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Visualizza/Apri Indice Premessa P. 3 Introduzione. L‟Officina de I Viceré P. 9 Note editoriali P. 59 Lettere P. 63 Bibliografia P. 230 Ringraziamenti P. 246 2 Premessa Punto di convergenza tra vita pubblica e vita privata gli epistolari moderni sono considerati ormai fonti imprescindibili di dati e informazioni utili a ricostruire la biografia degli uomini di cultura e il loro rapporto con la società coeva. A essi è dunque riconosciuta, a tutti gli effetti, l‘appartenenza a quel patrimonio culturale che va tutelato e valorizzato poiché latore della nostra identità e del nostro passato; per questo anche gli epistolari possono ormai considerarsi «testimonianze materiali aventi valore di civiltà»1, come altri beni materiali oggetto di tutela. Nondimeno, essi presentano intrinseche criticità: nascono solitamente come forme private di comunicazione e solo raramente gli stessi destinatari o mittenti hanno provveduto a un ordinamento del materiale. E, tuttavia, il contributo che essi possono offrire nel tratteggiare la personalità intellettuale degli scriventi ha accordato sempre maggior fortuna alla pubblicazione dei carteggi, così come dei diari. Un‘ulteriore difficoltà è rappresentata dal fatto che essi sono naturalmente documenti dispersi, divisi in fondi, e la ricostruzione e insieme la tutela dei diversi carteggi che compongono l‘epistolario di un individuo risultano difficoltose. A tali difficoltà, scaturenti dalla natura di tali documenti, si aggiungono quelle di chi è preposto alla loro tutela e valorizzazione, infatti, la fruizione del materiale cartaceo è mediata dagli istituti che lo custodiscono e in seconda battuta dagli studiosi che lo analizzano: così la memoria culturale di cui sono portatori è oggetto di un ordinamento e spesso di una selezione di documenti che segue diversi criteri e metodologie. I principi che dovrebbero indirizzare la pubblicazione degli epistolari moderni sono stati oggetto di studi sin dalla fine degli anni Sessanta, soprattutto grazie alla riflessione 1 Commissione Franceschini (1964). La Franceschini fu la prima in Italia a occuparsi di definire in modo coerente un ―bene culturale‖. Per quanto concerne invece il settore specifico di questa ricerca si rimanda a M. B. Bertini, La conservazione dei beni archivistici e librari: prevenzioni e piani di emergenza, Carocci, Roma, 2005; R. de Benedittis, I censimenti, in Gli strumenti archivistici. Metodologia e dottrina, Atti del Convegno di Rocca di Papa (21-23 maggio 1992), in «Archivi per la storia», VII, 1, 1994, pp. 13-21. 3 stimolata da alcuni congressi internazionali.2 Tuttavia, essi presentano alcune criticità. Innanzitutto vi sono difficoltà di ordine pratico che riguardano la scelta di pubblicare o meno i carteggi nella loro interezza, soprattutto se in edizioni cartacee i cui volumi e costi sono spesso destinati a lievitare a fronte di un mercato poi molto esiguo. Vi sono inoltre perplessità di carattere etico, potremmo dire, che riguardano il rischio di indulgere, all‘inseguimento della accuratezza della documentazione, in una qualche forma di voyerismo. Federico De Roberto è stato uno dei più celebri e rappresentativi scrittori italiani del tardo Ottocento e del primo Novecento, noto al vasto pubblico soprattutto per il romanzo I Viceré ma autore di una vastissima mole di opere che testimoniano la sua inappagabile curiosità, il suo eclettismo, la straordinaria capacità analitica esercitata sulla società coeva, sulla storia, sugli individui e non da ultimo su se stesso. Tuttavia a fatica e solo dopo un lungo cammino di riscoperta lo scrittore è riuscito a liberarsi dal giudizio negativo espresso dagli studiosi del primo Novecento3. Fondamentale in tal senso fu il lavoro di Natale Tedesco che con il volume monografico La norma del negativo. De Roberto e il realismo analitico (Palermo, Sellerio 1981) aprì la strada a una nuova stagione della critica che, attraverso l‘analisi di opere ―minori‖, ha permesso di cogliere l‘evoluzione stilistica e linguistica della prosa derobertiana e ha evidenziato come «il cerebralismo e il criticismo di tanta parte della letteratura italiana del Novecento non è stato tenuto a battesimo da Luigi Pirandello, ma da De Roberto»4. Da tale stimolo germinò una felice stagione che vide De Roberto finalmente accolto nel Parnaso degli scrittori più rappresentativi del suo tempo e che culminerà nel Convegno di Catania del 1994 promosso dalla Fondazione Verga e dedicato a I Viceré, nel centenario della prima edizione. Contemporaneamente non si estinse l‘interesse per la produzione minore; interesse dal quale scaturì un numero monografico degli Annali della Fondazione Verga sul De Roberto minimo (1995) e la costruzione del primo repertorio bibliografico completo a recensirne la produzione pubblicistica, critica, saggistica, storiografica, narrativa e drammaturgica. 2 Si ricordino almeno: E. D‘Auria (a cura di), Metodologia ecdotica dei carteggi. Atti del convegno internazionale di studi, Roma 23-25 ottobre 1980, Firenze, Le Monnier, 1989 e R. Chartier (a cura di), La correspondance. Les usage de la lettre au XIXème siecle, Paris, Fayard, 1991. 3 Da Renato Serra (Le Lettere, Roma, Bontempelli, 1914) a Benedetto Croce, che ne stroncò l‘opera dichiarando «che non illumina l‘intelletto come non fa mai battere il cuore» (Enrico Castelnuovo – Federico De Roberto - «Memini», in ―La critica‖, 37 del 29 luglio 1939). Decisiva risultò la bocciatura di Croce per il peso che ebbe sulla critica successiva. Infatti, solo dagli anni Sessanta in poi gli studiosi s‘interesseranno all‘opera derobertiana, con nuovi presupposti e liberi dalle ipoteche crociane, addentrandosi nella complessità dell‘intera produzione dello scrittore napoletano di nascita ma catanese d‘adozione. 4 N. Tedesco, La norma del negativo, Palermo, Sellerio, 1981, p. 18. 4 Del 1998 è il contributo di Antonio Di Grado che, con la ponderosa opera La vita, le carte, i turbamenti di Federico De Roberto gentiluomo (Catania, Fondazione Verga, 1998), segna la critica successiva e riaccende l‘interesse per il ciclo degli Uzeda attraverso inedite riflessioni sostenute dall‘analisi di tutta la produzione derobertiana e alla luce del dato biografico offerto da documenti autentici come il vasto epistolario conservato in primo luogo presso la Biblioteca Regionale Universitaria di Catania Giambattista Caruso. Le prime indicazioni di un consistente fondo di documenti derobertiani e, in particolare, di un corposo epistolario che comprendeva oltre duemila lettere, ma anche del manoscritto autografo de I Viceré oltre che di appunti e bozze di mano dell‘autore, giunsero dal ministero il primo giugno del 1970. Gli acquisti dei preziosi documenti non furono però immediati, anzi si protrassero lungo diversi anni: nel 1973 fu acquisito un primo voluminoso blocco epistolare, costituito da 3098 documenti tra lettere, cartoline e biglietti di De Roberto o di suoi corrispondenti; solo nel 1986 si conclusero le trattative, iniziate dal Professore Francesco Branciforti già nel 1978, e di cui la Soprintendenza si interessò a partire dal 1983, per l‘ottenimento della redazione manoscritta definitiva de I Viceré; nel 1991 furono, invece, acquistati la redazione del romanzo conclusa nell‘ottobre del 1892, poi revisionata, e una redazione di Spasimo (dato alle stampe nel 1897) e, per ciò che concerne l‘epistolario, le numerosissime lettere scambiate con la famiglia e le più importanti amanti.5 Più recente l'acquisizione di alcune lettere, già in parte note, di Verga, Capuana e De Roberto battute all'asta da Bolaffi nel 2012 e ottenute dalla Regione Sicilia per confluire poi nei rispettivi Fondi della Biblioteca Regionale Universitaria di Catania. È, dunque, sin dagli anni Cinquanta, ma soprattutto dalla fine degli anni Settanta, grazie al lavoro di recupero da parte delle istituzioni, che gli studiosi hanno rivolto un interesse crescente verso l‘epistolario di Federico De Roberto, pubblicandone ampi stralci o interi carteggi, consapevoli di quanto esso potesse rivelarsi strumento prezioso nella ricostruzione della personalità intellettuale dello scrittore.6 5 Per una dettagliata ricostruzione della campagna di acquisizioni e delle condizioni del fondo, oltre che dei criteri con i quali si è proceduto, e tuttora si procede, alla sua catalogazione cfr. S. Bosco, …fare ordine in questa follia, in L‟Arte è il supremo inganno. Omaggio a De Roberto nel 150° dalla nascita. Autografi in mostra. Catania 19 dicembre 2011 – 15 febbraio 2012, a cura di S. Bosco, Catania, Il Girasole Edizioni, 2012, pp. 13-14. 6 In una vastissima bibliografia, vorrei qui ricordare almeno la pubblicazione di alcune porzioni del prezioso carteggio con Capuana segmentato tra volumi e riviste, rimandando alla Bibliografia della presente Tesi per ulteriori riferimenti: Luigi Capuana. Vita – Amicizie – Relazioni letterarie, a cura di C. De Blasi, Mineo, Edizioni ―Biblioteca Capuana‖, 1954; Lettere di Giovanni Verga e Luigi Capuana a Federico De Roberto, in Verga, De Roberto, Capuana, Celebrazioni bicentenarie Biblioteca Universitaria 1755-1955. Catalogo della mostra, a cura di A. Ciavarella, Catania, Giannotta, maggio-giugno1955; Carteggio inedito Capuana-De Roberto, in ―Galleria‖, numero unico dedicato a Federico De Roberto, a cura di S. Zappulla Muscarà, XXXI, Gennaio-Agosto 1981, 1-4; Il sodalizio capuana-De Roberto in un carteggio inedito (1881-1901), a cura di 5 In De Roberto la vita, le nevrosi, gli amori alimentano la produzione narrativa e saggistica. 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