azione complicante che mette in moto la vicenda, non esiste. La materia del rac- conto è quella già incontrata nei romanzi di altri scrittori sardi dell’Ottocento30. Essa consiste nella rappresentazione, prevalentemente descrittiva e a tratti scenica, di oggetti, situazioni e personaggi simultanei e coesistenti nell’intimità dello stesso ambiente domestico, limitato e circoscritto, confortevole e autosufficiente. Uno spaccato topografico e ritrattistico di vita familiare già visto, a volte stereotipato e un po’ di maniera, sorretto dai numerosi arresti contempla- tivi orientati nella visione dal narratore onnisciente che passa in rassegna, in rapida successione, eventi ed esistenti, in una carrellata riassuntiva e descrittiva in cui le azioni e i processi che dinamizzano il racconto si dilatano nello spa- zio o si muovono su un asse di frequenza iterativa. I moti- vi, spesso liberi e svincolati da una storia, sono quelli tipici dei racconti familiari e idillici: l’amore coniugale, l’amore filiale e materno, la famiglia intesa come comunità primor- diale e come centro di formazione e virtù, il gioco, le monellerie, le piccole furbizie, le gelosie infantili, i raccon- ti del focolare (sos contos de fochile), ma anche il senso del vivere insieme, dell’appartenenza e della comunità, i valori condivisi, l’educazione severa e il riconoscimento di un’au- torità rispettata31.

29 G. CERINA, Prefazione…, 16. 30 S. FARINA, Amore ha cent’occhi, a c. di D. Manca, Cagliari, Condaghes, 1997, 287. 31 In sartu è un altro esempio di novella d’ambiente. Con essa ancora una volta la Deledda ci riporta al racconto idillico-pastorale (amoroso, fami- liare, campestre) che si caratterizza per l’adesione dei personaggi ad un piccolo universo di ferace, incontaminata e idilliaca bellezza. L’azione ruota attorno a pochi elementi: l’amore, prima contrastato poi conqui- XXXII DINO MANCA Novella lunga e complessa, per ricchezza di motivi e rimandi intertestuali ed extratestuali, è Per riflesso32. Al cen- tro della vicenda giganteggia il protagonista Andrea Verre, per riflesso una sorta di Raskolnikoff isolano, un povero stu- dente di provincia che, come il giovane russo, è costretto ad abbandonare l’università per mancanza di denaro. Un gior- no Andrea apprende che sua madre, un po’ come la Dunija di Delitto e castigo, per aiutarlo si trova costretta a contrarre matrimonio – senza amore e dopo molti anni (da quando «pei maneggi di zia Coanna» era stata rifiutata) – col padre naturale del ragazzo, il vecchio Larentu Verre, ricco possi- dente del nord Sardegna, un tempo suo padrone ora vedo- vo e alcolizzato. Andrea reagisce con contrarietà e sdegno all’ipotesi paventatagli per lettera dalla madre:

No! ... Se volete avere un figlio, non pensate di sposare ‘quell’uomo’! – 33.

Egli sa che Larentu è suo padre ma vive con vergogna la possibilità che la madre sposi, per poter salvare lui dall’in- stato, il lavoro, il matrimonio. Su tutto domina un ambiente tipicamen- te e caratteristicamente barbaricino (agro-pastorale), entro cui si agita una fauna umana tutta volta, nella sua pragmatica, al raggiungimento di un unico scopo, quello della ricomposizione di un mondo fatto di molte virtù e di buoni sentimenti. Le unità descrittive si alternano a quelle fun- zionali cadenzandone il ritmo narrativo. In sartu è una novella d’am- biente nel senso che, nell’economia della narrazione, essa dà particolare rilievo al contesto sociale e culturale dentro cui la vicenda è inserita. Gli stessi personaggi sono strettamente legati all’ambiente e la natura è par- tecipe del destino degli uomini. G. DELEDDA, In sartu (Nel salto), Novel- le – I…, 164-73. 32 G. DELEDDA, Per riflesso [«La Nuova Antologia», Roma, XXXVI (1 agosto 1901), 185, con il titolo Un’aberrazione; Milano, Treves, 1917; Milano, Treves, 1929; Milano, Garzanti, 1940], in I giuochi della vita [Milano, Treves, 1905], Novelle – II, Nuoro, Ilisso, 1996, 103-44. 33 Raskolnikoff a Dunija: « – Una sorella simile non la considererei più come sorella. O io o Luzin!...»). Introduzione XXXIII digenza, l’uomo che sino a quel momento l’ha umiliata e respinta34. Per questo il giovane, assalito dal rancore dispe- rato e dall’angoscia febbrile, riprende a covare un’idea allu- cinante e mostruosa che ha maturato da studente dopo aver letto con ardente e perversa inclinazione il «terribile roman- zo»: commettere un omicidio per provare i tormenti della colpa, studiarne le impressioni e scriverne infine un’opera straordinaria. La vittima prescelta è la vecchia zia Coanna, considerata la principale responsabile delle sue disgrazie. Il protagonista vive così la sua visionaria e paranoica espe- rienza d’identificazione con l’eroe dostoevskijano. Al rien- tro dall’università, provato per le sofferenze patite e dopo che il padre gli aveva negato il sussidio, riscopre con mace- razione il suo doppio. In lui si agitano impulsi opposti e conflitti laceranti al limite del delirio. Il dualismo fra razio- nalità e irrazionalità, bene e male, diventa sempre più la sua ossessione. L’animo di Andrea si presenta come lo specchio in cui si riflettono frammischiandosi i motivi e le sugge- stioni degli autori ‘terribili’ («...Nietzsche, Bourget, Shel- ley...»), le cui dottrine gli fermentavano nella mente «come i semi nella terra»:

Raskolnikoff. Ebbene perché non ammetterlo? In qualche cosa io rassomiglio a lui; ed anch’io vorrei, come lui, com- piere un delitto, un atto di forza, solo per sperimentare il mio coraggio, per me, solo per me. Ammazzando zia

34 La figura di padrone irascibile, solitario e ubriacone richiama vaga- mente quella del padre di Dostoevskij, ucciso da alcuni contadini esa- sperati dalle sue angherie, ed altri tipi di relitti umani come l’ubriacone Marmeladov. Le descrizioni di condizioni patologiche come il delirium tremens, che si manifesta con movimenti convulsivi e allucinazioni visive e auditive, seppur presenti anche in Delitto e Castigo («– Ma tu hai il deli- rium tremens, che! – si mise a urlare Rasumichin [...]»), trovano tuttavia riscontro anche nell’esperienza familiare della stessa Deledda. Il fratello maggiore, Santus, fu infatti affetto da alcolismo cronico fino al delirium. XXXIV DINO MANCA

Coanna, però, non spiegherei la forza serena e terribil- mente fredda della mia sola intelligenza, perché l’idea di uccidere la vecchia serva e non un’altra persona, mi ha spinto un po’ l’odio. Ho sempre odiato zia Coanna, fin da quando la vidi la prima volta; essa fu poi la causa del mio spostamento nel mondo. Ebbene, no, questo delitto non sarebbe che un delitto di passione, ed io vorrei compiere un delitto semplicemente sperimentale. Ecco, uscire, incontrare un individuo (non importa se uomo o donna, se vecchio o giovane); ecco, un uomo qualunque, mai veduto, che non mi fece mai alcun male, di cui ignoro anche il nome: andargli incontro, togliergli la vita! E poi? Ebbene, e poi?35

Ma proprio quando la vertigine superomistica ed emula- tiva lo sta per spingere definitivamente negli abissi tenebro- si e mefitici della perdizione e dell’incubo, improvvisamen- te nel suo profondo egli ritrova la forza della viltà che disto- glie e redime:

– Ebbene sì, fuggo perché dopo tutto non bisogna fidarci mai di noi stessi; e sarò anche un vile, ma la mia forza è appunto in questa viltà: non farò mai del male, mai ... neppure volendolo! ... E gli sembrava di esser guarito da una terribile malattia36

35 G. DELEDDA, Per riflesso…, 137. 36 G. DELEDDA, Per riflesso…, 144. La struttura segnica del racconto è conforme al tema trattato. Fra le unità funzionali e pragmatiche signifi- cativamente emergono le eidetiche, riguardanti la processualità interiore del personaggio protagonista (pensieri, immagini, sogni, allucinazioni). I modi e le tecniche della rappresentazione si avvalgono della presenza di un narratore eterodiegetico, alla cui prima e ineliminabile funzione nar- rativa ed esplicativa se ne accompagna un’altra, più dissimulata, di natu- ra etico-ideologica, soprattutto quando, a mo’ di transfert (voce del per- sonaggio e punto di vista del narratore, come anche in Dostoevskij) e attraverso la tecnica della focalizzazione interna (variabile e multipla), egli, con evidente intento mimetico, interviene imitando e/o plasmando le parole e i pensieri del personaggio. L’incrocio fra prospettiva e voce Introduzione XXXV La dimensione del sogno, inteso come manifestazione dell’inconscio e come luogo di un’esperienza interiore dalla quale riaffiorano ansie e inquietudini profonde, è quella entro cui si sviluppa buona parte della breve novella, preva- lentemente scenica, dal titolo Per la sua cratura, terza della narrante ci consegna una sorta di polifonia eterodiretta e orientata da un narratore immanente. L’autore adotta prevalentemente la tecnica del resoconto, del discorso diretto, con citazione di lunghi pensieri in forma legata (che come da convenzione sostituisce il monologo interiore) e del soliloquio. Entro questi schemi logici propri del discorso e del pensiero retoricamente elaborati, con cui traduce in scrittura la vita psichica del protagonista (né monologhi interiori né flussi di coscienza, dunque), egli sembra regolare tuttavia la sua distanza, in senso ideologico e morale, dall’universo rappresentato. La struttura temporale, che presenta qualche distorsione nel rapporto tra fabula e intreccio con recuperi regressivi e analessi sia esterne che interne di tipo omodiegetico e completivo (gesti- te sia dal personaggio autodiegetico sia dall’io narrante), si caratterizza per una certa varietà della velocità e del ritmo del racconto e per l’alter- narsi di dilatazioni descrittive (prevalentemente di natura attributiva e analitica legate al tempo allucinato della coscienza del protagonista) e compressioni ellittiche, di pause e sommari, di scene dialogate e feno- meni retorici di ripetizione (anafore e allitterazioni), di racconto singola- tivo e iterativo. Negli eventi narrati (il tempo dell’avventura è di parec- chi anni) si fondono, dunque, aspetti psicologici e focalizzazioni circo- stanziali con accelerazioni pragmatiche proprie del racconto d’azione. Altrettanto varia e composita è la serie di relazioni (fattuali, sentimenta- li e psicologiche) che esiste fra i personaggi e fra questi e gli ambienti descritti. Intorno alla figura di Andrea Verre, personaggio modellato e a tutto tondo, gravitano e si muovono entro un reticolo di rapporti dico- tomici di attrazione e conflitto, altri esistenti e comprimari più o meno complessi e dinamici, come l’amata madre Andreana (dei «Verre poveri») che «lavorava per campare la vita...così alta e dritta, con la pelle color rame e il viso un po’ quadrato...pareva rassomigliasse ad una figura egi- ziana», il padre Larentu, uomo tracotante e violento, «piccolino, rossi- gno, dal viso malevolo, che con la sua sopragiacca di pelo rassomigliava ad una volpe maligna», l’odiata e disprezzata zia Coanna, la buona Mil- lèna Ibbas, giovane moglie di Larentu, donna generosa e magnanima, «innocente come una bambina», vittima di un ingrato destino di morte, e infine Giacinto Tedde, stimato maestro di scuola e sorta di guida spiri- tuale («un bel giovine di vent’anni, alto ed elegante, tutto roseo in XXXVI DINO MANCA raccolta I giuochi della vita37. Ad una madre, la «signora V***», compare in sogno una ricca dama dall’aspetto miste- volto»), prodigo di suggerimenti e consigli e oggetto da parte di Andrea di ammirazione e rispetto. Le attribuzioni e le qualità dei personaggi e la sfera pragmatica in cui essi sono coinvolti rappresentano il cuore dell’u- niverso semantico del racconto. Il sistema è sostanzialmente statico, anche se subisce sensibili cambiamenti con lo sviluppo dell’intreccio. Tra Larentu e Andreana, ad esempio, vi è inizialmente conflitto. Solo alla fine, dopo la morte di Millèna la relazione fra i due, per ragioni di con- venienza e d’interesse reciproco diviene di attrazione e condivisione di scopi (ritrovare entrambi il consenso di Andrea). 37 G. DELEDDA, I giuochi della vita [Per riflesso; Freddo (Milano, Treves, 1917; Milano, Treves, 1920; Milano, Garzanti, 1940; Novelle – II, Nuoro, Ilisso, 1996); Per la sua creatura (Milano, Treves, 1917; Milano, Treves, 1920; Milano, Garzanti, 1940; Novelle – II, Nuoro, Ilisso, 1996); Pasqua («La Riviera Ligure», Genova, II serie (1902), 38, con il titolo Pasqua sarda; Milano, Treves, 1917; Milano, Treves, 1920; Milano, Gar- zanti, 1940; Novelle – II, Nuoro, Ilisso, 1996); La morte scherza…(«La Riviera Ligure», Genova, II serie (1904), 56, con il titolo Gli scherzi di zia Morte; Milano, Treves, 1917; Milano, Treves, 1920; Milano, Garzan- ti, 1940; Novelle – II, Nuoro, Ilisso, 1996); I giuochi della vita («La Nuova Antologia», Roma, 185 (16 ottobre 1902); Milano, Treves, 1917; Milano, Treves, 1920; Milano, Garzanti, 1940; Romanzi e novelle – IV, Milano, Mondadori, 1959; Novelle – II, Nuoro, Ilisso, 1996); Padre Topes (Milano, Treves, 1917; Milano, Treves, 1920; Milano, Garzanti, 1940; Romanzi e novelle – IV, Milano, Mondadori, 1959; Nuoro, Il Mae- strale, 1995; Novelle – II, Nuoro, Ilisso, 1996); Il vecchio servo (Milano, Treves, 1917; Milano, Treves, 1920; Milano, Garzanti, 1940; Romanzi e novelle – IV, Milano, Mondadori, 1959; Nuoro, Il Maestrale, 1995; Novelle – II, Nuoro, Ilisso, 1996); Il fermaglio («La Nuova Antologia», Roma, 197 (1 settembre 1904); Milano, Treves, 1917; Milano, Treves, 1920; Milano, Garzanti, 1940; Romanzi e novelle – IV, Milano, Monda- dori, 1959; Nuoro, Il Maestrale, 1995; Novelle – II, Nuoro, Ilisso, 1996); Lo studente e lo scoparo (Milano, Treves, 1917; Milano, Treves, 1920; Milano, Garzanti, 1940; Novelle – II, Nuoro, Ilisso, 1996); Colpi di scure («Sardegna Letteraria e Artistica», Cagliari, 1902, con il titolo Vengono; «Sardegna Giovane», Sassari, I (1909), 1, con il titolo Mentre la foresta muore…; Milano, Treves, 1917; Milano, Treves, 1920; Milano, Garzan- ti, 1940; Romanzi e novelle – IV, Milano, Mondadori, 1959; Nuoro, Il Maestrale, 1995; Novelle – II, Nuoro, Ilisso, 1996); Mentre soffia il levan- Introduzione XXXVII rioso («mantellone nero, una pellicciona nera, un cappel- laccio nero tirato sugli occhi...ebbe paura»). La nobildonna, che si presenta con voce gutturale e fare sdegnoso, da «gran dama avvezza al comando», propone alla «personcina diafa- na», «anemica», dal «volto pallidissimo», angariata dalla miseria, di poter adottare la sua bambina in quel momento affidata per necessità a una balia, figlia del suo giardiniere. Il sogno, presagio di tragici eventi, ben presto si trasforma in incubo:

E la signora V*** non fiatava davvero, per la sorpresa, e più ancora per lo spasimo che provava al solo pensiero di dover cedere la sua creatura. La sua creatura! Il suo uccel- lino! La sua vita! Il suo universo! La sua piccina! Ma quel- la straniera era matta, matta da legare. La signora V*** l’e- saminò bene; ma poi ricordò che la straniera non aveva figli e capì come si potevano fare certe proposte. – Ne parlerò con mio marito – rispose, tanto per dire qualche cosa. Poi accompagnò la straniera fino alla scala, augurandole fra sé che, nello scendere, s’impigliasse nel mantellone e rotolasse sino in fondo38.

Il concitato colloquio col proprio marito, la possibilità – contemplata amaramente da entrambi – di dover decidere di perdere la propria figlia pur di assicurarle un futuro agia- to e sicuro, caratterizzano l’epilogo che sfuma e si stempera col risveglio e col ritorno alla realtà. Non sappiamo se la Deledda abbia avvertito in quegli anni la suggestione delle teorie freudiane che iniziavano a trovare applicazione anche in contesti assai distanti da quelli clinici delle origini, anche se è pur vero che lo stesso Freud andava considerando la let- teratura, l’antropologia culturale, la religione e le scienze del te (Milano, Treves, 1917; Milano, Treves, 1920; Milano, Garzanti, 1940; Novelle – II, Nuoro, Ilisso, 1996)], Milano, Treves, 1905 [Novelle – II, Nuoro, Ilisso, 1996]. 38 G. DELEDDA, Per la sua creatura, Novelle – II…, 156-7. XXXVIII DINO MANCA linguaggio come altrettanti campi di applicazione e di veri- fica delle ipotesi teoriche psicanalitiche39. La funzione lette- raria dei sogni è strettamente connessa con il valore cultu- rale e antropologico attribuito alla funzione onirica e l’in- terpretazione e la decifrazione del fenomeno è cambiata in maniera consistente nel corso dei secoli40. Si pensi alla cesu- ra rappresentata dalle indagini dello studioso di Freiberg che incidono profondamente nella stessa narrazione lettera- ria. Dopo di lui, infatti, la scrittura si orienta a riprodurre le caratteristiche specifiche dell’attività psichica caratterizza- ta da emozioni, percezioni e pensieri che si strutturano in una successione di immagini, generalmente non regolata dalla logica, anche se apparentemente reale. La rappresentazione del sogno nella prima Deledda, inve- ce, avviene secondo procedure narrative tradizionali, lonta- ne dall’eversività compositiva dell’incipiente letteratura di matrice psicoanalitica, nonostante la stessa novità tematica e la sperimentazione di tecniche rappresentative più ade- guate inizino a palesarsi e ad essere cifra di uno stile. La scrittrice sembra non aver ancora affrontato gli aspetti tec- nici che tale tematica comporta. Non il linguaggio del pen- siero (diverso da quello scritto e parlato), non la sua ripro- duzione così come nasce (simultaneo, associativo, fluttuan- te), non la tecnica dell’impersonalità, della rappresentazio- ne estraniata, non ancora il tempo interiore, psicologico, soggettivo, della coscienza individuale – in cui il filo del discorso si smarrisce nei meandri di un io disgregato inca- pace di cogliere i rapporti di casualità fra gli eventi e di distinguere i confini fra il reale e l’immaginario – ma,

39 L’interpretazione dei sogni uscì nel 1899, le novelle di questa raccolta furono scritte poco dopo, fra il 1901 e il 1905. 40 A. PIEMONTI-M. POLACCO (a c. di), Sogni di carta. Dieci studi sul sogno raccontati in letteratura, Firenze, Le Monnier, 2003; S. VOLTERRANI, Le metamorfosi del sogno nei generi letterari, Firenze, Le Monnier, 2003. Introduzione XXXIX secondo delle collaudate costanti stilistiche ottocentesche, il tempo oggettivo, reale, cronologico, il pensiero mediato, imitato, tradotto in un discorso coerente, coordinato dalla mente di un narratore demiurgo, analista, mente giudican- te e figura immanente che interviene, partecipa del destino dei personaggi e asseconda la loro inquietudine, adottando preferibilmente il loro punto di vista e orientando il loro sguardo interiore41.

I motivi del viaggio, del peccato, della colpa, dell’espia- zione, della passione irresistibile e tentatrice sono, invece, i cardini della trama melodrammatica, di degenerazione e disillusione con finale tragico, della novella Padre Topes42. Padre Topes, «il cui vero nome era padre Zuanne», sopran- nominato così «per la sua figurina timida di topo, dal lungo musetto pallido ed i piccoli occhi lucenti», è un giovane frate francescano al quale un giorno di primavera gli viene ordinato di partire alla cerca per i villaggi circostanti. Il reli- gioso, intrapreso il suo viaggio – mitigato da un tempo per-

41 Spunti di soliloquio e di indiretto libero si trovano nella breve novella Pasqua, anch’essa movimentata da eventi psicologici e incentrata sullo scandaglio interiore di una giovane donna colta dal turbamento in quan- to vittima della superstizione. La mattina del Sabato Santo, giorno di preparativi per la festa, Apollonia Fara è travolta dall’altalenante dinami- ca delle emozioni per la probabile venuta nella propria casa del giovane Vicario del paese, in visita, come consuetudine, per la benedizione pasquale. Il Vicario è stato un suo vecchio fidanzato, ed ella, che dopo averlo abbandonato si è sposata con un ricco pastore, adesso teme il peg- gio, «giacché nei piccoli paesi sardi si crede che i sacerdoti possano, per mezzo dei libri sacri, scomunicare e maledire con molta efficacia». La vicenda si scioglie e il personaggio protagonista cambia atteggiamento e convinzioni nella parte finale, quando, con le lacrime agli occhi, com- prende che col suo aspersorio il prete ha semmai profuso l’acqua della benedizione e della fecondità nuziale. Si veda a tal riguardo: G. DELED- DA, Pasqua, Novelle – II…, 159-62. 42 G. DELEDDA, Padre Topes, Novelle – II…, 209-15. XL DINO MANCA vaso di voluttuosi tepori e allietato da un paesaggio ine- briante e edenico – a un certo punto del suo fatale andare decide, stanco e assonnato, di chiedere ospitalità per la notte. Il destino vuole che egli si imbatta nella casa di una giovane donna, sola, «alta e bella, bruna con gli occhi azzur- ri», la cui figura è quella della donna perdizione, maga e fascinatrice («sguardo lucente e riso beffardo [...] carezzevo- le e insinuante») e la cui sensualità incantatrice e trasgressi- va è simbolo di una femminilità satanica («occhi turchini e labbra rosse […] esalava un profumo di violetta che stordi- va ») e, per il fraticello, causa di sventure e tragedie43. Da

43 Il microcosmo pervaso di inebrianti tepori, profuma di essenze aroma- tiche e fragranze primaverili. Forte la percezione olfattiva, oltre che visi- va e uditiva. Prevalgono i verbi di moto e si ripropone il motivo del viag- gio come preludio di una disgrazia o di un’avventura (viaggio-perdizione e non espiazione). Il narratore-orale, che si rivolge a un narratario udito- re («Qualche anno fa […] Basta, arrivato infondo alla montagna […] Basta, una notte arrivò […] – Che volete? – chiese ella bruscamente, guardandolo meravigliata. – Così e così – egli disse […]»), ha a sua disposizione una ricca tavolozza dalle tinte forti e dai colori caldi e lumi- nosi. I colori rivestono nella scrittura della Deledda una funzione semio- tica centrale. La loro valenza connotativa e simbolica si lega indissolubil- mente a istanze etiche ed ontologiche profonde. Quasi una sorta di equi- valente spaziale di una dimensione morale. La stessa descrizione del pae- saggio, insussistente nella scrittrice nuorese senza profusione cromatica, assume in questa fase del processo di maturazione artistica una funzione centrale per la piena comprensione dell’assiologia e psicologia dei perso- naggi. Non di rado, come in questa novella, ambienti, eventi ed esisten- ti sembrano legati da nessi di significativa consequenzialità (natura anti- cipatrice e partecipe degli accadimenti) e da rapporti analogici e simbo- lici profondi («tutto il bosco aveva fremiti, riflessi, mormorii arcani, e tutta la montagna pareva assorta in un sogno d’amore? […] un soave odore di violette e di narcisi avvolgeva il frate, che sorrideva beato […] il sole già caldo […] inondava di voluttuosi tepori le verdi campagne […] Ma Padre Topes cominciò a turbarsi nel respirare la fragranza del bosco»). Lo sfondo naturale e paesaggistico – percepito su una linea pre- valentemente orizzontale e attraverso una sorta di fissità estasiata e smar- rita a partire da due fondamentali punti ottici e prospettici (narratore e Introduzione XLI questo momento in poi il personaggio vive il doloroso con- flitto agonico che dissottera dal campo dell’oblio la sua macchia genetica44. Il fuoco istintuale e incontrollato della passione è motivo di macerazione e tormento. Il peccato originale, il rimorso, il senso di colpa e la scelta di una espiazione eterna si avvicendano tumultuosi e si accavalla- no trasfigurandosi in una baraonda di immagini e di pul- sioni autopunitive febbrili («Fu una settimana di marti- rio»). La riparazione del danno, attraverso l’autoflagellazio- ne e il silenzio, tuttavia non basta più. L’espiazione di una colpa grave ha bisogno, per sublimarsi, del gesto estremo. L’epilogo, che sancisce un’infrazione alla concezione etica deleddiana «che lega il peccato d’amore alla scelta salvifica dell’espiazione»45, è di quelli tragici:

[...] si levò la corda grigia che gli cingeva i fianchi e la gittò ad un ramo. Salito sulla pietra che serviva da sedile, egli fece un nodo scorsoio alla corda, se lo passò al collo e si lanciò nel vuoto46.

Il motivo del viaggio e il tema della morte – in questo caso provocata da un destino beffardo – caratterizzano altresì la trama di castigo della novella La morte scherza47. Zia Areca, una proprietaria ottantenne col corpo «metà paralitico» e «metà piagato», adagiata in un carro trasfor- mato in letto, durante una notte di luglio intraprende il percorso verso il mare. Insieme ai viaggiatori di una chias-

personaggio) – si tinge, in relazione analogica alla vicenda, dei caldi colo- ri delle passioni. 44 Egli è infatti figlio di un bandito. La predestinazione dei figli a pagare le colpe dei padri, uno dei temi centrali del teatro tragico greco, è fre- quente nella narrativa deleddiana. 45 G. CERINA, Prefazione…, II, 15. 46 G. DELEDDA, Padre Topes…, 215. 47 G. DELEDDA, La morte scherza, Novelle – II…, 163-71. XLII DINO MANCA sosa e variopinta carovana si trovano la nipote Rosa e il servo Antonio Maria,

[…] un bellissimo Ercole giovinetto, dai capelli crespi e folti come un cespuglio, e il viso sbarbato, grasso, rosso e bruno come una melograna48.

I due giovani si amano, ma la loro precaria condizione economica gli impedisce di contrarre matrimonio. Per que- sto, presi da un’avidità distruttiva, anelano la rapida morte della vecchia e la risoluzione del testamento in favore della fanciulla. L’infausto destino, però, riserva loro, fra sinistri presagi e oscure premonizioni, un epilogo tanto tragico quanto inatteso. Una notte zia Areca, che abitualmente coglie il sonno all’alba, chiudendo gli occhi prima del soli- to e restando immobile senza più gemere, sembra defunge- re. Gli amanti, travolti da voluttà, avventati e impudenti si danno alla festa e all’ebrietà. All’alba cala il sipario: Antonio Maria, vittima della sua spregiudicatezza e del suo cinismo, è risucchiato in un vortice fatale dal mare in burrasca, pro- prio mentre l’anziana donna si ridesta:

– Santa Greca nostra, come l’uomo è cieco – disse un gior- no la vecchia bevendo il caffè. Antonio Maria predicava sempre: «Zia Areca, pensate a morire; zia Areca, la morte sta per gettarvi il laccio!». Ed ecco che essa passa e fa uno scherzo: invece di gettare il laccio alla veccia lo getta al gio- vane! Sì, qualche volta pare che scherzi, quella zia Morte!49

Con la novella Sarra, ultima della raccolta La regina delle tenebre50, ritornano gli effetti coloristici e folklorici delle

48 G. DELEDDA, La morte scherza…, 163-4. 49 G. DELEDDA, La morte scherza…, 171. 50 G. DELEDDA, La regina delle tenebre [La regina delle tenebre (La regina delle tenebre, Torino, Origlia, 1892; Milano, Giacomo Agnelli, 1902; Novelle – II, Nuoro, Ilisso, 1996); Il bambino smarrito («La Piccola Rivi- Introduzione XLIII feste campestri e si specifica meglio, tra le isotopie sememi- che della poetica deleddiana, il motivo del pellegrinaggio. La storia, melodrammatica, di degenerazione e disillusione con finale triste, ha come protagonista Sarra (Alessandra) Fioreddu fanciulla di Bottuda «alta, fina, un po’ curva, ma molto bella e bianca in viso» che ama vivere e divertirsi. Purtroppo, però, i sogni della giovane sono ostacolati dal padre e dai fratelli, «uomini rozzi e ubriaconi», che voglio- no darle in sposo Mattia, un ricco pastore del luogo da lei energicamente respinto. Durante il viaggio di ritorno dalla festa di San Costantino, dove si era divertita follemente («ballò, civettò, fu corteggiata a più non posso»), Sarra, rimasta ultima e indifesa nel sentiero del bosco, cade in un’imboscata tesa dal pretendente che, con la complicità di due servi, la rapisce e la costringe a sposarlo. Il narratore- conversatore, benché esterno alla storia, coerente con la sua funzione comunicativa non esita a manifestarsi come emit- tente del racconto, stabilendo col narratario un rapporto diretto:

[…] i Bottudesi amano assai il loro San Costantino, e per tutto l’inverno sognano di attraversare il bosco, la valle e la pianura, pur di festeggiare il Santo ballando, cantando bevendo acquavite e vino bianco fino a mezzogiorno, e liquore d'anice e vino rosso fino all'ora del ritorno. Ed è giusto che essi si divertano finalmente. Hanno lavorato tutto l’inverno crudo, dissodando e seminando la terra sel-

sta», Cagliari, I (11 dicembre 1899), 23-24, con il titolo L’ostacolo; La regina delle tenebre, Milano, Giacomo Agnelli, 1902; Novelle – II, Nuoro, Ilisso, 1996); Le due giustizie (La regina delle tenebre, Milano, Giacomo Agnelli, 1902; Novelle – II, Nuoro, Ilisso, 1996); La giumenta nera (La regina delle tenebre, Milano, Giacomo Agnelli, 1902; Novelle – II, Nuoro, Ilisso, 1996); Sarra (La regina delle tenebre, Milano, Giacomo Agnelli, 1902; Novelle – II, Nuoro, Ilisso, 1996)], Milano, Giacomo Agnelli, 1902 [Torino, Origlia, 1892; Novelle – II, Nuoro, Ilisso, 1996]. XLIV DINO MANCA

vatica, guardando le greggie assiderate e magre: ora le pecore hanno la lana lunga, il grano verdeggia sui ciglio- ni, le macchie sono fiorite, il cielo è azzurro. Bisogna rin- graziare San Costantino delle buone promesse della terra e del gregge, e bere e ballare e cantare in suo onore51.

Una trama di castigo con agnizione finale e scacco del protagonista, responsabile dei suoi guai, si trova, invece, nella novella Freddo52. Imperniato sulle disavventure di un personaggio burbanzoso e immaturo messo alla prova in circostanze difficili («Per lui tutto era oggetto di riso, ma d’un riso quasi infantile, che non offendeva nessuno»), l’in- trigo si dipana in una Sardegna polare, inghiottita da una bufera di neve e sferzata da un vento glaciale. Il motivo del viaggio, preludio di un’avventura con esito problematico53, sostiene la prima parte della narrazione. Il padroncino Maureddu decide di partire nonostante il cielo minacci tor- menta e nonostante la propria fidanzata, sua serva, lo dis- suada amorevolmente dal farlo. Il percorso, come previsto, per le avverse condizioni climatiche si dimostra irto di dif- ficoltà e di pericoli e il giovane non tarda a trovarsi solo e smarrito in uno scenario spettrale. Quando il destino sem- bra metterlo sulla via della salvezza, la sua alterigia si ricon- ferma fonte di guai. La descrizione soggettiva dell’ambien- te, non priva di soluzioni analogico-metaforiche (la notte è «[...] senza luce, senz’aria, senza orizzonte» come senza pro- spettiva è il viaggio del protagonista), riporta all’interno dei suoi spazi le istanze diegetiche. La sua funzione esplicativa e simbolica, non meramente esornativa e pittorica, si rivela altresì nei rapporti di consequenzialità che legano il perso- naggio e la sua pragmatica con il paesaggio umanizzato e antropomorfizzato. La natura diviene quasi un agente, forte

51 G. DELEDDA, Sarra, Novelle – II…, 93. 52 G. DELEDDA, Freddo, Novelle – II…, 145-53. 53 Nella narrativa deleddiana il viaggio è spesso simbolo del fato. Introduzione XLV di una propria valenza fabulistica, capace, come il fato, di governare e orientare gli eventi54. In questo caso, fra crisi allucinatorie del personaggio-protagonista e percezioni visi- vo-sensoriali gestite da un narratore-orale («Cammina, cammina...) a focalizzazione esterna, il paesaggio invernale vive in contrasto con la prassi e il volere del giovane smar- giasso che non sa interpretare i messaggi e i presagi rivolti al suo agire. Altra trama di destino, melodrammatica, con finale triste che provoca la pietà del lettore è la novella L’ospite55, che gravita nell’ambito dell’esperienza narrativa del romanzo Anime oneste56. Durante un’escursione sui monti della Bar- bagia, Margherita – diciannovenne, non bella ma intelli- gente – conosce Silvio Boly, avvocato praticante, musicista, ballerino, gran ciarlatano e con le tasche vuote, e se ne inna- mora perdutamente nonostante l’antagonismo di Leandro Leandri, «ufficialetto» amico del Boly. Il fuoco dell’amore incontra i primi ostacoli. Fra i due innamorati che, come due «chicchi d’orzo» dentro l’acqua si dividono e si perdo- no, si inserisce un nuovo elemento perturbatore, il ricco Antonio Arau, per la famiglia di lei il predestinato57. Dopo una serie di vicissitudini e di mutamenti che esprimono il movimento della vicenda, la fabula sfocia in un epilogo problematico che non scioglie la complicazione. I contrasti

54 La tormenta di neve costringerà Mauro a incontrare il cognato. 55 G. DELEDDA, L’ospite [L’ospite, Rocca San Casciano, Cappelli, 1898; «La Vita Italiana», Roma, 10 febbraio 1895], in L’ospite [Rocca San Casciano, Cappelli, 1898], Novelle – I, Nuoro, Ilisso, 1996, 193-219. La novella qui citata è diversa dalla novella omonima pubblicata nella sillo- ge: Sole d’estate, Milano, Treves, 1933; Romanzi e novelle – V, Milano, Mondadori, 1969; Novelle – VI, Nuoro, Ilisso, 1996, 70-3. 56 G. DELEDDA, Anime oneste, Milano, Cogliati, 1895, con una prefazio- ne di Ruggero Borghi. Anime oneste è un romanzo segnato dal tema del- l’amore non corrisposto. 57 Come nei più tipici triangoli amorosi (lui-lei-l’altro). XLVI DINO MANCA fra i personaggi, infatti, raggiungono una mesta sospensio- ne e la tensione cade, ma senza la soluzione tanto attesa. Prevarrà la falsa coppia (Margherita e Antonio). Vincerà su tutto la rassegnazione e l’infelicità58. Racconto a sfondo psicologico, nel senso che gli eventi sono ridotti ai minimi termini e la trama è legata al dipa- narsi e al succedersi delle emozioni, delle riflessioni e delle reazioni del personaggio, è invece La regina delle tenebre59. La novella, eponima, risente, da un punto di vista stilistico- espressivo, ancora di talune ingenuità compositive proprie della prima fase del noviziato letterario. La trama, di matu- razione e di educazione insieme, è da annoverarsi fra quelle di personaggio e di pensiero. La narrazione prende spunto dalla presentazione di Maria Magda:

A venticinque anni, bella, ricca, fidanzata, senza aver mai provato un dolore veramente grande, un giorno Maria Magda si sentì improvvisamente il cuore nero e vuoto60.

Maria avverte con angosciato stupore l’inesorabile tra- scorre del tempo e coglie, in un momento della sua pur feli- ce esistenza, il senso della vanità e della caducità d’ogni cosa, dell’estrema precarietà della vita e, in ultimo, dell’in- controvertibile approssimarsi della morte. Da tutto ciò sca- turisce la crisi esistenziale, una sorta di coscienza negativa dell’io che si esplica, dentro un’aura cupa e malinconica, in

58 I paesaggi sono quelli autunnali e invernali, prevalentemente notturni. La percezione visiva, uditiva e olfattiva accompagna le ampie ricognizio- ni spaziali di tipo esornativo. Una natura incontaminata e partecipe è sublimata qua e là di visioni estatiche dal forte impatto cromatico. Anche questa novella è attraversata da alcuni temi archetipici, connessi con gli elementi cosmici primordiali: il cielo, il mare, il fuoco, le montagne. 59 G. DELEDDA, La regina delle tenebre, Novelle – II…, 27-30. 60 G. DELEDDA, La regina delle tenebre…, 27. Introduzione XLVII una dolorosa riflessione sulla propria infelicità che sconfina nella misantropia, nell’irrazionalità e nella follia:

L’idea della fine le gelava in cuore ogni slancio, ogni gioia, le essiccava ogni idea di piacere…Cominciò a diventar cupa, raccolta…Ella non uscì più di giorno dalle sue stan- ze: usciva di notte, vagando in carrozza per le campagne dormienti. Vestiva di nero, e sui capelli scuri aveva un cer- chietto d’acciaio con cinque diamanti che brillavano più che stelle. La chiamarono allora la regina delle tenebre61.

Solo la contemplazione finale, in una notte «interlunare, brillantata di stelle purissime», di una natura sublime, ispi- ratrice e romantica, fatta dalla protagonista davanti a un parapetto che guarda la valle, provoca lo slancio vitalistico risolutore e l’appagamento morale per uno spirito irrequie- to, folgorato ora dall’energia portentosa dell’immaginazio- ne e dall’arte:

Descriverò questa notte, poi scriverò la storia della mia anima, tornerò al mondo, alla vita, all’amore, e il mondo, la vita, l’amore, ed il mio io, vivranno nell’opera mia. E nulla più ci distruggerà62.

La narrazione, condotta da un emittente eterodiegetico ed extradiegetico che adotta preferibilmente la focalizzazio- ne interna fissa, si snoda attraverso una successione di even- ti interiori, senza uno sviluppo logico e razionale. Del per- sonaggio, modellato e complesso e suscettibile di modifica- zioni, più che lo statuto anagrafico o lo status sociale emer- gono profilo psicologico e assiologia, da cui trova scaturigi- ne la sua prassi, l’attitudine comportamentale che allude al suo essere63. I luoghi e gli ambienti, presentati attraverso l’o-

61 G. DELEDDA, La regina delle tenebre…, 28-9. 62 G. DELEDDA, La regina delle tenebre…, 30. 63 Il narratore privilegia l’analisi degli stati d’animo e le riflessioni del per- XLVIII DINO MANCA rizzonte percettivo di Maria Magda, si traducono in stati d’animo e in reazioni emotive. La natura, liricamente antropomorfizzata, non partecipa solamente del destino e delle emozioni del personaggio, ma diviene spesso causa dei suoi comportamenti e delle sue scelte, oltre che balsamo e lenimento di un presente inquieto:

E in certe ore, specialmente nei teneri vespri di viola, ella si struggeva, come mai, nel desiderio del caro lontano […] Anche la voce dell’acqua, quella notte, aveva una vibra- zione insolita, tenera, come di voce stanca, come di voce che parlasse in sogno. E le montagne lontane ardevano, illuminando la pura notte stellata. Lo spettacolo era subli- me, e nella contemplazione intensa di quella notte arcana, Magda si obliò, sentì cadere la sua tristezza. I fuochi di quei poveri lavoratori lontani parvero illuminare anche le tenebre che stringevano la superba fronte gemmata. Un pensiero occulto, forse prima d’allora nato nelle profon- dità misteriose della psiche, brillò e rivelossi improvvisa- mente nella mente tenebrosa. La regina delle tenebre si sentì artista, sentì che racchiudeva nell’anima irrequieta una potenza formidabile; il nitido riflesso della natura e delle cose […]64.

Novella dai risvolti sociali, che si risolve nell’arco di una sequenza scenica e si specifica per la presenza di esistenti

sonaggio, colto in un momento particolare della sua esistenza. La stessa struttura temporale ne rimane condizionata, nel senso dell’ambiguità e dell’indefinitezza. Il verbo all’imperfetto concorre a suo modo a deter- minare un flusso temporale indeterminato, durativo e iterativo. È il nar- ratore che scandaglia attraverso rapidi excursus regressivi, sommari, ana- lessi omodiegetiche ripetitive e flash-back riassuntivi la vicenda psicolo- gia di Maria Magda. È lui che, avvalendosi a volte del discorso indiretto libero, cerca, ricreando un effetto di transfert, di imitarne voce e pensie- ri nel tentativo di ridurre la distanza fra lettore e mondo narrato. 64 G. DELEDDA, La regina delle tenebre…, 30. Introduzione XLIX modellati per statuti dicotomici65 è Lo studente e lo scoparo66. Come suggerisce il titolo la vicenda si impernia sul con- fronto dialogico fra un giovane studente-giornalista di nome Lixia, sconfortato e abbattuto per lo stato di malesse- re sociale ed economico in cui ritrova la sua terra (e ciono- nostante mosso da una convinta tensione verso il cambia- mento) e un vecchio e malazzato venditore di scope, zio Pascale, figlio di un’altra mentalità, uomo di oramai incer- te e smarrite convinzioni, il quale, provato dalla miseria e dalla fatica rude, rassegnato e avvilito, si trascina, maceran- dosi, in un quotidiano senza speranza. È un confronto fra vecchi e giovani, fra tradizione e innovazione, fra genera- zioni diverse, lontane fra loro, proiezione simbolica di una Sardegna che vuole cambiare e di una terra invece diffiden- te e misoneista, irrimediabilmente prigioniera del suo ata- vico immobilismo. La relazione binaria di opposizione e antagonismo che s’instaura tra i due personaggi, acquista dunque una forte valenza sul piano semico-simbolico. Così lo scoparo, simbolo di una vecchia Sardegna che muore, s’a- vanza «lentamente», si trascina, «geme», tossisce, parla «come un sonnambulo», risponde «a stento, umile e quasi pauroso», scuote «tristamente la testa» e sta ritto sotto il muro «con la falciuola in mano come l’immagine della Morte». Lixia, portavoce di una dimensione attivistica, è per converso un concentrato tumultuoso di stati d’animo, interessi, curiosità, scopi, abilità; egli si «annoia», si indigna, «s’infervora», salta «a sedere nel muro», domanda, si sente «inspirato», si «dispera», «allarga le braccia», («nega l’elemo- sina», rimane in ultimo «fedele ai suoi principi»). Non esi-

65 Statuto anagrafico, status sociale, assiologia e attitudini comportamen- tali alludono all’essere degli agenti e interagendo producono il significa- to letterario del racconto (giovane e vecchio, ricco e povero, istruito e analfabeta, innovazione e conservazione). 66 G. DELEDDA, Lo studente e lo scoparo, Novelle – II…, 239-43. L DINO MANCA ste evoluzione, non c’è convergenza. La distanza culturale e ideologica, ragione di un’incomunicabilità profonda, alla fine rimane67.

67 È difficile a tal riguardo capire da che parte alberghi il sentimento di adesione o repulsione autorale, e dove trovi piuttosto scaturigine un’e- ventuale discriminante in senso morale, intellettuale ed emotivo dell’io narrante nei riguardi di questo o quel personaggio. L’impianto scenico infatti, essendo una forma di rappresentazione mimetica in cui il narra- tore, adottando il discorso riferito, cede direttamente la parola al perso- naggio, tecnicamente si fonda sull’azzeramento della distanza fra narra- tore e creatura letteraria. Non si riscontra nessun significativo riferimen- to all’istanza narrativa, attraverso digressioni, giudizi morali, commenti e osservazioni metadiegetiche (tipiche di una funzione ideologica) che rimandino alla weltanschauungen autorale. Si tratta invece di una voce che si limita a mantenere nei confronti della storia una funzione mera- mente esplicativa, evitando qualsiasi alterazione prospettica che alluda all’emittente di tale voce. Interessante è per altro la figura del giovane stu- dente e l’emergere, attraverso le sue parole – proferite «come ispirato» in sede di epilogo al vecchio e più disincantato scopiere – di una sorta di utopia filosofica, filantropica e sentimentale di vaga matrice anarchico- socialisteggiante: «[…] non datevi pensiero! Il mondo cammina. Al di là del mare, in Continente, gli uomini vogliono diventare tutti uguali; fra venti o trent’anni, forse prima, non ci saranno più né ricchi né poveri, cioè tutti gli uomini lavoreranno e tutti avranno da vivere comodamen- te […] I tempi cambieranno. In tutto il mondo, e quindi anche in Sar- degna, non ci saranno più poveri, non ci saranno più malfattori, più invi- diosi, più farabutti come il mio parente Virdis, più carabinieri, più bam- bini che faranno morir disperati i vecchi infelici. Qui dove crescono le scope, in questi campi desolati, ebbene, vedete, qui, proprio qui, si vedranno verdeggiare le vigne, gli orti, i chiusi...– Ebbene, pazienza, – interruppe il vecchio scoparo, – vuol dire che le vigne e gli orti e i chiu- si saranno dei ricconi: i poveri non avranno mai niente, neppure le scope avranno, allora! San Francesco mio d’argento [...] E ricominciò a tossi- re». Non è improbabile che la Deledda abbia voluto inserire nella varie- gata galleria dei suoi personaggi questa variante di studente-intellettuale, tenuto conto che il movimento socialista, fra crisi sociale diffusa, moti urbani jacqueries contadine, era in quegli anni d’inizio secolo in Italia, una forza politica organizzata dotata, fra le masse, di notevole virtù espansiva. Introduzione LI Di non trascurabile valenza contenutistica, per riferi- menti extratestuali e per portata simbolica, è Colpi di scure68, novella anch’essa largamente scenica69. Zio Cosma, vecchio pastore dall’«aria sacerdotale [...] al quale gli anni non hanno potuto strappare i denti da lupo e i peli rossic- ci» è immerso nella tragica solitudine dell’antica foresta, ora minacciata dalla furia devastatrice degli speculatori venuti d’oltremare per spogliare le vette e il cuore delle genti. Men- tre risuonano in fondo al bosco i colpi di scure inferti con- tro le piante millenarie, il vecchio sardo con «gli occhi obli- qui sotto l’ampia fronte solcata da rughe scure», aspetta seduto ai piedi di un elce i nuovi portatori di desolazione e di morte e incide con la leppa, sulla tabacchiera di corno, due fatti eroici della propria giovinezza. Un giovane carbo- naio svizzero, «alto e svelto, col viso sorridente come quel- lo di un bimbo tintosi per ischerzo», sopraggiunge, fischiet- tando «un’aria della Traviata», a interrompere il lavoro soli- tario del pastore e quasi a infrangere un’aura senza tempo, da incanto favolistico. Il paesaggio, trasfigurato in un luogo di evasione mitica, viene percepito come ambiente irripeti- bile, connotato di incontaminata e ancestrale bellezza, dove l’uomo può diventare natura e la natura partecipando alle vicende umane sa tendere all’antropomorfismo70; un’anima-

68 G. DELEDDA, Colpi di scure [«Sardegna Letteraria e Artistica», Caglia- ri, 1902, con il titolo Vengono; «Sardegna Giovane», Sassari, I (1909), 1, con il titolo Mentre la foresta muore…; Milano, Treves, 1917; Milano, Treves, 1920; Milano, Garzanti, 1940; Romanzi e novelle – IV, Milano, Mondadori, 1959; Nuoro, Il Maestrale, 1995], in I giuochi della vita, Novelle – II…, 244-8. Il taglio del bosco come esempio di devastazione e razzia e come attacco all’autonomia di una terra è un motivo ricorren- te della narrativa sarda. 69 Il racconto, dopo un abbrivo descrittivo e ricognitivo, dove è forte la sensazione del movimento e del susseguirsi delle immagini, si conchiude risolvendosi nell’arco temporale di un dialogo. 70 Anche se i segni della presenza dell’uomo (straniero) si connotano altresì di valenze negative. LII DINO MANCA zione antropomorfica che, per traslato, richiama una natu- ra partecipe:

Mai la foresta fu più bella e fiorita: forse sente giunta la sua ultima primavera e vuole inebriarsi dei suoi tepori e delle sue fragranze, per dimenticare che la morte si avan- za. Sembra che i giovani elci sorgenti sulle rocce si siano arrampicati lassù per sfuggire all’imminente rovina, e quando il vento passa tremano d’angoscia, e quando la sera glauca discende, e la luna cade come una perla sul vel- luto purpureo dell’orizzonte, le giovani piante sbattono le foglie secche e pare che piangano71.

Un ambiente unico, adesso mortalmente minacciato, è rivisitato attraverso una vibrante partecipazione sensoriale (visiva, uditiva, olfattiva); un natura ferace, tale quale è stata sempre descritta, almeno a cominciare dai testi didascalici del Settecento, «forte di quella forza che si comunica agli uomini e che detta comportamenti coerenti, fieri e genero- si»72. Ecco dunque Zio Cosma, figlio di quel mondo e di quella terra, che dinanzi all’irrompere del giovane straniero, giunto dae su mare per devastare e distruggere, è travolto da un moto d’ira e da un impeto d’emozione. Il cuore del sardo si trasmuta. Come nella foresta cadono le grosse quer- ce, i sugheri vetusti e gli elci secolari, così nel suo animo esplode la ripulsa. Guarda il carbonaio con disprezzo e lo affronta con irosa villania, minacciandolo e riempendolo di improperi e ingiurie (imprecazioni qui da intendersi anche come liberazione di strati profondi e incontrollabili della psiche). Ma i due non sempre si capiscono. Si assiste alla messa in scena di una sorta di dialogo dell’assurdo dai risvolti grotteschi, che si consuma senza prospettiva e senza

71 G. DELEDDA, Colpi di scure…, 244. 72 G. MARCI, Narrativa sarda del Novecento. Immagini e sentimento dell’i- dentità, Cagliari, Cuec, 1991, 17. Introduzione LIII speranza nell’incomunicabilità e quasi nel nonsense. Essi possiedono lingue e mentalità differenti, espressione di mondi e civiltà diverse; un conflitto di codici e un’interfe- renza comunicativa che è discrasia culturale oltre che gene- razionale.

L’impalcatura tematico-contenutistica delle raccolte più conosciute (La regina delle tenebre, I giuochi della vita, Amori moderni, Il nonno, Chiaroscuro, Il fanciullo nascosto) specifica meglio quelli che saranno i temi e i motivi tipici del romanzo deleddiano, quali quelli della festa, del viaggio, dell’amore (coniugale, illecito, interessato), della vendetta, della giustizia (umana e divina), del peccato, dell’infrazio- ne, del tradimento, dell’espiazione, della redenzione. Ana- logamente continua a esistere, autonomo o incastonato, il bozzetto di prevalente valenza folklorico-demologica, fatto di sguardi antropologici, inserti linguistici, arresti contem- plativi e informanti spazio-temporali (che si rapportano oltre che al codice cronotopico a quello culturale e semico- simbolico)73. Tutta l’opera testimonia infatti dell’interesse

73 Un esempio ne è la novella Mentre soffia il levante che ruota intorno ad un episodio familiare mosso e vario, ricco di rumore e di colore, su un rito che è tanto consueto nei paesi della Sardegna. La sacra ricorrenza del Natale è il filo rosso che lega la vicenda e che fa da sfondo alla pragma- tica di una famiglia patriarcale nuorese piacevolmente coinvolta la notte della vigilia nei preparativi d’occasione, mentre tutto intorno le campa- ne suonano a festa e l’atmosfera si riempie di profumi casti e di festoso invito. È un bel quadretto notturno nel quale prevalgono su tutto le immagini positive di serena operosità e di pace. Gli ambienti, ritratti per ricognizioni panoramiche, sono sempre quelli ameni del microcosmo autosufficiente e protettivo (con descriptio ricca di movimento, policro- mie e variazioni ben ritmate del campo visivo). L’episodio trattato non è nuovo. Di ambientazione prenatalizia, con sferzate di tramontana, suoni di campane, canti a disputas, desinare sulle stuoie, messe di mezzanotte, ebbrezze etiliche, si parla, ad esempio, nel sesto capitolo del romanzo La via del male. Quattordici verbi sorreggono una sequenza vorticosa di LIV DINO MANCA sistematico della Deledda per la ricerca demologica74. Le tradizioni popolari di Nuoro emergono soprattutto grazie allo scrupolo e alla dovizia di particolari con cui la scrittri- ce le fa rivivere traducendole in scrittura artistica. Una capacità circostanziale e descrittiva che spesso oltrepassa l’a- spetto meramente narrativo e si colloca su una dimensione documentaristica e didascalica. Una delle questioni principali che la Deledda più avverti- ta e consapevole deve affrontare da un punto di vista narra- tivo è come tenere insieme cultura osservata (il mondo nuo- rese e barbaricino) e cultura osservante (sardo-italica); come costruire un narratore capace di raccogliere lo straordinario bagaglio conoscitivo di un autore implicito figlio di quel mondo e profondo conoscitore dei suoi codici. Un narrato- re che, ponendosi a una distanza minima dall’universo rap- presentato, sapesse nel contempo raccontare l’anima e il vis- suto della sua gente a un pubblico d’oltremare. Una com- pleta estraneità linguistica, culturale e morale rispetto al mondo narrato avrebbe, infatti, reso inautentica e soprat- azioni successive che inanellandosi compongono un rapido quadretto d’insieme, rappresentativo di un’antica consuetudine nuorese che vuole che il fidanzato, nelle occasioni solenni, regali alla propria donna un pic- colo maiale e una moneta d’oro. E poi ancora antiche leggende, come quella che afferma «che il corpo degli uomini nati nella vigilia di Natale non si dissolverà mai fino alla morte dei secoli», credenze («[…] i morti tornano la notte di Natale a visitare la casa dei parenti»), gare poetiche e cantori estemporanei, norme comportamentali («[…] la moda del paese voleva che i fidanzati stessero a rispettosa distanza […] dopo cena le donne, per il rigido volere del padrone, dovevano ritirarsi»), detti popo- lari («s’omine cando est bezzu no est bonu [...]»), costumi e vestimenta. Si veda a tal riguardo: G. DELEDDA, Mentre soffia il levante, Novelle – II…, 248-53. 74 Iniziò la raccolta di materiale etnografico per la «Rivista delle tradizio- ni popolari» di Angelo De Gubernatis. Divenne socia consigliera per la provincia di Sassari (che allora comprendeva anche Nuoro) della Società Nazionale per le Tradizioni Popolari Italiane, antenata della Società Ita- liana di Etnografia, inaugurata nel 1893. Introduzione LV tutto incomprensibile la sua operazione letteraria. Anche per questo talvolta, per accrescere la naturalezza della resa ‘oggettiva’ dell’ambiente, l’autrice attinge dal ricco giaci- mento etnolinguistico, intraprendendo la difficile strada del mistilinguismo, della mescidanza e dell’ibridismo; opzioni certamente più adeguate e rispondenti alla messa in scena di un microcosmo sardofono75. Perciò ella innesta sul tron- co della lingua di derivazione toscana elementi autoctoni (calchi, sardismi, soluzioni bilingui), procedimenti formali della colloquialità e termini pescati dal contingente lessica- le della lingua sarda; per corrispondere all’intento mimeti- co di traducere, trasportare, un universo antropologico for- temente connotato dentro un sistema linguistico altro; per modellare o rimodulare il codice letterario di riferimento (quello della tradizione letteraria italiana scritta) su un sostrato linguistico dell’oralità primaria e principale veicolo di comunicazione del tessuto semiotico e dei saperi della comunità rappresentata letterariamente. Queste scelte lin- guistiche marcate dal meticciato, determinano per altro una stratificazione del linguaggio che rompe l’effetto monodico di alcune novelle e prepara la polifonia dei suoi romanzi migliori. E una tale consuetudine tutta mimetica, di riprodurre, modulandole, le cadenze linguistiche del mondo isolano non poteva non investire in prima istanza l’aspetto scenico e drammatico del racconto, ovvero gli atti linguistici di cui sono emittenti e riceventi i personaggi – cuore e motore dell’universo semantico – e specularmente

75 Frequenti nell’opera deleddiana sono i calchi, i sardismi sintattici e le traduzioni dal sardo, i modi di dire e le risposte in rima, i proverbi, gli intercalari, i tentativi di riprodurre intonazioni o di ricalcare gli anda- menti ritmici. Ampiamente scandagliato in senso marcatamente etnolin- guistico risulta essere, inoltre, l’ambito dell’onomastica, della toponoma- stica, dell’arte culinaria e della festa. LVI DINO MANCA le attribuzioni, le qualità e la sfera pragmatica in cui essi sono coinvolti:

– Va là, fa il fatto tuo! Saprò arrangiarmi da me! Va [Bae, fache su fattu tuo! M’appo arranzare deo! Bae]

– [...] sta zitto, però: ogni piccola macchia porta orecchie. [… mudu, chi cada tuppedda iuchete oricredda.]76

La Deledda diventa in qualche modo la prima grande e riconosciuta interprete di questa operazione insieme cultu- rale e letteraria. Con lei si realizza quel salto di qualità nel- l’avvio, dirompente per le sue implicazioni, di una profon- da e talvolta ardimentosa opera di adattamento dei model- li culturali autoctoni ai codici, ai generi, alle tipologie for- mali e alle modalità espressive proprie di un sistema lingui- stico e letterario di inappartenenza. Durante il periodo nuorese i processi di proiezione verso il continente (In/Es, «A Roma, a Roma!»), che potevano trasformarsi col tempo in introiezioni autolimitanti e regressive, non si risolvono in uno sterile e angusto orizzonte interno; certamente la ten- sione tutta centripeta e conoscitiva cela un’idea dell’insula- rità concepita come limite geofisico (periferia → centro) che verosimilmente si tramuta, per la giovane scrittrice, in motivo d’inferiorità e di svantaggio. Ma dinanzi al processo di capovolgimento culturale e prospettico (In/Es → Es/In) posto in essere, durante gli anni romani, da una Deledda più matura e consapevole, l’Isola, nell’atto stesso della crea- zione artistica, paradossalmente ritorna ad essere centro e non più periferia («ogni punto dell’universo è anche il cen- tro dell’universo» dirà Giuseppe Dessì, nel 1955 riprenden- do Spinoza e Leibniz), luogo mitico e rappresentazione simbolica, tòpos semantico e archetipo del sentimento liri-

76 G. DELEDDA, Per riflesso, in Novelle – II…, 103 e 109. Introduzione LVII co, scenario primordiale e ragione fondante della propria riconosciuta universalità, oltre che immagine di una terra e di un popolo consegnata all’Italia e al mondo. Tramite infatti la sua operazione artistica, la Sardegna entra a far parte dell’immaginario europeo. Una realtà geografica e antropologica si trasforma, come ha efficacemente rilevato Nicola Tanda77, nella terra del mito, metafora di una condi- zione esistenziale, quella del primitivo, che proprio la cul- tura del Novecento aveva recuperato come unica risposta possibile al disagio esistenziale creato dalla società indu- striale e luogo per eccellenza dove rappresentare le angosce dell’uomo contemporaneo di fronte al progresso scientifico. Solo oggi, da un punto di vista antropologico, diventa age- vole comprendere quell’esotismo nella sua reale portata di rottura dell’orgoglio eurocentrico, e non solo di sogno e di evasione in un passaggio e in una cultura non dominati dalla macchina industriale. La difesa degli antichi saperi antropologici da cui nasce l’equilibrio dei sistemi sociali primitivi è, secondo Tanda, il primo passo per il recupero di una vita emozionale pienamente espressa nei modi aggre- ganti e non disgreganti propri delle società rurali, e per la riconquista di quel ‘supplemento d’anima’ che le logiche illuministiche del Positivismo negano, in quel momento storico, all’uomo. Una crisi che giustifica la necessità che artisti ed intellettuali avvertono, di andare alla ricerca di nuovi spazi antropici incontaminati, dove l’uomo vive ancora secondo le regole di un ethos primitivo in gruppi sociali permeati da quella mistica religiosità su cui riflette Bergson e che Gauguin va a cercare a Tahiti e Giacinto Satta, presumibilmente, in Africa. Del resto, anche nel per- corso formativo di Giuseppe Biasi, altro grande amico della

77 N. TANDA, Introduzione a Canne al Vento, Milano, Mondadori, 1981, VII-XXIX; Dal mito dell’isola all’isola del mito, Roma, Bulzoni, 1992, 9- 41. LVIII DINO MANCA Deledda, l’esperienza del soggiorno africano (Algeri, Tripo- li, Tunisi fra il 1924 e il 1927) è fondamentale. Essa rap- presenta il soddisfacimento di un’esigenza ingenerata nella sua mente di giovane artista in parte anche dalle intuizioni estetiche della Deledda e dalle forti analogie fra cultura sarda e nord-africana presenti nei suoi testi78:

Leggo adesso i suoi racconti, che, a parte qualche lieve imperfezione giovanile, sono davvero interessanti e pieni di colore locale. Vi si respira l’aria del deserto, e le forme umili ma vive dei personaggi mi ricordano lontanamente le figure primitive e caratteristiche dei poveri pastori sardi...79

L’uso di certe formule grafiche nella rappresentazione di figure umane sintetiche ed essenziali richiama alla mente una considerazione di Corrado Maltese a proposito dell’ar- te sarda e della rappresentazione mitografica propria di una civiltà fondamentalmente anticlassica:

Questa schematizzazione dimostra quanto già fosse pene- trata nell’Isola quella tendenza ad impoverire le forme (quasi a mortificare l'antica bellezza classica o forse a ren- derla più simile alle nuove idealità cristiane). La presenza di una salda componente semitica nell'isola, fortemente aniconica per ingiunzione biblica e legata alla tendenza schematico-simbolica per eredità fenicio-punica, ebbe verosimilmente di rincalzo l’appoggio dell’aniconismo cri- stiano delle origini, particolarmente vivace nella versione

78 Lettera di Grazia Deledda a Francesco Cucca, Roma 28 marzo 1910. Nella restituzione del testo sono state rese in corsivo le parole sottolinea- te nel manoscritto. La lettera si trova pubblicata in: D. MANCA, Voglia d’Africa. La personalità e l’opera di un poeta errante, Nuoro, Il Maestrale, 1996, 182. 79 La lettera si trova pubblicata in: D. MANCA, Voglia d’Africa…, 182. Le parole in corsivo corrispondono alle parole sottolineate dalla Deledda nell’autografo. Introduzione LIX

nord-Africana ed orientale della dottrina. Questa tenden- za tipicamente isolana ad una figura schematizzata e sim- bolica, antinaturalistica e anticlassica perdurò fino alle soglie dell’arte contemporanea80.

Un segno sintetico delinea i personaggi all’interno di un ordito ambientale che a prima vista può sembrare oleogra- fico ed esornativo, ma in realtà è, per forme e colori, lo spa- zio ‘dell’esistenza assoluta’ che concorre con gli altri ele- menti, a comporre le immagini mitografiche dell’universo sardo deleddiano. A tratti emerge una descrizione pittorica fatta di sensazioni rapide e violente, intrisa di immediatez- za espressiva, in cui risalta la struttura autonoma del quadro e la costruttività del colore puro, la semplificazione del segno e le superfici piane del modellato tese a raggiungere una corrispondenza tra suggestione emotiva ed ordine interno della composizione. Nella stessa direzione opera da parte di molti artisti di quello scorcio di secolo, l’interesse per la scultura dell’Africa e dell’Oceania, basato sulla con- vinzione che nell’arte primitiva si realizzi la sintesi di perce- zione ed espressione perseguita dal pittore Fauve quando egli fa esplodere sulla tela i blu, i rossi, i gialli, cioè i colori puri senza nessuna mescolanza di toni. La componente espressiva del colore emerge in modo puramente istintivo e la scelta dei colori è basata sull’osservazione, l’emozione, l’e- sperienza sensibile81. La Sardegna di Grazia Deledda richiama alla memoria del lettore immagini di sogno e nostalgia insieme, immagini sorrette da pagine piene di colore e di profumo, vissute e

80 C. MALTESE - R. SERRA, Episodi di una civiltà anticlassica, Milano, Selecta, 177. 81 Grazia Deledda e l’estetica della Secessione: segno, forma e colore in Canne al Vento, tesi di laurea di Pier Francesco Branca, Università degli Studi di Sassari, Facoltà di Magistero (relatore ch.mo prof. Nicola Tanda, correla- tore prof. Dino Manca), Anno accademico 1996-1997, 1-160. LX DINO MANCA fortemente sentite. Il segreto e la forza della sua narrativa stanno appunto in questa stratificata e complessa rappre- sentazione dell’automodello sardo, nella stessa proiezione simbolica del suo universale concreto: l’isola intesa come luogo mitico e come archetipo di tutti i luoghi, terra senza tempo e sentimento di un tempo irrimediabilmente perdu- to, spazio ontologico e universo antropologico in cui si con- suma l’eterno dramma dell’esistere. Ringraziamenti

Desidero qui testimoniare il mio affetto riconoscente a Monica, Edoardo Barbieri, Floriana Fenizia e Giambernardo Piroddi, che hanno riletto e chiosato l’intero testo. Un grazie di cuore a Nicola Tanda per i consigli, le segnalazioni e le indicazioni bibliografiche fornitemi. Desidero inoltre manifestare la mia gratitudine agli addetti della Biblioteca Universitaria di Sassa- ri per la loro cortesia e disponibilità.

IL RITORNO DEL FIGLIO: IL MANOSCRITTO

Il manoscritto autografo della novella di Grazia Deledda Il ritorno del figlio è conservato nella Sala Manoscritti della Biblioteca Universitaria di Sassari (Fondo Manoscritti, Ms. 258). Si tratta di un cartaceo del principio del XX secolo che si compone di cc. 65 di formato oblungo; ogni carta misura in media mm. 318 x 110, ottenuta tramite strappo da altra carta più grande. Esso è mutilo, privo delle cc. 36 e 37. La carta è uso mano, originariamente bianca (adesso color avorio o ingiallita dal tempo e da una probabile espo- sizione alla luce solare), dello stesso tipo tranne le cc. I, VIII, LX, LXI, LXII, LXIII, LXIV, LXV a quadretti blu82 e tranne le cc. XXVII, XXVIII, XXIX, XXX, XXXI e XXXII a righe orizzontali tipo protocollo. Lo stato di conservazio- ne è buono, rare le gore d’umido83, rare le abrasioni84 e cor- rosioni. La numerazione è moderna, progressiva, in cifre arabe sempre sottolineate85, a inchiostro nero, riportata dalla stessa mano, nel recto di ogni carta in alto a destra

82 Data la sostanziale configurazione in pulito di talune carte rispetto alla generale e diffusa presenza di correzioni e cancellature, pensiamo che alcune di esse siano state verosimilmente aggiunte in una fase più tarda, in sostituzione di altre forse troppo corrette e per questo difficilmente leggibili; la cosa, per altro, attesterebbe quantomeno una tardiva campa- gna correttoria, se non finanche un’ulteriore fase elaborativa. 83 Gore d’umido si riscontrano diffusamente nella c. XXV r., nella sola parte bassa della c. XV r. 84 Leggermente abrasa risulta essere la c. XXXI r., in basso a destra in cor- rispondenza di: « – Signora, sa […]»; la c. XXXIX r. in corrispondenza di: «per portarlo a loro […]»; la c. XLVII r. in corrispondenza di: «Sem- pre là, ai […]». Un taglio di trascurabile profondità si trova nella parte bassa del margine sinistro della c. I. 85 Con alcune correzioni della progressione numerica a partire dalla c. XXXVIII fino alla c. LIX. LXVI DINO MANCA tranne le cc. II, LIX, numerate in entrambi i casi anche nel verso, in alto a destra, rispettivamente XII e VI, a mo’ di richiamo o rimando. Il testo è anopistografo86, a piena pagina, tranne qualche eccezione87. La mano è sostanzialmente la stessa88, la scrit- tura, distribuita in media su 38 righe per pagina, è corsiva, calligrafica, appena angolosa, inclinata verso destra, con un angolo di 45° circa, comunque chiara e prodotta con un inchiostro nero89. Il ductus varia per intensità, ampiezza ed

86 Le cc. II, LIX, già citate nel testo, numerate nel verso rispettivamente XII e VI, riportano, sempre nel verso, un brano depennato. La c. II v.: [– In ↔ + (– Una)] ↔ [– sera d’aprile (su marzo) scorso il (–) ↔| (– / sup. \ – /) Davide d’Elia se ne torna↔|va sul suo calessino dalle fattorie ↔| che possedeva nel piano di]. La c. LIX v.: [– si aveva l’impressione di ↔| essere in tanti: i servi, le serve, ↔| la balia; eppoi c’erano sempre ↔| ospiti. La casa era grande, ↔| con un portico antico: certe ↔| camere erano del tutto disabita↔|te, con dei balconcini di le↔|gno che guarda- vano sulle ↔| valli: tre valli, si vedevano, del↔|la nostra casa; una tutta colti↔|vata a viti e olivi, le altre ↔| due selvaggie, rocciose, coperte ↔| di rovi e di ginestre.]. 87 Lo specchio di scrittura della c. XXXIV r. non è a pagina piena, ma fino a mm. 239 su 318 di altezza disponibili. 88 Nelle cc. XIX r., XXI r., XXV r., XXVI r., e LVII r., si trovano dei segni a pastello rosso e blu, quasi sempre da intendersi come indicazioni di riferimento o d’intervento su segmenti di testo, tranne qualche caso di intervento apparentemente non plausibile; comunque segni di difficile attribuzione; forse, nella fase dell’intermediazione tipografica, dovuti a iniziativa di tipografi, curatori, redattori o editor: c. XIX r., segno a pastello rosso, a metà foglio in corrispondenza di: [– s’era ↔| fatta norma (…)]; c. XXI r., segno a pastello rosso, in alto a sinistra, in corri- spondenza di: «il bambino in grembo»; c. XXV r., segno correttivo a pastello rosso, in basso a destra, in corrispondenza di: «Davide lo guar- dava con»; c. XXVI r., segno correttivo e di riferimento a pastello rosso e blu, in corrispondenza di: «– Davide D’Elia», «– La famiglia D’Elia mantiene», «e rifiuta ospitalità a una creatura smarrita»; c. LVII r., segno a pastello rosso, in corrispondenza di: «insisteva presso Bona perché». 89 Una sorta di nero fumo, scolorito dal tempo e ora tendente al marro- ne, con qualche sbavatura; una evidente si riscontra nella c. XXXVII r. Il manoscritto LXVII altezza, soprattutto in corrispondenza degli spazi interlinea- ri utilizzati per le lezioni aggiunte o sostituite, soprascritte o inserite, più raramente, nell’interlinea inferiore. Le carte, sciolte, sono conservate in duplice custodia: una interna di cartoncino e un esterna di cartone rivestita in mezza tela blu ad uno stipo e recante nel dorso la scritta a stampa: «Grazia Deledda [in nero] Il Ritorno del Figlio [in rosso]». Il manoscritto presenta, come detto, correzioni e aggiunte della stessa autrice, la sua firma in fine e, sul verso di c. LXV, forse di altra mano, la seguente notazione in cor- sivo, calligrafico: «Caro Benincasa se ti è possibile lo fai com- porre stanotte (naturalmente dopo l’orario) – Saluti. Al»; con matita blu: «Precedenza». Sulla custodia interna un’etichet- ta riporta dattiloscritta la dicitura in nero «Festa del Libro – 1° vendita di manoscritti italiani sotto gli auspici de La Fiera Letteraria. Grazia Deledda Il Ritorno del Figlio – Racconto. N. 6095». La Commissione per gli acquisti in antiquariato della Biblioteca Universitaria di Sassari, ha acquistato il mano- scritto nel luglio del 1999 dalla libreria antiquaria Lettera- tura Tattile, studio bibliografico del dott. Andrea Galli di Rimini. Il manoscritto proviene dalla collezione dello scrit- tore Umberto Fracchia90, che probabilmente lo ricevette dalla stessa Deledda, già privo delle due carte segnalate. In

90 UMBERTO FRACCHIA (Lucca 1889-Roma 1930) Narratore e giornalista, collaborò alla «Tribuna» e al «Corriere della Sera» dove pubblicò crona- che teatrali e resoconti di viaggi. Nel 1910, con Arturo Onofri e altri fondò la rivista «Lirica». Laureatosi in legge a Roma, si trasferì a Milano dove diresse la rivista «Commedia». Nel 1925 fondò «La Fiera Lettera- ria», diretta fino al 1927, mentre collabora come critico teatrale a «Il Secolo». Scrisse romanzi e racconti: Il perduto amore (Milano, Vitagliano, 1921, romanzo); Angela (Roma-Milano, Mondadori, 1923, romanzo); Piccola gente di città (Milano, Mondadori, 1925, racconti); La stella del Nord (Milano, Mondadori, 1930, romanzo); Gente e scene di campagna (Milano, Mondadori, 1931, postumo, racconti). LXVIII DINO MANCA seguito, nel 1959, fu venduto ad un’asta di beneficenza presso una libreria antiquaria di Lucca, alla quale parteci- parono scrittori e bibliofili amici di Fracchia e collaborato- ri della rivista «La Fiera Letteraria»91. Uno di loro, Massimo Dursi92, lo acquistò e fu l’ultimo possessore fino all’acquisi- zione da parte della libreria antiquaria. L’opera è stata inse- rita nel fondo di manoscritti bibliografici che figura nell’in- ventario Sorbelli Mazzatinti93:

La I carta misura mm. 319 x 108 ed è numerata 1, in cifra araba, a penna, sottolineata, nell’angolo in alto a destra del recto. La carta, uso mano, è a quadretti blu, ottenuta tramite strappo longitudinale (lato destro) da carta più grande. Lo stato di conservazione è complessivamente buono. Un piccolo strappo si riscontra nella parte bassa

91 La «Fiera letteraria» iniziò le sue pubblicazioni a Milano il 13 dicem- bre 1925, sotto la direzione di Fracchia. Nel 1928 venne trasferita a Roma sotto la direzione di Giovan Battista Angioletti e Curzio Malapar- te. L’anno successivo mutò il nome in «L’Italia Letteraria» ed uscì fino al 1936, diretta tra gli altri da Corrado Pavolini e infine da Massimo Bon- tempelli. Il settimanale nacque come chiara contrapposizione tra il ‘tem- pio’ in cui il letterato ama rinchiudersi e la ‘fiera’, luogo d’incontro dove è ammesso ogni linguaggio stilistico. Lo scopo di Fracchia, come dichiarò nell’editoriale significativamente intitolato Esistere nel tempo, fu quello di «fare un giornale che fosse letto dal maggior numero di perso- ne e sia pure senza rinunciare al culto delle cose belle e buone», in «una incondizionata adesione e solidarietà con il tempo». Fra i collaboratori si ricordano Alberto Longhi, Alberto Francini, Libero de Libero ed Elio Vittorini. 92 OTELLO VECCHIETTI, in arte Massimo Dursi, scrittore e drammatur- go, critico teatrale sulle colonne del «Giornale dell’Emilia» e del «Resto del Carlino», fu uno dei protagonisti, soprattutto negli anni Cinquanta e Sessanta, della storia culturale bolognese. 93 Il fondo è costituito da opere di carattere teologico, giuridico, storico, ma anche da opere di narrativa e di poesia di autori sardi fra le quali i manoscritti autografi del romanzo L’Edera, della stessa Deledda, del romanzo Amore ha cent’occhi di Salvatore Farina e delle sillogi di liriche, Canti Barbaricini e i Canti del salto e della tanca, di Sebastiano Satta. Il manoscritto LXIX

del lato sinistro in corrispondenza di «era suo, non gli […]». Il testo è tutto contenuto nel recto, a piena pagina, da: «Il ritorno del figlio […]», a: «[…] imprecò, tentando almeno di»; il verso reca il timbro della Biblioteca Univer- sitaria di Sassari. Si trovano altresì alcune sbavature di inchiostro e qualche cancellatura. La scrittura, di una mano, è distribuita su 36 righe (compresi gli spazi interli- neari utilizzati per le lezioni aggiunte o sostituite); essa è corsiva, calligrafica, inclinata verso destra, con un angolo di 45° circa, chiara e prodotta con un inchiostro nero (scolorito dal tempo e ora tendente al marrone). Il ductus appare uniforme per intensità, ampiezza ed altezza.

La II carta misura mm. 318 x 112 (nel lato superiore) – 110 (nel lato inferiore) ed è numerata 2, in cifra araba, a penna, sottolineata, nell’angolo in alto a destra del recto. La carta, uso mano, color avorio, è stata ottenuta tramite strappo longitudinale (lato destro) da carta più grande. Lo stato di conservazione è complessivamente buono. Il testo è contenuto nel recto, a piena pagina, da: «tirarlo indietro: ma il cavallo […]», a: «[…] I bambini poveri, poi, li»; nel verso lo specchio di scrittura è fino a mm. 65 circa su 318, da: «[– In ↔ + (– Una)] […]», a: «[…] che possedeva nel piano di»; il verso reca il timbro della Biblioteca Universi- taria di Sassari. Sono presenti alcune cancellature. La scrit- tura, di una mano, è distribuita su 37 righe nel recto; su 4 righe depennate nel verso. La scrittura è corsiva, calligrafi- ca, inclinata verso destra, con un angolo di 45° circa, chia- ra e prodotta con un inchiostro nero (scolorito dal tempo e ora tendente al marrone). Il ductus appare uniforme per intensità, ampiezza ed altezza.

La III carta misura mm. 318 x 110 (nel lato superiore) – 109 (nel lato inferiore) ed è numerata 3, in cifra araba, a penna, sottolineata, nell’angolo in alto a destra del recto. La carta, uso mano, color avorio, è stata ottenuta tramite strappo longitudinale (lato destro) da carta più grande. Lo stato di conservazione è complessivamente buono. Il testo, se si eccettuano alcune cancellature, si configura comples- sivamente in pulito; esso è tutto contenuto nel recto, a LXX DINO MANCA

piena pagina, da: «riteneva furbi, intesi per istinto […]», a: «[…] perché vi sono cuori»; il verso reca il timbro della Biblioteca Universitaria di Sassari. La scrittura, di una mano, è distribuita su 40 righe (compresi gli spazi interli- neari utilizzati per le lezioni aggiunte o sostituite); essa è corsiva, calligrafica, appena angolosa, con ridotto calibro dei caratteri, inclinata verso destra, con un angolo di 45° circa, chiara e prodotta con un inchiostro nero (scolorito dal tempo e ora tendente al marrone). Il ductus appare generalmente uniforme per intensità, ampiezza ed altezza; esso varia (per ampiezza ed altezza), in corrispondenza degli spazi interlineari utilizzati per le lezioni aggiunte o sostituite.

La IV carta misura mm. 318 x 110 ed è numerata 4, in cifra araba, a penna, cerchiata a metà, nell’angolo in alto a destra del recto. La carta, uso mano, color avorio, è stata ottenuta tramite strappo longitudinale (lato destro) da carta più grande. Lo stato di conservazione è complessiva- mente buono. Il testo presenta alcune cancellature; esso è tutto contenuto nel recto, a piena pagina, da: «abbandona- ti a sé stessi come terre incolte […]», a: «[…] un po’ inquieti l’uomo»; il verso reca il timbro della Biblioteca Universita- ria di Sassari. La scrittura, di una mano, è distribuita su 39 righe (compresi gli spazi interlineari utilizzati per le lezio- ni aggiunte o sostituite); essa è corsiva, calligrafica, appe- na angolosa, con ridotto calibro dei caratteri, inclinata verso destra, con un angolo di 45° circa, chiara e prodot- ta con un inchiostro nero (scolorito dal tempo e ora ten- dente al marrone). Il ductus appare uniforme per intensità, ampiezza ed altezza; esso varia (per ampiezza ed altezza), in corrispondenza degli spazi interlineari utilizzati per le lezioni aggiunte o sostituite.

La V carta misura mm. 317 x 111 ed è numerata 5, in cifra araba, a penna, sottolineata, nell’angolo in alto a destra del recto. La carta, uso mano, color avorio, è stata ottenuta tramite strappo in entrambi i lati da carta più grande. Lo stato di conservazione è complessivamente buono. Il testo presenta alcune cancellature; esso è tutto Il manoscritto LXXI

contenuto nel recto, a piena pagina, da: «irritato: finché l’uomo irritato […]», a: «[…] venate di rosso fiorivano»; il verso reca il timbro della Biblioteca Universitaria di Sassa- ri. La scrittura, di una mano, è distribuita su 44 righe (compresi gli spazi interlineari utilizzati per le lezioni aggiunte o sostituite); essa è corsiva, calligrafica, appena angolosa, con ridotto calibro dei caratteri, inclinata verso destra, con un angolo di 45° circa, chiara e prodotta con un inchiostro nero (scolorito dal tempo e ora tendente al marrone). Il ductus appare generalmente uniforme per intensità, ampiezza ed altezza; esso varia (per ampiezza ed altezza), in corrispondenza degli spazi interlineari utilizza- ti per le lezioni aggiunte o sostituite.

La VI carta misura mm. 317 x 111 (nel lato superiore) – 112 (nel lato inferiore) ed è numerata 6, in cifra araba, a penna, sottolineata, nell’angolo in alto a destra del recto. La carta, uso mano, color avorio, è stata ottenuta tramite strappo longitudinale in entrambi i lati da carta più gran- de. Lo stato di conservazione è complessivamente buono. Il testo presenta molte cancellature; esso è tutto contenu- to nel recto, a piena pagina, da: «sulle piccole ginocchia […]», a: «[…] La strada saliva dolce». La scrittura, di una mano, è distribuita su 45 righe (compresi gli spazi interli- neari utilizzati per le lezioni aggiunte o sostituite); essa è corsiva, calligrafica, appena angolosa, con ridotto calibro dei caratteri, inclinata verso destra, con un angolo di 45° circa, chiara e prodotta con un inchiostro nero (scolorito dal tempo e ora tendente al marrone). Il ductus varia (per ampiezza ed altezza) soprattutto in corrispondenza degli spazi interlineari utilizzati per le lezioni aggiunte o sosti- tuite.

La VII carta misura mm. 320 x 110 ed è numerata 7, in cifra araba, a penna, sottolineata, nell’angolo in alto a destra del recto. La carta, uso mano, color avorio, è stata ottenuta tramite strappo longitudinale (lato destro) da carta più grande. Lo stato di conservazione è complessiva- mente buono. Il testo presenta alcune cancellature; esso è tutto contenuto nel recto, a piena pagina, da: «mente tra LXXII DINO MANCA

due bordi di […]», a: «[…] – Andiamo – disse al ca-»; il verso reca il timbro della Biblioteca Universitaria di Sassa- ri. La scrittura, di una mano, è distribuita su 40 righe (compresi gli spazi interlineari utilizzati per le lezioni aggiunte o sostituite); essa è corsiva, calligrafica, appena angolosa, con ridotto calibro dei caratteri, inclinata verso destra, con un angolo di 45° circa, chiara e prodotta con un inchiostro nero (scolorito dal tempo e ora tendente al marrone). Il ductus appare generalmente uniforme per intensità, ampiezza ed altezza; esso varia (per ampiezza ed altezza), in corrispondenza degli spazi interlineari utilizza- ti per le lezioni aggiunte o sostituite.

L’VIII carta misura mm. 319 x 105 (nel lato superiore) – 109 (nel lato inferiore) ed è numerata 8, in cifra araba, a penna, sottolineata, nell’angolo in alto a destra del recto. La carta, uso mano, è a quadretti blu, ottenuta tramite strappo longitudinale (lato destro) da carta più grande. Lo stato di conservazione è buono. Il testo è tutto contenuto nel recto, specchio di scrittura fino a mm. 264 su 319, da: «vallo, e il cavallo si rimise a trottare […]», a: «[…] Ma ecco la vita ricomparire:»; il verso reca il timbro della Biblioteca Universitaria di Sassari. Il testo è pulito: nessuna sbavatu- ra di inchiostro né cancellatura. La scrittura, di una mano, è distribuita su 32 righe; è corsiva, calligrafica, inclinata verso destra, con un angolo di 45° circa, chiara e prodot- ta con un inchiostro nero (scolorito dal tempo e ora ten- dente al marrone). Il ductus appare uniforme per intensità, ampiezza ed altezza.

La IX carta misura mm. 317 x 111 (nel lato superiore) – 110 (nel lato inferiore) ed è numerata 9, in cifra araba, a penna, cerchiata a metà, nell’angolo in alto a destra del recto. La carta, uso mano, color avorio, è stata ottenuta tramite strappo longitudinale in entrambi i lati da carta più grande. Lo stato di conservazione è complessivamen- te buono. Il testo è contenuto nel recto, a piena pagina, da: «[– ricominciò] alberelli con le […]», a: «[…] al portone della sua casa.»; il verso reca il timbro della Biblioteca Uni- versitaria di Sassari. Sono presenti alcune cancellature. La Il manoscritto LXXIII

scrittura, di una mano, è distribuita su 40 righe (compre- si gli spazi interlineari utilizzati per le lezioni aggiunte o sostituite). La scrittura è corsiva, calligrafica, inclinata verso destra, con un angolo di 45° circa, chiara e prodot- ta con un inchiostro nero (scolorito dal tempo e ora ten- dente al marrone). Il ductus appare generalmente unifor- me per intensità, ampiezza ed altezza; esso varia (per ampiezza ed altezza), in corrispondenza degli spazi interli- neari utilizzati per le lezioni aggiunte o sostituite.

La X carta misura mm. 319 x 110 (nel lato superiore) – 111 (nel lato inferiore) ed è numerata 10, in cifra araba, a penna, cerchiata a metà, nell’angolo in alto a destra del recto. La carta, uso mano, color avorio, è stata ottenuta tramite strappo longitudinale in entrambi i lati da carta più grande. Lo stato di conservazione è complessivamen- te buono. Il testo, se si eccettua una cancellatura, si confi- gura complessivamente in pulito; esso è tutto contenuto nel recto, a piena pagina, da: «> Su, dunque, con passo riaf↔|frettato, per le svolte della strada ↔| solitaria: un rumore d’acqua ↔| canta adesso nel silenzio e ↔| accresce la frescura della [– notte] ↔| sera: l’odore degli orti e dei ↔| giardini annunzia la vicinanza ↔| del paese. < ↔| Il bam- bino […]», a: «[…] all’altra sull’alto della piazza»; il verso reca il timbro della Biblioteca Universitaria di Sassari. La scrittura, di una mano, è distribuita su 38 righe (compre- si gli spazi interlineari utilizzati per le lezioni aggiunte o sostituite); essa è corsiva, calligrafica, appena angolosa, con ridotto calibro dei caratteri, inclinata verso destra, con un angolo di 45° circa, chiara e prodotta con un inchio- stro nero (scolorito dal tempo e ora tendente al marrone). Il ductus appare uniforme per intensità, ampiezza ed altez- za.

La XI carta misura mm. 318 x 110 ed è numerata 11, in cifra araba, a penna, sottolineata, nell’angolo in alto a destra del recto. La carta, uso mano, color avorio, è stata ottenuta tramite strappo longitudinale (lato destro) da carta più grande. Lo stato di conservazione è complessiva- mente buono. Un ampia parte di testo è depennata. Il LXXIV DINO MANCA

testo è tutto contenuto nel recto, a piena pagina, da: «come tre sorelle rivolte […]», a: «[…] La strada [– però] si faceva»; il verso reca il timbro della Biblioteca Universitaria di Sas- sari. La scrittura, di una mano, è distribuita su 38 righe (compresi gli spazi interlineari utilizzati per le lezioni aggiunte o sostituite); essa è corsiva, inclinata verso destra, con un angolo di 45° circa, chiara e prodotta con un inchiostro nero (scolorito dal tempo e ora tendente al marrone). Il ductus varia (per ampiezza ed altezza), in cor- rispondenza degli spazi interlineari utilizzati per le lezioni aggiunte o sostituite.

La XII carta misura mm. 317 x 111 (nel lato superiore) – 110 (nel lato inferiore) ed è numerata 12, in cifra araba, a penna, sottolineata, nell’angolo in alto a destra del recto. La carta, uso mano, color avorio, è stata ottenuta tramite strappo longitudinale (lato destro) da carta più grande. Lo stato di conservazione è complessivamente buono. Il testo presenta alcune cancellature; esso è tutto contenuto nel recto, a piena pagina, da: «sempre più ripida, […]», a: «[…] aprì un poco: ap»; il verso reca il timbro della Biblioteca Universitaria di Sassari. La scrittura, di una mano, è distri- buita su 36 righe (compresi gli spazi interlineari utilizzati per le lezioni aggiunte o sostituite); essa è corsiva, calligra- fica, appena angolosa, inclinata verso destra, con un ango- lo di 45° circa, chiara e prodotta con un inchiostro nero (scolorito dal tempo e ora tendente al marrone). Il ductus appare generalmente uniforme per intensità, ampiezza ed altezza; esso varia (per ampiezza ed altezza), in corrispon- denza degli spazi interlineari utilizzati per le lezioni aggiunte o sostituite.

La XIII carta misura mm. 317 x 111 ed è numerata 13, in cifra araba, a penna, sottolineata, nell’angolo in alto a destra del recto. La carta, uso mano, color avorio, è stata ottenuta tramite strappo longitudinale in entrambi i lati da carta più grande. Lo stato di conservazione è comples- sivamente buono. Il testo, se si eccettua una cancellatura, si configura complessivamente in pulito; esso è tutto con- tenuto nel recto, a piena pagina, da: «parve, nel vano miste- Il manoscritto LXXV

rioso, […]», a: «[…] quello che teneva»; il verso reca il tim- bro della Biblioteca Universitaria di Sassari. La scrittura, di una mano, è distribuita su 38 righe (compresi gli spazi interlineari utilizzati per le lezioni aggiunte o sostituite); essa è corsiva, calligrafica, appena angolosa, con ridotto calibro dei caratteri, inclinata verso destra, con un angolo di 45° circa, chiara e prodotta con un inchiostro nero (scolorito dal tempo e ora tendente al marrone). Il ductus appare uniforme per intensità, ampiezza ed altezza.

La XIV carta misura mm. 317 x 111 ed è numerata 14, in cifra araba, a penna, sottolineata, nell’angolo in alto a destra del recto. La carta, uso mano, color avorio, è stata ottenuta tramite strappo longitudinale in entrambi i lati da carta più grande. Lo stato di conservazione è comples- sivamente buono. Il testo, se si eccettua qualche cancella- tura, si configura complessivamente in pulito; esso è tutto contenuto nel recto, a piena pagina, da: «in braccio era pro- prio un […]», a: «[…] fi↔|gliuolo morto. [– la sua indiffe- ] ins. inf. spaz. interv.»; il verso reca il timbro della Biblio- teca Universitaria di Sassari. La scrittura, di una mano, è distribuita su 36 righe (compresi gli spazi interlineari uti- lizzati per le lezioni aggiunte o sostituite); essa è corsiva, calligrafica, appena angolosa, con ridotto calibro dei carat- teri, inclinata verso destra, con un angolo di 45° circa, chiara e prodotta con un inchiostro nero (scolorito dal tempo e ora tendente al marrone). Il ductus appare unifor- me per intensità, ampiezza ed altezza.

La XV carta misura mm. 319 x 111 ed è numerata 15, in cifra araba, a penna, sottolineata, nell’angolo in alto a destra del recto. La carta, uso mano, color avorio, è stata ottenuta tramite strappo longitudinale (lato destro) da carta più grande. Lo stato di conservazione è complessiva- mente buono. Qualche gora compare nella parte bassa della carta. Il testo è contenuto nel recto, a piena pagina, da: «La sua indiffe- […]», a: «[…] profondamente, perché»; il verso reca il timbro della Biblioteca Universitaria di Sas- sari. Sono presenti alcune cancellature. La scrittura, di una mano, è distribuita su 42 righe (compresi gli spazi interli- LXXVI DINO MANCA

neari utilizzati per le lezioni aggiunte o sostituite). La scrittura è corsiva, calligrafica, inclinata verso destra, con un angolo di 45° circa, chiara e prodotta con un inchio- stro nero (scolorito dal tempo e ora tendente al marrone). Il ductus appare generalmente uniforme per intensità, ampiezza ed altezza; esso varia (per ampiezza ed altezza), in corrispondenza degli spazi interlineari utilizzati per le lezioni aggiunte o sostituite.

La XVI carta misura mm. 318 x 110 ed è numerata 16, in cifra araba, a penna, sottolineata, nell’angolo in alto a destra del recto. La carta, uso mano, color avorio, è stata ottenuta tramite strappo longitudinale (lato destro) da carta più grande. Lo stato di conservazione è complessiva- mente buono. Il testo, se si eccettua una cancellatura, si configura complessivamente in pulito; esso è tutto conte- nuto nel recto, a piena pagina, da: «né l’entrata della vec- chia […]», a: «[…] fanno i piccoli gatti»; il verso reca il tim- bro della Biblioteca Universitaria di Sassari. La scrittura, di una mano, è distribuita su 38 righe (compresi gli spazi interlineari utilizzati per le lezioni aggiunte o sostituite). La scrittura è corsiva, calligrafica, inclinata verso destra, con un angolo di 45° circa, chiara e prodotta con un inchiostro nero (scolorito dal tempo e ora tendente al marrone). Il ductus appare uniforme per intensità, ampiezza ed altezza.

La XVII carta misura mm. 318 x 111 (nel lato superiore) – 110 (nel lato inferiore) ed è numerata 17, in cifra araba, a penna, sottolineata, nell’angolo in alto a destra del recto. La carta, uso mano, color avorio, è stata ottenuta tramite strappo longitudinale in entrambi i lati da carta più gran- de. Lo stato di conservazione è complessivamente buono. Il testo si configura complessivamente in pulito; esso è tutto contenuto nel recto, a piena pagina, da: «gelosi: quan- do fu un po’ […]», a: «[…] com’era a osservare»; il verso reca il timbro della Biblioteca Universitaria di Sassari. La scrit- tura, di una mano, è distribuita su 37 righe (compresi gli spazi interlineari utilizzati per le lezioni aggiunte o sosti- tuite). La scrittura è corsiva, calligrafica, inclinata verso Il manoscritto LXXVII

destra, con un angolo di 45° circa, chiara e prodotta con un inchiostro nero (scolorito dal tempo e ora tendente al marrone). Il ductus appare uniforme per intensità, ampiezza ed altezza.

La XVIII carta misura mm. 318 x 111 (nel lato superiore) – 114 (nel lato inferiore) ed è numerata 18, in cifra araba, a penna, sottolineata, nell’angolo in alto a destra del recto. La carta, uso mano, color avorio, è stata ottenuta tramite strappo longitudinale in entrambi i lati da carta più gran- de. Lo stato di conservazione è complessivamente buono. Un breve tratto verticale di matita rossa si riscontra nel lato destro in posizione mediana in corrispondenza della parola: «moglie». Il testo, se si eccettua qualche cancellatu- ra, si configura complessivamente in pulito; esso è tutto contenuto nel recto, a piena pagina, da: «il bambino, al quale aveva […]», a: «[…] vecchia delle donne lo servì.»; il verso reca il timbro della Biblioteca Universitaria di Sassa- ri. La scrittura, di una mano, è distribuita su 38 righe (compresi gli spazi interlineari utilizzati per le lezioni aggiunte o sostituite). La scrittura è corsiva, calligrafica, inclinata verso destra, con un angolo di 45° circa, chiara e prodotta con un inchiostro nero (scolorito dal tempo e ora tendente al marrone). Il ductus appare uniforme per intensità, ampiezza ed altezza.

La XIX carta misura mm. 318 x 110 ed è numerata 19, in cifra araba, a penna, sottolineata, nell’angolo in alto a destra del recto. La carta, uso mano, color avorio, è stata ottenuta tramite strappo longitudinale (lato destro) da carta più grande. Lo stato di conservazione è complessiva- mente buono. Un breve tratto verticale di matita rossa si riscontra nel lato destro in posizione mediana in corri- spondenza della parola: «[– s’era] e [– nessuno]». Il testo, se si eccettua qualche rigo depennato, si configura comples- sivamente in pulito; esso è tutto contenuto nel recto, a piena pagina, da: «Un lume ad olio a tre becchi […]», a: «[…] all’altro mondo.»; il verso reca il timbro della Biblio- teca Universitaria di Sassari. La scrittura, di una mano, è distribuita su 37 righe (compresi gli spazi interlineari uti- LXXVIII DINO MANCA

lizzati per le lezioni aggiunte o sostituite). La scrittura è corsiva, calligrafica, appena angolosa, con ridotto calibro dei caratteri, inclinata verso destra, con un angolo di 45° circa, chiara e prodotta con un inchiostro nero (scolorito dal tempo e ora tendente al marrone). Il ductus appare uniforme per intensità, ampiezza ed altezza.

La XX carta misura mm. 318 x 110 ed è numerata 20, in cifra araba, a penna, cerchiata a metà, nell’angolo in alto a destra del recto. La carta, uso mano, color avorio, è stata ottenuta tramite strappo longitudinale (lato destro) da carta più grande. Lo stato di conservazione è complessiva- mente buono. Il testo si configura complessivamente in pulito; esso è tutto contenuto nel recto, a piena pagina, da: «– perché mi guardi così? – […]», a: «[…] – Adesso? – mor- morò la mo»; il verso reca il timbro della Biblioteca Uni- versitaria di Sassari. La scrittura, di una mano, è distribui- ta su 37 righe (compresi gli spazi interlineari utilizzati per le lezioni aggiunte o sostituite). La scrittura è corsiva, cal- ligrafica, appena angolosa, con ridotto calibro dei caratte- ri, inclinata verso destra, con un angolo di 45° circa, chia- ra e prodotta con un inchiostro nero (scolorito dal tempo e ora tendente al marrone). Il ductus appare uniforme per intensità, ampiezza ed altezza.

La XXI carta misura mm. 318 x 110 ed è numerata 21, in cifra araba, a penna, sottolineata, nell’angolo in alto a destra del recto. La carta, uso mano, color avorio, è stata ottenuta tramite strappo longitudinale (lato destro) da carta più grande. Lo stato di conservazione è complessiva- mente buono. Un breve tratto verticale di matita rossa si riscontra in alto nel lato sinistro in corrispondenza della parola: «bambino». Il testo, se si eccettua qualche ricalco, si configura complessivamente in pulito; esso è tutto con- tenuto nel recto, a piena pagina, da: «glie, che teneva sem- pre il […]», a: «[…] bisogna dimenticarlo, e di tutta»; il verso reca il timbro della Biblioteca Universitaria di Sassa- ri. La scrittura, di una mano, è distribuita su 39 righe (compresi gli spazi interlineari utilizzati per le lezioni aggiunte o sostituite). La scrittura è corsiva, calligrafica, Il manoscritto LXXIX

appena angolosa, con ridotto calibro dei caratteri, inclina- ta verso destra, con un angolo di 45° circa, chiara e pro- dotta con un inchiostro nero (scolorito dal tempo e ora tendente al marrone). Il ductus appare uniforme per inten- sità, ampiezza ed altezza.

La XXII carta misura mm. 317 x 110 ed è numerata 22, in cifra araba, a penna, sottolineata, nell’angolo in alto a destra del recto. La carta, uso mano, color avorio, è stata ottenuta tramite strappo longitudinale in entrambi i lati da carta più grande. Lo stato di conservazione è comples- sivamente buono. Un breve tratto verticale di matita rossa si riscontra in basso nel lato sinistro. Il testo presenta qual- che cancellatura e qualche rigo depennato, per il resto si configura complessivamente in pulito; esso è tutto conte- nuto nel recto, a piena pagina, da: «la sua accreditata fami- glia, […]», a: «[…] nettamente che non intendeva»; il verso reca il timbro della Biblioteca Universitaria di Sassari. La scrittura, di una mano, è distribuita su 37 righe (compre- si gli spazi interlineari utilizzati per le lezioni aggiunte o sostituite). La scrittura è corsiva, calligrafica, appena ango- losa, con ridotto calibro dei caratteri, inclinata verso destra, con un angolo di 45° circa, chiara e prodotta con un inchiostro nero (scolorito dal tempo e ora tendente al marrone). Il ductus appare generalmente uniforme per intensità, ampiezza ed altezza; esso varia (per ampiezza ed altezza), in corrispondenza degli spazi interlineari utilizza- ti per le lezioni aggiunte o sostituite.

La XXIII carta misura mm. 318 x 111 ed è numerata 23, in cifra araba, a penna, sottolineata, nell’angolo in alto a destra del recto. La carta, uso mano, color avorio, è stata ottenuta tramite strappo longitudinale in entrambi i lati da carta più grande. Lo stato di conservazione è comples- sivamente buono. Il testo si configura in pulito; esso è tutto contenuto nel recto, a piena pagina, da: «uscir fuori di notte con un […]», a: «[…] preti o al brigadiere, o»; il verso reca il timbro della Biblioteca Universitaria di Sassa- ri. La scrittura, di una mano, è distribuita su 36 righe (compresi gli spazi interlineari utilizzati per le lezioni LXXX DINO MANCA

aggiunte o sostituite). La scrittura è corsiva, calligrafica, appena angolosa, con ridotto calibro dei caratteri, inclina- ta verso destra, con un angolo di 45° circa, chiara e pro- dotta con un inchiostro nero (scolorito dal tempo e ora tendente al marrone). Il ductus appare uniforme per inten- sità, ampiezza ed altezza.

La XXIV carta misura mm. 318 x 112 (nel lato superiore) – 111 (nel lato inferiore) ed è numerata 24, in cifra araba, a penna, cerchiata a metà, nell’angolo in alto a destra del recto. La carta, uso mano, color avorio, è stata ottenuta tramite strappo longitudinale in entrambi i lati da carta più grande. Lo stato di conservazione è complessivamen- te buono. Il testo, se si eccettua qualche cancellatura, si configura complessivamente in pulito; esso è tutto conte- nuto nel recto, a piena pagina, da: «a qualche donna che il […]», a: «[…] sputò: sì, la sua coscien-»; il verso reca il tim- bro della Biblioteca Universitaria di Sassari. La scrittura, di una mano, è distribuita su 37 righe (compresi gli spazi interlineari utilizzati per le lezioni aggiunte o sostituite). La scrittura è corsiva, calligrafica, appena angolosa, con ridotto calibro dei caratteri, inclinata verso destra, con un angolo di 45° circa, chiara e prodotta con un inchiostro nero (scolorito dal tempo e ora tendente al marrone). Il ductus appare generalmente uniforme per intensità, ampiezza ed altezza; esso varia (per ampiezza ed altezza), in corrispondenza degli spazi interlineari utilizzati per le lezioni aggiunte o sostituite.

La XXV carta misura mm. 320 x 108 (nel lato superiore) – 109 (nel lato inferiore) ed è numerata 25, in cifra araba, a penna, cerchiata a metà, nell’angolo in alto a destra del recto. La carta, uso mano, color avorio, è stata ottenuta tramite strappo longitudinale (lato destro) da carta più grande. La carta presenta diffusamente gore d’umido. Una breve cancellatura con matita rossa su inchiostro nero si riscontra in basso nel lato destro in corrispondenza della parola: «con». Il testo, se si eccettua qualche ricalco, si con- figura complessivamente in pulito; esso è tutto contenuto nel recto, a piena pagina, da: «za non gli rimproverava Il manoscritto LXXXI

[…]», a: «[…] un po’ di derisione; > pensò: <«; il verso reca il timbro della Biblioteca Universitaria di Sassari. La scrit- tura, di una mano, è distribuita su 38 righe (compresi gli spazi interlineari utilizzati per le lezioni aggiunte o sosti- tuite). La scrittura è corsiva, calligrafica, inclinata verso destra, con un angolo di 45° circa, chiara e prodotta con un inchiostro nero (scolorito dal tempo e ora tendente al marrone). Il ductus appare uniforme per intensità, ampiezza ed altezza.

La XXVI carta misura mm. 319 x 112 (nel lato superiore) – 109 (nel lato inferiore) ed è numerata 26, in cifra araba, a penna, sottolineata, nell’angolo in alto a destra del recto. La carta, uso mano, color avorio, è stata ottenuta tramite strappo longitudinale in entrambi i lati da carta più gran- de. Lo stato di conservazione è complessivamente buono. Brevi correzioni fatte con matita rossa e blu si riscontrano qua e là nel testo. Il testo presenta qualche cancellatura; esso è tutto contenuto nel recto, a piena pagina, da: «[– e gli pareva di scorgere ↔| + (– L’impressione che quello ↔| ‹specchiasse› ogni movimento che quello ↔| faceva-)] – Ades- so sentiremo […]», a: «[…] – io troverò sempre»; nel verso, specchio di scrittura fino a mm. 141 circa su 319, su 19 righe da: «[– a sorveglire […]», a: «[…] già chiuso»; il verso è numerato 12, in cifra araba, a penna, sottolineata, nel- l’angolo in alto a destra e reca a centro pagina il timbro della Biblioteca Universitaria di Sassari. La scrittura, di una mano, è distribuita su 42 righe (compresi gli spazi interlineari utilizzati per le lezioni aggiunte o sostituite). La scrittura è corsiva, calligrafica, appena angolosa, con ridotto calibro dei caratteri, inclinata verso destra, con un angolo di 45° circa, chiara e prodotta con un inchiostro nero (scolorito dal tempo e ora tendente al marrone). Il ductus appare generalmente uniforme per intensità, ampiezza ed altezza; esso varia (per ampiezza ed altezza), in corrispondenza degli spazi interlineari utilizzati per le lezioni aggiunte o sostituite.

La XXVII carta misura mm. 322 x 109 (nel lato superio- re) – 108 (nel lato inferiore) ed è numerata 27, in cifra LXXXII DINO MANCA

araba, a penna, sottolineata, nell’angolo in alto a destra del recto. La carta, a righe tipo protocollo, ingiallita, è stata ottenuta tramite strappo longitudinale (lato destro) da carta più grande. Lo stato di conservazione è complessiva- mente buono. Il testo, eccetto una cancellatura, si confi- gura in pulito; esso è tutto contenuto nel recto, a piena pagina, da: «chi mi farà l’elemosina, […]», a: «[…] E così, per quella notte il»; il verso reca il timbro della Biblioteca Universitaria di Sassari. La scrittura, di una mano, è distri- buita su 34 righe. La scrittura è corsiva, calligrafica, incli- nata verso destra, con un angolo di 45° circa, chiara e pro- dotta con un inchiostro nero (scolorito dal tempo e ora tendente al marrone). Il ductus appare uniforme per inten- sità, ampiezza ed altezza.

La XXVIII carta misura mm. 322 x 109 (nel lato superio- re) – 107 (nel lato inferiore) ed è numerata 28, in cifra araba, a penna, sottolineata, nell’angolo in alto a destra del recto. La carta, a righe tipo protocollo, ingiallita, è stata ottenuta tramite strappo longitudinale (lato destro) da carta più grande. Lo stato di conservazione è complessiva- mente buono. Il testo, eccetto una cancellatura, si confi- gura in pulito; esso è tutto contenuto nel recto, a piena pagina, da: «bambino rimase in casa. […]», a: «[…] popo- lavano la camera,»; il verso reca il timbro della Biblioteca Universitaria di Sassari. La scrittura, di una mano, è distri- buita su 32 righe. La scrittura è corsiva, calligrafica, incli- nata verso destra, con un angolo di 45° circa, chiara e pro- dotta con un inchiostro nero (scolorito dal tempo e ora tendente al marrone). Il ductus appare uniforme per inten- sità, ampiezza ed altezza.

La XXIX carta misura mm. 322 x 109 (nel lato superiore) – 111 (nel lato inferiore) ed è numerata 29, in cifra araba, a penna, sottolineata, nell’angolo in alto a destra del recto. La carta, a righe tipo protocollo, ingiallita, è stata ottenu- ta tramite strappo longitudinale (lato destro) da carta più grande. Lo stato di conservazione è complessivamente buono. Il testo presenta numerose cancellature; esso è tutto contenuto nel recto, a piena pagina, da: «e sull’uscio e Il manoscritto LXXXIII

sopra il letto […]», a: «[…] che giudicava con apatia ogni cosa.»; il verso reca il timbro della Biblioteca Universitaria di Sassari. La scrittura, di una mano, è distribuita su 32 righe (compresi gli spazi interlineari utilizzati per le lezio- ni aggiunte o sostituite). La scrittura è corsiva, calligrafica, inclinata verso destra, con un angolo di 45° circa, chiara e prodotta con un inchiostro nero (scolorito dal tempo e ora tendente al marrone). Il ductus varia (per ampiezza ed altezza), in corrispondenza degli spazi interlineari utilizza- ti per le lezioni aggiunte o sostituite.

La XXX carta misura mm. 322 x 110 (nel lato superiore) – 108 (nel lato inferiore) ed è numerata 30, in cifra araba, a penna, cerchiata a metà, nell’angolo in alto a destra del recto. La carta, a righe tipo protocollo, ingiallita, è stata ottenuta tramite strappo longitudinale (lato destro) da carta più grande. Lo stato di conservazione è complessiva- mente buono. Il testo presenta numerosissime cancellatu- re; esso è tutto contenuto nel recto, a piena pagina, da: «Domani ci sarà chi […]», a: «[…] sangue prodotta dall’a- lito»; il verso reca il timbro della Biblioteca Universitaria di Sassari. La scrittura, di una mano, è distribuita su 42 righe (compresi gli spazi interlineari utilizzati per le lezioni aggiunte o sostituite). La scrittura è corsiva, inclinata verso destra, con un angolo di 45° circa, prodotta con un inchiostro nero (scolorito dal tempo e ora tendente al marrone). Il ductus varia (per ampiezza ed altezza), in cor- rispondenza degli spazi interlineari utilizzati per le lezioni aggiunte o sostituite.

La XXXI carta misura mm. 322 x 111 (nel lato superiore) – 112 (nel lato inferiore) ed è numerata 30, in cifra araba, a penna, sottolineata, nell’angolo in alto a destra del recto. La carta, a righe tipo protocollo, ingiallita, è stata ottenu- ta tramite strappo longitudinale (lato destro) da carta più grande. Lo stato di conservazione è complessivamente buono. Il testo, eccetto una cancellatura, si configura in pulito; esso è tutto contenuto nel recto, a piena pagina, da: «del demonio: ma il calore […]», a: «[…] Mi ha chiesto: chi è? quel»; il verso reca il timbro della Biblioteca Universita- LXXXIV DINO MANCA

ria di Sassari. La scrittura, di una mano, è distribuita su 33 righe (compresi gli spazi interlineari utilizzati per le lezio- ni aggiunte o sostituite). La scrittura è corsiva, calligrafica, inclinata verso destra, con un angolo di 45° circa, chiara e prodotta con un inchiostro nero (scolorito dal tempo e ora tendente al marrone). Il ductus appare uniforme per intensità, ampiezza ed altezza.

La XXXII carta misura mm. 322 x 111 ed è numerata 32, in cifra araba, a penna, sottolineata, nell’angolo in alto a destra del recto. La carta, a righe tipo protocollo, ingialli- ta, è stata ottenuta tramite strappo longitudinale (lato destro) da carta più grande. Lo stato di conservazione è complessivamente buono. Il testo presenta delle cancella- ture; esso è tutto contenuto nel recto, a piena pagina, da: «santo cieco? […]», a: «[…] – Ricordi, Albina, quando Elis»; il verso reca il timbro della Biblioteca Universitaria di Sas- sari. La scrittura, di una mano, è distribuita su 36 righe (compresi gli spazi interlineari utilizzati per le lezioni aggiunte o sostituite). La scrittura è corsiva, inclinata verso destra, con un angolo di 45° circa, prodotta con un inchiostro nero (scolorito dal tempo e ora tendente al marrone). Il ductus appare generalmente uniforme per intensità, ampiezza ed altezza; esso varia (per ampiezza ed altezza), in corrispondenza degli spazi interlineari utilizza- ti per le lezioni aggiunte o sostituite.

La XXXIII carta misura mm. 318 x 110 ed è numerata 33, in cifra araba, a penna, sottolineata, nell’angolo in alto a destra del recto. La carta, uso mano, color avorio, è stata ottenuta tramite strappo longitudinale in entrambi i lati da carta più grande. Lo stato di conservazione è comples- sivamente buono. Il testo presenta qualche cancellatura; esso è tutto contenuto nel recto, a piena pagina, da: «era così piccolo e voleva […]», a: «[…] ad afferrarsi i piedini»; il verso reca a centro pagina il timbro della Biblioteca Uni- versitaria di Sassari. La scrittura, di una mano, è distribui- ta su 39 righe (compresi gli spazi interlineari utilizzati per le lezioni aggiunte o sostituite). La scrittura è corsiva, cal- ligrafica, appena angolosa, con ridotto calibro dei caratte- Il manoscritto LXXXV

ri, inclinata verso destra, con un angolo di 45° circa, chia- ra e prodotta con un inchiostro nero (scolorito dal tempo e ora tendente al marrone). Il ductus appare generalmente uniforme per intensità, ampiezza ed altezza; esso varia (per ampiezza ed altezza), in corrispondenza degli spazi interli- neari utilizzati per le lezioni aggiunte o sostituite.

La XXXIV carta misura mm. 317 x 111 (nel lato superio- re) – 110 (nel lato inferiore) ed è numerata 34, in cifra araba, a penna, sottolineata, nell’angolo in alto a destra del recto. La carta, uso mano, color avorio, è stata ottenu- ta tramite strappo longitudinale (lato sinistro) da carta più grande. Lo stato di conservazione è complessivamente buono. Il testo presenta qualche cancellatura; esso è tutto contenuto nel recto, specchio di scrittura fino a mm. 240 circa su 317, su 30 righe da: «e portarseli alla bocca. […]», a: «[…] – Gesù però disse il contrario»; il verso reca a centro pagina il timbro della Biblioteca Universitaria di Sassari. La scrittura, di una mano, è corsiva, appena angolosa, con ridotto calibro dei caratteri, inclinata verso destra, con un angolo di 45° circa, chiara e prodotta con un inchiostro nero (scolorito dal tempo e ora tendente al marrone). Il ductus appare generalmente uniforme per intensità, ampiezza ed altezza; esso varia (per ampiezza ed altezza), in corrispondenza degli spazi interlineari utilizzati per le lezioni aggiunte o sostituite. Questa carta verosimilmente ne sostituisce un’altra eliminata.

La XXXV carta misura mm. 318 x 110 ed è numerata 35, in cifra araba, a penna, cerchiata a metà, nell’angolo in alto a destra del recto. La carta, uso mano, color avorio, è stata ottenuta tramite strappo longitudinale in entrambi i lati da carta più grande. Lo stato di conservazione è com- plessivamente buono. Il testo presenta numerose cancella- ture; esso è tutto contenuto nel recto, a piena pagina, da: «> trario, < – mormorò […]», a: «[…] quasi monacale»; il verso reca a centro pagina il timbro della Biblioteca Uni- versitaria di Sassari. La scrittura, di una mano, è distribui- ta su 41 righe (compresi gli spazi interlineari utilizzati per le lezioni aggiunte o sostituite). La scrittura è corsiva, LXXXVI DINO MANCA

appena angolosa, con ridotto calibro dei caratteri, inclina- ta verso destra, con un angolo di 45° circa, prodotta con un inchiostro nero (scolorito dal tempo e ora tendente al marrone). Il ductus appare generalmente uniforme per intensità, ampiezza ed altezza; esso varia (per ampiezza ed altezza), in corrispondenza degli spazi interlineari utilizza- ti per le lezioni aggiunte o sostituite.

La XXXVIII carta misura mm. 320 x 108 ed è numerata 38, in cifra araba, a penna, sottolineata, nell’angolo in alto a destra del recto. La carta, uso mano, color avorio, è stata ottenuta tramite strappo longitudinale in entrambi i lati da carta più grande. Lo stato di conservazione è comples- sivamente buono. Il testo presenta numerosissime cancel- lature; esso è tutto contenuto nel recto, a piena pagina, da: «[– ta. Se loro ti sentono guai ! ↔| – Che possono farmi? più nulla ↔| nessuno può farmi. E se non ↔| tengono in casa quel bambino, io ↔| dirò loro questa ed altre cose: poi ↔| me ne andrò. ↔| – Non dubitare: se ti sentono ↔| ti cac- ciano via a bastonate, – ↔| disse Albina indignata, ma in fondo ↔| (– gli dava + sup.\continuava a dargli ‹sic›/) ragio- ne, non solo, ma ri↔|pensava alle parole che le pareva ↔| d’aver sentito mormorare al ↔| bambino «chi è ? quel santo ↔| cieco ?» (– ‹questi› + sup.\il santo cieco/) le destava sem↔|pre più rispetto.] ↔| Gli chiese […]», a: «[…] pare- va non si ricordasse»; il verso reca a centro pagina il timbro della Biblioteca Universitaria di Sassari. La scrittura, di una mano, è distribuita su 48 righe (compresi gli spazi interlineari utilizzati per le lezioni aggiunte o sostituite). La scrittura, è corsiva, appena angolosa, con ridotto cali- bro dei caratteri ai limiti della leggibilità, inclinata verso destra, con un angolo di 45° circa, prodotta con un inchiostro nero (scolorito dal tempo e ora tendente al marrone). Il ductus varia (per ampiezza ed altezza), in cor- rispondenza degli spazi interlineari utilizzati per le lezioni aggiunte o sostituite.

La XXXIX carta misura mm. 320 x 111 (nel lato superio- re) – 110 (nel lato inferiore) ed è numerata 39, in cifra araba, a penna, sottolineata, nell’angolo in alto a destra Il manoscritto LXXXVII

del recto. La carta, uso mano, color avorio, è stata ottenu- ta tramite strappo longitudinale in entrambi i lati da carta più grande. Lo stato di conservazione è complessivamen- te buono. Il testo presenta numerose cancellature; esso è tutto contenuto nel recto, a piena pagina, da: «neppure del bambino perché […]», a: «[…] [– Appena Elisabetta s’acco- stò ↔| poi]»; il verso reca a centro pagina il timbro della Biblioteca Universitaria di Sassari. La scrittura, di una mano, è distribuita su 48 righe (compresi gli spazi interli- neari utilizzati per le lezioni aggiunte o sostituite). La scrittura è corsiva, calligrafica, appena angolosa, con ridotto calibro dei caratteri, inclinata verso destra, con un angolo di 45° circa, chiara e prodotta con un inchiostro nero (scolorito dal tempo e ora tendente al marrone). Il ductus varia (per ampiezza ed altezza), in corrispondenza degli spazi interlineari utilizzati per le lezioni aggiunte o sostituite.

La XL carta misura mm. 319 x 111 (nel lato superiore) – 110 (nel lato inferiore) ed è numerata 40, in cifra araba, a penna, nell’angolo in alto a destra del recto, corretta su ricalco su altro numero purtroppo non leggibile. La carta, uso mano, color avorio, è stata ottenuta tramite strappo. Lo stato di conservazione è complessivamente buono. Il testo non presenta molte cancellature; esso è tutto conte- nuto nel recto, a piena pagina, da: «poi andò a portare il caffè […]», a: «[…] e un’altra: i sogni:»; il verso reca a cen- tro pagina il timbro della Biblioteca Universitaria di Sas- sari. La scrittura, di una mano, è distribuita su 46 righe (compresi gli spazi interlineari utilizzati per le lezioni aggiunte o sostituite). La scrittura è corsiva, calligrafica, appena angolosa, con ridotto calibro dei caratteri, inclina- ta verso destra, con un angolo di 45° circa, chiara e pro- dotta con un inchiostro nero (scolorito dal tempo e ora tendente al marrone). Il ductus appare generalmente uniforme per intensità, ampiezza ed altezza; esso varia (per ampiezza ed altezza), in corrispondenza degli spazi interli- neari utilizzati per le lezioni aggiunte o sostituite.

La XLI carta misura mm. 319 x 111 (nel lato superiore) – LXXXVIII DINO MANCA

110 (nel lato inferiore) ed è numerata 41, in cifra araba, a penna, cerchiata, nell’angolo in alto a destra del recto, cor- retta su ricalco su altro numero purtroppo non leggibile. La carta, uso mano, color avorio, è stata ottenuta tramite strappo. Lo stato di conservazione è complessivamente buono. Il testo presenta cancellature; esso è tutto conte- nuto nel recto, a piena pagina, da: «perché sognava sempre […]», a: «[…] Ma in fondo ella sapeva»; il verso reca a cen- tro pagina il timbro della Biblioteca Universitaria di Sas- sari. La scrittura, di una mano, è distribuita su 47 righe (compresi gli spazi interlineari utilizzati per le lezioni aggiunte o sostituite). La scrittura è corsiva, calligrafica, appena angolosa, con ridotto calibro dei caratteri, inclina- ta verso destra, con un angolo di 45° circa, chiara e pro- dotta con un inchiostro nero (scolorito dal tempo e ora tendente al marrone). Il ductus appare generalmente uniforme per intensità, ampiezza ed altezza; esso varia (per ampiezza ed altezza), in corrispondenza degli spazi interli- neari utilizzati per le lezioni aggiunte o sostituite.

La XLII carta misura mm. 319 x 113 (nel lato superiore) – 111 (nel lato inferiore) ed è numerata 42, in cifra araba, a penna, sottolineata, nell’angolo in alto a destra del recto., corretta su ricalco su altro numero purtroppo non leggi- bile. La carta, uso mano, color avorio, è stata ottenuta tra- mite strappo. Nella parte inferiore della carta, oltre il testo manoscritto si riscontrano sullo sfondo piccoli caratteri a stampa. Lo stato di conservazione è complessivamente buono. Il testo non presenta molte cancellature; esso è tutto contenuto nel recto, a piena pagina, da: «già il miste- rioso segreto […]», a: «[…] perché oramai anche a»; il verso reca a centro pagina il timbro della Biblioteca Universita- ria di Sassari. La scrittura, di una mano, è distribuita su 42 righe (compresi gli spazi interlineari utilizzati per le lezio- ni aggiunte o sostituite). La scrittura è corsiva, calligrafica, appena angolosa, con ridotto calibro dei caratteri, inclina- ta verso destra, con un angolo di 45° circa, chiara e pro- dotta con un inchiostro nero (scolorito dal tempo e ora tendente al marrone). Il ductus appare generalmente uniforme per intensità, ampiezza ed altezza; esso varia (per Il manoscritto LXXXIX

ampiezza ed altezza), in corrispondenza degli spazi interli- neari utilizzati per le lezioni aggiunte o sostituite.

La XLIII carta misura mm. 319 x 111 ed è numerata 43, in cifra araba, a penna, sottolineata, nell’angolo in alto a destra del recto., corretta su ricalco su altro numero pur- troppo non leggibile. La carta, uso mano, color avorio, è stata ottenuta tramite strappo. Lo stato di conservazione è complessivamente buono. Il testo presenta molte cancella- ture; esso è tutto contenuto nel recto, a piena pagina, da: «lui premessero molto […]», a: «[…] [– guardava il soffitto di legno]»; il verso reca a centro pagina il timbro della Biblioteca Universitaria di Sassari. La scrittura, di una mano, è distribuita su 44 righe (compresi gli spazi interli- neari utilizzati per le lezioni aggiunte o sostituite). La scrittura è corsiva, calligrafica, appena angolosa, con ridotto calibro dei caratteri, inclinata verso destra, con un angolo di 45° circa, chiara e prodotta con un inchiostro nero (scolorito dal tempo e ora tendente al marrone). Il ductus varia (per ampiezza ed altezza), in corrispondenza degli spazi interlineari utilizzati per le lezioni aggiunte o sostituite.

La XLIV carta misura mm. 318 x 111 (nel lato superiore) – 112 (nel lato inferiore) ed è numerata 44, in cifra araba, a penna, cerchiata a metà, nell’angolo in alto a destra del recto., corretta su ricalco su altro numero purtroppo non leggibile. La carta, uso mano, color avorio, è stata ottenu- ta tramite strappo. Lo stato di conservazione è complessi- vamente buono. Il testo presenta molte cancellature; esso è tutto contenuto nel recto, a piena pagina, da: «[– come contandone le assi] […]», a: «[…] a constatare un delitto.»; il verso reca a centro pagina il timbro della Biblioteca Uni- versitaria di Sassari. La scrittura, di una mano, è distribui- ta su 45 righe (compresi gli spazi interlineari utilizzati per le lezioni aggiunte o sostituite). La scrittura è corsiva, cal- ligrafica, appena angolosa, con ridotto calibro dei caratte- ri, inclinata verso destra, con un angolo di 45° circa, chia- ra e prodotta con un inchiostro nero (scolorito dal tempo e ora tendente al marrone). Il ductus varia (per ampiezza XC DINO MANCA

ed altezza), in corrispondenza degli spazi interlineari uti- lizzati per le lezioni aggiunte o sostituite.

La XLV carta misura mm. 318 x 109 (nel lato superiore) – 108 (nel lato inferiore) ed è numerata 45, in cifra araba, a penna, cerchiata a metà, nell’angolo in alto a destra del recto., corretta su ricalco su altro numero purtroppo non leggibile. La carta, uso mano, color avorio, è stata ottenu- ta tramite strappo. Lo stato di conservazione è complessi- vamente buono. Il testo presenta poche cancellature; esso è tutto contenuto nel recto, a piena pagina, da: «Sottopose ad un lungo […]», a: «[…] al vecchio dottore che lo»; il verso reca a centro pagina il timbro della Biblioteca Universita- ria di Sassari. La scrittura, di una mano, è distribuita su 40 righe (compresi gli spazi interlineari utilizzati per le lezio- ni aggiunte o sostituite). La scrittura è corsiva, calligrafica, appena angolosa, con ridotto calibro dei caratteri, inclina- ta verso destra, con un angolo di 45° circa, chiara e pro- dotta con un inchiostro nero (scolorito dal tempo e ora tendente al marrone). Il ductus appare generalmente uniforme per intensità, ampiezza ed altezza; esso varia (per ampiezza ed altezza), in corrispondenza degli spazi interli- neari utilizzati per le lezioni aggiunte o sostituite.

La XLVI carta misura mm. 316 x 110 (nel lato superiore) – 109 (nel lato inferiore) ed è numerata 46, in cifra araba, a penna, sottolineata, nell’angolo in alto a destra del recto., corretta su ricalco su altro numero purtroppo non leggi- bile. La carta, uso mano, color avorio, è stata ottenuta tra- mite strappo. Lo stato di conservazione è complessiva- mente buono. Il testo presenta molte cancellature; esso è tutto contenuto nel recto, a piena pagina, da: «accompa- gnava, come aveva […]», a: «[…] e la giudicasse severamen- te.»; il verso reca a centro pagina il timbro della Biblioteca Universitaria di Sassari. La scrittura, di una mano, è distri- buita su 48 righe (compresi gli spazi interlineari utilizzati per le lezioni aggiunte o sostituite). La scrittura è corsiva, calligrafica, appena angolosa, con ridotto calibro dei carat- teri, inclinata verso destra, con un angolo di 45° circa, chiara e prodotta con un inchiostro nero (scolorito dal Il manoscritto XCI

tempo e ora tendente al marrone). Il ductus varia (per ampiezza ed altezza), in corrispondenza degli spazi interli- neari utilizzati per le lezioni aggiunte o sostituite.

La XLVII carta misura mm. 317 x 111 (nel lato superio- re) – 112 (nel lato inferiore) ed è numerata 47, in cifra araba, a penna, cerchiata a metà, nell’angolo in alto a destra del recto., corretta su ricalco su altro numero pur- troppo non leggibile. La carta, uso mano, color avorio, è stata ottenuta tramite strappo. Lo stato di conservazione è complessivamente buono. Il testo presenta poche cancel- lature; esso è tutto contenuto nel recto, a piena pagina, da: «Che noja […]», a: «[…] se il cieco non smetteva»; il verso reca a centro pagina il timbro della Biblioteca Universita- ria di Sassari. La scrittura, di una mano, è distribuita su 42 righe (compresi gli spazi interlineari utilizzati per le lezio- ni aggiunte o sostituite). La scrittura è corsiva, calligrafica, appena angolosa, con ridotto calibro dei caratteri, inclina- ta verso destra, con un angolo di 45° circa, chiara e pro- dotta con un inchiostro nero (scolorito dal tempo e ora tendente al marrone). Il ductus appare generalmente uniforme per intensità, ampiezza ed altezza; esso varia (per ampiezza ed altezza), in corrispondenza degli spazi interli- neari utilizzati per le lezioni aggiunte o sostituite.

La XLVIII carta misura mm. 318 x 112 (nel lato superio- re) – 111 (nel lato inferiore) ed è numerata 48, in cifra araba, a penna, cerchiata a metà, nell’angolo in alto a destra del recto., corretta su ricalco su altro numero pur- troppo non leggibile. La carta, uso mano, color avorio, è stata ottenuta tramite strappo. Lo stato di conservazione è complessivamente buono. Il testo presenta molte cancella- ture; esso è tutto contenuto nel recto, a piena pagina, da: «di brontolare […]», a: «[…] sua visita usava offrirgli.»; il verso reca a centro pagina il timbro della Biblioteca Uni- versitaria di Sassari. La scrittura, di una mano, è distribui- ta su 48 righe (compresi gli spazi interlineari utilizzati per le lezioni aggiunte o sostituite). La scrittura è corsiva, cal- ligrafica, appena angolosa, con ridotto calibro dei caratte- ri, inclinata verso destra, con un angolo di 45° circa, chia- XCII DINO MANCA

ra e prodotta con un inchiostro nero (scolorito dal tempo e ora tendente al marrone). Il ductus varia (per ampiezza ed altezza), in corrispondenza degli spazi interlineari uti- lizzati per le lezioni aggiunte o sostituite.

La XLIX carta misura mm. 318 x 112 (nel lato superiore) – 111 (nel lato inferiore) ed è numerata 49, in cifra araba, a penna, cerchiata a metà, nell’angolo in alto a destra del recto., corretta su ricalco su altro numero purtroppo non leggibile. La carta, uso mano, color avorio, è stata ottenu- ta tramite strappo. Lo stato di conservazione è complessi- vamente buono. Il testo presenta molte cancellature; esso è tutto contenuto nel recto, a piena pagina, da: «Ella chiamò Albina: […]», a: «[…] prenderla così: o»; il verso reca a centro pagina il timbro della Biblioteca Universita- ria di Sassari. La scrittura, di una mano, è distribuita su 46 righe (compresi gli spazi interlineari utilizzati per le lezio- ni aggiunte o sostituite). La scrittura è corsiva, calligrafica, appena angolosa, con ridotto calibro dei caratteri, inclina- ta verso destra, con un angolo di 45° circa, chiara e pro- dotta con un inchiostro nero (scolorito dal tempo e ora tendente al marrone). Il ductus varia (per ampiezza ed altezza), in corrispondenza degli spazi interlineari utilizza- ti per le lezioni aggiunte o sostituite.

La L carta misura mm. 317 x 112 (nel lato superiore) – 110 (nel lato inferiore) ed è numerata 50, in cifra araba, a penna, due volte: una volta la cifra è sottolineata, nell’an- golo in alto a destra del recto, corretta su ricalco su altro numero purtroppo non leggibile; un’altra volta la cifra, sostitutiva della precedente, compare in pulito cerchiata a metà sempre nell’angolo in alto a destra del recto sulla sini- stra rispetto alla precedente. La carta, uso mano, color avorio, è stata ottenuta tramite strappo. Lo stato di con- servazione è complessivamente buono. Il testo presenta molte cancellature; esso è tutto contenuto nel recto, a piena pagina, da: «accettare i suoi […]», a: «[…] a che ser- viva parla»; il verso reca a centro pagina il timbro della Biblioteca Universitaria di Sassari. La scrittura, di una Il manoscritto XCIII

mano, è distribuita su 54 righe (compresi gli spazi interli- neari utilizzati per le lezioni aggiunte o sostituite). La scrittura è corsiva, calligrafica, appena angolosa, con ridotto calibro dei caratteri, inclinata verso destra, con un angolo di 45° circa, chiara e prodotta con un inchiostro nero (scolorito dal tempo e ora tendente al marrone). Il ductus varia (per ampiezza ed altezza), in corrispondenza degli spazi interlineari utilizzati per le lezioni aggiunte o sostituite.

La LI carta misura mm. 317 x 109 (nel lato superiore) – 112 (nel lato inferiore) ed è numerata 51, in cifra araba, a penna, due volte: una volta la cifra è sottolineata, nell’an- golo in alto a destra del recto, corretta su ricalco su altro numero purtroppo non leggibile; un’altra volta la cifra, sostitutiva della precedente, compare in pulito cerchiata a metà sempre nell’angolo in alto a destra del recto sulla sini- stra rispetto alla precedente. La carta, uso mano, color avorio, è stata ottenuta tramite strappo. Lo stato di con- servazione è complessivamente buono. Il testo presenta alcune cancellature; esso è tutto contenuto nel recto, a piena pagina, da: «re? Le parole degli altri, […]», a: «[…] senza molesta-»; il verso reca a centro pagina il timbro della Biblioteca Universitaria di Sassari. La scrittura, di una mano, è distribuita su 49 righe (compresi gli spazi interli- neari utilizzati per le lezioni aggiunte o sostituite). La scrittura è corsiva, calligrafica, appena angolosa, con ridotto calibro dei caratteri, inclinata verso destra, con un angolo di 45° circa, chiara e prodotta con un inchiostro nero (scolorito dal tempo e ora tendente al marrone). Il ductus appare generalmente uniforme per intensità, ampiezza ed altezza; esso varia (per ampiezza ed altezza), in corrispondenza degli spazi interlineari utilizzati per le lezioni aggiunte o sostituite.

La LII carta misura mm. 318 x 110 (nel lato superiore) – 111 (nel lato inferiore) ed è numerata 52, in cifra araba, a penna, cerchiata a metà, nell’angolo in alto a destra del recto., corretta su ricalco su altro numero purtroppo non leggibile. La carta, uso mano, color avorio, è stata ottenu- XCIV DINO MANCA

ta tramite strappo. Lo stato di conservazione è complessi- vamente buono. Il testo presenta alcune cancellature; esso è tutto contenuto nel recto, a piena pagina, da: «re nessu- no, allevando con cura […]», a: «[…] Non pare che»; il verso reca a centro pagina il timbro della Biblioteca Universita- ria di Sassari. La scrittura, di una mano, è distribuita su 45 righe (compresi gli spazi interlineari utilizzati per le lezio- ni aggiunte o sostituite). La scrittura è corsiva, calligrafica, appena angolosa, con ridotto calibro dei caratteri, inclina- ta verso destra, con un angolo di 45° circa, chiara e pro- dotta con un inchiostro nero (scolorito dal tempo e ora tendente al marrone). Il ductus appare generalmente uniforme per intensità, ampiezza ed altezza; esso varia (per ampiezza ed altezza), in corrispondenza degli spazi interli- neari utilizzati per le lezioni aggiunte o sostituite.

La LIII carta misura mm. 318 x 113 (nel lato superiore) – 111 (nel lato inferiore) ed è numerata 53, in cifra araba, a penna, cerchiata a metà, nell’angolo in alto a destra del recto., corretta su ricalco su altro numero purtroppo non leggibile. La carta, uso mano, color avorio, è stata ottenu- ta tramite strappo. Lo stato di conservazione è complessi- vamente buono. Il testo presenta molte cancellature; esso è tutto contenuto nel recto, a piena pagina, da: «[– che] il destino […]», a: «[…] ma le apparve chiara.»; il verso reca a centro pagina il timbro della Biblioteca Universitaria di Sassari. La scrittura, di una mano, è distribuita su 46 righe (compresi gli spazi interlineari utilizzati per le lezioni aggiunte o sostituite). La scrittura è corsiva, calligrafica, appena angolosa, con ridotto calibro dei caratteri, inclina- ta verso destra, con un angolo di 45° circa, chiara e pro- dotta con un inchiostro nero (scolorito dal tempo e ora tendente al marrone). Il ductus varia (per ampiezza ed altezza), in corrispondenza degli spazi interlineari utilizza- ti per le lezioni aggiunte o sostituite.

La LIV carta misura mm. 318 x 112 (nel lato superiore) – 111 (nel lato inferiore) ed è numerata 54, in cifra araba, a penna, cerchiata a metà, nell’angolo in alto a destra del recto., corretta su ricalco su altro numero purtroppo non Il manoscritto XCV

leggibile. La carta, uso mano, color avorio, è stata ottenu- ta tramite strappo. Lo stato di conservazione è complessi- vamente buono. Il testo presenta poche cancellature; esso è tutto contenuto nel recto, a piena pagina, da: «Di là il bambino piangeva: […]», a: «[…] fatta un figlio di nasco- sto,»; il verso reca a centro pagina il timbro della Bibliote- ca Universitaria di Sassari. La scrittura, di una mano, è distribuita su 42 righe (compresi gli spazi interlineari uti- lizzati per le lezioni aggiunte o sostituite). La scrittura è corsiva, calligrafica, appena angolosa, con ridotto calibro dei caratteri, inclinata verso destra, con un angolo di 45° circa, chiara e prodotta con un inchiostro nero (scolorito dal tempo e ora tendente al marrone). Il ductus appare generalmente uniforme per intensità, ampiezza ed altezza; esso varia (per ampiezza ed altezza), in corrispondenza degli spazi interlineari utilizzati per le lezioni aggiunte o sostituite.

La LV carta misura mm. 318 x 112 (nel lato superiore) – 111 (nel lato inferiore) ed è numerata 55, in cifra araba, a penna, sottolineata, nell’angolo in alto a destra del recto., corretta su ricalco su altro numero purtroppo non leggi- bile. La carta, uso mano, color avorio, è stata ottenuta tra- mite strappo. Lo stato di conservazione è complessiva- mente buono. Il testo presenta alcune cancellature; esso è tutto contenuto nel recto, a piena pagina, da: «poi l’hai fatto mettere in […]», a: «[…] presso di lui e gli mormora»; il verso reca a centro pagina il timbro della Biblioteca Uni- versitaria di Sassari. La scrittura, di una mano, è distribui- ta su 47 righe (compresi gli spazi interlineari utilizzati per le lezioni aggiunte o sostituite). La scrittura è corsiva, cal- ligrafica, appena angolosa, con ridotto calibro dei caratte- ri, inclinata verso destra, con un angolo di 45° circa, chia- ra e prodotta con un inchiostro nero (scolorito dal tempo e ora tendente al marrone). Il ductus appare generalmente uniforme per intensità, ampiezza ed altezza; esso varia (per ampiezza ed altezza), in corrispondenza degli spazi interli- neari utilizzati per le lezioni aggiunte o sostituite.

La LVI carta misura mm. 318 x 110 ed è numerata 56, in XCVI DINO MANCA

cifra araba, a penna, sottolineata, nell’angolo in alto a destra del recto., corretta su ricalco su altro numero pur- troppo non leggibile. La carta, uso mano, color avorio, è stata ottenuta tramite strappo. Lo stato di conservazione è complessivamente buono. Il testo presenta alcune cancel- lature; esso è tutto contenuto nel recto, a piena pagina, da: «delle paroline: e la creatura […]», a: «[…] ma si astenne dal»; il verso reca a centro pagina il timbro della Bibliote- ca Universitaria di Sassari. La scrittura, di una mano, è distribuita su 41 righe (compresi gli spazi interlineari uti- lizzati per le lezioni aggiunte o sostituite). La scrittura è corsiva, calligrafica, appena angolosa, con ridotto calibro dei caratteri, inclinata verso destra, con un angolo di 45° circa, chiara e prodotta con un inchiostro nero (scolorito dal tempo e ora tendente al marrone). Il ductus appare generalmente uniforme per intensità, ampiezza ed altezza; esso varia (per ampiezza ed altezza), in corrispondenza degli spazi interlineari utilizzati per le lezioni aggiunte o sostituite.

La LVII carta misura mm. 318 x 111 ed è numerata 57, in cifra araba, a penna, sottolineata, nell’angolo in alto a destra del recto., corretta su ricalco su altro numero pur- troppo non leggibile. La carta, uso mano, color avorio, è stata ottenuta tramite strappo. Lo stato di conservazione è complessivamente buono. Il testo presenta alcune cancella- ture anche di matita rossa; esso è tutto contenuto nel recto, a piena pagina, da: «chiamare il bambino con […]», a: «[…] lo ↔| odorasse. [– per alcun tempo] ins. inf. spaz. interv.»; il verso reca a centro pagina il timbro della Biblioteca Uni- versitaria di Sassari. La scrittura, di una mano, è distribui- ta su 44 righe (compresi gli spazi interlineari utilizzati per le lezioni aggiunte o sostituite). La scrittura è corsiva, cal- ligrafica, appena angolosa, con ridotto calibro dei caratte- ri, inclinata verso destra, con un angolo di 45° circa, chia- ra e prodotta con un inchiostro nero (scolorito dal tempo e ora tendente al marrone). Il ductus appare generalmente uniforme per intensità, ampiezza ed altezza; esso varia (per ampiezza ed altezza), in corrispondenza degli spazi interli- neari utilizzati per le lezioni aggiunte o sostituite. Il manoscritto XCVII

La LVIII carta misura mm. 319 x 109 (nel lato superiore) – 110 (nel lato inferiore) ed è numerata 58, in cifra araba, a penna, cerchiata a metà, nell’angolo in alto a destra del recto., corretta su ricalco su altro numero purtroppo non leggibile. La carta, uso mano, color avorio, è stata ottenu- ta tramite strappo. Lo stato di conservazione è complessi- vamente buono. Il testo presenta alcune cancellature; esso è tutto contenuto nel recto, a piena pagina, da: «per alcun tempo […]», a: «[…] la serva bronto=»; il verso reca a cen- tro pagina il timbro della Biblioteca Universitaria di Sas- sari. La scrittura, di una mano, è distribuita su 46 righe (compresi gli spazi interlineari utilizzati per le lezioni aggiunte o sostituite). La scrittura è corsiva, calligrafica, appena angolosa, con ridotto calibro dei caratteri, inclina- ta verso destra, con un angolo di 45° circa, chiara e pro- dotta con un inchiostro nero (scolorito dal tempo e ora tendente al marrone). Il ductus appare generalmente uniforme per intensità, ampiezza ed altezza; esso varia (per ampiezza ed altezza), in corrispondenza degli spazi interli- neari utilizzati per le lezioni aggiunte o sostituite.

La LIX carta misura mm. 321 x 110 ed è numerata 59, in cifra araba, a penna, cerchiata a metà, nell’angolo in alto a destra del recto., corretta su ricalco su altro numero pur- troppo non leggibile. La carta, uso mano, color avorio, è stata ottenuta tramite strappo. Lo stato di conservazione è complessivamente buono. Il testo presenta numerose can- cellature; esso è tutto contenuto nel recto, a piena pagina, da: «[– lava + sup.\lò/] […]», a: «[…] [– sollevò il viso sor- ridendo anche ↔| a lui.]; nel verso, numerata 6, in cifra araba, a penna, cerchiata a metà, nell’angolo in alto a destra,specchio di scrittura fino a mm. 106 circa su 321, da: «[– si aveva l’impressione di ↔| essere in tanti:] […]», a: «[…] [– ↔| due selvaggie, rocciose, coperte ↔| di rovi e di ginestre.]»; il verso reca il timbro della Biblioteca Universi- taria di Sassari. La scrittura, di una mano, è distribuita su 40 righe (compresi gli spazi interlineari utilizzati per le lezioni aggiunte o sostituite) e 13 nel verso. La scrittura è corsiva, calligrafica, appena angolosa, con ridotto calibro dei caratteri, inclinata verso destra, con un angolo di 45° XCVIII DINO MANCA

circa, chiara e prodotta con un inchiostro nero (scolorito dal tempo e ora tendente al marrone). Il ductus varia (per ampiezza ed altezza), in corrispondenza degli spazi interli- neari utilizzati per le lezioni aggiunte o sostituite.

La LX carta misura mm. 319 x 106 (nel lato superiore) – 111 (nel lato inferiore) ed è numerata 60, in cifra araba, a penna, cerchiata a metà, nell’angolo in alto a destra del recto. La carta, uso mano, è a quadretti blu, ottenuta tra- mite strappo longitudinale (lato destro) da carta più gran- de. Lo stato di conservazione è complessivamente buono. Il testo è tutto contenuto nel recto, a piena pagina, da: «[– Ma ‹ancora›] […]», a: «[…] tenessero così fra l’unghie per»; il verso reca il timbro della Biblioteca Universitaria di Sas- sari. Se si eccettua qualche cancellatura il testo si configu- ra in pulito. La scrittura, di una mano, è distribuita su 39 righe; essa è corsiva, calligrafica, inclinata verso destra, con un angolo di 45° circa, chiara e prodotta con un inchiostro nero (scolorito dal tempo e ora tendente al marrone). Il ductus appare uniforme per intensità, ampiezza ed altezza.

La LXI carta misura mm. 319 x 110 (nel lato superiore) – 105 (nel lato inferiore) ed è numerata 61, in cifra araba, a penna, due volte: una volta la cifra è sottolineata, nell’an- golo in alto a destra del recto, corretta su ricalco su altro numero purtroppo non leggibile; un’altra volta la cifra, sostitutiva della precedente, compare in pulito cerchiata a metà sempre nell’angolo in alto a destra del recto sulla sini- stra rispetto alla precedente. La carta, uso mano, è a qua- dretti blu, ottenuta tramite strappo longitudinale (lato destro) da carta più grande. Lo stato di conservazione è complessivamente buono. Il testo è tutto contenuto nel recto, a piena pagina, da: «gioco.» a: «[…] la farfalla è già lontana;»; il verso reca il timbro della Biblioteca Universi- taria di Sassari. Se si eccettua qualche cancellatura il testo si configura in pulito. La scrittura, di una mano, è distri- buita su 41 righe; essa è corsiva, calligrafica, inclinata verso destra, con un angolo di 45° circa, chiara e prodot- ta con un inchiostro nero (scolorito dal tempo e ora ten- Il manoscritto XCIX

dente al marrone). Il ductus appare uniforme per intensità, ampiezza ed altezza.

La LXII carta misura mm. 321 x 104 (nel lato superiore) – 107 (nel lato inferiore) ed è numerata 62, in cifra araba, a penna, cerchiata a metà, nell’angolo in alto a destra del recto. La carta, uso mano, è a quadretti blu, ottenuta tra- mite strappo longitudinale (lato destro) da carta più gran- de. Lo stato di conservazione è complessivamente buono. Il testo è tutto contenuto nel recto, a piena pagina, da: «essi tornano a […]», a: «[…] si sarebbero trovati soli.»; il verso reca il timbro della Biblioteca Universitaria di Sassari. Se si eccettua qualche cancellatura il testo si configura in pulito. La scrittura, di una mano, è distribuita su 37 righe; essa è corsiva, calligrafica, inclinata verso destra, con un angolo di 45° circa, chiara e prodotta con un inchiostro nero (scolorito dal tempo e ora tendente al marrone). Il ductus appare uniforme per intensità, ampiezza ed altezza.

La LXIII carta misura mm. 321 x 104 (nel lato superiore) – 107 (nel lato inferiore) ed è numerata 63, in cifra araba, a penna, cerchiata a metà, nell’angolo in alto a destra del recto. La carta, uso mano, è a quadretti blu, ottenuta tra- mite strappo longitudinale (lato destro) da carta più gran- de. Lo stato di conservazione è complessivamente buono. Il testo è tutto contenuto nel recto, a piena pagina, da: «Ondate di un turbamento […]», a: «[…] staccarsi da Bona; ma Bona,»; il verso reca il timbro della Biblioteca Univer- sitaria di Sassari. Se si eccettua qualche cancellatura il testo si configura in pulito. La scrittura, di una mano, è distri- buita su 36 righe; essa è corsiva, calligrafica, inclinata verso destra, con un angolo di 45° circa, chiara e prodot- ta con un inchiostro nero (scolorito dal tempo e ora ten- dente al marrone). Il ductus appare uniforme per intensità, ampiezza ed altezza.

La LXIV carta misura mm. 321 x 104 (nel lato superiore) – 106 (nel lato inferiore) ed è numerata 64, in cifra araba, a penna, cerchiata a metà, nell’angolo in alto a destra del recto. La carta, uso mano, è a quadretti blu, ottenuta tra- C DINO MANCA

mite strappo longitudinale (lato destro) da carta più gran- de. Lo stato di conservazione è complessivamente buono. Il testo è tutto contenuto nel recto, a piena pagina, da: «che s’accorgeva anche […]», a: «[…] purché l’oggetto amato sia felice.»; il verso reca il timbro della Biblioteca Universitaria di Sassari. Se si eccettua qualche cancellatura il testo si configura in pulito. La scrittura, di una mano, è distribui- ta su 42 righe; essa è corsiva, calligrafica, inclinata verso destra, con un angolo di 45° circa, chiara e prodotta con un inchiostro nero (scolorito dal tempo e ora tendente al marrone). Il ductus appare uniforme per intensità, ampiezza ed altezza.

La LXV carta misura mm. 319 x 109 (nel lato superiore) – 108 (nel lato inferiore) ed è numerata 65, in cifra araba, a penna, cerchiata a metà, nell’angolo in alto a destra del recto. La carta, uso mano, è a quadretti blu, ottenuta tra- mite strappo longitudinale (lato destro) da carta più gran- de. Lo stato di conservazione è complessivamente buono. Il testo è tutto contenuto nel recto, a piena pagina, da: «Davide s’avanzava guardando […]», a: «[…] Grazia Deledda»; il verso reca il timbro della Biblioteca Universi- taria di Sassari. Se si eccettua qualche cancellatura il testo si configura in pulito. La scrittura, di una mano, è distri- buita su 41 righe; essa è corsiva, calligrafica, inclinata verso destra, con un angolo di 45° circa, chiara e prodot- ta con un inchiostro nero (scolorito dal tempo e ora ten- dente al marrone). Il ductus appare uniforme per intensità, ampiezza ed altezza. Nel verso: forse di altra mano, la seguente notazione in corsivo, calligrafico: «Caro Beninca- sa se ti è possibile lo fai comporre stanotte (naturalmente dopo l’orario) – Saluti. A»; con matita blu: «Precedenza».

***

IL RITORNO DEL FIGLIO: DAL MANOSCRITTO ALLA STAMPA

Le questioni di natura filologica che sono state affrontate non hanno potuto ovviamente prescindere dalle testimo- nianze di cui si dispone. Il censimento ha permesso di accertare l’esistenza di un manoscritto autografo e di più copie a stampa. Più precisamente si possiede una redazione autografa compiuta (condotta a termine pur con varianti interne) e una stampa autorizzata del 1919 (realizzata sotto il controllo o comunque con il consenso della Deledda o di persona da lei delegata) con ristampa del 1921 (anch’essa autorizzata), più riedizione seriore (Nuoro, Ilisso, 1996). Di codesta tradizione la questione affrontata preliminarmente è stata di accertare i rapporti reciproci intercorrenti tra tutti i testimoni, di stabilire se esista completa identità redazio- nale tra l’autografo e i testimoni a stampa (o almeno uno di essi), o se per converso le risultanze in sede di collatio rive- lino difformità, come è risultato essere nella fattispecie. In questo caso si è cercato di appurare se tale diversità reda- zionale sia stata frutto di volontà autorale o invece sia da attribuire a iniziativa di tipografi, curatori, redattori, editor, consulenti editoriali et alii, nella fase dell’intermediazione tipografica. Nel caso del nostro testo i dati emersi dalla collatio atte- stano lezioni divergenti tramite l’autografo (da qui in avan- ti Ms) e la prima stampa licenziata dall’autore (Milano, Tre- ves, 1919, da qui in avanti Tr1); lezioni divergenti ma ugualmente autentiche, ossia corrispondenti, almeno in una certa fase, alla volontà della scrittrice nuorese. Infatti, come si vedrà, pur nella strutturale conformità alla redazio- ne autografa, i rimaneggiamenti presenti nella stampa rispetto al manoscritto sono tali (per natura, tipologia ed estensione) che crediamo inverosimile – nella lontana ipo- CIV DINO MANCA tesi queste modificazioni siano state volontariamente intro- dotte da figure altre – essere sfuggite alla Deledda, quanto meno in sede di correzione di bozze; perciò, in quanto tali modifiche da lei in ultima istanza condivise e accettate e quindi ritenute meritevoli del suo placet, da considerarsi a tutti gli effetti varianti d’autore. Inoltre, configurandosi le successive tirature all’edizione del 1919 come ristampe (sorta di codices descripti), va da sé che, fatte salve le even- tuali mende tipografiche o di battitura, le stratificazioni e diversificazioni redazionali e gli interventi correttori si siano interrotti proprio con Tr1. Per questa ragione, come si vedrà chiarito anche nella nota al testo, l’edizione critica della novella riporta l’ultima lezione accettata dall’autore (Tr1, appunto), presentando in apparato la storia genetica dell’opera nei successivi passaggi correttori; un apparato genetico (o ‘diacronico’ o ‘dinamico’) dove trovano posto le varianti d’autore, ordinate, fin dove è stato possibile, secon- do un criterio cronologico.

Il lavoro ecdotico è stato circoscritto, dunque, alle lezioni divergenti attestate direttamente tramite l’autografo e la stampa licenziata dalla scrittrice. Le varianti interne di Ms e quelle intercorrenti fra Ms e Tr1 mostrano un percorso cor- rettorio vario e articolato per tipologia, tempi e modalità d’esecuzione, fasi elaborative e impianto stratigrafico. Una prima e importante distinzione concerne prima di tutto la natura e la portata degli interventi. Benché sussistano in quantità non trascurabile, le revisioni e i rimaneggiamenti non stravolgono tuttavia l’impalcatura diegetica e narrativa del racconto. Se è fuor di dubbio che ogni minima varia- zione degli elementi di un sistema modifichi, sia pur di poco, l’identità stessa del sistema, è comunque essenziale per la stessa prassi ecdotica ed editoriale, sottolineare la pre- senza o l’assenza di eventuali trasformazioni strutturali o modifiche di assetto. Nel nostro caso le varianti genetiche Dal manoscritto alla stampa CV (interne ed esterne) riguardano piuttosto elementi comple- mentari e appendicolari (alcuni incorsi currenti calamo), ritocchi interpuntivi, interventi su elementi frastici o seg- menti periodali, al massimo brevi unità descrittive (limita- tissime quelle d’azione, funzionali e pragmatiche), comun- que sempre porzioni minime di scrittura, tranche marginali e completive, autonome e disarticolate, senza dunque gros- se ripercussioni testuali. Una seconda fondamentale distin- zione riguarda i modi di intervento. Non poche risultano essere, infatti, le lezioni ricavate da altre per soppressione e sostituzione, molte meno quelle per aggiunta e permutazio- ne (senza alcuna seria mobilità dislocatoria o di trasferi- mento da luogo ad altro luogo del testo). Una terza diffe- renziazione riguarda i tempi di esecuzione e le fasi elabora- tive. La presenza copiosa di lezioni cassate con correzioni soprascritte in quantità decisamente maggiore di quelle immediate in rigo, farebbe pensare a numerosi interventi tardivi e comunque a più fasi elaborative, anche se l’indizio topografico non sempre aiuta (soprattutto quando elemen- ti contestuali farebbero per converso sospettare che l’utiliz- zo dello spazio soprastante il segmento depennato, rien- trando nell’usus scribendi della scrittrice, abbia riguardato anche le modifiche immediate). Ciononostante la realizza- zione di più fasi dell’elaborazione artistica è confermata dalla presenza di varianti sincrone, introdotte contempora- neamente e significativamente in luoghi diversi dello stesso segmento unitario:

Ms Tr1

Questa volta, però, suo Questa volta, però, suo malgrado era costretto a malgrado è costretto a fer- fermarsi, a interessarsi della marsi, a interessarsi della creatura abbandonata nella creatura abbandonata nella strada: lo impressionava la strada: lo impressiona la strana riluttanza del cavallo strana riluttanza del cavallo CVI DINO MANCA

ad andare avanti, e, in ad andare avanti, e, in fondo, ricordava ch’egli era fondo, ricorda ch’egli è un un uomo celebrato in tutti uomo celebrato in tutti quei dintorni per la sua quei dintorni per la sua scrupolosità di coscienza e scrupolosità di coscienza e per la più rigida osservanza per la più rigida osservanza del suo dovere. del suo dovere. Eppoi era anche Sindaco Eppoi è anche sindaco del del paese. Il suo dovere, paese. Suo dovere, dunque, dunque, era adesso, di non è adesso, di non passare passare senza essersi assicu- senza essersi assicurato che rato che il bambino è lì il bambino è lì momenta- momentaneamente depo- neamente deposto da qual- sto da qualcuno che verrà a cuno che verrà a riprender- riprenderlo. lo.

Ma ciò che dimostrerebbe l’avvenuta realizzazione di alme- no due importanti fasi elaborative della novella è soprattutto la presenza di un segno rivelatore di natura intratestuale (una sorta di variante-spia) con coincidenti e contestuali indizi topografici. Il segno rivelatore corrisponde all’antroponimo «Bona» che registra otto occorrenze in pulito, senza correzio- ni di sorta, fino alla c. XXXIV; dalla c. XXXV in avanti, inve- ce, lo stesso antroponimo è ricavato o corretto su ricalco di «Gonaria» o di «Gonaria Arquà». Gli indizi topografici, inve- ce, riguardano la numerazione delle carte (che inizia a subire correzioni proprio a partire dalla XXXV in avanti, con la caduta delle cc. XXXVI e XXXVII) e lo specchio di scrittura della stessa c. XXXIV, l’unica di tutto il manoscritto non a pagina piena. Un insieme di significativi e convergenti ele- menti di discontinuità, dunque, che inducono a pensare che vi sia stata una riscrittura o stesura – se non proprio radicale, quanto meno significativa – della prima metà del racconto almeno fino alla c. XXXIV, lì dove, appunto, sarebbe attesta- ta l’avvenuta soluzione di continuità del testo94.

94 Se così non fosse, sarebbe stato sufficiente per la scrittrice correggere Dal manoscritto alla stampa CVII La prima operazione di studio ha riguardato, come si è già detto, l’individuazione della tipologia, modalità di ese- cuzione e fasi elaborative delle varianti tutte interne a Ms. In un secondo momento l’attenzione è stata rivolta alla stampa e al rapporto tra questa e Ms. Partiamo dal mano- scritto. Esso si presenta non come bella copia, esemplare pulito che ci dà soltanto il testo definitivo, ma come esem- plare di lavoro, ancorché in sé compiuto, tuttavia infarcito di correzioni, aggiunte, varianti marginali o interlineari che attestano un certo processo elaborativo svoltosi attorno al testo (e nel «farsi del testo») durante il quale la Deledda ha talora abbandonato la lezione primitiva, sostituendola, espungendola, spostandola internamente o modificandola con una o più correzioni successive. L’assenza di varianti alternative indica, ovviamente, che, pur se in modo disordinato ed esteticamente tutt’altro che ineccepibile, all’autografo è consegnata una forma dell’ope- ra che l’autore considerava definitiva. Dal punto di vista della messa a testo, dunque, il caso è in tutto assimilabile a quello dell’autografo in pulito. Infatti da questo manoscrit- to con varianti realizzate sarà procurata la stampa Treves del 1919. Ciò non toglie che le varianti rifiutate conservino un loro interesse e una loro funzione precisa, e che pertanto sia doveroso fornirne una documentazione esaustiva. Per altro, per quanto riguarda la novella in oggetto, uno studio della genetica del testo, relativo ai processi correttori e ai diversi stadi di elaborazione, fino ad oggi non c’è stato95. Eppure una ricostruzione delle storie redazionali a partire dalle fasi di gestazione può aiutare a capire meglio il rapporto inter- solamente le otto occorrenze dell’antroponimo. 95 Si ricorda un lavoro di PATRIZIA ZAMBON e PIER LUIGI RENAI dal tito- lo: La collaborazione di Grazia Deledda al «Corriere della Sera» e le varian- ti delle novelle dall’edizione in quotidiano all’edizione in volume pubblicato in: A.A. V. V, Grazia Deledda nella cultura contemporanea - II …, 225-66. CVIII DINO MANCA corso tra la scrittrice e la sua opera. Nel nostro caso scanda- gliare la documentazione manoscritta di una novella prece- dente all’edizione a stampa e indagare la diversità redazio- nale intercorsa fra i due testimoni tentando di individuare natura e funzione dei processi evolutivi e stratigrafici, ci ha consentito, pur nella limitatezza del campo d’azione, di entrare dentro il laboratorio deleddiano, dentro quel ‘farsi testo’, appunto, che è proprio di ogni artigianato composi- tivo, di ogni opera d’arte, al di là dei giudizi di valore di valenza estetica.

Già in sede di manoscritto la Deledda avvia quel primo importante labor limae che attesta, soprattutto tramite varianti sostitutive96 e soppressive, una chiara esigenza di revisione stilistica e di snellimento dell’impianto narrativo tramite cassatura di elementi comunque appendicolari,

96 «come due piccoli specchi che riflettessero quel luminoso cielo del cre- puscolo» → «come due piccoli specchi che riflettessero il luminoso cielo del crepuscolo»; «Egli ricorda di aver letto o sentito dire certe leggende» → «Egli ricorda di aver letto o sentito raccontare certe leggende»; «i suoi occhi pensierosi fissavano un po’ inquieti l’uomo irritato: finché questi lo prese e lo tirò su» → «i suoi occhi pensierosi fissavano un po’ inquieti l’uomo irritato: finché l’uomo irritato lo prese e lo tirò su»; «Era la padro- na Bona D’Elia che pensava al suo figliuolo morto» → «Era la madre che pensava al suo figliuolo morto»; «Sente scotta ‹e› sembra di fuoco» → «Sente? Sembra un pane nel forno»; «lo stesso sguardo pensieroso e profondo [– che aveva] rivolto a Davide quando questi l’aveva sollevato dal sentiero» → «lo stesso sguardo pensieroso e profondo [– che aveva] rivolto a Davide quando questi l’aveva sollevato dalla strada; «»e aspetta- va che la gente se ne andasse, ma altra gente invece affluiva» → «e aspet- tava che la gente se ne andasse, ma altra gente invece veniva a quel (–) il rumoroso e agitato svegliarsi di questo la svegliò» → «finché il rumoro- so e agitato svegliarsi di lui la riscosse»; «finché Bona non gli prende la manina e attirando a sé il gatto gliela fa accarezzare tutta» → «finché Bona non gli prende la manina e attirando a sé la bestia gliela fa acca- rezzare tutta»; «Inoltre egli era frustato dalla sventura» → «Infine, poi, l’uomo veramente frustato dalla sventura». Dal manoscritto alla stampa CIX marginali e completivi. I ritocchi per espunzione e per espunzione-sostituzione confermano un tale orientamento correttorio vertente alla riduzione di attributi, di informan- ti crono-topici e di arresti contemplativi (quando esornati- vi e didascalici) e alla potatura di ridondanze esplicative che con gli indugi descrittivi dilatano oltremodo le unità prag- matiche d’azione (comprese quelle libere, slegate dall’asse diegetico) e nel contempo sacrificano la giusta oscurità e ambivalenza del non detto. Una tendenza espuntiva, quin- di, prevalentemente volta alla essenzialità, al sottinteso, a ottenere un maggiore equilibrio e ritmo compositivo e fun- zionale al raggiungimento di una scrittura meno pletorica e più sorvegliata con un’attenzione particolare per la pro- prietà lessicale:

Ms Tr1

fermandosi sui solchi del fermandosi sui solchi del suo viso ove subito s’asciu- suo viso ove subito s’asciu- garono come una lieve garono come una lieve pioggia estiva su una terra pioggia estiva su una terra riarsa. [– Mise il bambino riarsa. per terra e gli disse di cam- Ma non voleva farsi vedere minare. Ancora non sapeva- a piangere. no s’egli camminava. Egli camminava: s’avviò, sempre intento a guardare le sue scarpette, ma dopo qualche passo vacillò. la donna si slanciò a riprenderlo; lo con- dusse lei, per le mani: ma, fino all’uscio della stanza: lo ricondusse verso la panca: quando furono vicini al (–) che tendeva l’orecchio al rumore dei loro passi il bam- bino gli afferrò le ginocchia per appoggiarsi e sollevò il CX DINO MANCA

viso ‹scrutando› (–) : si aveva l’impressione di essere in tanti: i servi, le serve, la balia; eppoi c’erano sempre ospiti. La casa era grande, con un portico antico: certe camere erano del tutto disa- bitate, con dei balconcini di legno che guardavano sulle valli: tre valli, si vedevano, della nostra casa; una tutta coltivata a viti e olivi, le altre due selvaggie, rocciose, coperte di rovi e di ginestre.] Ma non voleva farsi vedere a piangere.

Ms Tr1

Dunque mise il bambino Dunque mise il bambino sotto le coperte, [– poi seb- sotto le coperte, poi, sebbe- bene la notte a<+++> faces- ne la notte fosse ancora fre- se ancora sentire un po’ di sca, si cacciò completamen- fresco si cacciò completamen- te nuda nel letto: ma di lì a te nuda nel letto: ‹sos›pirò, un poco si sentì tutta arde- sbadigliò, si segnò la fronte e re: toccò il bambino e le il petto e cominciò a pregare. parve che avesse la febbre. Il bambino dormiva e non le Allora cominciò a recitare dava fastidio, nel letto gran- una preghiera contro la feb- de e duro: solo <++> ella bre, che dopo tutto è un’a- aveva paura che l<+> cascas- gitazione del sangue pro- se dal letto sebbene avesse dotta dall’alito del demo- rimboccato le coperte, e di nio: ma il calore continuava tanto in tanto stendeva la e aumentava. mano per assicurarsi ch’era lì immobile: ma ogni volta che lo toccava le pareva più caldo, sempre più caldo, tanto che anche lei si sentiva a poco a poco ardere come Dal manoscritto alla stampa CXI

accanto a un gran fuoco.] Allora cominciò a recitare una preghiera contro la feb- bre, che dopo tutto è un’a- gitazione del sangue pro- dotta dall’alito del demo- nio: ma il calore continuava e aumentava.

Ms Tr1

si gettò dal letto [? imprecan- si gettò dal letto gridando: do, dopo aver buttato in aria – Bisogna dunque che vada la coperta. Allora anche Bona io dal brigadiere, per que- s’alzò: sottile e ancora dritta e st’accidente di creatura. ben fatta, bianca e coi folti capelli neri pareva una fan- ciulla: solo il viso era vecchio, assonnato, con gli occhi gonfi. E quanto il marito era rumo- roso e impaziente ella era silenziosa e come smemorata.] – Bisogna dunque che vada io dal brigadiere, per que- st’accidente di creatura.

Ms Tr1

Allora Davide si precipitò Allora Davide si precipitò giù nella camera di Albina, giù nella camera di Albina, imprecando contro le serve, imprecando contro le serve, come fossero state loro a far come fossero state loro a far [– venire la febbre al bambi- ammalare il bambino. no. questo stava tranquillo Gli toccò la fronte che scot- nel letto, con gli occhi spa- tava, lancati; (–) e muoveva un po’ le labbra e guardava il soffit- to di legno (–) contandone le assi. Davide] Gli toccò la fronte che scottava, CXII DINO MANCA

Ms Tr1

e il cavallo lo fissava, rico- e il cavallo lo fissava, rico- noscendolo con [– una noscendolo con gioia certa] gioia

Ms Tr1

La strada [– però] si faceva La strada si faceva sempre sempre più ripida, [– e lui più ripida, illuminata dal sopra il povero cavallo che chiarore che il fanale versa- sudava nonostante la frescu- va dall’alto spandendolo ra della notte: ma le altezze anche sulle siepi e gli alberi bisogna guadagnarsele, e, se intorno. non altro adesso almeno la salita era] illuminata dal chiarore che il fanale versa- va dall’alto spandendolo anche sulle siepi e gli alberi intorno.

Ms Tr1

per la sola ragione che si per la ragione che si vedeva- vedevano come delle goccie no come delle goccie d’oro d’oro piovere dagli occhi piovere dagli occhi della della moglie [– sul corpic- moglie. ciuolo del bambino]

Ms Tr1

perché una volta da ragaz- perché una volta da ragaz- za, nel tempo dei tempi, era za, nel tempo dei tempi, era stata ingannata da un stata ingannata da un uomo. s’era fatta norma di uomo. Per conto suo era tutta la vita di non credere fidata e sincera; più a nulla né a nessuno. per conto suo era fidata e since- ra; Dal manoscritto alla stampa CXIII

Ms Tr1

Era come Gesù che cammi- Era come Gesù che cammi- nava sulle acque del mare nava sulle acque del mare. [– come gli astri che cammi- navano sui cieli] Non mancano gli esempi oltre che di soppressione e sop- pressione-aggiunzione, altresì di soppressione e permutazio- ne insieme. Nella fattispecie si tratta di variante tardiva97 con destituzione e trasferimento in un contesto linguistico e narrativo diverso di una serie di segmenti finiti («il cales- sino leggero come una grande sedia a ruote»):

Ms Tr1

Pensò che il bambino lo Pensò che il bambino lo avesse deposto lì qualche avesse deposto lì qualche contadina che lavorava nei contadina che lavorava nei dintorni, e tirò le redini dintorni, e tirò le redini perché il cavallo passasse a perché il cavallo passasse a destra della strada: ma il destra della strada: ma il cavallo, per la prima volta cavallo, per la prima volta dacché era suo, non gli dacché era suo, non gli obbediva; non andava obbediva; non andava avanti: sollevava e scuoteva avanti: sollevava e scuoteva la testa seguendo il movi- la testa seguendo il movi- mento delle redini, ma non mento delle redini, ma non andava avanti. andava avanti. Il padrone, tutto agitato Il padrone, tutto agitato dentro il calessino leggero dentro il calessino leggero come una grande sedia a come una grande sedia a ruote, imprecò, tentando ruote, imprecò, tentando almeno di // tirarlo indie- almeno di tirarlo indietro: tro: [–] la bestia non inten- ma il cavallo non intendeva

97 Il diverso tipo di carta di c. I rispetto alle cc. successive e soprattutto il riscontro di tale variante tardiva, dimostrano che la Deledda ha riscritto la prima pagina del racconto. CXIV DINO MANCA

deva neppure di andare neppure di andare indietro, indietro, fermo come se le fermo come se le sue zampe sue zampe avessero messo avessero messo radice nel radice nel suolo. [– Il cales- suolo. sino leggero e agile come Allora Davide gridò al una grande sedia a ruote si bambino di alzarsi e di sco- scuoteva tutto con l’uomo starsi: la sua voce rude dentro che si agitava e avrebbe intimorito un bri- imprecava ma non andava gante: la creatura innocente né avanti né indietro.] si contentò di sollevare gli Allora Davide gridò al occhi. bambino di alzarsi e di sco- starsi: la sua voce rude avrebbe intimorito un bri- gante: la creatura innocente si contentò di sollevare gli occhi.

Nonostante si disponga di una stampa portatrice di una redazione che è molto vicina a quella dell’autografo (risul- tato, nel suo complesso, delle fasi elaborative di Ms stesso), tuttavia la Deledda ha in sede di pubblicazione, come detto, apportato altre correzioni innovative senza essersi limitata a sanare le sole mende tipografiche o di battitura. Per quanto riguarda questa diversità redazionale che con- trassegna il rapporto tra Ms e Tr1, il discorso, nel merito, sostanzialmente non cambia. Esistono cioè in Tr1, rispetto a Ms, ulteriori varianti che per natura, portata, modalità, ma soprattutto per orientamento di senso, continuano il vettore correttorio che in buona parte ha ispirato il lavoro di revisione del manoscritto; semmai con una più stringen- te tendenza sostitutiva e/o espuntiva che sposta il discorso sul versante più strettamente stilistico. La scrittrice continua, in questa nuova campagna di cor- rezione, la drastica potatura e ripulitura del tessuto narrati- vo, sopprimendo il più possibile gli elementi sovrabbon- danti che appesantiscono, rallentandolo, il flusso diegetico Dal manoscritto alla stampa CXV in direzione di un ritmo più rapido e, a tratti, più incalzan- te e verso una maggiore scorrevolezza e incisività rappresen- tativa:

Ms Tr1

Il cavallo, intanto, per Il cavallo, intanto, per conto suo proseguiva a conto suo proseguiva a trottare verso casa: ecco trottare verso casa: ecco passata la caserma dei cara- passata la caserma dei cara- binieri, ecco passata la casa binieri, ecco passata la casa comunale, ecco passata la comunale, ecco passata la parrocchia, tutte e tre, del parrocchia, tutte e tre, del resto, attaccate l’una all’al- resto, attaccate l’una all’al- tra sull’alto della piazza tra sull’alto della piazza come tre sorelle rivolte come tre sorelle rivolte d’intesa [? a sorvegliare e d’intesa a sorvegliare e dominare il paese proteso dominare il paese, disteso umilmente ai loro piedi, con umilmente ai loro piedi le sue case basse e i suoi orti con le sue case basse, le sue umidi, triste anche nel stradette ripide, i suoi orti- sonno. Ma chi dominava celli umidi, triste anche nel veramente su tutto, più in su sonno. ancora della chiesa e di una Ma la strada non si fermava torre un tempo stata soggior- lì, e anche Davide non si no di personaggi potenti, era fermò lì. Chi era al di sopra la casa di don Emanuele: il di ogni potenza del paese cavallo va su per la strada era lui; giusto, quindi, che selciata su cui danno i vecchi la sua casa fosse al disopra muri dei giardini abbando- di tutte, anche della chiesa. nati intorno alla torre, e Solo un’altra potenza finalmente si ferma nel cer- dominava la sua, ma era chio di chiarore sparso dal una potenza morta: la torre lampione infisso a fianco del in rovina di un antico portone già chiuso] a sorve- castello. gliare e dominare il paese, disteso umilmente ai loro piedi con le sue case basse, le sue stradette ripide, i suoi CXVI DINO MANCA

orticelli umidi, triste anche nel sonno. [– A dire il vero tutto il paese pareva costrutto in blocco come una sola casa, con una larga e comoda scala centrale – la strada principa- le, – e altre scalette di servi- zio – le strade minori, – interrotte di tanto in tanto da gradini e pianerottoli sel- ciati su cui davano le portici- ne delle abitazioni dei pove- ri. La scala o strada princi- pale portava al piano nobile, formato appunto dagli edifi- zi pubblici affacciati sul paese, e dalle case dei ricchi tutte strette intorno alla piazza come a un focolare del quale la chiesa col suo piccolo portico contenuto da colonne di pietra rappresen- tava il camino.] Ma la stra- da non si fermava lì, e anche Davide non si fermò lì. Chi era al di sopra di ogni potenza del paese era lui; giusto, quindi, che la sua casa fosse al disopra di tutte, anche della chiesa. Solo un’altra potenza dominava la sua, ma era una potenza morta: la torre in rovina di un antico castello.

Continua, inoltre, nelle varianti sostitutive di Tr1: l’am- modernamento grafico, per lo più limitato alla normalizza- zione della j semiconsonantica in i e delle parole composte Dal manoscritto alla stampa CXVII (Ms «annojava» → Tr1 «annoiava»; «abbajò» → «abbaiò»; «stuoja» → «stuoia»; «granajo» → «granaio»; «noja» → «noia»; «casse panche» → «cassepanche»; «di sopra» → «disopra»); una maggiore razionalità segmentatrice e inter- puntiva98, che tuttavia coesiste, sia pur limitatamente, con

98 Frequenti sono i casi in cui la variazione-sostituzione del segno inter- puntivo investe i due punti, soprattutto quando questi rivestono una funzione sintattico-argomentativa (indicando la conseguenza logica di un fatto) e appositiva (quando presentano una frase con valore di appo- sizione della precedente); in questi casi si trovano sostituiti spesso dal punto e virgola, dalla virgola e dal punto fermo più di rado: «Cominciò allora a gridare, come chiamando quest’uomo nascosto: l’eco sola rispon- deva» → «Cominciò allora a gridare, come chiamando quest’uomo nascosto; l’eco sola rispondeva»; «Osservandolo bene gli pare che non sia ancora in età di parlare, sebbene i suoi occhi abbiano qualche cosa di strano, fissi e coscienti : sembrano quelli di un santo o almeno di un uomo saggio» → «Osservandolo bene gli pare che non sia ancora in età di parlare, sebbene i suoi occhi abbiano qualche cosa di strano, fissi e coscienti ; sembrano quelli di un santo o almeno di un uomo saggio». Dell’intervento correttorio se ne fornisce qui l’elenco completo: coscien- ti: → coscienti; | raddoppiarono: → raddoppiarono, | raccapriccio: → raccapriccio; | ginocchia; → ginocchia, | saccoccia; → saccoccia: | fiorite → fiorite, | nascosto: → nascosto; | l’abitavano: → l’abitavano; | lo annoiava: → lo annojava; | collina: → collina; | morta: → morta; | casa, → casa | abbajò, → abbaiò | vecchia, → vecchia: | mano: → mano, | acceso; → acceso: | riscuotevano: → riscuotevano; | a lui, → a lui; | gelo- si: → golosi; | bambino → bambino, | del solito: → del solito; | dolore fisico; → dolore fisico: | nuda, → nuda: | Elisabetta: → Elisabetta; | sin- cera: → sincera; | vado → vado, | notte; → notte, | parroco: → parroco; | in giro, → in giro, | esitazione, → esitazione | Elisabetta → Elisabetta. | sola, → sola; | nutrite → nutrite, | fumo: → fumo; | passione: → pas- sione, | verbo, → verbo | l’elemosina, → l’elemosina | casa → casa, | prendesse, → prendesse | esterna: → esterna; | Nulla, → Nulla; | picco- lo: → piccolo; | cuore: → cuore, | pranzo: → pranzo; | serio: → serio; | gli altri, → gli altri | amore: → amore; | nero: → nero; | macchiata, → macchiata | osava: → osava; | guerra: → guerra; | dispersi: → dispersi; | vita: → vita. | facile: → facile; | marito: → marito; | mondo; → mondo, | cuore: → cuore; | passaggio: → passaggio; | vossignoria: → vossignoria; | tacere: → tacere; | volta, → volta | l’erba: → l’erba; | bambino: adesso CXVIII DINO MANCA una libertà di scansione tendente a determinare, soprattut- to in qualche accumulazione, una più sostenuta accelera- zione nel ritmo di scorrimento (Ms «con le mani in grem- bo, oziosa, indifferente» → Tr1 «con le mani in grembo oziosa indifferente»); un’opera di dosaggio e una più atten- ta cura e precisione lessicale, che coinvolge l’ambito sinoni- mico o comunque la medesima area semantica, volta prefe- ribilmente a correggere desuetudini, generalizzazioni, approssimazioni e imprecisioni (Ms «la bestia»→ Tr1 «il cavallo»; «abbassato» → «chinato»; «vesticciuola» → «vesti- tino»; «tronchi» → «fusti»; «gamba» → «coscia»; «palpando la sciarpa del bambino» → «palpando il misterioso fagotto»; «guance insanguinate» → «gambe insanguinate»; «febbre» → «sudore»); una riduzione degli articoli nelle forme nomi- nali (Ms «Il suo dovere» → Tr1 «Suo dovere»). Mentre nelle scelte destitutive, con un caso di soppressione-permutazio- ne, si accentua la volontà di sfrondare le ridondanze espli- cative e descrittive: Ms Tr1

I suoi occhietti neri lucenti I suoi occhietti neri lucenti come quelli di un uccello come quelli di un uccello distinsero subito l’insolito distinsero subito l’insolito fagotto che Davide, prende- fagotto che Davide senza va dal calesse. ma Davide lasciarle tempo di doman- non le lasciò → [senza dare di che si trattava, le lasciarle] tempo di doman- gettò fra le braccia, quasi di dare di che si trattava che sorpresa e come con l’inten- già le aveva deposto il bam- zione di spaventarla un po’ bino → [le gettò] fra le per burla e un po’ sul serio.

→ bambino. Adesso | parete, → su parente; | disturbo: → disturbo; | appunto → appunto, | frase un sorso → frase, un sorso | disperata: → disperata; | volere: → volere; | figlio: → figlio; | figlio; → figlio: | mori- re. → morire: | speranza: → speranza; | vassoio: → vassoio; | rise: → bambino, | bambino: |. Dal manoscritto alla stampa CXIX

braccia, quasi di sorpresa e come con l’intenzione di spaventarla un po’ per burla e un po’ sul serio.

Ms Tr1

Che occhi! Grandi, pensie- Che occhi! Grandi, pensie- rosi, di un colore indefini- rosi, di un colore indefini- to, fra l’azzurro il bruno e to, fra l’azzurro il bruno e l’oro, brillavano come due l’oro, brillavano come due piccoli specchi che nel solle- piccoli specchi che riflettes- varsi riflettessero sero Ms Tr1

Ma Davide pensa che il suo Ma Davide pensa che il suo cuore è duro perché deve cuore è duro perché deve essere duro: ben fatto ma essere duro: e se il bambino duro: e se il bambino miste- misterioso è Colui che rioso è Colui che tutto vede tutto vede ne sa il perché ne sa il perché

Ms Tr1

quando fu un po’ sazio quando fu un po’ sazio cominciò a battersi una di cominciò a battersi una di queste manine sul petto, queste manine sul petto, senza smettere di succhiare le per significare che tutto ciò ultime goccie di latte dalla che gli davano era buono e tazza: voleva → [per] signi- gli piaceva ficare che tutto ciò che gli davano era buono e gli pia- ceva; Ms Tr1

– E adesso basta con l’in- – E adesso basta con l’in- gozzarlo! Non è un animale, gozzarlo! Non è un anima- poi! Basta, dico → [Bona!]. le, poi! Basta, Bona! Ella CXX DINO MANCA

Gli strappò di mano la tazza, intanto lo sfasciava dalla ma gli lasciò un ultimo pez- sciarpa di pelo zetto di biscotto: e il bambino stette quieto a rosicchiarselo, coi piedini nudi abbandona- ti sulla veste nera di Bona. Ella intanto lo sfasciava dalla sciarpa di pelo Ms Tr1

per la sola ragione che si per la ragione che si vedeva- vedevano come delle goccie no come delle goccie d’oro d’oro piovere dagli occhi piovere dagli occhi della della moglie [– sul corpic- moglie. ciuolo del bambino]. Con la soppressione, sostituzione e permutazione di seg- menti di testo, più o meno consistenti – dalla riduzione delle similitudini, di alcuni connettivi, aggettivi e avverbi di modo, alla espunzione delle ridondanze di esplicitazione e degli enunciati dichiarativi pletorici – la Deledda si propo- ne di sciogliere costruzioni oltremodo contorte, faticose e antiestetiche per raggiungere una resa più convincente sia dal punto di vita narrativo (della storia e del discorso, aumentando ad esempio gli effetti del ritmo e del dinami- smo diegetico) che stilistico. La sistematica eliminazione della zavorra descrittiva ed esplicativa consente al racconto di librarsi senza impacci guadagnando nell’equilibrio com- positivo e nell’efficacia rappresentativa di eventi ed esisten- ti, e nel contempo permette al periodo, asciugato degli orpelli, di evolvere, in virtù di ciò, verso una maggiore scor- revolezza e incisività:

Ms Tr1

ma su quel tratto di strada ma su quel tratto di strada pietrosa non si vedevano pietrosa non si vedevano Dal manoscritto alla stampa CXXI

neppure le impronte delle neppure le impronte delle ruote dei veicoli: pareva che ruote dei veicoli: quando la ogni segno di vita fosse scom- strada pianeggiava un poco parso da quella zona di terra pareva di camminare attra- arida ficcata come un cilizio verso un mare pietrificato, fra il dorso e i fianchi colti- tanto le distese di roccia vati della collina: e quando erano nude, ondulate, la strada pianeggiava un argentee al crepuscolo. Ma poco pareva di camminare ecco la vita ricomparire: attraverso un mare pietrifi- cato, tanto le distese di roc- cia erano nude, ondulate, argentee al crepuscolo. D’altronde la luce mancava e ritirandosi lasciava al suo posto un silenzio tale che Davide sentiva lo scricchiolio della ruota e il passo del cavallo echeggiare lontano, tanto che aveva l’impressione che un altro calesse con un uomo e un bambino sperduto gli veniva incontro. Ma ecco la vita ricomparire:

Ms Tr1

– Ai tuoi tempi non si tro- – Ai tuoi tempi non si tro- vavano ancora né bambini vavano ancora né bambini né leprotti, nel mondo nel né leprotti, nel mondo. mondo, >perché< ancora3 Adamo non era ancora non era2 creato → [nato]4 > nato. neppure < Adamo1, > – egli La serva non insisté, per gridò serio, aggrottando le non farsi sentire dalla sopracciglia in modo che il padrona; suo viso prese un’aria del tutto diabolica: d’altronde anche lui non era persuaso che il ritrovamento del bam- CXXII DINO MANCA

bino fosse una cosa semplice come sembrava. < La serva non insisté, per non farsi sentire dalla padrona;

Evidente, fra le sovrabbondanze, l’intervento correttorio volto alla drastica potatura delle interrogative retoriche e delle ripetizioni inutili; iterazioni prive di alcuna connota- zione retorica, perciò senza alcuna funzione né significativa, né estetica:

Ms Tr1

– È un bambino, sì, è un – È un bambino, sì, è un bambino – egli disse, bambino – egli disse, aprendo tutto il portone aprendo tutto il portone per far entrare il calesse. – per far entrare il calesse. – Non hai mai veduto bambi- L’ho trovato smarrito nello ni? L’ho trovato smarrito stradone nello stradone

I luoghi della rappresentazione e gli spazi del vissuto emergono soprattutto grazie allo scrupolo e alla dovizia di particolari con cui la scrittrice li fa rivivere traducendoli in scrittura artistica. Una capacità circostanziale e descrittiva, – in precedenti pagine già sottolineata – che oltrepassa l’a- spetto meramente narrativo e si colloca spesso in una dimensione metadiegetica e didascalica. Non sempre però l’indugio ricognitivo risponde, come dovrebbe, a un tale intendimento:

Ms Tr1

Cucina che sembrava una Cucina che sembrava una sala; alta, a volta, col pavi- sala; alta, a volta, col pavi- mento di legno, e cassepan- mento di legno, e cassepan- che e madie antiche che che e madie antiche che Dal manoscritto alla stampa CXXIII

parevano mobili di sagre- parevano mobili di sagre- stia. Anche i lumi ad olio e i stia. candelieri con le steariche Una donna ancora giovane deposti sulla cappa del gran- ma con gli occhi incavati de camino avevano qualche sotto le palpebre livide e cosa di chiesasistico. tutto il viso fino

Una donna ancora giovane ma con gli occhi incavati sotto le palpebre livide e tutto il viso fino

Nell’opera di revisione e di rimaneggiamento, soprattut- to delle unità descrittive, a volte si esorbita in qualche discutibile ‘sacrificio’ lirico:

Ms Tr1

era il fanale che il padrone era il fanale che il padrone teneva acceso a sue spese teneva acceso a sue spese davanti al portone della sua davanti al portone della sua casa. Su, dunque, con passo casa. Il bambino intanto si riaffrettato, per le svolte della era addormentato, strada solitaria: un rumore d’acqua canta adesso nel silenzio e accresce la presenza della sera: l’odore degli orti e dei giardini annunzia la vicinanza del paese. Il bam- bino intanto si era addor- mentato,

***

NOTA AL TESTO

La novella Il ritorno del figlio ci è stata trasmessa attraverso un manoscritto autografo, conservato nella Sala Manoscrit- ti della Biblioteca Universitaria di Sassari (Fondo Mano- scritti, ms. 258), e diverse copie a stampa. Più precisamen- te possediamo una redazione autografa compiuta (Ms) e una stampa autorizzata (Milano, Treves, 1919: Tr1) con ristampa anch’essa autorizzata (Milano, Treves, 1921: Tr2), più altre riedizioni (Milano, Mondadori, 1969: Md; Nuoro, Ilisso, 1996: IL). Configurandosi le successive tira- ture all’edizione del 1919 come ristampe, l’editore assume Tr1 come esemplare di collazione al quale rapportare tutte le varianti esibite dal testimone manoscritto che precede e presenta in apparato la storia genetica dell’opera nei succes- sivi passaggi correttori; un apparato genetico (o diacronico o dinamico) dove trovano posto le varianti d’autore, ordi- nate, fin dove è stato possibile, secondo un criterio crono- logico. I criteri di trascrizione del testo base adottati sono stati di fedeltà diplomatica. Gli esponenti numerici presen- ti nel testo rinviano alle note d’apparato posto a piè di pagi- na. L’apparato critico è positivo: viene prima il riferimento numerico, la lezione di Tr1, a destra parentesi quadra chiu- sa «]», seguono le lezioni con varianti d’autore (di Ms e quelle intercorrenti fra Ms e Tr1) ordinate secondo un cri- terio diacronico-evolutivo. Le diversificazioni redazionali e gli interventi correttori, discussi in apparato in modo con- getturale, sono segnati nel modo seguente: da lezione ricavata da altra per aggiun- ta, sostituzione, inserimento, per- mutazione, soppressione. stl. lezione sottolineata CXXVIII DINO MANCA su corretta su ricalco su altra prima lezione cassata che precede r. prec. rigo precedente dopo lezione cassata che segue ins. inf. lezione inserita nell’interlinea infe- riore ins. sup. lezione inserita nell’interlinea supe- riore spaz. interv. spazio interlineare bianco o tratto di penna orizzontale che intervalla due annotazioni ins. pp. sgg. lezione inserita nelle pagine seguenti l. orizzontale linea orizzontale

<+> una lettera indecifrabile dopo cor- rezione su ricalco su altra o altre

<+ +> due lettere indecifrabili dopo corre- zione su ricalco su altra o altre

<+ + +> tre lettere o parola indecifrabili dopo correzione su ricalco su altra o altre (appare anche nel testo)

> x < lezione espunta: presente nel mano- scritto non compare nel testimone a stampa

→ [x] o → (x) dal manoscritto al testimone a stampa lezione corretta in o sostitui- ta con x Nota al testo CXXIX

↔ segue in linea

↔| continua nel rigo seguente

↔|| continua su più righi

↔// continua nella pagina seguente

/b\ b aggiunta in linea sup.\b/ b aggiunta nell’interlinea superiore inf.\b/ b aggiunta nell’interlinea inferiore sup.\\b// b aggiunta nel margine superiore inf.\\b// b aggiunta nel margine inferiore lat.\\b// b aggiunta nel margine laterale

[–] o (–) lezione depennata e indecifrabile

[–] ↔|| lezioni depennate e indecifrabili che si susseguono su più righi

[ ] lezione erasa e irrecuperabile sup.\ – b/ b depennata ma leggibile in interli- nea superiore inf.\ – b/ b depennata ma leggibile in interli- nea inferiore sup.\ – / lezione depennata e indecifrabile in interlinea superiore inf.\ – / lezione depennata e indecifrabile in interlinea inferiore

[– b] o (– b) b depennata ma leggibile CXXX DINO MANCA

+ in sostituzione di

[(–) ↔ + b] b segue in linea in sostituzione di lezione depennata e indecifrabile

[– a ↔ + b] b segue in linea in sostituzione di a depennata ma leggibile

[– a ↔| + b] b segue nel rigo seguente in sostitu- zione di a depennata ma leggibile

[– a ↔ + (– b)] b depennata ma leggibile segue in linea in sostituzione di a depennata ma leggibile

[– a (–)] a depennata ma leggibile seguita da lezione depennata e indecifrabile

[(–) – b] b depennata ma leggibile segue a lezione depennata e indecifrabile

[– a (– b)] a depennata ma leggibile seguita da b depennata e leggibile

[sup.\a (–)/] a in interlinea superiore seguita da lezione depennata e indecifrabile

[sup.\(–) b/] b in interlinea superiore segue a lezione depennata e indecifrabile

[sup.\a (– b)/ a in interlinea superiore seguita da b depennata ma leggibile

[sup.\(– a) b/] b in interlinea superiore segue ad a depennata ma leggibile

[sup.\(– a) + b/] b in interlinea superiore in sostitu- zione di a depennata ma leggibile Nota al testo CXXXI

[– a ↔| + (– b)] b depennata ma leggibile continua nel rigo seguente in sostituzione di a depennata ma leggibile

[sup.\ – a (–)/] a in interlinea superiore depennata ma leggibile seguita da lezione depennata e indecifrabile

[– b ↔| (–)] b depennata ma leggibile seguita nel rigo seguente da lezione depen- nata e indecifrabile

[(–) ↔| – b] b depennata ma leggibile segue a lezione del rigo precedente depen- nata e indecifrabile

[– / + sup.\b/] b aggiunta in interlinea superiore in sostituzione di lezione depennata e indecifrabile

[– / + inf. \a/] a aggiunta in interlinea inferiore in sostituzione di lezione depennata e indecifrabile

[– / + sup.\ – /] lezione depennata e indecifrabile aggiunta in interlinea superiore in sostituzione di lezione depennata e indecifrabile

[– / + inf.\ – /] lezione depennata e illeggibile aggiunta in interlinea inferiore in sostituzione di lezione depennata e indecifrabile

[– a + sup.\b/] b aggiunta nell’interlinea superiore in sostituzione di a depennata ma leggibile

[– a + inf. \b/] b aggiunta nell’interlinea inferiore in sostituzione di a depennata ma leggibile CXXXII DINO MANCA

[– a + sup.\ – /] lezione depennata e illeggibile aggiunta in interlinea superiore in sostituzione di a depennata ma leg- gibile

[– a + sup.\ – b /] b depennata ma leggibile aggiunta in interlinea superiore in sostituzio- ne di a depennata ma leggibile

[– a ↔ + (– b) + sup.\c/] c aggiunta nell’interlinea superiore in sostituzione di ab depennate ma leggibili (con b che segue in linea in sostituzione di a)

[– / + (– b) + sup.\c/] c aggiunta nell’interlinea superiore in sostituzione di b depennata ma leggibile e di lezione depennata e indecifrabile che precede in linea.

[– a + (sup.\ – b/) + sup.\c/] c sostitutiva in interlinea superiore di ab depennate ma leggibili (con b in interlinea superiore integrata o sostitutiva di a)

[– a + (sup.\ – b/) + inf. \c/] c sostitutiva in interlinea inferiore di ab depennate ma leggibili (con b in interlinea superiore integrata o sostitutiva di a)

[– a + (sup.\ – /) + sup.\c/] c sostitutiva nell’interlinea superio- re di a depennata ma leggibile e della lezione integrata o sostitutiva di a in interlinea superiore, depen- nata e indecifrabile

[– / + (sup.\ – /) + sup.\c/] c sostitutiva nell’interlinea superiore di prima lezione depennata e illeggi- bile e di seconda lezione integrata o sostitutiva della prima inserita in interlinea superiore e anch’essa depennata e indecifrabile. Nota al testo CXXXIII

[– / + (sup.\ – /) + inf.\c/] c sostitutiva nell’interlinea inferiore di prima lezione depennata e inde- cifrabile e di seconda lezione inte- grata o sostitutiva della prima inse- rita in interlinea superiore e anch’essa depennata e indecifrabile

[– / + (sup.\ – b/) + sup.\c/] c sostitutivo nell’interlinea superio- re di prima lezione depennata e indecifrabile e di seconda lezione integrata o sostitutiva della prima inserita in interlinea superiore depennata ma leggibile.

[– / + (sup.\ – b/) + inf.\c/] c sostitutiva nell’interlinea inferiore di prima lezione depennata e inde- cifrabile e di seconda lezione inte- grata o sostitutiva della prima inse- rita in interlinea superiore depenna- ta ma leggibile

‹abc› integrazione o congettura editoriale a3b1c2 diverso ordinamento (= b c a), segnalato da esponenti numerici

// cambio di pagina nel manoscritto (appare nel testo)

[+++] lezione interrotta per mutilazione del manoscritto; segnala la caduta per asportazione traumatica di parti più o meno cospicue di foglio con perdita di parti del testo

// [+++] // lezione interrotta per mutilazione del manoscritto; segnala la caduta per asportazione traumatica (strap- po o altro) di un foglio. CXXXIV DINO MANCA

// [+++] ↔// [+++] // lezione interrotta per mutilazione del manoscritto; segnala la caduta per asportazione traumatica (strap- po o altro) di più fogli.

| fine rigo

( ) per non ingenerare confusione, la parentesi tonda sostituisce la qua- dra in ogni sua espressione segnica ogniqualvolta questa si trova dentro altra parentesi quadra.

***

Il ritorno del figlio

Fu una sera dell’aprile scorso che il possidente Davide D’E- lia, tornandosene in calesse da una sua fattoria, credette di vedere in mezzo alla strada un agnellino sperduto: guar- dando meglio si accorse che era un bambino, avvolto in una vecchia sciarpa di pelo nero; così piccolo che al soprag- 5 giungere del veicolo non si mosse neppure, tanto che il cavallo stesso, non facendo a tempo a scansarsi, si fermò di botto. Davide però non era un uomo curioso, né si turbava facil- mente: adesso poi, dopo la morte in guerra del suo unico 10 figlio diciottenne, era diventato ancor più duro, col cuore arso da una invincibile ira contro Dio e contro gli uomini. Pensò che il bambino lo avesse deposto lì qualche contadi- na che lavorava nei dintorni, e tirò le redini perché il caval- lo passasse a destra della strada: ma il cavallo, per la prima 15 volta dacché era suo, non gli obbediva; non andava avanti: sollevava e scuoteva la testa seguendo il movimento delle redini, ma non andava avanti. Il padrone, tutto agitato dentro il calessino leggero come una grande sedia a ruote, imprecò, tentando almeno di // 20 tirarlo indietro: ma il cavallo non intendeva neppure di andare indietro, fermo come se le sue zampe avessero messo radice nel suolo. Allora Davide gridò al bambino di alzarsi e di scostarsi: la sua voce rude avrebbe intimorito un brigante: la creatura 25 innocente si contentò di sollevare gli occhi. Che occhi!

1-2. Fu una sera… da una sua fattoria] nella c. 2v. si legge: [– In ↔ + (– Una)] ↔ [– sera dell’aprile (su di marzo) scorso il (–) ↔| (– possidente (su propr) + sup.\ – /) Davide d’Elia se ne torna↔|va sul suo calessino dalle fattorie ↔| che possedeva nel piano di] 19. Il padrone, tutto agitato] Il padrone, [– tentò di] tutto ↔| agitato 20. imprecò] su imprecava ♦ almeno] su di 21. il cavallo] la bestia ♦ prima [–] ♦ di] sup.\di/ 23- 24. nel suolo. Allora Davide gridò] da nel suolo. [– Il calessino leggero e ↔| agile come una grande sedia a ↔| ruote si scuoteva tutto con l’uo↔| mo dentro che si agitava e im↔| precava ma non andava né avan↔|ti né indietro.] ↔| Allora Davide gridò 4 GRAZIA DELEDDA

Grandi, pensierosi, di un colore indefinito, fra l’azzurro il bruno e l’oro, brillavano come due piccoli specchi che riflettessero il luminoso cielo del crepuscolo. 30 Davide non era uomo da commuoversi neppure per que- sto. Non amava i bambini. Non amava i bambini: e adesso, con rimorso invano non riconosciuto, ricordava di non aver quasi mai accarezzato e baciato suo figlio quando era piccolo: e questo rimorso, 35 come tutti i rimorsi veri, rincrudiva il suo disamore per tutti gli altri bambini del mondo che non erano suoi. I bambini poveri, poi, li // riteneva furbi, intesi per istinto a destare una pietà che loro profittasse: tutti più o meno mendicanti. Gettava loro una moneta e tirava avanti.

40 Questa volta, però, suo malgrado è costretto a fermarsi, a interessarsi della creatura abbandonata nella strada: lo impressiona la strana riluttanza del cavallo ad andare avan- ti, e, in fondo, ricorda ch’egli è un uomo celebrato in tutti quei dintorni per la sua scrupolosità di coscienza e per la 45 più rigida osservanza del suo dovere. Eppoi è anche sindaco del paese. Suo dovere, dunque, è adesso, di non passare senza essersi assicurato che il bambi- no è lì momentaneamente deposto da qualcuno che verrà a riprenderlo. 50 Osservandolo bene gli pare che non sia ancora in età di par- lare, sebbene i suoi occhi abbiano qualche cosa di strano, fissi e coscienti; sembrano quelli di un santo o almeno di un uomo saggio. Antiche superstizioni sfiorano la mente, se non il cuore, del

27. indefinito] da [– meraviglioso + sup.\indefinito/] 28. brillavano] da [sup. \(– ‹balenanti›) brillavano/] 28-29. come…riflettessero] come due piccoli specchi che ↔| > nel sollevarsi < riflettessero ♦ il] da [– quel ↔ + il] 34. baciato suo figlio] baciato il figlio 39. avanti.] ins. inf. spaz. interv. 40. è] da [– era + sup. \è/] 42. impressiona] da impressiona[– va] 43. ricorda] da ricorda[– va] ♦ è] da [– era + sup.\e/ ‹sic›] ♦ un uomo] sup.\un uomo/ 44. per] prima [– ‹come›] 46. è] da [– era + sup.\è/] ♦ sindaco] Sindaco ♦ Suo dovere] Il suo dovere ♦ è] da [– era + sup. \è/] 47. adesso] sup.\adesso/ 52. coscienti;] coscienti : Il ritorno del figlio 5 nostro Davide. Egli ricorda di aver letto o sentito racconta- 55 re certe leggende nelle quali si afferma che Gesù ama spes- so tornare nel mondo a vagabondare sotto spoglia umana per provare il cuore degli uomini. Perché vi sono cuori // abbandonati a sé stessi come terre incolte: basta smuoverli e seminarli perché diano frutto. Ma Davide pensa che il suo 60 cuore è duro perché deve essere duro: e se il bambino misterioso è Colui che tutto vede ne sa il perché: inutile quindi fingere un turbamento che non si sente. Infine, poi, l’uomo veramente frustato dalla sventura non può più amare neppure lo stesso Dio. 65

Intanto, pensa e ripensa, guarda e riguarda di qua e di là, il tempo passava: era quasi sera e Davide pensava anche a sua moglie che s’inquietava profondamente quando egli tarda- va a rientrare. Si decise dunque a scendere dal calesse: d’un balzo fu in terra, agile nonostante la sua non più giovane 70 età, col viso, al quale la pelle scura, le labbra grosse e la barba a punta davano un’aria diabolica, minacciosamente chinato sul bambino. – Ebbene, ti muovi, o non ti muovi, malanno abbia tua madre che ti lascia andar così? 75 Ma né questa né altre maledizioni riuscirono a scuotere l’innocente: solo i suoi occhi pensierosi fissavano un po’ inquieti l’uomo // irritato: finché l’uomo irritato lo prese e lo tirò su afferrandolo per l’involto di pelo come un ani- maletto. 80 Allora le imprecazioni e le bestemmie raddoppiarono, così terribili che pareva oscurassero le cose intorno.

55-56. sentito raccontare] da sentito [– dire ↔ + raccontare] 58. Perché] perché 59-60. smuoverli e seminarli] smuoverli seminarli 61. perché deve essere duro: e se] da perché deve essere duro: > ben fatto ma duro: < e se 63. sente] da [– sente provare + inf. \sente/] 63-64. Infine… non può] da [– Inoltre egli era così frustato ↔| dalla sventura che sentiva di non poter + (sup.\ – ‹Infine› egli è /) + inf.\ Infine, poi, l’uomo veramente ↔| frustato dalla sventura non può /] 65. Dio] ins. inf. spaz. interv. 67. era] da [– è + sup.\era/] 68. s’inquietava] da [– s’impensieriva ↔ + s’inquie- tava] 70. agile] da [– rigido, smilzo + sup.\agile/] 72. diabolica] prima [– alquanto] 73. chinato] abbassato 78. l’uomo irritato] da [– questi + sup.\l’uomo irritato/] 81. raddoppiarono,] raddoppiarono: 6 GRAZIA DELEDDA

Perché Davide vedeva alcune goccie di sangue cadere dalle gambe scure e dai piedini scalzi del bambino; e ne provava 85 un senso inesprimibile di raccapriccio; quel sangue inno- cente gli faceva tornare al pensiero Gesù, e il ricordo del suo figliuolo quasi ancora bambino ucciso dall’odio degli uomini. Si piegò in mezzo alla strada e tenendo davanti a sé dritto 90 il piccolo sconosciuto gli tolse la sciarpa di pelo: e gli pare- va davvero di scorticare un agnellino, tanto il vestitino d’un bianco sporco era macchiato di sangue e ricopriva un corpo strano: non era il solito corpo dei bambini sani, polposo e voluttuoso con le sue pieghe e i suoi pomi di carne: era 95 quasi un corpo maturo, nella sua piccolezza, con la pelle aderente alle ossa sottili; quasi limato da una lunga soffe- renza interiore: due larghe ecchimosi violette venate di rosso fiorivano // sulle piccole ginocchia, e in mezzo ad un’altra, a metà della gamba destra, una ferita dava sangue. 100 Davide però s’avvide subito che questa ferita non era grave né prodotta da arma: gli parve piuttosto che il bambino fosse caduto dall’alto, da un cavallo o da un carretto, o vi fosse stato buttato giù. Gli fasciò alla meglio la gamba col fazzoletto pulito che teneva sempre di riserva in saccoccia: 105 poi lo riavvolse nella sciarpa, e lo prese in braccio tentando ancora d’interrogarlo. E gl’indicava i punti estremi della strada chiedendogli

83. Perché] perchè 85. raccapriccio;] raccapriccio: 89. Si piegò] da [– S’accasciò + sup.\Si piegò/] 91. vestitino] vesticciuola 91-93. tanto… strano] da [– : di ‹sotto› apparve una vesticciuola ↔| bianca, sporca, maculata di ↔| sangue, e sotto di questa (–) ↔| (– / + sup.\ – il corpo (–) /) ben ↔| fatto + sup.\tanto la vesticciuola d’un bianco ↔| sporco era macchiata di ↔| sangue e ricopriva un corpo strano:/] ♦ macchiato] mac- chiata ♦ strano:] su scarno: ♦ dopo [– / + sup.\ – corpo /] 93. polposo] su <+++> 94. voluttuoso] prima [– quasi] 97. ecchimosi] echimosi 98. fiorivano] su fioravano ♦ ginocchia,] ginocchia; 99. gamba] su gam- buccia ♦ una…sangue] da [– ferita larga ma poco profonda ↔| dava san- gue + sup.\una ferita dava sangue/] 100. Davide… s’avvide] da [– Davi- de s’avvide + (sup.\ – /) + sup.\Davide però s’avvide/] 101. gli parve] da [– pareva + sup.\gli parve/] 103. Gli] da [– ‹subito› gliela + sup.\Gli/] ♦ la gamba] da [– / + sup.\la gamba/] 104. saccoccia:] saccoccia; Il ritorno del figlio 7 dond’era venuto: di su o di giù? Il bambino, che non s’era lamentato neppure nel sentirsi toccare la ferita, seguiva con gli occhi il movimento del dito del suo salvatore, ma non 110 apriva la bocca pallida. Veniva voglia di batterlo, di rimetterlo per terra e abban- donarlo al suo destino: e per qualche momento Davide non ebbe altra idea. Ma non si decideva, ostinandosi a guardare su e giù per la 115 strada in attesa che qualcuno apparisse. Nessuno appariva. La strada saliva dolce//mente tra due bordi di rovi e di gine- stre fiorite, di là dei quali, in quel punto, neanche a farlo apposta, mentre il resto del versante era coltivato a grano e ad oliveti, si stendeva una zona pietrosa, nuda, deserta. 120 Cadeva dunque la supposizione che il bambino fosse stato lì deposto da qualche donna che lavorava nei dintorni. Una stizza pungente finì d’irritare Davide: gli pareva che qual- cuno, lì nascosto fra i rovi, lo vedesse col bambino in brac- cio e si beffasse di lui, ma nello stesso tempo gl’impedisse 125 di rimettere il piccolo sperduto sulla polvere della strada, e abbandonarlo di nuovo. Cominciò allora a gridare, come chiamando quest’uomo nascosto; l’eco sola rispondeva. Non c’era altro da fare che prendere il bambino e condur- 130 lo in paese e consegnarlo al parroco o ai carabinieri o tener- selo in casa fino a ritrovarne i parenti. E Davide rimontò sul calesse, adagiandosi bene contro il fianco perché non avesse a cascare un’altra volta quel fagot- tino nero del quale avrebbe volentieri fatto a meno. 135

108-110. Il bambino…con gli] da [– / + /Il bam-\ ↔| sup.\bino, che non s’era lamentato neppure/ ↔| inf.\nel sentirsi toccare la ferita seguiva con gli/] 111. bocca pallida] dopo [– non ↔| s’era lamentato neppure ↔| al sentirsi toccare la ferita, ↔| e adesso pareva (– ‹non› + sup.\neppure/) respirare] 118. fiorite,] fiorite 119. e] prima [–] 121. Cadeva dun- que la] da [– La + sup.\Cadeva dunque la/] 122. dintorni] dopo [– biso- gnava dunque scartarla: e ↔| Davide si decise a scartarla; ma] 123. finì…Davide] da [– lo irrita↔|va + sup.\(– cominciò a) + finì d’irritare Davide/] ♦ gli pareva] prima [–] 129. nascosto;] nascosto: 135. nero…meno.] da [– di cui avrebbe ↔| tanto volentieri fatto a meno + sup.\nero del quale avrebbe ↔| volentieri fatto a meno/] 8 GRAZIA DELEDDA

– Andiamo – disse al ca//vallo, e il cavallo si rimise a trot- tare rapido per riacquistare il tempo perduto. Davide adesso lo frenava: voleva esplorare la strada, in cerca di qualche traccia che gl’indicasse la provenienza del bam- 140 bino; ma su quel tratto di strada pietrosa non si vedevano neppure le impronte delle ruote dei veicoli: quando la stra- da pianeggiava un poco pareva di camminare attraverso un mare pietrificato, tanto le distese di roccia erano nude, ondulate, argentee al crepuscolo. 145 Ma ecco la vita ricomparire: // alberelli con le foglie nuove che tremolavano di gioia bevendosi l’ultima luce del giorno s’inseguivano lungo l’orlo della strada, su, su, da una parte e dall’altra fino a confondersi nella svoltata: e attraverso i loro fusti sottili si vedevano le pallide distese del grano, e 150 casupole e capanne nereggiare qua e là, come grandi nidi fra le siepi: di tanto in tanto un sentiero sbucava curioso sulla strada fermandosi a guardare e invitare il passante. Davide conosceva i luoghi e quasi tutte le persone che l’a- bitavano; ma l’idea di fermarsi e cominciare un’inchiesta 155 forse inutile lo annoiava; era tardi, e la moglie lo aspettava. Tirava dunque dritto senza incontrare nessuno. I lumi del paese già apparivano, su, in una insenatura quasi in cima alla collina; pochi lumi rossastri che non riuscivano a illu- minare le cose intorno a loro: solo uno brillava vivo come

141-142. dei veicoli: quando la strada] da dei veicoli: > pareva che ogni ↔| segno di vita fosse scomparso da ↔| quella zona di terra arida fic↔|cata come un cilizio fra il ↔| dorso e i fianchi coltivati della ↔| col- lina: e < quando la strada 144-145. al crepuscolo. Ma ecco la vita] da al crepuscolo. ↔| > D’altronde la luce mancava e ↔| ritirandosi lasciava al suo ↔| posto un silenzio tale che Davi↔|de sentiva lo scricchiolio della ↔| ruota e il passo del cavallo ↔| echeggiare lontano, tanto che ↔| aveva l’impressione che un ↔| altro calesse con un uomo ↔| e un bambino sperduto gli veniva ↔| incontro. < ↔| Ma ecco la vita 145. alberelli] prima [– ricominciò] 146. di gioia…l’ultima] da [– all’ultima luce e parevano ↔| sciogliervisi + /di\ ↔| sup.\gioia bevendosi l’ulti-/ ↔| ma] 149. fusti] tronchi ♦ si vedevano…grano, e] da [– le ‹chine› coperte di ↔| grano e di olivi luccicavano ↔| lustrate dal crepuscolo + sup.\si vedevano ↔| le pallide distese del grano, e/] 150. casupole] su Casupole ♦ nereg- giare] da nereggia\re/ 154. l’abitavano;] l’abitavano: 155. lo annoia- va;] lo annojava: 158. collina;] collina: Il ritorno del figlio 9 un faro, in alto, sopra il paese: e il cavallo lo fissava, rico- 160 noscendolo con gioia: era il fanale che il padrone teneva acceso a sue spese davanti al portone della sua casa.// Il bambino intanto si era addormentato, con la testina appoggiata alla coscia del suo salvatore; e questi lo sostene- va con cura, ma si difendeva sempre da ogni commozione 165 e non vedeva l’ora di deporlo in qualche posto. La sua prima idea di condurlo alla caserma dei carabinieri e consegnarlo al brigadiere, adesso però gli sembrava poco umana; o forse aveva paura di sembrare poco umano lui, facendo così. 170 Meglio andare dal parroco. Ma egli era geloso del parroco, e dei suoi pretini che volevano governare da soli il paese, e in un certo modo vi riuscivano. Consegnare a loro il bam- bino, che l’avrebbero subito preso come il ragno la mosca nella sua tela, era diminuirsi di autorità. 175 Il cavallo, intanto, per conto suo proseguiva a trottare verso casa: ecco passata la caserma dei carabinieri, ecco passata la casa comunale, ecco passata la parrocchia, tutte e tre, del resto, attaccate l’una all’altra sull’alto della piazza // come tre sorelle rivolte d’intesa a sorvegliare e dominare il paese, 180 disteso umilmente ai loro piedi con le sue case basse, le sue stradette ripide, i suoi orticelli umidi, triste anche nel sonno.

160. lo fissava] prima [– di Davide] 161. gioia] prima [– una certa] 162-163. della sua casa. // Il bambino] da della sua casa. // > Su, dunque, con passo riaf↔|frettato, per le svolte della strada ↔| solitaria: un rumo- re d’acqua ↔| canta adesso nel silenzio e ↔| accresce la frescura della [– notte] ↔| sera: l’odore degli orti e dei ↔| giardini annunzia la vicinanza ↔| del paese. < ↔| Il bambino 164. coscia] gamba 169. umana;] umana: 176. conto suo] conto suo, 180-183. a sorvegliare…nel sonno.] ins. pp. sgg. v.26, numerata dalla Deledda 12 (stl.) [– a sorvegliare e dominare il ↔| paese proteso sup.\umilmente/ ai loro piedi, ↔| con le sue case basse e i suoi ↔| orti umidi, triste anche nel sonno. ↔| Ma chi dominava veramente ↔| su tutto, (– anche + sup.\più in su ancora/) della chiesa e di ↔| una torre (– che) un tempo (– era) stata ↔| soggiorno di personaggi potenti, ↔| era la casa di don Emanuele: ↔| il cavallo va su per la strada ↔| selciata su cui danno i vecchi ↔| muri dei giardini abban- donati ↔| intorno alla torre, e finalmen↔|te si ferma nel cerchio di ↔| chiarore sparso dal lampione ↔| infisso a fianco del portone ↔| già chiu- so] 10 GRAZIA DELEDDA

Ma la strada non si fermava lì, e anche Davide non si fermò 185 lì. Chi era al di sopra di ogni potenza del paese era lui; giu- sto, quindi, che la sua casa fosse al disopra di tutte, anche della chiesa. Solo un’altra potenza dominava la sua, ma era una potenza morta: la torre in rovina di un antico castello. La strada si faceva // sempre più ripida, illuminata dal chia- 190 rore che il fanale versava dall’alto spandendolo anche sulle siepi e gli alberi intorno. Un odore di erica, un silenzio sempre più fitto dànno l’im- pressione di andare su in cima a una montagna. E la casa lassù, sul suo spiazzo di pietra, col muro di cinta ricoperto 195 d’edera, il portone ferrato, che dà luce col suo fanale, ma rimane nell’ombra a spiare come con una lanterna cieca, ha più della fortezza che del palazzo. Un cane abbaiò dentro; poi tacque riconoscendo il rumore del calessino: tuttavia Davide dovette battere tre volte al 200 portone e far sentire anche la sua voce perché qualcuno si decidesse ad aprire. E chi apriva non si dava fretta: lo si sentiva levare i ganci che assicuravano meglio i battenti del portone, e tirare il paletto e il catenaccio e girare con cautela la chiave nella 205 serratura. Finalmente uno dei battenti si aprì un poco: ap//parve, nel

183-184. anche nel sonno. Ma la strada] da anche nel sonno. ↔| [– A dire il vero tutto il paese pareva ↔| costrutto in blocco come una ↔| sola casa, con una (su la) larga e ↔| comoda scala centrale – la strada ↔| principa- le, – e altre scalette di ↔| servizio – le strade minori, – interrot↔|te di tanto in tanto da gradini e ↔| pianerottoli selciati su cui davano ↔| le porticine delle abitazioni dei poveri. ↔| La scala o strada principale ↔| portava al piano nobile, forma↔|to appunto dagli edifizi pubblici ↔| (– e della chiesa + sup.\affacciati sul paese, e/) dalle case dei ↔| ricchi tutte strette intorno alla ↔| (– piazza + sup.\piazza/) come a un focolare del ↔| quale la chiesa col (su con) ↔ (– un + sup.\suo/) piccolo ↔| portico con- tenuto da colonne di ↔| pietra rappresentava il camino.] ↔| Ma la stra- da 186. disopra] di sopra 188. morta;] morta: 189. La strada si face- va] La strada [– però] si faceva ♦ più ripida, illuminata] da più ripida, [– lo ↔| sapeva il povero cavallo che ↔| sudava nonostante la frescura ↔| della notte: ma le altezze ↔| bisogna guadagnarsele, e, se non ↔| altro adesso almeno la salita ↔| era] illuminata 192. dànno] davano 193. casa] casa, 198. abbaiò] abbajò, 206. aprì] da [– socchiuse ↔ + aprì] Il ritorno del figlio 11 vano misterioso, una figurina di vecchia: piccola ma diritta e dura, col viso tutto a punte aguzze circondato da una spe- cie di cappuccio nero, e un mazzo di chiavi in mano, pare- va la custode di un luogo di leggende. 210 I suoi occhietti neri lucenti come quelli di un uccello distinsero subito l’insolito fagotto che Davide senza lasciar- le tempo di domandare di che si trattava, le gettò fra le braccia, quasi di sorpresa e come con l’intenzione di spa- ventarla un po’ per burla e un po’ sul serio. 215 – È un bambino, sì, è un bambino – egli disse, aprendo tutto il portone per far entrare il calesse. – L’ho trovato smarrito nello stradone: bada che è ferito. Scostati, Elisa- betta! – gridò poi; ma la vecchia rimaneva come impietrita sulla soglia, palpando il misterioso fagotto, e tentando di 220 vederlo meglio alla luce del fanale. Pareva non prestasse fede ai suoi occhi: non domandava spiegazioni, però, e una volta accertatasi che quello che teneva // in braccio era pro- prio un bambino, e che non c’era altro da fare che portar- lo dentro, richiuse il portone riassicurandolo col gancio, i 225 catenacci e i paletti, e mentre il padrone staccava il cavallo ella rientrò nella cucina. Cucina che sembrava una sala; alta, a volta, col pavimento di legno, e cassepanche e madie antiche che parevano mobili di sagrestia. 230 Una donna ancora giovane ma con gli occhi incavati sotto

207. vecchia:] vecchia, 209. mano,] mano: 215. po’] po 211-215. I suoi occhietti…un po’ sul serio.] da I suoi occhietti neri lucenti come ↔| quelli di un uccello distinsero su↔|bito l’insolito fagotto che Davide, ↔| > prendeva dal calesse. ma Davide ↔| non le lasciò < → [senza lasciarle] tempo di domandare ↔| di che si trattava > che già le ↔| aveva deposto il bambino < → [le gettò] fra le ↔| braccia, quasi di sorpresa e come ↔| con l’intenzione di spaventarla ↔| un po’ per burla e un po’ sul serio. 216. egli disse] disse Davide 217. far entrare il calesse. – L’ho trovato] da far entrare il calesse. > – Non hai mai veduto ↔| bambini? < L’ho tro- vato 218. nello stradone] da [– in ‹campagna› + sup.\nello stradone/] 220. palpando il misterioso fagotto] palpan↔|do la sciarpa del bambino 221. Pareva] pareva 225. col gancio] coi ganci 229. cassepanche] casse panche 230-231. di sagrestia. Una donna] da di sagrestia. > Anche i ↔| lumi ad olio e i candelieri ↔| con le steariche deposti sulla ↔| cappa del grande camino ↔| avevano qualche cosa di ↔| chiesasistico. < ↔| Una donna 12 GRAZIA DELEDDA

le palpebre livide e tutto il viso fino scarno come succhiato in dentro da un’angoscia insaziabile, stava seduta sulla panca davanti al camino acceso: teneva le mani in grembo 235 e anche quelle mani lunghe, pallide, parevano solcate da cicatrici di dolore; tutta la sua attitudine era di chi aspetta pur sapendo che la sua attesa sarà lunga e forse vana. Era la madre che pensava al suo figliuolo morto. //

La sua indifferenza a ogni altra cosa era tale che neppure la 240 vista del bambino che Elisabetta le depose accanto sulla panca la scosse. Solo domandò: – Di chi è? – Adesso, adesso glielo dirà il padrone – disse la vecchia serva. Poi non poté tenersi oltre: – è un bambino che il 245 padrone ha trovato sperduto nello stradone: è anche ferito. Un’altra serva era accorsa dalla stanza attigua e si chinava sulla panca osservando il bambino: anche la padrona si volse un poco a guardarlo, senza però muover le mani dal grembo: e la vecchia pareva a sua volta godersi la loro curio- 250 sità. – Come ti chiami? Come ti chiami, bello? Non parli? Non ce l’hai la linguetta? Parla, tesoro: non parli davvero? Il bambino aveva riaperto i grandi occhi serii, ma non rispondeva: la sua attenzione, più che dalle donne, pareva 255 attirata da un uomo coricato su una stuoia, lungo la parete all’angolo del camino; o per meglio dire da due piedi che sbucavano di sotto a un sacco buttato in quell’angolo: due grossi piedi rivestiti di scarponi di cuoio grezzo coi chiodi che luccicavano al fuoco. 260 L’uomo sotto il sacco pareva dormisse profondamente, per- ché // né l’entrata della vecchia serva col bambino, né le

232. fino] sup. \fino/ 233. insaziabile] prima [–] 234. acceso:] acceso; 238. Era la madre] da [– Era la padrona Bona ↔| D’Elia + sup.\Era la madre/] ♦ morto.] dopo [– la sua indiffe-] ♦ ins. inf. spaz. interv. 243. disse] da [– esclamò + sup.\disse/] 244. Poi] poi 245. sperduto] su smarrito 253. serii] serî 255. stuoia] stuoja 256. da] su dai ♦ due piedi] da [– grossi + (sup.\ – suoi/) + inf. \due/] 257. di sotto a un sacco] da un sacco ♦ buttato in quell’angolo:] da [– che lo ↔| ricopriva tutto + sup.\buttato in quell’angolo:/] Il ritorno del figlio 13 esclamazioni delle donne lo riscuotevano; del resto nessuno badava a lui; solo Davide, nel togliersi il cappotto e il cap- pello che attaccò lì accanto, lo guardò dall’alto, con fugace attenzione: poi andò a sedersi anche lui sulla panca, vicino 265 a sua moglie. E dapprima parve contento che la moglie si fosse scossa dal suo torpore doloroso, poi s’irritò perché il bambino, impa- zientitosi finalmente di tutta la curiosità che destava, con- trasse il viso come per ridere e invece si mise a piangere: un 270 pianto nervoso, desolato, di chi è all’estremo delle sue forze e della sua rassegnazione. – E dategli qualche cosa da mangiare, piuttosto! Dico a te, Bona; e tu, vecchia cornacchia, non hai un biscotto da dar- gli? 275 Le due serve si ritrassero: la stessa Bona, come impaurita dal grido del marito, prese il bambino in grembo e cercò di farlo tacere. Fu portata una tazza di latte, un biscotto, un altro biscotto: questi argomenti furono validi più che tutte le moine delle donne a far chetare il bambino. 280 Egli prendeva e beveva e mangiava tutto con avidità, sten- dendo le manine sporche per difender la sua roba come fanno i piccoli gatti // gelosi; quando fu un po’ sazio cominciò a battersi una di queste manine sul petto, per significare che tutto ciò che gli davano era buono e gli pia- 285 ceva; e Bona lo capì subito, perché così faceva anche il suo Eliseo quando era bambino. Anche il marito doveva ricor- dare vagamente qualche cosa perché guardò il gesto del bambino, poi guardò la moglie e la vide più pallida del soli- to; allora s’arrabbiò. 290 – E adesso basta con l’ingozzarlo! Non è un animale, poi! Basta, Bona!

262. riscuotevano;] riscuotevano: 263. a lui;] a lui, 274. Bona; e] da [– Albina e + sup.\Bona; e/] 280-281. chetare…prendeva] chetare il bambino: egli prendeva 282. le manine sporche] le sue manine sporche 283. gelosi;] golosi: 284-286. manine…gli piaceva;] manine sul petto, > senza smettere ↔| di succhiare le ultime goccie di ↔| latte dalla tazza: voleva < significa↔|re che tutto ciò che gli davano ↔| era buono e gli pia- ceva; 289. bambino,] bambino 289-290. del solito;] del solito: 292. Basta, Bona !] Basta, ↔| dico. 14 GRAZIA DELEDDA

Ella intanto lo sfasciava dalla sciarpa di pelo. – Ma è vero ch’è ferito? – domandò con voce sorda: e quan- 295 do vide il vestitino insanguinato spalancò gli occhi, e le sue pupille si fecero grandi come per un dolore fisico: ma non aggiunse parola. Il marito raccontava l’avventura: gli sembrava però ch’ella non gli prestasse fede; e neppure molta attenzione, intenta 300 com’era a osservare // il bambino, al quale aveva tolto il faz- zoletto dalla ferita. Le serve erano di nuovo accorse, una con un catino d’aceto, l’altra con delle pezze di tela: e ben presto, per opera di quelle sei mani pietose, la ferita fu lava- ta e fasciata di nuovo. Bona passò la pezza inzuppata d’ace- 305 to anche sulle gambe insanguinate e sulle ginocchia del bambino che aveva arrovesciato sul suo grembo; poi domandò un panno per asciugarlo. Il marito raccontava, e diceva la sua intenzione di conse- gnare il bambino ai preti o al brigadiere: la sua voce era 310 tranquilla, ma d’improvviso stridette di nuovo, irritata, per la ragione che si vedevano come delle goccie d’oro piovere dagli occhi della moglie. – Non l’ho portato subito dal parroco perché avevo fame. Ho fatto male però. Malissimo. E adesso datemi da man- 315 giare: poi penseremo al da farsi. Voi avete già cenato? Avevano già cenato, perch’egli quando tardava a tornare voleva non lo si aspettasse: andò quindi a sedersi davanti alla tavola ancora apparecchiata, nella stanza attigua che pareva il refettorio di un convento tanto era lunga e nuda: 320 e la più vecchia delle donne lo servì.// Un lume ad olio a tre becchi, alto sul suo stelo di rame come un giglio dorato, rischiarava con la sua luce quieta le pareti imbiancate con la calce e la tavola ricoperta di una grossa tovaglia di lino: tutto era antico e primitivo lì intor-

292-293. Basta, Bona ! Ella intanto] da Basta, ↔| dico. ↔| > Gli strappò di mano la tazza, ↔| ma gli lasciò un ultimo pezzetto ↔| di biscotto: e il bambino stette ↔| quieto a rosicchiarselo, coi piedini ↔| nudi abbando- nati sulla veste nera ↔| di Bona. < ↔| Ella intanto 293. sciarpa] su st 295. il vestitino] la vesticciuola 296. dolore fisico:] dolore fisico; 305. gambe] coscie 310-311. per la ragione] per la sola ragione 312. della moglie] dopo [– sul corpicciuolo del bambino] 319. nuda:] nuda, 324. lì] là Il ritorno del figlio 15 no: la stessa serva vestiva come un’ancella della Bibbia; ma 325 il suo viso tutto a punte esprimeva una malizia quasi perfi- da, e il padrone s’accorse subito ch’ella lo guardava aspet- tando, anzi provocando il momento di dirgli che lei non credeva alla storia del ritrovamento del bambino in mezzo alla strada. 330 Non credeva mai a nulla di quanto le si raccontava, la vec- chia Elisabetta; perché una volta da ragazza, nel tempo dei tempi, era stata ingannata da un uomo. Per conto suo era fidata e sincera; i padroni avevano piena fiducia in lei, tanto che era lei, si può dire, la vera padrona di casa: Davide, 335 anzi, la temeva un poco perch’ella influiva molto sul carat- tere già melanconico e sognante di Bona. La temeva ma non la rispettava, perché sapeva che a sua volta Elisabetta non avrebbe abbandonato la casa, dove faceva il comodo suo, se non per andarsene all’altro 340 mondo. // – Perché mi guardi così? – le disse. – Mi pare che diventi losca, ragazza mia. A che pensi? – Penso, – ella rispose sottovoce, perché non la sentissero quelli che stavano di là, – che ai miei tempi i bambini non 345 si trovavano così in campagna come leprotti. – Ai tuoi tempi non si trovavano ancora né bambini né leprotti, nel mondo. Adamo non era ancora nato. La serva non insisté, per non farsi sentire dalla padrona; ma Davide aveva voglia di gridare: s’alzò, senza aver finito il 350 pasto, e ripeté: – Non credere che me lo voglia tenere in casa. Adesso vedrai che ci pensi anche tu.

332. Elisabetta;] Elisabetta: 333. da un uomo. Per conto suo] da da un uomo. [– s’era ↔| fatta norma di tutta la vita di ↔| non credere più a nulla né a nessuno.] ↔| per conto suo 334. sincera;] sincera: ♦ i] su <+> 342. Perché] perché 343. ragazza] ragazzina 344. Penso,] penso, 348- 349. nel mondo…insisté,] da nel mondo, > perché < ancora3 non ↔| era2 creato → [nato]4 > neppure < Adamo1, > – egli ↔| gridò serio, aggrot- tando le soprac↔|ciglia in modo che il suo viso ↔| prese un’aria del tutto diabolica: ↔| d’altronde anche lui non era ↔| persuaso che il ritrova- mento del ↔| bambino fosse una cosa semplice ↔| come sembrava. < ↔| La serva non insisté. 16 GRAZIA DELEDDA

– Gli oggetti ritrovati si portano in chiesa – disse con 355 accento ironico, tornando a sedersi sulla panca di cucina. – Dunque, a pensarci bene, questa creatura deve essere pro- prio consegnata al parroco: e questa notte stessa. Bisogna che qualcuno vada giù in parrocchia a portarla. – Adesso? – mormorò la mo//glie, che teneva sempre il 360 bambino in grembo. – E perché? Non è una notte di burrasca per non poter uscire. Io, però, no davvero non ci vado, e tu neppure. Albina ha paura degli spiriti: bisogna dunque che ci vai tu, Elisabetta. 365 Elisabetta non aveva paura di uscir sola di notte, ma capì che mandando lei dal parroco col bambino il padrone vole- va castigarla per la sua malizia e si mise a sorridere. In fondo faceva sempre quello che le piaceva. – Se vossignoria mi manda ci vado, ma dovrò forse tornar- 370 mene col mio carico. Sua reverenza il parroco vorrà parlare con vossignoria, prima di accettare il bambino; non vorrà credere così subito che... – Elisabetta! – gridò il padrone senza lasciarla finire. – Quando io dò un ordine tu devi eseguirlo e non discutere. 375 Tu devi prendere il bambino e portarlo giù dal parroco; s’e- gli non vorrà accettarlo toccherà poi a me e non a te a prov- vedere. Visto che la cosa si faceva seria, la serva smise di sorridere. A lei, dopo tutto, non importava nulla di condurre la 380 disgraziata creatura in giro di notte; una serva deve fare sempre quello che ordina il padrone; ma le pareva un’azio- ne vergognosa, da parte del padrone, che era anche sinda- co, non bisogna dimenticarlo, e di tutta // la sua accredita- ta famiglia, di scacciare così, come un cane randagio, un 385 povero bambino ferito. E lo disse, dopo qualche esitazione però, perché aveva paura d’irritare maggiormente il padrone. Del resto, nono-

362. vado,] vado 363. dunque] sup.\dunque/ 365. notte,] notte; 367. sorridere.] sup.\sor/ridere 373-374. finire. – Quando] finire: – quando 375. parroco;] parroco: 380. in giro] in giro, 381. che ordina] che le ordina 382. sindaco] Sindaco 386. esitazione] esitazione, Il ritorno del figlio 17 stante la furia di lui di liberarsi del bambino, ella persisteva nel credere poco vera la storia del ritrovamento in mezzo alla strada. 390 – Certo, non si tratta di un oggetto, ma di una creatura di Dio – mormorò la moglie, già impressionata dalle parole di Elisabetta. – E allora tienitelo – gridò il marito. Bona chinò un po’ la testa su quella del bambino, ma sol- 395 levò gli occhi grandi e tristi. – È quello che tu vuoi – disse sottovoce, con un accento misterioso, come volesse non farsi sentire. Ma tutti aveva- no buone orecchie, tutti sentirono: e Davide scattò con impeto quasi selvaggio, imprecando e facendo atto di strap- 400 pare alla moglie il bambino che ella strinse a sé, senza più parlare. Il dibattito continuò allora fra il padrone e la vecchia serva, finché questa dichiarò nettamente che non intendeva // uscir fuori di notte con un fardello così strano. 405 – Vossignoria mi mandi fuori sola; vado in cima al monte, ma con la creatura no. – Allora andrai tu, Albina. Albina si fece il segno della croce, rifugiandosi nell’angolo più lontano della cucina: lo stesso padrone si mise a ridere, 410 vedendo il suo terrore, poi disse che bisognava si movesse pur lui poiché aveva delle serve nutrite, pagate e calzate solo per tener la coda alla padrona e farsi comandare invece che essere obbedito da loro. Non si moveva, però; anzi aveva acceso la pipa e fumava rabbiosamente mandando di qua e 415 di là il fumo, come ad empirne meglio la cucina, tanto che l’uomo sotto il sacco cominciò a tossire, ma d’una tosse più di protesta che veramente causata dal fumo; e il primo

388. di lui] di ↔| questo 393. Elisabetta.] Elisabetta 400-402. di strappare… parlare] da di strappare [– il bambino] alla moglie ↔| [– Ella però lo stringeva + (sup.\ – se lo strinse/) più forte + inf.\ il bambino che ella strinse > più < /] ↔| a sé, senza più parlare. ♦ dopo [– , con le ↔| lun- ghe ciglia di nuovo abbassate sulle occhiaje violacee] 404. finché questa dichiarò] da finché questa > non < dichia↔|rò 406. sola;] sola, 412. nutrite,] nutrite 413. tener] da [– mante ↔ + tener] 416. fumo,] fumo 417-418. d’una tosse più di protesta] da d’una ↔| tosse > ch’era < più di protesta 418. fumo;] fumo: 18 GRAZIA DELEDDA

istinto di Davide fu di scansarglielo, poi invece lo mandò 420 dispettosamente tutto da quella parte. Ma la consolazione della pipa non calmava la sua collera: inghiottiva amaro e si pentiva di non aver già consegnato il bambino ai preti o al brigadiere, o // a qualche donna che il Comune poi non avrebbe mancato di compensare. 425 La sua amarezza era causata dal ricordo che la moglie fino a poco tempo prima aveva sofferto di gelosia: gelosia muta, rodente, non del tutto ingiustificata, – era uomo del mondo anche lui, – che si manifestava solo nelle lunghe tri- stezze e nei silenzi esacerbati di lei, ma che a volte prende- 430 va una vera forma di malattia e faceva dimagrire e ingialli- re la donna di modo che Albina sospettava si trattasse di stregoneria. Il dolore per la morte del figlio aveva assorbito anche que- sta passione, anche perché ella sentiva che il marito rispet- 435 tava la memoria del diletto perduto conservandosi casto e fedele a lei. E infatti era così: Davide in fondo aveva l’im- pressione che il figlio dall’eternità lo vedesse in ogni sua azione e in ogni suo pensiero, e ne temeva il giudizio. – Tu vedi, queste donne hanno torto, adesso – gridò fra di 440 sé, scendendo nel profondo della sua coscienza e risalendo- vi alquanto placato. Si levò la pipa di bocca e sputò: sì, la sua coscien//za non gli rimproverava nulla; ma il sospetto continuava a soffiar- gli egualmente intorno, con l’alito stesso della donna. 445 – Allora nessuno si muove? Aprimi la porta, Elisabetta, poi- ché dunque devo essere il servo io, in casa mia. – In quanto ad aprire la porta, vossignoria non ha che da comandarmi – replicò la serva, agitando il mazzo delle chiavi; ma intanto non si moveva. 450 Ed ecco d’un tratto l’uomo che stava sdraiato cominciò ad agitarsi stranamente: dapprima buttò via il sacco, scopren- do le grosse spalle rivestite di una giacca da cacciatore; poi

426. gelosia muta,] da > una che < que- ste donne 450. sdraiato] sdrajato 452. da cacciatore] prima [– di vel- luto] Il ritorno del figlio 19 sollevò la testa grossa pur essa e avvolta da una nuvola di capelli neri polverosi, infine puntò i gomiti sulla stuoia, ma tosto si lasciò ricadere come impotente ad alzarsi: dopo 455 qualche attimo, però, si volse e si mise a sedere, d’un colpo, con le gambe lunghe distese, le mani aperte appoggiate a terra, la testa così abbassata sul petto che i capelli gli vela- vano il viso grigio e duro come scolpito sulla pietra: aveva gli occhi chiusi e tutto un aspetto di Sansone cieco. 460 Davide lo guardava con un po’ di derisione. // – Adesso sentiremo anche il suo verbo – pensò; ma intan- to si rimise a fumare sospendendo la sua decisione di alzar- si e di uscire. – Davide D’Elia, – cominciò a dire l’uomo, dapprima 465 come parlando fra sé poi a poco a poco alzando la voce e in tono alquanto declamatorio, – la sua serva vecchia ha per- fettamente ragione. Manca di rispetto e di obbedienza ai suoi padroni, ma parla secondo la sua coscienza. Non si manda via così una creatura smarrita. Oh, se la famiglia 470 D’Elia non ha un pezzo di pane da dare a un bambino povero a che è ridotto il mondo? – Ma sta’ un po’ zitto! – gli disse Elisabetta, sebbene egli prendesse le parti di lei. L’uomo parve non sentirla, però proseguì con tono più 475 dimesso e più sincero: – La famiglia D’Elia mantiene qui sulla stuoia come un Cristo deposto il suo servo cieco, buono più a niente, e rifiuta ospitalità a una creatura smarrita? Mandatemi via, piuttosto, mandatemi via. Mandatemi via, – ripeté per la 480 terza volta con voce tremante; – io troverò sempre // chi mi farà l’elemosina e non correrò pericolo come può correrlo questa creatura innocente.

461. con] da [– con + sup.\con/] ♦ derisione.] dopo [> : pensò: <] // ↔|| [– e gli pareva di scorgere ↔| + (– L’impressione che quello ↔| ‹spec- chiasse› ogni movimento che quello ↔| faceva-)] 462. anche] sup.\anche/ ♦ verbo] verbo, ♦ suo verbo pensò;] da suo verbo [– pensò (su pensava) con una certa derisone sup.\ – /] 465. Davide] ins. sup.\ – / 467. sua] su tua 468. Manca] su manca ♦ prima [–] 469. ai suoi padroni,] sup.\ai suoi padroni,/ 469-470. Non…smarrita.] da Non si manda ↔| via > da questa casa < una creatu↔|ra smarrita. 470. se] da [– che + sup.\se/] 479. smarrita] prima [–] 482 l’elemosina] l’elemosina, 20 GRAZIA DELEDDA

– E basta – gridò a sua volta Davide masticando il cannel- 485 lo della sua pipa. E il cieco non replicò. Era del resto un uomo taciturno e mite: i D’Elia lo tenevano presso di loro perché egli s’era accecato spegnendo un incendio nel loro granaio: non par- lava quasi mai, non s’immischiava mai nei fatti di casa; ed 490 era con una certa meraviglia che le donne, adesso, l’aveva- no sentito gridare. Anche Davide si difendeva contro un vago turbamento superstizioso: gli pareva che il cieco parlasse meccanica- mente, spinto da una volontà superiore alla sua: come una 495 marionetta che altri fa muovere. Bisognava non prender la cosa in derisione, ma pensarci su. Il cieco non replicava: rimaneva però fermo nella sua posi- zione, come aspettando che il padrone si alzasse per alzarsi anche lui e continuare nella sua protesta. Ma neppure il 500 padrone si mosse. E così, per quella notte il // bambino rimase in casa.

La serva Albina lo portò a dormire nel suo letto, poiché Eli- sabetta non volle incaricarsene. Aveva fatto il suo dovere, Elisabetta, rifiutandosi a portarlo fuori di casa, ma non 505 intendeva perdere il sonno per lui: non aveva pazienza coi bambini, d’altronde, fossero pure bambini smarriti e soffe- renti. Anche la padrona era ricaduta nella sua triste indifferenza: lasciò che Albina le prendesse di grembo il bambino già di 510 nuovo addormentato e lei rimase accanto al fuoco. Le serve avevano ciascuna la sua camera, al pian terreno: camere grandi e tristi, arredate con vecchi mobili, armadi alti fino al soffitto, casse antiche, letti medioevali. In quella di Albina gli oggetti avevano un aspetto ancor più 515 grave, quasi misterioso, illuminati com’erano da una fiam-

487. i D’Elia] da [– la ↔| famiglia + sup.\i/] D’Elia ♦ tenevano] tene- va/no\ ♦ loro] da [– sé + sup.\loro/] 488. granaio] granajo 489. non s’immischiava mai nei fatti] non s’immischiava ↔| nei fatti 492. un vago] su una vaga 501. in casa] ins. inf. spaz. interv. 503. non volle] su non voleva ♦ prima [– che l<+>i] 504. casa,] casa 509. prendesse] prendesse, ♦ di grembo] sup.\di grembo/ Il ritorno del figlio 21 mella che ardeva notte e giorno entro un bicchiere giallo- gnolo a metà colmo d’olio, deposto entro una nicchia in fondo alla quale brillava il vetro di un quadretto sacro. Altre immagini e statuette di santi popolavano la camera, // e sull’uscio e sopra il letto pendevano rami di palme e d’o- 520 livo, ceri, amuleti contro le tentazioni, gli spiriti e i vam- piri. Ciò non bastando, Albina prese una falce e l’attaccò al suo uscio, dalla parte esterna; perché il vampiro ha una predi- lezione spiccata per il sangue dei bambini, e, così, se veni- 525 va, si attardava sull’uscio a contare tutti i denti della falce, e non riuscendovi mai, o sembrandole di sbagliare, tornava daccapo tante e tante volte finché la luce dell’alba lo costringeva a fuggire. Così un po’ rassicurata, ella s’inchinò da tutte le parti per 530 salutare le sue immagini; poi cominciò a spogliare il bam- bino guardando per ogni verso le sue povere vestine se tro- vava qualche segno di riconoscimento. Nulla; tranne quel- le macchie di sangue che la impressionavano sinistramente. Ma anche lei non era molto curiosa, e considerava talmen- 535 te vana e di passaggio la vita che giudicava con apatia ogni cosa.// Domani ci sarà chi s’incaricherà di scoprire il mistero del bambino sperduto: il brigadiere, certamente, riuscirà a sapere tutto: per questo è brigadiere: perché dunque deve 540 pensarci lei? Dunque mise il bambino sotto le coperte, poi, sebbene la notte fosse ancora fresca, si cacciò completamente nuda nel letto: ma di lì a un poco si sentì tutta ardere: toccò il bam-

520. rami di] sup.\rami di/ ♦ d’] sup.\d’/ 523 prese una falce e l’attaccò] da [– aveva ↔| staccato anche una falce dalla ↔| parete di cucina,] ↔ [– e l’aveva + (– col ↔| inf.\bambino in braccio, l’aveva/) attaccata] + sup.\prese una falce e l’attaccò/] 524. esterna;] esterna: 530. ella s’in- chinò] da [– la ↔| serva entrò nella sua camera sup.\ – / ↔| inchinando- si + sup.\ella s’inchinò/] 531. immagini] Immagini 531-532. poi…guardando] da [– poi depose il bambino sul letto ↔| e cominciò a spogliarlo guardando + sup. \poi cominciò a spogliare il bambino guar- dando/] 533. Nulla;] Nulla, 22 GRAZIA DELEDDA

545 bino e le parve che avesse la febbre. Allora cominciò a reci- tare una preghiera contro la febbre, che dopo tutto è un’a- gitazione del sangue prodotta dall’alito // del demonio: ma il calore continuava e aumentava. E che cosa avviene ades- so, Signore? L’uscio209 è spinto silenziosamente, un fanta- 550 sma entra; tutte le ombre misteriose della camera si agita- no. Albina ha prudentemente messo la testa sotto il lenzuolo, e proprio in quel momento di paura le sembra – sogno o realtà – che anche il bambino si stringa contro di lei e final- 555 mente parli. – Chi è? Quel santo cieco? – le mormora sul viso. – Albina, – disse nel medesimo tempo la voce sommessa della padrona, – con tutto questo trambusto ti sei dimenti- cata di far bollire il latte; domani sarà acido, certo. 560 La serva mise fuori la testa. No, il trambusto non le aveva fatto dimenticare il suo dovere; ma capiva che la padrona, prima di andarsene anche lei a letto, era entrata con quella scusa per vedere il bambino. – Il latte è bollito – rispose; poi abbassò la voce. – Signora, 575 sa che il bambino ha parlato! Mi ha chiesto: Chi è? quel // santo cieco? – Impossibile! È troppo piccolo;214 avrà quindici mesi. Alla sua età Elis non parlava.

542-545. coperte…Allora] da (–) ↔|| (–) ↔ [– poi sebbene la notte ↔| a<+++> facesse ancora sentire un po’ ↔| di fresco si cacciò completamen- te ↔| nuda nel letto: ‹sos›pirò, sbadigliò, ↔| si segnò la fronte e il petto ↔| e cominciò a pregare. Il bambino ↔| dormiva e non le dava fastidio, ↔| nel letto grande e duro: solo ↔| <++> ella aveva paura che l<+> cascas↔|se sup.\ – dal letto/ sebbene avesse rimboccato ↔| le coperte, e di tanto in tanto ↔| stendeva la mano per assicurar↔|si ch’ era lì immo- bile: ma ↔| ogni volta che lo toccava le ↔| pareva più caldo, sempre più ↔| caldo, tanto che anche lei si ↔| sentiva a poco a poco ardere ↔| come accanto a un gran fuoco. ↔| Allora + sup.\coperte, poi, sebbene la notte fosse ancora fresca, si cacciò completamente nuda nel letto: ma di lì a un poco si sentì tutta ardere: toccò il bambino e le parve che avesse la febbre. Allora/] 548. avviene] su a<+++> 549. L’uscio] lat. \\L’uscio// 552. e] da [– / + sup.\e/] 553. le sembra] prima [–] 559. far] da [– cuoce + sup.\far/] 575. sa] da [– / + sup.\sa/] ♦ dopo [– forse] 577. piccolo;] piccolo: Il ritorno del figlio 23

E di tutte le cose straordinarie di quella notte, quella che più impressionò la serva fu il sentire la padrona, che non 580 parlava mai del figlio morto, ricordarlo a quel modo. Bona intanto era passata dall’altra parte del letto e solleva- va meglio le coperte per vedere se il bambino era sveglio: il bambino dormiva, rosso in viso, con la bocca aperta, tutto caldo di sudore. 585 – Sente? Sembra un pane nel forno. E il padrone voleva mandarlo via così, di notte. – Gli uomini non hanno cuore, Albina. Se avessero avuto cuore... Non proseguì, con la gola stretta dal suo ricordo: ma Albi- 590 na capiva tutto e non insisté; ricordava che la padrona non amava si accennasse in alcun modo alla sua sventura. Stra- na cosa, però, quella notte lei stessa ne parlava, con voce velata, come uno che s’è appena svegliato e racconta un sogno. 595 – Ricordi, Albina, quando Elis // era così piccolo e voleva dormire con te per accertarsi se quanto tu dicevi delle ten- tazioni e degli spiriti era vero? Era coraggioso fin da bam- bino: ecco perché è andato incontro al pericolo, Albina. Albina, sotto le coperte, frenava i suoi singhiozzi: ricorda- 600 va, sì, e le parole della padrona, pur dette con calma, quasi con indifferenza, scioglievano il gelo del suo cuore, anche perché le pareva di aver quindici anni di meno e che il bam- bino sconosciuto fosse davvero il piccolo Eliseo.

– Come il tempo è passato! – proseguì la padrona, muo- 605 vendo qualche passo nella camera rischiarata dalla sola fiammella nel bicchiere. – Mi sembra ieri ch’egli mosse i

581. ricordarlo a quel modo] da [– pronunziare + sup.\ricordarlo a quel modo/] 582. parte] sponda da [– lato ↔ + (– parte) + sup.\sponda/] 583. le coperte] la coperta ♦ il] da [– Il + sup.\il/] 585. sudore] febbre 586. Sente?…padrone] da [– Sente scotta ! Sembra di fuoco ↔| – E + inf.\Sente? Sembra un pane nel forno. E ↔| il padrone/] 587. di notte.] di notte ↔ l. orizzontale 592. amava] da [– voleva ↔| le + sup.\amava/] 597. dormire] prima [–] 600. Albina] da [– La serva + sup.\Albina/] 602. cuore,] cuore: 604. Eliseo] non ins. inf. spaz. interv. 24 GRAZIA DELEDDA

primi passi. Eravamo lì, nella stanza da pranzo; già da qual- che giorno egli si attaccava a tutti i mobili e rideva, rideva, 610 come pazzo di gioia per il miracolo che gli accadeva. Un bel momento si staccò dalla sedia alla quale si appoggiava, e stette da solo fermo, serio; poi camminò. Dio, Dio mio! Era come Gesù che camminava sulle acque del mare. Ti ricordi, Albina? E quando lo mettevi sul letto egli si diver- 615 tiva ad afferrarsi i piedini // e portarli alla bocca. Era tanto bello: come la rosa di maggio. Sembra ieri... Qui in questa camera tutto è come allora – ella aggiunse, sfiorando i mobili come per accertarsi ch’erano tutti ancora al loro posto. – Gli oggetti non muoiono e noi moriamo. 620 – Tutto muore; prima o dopo è lo stesso – mormorò Albi- na per confortarla, ma lei stessa piangeva. – Del resto, – riprese la padrona, seguendo il filo del suo angoscioso pensiero, – mio marito ha ragione: non bisogna intenerirsi, non bisogna aver pietà. Ne hanno avuta gli altri 625 con noi? Mi meraviglio, anzi, ch’egli si sia portato appresso questa creatura. – Era meglio che non la portasse, davvero! Così vossigno- ria non si agitava. – Oh, questo non importa. Anzi a volte l’agitarsi fa bene. È 630 che proprio bisogna non aver pietà né amore; si vive meglio. – Gesù però disse il contrario // – mormorò la serva; pur ricordando che la padrona dopo la disgrazia non era più stata in chiesa, né soleva far celebrare messe per il suo ragaz- 635 zo morto. Bona intanto si aggirava per la camera, trascinandosi intor- no la sua grande ombra come un velo nero; e continuava a

608. pranzo;] pranzo: 610. gli] da [– , + sup.\gli/] ♦ accadeva] su suc 612. serio;] serio: 613. del mare] dopo [– come gli astri che ↔| cammi- navano sui cieli] 615. portarli] portarseli 617. aggiunse] da [– / + sup.\aggiunse/] 622. del] da del[– la] 624. intenerirsi] da [– com- muoversi + sup.\intenerirsi/] ♦ avuta] avuto ♦ gli altri] gli altri, 630. amore;] amore: 632. – mormorò] prima > trario, < ♦ pur] da [– ma + sup.\pur/] 634. in chiesa] da [– a messa + sup.\in chiesa/] ♦ celebrare messe] dopo [– né preghiere] 636. Bona] su Gonaria ♦ si aggirava] da [– continuava ↔| ad aggirarsi + sup.\si aggirava/] 637. nero;] nero: Il ritorno del figlio 25 toccare gli oggetti per assicurarsi che c’erano, ch’erano gli stessi di quel tempo. Sì, erano gli stessi: tutto c’era, lì e in tutta la casa: solo lui mancava. 640 D’un tratto un piccolo gemito, seguito da un pianto som- messo, tremolò nel silenzio, con la luce e le ombre: era il bambino che s’agitava nel letto, fra le braccia della serva. E Bona vibrò anche lei; le pareva che tutto fosse stato un incubo: e che Dio cancellasse quindici anni dal libro della 645 vita, e il piccolo Elis sognasse, sfidando ancora, nel letto della serva, i fantasmi del male.

Albina dormì poco, quella notte. Il calore del bambino si comunicava al suo corpo duro e legnoso ma sopratutto alla sua anima. Era un’anima dura anch’essa e legnosa, che non 650 aveva mai fiorito: un’anima quasi monacale. [Perché adesso s’inteneriva per questo bambino misterioso che forse era di passaggio nel suo letto per quella notte sola, mentre non s’era affezionata neppure al figlio dei padroni, e le maggiori sventure del prossimo, come appunto la 655 morte di Elis, o la disgrazia del servo divenuto cieco anco- ra in giovine età, la lasciavano quasi indifferente? La sorte del bambino la faceva piangere. Chi era, poi? Aveva una madre, un padre? Perché lo avevano buttato in mezzo alla strada come un oggetto inutile? 660 Invano tentò di farlo parlare ancora: egli continuava a dor- mire il suo sonno un po’ agitato, lamentandosi di tanto in tanto, in sogno, come se qualcuno lo molestasse e lo faces- se soffrire.

638. e continuava a toccare gli oggetti] da [– e toccava gli oggetti, come + sup.\e continuava a toccare gli oggetti/] 639. quel tempo] stl. 644. Bona] su Gonaria ♦ vibrò] dopo [– tutta] 646. sfidando] su [– e] sfidas- se ♦ nel] su <+>el 647. male.] ins. inf. spaz. interv. 648. del bambino] prima [– del corpo] 651. monacale.] monacale. ↔// [+++] ↔// [+++] ↔// [– ta. Se loro ti sentono guai ! ↔| – Che possono farmi? più nulla ↔| nessuno può farmi. E se non ↔| tengono in casa quel bambino, io ↔| dirò loro questa ed altre cose: poi ↔| me ne andrò. ↔| – Non dubitare: se ti sentono ↔| ti cacciano via a bastonate, – ↔| disse Albina indignata, ma in fondo ↔| (– gli dava + sup.\continuava a dargli ‹sic›/) ragione, non solo, ma ri↔|pensava alle parole che le pareva ↔| d’aver sentito mormo- rare al ↔| bambino «chi è? quel santo ↔| cieco?» (– ‹questi› + sup.\il santo cieco/) le destava sem↔|pre più rispetto.] Gli chiese 26 GRAZIA DELEDDA

665 Così Albina dormì poco quella notte: ed era scuro ancora quando si alzò. Nel rivedere il cieco provò un sentimento nuovo: le parve di aver maggior rispetto e considerazione per lui; egli inve- ce, appena sentì il calore del fuoco che ella aveva riacceso, 670 balzò di sotto il suo sacco e disse con dispetto: – Senti, se i nostri signori mandano via la creatura me ne vado anch’io. – Speriamo di no. Sebbene mi abbia dato tanto fastidio, stanotte: non ho chiuso occhio, e adesso ho la schiena 675 rotta. – Perché siete tutti senza cuore, in questa casa; non volete bene che a voi stessi. – Intanto, tu sei tenuto qui come uno di famiglia. Se non ti si fa dormire a letto è perché tu non vuoi; ma cosa ti 680 manca, d’altro? – Niente mi manca, è vero; ma chi mi vuol bene, qui? Albina non rispose subito; sentiva che egli aveva ragione. – Loro padroni mi tengono qui perché la gente dica: come sono benefici! E voi serve, mi date da mangiare come si dà 685 al cane: del resto non vi amate neppure fra voi: tu pensi alla vita eterna, Elisabetta pensa al suo vecchio corpo; i padro- ni pensano al figlio che non c’è più. Neppure fra loro si vogliono bene: lui solo, Elis, era il ben voluto: tutto l’amo- re era per lui: lui solo esisteva in questa casa, per lui il padre 690 e la madre si dimenticavano persino di Dio: per questo il Signore l’ha fatto sparire. – Taci! – disse Albina atterrita; ma egli proseguì: – È vero però che lui solo sapeva amare. Quanto non mi ha voluto bene? L’ho veduto nascere e crescere. L’ho portato in 695 braccio più che suo padre stesso. E se ho spento il fuoco l’ho fatto per lui, perché lui solo mi voleva bene. Mi dice- va sempre: Michele, quando morrai ti chiuderò gli occhi io. E lui me li ha chiusi. E se rimango qui, Albina, sai il per- ché? Perché credo che lui non sia morto. Dopo tutto, il suo 700 corpo non è stato trovato. Disperso! Per dei mesi lo si è creduto disperso o prigionie- ro: poi è venuta la notizia della morte: ma nessuno lo ha veduto morire. Albina lo ascoltava turbata.] Il ritorno del figlio 27

Gli chiese, un po’ timida, se voleva una tazza del caffè che 705 aveva preparato per i padroni: egli torse la bocca e non rispose. Dopo i primi giorni della sua infermità nessuno gli aveva più usato tanta gentilezza. E Albina non insisté: cominciò le sue quotidiane faccende, con l’apatia solita che non le impediva di farle con accura- 710 tezza; ma di tanto in tanto un senso di angoscia la distrae- va; pensava al bambino: andò a vederlo, gli rimboccò le coperte, gli toccò la fronte e le orecchie: scottava meno ma aveva sempre la febbre. Anche Elisabetta si alzò, a suo comodo, e pareva non si 715 ricordasse // neppure del bambino perché attraversò la camera di Albina senza fermarsi, e andò dritta dritta a pren- dersi il caffè preparato per i padroni; poi mise sul vassojo le tazze per portarlo a loro. – Dirai loro che la creatura ha avuto tutta la notte la feb- 720 bre: e l’ha ancora – avvertì Albina. Elisabetta non credeva se non coi propri occhi: depose dun- que il vassojo e andò ad osservare il bambino. E il bambi- no aprì gli occhi e la fissò: lo stesso sguardo pensieroso e profondo rivolto a Davide quando questi l’aveva sollevato 725 dalla strada.

706. egli] dopo [– ma] 707. nessuno] nessuna ↔| [– delle sue serve] 709-712. cominciò…al bambino] da [– scopò ↔| la cucina; guardò se la farina ↔| lievitata fermentava, s’occupò ↔| di altre cose ‹:› come un’in- quietu↔|dine incessante la distraeva; il ↔| suo pensiero si fissava sul + sup.\cominciò le sue quotidiane faccende, ↔| con l’apatia solita che (– però) non le impe↔|diva di farle con accuratezza; ma di tanto ↔| in tanto un senso di angoscia la distraeva; pensava al/ ↔| bambino:] 714. febbre.] dopo [– La luce dell’alba penetrava ↔| adesso dal cortile, (– sul + sup. \ – un /) muro ↔| di questo (– si vedeva l’edera + sup.\ si vedeva l’e- dera scintillare /) su ↔| l’erba scintillante di rugiada:] 715. Anche] da [– anche + sup.\Anche/] ♦ alzò] su alzava ♦ a suo comodo] sup. \a suo comodo/ ♦ e] da [– ma + sup.\e/] 718-719. mise…a loro] da (–) ↔| [– portarlo a questo + sup.\mise sul ↔| (–) vassojo (–) le tazze per portarlo a loro/] 721. avvertì] disse 723. osservare] esaminare 723-724. il bam- bino] da [– questo + sup.\il bambino/] 725. rivolto] prima [– che ↔| aveva] ♦ Davide] dopo [– tacque] ♦ questi] da [– , + sup.\questi/] 726. dalla strada] da [– dal sentiero + sup.\dalla strada/] 28 GRAZIA DELEDDA

Elisabetta ebbe una strana impressione: le parve di ricono- scere quello sguardo; ed esaminando meglio gli occhi del bambino si convinse che rassomigliavano a quelli di Bona, 730 quando ancora il dolore non li aveva appassiti. Poi andò a portare il caffè ai padroni. Appena si avvicinò al letto vide che anche Bona teneva gli occhi aperti, che l’a- spettava – non per il caffè, certo – e che il suo sguardo profondo e ancora innocente, rassomigliava, sì, a quello del 735 bambino. Il padrone, invece, dormiva ancora, di un sonno pesante che neppure la voce delle due donne turbò. – È stato agitato tutta la notte – disse la moglie. – Parlava e parlava, litigava col prete e col brigadiere che non voleva- 740 no incaricarsi del bambino. Poi è stato sveglio a lungo: adesso lasciamolo dormire. – Il bambino ha avuto ed ha ancora la febbre; devo dargli qualche cosa? – Fa come vuoi. 745 – La farina è già lievitata: dobbiamo impastarla? – Fa come vuoi.

727. ebbe] da [– / + sup. \ebbe/] 727-730. le parve…di Bona] da [– a dove aveva già veduto ↔| un simile sguardo (+ <+++> quello sguardo /:\) ↔| Guardò (+ sup.\ – ed esaminando/) + sup.\ >a< (– ‹lei›) le parve di (–) ricono↔| (– ed esaminando) scere quello sguardo: → (sguardo;) ed osser- vando → (esaminando)/] ↔| (– Guardò) meglio gli occhi del ↔| (– / + sup.\bambino si convinse che >, sì,< /) rassomigliavano a ↔| quelli (– della padrona + sup.\di Bona/) 730. appassiti.] ins. inf. spaz. interv. ↔| [– E andò ‹su› a portare il caffè ↔| ai padroni, d’un tratto pensiero↔|sa anche lei.] ↔|| ins. inf. spaz. interv ↔| [– I padroni dormivano in una came↔|ra eguale a quella delle serve: ↔| gli stessi armadi alti, gli ↔| stes- si cassettoni senza marmo, ↔| la stessa coltre di lana grezza ↔| sul letto. Fucili e carniere ↔| pendevano dalle pareti: (– nella ↔| finestra + sup.\ – sui ↔| vetri/) splendeva il cielo già ↔| rosato dell’aurora. ↔|] ↔|| (– E) Appena Elisabetta s’accostò ↔| poi] 731. Poi] poi 732. anche Bona] da [– la padrona + sup. \anche Bona/] ♦ che] da [– / + sup.\che/] 734. profondo e] da [– pensieroso + sup.\profondo e/] ♦ rassomigliava] prima [– si] ♦ sì,] lat.\\sì,// 736. Il padrone, invece,] Il padro↔|ne invece ♦ prima [– Ma non glielo disse] ♦ di un sonno] d’un ↔| sonno 737. turbò] da [– riscosse + sup.\turbò/] 738. Parlava] parlava 740. Poi] poi 743. qualche cosa?] dopo [– domandò la serva] Il ritorno del figlio 29

Fa come vuoi! Un tempo Bona s’alzava prima delle serve e dava loro gli ordini e le sollecitava: tutto il giorno su e giù affaccendata a custodire la roba e far economia: adesso non si curava più di nulla: neppure l’oro, neppure il tempo ave- 750 vano più valore per lei. S’attardava a letto, la mattina, anda- va a coricarsi dopo il pasto del mezzogiorno: sì, una cosa ancora aveva valore per lei: il sonno; e un’altra: i sogni; // perché sognava sempre di lui, vivo, fiore e anima della casa; e lo vedeva tornare, in sogno, per non ripartire più, ed egli 755 le diceva: ma perché vi siete tanto disperati? ero disperso, ero prigioniero, ma vivo: come potevo morire quando sape- vo che mi aspettavate? Quella notte, il bambino smarrito si era mischiato ai suoi sogni un po’ febbrili: portava una lettera nascosta sotto le 760 vesti: ma il sangue l’aveva tanto macchiata da renderla illeggibile. E oltre questo, egli aveva da dire qualche cosa a Bona: un segreto che doveva dire a lei sola; e aspettava che fossero soli per parlare; Davide, però, le serve, altra gente venuta di fuori non li lasciavano mai soli, e lei non 765 osava prendere il bambino e portarlo nella sua camera o nel cortile, in un angolo ove nessuno potesse ascoltare il segreto. Non osava; per timore di apparire meno indiffe- rente a ogni altra cosa che non fosse il suo dolore: e aspet- tava che la gente se ne andasse, ma altra gente invece veni- 770 va; tutta la casa ne era piena, ed erano soldati, erano donne malate, erano parenti di militari in guerra; tutti venivano per vedere il bambino, perché s’era sparsa la voce ch’egli operava miracoli: guariva gl’infermi, sapeva dire dov’erano i soldati dispersi; e a tutti parlava, fuori che 775 a lei. Ma in fondo ella sapeva // già il misterioso segreto ch’egli

747. Bona] da [– Gonaria + sup.\Bona/] 751. più] sup.\più/ 761. mac- chiata] macchiata, 762. E] da [– Ma + sup.\E/] ♦ questo,] la lettera 763. Bona:] da [– Gonaria + sup.\Bona/] ♦ un] da [– qualche cosa + sup.\un/] 764. parlare;] da [– dirglielo + sup.\parlare: → [parlare;]/] ♦ Davide,] da [– il ↔| marito + sup.\Davide,/] 766. prendere] prenderlo ♦ il bambino] sup.\il bambino/ 768. osava;] osava: 770. veniva] da [– affluiva + sup.\veniva/] 772. guerra;] guerra: 775. dispersi;] dispersi: 30 GRAZIA DELEDDA

doveva dirle; era il segreto stesso del suo cuore, la vana spe- ranza che ancora teneva fresca la radice della sua vita. Che 780 il figlio non fosse morto.

Perché ella era una donna superstiziosa e sognante. Da qualche tempo, poi, quest’impressione di sogno che l’aveva sempre guidata, s’era intensificata fino al punto di farle cre- dere che la vera vita consistesse nel sonno e nel sogno, e l’al- 785 tra fosse solamente un incubo. Per fortuna aveva il sonno facile; la stessa vita monotona che conduceva, in quella specie di fortezza ch’era la sua casa, glielo conciliava. Così, quella mattina, sebbene avesse bevuto il caffè e la luce 790 del giorno irradiasse la camera, finì col riaddormentarsi: un sonno lieve attraverso il quale sentiva i rumori della casa, il canto degli uccelli e il russare del marito; finché il rumoro- so e agitato svegliarsi di lui la riscosse. E dapprima egli si arrabbiò perché l’avevano lasciato dormire tanto: poi per- 795 ché sua moglie s’attardava a letto. Egli ci teneva, ch’ella s’al- zasse presto e sorvegliasse le serve; non perché oramai anche a // lui premessero molto le cose di questo mondo, ma per- ché non voleva che la moglie si sprofondasse in quel suo torpore mortale ch’era peggiore di ogni agitata disperazio- 800 ne. Poi parve ricordarsi di qualche cosa che doveva fare di pre- mura e si gettò dal letto gridando: – Bisogna dunque che vada giù io dal brigadiere, per quest’accidente di creatura.

778-779. la vana speranza] la vena di speranza ♦ vita.] vita: 780. morto.] ins. inf. spaz. interv. 781. Perché] perché 786. Per] per ♦ facile;] facile: 790. del giorno] da [– del (–) ↔| (–) + sup.\del giorno/] 792. marito;] marito: ♦ finché] da [– e solo + (sup.\ – ma finalmente/) + sup.\finché/] 793. lui la riscosse] da [– questo la svegliò + sup.\lui la riscosse/] ♦ E] lat.\\E// ♦ dapprima] su Dapprima ♦ egli] da [– Davide (–) + sup.\egli/] 795. a letto] prima [– tanto] 797. mondo,] mondo; 801. Poi] poi ♦ doveva] da [– / + sup.\doveva/] 802. gridando] da [– impre↔|cando, dopo aver buttato in ↔| aria la coperta + sup.\gridando/] ↔| [– (– Anche Gonaria + sup.\Allora anche Bona/) s’alzò: sottile e ↔| ancora dritta e ben fatta, bianca ↔| e coi folti capelli neri pareva ↔| una fanciulla: solo il viso era vecchio, ↔| assonnato, con gli occhi gonfi. ↔| E quanto il marito era rumoro↔|so e impaziente ella era silenziosa ↔| e come smemorata.] Il ritorno del figlio 31

Di’ un po’ alle tue padrone che si affrettino: ne voglio una con me, per portare il bambino. Che fai lì, imbambolata? 805 – Il bambino ha la febbre: non è da cristiani portarlo in giro. Allora Davide si precipitò giù nella camera di Albina, imprecando contro le serve, come fossero state loro a far ammalare il bambino. 810 Gli toccò la fronte che scottava, e d’un tratto, anche lui sentì come un flutto amaro salirgli dalle viscere al cuore; ricordava anche lui il suo bambino quando lo minacciava qualche malessere e tutti intorno trepidavano. Ed ecco come in quel tempo egli doveva precipitarsi fuori 815 di casa in cerca del dottore. – Non voglio che mi si ammali in casa, perdio: in casa non lo voglio, né sano né tanto meno malato – diceva ad alta voce correndo giù per la strada. I ciottoli rotolavano al suo passaggio; pareva avessero timore di lui, ma un timore per 820 burla: perché anche le pietre della strada sapevano che Davide D’Elia in fondo non era un uomo feroce.

Per poco non si avverò il sogno di Bona. La voce che c’era

805. lì] li ♦ imbambolata? ↔| – Il bambino] imbambolata? > Su, su, sve- gliati. < ↔| [– /Bona\ Ella s’allacciava le scarpe lenta↔|mente parve ricor- darsi anche lei, ↔| e mormorò, senza sollevarsi:] ↔| – Il bambino 810- 811. ammalare…Gli toccò] da [– venire la febbre al bambino + sup.\ammalare il bambino./] ↔| [– questo stava tranquillo nel ↔| letto, con gli occhi spalancati; ↔| guardava il soffitto di legno ↔| e muoveva un po’ le labbra ↔| e guardava il soffitto di legno ↔// come contandone le assi. ↔| Davide] Gli toccò ♦ la fronte…d’un tratto,] da la fronte > : < /che\ scottava, ↔| [– E + sup.\e/] d’un tratto, ♦ lui] da [– l’uomo + sup.\lui/] 812. flutto] flotto ♦ cuore;] cuore: 813. lo] da [– ‹lui› + sup.\lo/] 814. trepidavano] dopo [– per la paura che di ↔| un ignoto pericolo] 815. in quel tempo egli doveva] da [– allora Davide (–) + sup.\in quel tempo egli doveva/] 816. dottore] Dottore 818-819. dice- va…rotolavano] da diceva ad alta voce [– per la strada] ↔| (– / + sup.\ – /) (– I) ciottoli [– della strada + sup.\correndo giù per la strada >: i < /] rotola↔|vano 820. passaggio;] passaggio: ♦ di lui] da [– del suo piede ↔| + di lui] 822. D’Elia] da [– ‹Arquà› + sup.\D’Elia/] ♦ feroce.] ins. inf. spaz. interv. 823. Per] per ♦ Bona…voce] da [– Gonaria, sparsa la + sup.\Bona./ La] 32 GRAZIA DELEDDA

in casa quel bambino misterioso fece subito addensare 825 davanti al portone un mucchio di gente. Ogni tanto Elisabetta doveva adoperare le sue chiavi: e qualche persona bisognava pur lasciarla entrare: per esem- pio il brigadiere. Aveva un aspetto tragico, il brigadiere, e compassato; quasi 830 andasse a constatare un delitto.// Sottopose ad un lungo interrogatorio le donne, e anche il servo cieco, finché Elisabetta non perdé la pazienza. – Ma cosa vuole che ne sappiamo noi? Ne sappiamo tanto quanto vossignoria; forse anche meno. 835 Albina, tutta tremante alle spalle della compagna, le tirava la veste per farla tacere; ma Elisabetta non aveva paura di nessuno. Chi pareva non avesse né paura né altra passione era Bona: aveva ripreso il suo posto sulla panca, e se ne stava con le 840 mani in grembo oziosa indifferente: ad ogni domanda del brigadiere rispondeva: – Io non so nulla. Non si mosse neppure quando il brigadiere entrò con le serve nella camera attigua: sollevò però la testa nel sentire il 845 bambino a piangere: che cosa gli faceva il cattivo uomo? Anche il cieco tendeva le orecchie: e domandò con voce quasi minacciosa: – Che, lo portano via? La donna riabbassò subito la testa, sembrandole che il cieco 850 la vedesse: non rispose, non parlò più, neppure quando sopraggiunse tutto agitato e irritato il marito, il quale rac- contava ancora una volta al vecchio dottore che lo // accompagnava, come aveva trovato il bambino, dichiaran-

824-825. fece subito addensare…mucchio di gente] da [– la gente comin- ciò ad + sup.\fece subito addensare/] ↔| [– affluire] davanti al portone un ↔| inf.\mucchio di gente./ 829. tragico,] da [– serio + sup.\tragico,/] 834. vossignoria;] vossignoria: 836. tacere;] tacere: 838. Bona] su Gonaria 840. grembo oziosa indifferente:] grembo, oziosa, indifferente: 844. con le serve] sup.\con le serve/ ♦ attigua:] da [– della serva per vede- re il bambino: + sup.\attigua/] 845. il bambino] da [– questi + sup.\il bambino/] 851. il] da [– suo + sup.\il/] 852. raccontava] prima [–] ♦ volta] volta, Il ritorno del figlio 33 do che s’era pentito di averlo preso e che non intendeva incaricarsene. 855 Il vecchio dottore lo lasciava dire, anzi pareva non lo ascol- tasse neppure: perché era un po’ sordo. Alto, secco, vestito come un pastore protestante, aveva l’aspetto d’una mario- netta; eppure ispirava soggezione. S’avvicinò a Bona, che s’era alzata per deferenza ma non muoveva un passo né 860 diceva una parola, e la guardò come fosse lei la malata, facendole cenno di rimettersi a sedere. Ella si rimise a sedere, riabbassando la testa come non potesse tenerla su. Il marito gridava: – Ma non prepari neppure il caffè per il dottore? La vede, 865 dottore? Sta sempre così, come una foglia secca sul ramo. – Ella ci preparerà il caffè – disse tranquillo il dottore. – Adesso fatemi vedere il bambino. Il bambino piangeva, taceva, ricominciava a piangere. Bona provava un certo fastidio a sentire il chiasso nella camera, e 870 desiderava che tutto finisse presto: che portassero via il bambino e la lasciassero di nuovo nel suo cerchio di silen- zio, con la sua ombra diletta. Ma in fondo aveva pietà della povera creatura; e le pareva, inoltre, che il cieco spiasse i suoi pensieri e la giudicasse 875 severamente. // Che noia, anche quel disgraziato! Stava sempre lì, ai suoi piedi, come un vecchio cane lebbroso, e vedeva tutto. E lei voleva esser sola, non spiata, non distolta un attimo dal suo pensiero. 880 Che, inoltre, il cieco la giudicasse male, in quell’occasione, se ne convinse subito; perché nel sentire che il bambino

854. che] [– che] 856-859. Il vecchio…soggezione.] da [– Il Dottore → (dottore) (–) ↔|| + sup.\Il vecchio dottore lo lasciava dire, anzi ↔| pare- va non lo ascoltasse neppure: ↔| perché/ ↔| inf. \era un po’ sordo. Alto, secco, (–)/ ↔| (–) vest‹i›to come un ↔| pastore protestante, sup.\aveva l’a- ria → (aspetto) ↔| d’una marionetta; eppure inspirava soggezione./] 865. dottore] Dottore 867. dottore] Dottore 868. il bambino] da [– questa creatura + sup.\il bambino/] 869. Il bambino] prima [– Entraro- no di là] ♦ Bona] da [– Gonaria + sup.\Bona/] 871. e desiderava] prima [– attigua] 877. noia] noja 878 vedeva] stl. 34 GRAZIA DELEDDA

insisteva adesso nel suo pianto lamentoso, egli disse come fra sé: 885 – Sembra davvero un agnello abbandonato: ma chi se ne cura? E buttatelo nell’orto, a pascer l’erba; sarà meglio per lui. Lei stava zitta, dura: eppure quel pianto cominciava a darle una strana impressione: le pareva che il bambino la chia- 890 masse, che se lei si muoveva, se, come la sera prima, lo prendeva in grembo, si sarebbe calmato. Ma non voleva muoversi, no: anche perché sentiva un odio sordo contro il brigadiere, che per lei era uno di quei fero- ci personaggi che tutti in blocco rappresentavano la Forza 895 mostruosa che le aveva tolto il figlio di casa per buttarlo nei campi della morte. Zitta, dunque, e dura, anche per prote- stare contro la sorte: perché doveva muoversi a raccogliere il figlio altrui? Lo buttassero nell’orto, a pascer l’erba; e se il cieco non smetteva // di brontolare poteva esser buttato 900 anche lui fra le immondezze. Il cieco non brontolava più: s’era alzato, però, e stava fermo contro la parete, con le mani aperte penzoloni e il viso sol- levato, coi capelli sulle guancie, come un Cristo schiodato dalla croce e messo lì appoggiato al muro: aspettava con 905 inquietudine che si decidessero le sorti del bambino. Ades- so si sentivano Davide e il brigadiere discutere, e quest’ul- timo non sembrava molto convinto delle ragioni che il primo si dava.

885-886. se ne cura?] da se [su si] [– ,] sup.\ne/ cura? 886. E] da [– di lui ? E + sup.\E/] 889-890. il bambino la chiamasse, che] sup.\il bambi- no la chiamasse, che/ ♦ lo] /lo\ 891. in] su il 893. era] da [– rappre- sen↔|tava + sup.\era/] 894-895. rappresentavano…mostruosa] da rap- presenta(– no) → (rappresentavano) [– quella Forza mostruosa, ↔| quel- la Autorità (–)] ↔| [– ,] > quel va < 900. fra le immondezze.] all’immondezzaio. 901. Il cieco] da [– Ma egli + sup.\Il cieco/] 904. messo lì appoggiato al muro:] sup.\messo lì appog- giato al muro: (– pareva)/] ♦ aspettava] su aspettare ♦ prima [– pareva] 905. si decidessero] prima [– di là] 905-906. bambino. Adesso] bambi- no: adesso 906. Davide] dopo [– ‹Arquà›] 907. delle ragioni] sup.\delle ragioni/ Il ritorno del figlio 35

Infine il dottore dichiarò che la ferita del bambino era pro- dotta semplicemente da una caduta dall’alto, forse da un 910 cavallo, forse da un carretto, come Davide sosteneva: la feb- bre proveniva da cause interne: ad ogni modo era umano e prudente tenerlo lì finché non si fosse trovata una donna per bene a cui affidarlo. Davide non replicò: e così fu deciso che momentaneamen- 915 te il bambino restasse in casa. Allora il cieco si calmò; anzi parve cercar di sparire, per non dar noia alla padrona: andò lungo la parete; uscì nel cortile e per tutta la mattina nes- suno più lo vide né si curò di lui.

Davide, intanto, e il brigadiere, erano andati via: il dottore 920 invece, ritornato presso Bona, reclamava la tazza di caffè ch’ella un tempo ad ogni sua visita usava offrirgli. // Ella chiamò Albina: ma il dottore, sedendosi sulla panca vicino a lei, le batté una mano sulla spalla come per scuo- terla dal suo torpore: 925 – Lo voglio proprio da voi; su! Ella arrossì, un po’ irritata; ma subito si alzò e rimise la caf- fettiera ancora tiepida sul fuoco. – Sembra ieri, – egli disse, – quando io venivo per vedere il vostro Elis: e ci venivo spesso, perché lo ingozzavate, gli 930 consentivate ogni abuso: o, per dir la verità, perché mi chiamavate ad ogni suo più innocuo disturbo; mi dava più da fare lui che tutti gli altri malati presi assieme. E con quanta lana lo avvolgevate, d’inverno; era un bel bambino, però! E bello anche da ragazzo. 935

909. dottore] Dottore 910 prodotta] da [– causata ↔ + pro↔|dotta] 911. forse…sosteneva:] sup.\forse da un carretto, come Davide sosteneva:/ 913-914. non si fosse…per bene] da [– le Auto↔|rità competenti, cioè il Sindaco ↔| e lo stesso brigadiere non avessero ↔| trovato + sup. \non si fosse trovata una donna per ↔| bene/] 915. Davide] dopo [– ‹Arquà›] ♦ fu] da [– parve + sup.\fu/] 916. si calmò;] da [– / + sup.\si calmò;/] 917. noia] noja 918. parete;] su parente, 919. di lui.] ins. inf. spaz. interv. 920. dottore] Dottore 921. Bona] su <+>ona ♦ dopo [–] 923. dottore] Dottore 926. voi] su <++> 930. vostro] da [– tuo + sup.\vostro/] 932. disturbo;] disturbo: 935. però! E bello anche da ragazzo] però! > Bello! < E bello anche da ragazzo 36 GRAZIA DELEDDA

Mentre il dottore parlava così, Bona si sentiva un sassolino nella gola: avrebbe voluto mettere del veleno nel caffè che gli offriva, eppure desiderava ch’egli proseguisse. Egli pro- seguiva; ma parlava di lei adesso. 940 – Avete l’ombra della morte negli occhi, Bona. Bona, su! Se non volevate soffrire, non dovevate godere: se non volevate perdere vostro figlio non dovevate farlo. Ella scattò. – Lei parla così perché figli non ne ha. 945 – Non ne ho, appunto, perché non ne ho voluto. Né moglie, né figli, né nipoti, né parenti. Solo! La vita bisogna prenderla così: o // accettare i suoi beni e i mali che ne deri- vano, o nulla. – Ma io non voglio più nulla: io non ho più nulla. 950 Egli tendeva l’orecchio per non perdere le parole di lei. – Lo dite voi! E vostro marito non lo avete? E i vostri beni, i vostri parenti, la casa, i servi, non li avete? Siete obbligata a loro, poiché li avete voluti, come io sono obbligato ai miei clienti. Si vive o si muore – egli proseguì, bevendo, 955 dopo ogni frase, un sorso di caffè. – Se si vuol vivere biso- gna compiere tutti i doveri che la vita c’impone; altrimenti si muore. – Come si fa a morire? – ella domandò con voce sorda. – Che cosa? 960 – Come si fa a morire? – ella ripeté esasperata.

936. Mentre…Bona] da [– Mentre (–) parlava così (–) ↔| (–) + inf. \Mentre il Dottore → (dottore) parlava così, Bona /] 940. Avete] da [– Hai + sup.\Avete/] ♦ Bona. Bona, su!] da [– Gonaria! Su + sup.\Bona. Bona, > su, < / su!] 942. vostro] sup.\ – tuo / 943. Ella scattò] dopo [– e gridò] 945. appunto,] appunto 946. Solo!] dopo [– Bona (su Gona- ria) Arquà] ♦ La] su <+>a 947. suoi] su <+>uoi ♦ i mali] da i > suoi < mali 947-948. ne derivano, o nulla.] da [– / + sup.\ne derivano, o nulla./] 950. Egli…di lei.] sup.\Egli tendeva l’orecchio per non perdere le parole di lei./ 951. dite voi] su dici tu ♦ vostro] da [– tuo + inf.\vostro (stl.)/] 951-952. non…i vostri] da [– lo hai? E i tuoi beni, i tuoi + sup.\non lo avete? E i vostri beni, i vostri/] 952. la casa,] sup.\la (– tua) casa,/ ♦ i servi] i [– tuoi] servi ♦ avete?] da [– hai + sup.\ave↔|te?/] 953. avete] da [– hai + sup.\avete/] 954. proseguì] prosegui 955. frase, un sorso] frase un sorso 958-959. domandò…– Che cosa?] da [– domandò con voce sorda. + sup.\domandò con voce sorda. ↔| – Che cosa?/] Il ritorno del figlio 37

– Ci si impicca, ci si spara, ci si getta nel fiume. – L’avrei già fatto, se... “Se non sperassi ch’egli ritorni.„ Il suo segreto, però, lei stessa lo sentiva così assurdo che non volle rivelarlo. – Se voi non amaste ancora la vita – interpretò il dottore. – 965 Chi è veramente disperato muore. Ma voi no, non siete disperata; voi amate ancora l’aria che respirate; il fuoco che vi scalda, la vostra casa, il vostro stesso dolore. E del resto avete ragione: la vita è bella per sé stessa; la vita anche così come voi la prendete, nella forma materiale, come io pren- 970 do questa buona tazza di caffè. Tutto è bello, fuorché la morte. Ella scuoteva la testa: no, no, egli non sapeva, non poteva capire: eppoi, a che serviva parla//re? Le parole degli altri, e anche le sue stesse, ormai, le sembravano vane come il 975 rumore del vento. Eppure qualche cosa si agitava nella sua coscienza mentre il dottore proseguiva: – Chi avrebbe ragione di dolersi, se gli fosse possibile, sarebbe lui, il vostro ragazzo, perché morto. Ma egli non può più: e questo è il male più terribile della morte; nep- 980 pure più soffrire. Più nulla! Capite bene questa parola, Bona? Nulla? – È questo... è questo... – No, voi non soffrite perché è morto, soffrite perché non è più vivo, perché non l’avete più qui, perché non vi vede- 985 te più vivere in lui. In fondo cos’è che si ama nei figli? Noi

963. “Se non sperassi ch’egli ritorni.„] «Se non sperassi ch’egli ritorni» ♦ lei] ella 964. rivelarlo] dirlo 965. voi] da [– tu + sup.\voi/] ♦ amaste] su amassi ♦ dottore] Dottore 966. voi] da [– tu + sup.\voi/] ♦ siete] su sei 967. disperata;] disperata: ♦ voi] da [– tu + sup.\voi/] 968. vi] su ti ♦ vostra] da [– tua + sup.\vostra/] ♦ vostro] da [– tuo + sup.\vostro/] 969. avete] da [– hai + sup.\avete/] 970. voi] da [– tu + sup.\voi/] ♦ prendete] su prendi 977. dottore] Dottore 979. vostro] da [– tuo + sup.\vostro/] 981. Capite] da [– Capisci + sup.\Capite/] 982. Bona? Nulla?] da [– Gonaria Arquà? Nul + sup.\Bona? Nul↔|la?/] 984. voi] da [– tu + sup.\voi/] ♦ soffrite] soffri/te\ ♦ soffrite] soffri/te\ ♦ prima [– tu] 985. l’avete] da [– l’hai + sup.\l’avete/] 985-986. vi vedete] da [– ti vedi + sup.\vi vedete/] 986. che si ama] da [– amate + sup.\che si ama/] 38 GRAZIA DELEDDA

stessi, sempre, fino a che siamo morti o che loro sono morti. E piangiamo noi stessi in loro, se essi muoiono prima di noi. 990 – Non è questo, non è questo... Non è perché sia morto... è perché è morto così... così... prima del tempo, per mano degli uomini... – Gli uomini sono guidati da Dio. Tutto avviene per suo volere; se il vostro Elis fosse morto di malattia il vostro 995 dolore sarebbe stato lo stesso. – No, no. Non è Dio a volere queste cose orribili. Me l’han- no portato via gli uomini, me lo hanno ucciso gli uomini. Perché? Una famiglia sta in casa sua, tranquilla, senza mole- sta//re nessuno, allevando con cura e onestà il proprio 1000 figlio, ed ecco vengono a prenderglielo, questo figlio: lo prendono come una cosa, lo fanno servo, lo mandano a soffrire, a morire: perché? Perché? Il dottore sorrideva, guardando dentro la tazza vuota: il suo sorriso sarebbe parso cinico senza una lieve piega amara 1005 all’angolo della bocca. – Voi dunque volevate vivere fuori della società, se preten- devate che questa, giunto il momento, non vi avesse chie- sto anche la vita del figlio vostro? Tutto si mette in comu- ne nella società; appunto per questo si chiama società! Essa 1010 vi regala il brigadiere, il sindaco, il pretore, il prete, vi sal- vaguarda la vita, gli averi, l’onore, persino la salute – poi- ché ha istituito scuole dalle quali escono asini sapienti come me; – e voi non volete darle nulla! Ma lasciamo anda- re queste cose: solo vi ripeto, a proposito della società, ciò 1015 che vi dissi per la vita: si accetta o non si accetta: ci si sta

987. siamo] su si‹ete› 988. piangiamo] su piang[– ete] 990. Non è per- ché] da [– ella ↔| disse agitandosi (–) è perché + sup.\Non è perché/] 994. volere;] volere: ♦ vostro] da [– tuo + sup.\vostro/] ♦ vostro] da [– tuo + sup.\vostro/] 998. Perché?] perché? 1000. figlio,] figlio: ♦ figlio:] figlio; 1002. morire:] morire. 1003. dottore] Dottore 1006. Voi] da [– Tu + sup.\Voi/] ♦ volevate] su volevi 1006-1007. pretendevate] su pre- tendevi ♦ vi] su ti 1008. figlio vostro] da [– tuo + sup.\vostro1/] fi↔|glio2 1010. vi] su ti ♦ regala] su [–] ♦ il brigadiere, …il prete,] sup. \il Brigadiere→[brigadiere], il sindaco, il pretore, > e < il prete,/ 1010- 1011. vi salvaguarda] sup.\vi salva/guarda 1013. voi] da [– tu + sup.\voi/] ♦ volete] su ‹vuoi› 1014. vi] su ti ♦ ciò] su ‹che› 1015. vi] su ti Il ritorno del figlio 39 dentro o fuori. E ditemi una cosa, Bona, – aggiunse poi, rimettendo la tazza sul vassoio che ella teneva fermo sulle ginocchia, – perché non vi prendete questo bambino sper- duto? Bona sollevò gli occhi, grandi tristi e pieni d’odio eppure 1020 attraversati da un baleno di speranza; ma non rispose. – La vita ricomincia tutti i giorni. E voi siete giovine anco- ra. Su, alzatevi e andate a guardare quel bambino. Non pare che // il destino ve lo abbia mandato apposta in casa come un regalo, per compensarvi di quello che vi ha tolto? 1025 Ma la donna stava ferma, premendosi sulle ginocchia il vas- soio; solo scuoteva la testa china, accennando di no, di no. Non voleva piccoli compensi dal destino, lei; nulla poteva compensare il danno che le era stato fatto. Ma rimasta sola cominciò a ripensare alle parole del dotto- 1030 re. E per la prima volta la spiegazione della morte del suo figliuolo le apparve chiara alla mente: non la convinse e tanto meno la consolò, ma le apparve chiara. //

1016. E ditemi una cosa, Bona,-] da [– E dimmi una cosa, Gonaria Arquà + sup.\E ditemi una cosa, Bona,-/] ♦ aggiunse] da [– disse + sup.\aggiun- se/] ♦ prima [– egli] 1017. che ella] ch’ella 1018. vi prendete] su ti prendi 1020. Bona] da [– Ella + lat.\Bona/] 1021. speranza;] speran- za: 1022. voi] da [– tu + sup.\voi/] ♦ siete] su sei 1023. e andate] da [– e va + sup.\e andate/] 1024. il destino] prima [– che] ♦ ve] su te 1025. compensarvi] su compensarti ♦ vi] su ti ♦ ha] da [– aveva + sup.\ha/] 1026-1027. vassoio;] vassoio: ♦ scuoteva] su s‹q›uoteva 1029. stato fatto] ins. inf. spaz. interv. 1030-1031. Ma…dottore.] da [– – Del resto, Davide non lo vuole, – ↔| disse per tagliar corto alle parole ↔| inu- tili del dottore. – Eppoi, cosa ↔| ne sappiamo che non si ritrovino ↔| i parenti? ↔| – Ah, oh, questo non lo credo (su cred‹evo›) ↔| davvero! E che Davide non lo ↔| voglia non lo credo (su cred‹evo›) neppure. Se ↔| (– tu lo vorrai, stai pure sicura + sup.\voi lo vorrete, sono anzi certissimo/) ↔| che gli farete (– il più + sup.\un/) grande piacere. ↔| – Io non lo voglio, – ella disse con ↔| una certa asprezza; e il Dottore ↔| non insi- stè: (– Ma andato via lui ↔| Gonaria + sup.\Ma rimasta sola, Bona/) comincia a ripensare ↔| (– alle cose che egli aveva detto + sup.\alle cose (–) dette dal Dottore/) che lat.\\in// ↔| fondo, aveva molta grande stima ↔| (– per il Dottore + sup.\di lui;/) era un uomo rispetta↔|to da tutti, per la sua onestà, per ↔| la sua vita rigida: molti ricorreva↔|no a lui per consigli, per ‹+++›: ↔| era anche medico di anime. + sup.\Ma rimasta sola (– ricom) cominciò ↔| a ripensare alle parole del Dottore (dottore)./] 1032. chiara] sup.\chiara/ 40 GRAZIA DELEDDA

Di là il bambino piangeva: quanto la sera prima era stato 1035 quieto, adesso era agitato: pareva sentisse l’ostilità della gente intorno a lui. La stessa Albina, un po’ stanca per la cattiva notte passata, sembrava non se ne curasse più. Eli- sabetta diceva: – I bambini bisogna lasciarli piangere: fa loro bene ai pol- 1040 moni. Bona però ricordava che quando Elis piangeva, la vecchia serva correva a porgergli un dolce o un fiore, per farlo che- tare: e di nuovo ella ricadeva nei suoi ricordi, nella sua pena, e il pianto del bambino non riusciva che ad irritarla. 1045 Poi vennero delle visite: donne curiose, che nella loro fan- tasia trovavano mille spiegazioni alla oscura avventura del piccolo sperduto: e lo volevano vedere, e trovavano che ras- somigliava a questo, o a quest’altro: qualcuna malignò accennando anche alle fattezze di Davide; ma Elisabetta, 1050 nonostante i suoi dubbi, difese il padrone. – Ma non vedi piuttosto che rassomiglia alla padrona? Gli stessi occhi, lo stesso modo di guardare. Allora dovrebbe essere suo! La cosa era così assurda che fece persino ridere le donne: 1055 una tentò di scherzare: andò da Bona e le batté la mano sulla spalla: – Ah, avevi l’amico, ti sei fatta un figlio di nascosto, // poi l’hai fatto mettere in mezzo alla strada perché Davide te lo riportasse a casa! 1060 Ma Bona non rise; e neppure si offese: più che mai le vane chiacchiere delle donne le sembravano il rumore del vento. Una vecchia signora ricca, vedova e senza figli disse: – Se tu non lo vuoi, come dicono, me lo prendo io. Allora Bona si animò un poco: anzitutto perché la signora

1035. l’ostilità] prima [– il senso del] 1037. se] su si ♦ ne] sup.\ne/ ♦ più] dopo [– di lui] 1041. Bona però] da [– Gonaria + sup.\Bona però/] 1042. correva] dopo [– invece] 1049. ma Elisabetta] prima [– Arquà] 1055. Bona] da [– Gonaria + sup.\Bona/] 1058. Davide] dopo [– Arquà] 1060. Bona] da [– Gonaria + sup.\Bona/] ♦ rise;] rise: 1062. signora ricca, vedova e] da [– riccona, vedova, e + sup.\signora ricca, vedova e/] 1064. Bona] su Gonaria Il ritorno del figlio 41 era amica dei preti, eppoi perché una cosa ancora sopravvi- 1065 veva in lei: il senso della dignità. – Chi dice che non lo voglio? – Tutti lo dicono. Eppoi si vede: non ti commuove neppu- re il suo pianto. Bona non discusse oltre; ma andata via quella e soprag- 1070 giunte altre donne, come il bambino non cessava di lamen- tarsi, si decise d’andare a vederlo. Era anche lievemente curiosa, dopo l’accenno di Elisabetta, di osservare se i loro occhi si rassomigliavano davvero, ma non le riuscì, perché il bambino volgeva il viso contratto dal pianto verso la 1075 parete e pareva volesse nascondersi. Ella stette umiliata a guardarlo: non ne provava pietà, ma non s’irritava più. Poi d’un tratto, mentre lei e le donne stavano di nuovo riu- nite in cucina, il bambino si chetò: Albina andò a guarda- 1080 re: tornò presso la padrona. – Sa una cosa? Michele sta presso di lui e gli mormora // delle paroline e la creatura lo guarda incantato e non pian- ge più.

Tre giorni il bambino rimase a letto con la febbre: non si 1085 lamentava più, ma rifiutava il cibo, finché a Bona venne l’i- dea di farglielo offrire da Michele. Ed ecco Michele con una tazza di latte in mano: con l’altra mano cerca la testa del bambino sollevato sui guanciali e gli avvicina la tazza alla bocca: e il malato beve il latte fino all’ultima goccia. 1090 – È una cosa strana – mormora Albina, trasognata. – Tutto è mistero in questa creatura.

1064-1065. anzitutto…perché] sup.\anzitutto perché la signora era amica dei preti, eppoi perché/ 1070. Bona] da [– Gonaria + sup.\Bona/] 1071-1072. di lamentarsi, si decise] di lamentarsi, > ella < si decise 1073 curiosa,] da [– curiosa di guardare i suoi ↔| occhi + sup.\curiosa,/] 1073-1074. di osservare…non le riuscì,] da [– alla rassomiglianza con i suoi: ↔| ma non fu possibile vederli bene + sup.\di osservare se i loro occhi si rassomiglia↔|vano davvero, ma non le riuscì,/] 1083. paroline] paroline: 1083-1084. non piange più.] dopo [– Michele era il servo cieco] ♦ ins. inf. spaz. interv. 1085. letto] letto, 1086. Bona] da [– Gonaria + sup.\Bona/] 1088. una] la 1089. sollevato] su <++>llevato 1090. malato] malatino 42 GRAZIA DELEDDA

Ma il dottore al quale le serve raccontano il fatto, spiega che la simpatia del bambino per il cieco è una cosa sempli- 1095 cissima: tutti i bambini sentono per istinto chi loro vuol bene e chi loro vuol male; e Michele vuol bene al piccolo Eliseo. – Eliseo? Si chiama Eliseo anche questo? Come lo sa, lei? – Giacché non sappiamo altro nome chiamiamolo così. 1100 Allora cominciarono a chiamarlo Elis. Albina credeva che la padrona protestasse o piangesse: la padrona non protestò né pianse, ma si astenne dal // chiamare il bambino con quel nome. Del resto non se ne curava più che tanto: pare- va ricaduta nello stato di prima, e lasciava fare agli altri 1105 quello che volevano. Così, il cieco passava silenzioso lungo la parete della cuci- na, poi di quella della stanza da pranzo, penetrava nella camera di Albina e si metteva accanto al letto dov’era il bambino, e lo toccava timidamente, gli parlava sottovoce, 1110 poteva star lì finché voleva. Il brigadiere, intanto, indagava: e naturalmente non riusci- va a saper nulla. Il dottore veniva spesso: non insisteva pres- so Bona perché ella tenesse il bambino, ma ogni volta le chiedeva una tazza di caffè e lo voleva da lei. 1115 Il quarto giorno consigliò alle serve di far alzare il nuovo Elis. Lo alzarono. Albina gli aveva lavato il vestitino, e gli ravviò i capelli fini ondulati e lunghi. Era bello, adesso, d’una bellezza bruna e un po’ melanconica come quella della viola.

1093. dottore] Dottore 1095. tutti] prima [– che + sup.\ – come/] 1095-1096. chi loro vuol bene] prima [– chi (– loro + sup.\gli/) vuol bene e chi (– loro + sup.\gli/) vuole ↔| male, e che Michele, si vede, vuol ↔| bene all e quindi questo si] 1098. Come lo sa, lei?] dopo [– do↔|mandò Albina spalancando gli occhi] 1109. bambino,] bambino: 1111. e naturalmente] sup.\e naturalmente/ ♦ prima [– ma] 1112. dottore] Dot- tore 1113. Bona] su Gonaria ♦ tenesse] prima [– si decidesse] 1115. Il quarto] Al quarto ♦ nuovo Elis] da [– bambino + sup.\nuovo Elis/] ♦ il vestitino] la vesticciuola 1118. d’una bellezza] prima [– sebbene palli- do] ♦ bruna] da [– fresca + sup.\ bruna/] 1119. della viola.] da [– di un fiore bianco + sup.\della viola./] Il ritorno del figlio 43

La serva lo portò in cucina, lo mise a sedere sulla panca, 1120 accanto alla padrona. Questa non si scuoteva, mentre il cieco, dall’altro lato del camino, protendeva il viso quasi ansioso ma come illuminato da un sorriso interno: non osava parlare né toccare il bambino, in presenza della padrona, ma pareva l’odorasse. 1125

Per alcun tempo rimasero soli tutti e tre. Anche Bona guardava il bambino ma non lo toccava: egli a sua volta pareva non curarsi di altro che dei suoi piedini con uno dei quali giocava un po’ irritato, come volesse stac- carselo per averlo meglio fra le mani. D’un tratto si agitò 1130 tanto che fu per cadere dalla panca. Allora Bona lo prese per le spalle, se lo attirò contro il fianco: egli sollevò gli occhi a guardarla in viso, come sorpreso dell’atto di lei e curioso di vedere chi ella fosse: e quello sguardo la turbò fino al profondo delle viscere. Sì, anche lei aveva veduto 1135 altre volte quegli occhi: ma Elisabetta sbagliava dicendo ch’erano simili ai suoi: erano gli occhi del suo Elis bambino.

Disse subito a sé stessa che si sbagliava anche lei: si offese della sua illusione, del suo turbamento: le pareva di rubare qualche cosa al suo vero Elis commovendosi per questo 1140 falso Elis. Ma già lo strato della sua indifferenza s’era incrinato: o meglio, era come quando il gelo si scioglie sul prato e qual- che filo d’erba pare che nasca dalla neve.

1122. del camino,] del bambino 1125. l’odorasse.] lo ↔| odorasse. ♦ dopo [– per alcun tempo] ♦ ins. inf. spaz. interv. 1126. Per alcun tempo] per alcun tempo ♦ ins. sup. spaz. interv. 1127. Bona] da [– Gonaria + sup.\Bona/] 1131. Bona] da [– Gonaria + sup.\Bona/] 1132. se lo attirò] lo attirò ♦ il fianco] il suo fianco 1135. Sì, anche lei] da [– Ella + sup.\Sì, anche lei/] 1137. del suo Elis bambino.] ins. inf. spaz. interv. 1138. Disse subito a sé stessa] Disse subito > però < a sé stessa 1140. vero] sup.\vero/ 1142. della sua indifferenza] dell’indifferenza 1143. il gelo] da [– la ↔| neve + /il\ ↔| sup.\gelo/] 1144. qualche] da [– i primi + sup.\qualche/] ♦ filo] su fili ♦ che nasca dalla neve.] da [– che spunti dalla (–) neve + sup.\che nasca dalla neve./] 44 GRAZIA DELEDDA

1145 Bona chiamò Elisabetta per mandarla a comperare un paio di scarpette per il bambino: la serva bronto//lò, perché aveva da fare; allora Michele si offrì di andare lui; e tornò presto, come avesse corso, con un ottimo paio di scarpette. Il bambino, mentre Bona gliele calzava, guardava chino, 1150 curioso: d’un tratto sollevò il viso e sorrise alla donna mostrando i suoi otto dentini lucidi: poi tornò a piegarsi e rise forte, senza più osare di toccarsi i piedi. E finalmente, finalmente la donna sentì come due pietre sciogliersi entro i suoi occhi: lagrime quasi di voluttà le sce- 1155 sero, fermandosi sui solchi del suo viso ove subito s’asciu- garono come una lieve pioggia estiva su una terra riarsa. // Ma non voleva551 farsi vedere a piangere. Da chi se non c’era altri che il cieco? Appunto da lui, che appoggiato alla panca pareva, al solito, odorasse, con le narici un po’ aper- 1160 te, le cose intorno. – Adesso che siamo calzati, possiamo andare a spasso – ella disse mettendo il bambino per terra. – Sei buono a cam- minare?

1145. Bona] da [– Ella + sup.\Bona/] ♦ paio] pajo 1146. la serva] prima [–] ♦ brontolò] da bronto↔// [– lava + sup.\lò /] 1148. paio] pajo 1148-1149. scarpette…Bona gliele] da scar↔|[– pette: gialle, giuste ai piedi del bambino. ↔| E questo mentre Gonaria gliele + sup.\scarpette. Il bambino, mentre Bona gliele./] 1151. otto dentini lucidi] bei dentini lucidi 1152. i] da [– suoi + sup.\i/] 1156 terra riarsa.] dopo [– Mise il bambino per terra ↔| e gli disse di camminare. ↔| Ancora non sapevano s’egli ↔| camminava. Egli camminava: ↔| s’avviò, sempre intento a guar- da↔|re le sue scarpette, ma dopo ↔| qualche passo vacillò. ↔| la donna si slanciò a riprender↔|lo; lo condusse lei, per le mani: ↔| ma, fino all’u- scio della stanza: ↔| lo ricondusse verso la panca: ↔| (– Michele + sup.\quando furono vicino al cieco che/) tendeva l’orecchio al ↔| rumore dei loro passi (– quando) ↔| il bambino gli afferrò le ↔| ginocchia per appoggiarsi e ↔| sollevò il viso sorridendo anche ↔| a lui.] ↔// [– si aveva l’impressione di ↔| essere in tanti: i servi, le serve, ↔| la balia; eppoi c’erano sempre ↔| ospiti. La casa era grande, ↔| con un portico antico: certe ↔| camere erano del tutto disabita↔|te, con dei balconcini di le↔|gno che guardavano sulle ↔| valli: tre valli, si vedevano, del↔|la nostra casa; una tutta colti↔|vata a viti e olivi, le altre ↔| due selvaggie, rocciose, coperte ↔| di rovi e di ginestre.] 1157. Ma non voleva] prima ins. sup. spaz. interv. ↔| [– Ma ‹ancora›] Il ritorno del figlio 45

Ancora non avevano provato a farlo camminare. – Su, Elis, su, coraggio, va. 1165 Era la prima volta che lo chiamava così; ma Elis rimaneva attaccato a lei; allora lo riprese in braccio e andò fuori, nel cortile erboso, dietro la casa, dove al disopra del muro si vedeva la china verde della collina. Uno stupore di sogno regnava nell’aria tiepida; sul cielo 1170 turchino le nuvole s’erano fermate e pareva dormissero. Ogni foglia, ogni filo d’erba era nel suo pieno rigoglio, gonfio, lucido di felicità. Sul ciglione sopra il muro alcuni vecchi tronchi, con solo pochi rametti in cima simili ad artigli, s’erano anch’essi 1175 coperti di ciuffi di verde e pareva avessero strappato dell’er- ba e la tenessero così fra l’unghie per // gioco. Bona sedette sull’erba, stese il lembo della sottana e vi depose il bambino; e il bambino cominciò ad arricciare il naso indicando col ditino un ranuncolo che splendeva lì 1180 accanto: lo voleva, voleva odorarlo; qualcuno gli aveva già insegnato a odorare i fiori. E Bona che credeva di non dover più mai cogliere un fiore, colse il ranuncolo e glielo mise fra le ditine, più belle e deli- cate dello stelo del fiore. Il bambino allora allungò il brac- 1185 cio e le accostò al naso il fiorellino: in quell’attimo ella ebbe l’impressione confusa che la vita e la natura volessero ricon- ciliarsi con lei. Ma ecco il “Mau„, il gatto nero che si avanzava molle e silenzioso e le ruba subito l’attenzione e la tenerezza del 1190 bambino. Dapprima i due si guardano, con curiosità diffidente, poi s’intendono subito. Il bambino offre esitando il suo fiore ad odorare al gatto; il gatto odora, ma non si commuove. I suoi occhi verdi come due foglie si sollevano con indolen- 1195 za a guardare una farfalla che passa volando: anche il bam-

1168. disopra] di sopra 1170. Uno stupore di sogno] prima [– una pace quasi] 1171. le nuvole] prima [– ove] 1173. lucido] sup.\lucido/ 1175. anch’essi] sup.\anch’essi/ 1179. bambino;] bambino: 1189. “Mau„] sup.\Mau/ ♦ si avanzava] si avanza 1192. curiosità] prima [– un senso] 1193. esitando] da [– subito + sup.\esitando/] 1194. al gatto;] al gatto: 1195 con indolenza] sup.\con indolenza/ 46 GRAZIA DELEDDA

bino la guarda; tutti e due hanno un lieve fremito, un desi- derio di conquista; ma la farfalla è già lontana; // essi tor- nano a guardarsi; il bambino allunga il suo piccolo indice 1200 per toccare il musino umido del gatto: non osa, però, fin- ché Bona non gli prende la manina e attirando a sé la bestia gliela fa accarezzare tutta. Allora il bambino ricomincia a ridere di piacere, di gioia, e pronunzia finalmente una paro- la: 1205 – Tata! – Tata! Chi è? La nonna, la zia, la balia? La mamma non può essere, perché la mamma si chiama solo col suo nome. Mamma! – Di’ mamma, Elis, mamma. 1210 Il bambino non lo sa dire: dunque nessuno glielo ha inse- gnato: forse mamma non ne ha avuto, non ne ha certa- mente avuto: una mamma non lo avrebbe lasciato sperder- si così nel mondo.

– Di’ mamma, di’ mamma. Mamma? – continuava a insi- 1215 stere Bona, sottovoce, guardandosi attorno per paura di essere sentita. E ricordava qualche cosa di misterioso, di confuso, una scena alla quale aveva assistito da poco ma non ricordava dove, come, perché. Ah, ecco, il sogno, il segreto che il 1220 bambino doveva dirle appena si sarebbero trovati soli. // Ondate di un turbamento ch’era fatto ancora di dolore ardente ma anche di amore, la investivano tutta, così, di tanto in tanto, per ogni gesto ed ogni grido del bambino. Forse era la primavera, col suo alito materno, a scioglierle 1225 quel gran dolore che le aveva pietrificato il sangue nelle vene; il fatto è che ella non cedeva una goccia sola di que- sto dolore e non voleva più neppure piangere per non per- derlo con le sue lagrime, ma se lo sentiva diverso, scorrerle dentro le vene, caldo, vitale. 1230 La sua folle speranza la riprendeva tutta.

1200. gatto:] gatto; 1201. la bestia] da [– il gatto + sup.\la bestia/] 1213. così nel mondo.] ins. inf. spaz. interv. 1224. alito materno,] alito materno 1226. vene;] vene: Il ritorno del figlio 47

– Egli tornerà, egli tornerà. Se io prendo questo bambino per figlio, Dio mi compenserà col suo ritorno.

Così il marito, di ritorno dal Consiglio, la trovò ancora nel cortile, col bambino, il “Mau„ la farfalla che si divertiva per conto suo intorno a loro. 1235 Anche il cieco era venuto piano piano a mettersi in una piega del muro, cercando di non farsi vedere per non irri- tare la padrona, ma odorando ogni cosa. Il bambino, a sua volta, sentiva che Michele era lì, e tendeva a staccarsi da Bona; ma Bona, // che s’accorgeva anche lei della presenza 1240 del cieco, provava un senso di gelosia e teneva il piccolo stretto a sé cercando ancora di farlo divertire col gatto. Oramai però i due amici s’erano stancati di desiderarsi, e cominciavano anzi a guardarsi con ostilità. La coda del buon “Mau„ si gonfiava di stizza, le sue unghie apparivano 1245 e scomparivano in cima alle dolci zampette: finché coglien- do l’occasione della comparsa di Davide, col quale non aveva molta confidenza, s’allungò e sgusciò dalla mano di Bona. Davide sembrava, al solito, di cattivo umore, cosa che, del 1250 resto, non impressionava più nessuno: piuttosto ci si sareb- be impressionati a vederlo di buon umore. Ma anche lui non s’impressionò e finse di nulla, nel vedere Bona col bambino: qualche cosa però dovette passargli nel- l’anima perché si divertì a tormentare il cieco. 1255 – Che fai lì in agguato? Pare abbi litigato con Dio tanto hai l’aria confusa. L’altro non aprì bocca: potevano fargli quel che volevano, quel giorno, tanto era contento, d’una gioia un po’ doloro- sa di innamorato che è pronto a sacrificare anche il suo 1260 amore, purché l’oggetto amato sia felice. //

1232. col suo ritorno.] ins. inf. spaz. interv. 1234. nel cortile,] da [– / + sup.\nel cortile,/] ♦ “Mau„] Mau stl. 1237. cercando] prima [– stava là] 1245. “Mau„] Mau 1246. scomparivano] sparivano da [– scompaiono + sup.\sparivano/] ♦ dolci] sup.\dolci/ ♦ finché] prima [– di] 1248. aveva] da [– ha + sup.\aveva/] 1259. contento] da [– felice + sup.\con- tento/] ♦ gioia] da [– felicità + sup.\gioia/] 48 GRAZIA DELEDDA

Davide s’avanzava guardando il suo orologio. – Lo sai, moglie mia, che ora è? Manca un minuto a mez- zogiorno. E le tue padrone ancora non hanno preparato la 1265 tavola. Bona fu pronta ad alzarsi, sorreggendo il bambino. – Ah, ah, siamo già calzati! Bisogna camminare, dunque. E parlare anche. Il bambino diede un grido: 1270 – Tata! – Curioso, non sembra più lui. È come ringiovanito: ades- so è un bambino. Cammina, su, giovinotto. Davide s’era piegato a stendere le braccia ad arco invitando il bambino a staccarsi da Bona. E Bona lasciò libero il bam- 1275 bino: no, del marito non poteva esser gelosa... Eppure un’ombra le attraversò il cuore... Sì, era ancora gelosa per- ché era ancora viva. Ma il miracolo al quale assisteva le rischiarò di nuovo il cuore. 1280 Il bambino camminava. Andava dritto dritto rapido a Davide: inciampò, ma l’uo- mo fu pronto ad andargli incontro facendo: – Ah, bravo! – e l’accolse fra le sue braccia. Il bambino gli sorrise. Davide allora si volse a pochi passi dal muro e lasciò andare il bam- 1285 bino: e il bambino andò dritto dritto rapido dal cieco; gli afferrò una gamba per appoggiarsi e sollevando il viso sor- rise anche a lui.

1264. padrone] prima [– gentili] 1274. lasciò libero il bambino] lo lasciava libero, adesso 1276. il cuore...] da [– la ↔| mente… + /il\ ↔| sup.\cuore.../] 1284. muro] da [– cieco + sup.\ muro /] 1285. bambi- no:] bambino; 1287. anche a lui.] ins. inf. Grazia Deledda

BIBLIOGRAFIA DEI RACCONTI E DELLE NOVELLE1

Sangue sardo, «L’Ultima Moda», Roma, III (1-8 luglio, 1888), 88-89 [in Il primo passo. Confessioni di scrittori contemporanei, Firenze, Nemi, 1937; Versi e prose giovanili di Grazia Deledda, Milano, Treves, 1938; Versi e prose giovanili, Milano, Virgilio, 1972; in Controcanto, Roma, Sovera, 1991; Roma, Newton Compton, 1995]. Remigia Helder, «L’Ultima Moda», Roma, III (19 agosto 1888), 95. Memorie di Fernanda, «L’Ultima Moda», Roma, III (12 settembre 1888 – 2 giugno 1889). Sulla montagna, «Il Paradiso dei Bambini», Roma, 18 ottobre-15 novem- bre 1888 [in Nell’azzurro, Milano-Roma, Trevisini, 1890; 1898; 1929; in Versi e prose giovanili, Milano, Virgilio, 1972; Novelle – I, Nuoro, Ilisso, 1996]. Cose infantili, «Il Paradiso dei Bambini», Roma 14 aprile 1889 [con il titolo Memorie infantili in Nell’azzurro, Milano-Roma, Trevisini, 1890; 1898; 1929; con il titolo Ricordi d’infanzia, Milano, Virgilio, 1972; con il titolo Memorie infantili in Novelle – I, Nuoro, Ilisso, 1996]. La pesca miracolosa, «La Sardegna», Sassari, VIII (16-18 aprile 1889), 89- 91. Il castello di S. Lor, «La Sardegna», Sassari, VIII (19-25 aprile 1889), 93- 98. Eleonora d’Arborea, «L’Ultima Moda», Roma, III (22 giugno 1889), 191. Don Smeraldo, «L’Ultima Moda», Roma, III (15-22 settembre 1889), 151-152. Martella, racconto, «L’Ultima Moda», Roma, III (25 settembre - 6 otto- bre 1889), 153-154. Amori fatali (Povera e ricco), «L’Ultima Moda», Roma, IV (7, 14, 22 set- tembre 1890 – 6, 11 marzo 1892), 202, 204, 221, 226 [in appendice

1 Bibliografie dei racconti e delle novelle di Grazia Deledda si trovano in: E. DE MICHELIS, Grazia Deledda e il decadentismo, Firenze, La Nuova Italia, 1938; R. BRANCA, Bibliografia deleddiana, Milano, L’Eroica, 1938; A. GUARINO, Bibliogra- fia per la Deledda, «Ichnusa», III, Sassari, Gallizzi, 1951; A. DOLFI, Grazia Deled- da, Milano, Mursia, 1979; P. MURA, Le novelle di Grazia Deledda. Appunti per una bibliografia (A-I), «Portales», 2, Agosto, 2002, 123-135; (L-Z), «Portales», 3-4, Ottobre 2003 - Aprile 2004, 206-222. 52 IL RITORNO DEL FIGLIO

al romanzo di P. FÉVAL, Il sorriso della vergine, Roma, Perino, 1892 insieme a La leggenda nera e Il ritratto]. Novelle d’autunno - Il palazzo dello zio (Ricca e Povero), «L’Ultima Moda», Roma, IV (28 settembre 1890 – 24 maggio 1891), 205, 209-210, 215-216, 218, 237-239. Una terribile notte, «La Sardegna», Sassari, IX (21-30 ottobre 1890), 248- 256 [in Nell’azzurro, Milano-Roma, Trevisini, 1890; 1898; 1929; Novelle – I, Nuoro, Ilisso, 1996]. Nell’azzurro [Vita silvana; Sulla montagna Memorie infantili; Una terribi- le notte; La casa paterna], Milano-Roma, Trevisini, 1890 [Milano, Tre- visini, 1898; 1929; Novelle – I, Nuoro, Ilisso, 1996]. Sulle montagne sarde, «L’Illustrazione per Tutti», Roma, 8-15 marzo 1891 [in appendice a: V. BERSEZIO, Potessi farlo vivere!, Roma, Perino, 1892]. Vendette d’amore [con dedica «A Enrico Costa»], «Vita Sarda», Cagliari, I (1 e 10 maggio, 7 giugno e 4 luglio 1891), 3, 4, 6, 8. Sulla neve, «L’Illustrazione per Tutti», Roma, 17-24 maggio e 7-14 giu- gno 1891 [con il titolo di Amore regale nel volume omonimo, Roma, Perino, 1891]. Il pretore [con dedica «Alla mia gentile amica Elda di Montedoro»], «L’Ultima Moda», Roma, V (21 maggio - 7 giugno 1891), 240- 241. Nello studio, «L’Ultima Moda», Roma, V (14-21 giugno - 5 luglio 1891), 242-243, 245. Il mago, «La Tribuna Illustrata», Roma, 28 giugno 1891 [in Racconti sardi, Sassari, Dessy, 1894; «Sardinia di Capo d’Anno», II, 1, suppl. al n. 8; «La Riviera Ligure», II serie (1906), 86, Genova; Firenze, Quat- trini, 1913; Novelle – I, Nuoro, Ilisso, 1996]. Sull’Agri, «Il Paradiso dei Bambini», Roma, 1-8 ottobre 1891 [in Amore regale, Roma, Perino, 1891; da: Stella d’Oriente, Cagliari, Tipografia di «L’Avvenire di Sardegna», 1891]. Il ritratto, «L’Illustrazione per Tutti», Roma, 18-25 ottobre 1891 [in appendice a: P. FÉVAL, Il sorriso della vergine, Roma, Perino, 1892, insieme a: Amori fatali e La leggenda nera]. Il castello di Sant’Onofrio, «La Sardegna», Sassari, X, 7 novembre-24 dicembre 1891 [anche in Versi e prose giovanili, Milano, Virgilio, 1972]. Paesaggi, «Vita Sarda», Cagliari, I (6 dicembre 1891), 19 [con il titolo Paesaggi e figure in Versi e prose giovanili, Milano, Virgilio, 1972]. Bibliografia 53

Il Natale in Sardegna, «L’Ultima Moda», Roma, 27 dicembre 1891. Amore regale, Roma, Perino, 1891. Amore…lontano, in Amore regale, Roma, Perino, 1891 [con il titolo Dal ‘Giornale’ di una pittrice in «L’Illustrazione per Tutti», Roma, aprile- maggio 1892; con il titolo Dal ‘Giornale’ di una pittrice in «Boccaccio», Firenze, aprile-maggio 1892]. Ignorata, «L’Ultima Moda», Roma, 10 gennaio 1892. La leggenda nera, «L’Ultima Moda», Roma, 21 febbraio 1892 [in appen- dice a: P. FÉVAL, Il sorriso della vergine, Roma, Perino, 1892, insieme a: Amori fatali e Il ritratto]. Nell’abisso, «L’Ultima Moda», Roma, VI (13 marzo – 10 aprile 1892). Fuoco, «Vita Sarda», Cagliari, II (27 marzo 1892), 4 [in appendice a: A. ALBALAT, Il direttissimo del mattino, Roma, Perino, 1892]. Giaffàh [con dedica «A l’amico G. M. Lupini»], «Il Paradiso dei Bambi- ni», Roma, 5,12,19,26 maggio – 9,16 giugno 1892 [in opuscolo, coll. «Per il mondo piccino», Palermo, Sandron, 1899; Palermo, Sandron, 1921]. Romanzo minimo [con dedica «A Enrico Butti»], «Boccaccio», Firenze, 31 luglio - 1 agosto 1892 [«L’Ultima Moda», Roma, 25 settembre - 2 ottobre 1892; poi in Racconti sardi, Sassari, Dessy, 1894; Firenze, Quattrini, 1913; Novelle – I, Nuoro, Ilisso, 1996]. Macchiette, «Vita Moderna», Milano, 7 agosto 1892 [in Racconti sardi, Sassari, Dessy, 1894; Firenze, Quattrini, 1913; Versi e prose giovanili, Milano, Virgilio, 1972; Novelle – I, Nuoro, Ilisso, 1996]. Bambini, «Vita Sarda», Cagliari, II (7 agosto 1892), 14 [«L’Ultima Moda», Roma, 4 settembre 1892]. Piccoli poemi, «Vita Sarda», Cagliari, II (21 agosto 1892), 15. Gabina, «Natura e Arte», Milano, 1 settembre 1892 [col titolo Di notte in Racconti sardi, Sassari, Dessy, 1894; Firenze, Quattrini, 1913; Versi e prose giovanili, Milano, Virgilio, 1972; Novelle – I, Nuoro, Ilisso, 1996]. Nel 1921 da questo racconto fu tratto un dramma pastorale intitolato La grazia e musicato da Vincenzo Michetti. Con lo stesso titolo nel 1929 fu realizzato un film per la regia di Aldo De Benedet- ti. Gonare, «Vita Sarda», Cagliari, II (16 ottobre – 25 dicembre 1892), 19- 20, 22-24 [in La via del male, Torino, Speirani, 1896]. Tre amici, «Boccaccio», Firenze, 1 novembre 1892 - 2 gennaio 1893. 54 IL RITORNO DEL FIGLIO

Nostra Signora del Buon Consiglio, «Il Paradiso dei Bambini», Roma, 3- 10-17 novembre 1892 [«Il Paradiso dei Bambini», Roma, 9-28 dicem- bre 1893; in opuscolo, coll. «Per il mondo piccino», Palermo, San- dron, 1899; Palermo, Sandron, 1921; in: Giaffàh, Palermo, Sandron, 1931]. Da un vecchio albo, «La Terra dei Nuraghes», Sassari, I (31 novembre 1892), 5. Natale, «Natura e Arte», Milano, I (15 dicembre 1892), 2. La dama Bianca, «Il Fanfulla della Domenica», Roma, 29 gennaio 1893 [in Racconti sardi, Sassari, Dessy, 1894; Firenze, Quattrini, 1913; Novelle – I, Nuoro, Ilisso, 1996]. Quaresima [dedica «A Vincenzo Boccafurni»], «Roma Letteraria», Roma, 5 febbraio 1893. Il nemico, «Il Paradiso dei Bambini», Roma, 16 febbraio 1893. Fantasia grigia, «Vita Sarda», Cagliari, III (19 marzo 1893), 4. Luisa Maria, «Il Fanfulla della Domenica», Roma, 6 maggio 1893. Cani, gatti, pulcini e altri animali, «Il Paradiso dei Bambini», Roma, 29 giugno 1893. In sartu (Nel salto), «Roma Letteraria», Roma, 5 luglio 1893 [in Raccon- ti sardi, Sassari, Dessy, 1894; Firenze, Quattrini, 1913; Novelle – I, Nuoro, Ilisso, 1996]. Viaggio di nozze, «Sardegna Artistica», Sassari, I (23 luglio 1893), 1 [L’in- domabile ? La via del male, Torino, Speirani, 1896; Versi e prose giova- nili, Milano, Virgilio, 1972]. Il padre [con dedica «A la duchesse D’Este pur souvenir»], «Sardegna Artistica», Sassari, I (10 -17 settembre 1893), [Racconti sardi, Sassari, Dessy, 1894; con il titolo I primi baci in La regina delle tenebre, Mila- no, Agnelli, 1902; Firenze, Quattrini, 1913; Novelle – I, Nuoro, Ilis- so, 1996]. Gaja, «Il Fanfulla della Domenica», Roma 1 ottobre 1893. Le disgrazie che può causare il denaro [dedica «A Mario Manca»], «Il Para- diso dei Bambini», Roma, 23-30 novembre 1893 [in opuscolo: coll. «Per il mondo piccino», Palermo, Sandron, 1899; Palermo, Sandron, 1921; in Giaffà, Palermo, Sandron, 1931]. Leggende Sarde, «Roma Letteraria», Roma, 25 novembre 1893 [«Vita Sarda», Cagliari, III (10 dicembre, 1893), 23; con il titolo I tre tali- smani in «La Donna Sarda», Cagliari, 10 dicembre 1893; con il titolo I tre talismani «Il Paradiso dei Bambini», Roma, 14-28 dicembre Bibliografia 55

1893; «Natura e ed Arte», Milano, III (15 aprile 1894); «Roma Lette- raria», Roma, 25 novembre 1895; con il titolo I tre talismani coll. «Per il mondo piccino», Palermo, Sandron, 1899; 1922; con il titolo Leg- gende di Sardegna in Versi e prose giovanili, Milano, Virgilio, 1972; il manoscritto autografo è conservato presso l’Istituto Superiore Regio- nale Etnografico di Nuoro]. Mal occhio, «Natura e Arte», Milano, 15 dicembre 1893 [Mal occhio, in Notti di dicembre. Racconti di Natale, Palermo, Sellerio, 2001; bozza di stampa con correzioni autografe è conservata presso l’Istituto Superio- re Regionale Etnografico di Nuoro]. Racconti Sardi [dedica «Ad Angelo De Gubernatis»], [Di notte; Il mago; Ancora magie; Romanzo minimo; La dama bianca; In sartu; Il padre; Macchiette] Sassari, Dessy, 1894 [Novelle – I, Nuoro, Ilisso, 1996]. La marchesa, «La terra dei Nuraghes», Sassari, III (4 febbraio 1894), 3. Due miracoli, «Roma Letteraria», Roma, 5 febbraio 1894 [in L’ospite, Rocca San Casciano, Cappelli, 1898; Novelle – I, Nuoro, Ilisso, 1996]. La chicchera, «La Donna di Casa», Roma, 15 marzo 1894. Sos verbos, «Il Fanfulla della Domenica», Roma, 11 maggio 1894. Peppe parente, «L’Ultima Moda», Roma, 10 giugno 1894. Don Sidru Lay, «Il Fanfulla della Domenica», Roma, 17 giugno 1894. L’assassino degli alberi, «La Piccola Antologia», Roma, 22 luglio 1894 [«Il Corriere della Domenica», Roma, 8 marzo 1896; in Le tentazioni, Milano, Cogliati, 1899; Sesto San Giovanni, Madella, 1915; 1916; Firenze, Quattrini, 1916; Sesto San Giovanni, Madella, 1917; Milano, Barion, 1921; Novelle – I, Nuoro, Ilisso, 1996]. Le rive1azioni, «Roma Letteraria», Roma, 15 agosto 1894. Alla distribuzione dei premi, «Il Paradiso dei Bambini», Roma, 23 agosto 1894. L’arrivo, «Rivista per le Signorine», Firenze, 1-15 ottobre 1894 [Anime Oneste, Milano, Cogliati, 1895]. Zia Jacobba, «La Piccola Antologia», Roma, 14 ottobre, 20 dicembre 1894 [«Il Corriere della Domenica», Roma, 14 ottobre, 20 dicembre 1895; Milano, Cogliati, 1895; Firenze, Quattrini, 1916; Sesto San Giovanni, Madella, 1917; «La Novella per Tutti», Milano, I (1926), 1; Novelle – I, Nuoro, Ilisso, 1996]. I primi giorni, «Rivista per le Signorine», Firenze, 1 novembre 1894 [Anime Oneste, Milano, Cogliati, 1895]. 56 IL RITORNO DEL FIGLIO

Un giorno, «Roma Letteraria», Roma, 15 novembre 1894 [in L’ospite, Rocca San Casciano, Cappelli, 1898; Novelle – I, Nuoro, Ilisso, 1996]. I crepuscoli: l’alba, il vespro, «Rivista per le Signorine», Firenze, 1 dicem- bre 1894. Donna Josepa, «Il Fanfulla della Domenica», Roma, 45, 11 dicembre 1894 [con il titolo Donna Jusepa in Le tentazioni, Milano, Cogliati, 1899; Sesto San Giovanni, Madella, 1915; 1916; Firenze, Quattrini, 1916; Sesto San Giovanni, Madella, 1917; Milano, Barion, 1921; Novelle – I, Nuoro, Ilisso, 1996]. Le storielle della sera, «La Ricreazione», Roma, 10 gennaio, 1895. L’ospite, «La Vita Italiana», Roma, 10 febbraio 1895 [in L’ospite, Rocca San Casciano, Cappelli, 1898; Novelle – I, Nuoro, Ilisso, 1996]. Giuochi infantili sardi, «La Ricreazione», Roma, 28 febbraio 1895 [in Tradizioni popolari di Nuoro, Roma, Forzani, 1895]. I Marvu, «Rivista per le Signorine», Firenze, 15 maggio 1895 [con il tito- lo Una sera d’inverno in «L’Unione Sarda», Cagliari, aprile 1898; in Le tentazioni, Milano, Cogliati, 1899; Sesto San Giovanni, Madella, 1915; 1916; Firenze, Quattrini, 1916; Sesto San Giovanni, Madella, 1917; Milano, Barion, 1921; Novelle – I, Nuoro, Ilisso, 1996]. Don Evèno del Ruo, «Natura e Arte», Milano, 1 novembre 1895 [con il titolo Don Evèno in L’ospite, Rocca San Casciano, Cappelli, 1898; Novelle – I, Nuoro, Ilisso, 1996]. I malati, «Roma Letteraria», Roma, 10 dicembre 1895 [La giustizia, Torino, Speirani, 1899]. La passeggiata di Elena, «Roma Letteraria», Roma, 10 gennaio 1896 [Il tesoro, Torino, Speirani, 1897]. San Giovanni bello, «Natura e Arte», Milano, parte I (1 marzo 1896), fasc. V. L’assassino degli alberi, «Il Corriere della Domenica», Roma, 8 marzo 1896 [«La Piccola Antologia», Roma, 22 luglio 1894; in Le tentazioni, Milano, Cogliati, 1899; Sesto San Giovanni, Madella, 1915; 1916; Firenze, Quattrini, 1916; Sesto San Giovanni, Madella, 1917; Milano, Barion, 1921; Novelle – I, Nuoro, Ilisso, 1996]. La bardana, «Roma Letteraria», Roma, 25 luglio 1896 [Il tesoro, Torino, Speirani, 1897]. A San Francesco, «Natura e Arte», Milano, 15 ottobre 1896 [«La Piccola Rivista», Cagliari, II (25 febbraio 1900), 2-3; Il tesoro, Torino, Speira- ni, 1897]. Bibliografia 57

La taglia, «Il Corriere della Domenica», Roma, 20 dicembre 1896 [Il tesoro, Torino, Speirani, 1897]. Pellegrinaggio, «Rivista per le Signorine», Firenze, 15 febbraio 1897 [La via del male, Torino, Speirani, 1896]. Sardegna-Paesaggio [frammento], «Rivista Letteraria e Artistica», Caglia- ri, II (24 ottobre 1897), 1. La montagna, «Natura e Arte», Milano, 1 dicembre 1897 [Il vecchio della montagna, Torino, Roux e Viarengo, 1900; con il titolo Capanna sul- l’Orthobene parzialmente ripubblicato in Versi e prose giovanili, Mila- no, Virgilio, 1972]. Un piccolo uomo, «Natura e Arte», Milano, 15 ottobre 1898 [in Le tenta- zioni, Milano, Cogliati, 1899; Sesto San Giovanni, Madella, 1915; 1916; Firenze, Quattrini, 1916; Sesto San Giovanni, Madella, 1917; Milano, Barion, 1921; Novelle – I, Nuoro, Ilisso, 1996]. La giustizia, «Rivista per le Signorine», Firenze, 1 novembre 1898 [La giustizia, Torino, Speirani, 1899]. L’inevitabile, «Rivista per le Signorine», Firenze, fasc. 15-16, 1898. Le tentazioni, «La Nuova Antologia», Roma, 162, 16 dicembre 1898 [in Le tentazioni, Milano, Cogliati, 1899; Sesto San Giovanni, Madella, 1915; 1916; Firenze, Quattrini, 1916; Sesto San Giovanni, Madella, 1917; Milano, Barion, 1921; Novelle – I, Nuoro, Ilisso, 1996]. L’ospite [L’ospite, Un giorno, Don Evèno, Due miracoli], Rocca San Cascia- no, Cappelli, 1898 [Novelle – I, Nuoro, Ilisso, 1996]. Da un romanzo in preparazione, «La Piccola Rivista», Cagliari, I (31 gen- naio 1899), 4. Domani, Palermo, Sandron, coll. «Per il mondo piccino», 1899 [in Il flauto nel bosco, Milano, Treves, 1923; 1928; Novelle – IV, Nuoro, Ilis- so, 1996]. Da la giustizia, «La Piccola Rivista», Cagliari, I (29 aprile 1899), 9 [La giustizia, Torino, Speirani, 1899]. L’ostacolo, «La Piccola Rivista», Cagliari, I (11 dicembre 1899), 23-24 [con il titolo Il bambino smarrito in La regina delle tenebre, Milano, Giacomo Agnelli, 1901; 1902; 1903; Novelle – II, Nuoro, Ilisso, 1996]. Il sogno del pastore, «Natura e Arte», Milano, parte I (15 dicembre 1899), fasc. II (1899-1900) [in Il nonno, Roma, Nuova Antologia, 1908; Cat- tive compagnie, Milano, Treves, 1921; Novelle – II, Nuoro, Ilisso, 1996]. 58 IL RITORNO DEL FIGLIO

Il dolore, «La Donna Sarda», Cagliari, II (20 dicembre 1899), 12 [Versi e prose giovanili, Milano, Virgilio, 1972]. Le tentazioni [I Marvu, Un piccolo uomo, L’assassino degli alberi, Zia Jacobba, Donna Jusepa, Le tentazioni, Nel regno della pietra], Milano, Cogliati, 1899 [Sesto San Giovanni, Madella, 1915; 1916; Firenze, Quattrini, 1916; Sesto San Giovanni, Madella, 1917; Milano, Barion, 1921; Novelle – I, Nuoro, Ilisso, 1996]. Sogni invernali, «La Donna Sarda», Cagliari, III (15 Febbraio 1900), 1-2. Cagliari, «Natura e Arte», Milano, parte I (15 maggio 1900) fasc. XII. Colomba, «La Rassegna Nazionale», Roma, XII (16 luglio 1900), vol. CXIV [in Amori Moderni, Roma, Voghera, 1907; Novelle – II, Nuoro, Ilisso, 1996]. Sepolcri imbiancati, «Natura e Arte», Milano 1 settembre 1900. Un’aberrazione, «La Nuova Antologia», Roma, XXXVI (1 agosto 1901), 178, fasc. 711 [con il titolo Per riflesso in I giuochi della vita, Milano, Treves, 1905; 1917; 1920; Milano, Garzanti, 1940; Romanzi e novelle – IV, Milano, Mondadori, 1959; Novelle – II, Nuoro, Ilisso, 1996]. La montagnola, «La Riviera Ligure», Genova, II serie (1901), 32, 1901. La regina delle tenebre [La regina delle tenebre, Il bambino smarrito, Le due giustizie, La giumenta nera, Sarra], Milano, Giacomo Agnelli, 1901 [Milano, Giacomo Agnelli, 1902; 1903; Novelle – II, Nuoro, Ilisso, 1996]. Il battesimo d’Adamo, «La Lettura», Milano, II (1 aprile – 31 maggio 1902), 4-5. San Michele Arcangelo, «La Riviera Ligure», Genova, II serie (1902), 35 [in Onoranze a Grazia Deledda, a c. di M. Ciusa Romagna, Nuoro, 1959]. Pasqua Sarda, «La Riviera Ligure», Genova, II serie (1902), 38, [con il titolo Pasqua in I giuochi della vita, Milano, Treves, 1905; 1917; 1920; Milano, Garzanti, 1940; Novelle – II, Nuoro, Ilisso, 1996]. Passeggiata, «La Riviera Ligure», Genova, II serie (1902), 44. I giuochi della vita, «La Nuova Antologia», Roma, 185 (16 ottobre 1902) [in I giuochi della vita, Milano, Treves, 1905; 1917; 1920; Milano, Garzanti, 1940; Romanzi e novelle – IV, Milano, Mondadori, 1959; Novelle – II, Nuoro, Ilisso, 1996]. Vengono, «Sardegna Letteraria e Artistica», Cagliari, 1902 [con il titolo Colpi di scure in I giuochi della vita, Milano, Treves, 1905; con il tito- lo Mentre la foresta muore…in «Sardegna Giovane», Sassari, I (1909), Bibliografia 59

1; con il titolo Colpi di scure in Milano, Treves, 1917; 1920; Milano, Garzanti, 1940; Romanzi e novelle – IV, Milano, Mondadori, 1959; Nuoro, Il Maestrale, 1995; Novelle – II, Nuoro, Ilisso, 1996]. Piccolo romanzo tratto da una leggenda, «La Riviera Ligure», Genova, 50, 1903. Odio vince [bozzetto drammatico in un solo atto], «La Nuova Antolo- gia», Roma, 194 (1 marzo 1904) [Roma, Ripamonti e Colombo, 1904; in appendice al romanzo Il vecchio della montagna, Milano, Tre- ves, 1912]. Gli scherzi di zia Morte, «La Riviera Ligure», Genova, II serie (1904), 56 [con il titolo La morte scherza in I giuochi della vita, Milano, Treves, 1905; 1917; 1920; Milano, Garzanti, 1940; Novelle – II, Nuoro, Ilis- so, 1996]. Amori moderni, «II Secolo XX», Milano, luglio 1904 [con una incisione di Ballerini in Amori moderni, Roma, Voghera, 1907; Novelle – II, Nuoro, Ilisso, 1996]. Il fermaglio, «La Nuova Antologia», Roma, 197 (1 settembre 1904) [in I giuochi della vita, Milano, Treves, 1905; 1917; 1920; Milano, Garzan- ti, 1940; Romanzi e novelle – IV, Milano, Mondadori, 1959; Nuoro, Il Maestrale, 1995; Novelle – II, Nuoro, Ilisso, 1996]. La vera salute, «La Riviera Ligure», Genova, II serie (1905), 66. Vita primitiva, «La Riviera Ligure», Genova, II serie (1905), 76. I giuochi della vita [Per riflesso; Freddo; Per la sua creatura; Pasqua; La morte scherza; I giuochi della vita; Padre Topes; Il vecchio servo; Il fer- maglio; Lo studente e lo scoparo; Colpi di scure; Mentre soffia il levante], Milano, Treves, 1905 [Milano, Treves, 1917; 1920; Milano, Garzanti, 1940; Novelle – II, Nuoro, Ilisso, 1996]. Il Natale di un malato, «Varietas», Milano, III (1 febbraio 1906), 22 [«La Domenica Illustrata», Milano, I (27 dicembre 1914), 2]. Il servo, «La Gazzetta del Popolo», Torino, 13 febbraio - 6 giugno 1906 [La via del male, Torino, Speirani, 1896]. Il nonno, «La Riviera Ligure», Genova, II serie (1906), 85 [in Il nonno, Roma, Nuova Antologia, 1908; Roma, Colombo, 1909; Novelle – II, Nuoro, Ilisso, 1996]. La consegna della bacchetta, «La Riviera Ligure», Genova, II serie (1906), 89. Rivalità, «La Riviera Ligure», Genova, III serie (1907), 7. Il ciclamino, «II Ventesimo», Genova, 1 marzo 1907 [in Il nonno, Roma, Nuova Antologia, 1908; Roma, Colombo, 1909; «L’Unione Sarda», 60 IL RITORNO DEL FIGLIO

Cagliari, 21 giugno 1959; «Il Convegno», Cagliari, XVI (luglio-agosto 1963), 7-8; «Il Convegno», Cagliari, aprile-maggio 1971; Novelle – II, Nuoro, Ilisso, 1996]. Ozio, «La Lettura», Milano, VII (aprile 1907), 4 [in Il nonno, Roma, Nuova Antologia, 1908; in Cattive compagnie, Milano, Treves, 1921; Novelle – II, Nuoro, Ilisso, 1996]. Amori moderni [Amori moderni, Colomba], Roma, Voghera, 1907 [Cagliari, GIA, 1989; Sassari, Delfino, 1998]. Ziu Sorighe, «La Riviera Ligure», Genova, III serie (1908), 17 [Sino al confine, Milano, Treves, 1910]. Il nonno [Nonno, Solitudine!, Novella sentimentale, Poveri e ricchi, L’appa- rizione, Ozio, Ballora, Il sogno del pastore, La lepre, Cattive compagnie, Il ciclamino, La medicina], Roma, Nuova Antologia, 1908 [Novelle – II, Nuoro, Ilisso, 1996]. Novella sentimentale, in Il nonno, Roma, Nuova Antologia, 1908 [Vene- zia, Scarabello, 1912; con il titolo Novella romantica in Cattive compa- gnie, Milano, Treves, 1921; Novelle – II, Nuoro, Ilisso, 1996]. Paura, «La Riviera Ligure», Genova, III serie (1909), 30. Il ritorno, «La Riviera Ligure», Genova, III serie (1909), 36. La porta aperta, «Il Corriere della Sera», Milano, 11 novembre 1909 [in Chiaroscuro, Milano, Treves, 1912; «Rivista Sarda», Roma, II (1919- 1920), 1; Milano, Treves, 1921; Opere scelte, Milano, Mondadori, 1968; Nuoro, Il Maestrale, 1994; Novelle – III, Nuoro, Ilisso, 1996; Nuoro, Ilisso, 2004]. Il maialino di Natale, «Il Giornalino della Domenica», Firenze, IV (26 dicembre 1909), 52. Le tredici uova, «Il Corriere della Sera», Milano, 11 gennaio 1910 [in Chiaroscuro, Milano, Treves, 1912; 1921; Opere scelte, Milano, Mon- dadori, 1968; Nuoro, Il Maestrale, 1994; Le tredici uova, in Novelle d’autrice tra Otto e Novecento, Roma, Bulzoni, 1998; Novelle – III, Nuoro, Ilisso, 1996; Nuoro, Ilisso, 2004]. Il pastorello, «Il Giornalino della Domenica», Firenze, V (1910) [in Il dono di Natale, Milano, Treves, 1930; Milano, Mondadori, 1956; Novelle – V, Nuoro, Ilisso, 1996]. Padrona e servi, «Il Corriere della Sera», Milano, 7 marzo 1910 [in Chia- roscuro, Milano, Treves, 1912; 1921; Opere scelte, Milano, Mondado- ri, 1968; Nuoro, Il Maestrale, 1994; Novelle – III, Nuoro, Ilisso, 1996; Nuoro, Ilisso, 2004]. Bibliografia 61

Il nostro padrone, «L’Illustrazione Italiana», Milano 1910 [Il nostro padro- ne, Milano, Treves, 1910]. Libeccio, «Il Corriere della Sera», Milano, 25 luglio 1912 [in Chiaroscu- ro, Milano, Treves, 1912; 1921; Opere scelte, Milano, Mondadori, 1968; Nuoro, Il Maestrale, 1994; Novelle – III, Nuoro, Ilisso, 1996; Nuoro, Ilisso, 2004]. Chiaroscuro, «Il Corriere della Sera», Milano, 21 agosto 1910 [in Chia- roscuro, Milano, Treves, 1912; 1921; Opere scelte, Milano, Mondado- ri, 1968; Nuoro, Il Maestrale, 1994; Novelle – III, Nuoro, Ilisso, 1996; Nuoro, Ilisso, 2004]. I sette fratelli, «Il Giornalino della Domenica», Firenze, V (novembre 1910), 47 [con il titolo La fanciulla di Ottàna in Il dono di Natale, Milano, Treves, 1930; Novelle – V, Nuoro, Ilisso, 1996]. Il cinghialetto, «Il Corriere della Sera», Milano, 8 dicembre 1910 [in Chiaroscuro, Milano, Treves, 1912; 1921; Opere scelte, Milano, Mon- dadori, 1968; Nuoro, Il Maestrale, 1994; Novelle – III, Nuoro, Ilisso, 1996; Nuoro, Ilisso, 2004]. Le bestie parlano, «Il Fanfulla della Domenica», Roma, XXXII (25 dicem- bre 1910), 52 [in Il cedro del Libano, Milano, Garzanti, 1939; Novelle – VI, Nuoro, Ilisso, 1996]. Il Natale del consigliere, «Il Secolo XX», Milano, X (gennaio 1911), 1 [in Chiaroscuro, Milano, Treves, 1912; 1921; Opere scelte, Milano, Mon- dadori, 1968; Nuoro, Il Maestrale, 1994; Novelle – III, Nuoro, Ilisso, 1996; Nuoro, Ilisso, 2004]. La porta chiusa, «Il Corriere della Sera», Milano, 5 febbraio 1911 [in Chiaroscuro, Milano, Treves, 1912; 1921; Opere scelte, Milano, Mon- dadori, 1968; Nuoro, Il Maestrale, 1994; Novelle – III, Nuoro, Ilisso, 1996; Nuoro, Ilisso, 2004]. Un grido nella notte, «Il Corriere della Sera», Milano, 19 marzo 1911 [in Chiaroscuro, Milano, Treves, 1912; 1921; Opere scelte, Milano, Mon- dadori, 1968; Un grido nella notte, Chieti, Solfanelli, 1992; Vimerca- te (Milano), La Spiga, 1994; Nuoro, Il Maestrale, 1994; Novelle – III, Nuoro, Ilisso, 1996; Nuoro, Ilisso, 2004]. I tre vecchi, «Il Giornalino della Domenica», Firenze, VI (21 maggio 1911), 21. La scomunica, «Il Corriere della Sera», Milano, 16 luglio 1911 [in Chia- roscuro, Milano, Treves, 1912; 1921; Opere scelte, Milano, Mondado- ri, 1968; Nuoro, Il Maestrale, 1994; Novelle – III, Nuoro, Ilisso, 1996; Nuoro, Ilisso, 2004]. 62 IL RITORNO DEL FIGLIO

La volpe, «La Lettura», Milano, XI (agosto 1911), 8 [in Chiaroscuro, Milano, Treves, 1912; 1921; Opere scelte, Milano, Mondadori, 1968; La volpe, in L’Amore al femminile, Milano, Mondadori, 1987; Nuoro, Il Maestrale, 1994; La volpe e altre novelle, Milano, Opportunity Book, 1995; Novelle – III, Nuoro, Ilisso, 1996; Nuoro, Ilisso, 2004]. Un po’ a tutti, «Il Corriere della Sera», Milano, 7 settembre 1911 [in Chiaroscuro, Milano, Treves, 1912; 1921; Opere scelte, Milano, Mon- dadori, 1968; Nuoro, Il Maestrale, 1994; Novelle – III, Nuoro, Ilisso, 1996; Nuoro, Ilisso, 2004]. L’uomo nuovo, «Il Corriere della Sera», Milano, 21 settembre 1911 [in Chiaroscuro, Milano, Treves, 1912; 1921; Opere scelte, Milano, Mon- dadori, 1968; Nuoro, Il Maestrale, 1994; Novelle – III, Nuoro, Ilisso, 1996; Nuoro, Ilisso, 2004]. L’ultima, «Il Corriere della Sera», Milano, 26 ottobre 1911 [in Chiaro- scuro, Milano, Treves, 1912; 1921; Opere scelte, Milano, Mondadori, 1968; Nuoro, Il Maestrale, 1994; Novelle – III, Nuoro, Ilisso, 1996; Nuoro, Ilisso, 2004]. La festa del Cristo, «Il Corriere della Sera», Milano, 11 novembre 1911 [illustrata da Giuseppe Biasi in «La Lettura», Milano, XII (7 luglio 1912), 7; in Chiaroscuro, Milano, Treves, 1912; 1921; «Ichnusa», Sas- sari, fascc. I-II,1951; Opere scelte, Milano, Mondadori, 1968; Milano, Edizioni Scolastiche Mondadori, 1972; Nuoro, Il Maestrale, 1994; Novelle – III, Nuoro, Ilisso, 1996; in Racconti italiani del Novecento, Milano, Mondadori, 2001; Nuoro, Ilisso, 2004]. Lasciare o prendere?, «Il Corriere della Sera», Milano, 25-26 dicembre 1911 [in Chiaroscuro, Milano, Treves, 1912; 1921; Opere scelte, Mila- no, Mondadori, 1968; Nuoro, Il Maestrale, 1994; Novelle – III, Nuoro, Ilisso, 1996; Nuoro, Ilisso, 2004]. L’edera [dramma in tre atti con dedica «A Evelina Paoli e a Bella Starace- Sainati mirabili di verità e di dolorosa passione sotto le spoglie di ‘Annesa’»], Milano, Treves, 1912. Le scarpe, «Il Corriere della Sera», Milano, 28 gennaio 1912 [in Chiaro- scuro, Milano, Treves, 1912; 1921; Opere scelte, Milano, Mondadori, 1968; Nuoro, Il Maestrale, 1994; Novelle – III, Nuoro, Ilisso, 1996; Nuoro, Ilisso, 2004]. La cerbiatta, «Il Corriere della Sera», Milano, 18 febbraio 1912 [in Chia- roscuro, Milano, Treves, 1912; 1921; Opere scelte, Milano, Mondado- ri, 1968; Nuoro, Il Maestrale, 1994; Novelle – III, Nuoro, Ilisso, 1996; Nuoro, Ilisso, 2004]. Bibliografia 63

I tre fratelli, «Il Corriere della Sera», Milano, 16 marzo 1912 [in Chiaro- scuro, Milano, Treves, 1912; 1921; Opere scelte, Milano, Mondadori, 1968; Nuoro, Il Maestrale, 1994; Novelle – III, Nuoro, Ilisso, 1996; Nuoro, Ilisso, 2004]. La vigna nuova, «Il Corriere della Sera», Milano, 16 giugno 1912 [in Chiaroscuro, Milano, Treves, 1912; 1921; Opere scelte, Milano, Mon- dadori, 1968; Nuoro, Il Maestrale, 1994; Novelle – III, Nuoro, Ilisso, 1996; Nuoro, Ilisso, 2004]. Il voto [diversa dalla novella omonima pubblicata nella raccolta Il dono di Natale, Milano, Treves, 1930], «Il Corriere della Sera», Milano, 1 set- tembre 1912 [in Il fanciullo nascosto, Milano, Treves, 1915; 1920; 1928; Nuoro, Il Maestrale, 1995; Novelle – III, Nuoro, Ilisso, 1996]. L’amico [diversa dalla novella omonima pubblicata nella raccolta La casa del poeta, Milano, Treves, 1930], «Il Corriere della Sera», Milano, 24 settembre 1912. Ritorno, «Il Corriere della Sera», Milano, 16 ottobre 1912 [in Il fanciul- lo nascosto, Milano, Treves, 1915; 1920; 1928; Nuoro, Il Maestrale, 1995; Novelle – III, Nuoro, Ilisso, 1996]. Il cuscino ricamato, «Il Corriere della Sera», Milano, 10 novembre 1912 [in Il fanciullo nascosto, Milano, Treves, 1915; 1920; 1928; Nuoro, Il Maestrale, 1995; Novelle – III, Nuoro, Ilisso, 1996]. Il primo viaggio, «Il Corriere della Sera», Milano, 15 dicembre 1912 [in Il fanciullo nascosto, Milano, Treves, 1915; 1920; 1928; Nuoro, Il Maestrale, 1995; Novelle – III, Nuoro, Ilisso, 1996]. Emigranti, «L’Eroica», La Spezia, II (31 dicembre 1912), vol. II, fasc. 7, 1912. Chiaroscuro [Chiaroscuro, Le tredici uova, Un grido nella notte, Il cinghia- letto, La porta aperta, La porta chiusa, Il Natale del consigliere, Padrona e servi, Le scarpe, Al servizio del re, La scomunica, L’uomo nuovo, Lascia- re o prendere?, La volpe, La cerbiatta, La festa del Cristo, Un po’ a tutti, Libeccio, La moglie, I tre fratelli, L’ultima, La vigna nuova], Milano, Treves, 1912 [Milano, Treves, 1921; Nuoro, Il Maestrale, 1994; Novel- le – III, Nuoro, Ilisso, 1996; Nuoro, Ilisso, 2004]. La croce d’oro, «La Lettura», XII (gennaio 1913), 1 [in Il fanciullo nasco- sto, Milano, Treves, 1915; 1920; 1928; Nuoro, Il Maestrale, 1995; Novelle – III, Nuoro, Ilisso, 1996]. Dramma, «Il Corriere della Sera», Milano, 1 febbraio 1913 [in Il fan- ciullo nascosto, Milano, Treves, 1915; 1920; 1928; Nuoro, Il Maestra- le, 1995; Novelle – III, Nuoro, Ilisso, 1996]. 64 IL RITORNO DEL FIGLIO

Fiaba, «Il Corriere della Sera», Milano, 5 marzo 1913 [in Il fanciullo nascosto, Milano, Treves, 1915; 1920; 1928; Nuoro, Il Maestrale, 1995; Novelle – III, Nuoro, Ilisso, 1996]. Scampoli di vita, «Il Fanfulla della Domenica», Roma, XXXV (9 marzo 1913), 10. La martora, «Il Corriere della Sera», Milano, 13 aprile 1913 [in Il fan- ciullo nascosto, Milano, Treves, 1915; 1920; 1928; Nuoro, Il Maestra- le, 1995; Novelle – III, Nuoro, Ilisso, 1996]. Il tesoro [diversa dalla novella omonima pubblicata nella raccolta Il flau- to nel bosco, Milano, Treves, 1923], «Il Corriere della Sera», Milano, 13 giugno 1913 [in Il fanciullo nascosto, Milano, Treves, 1915; 1920; 1928; Nuoro, Il Maestrale, 1995; Novelle – III, Nuoro, Ilisso, 1996]. La veste del vedovo, «La Nuova Antologia», Roma, 249, 16 giugno 1913 [Roma, La Nuova Antologia, 1915; in Il fanciullo nascosto, Milano, Treves, 1915; 1920; 1928; Nuoro, Il Maestrale, 1995; Novelle – III, Nuoro, Ilisso, 1996]. La morte e la vita, «Il Corriere della Sera», Milano, 24 luglio 1913 [dal romanzo Il vecchio della montagna, Torino, Roux e Viarengo, 1900]. La parte del bottino, «Il Corriere della Sera», Milano, 14 settembre 1913 [in Il fanciullo nascosto, Milano, Treves, 1915; 1920; 1928; Nuoro, Il Maestrale, 1995; Novelle – III, Nuoro, Ilisso, 1996]. La potenza malefica, «Il Corriere della Sera», Milano, 8 ottobre 1913 [in Il fanciullo nascosto, Milano, Treves, 1915; 1920; 1928; Nuoro, Il Maestrale, 1995; Novelle – III, Nuoro, Ilisso, 1996]. La porta stretta, «Il Corriere della Sera», Milano, 11 novembre 1913 [in Il fanciullo nascosto, Milano, Treves, 1915; 1920; 1928; Nuoro, Il Maestrale, 1995; Novelle – III, Nuoro, Ilisso, 1996]. Il padrone, «Il Corriere della Sera», Milano, 21 dicembre 1913 [in Il fan- ciullo nascosto, Milano, Treves, 1915; 1920; 1928; Nuoro, Il Maestra- le, 1995; Novelle – III, Nuoro, Ilisso, 1996]. Sotto l’ala di Dio, «La Grande Illustrazione», Pescara, I (gennaio 1914) [in Il fanciullo nascosto, Milano, Treves, 1915; 1920; 1928; Nuoro, Il Maestrale, 1995; Novelle – III, Nuoro, Ilisso, 1996]. Quello che è stato è stato, «Il Corriere della Sera», Milano, 9 marzo 1914 [in Il fanciullo nascosto, Milano, Treves, 1915; 1920; 1928; Nuoro, Il Maestrale, 1995; Novelle – III, Nuoro, Ilisso, 1996]. L’usuraio, «Il Corriere della Sera», Milano, 3 maggio 1914 [in Il fanciul- lo nascosto, Milano, Treves, 1915; 1920; 1928; Nuoro, Il Maestrale, 1995; Novelle – III, Nuoro, Ilisso, 1996]. Bibliografia 65

Il fanciullo nascosto [con illustrazioni di Giuseppe Biasi], «La Lettura», Milano, XVII (luglio 1914), 7 [in Il fanciullo nascosto, Milano, Treves, 1915; 1920; 1928; Romanzi e novelle – I, Milano, Mondadori, 1980; Nuoro, Il Maestrale, 1995; Novelle – III, Nuoro, Ilisso, 1996]. L’augurio dei mietitore, «La Grande Illustrazione», Pescara, I (agosto 1914), 2 [in Il fanciullo nascosto, Milano, Treves, 1915; 1920; 1928; Palermo, Edizioni Bodoniane, 1943; Nuoro, Il Maestrale, 1995; Novelle – III, Nuoro, Ilisso, 1996]. Lo spirito del male, «La Grande Illustrazione», Pescara, I (dicembre 1914), 2 [in Il fanciullo nascosto, Milano, Treves, 1915; 1920; 1928; Nuoro, Il Maestrale, 1995; Novelle – III, Nuoro, Ilisso, 1996]. Selvaggina, «La Nuova Antologia», Roma, 259, 16 febbraio 1915 [in Il fanciullo nascosto, Milano, Treves, 1915; 1920; 1928; Nuoro, Il Mae- strale, 1995; Novelle – III, Nuoro, Ilisso, 1996]. Un uomo e una donna, «La Nuova Antologia», Roma, 285, 1 maggio – 1 giugno 1915 [in Il fanciullo nascosto, Milano, Treves, 1915; 1920; 1928; Romanzi e novelle – I, Milano, Mondadori, 1980; Nuoro, Il Maestrale, 1995; Novelle – III, Nuoro, Ilisso, 1996]. Il fanciullo nascosto [Il fanciullo nascosto, Il tesoro, Sotto l’ala di Dio, La parte del bottino, La porta stretta, La martora, Il padrone, Ritorno, Il primo viaggio, La veste del vedovo, Il voto, L’usuraio, La croce d’oro, Dramma, Quello che è stato, La potenza malefica, L’augurio del mietito- re, La casa maledetta, Il cuscino ricamato, Lo spirito del male, Selvaggi- na, La fattura, Fiaba, Un uomo e una donna, Le prime pietre], Milano, Treves, 1915 [Milano, Treves, 1920; 1928; Nuoro, Il Maestrale, 1995; Novelle – III, Nuoro, Ilisso, 1996]. La mia casa ed io, «La Riviera Ligure», Genova, IV serie (1916), 51. La donna e Dio, «La Riviera Ligure», Genova, IV serie (1916), 55. La villa dei ciechi, « La Riviera Ligure», Genova, IV serie (1916), 58. Al telefono, « La Riviera Ligure», Genova, V serie (1917), 5. Il bacio del gobbino, «La Tribuna», Roma, 1 dicembre 1917 [«Vita Fem- minile», Roma, IX (1 dicembre 1927), fasc. XII; in La casa del poeta, Milano, Treves, 1930; Romanzi e novelle – V, Milano, Mondadori, 1969; Novelle – V, Nuoro, Ilisso, 1996]. La bambina rubata, «Nuova Antologia», Roma, 285, fascc. 1135-1137, 1 e 16 maggio, 1 giugno 1919 [Roma, La Nuova Antologia, 1919; in Il ritorno del figlio, La bambina rubata, Milano, Treves, 1919; 1921; Romanzi e novelle – V, Milano, Mondadori, 1969; Novelle – IV, Nuoro, Ilisso, 1996]. 66 IL RITORNO DEL FIGLIO

Il ritorno del figlio, La bambina rubata, Milano, Treves, 1919 [Milano, Treves, 1921; Romanzi e novelle – V, Milano, Mondadori, 1969; Novelle – IV, Nuoro, Ilisso, 1996]. Il cane impiccato, «Il Tempo», Roma, 17 gennaio 1921 [in Il flauto nel bosco, Milano, Treves, 1923; 1928; Novelle – IV, Nuoro, Ilisso, 1996]. Vertice, «Novella», Milano, III (11 luglio 1921) 13 [in Il flauto nel bosco, Milano, Treves, 1923; 1928; Novelle – IV, Nuoro, Ilisso, 1996]. Dio e il diavolo, «Novella», Milano, III (ottobre 1921) [in Il flauto nel bosco, Milano, Treves, 1923; 1928; Novelle – IV, Nuoro, Ilisso, 1996]. Un dramma, «Novella», Milano, III (dicembre 1921) [in Il flauto nel bosco, Milano, Treves, 1923; 1928; Novelle – IV, Nuoro, Ilisso, 1996]. La grazia [dramma pastorale in tre atti], Milano, Ricordi, 1921. Il cane, «Le Cronache d’Italia», Roma, I (1922), 5-6 [in Il flauto nel bosco, Milano, Treves, 1923; 1928; «Il Convegno», Cagliari, XVI (1 luglio – 31 agosto 1963), 7-8; Novelle – IV, Nuoro, Ilisso, 1996]. Il cipresso, «Novella», Milano, V (1 gennaio 1923) 1 [in Il flauto nel bosco, Milano, Treves, 1923; 1928; Novelle – IV, Nuoro, Ilisso, 1996]. Lo stracciaiolo del bosco, «La Lettura», Milano, XIII (gennaio 1923), 1 [«La Lettura», Milano, XXII (gennaio 1932), 1; in Sole d’estate, Mila- no, Treves, 1933; Romanzi e novelle – V, Milano, Mondadori, 1969; Novelle – VI, Nuoro, Ilisso, 1996]. Il flauto nel bosco [Poveri, Brindisi, Il flauto nel bosco, Un dramma, I beni della terra, Il toro, La madonnina degli involti, Vertice, Dio e il diavolo, L’agnello pasquale, L’anello che rende invisibili, Tregua, Domani, Giusti- zia divina, Il cane impiccato, Il tesoro, I due, La lettera, Amicizia, One- sto, Il nostro giardino, Dichiarazioni, Discesa dalle nuvole, Cura, Carbo- ne fossile, Il cipresso, Il cane], Milano, Treves, 1923 [Milano, Treves, 1928; Novelle – IV, Nuoro, Ilisso, 1996]. Il tesoro degli zingari, «Il Corriere della Sera», Milano, 30 aprile 1924 [in Il sigillo d’amore, Milano, Treves, 1926; 1929; Romanzi e novelle – III, Milano, Mondadori, 1959; Il tesoro degli Zingari e altre novelle, Mila- no, Edizioni Scolastiche Mondadori, 1973; Ferro e fuoco, Nuoro, Il Maestrale, 1995; Novelle – IV, Nuoro, Ilisso, 1996]. A sinistra, in «La Donna Italiana», Roma, I (1924) [in appendice al romanzo La danza della collana, Milano, Treves, 1924]. Piccolina, «Novella», Milano, VI (maggio 1924) [in Il sigillo d’amore, Milano, Treves, 1926; 1929; Romanzi e novelle – III, Milano, Monda- dori, 1959; Novelle – IV, Nuoro, Ilisso, 1996]. Bibliografia 67

Cura dell’amore, «Il Secolo XX», Milano, giugno 1924 [in Il sigillo d’a- more, Milano, Treves, 1926; 1929; Romanzi e novelle – III, Milano, Mondadori, 1959; Novelle – IV, Nuoro, Ilisso, 1996]. Ecce Homo, «Il Giornale d’Italia», Roma, 14 dicembre 1924 [in Il sigillo d’amore, Milano, Treves, 1926; 1929; Romanzi e novelle – III, Milano, Mondadori, 1959; Ferro e fuoco, Nuoro, Il Maestrale, 1995; Novelle – IV, Nuoro, Ilisso, 1996]. La sedia, «Novella», Milano, VI (1924), 12, [in Il sigillo d’amore, Milano, Treves, 1926; 1929; Romanzi e novelle – III, Milano, Mondadori, 1959; Novelle – IV, Nuoro, Ilisso, 1996]. Il padrone del cavallo, «Le Grandi Firme», Torino, II (1 febbraio 1925). La rivale, «Le Grandi Firme», Torino, II (1925) [in Il sigillo d’amore, Milano, Treves, 1926; 1929; Romanzi e novelle – III, Milano, Monda- dori, 1959; Novelle – IV, Nuoro, Ilisso, 1996]. Lo spirito dentro la capanna, «Novella», Milano, VII (1925), 12, [in Il sigillo d’amore, Milano, Treves, 1926; 1929; Romanzi e novelle – III, Milano, Mondadori, 1959; Novelle – IV, Nuoro, Ilisso, 1996]. Il segreto dello zio Dionisio, «Il Secolo XX», Milano, 1 gennaio 1926. Ritratto di contadina, «Il Corriere della Sera», Milano, 26 gennaio 1926 [Annalena Bilsini, Milano, Treves, 1927]. Il leone, «Il Secolo XX», Milano, 28 marzo 1926 [in Il sigillo d’amore, Milano, Treves, 1926; Milano, Treves, 1929; Romanzi e novelle – III, Milano, Mondadori, 1959; Novelle – IV, Nuoro, Ilisso, 1996]. Il sigillo, «Il Secolo XX», Milano, 11 aprile 1926. I morti, «Il Secolo XX», Milano, 6 maggio 1926. Il fidanzato scomparso, «La Nuova Antologia», Roma, LXI (16 luglio 1926), 326, fasc. 1303 [Roma, La Nuova Antologia, 1926; in La casa del poeta, Milano, Treves, 1930; Romanzi e novelle – V, Milano, Mon- dadori, 1969; Novelle – V, Nuoro, Ilisso, 1996]. La sciabica, «Il Secolo XX», Milano, 15 agosto 1926 [in Il dono di Nata- le, Milano, Treves, 1930; Milano, Mondadori, 1956; Novelle – V, Nuoro, Ilisso, 1996]. L’arco della finestra, «Il Secolo XX», Milano, 14 novembre 1926 [in La vigna sul mare, Milano-Roma, Treves-Treccani-Tumminelli, 1932; Romanzi e novelle – III, Milano, Mondadori, 1959; Novelle – V, Nuoro, Ilisso, 1996]. L’aquila, «Il Secolo XX», Milano, 7 dicembre 1926 [in La casa del poeta, Milano, Treves, 1930; Romanzi e novelle – V, Milano, Mondadori, 1969; Novelle – V, Nuoro, Ilisso, 1996]. 68 IL RITORNO DEL FIGLIO

Il sigillo d’amore [Il portafoglio, A cavallo, Deposizione, La rivale, La sedia, La terrazza fiorita di rose, La palma, La tartaruga, Uccelli di nido, Cura dell’amore, Un pezzo di carne, Ecce homo, Il nome del fiume, Biglietto per conferenza, Piccolina, Il nemico, Il tesoro degli zingari, Viali di Roma, Il vivo, Il pastore di anatre, Il figlio del toro, Lo spirito dentro la capanna, La prima confessione, Il leone, Acquaforte, Strade sbagliate, Mattino di giugno, Il sigillo d’amore], Milano, Treves, 1926 [Milano, Treves, 1929; Romanzi e novelle – III, Milano, Mondadori, 1959; Novelle – IV, Nuoro, Ilisso, 1996]. I figli del signor Forni, Palermo, coll. «Per il mondo piccino», Palermo, 1927. Le trecce di seta, Palermo, coll. «Per il mondo piccino», Palermo, 1927. Il ritorno di Luca, «Il Secolo XX», Milano, XXVI (1927), 7. Cose del mondo, «Le Seduzioni», Torino, 1927 [con il titolo La sorgente in La casa del poeta, Milano, Treves, 1930; Romanzi e novelle – V, Mila- no, Mondadori, 1969; Novelle – V, Nuoro, Ilisso, 1996]. Il voto [diversa dalla novella omonima pubblicata nella raccolta Il fan- ciullo nascosto, Milano, Treves, 1915], «Il Giornalino della Domenica», Firenze, XV (29 maggio 1927), 21 [in Il dono di Natale, Milano, Tre- ves, 1930; Novelle – V, Nuoro, Ilisso, 1996]. Il cieco di Gerico, «La Nuova Antologia», Roma, 333, fasc. 1332, 16 set- tembre 1927 [Roma, La Nuova Antologia, 1927; in La casa del poeta, Milano, Treves, 1930; Romanzi e novelle – V, Milano, Mondadori, 1969; Novelle – V, Nuoro, Ilisso, 1996]. Viaggio di nozze, «La Lettura», Milano, 2, 1 febbraio 1928 [è diversa dalla novella omonima pubblicata in «Sardegna Artistica» il 23 luglio del 1893]. Tramonto, «Il Corriere della Sera», Milano, 12 settembre 1928 [dal romanzo Stella d’Oriente, Cagliari, Tipografia dell’Avvenire di Sarde- gna, 1891]. Il gallo di montagna, «Il Corriere della Sera», Milano, 19 agosto 1929 [in La vigna sul mare, Milano-Roma, Treves-Treccani-Tumminelli, 1932; Romanzi e novelle – III, Milano, Mondadori, 1959; Novelle – V, Nuoro, Ilisso, 1996]. Tramonti, «Il Corriere della Sera», Milano, 12 ottobre 1929 [in La casa del poeta, Milano, Treves, 1930; Romanzi e novelle – V, Milano, Mon- dadori, 1969; Novelle – V, Nuoro, Ilisso, 1996]. Il sesto senso, «Il Corriere della Sera», Milano, 6 novembre 1929 [in La vigna sul mare, Milano-Roma, Treves-Treccani-Tumminelli, 1932; Bibliografia 69

Romanzi e novelle – III, Milano, Mondadori, 1959; Novelle – V, Nuoro, Ilisso, 1996]. Denaro, «Il Corriere della Sera», Milano, 26 novembre 1929 [in La casa del poeta, Milano, Treves, 1930; Romanzi e novelle – V, Milano, Mon- dadori, 1969; Novelle – V, Nuoro, Ilisso, 1996]. La principessa, «Il Corriere della Sera», Milano, 2 marzo 1930 [con il titolo Il rifugio, «L’Illustrazione Italiana», Milano, dicembre 1930; in La vigna sul mare, Milano-Roma, Treves-Treccani-Tumminelli, 1932; Romanzi e novelle – III, Milano, Mondadori, 1959; Novelle – V, Nuoro, Ilisso, 1996]. La Roma nostra, «Il Corriere della Sera», Milano, 21 giugno 1930 [in La casa del poeta, Milano, Treves, 1930; Romanzi e novelle – V, Milano, Mondadori, 1969; Novelle – V, Nuoro, Ilisso, 1996]. I primi passi, «Il Corriere della Sera», Milano, 29 giugno 1930 [in La vigna sul mare, Milano-Roma, Treves-Treccani-Tumminelli, 1932; con il titolo Il primo passo, Firenze, Nemi, 1937; Romanzi e novelle – III, Milano, Mondadori, 1959; con il titolo Il primo passo parzialmente in Versi e prose giovanili, Milano, Virgilio, 1972; Novelle – V, Nuoro, Ilis- so, 1996]. Filosofo in bagno, «Il Corriere della Sera», Milano, 30 novembre 1930 [in La vigna sul mare, Milano-Roma, Treves-Treccani-Tumminelli, 1932; Romanzi e novelle – III, Milano, Mondadori, 1959; Novelle – V, Nuoro, Ilisso, 1996]. Voli, «Il Corriere della Sera», Milano, 25 dicembre 1930 [in La vigna sul mare, Milano-Roma, Treves-Treccani-Tumminelli, 1932; Romanzi e novelle – III, Milano, Mondadori, 1959; Novelle – V, Nuoro, Ilisso, 1996]. La casa del poeta [Il fidanzato scomparso, Il bacio del gobbino, La leggenda di Aprile, La promessa, Il sicario, Battesimi, La casa del poeta, Famiglie povere, Vetrina di gioielliere, Feriti, Storia di un cavallo, Cose che si rac- contano, Borse, L’aquila, Il lupo nel baule, Pace, Il terzo, Denaro, Tra- monti, L’amico, La sorgente, Il cieco di Gerico, Compagnia, La morte della tortora, Semi, La Roma nostra, La nostra orfanella, La fortuna, La ghirlanda dell’anno], Milano, Treves, 1930 [Romanzi e novelle – V, Milano, Mondadori, 1969; Novelle – V, Nuoro, Ilisso, 1996; Novelle – V, Nuoro, Ilisso, 1996]. Il dono di Natale [Il dono di Natale, Comincia a nevicare, Forse era meglio…, L’anellino d’argento, La casa della luna, Il pane, Il cestino dello zibibbo, Il voto, Mirella, Il pastorello, La storia della Checca, Il mio 70 IL RITORNO DEL FIGLIO

padrino, I ladri, Chi la fa l’aspetti, La fanciulla di Ottàna, Il vecchio Moisè, La sciabica], Milano, Treves, 1930 [Milano, Mondadori, 1956; Novelle – V, Nuoro, Ilisso, 1996]. I diavoli nel quartiere, «Il Corriere della Sera», Milano, 116, 15 maggio 1931 [in Sole d’estate, Milano, Treves, 1933; Milano, Garzanti, 1940; Romanzi e novelle – V, Milano, Mondadori, 1969; Novelle – VI, Nuoro, Ilisso, 1996]. Nidi, «Il Corriere della Sera», Milano, 9 giugno 1931. Il piccione, «Il Corriere della Sera», Milano, 6 luglio 1931 [in La vigna sul mare, Milano-Roma, Treves-Treccani-Tumminelli, 1932; Romanzi e novelle – III, Milano, Mondadori, 1959; Novelle – V, Nuoro, Ilisso, 1996]. Retroscena del mestiere, «La Nuova Antologia», Roma, 16 ottobre 1931 [con il titolo Elzeviro d’urgenza in Sole d’estate, Milano, Treves, 1933; Milano, Garzanti, 1940; Romanzi e novelle – V, Milano, Mondadori, 1969; Novelle – VI, Nuoro, Ilisso, 1996]. Inverno precoce, «Il Corriere della Sera», Milano, 17 ottobre 1931 [in La vigna sul mare, Milano-Roma, Treves-Treccani-Tumminelli, 1932; Romanzi e novelle – III, Milano, Mondadori, 1959; Novelle – V, Nuoro, Ilisso, 1996]. Tesori nascosti, «Pegaso», Firenze, III (novembre 1931), 10 [in La vigna sul mare, Milano-Roma, Treves-Treccani-Tumminelli, 1932; Romanzi e novelle – III, Milano, Mondadori, 1959; Novelle – V, Nuoro, Ilisso, 1996]. Racconti a Grace, «Il Corriere della Sera», Milano, 11 novembre 1931 [in La vigna sul mare, Milano-Roma, Treves-Treccani-Tumminelli, 1932; Romanzi e novelle – III, Milano, Mondadori, 1959; Novelle – V, Nuoro, Ilisso, 1996]. L’avventore, «Il Corriere della Sera», Milano, 25 dicembre 1931 [in La vigna sul mare, Milano-Roma, Treves-Treccani-Tumminelli, 1932; Romanzi e novelle – III, Milano, Mondadori, 1959; Novelle – V, Nuoro, Ilisso, 1996]. Son Giaffà o non Giaffà?, «Giaffà», Palermo, Sandron, 1931. Ultime avventure di Giaffà?, «Giaffà», Palermo, Sandron, 1931. Il tappeto, «Il Corriere della Sera», Milano, 24 febbraio 1932 [in Sole d’e- state, Milano, Treves, 1933; Milano, Garzanti, 1940; Romanzi e novel- le – V, Milano, Mondadori, 1969; Novelle – VI, Nuoro, Ilisso, 1996]. La Madonna del topo, «Il Corriere della Sera», Milano, 16 marzo 1932 Bibliografia 71

[in Sole d’estate, Milano, Treves, 1933; Milano, Garzanti, 1940; Romanzi e novelle – V, Milano, Mondadori, 1969; Novelle – VI, Nuoro, Ilisso, 1996]. La vigna sul mare [Il rifugio, Tesori nascosti, La vigna sul mare, La donna nella torre, Festa nel convento, Il vestito di seta cangiante, Il piccione, Natura in fiore, Giochi, Voli, Il gallo di montagna, Mezza giornata di lavoro, L’arco della finestra, Filosofo in bagno, Il sogno di San Leo, L’av- ventore, La casa del rinoceronte, La zizzania, Racconti a Grace, I primi passi, Partite, Il segreto di Mossiù Però, Il sesto senso, Contratto, Inverno precoce, Ritorno in città], Milano-Roma, Treves-Treccani-Tumminelli, 1932 [Romanzi e novelle – III, Milano, Mondadori, 1959; Novelle – V, Nuoro, Ilisso, 1996]. Sole d’estate [Bonaccia, Cinquanta centesimi, Lo spirito della madre, Luna settembre, Una creatura piange, Il vestito nuovo, Il moscone, Caccia all’uomo, Occhi celesti, Scherzi di primavera, La Madonna del topo, L’o- spite, Leone o faina, I diavoli nel quartiere, Nozze d’oro, La tomba della lepre, Storia d’una coperta, L’anello di platino, Elzeviro d’urgenza, Lo stracciaiolo nel bosco, Il tappeto, La chiesa nuova, La grazia, Numeri, Théros] Milano, Treves, 1933 [Milano, Garzanti, 1940; Romanzi e novelle – V, Milano, Mondadori, 1969; Novelle – VI, Nuoro, Ilisso, 1996]. L’uomo nel nuraghe, «Il Corriere della Sera», Milano, 214, 9 settembre 1934. Pane quotidiano, «Il Corriere della Sera», Milano, 12 agosto 1935. Agosto felice, «Il Corriere della Sera», Milano, 30 agosto 1935. Il primo volo, «Il Corriere della Sera», Milano, 19 settembre 1935 [Cosi- ma, Milano, Treves, 1936]. Festa in montagna, «Corriere della Sera», 11 novembre 1935 [in Cosima, Milano, Treves, 1936]. Pane casalingo, «Il Corriere della Sera», Milano, 19 gennaio 1936. L’esempio, «La Lettura», Milano, 3, marzo 1936 [in Il cedro del Libano, Milano, Garzanti, 1939; Novelle – VI, Nuoro, Ilisso, 1996]. L’angelo, «Il Corriere della Sera», Milano, 11 aprile 1936 [in Il cedro del Libano, Milano, Garzanti, 1939; Romanzi e novelle – V, Milano, Mon- dadori, 1959; Novelle – VI, Nuoro, Ilisso, 1996]. Il segno, «Scena Illustrata», Firenze, 51 (1-15 luglio 1936), 7. Il gatto nero, «Il Corriere della Sera», Milano, 17 ottobre 1936. L’infuso magico, «La Nuova Antologia», Roma, 1 maggio 1938. 72 IL RITORNO DEL FIGLIO

Cedro del Libano [Il giuoco dei poveri, Cuori semplici, Vecchi e giovani, La gracchia, Ferro e fuoco, Trasloco, Caccia all’anatra, Il camino, L’uccello d’oro, L’esempio, Il posto, Vento di marzo, La mia amica, La statuetta di sughero, La melagrana, Agosto felice, Nel mulino, La fuga di Giuseppe, La lettera, Ornello, Sotto il pino, Il gallo, Il signore della pensione, Il cedro del Libano, Ballo in costume, Forze occulte, Le bestie parlano, L’angelo, I guardiani, Via cupa, Medicina popolare], Milano, Garzanti, 1939 [Novelle – VI, Nuoro, Ilisso, 1996]. Agosto felice [diversa rispetto alla novella omonima pubblicata, in «Il Cor- riere della Sera», Milano, 30 agosto 1935], in Cedro del Libano, Mila- no, Garzanti, 1939 [Novelle – VI, Nuoro, Ilisso, 1996]. Vecchia leggenda musicale, in Onoranze a Grazia Deledda, a c. di M. Ciusa Romagna, Nuoro, 1959. Sardegna mia, «Il Convegno», Cagliari, I (1 luglio – 31 agosto 1946), 7- 8; 1959; 1963. Di me stessa [autobiografia], «Il Convegno», Cagliari, XVI (1 luglio – 31 agosto 1963), 7-8. Il cane e il pettirosso, «Il Convegno», Cagliari, XVI (1 luglio – 31 agosto 1963), 7-8. Il morto e la vedova, «Il Convegno», Cagliari, XVI (1 luglio – 31 agosto 1963), 7-8. L’usignolo, «Il Convegno», Cagliari, XVI (1 luglio – 31 agosto 1963), 7- 8. Noemi, «Il Convegno», Cagliari, XVI (1 luglio – 31 agosto 1963), 7-8 [dal romanzo Canne al vento, Milano, Treves, 1913]. Solitudine, «Il Convegno», Cagliari, XVI (1 luglio – 31 agosto 1963), 7- 8 [dal romanzo Colombi e sparvieri, «Nuova Antologia», Roma, 241- 241 (1 gennaio-1 marzo 1912)]. Vittoria, «Il Convegno», Cagliari, XVI (1 luglio – 31 agosto 1963), 7-8 [dal romanzo Le colpe altrui, Milano, Treves, 1914]. Bibliografia 73

BIBLIOGRAFIA CRITICA

Qui forniamo una bibliografia essenziale relativa alla critica sull’opera di Grazia Deledda: CAPUANA L., Gli «ismi» contemporanei: verismo, simbolismo, idealismo, cosmopolitismo ed altri saggi di critica letteraria ed artistica, Catania, Giannotta, 1898 [a c. di G. Luti, Milano, Fratelli Fabbri, 1973]. BONGHI R., Prefazione a Anime oneste, Milano, Cogliati, 1895 [Milano, Cogliati, 1896; Milano, Treves, 1910; Milano, Garzanti, 1940]. BORGESE G.A., La vita e il libro: saggi di letteratura e di cultura contem- poranee, Torino, F.lli Bocca, 1910-1913 [Bologna, Zanichelli, 1923]. SERRA R., Le Lettere, Roma, Bontempelli, 1914 [Roma, Soc. Ed. La Voce La Voce, 1920; a c. di M. Biondi, Milano, Longanesi, 1974; in Scrit- ti letterari, morali e politici, Torino, Einaudi, 1974; a c. di A. Palermo, Atripalda, Mephite, 2004]. BALDINI A., Salti di gomitolo, Firenze, Vallecchi, 1920; Un romanziere con le carte in regola, «L’Illustrazione Italiana», Milano, 1923 [«Il Conve- gno» (1963), 7-8]; Prefazione a Cosima, Milano, Treves, 1937; Richia- mo alla Deledda, «Fiamma», Milano, maggio-giugno 1945; Laborato- rio, «La Fiera Letteraria», Milano, 29 agosto 1946. PANCRAZI P., Donne e buoi dei paesi tuoi, Firenze, Vallecchi, 1934; I due tempi della Deledda, in Ragguagli di Parnaso, 1918-1922, Bari, Later- za, 1940 [in Ragguagli di Parnaso, 1918-1922, Bari, Laterza, 1941; 1943; a c. di C. Galimberti, Milano-Napoli, Ricciardi, 1967]. MOMIGLIANO A., Storia della letteratura italiana, Milano-Messina, Prin- cipato, 1936; Intorno a Grazia Deledda, e Lettere e note autobiografiche, in Ultimi studi, Firenze, La Nuova Italia, 1954. FALCHI L., L’opera di Grazia Deledda, Milano, La Prora, 1937. DE MICHELIS E., Grazia Deledda e il decadentismo, Firenze, La Nuova Italia, 1938; Introduzione a G. DELEDDA, Opere scelte, Mondadori, Milano 1964; Riassunto della Deledda, in Novecento e dintorni dal Car- ducci al neorealismo, Milano, Mursia, 1976. CECCHI E., Introduzione a Romanzi e novelle, Milano, Mondadori, 1941; Grazia Deledda, in Ritratti e profili: saggi e note di letteratura italiana, Garzanti, Milano 1957; in Prosatori e narratori, in Storia della lettera- tura italiana. Il Novecento, Milano, Garzanti, 1967. RONCARATI L., L’arte di Grazia Deledda, Firenze, D’Anna, 1949. 74 IL RITORNO DEL FIGLIO

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DE GIOVANNI Neria, Come leggere «Canne al vento» di Grazia Deledda, Milano, Mursia, 1993; (a c. di), Religiosità, fatalismo e magia in Gra- zia Deledda, Milano, San Paolo, 1999. ZAMBON P., Letteratura e stampa nel secondo Ottocento, Alessandria, Edi- zioni dell’Orso, 1993. PICKERING-IAZZI R., The Politics of Gender and Genre in Italian Women’s Autobiographyof the Interwar Years, in «Italica», LXXI (1994), 2. SANGUINETTI-KATZ G., Immagini e strutture di un racconto della Deled- da, in «Quaderni d’Italianistica», XV (1994), 1-2; La scoperta dell’i- dentità femminile nel romazo «Cosima» di Grazia Deledda, in «Rivista di Studi italiani», XII (1994), 1. RASY E., Ritratti di signora, Milano, Rizzoli, 1995. WOOD Sh., Italian Women’s Writing 1860-1994, London, Athlone, 1995. KOZMA J., Grow up! Grazia Deledda's Adult - Adolescent Males of Arrested Maturation, in «Annali d’Italianistica», XV (1997), 15. MARROCU L., «Ma consideri che io sono una piccola selvaggia». Nota di bio- grafia deleddiana, in «Problemi», XXX (1998), 112. LEONE G., Nuove note di critica letteraria. Della Casa Leopardi Nievo Capuana Deledda Bacchelli Pomilio e altro, Salerno, Avagliano, 2000. PODDIGHE G. M., Metamorfosi del testo in due romanzi di Grazia Deled- da, in AA. VV., La lotta con Proteo: metamorfosi del testo e testualità della critica, Firenze, Cadmo, 2000. Tra i contributi di testi relativi alle celebrazioni deleddiane si ricordano: numero unico di «Il Convegno», Cagliari, I, 7-8, luglio-agosto 1946; Onoranze a Grazia Deledda (a c. di Mario Ciusa Romagna), Nuoro, 1959; numero unico di «Ichnusa», Sassari, Gallizzi, n. 1-11, 1951; Atti del Convegno nazionale di studi deleddiani, Cagliari, Fossataro, 1974; Atti del Convegno promosso dall’Istituto della Enciclopedia Italiana, Grazia Deledda. Biografia e romanzo (Roma 19-20 giugno 1987), Ist. della Enc. Italiana, Roma 1988; Catalogo della mostra, Grazia Deledda-Biografia e romanzo, allestita nelle sale della Biblioteca Nazionale di Roma 18 giu- gno-19 luglio 1987, Istituto della Enciclopedia Italiana, Roma 1987; Grazia Deledda nella cultura sarda contemporanea. Atti del seminario di Studi su «Grazia Deledda e la cultura sarda fra '800 e'900», Nuoro 25-26- 27 settembre 1986 (a c. di U. Collu), voll. I-II, Cagliari, STEF, 1992; AA. VV., Grazia Deledda: ritorno a Galte, a c. di G. Zirottu, Galtellì (Nuoro), Amministrazione Comunale di Galtellì, 1994.

INDICE

Introduzione pag. IX

Il manoscritto LXV

Dal manoscritto alla stampa CIII

Nota al testo CXXVII

Il ritorno del figlio pag. 3

Bibliografia 51 Volumi pubblicati

SCRITTORI SARDI

1) Domenico Simon, Le piante, a cura di Giuseppe Marci 2) Francesco Ignazio Mannu, Su patriota sardu a sos feudatarios, a cura di Luciano Carta 3) Antonio Cano, Sa Vitta et sa Morte, et Passione de sanctu Gavinu, Prothu et Januariu, a cura di Dino Manca 4) Giuseppe Cossu, La coltivazione de’ gelsi e propagazione de’ filugelli in Sardegna, a cura di Giuseppe Marci 5) Proto Arca Sardo, De bello et interitu marchionis Oristanei, a cura di Maria Teresa Laneri 6) , L’autografo de Il giorno del giudizio, edizione critica a cura di Giuseppe Marci 7) Giuseppe Manno, Note sarde e ricordi, a cura di Aldo Accardo e Giuseppe Ricuperati, edizione del testo di Eleonora Frongia 8) Antonio Mura, Poesia ininterrompia e Campusantu marinu, a cura di Duilio Caocci 9) Giovanni Saragat, Guido Rey, Alpinismo a quattro mani, a cura di Giuseppe Marci 10) Giuseppe Todde, Scritti economici sulla Sardegna, edizione delle opere a cura di Pietro Maurandi, testo a cura di Tiziana Deonette 11) Giovanni Delogu Ibba, Index libri vitae, a cura di Giuseppe Marci 12) Predu Mura, Sas poesias d’una bida, nuova edizione critica a cura di Nicola Tanda con la collaborazione di Raffaella Lai 13) Francisco de Vico, Historia general de la Isla y Reyno de Sardeña (7 voll.), a cura di Francesco Manconi, edizione di Marta Galiñanes Gallén 14) Vincenzo Sulis, Autobiografia, edizione critica a cura di Giuseppe Marci, introduzione e note storiche di Leopoldo Ortu 15) Antonio Purqueddu, De su tesoru de sa Sardigna, a cura di Giusep- pe Marci 16) Sardus Fontana, Battesimo di fuoco, prefazione di Aldo Accardo, introduzione di Giuseppina Fois, edizione del testo a cura di Eleo- nora Frongia 17) Andrea Manca Dell’Arca, Agricoltura di Sardegna, a cura di Giusep- pe Marci 18) Pietro Antonio Leo, Di alcuni antichi pregiudizii sulla così detta sarda intemperie e sulla malattia conosciuta con questo nome lezione fisico-medica, a cura di Giuseppe Marci, presentazione di Alessandro Riva e Giuseppe Dodero, profilo biografico di Pietro Leo Porcu 19) Sebastiano Satta, Leggendo ed annotando, edizione critica a cura di Simona Pilia 20) Il carteggio Farina - De Gubernatis (1870-1913), edizione critica a cura di Dino Manca 21) Giovanni Arca, Barbaricinorum libelli, a cura di Maria Teresa Lane- ri, saggio introduttivo di Raimondo Turtas 22) Antonio Baccaredda, Vincenzo Sulis. Bozzetto storico, a cura di Simo- na Pilia, introduzione di Giuseppe Marci 23) Giovanni Saragat, Guido Rey, Famiglia alpinistica. Tipi e paesaggi, a cura di Giuseppe Marci, introduzione di Giuseppe Garimoldi 24) Efisio Marcialis, Vocabolari, a cura di Eleonora Frongia

TESTI E DOCUMENTI

1) Il libro sardo della confraternita dei disciplinati di Santa Croce di Nuoro (XVI sec.), a cura di Giovanni Lupinu 2) Il Condaghe di Santa Maria di Bonarcado, a cura di Maurizio Virdis 3) Il Condaghe di San Michele di Salvennor, a cura di Paolo Manin- chedda e Antonello Murtas 4) Il Registro di San Pietro di Sorres, introduzione storica di Raimondo Turtas, edizione critica a cura di Sara Silvia Piras e Gisa Dessì 5) Innocenzo III e la Sardegna, a cura di Mauro G. Sanna 6) Il Vangelo di San Matteo voltato in logudorese e cagliaritano, a cura di Brigitta Petrovszki Lajszki e Giovanni Lupinu 7) Il Condaghe di San Gavino, a cura di Giuseppe Meloni 8) I Malaspina e la Sardegna, a cura di Alessandro Soddu