DOCUMENTO PRELIMINARE AL PIANO STRUTTURALE DELLA PROVINCIA DI POTENZA

SEZIONE 2: - IL QUADRO CONOSCITIVO: LO STATO DELL’ARTE

Sezione2 - Il quadro conoscitivo: lo stato dell’arte 29

La SEZIONE 2 presenta la documentazione di base per la formazione del PSP, assunta attraverso studi ad hoc svolti dall’Unità di Ricerca del DAPIT, individua le procedure di massima ed i tempi per eventuali completamenti alla scala a maggior denominatore (1:100.000 o 50:000), nonché gli approfondimenti da sviluppare a scala più ravvicinata (1:10.000). A questo riguardo, si propone il coinvolgimento degli altri Enti che su queste proposte potranno esprimersi sia in sede di incontri di lavoro che in sede di Conferenza di Pianificazione. Questa sezione è articolata secondo settori di studio disciplinarmente distinguibili, riferiti alle indicazioni di cui all’articolo 13, c2, lett. a) della LR 23/99 e rappresenterà, unita alle maggiori articolazioni previste per la CRS, alla quale deve fare riferimento (cfr. articolo 2 della stessa legge), un primo contributo alla costruzione del quadro dello stato dell’arte sulle conoscenze del territorio provinciale.

1. L’ESAME DEI DOCUMENTI DELLA FASE CONOSCITIVA GIÀ ATTUATA DALL’AMMINISTRAZIONE. LA VERIFICA DELLA ADATTABILITÀ AL SIT E LA INTEGRAZIONE CON DATI A CURA DEL DAPIT.

1.1 Il riordino dei dati cartografici di base Riferimenti metodologici e fonti informative Il lavoro di ricerca relativo all’individuazione ed alla conoscenza della struttura del Sistema Naturalistico Ambientale provinciale ha avuto il suo punto di partenza nell’acquisizione dei dati esistenti in riferimento alle risorse ambientali, alla loro qualità e consistenza, ed alla loro individuazione sul territorio: − geometrici, numerici, disegni, diagrammi, modelli digitali del terreno, immagini fotografiche, fotorilevate; − dati statistici economici e demografici tutti aventi come caratteristica unificante il fattore spaziale, al fine di ottenere una conoscenza integrata e coerente del sistema oggetto di studio.

Una parte dello studio del Sistema Naturalistico Ambientale si è avvalso di dati statistici dell’Istat, al fine di indagare, attraverso l’individuazione di variabili socio-economiche significative, la caratterizzazione del sistema insediativo e produttivo in relazione ad usi, potenzialità e rischi.

Per quello che riguarda la definizione e l’estensione territoriale del SNA, il sistema dei dati a disposizione, proviene in massima parte da fonti ufficiali della Regione , da documenti e carte della Provincia di Potenza e dagli studi prodotti dal DAPIT.

30 Documento Preliminare al P.S.P. di Potenza

Il quadro d’insieme è risultato essere composito e complesso, perché disomogeneo dal punto di vista della natura dell’informazione; in alcuni casi di difficile valutazione dal punto di vista dell’attendibilità; non sempre aggiornato e frammentario dal punto di vista della completezza della conoscenza territoriale.

Per quanto riguarda l’individuazione delle componenti fisiche del SNA e la loro distribuzione geografica, ci si è trovati di fronte ad un quadro problematico del sistema dei dati di riferimento, perché composto da informazioni di tipo descrittivo, da dati di natura metrica, da cartografie cartacee e da poche cartografie di tipo informatizzato e georeferenziato. Si è pertanto proceduto, attraverso l’acquisizione dell’insieme delle fonti documentarie e delle informazioni disponibili, al loro utilizzo ed elaborazione partendo dalla consultazione, dal confronto critico tra dati cartacei e dati informatizzati e da un controllo a campione attraverso l’uso delle ortofoto.

Dati cartografici Da circa dieci anni le leggi urbanistiche regionali iniziano ad introdurre, con diversi livelli di attenzione, il concetto di S.I.T nella disciplina urbanistica (Cipriano, 2002). La stessa legge urbanistica regionale della Basilicata, all’articolo 41, definisce esplicitamente il ruolo del SIT nella pianificazione nel seguente modo: “Il sistema informativo territoriale costituisce il riferimento conoscitivo fondamentale nella definizione degli strumenti di pianificazione territoriale ed urbanistica e di programmazione economico-territoriale […]”.

L’Italia è il paese europeo che mostra nel settore dell’informazione geografica, assieme alla Germania e all’Inghilterra, il più forte dinamismo di mercato di Hw e Sw, ma è anche quello, insieme alla Grecia e al Portogallo, dove si notano le maggiori difficoltà nel settore della ricerca e dello sviluppo. Ciò significa che vengono acquistate macchine e programmi senza sapere cosa farsene e senza sviluppare applicativi (Cavalcoli 2002). I liberi professionisti, cioè coloro che “fanno i piani”, si accontentano degli strumenti di mercato più docili, che offrono una buona rappresentazione grafica dei contenuti tradizionali dell’urbanistica: un buon CAD, con una buona interfaccia grafica, dotato, al massimo, di qualche funzione di calcolo (Cavalcoli 2002).

Il passaggio dal CAD al GIS Oggi di frequente capita di imbattersi in lavori dove si è utilizzato un software GIS allo stesso modo di un software di grafica vettoriale. L’uso dei sistemi di gestione dell’informazione geografica è spesso ancora visto come una sorta di applicativo da utilizzare quando il piano è già fatto, spesso solo per visualizzarlo sotto una bella veste, stamparlo, appenderlo alle pareti, facendo ingiallire il minuto mosaico di colori a cui corrispondono

Sezione2 - Il quadro conoscitivo: lo stato dell’arte 31 diritti, oneri, divieti, vincoli, interi apparati normativi, esplicitati in faldoni di norme depositate negli armadi. In questo caso il GIS è erroneamente visto come uno strumento che è al di fuori del processo di pianificazione, prevedendo l’acquisizione a posteriori dei dati cartacei. In Italia ci troviamo in una fase di transizione dal CAD verso il GIS, che porta ad un mutamento nei metodi di analisi del territorio; questo passaggio non sarà del tutto indolore se non si adotteranno tutte le procedure idonee per l’acquisizione dei dati e per il loro trattamento.

Fino a poco tempo fa, la digitalizzazione di dati cartacei in ambiente CAD era fondamentalmente finalizzata ad una veloce produzione di stampe e ad alla possibilità di effettuare rapide modifiche degli elaborati. Questo tipo di approccio finisce per associare alla voce del tematismo solo i retini, mentre i contorni appartengono casualmente ad un layer, senza quasi mai essere composti da polilinee chiuse. Questi sono i tipici problemi che si incontrano quando si migra da un approccio di tipo CAD ad uno di tipo GIS e sono ricorrenti nel periodo di evoluzione delle tecniche e di diffusione del GIS che stiamo attraversando.

Le operazioni tipiche da affrontare nel passaggio dal CAD al GIS possono essere schematizzate nelle seguenti quattro attività: − il riordino dei Layers: l’esperienza applicativa, anche nei settori del disegno tecnico e dell’architettura, dimostra come la gestione dei layers nella produzione in CAD sia spesso sottovalutata; va invece sostenuto il concetto che il disegno CAD è una forma di programmazione che deve seguire delle regole rigide di omogeneizzazione nella rappresentazione e nella denominazione dei Layers; − la chiusura delle polilinee e la creazione delle topologie: Il modello vettoriale si basa su un modello di rappresentazione fondato su entità geografiche, dette primitive geometriche, rappresentate graficamente da punti, linee e poligoni. Uno dei principi da seguire in maniera rigorosa se si intende esportare entità geografiche dall’ambiente CAD a quello GIS è quello di disegnare gli oggetti secondo queste primitive. Nella maggior parte dei casi ci si imbatte in contorni individuati dai retini, molte volte esplosi, dovendo, quindi, affrontare noiose e spesso inutili operazioni di correzione, di chiusura di poligoni e di costruzione delle topologie; − la georeferenziazione: per poter utilizzare le tecniche di overlay mapping e di map algebra è necessario collocare i dati, raster e vettoriali, spesso vaganti per lo spazio ed in scale disomogenee, in un sistema di riferimento cartografico secondo delle proiezioni in un sistema di coordinate;

32 Documento Preliminare al P.S.P. di Potenza

− il controllo dei dati: quando si parte da una base di dati con notevoli problemi di accuratezza e si affrontano una serie di correzioni spesso in automatico è necessario affrontare una fase di attento controllo dei risultati, incrociando i vari strati informativi ottenuti con documenti rigorosi come le cartografie ufficiali dell’ I.G.M.I e le ortofotocarte dell’AIMA.

La gran parte della pubblica amministrazione italiana, dopo essersi dotata di strumenti di base per la costruzione di Sistemi informativi territoriali (HW e SW), anche di grande sofisticazione, si scontra con la trasposizione di un quadro di dati di base largamente incompleto e non sistematico, entro un ambiente che a tale sistematicità non può rinunciare.

1.1.1 Il Sistema dei dati afferenti al Sistema Naturalistico Ambientale La schedatura dei dati L’avvio della fase di analisi e dell’implementazione di un SIT richiede, preliminarmente, una ricognizione dei dati disponibili o eventualmente da reperire. Questa prima fase va affrontata con la consapevolezza che si è ben lontani dall’aver costruito un vero SIT, ma che essa comunque rappresenta un passaggio indispensabile per la sua realizzazione.

A tale fine, si sono schedati e riportati in un file di Excel i dati forniti dalla Provincia e quelli presenti presso il DAPIT. Per tutti i dati presenti in formato informatico, presso la nostra sede e dopo la prima ricognizione, ad ogni nome del dato è stato associato un link contenente il percorso che consente, in automatico, la consultazione del dato sul nostro server; un server “clone” cioè con gli stessi percorsi, potrà essere fornito all’Ufficio di Piano della Provincia.

In particolare i dati sono stati preliminarmente così classificati:

− Grado di Importanza: si intende far riferimento alla priorità del dato rispetto alle analisi successive che si riferiscono al dato stesso; − Dati: in tale colonna si è riportato il dato disponibile; − Fonte: indica la provenienza del dato; − Anno: indica il periodo di elaborazione; − Tipo: in questo campo si riporta il formato del dato a disposizione; − Scala: si fa riferimento alla scala di rappresentazione del dato o alla scala di digitalizzazione dello stesso. − Coordinate: si riporta il sistema di riferimento adottato; poiché i dati fanno riferimento a due sistemi differenti, Gauss-Boaga o UTM33 o in alcuni casi non sono affatto georiferiti, si è scelto di uniformare il tutto e quindi di operare in UTM33.

Sezione2 - Il quadro conoscitivo: lo stato dell’arte 33

− File: indica il percorso in cui si trova il file. Al fine di facilitare l’accesso, si è attivato un collegamento ipertestuale; − Note: in questa colonna sono sintetizzate le informazioni utili che approfondiscono l’informazione riportata in modo conciso nei campi precedenti.

La cartografia in formato vettoriale

− Aree di Rispetto Legge 431/85 − Aree Soggette alla Legge Regionale 29/93 (siti da sottoporre a bonifica) − Aree Protette Nazionali e Regionali (L. 394/91) − Centri e Nuclei abitati ripresi dal Censimento 1991 − Confini Comunali − Carta geomorfologica − Carta litologica − Bacini Idrografici e Reticolo Idrografico − Oasi di Protezione faunistica − Riserve Naturali Demaniali (Demanio Regionale e proprietà gestione ex A.S.F.D.) − Siti di Interesse Comunitario, Nazionale e Regionale - Zone di Protezione Speciale (Progetto Natura 2000 Bioitaly) − Uso del suolo da Corine – Land Cover − Carta della viabilità − Vincolo Paesaggistico (Legge 1497/39)

La cartografia in formato raster

− 50.000 di fonte IGMI − ortofoto AIMA volo 2000 in scala 1:10.000 − Carta della sensibilità faunistica della Regione Basilicata − Carta delle vocazioni faunistiche della Regione Basilicata

La cartografia in formato cartaceo

− Carta della naturalità della Regione Basilicata − Carta delle diversità ambientali della Regione Basilicata

Confluiscono in questa categoria i repertori cartografici di tipo tematico. Si tratta in pratica di tematismi quali la geologia, l’uso del suolo, etc) Tutto il materiale cartografico è stato georiferito secondo Datum 50 UTM33

34 Documento Preliminare al P.S.P. di Potenza

1.2 Base di dati statistici secondo il reticolo comunale L'informazione statistica rappresenta uno strumento utile per la lettura dei cambiamenti e delle dinamiche socio economiche di un territorio. Si è ritenuto, a tale proposito, indispensabile reperire dati della provincia di Potenza con lo scopo di fotografare la situazione attuale dei comuni in relazione alla struttura socio economica, produttiva e dell’armatura urbana, al fine di studiarne le evoluzioni e le tendenze rispetto al passato decennio.

Al fine di valutare i sistemi produttivi e le dinamiche socio economiche, sono stati considerati i dati dei censimenti ISTAT della popolazione, delle industrie e dei servizi nonché quello dell’agricoltura. A tale scopo per l’analisi del sistema socio economico dei singoli comuni della provincia, si sono utilizzati i dati del 13° e 14° censimento generale della popolazione, rispettivamente del 1991 e del 2001. In particolare, oltre ai dati assoluti relativi alla popolazione residente ed alle abitazioni, si è tenuto conto degli indici di vecchiaia e del tasso di natalità. Poiché i dati del censimento al 1991 sono caratterizzati da un’estrema completezza di informazione, situazione che non si verifica per i dati relativi al 2001, trattandosi di dati ancora provvisori, si sono scelti per la rappresentazione della struttura e delle dinamiche del quadro socio economico quelli comuni ad entrambi i censimenti, semplificando così il confronto tra i dati stessi.

In particolare, dei censimenti suddetti sono stati utilizzati i dati relativi a: − Popolazione residente − Classi di età − Saldo naturale e migratorio − Indice di Natalità − Indice di vecchiaia − Indice di dipendenza − Numero di famiglie

I dati che hanno consentito la valutazione dei sistemi produttivi sono quelli del 7° ed dell’ 8° censimento dell’industria e dei servizi, rispettivamente del 1991 e del 2001, da cui sono stati estratti i dati relativi agli addetti ed alle unità locali. I dati al 1991 presentano informazioni disaggregate per settori; al contrario quelli riferiti al 2001 sono aggregati in macrosettori, ossia industria, commercio e servizi. Il censimento intermedio dell’industria e dei servizi del 1996 ci ha permesso, inoltre, una migliore interpretazione della struttura e delle tendenze del sistema produttivo.

Del 4° e 5° censimento dell’agricoltura si sono considerati i dati relativi a: − Aziende agricole e relativa superficie

Sezione2 - Il quadro conoscitivo: lo stato dell’arte 35

− S.a.u. − Boschi − Colture specialistiche (vite ed olivo) − Seminativi − Zootecnia

Per lo studio dell’armatura urbana e delle dotazioni minime in materia di salute e sicurezza, nonché per le infrastrutture relative all’istruzione, si sono adottati i dati ricavati da: − Consultazione delle Pagine Gialle (Seat 2000) − PRS 1998/2000 − Dati Istat (1991/2001)

In modo sintetico, le informazioni relative ai dati statistici utilizzati negli studi condotti al fine di redigere il Documento Preliminare, sono contenuti nella Tab.2, composta da sette colonne, nelle quali si riporta: − tipo di dato, relativo all’informazione contenuta nel dato (es: popolazione residente, addetti, servizi, superficie agricola utilizzata); − fonte, che indica l’origine del dato; − anno di riferimento della fonte; − tipo, relativo al formato in cui il dato è disponibile; − file, che riporta il percorso in cui si trova il dato; − data di aggiornamento, riferita all’ultima revisione del dato; − note, che contengono commenti generali sul dato o informazioni relative ad esso che non sono state direttamente utilizzate in questo studio, ma che sono comunque a disposizione.

36 Documento Preliminare al P.S.P. di Potenza

2° Sezione- Il quadro conoscitivo: lo stato dell’arte 37

1.2.1 I dati afferenti al Sistema Insediativo acquisiti dalla Provincia, le verifiche e le integrazioni Il Sistema Insediativo comprende, insieme agli elementi costituenti il Sistema Relazionale e delle principali infrastrutture a rete, tutti quegli elementi presenti sul territorio che hanno più intense e, spesso problematiche, interferenze con gli elementi costituenti il Sistema Naturalistico Ambientale. Nell’ attività di predisposizione del Documento Preliminare si è attribuita, quindi, particolare importanza alla lettura ed interpretazione del Sistema Insediativo.

Le analisi svolte nella prima fase di avvio della attività di redazione del PSP, e trasmesse al gruppo di ricerca del DAPIT dall’Ufficio di Piano provinciale, restituiscono un primo parziale quadro conoscitivo degli elementi del SI, a partire sostanzialmente dalla raccolta ed elaborazione di dati relativi alla popolazione insediata, alla presenza di servizi ed attrezzature nei diversi comuni, allo stato di attuazione della strumentazione urbanistica comunale, alla presenza di beni monumentali architettonici ed archeologici vincolati nei diversi ambiti territoriali. Un primo parziale lavoro di ricognizione, a partire dai dati di fonte ISTAT alla data degli ultimi censimenti, dalla restituzione dei documenti di piano comunali per la definizione dei cosiddetti bilanci urbanistici comunali, dalla acquisizione presso le competenti Soprintendenze delle informazioni essenziali relative ai beni vincolati.

Più in dettaglio, le indagini e le analisi sul SI sono state condotte con riferimento a quattro ambiti territoriali, del tutto strumentali al lavoro da svolgersi, in cui è stato suddiviso il territorio provinciale: l’ambito n.1 che comprende il territorio del Vulture-Melfese-Alto Bradano, l’ambito n.2 che comprende la parte centrale del territorio provinciale gravitante sostanzialmente sull’area del potentino, l’ambito n.3 che comprende i territori dell’Alta e Media Valle dell’Agri e del Basso Agri-Sauro-Camastra, l’ambito n.4 che comprende i territori del Lagonegrese e del Senisese.

Il lavoro di analisi preliminare è stato svolto secondo una metodologia comune indicata dai coordinatori del gruppo di professionisti incaricati. Per ogni ambito territoriale sono stati, di norma, prodotti due elaborati descrittivi: una relazione illustrativa generale ed un elaborato che raccoglie le schede dei Bilanci Urbanistici elaborati per ciascun comune. Elaborati grafici restituiscono invece, secondo una legenda unificata, le principali informazioni relative allo stato di attuazione dei piani urbanistici comunali; negli ambiti 3 e 4 sono stati anche prodotti elaborati grafici relativi alla localizzazione di servizi ed attrezzature e, solo nel caso dell’ambito territoriale 4 è stato prodotto un elaborato in cui sono stati indicativamente

38 Documento Preliminare al P.S.P. di Potenza localizzati i beni monumentali, architettonici ed archeologici sottoposti a vincolo.

Nelle relazioni illustrative relative alle analisi condotte per il SI sono state ricomprese anche le parti relative alla descrizione delle caratteristiche geologiche e geolitologiche per i diversi ambiti, a cui fanno riferimento apposite cartografie relative alla geomorfologia ed alla geolitologia. I dati relativi alla demografia sono stati riportati con riferimento ai censimenti del 1951, 1961, 1971, 1981, 1991 ed all’ultimo anno di rilevamento disponibile e riguardano in particolare la popolazione residente nei diversi comuni distinta per centri abitati principali, nuclei e case sparse. Di tali dati è stata operata una prima elaborazione, con riferimento alle dinamiche demografiche della regione, della provincia, dei singoli ambiti sub-provinciali considerati, del singolo comune.

Altra informazione acquisita nella fase di analisi preliminare riguarda la dotazione, per ciascun comune, di servizi ed attrezzature di interesse pubblico. In particolare sono stati riportati i dati quantitativi relativi alla presenza delle seguenti attrezzature: attrezzature scolastiche dell’obbligo e per l’istruzione superiore, attrezzature culturali e per lo svago ed il tempo libero, sedi istituzionali e principali uffici pubblici, sedi di servizi per il commercio, le comunicazioni ed il credito. La dotazione di servizi ed attrezzature è stata inserita nel SIT a cura del DAPIT e restituita nelle Tavv. 2, 3, 4, 5. Le informazioni acquisite non restituiscono aspetti qualitativi e prestazionali relativi a ciascun servizio e, per tale motivo, non possono, allo stato attuale, servire per una valutazione effettiva circa la rispondenza dell’offerta alla domanda nelle diverse situazioni territoriali ed il grado di utilizzo delle strutture, al fine di pervenire ad una più generale valutazione circa l’efficacia e l’efficienza dei servizi presenti a disposizione della popolazione residente. Infine, nelle relazioni sono stati riportati i dati relativi al quadro pianificatorio comunale, con riferimento in particolare alla dotazione ed alla tipologia degli strumenti urbanistici generali vigenti, allo stato di attuazione delle previsioni degli strumenti urbanistici con riferimento alle diverse zone destinate ad usi insediativi e produttivi, ad attrezzature e servizi.

1.2.2 Il quadro della pianificazione urbanistica comunale L’acquisizione e la rielaborazione delle informazioni circa la vigenza, nei diversi comuni, di strumenti urbanistici generali ha consentito di ricostruire un primo quadro della pianistica comunale, anche sulla base dei dati acquisiti nella prima fase di analisi e trasferiti dall’Ufficio di Piano della Provincia al DAPIT.

2° Sezione- Il quadro conoscitivo: lo stato dell’arte 39

Nell’Ambito 1 risultano in vigore solo tre piani approvati prima del 1980 e risulta la seguente situazione di dettaglio: 3 Programmi di Fabbricazione approvati (Genzano, Palazzo S. G., San Fele); altri 17 comuni sono dotati di PRG di cui nove approvati tra il 1980 e 1990 ed altri otto dopo il 1990. Nell’Ambito 2 solo sei comuni sono ancora dotati del Programma di Fabbricazione; tutti gli altri sono dotati invece del Piano Regolatore Generale. Nell’Ambito 3 risultano in vigore solo sette Programmi di Fabbricazione, mentre 12 comuni sono dotati di Piano Regolatore Generale. Nell’Ambito 4 sono più numerosi Programmi di Fabbricazione (15), mentre solo 12 comuni sono dotati di Piano Regolatore Generale.

La maggior parte degli strumenti urbanistici generali vigenti risultano redatti tra il 1980 ed il 1990, in relazione alle esigenze ed ai provvedimenti successivi al terremoto del 1980; un numero inferiore di strumenti risulta redatto e approvato dopo il 1990. Solo 12 comuni risultavano dotati di PRG alla data del terremoto; i rimanenti avevano invece approvato Programmi di Fabbricazione.

In relazione ai provvedimenti successivi al terremoto del 1980 (Tav.6), sono state redatte numerose varianti a strumenti generali e numerosi piani attuativi: soprattutto Piani di Recupero (in riferimento alle leggi post- terremoto), Piani di Zona per l’edilizia economica e popolare, Piani per Insediamenti Produttivi.

Allo stato (Tav.7), solo il comune di Castelmezzano si è dotato di Regolamento Urbanistico, mentre i comuni di Pignola, S. Chirico Nuovo e Vaglio hanno formalmente avviato le previste Conferenze di Pianificazione per procedere all’approvazione dei rispettivi RU.

A fronte di una notevole inerzia dei comuni ad avviare la revisione della strumentazione urbanistica di propria competenza secondo il dettato della legge 23/99 (anche per i ritardi che ad oggi si registrano complessivamente nella attuazione della legge), dalla data di emanazione della legge si è fatto invece frequente ricorso all’ approvazione di varianti puntuali, ai sensi della normativa transitoria, e soprattutto, all’ utilizzo delle nuove procedure previste dalla legge 23/99, quali Accordi di Pianificazione ed Accordi di Localizzazione.

1.2.3 La valutazione delle superfici urbanizzate e delle superfici programmate Tranne che per alcuni comuni dell’Ambito 2, le elaborazioni grafiche relative alla strumentazione urbanistica trasmesse al DAPIT dall’Ufficio di Piano della Provincia, non restituiscono le zonizzazioni di piano ufficiali.

40 Documento Preliminare al P.S.P. di Potenza

Di norma è stato fornito solo lo stato di attuazione dei piani, rilevato dal confronto delle tavole di zonizzazione con le ortofoto in scala 1:10.000, aggregando le diverse parti degli abitati in zone per prevalenza di destinazione d’uso e per grado di attuazione (esistenti o programmate).

L’analisi della disciplina urbanistica vigente, condotta per ciascun comune, è inoltre carente di informazioni relative alle normative per le zone E.

Una tale informazione potrebbe rivestire particolare importanza per la lettura ed interpretazione dei fenomeni di dispersione insediativa presenti su buona parte del territorio provinciale.

Allo stesso modo non è stato fatto alcun rilevamento sistematico delle parti del sistema insediativo esterne al centro abitato principale, a meno di quelle oggetto di specifica normativa urbanistica, come rilevata dai documenti di piano consultati6. Nel lavoro svolto dai consulenti incaricati della prima fase di lavoro per la redazione del PSP, l’analisi della pianistica comunale vigente è stata finalizzata essenzialmente alla parziale costruzione del Bilancio Urbanistico comunale.

A partire dalla documentazione fornitaci dalla Provincia, si è avviata l’attività di verifica, per ogni comune, dei dati relativi agli strumenti di piano generali.

Il materiale è risultato in molti casi incompleto e non omogeneo; è stato pertanto necessario provvedere ad una prima normalizzazione delle informazioni da inputare nel SIT7 e sviluppare alcune elaborazioni preliminari. In particolare si è provveduto ad unificare la georeferenziazione delle zonizzazioni degli strumenti urbanistici comunali, ad omogeneizzare le indicazioni relative ai differenti tipi di zone, a relazionare il dato geografico ad alcuni attributi per potere operare elaborazioni di dati relativi all’insieme dei comuni della Provincia.

Si è passati cioè dalla disponibilità di materiali sostanzialmente in formato tradizionale (nonostante la restituzione informatica in Autocad della

6 Già il solo confronto con le informazioni grafiche di fonte ISTAT al 1991, a cui nel lavoro non ci si è riferiti, restituisce una immagine molto più articolata e diffusa dell’insediamento antropico presente sul territorio provinciale. La lettura poi dell’insediamento disperso (la casa sparsa) indica come il limitare le analisi ai soli centri abitati principali, restituisca una lettura dei fenomeni insediativi molto parziale e limitata che non considera invece le complesse ed articolare dinamiche in atto. 7 La qualità dei prodotti già disponibili presso l’Amministrazione provinciale risultava molto disomogenea e spesso carente dei requisiti minimi per essere utilizzata. In tali situazioni sarebbe stato forse più utile risalire direttamente alla fonte informativa. Per il ristretto tempo a disposizione per la predisposizione del DP si è preferito invece lavorare sui dati disponibili, anche con la collaborazione di alcuni tecnici convenzionati presenti nell’Ufficio di Piano dell’Ente e di collaboratori di ricerca presenti presso il DAPIT.

2° Sezione- Il quadro conoscitivo: lo stato dell’arte 41 maggior parte dei prodotti elaborati) a poter disporre di informazioni utili, sia pure ancora incomplete, da riportare nel SIT che si sta procedendo a sviluppare.

In particolare, si è proceduto all’ immissione nel SIT dei dati relativi alla tipologia di strumento vigente, alla data di approvazione, allo stato di attuazione e quindi alla valutazione della residua capacità insediativa per le diverse zone di nuovo impianto.

Per ogni comune si è provveduto alla misurazione della superficie delle differenti tipologie di zone omogenee (opportunamente unificate) e, sulla base della estensione delle S.U. (superfici urbanizzate), al calcolo delle superfici di piano non ancora impegnate.

Per la predisposizione del Documento Preliminare non è stato possibile valutare in modo più raffinato le residue capacità insediative dei piani, in quanto non sono ancora disponibili, in relazione alla affidabilità delle informazioni acquisite dall’Ente, dati sulle potenzialità edificatorie delle singole zone omogenee di nuovo impianto.

Le informazioni acquisite in questa prima fase sono quindi del tutto insufficienti per una utile valutazione di quanto indicato dalla legge per il Bilancio Urbanistico. Alcuni approfondimenti potranno essere rinviati solo alla fase di definitiva stesura del PSP ma anche e soprattutto alla ridefinizione degli strumenti di pianificazione comunale; sarebbe stato necessario comunque acquisire informazioni ad esempio sugli indici di edificabilità previsti per le diverse zone omogenee per potere valutare in modo più significativo le effettive capacità residue dei piani vigenti.

A tal fine, comunque, è stata operata dal gruppo di ricerca del DAPIT una prima parziale sperimentazione, estendibile alla totalità dei comuni della Provincia nella fase di redazione del PSP, su circa 15 comuni del potentino. Oltre alla restituzione delle zonizzazioni dei piani secondo le specifiche del SIT in via di costruzione, sono state riportate nel database le norme relative a ciascuna zona omogenea di piano ed in particolare gli indici urbanistici ed edilizi previsti dai piani generali, oltre a valutazioni attendibili circa lo stato di attuazione delle previsioni di piano. Tali informazioni hanno consentito di sperimentare la costruzione di un archivio della pianistica comunale finalizzato alla elaborazione automatica di informazioni di dettaglio per ogni comune per la costruzione di Bilanci Urbanistici a cui riferirsi nel dimensionamento dei nuovi piani.

A partire dai dati disponibili acquisiti, invece, più che di Bilancio Urbanistico comunale più opportuno sarebbe parlare di restituzione della

42 Documento Preliminare al P.S.P. di Potenza estensione delle superfici urbanizzate e di quelle programmate, con riferimento essenzialmente ai centri urbani principali presenti sul territorio provinciale8. Dal confronto tra lo stato di fatto e lo stato di diritto è stato comunque possibile pervenire ad informazioni attendibili circa la residua capacità insediativa, solo in termini però di superfici programmate, sia pur distinte per le diverse destinazioni d’uso.

Dall’esame dei dati elaborati si è ottenuto un primo quadro della situazione nei diversi comuni della Provincia con riferimento alle densità di popolazione in rapporto alle superfici urbanizzate ed alla dimensione delle nuove superfici da urbanizzare, così come desumibili dai piani vigenti. Il dato più evidente è che, a fronte di densità di popolazione di norma non elevate, sono programmate ulteriori rilevanti espansioni degli abitati esistenti, peraltro non giustificate in genere né da fabbisogni pregressi da soddisfare né da previsioni significative di crescita della popolazione nei prossimi anni (Tab.3 e Tavv.8 e 9)

8 Per una corretta lettura delle informazioni acquisite, il cosiddetto Ambito Urbano comprende le superfici urbanizzate nello stato di fatto e l’insieme delle superfici già urbanizzate e di cui si prevede la urbanizzazione nello stato di diritto, senza alcun riferimento diretto alla definizione di Ambito Urbano come riportata nella legge 23/99 e nel relativo regolamento di attuazione.

2° Sezione- Il quadro conoscitivo: lo stato dell’arte 43

44 Documento Preliminare al P.S.P. di Potenza

2° Sezione- Il quadro conoscitivo: lo stato dell’arte 45

46 Documento Preliminare al P.S.P. di Potenza

Se si confronta tale situazione con la circostanza che in molti comuni l’incidenza percentuale di superfici caratterizzate da elementi di medio-alta naturalità è particolarmente significativa, emerge un possibile quadro di potenziali conflittualità tra esigenze di tutela del territorio e ulteriori massicci ed ingiustificati consumi di suolo per usi insediativi. A tal proposito è opportuno rilevare come i potenziali impatti negativi del sistema insediativo sul SNA siano ascrivibili, oltre che alla ulteriore espansione degli insediamenti compatti (soprattutto quando questi avvengono con forti compromissioni dei caratteri ambientali e storici dei centri di più antico impianto), anche e soprattutto ad ulteriori incrementi dei fenomeni di dispersione insediativa presenti sul territorio (Tav.10).

Solo con ulteriori elaborazioni da produrre nella stesura del PSP si potrà pervenire ad una prima attendibile valutazione delle tendenze di crescita del sistema insediativo e della offerta di aree per l’allocazione delle diverse funzioni ed attività alla scala comunale. In tal senso potrà essere di grande utilità, data la oggettiva difficoltà a ricostruire un attendibile quadro di dettaglio della pianistica comunale, interloquire in sede locale con tecnici ed amministratori nei comuni, non solo per completare l’acquisizione di una più completa documentazione, ma anche per ottenere, mediante interviste mirate ad alcuni soggetti privilegiati, una ricostruzione più diretta delle dinamiche e dei fenomeni che interessano le specifiche realtà locali. Questo soprattutto al fine di definire nel PSP indirizzi puntuali ed argomentati per il dimensionamento dei piani nelle specifiche situazioni. Si potranno inoltre confrontare le informazioni sulla pianistica vigente anche rispetto alla lettura delle caratteristiche morfologiche (Tavv.11, 12, 13, 14) dei diversi centri urbani e del sistema insediativo in generale (operazione già avviata con il presente contributo al Documento Preliminare come si dirà nei paragrafi successivi), al fine di evidenziare le tendenze di sviluppo dei centri e di poter valutare eventuali situazioni problematiche e/o conflittuali tra elementi del sistema naturalistico- ambientale e le previsioni di sviluppo del sistema insediativo e relazionale. La considerazione delle tendenze di sviluppo dei centri abitati, come rinveniente dal confronto tra le superfici attualmente urbanizzate e le previsioni contenute nei documenti di piano comunali, potrà inoltre fornire utili indicazioni sulla reale nuova domanda insediativa da soddisfare e sulle modalità di intervento sui diversi elementi del sistema insediativo secondo obiettivi di rafforzamento, completamento e trasformazione o ulteriore espansione.

2° Sezione- Il quadro conoscitivo: lo stato dell’arte 47

2. DATI RELATIVI ALLA INTEGRAZIONE DEL QUADRO CONOSCITIVO CON STUDI AD HOC DA PARTE DEL DAPIT

2.1 Studio preliminare sui tipi e sui sistemi di paesaggi Lo studio del paesaggio provinciale, assunto nella sua definizione di insieme integrato di componenti fondamentali riguardanti gli aspetti fisico- naturalistici, sociali e simbolici, ha necessità di elaborazioni di base dedicate a questi ambiti. Le analisi qui di seguito esposte riguardano l’indagine ambientale, sotto l’aspetto fisico, morfologico e di uso del suolo, con la finalità di fornire le valutazioni di base da elaborare nella individuazione delle componenti della struttura paesistica dell’area della provincia. L’obiettivo, in questa fase, è stato quello di rintracciare omogeneità territoriali in relazione agli ambiti indagati, individuando i valori connessi alla naturalità ed alla biodiversità dell’area provinciale nella sua intera estensione; non solo quindi in riferimento a quella porzione protetta e perciò, in quanto tale, di qualità già riconosciuta.

Le cellule di base relative ad aspetti biotici e abiotici del territorio, individuate nella loro entità e nella loro distribuzione geografica ed opportunamente incrociate, forniranno la descrizione del quadro dell’ecomosaico della provincia.

2.1.1 Il rapporto con le fonti documentarie La metodologia individuata, per la natura degli oggetti che descrive e per i processi che intende porre in rilievo, richiede in particolare dati di partenza riguardanti l’uso del suolo. La necessità di indagare nel suo complesso la struttura dell’uso del suolo, e quindi non limitatamente alla sua sola copertura vegetale di maggior valore, ha rilevato lo stato frammentario e lacunoso del quadro di conoscenze riguardo al territorio provinciale e del relativo insieme di informazioni cartografiche.

Gli studi disponibili interessano per lo più la copertura forestale della Provincia; la cartografia relativa è in forma cartacea, non sempre attendibile dal punto di vista dell’aggiornamento circa l’estensione e lo stato delle superfici boscate riportate, anche se di pregio. Non esistono dati precisi che riguardino le aree di media naturalità, né sulla loro distribuzione geografica, né sulla loro estensione. Questa situazione purtroppo pone non pochi problemi, sia circa i dati in sé, sia riguardo all’interscalarità ed all’omogeneità delle fonti di partenza, a volte difficilmente rintracciabili. La mancanza di dati esaustivi sul territorio provinciale potentino nel suo insieme, l’assenza di cartografia di base adeguata non sono

48 Documento Preliminare al P.S.P. di Potenza sufficientemente compensate dalla presenza di alcuni studi a scala regionale sulla naturalità e sulle diversità ambientali, gli unici condotti attraverso assunti olistici e, per questo, compatibili con i principi che informano la metodologia qui applicata.

Questi studi, pubblicati dalla Regione Basilicata in: “L’Ambiente in Basilicata 1999 - Stato dell’ambiente regionale” ed a loro volta elaborati su carte non recenti, sono riportati su base cartografica cartacea, in scala 1:250.000, non utilizzabili quindi dal punto di vista della possibilità di sovrapposizione, della quantificazione e quindi dell’elaborazione.

Considerando la complessità sistemica del paesaggio, la numerosità degli ambiti che esso interessa e dei processi dai quali è generato, la natura interdisciplinare delle analisi necessarie, e mirando all’integrazione dei risultati, garanzia della corretta lettura ed interpretazione delle dinamiche che attraversano il territorio a scala provinciale, la sua corretta valutazione richiede dati di partenza aggiornati ed elaborabili.

E’ oramai indispensabile una Carta dell’Uso del Suolo 1:25000, come è avvenuto in altre province che hanno potuto così elaborare analisi e valutazioni su dati certi ed avviare tutte le indagini relative anche alle oramai diffuse esigenze in tema di bilanci ambientali, valutazioni di sostenibilità delle trasformazioni territoriali, partecipazione delle popolazioni alle stesse ed alla comprensione del proprio territorio, operazioni queste di difficile e discutibile avvio e validazione in mancanza di una adeguata conoscenza condivisibile.

In questa sede, tuttavia, pur nella consapevolezza dei limiti, si è scelto di utilizzare al meglio il patrimonio di conoscenze disponibile ed acquisito e di integrarlo con l’uso della cartografia informatica relativa a Corine Land Cover (CLC), proposta questa per la cartografia europea in scala 1:100.000 e fonte informativa che, come è noto, riguarda la copertura del suolo che l’Agenzia Europea per l’Ambiente mette a disposizione delle Regioni. Si è scelto inoltre di avvalersi dell’aiuto delle foto aeree nei controlli a campione di supporto e di verifica delle valutazioni raggiunte.

I problemi riguardo all’affidabilità dell’informazione di CLC per un’analisi di media scala, quale quella che si prospetta in un’analisi paesaggistica, non sono pochi, ma la scelta dell’uso di tale base di informazione si fonda da un lato sulla necessità di avviare le riflessioni prefisse con gli strumenti ed i dati a disposizione e, dall’altro, sulla scelta della scala 1:200.000, adeguata a questo livello preliminare dell’elaborazione.

La scelta di riferirsi al data base di CLC, nonostante i limiti rilevati, si muove anche nell’ottica della ricerca di standardizzazione delle tecniche a

2° Sezione- Il quadro conoscitivo: lo stato dell’arte 49 basso costo applicativo e nel segno della necessità dell’uniformazione della base dei dati.

Studi come quelli sul paesaggio, poiché si fondano sulla lettura dei processi ad esso sottesi, avendo per obiettivo equilibri ambientali, hanno forti esigenze di aggiornamento e di monitoraggio del territorio e, in questo senso, i costi costituiscono un limite importante nell’avvio di tali procedure. Poiché a livello di area vasta, attualmente, le fonti da cui derivare l’aggiornamento riguardano il rilievo aerofotogrammetrico con la relativa fotointerpretazione e l’informazione remote sensing da satellite, quest’ultima risulta non solo la più conveniente, ma anche quella che, in prospettiva, è destinata ad avere il maggiore sviluppo. Pare dunque opportuno fare riferimento ad essa, con tutti i limiti che attualmente presenta, in attesa che si attui il prospettato sviluppo di CLC verso un’informazione in scala 1:25.000, ma soprattutto in attesa di una carta provinciale di uso del suolo che fissi in maniera inconfutabile, chiara e comunicabile la situazione del presente.

2.1.2 Le aree di omogeneità litologica e morfologica del territorio Allo scopo di studiare la struttura delle forme visibili del territorio, avvalendosi sia delle carte litologiche che di quelle morfologiche e degli studi della Regione Basilicata sulle cosiddette aree di diversità ambientale si è proceduto ad un primo incrocio dei dati, dividendo l’area della provincia in ambiti di omogeneità in relazione alle caratteristiche fisiche, legate alla litologia, ed in rapporto alle qualità morfologiche preminenti (Tav.15).

Si è così ottenuta una base di studio sintetica, ma espressiva delle qualità basilari del territorio in esame. Nella Tab.4 sono espresse le aree descritte, secondo la loro appartenenza alle fasce altimetriche e le classi litologiche che le caratterizzano. Le sei categorie individuate forniscono una prima fotografia del paesaggio del territorio dal punto di vista delle sue forme, secondo un processo che le fonda non nella pura descrizione formale e percettiva, ma nelle loro ragioni d’essere fisiche ed ambientali.

Le pianure di fondovalle Aree essenzialmente pianeggianti all’interno delle valli fluviali, insieme alle quali, alle quote più basse, segnano il territorio indicando il sistema delle acque superficiali principali. Si accompagnano a forme piatte derivate dalle piane alluvionali e dovute agli alvei di esondazione ed attraversano i rilievi appena modellati delle colline argillose . Nell’area della provincia, che per lo più si situa su altitudini più elevate, la più importante per estensione è a nord, lungo il confine con la Campania, e si snoda accompagnando l’Ofanto lungo tutto il confine nord della

50 Documento Preliminare al P.S.P. di Potenza provincia. Sempre a nord, scendendo in direzione nord est, si situa la lunga valle che separa la provincia dalle Murge accompagnando la fiumara di Venosa verso l’Ofanto e più ad est il Basentello verso il Bradano. Pianura di fondovalle è pure quella del Bradano e dei suoi affluenti prima di entrare nella provincia di Matera. A sud, invece, la pianura di fondovalle più importante riguarda il Sinni, nel tratto da Episcopia al confine provinciale, nel cui percorso raccoglie anche lo sbocco della valle del Serrapotano con il fiume medesimo.

Le valli fluviali secondarie e montane Queste valli scavano in maniera netta il sistema montuoso provinciale, seguendo il corso dei fiumi nella parte montana e submontana. Hanno versanti di diversa acclività, a loro volta incisi dai percorsi dei fiumi secondari, che ad esse si uniscono. La Valle dell’Agri è la più estesa, seguita da quella di Vitalba a nord; le altre, seppur di minore dimensione, con le loro decise incisioni, sono importantissime vie di penetrazione all’interno del sistema dei crinali che caratterizza il tratto lucano di dorsale appenninica.

Le colline argillose Costituite da rilievi di media entità, dal punto di vista dell’altimetria e dell’acclività, sono caratterizzate da sommità tabulari o arrotondate e da versanti che possono presentare formazioni di calanchi. Costituiscono i paesaggi dagli orizzonti lunghi della Provincia e gli avamposti di quelli ben più evocativi, per dimensione e formazioni calanchifere, propri del materano. Le colline argillose occupano tutte le quote più basse del territorio, quindi buona parte del nord-est della provincia, preannunciando il sistema degli aridi altopiani delle Murge. Le ritroviamo ai piedi meridionali del Vulture fino al confine ovest segnato dall’Ofanto, prima dei sistemi montuosi irpini. Scendendo, a chiazze di entità minore, seguendo un percorso che giunge a sud est, nella vasta area che dal Sauro e arriva fino a San Costantino Albanese, delimitate verso l’interno dai rilievi rocciosi che costituiscono il cuore della parte meridionale e costituendo il naturale prosieguo degradante dei rilievi scarsamente modellati prevalentemente argillosi.

I rilievi e versanti scarsamente modellati prevalentemente argillosi Sono i rilievi che partono da colline di media quota fino ad altimetrie di caratterizzazione più montana, con morfologie eterogenee, ma per lo più rilievi arrotondati e versanti di media acclività. Coprono la maggior parte del territorio provinciale e appaiono essere il connettivo, attraversato dalle valli fluviali, nel quale si inseriscono, dominandolo, i rilievi rocciosi e calcarei. Sono circondate e, a tratti, inframmezzate ad ovest dai versanti calcarei dei Monti della Maddalena, ad est dai rilievi rocciosi delle spettacolari e da quelli più

2° Sezione- Il quadro conoscitivo: lo stato dell’arte 51 centrali che chiudono ad est la Valle dell’Agri, arrivando fino al Massiccio del e circondando le colline argillose di sud est.

I rilievi vulcanici I rilievi vulcanici coincidono con i rilievi collinari e montuosi del Vulture, isolati all’interno del territorio e dominanti per altitudine l’area che li circonda. Presentano morfologie coniche derivate dall’antica attività del vulcano e pendici degradanti con acclività medie.

I rilievi rocciosi Sono colline e monti che si evidenziano per la presenza di picchi e di creste, con versanti che, a volte, risultano vere e proprie pareti verticali Queste formazioni presentano un’area estesa a nord, dove separano le colline argillose di nord-est dalle aree più centrali, con crinali che scendono dal Vulture in direzione sud-est, circondati dai centri di Ginestra, Forenza, Acerenza, Oppido, Cancellara, Pietragalla e Filiano. In quest’area non raggiungono altezze elevate, culminando nel monte Torretta di 1074 m., ma da qui partono per scendere lungo il confine orientale del territorio provinciale dove danno origine alle Dolomiti Lucane. Più a sud occupano il centro del punto più stretto del territorio provinciale culminando a nord nel Monte Caldarosa a 1491 m., scendendo a chiudere la Val d’Agri ad ovest, attraversati dallo stesso Agri, inglobando la piccola altura dove sorge San Martino d’Agri e fermandosi presso San Chirico Raparo che già guarda verso le colline argillose a sud. Rilievi rocciosi, infine, a sud, già nel Parco del Pollino, dove, seguendo crinali in direzione est- ovest come la stessa della Valle del Sinni, si pongono ad annunciare le aree di sommità dei rilievi calcarei del massiccio.

I rilievi calcarei e dolomitici Si dividono in rilievi di bassa, media ed alta quota. La loro caratterizzazione di bassa quota riguarda in prevalenza la costa tirrenica; in esse ritroviamo i rilievi dalle cime arrotondate, ma anche la presenza di creste e di sommità a tavolato. Hanno versanti ripidi e, quando sono attraversati da fiumi, presentano gole molto incise, come la costa di Maratea ci mostra da Acquafredda a Castrocucco con le sue imponenti ed incombenti pareti. I rilievi calcarei di media quota sono quelli più diffusi, hanno analoghe caratteristiche dei loro affini di altitudine inferiore e, quando arrivano a quote alte, come in tutte le aree sommitali della provincia, presentano cime rocciose, creste e pianori. Le aree caratterizzate da queste formazioni definiscono il paesaggio lungo tutto il confine occidentale: partono da Pescopagano e culminano, inframmezzati dai rilievi rocciosi, nel Toppo di Castelgrande con i suoi 1251 m. Incisi e delimitati dalla valle fluviale del fiume Platano, segnano il confine provinciale fino ed oltre Balvano, con i paesaggi delle rocce che corrono con crinali in direzione sud est. Così ancora più a sud lungo il confine

52 Documento Preliminare al P.S.P. di Potenza occidentale, facendo da versante ovest della Val d’Agri ma con un secondo sistema di crinali che da Tito arriva a 1722 m. sul Monte Arioso e tra Pignola e Abriola culmina nel Monteforte a 1444 m., per poi arrivare al Vulturino ed infine ai 1725 m. della Madonna di Viggiano. A sud, sono questi rilievi dalle rocce chiare a dominare quelli argillosi scarsamente modellati di questa zona con il Sirino, la cima del Monte di Papa a 2005 m., mentre in posizione baricentrica emerge a 1761m. il Monte Raparo. Dalla costa tirrenica con i 1505 m. del monte Coccoviello, fino al confine con la Calabria, a sud di Rotonda ed oltre, seguendo crinali che segnano la direzione del confine regionale, attraverso le cime più alte della provinca si arriva al massiccio del Pollino con le vette oltre i 2000 m. del Monte Pollino e della Serra Dolcedorme che chiudono la dorsale appenninica che attraversa la provincia.

Queste prime descrizioni si offrono per una riflessione sulla struttura del paesaggio lucano in oggetto. Come emerge dalla carta ottenuta, sebbene si possano distinguere abbastanza chiaramente le aree di preminenza dei nove ambiti individuati, è pur vero che il dato che emerge con forza è l’impossibilità di tracciare aree definite, di una certa estensione, dove ritrovare ad uno ad uno gli ambiti indicati. La caratteristica che ne deriva è una vivace eterogeneità del paesaggio che passa dalle ampie vedute che da Forenza spaziano ad est sopra le colline, fino ai tavolati pugliesi, agli sfondi dominati dalla patriarcale presenza del Vulture, ai tormentati picchi delle arenarie di Castelmezzano e Pietrapertosa. E poi, c’è il cuore della provincia, con il suo sistema di cime arrotondate, che si susseguono attraverso la successione della valli incise, dei versanti scoscesi, delle selle e dei crinali, in un insieme selvatico che non si abbraccia mai con uno sguardo solo. Fino a sud, superando il baricentro roccioso del territorio, fino alle meno rassicuranti colline cespugliose del sud, con le piane di fondovalle, dalle rive prive di vegetazione, prima che le cime si alzino di nuovo ad avvisare dell’inizio del Pollino, il pregiatissimo nodo di congiunzione con i sistemi dei Monti della Sila. Proprio perché non si tratta di ‘cartoline’ dal bel soggetto, ma di ambiti ben radicati nella natura e nella forma dei suoli, per ognuno di essi esistono rischi e fragilità, legati all’evoluzione nel tempo ed alla pressione antropica su ciascuno o su loro insiemi. Lo studio dei rischi appartiene a scale più vicine agli ambiti locali ed alle situazioni specifiche, spesso diverse in relazione ai differenti gradi di antropizzazione, ai differenti sistemi di insediamenti che vi gravitano, alle diverse infrastrutture che li attraversano o ai diversi progetti di sviluppo dai quali sono interessati.

2° Sezione- Il quadro conoscitivo: lo stato dell’arte 53

54 Documento Preliminare al P.S.P. di Potenza

2° Sezione- Il quadro conoscitivo: lo stato dell’arte 55

2.1.3 La carta dei Biotopi Dopo aver rintracciato aree di omogeneità in relazione ai caratteri di specificità fisico-morfologica, occorre delineare aree di analoga omogeneità dal punto di vista della copertura del suolo, al fine di ottenere un insieme di cellule che, opportunamente incrociate, possano condurre a descrivere l’ecomosaico provinciale La ricerca delle componenti di base dei paesaggi della provincia riparte quindi dall’assunzione della prima ossatura del Sistema Naturalistico Ambientale che ha individuato le componenti primarie di quest’ultimo, costituite dalle aree protette e dalle aree boschive di maggiore unicità e pregio, così come esposto in precedenza. La necessità di una lettura completa del quadro naturalistico ambientale d’insieme, al fine di individuare una delle parti strutturali del paesaggio, ha condotto all’elaborazione della Carta dei Biotopi del territorio provinciale (Tav.16).

Questa indagine restituisce il censimento degli spazi unitari presenti nell’area considerata, omogenei al proprio interno dal punto di vista della copertura e degli usi, dove determinati insiemi di popolazioni di specie animali e vegetali coesistono nel tempo ed interagiscono fra loro, in reciproca relazione.

Il biotopo assume qui un significato più ampio di quello restrittivo che, fino a qualche tempo fa, lo voleva solo area di maggior pregio naturalistico, concetto che, operando una valutazione a priori dei singoli biotopi rilevati, spesso conduceva alla considerazione della sola copertura forestale come elemento di interesse della copertura del suolo. L’analisi condotta, dopo la definizione delle classi di biotopi da considerare ed in relazione alle specificità del territorio, ha utilizzato il data base di Corine L. C., come dichiarato in apertura. Poiché né le categorie della copertura del suolo del sistema Corine, né quelle di una comune Carta di Uso del Suolo possono essere assunte integralmente come indicatori di biotopi, le categorie di C.L.C. sono state elaborate al fine di utilizzare quest’informazione nella corretta corrispondenza delle classi. La Tab. 5 fornisce il risultato di questa elaborazione insieme alla corrispondenza tra le voci della Carta dei Biotopi, quella di C.L.C. e quelle di una convenzionale Carta di Uso del Suolo. La tabella fornisce anche l’informazione circa la valutazione dei livelli di naturalità dei singoli biotopi, così come sono stati definiti nella realizzazione di una carta derivata che costituisce, in relazione allo studio effettuato, una prima Carta della Naturalità della provincia (TAv. 17).

Nel caso del territorio in esame, l’applicazione di una lettura orizzontale completa della sua superficie sotto l’aspetto appena enunciato, ha consentito l’individuazione di quel mosaico di aree che, attraverso

56 Documento Preliminare al P.S.P. di Potenza l’individuazione della loro distribuzione spaziale e della loro estensione quantitativa, sono in grado di aiutarci nella lettura di un quadro complessivo delle caratteristiche e dei processi ambientali del territorio e del suo paesaggio. Le carte ottenute hanno aiutato nell’individuazione dell’unitarietà dei grandi biotopi, delle potenziali direttrici di collegamento con i sistemi oltre i confini amministrativi (che non sono affatto significativi per i sistemi naturali) e nella considerazione dei biotopi di dimensione più limitata, spesso in posizioni strategiche e quindi significative a livello locale.

La Carta dei Biotopi, pur non essendo a questa scala una carta che consenta la valutazione più sofisticata dei contesti e delle relazioni, può essere letta però ritagliando le aree che compongono il sistema naturalistico. Essa ci restituisce l’immagine di un insieme dalla distribuzione geografica che interessa in maniera massiccia tutto il territorio in esame, per intero, sia da nord a sud che da est ad ovest. L’insieme al quale ci si riferisce è composto oltre che dai boschi, dalle praterie e dai pascoli di alta quota, anche dalle aree di media naturalità e dalla possibilità di acquisire, ai fini della continuità spaziale del sistema, persino alcune “tessere” dell’ambito agrario, quali i prati stabili e le coltivazioni con spazi naturali importanti.

Senza qui addentrarci nelle questioni che riguardano la permeabilità dei sistemi, analisi complessa per la necessità di dati certi e per i tempi non commisurabili con quelli di uno studio preliminare, la Carta ottenuta rileva alcune questioni importanti. Nel territorio della provincia i biotopi di maggior estensione, sul fronte naturalistico, riguardano i boschi mentre sono i seminativi quelli che interessano per dimensione il fronte delle aree antropizzate. L’area a nord- est è quella che presenta la superficie più estesa con le caratteristiche agricole dei seminativi, storici in questa zona, che la rendono quasi del tutto sprovvista di percorsi di connessione e di continuità ambientale con le aree di rigenerazione del territorio. Lo stesso Vulture, da sempre sistema a sé di boschi e di colture, rischia un pericoloso isolamento dei suoi biotopi di maggiore naturalità, a causa di un’antropizzazione crescente delle aree che lo circondano.

Sicuramente sono le zone più impervie della provincia, quindi quelle meno raggiungibili e poco interessanti dal punto di vista di uno sfruttamento antropico, a conservare caratteri alti di naturalità, attraverso le maggiori estensioni continue dei biotopi boschivi, nella loro stretta connessione con quelli dei pascoli naturali e della vegetazione secondaria arbustiva in evoluzione. Non è un caso che le aree che costituiscono lo zoccolo duro della qualità biologica della provincia si attestino proprio nel centro del territorio, dove si sa esserci rilievi rocciosi, montagne calcaree degradanti in rilievi scarsamente modellati, ma non per questo di orografia più

2° Sezione- Il quadro conoscitivo: lo stato dell’arte 57 accessibile. Così l’area che va dai rilievi calcarei dell’ovest - intorno a Savoia di Lucania fino ad Albano e Campomaggiore, ad est ed in basso delimitata dal percorso dell’Agri fino al confine provinciale, con la punta avanzata di San Chirico Raparo - rappresenta l’importante polmone della biodiversità della provincia. A sud di San Chirico si apre una zona per lo più terreno della media naturalità, dei cespuglieti, di aree a vegetazione rada, di pascoli e di boschi limitati, fino alle colline a preminente carattere seminativo tra Senise e Sant’Arcangelo. Quest’ insieme, all’apparenza poco pregiato, risulta, evidentemente, area di connessione con i biotopi di maggior pregio che sono rappresentati ancora più a sud dai vasti boschi del Pollino, mentre ad est da quelli che arrivano fino alla costa tirrenica.

Questa carta, che necessita di attenzione ad una scala di più alta definizione ed un confronto con situazioni temporalmente precedenti per individuare le dinamiche in atto riguardo ai fenomeni di “erosione” del sistema naturalistico, pure rivela alcune aree da sottoporre ad un esame più attento in relazione ai rischi o alle già avvenute perdite di potenziale rigenerativo . L’area che appare più a rischio è proprio quella che comprende per intero il Comune di Potenza, coinvolgendo anche porzioni di quelli limitrofi. Dei piedi del Vulture si è già detto, ma va fatto cenno alla Valle di Vitalba, essenzialmente agricola, con oramai poche frange residuali di vegetazione naturale e con spinti caratteri di antropizzazione diffusa su tutta la sua estensione. Analoga sorte vive la Val D’Agri, come se le pochissime pianure della provincia offrissero non solo possibilità di un’agricoltura meno difficile di quella in pendenza, ma anche il naturale sfogo dell’infrastrutturazione e dell’edificazione diffusa.

58 Documento Preliminare al P.S.P. di Potenza

Tab. 5 - Elenco dei biotopi e correlazione tra Corine Land Cover e Carta di uso del suolo

Livello di CORINE USO DEL SUOLO BIOTOPI naturalità Terzo Livello − Zone urbanizzate 111 Tessuto urbano − Zone industriali continuo − Reti ferroviarie e 112 Tessuto urbano stradali discontinuo − Aeroporti Territori modellati nullo − Aree portuali artificialmente − Zone estrattive e discariche − Zone verdi urbane e impianti sportivi Aree con vegetazione di origine antropica − Seminativi non irrigui 211 Seminativi in aree − Seminativi irrigui non irrigue 212 Seminativi in aree − Seminativi erborati Aree agricole irrigue prevalentemente 241 Colture annuali erbacee associate a colture Molto debole permanenti − Sistemi colturali e 242 Sistemi colturali e particellari complessi Agromosaico particellari complessi − Vigneti 221 Vigneti Aree agricole − Frutteti 222 Frutteti arbustivo-arboree − Oliveti 223 Oliveti − Rimboschimenti Rimboschimenti 312 Rimboschimenti Debole − Prati stabili Prati stabili 231 Prati stabili Aree con caratteri eterogenei agricolo-naturali − Aree agricole 243 Colture agrarie eterogenee prevalenti con − Colture da legno Aree eterogenee Media presenzadi spazi specializzate naturali 244 Aree agroforestali

2° Sezione- Il quadro conoscitivo: lo stato dell’arte 59

Tab. 5 - Elenco dei biotopi e correlazione tra Corine Land Cover e Carta di uso del suolo

Livello di CORINE USO DEL SUOLO BIOTOPI naturalità Terzo Livello

Aree con vegetazione di origine naturale − Pascoli di origine secondaria Vegetazione 333 Aree in secondaria erosione con Media prevalentemente vegetazione erbacea rada

− Zone a prevalente Spazi aperti senza 332 Rocce nude Media affioramento litoide vegetazione − Vegetazione 322 Brughiere e prevalentemente cespuglieti arbustiva Vegetazione 323 Vegetazione secondaria sclerofilla prevalentemente Media 324 Aree a arbustiva in vegetazione evoluzione boschiva e arbustiva in evoluzione − Boschi di latifoglie 311 Boschi di − Boschi di conifere Vegetazione primaria Elevata/ latifoglie − Boschi misti di prevalentemente Molto 312 Boschi di conifere e latifoglie arborea elevata conifere 313 Boschi misti − Vegetazione ripariale Vegetazione originaria Molto prevalentemente elevata arbustivo-arborea − Pascoli di origine 321 Aree a pascolo Vegetazione primaria primaria Molto naturale e prevalentemente elevata praterie d'alta erbacea quota

60 Documento Preliminare al P.S.P. di Potenza

2.2 Studio preliminare della morfologia del sistema insediativo Lo scopo di questa indagine è stato quello di riuscire ad elencare gli elementi morfologici dei quali gli insediamenti e il territorio sono composti. Evidentemente le configurazioni territoriali ed urbane si presentano sempre come strutture complesse, stratificate, contaminate nelle diverse parti; il problema della descrizione e dell’identificazione, quindi, comporta una operazione di messa in ordine, sia pure strumentale, delle componenti costitutive, al fine di poter risalire alle correlazioni che le parti intrattengono. Questo, nella consapevolezza che ogni singola componente non è certamente espressione del tutto, così come il tutto non è dato dalla sommatoria aritmetica delle parti. Sono le relazioni, in ultima analisi, i segnali più eloquenti della singolarità dell’insieme e sono altresì i rapporti tra i singoli elementi e lo scarto esistente tra le differenze a costituire l’unicità del sistema morfologico territoriale e urbano.

2.2.1 Lettura ed interpretazione degli elementi strutturanti la morfologia del suolo. Gli elementi strutturali attraverso cui si è letta ed interpretata la complessa e variegata morfologia del suolo del territorio provinciale sono stati le sommità morfologiche, le valli, i corsi d’acqua, la pianura e la costa. L’individuazione di tale sistema di segni ha rappresentato la prima delle fasi attraverso cui si è articolata la metodologia di studio che ha caratterizzato questo specifico campo di indagine. Si è proceduto preliminarmente ad individuare e perimetrare il sistema delle zone di crinale principale che caratterizza le sommità morfologiche, accanto all’evidenziazione del sistema idrografico superficiale che invece caratterizza i fondovalle e le zone di compluvio. A tale scopo si è utilizzata la cartografia I.G.M.I. alle diverse scale di rappresentazione che vanno dal 200.000 al 50.000, attraverso una lettura caratterizzata, nel suo svolgersi, da continue e necessarie sintesi e da verifiche ravvicinate degli elementi che si andavano delineando. Tale prima fase di lettura ha restituito una morfologia territoriale complessiva caratterizzata e strutturata dalla dorsale appenninica lucana che rappresenta la direttrice morfologica principale dell’intero territorio provinciale. Tale elemento strutturante ha un andamento morfologico complessivo caratterizzato da una forma sinusoidale ad esse, che direzione e orienta l’andamento di valli e compluvi principali e secondari, caratterizzando e differenziando attraverso particolari scansioni i diversi ambiti che attraversa.

Costituiscono dominanti morfologiche rilevanti di tale sistema i monti del Pollino, del Sirino, il monte Fontanalunga, il complesso dei monti Arioso-Pierfaone, il monte Li Foi di Picerno, il Monte Carmine, il monte Santa Croce e il monte Carrozzo, che complessivamente raggiungono altitudini che vanno dai 2200 ai 1200 metri sul livello del mare.

2° Sezione- Il quadro conoscitivo: lo stato dell’arte 61

Il particolare andamento morfologico del complesso sistema su esposto, consente di differenziare ulteriormente la direttrice morfologica principale in tre distinte zone di sommità. Procedendo da sud verso nord si distingue una prima zona di sommità dall’andamento semicircolare concavo, che comprende i contrafforti orientali del Pollino sino alle vette del monte Sirino; una seconda zona di sommità che con andamento longitudinale nord-sud riconnette le propaggini settentrionali del monte Sirino con le estreme sommità del monte Li Foi di Picerno; ed, infine, verso nord, una terza zona di sommità dall’andamento ad arco convesso che comprende i contrafforti settentrionali del monte Li Foi di Picerno sino al complesso montuoso del monte Carruozzo. Direttamente connessi alla direttrice morfologica principale, su descritta, vi sono catene montuose e complessi morfologici emergenti che costituiscono ulteriori elementi strutturanti ed ordinatori della morfologia del suolo. Verso ovest rispetto alla direttrice morfologica principale si distingue la dorsale dei Monti della Maddalena, che separa il Vallo di Diano dalla Valle del fiume Melandro - torrente Pergola; il monte Marmo e il monte Paratiello separati dalle gole del torrente Platano; l’emergenza del monte e dei suoi estremi contrafforti occidentali, che originano sulla costa tirrenica il caratteristico sistema di falesie e di cale marine. Verso est, rispetto alla direttrice morfologica principale, si distingue la dorsale montuosa che dal si snoda sino alle cime della Montagna di Copernico, caratterizzando, per il particolare andamento, l’alta valle del fiume Agri; il monte Raparo e il che generano il sistema di gole intermontane che simmetricamente caratterizzano l’alta valle del fiume Sinni e la media valle del fiume Agri; il complesso dei monti Serranetta e Serra la Neviera che separano le valli montane del torrente Camastra dal fondovalle urbano del fiume Basento; infine verso nord spicca il complesso montuoso del Vulture che separa il versante montano del fiume Ofanto dal versante orientale più propriamente collinare e di piana.

La particolare articolazione morfologica del sistema di crinale principale e secondario su esposta, scandisce e delimita il sistema dei fondovalle principali e secondari, e delle valli e delle gole montane, originando una pluralità di componenti e sub-componenti morfologiche aventi in comune la specificità dei segni strutturanti e delle relazioni tra i segni. Il sistema morfologico montano e altocollinare interessa quasi per intero il territorio provinciale fatta eccezione per l’ambito situato a nord-est che si caratterizza per la presenza di vere e proprie zone di crinale collinare che degradano verso la pianura pugliese a nord e verso il sistema delle Murge e della pianura della costa ionica a est. Il crinale principale, che separa il corso del fiume Basento da quello del fiume Bradano, rappresenta il margine tra il sistema di crinale montano descritto precedentemente e il particolare sistema dei crinali collinari e della pianura su esposto.

62 Documento Preliminare al P.S.P. di Potenza

2.2.2 Lettura ed interpretazione degli elementi strutturanti la morfologia insediativa. Gli elementi strutturanti, attraverso cui si è letta e interpretata la morfologia dell’insediamento, sono stati i percorsi principali e secondari, gli insediamenti urbani accentrati e il complesso degli insediamenti extraurbani, scanditi dai diversi principi e regole insediative che generano il tipico casale agricolo, l’articolato sistema delle masserie o ancora il caratteristico sistema dei nuclei rurali accentrati. Quale riferimento metodologico, nello specifico, si è assunto quello proposto dagli arch. G. Caniggia e G.L. Maffei per la lettura dell’”organismo territoriale come individuazione di connessioni tipiche tra organismi viari, insediativi, produttivi e urbani”; in tale accezione le ridefinizioni attraverso cui si è articolata la lettura hanno considerato il dato storico derivante direttamente dalle cartografie storiche disponibili, quale elemento di verifica delle conclusioni cui di volta in volta si perveniva La base cartografica su cui si sono letti ed interpretati gli elementi strutturanti la morfologia insediativa territoriale è costituita dalla cartografia I.G.M.I., in scala 1: 50.000 e 1: 25.000, e dalla cartografia storica rappresentata dalle Carte delle Province del Regno del 1825, dalla Carta Geografica della Sicilia Prima del Rizzi Zannoni del 1769, dalle carte dell’Atlantino di Mario Cartaro del 1613 e infine dalle carte relative al Regno di Napoli di epoca aragonese nella trascrizione del 1766 eseguita da Ferdinando Galiani. Si è affrontata l’indagine individuando due diversi momenti del processo storico di antropizzazione territoriale: il primo che partendo dalle sommità morfologiche ha interessato successivamente i pendii e le valli intermontane; il secondo che ha riguardato i fondovalle e le zone di piana. Si sono riconosciuti così i diversi percorsi che a partire dai crinali principali e attraverso i crinali secondari hanno generato gli insediamenti urbani e rurali di alto promontorio; tale sistema di percorrenze è arrivato sino ai nostri giorni come sistema di segni stabili costituiti dalla viabilità carrareccia, dai sentieri e dalle mulattiere, che interessano soprattutto le zone di sommità interne della dorsale appenninica e le zone di sommità delle emergenze morfologiche maggiori. Il sistema di percorrenze di crinale, negli ambiti in cui questi ultimi sono caratterizzati da una minore acclività e da una altitudine che non supera i 1000 metri sul livello del mare, costituisce, ancora oggi, un sistema relazionale di percorrenze stabili di tipo carrabile che connette localmente tra loro i centri urbani di basso promontorio e il sistema dei nuclei e dei casali agricoli. Il consolidarsi del sistema di strutturazione di crinale ha successivamente interessato i versanti delle valli intermontane e ha connesso le valli tra loro attraverso i valichi montani e i guadi fluviali, generando percorsi di controcrinale locale e percorsi di controcrinale sintetico. Attualmente tali percorrenze costituiscono il sistema relazionale locale delle diverse componenti morfologiche individuate e, altresì, il

2° Sezione- Il quadro conoscitivo: lo stato dell’arte 63 sistema relazionale attraverso cui queste ultime si riconnetto tra loro e con il resto del territorio regionale ed interregionale. Rappresentano il sistema delle statali storiche come la SS n°19 che dal Vallo di Diano, passando attraverso la zona pedemontana del fiume Noce e il pendio collinare del fiume Mercure prosegue verso la piana di Castrovillari; come la SS n°7 che da Sant’Andrea di Conza arriva alla piana costiera sul Mar Ionio attraversando in due punti la dorsale appenninica lucana e precisamente nei pressi di Castelgrande e sotto le pendici dell’emergenza morfologica del Monte Li Foi di Picerno, giungendo a riconnettere i centri di Potenza e di Vaglio di Basilicata, per poi proseguire sulle zone di crinale verso i centri urbani di Tricarico e Grassano; o ancora la SS n°92 che dal sistema montano del Pollino relaziona tra loro le valli dei fiumi Sinni, Agri e Basento sino alla città di Potenza. Il secondo momento, caratterizzante il processo di antropizzazione e urbanizzazione territoriale, è stato quello che ha interessato i fondovalle fluviali e le pianure costiere e che storicamente ha coinciso con l’avvento di civiltà come quella greco-romana. In tale periodo si è generata una diversa strutturazione del territorio che, partendo dai fondovalle fluviali e dalle zone di piana, ha successivamente interessato il sistema insediativo nato dai crinali morfologici, reinterpretando i nuclei insediativi e il sistema relazionale attraverso la costruzione di percorsi di fondovalle e la fondazione di centri urbani a questi direttamente connessi.

Questo diverso sistema, la cui matrice morfologica è costituita da piane costiere e fondovalli fluviali, ha interessato marginalmente il territorio provinciale; soltanto nell’ambito situato a nord-est, caratterizzato da sommità collinari che, attraverso la valle del fiume Ofanto, degradano verso la pianura pugliese, ha prodotto nel tempo una struttura relazionale e un sistema di centri urbani alternativo a quello la cui matrice è costituita dalle zone morfologiche di crinale.

Le principali percorrenze romane, infatti, come l’Appia che, attraverso la valle del fiume Calore e del fiume Ofanto, riconnetteva la costa tirrenica con quella ionica e la via Popilia che, attestandosi lungo il versante tirrenico, giungeva sino all’estrema punta della Calabria, interessavano tangenzialmente il territorio interno dell’Appennino Lucano. Una eccezione al sistema di percorrenze su esposto era rappresentato dalla via Erculea che attraversava da nord a sud il territorio lucano connettendo verso nord la città di Venosa con il centro urbano di Potenza e quest’ultimo con la valle del fiume Agri dove, da Grumento, arrivava sulla costa ionica ad Eraclea, l’attuale Policoro. Era un percorso interno montano di sommità, contraddistinto da valichi e guadi fluviali, il cui tracciato riprendeva tratti di percorsi di crinale e di pendio esistenti, valichi montani già consolidati e che, solo nell’attraversamento trasversale e longitudinale delle valli fluviali, si attestava su tracciati di nuovo impianto.

64 Documento Preliminare al P.S.P. di Potenza

L’attraversare un territorio, spesso, non significa strutturarlo; il sistema storico su esposto, nato nella fase di strutturazione dei fondovalle e delle pianure costiere, era infatti un sistema di percorrenze sorto, da un lato per collegare agevolmente e velocemente insediamenti rilevanti situati al di fuori del territorio interno lucano e, dall’altro, per scopi di controllo strategico-militare delle aree attraversate; non costituiva, in buona sostanza, elemento strutturante del sistema insediativo locale. Erano delle vere e proprie autostrade antiche, sistemi di percorrenze territoriali dell’esteso Impero Romano, avevano lo stesso ruolo delle moderne autostrade e superstrade che attraversano o lambiscono, attualmente, il territorio dell’Appennino Lucano. Il sistema relazionale di fondovalle che interessa direttamente il territorio provinciale si è consolidato solo in tempi recenti attraverso l’impianto di sistemi viari di scorrimento veloce che si sono sovrapposti agli antichi tracciati di crinale pendio e fondovalle, sostituendoli e declassandoli, oppure hanno creato nuovi schemi relazionali tra i centri urbani esistenti, infrastrutturando aree che sino a quel momento avevano vocazioni e ruoli diversi. Alla prima tipologia appartengono i percorsi che hanno interessato i fondovalle principali, come la SS Basentana , che nel tratto Sicignano Potenza ha sostituito il percorso storico che riconnetteva i centri urbani di Vietri, Balvano, Picerno e Potenza, l’attuale SS n° 94, o come la SS n° 654 Melfi –Potenza che ha sostituito il percorso storico che collegava Potenza, Avigliano, Atella e Rionero in Vulture. Alla seconda tipologia appartengono sostanzialmente i percorsi che interessano i fondovalle del fiume Sinni e del fiume Agri e i percorsi di fondovalle secondario del torrente Sauro, del fiume Sarmento e del torrente Camastra che, con i loro tracciati, si sono sovrapposti al sistema relazionale storico, tagliando in vari tratti il complesso sistema dei percorsi di controcrinale sintetico che riconnetteva da nord a sud il territorio provinciale.

Sostanzialmente l’alternativo sistema di percorsi su esposto non ha escluso la strutturazione precedente, ma l’ha riassunta reinterpretando, soltanto i ruoli di alcuni dei centri urbani, in una diversa potenzialità reciproca di connessioni che non si è ancora del tutto esplicitata. Potenzialità che si ravvisa non nella costruzione di nuovi assi viari di scorrimento veloce, ma in una diversa interpretazione dei ruoli del sistema dei centri urbani, intimamente legata ad una attenta riflessione sul sistema di risorse storiche e naturalistiche.

2.2.3 Le relazioni tra gli elementi della morfologia del suolo e gli elementi della morfologia insediativa: componenti e sub-componenti del territorio provinciale. L’individuazione delle relazioni esistenti tra gli elementi strutturanti la morfologia del suolo e gli elementi strutturanti la morfologia insediativa ha consentito di elaborare una prima parziale interpretazione del complesso sistema morfologico del territorio provinciale (Tav.18).

2° Sezione- Il quadro conoscitivo: lo stato dell’arte 65

Tale sistema è stato scomposto in ambiti, le componenti e le sub- componenti morfologiche, dotati al loro interno di un certo grado di omogeneità delle caratteristiche costitutive, ed in grado di operare una prima riduzione della complessità morfologica che costituisce la peculiarità principale del territorio provinciale. Si sono riconosciute, in questo modo, diverse tipologie di relazioni tra segni quali percorsi, insediamenti accentrati, insediamenti diffusi, crinali, pendii, fondovalle; si sono, altresì, individuate quelle parti del territorio più stabili, meno soggette a modificazioni, queste ultime hanno costituito riferimento per la comprensione della struttura morfologica complessiva, ovvero di quel complesso sistema di relazioni che ha sostenuto l’antropizzazione del territorio e con il quale i successivi e più recenti processi urbanizzativi si sono costantemente confrontati, attraverso fasi che hanno portato a continue ridefinizioni dell’intero sistema individuato, oppure, più frequentemente, alla sua completa negazione, generando in questo modo contraddizioni che rappresentano una delle chiavi di lettura attraverso cui leggere gli aspetti problematici del territorio provinciale. L’articolazione morfologica delle sommità montane, dei compluvi principali e secondari e dei versanti montani e collinari, interpretata sincronicamente al sistema morfologico insediativo e relazionale, ha consentito di distinguere e riconoscere le componenti e le sub componenti attraverso cui si è interpretato e scomposto l’intero sistema morfologico provinciale e che di seguito si elencano sinteticamente, associate ai relativi schemi esemplificativi.

La componente morfologica del Pollino e della valle del fiume Sinni. A sud-est della dorsale appenninica lucana è situata la componente morfologica del Pollino e della valle del fiume Sinni che comprende le seguenti sub-componenti: la sub-componente dell’alto corso del fiume Sinni, la sub-componente della media valle del fiume Sinni, la sub- componente del fiume Sarmento, la sub-componente del torrente Serrapotamo, la sub-componente del torrente Frido e, infine, la sub- componente del fiume Mercure. Le sei sub-componenti scandiscono e articolano la variegata morfologia insediativa, definita da nuclei urbani di alto e basso promontorio o da quelli intimamente legati al fondovalle fluviale, o ancora da un caratteristico sistema di nuclei rurali accentrati che caratterizzano i versanti e i promontori minori, alternati da sistemi rurali sparsi definiti dai casali e dalle masserie storiche. Gli insediamenti che connotano le sei sub-componenti morfologiche individuate sono rispettivamente: per la sub-componente dell’alto corso del fiume Sinni il sistema morfologico dei centri di Latronico e di Episcopia; per la sub- componente della media valle del fiume Sinni il sistema morfologico dei centri di Senise e di Francavilla in Sinni; per la sub-componente del fiume Sarmento il sistema morfologico dei centri di Terranova del Pollino, San Costantino Albanese, San Paolo Albanese, Cersosimo e Noepoli; per la sub-componente del torrente Serrapotamo il sistema morfologico dei centri

66 Documento Preliminare al P.S.P. di Potenza di Carbone, Calvera, Teana, Castronuovo di Sant’Andrea, Fardella e Chiaromonte; per la sub-componente del torrente Frido l’insediamento di San Severino Lucano; ed infine per la sub-componente del fiume Mercure il complesso sistema insediativo dei centri di Viggianello, Rotonda, Castelluccio Superiore e Castelluccio Inferiore.

La componente morfologica della valle del fiume Agri. A est rispetto alla dorsale appenninica lucana si è individuata la componente morfologica della valle del fiume Agri che comprende le seguenti cinque sub-componenti morfologiche: la sub-componente dell’alto corso del fiume Agri, la sub-componente del bacino lacustre di Pietra del Pertusillo, la sub-componente del medio corso del fiume Agri, la sub- componente del torrente Racanello e la sub-componente del torrente Sauro. Gli insediamenti che connotano le cinque sub-componenti morfologiche individuate sono rispettivamente: per la sub-componente dell’alto corso del fiume Agri il sistema morfologico dei centri di Marsico Nuovo, Marsico Vetere, Viggiano, Paterno, Tramutola, Grumento; per la sub-componente del bacino lacustre di Pietra del Pertusillo il sistema morfologico dei centri di Montemurro, Moliterno, Sarconi e Spinoso; per la sub-componente del medio corso del fiume Agri il sistema morfologico dei centri di Armento, Gallicchio Missanello, San Martino d’Agri, Roccanova e Sant’ Arcangelo; per la sub-componente del torrente Racanello il sistema morfologico dei centri di Castelsaraceno e di San Chirico Raparo; e infine per la sub-componente del torrente Sauro il sistema morfologico dei centri di Corleto Perticara e di Guardia Perticara.

La componente morfologica del fiume Bradano. A nord-est della dorsale appenninica lucana e della dominante morfologica del è situata la componente morfologica del fiume Bradano che comprende le seguenti tre sub-componenti: sub- componente del torrente Alvo-fiumara di Tolve, la sub-componente del torrente La Fiumarella e la sub-componente dell’alto corso del fiume Bradano. Gli insediamenti che connotano le tre sub-componenti morfologiche individuate sono rispettivamente: per la sub-componente del torrente Alvo - fiumara di Tolve il sistema morfologico dei centri di Cancellara, Tolve e San Chirico Nuovo; per la sub-componente del torrente La Fiumarella il sistema morfologico dei centri di Genzano di Lucania e di Banzi; e infine, per la sub-componente dell’alto corso del fiume Bradano il sistema morfologico dei centri di Forenza, Acerenza, Pietragalla e Oppido Lucano.

2° Sezione- Il quadro conoscitivo: lo stato dell’arte 67

Fig. 1 - Legenda della simbologia utilizzata negli schemi sintetici rappresentativi delle singole componenti morfologiche.

68 Documento Preliminare al P.S.P. di Potenza

Fig. 2 - Schema sintetico della componente morfologica del fiume Sinni.

2° Sezione- Il quadro conoscitivo: lo stato dell’arte 69

Fig. 3 - Schema sintetico della componente morfologica del fiume Agri.

70 Documento Preliminare al P.S.P. di Potenza

Fig. 4 - Schema sintetico della componente morfologica del fiume Bradano.

2° Sezione- Il quadro conoscitivo: lo stato dell’arte 71

Fig. 5 - Schema sintetico della componente morfologica del fiume Noce.

La componente morfologica del fiume Noce. A sud-ovest della dorsale appenninica lucana è stata individuata la componente morfologica del fiume Noce che comprende le seguenti sub- componenti morfologiche: la sub-componente costiera, la sub-componente dell’alto corso del fiume Noce e la sub-componente della media valle del fiume Noce. Le tre sub componenti sono caratterizzate rispettivamente dall’insediamento di Maratea, di Lagonegro e dal complesso sistema morfologico dei centri di Trecchina, Rivello, Nemoli e Lauria.

72 Documento Preliminare al P.S.P. di Potenza

Fig. 6 - Schema sintetico della componente morfologica del fiume Basento.

La componente morfologica della valle del fiume Basento. A est rispetto alla dorsale appenninica lucana è situata la componente morfologica della valle del fiume Basento che comprende le seguenti tre sub-componenti morfologiche: la sub-componente dell’alto corso del fiume Basento, la sub-componente del medio corso del fiume Basento e la sub- componente del torrente Camastra. Gli insediamenti che connotano le tre sub-componenti morfologiche individuate sono rispettivamente: per la sub- componente del medio corso del fiume Basento il sistema morfologico dei centri di Potenza e di Pignola; per la sub-componente del medio corso del fiume Basento il sistema morfologico dei centri di Vaglio di Basilicata, Albano di Lucania, Campomaggiore, Brindisi di Montagna, Trivigno, Castelmezzano e Pietrapertosa; e infine per la sub-componente del torrente Camastra il sistema morfologico dei centri di Calvello, Abriola, Anzi e Laurenzana.

2° Sezione- Il quadro conoscitivo: lo stato dell’arte 73

Fig. 7 - Schema sintetico della componente morfologica del fiume Melandro – torrente Platano.

La componente morfologica delle valli del torrente Platano – fiume Melandro. A nord-ovest rispetto alla dorsale appenninica lucana e delimitata verso occidente dalla dominante morfologica rappresentata dai monti della Maddalena, è stata individuata la componente morfologica delle valli del Platano-Melandro che comprende le seguenti cinque sub-componenti morfologiche: la sub-componente del torrente Pergola – fiume Melandro, la sub-componente della fiumara di Tito, la sub-componente della fiumara d’Isca, la sub-componente della fiumara di Muro e la sub-componente della valle del Platano. Gli insediamenti che connotano le cinque sub-

74 Documento Preliminare al P.S.P. di Potenza componenti morfologiche individuate sono rispettivamente: per la sub- componente del torrente Pergola – fiume Melandro il sistema morfologico dei centri di Brienza, Sasso di castalda, Satriano di Lucania, Savoia di Lucania, Sant’ Angelo le Fratte, Vietri di Potenza; per la sub-componente della fiumara di Tito il sistema morfologico dei centri di Tito e di Picerno; per la sub-componente della fiumara d’Isca il sistema morfologico dei centri di Avigliano e di Ruoti; per la sub-componente della fiumara di Muro il sistema morfologico dei centri di Castelgrande, Muro Lucano e Bella; e infine per la sub-componente della valle del Platano il sistema morfologico dei centri di Baragiano e di Balvano.

Fig. 8 - Schema sintetico della componente morfologica del versante occidentale del fiume Ofanto.

La componente morfologica del versante occidentale del fiume Ofanto. A nord rispetto alla dorsale appenninica lucana, direttamente connessa all’alta valle del fiume Ofanto è stata individuata la componente morfologica del versante occidentale del fiume Ofanto che comprende le seguenti due sub-componenti morfologiche: la sub-componente della fiumara di Atella e la sub-componente dell’alto corso del fiume Ofanto. Gli insediamenti che

2° Sezione- Il quadro conoscitivo: lo stato dell’arte 75 connotano le due sub-componenti morfologiche individuate sono rispettivamente: per la sub-componente della fiumara di Atella il sistema morfologico dei centri di Atella e di Filiano; per la sub-componente dell’alto corso del fiume Ofanto il sistema morfologico dei centri di Pescopagano, San Fele, Ruvo del Monte e Rapone.

Fig. 9 - Schema sintetico della componente morfologica del versante orientale del fiumeOfanto.

La componente morfologica del versante orientale del fiume Ofanto. A est del crinale definito dalla dominante morfologica del monte Vulture è stata, infine, individuata l’ultima delle componenti in cui è stato suddiviso il sistema morfologico provinciale, la componente morfologica del versante orientale del fiume Ofanto che comprende tre sub-componenti morfologiche: la sub-componente del monte Vulture, la sub-componente del torrente Basentello e la sub-componente della piana del fiume Ofanto. Gli insediamenti che connotano le tre sub-componenti morfologiche individuate sono rispettivamente: per la sub-componente del monte Vulture

76 Documento Preliminare al P.S.P. di Potenza il sistema morfologico dei centri di Melfi, Rapolla, Barile e Rionero in Vulture; per la sub-componente del torrente Basentello il sistema morfologico dei centri di Ginestra, Ripacandida, Maschito, Venosa e Palazzo San Gervasio; e infine, per la sub-componente della piana del fiume Ofanto il sistema morfologico dei centri di Lavello e di Montemilone.

Con riferimento all’intero territorio provinciale e ad una scala di lettura più ravvicinata, si sono presi in esame gli insediamenti minori come le frazioni e i nuclei rurali, gli insediamenti diffusi e quelli dalle caratteristiche più marcatamente specialistiche e produttive, oltre alla viabilità minore che assicura le relazioni minime e la accessibilità a livello locale. Si sono individuati così i nodi rappresentati da particolari concentrazioni insediative, gli assi che costituiscono gli elementi di relazione, o anche di separazione, e i distretti che rappresentano parti di territorio di più o meno ampie estensione di carattere complesso. Lo studio si concentrerà successivamente, nella fase di stesura definitiva del PSP, sui veri e propri nuclei urbani, individuando al loro interno gli elementi caratterizzanti la struttura morfologica urbana come i percorsi matrice e quelli di impianto, accanto alle polarità presenti all’interno del tessuto urbano.

A partire dalla perimetrazione di Fonte ISTAT del 1991 dei centri abitati e dei principali nuclei rurali, si è proceduto ad una verifica della stessa mediante l’utilizzo delle ortofoto del territorio provinciale in scala 1:10.000 di fonte AIMA (1998). Sempre dalle ortofoto si sono individuati e poi perimetrali gli elementi del sistema insediativo non presenti al 1991; inoltre si è proceduto all’indicazione puntuale degli elementi dell’insediamento diffuso, al fine di pervenire alla definizione ed indicazione di “areali della casa sparsa” sulla base di parametri relativi alla distanza reciproca dei singoli elementi ed alle indicazioni desumibili dalle carte dell’uso del suolo. In parallelo, sempre dalle ortofoto, si sono digitalizzati parte degli elementi del sistema viario di interesse locale. Tale lavoro sarà completato in sede di stesura definitiva del PSP. La lettura contestuale degli elementi del sistema insediativo e del sistema viario ha consentito una adeguata classificazione delle morfologie del territorio a più forte antropizzazione e, soprattutto, una prima interpretazione delle relazioni che intercorrono tra il territorio antropizzato ed il sistema naturalistico-ambientale. Le suddette elaborazioni potranno fornire prime indicazioni per la perimetrazione dell’ambito periurbano all’intorno degli ambiti di maggiore concentrazione insediativa (gli ambiti urbani), utili sia per la comprensione delle tendenze di sviluppo dei centri urbani che per le analisi di maggior dettaglio da prodursi in sede di pianificazione strutturale provinciale e comunale. Gli elementi della struttura morfologica insediativa territoriale ed urbana saranno successivamente oggetto, soprattutto in sede di pianificazione

2° Sezione- Il quadro conoscitivo: lo stato dell’arte 77 comunale, di una maggiore specificazione delle caratteristiche costitutive attraverso una lettura del territorio a scale sempre più ravvicinate interdipendenti tra loro; infatti le prime interpretazioni saranno suscettibili di ridefinizioni alla luce di una conoscenza sempre più specifica e disaggregata, e quest’ultima sarà condizionata e agevolata proprio dalla comprensione del sistema di regole di relazione individuato e decodificato alla scala di lettura dell’area vasta.

2.3 Studi preliminari per una storia del sistema insediativo finalizzati alla costruzione delle identità locali

2.3.1 Finalità, obiettivi e metodi dell’indagine storica Lo studio della stratificazione storica del sistema insediativo è finalizzato alla comprensione dei fenomeni territoriali consolidati in confronto con i quali si possono leggere anche quelli in atto. I caratteri del territorio come è oggi si definiscono nel tempo e hanno per lo più forti radici in un passato remoto. La conoscenza storica della stratificazione delle scelte e delle culture insediative sul territorio aggiunge elementi di comprensione alle strategie e alle politiche attuali e reca elementi di chiarezza per la consapevolezza dell’azione di piano. Lo studio storico del territorio provinciale relativo agli insediamenti antropici apre a due ordini di questioni: da un lato, la comprensione delle dinamiche attuali di produzione del territorio necessita della loro proiezione entro processi di stratificazione storica, dall’ altro lato la storia degli insediamenti assume valore di patrimonio e come documento diventa oggetto di tutela.

Le scelte operate circa il tipo di lettura storica dei sistemi insediativi come espressione dei processi di trasformazione del territorio ha come finalità rintracciarne le forme definite nel tempo e riconoscerne il significato in termini di modi della conquista ambientale e di alternanza tra messa in valore e abbandono delle risorse riconosciute nel territorio dalle comunità insediate, lungo il processo di stratificazione storica. La costruzione storica avrà l’obiettivo di riconoscere le strutture del territorio in relazione ai processi di scala locale e sovralocale che intrecciano lungo il percorso storico, cercando di coglierne i diversi tempi e i diversi spazi del loro divenire, ovvero individuando i punti di rottura, le cesure, le inversioni, le accelerazioni, le invarianze, i salti di scala dimensionale dei fenomeni. Ragionare sulle specificità dei molti tempi e dei molti spazi di cui è composto un territorio, come entità viva e risultato di stratificazione storica, vuol dire cogliere il nesso tra continuità e cambiamento di cui è fatta la storia. La comprensione degli andamenti e degli intrecci tra tempi e spazi (ovvero degli ambiti spazio-temporali dei fenomeni), insieme alla comprensione della qualità dei fenomeni indagati (ovvero a quale livello di

78 Documento Preliminare al P.S.P. di Potenza profondità questi incidano, fino ad arrivare alle strutture di lunga e lunghissima durata), costituiscono, ai fini di un Piano, ovvero di uno strumento di previsione e di guida di processi virtuosi, una mappa per orientarsi nella comprensione dei fenomeni in atto, per intuirne la durata e la portata. Questo tipo di indagine storica ha come obiettivo il riconoscimento del carattere del territorio. Il carattere viene letto nelle forme fisiche del territorio che sono il prodotto della stratificazione delle scelte e delle modificazioni nel corso dei millenni. Riconoscere il carattere di questa regione corrisponde a individuarne l’identità storica e attuale. Parlare, però, di carattere e di identità non vuol dire fissare in un’immagine statica i processi e i conflitti che sul territorio sono sempre dinamici, molteplici e in evoluzione, ma, piuttosto, si tratta di costruire una mappa delle dinamiche stratificate del territorio nel tempo, alle velocità multiple della storia politica, economica, sociale, delle mentalità, della natura.

L’ambito territoriale provinciale rimanda, nel lungo percorso della storia, a molteplici incontri, scontri, contaminazioni, confini tra identità e caratteri molteplici: tra città magnogreche e insediamenti comprensoriali, tra gravitazioni entro le orbite bizantina - longobarda - islamica, di Campania e di Capitanata, tra costa e montagna appenninica, tra colleganze e isolamento, centralità e marginalità, composizioni e scomposizioni.

L’ipotesi di questo contributo è di riconoscere alcune strutture storiche del territorio con cui poter cercare gli elementi di continuità e di frattura nell’assetto attuale di quelle zone rispetto alle dinamiche di trasformazione territoriale recenti postindustriali, a quelle di lunga durata preindustriali e a quelle delle fasi fondative.

Iniziando dall’interrogarci sulle dinamiche in atto, ovvero quelle che sembrano avere maggiori conseguenze sulle trasformazioni del territorio, l’attenzione procede a ritroso attraverso l’evidenziazione del carattere di persistenza presente in alcune dinamiche di lunga durata dell’assetto premoderno. Questa operazione consente di osservare nelle dinamiche iniziali dei momenti fondativi quei caratteri originali che possono essere riconosciuti come traccia su cui si poggia il palinsesto del territorio. L’intersezione delle dinamiche iniziali, di lunga durata e in atto, che interagiscono con le dominanti ambientali (i quadri ambientali) del territorio, può essere evidenziata per punti nodali con l’individuazione di campi delle trasformazioni. Si tratta di ‘temi’ che nelle dinamiche in atto corrispondono agli ambiti problematici, alle aree di criticità e di potenzialità dell’assetto fisico e sociale (le relazioni, la gestione delle risorse, il progetto) del territorio.

2° Sezione- Il quadro conoscitivo: lo stato dell’arte 79

2.3.2 Identità territoriale come identità fluida e multipla Il tema entro cui orientare l’indagine sarà la lettura delle identità locali, della loro lunga costruzione, della loro evoluzione. Si tratta di un tema critico in un momento diffusamente riconosciuto di globalizzazione di processi, di scambi e di mercati; e tuttavia proprio per questo un tema che può essere produttivo ai fini di comprendere i complessi cambiamenti in atto in un’epoca che sembra caratterizzata da un processo di frantumazione delle identità territoriali e di massificazione delle culture dei luoghi. Non è un caso che la cultura urbanistica abbia recuperato il termine di “statuto dei luoghi” per contrastare politiche che applicano modelli standard di sviluppo su contesti locali differenti. Tuttavia il bisogno di recuperare e riconoscere le identità locali rischia la rivisitazione di inattuali principi di comunitarismo basati su un’idea di gruppo che si definisce rigidamente, staticamente e che non scambia con l’esterno. Pensare alle comunità insediate come insiemi mutevoli che continuamente riscrivono le loro forme di convivenza e di insediamento rimanda, invece, ad un’idea di comunità che muta continuamente, un insieme riconoscibile e allo stesso tempo instabile che può essere letto con la descrizione dei suoi processi di formazione. G. De Rosa e A. Cestaro, nella Presentazione del I volume della Storia della Basilicata (il progetto editoriale, a cura dei due autori per la casa editrice Laterza, è in 4 volumi, di cui 3 editi nel 1999 2000 2002) introducono il problema storiografico dell’identità storico-culturale della Basilicata, che ha impegnato la ricerca degli studiosi negli ultimi decenni nel tentativo di “ricostruire la vera immagine di una regione che nel corso dei secoli non ne ha mai avuta una ben definita a causa della sua collocazione geografica, delle sue vicende storiche oscillanti tra Oriente e Occidente, della varietà del suo territorio e dell’assenza di precisi confini naturali”. De Rosa e Cestaro pongono, dunque, la questione di una definizione dell’identità regionale a partire da una tradizione che ne ha negato una forte specificità. Si tratta di una regione la cui definizione identitaria sembra piuttosto al traino di una perimetrazione amministrativa piuttosto che definita all'interno di confini geomorfologici. "La Basilicata costituisce, dunque, una regione morfologica a sé stante soltanto nella zona centrale, se pur anche in questa, nelle linee generali, può vedersi come un poderoso, vasto, interessante contrafforte della Campania e della Calabria. Nel suo insieme è e resta una regione soltanto amministrativa e non geografica: non solo per il fatto in sé che i suoi confini sono prevalentemente convenzionali e perché si trova creata da una successione di contingenze storiche, come le altre consorelle, ma fondamentalmente perché si presenta come un'associazione di territori, una volta ordinati in compartimenti, ciascuno dei quali ha una veste geografica propria, alcune totalmente, altre solo in parte riunite dalle vicende storico-amministrative" (L. Ranieri, Basilicata, Torino 1972, p. 2). Inoltre, l'identità regionale non è legata a forti caratteri di permanenza

80 Documento Preliminare al P.S.P. di Potenza diffusi, dove i caratteri storico-culturali appaiono spesso rimandare ad ambiti territoriali limitrofi lungo i confini (ad esempio, la Murgia pugliese, il Vallo di Diano campano, il Pollino calabrese) piuttosto che ad un’unità interna e autonoma.

Allora, come affrontare il tema dell'identità? Come porre la questione identitaria in modo adeguato perché prendano significato le condizioni di fluidità, molteplicità, perifericità a cui sembrano ripetutamente rimandare le vicende storiche regionali?

Emerge da una lettura sintetica delle vicende di questa regione che la storia dell’insediamento è fatta di episodi di coesistenza e di integrazione del modello urbano con quello del comprensorio (durante la colonizzazione magnogreca delle coste lucane), di periodi di generale marginalizzazione (dominazione romana), di equilibri mutevoli per i continui spostamenti di limiti amministrativi e di confini tra i mondi occidentale longobardo, orientale bizantino e islamico che proprio su queste terre dell’Italia meridionale si incontrano e si scontrano (il lungo medioevo), di costruzione di localismi (terra di feudi e non di città, con solo quattro "terre" regie o demaniali), di esperienze di partecipazione alla centralità (i centri della rappresentanza e del presidio normanno-svevi), e di condizioni di marginalità dentro la strutturazione e gestione dello Stato moderno (borbonico, italiano monarchico), di vicende di omologazione dipendenza culturale e traino con l'applicazione di modelli di sviluppo eterodiretti e rispondenti alle logiche del progresso e della globalizzazione (l’Italia del boom economico).

Centralità e marginalità, floridezza e degrado, integrazione ed estromissione si alternano e si intersecano. Ma ancora, l’area partecipa dell’esperienza storica del Mediterraneo e, solo come periferia, dell’esperienza storica dell’Europa. Partecipa delle sorti di un Sud Italia situato lungo la linea instabile di confine e di trincea tra mondi diversi : l’Oriente ortodosso e bizantino, l’Islam e l’Occidente cristiano. De Rosa e Cestaro impostano il tema dell'identità, intorno a cui organizzare i materiali per una storia della regione (Storia della Basilicata, Laterza, 1999-2002), considerando la Basilicata espressione di una tipica "civiltà della montagna", escludente il mare come risorsa, e con una storia dominata dalla dialettica montagna-pianura, uniformemente a ciò che avviene per gran parte delle regioni del Mediterraneo. Ancora, considerano caratteri peculiari la componente rurale-agraria e quella religiosa, i cui riflessi si radicano nel rapporto uomo-ambiente, "dove il degrado dell'ambiente naturale ha assunto il ruolo di protagonista del sottosviluppo".

Le prime genti, i Lucani venuti dalle regioni abitate dalle stirpi osco- sabelliche per occupare le terre a sinistra del fiume Silaro (Sele), si stanziano con forme di insediamento (i comprensori) di tipo non urbano, a piccoli nuclei distribuiti a presidio delle risorse dei territori, confermando

2° Sezione- Il quadro conoscitivo: lo stato dell’arte 81 forme e geografie insediative precedenti. Con l’introduzione sul territorio italico della forma di organizzazione urbana importata dai coloni greci, si avviano scambi tra le strutture insediative territoriali autoctone comprensoriali e quelle urbanocentriche provenienti dall'Egeo. La fase di elaborazione di un’ipotesi di coesistenza e di interscambio tra città di costa e villaggi arroccati vede, nei territori lucani, un punto di arresto e congelamento all’arrivo dei Romani. La sabbiosa costa ionica lucana vivrà l’abbandono fino all’Ottocento, e solo nel secondo dopoguerra queste lande malsane verranno sottoposte alla bonifica chimica, per poi essere oggetto di ristrutturazione con la riforma fondiaria e con la rifunzionalizzazione ad uso turistico legata alle dinamiche generate dal boom economico.

Già da una prima osservazione delle forme territoriali storiche che nel Mezzogiorno si sono stratificate, emergono modi di stanziamento e di radicamento che rimandano ad una doppiezza caratteristica di questo ambiente antropizzato: la duplicità tra centralità e marginalità, tra estroversione e introversione, tra mare ed entroterra appenninico, tra approdo e valico, tra città e territorio (agglomerazione e diffusione), tra radicamento e mobilità, tra colleganza e isolamento, tra frammentazione e sintesi, tra localismo e globalismo, tra aggregazione e dispersione, tra sistema e arcipelago, tra vico e stato. Il riconoscimento delle strutture insediative evidenzia l’alternarsi o, in alcuni momenti storici, la convivenza tra modelli d’uso, di stanziamento e di valorizzazione del territorio che realizzano due strategie opposte di governo territoriale e, in ultima analisi, due visioni complementari dell’esistenza. Attraverso le forme dell’insediamento, la dicotomia si traduce in alternativa o integrazione tra la modalità associativa e organizzativa della città e quella del comprensorio.

Ancora oggi una struttura territoriale a piccoli centri abitativi è quella che appare dominante, dove però le forme dell’articolazione, diffusione, distribuzione dell'insediamento, le forme delle relazioni tra nuclei insediativi e campagna, i modi dell'abitare e del mettere in produzione la risorsa territorio hanno caratteri differenziati e difficilmente riconducibili a modelli preconcetti. Dentro un Mezzogiorno di paesi la Basilicata è anche ancora Mezzogiorno di paesaggi, in cui il dato naturale - la campagna, il pascolo, il bosco, il fiume, l'agro, l'incolto, è restato dominante sul piano dell'estensione fisica, nell'impatto visivo e nella struttura funzionale e produttiva. E proprio quel rapporto uomo-ambiente può essere visto come sensore su cui misurare la portata delle modificazioni in atto all'interno di una modernità e di un progresso che in questa regione ha, ancora una volta, il segno del ritardo, per cui è storia recentissima e in corso quella di un disinvolto consumo di risorsa paesaggio, spreco di risorse naturali, proliferazione diffusa di periferia urbana in assenza di città. In questo senso va inteso l'avvertimento di De Rosa e Cestaro che il degrado dell'ambiente naturale ha assunto il ruolo di protagonista del sottosviluppo (gli stessi rimandano a P. Coppola e A. Telleschi, Basilicata: un cammino incerto

82 Documento Preliminare al P.S.P. di Potenza verso lo sviluppo. Atti del XXII Congresso geografico italiano, Cercola 1979, vol.IV).

Allora si tratta di capire il significato di un’assenza - l'immagine forte della regione -, di capire il ruolo giocato dalla varietà del suo territorio in assenza di confini geografici netti, di capire come e dove i confini di più ambiti identitari si spostano e con quali tempi. Ovvero, l'identità di questa regione potrebbe essere disegnata a partire dalla rappresentazione della fluidità con cui i confini identitari si spostano sul territorio e dei tempi di questi movimenti: tracciare, cioè, le estensioni e le durate degli ambiti d’identità territoriali, l'intrecciarsi di confini multipli (cesure che appartengono a fenomeni di scale differenti per durata e per ambiti geografici), i modi in cui lungo i confini (geografici e temporali) di tali ambiti si producono conflitti, salti, cesure, contiguità, discontinuità e contrattazioni.

Si tratta di lavorare per cercare, definire, collocare i punti di discontinuità, non tanto quelli che indicano dinamiche di tempo breve, ma principalmente quelle che parlano di durate del tempo lungo, della storia profonda, di quella che, pur apparendo immutabile, continua, lineare per il fatto d’essere quella lungo la cui durata si consolidano le strutture profonde di un territorio - come sono le strutture insediatile - tuttavia è anch'essa storia discontinua. Infatti, anche nella storia della lunga durata e delle strutture siamo in presenza di processi dinamici, con inizi, cesure, discontinuità. Sono proprio quelle discontinuità, quelle cesure, quegli inizi gli eventi che ritengo opportuno descrivere per comprendere le forme del territorio come esito di processi conflittuali, in cui agiscono intrecci di spinte molteplici e multidirezionali. I riferimenti concettuali e metodologici per quest’ipotesi di costruzione storiografica sono gli "eventi" foucoltiani e la "geostoria" di Braudel.

Sono individuate alcune discontinuità storiche in cui l’azione insediativa, la "produzione del territorio", le forme della "conquista ambientale" possono essere riconosciute come momenti costitutivi, ovvero determinanti nel segnare un inizio o una svolta. Per ognuna delle fasi costitutive sono individuati il tipo dell’intervento (di fondazione, d’integrazione, di ristrutturazione, di rifondazione, d’adeguamento) e le forme insediative che vanno prendendo consistenza di struttura, a cui associare il tipo d’insediamento (urbanocentrico, comprensoriale, a piccoli nuclei…) e il suo carattere (diffuso, polare, …). Per l’area studiata si possono individuare: un momento di fondazione ad opera delle etnie osco- sabelliche stanziate nei territori della Lucania probabilmente a partire dal VII sec. a.C. se non prima, e ad opera di coloni magnogreci tra l’VIII sec. e il VII sec. a.C.; un momento di ristrutturazione operato da Roma a partire dal III sec. a.C.; un momento di rifondazione condotto a cavallo tra alto e basso medioevo sulla spinta di comunità monastiche e rurali.

2° Sezione- Il quadro conoscitivo: lo stato dell’arte 83

L’insieme dei quadri ambientali (le unità ambientali per conformazione geo-climatica e vegetativa), dei principi di organizzazione dello spazio (la cultura urbana magnogreca e la cultura italica del comprensorio, quella degli insediamenti monastici greco-italici sommitali, quella dei paesi, dei feudi e delle poche "terre"regie o demaniali), dei nuclei insediativi (i nuclei di aggregazione e di organizzazione dello spazio: unità di vicinato, villaggio, città, unità residenziale-produttiva rurale, residenza diffusa) e delle relazioni tra essi (infrastrutture, gerarchie, relazioni commerciali-culturali-militari- amministrative) definiscono le specificità delle strutture insediative e i modi e i tempi del loro radicamento o delle loro trasformazioni.

La scala dimensionale a cui viene condotta l’osservazione varia, in modo funzionale alla lettura delle relazioni e dei processi, dall’ambito mediterraneo, all’Italia centro-meridionale, al Mezzogiorno peninsulare, alla Basilicata, agli ambiti comprensoriali inseriti nella regione. Le interpretazioni storiche, supportate da sintetici elementi informativi, vengono organizzate non in sequenzialità cronologica, ma per temi. Le coordinate sono il nucleo aggregativo (dall’unità di vicinato alla città) e il collegamento; la lente di osservazione è la struttura insediativa.

2.3.3 Il sistema insediativo storico L’analisi delle trasformazioni del territorio si è soffermata sui momenti riconosciuti come fondativi di una forma insediativa che in seguito ha costituito in qualche modo una matrice, un solco entro il quale orientare le scelte di intervento. Per questo motivo gran parte delle osservazioni si spingono a leggere un passato remoto che va dal Neolitico alla colonizzazione magnogreca, periodo lungo di gestazione e applicazione di un’idea insediativa che ancora oggi segna la forma di questo territorio e ne sostanzia il carattere, essendo stata la piattaforma su cui si sono ancorate (per assimilazione o in discontinuità) le esperienze successive tra cui emergono strategie di integrazione, di ristrutturazione, di rifondazione, di adeguamento dell’assetto del territorio.

L’assetto di lunga durata nelle forme insediative della regione disegna una struttura territoriale fatta di reti di relazioni a stretto raggio e caratterizzata da uno scarso livello di integrazione sovralocale.

Questo assetto era stato impostato nelle forme prodotte dalla coesistenza degli insediamenti magnogreci, che introducono sulla costa jonica il modello urbano della polis, con gli insediamenti comprensoriali delle popolazioni lucane arroccate sulla montagna appenninica della Basilicata. L’assetto così definito viene esasperato nei suoi aspetti di debolezza in età romana. Infatti, scompaiono i centri urbani della costa ionica, ad eccezione di Taranto che però sopravvive in condizioni di

84 Documento Preliminare al P.S.P. di Potenza marginalità, e vengono snaturati gli insediamenti delle popolazioni autoctone che avevano, nell’entroterra appenninico lucano e calabrese e nel Salento, uno spiccato carattere di radicamento e di reticolarità per il presidio territoriale d’area vasta, condizioni realizzate con la struttura dei comprensori. Scomparendo le città di costa, che costituivano l’armatura della struttura territoriale magnogreca, viene a mancare il connettivo territoriale (le città la cui economia è a base agricola, sfruttando le limitate ma fertili pianure costiere joniche, i porti e le vie di penetrazione territoriale attraverso le valli fluviali) e si radicalizza nei tempi lunghi quella forma territoriale caratterizzata dall’assenza di polarità e da molti localismi, con scarsi presidi urbani nelle zone interne e con una costa prevalentemente non abitata se non per pochi centri di portata limitata.

Il Mezzogiorno continentale rurale è caratterizzato non tanto dall’insediamento sparso quanto da quello dei paesi: siano essi insediamenti accentrati di piccole comunità contadine isolati in ampi territori agricoli e di pascoli (nella Murgia pugliese), o borghi arroccati sui rilievi collinari e montani isolati dall’asprezza dell’orografia (l’Appennino lucano e calabrese). Il territorio è così caratterizzato dalla scarsità di città e, allo stesso tempo, dalla scarsità di insediamenti diffusi sul territorio (una campagna senza uomini, dove cioè i contadini e i pastori si recano a lavorare spostandosi quotidianamente dai paesi dove invece risiedono).

L’esperienza della città è introdotta a questa parte del mediterraneo dai Greci che tra il IX secolo e il VII secolo vengono a fondare colonie lungo le coste meridionali tirrenica e ionica dell’Italia peninsulare e insulare. Prima del loro arrivo le esperienze insediative in questi territori è di tipo diffuso in unità di villaggi o, nella Daunia, di tipo protourbano. Dopo, anche l’esperienza insediativa di tipo urbano porterà il segno dell’esperienza autoctona protostorica che contribuirà a definire il carattere del territorio.

Alla modalità dell’accentramento e della polarizzazione il cui tipo insediativo corrispondente è la città, il modello italico elabora una modalità di relazione a rete tra unità diffuse in un ambito territoriale, il cui tipo insediativo corrispondente è il comprensorio. Questo carattere italico sopravvive anche all’importazione del modello urbano da parte delle colonie greche e ne interpreta in chiave locale il portato innovativo. Andando a scorrere le vicende storiche dell’Italia meridionale dall’esperienza magnogreca ad oggi, questo carattere ha costituito una matrice latente che ha agito e contribuito a connotare i modi di relazione, socializzazione, organizzazione dello spazio territoriale. Alle città dal carattere decisamente urbano, troviamo affiancati nuclei residenziali di ampie dimensioni che assumono lo status di “agro town” (nella definizione di Biagio Salvemini), o di “città natura” (nella definizione di Armando Sichenze) che conservano la dimensione e il carattere di borghi, una campagna popolata da residenze temporanee non subordinata ma

2° Sezione- Il quadro conoscitivo: lo stato dell’arte 85 interconnessa funzionalmente con la città-borgo, un localismo e allo stesso tempo una disponibilità che sono il sentimento di queste terre, una frammentazione che le rende arcipelago difficilmente adattabile alle sintesi e alla riduzione in polarità.

Il carattere frammentario - di arcipelago di localismi - rende difficile un’organizzazione in sistema, almeno secondo le forme consolidate con cui si applica questa modalità di gestione del reale. Tuttavia le molteplicità del Sud possono tramutarsi in risorsa; solo va creata una modalità tutta originale e compatibile di gestione di questa realtà che riesca a conciliare molteplicità e sintesi.

2.3.4 Stato dell'arte: studi e materiali per una storia del territorio in Basilicata Una storia del territorio provinciale, come storia delle dinamiche insediative, dei modi della conquista ambientale, della messa in valore delle risorse naturali e poi antropiche, è una costruzione per la quale serve attingere a racconti storiografici tradizionalmente appartenenti ad ambiti della ricerca storica molteplici e separati. Volendo collocare alcune tessere per una mappa degli studi che a tale fine si rendano disponibili, le storie dei popoli della Lucania e della Basilicata (ad inizio di questo filone di studi sta la Storia dei popoli della Lucania e della Basilicata di Giacomo RACCIOPPI, edita per la prima volta nel 1889) forniscono ipotesi sulle localizzazioni degli stanziamenti delle prime comunità sulle terre della regione meridionale in funzione delle risorse del territorio. Le ricerche archeologiche, condotte sui campioni di scavi e, quindi, per natura disciplinare, frammentarie, hanno prodotto ipotesi di scenari più ampi. Questi costruiscono ipotesi sui modi di organizzarsi e di scambiare di quelle prime comunità e, quindi, sui modi di mettere in valore le risorse.

L'archeologia classica e quella medievale costituiscono materiale storiografico su cui costruire quadri relativi sempre ai momenti fondativi e strutturanti il territorio antropizzato: la cesura e ridefinizione strutturale coincidente con l'arrivo dei Romani, il processo di rifondazione altomedievale con i grandi insediamenti monastici greco-italici sommitali e con i borghi fortificati. Per l'antichità, un ampio panorama delle pubblicazioni e dei programmi di scavi condotti nella regione è contenuto nel lavoro di sintesi storiografica del primo volume della recente Storia della Basilicata, a cura di Dinu Adamesteanu (Laterza 1999). Il secondo volume della stessa opera, a cura di Cosimo Damiano Fonseca, sul medioevo, è ad oggi in corso di stampa. In attesa di conoscere la sintesi prodotta da questo volume a più mani, per il medioevo si può partire dalla bibliografia contenuta nei saggi di Tommaso Pedio (ad esempio, La Basilicata dalla caduta dell'impero romano agli Angioini, Bari 1987-'89) e dalle sue costruzioni storiografiche.

86 Documento Preliminare al P.S.P. di Potenza

Per la storia moderna e per quella contemporanea i materiali disponibili attengono sempre e principalmente al settore disciplinare della storia politica, economica, sociale, culturale. All'interno di questi studi costituisce un filone interessante anche come documento storico quello delle analisi dei meridionalisti. I volumi laterziani della recente Storia della Basilicata per l'età moderna (a cura di A. Cestaro) e per l'età contemporanea (a cura di G. De Rosa) offrono un interessante panorama di problematiche che solo recentemente sono emerse a tracciare rinnovate linee interpretative circa le vicende regionali in queste epoche. Si tratta di ambiti temporali nei quali si vanno consolidando strutture insediative già tracciate e dove i segni fisici di costruzione del territorio sembrano per lo più restare confermati.

Tuttavia nella storia moderna e contemporanea, fino almeno al secondo conflitto mondiale, le invarianze di grande scala e di struttura devono fare i conti con fenomeni di portata più limitala che, pur non tracciando segni consistenti del territorio fisico, descrivono dinamiche sociali che possono essere lette come inizi di processi di modificazione del rapporto tra uomo e ambiente, dei modi dell'abitare e del mettere in valore le risorse, dei modi di essere comunità su un territorio comune. A partire da queste storie è da costruire una storia insediativa sia a grande scala (regionale, provinciale), sia a scala di dettaglio dove i materiali storiografici disponibili consistono, per lo più in storie delle città condotte come storie delle comunità e inquadrate nelle vicende regionali principalmente politico-sociali.

Ancora, per vagliare l'ipotesi di un’identità regionale tutta sovrastrutturale, amministrativa più che geografica e storico-culturale, sono utili studi di geografia da cui cogliere alcuni tratti della struttura geomorfologica dei paesaggi ambientali da far interagire con i molteplici confini politico-amministrativi, di civiltà, culturali che nel tempo si sono assestati sul territorio regionale (ad inizio di questo filone di studi possiamo mettere Basilicata di Luigi Ranieri, edito a Torino nel 1972).

2.4 Lo studio preliminare dei sistemi produttivi Attraverso questo studio si intende porre in evidenza le dimensioni socio demografiche e occupazionali da cui in parte dipende la domanda territoriale. In particolare, lo studio preliminare dei sistemi produttivi del territorio provinciale, della loro organizzazione reticolare e del quadro socio economico provinciale è finalizzato a descrivere il sistema territoriale attraverso le principali specializzazioni funzionali e a cogliere le variabili quantitative e descrittive che caratterizzano l’armatura urbano-produttiva e dei servizi del territorio.

2° Sezione- Il quadro conoscitivo: lo stato dell’arte 87

2.4.1 Dimensione demografica dei Comuni lucani Lo studio ha lo scopo di analizzare la struttura socioeconomica della Provincia di Potenza al fine di conoscerne le tendenze in atto sia dal punto di vista demografico che produttivo. A partire dai dati dei censimenti Istat del 1991 e 2001, si riporta dapprima la distribuzione della popolazione nei diversi comuni ed in seguito la sua evoluzione nell’ultimo decennio. Il 17.6% della popolazione lucana è concentrata nel capoluogo di regione (69295 abitanti) fra i centri con maggior numero di abitanti si distinguono: Melfi (16.183 unità il 4.1% dell’intera provincia), Lauria (13745 unità il 3.5% della provincia), Rionero in Vulture (13423 unità il 3.4% della provincia), Lavello (13067 unità il 3.3% della provincia), Venosa (12189 unità il 3.1% della provincia) ed Avigliano (12021 unità il 3.06% della provincia). I dati riferiti al 2001 mostrano come il 18% dei comuni della provincia abbiano meno di 1000 abitanti, mentre il 40% sia compreso nella classe fra 1000 e 3.000 abitanti e, nel complesso, rappresentino circa il 18% della popolazione della provincia (70473 unità). Seguono la classe fra 3.001 e 5.000 abitanti, che rappresenta il 22% dei comuni e circa il 21% della popolazione provinciale, quella fra 5.001 e 10.000 (13% dei comuni che rappresentano il 19.4% della popolazione della provincia) e quella con più di 10000 abitanti (solo 7 comuni). Tab. 6 - Popolazione Residente per classe di ampiezza demografica dei comuni della Provincia di Potenza al 2001

Classe di Comuni Popolazione ampiezza demografica Numero % Numero % 0-1000 18 18 14339 3,65 1001-3000 40 40 70473 17,95 3001-5000 22 22 81730 20,81 5001-10000 13 13 76199 19,41 oltre 10001 7 7 149923 38,18 Totale 100 100 392664 100

L’immagine che ne consegue è quella di una popolazione dispersa, soprattutto in aree tipicamente montane o collinari, interne o marginali rispetto al territorio regionale, con centri che conservano un notevole interesse storico e paesaggistico, ma che restano funzionalmente isolati. Il processo di rarefazione della popolazione è causa ed effetto di un impoverimento complessivo delle attività economiche locali, ormai ridotte nella maggior parte dei casi al ruolo di autosostentamento, e di fenomeni di abbandono e degrado del suolo.

88 Documento Preliminare al P.S.P. di Potenza

2.4.2 Stato e dinamiche della popolazione nella Provincia di Potenza La popolazione della Provincia di Potenza al 2001 rappresenta il 66% della popolazione regionale. La dinamica demografica della Provincia nel periodo 1991-2001 registra un andamento negativo; la popolazione è diminuita di circa 9000 unità, con un decremento percentuale di circa il 2,2%, il linea con il decremento registrato a livello regionale (2%). Tale tendenza può giustificarsi come conseguenza di un possibile effetto dovuto alle più scarse possibilità di una reale crescita economico-produttiva che continuano a caratterizzare la Basilicata; quanto appena affermato trova riscontro nel dato concernente il saldo migratorio(-1228) del 2001. È’ opportuno segnalare all’interno della provincia saldi positivi di crescita demografica, 16 dei 100 Comuni hanno fatto registrare nell'ultimo decennio incrementi di popolazione (Tav. 19); in particolare nei Comuni di Pignola (+17.1%), Marsico Vetere (+15.2%), Tito (+11.5%), che compensano una tendenza all'abbandono verificatasi di contro negli altri centri, con la punta massima registrata nei Comuni di Carbone (-27.1%), San Chirico Raparo (-23.1%), San Martino d’Agri (22.1%), Sasso di Castalda (-21.9%), San Paolo Albanese (-21.4%), Calvera (-21.1%), Banzi (-20.5%), Missanello (-20.1%). Occorre sottolineare come costituisca fattore determinante, per l’incremento della popolazione, la distanza dal capoluogo; in particolare per i comuni di Tito, Pignola, Picerno ed Avigliano ricadenti nelle immediate vicinanze di Potenza. Si evidenzia, però, tale aumento anche per i comuni caratterizzati da un incremento di addetti.

Le caratteristiche strutturali della popolazione della provincia evidenziano un processo di omologazione alle tendenze in atto a livello regionale, anche la provincia come la regione è investita dal fenomeno dell'invecchiamento. Mentre il peso della popolazione con età superiore ai 65 anni sul totale è rimasto invariato nell’ultimo decennio (14%), la popolazione con età inferiore ai 15 anni è diminuita (18.7% del 1991 al 13.7% del 2001). L’indice di vecchiaia9 è passato, infatti, dal 79.3 del 1991 al 110.9 del 2001. L'invecchiamento della popolazione è il risultato di una pluralità di fenomeni socio-demografici; in particolare della contrazione del tasso di natalità10 della provincia, che è passato dall’11,7 del 1991 all’8,96 del 2001 e della contestuale stabilizzazione del tasso di mortalità11, il quale è rimasto invariato ed in particolare pari allo 0,94% sia nel 1991 che nel 2001 Tali

9 L’indice di vecchiaia viene calcolato dividendo il numero di individui con più di 65 anni per il numero di individui con meno di 15 anni, e moltiplicando il risultato per 100. E’ un indice della proporzione degli anziani presenti nella popolazione rispetto al numero di giovani: se è superiore a 100, significa che in quel territorio la popolazione anziana è più numerosa di quella giovanile. 10 Il tasso di natalità viene calcolato dividendo il numero di nati per la popolazione residente e moltiplicando per 1000 11 Il tasso di mortalità viene calcolato dividendo il numero di morti per la popolazione residente e moltiplicando per 1000

2° Sezione- Il quadro conoscitivo: lo stato dell’arte 89 fenomeni hanno portato ad un progressivo invecchiamento della popolazione con l'unica eccezione del comune di Guardia Perticara e Pietrapertosa, confermando così la totale assenza di dinamismo a livello provinciale. Analoghe considerazioni si evincono dall'analisi del peso della popolazione "improduttiva" su quella in età lavorativa. L'area nel suo complesso si caratterizza per valori di "carico sociale", misurato dall’indice di dipendenza12, in progressiva diminuzione; si passa infatti dal 50.7 del 1991 al 39.1 del 2001. Naturalmente, poiché tale fenomeno è strettamente correlato alla struttura demografica, il segnale non può essere letto in maniera positiva se si considera che nei comuni in cui l’indice di dipendenza diminuisce si registra l’aumento degli ultra sessantacinquenni piuttosto che quello della popolazione giovanile che garantirebbe un ricambio generazionale.

Rispetto al numero delle famiglie a livello provinciale si registra un incremento del 3.7% con una riduzione del numero medio di componenti per famiglia che passa da 3 del 1991 a 2.78 del 2001, la stessa tendenza è confermata a livello comunale. L’incremento del numero di famiglie si registra nei comuni che hanno registrato una crescita economica nell’ultimo decennio. Con riferimento alle statistiche del movimento della popolazione la Provincia di Potenza, nel 2001, presenta, un saldo naturale di -172 unità ed un saldo migratorio di -1228. Il dato complessivo del bilancio demografico provinciale è di -1400 unità. A livello comunale, la maggior parte dei comuni registrano un saldo naturale negativo eccezioni di un certo rilievo sono i comuni di Lavello (70 unità), Pignola (49 unità), Melfi (42 unità). È’ interessante notare che solo cinque comuni su cento dell’intera provincia hanno contemporaneamente il saldo naturale e migratorio positivo. I comuni che presentano un saldo complessivo positivo sono Teana (67 unità), Marsico Vetere (59 unità), Pietrapertosa (58 unità), Melfi (53 unità) e Pescopagano (42 unità). Nell’ultimo decennio però tra comuni che presentano un saldo complessivo (1991-2001) positivo e che contemporaneamente registrano saldo naturale e migratorio positivo i più significativi sono: Tito (138 unità), Marsico Vetere (91 unità), Avigliano (75 unità), Sant’Arcangelo (73 unità), Teana (64 unità).

2.4.3 La geografia delle attività produttive e di servizio Allo scopo di descrivere le tendenze in atto, in questo paragrafo vengono analizzate le variazioni registrate negli ultimi dieci anni nei diversi settori dell’economia lucana con. Lo studio inizia dall’analisi del settore primario, per proseguire con un’indagine che ha riguardato dapprima

12 (Popolazione con 65 anni e oltre + popolazione con meno di 15 anni)/ popolazione in età compresa tra 15 e 64 anni)*100

90 Documento Preliminare al P.S.P. di Potenza l’evoluzione del settore industriale, poi quello commerciale ed infine quello terziario. L’agricoltura occupa ancora oggi un ruolo rilevante nell’economia regionale, rappresentando la maggiore fonte di reddito soprattutto in quelle aree più interne non interessate da fenomeni di sviluppo industriale o da altre forme di produzione economica. Va inoltre sempre più affermandosi la sua integrazione con altre attività collaterali come l’artigianato ed il turismo, anche attraverso progetti come i Leader, al fine di creare una rete di valorizzazione delle risorse legate al territorio e promovendo contestualmente lo sviluppo delle aree rurali.

L’agricoltura lucana si caratterizza ancora per un’eccessiva polverizzazione dell’offerta e per una debole qualificazione delle produzioni, fattori che rendono spesso embrionali i progetti di filiera, anche per quelle produzioni che si caratterizzano fortemente sia per qualità che per quantità dei prodotti. Le produzioni locali sono spesso fonte di approvvigionamento di mercati extraregionali che li commercializzano poi con marchi propri. A livello regionale in Basilicata sono state rilevate 81.922 aziende agricole, zootecniche e forestali, con superficie totale pari a 716.838 ettari, di cui 537.695 di superficie agricola utilizzata (SAU). Rispetto al Censimento del 1990, il numero delle aziende risulta diminuito di 1.433 unità ( -1,7%), a fronte di una riduzione della superficie totale di 127.862 ettari (-15,1%), di cui 86.439 ettari di SAU (-13,8%). Secondo i dati del V° censimento Istat dell’agricoltura del 2000 le aziende agricole operanti in provincia di Potenza risultano pari a 54.067 unità e detengono una superficie complessiva di circa 458.808 ettari, con una superficie media per azienda pari a 8,5 ettari. Rispetto al censimento del 1990 il numero di aziende agricole è diminuito di circa il 5,3% e la superficie media di circa 1,2 ettari. La riduzione del numero di aziende è stata più contenuta rispetto alla diminuzione delle superfici aziendali, cosicché le superfici medie delle aziende localizzate in provincia di Potenza sono diminuite rispetto ai valori osservati dal precedente Censimento: esse sono passate da 9,7 a 8,5 ettari in termini di superficie totale e da 6,7 a 5,9 ettari in termini di superficie agricola utilizzata.

A livello provinciale le aziende con maggiore estensione territoriale sono localizzate nella parte nord della provincia nella fascia Ofantina. Le aziende meno estese, al contrario, sono localizzate nell’area comprendente l’hinterland di Potenza e le zone ricadenti nei bacini del Marmo e del Melandro, lungo l’asse viario della Sinnica, da S. Arcangelo fino ai dintorni di Maratea. La superficie agricola utilizzata risulta, nella provincia di Potenza, pari a 319.568 ettari; di questi, 189.383 ettari circa, sono utilizzati a seminativi, 18.894 ettari a coltivazioni speciali quali vite ed olivo e 106.918 ettari a prati permanenti e pascoli, mentre la superficie boscata è pari a 105.313 ettari.

2° Sezione- Il quadro conoscitivo: lo stato dell’arte 91

Per quanto riguarda la distribuzione territoriale dell’utilizzazione dei terreni, la gran parte dei seminativi è localizzata nella parte settentrionale della provincia, ovvero nel Vulture e nella fascia bradanica; le colture specialistiche sono maggiormente concentrate nella parte settentrionale e sud orientale del territorio provinciale, ossia nel Vulture e nella fascia lungo il Sinni; al contrario la zona occidentale e meridionale della dorsale appenninica è caratterizzata da una più estesa superficie boschiva come l’area del piano paesistico di Sellata Volturino e il parco del Pollino. Il patrimonio zootecnico regionale risulta composto, al censimento del 2000, di 77.862 capi bovini, 83.165 capi suini, 335.757 capi ovini e 97.545 caprini. Rispetto al patrimonio zootecnico regionale, la provincia di Potenza ha un’incidenza significativa sia per quanto riguarda gli ovini che i caprini, con una quota pari rispettivamente al 78,5% ed al 65%. All’interno della provincia il patrimonio bovino è concentrato maggiormente nella parte nord-occidentale, in un’ampia area che da Nord a Sud va dal Vulture, attraverso il Marmo e il Melandro fino alla Val d’Agri e che comprende più ad Est parte dell’Alto Bradano, dell’Alto Basento e del Camastra Alto Sauro; il patrimonio ovino risulta distribuito su quasi tutto il territorio provinciale con una concentrazione più accentuata nelle aree del Marmo e del Melandro e meno accentuata nelle zone del Medio Agri, Alto Sinni e Alto Sarmento; il patrimonio caprino presenta una maggiore concentrazione nelle zone più centro-orientali della provincia, con una punta più marcata in corrispondenza dell’Alto Sauro Camastra; il patrimonio suino è concentrato soprattutto nell’area del Marmo e del Meandro e nella fascia che va dalla Val d’Agri fino al Lagonegrese.

Nel settore agricolo e dello sviluppo rurale sono individuabili due differenti tipologie territoriali, in riferimento alle modalità diverse di produzione: quella legata alle produzioni e alla loro valorizzazione all’interno di progetti di filiera (Vulture, fascia Bradanica, i fondovalle irrigui dell’Agri e del Sinni), e quella legata ad una agricoltura compatibile con la tutela e la valorizzazione delle risorse ambientali del territorio, con la difesa del suolo e la prevenzione del rischio idrogeologico (sono queste le aree interne della regione dell’Appennino centro settentrionale e del Pollino). Il settore industriale nell’ultimo decennio ha registrato una diminuzione complessiva a livello provinciale del numero di unità locali del 13.65%, non mancano picchi positivi, infatti 33 dei comuni della provincia su 100 hanno evidenziato una dinamica positiva. È’ il caso di Rivello per il quale si segnala un incremento del 67.5% rispetto al 1991, di Viggiano con un incremento del 62%, Tito (53%), Baragiano (49%), Brindisi di Montagna (43,7%). Ben 67 comuni della provincia denunciano un decremento delle unità locali nell’ultimo decennio; questa tendenza negativa è molto evidente per i comuni di Oppido Lucano (-89,5%), Rapolla (-86.8%), San Fele (-80.3%).

92 Documento Preliminare al P.S.P. di Potenza

Per quanto riguarda gli addetti del settore dell’industria, questi rappresentano al 2001 il 43% degli addetti totali, con una variazione positiva rispetto al 1991 del 15%. Tab. 7 - Addetti ed unità locali nelle diverse attività produttive e variazioni dal 1991 e 2001

Industria Commercio Altri Servizi Totale n° unità n° unità n° unità unità Addetti Addetti Addetti addetti locali locali locali locali 1991 32175 6503 18236 10218 14046 4862 64457 21583 2001 32002 5615 15471 8899 26786 9139 74259 23653 var -173 -888 -2765 -1319 12740 4277 9802 2070 var% -0,54 -13,66 -15,16 -12,91 90,70 87,97 15,21 9,59 % sul tot al 43,10 23,74 20,83 37,62 36,07 38,64 100 100 2001

Confrontando i dati relativi al 1991 con quelli del 2001 si può immediatamente rilevare un aumento del numero degli addetti nel settore industriale nel comune di Melfi; dove si è registrato un incremento del 195%, che concorda con quanto atteso poiché in tale comune è presente uno stabilimento della Fiat. E’ da evidenziare, però, come all’incremento degli addetti non corrisponda un incremento delle unità locali, quindi il settore industriale ha subito una trasformazione positiva solo dal punto di vista degli addetti ma non da quello della nascita di nuove unità locali. Valori in crescita si sono evidenziati anche per il comune di Venosa, sia per ciò che concerne gli addetti sia per le unità locali; in ambedue i casi l’incremento è stato di circa il 25%. In realtà ci si attendeva una crescita dei valori relativi agli addetti e alle unità locali anche per il resto dell’area del Vulture-Melfese per l’ esistenza di imprese di imbottigliamento delle acque minerali, data la presenza del bacino idro-minerario e per l’evoluzione del il settore alimentare. In particolare nel comune di Rionero si è registrato un decremento del 36% del numero degli addetti nel settore industriale, a questo corrisponde anche un decremento (-57%) delle unità locali. Stessa situazione si presenta per altri comuni della medesima area, quali Lavello il cui decremento degli addetti è pari al 46%, mentre quello delle unità locali è pari al 61%, nonostante la presenza delle imprese della corsetteria che avrebbe dovuto far registrare un dato positivo e Rapolla con un decremento sia degli addetti (-85,5%) che delle unità locali (-87%).

Per quanto riguarda l’area occidentale della provincia, laddove sono presenti gran parte degli agglomerati industriali, si è verificato: a Balvano il numero degli addetti ha subito variazioni positive (11%) a fronte di una riduzione di unità locali (-45,8%); a Baragiano gli addetti sono diminuiti del 33% mentre le unità locali sono aumentate del 49%; a Tito i due valori hanno registrato una dinamica positiva (13% per gli addetti e 53% per le unità locali).

2° Sezione- Il quadro conoscitivo: lo stato dell’arte 93

Un’ultima considerazione si può fare per l’area meridionale, evidenziando che per alcuni comuni come Lagonegro e Laurenzana, la tendenza per quanto riguarda sia il numero degli addetti che delle unità locali è negativa. In particolare, per Lagonegro si è registrato una variazione percentuale negativa per entrambi i valori: del 79,43% per il numero degli addetti al 2001 rispetto al 91 e del 76,62% per le unità locali; per Laurenzana, invece, la variazione è risultata del -55% per gli addetti e del -51% per le unità locali. A Maratea la tendenza è positiva per ciò che concerne gli addetti, dato che si è avuto un incremento, seppur minimo, dell’1,25%, mentre per le unità locali la variazione percentuale è negativa, ovvero pari al -31,18%. Altri due comuni importanti di tale area, quali Latronico e Lauria, invece, fanno registrare un incremento positivo sia nei valori relativi agli addetti che alle unità locali. Nel primo caso del 24,75% per gli addetti e del 5,26% per le unità locali; nel caso di Lauria del 3,65% e del 40,22%.

L’analisi dei dati ha evidenziato anche nel settore del commercio una rete distributiva debole, a livello provinciale il numero di unità locali nel decennio di riferimento ha subito una variazione negativa del 12,9%. Valori positivi riguardano solo pochi comuni della Provincia come nel caso di di Lauria con un incremento del 9,6%, Marsico Vetere con il 17,7%, Melfi con lo 0,33%, Sarconi con il 18,5% e Tito con il 2%. I comuni che evidenziano un decremento del numero delle unità locali sono 18, specie per Acerenza (-56,5%), Armento (-51,8), Atella (-45,5%), Avigliano (-44%), Balvano (- 41,5%), Bella (-41%). Per quanto riguarda gli addetti del settore del commercio questi rappresentano al 2001 il 21% degli addetti totali (cfr. Tabella 8 ) con una variazione rispetto al 1991 del -15,2%. Per ben 81 comuni della provincia si è avuto una riduzione del numero degli addetti; picchi negativi di variazione degli addetti tra il 1991 ed il 2001 si sono registrati per Castelluccio Superiore (-72,7%), Pietrapertosa (- 65,4%), Castelsaraceno (-61.2%), Acerenza (-53,6%), Armento (-51,8%), Montemurro e Maratea (circa -51%), Barile (-50%). Per il resto dei comuni si evidenziano variazioni positive; emergono tra questi Chiaromonte (+122,4%), Laurenzana (+91,1%), Tito (57,1%) e Guardia Perticara (+50%).

Il 36% degli addetti della provincia al 2001 sono impiegati nel settore dei servizi le cui unità locali rappresentano il 39% di tutta la provincia (cfr. Tabella 6). L’analisi dei dati ha premesso di far emergere in modo molto marcato una dinamica evolutiva positiva del settore, infatti dal 1991 al 2001 si è registrata una variazione del 90% degli addetti e del 87% delle unità locali. Questa tendenza positiva è confermata in tutti i comuni della provincia con l’unica eccezione di Brindisi di Montagna che registra un decremento degli addetti di 7,1% contro un incremento delle unità locali del 85%. Al contrario, nell’ultimo decennio Cancellara denota una riduzione del

94 Documento Preliminare al P.S.P. di Potenza

12,5% delle unità locali a fronte di un incremento del 28,6% degli addetti; decrementi per entrambe le variabili si sono riscontrate per Ruoti seppure di circa il 3% per gli addetti e di circa il 4% per le unità locali.

2.4.4 Interazioni tra quadro strutturale della popolazione, struttura produttiva e sistema agricolo Per avere un quadro completo della struttura socio-economica della provincia si è reso necessario valutare l’interazione tra quadro strutturale della popolazione, struttura produttiva e sistema agricolo. A tale proposito si sono selezionate le variabili, relative ai diversi sistemi, che meglio hanno permesso di individuare nell’ambito della provincia tre tipologie di comuni: − a prevalente carattere agricolo; − a prevalente carattere urbano − a prevalente carattere naturalistico; Queste tipologie sono il risultato di un’analisi di tipo statistico; in particolare accanto alle usuali tecniche statistiche di tipo descrittivo si è fatto riferimento all’Analisi delle Componenti Principali13.

In una prima fase, al fine di cogliere il prevalere del carattere rurale o a sfondo naturalistico di ciascun comune sono state prodotte due elaborazioni su variabili statistiche che descrivono: il primo insieme i diversi usi del suolo per comune e il secondo il prevalere o meno di tratti di ruralità, basati sui primi, pochi dati censuari disponibili. Successivamente, in una seconda fase, si sono considerati i dati relativi all’uso del suolo ricavati dal 4° e 5° censimento Istat sull’agricoltura e quelli relativi all’occupazione del 7° ed 8° censimento dei servizi. Rispetto all’elaborazione precedente si sono considerati non solo i censimenti del 2001 ma anche quelli del 1991; inoltre in questa fase si sono trascurati i dati strettamente legati alla struttura demografica ed abitativa, in quanto lo scopo era quello di individuare le aree a forti componenti antropiche non tanto come aree occupate da una maggiore popolazione, ma piuttosto come quelle zone in cui le attività antropiche (addetti ai diversi settori e relative unità locali) hanno peso maggiore rispetto alle componenti agricole o naturalistiche. Le variabili considerate sono quelle di seguito elencate: − addetti unità locali industria − addetti unità locali commercio − addetti unità locali altri servizi − numero unità locali industria − numero unità locali commercio

13 l’Analisi delle Componenti Principali (ACP) è tecnica che consente di trasformare un insieme di p indicatori rilevato su n unità statistiche in un insieme di k variabili minore p, dette componenti principali le quali siano in grado di spiegare una parte significativa della variabilità presente negli indicatori originali.

2° Sezione- Il quadro conoscitivo: lo stato dell’arte 95

− numero unità locali altri servizi − Superficie Agricola Utilizzata (SAU) − totale seminativi − boschi − colture specialistiche (vigneti e uliveti)

Dopo una prima applicazione dell’ACP si è ritenuto opportuno non considerare il comune di Potenza nelle analisi successive, in quanto essendo capoluogo di regione, per le sue caratteristiche si discostava molto dagli altri, condizionando in maniera eccessiva i risultati delle analisi. La nostra applicazione ha consentito di sintetizzare l’elevato numero di variabili prima elencate con nuovi fattori detti componenti principali.

In particolare, in questo caso, le prime due componenti possono ritenersi le più significative per l’interpretazione di tali variabili, dato che, da sole, spiegano il 73.3% della varianza totale.

La prima componente, in particolare, ha permesso di discriminare con una certa evidenza i comuni caratterizzati in maniera significativa (dal punto di vista statistico) per la presenza di addetti ed unità locali nei settori dell’industria del commercio e dei servizi. La lettura della seconda componente ha permesso di selezionare, sempre dal punto di vista statistico, i comuni caratterizzati da una elevata superficie boschiva da un lato, e quelli con SAU, seminativi e colture specializzate, cioè vite ed olivo, dall’altro (Fig. 10). Dall’analisi di questo grafico si evince che nell’ultimo decennio non ci sono state variazioni di rilievo, le uniche variabili che registrano uno spostamento sono quelle relative agli addetti ed alle unità locali nel settore dell’industria.

La distribuzione dei comuni rispetto alle prime due componenti non permette una discriminazione di questi rispetto alle proprie vocazioni; tale disciminazione è stata possibile, invece, considerando la distribuzione dei dati rispetto alla seconda e alla terza componente. (Fig. 11). Infatti, mentre nel primo caso i comuni si addensano in una nuvola (Fig. 12), rendendo difficile un’immediata valutazione dei risultati dell’analisi, nel secondo caso è evidente come i comuni si distribuiscono in maniera più eterogenea (Fig. 13) nello spazio definito dalla seconda e terza componente permettendo, attraverso considerazioni sulle componenti stesse, di pervenire all’individuazione delle tre aree prima menzionate. La definizione delle aree è stata possibile raggruppando i comuni al variare delle componenti; in particolare valori positivi di entrambe hanno consentito di selezionare i comuni a forti componenti naturalistiche; valori negativi della terza componente e positivi della seconda hanno permesso di selezionare i comuni a forti componenti antropiche; valori negativi della

96 Documento Preliminare al P.S.P. di Potenza seconda e qualsiasi valore della terza componente, hanno, infine, consentito di individuare quelli a forti componenti agricole.

Tali risultati sono stati utilizzati per elaborare una carta che evidenziasse nell’ambito della provincia le tre aree prima menzionate (Tavola 20). Accanto all’analisi in componenti principali (ACP) si è ricorsi alla Cluster Analysis14 al fine di raggruppare i comuni della provincia secondo le variabili socio economiche creando, così, gruppi aventi caratteristiche comuni. Tale tipo di analisi si basa su un insieme di procedure (algoritmi) che si prefiggono di classificare o raggruppare individui in classi tali che: − gli individui all'interno di una classe siano molto simili; − ogni classe sia relativamente distinta dalle altre.

La Cluster Analysis stabilisce solo l’appartenenza ad un gruppo basandosi sui concetti di similarità. L’analisi dei cluster ha consentito di far emergere le affinità e le differenze tra i comuni della provincia di Potenza, tenendo conto non solo delle variabili strettamente socio-economiche, ma anche di quelle relative all’uso del suolo e a quelle di tipo naturalistico, ricavandone, così, un'immagine della Provincia tutt'altro che appiattita. Questo tipo di osservazione ci ha quindi permesso di raggruppare i comuni in virtù delle similarità, da porre a base di strategie di intervento e programmazione mirate sulle esigenze locali da approfondire con l’applicazione di ulteriori tipi analisi.

Da un confronto tra le tavole, che riguardano una l’individuazione delle tre tipologie di comuni (con caratteri urbani, agricoli e naturalistici Tav.20) e l’altra concernente il raggruppamento dei comuni in cluster (Tav.21), si evince una certa corrispondenza tra i due risultati, ovvero i comuni che ricadono in una delle tre aree prima menzionate (con caratteri urbani, agricoli e naturalistici) si ritrovano in grandi linee contenuti nello stesso cluster (Tav.22).

Come si può notare nel primo e nel secondo cluster sono raggruppati la maggior parte dei comuni che nell’analisi precedente erano risultati a prevalente carattere naturalistico con qualche eccezione di realtà a prevalente carattere urbano, come Avigliano, Rionero, Lagonegro; la maggior parte dei comuni a carattere prevalentemente agricolo ricadono nel terzo, quarto e quinto cluster ad eccezione del comune di Tito che presenta caratteri prevalentemente urbani. I rimanenti comuni a carattere agricolo sono compresi nel sesto e settimo cluster; in particolare nel

14 La Cluster Analysis raccoglie un insieme di tecniche statistiche che presentano il comune obiettivo di effettuare raggruppamenti di unità statistiche in base alla similarità del loro profilo,descritto da un insieme di variabile.

2° Sezione- Il quadro conoscitivo: lo stato dell’arte 97 settimo cluster è presente il solo Comune di Melfi, distaccandosi dagli altri, evidentemente per la differente realtà produttiva visto che quest’ultima è connessa all’attività dello stabilimento SATA.

La dinamica della distribuzione territoriale della popolazione è sempre legata, con uno stretto rapporto di interdipendenza, al meccanismo di sviluppo economico e sociale di una regione ed ai caratteri morfologici del territorio (Camagni, 1993). L’analisi attraverso il tempo dell’ andamento demografico in Basilicata e in particolare lo studio delle dinamiche comunali negli ultimi anni rilevano come lo squilibrio nella distribuzione della popolazione sul territorio rappresenti uno dei problemi fondamentali della regione Ne emerge il disegno di una provincia diversificata in realtà territoriali tra loro differenziate e distinguibili per i caratteri della loro struttura socioeconomica.

Tali caratteri concernono, gli aspetti del sistema produttivo locale e quelli strettamente legati all’uso del suolo. E quindi emergono priorità di riequilibrio delle opportunità tra le diverse individualità territoriali delineate, ma poiché il riequilibrio è un astrazione è opportuno ricercare un compromesso ottimale tutelando le specificità delle tipologie comunali.

98 Documento Preliminare al P.S.P. di Potenza

,8

boschiboschi 01 91 ul_industria 01

,4

add_commercioul_comm 01 01 ul_comm 91 ul_industriaadd_altriadd_commercio91ul_altriservizi servizi 91 91 91 add_industria91ul_altriservizi 01 add_altri servizi 01

0,0 add_industria 01

sau_91 sau_01 -,4 colture spec.91 colture spec. 01

tot_semintot_semin 91 01

-,8 II° Componente II° 0,0 ,5 1,0

I° Componente

Fig. 10 - Distribuzione delle variabili in funzione delle componenti principali

2° Sezione- Il quadro conoscitivo: lo stato dell’arte 99

1,00

boschi 01 0,80 boschi 91

0,60

sau_01sau_91 0,40 tot_semin 01 tot_semin 91

III° Componente 0,20

ul_industria 01 0,00 ul_industriaul_commercio 91 91 add_industriaadd_industria 01 ul_commercioadd_commercio 91 01 01 colture spec. 01 add_commercioul_altriservizi 91 91 colture spec.91 add_altriserviziul_altriserviziadd_altriservizi 01 01 91 -0,20

-0,40 -0,80 -0,60 -0,40 -0,20 0,00 0,20 0,40 0,60 II° Componente

Fig. 11 - Distribuzione delle variabili in funzione delle componenti principali

100 Documento Preliminare al P.S.P. di Potenza

4 Lauria

2 Marsico NuovoLagonegro Tito RioneroAvigliano in Vultu re Marsicovetere Latronico Moliterno Abriola Bella Tramutola Calvello ViggianelloPignola RotondaFrancavilla in Sinni Picerno Maratea TrecchinaPaternoBrienzaAtella Senise SassoSan di CastaldSeverinoRivelloBaragiano a LucanoViggiano Castelluccio Inferio Muro Lucano CastronuovoPietrapertosaTerranovaChiaromonteAnzi di di Sant' Pollino SarconiSatrianoGrumento di Nova Lucania SanCastelluccioSan Paolo CostantinoSpinosoCastelsaraceno Albanese Superio AlbanRuoti Sant'AngeloCersosimoSanNemoli ChiricoEpiscopia LeRaparoLaurenzana Fratt SanCastelmezzanoBrindisiRuvoSanCastelgrande FardellaMartinoGallicchio Chirico del Montagna MonteBalvano d'AgriPescopagano Nuovo Sant'Arcangelo 0CampomaggioreSavoiaRapone di LucaniaCorletoPietragalla Perticara CalveraTrivignoNoepoli Vietri di Potenza TeanaAlbanoArmento di Lucania MissanelloGinestraCarboneMontemurroFilianoSan Fele CancellaraRoccanova Vaglio BasilicataAcerenza Guardia PerticaraForenza Ripacandida Tolve RapollaPalazzo San Gervasio Oppido Lucano MaschitoBarile Banzi Melfi

Lavello -2 Montemilone

Venosa

Genzano di Lucania

-4 II° Componente -1 0 1 2 3 4 5 6

I° Componente

Fig. 12 - : Distribuzione dei comuni in funzione delle componenti principali

2° Sezione- Il quadro conoscitivo: lo stato dell’arte 101

3 AbriolaMarsico Nuovo

Genzano di Lucania Tolve Calvello

Forenza Terranova di Pollino 2 Montemilone Bella Atella

Anzi Viggianello

Pietrapertosa Lauria Brindisi Montagna BanziPalazzo San Gervasio Moliterno 1 CorletoSan Fele PerticaraViggiano Picerno Brienza CastronuovoSasso di di Castalda Sant' AcerenzaAlbano di LucaniaMuroRivello Lucano SanGrumento ChiricoSan Severino Rap Nova aro Lucano Guardia PerticaraCastelsaracenoChiaromonte Venosa San MartinoLaurenzana d'Agri Armento San PaoloCostantinoSarconi Albanese Alban 0 PignolaLatronico Vaglio BasilicataCarboneSan ChiricoBalvano Nuovo Tramutola CancellaraSant'ArcangeloCastelmezzanoGallicchio Rotonda Oppido LucanoMontemurroCastelluccioPescopagano Superio Tito Lavello TrivignoCastelgrandeSatriano di Lucania VietriNoepoliPietragalla di Potenza Maschito SavoiaRaponeCersosimoFardella di LucanTrecchina ia RoccanovaFiliano CastelluccioSpinosoPaterno Inferio Sant'AngeloRuvoCalvera del MonteFrancavilla BaragianoLe Fratt in Sinni RipacandidaMissanello Lagonegro TeanaEpiscopiaNemoliRuoti Melfi Ginestra Campomaggiore Senise -1 Maratea Avigliano Marsicovetere BarileRapolla

-2 Rionero in Vultu re

-3 III° Componente III° -4 -2 0 2 4

II° Componente

Fig. 13 - Distribuzione dei comuni in funzione delle componenti principali

102 Documento Preliminare al P.S.P. di Potenza

2.5 L’armatura urbana: dati ed elaborazioni La valutazione dello stato dell’arte basata sulla raccolta dei dati relativi ai comuni della provincia ha fornito le informazioni della situazione attuale ed indicazioni sulle tendenze socio-economiche e produttive subite nell’ultimo decennio. Tale valutazione ha fornito anche informazioni utili per l’organizzazione del territorio provinciale in funzione delle diverse caratteristiche dei comuni, permettendo di giungere all’individuazione di tre differenti tipologie di comuni a seconda del prevalente carattere urbano, agricolo o naturalistico. L’ individuazione di queste tre tipologie costituisce la base per lo studio dell’armatura urbana che, essendo parte integrante del sistema insediativo e strettamente dipendente dall’ossatura morfologica di un territorio, richiede una lettura incrociata delle caratteristiche demografico-insediative con quelle legate all’uso del suolo. L’obiettivo di questa fase è quello sia di pervenire a una tipologia di aree urbane da interpretare in ragione della loro collocazione nell’ambito di una possibile struttura gerarchica del sistema, sia, contemporaneamente, di perseguire una definizione categoriale in grado di portare alla luce caratteri e processi che definiscono la struttura e le possibili evoluzioni dell’armatura urbana.

In questa fase, al fine di documentare il rango di appartenenza dei diversi centri, gli schemi organizzativi del settore dei servizi, i livelli di specializzazione e di dotazione, è stata sviluppata una procedura di classificazione dei centri sulla base delle variabili socio economiche e di dotazione dei servizi ricorrendo alla rank-size rule (regola rango- dimensione). Questo approccio consente la lettura dell’organizzazione del territorio individuando la gerarchia urbana dei centri in esso ricadenti. Per i fini dello studio non si è condotta un’analisi dettagliata di tutti i servizi e quindi si è fatto riferimento ad un sottoinsieme di essi ritenuti rappresentativi del livello e della qualità dell’armatura urbana dei centri; della struttura socio economica; si è ritenuto opportuno considerare il numero degli addetti dei tre macro settori economici; un ulteriore fattore considerato è la prima componente principale ottenuta dalle analisi precedenti riconosciuta come fortemente espressiva delle variabili socio economiche ed infine si è preso in considerazione anche la dimensione demografia dei centri. In particolare si è ritenuto opportuno calcolare l’indice aggregato di dotazione dei servizi10 quali: − Abbigliamento − Alimentazione − Automobili, trasporti ed imballaggi

10 Viene proposto come la somma delle frequenze delle diverse categorie di servizio presenti in ogni comune, ciascuna ponderata con l’inverso della frequenza dello stesso servizio in tutta la Provincia.

Sezione 2-Il quadro conoscitivo: lo stato dell’arte 103

− Cultura, arte editoria − Finanza, credito, assicurazioni e forniture per l’ufficio − Informatica e telecomunicazione − Medicina ed Estetica − Orologi, gioielli − Pubblicità − Sport e Tempo Libero I dati relativi ai servizi sopraelencati sono stati ricavati dalla consultazione delle pagine gialle 2000 (SEAT). L’analisi dell’indice aggregato evidenzia una distribuzione spaziale dei servizi sul territorio provinciale: risultano avere una elevata dotazione di servizi non banali pochi grandi comuni della provincia, emergono tra questi Potenza, Melfi, Rionero in Vulture, Lavello, Venosa, Lauria, Senise, Marsicovetere, Avigliano, Lagonegro, Maratea. Confrontando questo risultato con le precedenti analisi si evince che i comuni appena menzionati appartengono sostanzialmente alla tipologia prima denominata come a prevalente carattere urbano, ad eccezione di Melfi, Lavello, Venosa e Lauria, che pur ricadendo nella tipologia a prevalente carattere agricolo, conservano caratteristiche tipiche dei comuni più grandi della provincia.

Un parametro considerato per l’individuazione della gerarchia dei centri è stato quello relativo agli addetti dell’industria, del commercio, ed ai servizi registrati dal 8° censimento Istat delle industrie e dei servizi al 2001. Il rango connesso agli addetti all’industria ha evidenziato i comuni di Melfi, Potenza, Tito, Lauria, Atella, Avigliano, Venosa, Balvano, Viggiano, Rionero in Vulture, Grumento Nova, caratterizzati come è noto per la presenza di aree industriali nei propri territori. Per quanto riguarda il rango relativo agli addetti al commercio esso ha discriminato i comuni di Potenza, Lauria, Melfi, Lavello, Venosa, Rionero in Vulture, Avigliano, Tito, Marsicovetere, Senise, Sant'Arcangelo, confermando quanto evidenziato dall’indice aggregato riguardo la dotazione di servizi. Rispetto al settore dei servizi, i comuni con un maggior numero di addetti sono risultati Potenza, Melfi, Lavello, Rionero in Vulture, Lagonegro, Avigliano, Lauria, Maratea, Venosa, Muro Lucano, Marsico Vetere; si tratta nella maggior parte dei casi di comuni dotati di servizi socio assistenziali ed in ogni caso sono tra quelli con il maggior numero di abitanti.

A questo punto, per avere un valore di sintesi dei tre settori economici, si è ritenuto significativo classificare i diversi centri rispetto agli addetti totali, da questo è emerso che Potenza, Melfi, Tito, Lauria, Lavello, Avigliano, Rionero in Vulture, Venosa, Atella, Marsicovetere, Maratea, si distinguono dagli altri e in grandi linee confermano le analisi fin qui svolte. Dalla valutazione del rango relativo alla prima componente principale, sintesi di tutte le variabili socio-economiche, si evince che i comuni di

104 Documento Preliminare al P.S.P. di Potenza

Potenza, Melfi, Lavello, Venosa, Lauria, Rionero in Vulture, Avigliano, Genzano di Lucania, Tito, Sant'Arcangelo, Maratea sono maggiormente legati alle variabili suddette. Infine un’ulteriore informazione considerata per la costruzione dei livelli gerarchici dei centri è quella concernente la dimensione demografica. Il rango derivato, come ci si aspettava, mette in risalto i comuni di Potenza, Melfi, Lauria, Rionero in Vulture, Lavello, Venosa, Avigliano, Senise, Sant'Arcangelo, Tito, Picerno in quanto di dimensione maggiori rispetto agli altri centri della provincia. Si è ricercato, inoltre, un rango di sintesi a partire da quelli precedentemente descritti, sulla base del quale è stato possibile individuare cinque livelli gerarchici a cui appartengono i vari centri della provincia di Potenza (Tav. 23). Nel primo livello rientrano 17 dei 100 comuni della provincia, nel secondo 20 e i rimanenti si ripartiscono equamente tra gli altri livelli. A partire dalle aggregazioni dei comuni del territorio provinciale, ricavate da un precedente lavoro realizzato dal Dapit per la Regione Basilicata11, si è proceduto ad una valutazione della distribuzione dei centri dei diversi livelli rispetto ad esse. La proposta dei raggruppamenti elementari di comuni, a cui si è pervenuti nel lavoro realizzato per la Regione Basilicata, è basata sulla dimensione demografica minima e sulle accettabili condizioni di accessibilità relativa interna, in modo da rispondere alla necessità di individuare porzioni territoriali per l’erogazione dei servizi di base alle comunità (Tav.24).

È emerso che nessuna delle trentuno partizioni contenesse più di un centro di primo livello e che, nella maggior parte dei casi, questi ultimi fossero distribuiti in partizioni costituite da un solo comune; quattordici partizioni contengono i centri di secondo livello, in particolare sei di queste ne comprendono due e i rimanenti solo uno; situazione analoga si è registrata per i centri di terzo livello dove le partizioni che includono un solo centro sono nove; i 21 centri di quarto livello sono racchiusi in tredici partizioni in particolare una sola ne contiene tre; cinque dei comuni considerati di quinto livello sono inclusi in una sola partizione, mentre gli altri sedici sono contenute in altre dieci partizioni.

I centri considerati più svantaggiati sono quelli dei livelli quarto e quinto e la loro distribuzione sul territorio provinciale sembra addensarsi nella parte meridionale, soprattutto nella zona dei parchi del Pollino e della Val d’Agri; molti di questi centri, quindi, ricadono nella tipologia dei comuni a carattere prevalente naturalistico. Alcuni dei centri dei livelli suddetti, come Castelmezzano, Pietrapertosa, Albano di Lucania, sono compresi nell’area del parco di Gallipoli Cognato. I centri di primo livello coincidono con la

11Dapit, (2000), I sistemi territoriali locali in Basilicata e l’organizzazione dei servizi decentrati nel quadro della programmazione regionale

Sezione 2-Il quadro conoscitivo: lo stato dell’arte 105 tipologia dei comuni a prevalente carattere urbano; fanno eccezione i comuni della parte settentrionale della provincia che sostanzialmente si sono classificati come a prevalente carattere agricolo (Tav.25).

Al fine di misurare il peso dei centri svantaggiati rispetto a quelli relativamente più organizzati ricadenti in una partizione, si è ritenuto opportuno calcolare un indice dato dal rapporto tra la popolazione dei centri di quarto e quinto livello e quella dei centri di primo, secondo e terzo. In questo modo si sono individuate le partizioni che presentano una situazione non particolarmente favorevole (Tav.26). Incrociando le informazioni ricavate da quest’ultima analisi, con quelle che ci hanno consentito di individuare le tre tipologie dei comuni della provincia e con le aree riservate a parchi o altre zone protette, non è stato difficile costatare che le aree penalizzate sono quelle a prevalente carattere naturalistico che ricadono nelle aree del parco del Pollino, della Val d’Agri e di Gallipoli Cognato.

In sintesi, ne risulta un’immagine del sistema urbano multiforme, derivata appunto dalla “misura” delle sue funzioni strutturanti. Di fronte alla natura complessa delle fenomenologie indagate e alle limitazioni proprie di un’analisi comparativa di realtà storiche, politiche ed economiche diverse, occorre prevedere un’interpretazione dei risultati che non può intendersi in senso rigido e deterministico, ma deve al contrario lasciare aperta la possibilità di interpretazioni alternative. Come sempre succede, allorché si rifiuta la pretesa oggettività delle variabili quantitative e dei metodi “rigorosi” di trattamento delle stesse, il problema è fornire una misurazione a ciò che non è agevolmente misurabile, prevedendo pertanto un certo grado di soggettività che è proprio di uno specifico bagaglio teorico. Solo sviluppando questo punto di vista, attento alle differenze ed alle peculiarità, si possono cogliere innovativi criteri di scelta di allocazione di risorse e di localizzazioni delle attività produttive, di commercio, di servizio, strettamente legate ai contesti.

2.6 Studio preliminare del sistema della mobilità provinciale L’analisi del sistema della mobilità provinciale è stata estesa ad una rete di infrastrutture e servizi che si sviluppa geograficamente su un territorio che ingloba l’intera regione ed alcune aree ad essa contermini al fine di tener conto delle relazioni di traffico interne alla provincia e tra esse e le altre zone. Particolare attenzione è stata posta, in relazione alla debole struttura dell’armatura urbana regionale, alla maglia stretta della rete e, quindi, all’accessibilità locale. Di seguito viene quindi delineato l’attuale assetto della rete plurimodale regionale, configurando il sistema relazionale mediante la definizione del

106 Documento Preliminare al P.S.P. di Potenza sistema delle direttrici regionali ed interregionali e delle loro reciproche interconnessioni. Infine dall’analisi degli strumenti di pianificazione sono stati desunti gli scenari programmati per il sistema della mobilità regionale e valutate la coerenza tra obiettivi di sviluppo, strategie delineate ed azioni individuate in relazione alla struttura insediativa della Basilicata e alle necessità di mobilità alle diverse scale territoriali.

2.6.1 Il sistema relazionale regionale Le caratteristiche insediative, infrastrutturali ed economiche della Basilicata sono fortemente condizionate dall’orografia e dalla collocazione geografica della regione, “cerniera” territoriale e relazionale tra il corridoio Tirrenico e l’area Ionica calabro-pugliese ed il corridoio Adriatico. Il sistema relazionale, strutturato su una rete di direttrici pluri e monomodali di fondovalle e trasversali alla regione, asseconda il ruolo di cerniera tra i due assi portanti del sistema relazionale nazionale nord- sud costituito dai due corridoi Tirrenico ed Adriatico.

Il sistema economico-produttivo regionale si sviluppa in gran parte lungo le direttrici di carattere interregionale Potenza – Foggia e Ferrandina- Matera-Bari ed in particolare i poli industriali lucani con competitività nazionale, costituiti dallo Stabilimento SATA e dal distretto del mobile imbottito, sono collocati rispettivamente nell’area industriale di San Nicola di Melfi nell’area Matera-Altamura-Santeramo in Colle. La zona del Metapontino, che si estende a ridosso della direttrice jonica, è anch’essa un’area produttiva a valenza nazionale nel settore agricolo, e nello specifico nella produzione e commercializzazione di primizie. Tra le aree regionali emergenti dal punto di vista economico risulta la zona della Val D’Agri, che si sviluppa lungo la direttrice di fondovalle SS. 658, a seguito dell’estensiva coltivazione dei giacimenti di petrolio in grado di coprire circa il 15 % del fabbisogno nazionale. L’area centrale della Basilicata, collocata sull’Appennino Lucano ed a bassa accessibilità, presenta una bassa densità insediativa e la totale assenza di attività economiche e produttive. Nel merito dell’assetto trasportistico, la regione Basilicata presenta una situazione certamente “difficile” per quanto riguarda il sistema relazionale. Fortemente montuosa, presenta una popolazione di densità modesta (623.000 abitanti su un territorio di 9.992 km2 ) ed in genere diffusa sul territorio. La dotazione infrastrutturale risulta pertanto inferiore alla media nazionale in relazione all’estensione del territorio e superiore alla media in relazione alla popolazione servita (tab. 8)12.

12 I dati riportati nella tab. 8 non tengono conto del trasferimento della viabilità statale di competenza ANAS alle Province

Sezione 2-Il quadro conoscitivo: lo stato dell’arte 107

Tab. 8 - Indicatori caratteristici di confronto [Fonte: Istat]

AREE TERRITORIALI INDICATORI CARATTERISTICI BASILICATA MEZZOGIORNO ITALIA Numero comuni 131 2.547 8.168 Superficie Kmq 9.992 123.046 308.637 Abitanti 623.000 20.927.881 57.103.833 Densità di popolazione per Kmq 62,3 170,1 185,02 Km di strade per 100 Kmq Autostrade 0,29 1,67 1,97 Strade Statali 20,28 16,17 14,47 Strade Provinciali 28,91 37,63 35,49 Altre strade 17,35 29,92 45,91 Totale 66,84 85,40 97,84 Km di strade per 10.000 abitanti Autostrade 0,47 0,98 1,07 Strade Statali 32,23 9,51 7,82 Strade Provinciali 45,94 22,12 19,18 Altre strade 27,58 17,58 24,81 Totale 106,21 50,19 52,88

La criticità e l’inadeguatezza del sistema della mobilità regionale è desumibile dall’indice di dotazione infrastrutturale che evidenzia per la Basilicata il valore più basso tra le regioni italiane (59,9) (fig. 14). Nello specifico la Basilicata evidenzia una dotazione inferiore alla media nazionale ed alle altre regioni meridionali, ad eccezione che per la Sardegna ed il Molise, per quanto attiene le strade ed autostrade e la rete ferroviaria (tab. 9).

Fig. 14 - Livello di dotazione infrastrutturale per regione [Fonte: Unioncamere – Istituto Guglielmo Tagliacarne, 2001]

108 Documento Preliminare al P.S.P. di Potenza

Tab. 9 - Indici di dotazione infrastrutturale [Fonte: Unioncamere – Istituto Guglielmo Tagliacarne, 1998]

REGIONI STRADE RETE METAN. IMPIANTI A.DOTTI TLC PORTI AEREOP SERVIZI TOTALE AUTOSTR FERROV. ELETTR DEPUR. IMPRESE Piemonte 112,4 91,7 111,2 87,7 111,5 107,1 39,8 99,9 122,8 99,8 Valle d’Aosta 168,1 29,5 52,0 188,7 108,0 65,6 22,6 25,5 95,8 91,6 Lombardia 139,7 113,9 154,7 148,3 100,5 121,2 22,2 176,4 161,4 128,8 Trentino Alto Adige 97,8 90,2 63,9 115,7 100,2 73,7 20,9 33,4 50,1 75,7 Veneto 111,7 94,7 103,5 101,9 101,7 103,0 163,1 56,5 69,7 101,5 Friuli Venezia Giulia 92,0 131,6 92,4 122,9 131,4 105,4 114,1 40,0 94,6 103,6 Liguria 119,9 127,3 104,6 127,9 115,4 102,1 220,2 42,2 88,4 115,3 Emilia Romagna 117,4 91,3 103,3 80,0 117,4 107,4 79,8 48,5 102,0 95,7 Toscana 109,8 108,9 92,5 84,9 96,9 100,9 134,6 46,2 88,6 95,7 Umbria 60,0 104,4 86,4 82,5 97,7 76,7 47,1 42,3 77,4 75,8 Marche 89,2 74,9 87,8 57,0 100,7 96,7 70,9 42,5 63,1 77,0 Lazio 113,9 112,0 125,9 113,4 105,6 115,5 93,8 138,8 196,6 122,9 Abruzzo 88,1 71,3 80,3 66,7 96,0 92,4 36,9 41,0 55,9 72,1 Molise 73,4 42,9 72,9 71,1 94,4 72,9 48,2 35,7 27,1 62,2 Campania 95,8 166,7 88,8 85,4 80,3 97,1 161,8 43,8 56,5 95,6 Puglia 61,2 71,1 83,4 83,9 109,3 90,8 112,7 43,4 75,2 81,2 Basilicata 51,3 49,3 72,6 58,1 114,0 42,7 50,4 31,7 62,1 59,9 Calabria 60,6 73,6 58,4 68,3 77,9 75,3 53,4 39,5 44,3 62,3 Sicilia 60,6 63,8 66,5 75,2 73,7 83,1 99,1 42,3 62,4 69,6 Sardegna 41,3 40,1 0,0 99,3 104,6 64,6 218,4 47,4 53,7 71,7 Nord-ovest 129,9 108,4 135,9 129,0 105,3 114,6 61,1 122,3 141,8 118,2 Nord-est 110,4 97,2 98,7 97,2 114,2 102,4 107,2 48,1 82,9 96,6 Centro 105,3 105,6 107,2 94,5 101,5 105,4 104,4 67,2 135,5 102,9 Mezzogiorno 70,5 92,5 71,0 79,9 88,2 85,5 104,2 41,8 59,8 77,0 2.6.2 La rete ferroviaria La rete ferroviaria della Basilicata è costituita da 357 Km di linee a scartamento ordinario delle FS, da 106 Km di linea a scartamento ridotto delle F.A.L. attualmente in esercizio e di 111 Km di linea a scartamento ridotto disattivata. Le stazioni ferroviarie sono in genere esterne alle aree urbane, quando non sono decisamente lontane da esse. Solo 15 dei 131 Comuni hanno la stazione contigua al centro abitato. La regione Basilicata, a causa della sua ubicazione geografica, rimane praticamente esterna alle tre linee ferroviarie principali che attraversano l’Italia meridionale: la Napoli- Battipaglia - Paola - Reggio Calabria (Tirrenica) che interessa la regione per soli 17 Km circa, la Foggia - Bari - Brindisi - Lecce (Adriatica) che resta del tutto esterna la Taranto - Metaponto - Sibari - Reggio Calabria (Ionica) che lambisce la costa ionica. Carattere nazionale presenta il collegamento realizzato dalla linea Battipaglia - Potenza - Metaponto che corre da Nord - Ovest a Sud - Est per circa 157 Km connettendo la linea Tirrenica con la Ionica: esso costituisce l’asse portante del sistema ferroviario regionale e può considerarsi l’unica linea con dotazioni di primo livello a servizio della

Sezione 2-Il quadro conoscitivo: lo stato dell’arte 109 regione. Da segnalare l’intervento ferroviario, in corso ormai da molti anni, strategico per la provincia di Matera, di connessione della Battipaglia - Metaponto con il capoluogo provinciale, attraverso il collegamento “Ferrandina – Matera”, per il quale è già stato sottoscritto un protocollo di intesa tra la Regione - FS S.p.A. e Ministero dei Trasporti che prevede non solo l’ultimazione dei lavori, ma anche il collegamento con “La Martella” e quindi con “Bari”, utilizzando il tracciato della linea ex FAL. Le linee delle FAL attualmente in esercizio nella regione presentano caratteristiche molto simili tra loro e cioè pendenze molto elevate (punte del 35 ‰), raggi delle curve anche di 100m, binario a scartamento ridotto (950 mm), distanza media tra le fermate compresa tra 2,3 e 4,2 Km, basse velocità massime e commerciali. Restano ancora in esercizio le linee Potenza Inferiore - Potenza Superiore - Avigliano Città, Matera - Altamura - Bari, Potenza - Avigliano Scalo - Altamura - Bari. La seconda riveste notevole importanza nel collegamento fra Matera e Bari, della quale è previsto l’inserimento nella rete FS, in base agli accordi sopra richiamati. La linea Potenza - Altamura - Bari, per le caratteristiche prestazionali che può offrire, pur costituendo l’unico collegamento ferroviario tra i capoluoghi regionali della Basilicata e della Puglia, lambendo il territorio provinciale di Matera, è utilizzabile solo per tratti locali, ed un suo adeguamento non appare strategico.

2.6.3 La rete stradale La rete stradale della Basilicata si sviluppa per circa 6.600 Km ripartiti secondo quanto sintetizzato nella tabella 10. Dai dati raccolti nelle tabelle 8, 9 e 10 si evince che il territorio regionale è attrezzato in misura minore rispetto alla media nazionale: la densità delle strade in relazione alla superficie risulta infatti, per la Basilicata, pari a 66 km di strade per ogni 100 kmq di territorio contro i 98 dell’Italia. Tuttavia la densità, con riferimento alla popolazione, è in Basilicata circa il doppio del valore medio nazionale (106 km di strade per 10.000 abitanti contro 53). Tab. 10 - - Parametri di confronto della rete stradale regionale

AREE TERRITORIALI AUTOSTRADE STRADE STRADE ALTRE STRADE TOTALE STATALI PROVINCIALI Dati Assoluti BASILICATA 29 2.008 2.862 1.718 6.617 MEZZOGIORNO 2.054 19.895 46.290 36.804 105.043 ITALIA 6.091 44.657 109.523 141.666 301.937 Composizione % BASILICATA 0,4 30,3 43,7 25,6 100 MEZZOGIORNO 2 18,9 44,1 35 100 ITALIA 2 14,8 36,3 46,9 100

110 Documento Preliminare al P.S.P. di Potenza

La struttura della rete, ancora ampiamente incompleta (in particolare per i collegamenti con la Puglia) è incentrata sulle direttrici di fondovalle, che, se garantiscono la funzione di collegamento regionale ed interregionale per le sole aree centrali della regione e della provincia, non consentono complessivamente un sufficiente livello di connessione territoriale, non integrandosi con una adeguata rete di accessibilità interna. Anche la maglia della rete autostradale nazionale non serve direttamente la regione che, solo nella parte Sud – Occidentale, è lambita dalla A3 Salerno - Reggio Calabria alla quale si connettono le principali strade regionali di fondovalle.

2.6.4 La struttura del sistema relazionale In sintesi il sistema relazionale regionale è strutturato su 7 direttrici, di cui tre plurimodali, che si sviluppano lungo il fondovalle del fiume Basento e sull’itinerario Potenza-Melfi-Foggia e sulla costa ionica, ed altre 3 stradali individuate: − dalla S.S. 598 “Fondovalle Agri”; − dalla S.S. 653 “Sinnica”; − dall’itinerario S.S. 7 -S.S. 99- S.S. 96; − dalla S.S. 655 “Bradanica” non interamente completata.

La strutturazione del sistema relazionale è stata fortemente influenzata dall’orografia della regione che, a fronte di 3 collegamenti est-ovest colleganti l’autostrada A3 alla S.S. 106 “Jonica”, non ha consentito la realizzazione di itinerari completi nord-sud. Nella monografia tematica sono riportate, per ognuna delle sei direttrici citate, la descrizione dell’assetto, delle principali caratteristiche funzionali e la indicazione delle interconnessioni con la rete dei trasporti nazionale e regionale.

2.6.5 La programmazione e gli studi sui trasporti a livello regionale, provinciale e comunale Le politiche strutturali sul sistema dei trasporti previste nella regione, e nello specifico nella Provincia di Potenza, sono desumibili dall’analisi delle previsioni degli strumenti di pianificazione, di settore e non, approvati ed in attuazione. Uno scenario programmatico di assetto della rete dei trasporti regionale è definito nel Piano Regionale di Sviluppo 1998-2000 dagli Assi Strategici di Programma (ASP) in cui sono previsti, nell’ambito degli scenari di sviluppo socio-economico delineati, interventi sulla rete stradale e ferroviaria. Gran parte degli interventi previsti nei suddetti documenti sono compresi nell’ambito di tre dei sette Accordi di Programma Quadro (APQ)

Sezione 2-Il quadro conoscitivo: lo stato dell’arte 111 sottoscritti all’atto della stipula dell’ Intesa Istituzionale promossa da Governo nazionale e Regione Basilicata (L.R. 22/98), per una manovra finanziaria complessiva di lire 1.907.840 milioni, a cui devono sommarsi i 43.230 milioni di lire per completamenti e studi di fattibilità (ex. L. 208/98) e 212.144 milioni di lire per l’Accordo Val Basento (ex Del. CIPE 120/99).

Nell’ambito della Legge Obiettivo (legge 443/2001) e nella successiva delibera CIPE 121/2001, inerente il I programma delle infrastrutture strategiche, sono individuate delle opere infrastrutturali di preminente interesse nazionale ricadenti nel territorio lucano inerenti il sistema di collegamenti trasversali. Le caratteristiche essenziali delle suddette infrastrutture sono riportate nell’intesa generale quadro sottoscritta tra il Ministero delle Infrastrutture e la Regione Basilicata. Un quadro completo degli interventi previsti sulla rete viaria regionale, con la definizione delle opere prioritarie, è stato delineato nell’ambito del Piano Regionale della Viabilità predisposto nel 2003 ed in via di definitiva approvazione. La struttura dei servizi di trasporto pubblico locale, la riorganizzazione dei bacini e le indicazioni per la definizione delle modalità di trasporto per i bacini a domanda debole sono state analizzate nel Piano di bacino della provincia di Potenza (1999). Uno studio per la razionalizzazione dei servizi e dei costi inerenti il sistema di trasporto pubblico regionale è stato predisposto dalla Regione Basilicata nel 2003. Nel piano urbano del traffico della città di Potenza (1998), polo di attrazione provinciale e regionale, oltre al riassetto del sistema della circolazione e della sosta è stata studiata e strutturata la riorganizzazione delle percorrenze interne alla rete urbana di Potenza al fine di razionalizzare l’accesso degli autobus extraurbani.

Va evidenziato che la delibera C.I.P.E n. 106 del 1999 ha finanziato i seguenti studi di fattibilità, completati ed approvati, inerenti le infrastrutture di trasporto: − realizzazione di un aeroporto civile della Basilicata:ipotesi progettuali alternative; − sistema integrato dei trasporti sulla direttrice sud-nord (collegamento trasversale tra l’asse tirrenico e l’asse adriatico); − sistema delle connessioni stradali lungo la direttrice est-ovest (itinerario Murgia-Pollino); − corridoio di valico tra le valli del Basento e del Bradano (itinerario Potenza-Matera); − itinerari alternativi collegamento stradale delle aree industriali ex L. 219/81 (Baragiano-Vitalba); − collegamento meccanizzato dei nodi urbani principali del territorio comunale di Maratea.

112 Documento Preliminare al P.S.P. di Potenza

Per un esame dettagliato dei contenuti degli studi e degli strumenti di programmazione presi in esame in questo documento si rimanda alla monografia tematica.

2.6.6 I dati disponibili per la costruzione di un sistema di informazioni territoriale per il supporto alle decisioni Per la costruzione del sistema informativo territoriale relativo al sistema relazionale si è acquisita la cartografia Tele Altas MultiNet. La caratteristica fondamentale di questo stradario digitale è che i veri temi (strade, punti d'interesse, ecc.) sono già suddivisi in vari livelli che comprendono i relativi attributi che, pronti all'uso, sono immediatamente integrabili in tutte le applicazioni GIS nelle quali il reticolo viario risulta un elemento fondamentale. Inoltre sono presenti tabelle specifiche per il geocoding e per il routing. Informazioni di corredo come ferrovie, CAP, luoghi di interesse, agglomerati urbani ed altro ancora, completano questa banca dati geografica. Questo prodotto integra le informazioni contenute nelle banche dati StreetNet Connect, che contiene tutte le strade, comprese quelle relative alla circolazione locale ed è specifico per i Capoluoghi di Provincia, e RoadNet Connect che contiene le strade relative alla circolazione di maggiore importanza, ideato per tutto il territorio extraurbano. Queste due banche dati raccolgono i dati relativi a una vasta rete stradale, fornendo informazioni estremamente dettagliate. La copertura dei dati acquisiti da Tele Atlas si estende su tutto il territorio della provincia di Potenza, compreso lo stesso capoluogo. Il sistema di coordinate usato da Tele Atlas è in coordinate geografiche, latitudine/longitudine in gradi decimali. La rete è organizzata su più livelli informativi in formato shape secondo gli standard ESRI con le relative tabelle (dbf); i diversi elementi costitutivi la rete sono classificati attraverso attributi espressi in codice che ne definiscono le caratteristiche più importanti. A livello puntuale poi, i nodi sono distinti in varie tipologie in relazione alle informazioni che esprimono dell’arco stradale, definito come elemento stradale di caratteristiche omogenee definito da un nodo di inizio e uno di fine.

2.6.7 Metodologie per l’analisi della viabilità provinciale Scopo di questo paragrafo è la descrizione della metodologia, e delle conseguenti modalità operative, mediante le quali si è operato in sede di analisi della viabilità provinciale al fine di metterne in risalto le peculiarità e porre le basi per la definizione di metodologie di valutazione degli effetti di eventuali interventi atti a valorizzare: − le aree meno favorite;

Sezione 2-Il quadro conoscitivo: lo stato dell’arte 113

− le aree a più bassa densità abitativa e a scarsa connettività.

La metodologia qui definita consta di due livelli: − in un primo livello, di robustezza dei collegamenti, è stata indagata la connettività in termini di esistenza e caratteristiche delle alternative di percorso congiungenti i diversi comuni della provincia; − in un secondo livello, di sensibilità infrastrutturale dei collegamenti, è stata definita una classificazione degli archi infrastrutturali della rete di trasporto stradale in funzione del loro interessamento dei percorsi individuati in precedenza.

L’insieme delle dipendenze tra i diversi blocchi operativi in cui è possibile schematizzare la procedura è descritto in fig. 15

Zonizzazione Schematizzazione della rete (comuni) stradale in grafo

Determinazione dei percorsi

Analisi della robustezza dei collegamenti interzonali

Analisi della sensibilità infrastrutturale dei collegamenti

Scenari di rischio Analisi della vulnerabilità delle connessioni

Fig. 15 - Dipendenze tra i diversi blocchi operativi della procedura

In figura è anche suggerito, in tratteggio, un ulteriore approfondimento (qui non trattato in quanto esula dai contenuti di questo documento preliminare, ma che potrebbe far parte di un ulteriore strumento attuativo) che, partendo dai risultati della analisi della sensibilità infrastrutturale dei collegamenti, permette di pervenire alla analisi delle vulnerabilità delle connessioni una volta individuate, tramite la definizione di uno scenario di rischio, le ricadute sui diversi archi infrastrutturali della rete stradale considerata. Nel prosieguo sono descritte le attività sviluppate per la conduzione delle analisi descritte che possono riassunte nei seguenti passi: 1.- definizione della tipologia della analisi; 2.- individuazione delle variabili (indicatori) ritenute idonee a quantificarne il livello;

114 Documento Preliminare al P.S.P. di Potenza

3.- misurazione dei valori assunti dagli indicatori presi in considerazione.

2.6.7.1 Zonizzazione Lo scopo della presente analisi è stato quello di individuare il livello di connettività esistente all’interno del territorio della provincia di Potenza. A tal proposito, quindi, la suddivisione in zone è stata fatta coincidere con la suddivisione in comuni; pertanto sono state individuate 100 zone e 9.900 collegamenti Origine - Destinazione.

2.6.7.2 Schematizzazione della rete stradale in grafo La schematizzazione della rete stradale in grafo (Tav.27) è stata condotta individuando le infrastrutture stradali principali sino al livello provinciale. Data la peculiarità dell’analisi per la quale non si è considerata l’interazione tra domanda di trasporto ed offerta, le uniche caratteristiche fisiche e funzionali dei diversi archi stradali rilevanti sono state le velocità di percorrenza e le lunghezze di diversi archi stradali.

2.6.7.3 Determinazione dei percorsi La determinazione dei percorsi è stata condotta sulla base dei tempi di percorrenza utilizzando un algoritmo di calcolo dei k-minimi percorsi, ovvero dei primi k percorsi ordinati in maniera crescente rispetto ai tempi di percorrenza a partire da quello di tempo minimo.

2.6.7.4 Analisi della robustezza dei collegamenti interzonali Mediante questa tipologia di analisi è stata valutata la robustezza dei collegamenti esistenti tra le diverse coppie origine-destinazione investigando, una volta individuati i diversi percorsi alternativi, la loro sovrapposizione. A tal proposito, come misura sintetica di tale robustezza è stato definito un Indice di robustezza della connettività (IRC). Questo indicatore è stato associato ad ogni coppia Origine - Destinazione (nel seguito indicata come relazione O/D) ed è stato ottenuto, definiti i percorsi, dal rapporto tra il numero di archi totali che compongono i diversi percorsi connettenti la generica relazione O/D ed numero di archi infrastrutturali interessati dai medesimi percorsi. I valori che possono essere assunti da questo indicatore sono compresi tra 1 e k (dove k è il numero dei percorsi che connettono la relazione O/D) e forniscono delle informazioni circa il grado di sovrapposizione esistente tra i diversi percorsi. Un valore di IRC = 1 indica che ogni arco di ogni singolo percorso corrisponde ad un distinto arco infrastrutturale e ciò implica che i diversi percorsi sono tra loro

Sezione 2-Il quadro conoscitivo: lo stato dell’arte 115 assolutamente non sovrapposti. Un valore di IRC pari al numero dei percorsi invece significa che i diversi percorsi sono tra loro coincidenti. Quindi, quanto più il valore assunto da questo indicatore è prossimo all’unità tanto più i diversi percorsi sono distinti e migliore è la connettività della relazione O/D anche a seguito di eventi che potrebbero causare l’inagibilità di uno degli archi infrastrutturali.

2.6.7.5 Analisi della sensibilità infrastrutturale dei collegamenti Questo livello di analisi è basato sulla individuazione dei rami infrastrutturali maggiormente interessati dalle connessioni individuate in precedenza, al fine di definire una gerarchia tra le diverse infrastrutture, individuando quelle il cui funzionamento e la cui efficienza sia basilare per il mantenimento della connettività della rete. Ai fini di questa analisi, a partire dai k percorsi definiti in precedenza connettenti le diverse relazioni O/D, sono stati valutati, per ogni arco infrastrutturale, il numero di relazioni che attraversano l’arco e, per ciascuna di questa relazione, è stato valutato l’indicatore di sensibilità infrastrutturale (ISI) come la percentuale dei percorsi che vi appartengono che passano per l’arco considerato. Questo indicatore può assumere valori compresi tra 1/k, valore per cui uno solo dei percorsi connettenti la generica relazione O/D attraversa l’arco, e 1, valore in corrispondenza del quale si ha che tutti i percorsi connettenti la generica relazione O/D attraversano l’arco in questione. In quest’ultimo caso l’arco diventa critico per la relazione presa in considerazione, nel senso che, una eventuale inagibilità causerebbe la disconnessione della relazione stessa, ovvero non sarebbe più possibile connettere tra loro i due comuni interessati dalla relazione O/D considerata.

2.6.8 Sintesi dei risultati dell’analisi L’analisi è stata condotta su una rete le cui caratteristiche basilari sono riassunte in Tab. 11. Le analisi sono state condotte determinando i primi 3, 6 e 9 percorsi di tempo minimo (k = 3; k = 6; k = 9). Come si può notare dai valori riportati nella tabella, esistono alcune relazioni O/D per le quali il numero di percorsi possibili risulta minore di k.

Tab. 10 - Caratteristiche del grafo della rete di trasporto

Numero Numero Numero Numero totale percorsi Nodi Archi Relazioni O/D k = 3 k = 6 k = 9 397 1032 9900 29642 59281 88901

Di seguito sono riassunti in maniera aggregata i risultati principali delle diverse analisi. Una descrizione più dettagliata dei valori assunti dai diversi indicatori considerati è riportata nella monografia tematica.

116 Documento Preliminare al P.S.P. di Potenza

2.6.8.1 Robustezza dei collegamenti I risultati ottenuti in termini di indici di robustezza dei collegamenti per le diverse relazioni O/D sono stati classificati in funzione del numero totale dei percorsi e sono riassunti nella Tabella 12, mentre una analisi di dettaglio dei risultati ottenuti è riportata nella monografia tematica. Dai risultati riportati in Tabella si evince come non esistano relazioni per le quali il valore di IRC sia pari al numero dei percorsi mentre esistono al massimo per una dozzina di relazioni per cui IRC = 1 ovvero i diversi percorsi sono tra loro non sovrapposti. Un’ analisi più approfondita relativa ai valori assunti dall’indicatore è riportata nella monografia tematica. Da un primo esame delle elaborazioni non esistono casi, tranne qualcuno sporadico nel caso in cui sono stati esaminati solo 3 percorsi, per i quali sia abbiano percorsi completamente coincidenti. Tab. 11 - Classificazione delle relazioni O/D per gradi di robustezza della connessione

Numero totale percorsi IRC k = 3 k = 6 k = 9 IRC = 1 20 0.202% 12 0.121% 13 0.131% 1 < IRC ≤ 2 4803 48.515% 252 2.545% 4 0.040% 2 < IRC ≤ 3 5077 51.283% 4236 42.788% 1303 13.162% 3 < IRC ≤ 4 - - 4155 41.970% 3764 38.020% 4 < IRC ≤ 5 - - 1237 12.495% 3102 31.333% 5 < IRC ≤ 6 - - 8 0.081% 1448 14.626% 6 < IRC ≤ 7 - - - - 266 2.687% IRC > 7 ------

2.6.8.2 Sensibilità infrastrutturale dei collegamenti L’analisi alla sensibilità infrastrutturale dei collegamenti è stata effettuata considerando l’insieme dei percorsi scaturenti con k = 6. Il valore dell’indicatore di sensibilità infrastrutturale ISI definito in precedenza è stato riferito ai diversi archi ed i risultati riportati in Tabella 13. Il valore indicato nella tabella corrisponde al numero di archi per i quali la percentuale delle relazioni O/D indicata nell’intervallo di colonna presenta un valore dell’indicatore corrispondente a quello indicato nell’intervallo di riga. Tab. 12 - Classificazione degli archi per intervallo di ISI e percentuali delle relazioni O/D che li attraversano (k=6)

% delle relazioni O/D che attraversano l’arco < 10 10 - 25 25 - 50 50 - 75 75 - 100 ISI < 0.5 3 19 86 119 134 0.5 < ISI < 0.75 88 169 101 3 0 0.75 < ISI < 1 281 75 5 0 0 ISI = 1 227 76 45 12 1

Sezione 2-Il quadro conoscitivo: lo stato dell’arte 117

Un esame più dettagliato, facendo riferimento ai livelli di criticità in termini di affollamento dei percorsi, dei diversi rami infrastrutturali è affrontato nella monografia tematica. Da un primo esame dei risultati ottenuti si può sinteticamente affermare che le criticità più elevate sono state riscontrati sulla Basentana, sull’itinerario Potenza-Melfi-Foggia, e sui collegamenti tra Basentana e Fondovalle Agri e tra Fondovalle Agri e Sinnica. Il numero di archi interessati da percorsi connettenti le diverse relazioni è pari al 94% di quelli inseriti nel grafo della rete. In Tabella 14 è indicata la percentuale degli archi interessata dalla frazione delle relazioni O/D. Tab. 13 - Classificazione degli archi in termini di percentuali delle relazioni O/D che li attraversano (k=6)

% delle relazioni O/D attraversanti l’arco < 10% 10% - 25% 25% - 50% % archi 79.34% 16.74% 3.92%

2.6.9 Alcune considerazioni conclusive Il numero degli strumenti di programmazione e pianificazione di settore esistenti evidenzia, in prima battuta, uno scenario programmatico efficiente per la Regione Basilicata e, nello specifico, per la Provincia di Potenza. Va tuttavia evidenziata una strutturale carenza di programmazione strategica nel settore dei trasporti a livello regionale. Tuttora, infatti, lo strumento di riferimento vigente è il Piano Regionale dei Trasporti del 1990 basato su assetti e scenari socio-economici e territoriali sostanzialmente differenti da quelli che si sono realizzati nel decennio 1990-2000. Negli anni ’90 si è sostanzialmente assistito ad un accentuamento dei fenomeni in atto da decenni sul territorio regionale con una marcata dilatazione delle diversità in termini di sviluppo tra le aree interne e le aree marginali (sviluppo di tipo “border line”). Se la fascia costiera è chiaramente vocata a traiettorie di sviluppo nel settore agroindustriale e del turismo, le aree collinari e montane evidenziano come le politiche settoriali portate avanti negli ultimi anni a livello nazionale per le aree di montagna, nonostante abbiano mobilitato ingenti risorse di natura pubblica, si siano rivelate inefficaci nell’attivare uno sviluppo di tipo endogeno che coinvolgesse tutte le potenzialità locali, innanzi tutto quelle umane. Le politiche regionali, inoltre, nell’ultimo trentennio hanno di fatto lasciato le aree interne al di fuori dei processi di sviluppo regionali, causando un ulteriore esodo di popolazione e di forza lavoro verso i poli di concentrazione della nuova domanda di manodopera ed accelerando il processo di “senilizzazione” già in atto in queste aree; così come in molte altre realtà montane italiane, inoltre, si è avuta una destrutturazione dell’economia, della società e della cultura che si manifesta con l’esodo rurale a seguito di un’applicazione astratta della politica agricola

118 Documento Preliminare al P.S.P. di Potenza comunitaria e nazionale. Tale crisi di carattere qualitativo e quantitativo dell’economia montana ed agricola si traduce nella sostanza in una consistente diminuzione del reddito prodotto, con relativo indebolimento della base economica di tutta la comunità.

Per effetto di tutte queste componenti i territori montani sono stati privati con continuità della risorsa umana da cui poteva dipendere un effettivo utilizzo delle potenzialità presenti in essi, troppo spesso dimenticate nel momento delle scelte strategiche nella regione. Difatti, il ruolo che da sempre avevano svolto queste aree, se pur legato prevalentemente ad attività di produzione e trasformazione di prodotti agricoli e artigianali, forse avrebbe potuto evolversi autonomamente, dando una stabilità alla domanda di lavoro, se solo si fosse orientata in maniera più efficace l’organizzazione del territorio.

Il conseguente processo di ridistribuzione della popolazione, verificatosi a livello regionale, ha creato una specie di limite del ruolo che potenzialmente potevano ricoprire le aree interne; infatti, decurtandosi soprattutto le fasce più giovani della popolazione, si è determinata una situazione di maggiore debolezza e di maggiore dipendenza nei confronti delle aree forti.

Il problema è quindi quello della determinazione della ragion d’essere di questi ambiti, aree che rappresentano un singolare individuo geografico entro il quale permangono significativi tratti di unitarietà morfologica, di culture materiali e di tradizioni economiche. Partendo dal presupposto che questi comprensori rappresentano le quote di territorio in cui si sono conservati i livelli di naturalità maggiori e numerose emergenze storico- architettoniche, è possibile ed auspicabile che proprio tale risorsa possa divenire l’elemento fondamentale per ristabilire un nuovo rapporto tra le comunità ed il territorio.

In tali contesti, per rafforzare il necessario rapporto tra società insediata e contesto ambientale diviene pertanto fondamentale parlare di spazi e luoghi che si possono realizzare promuovendo non solo la costruzione di infrastrutture, quanto la costruzione di strutture, cioè di modi di funzionamento attraverso i quali l’Uomo diventa presente sul territorio che occupa, per una propria scelta e non per la scelta politica di mantenere il “presidio del territorio”.

In tale ottica deve dunque interpretarsi l’obiettivo generale del POR Basilicata di “affrontare con decisione il nodo della diffusione dello sviluppo, promuovendo con adeguata strumentazione (eventualmente innovata a livello regionale) l’estensione dei processi di crescita dalle aree più vocate alla aree marginali e favorendo in tal modo il perseguimento della coesione economica in tutto il territorio regionale”. Ciò si sostanzia in un riequilibrio

Sezione 2-Il quadro conoscitivo: lo stato dell’arte 119 dell’assetto urbano e rurale della regione per accrescerne la vivibilità con il potenziamento dell’organizzazione urbana regionale, la valorizzazione delle aree rurali e l’interruzione del processo di marginalizzazione delle aree interne che può realizzarsi con un’accessibilità ai servizi che, in aree a bassa densità insediativa, non trovano la massa critica necessaria per un’efficiente localizzazione.

Già nell’"Ipotesi di Assetto Territoriale", predisposta nel 1978 dalla Regione Basilicata, veniva evidenziata come le relazioni socio-economiche tra i maggiori centri regionali quali Matera, Melfi, Lagonegro avvenivano quasi esclusivamente con le aree extra-regionali contermini e altro fattore limitante era certamente rappresentato dalla mancanza di una rete di centri, con una presenza di servizi urbani, in grado di servire capillarmente il territorio.

L’accessibilità alle diverse scale territoriali rappresenta certamente un elemento fondamentale per il raggiungimento degli obiettivi di coesione e omogeneizzazione dei livelli di sviluppo ma non deve essere interpretata come una strategia, bensì come una azione fondamentale nell’ambito di politiche economiche e sociali mirate. Tra l’altro essa assume un particolare significato per la mobilità locale di accesso ai servizi primari, interessati questi ultimi da continue trasformazioni e fenomeni di “razionalizzazione” e, pertanto, sempre più rari e concentrati in alcuni poli di non omogenea accessibilità per il proprio bacino d’utenza.

L’innalzamento dei livelli di accessibilità diffusa, interessante principalmente la maglia stretta della rete infrastrutturale e dei servizi di trasporto, consentirebbe un’efficace riorganizzazione dei servizi di base con una loro dislocazione ottimale rispetto ad una soglia minima di domanda necessaria per la sostenibilità economica ed organizzativa delle strutture con tempi di accesso accettabili da parte dell’utenza. Gran parte della programmazione dei trasporti ha concentrato l’attenzione su scenari di accessibilità a scala regionale ed interregionale prevedendo generalmente interventi sulla maglia larga della rete di trasporto.

Tale approccio conduce a pensare che l’idea è sempre stata quella di proiettare la Basilicata verso l’esterno ed utilizzare le direttrici infrastrutturali per connettere le aree deboli regionali a quelle più forti ipotizzando, in tal modo, un’interazione virtuosa tra esse ed una diffusione dinamica dello sviluppo. Tale politica, non supportata da idonee strategie d’intervento territoriali ed economiche, può paradossalmente avere assecondato nel tempo i fenomeni spontanei di spopolamento e marginalizzazione di alcune vaste aree regionali e la concentrazione, in alcuni comprensori, di attività ed investimenti, oltre che di popolazione.

120 Documento Preliminare al P.S.P. di Potenza

Il Piano di Sviluppo del Mezzogiorno, d’altro canto, rileva tra i “rischi” comuni all’intero sistema meridionale quello dell’“effetto tunnel”, fenomeno per cui gli investitori tendono a concentrarsi nei nodi delle grandi reti infrastrutturali, trascurando le aree intermedie e quelle della marginalizzazione nei processi di agglomerazione territoriale del terziario.

II problema dell’accessibilità tra le aree regionali e della mobilità locale è in parte affrontato nel piano della viabilità regionale in cui notevole importanza e risorse vengono destinate all’interconnessione trasversale della rete stradale provinciale e regionale. Tale problema , tra l’altro, veniva evidenziato nel PRT del 1990 rimarcando la necessità di “ completare la rete con strade trasversali in direzione Nord-Sud così da connettere tra di loro in più punti le strade a scorrimento veloci esistenti lungo i fondovalle e direttamente il numero più alto possibile di centri abitati”. Fugace risulta, comunque, nel Piano della Viabilità la necessità d’intervento sull’intera rete viaria provinciale, interessata dalla gran parte degli spostamenti effettuati. Come evidenziato nell’ambito di un Piano della Viabilità, mai approvato, predisposto dalla Provincia di Potenza nel 2000, la rete viaria presenta problemi funzionali e di percorribilità rilevanti a causa di una deficitaria manutenzione connessa alla scarsità di risorse finanziarie disponibili a tal proposito.

Nello specifico, per quanto attiene lo stato complessivo della manutenzione, dal suddetto piano provinciale emergeva che solo per il 17% delle infrastrutture esso risultava buono, mediocre per il 41 % e pessimo per il restante 42 %. In particolare, per quanto riguarda il livello di efficienza delle infrastrutture, si evidenziava per molti archi la mancanza di opere di regimentazione e smaltimento delle acque, di sufficiente segnaletica orizzontale e verticale, di barriere di sicurezza ed il precario stato delle opere d’arte e della pavimentazione. Per alcune infrastrutture, caratterizzate da un’organica organizzazione della piattaforma stradale, si rilevava una scarsa manutenzione sia d’esercizio sia ordinaria e straordinaria. L’impegno finanziario stimato per l’adeguamento funzionale e il ripristino della piena efficienza della rete ammontava a circa 125,5 milioni di Euro. Attualmente, per iniziativa dell’Amministrazione della Provincia di Potenza sono in corso di redazione ed attuazione progetti per il miglioramento della rete stradale provinciale. La necessità di una rete stradale provinciale efficiente ai fini di un miglioramento prestazionale e del livello qualitativo dei servizi di trasporto è evidenziato nel Piano di Bacino nel quale è affrontato anche il problema delle aree a domanda debole. In sintesi, dai vari piani risulta evidente l’impegno progettuale ed economico per intervenire sulla maglia larga e intermedia della rete

Sezione 2-Il quadro conoscitivo: lo stato dell’arte 121 stradale provinciale; sfumati appaiono invece i propositi di ammodernamento e riqualificazione della maglia stretta. Emerge, inoltre, forte l’assenza di un piano direttore strategico quale un Piano regionale dei trasporti che consenta, chiari gli obiettivi e le strategie socio-economiche da perseguire, l’integrazione dei vari scenari d’intervento proposti alle varie scale programmatiche al fine di verificare gli effetti e l’efficienza delle risorse impegnate (non solo in termini di redditività economica), individuando possibili sovrapposizioni o carenze rispetto alle necessità di mobilità dei vari segmenti di domanda presenti che, pur se di modesta entità, si presentano notevolmente diversificati.

2.7 Il quadro programmatorio sovraordinato Tra i principali contenuti del Piano Strutturale Provinciale particolare importanza è da attribuirsi alla ricostruzione del complesso quadro programmatorio delle azioni, degli interventi e delle politiche, di tipo ordinario e straordinario, che i diversi soggetti istituzionali hanno posto in essere, spesso sollecitando un significativo intervento dei soggetti economici privati fin dalla fase di promozione degli strumenti di programmazione (si veda ad esempio l’esperienza dei PRUSST, dei Patti territoriali, dei Contratti di Programma ed in generale le esperienze di programmazione complessa e negoziata).

Nella fase di predisposizione del Documento Preliminare si è provveduto ad una prima sistematica ricostruzione del quadro programmatorio interessante l’intera regione, con particolare riguardo ad atti e strumenti che, in modo più specifico, interessano il territorio provinciale, al fine di ottemperare a quanto riportato ai punti 3 e 4, relativamente ai contenuti ed alle finalità del Documento Preliminare del PSP, dal Regolamento di Attuazione della legge 23/99.

Si farà riferimento quindi ai seguenti strumenti di programmazione:

− Gli strumenti ordinari della programmazione socio-economica regionale e sovracomunale (il vigente Piano Regionale di Sviluppo ed i Programmi di Sviluppo Socio-Economico delle Comunità Montane); − Gli strumenti ordinari della programmazione di settore e della pianificazione territoriale settoriale o speciale (i Piani di Settore della Regione e della Provincia, i Piani Paesistici e la pianificazione in atto per le aree protette di rilevante interesse nazionale o regionale, il Piano Stralcio di Bacino); − Gli strumenti di programmazione dei fondi comunitari (i Programmi Operativi Multiregionali ed il Programma Operativo Regionale con relativo Complemento di Programmazione ed il riferimento ai Progetti

122 Documento Preliminare al P.S.P. di Potenza

Integrati Territoriali, i principali Programmi di iniziativa diretta della Unione Europea); − Gli strumenti della programmazione negoziata ed i programmi urbani complessi (l’Intesa Istituzionale di Programma Stato-Regione con i relativi AQP e gli Studi di fattibilità, il Contratto d’Area, i Patti Territoriali presenti sul territorio provinciale, i Contratti di Programma, i PRUSST); − Gli strumenti della programmazione ordinaria di bilancio (il DAPEF 2003 della Regione ed il Bilancio 2003 della Provincia).

L’ordine di trattazione dei singoli strumenti, che si svilupperà in estrema sintesi13 nei paragrafi successivi, non è casuale. Lo sforzo operato per il Documento Preliminare è stato finalizzato, dovendo indicare le linee per operare nel PSP la verifica di coerenza tra gli obiettivi strategici del piano ed il quadro programmatorio sovraordinato, a restituire un primo quadro sinottico del complesso quadro della programmazione regionale e locale. In premessa va detto che tale lavoro è stato possibile anche per la particolare coincidenza che tutti gli strumenti programmatori vigenti hanno ormai a riferimento lo stesso arco temporale di validità e sono stati approvati sostanzialmente in coerenza con gli indirizzi definiti nell’ultimo QCS 2000-200614. Appare evidente, quindi, come gli strumenti ordinari della programmazione socio-economica regionale e locale rappresentino effettivamente lo scenario di riferimento, insieme ai più importanti piani di settore, delle politiche da intraprendere per il raggiungimento degli obiettivi generali e specifici posti alla base della attività di programmazione. Gli strumenti di programmazione finanziaria di fonte comunitaria, statale e - seppure di dimensione ridotta - locale, rappresentano gli strumenti di attuazione delle politiche prefigurate negli strumenti ordinari, stante l’elevato grado di coerenza con gli stessi (gli Assi del POR sono ad esempio molto simili, in termini di obiettivi da raggiungere, agli Assi del PRS).

Resta da valutare quanto gli obiettivi della programmazione regionale e locale siano stati condizionati dagli obiettivi strategici di spesa delle risorse comunitarie o, ad esempio, quanto i cosiddetti strumenti della programmazione negoziata, in quanto modalità innovativa di far emergere dal basso le domande e le iniziative locali, siano stati condizionati più dalla

13 Una informazione più completa dei singoli programmi sarà contenuta nella Monografia specifica in cui, oltre alle schede relative a ciascun programma, si sta predisponendo una cartografia in cui riportare gli interventi e la loro localizzazione territoriale. 14 Il QCS e gli strumnenti di attuazione dello stesso rappresentano, soprattutto per le regioni ricadenti nel cosidetto Obiettivo 1, la più importante fonte di riferimento finanziario per le politiche regionali e locali di sviluppo.

Sezione 2-Il quadro conoscitivo: lo stato dell’arte 123 possibilità di concorrere all’ottenimento di finanziamenti pubblici che dall’essere legati ad una effettiva iniziativa delle realtà locali15.

La programmazione sovraordinata ha subito delle significative innovazioni durante gli anni Novanta per effetto di due fatti tra loro concatenati: da una parte l’abbandono dell’intervento straordinario per il Mezzogiorno che ha portato alla nascita della cosiddetta “nuova programmazione negoziata”; dall’altro la regionalizzazione delle politiche comunitarie di coesione dell’Unione Europea che ha portato ad una nuova riarticolazione degli strumenti e delle modalità per la promozione dello sviluppo locale. L’intreccio di questi due fatti ha dato il via all’elaborazione di politiche di sviluppo integrate, politiche che sono sempre state esigue nell’esperienza italiana e del tutto marginali nel caso della Regione Basilicata. Nell’ultimo quindicennio, quindi, nel corso della solidificazione dell’unificazione del mercato economico europeo, e in maniera più netta nell’ultimo quinquennio, per l’armonizzazione finanziaria dell’Unione, sono stati prodotti numerosi e significativi passi, i cui esiti non sembrano aver prodotto risposte di tipo integrato, se si esclude un certo abuso nell’uso di questo aggettivo nei documenti, piani e programmi locali.

Lo Stato membro elabora il PS La Commissione valuta il PS

QUADRO COMUNITARIO di SOSTEGNO – Regioni Obiettivo 1

Programmi Operativi Nazionali Programmi Operativi Regionali

COMPLEMENTI di PROGRAMMAZIONE

Messa in opera dei programmi

Fig. 16 - Reg. n. 1260/1999. Procedura dei Fondi Strutturali Europei

L’avvio più forte di questo passaggio è stato in larga parte affidato alla procedura di spesa dei Fondi Strutturali Europei e del Quadro Comunitario

15 A tal proposito si vedano ad esempio le relazioni recenti della Corte dei Conti sullo stato di attuazione di alcuni Patti Territoriali (tra questi il Patto Territoriale dell’Area Sud).

124 Documento Preliminare al P.S.P. di Potenza di Sostegno a questi collegato (Fig. 16). Il nuovo disegno del percorso dei fondi strutturali, pur non avendo ancora generato forme di integrazione esplicita tra i documenti, ha tuttavia portato ad una approccio locale che qui definiamo “di risposta” agli input; nella convinzione, reale o presunta, di poter aggiudicarsi localmente risorse finanziarie provenienti dall’alto, tanto da modificare anche il tradizionale processo di programmazione sia regionale che locale. Prima di questo comportamento “di risposta” i piani e i programmi erano confezionati secondo una classica tripartizione in fasi: vi era una fase analitica esplicita che svolgeva il ruolo di accertamento dei bisogni o della domanda territoriale da soddisfare; vi era una fase di catalogazione argomentativa rispetto ai bisogni o alla domanda in modo da elencare priorità e definire strategie d’azione; vi era, infine, la scelta progettuale, in genere cartografata, che allocava risorse su determinati punti del territorio. Queste fasi nella programmazione e nella pianificazione territoriale, con l’approvazione dei PON e dei POR, tendono ad esser sempre meno evidenti fino a perdersi del tutto, proprio perché ha preso corpo un orientamento “di risposta” allo stimolo esterno, piuttosto che l’elaborazione di un programma o di un piano portatore di bisogni o di domande interne locali. O meglio i bisogni e le domande locali sembrano essere spesso “piegate”, con un’impostazione di tipo adattivo, agli stimoli che provengono dall’esterno.

Gli strumenti della programmazione ordinaria di Bilancio, non casualmente posti alla fine della presente trattazione, rappresentano invece lo strumento, soprattutto nel caso del DAPEF della Regione, di riconduzione a sintesi delle azioni da programmare nel breve-medio periodo in riferimento agli obiettivi della programmazione generale. In tal senso, agli stessi dovrebbe essere demandata anche la valutazione complessiva della efficacia degli interventi programmati e finanziati dai diversi strumenti e la eventuale rimodulazione di obiettivi e strategie. Questo ruolo di monitoraggio del raggiungimento degli obiettivi viene in parte svolto nell’ultimo documento di Bilancio della Regione.

Il documento di Bilancio della Provincia si presenta invece con una valenza più limitata, essendo alla Provincia, almeno per ora, soprattutto delegata all’attuazione di interventi di settore. Alla Provincia spettano anche funzioni di programmazione in alcuni settori, da esercitare comunque in stretto raccordo con l’ente Regione. Ancora limitato è il ruolo che la Provincia effettivamente esercita nel coordinare ed indirizzare l’attività di programmazione degli enti locali comunali e sovracomunali. L’approvazione del PSP e la sua gestione ed attuazione potrebbero in tal senso rilanciare un ruolo forte di coordinamento che la Provincia dovrà necessariamente assumere nei confronti degli altri Enti Locali.

Sezione 2-Il quadro conoscitivo: lo stato dell’arte 125

La finalità del presente lavoro, che prevede necessariamente ulteriori approfondimenti e completamenti in fase di stesura del Piano Strutturale Provinciale, è quella di promuovere una lettura sistematica, ed il più possibile esaustiva, della progettualità territoriale e di settore prodotta negli ultimi anni, soprattutto per iniziativa della Regione e degli EE.LL. (ma anche dallo Stato e da operatori economici privati come nel caso dei Contratti di Programma).

Questo al fine di verificare la sussistenza di un accettabile grado di coerenza strategica interna delle politiche programmate, condizione indispensabile in mancanza del Quadro Strutturale Regionale previsto dalla legge 23, e, quindi, di indicare le possibili procedure e modalità per operare la verifica di coerenza degli obiettivi generali e specifici del futuro PSP rispetto al quadro programmatorio sovraordinato.

L’evidenziazione del grado di coerenza e di compatibilità degli interventi rispetto all’uso delle risorse ambientali, territoriali, umane ed economiche, oltre alla capacità di raggiungere un adeguato livello di sinergia tra le diverse politiche settoriali, costituirà il riferimento per la formalizzazione delle strategie di sviluppo che l’Amministrazione Provinciale intenderà porre alle base della proposta di PSP.

L’analisi degli strumenti di programmazione, generale e settoriale, viene qui svolta con riferimento allo specifico ambito territoriale interessato da ciascuno strumento e sempre con particolare attenzione alle possibili ricadute su temi e settori di interesse del Piano Strutturale Provinciale.

Per le finalità del presente lavoro si è svolta una prima attività di ricognizione, acquisizione e schedatura dei documenti di programmazione e pianificazione disponibili presso la Regione e la Provincia, sulla base del quadro delle competenze e dell’ organizzazione funzionale ed amministrativa dei due Enti. A tal proposito, appare qui opportuno sottolineare la disponibilità dei responsabili di settore e dei funzionari dei due Enti nel fornire la documentazione e le informazioni richieste; disponibilità ancora maggiore quando il lavoro ha visto coinvolti anche i laureandi che stanno svolgendo attività di tirocinio formativo presso l’Ufficio di Piano della Provincia di Potenza.

Per ogni singolo atto di programmazione si è provveduto quindi alla redazione di una scheda con la quale sono stati restituiti in sintesi i principali contenuti di ciascuno strumento, con particolare riguardo alle leggi di riferimento, alla data di approvazione, agli obiettivi generali e specifici dichiarati, alle risorse finanziare programmate o impegnate (con la specificazione dei diversi canali di finanziamento), alla tipologia ed alla localizzazione degli interventi previsti, alle relazioni ed ai riferimenti ad altre

126 Documento Preliminare al P.S.P. di Potenza politiche settoriali, agli eventuali indicatori di risultato utili alla valutazione della efficacia ed efficienza delle politiche e delle azioni poste in essere16.

Dall’ analisi dei singoli strumenti o atti di programmazione si procederà successivamente, in fase di redazione del PSP, alla stesura di una relazione di sintesi generale che restituisca una lettura intersettoriale delle diverse politiche e programmi, con particolare riguardo all’impatto territoriale delle stesse; in parallelo si procederà alla imputazione nel SIT degli specifici interventi programmati nei diversi settori per favorire una lettura degli effetti sul territorio degli stessi rispetto ai caratteri dei tre sistemi ambientale-naturalistico, insediativo e relazionale.

La localizzazione puntuale dei singoli interventi, oggi restituita in alcune situazioni campione in forma simbolica ed ideogrammatica, sarà operata invece, nella stesura del PSP, con una più precisa indicazione corografica. Per le indicazioni programmatiche di cui non sarà possibile, per la loro natura, provvedere ad una indicazione puntuale, si provvederà, invece, ad indicare gli ambiti territoriali più specificamente interessati. Questo al fine di sviluppare nel modo più completo e leggibile le verifiche di coerenza tra obiettivi e scelte del Piano Strutturale Provinciale e quadro programmatorio sovraordinato.

2.7.1 Gli strumenti ordinari della programmazione socio-economica regionale e sovracomunale Il PRS 1998-2000 Dalla lettura sistematica dei documenti relativi al PRS si rilevano alcuni aspetti di particolare interesse per le finalità del Piano Strutturale Provinciale: − la prefigurazione di modalità di integrazione delle diverse politiche settoriali; − l’opportunità, più volte evidenziata nei documenti, di promuovere una attività di programmazione degli interventi dal basso, in sintonia con le strategie e gli assi di intervento previsti, promuovendo, incentivando e sollecitando forme di partenariato istituzionale e tra soggetti pubblici e privati; − la previsione di specifici strumenti per la implementazione del Programma e per la verifica dell’efficacia degli interventi da promuovere nei diversi settori di intervento; − l’indicazione di articolare le azioni e le politiche previste nel Programma di Sviluppo (sia per le azioni di tipo straordinario che per quelle di tipo ordinario) anche alla scala sub-regionale, in ambiti territoriali idonei a rafforzare le relazioni tra aree più forti ed aree deboli (con particolare

16 Le schede relative a ciascuno strumento considerato e la restituzione delle informazioni circa la localizzazione sul territorio degli interventi avranno ampio spazio di trattazione nelle specifiche Monografie di supporto al presente Documento Preliminare.

Sezione 2-Il quadro conoscitivo: lo stato dell’arte 127

riferimento alle aree interne della regione, in larga misura ricadenti nel territorio della Provincia di Potenza).

Il Programma Regionale di Sviluppo prende le mosse dal considerare come l’attuale quadro di sintesi della Regione presenti una diversità di realtà territoriali caratterizzate da potenziali economici e gradienti di sviluppo differenti sia tra le due realtà provinciali che all’interno delle stesse. La struttura economico-produttiva della Regione, pur considerando le positive recenti performances del sistema regionale nel suo complesso, si articola secondo tre tipologie che caratterizzano i diversi ambiti territoriali: − Aree a sviluppo sostanzialmente autosostenuto (Vulture-Melfese, Potenza, Matera ed i rispettivi hinterlands, Metapontino ed i fondovalle irrigui, Maratea) − Aree ad elevate potenzialità (Val d’Agri, Melandro, Marmo-Platano, Pollino) − Aree emarginate dalle dinamiche economiche in atto (Alto e Medio Bradano, Collina Materana, Senisese ed Appennino Centrale).

Tale quadro evidenzia come le aree forti e potenzialmente forti, ossia quelle a più elevata concentrazione urbano-produttiva, siano localizzate prevalentemente sul bordo del territorio regionale (modello border line) e che siano sempre forti i legami funzionali con le reti urbane extraregionali.

Una tale pluralità di realtà territoriali, delineatesi con nettezza negli anni più recenti, pur presentando il rischio di produrre una eccessiva disarticolazione della realtà regionale, può costituire di per sé una ricchezza da valorizzare e su cui far leva per creare nuove e più innovative occasioni di sviluppo, a condizione di favorire la ricucitura e la integrazione dei diversi sistemi produttivi locali in macro-aree, all’interno delle quali far convivere ambiti territoriali dotati di differenti livelli di sviluppo e, nel contempo, in grado di produrre sinergie e complementarietà fra i poli di eccellenza e le aree marginali.

A tal fine, il Programma ribadisce come appaia necessario creare le condizioni per una cooperazione più stretta tra zone forti e zone deboli della realtà regionale, agevolando gli scambi e le iniziative comuni tra l’insieme dei soggetti che danno vita ai processi di sviluppo; si intende quindi formulare ed attuare politiche sinergiche per ambiti territoriali caratterizzati da realtà con differenti livelli di sviluppo, ma tra le quali possono stabilirsi rapporti di complementarietà e realizzare alleanze per realizzare progetti di comune interesse.

In tale ottica si ritengono proponibili, tra le realtà urbane e produttive di ciascun sistema locale relazioni preferenziali ed alleanze finalizzate a sviluppare filiere produttive, servizi di migliore qualità, politiche locali più

128 Documento Preliminare al P.S.P. di Potenza efficaci per il lavoro e le imprese, azioni coordinate per la tutela e la valorizzazione delle risorse dell’ambiente e del territorio. Si ritiene che le città, dato il ruolo strategico da esse svolto nei processi di sviluppo, costituiscano in prospettiva i centri propulsori dei processi da avviare in ciascun sistema.

La strategia e gli obiettivi di sviluppo contenuti nel PRS17 - strumento che delinea il quadro di sostegno e di riferimento complessivo dello sviluppo territoriale, economico e sociale della regione con un’azione incentrata sulla concertazione con le autonomie locali e con gli operatori privati - si fondano su due principali attività: − la implementazione degli Assi strategici di Programma (ASP), cui spetta il compito di agire sui nodi strutturali dello sviluppo attraverso un complesso organizzato di azioni settoriali, la cui responsabilità di coordinamento e di risultato va ricondotta ad una regia unica regionale; − il riorientamento e la messa in coerenza dell’azione ordinaria della regione (piani e programmi di settore), attraverso indirizzi e indicazioni attuative da sviluppare in chiave integrata e concertata tra i diversi Enti locali e la Regione.

Di particolare importanza è la previsione nel PRS del completamento e del potenziamento dello schema regionale delle principali infrastrutture viarie, come condizione essenziale per raggiungere l’obiettivo di una maggiore coesione interna alla regione, per assicurare adeguati servizi alle comunità insediate, per creare diffuse convenienze localizzative nei diversi settori economici, per meglio connettere infine i diversi segmenti territoriali regionali alle principali direttrici infrastrutturali esterne alla regione. Gli interventi previsti sono già in parte inseriti nei principali strumenti di concertazione finanziaria interistituzionale di settore, a cui viene demandata una parte consistente dell’attuazione delle previsioni del PRS.

Il Programma Regionale di Sviluppo 1998-2000 (PRS) è stato approvato dal Consiglio Regionale con deliberazione n.1329 del 08.02.2000.

Come si vedrà nei successivi paragrafi, i principali strumenti di attuazione degli indirizzi e delle strategie contenuti nel PRS sono il POR 2000-2006 ed il relativo Complemento di programmazione, i diversi Programmi di iniziativa Comunitaria, l’insieme degli strumenti di concertazione interistituzionale e gli strumenti della cosiddetta programmazione negoziata, oltre ai diversi strumenti ordinari di natura settoriale.

17 Cfr. Relazioni annuali (2002 e 2003) sullo stato di attuazione della programmazione regionale e della programmazione negoziata – Ufficio Programmazione Negoziata della Regione Basilicata

Sezione 2-Il quadro conoscitivo: lo stato dell’arte 129

I Programmi di sviluppo delle CC.MM. Le CM «quali organi intermedi di decentramento amministrativo e organizzativo, nonché quali unità elementari di programmazione socio- economica devono adottare con il più largo concorso degli Enti e delle forze sociali interessate, entro un anno dalla costituzione, in armonia con le direttive regionali in materia di pianificazione, un piano quinquennale per lo sviluppo socio-economico-territoriale della zona corrispondente alla Comunità, con le caratteristiche e il contenuto di cui all’art. 5 della legge» 1102/7118. L’ultimo riferimento normativo delle CM affonda le radici prima nella LR 47/93 sulla programmazione e poi nella Premessa Metodologica al Piano Regionale di Sviluppo 1997-1999 che, per la prima volta, indicano una procedura di consultazione delle realtà territoriali locali attraverso Conferenze di Programmazione, dopo aver identificato obiettivi, definito gli assi strategici regionali e costruito degli scenari di sviluppo socio- economico e di assetto territoriale. Il primo provvedimento, d’altronde, in assenza di una legge urbanistica regionale, interviene sul processo di pianificazione territoriale degli enti sub-regionali e sulla pianificazione settoriale, ciò perché imponendo la legge una procedura di costruzione dello strumento, anche attraverso una consultazione interistituzionale, cambia sia il ruolo del piano, sia l’agenda degli argomenti. A questo si aggiunge la valutazione degli atti di programmazione durante le fasi di consultazione che rappresenta la vera innovazione introdotta dalla Regione Basilicata, perché veicola un’idea (politica prima che “tecnica”) di integrazione tra gli atti di pianificazione, di programmazione e di indirizzo settoriale, nonché gli accordi e le intese della programmazione negoziale aventi effetti territoriali.

Modificando lo scenario di riferimento viene modificato, quindi, anche il ruolo e l’agenda del Piano quadriennale di sviluppo socio-economico (PSSE), tanto che ora esso rappresenta un anello di relazione tra le politiche regionali e la regionalizzazione delle politiche comunitarie e gli strumenti della pianificazione urbanistica: Piani regolatori comunali e Piani attuativi. L’utilità della lettura dei vari PSSE è diventato un momento centrale per definire uno sfondo di conoscenze e di indicazioni – al di là di possibili differenze e incongruenze, di carenze o di ridondanze – per capire il diverso dinamismo degli ambiti sub-provinciali e la loro capacità di

18 Art. 12, Lr 27/73. Secondo l’art. 5 della legge nazionale il piano di sviluppo, partendo da un esame della zona, tenuto conto anche degli strumenti urbanistici esistenti a livello comunale o intercomunale e dell’eventuale piano generale di bonifica montana, deve prevedere le concrete possibilità di sviluppo nei vari settori economici, produttivi, sociali e dei servizi. A tale scopo deve anche indicare il tipo, la localizzazione e il presumibile costo degli investimenti atti a valorizzare le risorse attuali e potenziali della zona, la misura degli incentivi a favore degli operatori pubblici e privati ai sensi delle disposizioni regionali e nazionali. A questi piani devono adeguarsi i piani degli altri enti operanti nel territorio della Comunità, delle cui indicazioni, tuttavia, bisogna tenere conto nella preparazione del piano di zona attraverso opportuni coordinamenti.

130 Documento Preliminare al P.S.P. di Potenza interazione (o meglio “di risposta” e reazione) tra gli input dall’alto e i valori e le tradizioni locali. Se si analizza l’articolazione degli interventi – così come rilevato in un’apposita scheda sintetica19 – si riscontra, in genere, una forte attenzione verso le risorse presenti sul territorio, considerati elementi di identità locali e, conseguentemente, motori di sviluppo con i quali si auspica di attivare azioni di spin off tali da mettere in opera sia sinergie settoriali che territoriali. Seppur in nuce emerge un’esigenza di “messa a sistema” delle opportunità presenti localmente in modo da produrre non solo sinergia tra i vari nodi delle risorse territoriali, quanto per disporre di una “massa critica” sufficientemente articolata e competitiva a livello di area vasta. Si stenta, però, a trasferire questo approccio in una vera e propria politica strategica intercomunale, perché permane ancora una tradizionale propensione a “spalmare” gli interventi su tutti i comuni ricadenti nei confini delle CC.MM. Tab. 14 - Fonti di finanziamento richiamati nei PSSE per tipologia

CM Accordi di Programma Accordo Programma Petrolio 7 legge nazionaleArt. quadroprotette aree Finanziamenti Europei Fondi Comunità Montana Fondi degli Enti locali Intesa Istituzionaledi Programma Fondi turismo, legge nazionale n. 488 Fondi ordinari dello Stato Progetti comunitari Leader Piano Operativo Regionale Patti Territoriali d’Area Contratti Fondi ordinari Regione Basilicata Alto Agri * * * * * * * Alto Basento * * * * * * * Alto Bradano * * * * * * * Alto Sauro Camastra * * * * * * * * Alto Sinni * * * * * * * * * * Lagonegrese * * * * * * Marmo Platano * * * * * Medio Agri * * * * * * Melandro * * * Val Sarmento * * * * Vulture * * * * *

19 Ciascun PSSE di ogni CM è stata sintetizzato in una doppia scheda di rilevazione:nella prima è riportato il contenuto del piano secondo questi passaggi: Finalità, Descrizioni dei contesti, Obiettivi, Strategie, Azioni, Interventi, così come indicato in Provincia di Potenza, Lavori per la redazione del Documento preliminare al Piano strutturale provinciale, Contributo Dapit, Programma di lavoro e stato di avanzamento, dati di base, riferimenti metodologici e prime elaborazioni, a cura di G. B. Las Casas, marzo 2003, Appendice 8; nella seconda – che organizza la rilevazione per un vero e proprio data base, è riportato l’elenco analitico degli interventi, secondo questo passaggio: Settore investito, tipo di intervento, ambito territoriale, Soggetto promotore/attuatore, Canale di finanziamento, Spesa prevista, Stato di attuazione. Per il rapporto finale cfr. Monografia specialistica, Produzioni di immagini territoriali, l’atlante dei progetti delle Comunità Montane.

Sezione 2-Il quadro conoscitivo: lo stato dell’arte 131

Una novità rilevante rispetto al recente passato è l’individuazione esplicita delle fonti di finanziamento cui legare gli interventi. Rimandando alla Monografia specialistica una più estesa disamina, nella Tab. 14 si è organizzata una sintesi di questi richiami: il principale canale di finanziamento previsto proviene dall’alveo dell’Unione Europea. L’elencazione delle fonti di finanziamento non significa che il PSSE fa perno su alcuni canali, rispetto ad altri, ma solo una sorta di gradiente di “attenzione” da parte degli estensori del piano e delle stesse istituzioni coinvolte ad individuare i possibili percorsi finanziari di supporto alle iniziative e agli interventi da loro stessi individuati. L’attenzione alle fonti di finanziamento utilizzabili ha anche reso più coerenti ed organici l’ultima generazione dei PSSE rispetto a quelle precedenti, perché legando gli interventi previsti a canali finanziari possibili ha prodotto progetti possibili e non una semplice “geografia di progetti auspicabili” come nella tradizione passata. Se passiamo alla disamina degli interventi che vengono considerati come prioritari nei PSSE – e che raccolgono oltre il 50% dell’impegno finanziario – emergono, (cfr. Tab. 14) invece, delle significative differenze sub-provinciali, dove la diversa sensibilità sembra influenzata sia dalle caratteristiche del tessuto socio-economico dei contesti locali in cui prende corpo e si sviluppa il PSSE, sia dalla preesistenza di risorse, emergenze antropiche e naturalistiche, ed ovviamente di tutti quegli elementi della cosiddetta cultura immateriale. Come emerge dalla Tab. 15, le due famiglie di progettualità locale che interessano indifferentemente tutti i PSSE riguardano: progetti di tutela e restauro ambientale del territorio; e progetti di turismo legati al marketing territoriale. Le due famiglie sono legate perché insieme contribuiscono a generare un positivo rapporto tra qualità del territorio e valore economico delle sue componenti ambientali e culturali, specialmente se poi consideriamo anche i progetti per il recupero urbano o di edifici storici e monumentali. Sembra emergere una sorta di diffuso “ottimismo” offerto dalla riscoperta e dalla valorizzazione delle identità territoriali (attraverso la costruzione di itinerari culturali, specialmente di tipo eno-gastronomici e paesaggistici) nell’attrarre nicchie significative di turismo destagionalizzato.

Interessante è anche la robusta attenzione riservata al completamento della maglia infrastrutturale e alla creazione di reti informative per la promozione del territorio. Entrambe possono essere considerate le opposte facce di una stessa medaglia, quella, cioè, del gap infrastrutturale (fisico e tecnologico) che caratterizza molte delle aree interne meridionali. L’elencazione delle indicazioni progettuali costituisce, certamente, un repertorio delle priorità a livello provinciale e quindi un utile riferimento per i lavori propedeutici al Piano strutturale provinciale

132 Documento Preliminare al P.S.P. di Potenza

Tab. 15 - Famiglie di azioni dei PSSE per tipologia prevalente di intervento archeologici CM

Progetti tutela e restauro tutela Progetti territorioambientale maglia Completamento strade progetti infrastrutture, di ripristino e Progetti valorizzazione sentieri e formativi Progetti accesso lavoro miglioramento Promozione Fiere e Mercati e consuetudini per prodotti locali recupero urbano e di Interventi monumentali e storici edifici Progetti miglioramento servizi e sportelli unici apparato Miglioramento artigianale/produttivo e di di assistenza Progetti aree rivitalizzazione marginali informativeCreazione reti per promozione territorio e recupero Progetti valorizzazione siti miglioramento e Progetti ricettive strutture crescita legati di turismo al Progetti territorialemarketing reti e/oMiglioramento nuove tecnologiche reti

Alto Agri * * * * * * * * * *

Alto Basento * * * * * * * * * *

Alto Bradano * * * * * *

Alto Sauro Camastra * * * * * * * *

Alto Sinni * * * * * * * * * *

Lagonegrese * * * * * * * *

Marmo Platano * * * * * * * *

Medio Agri * * * * * * * *

Melandro * * * * * * * * *

Val Sarmento * * * * * * *

Vulture * * * * * * * * *

Oltre alla lettura dei PSSE delle undici Comunità Montane ricomprese nel territorio della Provincia, tradottasi nella stesura di schede di sintesi utili a favorire una prima attività anche di comparazione di contenuti e di impostazione metodologica dei diversi strumenti esaminati, sono state effettuate interviste a soggetti privilegiati in ciascuna delle CC.MM. (Amministratori, responsabili tecnico-amministrativi…). Anche in questo caso, l’ interlocuzione diretta con i soggetti protagonisti della attività di pianificazione e programmazione sul territorio ha favorito una migliore comprensione delle problematiche presenti nelle diverse situazione e delle esperienze

Sezione 2-Il quadro conoscitivo: lo stato dell’arte 133

2.7.2 Gli strumenti ordinari della programmazione di settore e della pianificazione territoriale settoriale o speciale In riferimento al quadro delle competenze della Regione e della Provincia nei diversi settori20, è stata operata una lettura dei principali documenti della programmazione di settore dei due Enti. Da tale attività emerge un quadro caratterizzato da tre aspetti: − la forte interdipendenza dell’attività di programmazione dei due Enti territoriali in alcuni settori21; − la scarsa integrazione intersettoriale di molti programmi; − la natura più di studi di settore che di programmi di molti documenti della programmazione di settore di fonte regionale.

In tal senso, appare opportuno, anche in sede di Pianificazione Strutturale della Provincia, definire orientamenti per una più incisiva attuazione dei programmi e dei piani di settore, ad esempio con specifico riferimento alla programmazione dei servizi di base rispetto ai quali si rende sempre più urgente una politica di localizzazione degli stessi in adeguati ambiti sovracomunali (in relazione soprattutto alla dimensione ottimale dei bacini di domanda ed alle condizioni di accessibilità interna alle singole aggregazioni, come si riferisce in altra parte del documento con riferimento alle questioni dell’armatura urbana ed alla dotazione dei servizi minimi per ciascun comune).

Relativamente ai principali documenti della programmazione regionale di settore sono stati consultati i seguenti piani e programmi: Piano Energetico Regionale e Programma per il completamento della metanizzazione (Accordo ENI-Regione), Piano Sviluppo Rurale, Piano Regionale per il Turismo, Piano Regionale di Tutela e Risanamento delle acque, Piano di Forestazione per la compensazione ambientale (accordo ENI-Regione), Piano Regionale Sanitario, Piani di manutenzione del territorio e difesa del suolo, Programmi di edilizia residenziale pubblica e Programmi Urbani Complessi, Piano Piste ciclabili, Piano Parcheggi, Piano

20 il D.Lgs.112/1998 recante il «conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle Regioni ed agli enti locali», ha rappresentato una prima fase di decentramento più incisiva rispetto allo sforzo compiuto precedentemente dal D.P.R. 616/1977. Il citato decreto ha posto come regola l’esercizio di compiti e funzioni amministrativi a livello locale, configurando, così, l’intervento dello Stato in via meramente residuale nel rispetto del principio di sussidiarietà. Sul punto, inoltre, la L. 340/2000 all’art. 13 ha conferito alle Regioni (e agli enti locali) tutti i compiti di natura consultiva, istruttoria e preparatoria connessi all’esercizio delle funzioni trasferite dallo Stato, anche nel caso di attività attribuite dalla legge a uffici e organi di altre amministrazioni. In particolare, la riallocazione delle funzioni e compiti amministrativi in favore degli enti territoriali ha investito i seguenti settori organici: sviluppo economico e attività produttive; territorio, ambiente e infrastrutture; servizi alla persona e alla comunità; polizia regionale e locale. La Regione Basilicata ha ulteriormente disciplinato la materia, sostanzialmente recependo le indicazioni della legislazione nazionale con l’emanazione della L.R. N. 7 del 8-03-1999 “Conferimento di funzioni e compiti amministrativi al sistema delle autonomie locali e funzionali in attuazione del decreto legislativo 31 marzo 1998, N. 112”. 21 Molta della attività di Programmazione della Provincia è strettamente riferita all’attività di Programmazione regionale nelle stesse materie.

134 Documento Preliminare al P.S.P. di Potenza

Regionale della Protezione Civile, Piano Regionale della Viabilità , Piano Regionale dei Trasporti.

I piani di settore di competenza della Provincia che sono stati consultati sono: il Piano di bacino del Trasporto pubblico locale, il Piano di forestazione, il Piano faunistico venatorio, il Programma di Edilizia Scolastica e relativa programmazione annuale e triennale.

Per quanto attiene alla pianificazione di settore di interesse sovracomunale, per l’erogazione dei principali servizi di base, si sono consultati i seguenti documenti:

Piano regionale di dimensionamento ottimale delle Istituzioni scolastiche Le Province, per quanto attiene gli istituti superiori, ed i Comuni, per gli istituti della scuola dell’obbligo, hanno il compito di decidere in merito alla istituzione, aggregazione, fusione o soppressione delle istituzioni scolastiche comprese nei relativi territori di competenza, in attuazione della programmazione regionale. Il DPGR del 18.6.1998 regolamenta il dimensionamento delle istituzioni scolastiche sul territorio regionale, al fine di individuare dimensioni ottimali per garantire un efficace espletamento dell’esercizio dell’autonomia scolastica. Il Piano regionale di dimensionamento delle istituzioni scolastiche, con particolare riferimento alla scuola dell’obbligo, ipotizza quindi il necessario accorpamento dei plessi scolastici esistenti anche tra più comuni. Una tale scelta, comunque obbligata, impone una attenta valutazione, con riferimento alla particolare età dell’utenza, delle condizioni di accessibilità agli istituti di interesse sovracomunale. Per tali istituzioni, all’interno di un accettabile pendolarismo giornaliero, dovrà prevedersi una completa riorganizzazione anche della localizzazione delle strutture edilizie e delle attrezzature complementari e di supporto. Una attenta valutazione dei bacini di utenza delle istituzioni scolastiche superiori si impone anche in relazione ai distretti per l’impiego.

Il Piano Regionale Socio-assistenziale Leggi nazionali e regionali di settore hanno negli ultimi anni profondamente innovato le modalità di erogazione dei servizi socio- assistenziali, ridefinendo il quadro complessivo delle competenze in materia. In raccordo con la programmazione sanitaria regionale e di distretto, la maggior parte delle funzioni di base sono state trasferite ai comuni. Principalmente a questi spetta, infatti, la erogazione dei diversi servizi e la gestione delle strutture. Il Piano Regionale Socio-Assistenziale 1999-2001 definisce le scelte di riorganizzazione dell’intero settore, prevedendo un forte coinvolgimento non solo degli enti locali ma anche dei privati operatori (ed in particolare delle organizzazioni di volontariato). Il

Sezione 2-Il quadro conoscitivo: lo stato dell’arte 135

Piano prevede che i servizi di assistenza previsti per tali aree vengano erogati in ambiti territoriali sovracomunali, ipotizzando bacini ottimali di utenza e di domanda da soddisfare, per le varie tipologie di servizio, in centri di assistenza e strutture localizzate nei comuni interessati.

I Programmi di intervento nei settori della cultura, dello sport e del tempo libero La tipologia di tali servizi risulta notevolmente articolata e differenziata. Non risultano, peraltro, censimenti aggiornati delle strutture presenti sul territorio utili a restituire informazioni dettagliate sulle caratteristiche delle strutture e delle attrezzature e sui ritorni prestazionali delle stesse. Da alcune indagini a campione effettuate, le attrezzature per lo svolgimento di attività culturali, sportive e per l’impiego del tempo libero risultano presenti, in numero e dimensione non necessariamente correlato alla taglia demografica dei comuni e quindi alla domanda presente, in quasi tutti i comuni della regione. In molti comuni esiste una dotazione minima di tali attrezzature sufficiente a soddisfare la domanda locale, in molti altri le strutture e gli impianti risultano fortemente sovradimensionati con conseguenti problemi di costi di gestione e di manutenzione. La mancanza fino ad oggi di una più mirata pianificazione di tali attività e quindi la individuazione di bacini di utenza adeguati per giustificare la presenza delle attrezzature e la eventuale realizzazione di nuove, ha portato a situazione di forte sperequazione territoriale nella erogazione di tali servizi, La dimensione delle Comunità Montane o delle aggregazione consortili di comuni possono rappresentare l’ambito territoriale più idoneo per le attrezzature di maggiore dimensione. Non secondaria appare, poi, la localizzazione degli impianti in aree prossime alle strutture dell’ istruzione superiore (anche queste oggetto in futuro di profondi processi di riorganizzazione in relazione ai nuovi ordinamenti scolastici).

I Piani Regionali e Provinciali per la Gestione dei Rifiuti Con riferimento al servizio di smaltimento dei rifiuti solidi urbani, la Regione Basilicata ha di recente approvato il Piano regionale dei Rifiuti, a cui è seguito il relativo Piano di competenza della Provincia di Potenza. Per tale tipologia di rifiuti, così come previsto da leggi normative di settore, il Piano punta ad incentivare le modalità di raccolta differenziata, ponendosi i seguenti obiettivi: contenimento della produzione dei rifiuti, separazione dei flussi, valorizzazione dei rifiuti, recupero dei materiali, recupero energetico, riduzione del fabbisogno di discarica, minimizzazione degli impatti ambientali dei processi di trattamento e smaltimento, definizione di una mappa delle aree idonee ai diversi e particolari impianti di smaltimento. In relazione ai bacini di utenza ottimali per lo svolgimento dei più importanti cicli di attività, con riferimento anche alla localizzazione di impianti e strutture di servizio per la raccolta, il Piano, escludendo i due comuni capoluogo di provincia, individua una soglia demografica ottimale pari a 10.000-15.000 abitanti. In tutti gli altri casi, come lo stesso Piano

136 Documento Preliminare al P.S.P. di Potenza prefigura, la gestione del servizio potrebbe trovare nelle Comunità Montane o in aggregazioni consortili i soggetti più idonei a garantire una efficace ed efficiente gestione del servizio.

2.7.3 Gli strumenti della pianificazione territoriale e della pianificazione speciale

I Piani Paesistici ed i Piani dei Parchi Nazionali e Regionali Con riferimento alla pianificazione di area vasta, nell’ambito del territorio provinciale sono vigenti i soli piani paesistici ex-legge 431/85 relativi alle zone dei laghi di Monticchio, delle Dolomiti Lucane, della Sellata Volturino, del Monte Sirino, della costa di Maratea e del comprensorio del Pollino. I suddetti strumenti sono stati oggetto nel tempo di alcune varianti; in particolare, nel caso dell’area del Lagonegrese-Senisese, peraltro ricadente anche nell’area del Parco Nazionale del Pollino, di recente è stata approvata una variante sostanziale al precedente piano paesistico. L’analisi dei documenti dei piani paesistici è stata finalizzata alla comprensione e valutazione della metodologia redazionale, alla valutazione dell’ efficacia del regime normativo vigente, alla possibilità di recepimento nel PSP del quadro conoscitivo messo a punto sulla base dei necessari aggiornamenti ed adeguamenti, al fine di valutare in che misura l’attuale disciplina potrà eventualmente essere fatta propria dal PSP o modificata, per le aree interessate dai piani. Per la rimanente parte del territorio provinciale non interessato dalla pianificazione paesistica vigente, la specifica disciplina della tutela paesistica sarà definita secondo le metodologie che si proporranno per la redazione del PSP. In tal senso si valuterà quanto della nuova disciplina potrà far riferimento ai contenuti della strumentazione vigente, anche al fine di assicurare regimi di intervento da attribuirsi con riguardo all’intero territorio provinciale. Inoltre, pur in assenza della Carta Regionale dei Suoli, si cercherà di definire criteri di valutazione per la salvaguardia dei valori paesistici coerenti con quanto definito dalla legge e dal recente regolamento di attuazione della stessa. Con riferimento alla pianificazione delle aree protette ricadenti nel territorio provinciale si è verificato lo stato di avanzamento dei lavori di predisposizione del Piano del Parco Nazionale del Pollino. Conclusasi la fase di predisposizione degli studi specialistici e di settore da parte della Società incaricata della redazione del Piano, è stata presentata, ormai da diversi mesi, la bozza del Piano. Di recente sono stati, infine, avviate le attività per la redazione del piano del Parco Regionale delle Dolomiti Lucane e di Gallipoli-Cognato.

Il Piano Stralcio di Bacino Il Piano Stralcio per la Difesa dal Rischio Idrogeologico (PAI), redatto ai sensi dell'art.17. comma 6 ter, L. 183/89, ha valore di Piano Territoriale di Settore ed è lo strumento conoscitivo, normativo e tecnico-operativo mediante il quale sono pianificate e programmate le azioni e le norme d'uso

Sezione 2-Il quadro conoscitivo: lo stato dell’arte 137 riguardanti la difesa dal rischio idraulico e idrogeologico del territorio compreso nell' Autorità Interregionale di Bacino della Basilicata L'individuazione delle aree da proteggere dalle possibili crisi dell'assetto dei versanti collinari e montani e degli alvei fluviali, dovute rispettivamente agli eventi franosi ed alle piene, costituisce la premessa per una pianificazione organica e sistematica del territorio avente come obiettivo fondamentale la tutela, la valorizzazione ed il recupero socio-culturale e ambientale dei sistemi naturali nell'ambito dei territori antropizzati e non. Il Piano Stralcio per la Difesa dal Rischio Idrogeologico produce efficacia giuridica rispetto alla pianificazione di settore, urbanistica e territoriale, ed ha carattere immediatamente vincolante per le Amministrazioni e gli Enti Pubblici, nonchè per i soggetti privati, ai sensi dell'art.17, commi 4 e 5 della L. 183/89. Data la prevalenza del Piano sugli altri strumenti di settore e della pianificazione territoriale, a buon titolo può considerarsi uno strumento di natura speciale più che settoriale, alla stregua degli strumenti di pianificazione delle aree protette. Ai fini della predisposizione del PSP, il piano stralcio riveste una particolare importanza in quanto strumento utile a definire le maggiori condizioni di rischio presenti sul territorio e quindi a definire i regimi di intervento e d'uso più appropriati in tali aree.

2.7.4 Gli strumenti della programmazione dei fondi comunitari Il Programma di Sviluppo del Mezzogiorno (PSM, delibera CIPE del 14/5/99) profila le linee guida della programmazione 2000-2006 dello sviluppo delle regioni italiane ad obiettivo 1 (Basilicata, Campania, Puglia, Calabria, Sicilia, Sardegna) con il sostegno dei fondi strutturali comunitari. Predisposto dal Ministero del Tesoro e del Bilancio, esso è frutto della concertazione avviata nell’ambito dei tavoli di programmazione previsti dalla delibera CIPE del 22 dicembre 1998 tra amministrazione centrale, Regioni e parti economiche e sociali. L'obiettivo generale di sviluppo delle aree del Mezzogiorno andrà conseguito attraverso una strategia di sviluppo ambientalmente sostenibile, articolata in sei assi prioritari di intervento22, fortemente integrabili tra loro in quanto le linee di azione, ricomprese in ciascun asse, sono costituite da insiemi di interventi settoriali, tra loro collegati, che puntano ad obiettivi comuni. Il Programma di Sviluppo del Mezzogiorno si articola in Programmi Operativi, che costituiscono strumento di attuazione delle linee di intervento cofinanziate dai Fondi strutturali comunitari, in coerenza con la programmazione degli investimenti - finanziati con le risorse nazionali -

22 I sei assi prioritari che costruiscono il sistema organico degli obiettivi sono: Asse I, risorse naturali; Asse II, risorse culturali; Asse III, risorse umane; Asse IV, Sistemi locali di sviluppo; Asse V, Città; Asse VI, Reti e nodi di servizio.

138 Documento Preliminare al P.S.P. di Potenza nelle aree depresse, nonché con le risorse ordinarie delle Amministrazioni nazionali, delle Regioni e degli Enti locali, attraverso la definizione e l'attuazione delle Intese istituzionali di programma. A tal fine vengono identificate le seguenti tipologie di Programmi:

− Programmi operativi nazionali (PON) e Programmi Operativi Multiregionali (POM23), che si riferiscono a linee di intervento a valenza nazionale e settoriale24;

− Programmi operativi regionali (POR) che, articolati con riferimento agli stessi Assi di intervento ed agli obiettivi generali, assumono la forma e i contenuti dei progetti integrati territoriali25 oltre che di politiche settoriali.

Il POR ed il Complemento di Programmazione Per quanto attiene all'utilizzo delle risorse comunitarie e delle poste nazionali e regionali di cofinanziamento, il POR 2000-2006, principale strumento di attuazione delle linee strategiche di sviluppo contenute nel PRS, si pone l'obiettivo, secondo gli indirizzi e le linee guida dettati in sede comunitaria, di:

− favorire la localizzazione di nuovi investimenti produttivi, ad integrazione delle preesistenze più significative, attraverso la messa in atto di una strumentazione più flessibile e più mirata (promozione dell’immagine Basilicata, razionalizzazione del sistema di sostegno alle imprese, promozione della ricerca e della qualificazione del capitale umano);

23 Sono tutti quei progetti finanziati nell’ambito del QCS delle regioni obiettivo 1, la cui titolarità è delle Amministrazioni Centrali o di aziende come le FFSS, la Telecom, l’Enel, ecc. I programmi sono finalizzati a realizzare interventi settoriali o ad affrontare specifiche problematiche che interessano più regioni e possono essere monofondo o plurifondo. Di seguito si riportano gli specifici POM di interesse della Regione Basilicata, con particolare riferimento alle azioni ed agli interventi programmati nell’ambito territoriale provinciale: POM - Risorse Idriche, POM - Sviluppo e Valorizzazione del Turismo Sostenibil,e POM – Ambiente ,POM – Energia, POM – Emergenza Occupazione Sud ,POM – Parco Progetti: Una Rete per lo Sviluppo Locale, POM – Attività di sostegno ai servizi di Sviluppo per l’Agricoltura, POM – Industria, Artigianato e Servizi alle Imprese Infine vanno richiamati i progetti previsti nel POM – Formazione Formatori e Funzionari della P.A. e nel POM – Assistenza Tecnica e Azioni Innovative, finalizzati a fornire adeguato supporto tecnico-amministrativo, attraverso la qualificazione delle risorse umane impegnate nella attuazione e gestione dei diversi programmi di intervento di iniziativa regionale, comunitaria e locale. Il territorio provinciale è interessato dalla quasi totalità dei progetti previsti nei diversi programmi. 24 Sicurezza, Ricerca scientifica - tecnologica e alta formazione, Trasporti (con riferimento alle grandi infrastrutture di rete), Scuola (per quanto riguarda le azioni di interesse nazionale), Pesca (con riferimento alla gestione delle risorse ittiche marine di interesse nazionale) 25 Nei POR, agli interventi di stretta competenza regionale si potranno affiancare interventi a titolarità delle Amministrazioni centrali: Protezione civile, Energia (salvo le fonti rinnovabili), Sviluppo locale (ad eccezione dei patti territoriali e degli strumenti regionalizzati), Beni culturali, Innovazione nella pubblica Amministrazione. In tal modo sarà realizzata una maggiore efficienza ed efficacia degli interventi, attuando uno stretto coordinamento operativo con il complesso dell'azione di sviluppo regionale. Analogamente, per la realizzazione di specifici interventi a valenza interregionale, le regioni potranno concludere accordi volti ad assicurare la necessaria copertura finanziaria a valere, per la parte di propria competenza, sui rispettivi Programmi operativi regionali.

Sezione 2-Il quadro conoscitivo: lo stato dell’arte 139

− valorizzare e sfruttare economicamente, in chiave di compatibilità ambientale, le potenziali risorse del suolo e del sottosuolo; − affrontare con decisione il nodo della diffusione dello sviluppo, promuovendo, con adeguata strumentazione (eventualmente innovata a livello regionale), l’estensione dei processi di crescita dalle aree più vocate alla aree marginali e favorendo in tal modo il perseguimento della coesione economica in tutto il territorio regionale; − proseguire e portare fino in fondo la politica della concertazione, del decentramento delle funzioni, della riorganizzazione della macchina amministrativa, nella direzione di un effettivo alleggerimento della “tassa burocratica” sull’attività produttiva e dunque di un vantaggio competitivo reale per i soggetti, interni ed esterni, coinvolti nella politica di sviluppo regionale.

La Regione Basilicata assume dunque quale finalità prioritaria per l’azione da sviluppare nel periodo 2000/2006 le seguenti linee strategiche generali:

− superare la condizione di perifericità di larga parte del territorio regionale nel contesto nazionale ed internazionale − mirare ad uno sviluppo sostenibile, promuovendo innanzitutto adeguati interventi di difesa del suolo e di tutela ambientale; − riequilibrare il rapporto tra aree urbane ed aree rurali della regione.

In coerenza con le esigenze strategiche indicate nel PRS e con le linee guida indicate dalla Commissione Europea e dal Ministero del Tesoro e del Bilancio, nel POR sono programmate le azioni e gli interventi da attuare nel periodo 2000/2006 riconducibili agli assi prioritari di intervento definiti a livello nazionale e comunitario.

Con riferimento invece alla territorializzazione degli interventi e quindi alla individuazione di ambiti e sistemi territoriali su cui incardinare l'attività di programmazione dal basso, sia di tipo ordinario che legata alla attuazione dei singoli assi strategici di programma, il PRS ed il POR individuano un primo insieme di sistemi locali, definiti come aree- programma26.

In tali ambiti gli strumenti di programmazione generale regionale si raccordano ad una attività di programmazione locale che trova nei Programmi Integrati d'Area (previsti esplicitamente dalla legge sulla

26 Le aree-programma indicate, in via del tutto preliminare e da sottoporre a successiva verifica come negli stessi documenti si dichiara, sono indicate in numero di otto nel PRS ed in numero di sei nel POR; tale discordanza, del tutto irrilevante nell’attuale fase di ragionamento e di ricerca, trova una spiegazione nella differente ipotesi di aggregazione delle aree più interne della regione.

140 Documento Preliminare al P.S.P. di Potenza

Programmazione regionale n.30/97) e nei Progetti Integrati Territoriali (previsti esplicitamente dalle Circolari e Regolamenti di Indirizzo per la predisposizione dei POR)27 gli strumenti più efficaci.

Il Quadro Comunitario di Sostegno (QCS) definisce i Progetti Integrati Territoriali (PIT) come un complesso di azioni intersettoriali strettamente coerenti tra di loro, che convergono verso un comune obiettivo di sviluppo del territorio e giustificano un approccio attuativo unitario.

I PIT costituiscono, quindi, un insieme di azioni intersettoriali, connesse e collegate, che coinvolgono soggetti pubblici e privati. Tali azioni convergono verso il conseguimento di un obiettivo definito per lo sviluppo di un determinato territorio coincidente, in linea di massima, con il territorio provinciale o sub provinciale riproducendo la logica di intervento tipica del Programma Operativo Regionale (POR) che, per conseguire un insieme di obiettivi specifici, collegati e una finalità generale di sviluppo territoriale, si avvale di diversi strumenti di intervento collegati fra di loro (misure).

In Basilicata, il processo dei PIT è stato innescato con la DGR n.1364 del 19 giugno 2001, con cui la Regione ha stabilito le modalità e le procedure per l’attivazione dei Progetti, ha definito le risorse da destinare alla prima fase (fino al 31 dicembre 2004) ed ha delineato compiti, funzioni e ruoli dei soggetti coinvolti. La territorializzazione della programmazione è stata effettuata sulla base delle variabili socio-economiche fondamentali, delle principali relazioni istituzionali in essere e di precedenti esperienze metodologiche di programmazione (LR.n.30/97, direttiva FESR POP 94-99, Programma Regionale di Sviluppo o PRS).

Il percorso decisionale territoriale è stato coordinato dalle Province ed ha condotto ad una ripartizione dell’intero territorio regionale in 8 aree comprendenti tutti i comuni della Basilicata ad esclusione dei comuni capoluogo, che sono invece interessati da due specifici Progetti Integrati denominati PISU (Progetti Integrati di Sviluppo Urbano).

La dotazione finanziaria iniziale assegnata ai PIT ammontava a circa 170 Meuro, pari a circa il 10,5% del valore del POR. Successivamente, tale valore è stato incrementato con “progetti di rapido avvio” relativi ad interventi già attivati con risorse proprie delle Amministrazioni coinvolte che fossero già in corso di attuazione alla data

27 Il ricorso a PIT, ossia azioni intersettoriali strettamente coerenti e collegate tra loro che convergono verso il conseguimento di un comune obiettivo di sviluppo in contesti territoriali definiti, nell’ambito del POR, costituisce un’ulteriore opportunità per perseguire finalità di riequilibrio, specie fra aree contraddistinte da maggiori potenzialità di sviluppo, prevalentemente situate sul bordo del territorio regionale, ed aree interne meno dinamiche e soggette a rischio di ulteriore isolamento.

Sezione 2-Il quadro conoscitivo: lo stato dell’arte 141 del 5 ottobre 1999, purché coerenti con il PIT e comprendenti spese eligibili a finanziamento comunitario. In definitiva, la consistenza finanziaria dei PIT nella prima fase è di 322,9 Meuro (20% del POR), e nell’intero periodo 2000-2006 potrà raggiungere una somma di 576,7 Meuro (circa il 36% del POR). Nel capitolo dedicato alle politiche strategiche da porre alla base del Piano Strutturale Provinciale si richiameranno più in dettaglio gli obiettivi dei PIT, ormai tutti pervenuti alla fase di avvio degli interventi proposti. I PIT, alcuni strumenti della Programmazione negoziata ed altri programmi di iniziativa comunitaria (come i Leader) rappresentano sicuramente un fertile campo di sperimentazione per la implementazione di politiche di sviluppo alla scala locale che trovano nella concertazione istituzionale e nella costruzione di forti partnership locali i veri punti di forza.

I Programmi di Iniziativa Comunitaria I Programmi di Iniziativa Comunitaria sono quei progetti che interessano aree più vaste di quelle nazionali e regionali con l’obiettivo di aumentare l’efficienza delle azioni attuate con i fondi strutturali. Il Leader (Liaisons Entre Actions de Developement de l’Economie Rurale) è un’ iniziativa comunitaria che mira ad incoraggiare i progetti di sviluppo locale nel settore rurale, attraverso la valorizzazione del potenziale intrinseco degli operatori e dei territori rurali. Il programma è di piena titolarità della Regione Basilicata ed è attuato dal dipartimento Agricoltura. L’iniziativa prevede la promozione nelle aree rurali del territorio regionale di azioni innovative in diversi settori, la diffusione delle esperienze nelle altre aree rurali dell’Unione, la promozione di collaborazioni trasnazionali. Al termine della fase di valutazione dei piani di azione locale sono stati selezionati in Basilicata 10 Gruppi di azione locale e 2 Operatori collettivi, per un importo complessivo di 76,4 miliardi di lire con un contributo pubblico di 57,3 miliardi. Attualmente si stanno predisponendo i bandi da parte della Regione per il nuovo programma Leader Plus, finalizzato a sviluppare ancora di più che in passato le iniziative di promozione dei sistemi locali rurali.

La Basilicata è destinataria di finanziamenti anche in altri programmi di iniziativa comunitaria a valere sui fondi strutturali28. Per la tipologia degli

28 I programmi di questa tipologia sono i seguenti: il Programma di Sostegno alle P.M.I. (interventi volti a favorire il rafforzamento delle piccole e medie imprese nelle regioni in ritardo di sviluppo, per renderle competitive sui mercati internazionali), il programma Iniziative Occupazione e Valorizzazione delle Risorse Umane (Now, Horizon, Integra, Youthstart), il programma ADAPT (processi innovativi nel settore industriale ed a qualificare il mercato del lavoro, alcune Azioni Pilota art. 10 del regolamento FESR (finanziamento di studi e di progetti pilota a carattere trasnazionale e che rivestono interesse comunitario), il programma RECITE II (cooperazione interregionale per lo scambio di know-how tra imprese), il programma ECOS-OVERTURE II (realizzazione di progetti di cooperazione transnazionale nel settore dell’innovazione e dello sviluppo economico). Altri programmi attivati dall’UE sono finanziati da fondi e linee di bilancio diverse dai fondi strutturali FESR, FEAOG, FSE, e sono attivati a vario titolo dalle Direzioni Generali della Commissione Europea. Nella maggior parte dei casi sono azioni con limitate dotazioni finanziarie, con obiettivi molto specifici e con carattere

142 Documento Preliminare al P.S.P. di Potenza interventi ricompresi nei programmi si ritiene che non rappresentino elementi di particolare e preminente interesse per la Pianificazione Strutturale provinciale. Alcuni di tali programmi possono avere invece interessanti ricadute positive all’interno dei contesti territoriali più direttamente interessati.

2.7.5 Gli strumenti della programmazione negoziata Nell’ultimo decennio si è assistito, a livello nazionale, ad un diffuso utilizzo di nuovi strumenti di programmazione dello sviluppo economico locale e di programmi complessi di intervento alla scala urbana. L’esperienza della Basilicata, e della Provincia di Potenza in particolare, rappresenta un caso particolarmente significativo:

− per l’utilizzazione delle gamma completa degli strumenti alle diverse scale di intervento; − per la presenza di un quadro legislativo regionale e di strumenti di programmazione e pianificazione economico-territoriale innovati di recente o in corso di formazione; − per le caratteristiche strutturali della regione, le attuali favorevoli condizioni di sviluppo che interessano alcuni sub-ambiti territoriali della stessa, le significative risorse economiche (pubbliche e private) attivabili nel medio periodo, le positive performances dell’ammnistrazione regionale nell’impiego e nella spesa delle risorse di origine comunitaria e statale.

In particolare, con riferimento ai programmi di iniziativa regionale e/o di interesse sovracomunale, si farà riferimento a:

− Accordi di Programma approvati ai sensi dell’Intesa Quadro di Programma Stato-Regione − Contratti di Programma − Contratto d’Area (Aree industriali della legge 219/81 ricadenti nei territori interessati dal sisma del 1980) − Patti Territoriali − Programmi di Riqualificazione Urbana e per lo Sviluppo Sostenibile del Territorio (PRUSST di Potenza e dei comuni del potentino, PRUSST dei comuni dell’area Sud interessati dal sisma del 1998)29

di trasnazionalità. Di seguito si riportano le principali iniziative attivate o in corso di attivazione da parte della regione: Programma LIFE (il programma si suddivide nei due sottoprogrammi LIFE Ambiente e LIFE Natura, finalizzati a sostenere esperienze innovative in campo ambientale e di tutela e conservazione della natura); Programma LEONARDO (iniziative trasnazionali nel campo delle politiche del lavoro e della formazione professionale) 29 In ambito urbano, e con riferimento specifico ai Programmi Complessi promossi dal Min.ll.pp, negli ultimi anni, sono stati promossi (anche se non sempre sono pervenuti alla fase di definitiva approvazione): Contratti di Quartiere (Potenza, Montescaglioso, Matera)

Sezione 2-Il quadro conoscitivo: lo stato dell’arte 143

L’Intesa istituzionale di Programma è l'accordo tra Amministrazioni centrale e regionale con cui tali soggetti si impegnano a collaborare sulla base di una ricognizione programmatica delle risorse finanziarie disponibili, dei soggetti interessati e delle procedure amministrative occorrenti per la realizzazione di un piano pluriennale di interventi di interesse comune o funzionalmente collegati. L’Intesa tra Regione Basilicata e Governo intende rovesciare la direzione dei processi di sviluppo sinora attuati, ossia ha l’obiettivo di passare dallo sviluppo autocentrato ed autoreferenziale, ove le scelte tendevano a garantire la continuità delle piccole realtà regionali, a quello possibile sulla base di un “sistema territorio-aperto”, in cui la riorganizzazione dei fattori materiali ed immateriali deve avvenire in un contesto di crescente integrazione, di cooperazione e di competizione su scala sovra ed interregionale. Coerentemente con gli strumenti programmatori (PRS, ma anche i Patti Territoriali, gli obiettivi prioritari sono:

− il potenziamento delle infrastrutture di collegamento, per inserire la regione organicamente nel quadro della rete nazionale e potenziare i collegamenti interni, al fine di evitare la frammentazione delle realtà sub-regionali; − l’attuazione del piano di programmazione sanitaria regionale, per migliorare e razionalizzare le prestazioni del sistema sanitario regionale aumentando la qualità dei servizi di assistenza sanitaria; − la valorizzazione delle risorse del territorio in un’ottica sostenibile, facendo esplicito riferimento all’utilizzo delle risorse idriche e alla necessità di interventi di consolidamento e di prevenzione del rischio idrogeologico; − la valorizzazione delle risorse storico-culturali, ampiamente diffuse, ma largamente sottoutilizzate a fini turistici; − l’incentivazione e lo sviluppo della ricerca, per rendere competitivi i settori della piccola e media impresa e dell’agricoltura.

Muovendo da tali obiettivi, le azioni da intraprendere sono individuate tramite gli Accordi di programma Quadro. Oltre al recepimento dell’Accordo di Programma con la Puglia per l’utilizzo della risorsa idrica30 e di quello tra Governo, ENI e Regione Basilicata per l’estrazione del petrolio in Val d’Agri, va inoltre ricordato che, all’interno dell’Intesa è stato ridiscusso anche l’accordo per la reindustrializzazione della Val Basento (Delibera CIPE n.120 del 30 giugno 1999).

Programmi di Riqualificazione Urbana (PRU del Centro storico di Potenza, PRU delle ex Fornaci di Ierace a Potenza) Programmi di Recupero Urbano (Area di prefabbricati di Bucaletto a Potenza, Zona 167 di S.Giacomo a Matera) Programmi Integrati (PI del Fosso di S. Lucia a Potenza, Programmi Integrati dell’Area del Vulture-Melfese).

144 Documento Preliminare al P.S.P. di Potenza

All’atto della stipula della Intesa Istituzionale promossa da Governo nazionale e Regione Basilicata, sono stati sottoscritti tre dei sette.

Attualmente risultano sottoscritti ed in fase di attuazione 5 APQ tra la Regione Basilicata ed i Ministeri competenti nelle varie materie ed è in corso di concertazione un ulteriore APQ sulla difesa del suolo. Gli APQ sottoscritti contestualmente all’intesa ed entro il 2001 sono31: − APQ Viabilità ed APQ Trasporto ferroviario e sistemi di mobilità e scambio. Tali APQ hanno come obiettivo la rottura dell’isolamento della regione attraverso il recupero del deficit infrastrutturale sia per favorire lo sviluppo dell’economia regionale, sia per rafforzare la coesione interna del sistema regione. Per conseguire tale risultato sono state individuate una serie di opere strategiche nel settore della viabilità e nel settore del trasporto ferroviari e plurimodali. − APQ Attuazione del Piano di Programmazione Sanitaria Regionale. − APQ in materia di beni ed attività’ culturali. L’APQ è finalizzato a sostenere la conoscenza, la conservazione, la fruizione, la valorizzazione e la promozione dei beni, della attività e servizi culturali in una logica di integrazione che comporta l’inserimento del singolo bene in un sistema più ampio di beni complementari.

Il 30.12.2002 è poi stato sottoscritto l’APQ Tutela delle Acque gestione integrata delle risorse idriche. Tale APQ, che si muove nell’ottica di favorire la realizzazione in Basilicata del Servizio Idrico Integrato previsto dalla L. n.36 del 05.01.1994, ha come principali obiettivi la tutela dei corpi idrici superficiali e sotterranei, la qualità delle acque, l’incentivazione della politica unitaria di gestione delle risorse idriche per il soddisfacimento dei bisogni idrici e la riduzione dei consumi idrici.

Studi di fattibilità ex delibera CIPE 106/99 Tra la fine del 2001 e l’inizio del 2002 sono arrivati a sostanziale definizione gli SDF finanziati con la Delibera CIPE 106/99 ed anch’essi compresi nell’Intesa Istituzionale di Programma. Utilizzando gli esiti degli SDF è stato possibile individuare e dimensionare alcune importanti opere infrastrutturali strategiche per la Regione nel campo della viabilità e delle infrastrutture idriche che sono state proposte dalla Regione Basilicata ed inserite nel 1° programma delle infrastrutture strategiche (Legge Obiettivo n.443 del 21.12.2001) che ha fissato le priorità nazionali per la realizzazioni infrastrutturali.

Risultano inseriti nella Legge Obiettivo gli esiti dei seguenti SDF:

31 Cfr. Relazioni annuali (2002 e 2003) sullo stato di attuazione della programmazione regionale e della programmazione negoziata – Ufficio Programmazione Negoziata della Regione Basilicata

Sezione 2-Il quadro conoscitivo: lo stato dell’arte 145

− Sistema delle connessioni stradali lungo la direttrice est-ovest (itinerario Murgia-Pollino) − Corridoio di valico tra le valli del Basento e del Bradano (itinerario Potenza-Matera) − Sistema integrato dei trasporti sulla direttrice nord-sud (collegamento trasversale tra l’asse Tirrenico e l’asse Adriatico) − Utilizzazione afflussi invaso Cogliandrino − Razionalizzazione, ottimizzazione e completamento degli impianti irrigui, con recupero efficienza idraulica e risparmio idrico − Riuso acque basse ionico-lucane.

La maggior parte degli interventi individuati negli altri studi di fattibilità, che riguardano soprattutto opere per la valorizzazione delle risorse culturali, storiche e naturalistiche a fini turistici, sono comunque stati utilizzati come importanti elementi della redazione dei Programmi Integrati Territoriali o nei Programmi Integrati Sviluppo Urbano. Sempre previsti nell’Intesta Quadro vanno menzionati, per la valenza che va ben al di là degli ambiti territoriali più strettamente interessati, l’Accordo di Programma per la Reindustrializzazione della Val Basento ed il Programma speciale di Sviluppo Val d’Agri in base all’Accordo ENI- Regione e L.R. 40/95 (comprensorio delle attività estrattive). Di particolare interesse è il primo programma perché riguarda un’importante area produttiva a cerniera tra le due province di Potenza e Matera che da anni versa in uno stato di profonda crisi, pur essendo un’area strategica per lo sviluppo della regione in termini di rafforzamento della coesione territoriale.

Il Contratto d’Area della Provincia di Potenza, stipulato nel luglio del 1999, prevede 23 nuove iniziative da localizzare nelle aree industriali realizzate con i fondi della L. 219 per la ricostruzione del sisma del novembre 80, per un totale di 301,774 miliardi di investimento ed una ricaduta occupazionale di 1235 unità. del CIPE. Sono stati poi avviate diverse iniziative imprenditoriali che hanno portato alla stipula di Contratti di Programmi. Tali strumenti, che in passato hanno interessato iniziative produttive rilevanti per la Regione (come nel caso dell’insediamento FIAT a Melfi) sono gestiti in modo diretto tra imprenditori e Stato, con un ruolo marginale della Regione e degli Enti Locali.

Secondo la legge collegata alla Finanziaria del 1997 (che ha abrogato la definizione data dalla legge 341/1995 che aveva integrato la legge 104/1995) il Patto Territoriale è l'accordo promosso da enti locali, parti sociali o da altri soggetti pubblici o privati (con i contenuti dell'Accordo di Programma Quadro) relativo all'attuazione di un programma di interventi caratterizzato da specifici obiettivi di promozione dello sviluppo locale.

146 Documento Preliminare al P.S.P. di Potenza

In Basilicata sono sei i Patti territoriali, ispirati ai temi ripresi ampiamente dall’analisi del POR Basilicata come variabili di rottura per il sistema regionale: il turismo per la valorizzazione delle risorse del territorio, la riscoperta del patrimonio storico-culturale, il rafforzamento del sistema infrastrutturale a servizio della rete di piccole e medie imprese.

Con riferimento ai Patti che interessano la Provincia di Potenza sono in attuazione ben quattro iniziative di questa tipologia. La Provincia di Potenza ha promosso il Patto Territoriale Area Sud Provincia di Potenza. Sono stati finanziati 23 progetti per un investimento complessivo di circa € 13.306.000 ed un contributo pari a circa € 8.692.000 per una occupazione prevista di 195 unità. ll Comune di Lavello è stato il soggetto promotore del Patto Territoriale della Corsetteria (PaTeCor). L’investimento totale previsto è pari ad € 56.500.384 per una occupazione prevista di 438 unità. Sono risultate ammissibili 33 iniziative imprenditoriali per un totale di €.37,4 milioni e 4 iniziative infrastrutturali per € 11,6 milioni. Il Patto Territoriale dell’Area Nord Occidentale Provincia di Potenza è stato promosso dalla Comunità Montana Marmo Platano. Risultano assentite n. 38 iniziative imprenditoriali per € 14,12 milioni e n. 4 iniziative infrastrutturali per € 10,75 milioni per un totale di € 24,87 milioni., con un’occupazione prevista di 375 unità. L’ente promotore del Patto Territoriale Sapori Lucani è la Provincia di Potenza. L’investimento totale previsto è pari ad € 36,83 milioni totali di cui € 24,55 milioni per 97 iniziative imprenditoriali e € 12,28 milioni per interventi infrastrutturali.

I Programmi Urbani Complessi La “famiglia” dei cosiddetti Programmi Urbani Complessi, per la natura e le finalità di fondo degli stessi, può a pieno titolo, e qui per comodità di trattazione, comprendersi nella più ampia famiglia degli strumenti della programmazione negoziata. Comprende i seguenti strumenti: Programmi integrati di intervento (PII), Programmi urbani di recupero (Pur), Programmi di riqualificazione urbana (Pru), i Contratti di quartiere (CdQ) ed infine i Programmi di riqualificazione urbana e di sviluppo sostenibile del territorio (Prusst)32.

In Basilicata, soprattutto nei due capoluoghi di provincia, tali strumenti innovativi sono stati oggetto di particolare interesse da parte delle amministrazioni comunali che, in più momenti, hanno promosso specifiche iniziative che per la gran parte hanno ottenuto finanziamenti da parte dello Stato. Alcune di tali iniziative, che comunque rivestono un interesse

32 Di recente è in fase di primo avvio un nuovo strumento che rappresenterà una innovazione ulteriore dei Contratti di Quartiere

Sezione 2-Il quadro conoscitivo: lo stato dell’arte 147 decisamente locale e riferito ai soli contesti urbani interessati, hanno incontrato notevoli difficoltà nella fase attuativa. Il PRUSST del potentino ed il PRUSST dell’area sud della Basilicata presentano invece la caratteristica di strumenti di programmazione complessa riferibili ad ambiti sovracomunali e finalizzati a favorire concrete politiche di sviluppo locale. Sia nel primo che nel secondo caso i programmi non sono ancora pervenuti a livelli significativi di avanzamento nell’attuazione degli interventi.

2.7.6 La programmazione ordinaria di bilancio della Regione e della Provincia La legge di riferimento per la programmazione regionale rimane la n. 30 del 1997 (pubblicata sul B.U.R. n.33 del 01.07.1997), modificata ed integrata dalla legge n.51 del 1997 (pubblicata sul B.U.R. n. 70 del 13.21.1997).

La L.R. n. 34 del 2001 (pubblicata sul B.U.R. n. 62 del 08.09.2001) ha poi recepito il Decreto Legislativo n. 76 del 28.03.2000 sui “Principi fondamentali e norme di coordinamento in materia di bilancio e di contabilità delle regioni” definendo all’art. 4 il raccordo del bilancio con la programmazione regionale tramite lo strumento del Documento Annuale di Programmazione Economica e Finanziaria (DAPEF) che nel luglio 2002 è pervenuto alla sua seconda redazione. Il DAPEF, così come definito nella L.R. n.30/1997 e come ribadito nelle premesse della versione 2003, si caratterizza come “uno strumento di controllo, ma anche come un atto di indirizzo programmatico, economico e finanziario che ridetermina gli obiettivi strategici ed operativi e che individua i contenuti e le politiche da attuare e le loro dimensione finanziaria” rappresentando di fatto “la rimodulazione annuale del PRS”.

Il DAPEF 2003 è strutturato in tre parti33: un’analisi del quadro economico regionale; l’individuazione delle idee-forza che guidano la successiva definizione degli obiettivi e delle priorità nel triennio 2003-2005, l’analisi delle politiche finanziarie. Una “Regione di Qualità – Territorio di Eccellenza” è l’idea-forza che guida la strategia del DAPEF e che sottende tutte le azioni programmatiche. Partendo dai punti di forza già presenti nel sistema regionale, tale strategia intende favorire l’accumulazione dei vantaggi competitivi sia stimolando la crescita del capitale naturale, del capitale immateriale e del capitale sociale, sia sviluppando percorsi virtuosi, partecipati e condivisi in modo sempre più ampio dalle realtà territoriali. Il DAPEF 2003 sviluppa ulteriormente il legame tra gli ASP e gli obiettivi della programmazione regionale seguendo una struttura

33 Cfr. Relazioni annuali (2002 e 2003) sullo stato di attuazione della programmazione regionale e della programmazione negoziata – Ufficio Programmazione Negoziata della Regione Basilicata

148 Documento Preliminare al P.S.P. di Potenza metodologica che, partendo dall’analisi dello scenario di riferimento degli ASP, prevede la determinazione delle criticità di settore, esplicita gli obiettivi di intervento atti ad attenuare le criticità, descrive le linee di intervento regionali, sub ed extraregionali rispondenti agli obiettivi specificati, procede alla valutazione delle linee di intervento in relazione alla coerenza con gli obiettivi, agli impatti occupazionali ed alle pari opportunità.

Il Bilancio ordinario annuale della Provincia di Potenza, oltre alle risorse ordinarie dell’Ente, fa riferimento alle risorse rinvenienti da canali di finanziamento di tipo straordinario (in particolare comunitarie) finalizzate a cofinanziarie una parte consistente degli interventi programmati dall’Ente in un rapporto di stretta interazione con la Regione per quanto riguarda la definizione dei programmi di investimento nei principali settori di competenza. In particolare, il Bilancio di Previsione della Provincia per il 2003 prevede il raggiungimento dei seguenti macro-obiettivi settoriali ed intersettoriali: accelerazione della attuazione degli interventi nel settore delle infrastrutture viarie e della mobilità come ricompresi nel Piano Triennale delle OO.PP; approvazione del Documento Preliminare del Piano Strutturale Provinciale ed avvio della redazione del PSP; attuazione del Piano Provinciale dei Rifiuti ed in particolare del processo di raccolta differenziata dei rifiuti; attuazione dei programmi di intervento promossi dalla Provincia nell’ambito di Agenda 21; coordinamento nella attuazione dei Piani di Zona per il Piano Socio-assistenziale regionale; attuazione degli interventi ricompresi negli strumenti della programmazione negoziata e nei programmi complessi in cui la Provincia è soggetto promotore o è coinvolta; sviluppo delle attività di promozione di attività ed eventi culturali, con particolare riferimento alla valorizzazione del Polo della Cultura di Potenza ed al sostegno delle iniziative promosse dagli EE.LL.

2.8 Considerazioni preliminari sul ruolo del territorio del potentino nella realtà regionale e nel confronto con le realtà contermini

2.8.1 Introduzione Ai fini della costruzione del piano strutturale lo studio delle interazioni tra il Potentino e le aree contermini può essere utile per la definizione di aspetti strutturanti, soprattutto se l’analisi retrospettiva dei rapporti tra questa parte di territorio e quelle confinanti fornisce indicazioni su quali settori e quali componenti territoriali sono state in passato, o possono essere in futuro, identificative di uno sviluppo realmente endogeno, e nell’ambito del quale si può individuare una specificità dell’area Potentina.

I tratti evolutivi del territorio della provincia, infatti, sembrano spesso legati a dinamiche esogene. Queste dinamiche si leggono nella differenziazione delle direzioni di sviluppo caratterizzanti costa e interno,

Sezione 2-Il quadro conoscitivo: lo stato dell’arte 149 sudovest e nordest del Basento, zone interessate dal terremoto e zone non interessate. In sostanza si tratta di evidenziare, sotto una serie di aspetti ed in una interpretazione coevolutiva, quali parti del territorio siano state effettivamente correlate al Capoluogo in maniera strutturale e quali abbiano invece di fatto costituito, e costituiscano, “porzioni lucane” di comprensori extra regionali.

2.8.2 Analisi coevolutiva e istituzionale L’analisi coevolutiva tende a valutare le differenti “velocità” che hanno caratterizzato i trend di sviluppo del potentino e dei comprensori contermini. I trend sono quelli economici e quelli istituzionali. Ad eccezione del terremoto, che in qualche modo costituisce un “effetto distorcente” dello sviluppo del comprensorio potentino-irpino, non basato su fatti strutturali e ovviamente non trascurabile, i trend di sviluppo delle differenti aree ci possono dire in che modo si sia svolta la competizione a scala sovra regionale. Per poter effettuare questa analisi coevolutiva è necessario:

− individuare i settori i cui trend sono da indagare − individuare, oltre ai comprensori definiti amministrativamente (regioni e provincie, soprattutto) anche altri comprensori che per la loro natura di distretti economico-produttivi-ambientali possono costituire un ulteriore riferimento per l’analisi comparativa.

Le fonti ufficiali sono i dati dei principali istituti di indagine socioeconomico-ambientale (ISTAT, Istituto Tagliacarne, Union Camere, ENEA). Si tratta quindi di articolare, attraverso un’analisi degli indicatori proposti dalle fonti prima menzionate, una breve retrospettiva ed un’analisi delle implicazioni per il Potentino dell’esistenza di realtà definite territorialmente in maniera trasversale rispetto a quella provinciale. Nella stesura del PSP si svilupperanno le analisi di dettaglio annunciate nel presente paragrafo.

2.8.3 ll rapporto fra le due province lucane È sempre stato difficile la costruzione di un rapporto sinergico tra le due province lucane, anche perché ciascuna ha tentato di costruire, una propria rete di rapporti con comprensori contrapposti. Se però la provincia di Matera è caratterizzata dalla presenza di una serie di forti legami con Calabria e Puglia, va letta in maniera non simmetrica e non speculare la relazione tra Potentino e Campania. Il legame del materano con le aree a est della Basilicata si fonda: su politiche storiche comuni, a volte non completamente di successo (la riforma fondiaria, il polo ENI di Ferrandina) negli anni del dopoguerra; sulla

150 Documento Preliminare al P.S.P. di Potenza nascita di un comprensorio turistico costiero (il cui primo documento di studio, il rapporto Mecca-Lacava, risale agli anni ‘60) negli anni 70; sull’avvio di una filiera industriale manifatturiera (la rete dei mobilifici) che accomuna il materano ad alcuni comuni della Murgia barese. La politica lucana degli anni ’90 è stata caratterizzata da una forte spinta per la modernizzazione del sistema economico produttivo. In particolare, si è puntato all’introduzione nel territorio potentino di grandi insediamenti produttivi, con una logica diversa da quella del post-terremoto, basata su un’idea di competitività legata non tanto alla relazione tra territorio e fattori della produzione (risorse locali), ma sulla costruzione di attrattività per grandi attori del panorama economico nazionale e internazionale.

Questa ricerca di competitività si è sempre facilmente identificata nell’effetto Melfi. Proprio Melfi, però, rappresenta l’esempio di una difficoltà di competitività di un sistema produttivo slegato dalle risorse locali. Mentre a Melfi si insedia e si consolida la presenza Fiat, i comuni pugliesi dell’area Ofantina avviano una serie di azioni che mettono in competizione l’area del Patto territoriale Nord Ofantino con il comprensorio di Melfi.

L’industrializzazione spinta si legge nell’incremento del valore aggiunto pro capite di ben 5,5 punti percentuali nel decennio 1991-1999, il più alto in assoluto dell’intero panorama nazionale (Istituto Tagliacarne, 2000, ENEA, 2001). La Basilicata ha visto un incremento costante delle esportazioni, anche nei periodi meno favorevoli, rappresentate in larga parte dal comparto del salotto e dal settore automobilistico. Nel 1999 l’incremento è stato pari al 18,5%, sebbene la regione detenga solo lo 0,5% delle esportazioni italiane, con un valore che nel settore automobilistico è pari al 20,7% per gli autoveicoli, e al 165,3% per gli altri mezzi di trasporto. Il comparto del mobile registra un +8,5%. Nel lungo periodo si inizia a vedere una perdita di competitività del sistema produttivo potentino rispetto al comparto del mobile materano- pugliese. Infatti, mentre Matera permane tra le prime dieci province per incremento del valore aggiunto pro capite sia nel periodo 1991-1999, che nel periodo 1995-2001, passando dal quarto posto al primo, Potenza scompare dalla graduatoria nel periodo 1995-2001, dopo essere stata al primo posto nel periodo 1991-1999. Tab. 16 - Graduatoria delle prime dieci province italiane per incremento di peso sul valore aggiunto totale 1991-1999 di agricoltura, industria e servizi (Unioncamere)

Grad. Province incr % agr Province incr % ind. Province incr % serv. 1 Oristano 4,1 Potenza 4,0 Caltanissetta 10,1 2 Savona 2,7 Rimini 2,3 Avellino 10,0 3 Taranto 1,9 Imperia 2,1 Benevento 9,3 4 Caserta 1,7 Matera 1,9 Gorizia 8,7

Sezione 2-Il quadro conoscitivo: lo stato dell’arte 151

5 Rieti 1,4 Brescia 1,8 Trapani 8,5 6 Belluno 1,1 L'Aquila 1,8 Latina 7,6 7 Cremona 0,9 Cuneo 1,3 Catanzaro 6,8 8 Alessandria 0,8 Siracusa 1,2 Teramo 6,6 9 Pistoia 0,8 Bolzano 1,1 Frosinone 6,5 10 Padova 0,7 Asti 1,1 Foggia 6,3

Tab. 17 - Graduatoria delle prime dieci province italiane per incremento di peso sul valore aggiunto totale 1995-2001 di agricoltura, industria e servizi (Unioncamere)

Grad. Province incr % agr Province incr % ind. Province incr % serv. 1 Oristano 2,3 Matera 7,4 Biella 12,3 2 Rieti 2,0 Campobasso 6,1 Prato 9,7 3 Lodi 1,6 Pescara 3,9 Treviso 9,3 4 L'Aquila 1,4 Teramo 3,5 Varese 9,2 5 Milano 1,3 Bari 1,6 Lecco 9,2 6 Catanzaro 1,1 Reggio 1,5 Aosta 8,3 Calabria

7 Enna 0,9 Firenze 1,3 Mantova 8,0 8 Bergamo 0,8 Foggia 0,5 Udine 8,0 9 Sondrio 0,7 Lucca 0,2 Cremona 7,4 10 Trento 0,7 Pisa 7,2

Questo trend evidenzia una possibile perdita di competitività interna, rispetto alla seconda provincia, nel settore industriale, non bilanciata da una spinta altrettanto forte per la terziarizzazione. Infatti, nella distribuzione del valore aggiunto pro capite derivante dai tre settori industria-commercio- servizi, l’incidenza del terziario rispetto agli altri settori è per la provincia di Potenza più bassa rispetto a tutte le province contermini, come evidenziato in figura 17.

152 Documento Preliminare al P.S.P. di Potenza

Foggia Avellino Matera

Bari Salerno

Potenza

Cosenza

Fig. 17 - Incidenza del terziario nell’incremento del valore aggiunto pro capite, anno 2000 (Istituto Tagliacarne)

Allo stesso modo, se pure i trends evidenziano una rapida crescita della ricchezza pro capite in Basilicata nel complesso, con un trend che solo l’area metropolitana barese riesce a mantenere, la Provincia di Potenza non riesce mai a superare per valori aggiunti quella di Matera, nel decennio degli anni 90.

27.000

BARI 25.000

23.000 MATERA

POTENZA SALERNO 21.000 AVELLINO COSENZA BARI 19.000 FOGGIA

AVELLINO 17.000 SALERNO

MATERA FOGGIA 15.000 POTENZA COSENZA

13.000 1991 1992 1993 1994 1995 1996 1997 1998 1999

Fig. 18 - Trends relativi all’incremento del valore aggiunto procapite per Potenza e provincie contermini (Istituto Tagliacarne- Istat)

Sezione 2-Il quadro conoscitivo: lo stato dell’arte 153

I caratteri di questa difficoltà nel sostenere la competizione interna vanno ricercati, in primo luogo, nel ruolo primaziale che la città capoluogo del materano ha rivestito come attrattore di interessi economici, grazie anche al vasto patrimonio culturale e architettonico che la caratterizza. A questo va aggiunta, probabilmente, la considerazione che lo sviluppo del settore manifatturiero si è basato su una spinta più legata al panorama imprenditoriale locale.

2.8.4 Il territorio del potentino come nodo di transito nelle relazioni infrastrutturali tirrenico-adriatiche Le infrastrutture più importanti della provincia, esistenti e programmate, sembrano coinvolgere Potenza più come un rilevante nodo di transito, che come un punto di origine o di destinazione. Inoltre, i collegamenti privilegiano solo il Capoluogo, e molti comuni dell’interno hanno gravi problemi di accessibilità. Non essendo questo il punto del documento dedicato alla trattazione del problema delle infrastrutture, si potrebbe però evidenziare come la competitività nella macro-area Campano-Lucano- Pugliese sia stata influenzata da problemi di accessibilità e di nodi infrastrutturali.

Se consideriamo che l’autostrada Bari-Napoli connette le due città in un percorso di 240 km circa, la distanza minima percorribile in auto da Potenza per Napoli è di circa 150 km, mentre per Bari è di circa 140 km. Se le distanze vengono però misurate in tempi le tre città distano tutte circa 3 ore. Vale lo stesso se consideriamo il collegamento via treno: da Bari si arriva prima a Napoli che a Potenza. E’ chiaro che una serie di flussi trasversali al centro sud bypassano Potenza.

Il problema dell’accessibilità fa sì che le aree produttive più recenti siano sorte in zone più vicine a direttrici nord-sud est-ovest (vedi stabilimenti di Melfi, non lontani dalla dorsale autostradale adriatica e dalla Bari Napoli).

Lo sviluppo infrastrutturale di Campania e Puglia (meno per quanto riguarda la Calabria) – per la presenza degli aereoporti di Napoli- Capodichino e Bari-Palese, dei porti su Adriatico e Tirreno e per il ruolo rilevante delle direttrici adriatiche e tirreniche - rende ancora di più Potenza un nodo di transito.

E’ però possibile che una particolare categoria di flussi, che non richiede grandi infrastrutture, si localizzi lungo direttrici che attraversano trasversalmente la regione lucana, e si incrementi, a patto che venga valorizzata la giacitura, attualmente rappresentata da reti viarie poco servite da attrezzature di supporto. E’ il caso della direttrice Gravina Potenza, che attraversa un comprensorio schiacciato su una realtà

154 Documento Preliminare al P.S.P. di Potenza produttiva quasi monosettoriale (in particolare si tratta del settore agricolo), le cui potenzialità paesaggistico ambientali vanno investigate.

2.8.5 Ambiti interprovinciali di interesse strategico. Una sfida che il piano strutturale può cogliere, e per la quale può essere interessante svolgere un’analisi dei punti di forza e di debolezza, delle opportunità e dei rischi, è la trasformazione in positività di alcuni elementi che nella precedente descrizione possono apparire come negatività. Primo tra tutti il ruolo di nodo di transito, visto soprattutto nella direzione lungo il Basento, può essere esteso individuando elementi di connessione in direzione perpendicolare, andando, perciò, a costruire una relazione, attualmente estremamente limitata, tra i comuni che da Potenza si allungano verso il Melfese e i comuni che invece si trovano a occidente del Basento. Bisogna indagare se esistono elementi di supporto per la competizione nel ruolo di cerniera che solo Potenza può svolgere.

Con una certa variabilità e frammentarietà si sono avviate nel corso degli anni iniziative di pianificazione che hanno coinvolto direttamente, o che hanno considerato come elementi di relazione, parti del territorio potentino e aree extraprovinciali. Queste relazioni si sono basate soprattutto su caratteri fisico strutturali. L’istituzione di strumenti di pianificazione ambientale negli anni 90 ha favorito questa tendenza, ed essendo fisicamente il baricentro della provincia di Potenza una sorta di “cerniera” tra realtà fisiche e paesaggistiche molto differenti ha comportato una sorta di esclusione da queste politiche dell’area centrale. Alcuni esempi di questa tendenza sono costituiti da: − I bacini idrografici: L’Alto Ofanto, il Basento. − Le aree protette: Alta Murgia, Murgia Materana, Parco del Cilento e del Vallo di Diano, il Pollino, le Dolomiti Lucane. Molti di questi strumenti introducono una extraterritorialità delle politiche rispetto agli enti amministrativi provinciali regionali e comunali. Inoltre la necessità di co-pianificare ha anche indotto spesso a far convergere le realtà locali interessate da comuni strumenti di pianificazione verso la costruzione di strumenti comuni di pianificazione e programmazione negoziata (ad es. patti territoriali o proposte comuni sui programmi strutturali per l’Unione Europea) Qui di seguito si riportano alcuni ambiti i cui caratteri vanno analizzati per l’avvio “dall’interno” di azioni di ricucitura che rendano più competitive le parti del territorio potentino interessate.

Ambito costiero Comuni: Maratea (PZ) Aieta, Praia a Mare, S. Nicola Arcella, Scalea (CS), Camerota, Centola, Santa Marina, Sapri, Torraca, Torre Orsara, Vietri (SA).

Sezione 2-Il quadro conoscitivo: lo stato dell’arte 155

Punti di forza Punti di debolezza Rischi Opportunità Attrattività di Limitato sviluppo Assenza di strumenti Possibilità finanziarie per la valorizzazione del Maratea costiero in ambito di programmazione patrimonio strorico-culturale provinciale territoriale interregionale Azioni: Inserimento dell’area in proposte PUC, Miglioramento delle relazioni con gli ambiti costieri contermini, Sistema integrato per la ricettività marino-montana

Alto Ofanto - Vallata Comuni: Melfi, Venosa, Palazzo S. Gervasio (PZ), Ascoli Satriano, Candela, Cerignola, Stornarella, (FG), Canosa, Spinazzola, Minervino Murge (BA), Aquilonia, Bisaccia, Lacedonia, Monteverde, (AV).

Punti di forza Punti di debolezza Rischi Opportunità Persistenza di Scarso legame tra Esaurimento dell’ Ampliamento dell’indotto attraverso azioni produttività del la realtà produttiva “Effetto Melfi” integrate extraprovinciali settore primario manifatturiero e il e di quello territorio secondiario Possibili azioni: individuazioni di azioni integrabili con le politiche previste nel patto territoriale Alto Ofanto

Gallipoli Cognato Comuni: Albano di Lucania, Anzi, Corleto Perticara, Laurenzana, (PZ), Accettura, Oliveto Lucano, San Mauro Forte, Stigliano Tricarico, (MT).

Punti di forza Punti di debolezza Rischi Opportunità Risorse Scarsa Assenza di iniziative Pianificazione dell’area protetta, inserimento ambientali competitività centri integrate dell’ambito in iniziative di programmazione urbani regionale Assenza di interfaccia provincie PZ-MT Possibili azioni: Valorizzazione ambientale attraverso azioni integrate interprovinciali.

Direttrice Est-Ovest Puglia-Basilicata Acerenza, Genzano, Oppido Lucano, (PZ), Irsina, Miglionico (MT). Gravina (BA) Punti di forza Punti di debolezza Rischi Opportunità

Pollino – Sud Montano

156 Documento Preliminare al P.S.P. di Potenza

Castrovillari, Cerchiara, Frascineto, Morano Calabro, Plataci; Mormanno, Laino Borgo, Laino Castello, Tortora. (CS) Chiaromonte, Fardella, Lagonegro, Latronico, Lauria, Noepoli, Rivello, Rotonda, Senise, Teana, Terranova di Pollino, Viggianello.

Punti di forza Punti di debolezza Rischi Opportunità Risorse Frammentarietà Assenza di Pianificazione e programmazione nell’ambito ambientali del sistema pianificazione del Parco insediativo integrata

Scarsa competitività dei settori produttivi Possibili azioni: Messa a punto di opportuni strumenti coerenti con la pianificazione e la programmazione territoriale del Parco. Azioni integrate tra comuni del Parco e comuni contermini, integrazione della programmazione nell’ambito del parco. Individuazioni di azioni integrabili con le politiche previste nel patto territoriale Alto Tirreno-Cosentino

Direttrice Basento- Nord Atena, Caggiano, Buccino, Palomonte, S. Gregorio Magno, Sicignano (SA), Balvano, Potenza, Picerno, Tito, Sant’Angelo Le Fratte, Savoia di Lucania, Vietri di Potenza.

Possibili azioni: interventi sul sistema infrastrutturale, e dell’armatura territoriale. Nella stesura del PSP dovrà porsi particolare attenzione alla lettura dei fenomeni territoriali e delle tendenze di sviluppo economico dei territori posti ai margini della Provincia di Potenza, al fine di comprendere le dinamiche socio-economiche in atto che coinvolgono parti rilevanti di questi territori, dove più forti sono le relazioni e le possibili integrazioni con altre realtà regionali. Questo in relazione alla necessità di favorire la crescita delle suddette aree anche in coerenza con processi di sviluppo di scala interregionale (in cui le stesse possano svolgere un ruolo competitivo ed attrattivo, pur conservando e valorizzando una forte identità locale), evitando, per altro verso, ulteriori fenomeni di impoverimento economico delle aree più interne della provincia. In tal senso, ruolo centrale dovrà essere giocato dal territorio interno del potentino gravitante sul capoluogo regionale, garantendo adeguate risorse per il rilancio economico delle aree più interne della regione in una prospettiva che veda l’area del potentino svolgere una efficace funzione complementare, di raccordo e di cerniera tra le due forti direttrici economiche ed infrastrutturali del versante tirrenico e del versante adriatico.