Studi pesaresi

Rivista della Società pesarese di studi storici

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il lavoro editoriale © Copyright 2019 by Società pesarese di studi storici

il lavoro editoriale casella postale 297 - Ancona www.illavoroeditoriale.com

ISBN 9788876638947 ISSN 2280-4293 Indice del volume

Saggi

Ettore Baldetti Toponomastica e storia di un comune medievale dell’alto Metauro: Urbania, già Castel delle Ripe e Castel Durante 7

Francine Daenens L’erudito e la concubina. Indagini su Pacifica Samperoli 51

Studi

Girolamo Allegretti Icone devozionali e storia sociale: Sant’Apollinare di Maiolo 87

Marcello Luchetti Un enigmatico ritratto cinquecentesco di donna e tre nuovi ritratti dei Della Rovere 99

Stefano Lancioni La contea di Colle Lungo (Stato di Urbino) 115

Sara Lorenzetti Raffaello Carboni, un romantico eccentrico 129

Cristina Ravara Montebelli I Giovanelli imprenditori della seta nella Pesaro dell’Ottocento 139

Ernesto Preziosi L’origine della stampa cattolica a Pesaro tra ’800 e ’900 147

Silvia Serini Stampa e Grande guerra: il “caso” miseno 163

Fabrizio Battistelli Geo-cultura della differenza adriatica. Conflitto e cooperazione tra le due sponde 179

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Notizie dal territorio

Laura Ioni La difesa del litorale tra Pesaro e Senigallia nell’estate del 1803. Documenti dall’Archivio di Pesaro 187

Marco De Santi Il fulmine che colpì la torre di Filippo Terzi, 13 marzo 1878 197

Abstract 205

Biografie 213

4 Saggi

Toponomastica e storia di un comune medievale dell’alto Metauro: Urbania, già Castel delle Ripe e Castel Durante* di Ettore Baldetti

Lo studio storico-linguistico dei nomi di ristrette valli dei fiumi di scarsa portata, dal luogo, proprio della toponomastica, se rea- corso all’ingrosso subparallelo e trasversale lizzato con una metodologia scientifica che rispetto agli allineamenti montano e costie- privilegi e prenda le mosse da una corretta ro – declinano gradualmente dalle catene o lettura paleografica delle più antiche - atte “quinte” appenniniche verso la sparuta ci- stazioni, può fornire preziose informazioni mosa litoranea, chiuse fra gli alti e calanchi- sugli ambienti umani e le popolazioni che si vi colli della subregione montefeltrana 3, a sono succeduti nel corso dei secoli, soprat- nord, e il complesso orografico dei Sibillini, tutto per quelle epoche più remote in cui le a sud. Le valli dei fiumi, che nascono nel- fonti scritte erano ancora assenti o risulta- la catena appenninica umbro-marchigiana vano frammentarie e lacunose. La presen- del monte Catria (m 1701) e attraversano la te disamina si indirizzerà quindi pressoché quinta del monte San Vicino (m 1413) tra- esclusivamente sulle citazioni toponimiche mite canyons o gole – fauces e foci, clause/ delle più antiche fonti durantine, rintraccia- cluse nella terminologia medievale – 4 co- te nella moderna cartografia 1, non tanto per stituiscono da sempre dei canali di transito produrre una sistematica analisi linguistico- fra la costa adriatica e quella tirrenica, indi- toponomastica di tutti i nomi locali, che rizzandosi verso la valle del fiume Tevere, dovrebbe essere oggetto di un’autonoma che scende dal monte Fumaiolo (m 1407) monografia e non fugherebbe comunque e dalla catena appenninica più occidentale svariati dubbi interpretativi, quanto per delle tre, quella umbra del monte Falterona fornire delle innovative letture topografico- (m 1654), percorrendo approssimativamen- storiche su un selezionato gruppo di toponi- te l’Umbria da NE a SO prima di dirigersi mi dall’etimologia scientificamente accer- verso Roma e il Tirreno. tabile 2. L’Auro, il ramo principale del fiume Metauro 5 che bagna Urbania e ne caratte- rizza fin dai primordi la storia, nasce ad una L’ambiente e l’uomo ventina di chilometri dalle Vene del Tevere, presso Acquaviva, idrotoponimo indicante Il territorio marchigiano, geologicamen- la presenza di una cospicua sorgente pe- te giovane, è in sostanza geograficamente renne, ubicato nell’area appenninica areti- omogeneo. Le dorsali collinari mioplioceni- na dell’Alpe della Luna, fra le pendici del che – inframmezzate e scandite dalle brevi e monte dei Frati (m 1453) e del poggio Mon-

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Cantone di Urbania. Particolare da un anonimo disegno a penna acquarellato, rappresentante il diparti- mento del Metauro del Regno italico (1808-1814), con scala alla misura francese («leghe di Francia a venticinque per grado»). Collezione cartografica Fondazione Cassa di Risparmio di Pesaro. terano (m 1087), al confine con la provin- bandona il suo normale andamento gros- cia marchigiana di Pesaro e Urbino e con solanamente rettilineo ovest-est, tipico dei il territorio comunale di Borgo Pace (m fiumi marchigiani, per curvare decisamen- 469). Qui si unisce con le acque del Meta te verso sud-est, aggirare il meridionale scendente dal Monte Maggiore della Boc- Monte Pietralata, aprirsi una gola presso ca Trabaria (m 1049) e dal col di Travaia Fossombrone, nella catena di calcare me- (m 975), oronimi riferiti rispettivamente al sozoico del San Vicino, ed allinearsi con latino trabes, “legname da costruzioni e gli la direzione idrografica dell’affluente Can- alberi dai quali si ricava”, e dal derivato digliano, proveniente dalla Gola del Furlo, italiano travi 6. Dopo aver attraversato, in essendo stato deviato dal corrugamento leggero e graduale pendio, i territori comu- trasversale dei monti delle Cesane, media- nali di Mercatello sul Metauro, Sant’An- mente elevati fra m 500 e 600, la cui ricca gelo in Vado (m 359), Urbania (m 273) e vegetazione, costituita prevalentemente da Fermignano (m 199), il corso d’acqua ab- varie specie di pino, roverelle, aceri, lecci

8 Ettore Baldetti Toponomastica e storia di un comune medievale dell’alto Metauro e noccioli, venne abbondantemente utiliz- ripariali, da canneti o giungheti 20 e infram- zata per la produzione di legno, da cui l’o- mezzati da isolati pioppeti e frassineti 21, rigine etimologica del toponimo dal latino nonché, nelle zone più elevate e montane, caedere, “tagliare”. da faggeti, carpineti 22 e scotaneti, i cui ar- Il Metauro quindi, superata la zona ca- busti – gli scotani (Rhus cotinus), dalle fo- ratterizzata dai prominenti colli appenni- glie ricche di tannino – fornivano materiale nici (saxa) e la depressione alluvionale conciante, utile altresì per la tintoria 23. circoscritta da colline (montes) a valle di Interessanti sono poi le persistenze topo- Sant’Angelo in Vado, presso l’abitato di nimiche che individuano delle caratteristiche Urbania si incunea fra alte sponde dirupa- geo-morfologiche del territorio: in Cona ca- te (ripe) 7, scavate nel tufo argilloso, marna stri Pilii, parochia Sancti Zani (CC2, c. 45v, (genga 8), per poi formare una piana allu- 1307), per una cona, “area palustre”, situata vionale relativamente ampia con l’unica nel territorio di Peglio, lungo il Metauro, e strettoia della località Muraglione, dove la presso San Giovanni in Petra in parochia minacciosa vicinanza del fiume ha richiesto dicti monasterii, in loco de Scaffis, proba- l’erezione di una barriera muraria protetti- bilmente dal latino scapha (greco σκάφη), va, come testimonia lo stesso toponimo 9. «conca, condotta, fossa» (1336, CC4, c. Avvicinandosi a Fermignano, il corso d’ac- 47r) 24; …et loco de valle Proverse, proba- qua disegna vari meandri, uno dei quali, bilmente da prōvērsus, “ritto, diritto”, per presso Ca’ Verziero, si restringe a tal punto un’altura svettante o una valle diritta (1307, da lasciare circa 50 m fra le due limitrofe CC2, c. 55v, v. Monte Proverso, IGM); Pe- anse, nel luogo significativamente definito tralata, odierno Pietralata, presso la Gola del Collo. Tali curvature fluviali circoscrivo- Furlo, con l’originario significato descrit- no quindi degli spazi delimitati dal corso tivistico di petra “roccia”, lata “ampia” 25; d’acqua in almeno tre lati, quando non sia La Scheggia, un’evidente quanto anomala presente un ulteriore fossato di derivazione fenditura della roccia; Glaiolo/Ghiaiolo, da idrica o un torrentello, e per questo vengono glarea, “ghiaia”, “luogo ghiaioso” (villa de talvolta chiamati isola, come nel caso delle Glaiolo,1306, CC2, c. 2r; Sanctus Angelus omonime località a sud di Urbania e a sud- de Claiolo, sec. XIV, Torelli II, p. 121, v. ovest di Fermignano. Sant’Angelino, IGM) 26; Monte Cavi (Cave), I toponimi, come “fossili linguistici”, a. 1308 27, Cava di Gesso, a est di Urbania attestano poi la presenza – quanto meno (CTCU), indicanti sedi estrattive o cave; Il fino all’età precomunale – di specie anima- Gesso, per una zona ricca di minerale gesso- li nocive e apotropaiche – quali il tasso 10 so, composto da solfato di calcio idrato, o i – e scomparse o oggetto di ripopolamento ricorrenti Spogna, “calce viva” 28, Calcinare/ – quali l’orso 11, il lupo 12 e il cervo 13 – in Calcinaro/Calcinaio, “sito dove si produce queste terre pedemontane già ricoperte da o si utilizza la calce, anche per la conciatu- fitte boscaglie di querceti (soprattutto cerri, ra delle pelli” 29, che segnalano la presenza farnie, lecci) 14 e da sottoboschi o cespuglie- di rocce calcaree 30, Genga/Zinga, e Tufo ti ricchi di pruneti 15 (precipuamente rose per la presenza di pietra arenario-tufacea 31; canine 16, pruno selvatico 17, rovi 18 e bian- l’urbinate Apecchio,derivato da lapicula, di- cospini 19), soppiantati, nelle aree palustri o minutivo di lapis, cioè “piccola pietra”, per

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Urbania [qui e nelle figure seguenti le segnalazioni quadrilatere indicano toponimi bizantino- ravennati, le triangolari i longobardi, le circolari gli altri], 1) Sant’Eracliano; 2) Il Parco (Barco); 3) Colonnelli (c/o S. Cristoforo); 4) I Gualdi; 5) Ca’ Cerbolino; 6) Cittadella.

“luogo selvatico o sterile” 32. Taluni idronimi Dalla protostoria alla romanizzazione che rinviano alle acque gingose cioè melmo- se, miscelate con la ginga, “argilla tufacea” Se verso la fine del II millennio a. C. le – rivo gingoso, rivogingoso 33 –, o le indica- invasioni dei popoli proto-indoeuropei por- zioni rilevabili nel brano in dicta villa (Ocri) tano una definitiva innovazione etno-lingui- in vocabulo Solfinaie… fossum Solfinaie” stica, attestata dalle fonti scritte, esistono (sec. XIII, Cat. I, c. 88r), dove il poleoni- tuttavia delle facies culturali e glottologiche mo si riferisce al colore giallo sulfureo della anteriori, genericamente definite mediterra- solfinaia, zona ricca di zolfo che conferisce nee o pre-indoeuropee, difficilmente e solo all’acqua un sapore putrido tipico delle uova parzialmente riesumabili. marce: in… par[ochia] dicti monasterii, loco Talune categorie onomastiche archeti- de Aqua Puidra et de Sancta M[ari]a in Pla- piche diffuse nelle coste del Mediterraneo, no (1306, CC2, c. 2v) e in villa et loco Oves come i nomi comuni di corsi d’acqua e d’al- Cavate sive Aque Puite (in margine: Aqua tura, permettono di risalire con maggiore Puida, 1336, CC3 p. 11). grado di probabilità agli etimi originari. Presenti nelle Marche sono i derivati dal-

10 Ettore Baldetti Toponomastica e storia di un comune medievale dell’alto Metauro la radice etrusca e mediterranea ais-“soffio, vento, spirito”, come l’armeno ais-aiso- 6 “spirito”, il basco aise ‘vento’, l’etrusco 5 aesar ‘dio’ ed Aίσαρος, antico nome del fiu- me Serchio (Strabone, V, 22, ed. Lasserre): 4 l’idronimo Aesis (Aΐσις ibidem, V, 2, 10), attuale Esino 34, e forse l’Isaurum di Lucano 3 (II, 406) o Isairon, il probabile poleonimo d’origine idronimica della stele di Novila- ra (r. 3, v. R.S. Conway, J.Whatmough, S.E. Johnson, The Prae-Italics Dialects of Italy, 2 Cambridge 1933, 343, e V. Pisani, Le lin- 1 gue dell’Italia antica oltre il latino, 2a ediz., Torino 1964, 66), antico nome del fiume Foglia, secondo quanto sostiene Giovan 35 Battista Pellegrini . Per ritrovare in ambito Strada Urbania-Fermignano, 1) San Silvestro; paleoindoeuropeo un riferimento metafisico 2) Collo; 3) Monte d’Elci; 4) Monte; 5) Piano all’aria, al vento ed al soffio, come “archè” d’Annibale; 6) Malacarne. o principio primo, creatore e motore del- la realtà nella sua interazione con l’acqua, diffuso oggetto di culto nell’antichità 36, è sufficiente far riferimento al pensiero del fi- 4 5 losofo greco Anassimene di Mileto, vissuto nel VI secolo a. C. 37. Ad un’analoga radice onomatopeica, incentrata su un nesso costituito da una sibilante postvocalica, forse riferito allo scorrere di un torrentello, che ha prodotto 3 l’idronimo italico-etrusco ausa “fonte”, si 2 riferisce il torrente Apsa di San Donato, af- 1 fluente del Foglia, nel territorio di Urbino 38, nonché i limitrofi corsi d’acqua romagno- Fermignano, 1) Isola; 2) strada romana; 3) Mon- li Usa, attuale Uso, fiume che discende da te Asdrubaldo; 4) Pian del Cucco; 5) Sant’An- Borghi a Bellaria, ed Ausa, torrente situato giolino in Aiola. fra San Marino e Rimini 39. Gli oronimi invece, quando non sono nomi comuni, tendono ad essere descrittivi dell’aspetto esteriore. Da «un relitto del so- strato mediterraneo» passato attraverso il la- tino dialettale pinnus “acuto, acuminato” 40, per indicare quindi anche la particolare con- formità del rilievo e la montagna in generale,

11 Studi pesaresi 7.2019 hanno origine: l’agionimo Iovis Penninus, to degli orpelli della fantasia popolare, resta venerato in un tempio di area eugubina 41; il valido sulla base delle più antiche attesta- Monte Appennino, presso Fossato di Vico, zioni del nome locale e del contesto topo- probabilmente da un Ad Penninum “presso nomastico delle Marche subappenniniche o verso il Pennino”, per intendere la vetta settentrionali. Si veda ad esempio Monte o il vicino tempio, ivi raggiungibile tramite Giove di Fano, altura sovrastante l’antica una diramazione stradale che collega la Fla- Fanum Fortunae, lungo la costa meridiona- minia a Gubbio 42; i monti Appennini, che le della provincia pesarese, confrontando- verosimilmente devono il nome al Monte lo con i tre Montegiovi toscani di analoga Appennino, essendo il primo rilievo della derivazione secondo lo stesso Pellegrini 48, catena che si incontra risalendo da Roma che pure – così come la Marcato 49 – non la Via Flaminia, e, nel territorio di Urbania, dimostra di conoscere la proposta agiografi- il Sasso della Penna e Balza della Penna, ca su Montefeltro, optando per un’ipotetica presso i confini a sud di Montiego 43. Pre- origine prelatina dalla radice feretr-/ feltr-. sente in loco – nel nome locale Monte Alba- Interessante a questo riguardo è altresì no, situato a sud di Fermignano – è anche la l’etimologia di Monte Titano, l’altro svet- radice prelatina o mediterranea *alb-/*alp-, tante complesso orografico della vicina “rilievo, monte, roccia”, che ha prodotto Repubblica di San Marino , testimoniato altresì l’oronimo Alpes/Alpi (Áλπεις, Pol. in età altomedievale come Titas 50 e ripar- II, 14, 9), ma anche i laziali colli Albani e tito in tre vette, o penne, ben visibili dal l’omonimo toscano Monte Albano 44. La mare antistante, la cui cima è verosimil- consuetudine, diffusa dai Greci, di dedicare mente riferita ad uno dei mitologici giganti le più alte vette immerse nelle nuvole alle dell’antichità, predecessori degli stessi dei divinità che risiedono «nei cieli» (έν τοι˜ς – greco Τīτάν -α̃νος (pl. Τīτα̃νες), latino ούρανοι˜ς), è dunque presente nella zona Tītān -tānis, assimilabili all’attuale dizio- centro-appenninica e la ritroviamo anche in ne ‘Titèn’, per la palatalizzazione della a Mons Feretri, originaria denominazione di tonica diffusa nel romagnolo –, con forma San Leo, capoluogo altomedievale del ter- nominativa volgarmente grecizzata in -s, ritorio feretrano antecedente Urbino, atte- più che al procopiano tìtanos “calce viva” stato da Procopio (Μοντεφέριτρον, Bellum (Bell. Goth., II, 27). Pur in considerazio- Gothicum, II, 11), dall’Anonimo Ravennate ne della particolare duttilità del calcare (Monte Feletre, IV, 33), e dalla Donatio Ca- sammarinese nell’onnipresenza di rilievi risiaca del 756 (Monteferetri, Liber Pontifi- calcareo-arenari nel Preappennino marchi- calis, I, 454). Il poleonimo sarebbe di origi- giano-romagnolo, i cosiddetti sassi – dove ne incerta per Giovanni Battista Pellegrini 45 tuttavia sussistevano calcinaria e spogne e Carla Marcato 46, i quali non riportano adibiti alla produzione cementizia –, si però la più probabile etimologia tramandata ritiene improbabile che un termine greco, dalla storiografia locale 47, la cui prominen- già desueto – secondo Procopio – nel se- te sede rocciosa sarebbe stata anticamente colo in cui i Bizantini conquistavano de- dedicata a Feretrius, epiteto del signore di finitivamente la Romagna, potesse entrare tutto gli Dei, Giove in quanto saettante. Tale nell’uso comune di popolazioni neolatine, riferimento agiografico, quantunque epura- come invece sostiene il Bonacini 51.

12 Ettore Baldetti Toponomastica e storia di un comune medievale dell’alto Metauro

L’interpretazione agiografico-greca ­po roccia più elevata e maggiormente esposta trebbe poi trovare conferma nella tradizio- alle intemperie, con una colonna conficcata ne mitologica ben nota in zona, a giudi- nel corpo, mentre un’aquila gli squarciava care almeno dalle decorazioni dipinte nel quotidianamente il petto e gli dilaniava il molteplice vasellame ellenico circolante fegato, che si riproduceva durante la notte; in area marchigiano-romagnola già in età Epimeteo sposando incautamente Pandora, preromana, grazie alle importazioni negli la seducente prima donna dotata di tutti i empori costieri, ma soprattutto a Numana, beni ma inviata da Zeus per ingannare l’in- Ancona e Spina 52. Infatti il rilievo tripartito genuo coniuge, procurò all’umanità la tota- pressoché disabitato potrebbe avere ispira- lità dei mali, ancora inesistente 54. to la fantasia popolare, diffusamente intrisa I più recenti studi sulle Marche pre- di conoscenze mitologiche: solo i tre tita- romane hanno circoscritto e ridimensio- ni figli di Giapeto – Prometeo, Atlante ed nato cronologicamente ad un solo secolo, Epimeteo – erano sopravvissuti sulla terra tra gli inizi del IV e del III secolo a. C., la all’ira di Zeus/Giove, che aveva gettato gli dominazione celtico-senonica del territorio altri giganti nel Tartaro, per essersi ribellati centro-settentrionale, che estromettendo gli alla sua supremazia, mentre il quarto figlio Etruschi dall’area marchigiano-romagnola – Menezio – era stato ucciso da un fulmi- giunse a lambire presso il fiume Esino i con- ne scagliato da Giove ‘feretrio’, plausibile fini della colonia siracusana di Ancona 55. etimo di Mons Feretrius, antico nome di Le popolazioni indoeuropee della penisola San Leo, il rilievo più imponente dell’im- greca, dedite alla navigazione, avevano ini- mediato entroterra sammarinese. La vicen- ziato a frequentare l’alto Adriatico fin dal II da mitologica dei tre giganti potrebbe ave- millennio a. C., ma le prime fondazioni di re ispirato naviganti e abitanti dei dintorni colonie ed empori si ebbero nel VII secolo per denominare la montagna dalle tre cime, con i Focesi, nel V con gli Ateniesi e nel IV come era in parte avvenuto per la catena con i fuoriusciti da Siracusa, antica colonia africana dei monti dell’Atlante 53. Anche se, corinzia. I nuovi colonizzatori trasferirono secondo una diffusa tradizione, tutti i Titani nelle più frequentate sedi portuali di questa sarebbero figli di Urano, dio del cielo, e la periferia settentrionale del Mediterraneo, loro individuazione avrebbe dovuto indiriz- e in particolare nelle coste del Conero, il zarsi verso i luoghi più alti, la vita di due dei culto ed il mito dell’aristocratico Diomede, tre fratelli superstiti sarebbe stata oltre tutto eroe iliadico 56. per sempre collegata all’ambiente montano, Diomede era secondo solamente ad allorché, caduti a loro volta in disgrazia del Achille per potenza militare, fra i valorosi signore degli dei, vennero puniti: Atlante, eroi achei descritti da Omero e diffusamente costretto a sollevare sulle spalle la volta rappresentati nei molteplici manufatti cera- celeste, sarebbe stato idealmente collocabi- mici preromani ritrovati in area marchigia- le su una cima montana prossima al cielo; na 57. L’eroe si era battuto con onore contro Prometeo, il preveggente amico degli uomi- i campioni troiani Ettore ed Enea, mitolo- ni, per averli creati su richiesta di Zeus, pla- gico capostipite dei fondatori di Roma sal- smandoli con il fango e animandoli con il vato dall’intervento della madre Afrodite/ fuoco divino, venne incatenato, nudo, nella Venere, che rimase per questo ferita ad una

13 Studi pesaresi 7.2019 mano. Nella mitologia e nell’immaginario la Via Flaminia, soprattutto quando si con- collettivo greco rappresentava il simbolo sideri la valenza aggregatrice e divulgatrice del combattente aggressivo ed indomito, della frequentatissima arteria anche in aree ossia della forza delle armi 58. limitrofe 61: Pitinum Pisaurense (Macerata Atena, divinità armata, magnanima ed Feltria), Sestinum (Sestino), Urvinum Ma- equilibrata fondatrice di Atene, protetta nel- taurense (Urbino), Pitinum Mergens (Ac- le testimonianze iconografiche da un ampio qualagna), Sentinum (Sassoferrato), Came- scudo, non disdegnava la soluzione bellica rinum (Camerino), Tolentinum (Tolentino). della sopraffazione fisica (Bia) in caso di In particolare, risulterà quindi plausibi- necessità (Ananche), ma le preferiva ove le l’etimologia dei nomi locali del tipo to- possibile l’arma del convincimento e del ponimico Pitinum da Pit-o con l’aggiunta dialogo (peitho), coerentemente con i valori del suffisso -inum, presenti nel territorio filosofici e democratici presenti nella tradi- senonico-piceno e nelle immediate vicinan- zione ateniese, secondo quanto si evince al- ze, cioè dall’etimo teonimico Pito, integral- tresì dalle citazioni di Πειθώ/Suada, dea del- mente sopravvissuto nell’Ascolano, traslit- la persuasione, formulate dalla stessa Atena terazione latina di ‘Peitho’, la sopracitata nelle Eumenidi, opera conclusiva della tri- «dea greca della persuasione» 62. L’etimo è logia dell’Orestea 59. Probabilmente, in un confermato dal poleonimo o teonimo Sua- analogo contesto di un uso propagandistico sa, presente in loco, quando si consideri che ed autoreferenziale delle divinità, più tardi nel sincretismo religioso greco-romano a i conquistatori romani avrebbero promos- Peitho/Pito corrisponde Suada/Suasa, suc- so il culto di Afrodite/Venere – la divinità cessiva divinità romana. Questi toponimi greca dell’amore, assistita da Pito/Suada e sono infatti localizzati da sud verso nord progenitrice dei loro padri fondatori nonché nei seguenti siti: antica Pitinum (Rocchet- ostile a Diomede – perpetuando o fondando ta di Pitino, perpetuato anche nell’oronimo il tempio dell’acropoli di Ancona, la città Monte Pittino), 6 km ad ovest di L’Aqui- portuale più potente dell’area del Conero, la 63; l’ascolano Pito (Pito, frazione di Ac- già abitata da popolazioni particolarmente quasanta Terme) 64; la sede preromana di dedite alla venerazione diomedea 60. Pitino, presso San Severino Marche, che si Dopo la conquista romana dell’ager perpetua nella medievale castrum Petini 65; Gallicus, dovuta alla vittoriosa battaglia di forse Peticlum/Petticlum/Pitteclum (Pitìc- Sentinum (295 a. C.) presso Sassoferrato, chio di Arcevia) 66, ossia *Pitìc(u)lum, con la romanizzazione del territorio si irradierà la caduta della u postonica, forma diminuti- lungo il nuovo itinerario costituito dalla Via vale per un piccolo santuario o luogo sacro; Flaminia, come dimostra il gruppo dei po- Suasa (Castelleone di Suasa), città dedicata leonimi romani in -inum, approssimativa- alla dea del convincimento o della sottomis- mente compreso fra i nomi-guida costituiti sione pacifica, venerata in loco come Sua- dal topoagionimo Penninus, attributo teo- sa Felix 67; Pitinum Mergens (Pole di Ac- nimico anche di un tempio dell’Eugubino, qualagna); Pitinum Pisaurense (Macerata e dai poleonimi Tadinum (Gualdo Tadino), Feltria) – Πίτινον di Tolomeo 68 –, insedia- centro umbro-orientale della Flaminia, e mento piceno in relazione culturale e com- Ariminum (Rimini), città adriatica meta del- merciale con l’Oriente greco 69, e infine dal

14 Ettore Baldetti Toponomastica e storia di un comune medievale dell’alto Metauro recente ritrovamento, nel Riminese, il topo- nazione onomastica per denominazioni di teonimo Quattuor luci Suasae, forse dovuto uso comune già presenti durante la prima alla compresenza di «ben quattro santuari a colonizzazione romana, che poi richiesero cielo aperto o luci» dove si venerava la sud- l’adozione di appellativi latini identificativi. detta divinità 70. L’antica coniazione dei suddetti poleo- Sembra cioè che le denominazioni e de- nimi attesta altresì la frequentazione pre- dicazioni di questi insediamenti pedemon- romana delle aree urbane tramite percorsi tani – situati fra l’Aquilano e il Riminese, naturali ancor oggi esistenti che collegano nonché nelle alte valli fluviali marchigiane la sella urbinate, prossima alle testate valli- di Chienti, Misa, Cesano, Candigliano, af- ve dei fiumi marchigiano-romagnoli Foglia fluente del Metauro, e Foglia – siano dovute e Conca, all’occidente transappennninico e ad un piano strategico-propagandistico del- alla valle Tiberina – attraversando Sant’An- la prima romanizzazione, volto a indurre nel gelo in Vado o Città di Castello –, alla Gola sec. III a.C. le popolazioni umbro-senoni- del Furlo e alla Via Flaminia verso sud – che e picene delle aree collinari o pedemon- toccando Acqualagna –, alla settentrionale tane interne, prossime agli strategici valichi zona feretrana e alle valli romagnole del appenninici, a sottomettersi pacificamente Marecchia e del Savio, passando per Ma- alla dominazione romana 71. Ciò sarebbe cerata Feltria. avvenuto, all’indomani delle conquiste ro- Urvinum Mataurense, centro demico già mane dell’agro Gallico e del Piceno (290- frequentato nel VII secolo a. C., muove in- 288 e 269-268 a. C.), anche in coerenza fatti dalla radice urv/urb con suffisso -inum con la stipulazione di trattati che avrebbero – come gli altri due poleonimi umbro-piceni garantito una certa indipendenza a cittadine di Urbs Salvia (Urbisaglia) e Urbs Vetus appenniniche, quali appunto Pitinum Pi- (Orvieto) – e rinvia probabilmente alla base saurense, Pitinum Mergens e Sentinum – il preindoeuropea presente nel sumero-anatoli- cui territorio perveniva alla catena del San co uru e nel basco uri per “città”, sostituita Vicino vicino alla località di *Piticulum/ nel latino da civitas o villa (DT 542, 797, Piticchio –, come dimostra l’istituzione in Pellegrini 1974, p. 407), in quanto rimase ad loco di municipia quattuorvirali, invece dei indicare la città per eccellenza, analogamen- duovirali adottati per altri centri orientali te definita Urbs Roma nel periodo arcaico. dell’agro Gallico, soggiacenti al controllo I siti archeologici celtici 73, ma soprat- della prefettura 72. tutto l’eredità geolinguistica delle parlate Le ripetizioni toponimiche, come Ti- gallo-picene 74, dimostrano l’esistenza di un fernum Tiberinum (Città di Castello, PG) e diffuso insediamento celtico nelle Marche Tifernum Pisaurense (Sant’Angelo in Vado, centro-settentrionali, che non dovette quin- PU), Urvinum Hortense (Collemandio di di essere annientato o sostanzialmente sur- Cannara, PG) e Urvinum Mataurense (Ur- rogato da una colonizzazione romana origi- bino), Nuceria Camellaria (Nocera Umbra, nariamente coagulata intorno ai nuovi centri PG) e Nuceria Favoniensis (Pieve Canoni- demici litoranei o prossimi alla costa e tesa ca ?, PG), Pitinum Mergens (Acqualagna, a distruggere o estromettere soprattutto la PU) e Pitinum Pisaurense (Macerata Fel- componente militare della popolazione, tria, PS), sono ulteriori prove di contami- non quella civile 75. È quindi probabile che,

15 Studi pesaresi 7.2019 per facilitare la romanizzazione degli inse- di sangue. Peitho costituiva oltre tutto una diamenti isolati nelle valli pedemontane, si delle divinità minori del corteo di Afrodite/ sia fatto ricorso alla mediazione religiosa, Venere, dea protettrice di Roma e ostile al in alternativa alla decimazione militare, dif- sopracitato Diomede, difeso da Atena 81, il fondendo, tramite l’innovativa creazione di quale, secondo lo Pseudo-Scilace, era ve- santuari poi perpetuata dalla toponomasti- nerato come “benefattore” in età preromana ca 76, il culto della divinità greca della per- dal popolo degli Umbri, una popolazione suasione, introdotto anche a Roma e sicura- delle Marche centrali il cui territorio com- mente noto all’interno di una popolazione prendeva anche Ancona, ma era stato poi autoctona che dimostrava di apprezzare e surrogato nella città dorica dalla dea greco- conoscere la mitologia greca, diffusamente cipriota Venere, cara ai romani 82. rappresentata negli oggetti della vita quo- tidiana, come dimostrano numerosi reperti archeologici marchigiani preromani, rela- Gli pseudo-indizi della battaglia tivi soprattutto a raffigurazioni di vasella- del Metauro me 77. In modo analogo Dionisio, tiranno di La valle del fiume Metauro era celebra- Siracusa, aveva usato la mitologia a scopi ta nelle fonti storiche romano-antiche per propagandistici, favorendo la creazione nel- aver ospitato la vittoriosa battaglia contro la sua corte della leggenda sulla nascita in Asdrubale del 207 a.C., che, annullando il ambiente siciliano di Galata, eponimo dei minaccioso proposito del Barcide di riuni- Galli, da Polifemo e Galatea 78, e promuo- re il proprio esercito con quello del fratello vendo o riutilizzando, nella costa adriatica, Annibale, costituì una decisiva svolta per il culto di Diomede, simbolo della forza il trionfo romano sui Cartaginesi nella II combattiva (Bia) 79, cara ai mercenari cel- Guerra Punica. tici ma anche agli autoctoni Piceni, per ce- Sorvolando sull’analisi dei diversi ten- mentare e circuitare la nuova alleanza dei tativi di localizzare il sito o le successive Dorici-siracusani con i Galli Senoni. ubicazioni dell’evento bellico, individuate I nuovi conquistatori romani, una volta dalla bassa valle fino alla periferia orientale sconfitti e sottomessi i Galli con la- batta del territorio di Urbania, corre però l’obbli- glia del Sentino (295 a.C.) – celebrata in go in questa sede di confutare le seguenti loco con motivi architettonico-ornamentali prove toponimiche definitivamente addotte risalenti alla mitologia greca 80 –, sarebbe- dallo storico cagliese Gottardo Buroni e ac- ro ricorsi anche alla sistematica diffusione colte dai sostenitori dell’epilogo bellico nel cultuale per la divinità della ragionevolezza territorio di Fermignano 83: e della persuasione, dedicando insediamen- ti o luoghi sacri pedemontani del versante 1) Monte Asdrubaldo/monte Asdrualdo, adriatico alla dea Peitho/Pito, definita più ossia l’originario Monte Strovaldo/Mon- tardi Suada/Suasa, per convincere le po- te de Strovaldo 84, come il vicino e coevo polazioni rurali celtico-picene residenti in Villa Montis Brandorum 85, è un toponimo villaggi isolati, a fare di necessità virtù, medievale del ricorrente tipo settimanico, evitando così inutili violenze e spargimenti cioè costituito da un nome comune latino

16 Ettore Baldetti Toponomastica e storia di un comune medievale dell’alto Metauro o romanzo e dall’antroponimo germanico gli anni Quaranta, allora si potrebbe risalire del proprietario. Il toponimo, attestato dalla alla contemporanea visita del territorio fer- fine del Duecento, si perpetua come Monte mignanese realizzata da Flavio Biondo, il Strovaldo o, in un caso, Monte de Strovaldo. quale, alla ricerca della localizzazione della Intorno alla metà del Quattrocento iniziano battaglia del Metauro, credette di individua- ad apparire le varianti Montasdrovaldo nel re nel toponimo una corruzione popolaresca 1446 (c. 284v) e Monte Astrovaldo dal 1454 di Asdrŭbal/Asdrubale 89. Il famoso storico al 1498, villa Montis Astrubal(is) (1464) e e geografo quattrocentesco recuperò for- villa Montis Astrobaldi (1467) 86, Montea- se una precedente ricostruzione localistica strualdo (1508) Monte Astrualdo (1584), dell’evento bellico, la cui notorietà aveva dalle quali risulta chiaro che agli inizi del percorso l’età medievale, come dimostra- ’400 la a iniziale e la b dell’antroponimo no altresì la citazione del duca di Urbino, – necessari per avvalorare l’ipotesi etimo- Federico da Montefeltro, per spronare vitto- logica da Asdrŭbal -bălis – non erano an- riosamente i suoi soldati contro Sigismondo cora presenti o potevano apparire episodi- Pandolfo Malatesta, nel 1462 presso la foce camente. È quindi evidente che l’originaria del fiume 90, e la sostanziale conservazione forma, cristallizzata approssimativamente dell’idronimo Metauro nella sua forma d’e- fino alla metà del ‘400, quando comincia a tà classica, Mĕtaurus, malgrado le parallele deteriorarsi, è Monte Strovaldo nel signifi- volgarizzazioni in Metro e Metero. cato conferito da un’altra registrazione ca- Fu così che l’antroponimo nel ’500 fu at- tastale senza data, ma riferibile agli inizi del tribuito anche ad un altro colle del territorio ’400 e comunque al sec. XV, cioè Monte de fermignanese – Mont’Elce, il Mons Elcis Strovaldo. Un fortunato reperto documenta- delle fonti tardomedievali – dove un rudere rio chiarisce quindi l’origine del toponimo: di fortilizio medievale – oggi per altro de- in un atto dell’archivio capitolare urbina- finito “torre” (CTR) – era stato dalla fanta- te ritrovato dal Buroni, datato 24 giugno sia popolare interpretato come “la tomba di 1285 87, si cita infatti un domno Strovaldo, Asdrubale”, contribuendo altresì alla nuo- rettore di San Gregorio, parrocchia appar- va denominazione di “piano d’Asdrubale”, tenente al distretto di Monte Strovaldo. Es- per la sottostante area valliva. È l’umanista sendo i rettori dei sacerdoti amministratori fermignanese Sebastiano Macci che, nel se- del patrimonio ecclesiastico e in particolare gnalare la locale nascita del Bramante come delle chiese private, i quali, fino al conci- generato dalla familia chiamata Lombardel- lio di Trento, erano normalmente nominati la, rivela il recente appellativo conferito a dal titolare laico del patronato (che general- Mont’Elce 91, testimoniando indirettamente mente attingeva fra i suoi familiari), se ne la compresenza in loco di una proliferazio- deduce che l’omonimia non è casuale ma il ne toponimica popolaresca o pseudo-dotta nome del rettore fa riferimento all’eponimo riferita a un’empirica ricostruzione topo- della famiglia germanica 88 che ha conferito grafica della battaglia del Metauro. anche il nome al colle. Se poi si dovesse cercare una ragione 2) “Tomba di Asdrubale”, toponimo as- plausibile per la singolare quanto rapida sente nella documentazione medievale per- evoluzione linguistica intorno alla metà de- petuata, è l’appellativo conferito, nei modi e

17 Studi pesaresi 7.2019 nei tempi sopra menzionati 92 e con probabile comunale di Fermignano, realizzate sulle derivazione dall’errata etimologia di Monte prime pendici del Monte delle Donne (Case Strovaldo/Astrubaldo 93, ai resti della sud- Monte, a SO di Fermignano, IGM), oppure detta torre d’avvistamento bassomedievale messe a dimora o possedute per donazione distrutta 94, situata sulla cima dell’altura va- o lascito testamentario da donne fermigna- gamente troncoconica di Mont’Elce (m 383), nesi. Infatti le “piantate” sono attestate nella località del territorio di Fermignano presso i toponomastica e nelle fonti medievali an- confini del comune e del contado medievale che con il corrispettivo sostantivo maschi- d’Urbino con Urbania 95. le (Calpiantone, Ca’ Piantello) 100 e fra gli attori di negozi medievali sono citati anche 3) “Piano di Asdrubale” è un nome lo- gruppi femminili oltre alle comunità di re- cale, attestato in età contemporanea, con- ligiose 101. ferito all’area valliva sottostante Mont’El- ce, con chiaro riferimento all’omonima 6) “Ca’ Malacarne” – vicino a Ca’ L’A- tomba. Altre probabili pseudocitazioni gostina, a SO di Fermignano – è un toponi- classiche, consolidate e enfatizzate dalla mo testimoniato solamente in età recente 102 fantasia popolare, sono Pian d’Achille, ad che, lungi dall’individuare, in modo ecce- ovest di Urbania, e Piano di Annibale 96, zionalmente conservativo e con un’impro- con chiaro riferimento al più potente fra- babile tradizione italianizzata, dei cadaveri tello, per altro del tutto estraneo alla batta- abbandonati una ventina di secoli prima, glia del Metauro. qualora non costituisca il soprannome di un proprietario del sito – come confermereb- 4) “Campo delle Tombe” e “Fosso del- be l’omonimia con un’altolocata famiglia le Tombe”, ma poi si integra specificando, fossombronate – potrebbe essere relativo alla p. 98, «Campo delle Fosse, seguito su- ad una qualche malattia corporea, e potreb- bito dal fosso, che scende dalla parrocchia be fare riferimento a una sede di lebbrosi o di San Silvano detto Fosso delle Tombe» 97, contagiati, situata a debita distanza dal ca- con ciò individuando indirettamente la vera poluogo comunale, come nel caso del leb- valenza semantica nell’accezione di «pic- brosario durantino di San Lazzaro, situato cola fossa, canale di scolo o tombino», cioè a SE di Urbania e definito anche hospitale diminutivo di tomba 98, per un toponimo Malsanorum, oppure a una qualche discari- tautologico e tuttavia non riscontrato nella ca di carne avariata. documentazione medievale, dove invece si riporta il termine Tomba, nel significato 7) “Rivo Putrido”, idronimo attestato coevo prevalente di “abitazione signorile di anche come loco de Aqua Puidra (CC2, c. campagna, in posizione elevata” 99. 5v, 1306) e in villa et loco Oves Cavate sive Aque Puite (in margine: Aqua Puida, CC3 5) “Pianto delle Donne”, documentato p. 11), non indica un ruscello anticamente nel Novecento, non si riferisce al lamen- imputridito dal deterioramento delle salme to di mogli o madri dei soldati, bensì alle dei soldati, abbandonate sul campo di batta- piantumazioni o piantate, ricorrenti nella glia, ma un’acqua palustre o sorgiva, misce- toponomastica ottocentesca del territorio lata con acido solfidrico, che emana un gas

18 Ettore Baldetti Toponomastica e storia di un comune medievale dell’alto Metauro maleodorante, tipico delle uova forate (oves Dal regno gotico al periodo cavate) o marce 103. longobardo-bizantino

8) “Ponte delle Piangole”, già “Ponte La fine dell’Impero romano d’Occidente delle Pianche” 104, non ricorda il pianto del- del 476 d.C., con le successive invasioni bar- le donne romane o puniche, ma si riferisce bariche, produsse anche nel territorio italia- alle “piàngole”, ossia alla versione dialet- no il cosiddetto fenomeno della continuità tale, con un’ampliata valenza semantica, e discontinuità delle strutture socio-econo- dell’italiano “pianelle”, indicante degli assi miche romane. Già durante il regno gotico di legno per ricoprire la superficie piana o le fonti attestano, nel territorio marchigiano pianale di un ponte 105. a nord dell’Esino, l’esistenza di almeno tre insediamenti stabili di soldati goti: nel Fe- 9) “Strada Romana” di Fermignano, retrano, dipendente da San Leo, almeno in come il limitrofo “Ponte Romano” 106, de- base alle ubicazioni delle guarnigioni stan- riva il nome dalla collocazione antistante la ziate nel 538 e il corredo principesco rinve- porta urbica situata in direzione di Roma, e nuto a Domagnano 111, nell’attuale Repub- per questo definita “romana” qui 107, come blica di San Marino a NE del capoluogo 112; in diversi altri comuni dello Stato pontifi- nell’Urbinate e in particolare presso la Gola cio, o dall’ubicazione sulla direttrice viaria del Furlo, secondo la testimonianza di Pro- di Roma: il percorso collegava infatti Fer- copio; nel territorio anconetano di Morro mignano ad Acqualagna e quindi alla Via d’Alba, soprattutto grazie al ritrovamento Flaminia e alla capitale. in loco del famoso “medaglione di Teodori- co” e a un contesto topografico-storico atte- 10) “Pagino”, attualmente attestato in stante la presenza di un presidio militare 113. Monte Pagino, a est di Orsaiola, e Ca’ Pa- Una conferma di ciò si deve ricercare nella gino, a sud di Fermignano e nell’omonima presenza di rarissimi toponimi medievali frazione presso la Gola del Furlo 108, po- marchigiani con suffisso in -engo, utilizzati trebbe non risalire ad un piccolo pagus 109, dai Goti, cioè Fosso Guardengo, derivato ma – come indicherebbe la più antica forma dal germanico *wardō-“guardia”, presente plurale, nell’attestazione in loco de Plays, nel territorio di Morro, nel Planum Guar- in vocabulo de Paginis… in loco de Pagi- denghi, a ridosso delle alture che control- no sive de Monticello (sec. XIII, Cat. I, c. lavano da SO la zona valliva di Urbania, e 82v) – sarebbe di matrice antroponimica, nel vocabulo Guardenghi, nella parrocchia almeno nel caso del toponimo durantino di Santa Cecilia 114, insieme all’ipotetico et- che dovrebbe riferirsi al nome familiare nico vocabulum de Gotiis 115. dei Pagini, come d’altronde Monte Paga- In effetti fra il villaggio gotico del Furlo nuccio, a SO di Urbania, che rinvierebbe e Urbino, il più importante centro urbano ad un diminutivo del soprannome paganus per i Goti nelle Marche settentrionali 116, si “empio, o combattente contro gli infedeli”, estendeva una massa – ampia circoscrizio- ricollegandosi, in quest’ultimo caso, alle ne poderale definita Firmidiana dal nome crociate o alle operazioni militari contro i di due componenti della gens Firmidia, una Turchi 110. famiglia romana di proprietari – dalla quale

19 Studi pesaresi 7.2019 poi prese il nome lo stesso comune di Fermi- e le polismata, “piccole città”, di Fano e Pe- gnano 117, ancora attestato nella forma fem- saro vennero incendiate durante il conflitto minile di plebes de Firmignana o plebatu (ib., III, 25). Firmignane sul finire del Duecento 118. Tale Una vera soluzione di continuità rispetto distrettuazione patrimoniale era controllata al passato romano si avrà in gran parte della o detenuta da due coniugi dell’aristocrazia regione con l’invasione dei Longobardi del gotica 119, probabili eredi di un capo milita- 568, che provocherà la divisione della pe- re 120, allorché nel 553, di fronte alla scon- nisola e del territorio marchigiano in Lan- fitta definitiva del loro popolo ad opera dei gobardia, la vasta dominazione longobarda, Bizantini, decisero di tutelarsi, donando la e Romània, le sparute zone costiere mante- metà 121 di questi loro beni 122 alla Chiesa ra- nute dai Bizantini, toponimi etnici trasfor- vennate, con la clausola di poterne fruire in matisi poi nelle denominazioni regionali di usufrutto fino alla loro morte 123. Lombardia e Romagna 125. In particolare la La stessa compresenza di due originarie zona costiera delle Marche centro-setten- pievi dedicate a Giovanni Battista, il san- trionali ospitava una sub-regione bizantina, to della tradizione cristiana che impartì il appendice meridionale dell’Esarcato raven- battesimo a Cristo – San Giovanni di Fer- nate, definitaPentapolis , perché formata da mignano, in prossimità del centro abitato e un complesso di cinque città portuali – An- presso la sponda destra del Metauro, e San cona, Senigallia, Fano, Pesaro e Rimini – Giovanni di Silvano, a sud del capoluo- isolate fra loro nei traffici terrestri, interrot- go –, più che rappresentare un’anomalia ti dagli avamposti longobardi, con l’unica nell’organizzazione ecclesiastica delle ori- probabile eccezione di Pesaro e Fano, ma gini, è probabilmente dovuta al ricorren- collegate tramite la navigazione di cabo- te fenomeno della duplicazione delle sedi taggio, che univa Ancona, l’unico approdo cultuali e soprattutto battesimali nelle zone del medio Adriatico fruibile per le navi bi- cristiano-romane insediate dai goti di reli- zantine, a Ravenna, il cui porto era ormai gione ariana, con isolati casi di omonimia impaludato 126. agiografica 124. La localizzazione dei toponimi romano- L’ultraventennale Guerra Greco-gotica, antichi o prediali in -anus ed -anicus, tra- che riconsegnò nel 553 ai Bizantini il con- mandati dalle fonti medievali, o dei pos- trollo di una penisola ormai devastata e sessi della Chiesa ravennate nella Pentapoli spopolata (Bell. Goth. II, 20), si incentrò ereditati dal fisco bizantino 127, posta a con- soprattutto nelle Marche, per la sua posizio- fronto con i nomi locali sicuramente riferi- ne intermedia e di collegamento, attraverso bili agli avamposti longobardi – sedimentati la Via Flaminia, fra il capoluogo politico nei 121 anni di relativa stabilizzazione dei d’Italia, Ravenna, ed il religioso, Roma. confini fra la pacificazione del 605 e l’in- Secondo la testimonianza del cronista Pro- vasione liutprandina del 726 –, permette di copio di Cesarea, ciò che restava dell’ag- delineare approssimativamente l’estensione glomerato urbano di Ancona, sprovvisto di di Romània e Langobardia. Tali zone, per lo mura, venne considerato “porto di Osimo” più abbandonate e invase da selve e acqui- (ib., II, 11,13), Senigallia fu ridotta ad un trini, erano però caratterizzate dalle diverse semplice approdo per pescatori (ib., IV, 23) opzioni economiche delle popolazioni resi-

20 Ettore Baldetti Toponomastica e storia di un comune medievale dell’alto Metauro denti: la bizantino-ravennate, coordinata da un contesto topografico-storico in cui sia sparuti centri urbani e precipuamente legata plausibile la longobardizzazione – possono ad un’immiserita agricoltura; la longobar- essere selezionati i seguenti tipi 132: gual- da, di tradizioni nomadiche, dedita alle at- do, da *waldu-“bosco pubblico”; fara, da tività silvo-pastorali, imperniate soprattutto *farō-, “unità di spedizione e di insedia- sull’allevamento di suini, allo stato semi- mento”, produzione dell’alto germanico brado, nei querceti 128. fahren “viaggiare con i carri”, trasformata Nell’area in questione, episodicamente con la sedentarizzazione nella corrispetti- citata nel “Codice Bavaro” fra i possessi va curtis, particolarmente diffusa però nel della Chiesa di Ravenna ereditati dal fisco periodo franco-carolingio (curtis Barbari- bizantino 129, ma sostanzialmente assente norum, ecclesia Sancti Laurentii de Cur- nella documentazione carolingio-ravennate ti) 133; sala, da *sali-, “sede per la raccolta anche per l’estrema esiguità spaziale e l’in- delle derrate spettanti al dominus, casa ad fima antropizzazione altomedievale, è la un solo grande piano”; gaggio, da *gahagja toponomastica delle fonti due-trecentesche “terreno, bosco recintato, bandita” (Gagia- a sopperire. Fra i toponimi Val Ravignana, li, Gaggiaro); sculcula, da *skulka-‘vedetta’ “valle ravennate” con il suffisso romano- (Scholcha); *harimann, latinizzato in ha- antico in -anus, e Massa, dall’omonima rimannnus “uomo libero, addetto alla mi- ampia circoscrizione rurale utilizzata dai lizia” (La Romana, cfr. i ritrovamenti di Ravennati per territori periferici o di recen- armi longobarde presso l’omonima locali- te acquisizione, individuano però qui, come tà di Apecchio, conservate nel locale mu- in altri casi analoghi delle Marche centra- seo comunale; Monte Romano di Sestino, li, delle annessioni di età post-longobarda a NE del capoluogo, già sede del Castrum con gravose problematiche nel controllo e Arimannorum “castello degli arimanni” 134; nella gestione 130. Interessanti e sicuramente probabilmente i locali Monte Romano e Ca’ probanti sono alcuni topoagionimi bizan- Romanino). Ma tracce della longobardizza- tino-ravennati riferiti cioè a dedicazioni di zione si hanno anche con l’individuazione cattedrali, basiliche o eminenti enti religiosi di etimi quali: *waifa “terreno che non ap- dei capoluoghi – Santa Sofia, Sant’Apolli- partiene ad alcuno” (Gaifa, Gaifani); zin- nare e San Severo – escludendo altri, come ka “zingone, vetta, roccia” (ginga/genga); Sant’Andrea o Sant’Agata che, essendo uti- *wardō-“posto di guardia” (Garda/Carda, lizzati anche in aree longobardizzate, non Cal Cardesco, dal tipico suffisso germanico, costituiscono di per sé una prova certa, ma castello della Carda o Garda, Cardella); inserendo, nel caso specifico di Urbania, *agwjõ “prato, isola” (Ajola); *stqffal “palo San Giorgio, per la sua diffusa presenza nel e, più precisamente, palo di confine, cippo” culto bizantino-ravennate e anche per esse- (Staffolino) ; trog “truogolo” (Truogolone). re situato nella zona dei possessi arcivesco- Preziosi sono ovviamente gli etnici, da lan- vili e nella pieve di San Severo del Colle 131. gobardus, dove si deve però escludere Lom- Tra i toponimi indicatori della presen- bardello che attiene alla famiglia de Lom- za longobarda – giudicati come validi in bardellis 135, bulgarus (Bulgaria/Burgaria), un fondamentale saggio di Francesco Sa- per il gruppo etnico proto-bulgaro arrivato batini, qualora siano associati o ubicati in in Italia al seguito dei Longobardi, barbarus

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‘straniero’ (Barbara, Barbarini), ma altresì promotrice dei santi monaci Romualdo e i topoagionimi da San Michele Arcangelo Pier Damiani. Le due dedicazioni si riferi- – con le varianti San Michele, Sant’Ange- scono cioè indirettamente a papa Silvestro lo, Sancto Agniolo e Sant’Arcangelo –, il II, promotore della riforma in collaborazio- patrono dei Longobardi convertiti al cat- ne con gli enti riformistici e riorganizzatore tolicesimo nel 680, anche in associazione dei comitati ottoniani nell’area marchigia- con l’apotropaico San Martino, il vescovo no-romagnola 141, e ad Alessandro II, Ansel- di Tours venerato come protettore dall’e- mo da Baggio (1015-1073), primo pontefice resia ariana, professata dai Longobardi nel ad essere eletto autonomamente dai cardi- primo periodo dell’invasione. Un ulteriore nali in conclave nel 1061, che si prodigò poi indizio potrebbe altresì essere costituito per il celibato del clero e contro la simonia, dall’antroponimo longobardo latinizzato in favorendo l’analoga lotta del cardinale e Romualdus, derivato dal composto di *hro- priore avellanita Pier Damiani 142. ma “fama, gloria” e *walda “che comanda” La vocazione militaristica degli abati e attestato dalla toponomastica zonale nel durantini, che controllavano indirettamente Monte Romualdo e Fosso Romualdo. in età precomunale talune fortificazioni di Tramite i suddetti dati è possibile indi- Rimini, già capoluogo della Pentapoli bi- viduare il controllo bizantino-ravennate in- zantina, nonché gran parte del territorio di torno al ponte di Vallecorta, 3 km a SE di Urbania e Sant’Angelo in Vado, e interve- Urbania 136, e quindi nell’area abbaziale del nivano militarmente nel 1205 contro veri o centro storico e dell’immediata periferia, presunti usurpatori 143, farebbe quindi ipo- fino al basso corso del fossato Bottrine, dove tizzare che – come nel caso del monastero era infatti situata l’ecclesia Sancti Eraclia- di San Gaudenzio di Senigallia – l’azione ni, di pertinenza dell’abbazia “ravennate” riformatrice sia stata indirizzata verso il di Pomposa, nella diocesi di Comacchio 137. preesistente monastero benedettino di San Il distretto della parrocchia di Sant’Apolli- Cristoforo, fondato magari da signori pri- nare, di sicura matrice bizantino-ravennate vati con intenti politico-patrimoniali per – ubicata sulla destra del Metauro, 2 km ca legittimare delle usurpazioni territoriali di a sud del capoluogo –, si doveva estendere svariata origine su aree fiscali longobardo- originariamente fino all’ansa rupestre del bizantine 144. fiume, futura sede di Urbania 138. Gli avamposti longobardi erano inve- Qui sorge in età precomunale o altome- ce insediati nei pressi del vicus romano di dievale il monastero di San Cristoforo al Calmazzo, significativamente derivato da Ponte, presso il quale era situato il Castello callis maior “la via maggiore” (Pellegrini, delle Ripe, perpetuatosi nel centro vallivo Toponomastica cit., p. 160) e di Santa Maria di Casteldurante, che sottometterà il terri- Riopullio (Repuglie) 145 – per interrompere torio circostante alla propria chiesa plebana i collegamenti diretti fra Urbino e l’itinera- di Sant’Alessandro 139, la cui dedica rinvia, rio vallivo metaurense attraverso il centro come la prossima fondazione monastica di della massa Firmignana 146 –, a Sant’Ange- San Silvestro 140, all’avvento in loco degli lo in Vado 147, in modo più cospicuo – per enti religiosi ispirati alla riforma cluniacen- bloccare il transito verso la Bocca Trabaria se nel sec. XI, soprattutto grazie all’opera –, sulle colline a oriente 148 e occidente di

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Peglio 149 – per ostacolare o controllare i lo, passando per Piobbico, recava a Rimini, traffici interni verso Urbino 150 o l’Aretino capoluogo della Pentapoli, attraverso gli –, e a Campolongo, a SO di Urbania 151, per attuali centri di Lunano e Montescudo 156. controllare il traffico del nemico nella valle Pilium o Pilio nella forma volgarizzata, metaurense e verso Perugia e Roma, lungo unico distretto castrense medievale di tal l’itinerario Rimini-Urbino-Piobbico 152, in nome in area pentapolitana 157, era sede di direzione di Rocca Leonella-Secchiano- un presidio longobardo che, ubicato ai con- Pianello-Palcano-Cantiano-Gubbio 153 o, in fini del territorio urbinate-pentapolitano e in alternativa, per Apecchio-Città di Castello- prossimità di un frequentato tracciato stra- Umbertide 154. Si trattava generalmente di dale, era sicuramente esistente anche dopo piccoli gruppi insediativi autosufficienti o la conversione del popolo longobardo nel fare, composti da poche decine di persone 680, essendosi perpetuato, con una propria compresi vecchi, donne e bambini, con il curia, come distretto castrense e comunale compito di vigilare, annunciando eventuali fino ai nostri giorni. pericolose incursioni nemiche con segnali Risulterà quindi plausibile l’identifica- acustici o visivi – tramite una catena comu- zione di questo centro con il vicum Pilleum, nicativa precostituita – ai presidi e ai capo- citato da Paolo Diacono, come teatro di luoghi politico-militari di gastaldati – ossia un’imboscata – con morti e prigionieri fra distrettuazioni regie di confine – e del du- le vittime – tesa dai Bizantino-ravennati a cato più vicino, cioè Spoleto. I viaggiatori un gruppo carovaniero recante gli omaggi – non potevano però escludere di essere ag- «i doni, le offerte o le benedizioni» – «delle grediti altresì dai pochi militari di tali spa- singole chiese» al re Liutprando, dimorante ruti avamposti, magari per l’avventatezza nella Pentapoli, all’indomani della prima o la spregiudicatezza di taluni capi locali, conquista del 727 e prima della riconcilia- soprattutto se favoriti da un momentaneo zione con l’esarca del 729 158. Il re dove- vantaggio militare o ambientale. Per que- va verosimilmente risiedere nella città di sto i Bizantino-ravennati, non riuscendo a Rimini, capoluogo della Pentapoli – dove controllare sistematicamente il territorio nel poteva indirizzarsi o confluire un presti- cosiddetto “corridoio umbro” fra Pentapoli gioso quanto numeroso gruppo di visitato- e ducato del Lazio, preferivano muoversi ri clericali proveniente verosimilmente dal fra una piazzaforte e l’altra con un traffico ducato del Lazio, ancora autonomo, dopo carovaniero scortato da un adeguato seguito che i rapporti con il pontefice romano si di militari 155. erano rabboniti anche in virtù della comune Fu questo anche il caso dello stuolo dei avversità per l’imperatore bizantino icono- rappresentanti di vari enti ecclesiatici di- clastico Leone III Isaurico (Hist. Lang., VI, retti a ossequiare il re longobardo Ataulfo, 49). Questi viandanti liutprandini dovettero residente nella Pentapoli, e aggrediti nella essere assaliti e in gran parte uccisi, insieme località di Pilleum (Hist. Lang., VI, 54), da ai soldati di scorta, nei pressi dello stesso identificare con il piccolo centro comunale “villaggio” longobardo in cui, a soli due di Peglio – il medievale Pilium – confinante giorni di cammino dalla meta riminese 159, a sud con Urbania, collocato infatti presso le sfortunate vittime pensavano di trovare una strada pubblica che da Città di Castel- un sicuro riposo 160.

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I sopracitati percorsi bizantino-ravennati corso del Metauro a separare le zone d’in- sulla direttrice Ravenna-Roma, imposti an- fluenza longobarda, verso destra, e bizanti- che dall’insediamento longobardo presso na, a sinistra: in parte ciò è verificabile 166, Cagli 161 oltreché dalla sede ducale di Spo- soprattutto per il periodo post-longobardo, leto, sono attestati – unitamente alle alter- quando certe caratterizzazioni etno-lingui- native della Via Flaminia per Fossombrone stiche si possono essere diffuse lungo le o alla strada del Savio, attraverso Cesena rive opposte del fiume prima di essere oscu- e Sarsina – anche dai centri demici citati rate e surrogate dall’universale sovrapposi- nella Donatio Carisiaca 162 e nel “Codice zione linguistica latino-medievale o franca Bavaro”, documentazioni prodotte rispetti- dei nuovi amministratori del Sacro romano vamente nell’VIII e X secolo, ma indiretta- impero, fondato nell’anno 800. Tuttavia, mente riferite ai preesistenti domini bizan- come si è dianzi osservato, gli sparuti inse- tini. Per quanto sopra osservato, si potrebbe diamenti del periodo longobardo-bizantino quindi concludere che l’attuale territorio co- tendevano a garantire o controllare l’attra- munale di Urbania corrisponda all’ingrosso versamento del fiume per i territori longo- ad un’originaria zona-enclave militarizzata bardizzati del Montefeltro a nord e del Du- dei Bizantino-ravennati, che si allungava in cato spoletino a sud (zone di Fermignano un territorio blandamente longobardizzato a e Sant’Angelo in Vado), e per l’itinerario protezione di un importante tratto del per- bizantino Ravenna-Rimini-Urbino-Roma corso Urbino-Gubbio, incentrato sull’attra- (dintorni di Urbania), nonché nel contempo versamento del fiume Metauro 163. a bloccare la percorrenza della valle in sen- D’altra parte taluni fortunati ritrovamen- so est-ovest. ti archeologici hanno recentemente confer- mato i dati topo-odonimici desunti dalle fonti altomedievali ravennati e in particola- Il comune dai tre nomi re dal “Codice Bavaro”, stilato nel sec. X con registrazioni risalenti al sec. VI: l’eti- Dai primordi e fino all’età medievale mologia dei toponimi Tavernula (odierno l’opportunità di seguire o attraversare il Tavernelle), Septimo e Octaviano, ubicati corso del fiume Metauro – in questa area lungo la Via Flaminia tra Fossombrone e moderatamente inclinato e torrentizio – Fano, riferita ad una locanda nonché ai mi- condizionava le scelte insediative lungo la liaria septimum e octavum, è confermata valle. Come i limitrofi centri comunali di dalla stazione Ad Octavo dell’Itinerarium Fermignano e Sant’Angelo in Vado, rispet- Hierosolimitanum, dal rinvenimento di tivamente sorti intorno ad un ponte sulla quattro cippi miliari nel suddetto tratto stra- strada Ravenna-Roma e a un guado, anche dale e di una statio nella sopracitata località Urbania deve la sua origine a un insedia- Tavernelle 164, prossima all’antico insedia- mento probabilmente monastico e quindi mento pianeggiante di Forum Sempronii, civile e militare interagente con un colle- progressivamente surrogato, a partire dal gamento fra le opposte sponde fluviali. Ma, sec. V, dalla più munita sede dell’abitato di nel caso di Urbania, l’originario ponte sul Fossombrone nella prospiciente altura 165. torrente Maltempo – così chiamato perché Secondo il Leonardi sarebbe stato il assumeva un aspetto torrentizio grazie ad

24 Ettore Baldetti Toponomastica e storia di un comune medievale dell’alto Metauro un’abbondante portata di acqua solamente nati di Santa Sofia, Sant’Apollinare e San con l’arrivo di perturbazioni meteorologi- Severo, sedi religiose verosimilmente ridot- che 167 –, costituiva un elemento caratteriz- te al ruolo di oratori nell’età post-longobar- zante per la sede abbaziale, in quanto era da, quando furono surclassate e inglobate l’unico accesso nell’area insediativa rap- da un monastero benedettino fondato altresì presentata da una grande “isola”, quasi inte- per garantire assistenza e protezione in una ramente circoscritta da un’ansa del Metauro zona di attraversamento fluviale, come la e da un ruscello, favorendo così – almeno stessa dedicazione a San Cristoforo 169 la- inizialmente – la solitudine monastica. Fu la scia dedurre. fondazione del Castello delle Ripe a esigere Ben presto anche in prossimità dell’ab- l’erezione di un ponte che probabilmente, bazia sorgerà quindi un “nuovo” ponte sul con dimensioni più modeste e un uso mo- Metauro – da cui il nome 170 – in concor- nastico, esisteva anche precedentemente: renza e alternativa con il preesistente valico con il ponte di Santa Maria Maddalena o di fluviale ravennate di Ponticello-Barca nella Porta nuova, secondo le successive denomi- direttrice Urbino-Piobbico, luogo di transi- nazioni, si apriva così un pubblico passag- to di una grande arteria statale, come la Via gio sul Metauro controllato dai signori del Flaminia, e quindi in area fiscale – publi- suddetto castello 168. ca –, che sarebbe testimoniata dallo stesso Più importante per l’attuale territorio di poleonimo Piobbico, originario castrum Urbania doveva però essere, in età antica e Publici, volgarizzato in Plobico e quindi altomedievale, il cosiddetto ponte di Valle- Piòbbico 171. In questa zona infatti, proba- corta, probabilmente solcato – come sopra bilmente in età ottoniana e in funzione anti- osservato – da un diverticolo della Flami- franca e antiravennate, si insediano con una nia che collegava direttamente Urbino e fortificazione e una borgata dei signori feu- Piobbico. All’inizio la fortuna del territorio dali, genericamente definiti comites, come era legata quindi ai ponti che, soprattutto sembra attestato dai due toponimi collinari per motivi politico-militari, permetteva- viciniori: Castel Vecchio, sulla sinistra idro- no ai viandanti provenienti dalla direttrice grafica del Metauro vicino Morcia, e Borgo Ravenna-Urbino di indirizzarsi comunque dei Conti, in prossimità della sponda destra. a sud verso Piobbico, la Via Flaminia e Il castello – ubicato nei pressi della chiesa Roma, evitando di transitare nella zona del di San Martino de Ocre o de Murcia e ab- Furlo e Acqualagna. Tale area impervia era bandonato nel 1205 172 – era quindi in età infatti controllata prima dai Goti, nel corso precomunale controllato da quella nobiltà della Guerra Greco-gotica, poi dai Longo- esarcale-pentapolitana, irretita e protetta bardi, i quali sbarravano altresì la prosecu- dalla nuova autorità imperiale sassone ma zione dell’itinerario vallivo all’altezza di frequentemente usurpatrice di terre eccle- Sant’Angelo in Vado, ma era anche sede di siastiche per lo più ravennati, i cui espo- briganti e di inondazioni, in periodi di caren- nenti, in un placito ravennate d’età ottonia- za demografica o di incuria idrogeografica. na, vengono infatti genericamente definiti Sicuramente quindi i primi nuclei insediati- comites de Romania 173. Uno degli ultimi vi medievali, che utilizzarono e difesero il pretendenti di questa area pubblica sareb- suddetto transito, furono i bizantino-raven- be stato quel Ramone figlio di Ramone, che

25 Studi pesaresi 7.2019 dovette però abbandonare Castel Vecchio, mura castellane per migliorarne il controllo in val d‘Ocra 174, mantenendo solamente il e la fruibilità –, di un mulino (molendinum), controllo sul significativo castello del Bor- di una sede assistenziale (hospitale) e di un go dei Conti, a causa dell‘intervento arma- colombaio (columbaria), che conferì il tem- to dello stesso abate di San Cristoforo, che poraneo nome alla prospiciente porta urbi- distrusse Castel Vecchio, e del successivo ca, poi chiamata Porta Nuova. bando del 22 settembre 1205, comminato Fedele alla fazione guelfa anche in virtù dal podestà di Urbino 175. della relazione interattiva con la limitrofa In decorrere di tempo, la progressiva abbazia, il castello delle Ripe nel 1277 fu azione promozionale del monastero, anche distrutto definitivamente per l’intervento di sul piano socio-economico, favorì l‘aggre- Urbino, città capofila dei ghibellini della gazione nei paraggi 176 di una piccola comu- Marca d’Ancona, cioè delle attuali Marche nità verosimilmente formata da affittuari, centro-settentrionali 180. Fu così che, come collaboratori, servi e coloni dei monaci, che avverrà poco dopo in situazione analoga per individuò residenza e protezione in un pro- la vicina Cagli, il pontefice intorno al 1284 spiciente insediamento d’altura, denomina- fece ricostruire la nuova cittadina nella più to Castello delle Ripe per le limitrofe sponde accogliente vallata sottostante, accanto fluviali, particolarmente profonde e dirupa- all’antico monastero di San Cristoforo e al te, che fungevano da fortificazione naturale “ponte vecchio”, affidandone la fondazione in un lato del castello 177, la cui genesi po- al prelato provenzale Guillaume Durand, trebbe però essere sostanzialmente paralle- governatore della Romagna e della Marca la o contemporanea a quella del monaste- di Ancona, dal quale il nuovo centro abitato ro, nell’’ipotesi che si fosse trattato di una derivò il nome. fondazione ecclesiastica privata o signorile, Passato sotto l’autoritaria signoria dei successivamente riformata. Il centro fortifi- Brancaleoni, Castel Durante, poi Casteldu- cato fu poi definito castellare – come atte- rante, ne fu liberato nel 1427 ad opera dei sta la quietanza comunale del 24 dicembre Della Rovere duchi di Urbino, che inglo- 1308 178 –, per la provvisorietà delle sue barono il comune metaurense nel ducato, fortificazioni basate probabilmente su una eleggendo negli ultimi anni a residenza esti- motta o terrapieno circondato da un fossato va il ristrutturato palazzo signorile affianca- (foveum), citato nella documentazione po- to dalla lussuosa dimora rurale definita, con steriore unitamente al piazzale del mercato il corrispettivo nome comune, Barco/Parco, (mercatale). Era ubicato su un’altura pros- cioè sede di campagna per la stagione cal- sima alla zona periferica di Casteldurante, da, ritrovo per la caccia, luogo recintato 181. ad E dell’abitato in località Monte Castel- Estinta nel 1631 la casata dei suddetti vicari lano, solcata dal fossum Gorcoczi 179 e sede pontifici, il papa Urbano VIII Barberini ele- sul finire del Duecento di un’area (ortale) vò nel 1635 la comunità al rango di città e per le singole coltivazioni ortofrutticole di diocesi, conferendole la definitiva denomi- privati (orti) – normalmente addossata alle nazione di Urbania.

26 Ettore Baldetti Toponomastica e storia di un comune medievale dell’alto Metauro

Abbreviazioni

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* Si è deciso di pubblicare in questa rivista storica del Pesarese, onde salvaguardare gli innovativi risultati di una ricerca sempre più datata, un contributo inserito in una silloge storiografica sul territorio urbaniese – “Ur- bania. La città dai tre nomi”, a cura di Gianni Volpe –, che quel Comune aveva varato con tanto di dépliant illustrativo e che, per un cambio di amministrazione nel 2014, ad oggi non ha ancora provveduto a finanziare e dare alle stampe. Nel frattempo, il compianto linguista e germanista Carlo Alberto Mastrelli – già ordinario di Glottologia dell’Università di Firenze, segretario e vicepresidente dell’Accademia della Crusca, direttore della rivista “Archivio glottologico italiano”, nonché componente del comitato scientifico del “Centro italiano di Studi sull’Alto Medioevo” di Spoleto – ha riportato dei brani del presente lavoro (note 7, 8, 31, 33 e relativo testo), con l’autorizzazione dello scrivente, in una postilla a lui dedicata del proprio saggio linguistico: Genga. Toponimo e antroponimo, in “Rivista Italiana di Onomastica”, XX (2014), 1, pp. 13-25.

1 In particolare le tavolette in scala 1:25.000 di Urbania, con puntuali riferimenti documentari, è edite dall’Istituto Geografico Militare (IGM), pre- fornito dalle opere di don Enrico Rossi: Memorie cipuamente Fogli 116 IV N.O. (Piòbbico), IV N.E. ecclesiatiche di Urbania, Urbania 1936, e Memorie (Acqualagna), 109 I S.E. (Urbino); I S.O. (Urbania), civili di Casteldurante-Urbania, Urbania 1945. la Carta tecnica regionale della Regione Marche e la 3 Tale area geografica, di cui fa parte Urbania, carta topografica del territorio comunale di Urbania deve il proprio nome a Mons Feretri, originaria deno- in scala 1:10.000, con la relativa microtoponomasti- minazione di San Leo, capoluogo altomedievale del ca, elaborata dall’Ufficio tecnico comunale. territorio feretrano antecedente Urbino, v. paragrafo 2 Il reperimento e la cernita delle fonti censua- successivo. rie e catastali sono state favorite da due contributi 4 V. il monastero di San Vittore de Clusis (CSV, di mons. Corrado Leonardi, al cui studio esegetico n. 60, a.1082), presso le clusae “chiuse”, cioè le gole si rinvia altresì per la descrizione e la collocazione di Frasassi e Della Rossa, Foce nei pressi di Frontone cronologico-archivistica: Monasteri benedettini nel- (CFA I, n.83, a 1095), Le Foci e Foci, nella gola del la valle superiore del Metauro, in I benedettini nella Burano fra Cagli e Cantiano, denominata Fauces Cal- Massa Trabaria (atti conv., Sestino 6 settembre1980), lis nel Medioevo (DCC, I, 1, n. 225, a.1260), con una Città di Castello 1982, pp. 29-106; Ville e communan- specificazione ricorrente, come nelle limitrofe Gola ze nella corte di Casteldurante nei secc. XIII-XVI, in di Frasassi, “fra le rocce”, o del Furlo, da for(u)lu(m), “Atti e memorie” della Deputazione di st. p. Marche, “piccola galleria”. Quindi Fauces Callis potrebbe NS, 84 (1979), pp. 267-318. Si è quindi precipuamen- essere dovuto non tanto al poleonimo, bensì riferirsi te attinto alla seguente documentazione durantina e allo stretto sentiero – calle appunto – che percorreva dell’hinterland: Cat. I, II; CC, 1-4; CTU; QSC; l’ap- la gola fin dall’età preromana, dal quale poi avreb- pendice documentaria del notaio cuprense Pierpaolo be derivato il nome anche l’omonimo vicus romano; Torelli, secondo volume dell’opera manoscritta sulla infatti nell’antichità il centro urbano più importan- storia di Urbania realizzata nel 1791 e custodita in te della zona era il municipium di Pitinum Mergens BCU, con parziale trascrizione di documenti in parte (Pole di Acqualagna) e, nell’alto Medioevo, tale ruolo introvabili (in seguito Torelli II); SMB; CD; MSL. fu conteso a Cagli dal castrum Luceolis (nella zona Per il limitrofo territorio di Fermignano è stato pos- di Ponte Riccioli, presso Cantiano) e, nel pieno Me- sibile consultare anche alcuni cabrei (ASUC), cfr. G. dioevo, la gola era ripartita fra l’”eugubino” comune Berretta, M.L. De Nicolò, I -L’archivio ritrovato di di Cantiano e quello di Cagli (ibid., nn. 456, 458, a. Vincenzo Ottaviani, scienziato urbinate del primo Ot- 1285, pp. XI, XXVI, nota 88, 435; per Luceolis, v. tocento. II -Il rilevamento delle terre e del paesaggio IDMA, pp. 118-120; E. Baldetti, La Pentapoli bi- agrario nell’opera cartografica di Francesco Cima zantina d’Italia tra Romania e Langobardia, estratto per la Fraternita di Urbino (sec. XIX), Villa Veruc- da “Atti e Memorie” della Deputazione di st. p. Mar- chio 1991. Un valido excursus sulle vicende storiche che, n. 104 (1999), pp. 9-99, Ancona 2003, pp. 32,

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43-44). L’attuale poleonimo deriverebbe dalla forma tuiva quindi un’entità legata all’approvvigionamento genitivale, tratta dal precedente oronimo oppure da del legname, come la Via Salaria lo era per il sale una civitas Callis, analogamente a Castrum Insule proveniente dalla costa adriatico-ascolana, cfr. F. V. (1139, IDMA , p. 405) e al suddetto limitrofo castrum Lombardi, Le torri del Montefeltro e della Massa Luceolis (cfr. … Callis, Luceolis, in Donatio Cari- Trabaria, Rimini 1981, pp. 11-12 e passim siaca, a. 754, in Baldetti, La Pentapoli cit., p. 43), 7 V. una columbaria… prope dictum castrum ex- attraverso l’intermedio troncamento in Calli (v. CFA tra pontem Porte Nove, a primo latere cuius est ri- I, p. 9, 1030?, cfr. infra comitatu Calli, 1092, p. 185), pam fluminis… (1339, Torelli II, p. 70); …de uno e non da un plurale, inconciliabile con l’antico sin- sasso sive ripa cum terreno sito extra Portam Novam, golare Calle. Cfr. ATM, p. 268, dove non si cita però iuxta viam, flumen Metauri (1336, CC3, p. 11). Cfr. l’originaria attestazione d’età romana e non si nota il prominente colle Monte Sassone (m 503), ad est che l’unico Calles del sec.XII, nelle carte avellanite di Peglio. (CFA I, p.147), è un errore di scrittura o trascrizione 8 Voce presente nell’italiano cinquecentesco e per Callense (ibid., p.146). perpetuatasi nel dialetto locale con il significato di 5 Secondo il Pellegrini (ATM, p. 235), derivereb- roccia tufaceo-marnosa, v. S. Battaglia, Grande di- be da un prelatino *tauro “monte”, mentre la Marcato zionario della lingua italiana, Torino 1961, VI, 662, (DT, p. 463) lo associa ad una coeva radice oronimica e Relazione di G. Tosi, 1774: «i fondamenti di detta mat-o met-, come per il massiccio campano-molisano Chiusa [di Fermignano] sono sempre costituiti di uno Matese. Il famoso glottologo padovano escludeva strato di vivo gengone… non essendovi durezza di però che si trattasse di un termine di matrice popolare, genga, per viva che sia, la quale possa lungamente re- il quale avrebbe dovuto subire le trasformazioni, tipi- sistere ad una copiosa e continua caduta d’acqua…», che dell’area, di -au-in -o-e di -t-in -d-. È quindi una in V. Valletta, Appendice documentaria su Fermi- perpetuazione dotta, documentata anche nelle fonti gnano, in M. Luni (a cura), Castrum Firmignani. medievali locali (v. flum[en] Metauri, CC1, a. 1297, Castello del ducato di Urbino, Fermignano 1994, pp. c. 18r), probabilmente da connettere con la memoriz- 355-400, n. CXXIV, p. 399. V.: in par[ochia] Sancti zazione della celeberrima battaglia del Metauro, che Petri in Pleg[is], in loco vocato Fossatum de Gen- ha percorso le età antica e medievale, nelle quali infat- ghis et pend[icibus] Montis Mellioli, sec. XIII (Cat. ti l’idronimo è stato affiancato da volgarizzazioni di I, c. 32r ); in colle Gengarum, in pendig[ibus] Plebis, minore fortuna in Mataurum (v. Tabula Peutingeria- sec. XIII (Cat. I, c. 32v); in par[ochia] ecclesie Sancti na, Österreichische Nationalbibliothek, Codex Vindo- Gilii et villa Sancti Egidii et loco fossatus Genghe… bonensis 324 – copia medievale di antico itinerario –, a IV fossat[um] de Genga…(1365, CC3, p. 147); in segm V, 2, in L. Bosio, La Tabula Peutingeriana. Una paroch[ia] ecclesie Sancti Apolenaris et in loco de descrizione pittorica del mondo antico, Rimini 1983) Gi[n]ghis (1336, CC4, c. 19v, v. Le Gengose). e il successivo sviluppo in Metaurio-Mètaro (a. 1127, 9 In età medievale sorgeva nei pressi la villa copia autentica in Archivio di Stato di Firenze, Carte Stricte, cioè “il villaggio della stretta”, dal lat. stricta, d’Urbino, cl. III, fil. II, n.8, cfr. TVMN, p. 26), quindi “stretta, passaggio angusto, valle con fondo strettis- Mètero/Mètro, con la caduta della vocale postonica, simo” (DO, p. 2380), femminile sostantivato del la- ancora attestato sul finire del ‘700, v.el fiume del Me- tino strictus, participio passato di stringere, v. villa et tero, in CTU, 4, c. 307r, 1492, e Metro f[lumen] di G. parochia Sancte Cicilie de Stricta, sec. XIII (Cat. I, B. de’ Rossi, Veduta d’Urbania, 1775, coll. privata, c.3v), odierna Santa Cecilia a SE di Urbania (IGM), in P. Rinolfi, Casteldurante (Urbania). Le origini, il cfr. Rossi, Memorie ecclesiastiche cit., pp. 442-449, e Corridoio bizantino, la toponomastica, Cagli 2002, v. UAS, Atti civili, busta 5, vol. a. 1423, cc. 90-106, pp. 40-41. n. 24, villa Stricte et Santi Egidii. L’erezione o il re- 6 La massa Trabaria era un vasto distretto fo- stauro di muri protettivi lungo le sponde fluviali è da restale, destinato a fornire travi da costruzione alla sempre una costante esigenza delle amministrazioni capitale tramite la fluitazione lungo il Tevere, e costi- comunali metaurensi, v. «per costruzione e restau-

29 Studi pesaresi 7.2019 ro di di due pezzi di muro al fiume Metauro, scudi territorio di Sant’Angelo in Vado: in curia Sancti 68.94», dal Consuntivo comunale del 1823, in Val- Angeli in Vado, in parochia ecclesie Sancti Nicolay letta, Appendice cit., pp. 372-373. de Monte C[er]baretio, in vocabulo Campi de Fonte 10 V. tassinarius, per zona con diverse tane di (sec. XIV, CC3, p. 130). tassi, v. TI , pp. 362-363: in par[ochia] Sancti Pa- 14 V. in par[ochia] Sancti Egidii, in vocabulo tregnani, in pend[icibus] Montis Simonis, …collis Cerqueti (1330, CC3, p. 42, v. attuale Santo Egidio, de Tassinara…, sec. XIII (Cat. I, c. 26r), cfr. attuale CTCU); in parochia Sancti Egidii, in plano Certal- San Paterniano. Il tasso, predatore di piccoli animali ti, iuxta via[m], hospitale leprosorum… (1326, CC3, d’allevamento, era ambito dai cacciatori fin dall’anti- p. 38), odierno Certaldo, verosimilmente da “cerreto chità anche per la difficoltà della cattura, per la carne alto”, in quanto ubicato a monte verso il confine, per nella stagione calda e per i poteri magico-protettivi distinguerlo dal “cerreto”, dove poi venne edificato della sua pelliccia, v. G. Bellucci, Tra bambini e ac- l’abitato di Castel Durante (cfr. DT, p. 228, s.v. Certal- que sporche. Immersione nella collezione di amuleti, do); Ca’ Cerreto, ad est di Sant’Apollinare (CTCU), Perugia 2008, pp.145-147. Fonte Cerreto, a SO di Orsaiola (IGM); Ca’ Farneto 11 V. villa Orsaiole (Orsaiola), da orsaia/orsaio- (CTCU, a sud di Santo Egidio); monasterium Sancti la, per una piccola zona frequentata da orsi o anche da Silvestri in Iscleto, da iscletum “ischieto”, bosco di orsaiola , “fossa, trabocchetto per catturare gli orsi” querce del genere definito ischio (Quercus esculus), (cfr. G. Alessio, Toponomastica storica dell’Abruzzo attuale San Silvestro a Schieto (CTR); Mons Ylicis e Molise, Napoli 1963, p. 116, s. v. Lupara); in dicta e probabilmente Mons Ilicis/Mont’Elce/Mondelce, villa S. Martini del Crocicchio, San Martino e Cro- da īlex «elce, leccio, ma anche, metonimicamente, cicchia a nord di Fermignano), in vocabulo de Orsaia ghiande», per «monte del leccio o delle ghiande». Ma (CTU, 1486, c.18v). nel secondo caso l’etimo potrebbe essere Mons Silicis 12 V. fosso Val di Lupi, a nord di Peglio (IGM); o una forma genitivale (villa) Montis Silicis, da sĭlex Valle dei Lupi, a NE di Sant’Alessandro (CTCU); in -lĭcis, secondo la forma riportata in S. Macci, Histo- parochia monasterii et vocabulo Vai Lupoli, sec. XIII riarum de bello Asdrubalis libri quattuor, Venezia (Cat. I, c. 3r), che costituirebbe una deformazione del 1613, p. 56; cfr. Valletta, Appendice cit., p. 238, n. genitivo Vallis Lupolorum (in parochia monasterii, in 12, nota 18. Nella zona infatti è presente la “scaglia vocabulo Vallis Lupolorum, ibid., c. 21r, v. anche DT, rossa”, cioè «calcari-marnosi e marne-calcaree rossa- pp. 799-800), ma qui forse originariamente si aveva stre con liste e noduli di selce rossa», pietra utilizzata una specificazione fitonimica, per un’area ricca di per la costruzione del ponte e della torre di Fermigna- lupuli, cioè di luppolo – un’erbacea usata come ali- no, nonché per talune decorazioni del palazzo ducale mento terapeutico-sedativo, nonché per conservare, di Urbania; v. P. Busdraghi, Aspetti geologici della chiarificare e conferire il tipico sapore amarognolo media valle del Metauro, in Luni, Castrum Firmigna- alla birra – o antroponimica, poi eventualmente tra- ni cit., pp. 15-25: 20-22, tav. III. sformata per etimologia popolare. Cfr. Valle Lupoli, 15 V. parochia Sancte Marie de Spinacetis (sec. presso Città di Castello (1233, DCC 1, n. 100). XIII, Cat. I, c. 8r) – odierno Santa Maria in Spinateci 13 V. Cervaia, per zona interessata da cospicua a NE di Urbania (IGM) –, dove Spinacetum deriva presenza di cervi (cfr. TI, p. 360): in parochia San- da spina “pianta spinosa” tramite la forma intermedia cte Marie in Triaie, in plais Botrene et pe[n]dit[ibus] *spinaceus, per indicare un pruneto , v. DT, p. 749. Collis de Prando et vocabulo Cervaie et Botrene Cfr. S. Pretelli, Società ed economia nel Fermigna- iuxta fossatum inferius Boterene (1308, CC3, p. 2, v. nese, in Luni, Castrum Firmignani cit., pp. 171-194: odierni Santa Maria Intriaria e Le Bottrene, IGM); 183. in villa Maie, in vocabulo Vignalis sive C[er]varie, 16 Preziosa nell’erboristeria medica tradizionale sec. XIII (Cat. I, c. 39r); in la villa de Firmegnano, in per decotti ed infusi. vocabulo La Ciervaria, a. 1498, CTU, vol. 4, c. 6v; 17 Usato per creare una bevanda alcolica, la co- Cerbaretio/Cerbareccio, da “cervaro”, nel limitrofo lorazione rossa della lana e taluni diuretici.

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18 Utili nella produzione di miele, acqua depura- pianta erbacea delle Papiglionacee (Vicia sativa), col- tiva con i germogli primaverili e alimenti con i frutti tivata come foraggio, che in tempi di carestia veniva maturi, le more. usata per la panificazione, v. Vezza d’Alba D( . Olivie- 19 Fruibile per marmellate, gelatine o sciroppi e ri, Dizionario di toponomastica piemontese, Brescia come ottimo combustibile. 1965, 367 e DT, p.821). 20 V. Vencareto, per una zona acquatica ‘venca- 23 Le scotanarie venivano per questo protette ta’, cioè a giuncheto, le cui piante flessibili sono utili dagli statuti durantini (Statuta Terrae Durantis, Ur- per legare viti e fascine, o intrecciare canestri, sedili bino 1596, p. 103, lib. VI, rub. 8), cfr. Ville, p. 281. e stuoie, cfr. Ville cit., p. 281, e de plebatu plebis de V. anche, per il territorio fermignanese di Pagino, Bo[r]someglo Urbini diocesis, curia castri Pilii… presso il Passo del Furlo: in dicta curte [de Pagino], fossatum Vencareti (1307, CC2, c.37r), cfr. odierno in v[ocabu]o predicto [del Furlo], … a IV, Scotanata San Giovanni in Bolsemigno, IGM. La canna, etimo (CTU, vol. 4, c. 46r, a. 1456). altresì di Canatitius – cioè un luogo ricoperto da can- 24 Su cona v. TVMN, pp. 55-56; ATM, p. X; DT, neti –, ha una molteplice utilizzazione – soffittatura, pp. 262-263; per scaffis, cfr. M. De Giovanni, Appunti copertura dei tetti e delle pareti di capanne, sostegno e questioni di toponomastica abruzzese. I nomi loca- di viti, palificazione di siepi, confezione di involucri li della provincia di Pescara (Quaderni della Rivista – e viene quindi evidenziata dalla toponomastica, di- Abruzzese, 10, Linguistica), Lanciano 1978, 37, e ventando anche oggetto di transazione: v. Item unum DT, p. 718. cannetum positum in loco Mercatalis olim antiqui ca- 25 V. in corte de Petralata (sec. XV, CTU, c. stri Riparum (1299, CC1, 30 luglio); parochia Sancte 311v). Cfr. TI , p. 247, e DT, p. 581. Marie de Spinacetis, in vocabulo de Canatitiis, iuxta 26 TI, p. 183. fossatum de Canatitiis (sec. XIII, Cat. I, c. 8r ). 27 In parocchiis ecclesiarum Sancte Marie de 21 V. località de Pioppis, “dei pioppi”, in vil- Burgo Comitum et Sancti Apollenaris de Monte Cavi la Ocrii, par[ochia] Sancti Andree et vocabulo de (Cave), a. 1308. Copia del sec. XVI, in UAS, cass. A, Pioppis, sec. XIII (Cat. I, c. 48v), il guado, cioè vado n. 6, Doc. 1(3), c.2r, v. Leonardi, Monasteri cit., p. 78. di Plopeto sul Metauro, presso il monastero di San 28 Spongia/sponza/spugna “calce viva”, in Silvestro in Iscleto (1182, MSL, n.1); par[ochia] S. spongiam zimenti et florem calcine (1271), P. Sella, Egidii, in loco de Orneto (1380, Torelli II, p. 148), Glossario latino italiano. Stato della Chiesa, Veneto, da ornus “orno, frassino selvatico”, cioè dal Fraxinus Abruzzi (Studi e Testi, 109) Città del Vaticano 1944, ornus (cfr. S. Pieri, Toponomastica della valle dell’ pp. 545-546. Arno, Bologna 2008, p. 245). 29 Calcinare “fossa per tenere le pelli sotto calce 22 V. vocabulum Silvarum Faeti, Mons Faieti e e il suo contenuto”, sec. XIII, ibid. p. 100; TI, p. 172: Carpeneti, da faietum “faggeto” e carpinetum “carpi- Calcinaja “presso a una cava di pietra calcarea”. neto”: [in villa Murcis, in parochia Sancte Marie de 30 Fosso Calcinaro a SO di Orsaiola; in dicta Spinatecis] in vocabulo de Faietis iuxta fossum Faie- corte [de Petralata], in v[ocabul]o della Valle del ti, sec. XIII (Cat. I, c. 8r); in villa Murcis,, in parochia Calcinaio (sec.XV, CTU, c.311v), v. odierno Petra- Sancte Marie in Spinet[is] et vocabulo Silvarum Fae- lata, presso la Gola del Furlo; La Spogna, a SE di ti , sec. XIII, (Cat. I, c. 18r), v. odierno Murcia ad est Urbania, in prossimità di Santa Maria di Campolon- di Urbania; in par[ochia] ecclesie Sancte Marie de go, e Spogna presso Monte Polo, a est di Fermignano Campo Longho, in vocabulo Montis Faieti, sec. XIII (v. ecclesia Sancti Petri de Spugna, in RD, n. 1781, (Cat. I, c. 25r); in parochia ecclesie Sancti Nicolaj de 1290, “San Pietro in Spogna della villa di Monte Monte Cerbareccio et in loco Carpeneti (1336, CC4, Polo”, 1382, SMB, n.3), v. odierno Monte Polo. c. 24r); Monte Carpineto, a ovest di Urbania, CTCU. 31 In dicta villa (San Martino del Crocicchio, a Lo stesso Ca’ La Vezza, trovato dal Rinolfi nell’odier- nord di Fermignano), in voc[abulo] del Tufo (CTU, na toponomastica (v. Rinolfi, Casteldurante cit., p. c. 20r). Cfr. anche Tufo di Urbino, lungo la strada di 105), potrebbe rinviare ad un terreno ricco di veccia, Bocca Trabaria.

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32 V. Apecchio, centro comunale nell’alta valle vista di studi classici”, IV (1949), pp. 43-61 (in Id., del Fiume Biscubio, all’interno di Piobbico e lungo Scritti cit., pp. 103-112). l’ultimo tratto della strada per la Bocca Serriola, di- 39 G. Devoto, *Ausa “La fonte”, in “Studi etru- retta a Città di Castello, e “in dicta corte [de Pagino], schi” 1949, p. 151-157, passim, e Id., Gli antichi ita- in v[ocabul]o del Piano de Apechio, el fiume a I, la lici, Firenze 19775, pp. 23 e 119. Come l’Asis (Aso), strada a II…”, la cui ubicazione farebbe escludere fiume che nasce sui monti Sibillini, presso Montemo- l’etimologia alternativa di “luogo silvestre e scosce- naco, per poi scorrere lungo il confine fra le province so” (cfr. G. Alessio, Lexicon etymologicum Supple- di Ascoli Piceno e Fermo, e il torrente Asola/Asula mento ai dizionari etimologici latini e romanzi, Na- (Asola), dislocato nella provincia di Macerata a me- poli 1976, p. 235, e DT, pp. 37-38). ridione del Potenza, probabile forma diminutiva del 33 Sec. XIV, Torelli II, pp. 118-119. Significati- precedente idronimo. va l’individuzione spaziale: in la Villa de Salsola, in 40 ATM, pp. 275-276. Cfr. G. Alessio, I dialetti vocabulo de le Genghe, cioè una zona del territorio di romanzi e il problema del sostrato mediterraneo, in Fermignano ospitante acque salmastre nei pressi di “Archivum Romanicum”, 25 (1941), pp.140-183, pp. un luogo interessato dalla presenza di argilla tufacea 176-177, e Id., Toponomastica storica dell’Abruzzo e (CTU, 16v, 1492). Molise, Napoli 1963, p. 95. TI, p. 195. 34 A. Trombetti, Saggio di antica onomastica 41 La Tabula Peutingeriana cit., segm V, 3, nella mediterranea, seconda edizione a cura e con intro- zona eugubina a Occidente della catena appenninica, duzione di C. Battisti e indici di J. Martini, Firenze riporta “Iovis Penninus, id est Agubio” accanto alla 1942, p. 22; G. Devoto, *AIS-etrusco e AIS-mediter- raffigurazione schematica di un tempio a capriata, raneo, in “Studi etruschi” 1931, pp. 299-316 e ATM, simile a quella apposta presso Fano Fortune, attuale p. 233. Fano. Il poleonimo costiero deriva infatti il nome da 35 ATM, pp. 233, 236-237. Cfr. Devoto, *AIS- un luogo sacro dedicato alla dea Fortuna, edificato etrucsco cit., e Id., Scritti minori, I-III, Firenze 1967, verosimilmente in ricordo della vittoriosa battaglia II, pp. 71, 75. del Metauro, in modo analogo al frontone – con fre- 36 Si veda il pensiero di Talete, tradizionalmente gio raffigurante la mitologica vittoria degli dei greci considerato il più antico filosofo ionico operante nella sugli aggressori celtici presso il tempio di Delfi – di prima metà del sec. VI a. C., che individuava l’archè un tempio già situato a Civitalba di Arcevia in pros- nell’acqua (Aristotele, Metafisica, 983 b 1-30, III, p. simità dell’antica Sentinum (Sassoferrato), nel cui 17), ma anche le diverse testimonianze cultuali mar- territorio si svolse nel 295 a.C. la “battaglia delle chigiane recentemente raccolte da Lucio Tribellini e nazioni”, con la quale i Romani sconfissero definiti- confrontate con altre dell’Italia centrale (Montefor- vamente i Galli Senoni. tino d’Arcevia. Ricostruzione di una straordinaria 42 ab Appennino Monte (aa. 1042-1043), in Petri scoperta archeologica, Arcevia [2006], pp. 193-229). Damiani Vita Beati Romualdi, cur. G. Tabacco, Roma 37 «Proprio come la nostra anima, che è aria, ci 1957 (= Istituto storico italiano, Fonti per la storia sostiene e ci governa, così il soffio e l’aria abbrac- d’Italia, 94), cap. 46. ciano il cosmo intero», Aezio, I, 3, 4, Diels-Kranz, 43 Cfr. anche Monte Penna, sede di un insedia- 13 B 2. mento piceno del territorio di San Severino Marche; 38 Su una probabile citazione in Lucano del tor- Penitula, forma diminutiva di una collina del Seni- rente Apsa, definito Apesis in età medievale, v. N. galliese, in TVMN, n. 302. V. Sasso della Penna, sec. Alfieri, I fiumi adriatici delle regioni augustee V e XIII, in Ville cit., p. 295, nota 110, Penne, definizio- VI, in “Athenaeum -Studi Periodici di Letteratura e ne delle tre cime del sammarinese Monte Titano, e il Storia dell’Antichità”, n. s. XXVII, fasc. I-II (1949), Monte La Penna, cima minore del gruppo del Catria. pp. 122-141 (anche in Id., Scritti cit., pp. 83-101), 44 Ecclesia de Monte Albano, in RD, nn. 1890, pp.125-126, e Id., A proposito di due nomi fluviali in 2164, 2481, aa. 1290-1291. Cfr. TI, p. 372, DT, pp. Lucano e Silio Italico, in “La parola del passato. Ri- 25-26: 16-17.

32 Ettore Baldetti Toponomastica e storia di un comune medievale dell’alto Metauro

45 ATM, p. 242. Sibilla o delle Fate, lago di Pilato, monte Strega, tra 46 DT, p. 490. i più noti e certi. 47 U. Agnati, Per la storia romana della provin- 54 Per le rispettive tradizioni mitologiche, cfr. cia di Pesaro e Urbino, Roma 1999, pp. 635-636. RE, s. v. 48 TI, p. 394. 55 A. Naso, Storia e archeologia delle Marche 49 ATM, p. 242, e DT, p. 490. in epoca preromana, Milano 2000, pp. 251-255, e M. 50 Anno 511, Lettera di Eugippio a Pascasio, 1: Landolfi, I Galli e l’Adriatico, in Adriatico tra IV e continens vitam Bassi monachi, qui quondam in mo- III sec. a. C.. Vasi alto-adriatici tra Piceno, Spina e nasterio montis, cui vocabulum est Titas, super Ari- Adria, Roma 2000., pp. 19-46, passim, anche per un minum commoratus, cfr. Eugippio, Vita di Severino, aggiornamento bibliografico. cur. A. Genovese, Roma 2007, p. 51. 56 Sull’originaria frequentazione greca delle co- 51 P. Bonacini, L’assetto territoriale di San ste adriatiche e marchigiane, riferibile anche alla dif- Marino fra Langobardia e Romania. Dal Rimine- fusione del culto di Diomede, v. L. Braccesi, La più se al Montefeltro nei secoli VI-X, in P. Bonacini, G. antica navigazione greca in Adriatico, in “Studi Clas- Bottazzi, Il territorio sammarinese tra età romana e sici e Orientali”, VIII (1969), pp. 143-147; Id., Greci- primo Medioevo. Ricerche di topografia e storia, San tà adriatica. Un capitolo della colonizzazione greca Marino 1994, pp. 49-134: 101-102; sul tema v. oggi in Occidente, seconda edizione riveduta e ampliata, anche L. Braccesi, Sulle rotte di Ulisse: l’invenzione Bologna 1977; Id., Indizi per una frequentazione della geografia omerica, Bari 2010: 2.5 Atlante San micenea in Adriatico, in Movimenti precoloniali nel Marino e il Monte Titano. Mediterraneo antico, Roma 1980, pp.133-145; G. 52 La ceramica attica figurata delle Marche. Colonna, Pelagosa, Diomede e le rotte dell’Adriati- Mostra didattica. Museo archeologico nazionale co, in “Archeologia Classica”, 50 (1998), I, pp. 363- delle Marche. Ancona – Palazzo Ferretti. Primavera 378; e cfr. M. Luni, I Kouroi di Osimo ed i Greci in 1982, redazione a cura di G. Baldelli, M Landolfi e Adriatico, in Id. (a cura), I Greci in Adriatico nell’età D. G. Lollini, Castelferretti 1991, passim; M. Luni, dei Kouroi, Urbino 2007 (= “Quaderni di archeologia Archeologia nelle Marche. Dalla preistoria all’età delle Marche”, collana diretta da M. Luni, XIII), pp. tardoantica, Firenze 2003, passim; N. Alfieri, Spina 15-64: 60-64 e passim. e la ceramica attica, Roma 1994, passim. 57 E. Paribeni, Capolavori della ceramica atti- 53 I berberi definiscono “Monte dei Monti” que- ca nelle Marche (con ventuno schede critiche), in La sto imponente complesso situato fra Marocco, Al- ceramica cit., pp.16-61; G. Baldelli, Numana-Sirolo geria e Tunisia, le cui cime perennemente innevate (AN), scheda topografico-storica, ibid., pp. 98-109; superano i 4000 m d’altitudine. La denominazione Luni, Archeologia cit., pp. 57-68, e M. Landolfi, ellenica è dovuta all’imponenza della catena, che si Numana-Sirolo, in “Studi Etruschi” LXVIII (1993), allunga per circa 2.500 km, richiamando l’immagine pp.625-632. di un gigante disteso, anche se i greci in genere vede- 58 E. Bethe in RE, s. v. Diomedes, I, coll. 815-826. vano nelle montagne, con le vette costantemente na- 59 Cfr. vv. 778-1045 (Esodo) e passim, Eschilo, scoste alla vista, il titano che regge le colonne su cui Agamennone-Coefore Eumenidi, cur. D. Del Corno, poggia il cosmo, come se un rilievo avesse costituito Milano 2005, e E. Margani, L’archetipo Peitho- una colonna del cielo: Erodoto, IV 184, 3; Odissea, Atena e la persuasione, tesi di laurea, rel. V. Perilli, I, 53 ss. e v. Daniela Fausti, in Erodoto, Storie, intr. Università degli studi di L’Aquila, a.a. 2004-2005, F. Càssola, trad. A. Izzo D’Accinni, premessa al te- pp. 6-12. sto e note di D. Fausti, Milano 1984, II, p. 355, n. 60 Geographi Graeci Minores, ed. K. Müller, 173. D’altra parte la toponomastica e in particolare I-II, Paris 1855-61, 1, 24 s.: «Oltre i Sanniti vi è il l’oronimia delle limitrofe Marche hanno attinto anche popolo degli Umbri nel cui territorio vi è la città di altrove alla mitologia o alle rappresentazioni magico- Ancona. Questo popolo onora Diomede come suo be- religiose: v. monti Sibillini, monte Sibilla, grotta della nefattore e c’è un santuario» (A. Peretti, Il Periplo

33 Studi pesaresi 7.2019 di Scilace. Studio sul primo portolano nel Mediter- 41: 24; e, per Tifernum, il Pellegrini in TI , pp. 55, raneo, Pisa 1979, p. 508, 16). Cfr. più avanti e note 61-62, 75-77, Carla Marcato in DT, pp. 769-770; per 62-72, per il probabile ricorso romano alla divinità Urbinum, ATM, p. 240). della persuasione Suasa o Peitho, assistente di Ve- 52 Cfr. nota 42. L’origine dalla radice Pit-sareb- nere/Afrodite, onde indurre alla resa e alla collabo- be confermata anche dall’erronea variante pliniana razione le popolazioni dell’entroterra pedemontano, (N.H., III. 144) di Pitulani dell’etnico Pitinates attri- come dimostrerebbero alcuni topoteonimi. Sull’in- buita nelle iscrizioni agli abitanti di Pitinum Mergens versione della preminenza fra Numana e Ancona, con e Pitinum Pisaurense (RE, XX, 2, coll. 1850-1862), l’avvento della dominazione romana, cfr. N. Alfieri, qualora l’imperfezione sia da attribuire, come pro- L’insediamento urbano sul litorale delle Marche du- babile, allo stesso autore latino. Una ricorrente tra- rante l’antichità e il Medioevo, in Id., Scritti di topo- sformazione dell’antico teonimo Πειθώ /Peitho in grafia antica sulle Marche, cur. G. Paci, Tivoli 2000, ΠΙΘΩ /Pito è già attestata nelle fonti epigrafiche del pp. 137-151: 143, già in Thèmes de recherches sur IV sec.a.C., presenti anche nella Magna Grecia, quan- les villes antiques d’Occident, Paris 1977 (Colloques do ormai il culto della dea era oscurato e sovrastato internationaux du Centre national de la Recherche dalla superiorità di Afrodite/Venere, alla quale Pei- scientifique, n. 542), pp.87-96. tho/Pito veniva associata come assistente e talvolta 61 Tale funzione di circuitazione e omogeneiz- identificata nella forma epitetica Afrodite-Peitho. In zazione trasversale della Via Flaminia, fra le zone ambiente romano si adottò quindi originariamente la collegate, si ritrova nella diffusione delle varianti lin- traslitterazione Pito, poi surrogata dal nuovo teonimo guistiche e delle mode estetiche, v. C. Tagliavini, Le latino Suada/ Suadela o Suasa (cfr. RE, XIX, 1, coll. origini delle lingue neolatine. Introduzione alla filo- 194-217; DA, IV-I, pp. 369-371). logia romanza, Bologna 19726, p. 406, e G. A. Cel- 63 Cfr. RE, XX, 2, col. 1850. lini, La diffusione di schemi iconografici attraverso 64 IDMA, pp. 475-476: …in Pito, a. 1039. la via Flaminia: riflessioni intorno ad un monumen- 65 Ibid., p. 475: castrum Petini, a. 1192. Nell’an- to funerario di Pesaro, in La via Flaminia nell’ager tico insediamento è stata altresì ritrovata della cera- Gallicus, cur. M. Luni, Urbino 2002 (Quaderni di ar- mica attica decorata con rappresentazioni mitologi- cheologia nelle Marche, X), pp. 361-390 e passim. che (Luni, Archeologia nelle Marche cit., pp. 64, 66, D’altra parte è stata notata un’altra peculiarità di que- 163). sta stessa zona longitudinale dell’Appennino umbro- 66 Castrum Peticli, la più antica attestazione, è marchigiano, per un più ampio contesto spaziale: il riportata in un documento pontificio del 1223; Pet- fenomeno dei poleonimi doppi, come Tifernum, Pi- ticlum/Pitteclum sono invece tratte da deposizioni tinum e Urbinum, i cui etimi sono verosimilmente testimoniali datate 1232: V. Villani, Piticchio. Ca- da riferire a nomi comuni prelatini, come la plausi- strum Peticli, (“Castelli Arceviesi”) Ostra Vetere bile base, *tib-/tif-“colle” o meglio “fiume”, ripreso 2001, p. 33. in Tiberis/Tevere – che fra gli altri nomi propri ebbe 67 L’idronimo altomedievale Suasanus o Sua- anche Rumon, forse da un gentilizio etrusco – e nel sanon, del Geografo Ravennate, potrebbe costituire probabile derivato Tifèr(i)num, attestato nella tradu- – secondo una segnalazione del linguista Ruggero zione modernizzata di Tiberinum (Città di Castello), Stefanini – un’aggettivazione del fluvius anticamente ‘pito’ per uno dei diversi santuari zonali dedicati a denominato Suasa, cfr. R. Stefanini, Su alcuni idroni- Pito/Suasa, e urbs, “agglomerato urbano”, presente mi tosco-romagnoli (Santerno, Diaterna; Savio, Sie- anche nella picena Urbs Salvia, odierna Urbisaglia ve, Sàvena, Senio), in “Lingua nostra” LXIII , fasc. (cfr. su Pitinum, ATM, pp. 237-238, E. Catani, Per 3-4 (2002), pp. 95-100: 98-99 e nota 16. Non sarebbe una identificazione di “Pítinon” umbro di Claudio quindi smentito il principio secondo il quale «quan- Tolomeo (Geogr., III, 1, 46), in Storia e archeologia do un centro abitato e un corso d’acqua si chiamano di Pitinum Pisaurense, cur. W. Monacchi, San Leo nello stesso modo, di norma primitivo è l’idronimo» 1999 (Studi Montefeltrani, atti convegni, 6), pp. 23- (ibid., p. 97). Accogliendo questa ipotesi si dovreb-

34 Ettore Baldetti Toponomastica e storia di un comune medievale dell’alto Metauro be però presumere una sostanziale contemporaneità Braccesi, Suasa cit., pp. 53-54). Per un confronto con nella coniazione di idronimo e poleonimo, durante il vicino lucus di Pesaro situato in località Sotto Le la prima romanizzazione, come avviene per Sena, e Selve, a 2 km ca. dal centro storico, dove pure fer- una successiva distinzione formale dell’idronimo si- veva il culto per divinità terapeutiche e profilattiche, milmente a quanto verificatosi conAesinus fluviusgià frequentato soprattutto da donne e specificamente Aesis, come l’omonima città. dalle puerpere, v. M T. Di Luca, Per l’ubicazione del 68 Geogr. III, I, 46; Catani, Per una identifica- lucus Pisaurensis, in “Studia Oliveriana”, n.s., vol. zione cit. II-III, (1982-‘83), pp. 41-76: 61 e passim, Ead., Il 69 Ibid., pp. 61, 199-200. Per una disamina dei lucus Pisaurensis, in Pesaro nell’antichità, “Histori- riscontri archeologici, aggiornati al 1999, v. Storia e ca Pisauriensia” I, Venezia 1984, pp. 90-107: 103 e archeologia di Pitinum Pisaurense cit.: W. Monacchi, passim. La Marengo (op. cit., nota 35) cita altri indizi Pitinum Pisaurense: la ricerca archeologica, ibid., di un culto locale per la divinità eponima: a Suasa pp. 69-84, e, in particolare, sulle divinità venerate a «le tegulae ancora inedite bollate IIIIII VIRI SVAS Pitinum Pisaurense, v. F. Cenerini Lebro, La devo- (C. Zaccaria, s.v. Bolli laterizi (Italia centro-setten- zione antica gli dei di Pitinum, ibid., pp. 57-67. trionale), in Enciclopedia dell’Arte Antica, II suppl., 70 L. Braccesi, Suasa/Peithó, ancora sui culti 1971-1994, p. 712), che potrebbero documentare il (greci?) di Rimini preromana, in “Hesperìa. Studi collegio sacerdotale addetto alla dea piuttosto che la sulla grecità d’Occidente”, 22 (2008), pp. 51-55: 52, città dove il collegio svolse la sua attività»; «ad Ari- al quale si rinvia anche per la bibliografia aggiornata minum il gentilizio Suasanus di CIL, XI 420: se non è su Peitho/Suasa. L’autore trae lo spunto da un recente portato da liberti o discendenti di liberti publici della ritrovamento di un laterizio della prima età imperiale, città di Suasa trasferiti ad Ariminum, potrebbe essere con la sigla IIII LUC SUAS, e dalla relativa pubblica- indizio di personale servile addetto alla dea; cfr. R. zione di Silvia Maria Marengo (Suasa, Suasa Felix e i Cagnat, Cours d’Épigraphie latine, Paris 19144, p. luci di Ariminum: un’ipotesi, in “Picus” 26 (2006), pp. 186 nota 1». 173-181), con l’ipotetica lettura (quattuor) luc(orum) 71 L’etimo era già stato individuato dal Bran- Suas(ae) e il possibile confronto con un’altra analo- dimarte (Piceno Annonario ossia Gallia Senonia il- ga testimonianza in un’epigrafe della città di Suasa lustrata, 1825, pp. 114-115). Nella mitologia greca, (CIL, XI, pars 1(1888), pars II, 1, 1901; 2, 1926, In- ben nota a queste popolazioni per i rapporti culturali scriptiones Aemiliae Etruriae Umbriae latinae, ed. E. e commerciali che intrattenevano con il mondo elle- Bormann, Berolini, XI 6173), dove si cita la divinità nico, peitho rappresentava il discorso persuasivo e si Suasa Felix, per confermare le suddette congetture e contrapponeva a bia, la forza violenta e prevaricatri- la matrice cultuale del toponimo: «Suasa – o Suada ce. Sull’argomento e sulla sua valenza psicologica come in Servio (Aen. I, 720) – è teonimo che si ori- archetipica: Margani, L’archetipo cit., passim, e qui, gina dalla trasposizione in latino del nome di Peithó» note 41-42. (G. Radke, Die Götter Altitaliens, Münster 1965, p. 72 I municipi sicuramente sottoposti ai duovi- 294; Braccesi, Suasa cit., p. 51). Secondo gli orfici – ri erano, da nord a sud, Forum Sempronii, Suasa e theológoi – Peitho aveva dei poteri salutiferi in quan- Ostra, i cui territori confinavano: G. Paci, Indagini to madre di Igea, «preposta alle cure della valetudo recenti e nuove conoscenze sulle città romane del ter- ed al benessere fisico» e da riconnettere ad Asclepio, ritorio marchigiano, in “Annali Fac. Lett. Filos. Univ. venerato come dio della medicina anche in Ancona Macerata”, XXXII (1999), pp. 201-244, riedito in G. (N. Alfieri, Topografia storica di Ancona antica, Fa- Paci, Ricerche di storia e di epigrafia romana delle briano, R. Deputazione di st. p. Marche, 1938, p. 37); Marche (Ichnia, collana del Dipartimento di Scien- ma Demostene (Proem. 54) cita Peitho in associazio- ze archeologiche e storiche dell’antichità, 11), Tivoli ne a divinità salvifiche e in particolare la dea sarebbe 2008, pp. 463-509; Id., Umbria e agro Gallico a nord venerata dalle neo-spose in quanto propiziatrice del- del fiume Esino, estratto da “Picus”, XVIII (1998), la riproduzione e della fecondità (Proclo III, 63-64; pp. 89-118: 98-99. Sul diverso trattamento riservato

35 Studi pesaresi 7.2019 dai Romani alle popolazioni interne delle Marche sate da una articolata venerazione votiva in ambienti centro-settentrionali, all’indomani della vittoria di aperti o precari (ibid., pp. 235, 237, 249). Sentino e della conquista dell’agro Gallico: G. Paci, 77 La ricerca archeologica in area marchigiana Dalla prefettura al municipio nell’agro Gallico e ha poi attestato una circuitazione cultuale lungo gli Piceno, in Los orígenes de la ciudad en el Noroeste itinerari vallivi, come avviene per la venerazione del- hispánico. Actas del Congreso Internacional (Lugo, la dea Cupra, o nelle aree interne, nel caso del culto 15-18 de mayo 1996), cur. A. Rodríguez Colmenero, preromano di Ercole, nonché un evidente interesse Lugo 1998, riedito in Paci, Ricerche cit., pp. 423-435, per la mitologia greca rilevabile nei soggetti estetici passim; Id., Umbria cit., pp. 97-98 e passim; Id., Con- della produzione artigianale attica o italiota, abbon- seguenze storico-politiche della battaglia di Sentino dante anche nell’entroterra appenninico (ibid., pp. per i popoli a nord del fiume Esino, in La battaglia 237, 243-244, 262-265). del Sentino. Scontro fra nazioni e incontro in una na- 78 M. Sordi, I rapporti romano-ceriti e l’origine zione. atti conv. Camerino-Sassoferrato 10-13 giugno della civitas sine suffragio, Roma 1960, p. 64 e Brac- 1998, cur. D. Poli, Roma 2002, pp. 81-93, riedito in cesi, Grecità cit., pp. 201-202. Paci, Ricerche cit., pp. 543-556: 544-554. 79 Ibid., p. 59 e Naso, Storia cit., pp. 258-260. 73 Lo starebbero a dimostrare i ritrovamenti di 80 Cfr. nota 41. necropoli celtiche nelle Marche centro-settentrionali 81 A Venere veniva attribuita l’epiclesi Suada, in (v. L. Mercando, Problemi della civiltà gallica nel- quanto predisposta alla persuasione ed alla concilia- le Marche, in I Galli e l’Italia. Catalogo della Mo- zione: sane Veneri multa nomina pro locis uel causis stra, Roma 1978, pp. 163-167, e D. Lollini, I Senoni dicuntur inposita, nam Venerem uocari quidam prop- nell’Adriatico alla luce delle recenti scoperte, in Les ter promptam ueniam dicunt, alii “Suadam’’ appel- mouvements celtiques du Ve au Ier siècle avant notre lant, quod ipsa conciliatio Suada sit (Serv., Aen. I, ère. Actes du Colloque (Nice 1976), Paris 1979, pp. 720). Su Peitho/Suasa, v. nota 70. 55-79), anche se recentemente Gianfranco Paci ha ri- 82 V. nota 60. Sull’utilizzazione dell’elemento levato che «solo qualcuna di queste scende fino al III religioso a fini propagandistici in età greco-romana: sec. a.C.» e quelle tornate alla luce fino ad oggi sono A. Coppola, Archaiologhía e propaganda. I greci, localizzate nel territorio interno, individuato da Pli- Roma e l’Italia, Roma 1996. nio (Nat. Hist., III, 14 (19)) come Umbria e distinto 83 G. Buroni, Le diverse tesi sulla battaglia del dal confinante ager Gallicus, esteso verso il litorale Metauro, Urbania 1953, pp. 90-94. Per una disamina adriatico (cfr. G. Paci, Conseguenze storico-politiche delle varie tesi, N. Alfieri, Il problema topografico della battaglia di Sentino per i popoli a nord del fiu- della battaglia del Metauro, in Fano romana, Fano me Esino, in La battaglia del Sentino cit., pp. 81-93. 1992, pp. 47-58. Un’esaustiva disamina della pubbli- 74 Come dimostrò per primo Clemente Merlo cistica riferita alla ricostruzione o ubicazione dell’e- (L’Italia linguistica odierna e le invasioni barbari- vento bellico nel territorio di Fermignano la fornisce che, in “Rend. della Cl. di Sc. Mor. e St. della Regia Mario Luni: La media vallata del Metauro nell’anti- Accademia d’Italia”, fasc. 6, s. VII, III, 1942, p. 72), chità, in La Media vallata del Metauro nell’antichità, l’areale degli attuali dialetti italiani d’origine celtica, cur. M. Luni (Quaderni di archeologia delle Marche, comprendente altresì i meridionali gallo-piceni, per- III), Urbino 1993, pp. 5-35: 13-24. viene fino all’Esino, confermando così sostanzial- 84 Cfr. Monte de Strovaldo, sec. XV, CTU, c. mente la testimonianza pliniana (Nat. Hist., III, 112), 270 v. La più antica attestazione è del 1283 (MSL, n. secondo la quale la territorializzazione della conqui- 44), ma la forma … de Montastrualdo, probabilmen- sta gallica sarebbe giunta fino ad Ancona. te tratta da una registrazione o cartulario posteriore 75 Naso, Storia cit., p. 271. e pervenuta in trascrizione settecentesca regestata, 76 Fu proprio con la colonizzazione romana che potrebbe altresì essere dovuta alla corruzione della si diffuse l’uso di edifici cultuali in muratura, anche in “e” di monte all’interno del composto. Le 19 citazio- quelle aree rurali che antecedentemente erano interes- ni originali, sicuramente datate, rilevate dal Catasto

36 Ettore Baldetti Toponomastica e storia di un comune medievale dell’alto Metauro urbinate quattro-cinquecentesco, nella parte preci- di -mu- , in Astròvaldo/Stròvaldo, e la caduta della puamente riferita al territorio di Fermignano (CTU, vocale postonica, tipica delle parlate gallo-picene. vol. 4, cc. 266r-345r), documentano invece in modo Ma in questo caso si dovrebbe comunque ipotizzare inequivocabile che nella prima metà del Quattrocen- una volgarizzazione in Strovaldo del primigenio an- to, cioè negli anni 1419-1440, la dizione in uso fosse troponimo germanico precedente la costituzione del [villa de-] Monte Strovaldo/Montestrovaldo, testimo- dominatus loci e quindi della frammentazione dell’o- niata in 8 registrazioni catastali (1419, c. 279v; 1427, riginario clan, fenomeno probabilmente ascrivibile ai c. 278r; 1427, c. 306r; 1432, c.315r; 1436, c.272r; secoli XII-XIII secolo, cfr. CSG, p. CLVII e passim; 1436, c.276v; 1436, c.315r; 1440, c.297v ), Mon- cfr. anche il cognome di area germanico-anglofona tasdrovaldo nel 1446 (c. 284v) e Monte Astrovaldo Strobald, attestato dal cognome di Fred Strobald, nato dal 1454 al 1498 (1454, c. 320v; 1462, c.281v; 1466, in Virginia nel 1848, citato nel sito internet “Ancest- c.295r; 1466, c. 299r; 1478, c.318r; 1480, c.297r; ry.com”. 1482, c. 270v; 1492, c. 326v; 1498, c.342r), persiste 89 Le osservazioni sono riportate nell’Italia il- poi un villa de Monte Strovaldo (ibid., c. 22r, 1458) lustrata (Basilea 1531, p. 336), opera geografica e e Montestrovaldo nel 1586 (c. 320r), mentre si assi- storica scritta fra il 1448 e il 1458 ma pubblicata nel ste ad un’ulteriore corruzione nel corso del ‘500, in 1474, frutto dei viaggi dell’autore in molti dei luoghi [villa de-] Monteastrualdo (1508, ibid., s.n.), Monte esaminati. Flavio Biondo asserisce che, nei dintorni Astrualdo (1584, ibid., s.n. ). Cfr. F. Sangiorgi, Fer- di Fermignano, mons est Hasdrubalis nomen habens mignano a Bramante Asdrubaldino, in Luni, Castrum et eum ducem ibi superatum fuisse, et constans in re- Firmignani cit., pp. 231-264, p. 238, nota 18. gione fama est, facendo cioè riferimento alla publica 85 CC1, c. 62v, 1299, dove, nella forma geni- fama, un fondamentale elemento di prova nelle azio- tivale plurale, si individua anche la presenza di una ni processuali bassomedievali (cfr., fra l’altro, CFA consorteria. L’antroponimo deriva o direttamente VII, Regesti degli anni 1295-1325, cur. E. Baldet- dall’alto germanico *branda “fuoco, splendente ti, n. 1731, a. 1312), e aggiungendo che, sulla base come il bagliore della fiamma, spada risplendente, di un’approfondita lettura della descrizione liviana brando”, oppure dall’ipocoristico di Aldobrandus, (XXVII, 46), si può affermare che tale congettura per aferesi del nome composto di origine parimenti è “certissima”. Le indagini del famoso geografo, il germanica con l’aggiunta del volgarizzato Aldo, da successo dell’opera e l’esplicita citazione dovettero *alda “esperto, saggio” (cfr. E. De Felice, Dizionario avere immediata eco nell’acculturato ambiente nota- dei cognomi italiani, pp. 49-50, 87, Milano 1979). rile locale, che provvide a recuperare ove possibile la 86 … de villa Montis Astrubal(is) (sia nel testo presunta denominazione originaria. che nell’indice iniziale del registro), riportato dal no- 90 Lo narra il cronista del duca, forse con una taio Stefanus Antonii de Urbino (QSC cc. 2r-v, 1464), fantasiosa licenza retorico-storiografica, dimostrando e trascritto nella registrazione di Bertolonius quon- comunque che, almeno nel pubblico dei lettori dotti dam ser Peri de Urbino (ibid., c. Ir); (ibid., c. 10v, se non della soldatesca analfabeta, l’evento fosse dif- 1467) …de villa Montis Astrobaldi (indice). fusamente noto: P. Paltroni, Commentari della vita 87 Buroni, Le diverse tesi cit., p. 106. et gesti dell’illustrissimo Federico Duca di Urbino, 88 Strovaldo potrebbe derivare dal composto di a cura di W. Tommasoli, Urbino 1966, pp. 184-186. *haist(i) “violenza, forza, combattività, valore” e del 91 Historiarum de bello Asdrubalis libri quat- nome longobardo latinizzato in Romualdus, prodotto tuor, Venezia 1613, pp. 53-54. a sua volta dal composto di *hroma “fama, gloria” e 92 La nuova denominazione, erroneamente ri- di *walda “che comanda” e attestato dalla toponoma- ferita ad un’antica tradizione, viene citata anche dal stica locale nel Monte Romualdo e Fosso Romual- filosofo francese Michel de Montaigne nelJournal de do, ad ovest di Santa Maria di Campolongo, cioè da voyage en Italie par la Suisse et l’Allemagne en 1580 *Astròmualdo, con la progressiva atrofizzazione del- et 1581 (Paris 1946, p. 249). la vocale postonica e la conseguente labializzazione 93 V. il precedente lemma e nota 83.

37 Studi pesaresi 7.2019

94 Il fortilizio, il cui basamento superstite a pian- ba e La Tombaccia; in par[ochia] Sancti Andree in ta circolare è edificato con muratura in cotto basso- Ocrii, in loco de Tumba, vocabulo Chiesurelle, sec. medievale, non presenta ingressi al pianterreno, allo XIII (Cat. I, c.30v); in villa Murcis, in parochia San- scopo di ostacolare i tentativi di aggressione, preve- cte Barbare…, in dicto loco de Tumba, in vocabulo dendo un più sicuro accesso sopraelevato con scala Cerqueti de Planellis – v. odierna Santa Barbara a retraibile, ma ospita un piccolo pozzo centrale, proba- ovest di Fermignano (IGM) –, dove Murcis indica bilmente per la raccolta dell’acqua piovana, utile per una fortificazione signorile, intesa altrove come sino- necessità quotidiane o in caso d’assedio. nimo di tumba, seu murcia, Cat. II, c. 30v, tomba aut 95 Per una descrizione e aggiornamento della murciola, 1533, Archivio Notarile di Urbania, rog. bibliografia sulla locale individuazione topografica Girolamo Sciachini, n. 74, cfr. Ville, p. 289 e nota 78. della battaglia del Metauro e sulle evidenze arche- Considerando che dopo i conflitti di età antica si era ologiche di Monte d’Elce, cfr. Agnati, Per la storia soliti recuperare gli armamenti dei defunti, ammas- romana cit., pp. 70-73. sando poi generalmente i cadaveri in tumuli comuni, 96 Anche qui ci potrebbe essere alla base la il ritrovamento di luoghi di sepoltura per inumazione corruzione di un antroponimo medievale attestato singola, più o meno ampli o isolati, potrebbe essere in zona, come Annibaldo: v. Palla di Annibaldo da posto in relazione con i cimiteri delle diverse chiese Mercatello, la cui moglie nel 1305 acquista beni rurali o monastiche, talvolta scomparse, oppure con nell’Urbinate (CD, n.53). Nel sec. XVIII esisteva eventi bellici medievali – come quello longobardo- poi altresì a NE dello stesso territorio di Fermigna- bizantino nei pressi di Peglio – o pestilenziali. Cfr. no una “Ca’ Annibale” ubicata fra Ca’ La Fraternita …petiam terre in comitatu olim Urbini, in plebe Fir- e Molino del Piano (v. ASUC, Legenda di “Ca’ La mignani, in parochia ecclesie Sancte Marie de Rupu- Fraternita”, n. 33, “Sotto Ca’ Annibale”), quindi glio, in loco de obitatio (1 ottobre [1297], Torelli 2, nella parte opposta rispetto al Piano di Annibale, si- p.13: supplementa; v. Santa Maria Repuglie, ad ovest tuato a SO (v. Alfieri, Il problema topografico cit., di Fermignano, IGM) e …apud monasterii Sancti p. 57, fig. 2a). Christofori, super sepultura Bascherie Trovasci, se- 97 V. in parochia plebis Sancti Allixandri, in pen- pulti die dicta… (6 settembre 1336, in Torelli 2, p. dicis Montis Griffoli, in vocabulo de Fossis… fossa- 52), dove si evidenzia oltre tutto come il termine me- tum inferius…, sec. XIII (Cat. I, c. 42v). Cfr. Ca’ Le dievale adottato nella zona per indicare il sito tombale Fosse, a SE di Fermignano. fosse sepultura. Sull’alta ubicazione cfr. il Pellegrini, 98 Devoto-Oli, Dizionario cit., s.v. “tombino”. che fa derivare tali toponimi da tumba “elevazione, 99 Cfr. Ville, pp. 289-292. V. la quietanza rilascia- monte, dosso, prominenza di terreno (TI, p. 204)” e ta dall’ex podestà agli inviati del comune di Cagli, nel qui, come nel caso del poleonimo Monte, per “nu- 1253, presso il villaggio di Alliano, nelle vicinanze cleo demico d’altura”, potrebbe identificarsi con un del centro comunale di Ripe – odierno municipio del “insediamento elevato”, proprio per la collocazione comune di Tre Castelli – e nel distretto di Senigallia, prominente che avevano normalmente i centri abitati nella tumba dei domini Amator e Jacopinus, figli del di fondazione medievale (v. TVMN., s.v. serra Mon- dominus Phylippus Raymo(n)dini, in DCC n. 193, tis Novi, pp. 117, 54 e note 75, 76). e cfr. Tomba, originaria denominazione del comune 100 Ponere et plantare plantones de albar[is] cesanense di Castelcolonna, altro municipio di Tre ex parte inferiori, ab uno capite usque ab alio, de Castelli confinante con Ripe, sede nel 1326 dell’“a- tribus pedibus in tribus pedibus unum plantonem de zienda fondiaria” o tumba del dominus Adolfinus, V. albaro…(1380, Torelli II, p. 176). Frequenti pian- Villani, I centri murati in età medievale, Provincia tumazioni di mori o gelsi, utili soprattutto per l’ali- di Ancona. Settore VII. Assetto del territorio e difesa mentazione dei bachi da seta, vennero realizzate nel del suolo, Ancona 2004, pp. 250-251. Vedi anche: il corso dell’Ottocento, quando furono altresì incenti- significativoDomino Buerrino domini Oddonis prope vate dal tesoriere pontificio, il cardinale pergolese domum de Tumba (C I, c. 8r); gli urbaniesi La Tom- Mario Mattei, che il 4 agosto 1830 bandì un premio

38 Ettore Baldetti Toponomastica e storia di un comune medievale dell’alto Metauro di 10 e 7 baiocchi – pari a lire 0,53 e 0,40 – per ogni rale delimitato da confini, distretto”, v. TI, pp. 161, olivo o gelso piantato, promuovendo l’aumento di 382-383. 308.000 olivi e di 205.000 gelsi durante il suo man- 110 V. Cambius Iannis Paganelli, sec. XIV, in dato, concluso nel 1840 con la nomina a segretario Torelli, II, p. 107. Nella documentazione cagliese per gli affari interni, v. «per piantagione di mori cel- antroponimi di questo tipo – come Manzapaganuti, si intorno ai fossi comunali, scudi 14», Consuntivo Paganutii, Paganellus, Saracenus – sono diffusi, an- comunale di Fermignano del 1823, in Valletta, Ap- che in virtù della partecipazione di una piccola schie- pendice cit., pp. 372-373; P. Dalla Torre, L’opera ra di cagliesi alla V crociata (1217-1221), v. DCC, riformatrice ed amministrativa di Gregorio XVI, in I, 1, pp. XXVI-XXVII, nota 98; E. Baldetti, La V Gregorio XVI. Miscellanea commemorativa parte Crociata e San Francesco d’Assisi nelle fonti di Ca- seconda (Miscellanea Historiae Pontificiae, XIV), gli, in “Picenum Seraphicum. Rivista di studi storici Roma 1948, pp. 29-121: 72. e francescani”, XXIV (2005), pp. 263-285, passim. 101 V. la donazione testamentaria di Melechia 111 V. Bierbrauer, L’archeologia degli Ostrogoti del fu Tommaso di Mercatello, che nel 1318 lascia in Italia, in I Goti, Milano 1994, pp. 170-213: 194- parte dei suoi beni alle “Donne” e alle “Cristiane del- 202, e relativa bibliografia. Anche se i preziosi reperti la Porta Superiore” (CD, n. 61). sepolcrali di una nobildonna gota sono di dubbia ori- 102 V. Malacarne, inizio sec. XIX: Catasto Gre- gine, potendo trattarsi di un tesoretto piuttosto che di goriano, Fermignano, brogliardo, nn. 3775, 3891, una fortuita sepoltura da attribuire comunque ad un 3892 (in Archivio di Stato di Roma e, copia coeva, in insediamento civile, è però evidente che la comple- Archivio di Stato di Pesaro). tezza di un corredo ornamentale femminile e la con- 103 V. in dicta villa [Ocri], in vocabulo temporaneità dei componenti – a cavallo fra la fine Solfinaie,iuxta fossum Solfinaie, sec. XIII (Cat. I, del V e l’inizio del VI secolo – farebbero ipotizzare c.88r, v. Sant‘Andrea (in Ocra), ad est di Urbania, la probabile provenienza da un sito funerario in loco IGM), acque non chiare e limpide sono “sulfinarie” (ibid., p. 194) e, in questo caso, considerata la carenza perché sorgono o scorrono in zone gessose e ricchis- di uomini d’arme nel controllo dell’intera penisola, sime di zolfo. Altri esempi di ruscelli consimili sono soprattutto dopo la prima conquista, e la conseguen- attestati dagli idronimi: rivo gingoso / rigingosum te razionalizzazione nella distribuzione degli effetti- (sec. XIV, Torelli II, pp. 118-119), per acque mel- vi precipuamente in acquartieramenti rurali, si deve mose, miscelate con argilla tufacea, e Fossatum Aque concludere che anche a Domagnano fosse presente Male, “ruscello dell’acqua malefica”. un qualche presidio alle dirette dipendenze di un’alta 104 Mainardo del fu Diotalleve da Fermignano autorità militare responsabile zonale, cfr. E. Baldetti, lascia in testamento alla «chiesa di S. Pietro in Spo- La legge dell’hospitalitas nel regno di Teoderico e la gna della villa di Montepolo… un fiorino d’oro per toponomastica in un’area fiscale delle Marche,in Atti il Ponte delle Pianche da farsi», in SMB, 1382, n. 3. del XXII Congresso internazionale di Scienze Ono- 105 L’etimo dialettale – derivato dall’aggettivo mastiche (Pisa 28 agosto-4 settembre 2005), V, Pisa piano – è stato riferito allo scrivente da un abitante 2012, pp. 27-44. della zona, cfr. DO, pp. 1690-1691. 112 Il territorio di Domagnano – cioè “d[e] 106 Sulla struttura architettonica del ponte e sul- Omagnano”, l’ottava gualderia delle dieci distret- le relative fonti storiografiche, v. M. Luni, La media tuazioni sammarinesi citate negli Statuti trecenteschi vallata del Metauro, Quaderni di Archeologia nelle – rinvia ad un prediale romano e al relativo fondo Marche 3, Urbino [1993], pp. 6-7. appartenuto alla gens Umennia di origine etrusca (v. 107 Valletta, Appendice cit., p. 375, n. LXIII, S 129 e cfr. Omignano in DT, p.535); costituiva quin- 5 agosto 1870: deliberazione di demolizione della di un’area coltivata sulla percorrenza romano-antica “Porta così detta Romana”, entro 30 giorni. Monte Olivo – Monte Lupo – Domagnano che, colle- 108 V. in curte de Pagino, CTU, cc. 2r-90r, sec. XV. gando il basso Conca all’alta Marecchia e a San Leo, 109 Per esempi consimili da pagus “territorio ru- aveva una tale rilevanza sociale e strategica da essere

39 Studi pesaresi 7.2019 presidiata fino all’età malatestiana tramite il fortilizio plano Guardenghi, iuxta ecclesiam Sancte Barbare ( della Torraccia sul Monte Nero, probabile miratoio 1310, CC3, p. 60; cfr. in curia Durantis, in parochia longobardo anche per la presenza del culto micaeli- Sancte Barbare, in vocabulo de Spongna et loco de co, per il suffisso esecratorio generalmente associato Colonello, 1308, CC3, p. 1, v. Colonnello e La Spo- ad insediamenti ariani e le attestazioni toponimiche gna, a SO di Urbania, IGM); in dicta villa [Stricte] longobarde nella piccola Repubblica, v. G. Bottaz- et parochia [Sancte Cecilie] et vocabulo Guardenghi zi, San Marino, Rimini e Montefeltro tra età romana (sec. XIII, Cat. I, c. 46r). Rispettivamente situati sulla e alto medioevo: per una storia del territorio, in P. destra e sulla sinistra idrografica del Metauro, in ter- Bonacini, G. Bottazzi, Il territorio sammarinese fra ritorio urbaniese, ma in direzione dell’altomedievale età romana e primo medioevo. Ricerche di topografia massa gotica di Fermignano, quasi ad individuare un e storia (Quaderni monografici del Centro di Studi allineamento limitaneo dello stesso distretto milita- storici sammarinesi, 4), Repubblica di San Marino rizzato verso l’interno. 1994, pp, 11-47: 28-29, 41, e P. Bonacini, L’asset- 115 E. Baldetti, Le origini ed i primi sviluppi to territoriale di San Marino cit., pp. 49-134: 93-97. del processo insediativo, in Morro d’Alba. Uomini e Apparteneva in età gotica al Feretrano, non essendo territorio in un centro collinare marchigiano, Mor- ancora presente il distretto di San Marino, il quale ro d’Alba 1985, pp. 23-95: 54-62; TVMN., pp. 191- per altro non sarebbe documentato almeno fino a tut- 193; Id., Il sistema cit. Cfr. anche nota bibliografica ta l’età carolingia (ibid., pp. 105-107), non essendo in IDMA, pp. 381-382. V. in vocabulo de Gotiis pres- probabilmente citato né nella promissio Carisiaca del so Campo Rotundo (in margine: Mons Forat[us] et 754, dove il Castellum Sancti Marini si identifiche- Scalzon[is]; 1331, CC3, p. 43; la località Scalzonis rebbe nell’omonima frazione di Sogliano al Rubicone era situata a NE di Urbania, presso il colle Cerpolini, (v. Baldetti, La Pentapoli cit., pp.42-43, nota 108), sec. XIII, Cat. I, c. 30r, cfr. odierno Ca’ Cerbolino, né nel “Placito Feretrano” dell’885, dall’incerta au- IGM), ma cfr. in Serra de domo Gotii (1310, CC3, tenticità (v. C. Dolcini, Il Placito Feretrano (885) e p. 61). le relazioni fra Pier Damiani e il vescovo di Rimini 116 La sede strategico-militare di Urbino, per (1070). Nuove ipotesi sulle origini di San Marino, in i Goti del territorio marchigiano, doveva essere se- “Studi Montefeltrani”, 8 (1981), pp.97-131, passim, conda solamente ad Osimo, almeno a giudicare dai e cfr. Bonacini, L’assetto territoriale di San Marino soldati stanziati da Vitige, nel 538, a difesa delle va- cit., pp. 102-104). La recente annessione di San Leo rie roccaforti della regione: Petra Pertusa (Gola del nella regione emiliano-romagnola, che pure non ha Furlo) 400; Urbino 2000; San Leo 500; Osimo 4000 alcuna attinenza con le precedenti circoscrizioni sto- (Bell. Goth. II, 11). riche, non ha comunque coinvolto una grande parte 117 Due liberti della gens Firmidia sono infatti del territorio feretrano rimasta nelle Marche. attestati da un’epigrafe romana ritrovata nella stes- 113 Nel denaro aureo, trasformato in medaglione sa valle fluviale in un’area diffusamente insediata, tramite la saldatura di uno spillone, era rappresenta- presso i confini comunali di Fermignano ma nel ta l’unica immagine coeva del re, con baffi e capelli territorio di Urbania (CIL XI, n. 6061a). Sull’antica fluenti secondo la prassi aristocratica gotica, ma con origine del nome e le relative fonti, v. Luni, La me- un’accurata acconciatura di influenza bizantina: Rex dia vallata cit., p. 7. Theodericus. Il medaglione d’oro di Morro d’Alba, 118 RD, nn. 1780 (1290), 2059-2079 (1291). cur. C. Barsanti, A. Paribeni, S. Pedone (Espera Ar- 119 J.O. Tjäder , Die nichtliterarischen lateini- cheologia, 2, collana diretta da G. De Rossi), Roma schen Papyri Italiens aus der Zeit 445-700, 1. Papy- 2008; E. A. Arslan, La moneta dei Goti in Italia, in ri 1-28, Lund 1955, n. 13, a. 553; regesto in B. Ca- I Goti cit., pp. 252-265: 252, 258, I; N. Francovich varra, G. Gardini, G. B. Parente, G. Vespignani, Gli Onesti, I nomi degli Ostrogoti, Firenze 2007, p. 8. archivi come fonti della storia di Ravenna: regesto 114 …in parochia Sancte Barbare de Spo[n]gna, dei documenti, in Storia di Ravenna, II, 1, Dall’età in loco de Plais… Item unam petiam terre silvatam, in bizantina all’età ottoniana. Territorio, economia e

40 Ettore Baldetti Toponomastica e storia di un comune medievale dell’alto Metauro società, cur. A. Carile, Venezia 1991, pp. 401-547: pp. 13-14, 17, 21. Si individuerebbe qui la presenza 403, n. 7. di una prima generazione nata in Italia prima del 520, 120 V. l’individuazione ipotetica di Sylviane La- caratterizzata dal tentativo di integrazione culturale zard (Goti e latini a Ravenna, in Storia di Ravenna anche tramite l’adozione di modelli antroponimici II, 1 cit., pp. 109-133, p. 119), che si basa sull’enco- classici come Andreas, prima del conclusivo recupero mio (gloriose recordationis) dedicato alla memoria di nazionalistico del periodo conflittuale, v. ibid., p. 11 Aderit. La figlia Ranilo doveva essersi convertita al e S. Lazard, Icc Latinus: Le nom des Goti à Raven- cattolicesimo prima del 540, secondo la Lazard (ibid., ne au VIe siècle, in Actas do XX Congreso Interna- p. 114), a giudicare dal secondo nome conferito al fi- cional de Ciencias Onomásticas (Santiago de Com- glio: Andreas (ibid., nota 54, pp. 130-131). postela, 20-25 Setembro1999), A Coruña 2002, pp. 121 «I sei dodicesimi (unciae) delle nostre mas- 1207-1218: 1210-1212. Inconsistente la traccia go- sae», cfr. Lazard, Goti cit., p. 114. tica nell’attestazione duecentesca del toponimo Ca- 122 L’interessante ipotesi, avanzata da France- strum Glocii, presso Sant’Agata Feltria, il cui isolato sco V. Lombardi, di un’identificazione della seconda agionimo, pur presente nella toponomastica gotico- massa donata con una circoscrizione non lucchese longobarda, non può sopperire alla carenza (Agnati, ma della zona, presso l’attuale comune appenninico Per la storia romana cit., p. 616, e G. Fasoli, Sulla di Cantiano e la roccaforte altomedievale di Luceo- diffusione del culto di S. Agata nell’Italia del Nord, li, merita ulteriori verifiche e conferme, anche se è in Archivio storico per la Sicilia orientale, 48 (1952), accettabile la derivazione del fiume Candigliano (a. pp. 10-17): il nome locale, nella forma documenta- 1692) da un prediale Cantilianus, originato da una ta, sembrerebbe derivare piuttosto da un g[u]lòcius, gens Cantilia (v. L. Cantilius, RE, col. 1498, W. accrescitivo di gula “gola”, riferito ad una strettoia Schulze, Zur Geschichte lateinischen Eigennamen, valliva o a un soprannome di un uomo caratterizzato Berlin 1904 (rist. 1933), 144, 355), cosiccome è plau- dalla gola prominente o dall’ingordigia. Germanico e sibile un analogo sviluppo del poleonimo castrum non specificamente gotico (v. TI, p. 267) doveva poi Cantiane (DCC, n. 163, a. 1248): F.V. Lombardi, Il essere l’insediamento presente sull’altura di Monte ‘territorium’ castrense di Luceoli e un papiro raven- Grimano, toponimo documentato dal XIII secolo, che nate del 553 dopo Cristo, in “Atti e memorie” della probabilmente derivebbe da Grimo, con il suffisso la- Deputazione di st. p. Marche, 104 (1999), Ancona tinizzato in -anus e volgarizzato in -ano: un ipocori- 2004, pp.141-158, passim. stico del longobardo Grimoald, come gentilmente mi 123 Si tratta di una chartula usufructuariae do- suggerisce la germanista Maria Giovanna Arcamone. nationis, adottata dal notariato ravennate, v. G. Ra- 124 F.V. Lombardi, Due pievi all’origine del co- botti, L’archivio di Ravenna e la tradizione delle mune di Fermignano, in Luni, Castrum Firmignani istituzioni fra tardo antico e medio evo, in Atti del cit., pp. 113-124. Si veda il probabile caso analogo convegno Ravenna capitale. Società, diritto e isti- delle due chiese altomedievali veronesi di San Gio- tuzioni nei papiri ravennati (V-VIII secolo). 14-15 vanni in Fonte e San Giovanni in Valle, e cfr. M Simo- maggio 2010 (on line: www.ravennacapitale.unibo. netti, Arianesimo, in Enciclopedia dell’Arte Medie- it), pp. 5-6. L’atto di donazione relativo alla Massa vale (1991), s.v. (on line:Treccani.it.). D’altra parte Firmidiana, rogato a Ravenna il 4 aprile 553, viene si trattava di fornire chiese dotate di fonti battesimali effettuato da Ranilo, sublimis femina, e dal marito, alle due comunità religiose separate precipuamen- sublimis vir Felithanc – con spirante gotica resa in t te dalla diversa concezione dogmatico-cristologica, –, figlia delgloriosus Aderit, padre altresì di Ademunt in quanto nella liturgia seguivano sostanzialmente detto Andreas, santo venerato dai Goti per essersi le stesse procedure (G. Montanari, Culto e liturgia recato nei paesi del Mar Nero, i cui nomi composti dal IV al IX secolo, in Storia di Ravenna II, 2 cit., con ripetizione o allitterazione da antroponimi degli Ecclesiologia, cultura e arte, pp. 241-281: 272). Ciò antenati confermano una prassi diffusa in ambiente favorì quindi successivamente il mantenimento delle germanico-gotico, v. Francovich Onesti, I nomi cit., strutture cultuali.

41 Studi pesaresi 7.2019

125 N. Alfieri, La Pentapoli bizantina d’Italia, sinistra e sulla destra idrografica del Metauro, presso in “Corsi di cultura sull’arte ravennate e bizantina” la parrocchia di Sant’Egidio e le antistanti pendici del XX (1973), pp. 7-18, e E. Baldetti, Per una nuova monte San Giovanni, sulla direttrice che salendo ver- ipotesi sulla conformazione spaziale della Pentapo- so Santa Sofia – topoagionimo bizantino – si dirige li. Rilievi topografico-storici sui toponimi di area in direzione di Piobbico. I due fitonimi sono nomi pentapolitana, in Istituzioni e società nell’alto me- comuni ma non troppo diffusi nell’ambiente subap- dioevo marchigiano cit. 1983, pp. 779-894, Id., La penninico marchigiano altomedievale, indicando due Pentapoli cit. boschi, il primo di ornelli o frassini selvatici (Fraxi- 126 Per le osservazioni topografico-storiche nus ornus, cfr. nota 21) e il secondo di una specie di sull’assetto pentapolitano e sugli insediamenti avan- quercia (Quercus virgiliana), volgarmente denomina- zati longobardi, v. Baldetti, ibidem, e cfr. R. Ber- ta “castagnola” o “castagnara” per il particolare tipo nacchia, I Longobardi nelle Marche, in La necropoli di ghianda arrotondata di tal foggia, particolarmente altomedievale di Castel Trosino. Bizantini e Longo- ricercata per l’alimentazione umana in periodi di crisi bardi nelle Marche, Milano 1995, pp. 79-91; Id., I o carestia (cfr. G. Picchi, I frutti ritrovati nella Marca Longobardi nelle Marche. Problemi di storia dell’in- d’Ancona. Indagine conoscitiva sulle risorse fitoge- sediamento e delle istituzioni (secoli VI-VIII), in L’I- netiche di interesse agricolo e alimentare, Ancona talia centro-settentrionale in età longobarda, cur. L. 2006, pp. 150-155; TVMN., nn. 284, 84, Silva de Ca- Paroli, Firenze 1997, pp. 9-30. stangnola, e passim). V.: par[ochia] S. Egidii, in loco 127 I dati, oltreché dalle altre fonti coeve raven- de Orneto (1380, Torelli II, p. 148); in par[ochia] nati (cfr. B. Cavarra, G. Gardini, G. B. Parente, G. monasterii et pend[icibus] Collis Orneti, sec. XIII Vespignani, Gli archivi come fonti della storia di Ra- (Cat. I, c.2v); in pend[icibus] Montis Sancti Zannis venna: regesto dei documenti, in Storia, II, 1, 1991, in vocabulo Castagnoli (sec. XIII, Cat. I, c. 27v, v. pp. 401-547), provengono soprattutto dal “Codice odierno Monte San Giovanni); in vocabulo Casta- Bavaro”, un registro catastale della Chiesa ravennate gnoli iuxta rivum Lotosi (1380, Torelli II, p. 155); in del secolo X, contenente altresì atti risalenti al sec. par[ochia] monasterii, in vocabulo Castagnoli, voca- VI: v. CB, con il relativo apparato topografico-stori- bulo fossati Rivi Maii, iuxta vias, flumen Metauri et co, e BER. fossatum rivi predicti (1379, Torelli II, p. 161). 128 Interessante e innovativo a questo proposito, 130 TVMN., pp. 212-213, Ravenniana, 207-208, per taluni aspetti topografico-storici, lo studio di Pa- 212-213, massa. Cfr. Ravignana vecchia e v. nota 151. olo Rinolfi sulla toponomastica durantina, che però, 131 E. Morini, Santi orientali a Ravenna, in Sto- utilizzando un metodo selettivo genericamente onni- ria di Ravenna II, 2 cit., pp.. 283-303: 291-296 e Ri- comprensivo e talvolta opinabile, non sempre riesce nolfi, Casteldurante cit., pp. 111-119. a trarre dai variegati dati in suo possesso indicazioni 132 F. Sabatini, Riflessi linguistici della domina- sicuramente probanti: Rinolfi, Casteldurante cit., pp. zione longobarda nell’Italia mediana e meridionale, 97-140 e passim. estr. da Atti dell’Accademia Toscana di Scienze e 129 In una petizione di enfiteusi, rivolta all’arci- Lettere “La Colombaria”, XXIII (1963-’64), Firenze vescovo Petronace (816-834), si citano i fondi limi- 1964, pp. 146, 154-155, passim, e M G. Arcamone, trofi Ornita et Castanito, in territorio urbinate (CB, Die langobardische Toponomastik zwischen Germa- n. 180; BER, n. 179), i quali sono ubicati lungo le nia und Romania, in Proceedings of the 21st Inter- pendici di due alture viciniori disposte a cavallo del national Congress of Onomastic Sciences (Uppsala frequentato e antico attraversamento fluviale a SE di 19-24 August 2002, 2), pp. 21-33, per taluni etimi Urbania; cfr. il vicino sepolcreto vallivo con tombe a altogermanici e la bibliografia ivi citata. tegoloni trovato più a valle, in località Taverna (Rossi, 133 Trattasi dell’attuale San Lorenzo in Torre Memorie civili cit. p. 6, nota 2) – contraddistinto dai presso la strada Piobbico-Peglio (IGM), già attestato toponimi Barca e Ponticelli (cfr. Rinolfi, Casteldu- sul finire del Duecento come appartenente alla vicina rante cit., pp.22-23 e nota 32) – rispettivamente sulla pieve di SanVincenzo di Candigliano: RD, nn. 1821

42 Ettore Baldetti Toponomastica e storia di un comune medievale dell’alto Metauro

(-de Ruppe), 2099 (-de Curti), 2429 (-de Turre). Cfr. da papa Celestino II (1143-1144) e definitivamente l’altomedievale castrum de la Fara, nel territorio di confermata da Anastasio IV (1153-1154), fa ritenere Montemarciano, probabilmente perpetuatosi nel suc- che l’intitolazione, quantunque riferibile all’omoni- cessivo toponimo Cortuletum, “piccola curtis”, in mo santo vescovo di Pesaro, richiami però almeno TVMN., n. 139, pp. 64-65. indirettamente la memoria degli imperatori della 134 Lombardi, Le torri, cit., p. 100. dinastia eracliana, che ressero Bisanzio dal 610 al 135 Visita episcopale del 1618, in Rossi, Memo- 715, proprio negli anni della rivalità anti-longobar- rie ecclesiastiche cit., p. 432. da, con l’eventuale implementazione motivazionale 136 V. ospitali Leprosorum de valle Curtis (1307, di un richiamo apotropaico ad un precedente culto CC2, c. 55v), dove si osserva che il lebbrosario di locale di Eracle/Ercole, che – qualora sia veramen- San Lazzaro, situato nell’omonima località, sorgeva te avvenuto secondo quanto tramanda una tradizio- presso tale curtis, distrettuazione politico-economica ne locale – sarebbe stato cristianizzato anche nella adottata soprattutto nel periodo franco-carolingio nel- dedicazione della chiesa monastica a S. Cristoforo, le aree pubbliche o feudali, anche se il toponimo, poi l’”Ercole cristiano” traghettatore (cfr. Rossi, Memo- volgarizzato con etimologia popolare in “Valle Cor- rie ecclesiastiche, p. 4). È poi plausibile ritenere che ta”, potrebbe riferirsi ad un’accezione posteriore di circa 2 km più a monte dello stesso corso d’acqua curtis, cioè al territorio del limitrofo Borgo dei Conti, iniziasse l’area longobardizzata con l’ecclesia Sancti il cui nome rinvia comunque alla presenza in loco di Angeli (v. Sant’Angiolino, CTCU), parimenti citata un’area fiscale d’età post-longobarda, o ad un castello dai suddetti pontefici, e con i limitrofi Ca’ Gaggiaro e dei dintorni. La parochia Sancte Sufie (1299, CC1, c. Ca’à Laiola (CTCU), seguiti da Mons Domus Gagia- 62r, odierna Santa Sofia, ad est di Orsaiola, IGM) e la li (loc. Sancti Paterniani in Valle, sec. XIII, CC2, c. plebs Sancti Severi de Colle, attuale Pieve del Colle, 554r, v. Ville, p. 313, odierno San Paterniano, IGM), il cui distretto plebano comprendeva oltre alla suddet- e Barbarini, più all’interno, come confermano verso ta parrocchia anche quelle dell’ecclesia Sancti Iohan- sud le analoghe ubicazioni dei toponimi Guardengo nis e dell’ecclesia Sancti Georgii (in curia Orsaiole, e -de Gaifanis, vicini a Campolongo (in parochia in plebe plebis Sancti Severi de Colle, in parochia Sancti Donati, in loco de Gaifanis, 1276, DCC, I, 1, ecclesie Sancti Iohannis, in loco de Plano Monache, nn. 314, 315). Qui, unitamente all’emblematico Cal 1298 CC1, c. 48r; de plebe Collis, in par[ochia] et Cardesco, è situato altresì l’apotropaico San Marti- loco Sancti Severii, sec. XIV, Torelli II, p. 118; in… no de Ravis (odierno San Martino, a sud di Urbania, plebatu Collis, villa et parochia Sancti Georgii, 1307, IGM), da rave, corridoi naturali aperti dall’acqua CC2, c. 55v, v. odierno San Giorgio, IGM), control- nei boschi e utilizzati per trascinare i tronchi a val- lavano rispettivamente le due strade che, al di là del le (ibid., p. 481, cfr. Fosso Rava, a est di Fermigna- ponte metaurense, si dipartivano alla volta di Piob- no), anche se Guardengo è probabilmente di matrice bico e del percorso principale della Via Flaminia, at- gotica, ma perpetuatosi in ambiente germanico, e traverso Pole di Acqualagna, sede dell’antica Pitinum gaifanus, latinizzato con il suffisso in -anus, indivi- Mergens (per quest’ultimo tratto, v. Luni, La media duerebbe comunque una “terra di nessuno” e quindi vallata cit., p. 6 e nota 5). una zona di confine. Cfr. ecclesiae Sancti Angeli et 137 V. odierno San Eracliano (CTCU). L’ori- Heracliani (RD n. 1828, 1290). ginaria dipendenza di questa chiesa ravennate di 138 V. in parochia ecclesie Sancti Apollenaris, a. confine dall’abbazia benedettina di Santa Maria di 1298, CC1, c. 34v. Pomposa – sottoposta al governo dell’archidiocesi 139 V. in plebe Sancti Allexandri, in parochia dal sec. VI al novembre 1001, quando venne cedu- monasterii Sancti Christofori, a. 1298, CC1, c. 34v. ta alla sovranità politico-economica dell’imperatore 140 Il monastero di San Silvestro in Iscleto era (v. Montanari, Culto cit., p. 245 e Carile, La socie- così definito per essere sorto in un bosco di querce del tà ravennate dall’Esarcato agli Ottoni, in Storia di tipo ischio (Quercus esculus) e, come San Cristoforo, Ravenna II, 2 cit., pp. 379-404: 397-398) –, sancita vicino alla strada lastricata valliva, verosimilmente

43 Studi pesaresi 7.2019 romana (via petrosa), ad un passaggio fluviale (guado nella corte de Pagino, nella villa de Monticello, in o vado) e ad un castellare, definito “dell’Isola”. V. v[ocabulo] del Cerreto (ibidem, sec. XV, c. 42r, odier- MSL, nn. 1 (1182), 3 (1226), dove si rinvia anche per no Pagino, presso la Gola del Furlo, v. v[ocabulo] le più antiche fonti. Sulla storia dell’ente religioso, del Furlo, ibid., c. 46r, sec. XV); monasterio Santi cfr. Leonardi, Monasteri cit., pp. 47-50, e F. V. Lom- Angeli, fundatum in predicto fundo Gaifa (CB 179 e bardi, Il monastero di San Silvestro “in Iscleto”, in p. 120, BER 178), prediale perpetuatosi nell’attuale Luni, Castrum Firmignani cit., pp. 125-134. località di Gaifa, v. Baldetti, Per una nuova ipotesi 141 E. Archetti Giampaolini, Aristocrazia e cit., pp. 796, 873, 883. Sul monastero cfr. Leonar- Chiese nella Marca del Centro-Nord tra IX e XI seco- di, Monasteri cit., pp. 45-47, dove si specifica anche lo (Università degli studi di Macerata. Pubblicazioni l’ubicazione in valle Gayfae, riportata nelle relative della Facoltà di Lettere e Filosofia, 38), Roma 1987, bolle pontificie, tenendo però in considerazione che il pp. 160-161 e nota 15. ricorrente e limitrofo toponimo d’origine medievale 142 E. Baldetti, L’azione di Pietro Damiani Campo Dònico deriva – come Valdònica, Selvadòni- nelle Marche centro-settentrionali fra consorterie ca e simili – da Campo Dominico, tramite la caduta filo-imperiali e riforma della Chiesa,in San Pier Da- della i postonica in Campo Dòm[i]nico / Dòn[n]ico, miani. Studi sul millenario della nascita (1007-2007), e si riferisce alle spettanze del dominus longobardo o a cura di R. Benericetti, Faenza 2007, pp. 25-88: 66- comunque di un posteriore signore laico oppure ec- 73, e R. Benericetti, L’eremo e la cattedra. Vita di clesiastico, cfr. il caso analogo di Selvadonica, pres- san Pier Damiani, Milano, 2007, passim. so San Lorenzo in Campo, erroneamente riferito al 143 G. Garampi, Vita della Beata Chiara, Roma culto di Adone, in E. Baldetti, Le fonti toponimiche 1755, p. 529, a. 1155; Rossi, Memorie ecclesiastiche di età romana nei territori di Sena, Ostra e Suasa, cit., pp. 5-13, e Leonardi, Monasteri cit., pp. 33-38. in Archeologia delle valli marchigiane Misa, Nevo- 144 Cfr. CSG, pp. XVII-LX e passim. la e Cesano, cur. P.L. Dall’Aglio, S. De Maria, A. 145 L’insediamento demico di età romana era Mariotti, Perugia 1999, pp. 35-43: 43, nota 14. V. esteso fra l’attuale centro di Calmazzo e il vicino anche Sant’Angelo de Aiolis (1283, CD, n. 42), -de ponte di Traiano sull’originario tracciato della Via Aiola (RD, n. 1788, 1290) o -in Ajola (1781, Archivio Flaminia, dove si dipartiva un diverticolo in dire- di Stato di Roma, Buon Governo, b. 5238, serie II, zione di Urbinum Metaurense (Urbino) e Tifernum cc. 1-4, odierno Sant’Angiolino in Aiola, IGM), di- Metaurense (Sant’Angelo in Vado): G. Gori, Il vicus minutivo probabilmente dall’alto germanico *agwjō di Calmazzo, in Luni, Castrum Firmignani cit., pp. “prato, isola”, come Augia, più che dal latino area 109-111. “spazio circoscritto” (cfr. Arcamone, Die langobar- 146 V.: “Piandigualdo”, presso la “chiesa di S. dische Toponomastik cit., pp. 23, 27), associandolo Maria di Riopulio” (1340, MSL, n. 139); in la villa con l’antistante San Martino, al di là del Metauro, e il de Vico, in v[ocabulo] del Gualdo (fra San Martino plausibile Monte Romano. in Crocichio “incrocio stradale”, attuale Crocicchia, 147 V.: la Curtis Barbarinorum, nella vallis de e chiesa de Sancta Barbera, odierna Santa Barbara Farnetis e nella parochia Sancti Andree de Barbari- del Seminario, presso il “piano” e la “villa” di Vicho, nis, confinante con i beni della ecclesia Sancti Chri- villaggio di probabile origine romana accanto ad un stofori de Monte Maiori, 1232, in Corpus pergame- frequentato trivio, Trebio, cfr. CTU, cc. 20r, sec. XV, ne di Sant’Angelo in Vado (secoli XIII-XVI), cur. A. 30r, 1458, 30v, 1460) 1475, CTU, c.12v; molino del Falcioni e G. Fania (Studi Montefeltrani, Fonti, 4), Gualdo posto in la villa de Sancta Fumia, in voca- San Leo 2009, n. 2, p. 3; in districtu Masse Trabarie, bulo del Gualdo (ibidem, 1474, odierno Santa Eu- curia Sancti Angeli in Vado, plebanatu plebis Santi femia); in la villa de Cuco, in vocabulo del Gualdo Iacobi, parochia Sancti Andree de Barbarinis, loco (ibidem, v. Pian del Cucco, IGM); villa de Sancto de Faietis (1307, CC2, c. 35v); in curia Sancti Ange- Agniolo de Petrelata (ibid., c. 15v, 1562, odierno Pie- li in Vado, in parochia dicte ecclesie [Sancte Marie tralata e monte Pietralata, presso la Gola del Furlo); de Monte Alto], in plebanatu plebis dicti castri et in

44 Ettore Baldetti Toponomastica e storia di un comune medievale dell’alto Metauro plano Barbare (1310, CC3, p. 59); rector ecclesie di una pietra terminale nella zona pianeggiante (m S. Petri de Montalto, pro dicta ecclesia in plano de 109 di altitudine) presso i confini sud-occidentali del Barbara (sec. XIV, Torelli II, p. 119); ecclesia de comune di Peglio, prossima alla località di San For- Bulgara, -a Bulgaria, -de Bulgaria (RD, nn. 1860, tunato, più a valle lungo la stessa sponda del Metauro 2134, 2455, aa. 1290-1291) nel distretto de plebatu (v., on line, Google Maps), e alla sovrastante Villalta, Silve Nigre, pieve definita “della Selva Nera”, per es- “villa alta” (m 401), limitrofa a Ca’ Bellavista e sito sere situata in una boscaglia caratterizzata da una fit- ideale per una vedetta, scholcha (cfr. IGM)). ta vegetazione (cfr. plebs Sancti Martini Silve Nigre, 150 Qui sorgeva l’insediamento longobardo di 1290-1291, fitonimo perpetuato in San Martino di Peglio, testimone di uno scontro armato nel periodo Silvanera, in Le pievi nelle Marche (Fonti e studi, IV, liutprandino, v. più avanti e note 155-159. collana diretta da S. Prete, edizioni “Studia Picena”), 151 V. [in parochia] S. Marie de Campolongo in Fano 1978, p. 54, n.17); rectores… ecclesiarum San- pendigiis Montis Gaifani (1379, Torelli II, p. 62). cte Mariae de Valle Umetorum cum cura et Sancti Monte Romualdo e Fosso Romualdo, ad ovest di Petri de Borgaria [/Burgaria] sine cura, que ambe Santa Maria di Campolongo (cfr. Rombaldone di Ca’ sunt unite plebatus Sancti Laurentii [Silve Nigre], Rombaldone). 1524, Corpus pergamene cit., n.72, p. 86, cfr. n. 76, 152 A monte della strada Urbino-Piobbico, in p. 91, 1582, e ecclesia Sancti Angeli de Plano, 1271 prossimità di quest’ultima località e in direzione di (Rossi, Memorie ecclesiastiche cit., p. 375), con il Sant’Angelo in Vado, sorgeva infatti – nel distretto limitrofo San Martino del Piano, ancora esistente ad della Massa unitamente alla Valle Ravignana (cfr. at- ovest di Piobbico. tuale Ravignana Vecchia) – la chiesa di S.Andreas de 148 V.: in…plebatu Murzolle, pa[r]ochiis eccle- Barbarinis, vicino all’attuale chiesa di Santa Maria siarum Sancti Martini et Sancte Marie de Murzola et dei Medici (già -de Medicis, v. RD, nn. 1818, 2097, Sancte Marie in Guarcino, in loco de Gualdo (1307, 2427, sec. XIII), che infatti nel 1563 le era stata an- CC 2, p.62, cfr. Ca’ Morciola, Ca’ Guarcinello; I nessa (v. Rossi, Memorie ecclesiastiche cit., pp.374- Gualdi e Ca’ Gualdi di Sotto, ad est di Peglio); paro- 375, e qui, nota 146); Val Ravignana districtus Masse chia ecclesie Sancte Marie de Murzola, villa Montis (Trabarie), CC1, c. 44r, 1298. I toponimi derivati Avorii et loco de Gualdo (1306, CC2, c. 3r); rector dall’etnico barbarus “straniero” venivano infatti ap- ecclesie Sancti Angeli de Insula de villa Montis Avo- posti dai nuovi colonizzatori bizantino-ravennati in rii (1339, CC4, c.112r, v. Monte Avorio, nell’interno terre in cui si parlavano linguaggi alloglotti o vive- montuoso fra Peglio e Urbino, IGM); in loco Gualdi, vano ancora popolazioni allogene, come qui viene in Lalguastulgle… viam de Gualdo Uguccioni (sec. confermato dalla coesistenza dell’etnico Ravignana e XIV, CC3, p. 17, da la guastulia o guastura “terreno del prediale-circoscrizionale Massa (cfr. TVMN., pp. incolto”, v. Sella, Glossario, cit., p. 282). 205-206, nota 115; Id., Per una nuova conformazione 149 V.: in curte Urbini, in par[ochiis] Borse- cit., pp. 794, 873 e passim; Id., La Pentapoli cit., pp. migne et Murciole et Sancti Donnini in Campora, a 25, 64 e passim). fossato Sulfinaie adversus Montem de Coluna usque 153 Questo primo itinerario, più breve e diretto, in rivo Gualdi (sec. XIV, Torelli II, p. 118, cfr. San che solca un tratto di uno dei tracciati dell’antica Via Giovanni in Bolsemigno a NO di Peglio, prossimo a Flaminia, venne definito dagli Statuti di Rimini del Ca’ Sant’Arcangelo, San Donnino, verso est vicino a 1361 – nel tratto Rimini-San Lorenzo in Strada-Co- Ca’ Romanino e Ca’ Colonnelli, IGM); in curia Pilii, riano – Via Regalis, cioè “ di pubblico rilievo, curata dioces[i] Urbin[i], plebatu Sancti Fortunati, parochia dalla pubblica autorità”; venne fatto percorrere altresì Sancti Zani, in villa de Scholcha, 1306, CC2, c.28r (v. al Rinaldo ariostesco (Orlando Furioso, LXIII, 147), plebs Sancti Fortunati de Pilio, 1290-1291, Le Pievi fra Rimini, Montefiore e Urbino (cfr. Luni, La media nelle Marche, cit., p. 54, n.16, ecclesia Sancti Iohan- vallata, cit., p. 6). Tuttavia, l’antica rilevanza si giu- nis in Petro / dePetra, a. 1290, RD, nn. 1670, 1949, stifica, oltreché con i toponimi viari zonali Fiammin- v. San Giovanni in Petra, per la probabile presenza ga al Ponte, Monte della Fiamminga e Fiamminga

45 Studi pesaresi 7.2019

(v. ASUC, n. 2 e legenda, nn. 16, 25-26, 27) e più di Castello, dove pure la presenza di un contingente oltre Flamegna o Strada comune – nella parrocchia militare relativamente consistente (numerus equitum di Santo Stefano, estesa intorno a Riopuglio, nel pia- Eugubianorum), acquartierato in loco fin dalla metà no di San Silvestro, dove era situato il significativo del sec. VI, doveva garantire una superiore capacità Stradali (1257, MSL, n.17, e ibid., nn. 171, a.1351, di difesa, unitamente alla volontà politico-militare di 176, a.1353, 246, a.1416) –, anche con la presenza, protezione, v. Bonacini, L’assetto territoriale di San nel territorio comunale di Cagli, dei nomi locali Via Marino cit., p. 70. Lo stesso autore ritiene altresì – in Strata, cioè strada, via lastricata, e Cupe de Fiamma modo opinabile e non documentato – che l’itinerario già grippo de Flambia – per Flaminia – fra Secchiano bizantino-ravennate verso Roma avesse quasi inver- e Pianello, attestati in un unico documento del 1170, tito la naturale marcia, puntando a SE, cioè «piegan- di toponimi bizantino-ravennati, come San Vitale, do invece non lontano da Sarsina in direzione di San presso Fosto, e Massa del monte Nerone, vicino Pia- Leo per poi puntare verso Urbino» (ibid., pp. 75-76), nello, citata dal 1280 nelle fonti pervenuteci (DCC, dove d’altra parte si poteva arrivare con maggiore n. 355, pp. 339-340, tavv. b/2, b/3, pp. 435, n.1bis , comodità e sicurezza partendo dalla litoranea Rimini 448 e nn.1bis e 446), il toponimo Flamegna, secondo o innestandosi più a monte in questo percorso (ibid., il Lombardi (Due pievi cit., p. 118), è attestato anche pp. 75-76). Il tragitto da Bobio (Sarsina) per Monte- «nella parrocchia di S. Stefano di Montelce, nel ple- feletri (San Leo) avrebbe dovuto attraversare oltre bato di S. Giovanni di Silvano, cioè lungo la direttrice tutto un’impervia e minacciosa zona montuosa del che collegava Fermignano a Pole di Acqualagna», e Montefeltro, dove erano assenti i possessi bizantino- altresì «fra Pole e Cagli, ove ancora c’è un casolare ravennati documentati nel “Codice Bavaro” ed erano con questa denominazione»: dovrebbero però riferirsi per contro presenti degli isolati insediamenti longo- a raccordi stradali che collegavano le due ramifica- bardi (cfr. Baldetti, La Pentapoli cit., tav. I, pp. 98- zioni più importanti della Flaminia, in direzione di 99 e passim). Urbino e Fano. 155 Fin dai tempi di Giustiniano, alla difesa rigi- 154 Nel “Codice Bavaro” sono citati dei posses- da del territorio d’età romana si preferì un sistema im- si arcivescovili ravennati presso Urbino, Gubbio e perniato su piazzeforti e castelli isolati, demandando Perugia (CB, nn. 179-180; 166-172, 173-175; BER all’esercito mobile il compito della vera tutela dalle 178-179, 166-171; 172-174). Nella stesssa fonte si fa invasioni nemiche, v. G. Ravegnani, Castelli e città anche un fugace riferimento alla Imelperga religio- fortificate nel VI secolo,Ravenna 1983, pp. 125-130. sa ancilla, residente a Castellum Felicitatis (Città di 156 Cfr. de plebatu plebis de Bo[r]someglo Castello) e donatrice di tre fundi fra Cesena e Rimini, Urbin[i] diocesis, curia castri Pilii,… loco de Stra- ad un arcivescovo Giovanni (CB, BER n. 54), non da… a II strada publica (1307, CC2, c.37r). meglio identificato fra gli otto omonimi presuli attivi 157 Cfr.: IDMA, passim; Descriptio Marchiae nell’arco cronologico degli atti del “Codice Bavaro”, Anconitanae, [cur.] E. Saracco Previdi (Deputazione che hanno espletato la loro missione fra il 578 e il di st. p. Marche, Fonti per la storia delle Marche, n.s. 998: il nome germanico e l’ubicazione dei beni in III) Ancona 2000, p. 130 e passim; curia Pilii, 1306, area strategica e longobardizzata farebbero però pro- CC2, c. 28r. pendere per una donazione successiva alla conquista 158 Paolo Diacono, Storia dei Longobardi, longobarda dell’esarcato nel 751 o comunque di poco trad. e note a cura di F. Roncoroni, Milano 1975, posteriore alla disfatta longobarda e quindi per i due pp. 219-220. Giovanni che ressero la cattedra negli anni 778-784 159 È evidente che non potendo essere il piccolo o 788-806. La citazione di centri dell’alta valle del villaggio di Peglio né il luogo di partenza né di arrivo Savio, come Bobio (Sarsina), sia nel suddetto co- per l’incontro con il re – il quale in effetti non fu coin- dice che nella “Promissio”, attesterebbe tuttavia un volto nello scontro –, non si spiegherebbe altrimenti tentativo di percorrenza verso l’alta valle del Teve- la scelta di inoltrarsi sulle colline di Peglio, invece di re, in direzione di Roma e Perugia, attraverso Città pervenire direttamente in una qualsiasi delle cinque

46 Ettore Baldetti Toponomastica e storia di un comune medievale dell’alto Metauro città costiere pentapolitane, tramite le strade valli- mi, tesi di laurea di, relatore M, Luni, Urbino, a.a. ve, oppure nella vicina Urbino, se non con il preciso 2010/2011, pp. 50-51, 55-57, 66. Tale studio confer- scopo di optare, dal ponte urbaniese di Valcorta, per merebbe quindi l’indiretta testimonianza del “Codice una via verso Rimini militarmente più sicura, perché Bavaro”, che documenta la presenza di un sistema- passante per il territorio feretrano longobardizzato, tico controllo viario lungo la Via Flaminia da parte evitando Urbino, città ostica di tradizione bizantino- bizantino-ravennate, tramite la presenza di beni fisca- ravennate, con un itinerario di analoga lunghezza: li ereditati dalla Chiesa ravennate, solamente da Fano circa 70 km. a Fossombrone, escludendo il Cagliese, cfr. Baldetti, 160 R. Bernacchia, Territori longobardo-spo- La Pentapoli cit., pp. 51-52 e passim. letini e territori pentapolitani nelle Marche (secoli 162 Nella cosiddetta “ donazione di Quierzy” VI-VIII), in Ascoli e le Marche tra tardoantico e al- o anche promissio Carisiaca, del 754, si riporta un tomedioevo, cur. E. Menestò, Spoleto 2004, pp. 273- elenco di sedi urbane ex-bizantine, che Pipino il Bre- 311: 305 e nota 112. L’evento bellico potrebbe quindi ve avrebbe promesso di restituire al pontefice nel essere ricordato dal luogo sacro ecclesia Sancti Ze- caso di una vittoria dei Franchi sui Longobardi. Qui, nonis, odierno San Zeno situato presso Battaglia, lo- accanto ai centri viari di due tragitti fra Ravenna e calità fra Urbania e Peglio, e attestato dalla fine del Roma, viene anche descritto un itinerario marittimo Duecento (RD, nn. 1854, 2131, 2450, aa. 1290-1291), di cabotaggio fra Ravenna e Ancona. L’elenco degli anche per la concomitanza di un toponimo che, se insediamenti urbani o militari è il seguente: Ravenna, risalisse all’età medievale e non fosse d’origine an- Arimino (Rimini), Pensauro (Pesaro), Conca (distret- troponimica, deriverebbe dal tardo-latino battalĭa tuazione del castello del Conca o dell’omonima val- “battaglia” (G. Devoto, Avviamento alla etimologia le fluviale), Fano, Cesinas/Sesenas (distrettuazione italiana, Milano 1979, p. 44), e l’associazione ad un della valle del fiume Cesano/Suasanus), Sinogalias agionimo antiariano o bizantino, celebrativo della (Senigallia), Esis (distrettuazione di Jesi o della valle vittoria. Infatti San Zeno potrebbe riferirsi o al santo dell’Esino), Forumpopuli (Forlimpopoli), Forumolivi vescovo Zenone di Verona, vissuto fra il 300 e il 371, (Forlì) cum castro Sussubio (Castrocaro o Bertinoro), noto come San Zeno e famoso per il suo apostolato Montefeletri (San Leo), Acerreagio (Cerasolo, frazio- contro l’eresia di Ario professata dai Longobardi, op- ne di Coriano), Montelucati (Montaguzzo, frazione pure all’omonimo martire di Nicomedia, venerato in di Cesena), Serra (già attestato nel “Codice Bavaro”, area bizantina, e comunque ricordare indirettamente odierno Case Serra, località a NO di Montegelli, fra- Zenone, in latino Flavius Zeno, il primo imperatore di zione di Sogliano al Rubicone), castellum Sancti Ma- Bisanzio che aveva riunito sotto il suo potere le due rini (San Marino, frazione di Sogliano al Rubicone), parti dell’antico impero romano (474-475, 476-491). Vobio (Sarsina), Orbino (Urbino), Callis (Cagli), Lu- 161 Una recente ricerca per una tesi di laurea ciolis (Pontericcioli, presso Cantiano), Egubio (Gub- triennale, pur fra inevitabili problemi metodologici, bio), Comiaclo (Comacchio), civitas Narniensis. La ha potuto comunque individuare, tramite una siste- lista ha quindi un suo ordine topografico: le città co- matica analisi dell’odierna microtoponomastica, la stiere da nord a sud, tra Ravenna e Jesi, con l’unica probabile presenza di un’area blandamente longobar- eccezione del castello del Conca – posto dopo la città dizzata nella zona di Cagli e in particolare nell’imme- di Pesaro, forse perché trattasi di una dipendenza che diato suburbio presso la località Civita, il cui toponi- si salda alla città portuale tramite la zona di Gabicce, mo individua normalmente un antico insediamento. con una citazione analoga a quella di Forlì (cum ca- Vedi i toponimi Ponte Staffolino, Sanctus Angelus stro Sussubio). Seguono poi i centri periferici dell’en- de Civitate, Piano Sant’Angelo, Gualdicciola, Piano troterra appenninico (Forumpopuli-Acerreagio) e di di Casa Romana, Fonte Romana, e i periferici San due itinerari verso Roma, rilevabili, come si è prece- Martino, Gualdo, Carda, Cardella, Truogolone. Vedi dentemente osservato, anche dall’analisi topografico- G. Dromedari, Il corridoio bizantino al confine tra storica del “Codice Bavaro”: Montaguzzo-Sarsina, Umbria e Marche. Tesi toponomastica e agiotoponi- lungo la valle del Savio, e Urbino-Gubbio. Seguono

47 Studi pesaresi 7.2019 due centri demici periferici e agli antipodi, riportati in gnori germanici: Rombaldone di Ca’ Rombaldone, calce perché estranei al suddetto ordine topografico: come Monte Romualdo omesso dal Leonardi; Stro- Comacchio e Narni. Cfr. Baldetti, La Pentapoli cit., valdo di Mons Astrovaldi; Lombardo di Pian del pp. 40-43. Lombardo o di Ca’ Lombardello; Azzo di Ca’ Azzo- 163 Oltreché alla concentrazione in loco di topo- lini, che potrebbe anche derivare da un Attus/Actus o nimi e possessi bizantino-ravennati, l’interpretazione costituire un troncamento, per esempio da Nicolazzo geopolitica potrebbe essere suffragata anche dall’o- / Colazzolino/ Azzolino; Marchese di Domus Mar- ronimo Montiego, derivato da Mons Eghi (cfr. vici- chesis è titolo onorifico o soprannome molto usato nantia Montis Eghi, sec. XIII, Cat. II, c. 578r), dal dall’età feudale (secc. IX-XI); infine Baciardo, di greco αίγίς, latinizzato in aegis, cioè “monte scudo”, Ca’ Baciardo, e la variante diminutivale Bacciardi- come l’omonimo centro comunale romagnolo, essen- no, hanno un evidente suffisso francofono in -ard/ do una prominente altura (m 975) di una propaggine -ardus/ -ardo. Per quanto concerne gli altri toponi- meridionale del territorio anteposta all’imponente mi elencati: Mongiardino, “monte giardino”, e La monte Nerone (m1525), parzialmente longobardizza- Bastia (v. in vocabulo Campi Spinosi, in loco de to e ospitante il castrum della Carda (1216) o Garda Bastia, 1382, Torelli, II, p. 152) risultano inutiliz- (1217), attuale Cardaccia, e la Cardella (1283), nomi zabili perché “giardino” e “bastia” sono voci entrate locali d’origine alto-germanica indicanti delle vedette nel lessico del volgare italiano, mentre Gualdrengo (DCC, I, 1, nn. 9, 17, 432, p. 431 e passim). di Collis Gualdrenghi come anche Guardengo, de- 164 V.: CB, n.177, p. 102 nota 1; Baldetti, Per rivati dall’alto germanico *walda ‘bosco’ e *warda una nuova ipotesi cit., pp. 885, 887 e Id., La Penta- “guardia, vedetta”, hanno un caratteristico suffisso poli cit, p.19, nota 36; M. Luni, Nuovi documenti sul- gotico. Interessanti invece San Pietro in Bulgaria e la Flaminia dall’Appennino alla costa adriatica, in I Gualdi, località però ubicata in direzione di Pe- Le strade nelle Marche, il problema nel tempo, I-III, glio, al contrario di Gualdutius di Mons Gualduzi, Ancona 1987, “Atti e memorie” della Deputazione di che potrebbe essere un diminutivo dell’antroponimo st. p. Marche, 89-91, pp. 139-180: 172-180; P. Quiri, Gualdo, presente nelle fonti coeve. Genericamente Recenti interventi di scavo e restauro su manufatti ro- germanica potrebbe essere Calcardesco, se fosse mani della via Flaminia, ibid., pp.181-192: 190. “Ca ‘l Gardesco”, e non un sostantivo con suffisso 165 M. Luni, G. Gori, Note di archeologia e to- d’ispirazione germanica. Impossibili o totalmen- pografia forosemproniense, in “Picus”, 111(1983), te improbabili etimologie germaniche per Glaiolo/ pp. 87-114. Ghiaiolo, da glarea “ghiaia”, Pozzuolo, da “pozzo”, 166 Infatti i toponimi del territorio di Urbania, e Peglio, che deriva in realtà dall’antroponimo latino citati dal Leonardi (Ville cit., pp. 278-279 e nota 36) Pilius/Pellius (W. Schulze, Zur Geschichte Lateini- quali testimonianze della penetrazione longobarda, scher Eigennamen, Berlin 1933, 456, 424) o meglio non rientrano fra quelli indicati da Francesco Saba- da pilleus “elmo”, come metafora geomorfica, come tini (cfr. nota 131) come sicure spie di insediamenti proposto dal Pellegrini (ATM, p. 260, e cfr. Monte arimannici, trattandosi oltre tutto di casi isolati in Pileo nella diocesi di Gubbio, in A. Gucci, Memorie una zona a forte presenza bizantino-ravennate, al- della città di Cagli…, ms. sec.XVII, in Biblioteca meno nell’area urbana e dell’immediata periferia, Comunale di Cagli, C 14, edito a cura di E. Paleani, secondo quanto evidenzia lo stesso autore (ibid., p. Cagli 1997, I, c.116). Del tutto ipotetiche e quindi 279). Le più antiche attestazioni toponimiche, rela- inutili ai fini del presente studio le derivazioni gre- tivamente recenti (fine sec. XIII), non permettono di che, ad eccezione di Ravignana “ravennate” e dei conferire un’assoluta valenza probatoria ai seguenti topoagionimi Santa Sofia e Sant’Apollinare. nomi locali di matrice antroponimico-germanica, 167 Rossi, Memorie ecclesiatiche cit., p. 7. che sono però citati in età posteriore e quindi pos- 168 Dopo la fondazione di Casteldurante, sono essere stati conferiti in periodi post-longobardi nell’opposto lato del perimetro urbano si realizzò un dai nuovi dominatori franchi o da funzionari e si- altro passaggio sul Metauro, definito ponte de Cella,

48 Ettore Baldetti Toponomastica e storia di un comune medievale dell’alto Metauro nome attestato già nel 1297 (CC1, c.18r), perché nei per il Senigalliese, CSG, pp. XVII-XIX, passim, e la pressi erano state scavate uno o più grotte nella roccia relativa bibliografia ivi citata. Permane però la forte arenaria, per la conservazione dei prodotti agro-ali- concorrenza etimologica dei riferimenti ad una zona mentari, cfr. DT, pp. 219-221 e Rossi, Memorie civili feudale, boschiva o sodiva di pubblica fruizione o a cit., p. 18, considerando però che il toponimo esisteva gestione collettiva, ricorrenti nelle aree montane me- già prima della cinquecentesca fondazione dell’ordi- dievali e definite comunantie, vicinantie, universita- ne gesuitico. tes, cfr. CFA 7, pp. XIII-XIV, 327-348, appendice nn. 169 Sul monastero cfr. Leonardi, Monasteri cit., 20-59, e Ville, pp. 292-299, dove si fa riferimento alle pp. 50-60 e la bibliografia ivi citata. diverse comunanze locali e si propende per l’etimo 170 L’evidente etimologia, che viene riferita alla “cosa pubblica, territorio di proprietà comune”. preesistenza di un “ponte vecchio” urbano sul Tor- 172 V. l’attuale fosso di Castelvecchio e cfr. rente Maltempo, potrebbe però essere ricollegabile Rossi, Memorie ecclesiastiche cit., p. 488. Il fortili- anche all’antico ponte extraurbano della Valle Corta zio dovette essere altresì denominato o surrogato dal sul Metauro. duecentesco “Castello Maggiore”, v. in villa Stricte, 171 Cfr. Castrum Publici, 1215, in A. Tarducci, in parochia ecclesie Sancte Ciccilie, in vocabulo Ca- Piobbico e i Brancaleoni, Cagli 1897, p. 35.; bur- stelli Maioris (sec. XIII, Cat. I, c. 35r). ghecto castri Publici, 1410, in Corpus pergamene 173 V. Monumenta Germaniae Historica, Di- cit., n. 55, p.62, e Idrante de Plobico, 1253, in DCC, plomata regum et imperatorum Germaniae, II, pars I, 1, n.190. Dubbia – anche se riferita a un toponimo secunda, Ottoni III Diplomata, ed. Th.von Sickel, di analoga tipologia – è invece la precedente attesta- Berolini 1893, pp. 601-603, a. 996. zione del 1080 (CFA I, p.124): infra comitato Callen- 174 Nome dovuto verosimilmente al particolare se, in fundo Publico, cfr. ATM, p. 278. L’aggettivo colore giallo della terra, v. Rossi, Memorie ecclesiati- toponimico publicus è infatti ricorrente in zona, v.: in che, p. 431, sul limitrofo Sant‘Andrea in Ocra. villa Ocri, vocabulo de Poblicis, iuxta fossum Solfi- 175 UAS, cass. A, perg. n. 1. Cfr. sull’argomento, narie (sec. XIII, Cat. I, c.88r); vocabulo Sodi Magni Rossi, Memorie ecclesiastiche cit., pp. 10-11, e Ri- et loco de Publicis, in villa Montis Sancti Petri (ibid., nolfi, Casteldurante cit., pp. 88-92. cc. 92v, 127v); in loco Publici, vocabulo de Barbari- 176 Equivoca probabilmente il Torelli, riferendo- nis (ibid., c. 129r). Cfr. Ville, p. 294, nota 103. D’al- si al determinante ponte delle più antiche attestazioni tronde la stessa compresenza del terreno denominato (v. de obedientia Sancti Cristophori de Ponte, 1155, Pozza “cavità ricolma d’acqua”, ubicato fra il Borgo in Garampi, Vita cit., p. 529), e attribuendolo a un vil- dei Conti e il fiume Metauro, con la vecchia superficie laggio, mentre, sulla base delle fonti pervenuteci, si del Castello delle Ripe, nella contropartita comunale deve porre in relazione con la particolare funziona- offerta all’abbazia di San Cristoforo, per l’acquisizio- lità del varco, caratterizzante la sede religiosa. Cfr. il ne del territorio urbano di Castel Durante, permette Torelli: «…chiesa e badia di S. Cristoforo detta del di individuare in loco una terra pubblica (v. in paroc- Cerreto, perché situata almeno in parte in una selva di chiis ecclesiarum Sancte Marie de Burgo Comitum cerri, o anche del Ponte pel vicino villaggio del Ponte, et Sancti Apollenaris de Monte Cavi, in loco et voca- che rimase compreso in castel Durante» (I, c. 26r). bulo de Pozza, a. 1308, copia del sec. XVI, in UAS, 177 Cfr. : Item unam vineam positam in pendi- cass. A, n. 6, Doc. 1(3), c.2r, v. Leonardi, Monaste- giis Castellaris antiqui et terram cultam existentem ri cit., p. 78). Tali aree – Barbarina/Santa Maria dei cum ipsa vinea…a I latere est via p[ublic]a, a II Medici, Monte San Pietro, Ocri/Monte Santo – sono tenet Baldutius Farolfi usque ad foveum anticum et poi interessate dall’antico tracciato della Via Flami- tenet dictum monasterium, a III superius tenet simi- nia direttamente, o indirettamente, per avere ospitato liter dictum monasterium, Guido Oddonis et Perus nelle vicinanze dei presidi militari longobardi adibiti de Calli, et a IV Omizolus Fuscoli pro uxore… Item al controllo del traffico viario e in seguito recuperati unum cannetum positum in loco Mercatalis olim an- dalle autorità regio-imperiali franco-germaniche, cfr., tiqui castri Riparum, a duobus lateribus sunt vie, a

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III dictum monasterium, a IV Prontus Arengutii, rem i recenti dubbi interpretativi sollevati dal Rinolfi sul dicti monasterii. Item unum ortum positum in loco de documento sopracitato (Casteldurante cit., pp. 80- Ortale, prope portam Castri Durantis a duobus late- 94). Plausibile invece la funzione perlustrativa verso ribus sunt vie… (CC1, 30 luglio 1299, cc. 65v-66r); Urbino dell’avamposto fortificato ancor oggi attestato unum ortale prope porta Columbarie, sec. XIII (Cat.I dal toponimo Cittadella (in parochia monasterii pre- , c.2r); …in parochia seu vocab[ul]o Gorcoczi, terra dicti, in vocabulo Cittadelle, in Monte Vecce, CC3, p. labor[aticia] et canetata, ortata, cum domo, colum- 84, 1361), v. ibid., p. 85, e Rossi, Memorie civili cit., bario, molendino super ipsa existente, iuxta viam pu- p. 9. Sulla ripartizione interna del castrum Barbare blicam, fossatum Gorgoczi…, sec. XIII (Cat. I, c. 7r). (CSG, pp. CXXXIV-CXXXV e passim), v. E. Bal- Sull’ubicazione del centro fortificato, cfr. Torelli: «… detti, Il fallito saccheggio del castello di Barbara del situato un tiro d’archibuso lontano dalla presente Ur- 1517, nelle ‘Historiae’ del Ridolfi, in La Guerra di bania, più verso il Monte e precisamente nel sito, che Urbino del 1517. Quinto centenario dell’assedio di poi denominossi, e ancora si denomina Castellari» (I, Mondolfo (Deputazione di Storia Patria per le Mar- c. 18v). È evidente che qui come altrove il reiterato che. Studi e testi, 41), Mondolfo 2018, pp. 195-215: aggettivo antiquum/anticum si riferisce al preesisten- 209-212. Sulla distrettuazione territoriale del primiti- te centro urbano, con riferimento all’attuale sede de- vo castello ripense, cfr. Rossi, Memorie civili cit., p. gli attori del negozio giuridico. L’odierno toponimo 6, e Ville, pp. 268-269. monte Castellano è quindi riferito a castellum nel 178 Et unum aliut terenum sive tenimentum situm significato altomedievale, cioè di insediamento de- in curte dicti castri Durantis, in vocabulo Castellaris mico costituito da piccole e fatiscenti abitazioni, cir- Riparum in quo olim adificatum fuit ipsum Castrum condato da una barriera difensiva, generalmente una Riparum, a. 1308, copia del sec. XVI, in UAS, cass. palizzata soprastante ad un fossato, con al centro un A, n. 6, doc. 1(3), c. 2r-v.; Leonardi, Monasteri cit., edificio turrito in muratura sede del signore e dei suoi p. 79. domestici. In decorrere di tempo, cioè fra XI e XII 179 Derivato da gorga “gola, fosso stretto e pro- secolo, lo sviluppo demografico, con il conseguente fondo”, cfr. DT, p. 366. ampiamento delle sedi abitative e della cerchia mu- 180 La Marca d’Ancona, territorio di confine raria di talune antiche comunità, portò a sostituire il (Mark) del Sacro Romano Impero, insieme alle ana- precedente appellativo con quello di castrum, cioè loghe Marca Fermana e Marca Ascolana, conferirà, centro abitato dotato di mura, distinguendolo da ca- dopo l’unificazione al regno sabaudo del 1860, il stello “piccolo castrum o fortilizio” e da ‘castellare’, nome plurale all’intera regione. esigua fortificazione dotata di rudimentali opere di 181 Deriverebbe, secondo il Pellegrini (Appunti, difesa. Ma i tre toponimi potevano coesistere, come cit., pp. 282-283), dal preromano *barricum “recin- avviene ad esempio per il piccolo centro castrense to, tettoia, stalla recintata”, ma qui, soprattutto, dal del comune anconetano di Barbara. Nel caso specifi- quattrocentesco barco/parco, attraverso il latino-me- co, però, lo sviluppo nelle vicinanze di un più ampio dievale parricum “aree recintate dove veniva trasfe- centro urbano fortificato definito castrum o castello, rita la selvaggina per essere cacciata, stallatico per la può indurre ad apporre l’appellativo diminutivo e li- stagione calda”, v. DO, pp. 249, 1622, e B. Mirka, mitativo di castellare all’antica sede castrense ormai La villa Imperiale di Pesaro rivisitata: giardini e pa- abbandonata. Quindi, mentre si sottolinea l’analogia esaggio, in M (come Marche), n.1/1984, p. 3, anche con la pressoché coeva rifondazione della vicina cit- per l’apporto bibliografico, cfr. IGM. Cfr. G. Raffa- tadina di Cagli, distrutta da una faida ghibellina e pa- elli, La passeggiata di Giuseppe Raffaelli per la città rimenti fatta ricostruire dalle autorità ecclesiastiche d’Urbania con Carlo suo cugino. Cenni sulla città di nella vallata sottostante – probabilmente per evitare Urbania (ms sec. XIX), cur. R. Rossi (Istituto cultura- la riedificazione di inespugnabili piazzeforti nel ne- le e sociale arcidiocesano “Corrado Leonardi”, Colla- ocostituito Stato della Chiesa –, non si condividono na di “Studi e ricerche”, 1), Urbania 2007, pp. 27-28.

50 L’erudito e la concubina Indagini su Pacifica Samperoli

di

Francine Daenens

Non, l’historien n’est pas un juge. Pas même un juge d’instruction Lucien Febvre, Combats pour l’histoire, 1953

Per la sua fama di erudito, Annibale ne faceva parte anche il cardinale Giovan degli Abati Olivieri fu chiamato nel 1750 Francesco Albani, parente della badessa come consulente al tribunale vescovile di Alba Maria Albani, che nel 1749 fu chia- Pesaro, nel corso del processo informati- mata a deporre nel processo. vo per la causa di beatificazione di Sveva Alle spese processuali, pagate in zec- di Montefeltro, seconda moglie di Ales- chini d’oro, pensava il duca Filippo Sforza sandro Sforza, morta monaca nel convento Cesarini che vantava lontani vincoli di pa- del Corpus Christi di Pesaro nel 1478. È un rentela con Sveva di Montefeltro, «sua glo- processo super fama sanctitatis virtutum riosissima congiunta» 3. Dalla badessa del et miraculorum (la fama di santità, virtù Corpus Christi il duca ottenne una reliquia e miracoli), celebrato a quasi tre secoli di della beata. distanza dalla morte, che si concluderà con A quasi vent’anni dal processo di bea- l’approvazione del culto pubblico con de- tificazione di Michelina Metelli, la -terzia creto del 17 luglio 1754 1. A promuovere ria francescana morta nel 1356 – processo nel Settecento il riconoscimento del culto durante il quale era stato chiamato per esa- della beata non era solo l’ordine dei Minori minare il dossier agiografico 4 – Annibale osservanti, era anche il ceto dirigente citta- degli Abati Olivieri venne dunque nuova- dino: famiglie influenti che avevano espres- mente convocato per il processo di una be- so membri del Consiglio, ricchi cittadini ata dell’ordine mendicante, aristocratica e che avevano o avevano avuto figlie, sorelle, della familia francescana dell’Osservanza. zie, cugine vissute come clarisse o che per Da allora, dichiarò alla corte, il suo era stato intercessione della beata avevano ottenuto un ininterrotto lavoro di studioso, «l’esser- in passato guarigioni miracolose, come gli mi passati per le mani quasi tutti gl’ archi- Ondedei, che per anni amministrarono il pa- vi di questa, e di molte altre principali città trimonio del convento nel ruolo di sindaci. della provincia» 5. A Roma, nella Congregazione dei Riti dove L’esperienza accumulata e la passione furono trasmessi gli atti del processo pesa- dello storico lo portarono molti anni dopo a rese sedeva Prospero Colonna, cardinale tornare sulle fonti per la storia di Pesaro nel ponente e protettore dei Minori conventuali Quattrocento e mettere a fuoco, dopo nuove : consanguinei di Sveva per parte di madre, esplorazioni archivistiche, il personaggio i Colonna avrebbero annoverato una santa storico di Pacifica Samperoli, concubina di nella propria famiglia 2. Della congregazio- Alessandro Sforza. Un progetto maturato

51 Studi pesaresi 7.2019 lungo gli anni, già emerso nella sua corri- fettorio almeno una volta l’anno alle con- spondenza del 1754, e documentato prima sorelle. Raccontava di una beata dalla vita nelle Ricerche di San Terenzio martire del coniugale descritta con le tinte più fosche, 1776 e successivamente nella biografia di era la storia di una moglie che non solo su- Alessandro Sforza del 1785. Personaggio biva un marito violento ma si cancellò fino scomodo, la concubina – che cronache e bio- ad accettare che la concubina prendesse il grafie cinque-seicentesche facevano morire suo posto a corte. La leggenda è trasmes- al più presto, picchiata e maltrattata come sa anche negli Annales Minorum di Luke lo fu la moglie, oppure ammalata senza Wadding: dopo che Sveva gli aveva restitui- trovare medico che potesse curarla. Perché to l’anello nuziale, Alessandro Sforza sposò esemplare doveva essere il castigo inflitta- la sua concubina: Utrinque celebrata sunt le, un percorso di espiazione che le venne sponsalia; sed heu! quam dissimilia! Sve- riservato dopo il suo matrimonio con Ales- va cum Christo, Alexandri cum meretrice 8. sandro Sforza. Nella narrazione agiografica Tra la sposa di Cristo e la meretrice, tra noz- Sveva di Montefeltro e Pacifica Samperoli ze spirituali e prostituzione venne costruita sono figure inconciliabili e speculari allo la narrazione agiografica depositata nel tri- stesso tempo: la moglie Sveva, santa per bunale vescovile di Pesaro. antonomasia, e la concubina, per antonoma- Conclusasi la fase locale del processo, sia peccatrice. Dichiarato, nel Seicento, con la causa venne trasmessa a Roma nel 1750 l’irruenza verbale dell’agostiniano Ludovi- per ottenere l’approvazione pontificia. Nel co Zacconi che qualificò in forma recisa il 1750 uscì ad Anversa il terzo volume de- signore di Pesaro «incarognito intorno alla gli Acta Sanctorum con il calendario litur- predetta carogna di Pacifica» 6. gico dei santi del mese di settembre. Sotto Il processo apertosi nella curia vescovi- la data 8 settembre è pubblicata la Vita di le pesarese nel 1748 vede protagonisti un Sveva di Montefeltro, suor Serafina. Autore marito brutale prevaricatore spudorato e è il gesuita fiammingo Jean Périer, uno dei adultero, una moglie innocente avvelenata collaboratori di Jean Bolland 9. Il metodo picchiata affamata calunniata umiliata, e la di ricerca storico e filologico – fondamento seduttrice, bella oltraggiosa, ma non nobile, dell’impresa erudita degli Acta Sanctorum «una certa Pacifica pesarese, donna in vero nel Settecento – portarono i padri bollan- di bassa conditione, ma di suprema bellez- disti a valutare la lenta formazione di una za, e di eccessiva grazia, e al suo nome mol- leggenda. Tramandata nei documenti por- to differente» 7. La leggenda delle nozze di tati nel tribunale vescovile ai quali venne Alessandro Sforza con una concubina dopo riconosciuto lo statuto di prova, la leggenda l’ingresso in monastero della moglie Sve- era stata anche argomento degli interrogato- va, accusata di adulterio, era rimbalzata nei ri dei testimoni, che davano per certo che la secoli da un testo all’altro, dal manoscritto monacazione di Sveva avesse reso nullo il alla stampa e dalla stampa al manoscritto. vincolo matrimoniale. Inappellabile, seve- In questa lunga stratificazione testuale va ro, tagliente, fu il giudizio dei gesuiti : bol- segnalata, per importanza, la Vita della be- late come fabula le nozze con una concubi- ata redatta nel Seicento nello scrittoio del na, impensabili e in palese contrasto con le monastero del Corpus Christi, letta in re- norme del diritto canonico sul matrimonio

52 Francine Daenens L’erudito e la concubina e la separazione dei coniugi. Ma evidente- ni : quadri e affreschi del convento, scultu- mente, non solo i testimoni erano digiuni di re e immagini devozionali di carta. Per la diritto canonico, perche in hoc errant omnes perizia venne convocato Gianandrea degli scriptores, ut patet ex scripturis, quae con- Abati Olivieri, peritus pictor e membro del servantur apud Dominum Joannem Bapti- Consiglio: nel febbraio 1750 visita il mona- stam de Almericis nobilem Pisaurensem 10. stero e la chiesa con la badessa e fa mettere Veniva indicato anche il fondo che andava a verbale anche una dettagliata descrizione esplorato a Pesaro. della credenza detta delle reliquie – oggi al In questo contributo mi propongo, par- Museo civico di Pesaro – e della tavola, or- tendo da una breve analisi delle carte pro- mai perduta, raffigurante l’apparizione della cessuali della beatificazione di Sveva di Vergine a Sveva di Montefeltro, nota come Montefeltro, di definire meglio la prospet- “la Madonnina del Coro”. È un episodio- tiva documentaria aperta da Annibale degli chiave della vita della beata: perché non di Abati Olivieri già immediatamente dopo una monacazione forzata si trattava, era la le obiezioni sollevate a Roma nella Con- dimostrazione che professò i voti libenter, gregazione dei Riti nel 1754. Alla base del esortata dalla Vergine, non fu reclusa con- presente studio sono le numerose e puntuali tro la propria volontà. Con i suoi ex-voto, ricerche condotte negli anni recenti sul ma- la tavola comprovava il pubblico riconosci- trimonio, la conflittualità matrimoniale e il mento di santità e una particolare devozio- concubinato che ci portano a porre nuove ne femminile «avendo a torno sospesi molti domande alle fonti. voti d’argento, gioielli, e fili di perle» 11. Di particolare importanza nel processo romano era anche la raffigurazione della beata con 1. Il dossier agiografico l’aureola e come patrona che regge la città su candelabri d’argento e su un busto, ora Al tribunale vescovile venne portato una conservato nel Museo diocesano 12. importante documentazione manoscritta e a È una beata con una precisa identità mu- stampa. La cancellaria, la monaca custode nicipale. Già nel primo racconto della vita, dell’archivio del convento, consegnò alla apparso nel Libro delle degnità et excellen- curia documenti riguardanti la storia e il tie del ordine della Seraphica Madre delle patrimonio del monastero, biografie e rac- povere donne Sancta Chiara di Assisi re- conti di miracoli. Dagli archivi della città datto nel Quattrocento da frate Mariano da vennero portati i Libri del Consiglio e al- Firenze, è testimoniato il culto della beata cuni protocolli del notaio Sepolcro, furono come protettrice della città e di chi la gover- cercate cronache cittadine custodite negli na: il miracolo dell’apparizione della beata archivi nobiliari. A dimostrare che da tem- sulle mura del monastero dopo la cacciata pi immemorabili la beata Serafina aveva degli Sforza dalle truppe del Valentino nel suscitato una grande devozione non vi era 1500. Pesaro venne risparmiata dai sac- solo un corpus testuale. Tra il materiale pro- cheggi perché suor Serafina e suor Felice batorio da sottoporre al dicastero dei Riti a Meda, fondatrice del monastero, vegliava- Roma per il riconoscimento ufficiale della no sulla città e «pacificamente entrò el duca santità per viam cultus vi erano le immagi- nella città» 13. L’evento prodigioso, investi-

53 Studi pesaresi 7.2019 to di un preciso significato politico e simbo- te e imporre alla comunità delle «carcera- lico si ri-attualizza in un’altra delicata fase te» la stretta clausura. Non sappiamo quale politica, l’espulsione di Francesco Maria fosse l’originaria consistenza dell’archivio della Rovere («al tempo della guerra gran- del Corpus Christi nel Settecento. Vennero de», quando Leone X decise di concedere estratti solo i documenti utili a promuovere l’investitura a Lorenzo di Piero dei Medici). la causa della beatificazione, e nulla trape- Anche allora, sulle mura della città appar- la qui della lunga resistenza delle carcerate vero di notte suor Serafina e Felice Meda, e dell’aspro conflitto che ne seguì. Portate accompagnate da un ignoto milite, ricono- via armata manu et cum violentia le carce- sciuto subito come San Terenzio, patrono rate si appellarono al papa 16. Ma nelle carte della città 14. processuali viene sottolineato solo l’elevata Nel 1691 fu lo stesso Consiglio a deci- condizione sociale delle monache del Cor- dere di dare un contributo per la stampa del- pus Christi – mentre le «mulieres incarcera- la biografia di Sveva: una narrazione in vol- te» provenivano più spesso dagli strati più gare, a stampa, ne avrebbe assicurato la più bassi della popolazione urbana e dai distret- ampia circolazione. A richiederlo in Consi- ti rurali. glio è il confessore delle monache: «venti Merita una particolare attenzione, tra i scudi de’ paoli incirca». Alla ballottazione molti documenti, il manoscritto trascritto ne furono proposti dieci e fu deliberato a fa- nel fascicolo processuale e poi edito negli vore, con l’impegno dell’autore di dedicare atti del processo a Roma nel 1752: è il Di- l’opera alla città 15. scorso spirituale, risalente alla prima metà Nel processo locale venne concesso a del Seicento, attribuito alla penna di suor Annibale degli Abati Olivieri e a Giovan Maura Giordani – una lontana parente, ri- Battista Marini, l’arciprete di Ginestreto corda non senza qualche vezzo di auto- che era un esperto archivista, un termine promozione Annibale degli Abati Olivieri di sessanta giorni plus et minus per con- Giordani; tra le virtù taumaturgiche della segnare una perizia paleografica, codico- beata viene segnalato l’aver risolto una gra- logia e filologica dei documenti portati in vidanza difficile, quella di Maria Giordani tribunale. Tra i documenti vi è la pergame- Ondedei 17. na con sigillo della bolla Super gregem di L’analisi di un racconto agiografico im- Innocenzo VIII del 16 giugno 1485 con la pone allo storico la consapevolezza – ha sot- quale il papa – in seguito ad una supplica tolineato con forza lo storico André Vauchez di Camilla Sforza d’Aragona e delle auto- – che ci si trova di fronte a «un linguaggio rità cittadine – ordinò la soppressione del codificato, fondato su un certo numero di monastero di Santa Chiara per incorporarlo convenzioni, il cui fine principale è meno al Corpus Christi affidandone l’esecuzione quello di raccontare l’esistenza storica di un al vescovo. Questo piccolo monastero, a santo quanto piuttosto di farlo entrare – an- ridosso delle mura nel quartiere S. Arcan- che suo malgrado – in una categoria cui tra- gelo, era separato dal Corpus Christi solo dizionalmente è riservato un posto d’onore da orti urbani e qualche casupola. Era, da nella Chiesa» 18. Il Discorso spirituale è una parte dell’autorità cittadina e signorile la fonte interna al monastero delle clarisse, una volontà di promuovere la riforma osservan- adhortatio alle monache di praticare le virtù

54 Francine Daenens L’erudito e la concubina francescane – povertà volontaria, mortifi- a cucire et altre cose neccessarie alla cor- cazione, umiltà, pazienza nelle avversità, il te usando sempre parlari inriverenti, et «dispregio di se medesima» –, una via del- semplicemente chiamandola sora et non la santità femminile vissuta da una donna di madonna 22. alto rango, suor Serfina. Nella leggenda agiografica di Sveva di È soprattutto nella descrizione delle Montefeltro corre come un leitmotiv il tema scene di violenza coniugale che viene il- della disparità di rango tra la moglie e la lustrato come la beata possiede la virtù in concubina e il contrasto stridente tra la su- grado eroico, la virtù dei santi. Una moglie perbia della donna da poco e l’umiliazione che non solo sopporta l’inferno coniugale della nobildonna che «di padrona era quasi e tace, ma va oltre, nega il comportamento divenuta serva» 19. È la donna aristocratica violento del marito. È forse l’episodio che che si abbassa fino a mendicare il pane a meglio permette di vedere come avviene corte, o a fare di notte segretamente le puli- questa «trasformazione di una biografia zie del convento perché di giorno le sorelle in una Vita di santo» 23. Assume funzione glielo impedivano. Un desiderio di abbas- esemplare tra gli articuli interrogatorii sui sarsi che è già nel racconto di Mariano da quali i testimoni vengono chiamati a depor- Firenze: «con pacifico animo quello che la re. Così nella deposizione della badessa, concubina et serva comandava alla madon- Alba Maria Albani, il 29 gennaio 1749, non na, come ancilla patientissima et con grande solo la moglie «non diede mai occasione carità adempieva» 20. di disturbo al marito», ma «in questa con- Il tema viene ripreso e ampliato ancora giuntura spiccò la virtù della sua pazienza in alcune sequenze del Discorso spirituale, e rassegnazione in grado eroico con nepur narrativamente molto efficaci anche per il ri- lamentarsene, anzi ricoprendo la colpa del corso alla forma dialogica. È, per esempio, marito» 24. l’episodio della concubina che va al conven- Le fonti documentarie sulla monacazio- to indossando l’abito di nozze della moglie: ne di Sveva, accusata dal marito di adul- terio, e i vari momenti di un conflitto che una volta fra le altre [Pacifica] andò vede le famiglie Montefeltro, Colonna e con un altro abito ricchissimo indosso Sforza coinvolte in lunghe trattative sulla col quale si era sposata la Beata e li fece sua sorte prima di arrivare a una soluzione le solite carezze, e la Signora Pacifica patteggiata tra le famiglie – la monacazio- li disse: “o suor Serafina mia vorrei un ne per evitarle la condanna alla decapita- poco della insalatina del vostro orto, e la zione che le fu fatto balenare e salvare l’o- Beata subito la colse con le sue proprie nore delle famiglie – sono oggi note dopo mani e gliela portò a donare” 21. la pubblicazione nella prima metà del ’900 di alcuni documenti del fondo sforzesco Di contro, la sfrontatezza della concubi- dell’archivio di stato di Milano e dell’im- na che umilia la moglie: portante fondo di manoscritti italiani del- la Bibliothèque Nationale di Parigi. Sono et veniva come signora al monasterio documenti che fanno emergere il ruolo a parlare con esso lei, et mandavali panni arbitrale del duca di Milano, al quale fa

55 Studi pesaresi 7.2019 appello anche Vittoria Colonna, zia mater- de auditu a maioribus, i quali parimen- na di Sveva (e vedova Malatesta), che in te l’averanno udito da loro antenati più una lettera del 15 marzo 1457 si dichiara antichi 27. testimone oculare del tentativo del marito di strangolare la moglie 25. È purtroppo in Il tema era già nella prima biografia, pessimo stato di conservazione la lettera quella di Mariano da Firenze : «era di pic- che Alessandro Sforza sempre nel mar- cola statura et non molto bella nel volto». zo 1457 scrive al fratello, rassicurandolo Anche un po’ grassoccia, aggiunge nel Set- sulla sua decisione di «lassare la Mattea», tecento il perito Gianandrea degli Abati Oli- una relazione evidentemente mal tollerata vieri descrivendo lo sportello della creden- anche a Milano perché Mattea Samperoli, za: sembra una matrona decisamente «di una cugina di Pacifica, è una donna coniu- corporatura pingue» 28. Frate Mariano, nel gata. I soli frammenti di questa lettera non Quattrocento, non aveva tuttavia escluso permettono di andare al di là delle conget- un sospetto di maleficio, che la concubina ture, ma evidentemente portare un'adultera avesse fatto ricorso a filtri magici e incan- a corte non poteva essere approvato dal tesimi per ottenere favori sessuali: «la quale duca 26. con qualche factura si credeva havessi facto Che Sveva fosse ingiustamente accusata uscire del sentimento el signore, essendo di di adulterio è tesi ricorrente in tutte le depo- vile gente nata» 29. sizioni dei testimoni. Altrettanto evidente è l’assunto che all’origine della crisi coniuga- le fosse la sua scarsa avvenenza. La colpa, 2. Voci contrastanti (Roma, 1752-1754) l’unica colpa di Sveva: semplicemente era brutta. Nell’ottica del tribunale consentiva Quando, nel luglio 1752, la causa ven- di trattare con indulgenza l’infedeltà co- ne accettata nella Congregazione dei Riti, niugale del marito che si era infatuato della il francescano Giovan Battista Alegiani fu bella Pacifica: chiamato a rispondere alle obiezioni redatte dal promotore della fede (“l’avvocato del … preso poi questi [Alessandro Sfor- diavolo”) sotto forma di Animadversiones. za] per debolezza umana dall’amore Per ottenere l’approvazione pontificia del d’una certa giovane Pesarese chiama- culto di una nuova beata non può esserci ta Pacifica si diede in preda ad una rea nessun dubbio, nessun ostacolo, solo l’as- pratica con quella, e cominciò a perse- soluta certezza che nihil dictum, scriptum guitare l’innocente sua legittima sposa; e aut factum fuerit in contrarium 30. ciò senza che questa gle ne dasse mini- Le contestazioni riguardavano prima di ma causa o occasione, non essendo nella tutto, l’”errore” sollevato dai padri bollan- medesima alcuna benche leggerissima disti nel 1750 riguardo alla dottrina della colpa, in cui potesse rifondere l’odio del Chiesa sulla indissolubilità del matrimonio. marito contro di lei, ma unicamente per- Durante l’interrogatorio dei testimoni era che non era molto avvenente e vistosa stato più volte affermato che la restituzione il che fu ed è publico e notorio publica dell’anello nuziale da parte di Sveva avreb- voce e fama e lo deporanno i testimoni be permesso al marito di sposare la concu-

56 Francine Daenens L’erudito e la concubina bina. Narrato anche nel Discorso spirituale, Veniva ricordata la potestas riconosciuta al l’episodio dimostra quanto fosse alto il va- marito, il suo diritto-dovere di correggere la lore simbolico attribuito al rito dell’inanel- moglie 33. È un tema che viene ampiamen- lamento come gesto costitutivo e prova del te trattato nelle pagine di Cristoforo Cosci, vincolo matrimoniale. Ma fa emergere an- vicario del cardinale Giovan Francesco che quanto la dottrina, sul piano giuridico, Albani, autore di un voluminoso trattato non fosse per i testimoni altrettanto certa e di diritto matrimoniale, che nel 1754 era chiara. membro della congregazione romana. Pur Tra le giuste cause che possono porre ribadendo che le «correzioni maritali» per fine alla convivenza tra marito e moglie (il grave e giusta causa (e l’adulterio della mo- divortium quoad thorum et mensam), la ca- glie lo è) trovano il loro fondamento ultimo nonistica poneva la professione dei voti di nella gerarchia del creato voluta da Dio, il uno dei coniugi: ma l’ingresso in religione, giurista si dilunga sull’autorità maschile nei per mutuo consenso, non è dirimente e vieta confronti della moglie (simile a quella del nuove nozze al coniuge che rimane nel se- capofamiglia nei confronti dei figli e della colo, che deve emettere perpetuum quoque servitù): una percussio moderata, che non continentiae votum, perché la separazione deve mai essere atrox, sive bestialis perché – il divortium – non scioglie il vincolo sa- Dio ha voluto che il marito fosse guberna- cramentale 31. torem sexus inferioris, non praepotentem 34. Unica voce più cauta nel processo da- A causare imbarazzo, durante il processo vanti all’ordinario diocesano era stata quel- apostolico, era anche il ritratto di una moglie la della badessa che dichiarò di avere sì che sembrava proporre un insolito e discuti- «sentito dire» che Alessandro sposò «que- bile modello di vita coniugale, scendendo a sta Pacifica», ma soggiunse che «le persone compromessi, come si poteva leggere nella gravi, e piu informate l’han sempre creduta Vita di Ludovico Zacconi: «O marito mio, una favola, anzi cosa inverisimilissima» 32. dove volete che io vada? Io vi son pur mo- A dare filo da ritorcere ad Alegiani in glie, e mi contento che voi con altre vi cac- questa storia alquanto pasticciata furono ciate tutte le vostre voglie. A che fine mi fate anche le obiezioni riguardo le accuse di in- si tristi portamenti? » 35. Parole mai pronun- fedeltà coniugale fatte dal marito. Ne am- ciate, la secca replica di Alegiani. mise la difficoltà nella sua corrispondenza Già nel 1754, informato dell’iter pro- con Giovan Battista Passeri, vicario del cessuale romano che stava per concluder- vescovo. Il silenzio di Sveva di fronte alle si, Annibale degli Abati Olivieri intraprese accuse – obiettò qualcuno – equivaleva ad le prime ricerche per correggere «errori e una ammissione di colpa. Se era una calun- equivoci» sulla figura di Pacifica Sampe- nia, perché non fu mai ritrattata e perché i roli, così abbondantemente veicolati nelle Colonna non vendicarono la parente diso- leggende agiografiche. Lo si può dedurre norata? Se fosse stata vera, non solo era dalle preoccupate lettere di Giovan Batti- «macchiata la fama» della beata, ma allora sta Alegiani, allora impegnato nella stesura – insinuò qualcuno a Roma – le «persecu- della biografia di Sveva che verrà stampata zioni che il Principe Don Alessandro mos- in latino nell’edizione romana degli atti del se contro la medesima» erano giustificate. 1754. Significava adottare una prospettiva

57 Studi pesaresi 7.2019 documentaria radicalmente diversa, tornare tivo fortemente condizionato dai valori ce- alle fonti, che verranno repertoriate, par- tuali, e fondato sul presupposto teorico del zialmente trascritte oppure riassunte dal di- Rinascimento come secoli corrotti, segnati ligente abbate Vincenzo Zacconi nel 1785: da dissolutezza e deviazione morale, che ha tra le quali alcuni protocolli notarili non più condizionato la storiografia anche nel corso reperibili oggi, documenti dell’archivio del dell’Ottocento (e oltre). convento dei domenicani e dell’archivio Per Annibale degli Abati Olivieri era famigliare degli Ardizi. Il coraggio intellet- anche l’esigenza di riabilitare la figura di tuale dell’erudito rendeva possibile uscire Alessandro Sforza. Ma se assolve il signore dalla dimensione meta-storica della leggen- di Pesaro, la responsabilità della degrada- da agiografica. Non metteva in discussione zione dei costumi ricade sulle donne, astute i risultati della sua perizia in sede proces- e pronte a far bottino. E torna la sinonimia suale, dove era stato chiamato per vagliare tra concubinato e prostituzione: un j’accuse l’autenticità dei documenti portati in tribu- che non risparmia la madre di Alessandro nale; era troppo bruciante però il monito Sforza, nato illegittimo da una relazione degli Acta Sanctorum – monumento di eru- concubinaria del padre con Lucia da Tor- dizione settecentesca – per non accettare la sano, una donna che l’Olivieri, contraria- sfida e uscire da quello che preferì definire mente alla tradizione storiografica, rifiuta «contraddizioni» e «abbagli». A distanza di con decisione di considerare una donna di anni, nelle Memorie di Alessandro Sforza il elevato rango sociale. E dove manca la no- progetto viene così definito : biltà di nascita, il concubinato scivola verso la prostituzione : «né possibile mi sembra, dar qui una vera idea della condizio- per quanto enorme fosse in questo genere ne e della vita di questa Signora, per di- la scostumatezza di quel secolo, che donna struggere ancora tutto quel favoloso, che alcuna nobilmente nata volesse a tal segno ànno in questo proposito posto fuori gli prostituirsi» 37. antichi Scrittori della Vita della B. Sera- Ma su un punto l’Olivieri non abban- fina” 36. dona mai la tesi agiografica: la “conversio- ne” di Alessandro Sforza che rinunciò alla Lentamente, e (molto) prudentemente, concubina, redento dalle assidue preghiere Pacifica Samperoli avrebbe acquisita una della beata. fisionomia meglio delineata: una giovane donna, vedova di un familiare di Alessandro Sforza, qualificata nobile negli atti notarili. 3. L’ascesa sociale di una concubina Premeva all’Olivieri sottolineare soprattut- to un punto : la concubina non era una don- Oggi disponiamo di una documentazio- na di bassa condizione, non una popolana a ne di straordinaria importanza, ricca anche corte. Perché la vicenda non rappresentava di testimonianze autobiografiche, emersa solo il sovvertimento del matrimonio, tur- dai processi matrimoniali davanti ai tribu- bava anche un ordine sociale aristocratico, nali ecclesiastici. Le indagini, ampie e arti- rappresentava una minaccia nei confronti colate, sulle controversie finite in tribunale dei valori patrizi. È un modello interpreta- hanno anche avuto il merito di richiamare

58 Francine Daenens L’erudito e la concubina la necessità di mettere in relazione il qua- dro normativo (diritto canonico e statutario) e la percezione che del concubinato (e del matrimonio) avevano gli uomini e le donne del XV e XVI secolo, e non solo nei ceti più alti; pongono domande nuove intorno ad alcuni punti come le norme sociali in materia di onore (e di onore femminile), la disparità di condizione della concubina, il tacito assenso delle famiglie e le voci della protesta, la portata dei mutamenti introdot- ti dalla normativa tridentina sul matrimo- nio, il concetto di consenso concubinario, concetto quest’ultimo che torna ancora nel parere dato da un giurista pesarese, Simone Preti, in una causa del 1542, nel difendere il diritto all’eredità del figlio nato da una don- J. Blaeu, veduta di Pesaro (part. del quartiere na portata in casa come concubina: è una re- San Nicolò). lazione a iure tollerata quando non vi sono impedimenti al matrimonio 38. nel quartiero S. Arcangelo. È una famiglia Quello che sappiamo di Pacifica figlia imparentata con il cancelliere di corte: Gen- di Alessandro Samperoli deriva prevalen- tile Samperoli aveva sposato una sorella temente dalla memoria degli atti notarili, di Cecchino Taddei, notaio imperiali auc- atti rogati nella sala magna della sua casa toritate e cancelliere di Alessandro Sfor- nel quartiero San Nicolò, sotto la loggia del za, e Cecchino aveva sposato Francesca palazzo, nel convento del Corpus Christi. Bartoli, zia di Pacifica per parte di madre. Nella sua essenzialità e oltre la convenzio- Nella spezieria di Princivalle Samperoli, il nalità del suo formulario, la fonte notarile fa notaio Sepolcro è di casa. Svariati contratti emergere non solo questioni e affari patri- vengono stipulati nella sua apoteca o sot- moniali ma anche legami affettivi, una rete to i portici del Comune dove allestisce il di relazioni, lo spazio d’azione di questa suo banco: pagamento di partite di grano, giovane donna, madre di una bambina, mo- compra-vendite di cavalli e bestiame, stipu- glie di un uomo che figura nel personale di lazioni di contratti agrari. È il mondo degli corte come «cameriere» e che godeva della affari, dove si incontrano i Lantella, i Bal- fiducia del proprio signore. lanti, gli Almerici – un intreccio di relazioni Nei primi anni sessanta del XV secolo, tra parenti e soci in affari che caratterizza in i Samperoli – un gruppo familiare con va- modo significativo un sistema di relazioni e rie ramificazioni (e numerose omonimie) compenetrazione tra la corte e il ceto mer- – godono di una certa visibilità: esprimono cantile della città. membri del Consiglio, ricoprono cariche Una prima evidenza documentaria di do- pubbliche, possiedono terre nella piana irri- nazioni di Alessandro Sforza si ha nel 1461. gua del Foglia, sono mercanti con botteghe È nella supplica di Pacifica, datata 3 marzo

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1461, registrata con rescritto (il fiat ut peti- inaspettato riferimento nei carteggi diplo- tur) nel Liber Reformationum, con la quale matici sforzeschi. Nel 1462 è nel Regno, chiede al signore di Pesaro di confermare durante le campagne militari di Alessandro con atto pubblico il possesso di alcuni beni, Sforza, al comando con Federico d’Urbino terreni e case, di cui mancava l’instrumen- dell’esercito alleato in Abruzzo durante la tum che ne certificava il titolo di possesso, rivolta antiaragonese. L’episodio, noto dai richiesto dagli statuti. Erano evidentemente dispacci che l’oratore del duca di Milano state sollevate contestazioni da parte degli inviava da Napoli nel gennaio di quell’an- ufficiali dell’estimo su alcuni beni ancora no, molto rivela dell’accettazione di una allibrate ai precedenti proprietari 39. Scon- concubina nell’ambiente aristocratico del- tata, la retorica diminutio («essendo don- le corti. Pacifica ottiene da re Ferdinando na non informata de ciò…»), così come è la concessione del castello di Sant’Omero d’obbligo, nel linguaggio dei sudditi, l’at- ad Alessandro Sforza, uno dei castelli de- to formale di modestia e deferenza. Viene gli Acquaviva sul confine del Regno ricon- elencata la sua proprietà urbana nel quar- quistato agli aragonesi. Pur avendo il re tiero S. Nicolò non lontano dalle mura e la chiesto segretezza, il residente sforzesco a porta del Gattolo, proprietà che negli anni Napoli, Antonio da Trezzo, aveva confidato diventerà un agglomerato di case sempre ad Alessandro l’intenzione del re, tacendo più grande. Già nell’aprile 1457, come ere- tuttavia il coinvolgimento di Pacifica. L’ir- de del marito, Pacifica pagava il saldo per ritazione di Alessandro fu immediata. E ne una casa con cortile e pertinenze (servizi, chiese conto a da Trezzo, ricordando le pre- forse un pozzo). È definita vedova di Pier cise istruzioni date ai condottieri e uomini Ludovico Piemontese, che risulta anche d’arme: non vengono chiesti benefici né ac- essere stato appaltatore dei dazi della bec- cettati doni per premiare successi militari. caria 40. Era proprietaria allora di un primo E non può pensare, continua, che l’agente nucleo di terre nel contado, dieci piovine, ducale fosse venuto meno agli ordini rice- nel fondo Tomba che costituivano la sua vuti, sarebbe intollerabile l’aver tradito un dote. Nella supplica del 1461 vengono elen- rapporto di assoluta fedeltà: cati terreni nel fondo Capriglie (Caprili) di cui ignoriamo la reale estensione, ma con Et dico che io molto me meraviglio una chiara struttura di tipo poderale; oltre […] di chi possa essere stato quello tanto la produzione di grano e olivi, avevano una presuntuoso che forsi li sia parso essere prevalente destinazione viticola. E vi sono reputato più savio et da mi più caro ami- terre provenienti dalle confische, appar- co per havere domandato simile cosa a la tenute a Nicolò Samperino di Monteluro, dicta maestà 42. condannato per ribellione nel 1450. Dai pa- trimoni confiscati dopo una fallita congiura Di fronte alla severa disapprovazione di a favore dei Malatesta, avrebbe beneficiato Alessandro – che non ammetteva replica – anche Angelo de Probis d’Atri, il fedele e l’imbarazzo del poco accorto diplomatico fidato cancelliere di Alessandro Sforza 41. era palpabile. Dovette giustificarsi di aver La personalità e lo spazio d’azione di violato la consegna del silenzio e rivelare i Pacifica Samperoli trovano un’inedito e retroscena dell’incidente al duca di Milano:

60 Francine Daenens L’erudito e la concubina

…laudandose [il re] molto de li de- roli è una fonte letteraria, un testo poetico portamenti dello ill. signor Alessandro nel quale, paradossalmente, non viene mai me disse che l’haveva deliberato ex sé apertamente nominata, il Canzoniere di donare ad madona Pacifica, femina del Alessandro Sforza. Perché il nome della dicto signor Alexandro, uno castello in donna amata, «quel dolce e caro nome che Apruzzo chiamato Sanctohomero, alla al ciel sale» 46, è continuamente insinuato/ quale dona voleva mandare la donatione dissimulato nell’artificio retorico del nome, et concessione de dicto loco, che non vo- Pace, il nome trasformato in parola-chiave: leva el prefato signore ne sentesse prima l’alma di pace, l’amorosa pace, sol Pace cosa alcuna 43. bramo. Insistente fino all’ossimoro dell’a- morosa guerra tra amante e amata, oppure Per risolvere l’impasse nella quale si era costruito negli opposti sempre ripetuti di infilato chiede al duca di Milano di interve- pace e guerra, come nel sonetto 120, «Pace nire per convincere il fratello ad accettare gridando, sempre io cercho guerra», e nel per evitare di offendere il re, «o vero con- sonetto 195, «Dhe! pace, oimè, dhe! pace, sentire che essa Pacifica accepti, che so la per Dio, pace / a la mia tanta guerra hormai maiestà del re ne haverà piacere, né mostri mortale». vostra signoria havere inteso che essa Paci- Alessandro Sforza, lettore di Petrarca. Il fica habe cercata questa cosa, perché la pre- motivo dell’innamoramento segue schemi e fata maiestà se doleria de mi» 44. concetti petrarcheschi: l’amore che è vita e Ed è di nuovo una fonte diretta, il Memo- morte, fuoco e ghiaccio: «hor in ghiaccio mi riale per Alessandro Sforza, redatto da Ange- tienne e hor in focho» (son. 365); «Pace al lo de Probis e datato Pesaro 7 febbraio 1464, mio cor che trema a meza state» (son. 190). che rivela un suo ruolo nel collegamento tra Ricorrono molti temi della lirica amorosa, Pesaro e l’esercito in Abruzzo. Nel sistema in- la bellezza, la crudeltà, la ritrosia della don- formativo sforzesco, settore nevralgico delle na amata: «la qual più bramo quanto più mi guerre, così come nel trasferimento di somme sfugge» (son. 120); «E chi mi cela gli occhi, di denaro, Pacifica sembra pienamente coin- und’io conquiso / fui da un sol guardo, sì volta. Canali di comunicazione spesso diffici- che anchor ne moro?» (son. 339). Pochis- li, e che rischiano di incepparsi, un complesso simi, nel Canzoniere, i riferimenti a “dati «itinerario delle poste», che il duca di Milano temporali”: ma non manca il ricordo del affidò, con preciso mandato, al regio tesoriere giorno dell’innamoramento né l’accenno a in Abruzzo, Antonio Gazull. Di questa rete il una lunga storia amorosa: «Sia benedetto cancelliere Angelo de Probis – diplomatico di quanto agli occhi miei / offerse Amore è già lungo corso – conosce tutti i segreti, e contava l’undecimo anno» (son. 358). su Pacifica 45. I riferimenti alla donna amata, così sottilmente suggeriti nel Canzoniere sfor- zesco sono invece espliciti nella raccolta 4. «Si dolcemente m’ha d’amor conquiso» di Rime di Raniero Almerici, nota in un codice autografo oggi conservato nella bi- Il documento forse più sorprendente blioteca classense di Ravenna, del quale della lunga relazione di Pacifica Sampe- l’Olivieri fece eseguire una copia nel Set-

61 Studi pesaresi 7.2019 tecento. Temi e stilemi della lirica amorosa peroli ma anche l’iniziale P, iscritta in due – il motivo della lontananza, l’attesa e il miniature. ritorno dell’amato, l’evocazione della vita Il libro d’ore, l’offiziolo detto anche li- di corte – sono giocati anche sul sapiente briccino di Nostra Donna, è un libro di pre- contrappunto tra la costruzione di un “io ghiere personale, può essere anche di pic- poetico” femminile e la voce dell’autore in colo o piccolissimo formato, è un libro che due sonetti, il primo scritto in nome de la si può tenere in mano. Segue le ricorrenze magnifica M. Pacifica e il secondo, come liturgiche dell’anno e contiene le preghiere recita la didascalia, in laude de la magni- per le diverse ore del giorno, l’officio della fica Madonna Pacifica 47. Il sonetto scritto Vergine, della Croce, dei defunti, il Confi- in nome, “per conto di” Pacifica, che evoca teor, il Miserere, il salterio. Un libro d’ore «amorosi e honesti lacci d’amore», è rivol- miniato è un dono molto costoso. Figura tra to alla tesaurera d’Abruzzo in Teramo, e i libri delle donne aristocratiche, come lo rimanda dunque a un periodo molto preci- erano gli splendidi codici di Bona Sforza e so, i primi anni sessanta, quando Pacifica è di Ippolita Maria Sforza – faceva parte del- nel Regno durante le campagne militari di la sua dote quando nel 1465 sposò Alfonso Alessandro, e entrava in contatto con An- duca di Calabria – e quello, meno noto, re- tonio Gazull, un alto funzionario della mo- alizzato per Dianora d’Urbino, figlia di Isa- narchia aragonese, cui re Ferdinando ave- bella d’Este 50. È un dono che parla di forti va dato ordine di consegnare a Alessandro legami affettivi. Quando, nel 1510, Galeaz- «le provvisioni d’Abruzzo» quando venne zo Sforza cerca sul mercato fiorentino un creato Gran Connestabile del Regno 48. Po- libro d’ore per la moglie, Ginevra Benti- eta di corte, che ebbe la dignità e il tito- voglio, voleva che fosse «di carta pecorina lo di commensale di Alessandro, Raniero bellissima» e «miniato per lei» 51. Almerici poteva anche arrogarsi la libertà Nel codice Albani, notava l’Olivieri, le di definire Pacifica, nel discorso poeticoin preghiere sono redatte al femminile. Non laude, «la tua cara e vera amante». lo sono in tutti i libri d’ore commissionati o appartenuti alle donne. Non è frequen- te, ma esprime da parte del committente il 5. Il codice Albani desiderio di adattarlo alla personalità della destinataria, di “personalizzarlo”. Lo è, per Di un prezioso codice miniato, un libro esempio il libro d’ore appartenuto a Beatri- d’ore, commissionato da Alessandro Sforza ce Visconti, dove nell’orazione Obsecro te per Pacifica, Annibale degli Abati Olivieri si rivolge alla Vergine come michi peccatri- fece una prima descrizione nel 1776. Nel ci indigne famulae tuae Beatrici, e dove, a Settecento era conservato nella biblioteca rendere ancora più marcate le ragioni affet- dei principi Albani di Urbino, ma di que- tive di un dono, vi è anche l’uso del vezzeg- sto codice non c’è più traccia negli indici e giativo Beatricina 52. repertori della dispersa biblioteca Albani 49. Senza esitazioni, l’Olivieri fissava il ter- Era un codice di grande valore, con minia- mine post quem del codice al 1466. Le Me- ture su fondo oro, realizzato per lei: tra le morie del 1785 iscrivono la vita di Alessan- pagine figurava non solo lo stemma Sam- dro Sforza, e la storia di Pacifica Samperoli,

62 Francine Daenens L’erudito e la concubina in un paradigma molto preciso – peccato, da Norcia 53. Dagli atti del 1463, appare pentimento, conversione – e il codice Alba- chiaro il ruolo e la presenza del convento ni viene messo in stretta relazione con la de- delle clarisse nella vita economica della cit- cisione di Alessandro Sforza di rinunciare tà in un settore di vitale importanza come alla concubina. Fu commissionato come un la contrattazione del mercato del grano. Le pressante invito a pentirsi e le preghiere alla transazioni avvengono nel convento, sem- Vergine, ora pro me miserrima peccatrice e pre in presenza di due mercanti-testimoni e culpabili et indigna famula tua, dovevano di Cecchino Taddei, il cancelliere di Ales- ogni giorno ricordarle le sue colpe. Per l’O- sandro, che in qualità di sindico cura l’am- livieri il dono di Alessandro Sforza sarebbe ministrazione del convento in temporalibus diventato un atto di accusa. e i rapporti con la città. Merita essere riferita la dettagliata rela- zione del notaio Sepolcro, che registra ogni 6. la ricchezza del grano particolare significante delle varie fasi del negoziato, tutto quello e solo quello che Da una serie di atti notarili rogati nel ritiene pertinente dal punto di vista giuri- convento del Corpus Christi tra agosto e dico. Da un primo atto, rogato il 3 agosto settembre 1463 risulta in modo evidente 1463, apprendiamo che davanti alla grata come Pacifica avesse assunto in quegli anni del convento, la fenestra ferrata, France- un ruolo del tutto eccezionale per una gio- sco Ammanati, il merciaio (detto anche il vane vedova nella seconda metà del Quat- Francia) che per lunghi anni avrebbe fatto trocento. Sono operazioni finanziarie molto parte del circuito relazionale di Pacifica, de- complesse che riguardano l’intervento pub- posita sulla ruota una somma cospicua, che blico nel mercato del grano. non viene espressa in moneta corrente ma I notai prestano sempre molta attenzio- nella moneta di conto, 800 libbra – in oro ne al linguaggio delle dignità e in particolar e argento –, proveniente dal grano venduto modo ai diversi gradi della gerarchia so- da Pacifica (ex retractu grani ipsius domi- ciale. Già a partire dal titolo onorifico che ne Pacifice venditi). Il Corpus Christi è un le viene qui attribuito, Magnifica Domina, convento di rigida clausura. Ad accettare il sembra molto probabile che l’inziativa fos- denaro in presenza di Cecchino è la bades- se sotto la diretta regia della corte, sebbene sa, riconosciuta dietro il suo velo nero solo non abbiamo elementi incontrovertibili che a sonu vocis et eius loquela. L’ordine di far possano provarlo. depositare il sacculum con l’ingente somma Il 1463 è un anno di crisi alimentare : il era stato dato al luogotenente di Alesssan- raccolto è tardivo, l’annata è negativa con dro Sforza, Nicolò Porcinari dell’Aquila – l’inevitabile corollario dell’impennata dei la massima figura politica-amministrativa prezzi e il rischio di manovre speculative. nella città durante le sue assenze, nelle cui In quei mesi Alessandro è nel Regno, in mani è concentrato anche gran parte della Abruzzo, per chiudere un accordo con Gia- politica del grano. Quell’ordine lo aveva como Piccinino, ma segue da vicino la si- ricevuto per lettere trasmesse da Pacifi- tuazione in città, come appare anche da una ca, vigore litterarum – ut asseruit – sibi lettera del suo fattore, Jacopo Bartolomeo transmissarum per magnificam dominam

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Donazione di Alessandro Sforza a Pacifica Samperoli, 21 aprile 1464, dettaglio della firma con trac- ce di sigillo, Biblioteca Oliveriana, Pesaro, perg. 744.

Pacificam de Samperoli. Il denaro era stato mano a Cecchino Tadei al fratello Guido precedentemente numerato (in moneta co- Samperoli e ai due mercanti, la badessa niata) davanti a testimoni, lungo un sentiero riconsegna il sacculum con la rimanente tra gli orti urbani nel quartiero di San Teren- somma, indicata nuovamente nell’unità zio dove abita il notaio e bollato cum anulo monetaria ponderale, 310 libbra. È il re- aureo: alla somma depositata sulla ruota – siduo da pagare ad Antonio Pardi, oltre la l’oblationem retractus – era stato applicato quota di 200 ducati d’oro già stabilita. Tra prima il prelievo fiscale 54. i testi, il fratello Michele Pardi, uno dei Il nome degli aventi diritto e i principa- più facoltosi mercanti della città e mem- li momenti della contrattazione si concre- bro del Consiglio 56. tizzano nelle settimane successive. Il 13 I limiti posti dalla documentazione la- settembre, sempre su mandato di Pacifica sciano molti interrogativi. Il convento era – litterae consegnate adesso a un membro titolare di un diritto di prelazione? I crediti del Consiglio, Ludovico Almerici, rappre- vantati da Pardi, rientravano nell’ammini- sentante il vescovo – la badessa rimette strazione annonaria e nella gestione delle sulla ruota il sacculum con il denaro de- scorte pubbliche di grano? 57 positato, dal quale uno dei due mercanti ritrae una somma ora dichiarata nel siste- ma monetario in corso, 118 ducati d’oro 7. Le donazioni veneti, 54 fiorini d’oro larghi, 28 fiorini stretti 55. Da quel momento gli atti notarili Pacifica Samperoli divenne una ricca appaiono come come la pagina superstite proprietaria di terre e nei primi anni ses- di un «libro del dare e dell’avere», un qua- santa gestiva, in città, una grande casa nel derno di cassa di non facile ricostruzione. quartiero San Nicolò verso la porta del In tutte le fasi, va notato, la badessa è fi- Gatto. Il 21 aprile 1464, Alessandro Sfor- gura extra contrahentes e non tocca mai za fece apporre il maior sigillo su un atto moneta. Dopo un nuovo intervallo di due di donazione cui i suoi eredi e successori settimane, il 27 settembre 1463, sempre sarebbero rimasti vincolati: un atto pubbli- dopo litterae di Pacifica, adesso date in co, registrato nel Liber Decretorum Con-

64 Francine Daenens L’erudito e la concubina siliorum il 3 maggio 1464, insieme con la appuntando i sospetti sulla zia di Sveva, lettera patente emessa alcuni giorni prima. Violante Colonna, vedova Malatesta. I Stabiliva che su quei beni non sarebbe mai Lantella possedevano, oltre a diversi ter- dovuto gravare alcuna imposizione fisca- reni, anche magazzini vicini al forno nel le (nullo onere reali neque personali) 58. quartiero San Nicolò. Dalla distribuzione Vennero riconfermate le precedenti dona- dei beni incamerati beneficiarono anche il zioni, cui si aggiungevano altre proprietà luogotenente Nicolò Porcinari dell’Aquila e un diritto di regalìa sui mulini nel fondo e i frati del monte San Bartolo che ricevet- Canonici. tero una vigna. Altri beni vennero venduti La sua casa fu accresciuta di un’ala, una a Raniero Almerici e suoi fratelli e al fat- casa cum solario (piano superiore) confi- tore di Alessandro Sforza. nante con la sua, che faceva parte dei beni La forma più sicura e più ambita di ar- confiscati nel marzo di quell’anno a Filippo ricchimento, oltre le terre, sono i mulini. Antonio Gentile e Carlo dall’Antella accu- Rivendicando il diritto signorile sui mulini sati, padre e figli, di cospirazione per rista- – per il lontano accordo firmato nel 1445 bilire la signoria malatestiana in città. Con con Galeazzo Malatesta e Federico di Mon- l’accorpamento anche di una domum par- tefeltro – Alesandro concedeva alla con- vam con un orto a ridosso delle mura cit- cubina una posta molendinorum con due tadine e la vicina torre colombaria, la casa macine da grano lungo il corso d’acqua nel di Pacifica formò quasi un grande isolato, fondo Canonici. Significava rivendicare di- con cortile e torrione sulle mura, vicino al rittti di molitura, inseparabili dal diritto di pubblico granario, granarium nostrum, il sfruttamento delle acque, ignorare o cal- deposito e lo stoccaggio del grano entro la pestare diritti (e introiti) rivendicati dalla cinta muraria. Comunità sul «vallato dei mulini», le acque Alcuni membri della famiglia dall’An- pubbliche. Le contestazioni, probabilmen- tella, banchieri fiorentini, si erano stabili- te, furono immediate. Nelle successive con- ti tra Pesaro e Ancona dopo il ritorno di ferme della donazione i mulini infatti non Cosimo de’ Medici a Firenze nel 1434, figurano più 60. quando figurano nella lista di proscri- Oltre il prestigio della sua residenza in zioni dei partigiani anti-medicei. Filip- città, Pacifica poteva vantare importanti po dell’Antella, il padre, era stato anche rendite agrarie. Pur non disponendo di dati intermediario tra Sigismondo Malatesta precisi sull’estensione e la produttività di e i Medici 59. Alla scoperta della congiu- queste terre – un patrimonio fondiario che ra – un reato politico – la repressione di verrà ampliato negli anni appezzamento Alessandro Sforza fu dura e immediata e dopo appezzamento – si può avere un’i- lascia trasparire quanto alte fossero le pre- dea più precisa della ricchezza fondata sul- occupazioni, e i timori, per l’opposizione la proprietà terriera scorrendo i successivi interna. Qui era un intero gruppo familiare contratti agrari (i contratti ad laborerium) accusato di cospirazione, compresa la ser- stipulati nella sua casa dal notaio Giovan- vitù. Pericoli di congiure e complotti che ni Germani molti anni dopo, tra il 1487 e alcuni anni prima, quando scoppiò la crisi 1495. Definiscono nel dettaglio il rapporto coniugale, vedeva annidarsi anche a corte, contrattuale: le prestazioni d’opera richie-

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8. Alleanze matrimoniali

Nel 1465 il matrimonio della figlia Cate- rina si celebra all’ombra della corte. Il mari- to viene scelto nella nobiltà, in una famiglia strettamente legata agli Sforza: Francesco Almerici, uno dei tre figli di Pier Giorgio Almerici e fratello di Raniero. È il mino- re dei tre fratelli, qualificato come miles, e possiede con loro le terre in comune. Anche la madre Maddalena era una presenza fami- liare a corte, Alessandro Sforza era solito affidarle la piccola Battista durante le sue assenze 62. Il contratto dotale (l’instrumentum do- tis) viene stipulato nella sala magna della casa di Pacifica, il 25 maggio 1465 63. Pre- senziarono come testimoni personaggi di primo piano della corte: il medico di Ales- sandro, magister Gasparino degli Ardizi, il suo cancelliere Leonardo Botta di Cremo- Una pagina di un contratto di Pacifica con i suoi na e Cecchino Tadei. La futura sposa porta contadini. Archivio di Stato di Pesaro, Notarile, una dote che ammonta a mille ducati d’oro notaio Giovanni Germani. veneti, assicurata sul fondo Sant’Angelo del Gattolo, un grande podere con vigneti, oliveti, terre da grano e canneti, beni dotali ste al mezzadro, la fornitura di sementi, gli che verranno amministrati dal marito. Del- attrezzi per “triturare” il grano, il manteni- la costituzione della dote e delle successi- mento di fonti e corsi d’acqua, il trasporto ve transazioni rimane una produzione di del grano in città (e l’onere per la proprie- atti notarili “a catena”, fino alla quietanza taria di pagare il dazio delle porte), la parte definitiva che verrà rogata nel palazzo il del raccolto che spettava ai fittabili (uno dei primo febbraio 1470, nella camera de Hec- quali è chiamato «il pecoraro»). Danno no- tore iuxta cortile magnum 64. A provvedere tizie anche sulla produzione di queste fatto- al corredo della futura sposa, com’è con- rie: terreno arabile destinato a cerealicoltu- suetudine, è la madre che ne fece redigere ra, vigne collinari, allevamento di bestiame, l’inventario alcune settimane dopo. Il guar- pastorizia, orti che producono legumi, frut- daroba venne esposto su un cassone, pro- ta, cipolle, si semina il lino da far macerare, babilmente il cassone nuziale, nella «sala si raccoglie e si produce legname, anche per magna» della sua casa e valutato 190 ducati il forno. Sono le rendite agrarie di una ricca d’oro, in presenza del merciaio Francesco possidente 61. Ammanati 65. Un guardaroba lussuoso, un codice d’abbigliamento che denota il rango

66 Francine Daenens L’erudito e la concubina della sposa nella gerarchia sociale e ostenta portunità politica, dalla “ragion di stato”. il vivere more nobilium: un elenco di stof- C’erano forti malumori in città, tensioni fe di pregio, come lo zetanino velutato che sfociate pubblicamente in proteste, «quam andava molto di moda durante il Quattro- maxime de queste benedicte femene». La cento, per un abito stimato 35 ducati; stof- situazione andava controllata, in città mon- fe di cui vengono precisato la tessitura e i tava un clima che poteva minare l’autorità colori come l’alexandrino (colore indaco) e del signore di Pesaro. Come se non bastas- il cremisi, una costosa sostanza colorante; se, allo scandalo si aggiungeva la denuncia seta ricamata, stoffe d’importazione come il al tribunale del podestà di un reato di stu- panno peonatii fiorentino (un rosso purpu- pro, termine che nel Quattrocento significa reo), accanto a singoli capi d’abbigliamen- un rapporto sessuale illecito. Era evidente to come la camura (la gonna), le maniche, la gravità del caso, non solo il reo aveva e una mantellina che ricopriva il capo e le deflorato una vergine, ma la giovane restò spalle. E poi l’argento per realizzare i fili incinta 67. di broccato. Vestiti come gioielli, un corre- Il frate si premura di informare Ales- do che farà parte dell’eredità della sposa: di sandro del pentimento di Guido Samperoli, quell’elenco Pacifica, molti anni dopo, fece «se vole confessare e comunicare», ma è eseguire una copia quando assunse la tutela evidente la preoccupazione per la pubbli- delle nipoti dopo la morte di Caterina nel ca riprovazione della sua condotta. Non è 1483. escluso che veniva anche mal tollerato la situazione di privilegio o i troppi favoriti- smi verso i Samperoli, ma in mancanza di 9. Lacrime ulteriore documentazione appare difficile una lettura semplice e univoca. Dell’improvviso allontanamento della Il confronto di Pacifica con il confessore concubina rimane un’unica traccia docu- di corte, quasi un racconto in presa diret- mentaria, la narrazione di frate Francesco ta, è anche una rara testimonianza – tenu- d’Ancona, tornato a Pesaro con altri fra- to ovviamento conto dei filtri che contrad- ti del convento di San Giovanni Battista distinguono la narrazione del frate – di un nell’ottobre 1466, con la precisa missione drammatico faccia a faccia tra una peni- di consegnarle una lettera di Alessandro 66. tente, ricalcitrante, e un frate confessore 68. Del suo arrivo a Montelabbate, dove Pacifi- Giunti a Montelabbate, i frati vennero rice- ca si trovava con la madre, e di quanto acca- vuti come ospiti di riguardo e, così riferisce deva in città in quei giorni, il frate fece una frate Francesco, «apparechiocce multo ben dettagliata relazione. da mangiare». Mentre erano a cena, Pacifi- Non è facile mettere insieme i vari tas- ca, nella sua camera, lesse la lettera con la selli dello scandalo scoppiato in città, cui quale Alesandro annunciava la fine di una allude la lettera del frate, che aveva visto lunga relazione, annunciata per lettera e per coinvolto il fratello di Pacifica, Guido Sam- interposta persona, un ordine. peroli, un membro del Consiglio. Non è da È la piena delle emozioni. Un improvvi- escludere che l’allontanamento di Pacifica so abbandono e un legame che non riuscì a fosse dettato anche da considerazioni di op- considerare tutto d’un tratto colpevole. Ma

67 Studi pesaresi 7.2019 quando, «piena di lacrime», cercò di spie- peccato: «lo visibile è la vostra sensualità». gare al frate «alcune suoe rasone», vennero Nello stesso volume di lettere inventaria- sbrigativamente liquidate come «cose fri- to da Annibale degli Abati Olivieri – il ma- vole et da niente», e di più: «le butai per ter- noscritto oliveriano 374,I – si trova un’altra ra». Forse più disperata che contrita, anche lettera a Alessandro Sforza, datata 6 genna- se sicuramente donna di forte carattere, Pa- io 1469, di un non meglio noto fra Pietro cifica si sarebbe ben presto dovuto arrende- da Modena, uno dei frati francescani che in re. Resa docile, il frate riferì doverosamente quegli anni – gli anni del grande cantiere come alcuni giorni più tardi promise di con- della chiesa di San Giovanni Battista – sem- fessarsi : «vole essere mia figliola, et con- bra in stretto rapporto con la corte. Lettera fessarse et comunicare», non nascondendo «che non volli riportare» nelle Memorie di fondati dubbi sulla sincerità di questo pen- Alessandro Sforza, annota l’Olivieri. È pro- timento, che non fosse per «libera voluntà» babilmente l’unico documento sulla sua re- ma «piuttosto per un timore de la V.S.». lazione con Mattea Samperoli, più di dieci Come probabilmente molti laici nel anni dopo quel marzo 1457, quando questa Quattrocento, Pacifica non doveva essere relazione era stata una delle cause della crisi molto informata sulla casistica dei peccati coniugale a corte 69. e il frate dovette istruire la penitente: «me Il frate esordisce ammettendo la sua domandò una confessione». Trovò tuttavia modesta levatura culturale, parla «grossa- anche un pretesto per rimandare il momento mente per non saper parlar meglio». Pur in cui si sarebbe dovuta inginocchiare da- non risparmiando al signore di Pesaro un vanti al confessore. ammonimento, assai blando però, a «servar Nella lettera del frate colpisce l’esplici- li comandamenti» e porre un freno ai suoi to riferimento al consenso dei parenti: «la amori adulterini, non fa appello al conso- madre et li fratelli ne sonno molto contenti lidato corredo di argomentazioni usato dal de questa facenda». Perché il «capitale d’o- confratello alcuni anni prima. Conosce i nore» delle donne è anche nelle mani della suoi limiti. Già in passato – così scrive – famiglia e della componente maschile della frate Francesco prima di morire aveva fat- famiglia, i suoi fratelli. to pressioni sul fratello di Mattea, Sante La cronaca dell’incontro con «la Pacifi- Samperoli, cercando di farla tornare sotto ca» e di quanto succedeva in quei giorni a il tetto coniugale, ma fu tutto inutile: «pare Pesaro, è allegata a un «consiglio spirituale» che non voglia retornar al marito». Irremo- scritto sotto forma di lettera sul tema delle vibile, Mattea, la moglie adultera, non sentì tentazioni, lettera nella quale il frate ricorre ragione. a tutte le risorse retorico-argomentative del- Davanti all’ostinazione della donna, la predicazione mendicante sulla penitenza. fra Pietro tenta una diversa strategia. Evita Farcito di citazioni delle Scritture e di rife- strali polemici, tantomeno evoca un destino rimenti patristici, e richiamando il ruolo del di dannazione, non vuole lo scontro aperto guerriero armato delle virtù teologali, è un con il potente patrono e generoso mecenate lungo discorso sul tema della lotta contro dell’ordine. Né ha l’audacia del frate che a il demonio: Satana, demonio invisibile, ma Milano osò negare l’assoluzione alla concu- anche quel demonio visibile, alla radice del bina del duca Galeazzo Maria Sforza, e fu

68 Francine Daenens L’erudito e la concubina poi subito allontanato dalla corte 70. Unica Alessandro Sforza del 1785, Annibale degli via possibile: toglierle i benefici economici, Abati Olivieri preferì censurare il documen- le provvisioni : to, incompatibile con la tesi profondamente rassicurante della redenzione del signore di ve conforto et exorto et prego che a Pesaro. poco a poco gli levate la decta provisio- ne, et dello andar la da lei ve volgio pre- gare che non, quanto mancho podete per 10. Il matrimonio della concubina non offendere Dio né dar male exemplo ad altri Deciso a rinunciare alla concubina, Alessandro la dava in moglie al medico di provvedendo però al suo mantenimento, corte, magister Gasparino Ardizi. Un mari- dandole «qualche cosa che potesse viver». to scelto per lei nella cerchia più ristretta e Perché Mattea, moglie fedifraga, non solo intima dei gentiluomini di corte, un uomo perdeva la proprietà e la dote, senza la pro- fidato, con cui aveva quotidiani rapporti: tezione di Alessandro Sforza poteva solo legami di fiducia e fedeltà rafforzati ora scivolare in una condizione di emarginazio- con il matrimonio. Sull’officio del medico, ne ed era compromessa anche la reputazio- apprendiamo da una rubrica del ruolo della ne della famiglia. corte urbinate che La lettera del frate ripropone il tema del- la presenza e dell’influenza dei francescani El medico vole essere docto, di bona a corte, che sembra correre sul filo di un de- apparenza, de optimo experimento et licato e a volte difficile equilibrio (negozia- boni costumi, et la sua stantia vole essere to?) tra potere politico e Ordine mendicante in casa si è senza mogliera, se non più quando sono chiamate in causa le trasgres- vicino che sia possibile per haverlo asi- sioni del principe. Severità moralizzatrice stente al signore de dì et di nocte quando e repressione – ma evitando di formulare acadesse 72. giudizi definitivi – attenuata dall’elogio mai abbastanza proclamato del munifico signore Pacifica sposava un uomo che conosce- di Pesaro, garante dell’Osservanza. La ma- va bene, era testimone quando nella sua gnificentia del San Giovanni Battista finirà casa fu stipulato il contratto matrimoniale per attirare alcuni anni dopo severe critiche della figlia Caterina. Gasparino aveva se- da parte del vicario generale dell’ordine: è guito anche Alessandro Sforza nel Regno del 1482 il monito al vicario della Marca di nel 1462, dove era anche finito imprigiona- non permettere di seguire a Ascoli né altro- to durante la battaglia di Troia. In una let- ve «li errori del edificio de Pesaro», il cui tera al duca di Milano Alessandro lo definì sfarzo fu giudicato in stridente contrasto «docto et valente», un uomo che stimava e con la regola della «sancta povertà» 71. del quale non voleva separarsi. Al fratello Di Mattea nulla di più è dato sapere. chiedeva per lui anche una entrata dalla Ca- Non sembra avere lasciato traccia negli mera ducale «aciò che luy habia el modo de archivi, ma non è difficile da capire la re- posserme venire dreto et servirme» 73, ticenza delle fonti. Nella sua biografia di Gli Ardizi, una delle più grandi famiglie

69 Studi pesaresi 7.2019 di Vigevano, ebbero un ruolo importan- anni, per uguale prezzo. Le clarisse diventa- te nella vita politica milanese. Sposando no così beneficiarie di due terreni nel fondo una donna di Pesaro Gasparino, milanese, Caprili, venti piovine di terreno a grano e avrebbe amministrato il suo patrimonio do- un campo di dodici piovine con casa rurale, tale: un patrimonio consistente, perché Pa- possedimenti confinanti con i beni del ve- cifica portava in dote i beni che nel 1464 scovado e del convento di San Francesco. È le furono donati da Alessandro Sforza, do- una cessione fondiaria che assicura al con- nazione confermata al marito il 18 gennaio vento la rendita su quei beni: possono met- 1468. Prima, Gasparino aveva acquisita la tere a frutto le terre, cum pacto di restituire cittadinanza pesarese, divenne civis, e il fi- il fondo al proprietario che può esercitare glio naturale, Giovan Francesco, nato prima un diritto di recupera oppure confermarla del matrimonio, fu legittimato auctoritate ulteriormente 76. Ma Gasparino Ardizi non apostolica da Sisto IV 74. è il proprietario di quel fondo, beni che ap- Scarsissime sono le testimonianze della partengono a Pacifica, beni di cui durante il sua vita di donna sposata, e per la maggior matrimonio è solo amministratore. Per ave- parte si tratta di atti notarili di compraven- re dunque validità giuridica è necessario il dita. Una memoria molto frammentaria consenso della moglie: Pacifica Samperoli, dunque, che tuttavia conferma negli anni i alla fenestra ferrata, ratifica l’atto con giu- rapporti di Pacifica con la corte. ramento sulle Sacre Scritture. Il 5 ottobre 1470 alla grata del convento Nove anni dopo, dopo la morte di Sve- del Corpus Christi vicino all’altare mag- va, Pacifica, allora vedova Ardizi 77, torna giore, Pacifica ratifica un atto stipulato dal in possesso delle terre nel fondo Caprili. marito, un atto che richiede la solennità del Il convento retrocede il fondo il 31 apri- giuramento ad sacra Dei evangelia. Quel le 1479, sono testimoni il luogotenente di giorno è congregato il capitolo: la badessa Costanzo Sforza, il vice-podestà, e San- suor Paulina, la vicaria Margarita milanese te Samperoli, chiamato qui non solo con (probabilmente una delle clarisse arrivate la qualifica di legum doctor in diritto ca- a Pesaro con Felice Meda), suor Serafina e nonico e civile ma anche di preposito del altre ventinove clarisse, di cui il notaio an- vescovo. La retrocessione avviene tuttavia nota i nomi 75. Il documento si apre con un in due distinti momenti. Alcuni giorni pri- preambolo sull’uso del denaro. Al momento ma, il 28 aprile 1479, Pacifica risulta cre- il convento dispone di un piccolo capitale ditrice della corte per un mutuo di grano e (certae pecuniae), ma è un capitale immo- un mutuo deve essere sempre restituito nel bilizzato, improduttivo (sine aliquo introito luogo dove fu concesso, lo ricorda anche et utilitate). È meglio dunque (magis utile ) il giurista Simone Preti. Davanti alla grata convertire il capitale di cui dispongono in del convento, il luogotenente di Costanzo una rendita in natura, comprando terre. Alla Sforza le riconosce un credito di 140 duca- grata del convento Gasparino Ardizi propo- ti occaxione mutui facti de dicti 140 ducati ne di cedere beni rurali per un valore di 500 pro emendo granum tempore carestie 78. Il fiorini d’oro larghi, stipulando un contratto giorno della rescissione del patto novenna- di vendita e retrovendita che prevede la re- le, Pacifica era debitrice del convento: per stituzione del bene al proprietario dopo tre recuperare le terre vendute nove anni prima

70 Francine Daenens L’erudito e la concubina con diritto di recesso, restituì al convento delle tante micro-storie quotidiane che ci solo una prima rata, 308 ducati d’oro conse- riservano i registri notarili. È la storia di gnati in un marsupio che, come il sacculum, Francesca, orfana, nipote di magister Au- ha un significato fiscale 79. Il 30 aprile 1479 gustinus de Lauro 82. È anche un rapporto è debitrice del convento ma è anche credi- di vicinato: il padre aveva un piccolo ap- trice della corte e nello stesso giorno stipula pezzamento di terra, un campo nel fondo un nuovo contratto con il Corpus Christi e Sale vicino al Foglia. Lo zio, cui l’orfana è vende dieci piovine nel fondo Caprili per un affidata, è un mercante-imprenditore della valore di 140 ducati 80. seta con buone disponibilità finanziarie. È Ricerche future potranno approfondi- in grado di mobilitare capitali, con un so- re la funzione economica-finanziaria che cio aveva costituito un’«arte e compagnia», il convento svolge per conto della corte mettendo in comune capitali, telai, un muli- e mettere a fuoco il suo ruolo nel sistema no da seta e i salari per i garzoni 83. France- creditizio durante il governo degli Sforza. sca chiede di essere ammessa fra le terzia- Passa anche attraverso vendite con dirit- rie, ma prima di accettarla i frati vogliono to di recesso e vendite fittizie attraverso le sapere chi si sarebbe accollato le spese del quali venivano conclusi contratti di mutuo, suo mantenimento. usando anche il frumento per i pagamenti, Chi erano le sorores ordinis poeniten- e ricorrendo a complesse tecniche contabili tiae, come venivano definite le terziarie? per non entrare in contrasto con le norme Vedove, orfane, donne anziane e figlie nu- canoniche sull’usura. bili che adottano una forma di vita religio- sa laica: donne sole che entrano nell’ordo penitentiae restando laiche, senza emette- 11. Le penitenti re voti. Dipendono dal convento maschile dell’ordine, ma vivono nelle proprie case e Poco sappiamo della sua lunga vedovan- non rinunciano alla proprietà dei loro beni. za, vissuta nel quartiere di San Nicolò con Anche la madre di Francesca, la cognata di il figlio Giovan Francesco Ardizi, artium et ser Augustino, appartenne al piccolo grup- medicinae doctor come il padre. Continuò po di mulieres religiosae 84. Allo zio mer- ad amministrare le sue terre, e acquistò, cante, che deve aver pensato di sottrarsi al come procuratrice del figlio, anche una casa mantenimento dell’orfana, viene chiesto di di proprietà del monastero del Corpus Chri- assumersi le sue responsabilità. La nipote sti nel quartiere 81. deve continuare a vivere in casa sua e lui Apprendiamo dall’ atto notarile di un deve farsi carico degli alimenti (vitto, al- ricco mercante della seta che nell’estate del loggio, vestiti ) donec vixerit. Se invece, in 1498 è presente in città un piccolo gruppo futuro, ci fosse una casa comune ad uso del- di terziarie domenicane o penitenti, di cui le sorores, allora Francesca doveva portare Pacifica è riconosciuta Priora. L’atto è roga- una dote, in beni o in denaro, e, dato che to in San Domenico, nella cappella di Santa il patrimonio del mercante era abbastanza Maria Maddalena, cappella di iuspatronato florido, venne stabilita in 200 fiorini di cui del notaio Giovanni Germani. il convento di San Domenico, allora, diven- È un documento che ci restituisce una terebbe anche erede.

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Le poche notizie su questa piccola co- propria anima a Dio (la commendatio ani- munità di penitenti sembrano portare al mae ), è nella scelta per la sepoltura e nel- mondo della mercatura; ma nulla sappiamo le disposizioni per i funerali, che seguono di due donne che Pacifica nomina nel suo immediatamente dopo, che si può cogliere testamento alcuni anni dopo: Agnese e Mi- meglio l’immagine che ha voluto lasciare di chelina, probabilmente anche loro sorores, sé. Esequie e sepoltura come momento im- cui si preoccupò di corrispondere una pic- portante di rappresentazione sociale, perché cola somma. definiscono il rango, la ricchezza e il presti- gio sociale della defunta, una rispettata gen- tildonna che indossava l’abito bianco delle 12. La cappella di madonna Pacifica penitenti, nobilis et veneranda mulier soror tertii habitus de Penitentia ordinis Praedi- Il 15 maggio 1493, Pacifica fece testa- catorum. mento nella sagrestia di San Domenico, Chiedeva di essere sepolta nella chie- davanti al priore e otto frati, presenti come sa di San Domenico, dove allora venivano testimoni. Sono assenti i parenti, anche più costruite nuove cappelle, versus plateam. stretti. È un testamento “nuncupativo”, cioè Sono gli anni in cui il San Domenico, già sine scriptis, redatto successivamente in la- allora ricchissimo di cappelle funerarie e tino da Giovanni Germani, notaio di fiducia semplici tombe, ampliato nel 1490 con una del monastero. Istituì il figlio del marito, navata laterale, doveva apparire come un Giovan Francesco Ardizi, come proprio grande cantiere. Di questi lavori riman- erede universale, senza l’obbligo dunque di gono alcune tracce documentarie relative redigere un inventario dei beni che sarebbe- a conti, maestranze e committenti 86. Già ro rimasti – così decise – agli Ardizi. Come due anni più tardi, nel novembre 1495, si esecutore testamentario nominò il priore del trovano pagamenti per un muratore di Gra- convento 85. dara, maestro Gasparino di Bassiano da È stato più volte sotttolineata l’impor- Como, per «la manifactura de la capella tanza della fonte testamento, nella prima età de madonna Pacifica» 87. Doveva essere moderna. Le disposizioni relative alla tra- una cappella «con ornamenti» , e Pacifica smissione patrimoniale seguono le norme voleva fosse intitolata alla Vergine Maria successorie così come stabilite dal diritto della Pace. comune e dagli statuti cittadini. Ma è anche Lascia disposizioni per esequie solen- costruzione di una memoria. In che misura ni, per i quali l’erede dovrà spendere una le scelte addottate da una ricca vedova, ter- somma considerevole, otto ducati d’oro. E ziaria domenicana, possono rivelare al di là alla celebrazione di messe in suffragio su- dei rigidi vincoli sui patrimoni femminili, bito dopo la sua morte – le messe di San affetti o solitudini, libere scelte o pressioni Gregorio – sono destinati ben tre ducati esercitate, contrasti familiari? d’oro. Dispone un cospicuo legato al con- Dopo il consueto preambolo sull’ine- vento, 275 fiorini d’oro, di cui 75 per la vitabilità della morte e l’ora incerta della costruzione della cappella e 200 finalizzati morte – nihil certius morte nihilque incer- all’acquisto di beni stabili per la dotazio- tius suis hora – e la raccomandazione della ne della cappella, afffinché i frati preghino

72 Francine Daenens L’erudito e la concubina quotidianamente per la salute dell’anima tempo, risultano ancora nel codicillo che della defunta. Alla generosità della testatri- poco prima di morire aggiunse al suo te- ce fa immediato riscontro la concretezza dei stamento, il 10 maggio 1501 88. Quasi pre- calcoli su come l’erede dovrà provvedere al vedesse dure contestazioni intorno alle sue pagamento negli anni, ultime volontà – nonostante la tutela giu- Il testamento di Pacifica è un testamento ridica dei frati Predicatori – da parte degli a favore della discendenza del marito. Le esclusi, di coloro che ritenevano i loro di- due nipotine, Maddalena e Cassandra, figlie ritti calpestati, contestazioni che potevano di Caterina e Francesco Almerici, vengono finire anche in risse, stabiliva che chiunque di fatto lasciate fuori dalla successione e si fosse avventato armato di spada o coltelli dall’eredità della nonna materna. Avrebbero contro il legittimo erede (cum armis insur- ricevute solamente un ducato d’oro ciascu- gere aut percutere) perderebbe ipso facto la na. Loro madre, ricorda Pacifica, era stata sua parte di eredità a favore del convento riccamente dotata – e la dote della figlia dei Domenicani. Stabiliva inoltre il futuro equivale alla sua parte di eredità. Contano asse ereditario: in caso di estinzione della di più i legami orizzontali (maschili): per i discendenza maschile legittima degli Ardi- tre figli del fratello, Alessandro Hieronimo zi, i frati Predicatori sarebbero subentrati e Gasparino, dispone un lascito di cento du- nell’eredità. cati d’oro ciascuno. Al fratello Francesco Dopo la sua morte, di scrittura in riscrit- lascia la parte della casa dove vive, una casa tura, la storia di Pacifica Samperoli sarebbe con un cortile verso l’oratorio dell’Annun- diventata una storia di colpe. Nel Seicento, ziata; è una proprietà indivisa con il fratello nella robusta concretezza dell’agostiniano ma vuole che dopo la sua morte pro bono Gallucci, assomigliò a sporcizia da lavare pacis et concordiae fosse murato, con cal- «con l’acqua delle lagrime e il sapone della ce et arena, il passaggio tra le due case. La penitenza». Per Annibale degli Abati Oli- preoccupazione per la casa di San Nicolò, vieri, la concubina era colpevole di essersi e le tensioni familiari forse aggravate col lasciata sedurre.

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Allegati

1. Supplica di Pacifica Samperoli , 3 marzo 1461 89.

Illustrissimo et Excellentissimo Signor mio La V. Ill. S. gia per sua gratia me dede in dono le possessioni e beni infrascripti quali ho pos- seduto e possedo una cum altre mei possessioni l’une e l’altre de le quale non sonno per ancora state poste al mio extimo, el che è advenuto perche essendo donna non informata de ciò non li ho facto altra provision, et dubitando possa incurrere in pena secondo li ordini de questa nostra cita me reduco a la V. Ill. S. quale per amor de Dio prego se digne per sua sollita gratia remettermi omne pena in la quale fosse incursa, o per dicta caxione potesse incurrere, et etiam tutti li tempi transcursi et habilitarmi per modo e via che se intenda mi essere in li termini concessi da li ordini et statuti de Pesaro a potere far conciar lo extimo mio predicto; et per lo simili commettere al officiale de li extimi del Comune de Pesaro che debbia conciare et ordinare el dicto mio extimo et trare le dicte possessioni ut supra a me donate da li extimi ove sonno et ponere al mio provisionibus extimorum statutorum Pisauri et quibuscumque aliis in contrarium facientibus non obstantibus, le quale cose receverò in gratia singularissima da la prelibata V. Ill. S. quale prego nostro Signore Dio augumenti ad vota cum stato felicissimo. La vostra fidelissima et minima serva Pacifica de Alexandro Samperoli supplica a dì 3 de marzo 1461. In prima una possessione cioè vigna terre da grano cum una casa canneti et oliveti et altre sue pertinentie posta in la corte di Pesaro in fundo de Cavriglie, overo altro fundo apresso le strate pu- blice et più altri lati cusi da la parte de sotto de la strada che va a Rimino commo da la parte di sopra che forno già di Fino de Ranolfi da Pesaro. Un’altra possessione cum vigna e terre lavorative et una casa cum le sue pertinentie posta in dicta curte et fundo per lato le vie publice et altri lati che forno già de Nicolo de Samperino da Monteluro. Una casa posta in la città di Pesaro in lo quartiero de Sancto Nicolo apresso le vie publice da tri lati et già pero de Ballante da Pesaro quale fo già de Giohanne de Genaro overo sui heredi. Una casetta cum uno pezo de orto posta in la cita et quartero predicto da lato devanti la via pu- blica e da lato de retro la via che va appresso le mure de Porta del Gatto quale fo già de Giovanni Bombardella.

Fiat ut petitur. Datum Pisauri tertio martii 1461 - de mandato Ill. Domini Alexandri Sfortie Signavi Galeotti auditor Cecchinus Tadei Pisauri cancellarius Comunis Pisauri

2. Alessandro Sforza, Canzoniere 90

XCVIII Ne la stason che il ciel più el mondo honora, nel mille quatrocento cinquansei, nel mese che fa dolci i pensier rei, nei vintun giorni e de le squille a l’hora piantò al mio cor la man che me inamora la gloriosa palma, ove gli omei sento sì dolci e più ch’io non vorrei,

74 Francine Daenens L’erudito e la concubina che con quella convien che ardendo io mora. Le suave parole in lieta vista, vago sembiante pien de honesto amore, un acto singular pien di mercede, l’alma el mio core e la mia vita aquista sempre d’ella parlando e del suo honore, sperando eterna pace a la mia fede.

CCCXXXV Amor mi reconduce a nova impresa, né guarda che io già stancho, lasso e vinto da longa guerra hor mai mi trovo spinto in parte ond’io non spero più diffesa. E quel che hora più temo e più mi pesa sol è che amor m’ha in l’alma sì dipinto la nova donna, che m’ha il cor accinto d’un mortal lazzo con si dolce offesa E del mio antiquo ardente e dolce focho crescer la fiamma ognhor tanto più sento quant’hora al novo trovo men riparo, e el primer sento e amoroso ioco, pien di vergogna e l’altro di pavento che al cor mi fanno un pensier troppo amaro.

CCCLVIII Sia benedecto quanto a gli occhi mei offerse Amore è già l’undecimo anno, il giorno e l’hora al cor che ognhor mi stanno cum quei suspir che un men non ne vorei! Sia benedecto el luoco e quegli omei che dolcemente in l’alma mia facto hanno gran tempo albergo e il pianto e il longo affanno sia benedecto e quanto odiar dovrei. Sia benedecto l’amoroso lume che uscì da gli occhi di costei che a un punto cangiar mi fe’ pensier, vita e costume! Sia benedecto Amor che hor m’ha qui giunto e l’arco e il stral de le dorate piume e l’hore che a vederla io sempre cunto.

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3. Raniero Almerici, Rime 91

In nome de la magnifica M. Pacifica a la tesaurera d’Abruzzo. In Teramo.

Gintil madonna, ch’io sia sta’ smarita senza riposo et il piacere ancora, tu dice il vero, e sempre fia quel ora, trovandom’io lontan da la mia vita. Ora n’è giunto Pace che me invita in feste, giochi, canti stare ognora, poich’io vedo tornata quella aurora che a meza nocte fa luce chiarita. Ogni vil cura et i pensier molesti mi fugon ora, riscaldando il foco che m’arde et arderà né mai fia spento. Né cregia alcun, s’io vivessi anni cento, che mai dal core gli amorosi e honesti lacci d’amore spenga in alcun loco.

Nel tornar del mio Illustrissimo Signore. In laude de la magnifica Madonna Pacifica.

Vedi, signor, con quanta festa e spene t’aspecta la tua cara e vera amante, il viso s’inbelisce ognor davante a tua presenza, mirando il suo bene. Mira quigli occhi che d’amor ti tiene il cor ligato con cathene tante, che già ti fe’ gittar cotanti piante pien di sospiri e d’angosciose pene. Guata la faccia pien d’ogni mercede, contempla il suo parlar tanto benegno da ffar dal ciel descender Giove in terra. Considera sua beltà da capo a piede spechiando sue virtù che il cor t’afferra e poi riguarda chi te ne fe’ degno.

4.Frate Pietro da Modena a Alessandro Sforza. 6 gennaio 1469 92.

Ill.me ac amantissime in Christo Yhesu Pax vobis.

Deponendo da lato overo da canto la dignità della V. Ill. S. parlarò con quella domesticamente, overo per dire più chiaro grossamente per non saper parlar meglio, como sa la S.V. Lo desiderio et la voluntà che io ho del anima vostra che se salve et che non vada nele mane deli vostri et nostri inimici legeremente non ve lo porria narrar con lengua. Recordandome spesso de quelle parole che

76 Francine Daenens L’erudito e la concubina me soleva dire quella benedetta anima de frate Francesco, che me diceva beato io chiamo la nocte et el dì quando sto ala oratione al Segnor Dio, et dicho, o Segnor o Segnor Dio dame l’anima del S. Alixandro, dame l’anima del S. Alixandro et molte lacrime spargeva vegliando bona parte de la nocte ; et io non como lui, ma die noctuque me recordo de pregare Dio per lo S. Alixandro, et anche del altre oratione che io faceva far per quello, quando io stava qua et questo ho dicto non per iactan- tia, ma per dare a la V.S. una certa speranza de la misericordia de Dio avendo alcuni servi di Dio che preghino Dio per vui. Ma se la S.V. vole che queste tale oratione siano acceptate de nante al con- specto dela divina maiesta, che ve sforzate dal canto vostro de servar li comandamenti suoi. Ceterum anche ve prego per l’amore de messer Domenedio che questo che ve dico non la abiate a male et non ve increscha perché como dixi a V.S. parlarò con securtà con vui del facto della Mattea la quale pare che non voglia retornar al marito, della quale me recorda che frate Francesco molte volte fo con lo fratello messer Sancte et non pare che ne potesse haver honore. Niente dimino fate dal canto vostro quello che possete con bono modo che lei voglia far el debito suo, et a questo forscia che se la S.V. li daesse qualche cosa che potesse vivere, forscia che lei se humiliaria a far el devero. Ma che lei havesse continuamente questa provisione la quale ha avuta fino in mo non ne faria niente et così ve conforto et exorto et prego che a poco a poco gli levate la dicta provisione, et dello andar la da lei ve voglio pregare che non, quanto mancho podete per non offendere Dio né dar male exemplo ad altri : sapienti pavea. Ulterius ho inteso che frate Fortunato è stato qui et se lui ha facto qualche proficto in questa vostra cita, molto ne so contento. Ma molto più seria contento, se ha facto qualche utilita al anima vostra. Et de questo ve prego se ve piace me ne scriviate dui versi, quando ve accaderà el modo per mia consolatione, et quam maxime de rectitudine etc. Frate Andrea da Fermo fo qua da noi et molto me salutò da parte della V.S. la quale regratio molto, cognoscendo che me portate amore e carità, non havendola meritata, per omnia benedictus Deus, el quale frate Andrea molto se laudò della V.S. avendo recevuto da quella alcuni subsidii, et quanto più ne avete de quisti frati che ve por- tano amore, tanto più ve adiutarano ad salvar colle loro orationi, perché multiplicatis intercessoribus largiaris. Item amonete, confortate, exortate, reprehendate et castigate vostro figliolo Constantio, quando facesse cosa la quale meretasse correctione et etiam tuta la vostra fameglia, perché vui sete padre et segnore. Finaliter ve recomando li vostri vassali et quam maxime li poveri homini. Secundo l’ordene dela natura più presto dè andare el vechio che el giovene hinc est che prego el mio segnore Yhesu Christo, che se vui andete nante de me, che io me possa retrovare presente, et se io vado nante de vui et habia confidentia con Dio, lo pregarò molto instantemente per vui. Non so como avete facto questa festa de la natività del Signor Yhesu Christo, se ve sete confessato etc. Se io ve fosse apresso ve sollicitaria et non ve lassaria possare nella negligentia. Ma avete el padre frate Christofano, che lui farà et fa meglio dormendo che io vegliando. Siave recommandato el loco che se fornisce, aciò podamo far uno capitulo nante la morte vostra. Ve recomando mastro Giorgio quanto so e posso, el quale ve porta grande affectione, et è molto devoto deli frati. Pregove abiate patientia con mecho de tante parole che io ho decte et occe comesso molti defecti per non saper meglio dire. Ma prego el mio Signor Yhesu Christo, el quale è datore de omne dono optimo et de omne gratia, che ne faccia vedere insemi in vita eterna amen. Non aliud in presentiarum. Valete in domino, cuius potestas et gratia vos conservet per tempora longa.

Ex loco nostro Sanctae Mariae de Varano extra Recanatum, 6 Iannarii 1469 Vester orator frater Petrus de Mutina ordinis minorum minimus propria manu scripsi.

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1 Archivio storico diocesano di Pesaro (d’ora 6 L. Zacconi, Centone di storia della città di Pe- in poi Asdp), Processus originalis super vita, fama saro, BOP, ms. 323, c. 98r. sanctitatis et cultu ab immemorabili prestito b. Se- 7 G.C. Tortorini, Vita della b. Suor Serafina Co- raphinae Sfortiae; la copia trasmessa a Roma è in Ar- lonna, in Istoria di Pesaro, cc. 95v-98v: 96v., BOP, chivio segreto Vaticano, Congr. Riti. Processus 2262; ms. 318; v. anche B. Cimarelli, Delle Croniche sull’autorità dell’ordinario diocesano, v. Benedetto dell’ordine de’ frati minori instituito dal P.S. Fran- XIV, De Servorum Dei Beatificatione et beatorum cesco. Parte quarta, Barezzo Barezzi, Venetia 1621, Canonizatione. La Beatificazione dei Servi di Dio e la pp. 57-75: 58 e A. Gallucci, Vite delle beate Felice, Canonizazione dei Beati, vol. II/1, Città del Vaticano e Serafina monache di S. Chiara nel Corpus Domini 2012, pp. 11-31 (riedizione del trattato del 1747); per di Pesaro, Gregorio Henlino, Ingolstadio 1637, pp. i provvedimenti normativi, v. G. Dalla Torre, San- 143-230: 159. tità ed economia processuale. L’esperienza giuridica 8 L. Waddingus, Annales Minorum, t. XIV, Qua- da Urbano VIII a Benedetto XIV, in G. Zarri (a cura), racchi, 1933 ( 3° ediz.), pp. 241-245: 243. Finzione e santità tra medioevo ed età moderna, Tori- 9 Acta sanctorum. Septembris, t. III, apud Ber- no 1991, pp. 231-263. nardum Albertum Van der Plassche, Antverpiae 1750, 2 Dal 1740 Prospero Colonna, del ramo dei Co- pp. 312-325; l’edizione è consultabile sul sito http:// lonna di Palestrina detti di Sciarra, era maestro da Ca- acta.chadwyck.co.uk; durante il loro viaggio in Italia mera di Benedetto XIV. i bollandisti fecero anche tappa a Pesaro v. M. Bat- 3 G.B. Alegiani, Vita della b. Serafina Feltria tistini, I padri bollandisti Henschenio e Papebrochio Sforza, monaca professa dell’Ordine di S. Chiara nelle Marche nel 1660, in “Atti e Memorie” della r. prima Signora, poi Protettrice della città di Pesaro, Deputazione di st. p. per le Marche, ser. IV, 10 (1933), G. Salomoni, Roma 1754, p. xv, l’autore al lettore; pp. 93-105: 94-95. sui pagamenti e il dono della reliquia, v. le lettere 10 Acta sanctorum cit., p.320, dove Pacifica vie- di Giovan Battista Alegiani al vicario del vescovo ne definita moglie di un medico. Giovan Battista Passeri, Roma, 12 marzo 1749, 11 Asdp, Processus cit., c. 261v; le perizie sono 27 novembre 1751 e 17 giugno 1752 in Biblioteca anche in BOP, ms. 261 e in Pisaurensis Canoniza- oliveriana di Pesaro (d’ora in poi BOP), ms. 261 tionis beatae Seraphinae Sfortiae 1754 cit., Summa- (contiene le minute degli atti del processo); il duca rium, pp. 108-119: 109-110; per la riproduzione del seguiva da vicino l’istruzione del processo come quadro, v. M.R.Valazzi, Pittori e pittura a Pesaro nel dimostra la lista del materiale probatorio da racco- ‘400, in Pesaro tra Medioevo e Rinascimento, “Histo- gliere per «non buttare il tempo e li quatrini che rica Pisauriensia”, II, Venezia 1989, pp. 305-356, fig. occorranno per fare detto processo», s.d. (1748?), 37; i dati del processo porterebbero piuttosto avanti la in Archivio di Stato di Roma, Archivio Sforza Ce- datazione della tavola rispetto a quanto ipotizzato da sarini, parte I, b. 1307. P. Rotondi, Il maestro della beata Serafina, in Scrit- 4 J. Dalarun, La memoria feconda: il culto della ti di storia dell’arte in onore di Mario Salmi, t. II, beata Michelina da Pesaro, in “Studia Oliveriana”, Roma 1962, pp. 163-174. n.s. XI (1991), pp. 41-56; Id., La sainte et la cité. 12 L. Fattori, Iconografia delle beate Felice Micheline de Pesaro (1356) tertiaire franciscaine, Meda e Serafina Sforza, in “Frammenti”, 13 (2009), 1992. pp. 23-100: 82-85 e tav. 26. 5 Asdp, Processus cit., c. 191v; Sacra Rituum 13 Mariano da Firenze o.f.m., Libro delle degni- Congregatione […] Pisaurensis Canonizationis be- tà et excellentie del ordine della Seraphica Madre atae Seraphinae Sfortiae […] Positio super dubio delle povere donne Sancta Chiara di Assisi, cur. G. an sententia lata per Reverendissimum Episcopum Boccali o.f.m., Firenze-S. Maria degli Angeli (PG) Pisaurensem sit confirmanda […], typis Reverendae 1986, pp. 261-270: 269-270; l’anno della morte è Camerae Apostolicae, Romae 1754, int. 2, Summa- indicato come 1480 nel Compendium Chronicarum rium, pp. 186-192: 186. Fratrum Minorum, edito in “Archivum Franciscanum

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Historicum”, 1911, p. 327; la versione latina della d’après les procès de canonisation médiévaux ( XIIIe- Vita di Mariano da Firenze (che si arresta al 1486) è XVe siècles), in Agiografia nell’Occidente cristiano edita in Pisaurensis Canonizationis beatae Seraphi- secoli XIII-XV, Roma, 1980, pp. 31-43: 31. nae Sfortiae 1754 cit., int. 5-Summarium Additionale, 19 Cimarelli, Delle Croniche cit., p. 60; sul per- pp. 8-10 e in Alegiani, Vita della b. Serafina cit., pp. sonaggio di Sveva di Montefeltro fu scritto anche un 222-231. testo teatrale, G.A.Perucci, La Serafina. Rappresen- 14 Pisaurensis Canonizationis beatae Seraphi- tazione spirituale, A. Bariletti, Venezia 1638 (e G. nae Sfortiae 1754 cit., Summarium, pp. 156-157: Salvioni, Macerata 1642), dove Alessandro Sforza si Alegiani, Vita della b. Serafina cit., pp. 106-108; invaghisce di Delia, «bassamente nata», che ottiene il a promuovere il culto di Sveva di Montefeltro nel perdono di Sveva. Seicento furono soprattutto i Della Rovere che scel- 20 Mariano da Firenze, Libro delle degnità cit., gono la chiesa del Corpus Domini per le sepolture p. 265. ducali, v. S. Becker, Dynastische Politik und Legi- 21 Asdp, Processus cit., c. 328r; a stampa in Pi- timationsstrategien der Della Rovere. Potenziale saurensis Canonizationis beatae Seraphinae Sfortiae und Grenzen der Herzöge von Urbino (1508-1631), […], 1752 cit., Summarium, p. 10. Berlin 2015, pp. 353-355; sul ritrovamento della lapi- 22 Mariano da Firenze, Libro delle degnità cit., de nei magazzini dell’Oliveriana, v. A. Brancati, Le p. 265; Pisaurensis Canonizationis beatae Seraphi- strane vicende di una tomba roveresca, Pesaro s.d. nae Sfortiae 1754 cit., Summarium Additionale, p. 11; 15 Ascp, Lib. Cons. (1688-1718), c. 25. Alegiani, Vita della b. Serafinacit., pp. 64-65. 16 La bolla del 16 giugno 1485 è in BOP, perg. 23 Vauchez, Les représentations de la sainteté 880, ed. in Bullarium franciscanum […] tempore ro- cit., p. 34. mani pontificis Innocenti VIII, cur. C. Cenci, n.s., t. 24 Asdp, Processus, cit., c. 482v; a stampa in Pi- IV/1 (1484-1489), Grottaferrata 1989, pp. 151-152; saurensis Canonizationis beatae Seraphinae Sfortiae cfr. M. Sensi, Un regolamento di vita per il mona- […], 1752 cit., Summarium, pp. 17-18; Cimarelli, stero di S. Chiara di Pesaro (sec. XV), in «Mulieres Delle Croniche cit., p. 58 e Gallucci, Vite cit., «non in Ecclesia». Storie di monache e bizzoche, Centro restava di amare il marito, suo persecutore», p. 171. italiano di studi sull’Alto Medioevo, Spoleto 2010, t. 25 G. Franceschini, Di Sveva Montefeltro Sforza 2, pp. 819-844: 831-833; la supplica datata 4 febbra- signora di Pesaro (la beata Serafina), in “Studia Pi- io 1491 è in Archivio Segreto Vaticano, Reg. Suppl. cena”, XXV (1957), pp. 133-157: 142-143; la lettera 931, ff. 133r-v; sul crescente controllo dei monasteri al duca dell’inviato milanese, Michele Cenni da Ri- femminili, v. G. Zarri, Aspetti dello sviluppo degli cavo detto Orfeo, che incontrò Sveva in convento nel ordini religiosi in Italia tra Quattro e Cinquecento. maggio 1457 è edita da F. Madiai, Nuovi documenti Studi e problemi, in Strutture ecclesiastiche in Italia su Sveva di Montefeltro Sforza, in “Le Marche”, IX e in Germania prima della Riforma, cur. P.Prodi e P. (1909), pp. 94-142: 104-118; v. G. Mazzatinti, In- Johanek, Bologna 1984, pp. 207-257. ventario delle carte dell’archivio sforzesco contenute 17 Il Discorso spirituale si legge in Asdp, Pro- nei codd. Ital. 1583-1593 della Biblioteca Naziona- cessus cit., c. 317v ss.; in BOP, ms. 261; a stampa le di Parigi, in “Archivio storico lombardo”, 1883, in Sacra Rituum Congregatione […] Pisaurensis Ca- pp. 222-326; su Agnese Visconti, Beatrice de Tenda nonizationis beatae Seraphinae Sfortiae […] Positio e Parisina Malatesta accusate di adulterio e decapi- super dubio an sit signanda commissio introductionis tate per ordine dei mariti, v. l’importante studio di E. causae […], ex typographia Reverendae Camerae Crouzet-Pavan, J.Cl. Maire Vigueur, Décapitées. Apostolicae, Romae 1752, int. 2, Summarium, pp. Trois femmes dans l’Italie de la Renaissance, Paris 4-11; il miracolo del parto di Maria Giordani Onde- 2018. dei nel 1585 si legge anche in Alegiani, Vita della b. 26 B. Feliciangeli, Sulla monacazione di Sveva Serafina cit., pp. 115 – 116. Montefeltro-Sforza signora di Pesaro, Pistoia 1903, 18 A. Vauchez, Les représentations de la sainteté p. 13 ss.

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27 Asdp, Processus, cit., cc. 43v-44r; gli articu- razione, stupro, ratto, concubinato: la transizione da- li interrogatorii si possono leggere anche in BOP, gli sponsali civili al matrimonio sacramentale dopo il ms. 261. Concilio di Trento e le sue conseguenze, in Famiglie 28 Pisaurensis Canonizationis beatae Seraphi- e poteri in Italia tra medioevo ed età moderna, cur. nae Sfortiae 1754, cit., Summarium, p. 110. A. Bellavitis e I. Chabot, Rome 2009, pp. 51-75; A. 29 Mariano da Firenze, Libro delle degnità cit., Esposito, Adulterio, concubinato, bigamia: testimo- p. 265. nianze dalla normativa statutaria dello Stato ponti- 30 Pisaurensis Canonizationis beatae Seraphi- ficio (secoli XIII-XIV), in Trasgressioni. Seduzione, nae Sfortiae […], 1752 cit., int. 3, Animadversiones, concubinato, adulterio, bigamia (XIV-XVIII secolo), pp. 3-4. cur. S. Seidel Menchi e D. Quaglioni, Bologna 2004, 31 Acta Sanctorum cit., p. 322: nihil annuli re- pp. 21-42; le norme tridentine negano la pratica dei ceptio, nihil legitimae conjugis religiosa professio sacramenti ai concubinari e dispongono la messa al Alexandrum juvisset, ut aliam ducere potuisset; per la bando delle concubine, v. Conciliorum oecumenico- dottrina, v. la voce divortium in F. L. Ferraris, Biblio- rum decreta, ed. G. Alberigo et al., Freiburg im Bre- theca canonica, iuridica moralis, theologica, t. 3, typ. isgau 1962, pp. 734-735; sul concubinato nel clero, v. polyglotta S. C. de Propaganda Fide, Romae 1886, R. Cossar, Clerical “concubines” in Northern Italy pp. 119-135: 122; G. Di Renzo Villata, Separazione during the fourteenth century, in “Journal of Wom- personale dei coniugi (Storia), in Enciclopedia del en’s History”, 23 ( 2011), pp. 111-132. diritto, vol. XLI, Milano 1989, pp. 1350-1376. 39 v. Allegato 1; Statuta civitatis Pisauri, Pisau- 32 Pisaurensis Canonizationis beatae Seraphi- ri, per Baldassarem q. Francisci de Carthularis, 1531, nae Sfortiae […], 1752 cit., Summarium, p. 23. Liber Sextus, c. CVIIr, Ordini & Provisione sopra li 33 G.B. Alegiani a G.B.Passeri, Roma, 22 dicem- estimi: «che non se possa levare alcuna cosa dal esti- bre 1751., in BOP, ms. 261. mo de luno & mettere al estimo de laltro se prima non 34 Chr. Cosci, De separatione tori coniugalis se produce & monstra lo instromento publico del titu- Libri tres, ex typ. Salvioni, Romae 1773, p. 229. Ag- lo: per lo quale se domandara che se leve & ponga». giunge: «non debet uxor perpetuum pati martyrium, La rubrica qui riprende quanto stabilito negli statuti ob contractum namque matrimonii vinculum, mulier del Quattrocento v. BOP, ms. 1166. non efficitur bestia (quae tamen sine causa non verbe- 40 BOP, ms. 376, X, cc. 179r-181r; la casa di ratur) sed socia mariti» (p. 265). Pietro Ballante, fu comprata nel febbraio 1457 con 35 Zacconi, Centone di storia cit., c. 98r.. fideiussione del cancelliere, Cecchino Tadei, e come 36 A. degli Abati Olivieri, Memorie di Alessan- testimone il fattore di Alessandro Sforza. dro Sforza signore di Pesaro, in casa Gavelli, Pesaro 41 Per la condanna e le confische, v. BOP, perg. 1785, p. xciii. 618, 28 marzo 1450 e ms. 376, I, fasc. III, cc. 65- 37 Ibid., pp. v-vi. 67v; G. Soranzo, Un fallito tentativo di Sigismondo 38 S. de Praetis, Consiliorum sive Responsorum Pandolfo Malatesta su Pesaro (giugno 1450), in “Le Liber primus, ex officina Damiani Zenari, Venetiis Marche”, 1911, pp. 221-234. 1575, cc. 245v-247r: 246 r: «Concubina enim intelli- 42 Alessandro Sforza a Antonio da Trezzo, Pa- gitur que sine instrumentis dotalibus coniugali affectu duli, 8 gennaio 1462, lettera allegata alla missiva et unica in domo retinetur […] et indubitato affectu, dell’inviato sforzesco a Francesco Sforza, Napoli, 31 qui praesumitur per cohabitationem […] et cum qua gennaio 1462, v. Dispacci sforzeschi da Napoli, V ( possit contrahi matrimonium, quod permissum intel- 1462-1463), cur. E. Cantone et al., Battipaglia 2009, ligitur, nisi appareat de impedimento»; per un inqua- pp. 43-44; per l’assedio e la resa di Sant’Omero nel dramento del dibattito e un’ampia bibliografia, v. S. 1460, v. E. Nunziante, I primi anni di Ferdinando Seidel Menchi, introduzione al volume Marriage in d’Aragona, in “Archivio Storico per le Province Na- Europe 1400-1800, ed. Seidel Menchi, University of poletane”, XX, 1895, p. 442-516: 465; per un profilo Toronto Press, 2016, pp. 3-30; E. Brambilla, Deflo- di Antonio da Trezzo v. F. Senatore, “Uno mundo de

80 Francine Daenens L’erudito e la concubina carta”. Forme e strutture della diplomazia sforzesca, en Europe entre Moyen Age et Renaissance, ed. A.- Napoli 1998, p. 321 ss. M. Legaré, Turnhout 2007, pp. 295-310: 301. 43 A. da Trezzo al duca, 31 gennaio 1462, Di- 51 Galeazzo a Antonio de Thebaldus, 7 novem- spacci cit. bre 1510, v. Archivio di Stato di Milano, Sforzesco, 44 Ibidem. b. 154. 45 «come V.S. intendera da ley». Il Memoriale 52 C. Zambrelli, Un libro d’ore di Beatrice Vi- (BOP, ms. 374,I, cc. 100r-101v) è edito da Abati Oli- sconti, in “Rivista di storia della Chiesa in Italia”, 45 vieri, Memorie cit., pp. LXXIII-LXXVII. (1991), pp. 509-513. 46 Alessandro Sforza, Canzoniere, cur. L. Coci- 53 17 settembre 1463, v. BOP, ms. 374,I, c. 99r-v. to, Milano 1973, p. 202; v. Atlante dei Canzonieri in 54 Archivio di stato di Pesaro, Notarile (d’ora in volgare del Quattrocento, cur. A. Comboni e T. Zana- poi Aspn), Sepolcro di Borgo San Sepolcro, b. 13, cc. to, Firenze 2017, pp. 547-555 (scheda di S. Fornasie- 59v-60v; ms. 376, X, cc. 143r-v e 155v; Abati Olivie- ro), p. 552; P. Parroni, La cultura letteraria a Pesaro ri, Memorie cit., pp. LXXX-LXXXI; A. Tiraquellus, sotto i Malatesti e gli Sforza, in Pesaro tra Medioevo De utroque retractu municipali et conventionali com- e Rinascimento, cur. M.R.Valazzi, Venezia 1989, pp. mentarii duo, apud Gulielmum Rovillium, Lugduni 203-222: 209. 1584, p. 621 ss.; su carestia e fluttuazioni del prezzo 47 V. allegato 3; nota biografica in Raniero Al- del grano, v. l’analisi di L. Palermo, Sviluppo eco- merici da Pesaro (e altri), Rime (Ravenna, Biblioteca nomico e società preindustriale. Cicli, strutture e Classense, cod. 240), ed. critica a c. di N. Cacace congiunture in Europa dal medioevo alla prima età Saxby, Bologna 2003, pp. xxiv-xxvi; v. la scheda di moderna, Roma 1997, pp. 225-282. P. Vecchi Galli in Atlante dei Canzonieri cit., pp. 19- 55 Aspn. Sepolcro di Borgo San Sepolcro, b. 13, 24; Abati Olivieri, Memorie cit., p. lxxxii. in margine c. 60r; per il “fiorino largo” (il ducato pa- 48 Sul catalano Antonio Gazull, sposato con Or- pale) e il fiorino stretto (fiorino da Camera) v. G.G a- solina Carafa e padre di Trusia, concubina del duca rampi, Saggi di osservazioni sul valore delle antiche di Calabria, v. la nota biografica in Regis Ferdinandi monete pontificie, Pagliarini, Roma 1766, p. 27 e Ap- Primi Instructionum Liber, cur. L. Volpicella, Na- pendici, doc. xxx, pp. 111-114; sulla lira come unità poli 1916, p. 340; copia della pergamena di re Ferdi- di conto, v. C.M. Cipolla, Moneta e civiltà mediter- nando del 2 novembre 1465 in BOP, ms. 475, int. 2; ranea, Venezia 1957, pp. 51-65; per l’elaborazione Abati Olivieri, Memorie cit., pp. lxix e p. lxxxi. teologica degli Ordini mendicanti, v. G. Todeschini, 49 A. degli Abati Olivieri, Di San Terenzio mar- Ricchezza francescana. Dalla povertà volontaria alla tire, in casa Gavelli, Pesaro 1776, pp. 105-109; Id., società di mercato, Bologna 2004; il vescovo Antonio Memorie cit., p. xciii; sulla dispersione della biblio- d’Atri è fratello del cancelliere Angelo de Probis d’A- teca Albani, v. B. Paolini, Il progetto Archivio Albani tri, che sposò una figlia di Ludovico degli Almerici. della Biblioteca Oliveriana. Gli Albani di Urbino e 56 Aspn, Sepolcro di Borgo San Sepolcro, b. 13, le carte conservate all’Imperiale di Pesaro, in “Studi cc. 70v-71r; un mutuo per il grano viene stipulato pesaresi”, 4, 2016, pp. 232-244: 242-243. nella residenza del luogotenente nel quartiero S. Ni- 50 M. Hofmann, Matteo da Milano between Fer- colò dagli abitanti (gli “homines”) di Gradara il 12 rara and Rome. The Hours for Dianora of Urbino, novembre 1463, v. Aspn, not. B. Albertucci, b.4, cc. in Books of Hours Reconsidered, ed. by S. Hindman 107v-108 r. and J. H. Marrow, London-Turnhout 2013, pp. 311- 57 Antonio Pardi è probabilmente da identificare 322; D. Alexandre-Bidon, Prier au féminin? Les con Antonio da Pesaro, incaricato di pagare le compa- livres d’heures des femmes, in Homo religiosus. Au- gnie sforzesche nel Regno, v. Dispacci sforzeschi, V, tour de Jean Delumeau, Paris 1997, pp. 527-534; G. cit., ad indicem e p. 75 nota ; M.N. Covini, L’esercito Toscano, Livres et lectures de deux princesses de la del duca. Organizzazione militare e istituzioni al tem- cour d’Aragon de Naples. Isabella de Chiaramonte e po degli Sforza (1450-1480), Roma 1998, pp. 31-32. Ippolita Maria Sforza, in Livres et lectures de femmes 58 BOP, perg. 744; Ascp, Liber Decretorum Con-

81 Studi pesaresi 7.2019 siliorum (1463-1467), cc. 197v-198r; copia in BOP, vita, c. LIIIIr-v; D. Lombardi, Il reato di stupro tra ms. 389, c. 414r-v; Abati Olivieri, Memorie cit., pp. foro ecclesiastico e foro secolare, in Trasgressioni. LXXXIV-lXXXV. Seduzione, concubinato cit., pp. 351-382. 59 D. Kent, The Rise of the Medici. Faction in 68 Sugli atteggiamenti di confessori e laici, così Florence 1426-1434, Oxford 1978, pp. 171-172 ; per come appaiono nella letteratura penitenziale, si sof- le confische, v. Ascp, Liber Decretorum Consilio- ferma A. Jacobson Schutte, Consiglio spirituale e rum (1463-1467) cit., c. 196r; BOP, ms. 376, II, cc. controllo sociale. Manuali per la confessione stam- 410r-v; Abati Olivieri, Memorie cit., pp. LXIV-LXV; pati in volgare prima della Controriforma, in Città v. le lettere di Alessandro Sforza al duca di Milano, italiane del ‘500 tra Riforma e Controriforma […], 25 maggio e 11 giugno 1462, in Dispacci, V, cit., pp. Lucca 1988, pp. 45-59. 109-114 e pp. 127-130; per le donazioni, v. BOP, ms. 69 v. allegato 4. Mattea figlia di Alessandro di 376, I, cc. 440-441; sui beni dei Lantella, v. S. Eiche, Bernabè Samperoli, membro del Consiglio, è cugina Alessandro Sforza and Pesaro, tesi Phd, Princeton di Pacifica, moglie di Nicolò dal Pozzo, v. France- 1982, Appendix XIV, pp. 457-459. schini, Di Sveva Montefeltro Sforza cit., nota 25. 60 Per i capitoli del 1445, v. A Abati Olivieri, 70 Si tratta del beato Giacomo da Sesto, v. E. Memorie cit., pp. XXV-XXIX; per il regime giuridi- Rossetti, Il volto di Lucia. Un ritratto ritrovato, in co delle acque e dei mulini, il testo di riferimento è “Storia in Martesana”, 4, 2010, pp. 2-22: 5; il decreto Bartoli de Saxoferrato, Tractatus de fluminibus seu tridentino dell’11 novembre 1463 nega la pratica dei Tyberiadis, introduzione G. Astuti, Torino 1964. sacramenti ai concubinari, v. Conciliorum oecumeni- 61 Aspn, G. Germani, 20 novembre 1487 (b. corum decreta cit., pp. 734-735. 325); 2 maggio e 19 maggio 1489 (b. 330); 21 ottobre 71 Petrus de Neapoli, vicario generale a frate 1489 (b. 327); 9 febbraio e 21 ottobre 1493, 27 gen- Raffaele da Urbino, 1 febbraio 1482, ed. in Regestum naio e 6 ottobre 1494 (b. 334); 14 e 17 agosto 1495 observantiae Cismontanae (1464-1488), Grottaferra- (b. 335). ta 1983, pp. 358-361: 360. 62 B. Feliciangeli, Alcuni documenti relati- 72 Ordine et officij de casa de lo illustrissimo si- vi all’adolescenza di Battista e Costanzo Sforza, in gnor duca de Urbino, cur. S. Eiche, Urbino 1999, p. 98. “Giornale storico della letteratura italiana”, XLI, 73 Alessandro Sforza a Francesco Sforza, Capua, 1903, pp. 304-317: 311-312; nel 1468 i tre fratelli 16 dicembre 1462, in Dispacci Sforzeschi, V, cit., pp. vengono nominati conti, v. BOP, ms. 194. 280-284: 284, e ibidem, nota biografica, p. 269; sulla 63 Aspn, Sepolcro di Borgo San Sepolcro, b. 14, famiglia Ardizi, v. E. Roveda, Istituzioni politiche e cc. 331r-332v; Abati Olivieri, Memorie cit., p. xcv. gruppi sociali nel Quattrocento, in Metamorfosi di un 64 Aspn, Sepolcro di Borgo San Sepolcro b.16, borgo. Vigevano in età viscontea-sforzesca, cur. G. cc. 112r-113r; per la serie di atti rogati tra aprile 1466 Chittolini, Milano 1992, pp. 5-107: 95-97; N. Ra- e dicembre 1469, v. Sepolcro b. 15 e b. 16; BOP, ms. poni, Abramo Ardizi, in Dizionario Biografico degli 376, X, cc. 149v-152v e ms. 376,IX, c. 212r. Italiani, 4, Roma 1962, pp. 40-41. 65 Ms. 376, IX, c. 210r; Francesco Ammanati ha 74 BOP, ms. 965, c. 228r e ms. 376, IX, c. 211r; rapporti commerciali con i Rucellai di Firenze; nel Abati Olivieri, Memorie cit., p. XCVI. 1464 interviene in Consiglio per chiedere misure pro- 75 Aspn, Sepolcro di Borgo San Sepolcro, b. 16, tezionistiche anche contro i “forenses” e il dilagare di cc. 166v-169v; parziale trascrizione in BOP, ms. 376, merci a basso prezzo venduti sulla piazza, cfr. BOP, X, cc. 157r-158r. ms. 376,II, c. 418r. 76 v. A. Pertile, Storia del diritto italiano, IV, 66 BOP, ms. 374, I, cc. 102r-103v; Abati Olivie- Storia del diritto privato, Torino 1893, pp. 595-601; ri, Memorie cit., pp. XC-XCIII. su questo tipo di contratto e il problema dell’usura, 67 Per il significato del termine “stupro”, v. Sta- v. B. Caepolla, Tractatus de contractibus emptionum tuta cit., lib. III, rubrica 48, De poena committentis et locationum cum pacto de retrovendendo, in Com- adulterium vel stuprum cum muliere volente vel in- mentaria […], Venetiis 1550, pp. 664-706: 681-682.

82 Francine Daenens L’erudito e la concubina

77 Testamento di Gasparino Ardizzi, 11 agosto 85 BOP, perg. 936. È la copia dal protocollo di 1476, v. BOP, ms. 376, X, cc. 158v-159v. Tra i te- Giovanni Germani, fatta eseguire dal figlio Giovan stimoni, Pandolfo Collenuccio e Almerico Almerici, Battista Germani, su richiesta dell’erede il 26 settem- che aveva sposato Giuditta Samperoli. bre 1510; una parziale trascrizione in BOP, ms. 376, 78 Aspn, Sepolcro Sepolcri, b. 20, c. 90r-v; BOP, IX, cc. 224r-225r. ms. 376, X, cc. 159v-160r; Abati Olivieri, Memorie 86 L. Fontebuoni, A. Frank-Kiss, Il repertorio cit., pp. XCI-XCII; per i contratti di mutuo, v. A. Lat- dell’archivio di S. Domenico di Pesaro, in “Fram- tes, Il diritto commerciale nella legislazione statuta- menti. Quaderni per la ricerca”, V, 2000, pp. 49-148: ria […], Milano 1884, p. 147 ss. 50; la navata fu demolita nel 1788, v. Ch. Pallucchi- 79 Aspn, Sepolcro di Borgo San Sepolcro, b. 16, ni, L’ordine domenicano a Pesaro. Modalità del suo c. 168r ( in margine all’atto del 5 ottobre 1470). insediamento e un’ipotesi ricostruttiva della perduta 80 Aspn, Sepolcro Sepolcri, b. 20, cc. 88v-89v. architettura medievale della chiesa, in “Studi Pesare- 81 BOP, ms. 376,IX, c. 220r-v; Aspn, G. Germa- si”, 3/2015, pp. 7-47 ni, b. 335, 19 dicembre 1495, b. 335. 87 P. Berardi, Arte e artisti a Pesaro. Regesti di 82 Aspn, Gio.B. Sepolcro, b. 843, cc. 85r-86r; documenti di età malatestiana e sforzesca, in “Pesaro BOP, ms. 376,X, c. 159r-v; Abati Olivieri, Memorie città e contà”, 16/2002, p. 131 e p. 266; la cappella cit., p. XCVII. in seguito risulta intitolata alla Vergine del Rosario, 83 31 luglio 1498, v. Aspn, Sepolcro, b. 15, 9 lu- probabilmente divenne sede di una confraternita o glio 1466, c. 84r-v; il padre Hieronimo de Lauro è compagnia del Rosario. tabellione, v. Aspn, G. Domenicucci, 21 aprile 1460, 88 BOP, ms. 376, IX, cc. 246r-247r: se Giovan b. 3. Francesco comprava la parte della casa legata al fra- 84 v. su queste comunità, S. Duval, From the tello, il giusto prezzo andava stimato da terzi. Mulieres Religiosae to the Sorores Clausae. From the 89 Archivio storico comunale di Pesaro medieval diversity of the female religious experiences (d’ora in poi Ascp), Liber Consiliorum seu Re- to the modern universality of the enclosed monastic formationum (1459-1462), cc. 190r-v; copia in life. XIII – XIVthe centuries. The case of the Domini- Biblioteca Oliveriana di Pesaro (d’ora in poi can order in Italy, in Mulieres Religiosae. Shaping BOP), ms. 389, cc. 413r-v. Female Spiritual Authority in the Medieval & Early 90 Edizione a cura di L. Cocito, Milano modern Period, eds. I. De Gier et V. Fraeters, Tur- 1973, pp. 106, 226, 243. nhout 2014, pp. 193-218; sull’importanza dei testa- 91 Raniero Almerici da Pesaro (e altri), Rime menti come fonte per lo studio di questi gruppi di (Ravenna, Biblioteca Classense, cod. 240), ed. penitenti e l’esempio del Corpus Christi di Venezia, critica a c. di N. Cacace Saxby, Bologna 2003, v. Ead., “Done de San Domenego”. Moniales et péni- pp. 11 e 25. Copia in BOP, ms. 195. tentes dominicaines dans la Venise observante de la 92 BOP, ms. 374, I, c. 104r; edito in “Miscel- première moitié du XVe siècle, in “Mélanges de l’E- lanea Francescana”, 1889, pp. 3-4, cur. M. da cole Française de Rome”, 2010, 122-2, pp. 393-410 Civezza. (http://mefrm.revues.org).

83

Studi

Icone devozionali e storia sociale: Sant’Apollinare di Maiolo

di

Girolamo Allegretti

La chiesa rurale di Sant’Apollinare di Maiolo non credo possa rivestire per lo sto- rico dell’arte grande interesse: architettura, affreschi, tele, statue, arredi son cose certa- mente “affettuose”, ma per lo più concepite nel raggio stretto delle campagne e realizza- te senza le scaltrezze di stile e destrezze di esecuzione che contraddistinguono l’opera d’arte. Ma è proprio l’affetto – della gente del luogo che tutto questo ha voluto, lo ha fatto fare (il fecit fieri di tante epigrafi) nel corso di molti secoli, e tuttora ne ha cura ge- losa – a coinvolgere lo storico sociale, per il quale si tratta invece di monumento ricco Chiesa di Sant’Apollinare a Maiolo. di suggestioni e di fascino: un piccolo mu- seo di arte sacra popolare, vicina cioè per soggetti, funzioni, ispirazione e cultura, alla secolo scorso, prima insomma che tutto gente dei contadi 1. cambiasse, la religione pervadeva la vita e «Opere di arte popolare – è stato scritto, le quotidiane occupazioni e preoccupazioni in ispecie a proposito delle tavolette votive, della gente dei campi (e non solo), ne mo- ma credo si possa dire in genere dell’arte dellava le convinzioni e le aspirazioni e i devozionale – con committenze e soggetti bisogni. appartenenti a ceti altrimenti estranei ai cir- Molto più forte era l’immedesimazione cuiti della rappresentazione figurativa», da in quello che viene chiamato l’antico regi- leggere «in funzione della storia del paesag- me, ai tempi cioè in cui questa chiesa venne gio agrario, degli attrezzi da lavoro, della ampliata dopo la frana che aveva inghiotti- vita quotidiana urbana e rurale» 2 e, come to il paese 3, e più forte ancora ai tempi in vedremo, di tanti altri aspetti della mentalità cui il nucleo originario era stato costruito, e della società. cinque secoli prima. La religione doveva tutto all’uomo: proteggerlo contro le cata- In età preindustriale, che nelle nostre strofi naturali, contro la fame, la malattia, la campagne è durata fino agli anni ’50 del violenza – a peste fame et bello –, contro le

87 Studi pesaresi 7.2019 insidie del diavolo e la dannazione eterna; to «HIPP», le prime quattro lettere di Hip- e l’uomo doveva tutto alla religione (nella pòkrates, il padre della medicina 7. Quanto fattispecie di culto cattolico) e, ai suoi mi- a protezione dalla peste, san Sebastiano è nistri – gli “uomini di Dio” –, ossequio illi- generalmente associato a san Rocco 8, al mitato e ampio sostentamento. quale i maiolesi – per maggior sicurezza Di quel mondo, di quella concezione e per non fargli torto, perché i santi della della vita, di quella pratica religiosa la chie- devozione popolare come si sa sono gelo- sa di Sant’Apollinare costituisce testimo- si e vendicativi (né più né meno degli dei nianza e documento davvero non comuni, pagani) – dedicarono una cella nei pressi in quanto – lontana dai centri abitati e per del castello. L’oratorio, eretto fra il 1574 e ciò declassata da chiesa parrocchiale a chie- il 1626 9 (periodo di ricorrenti e devastanti sa semplice senza cura d’anime – fu pre- epidemie) e ampliato nel 1748 10, è tuttora servata dagli adeguamenti liturgici e inap- esistente e fungibile. propriati “restauri” che via via s’imposero Sono i protettori dei suoi beni materiali: nelle chiese regolarmente officiate, e le fu il bestiame con sant’Antonio abate di cui ci perfino risparmiata quella riforma liturgica occuperemo più diffusamente, e le messi scaturita dal concilio Vaticano II che portò con sant’Eurosia, incaricata specialmente in quasi tutte le chiese allo smantellamento di tenere a bada le intemperie e il fulmine, o dell’altar maggiore: una iattura dal punto di al contrario di propiziare la pioggia 11. vista artistico e storico 4. Sicché, a parte i C’è il grande taumaturgo “generalista”, furti e il naturale deterioramento, è restata sant’Antonio da Padova che «dispensa tre- la chiesa di un secolo fa, non molto diversa dici grazie al giorno» 12, e c’è in ben cinque da com’era duecento anni prima, e con trac- versioni la suprema avvocata del genere ce rilevanti di un passato ancor più remoto, umano dispensatrice di tutte le grazie, la fino alla cappella romanica delle origini an- Madonna: regina, immacolata, addolorata, cora ben leggibile, all’esterno, nel portale e della cintura, del rosario. nell’abside 5. C’è da dire che questi diversi aspetti della Madonna (ma credo che la stessa cosa A quel mondo appartiene gran parte dei valga per Luigi Gonzaga, Maria Goretti, santi raffigurati e venerati in questa chieset- Agostino d’Ippona, Francesco d’Assisi, lo ta di campagna. stesso Apollinare titolare della chiesetta, Sono i protettori della sanità fisica per tanti santi insomma da cui ci si aspet- dell’uomo, come san Biagio di cui parlere- ta non tanto le grazie quanto l’esempio o mo; come san Sebastiano universalmente l’insegnamento, e naturalmente per la figu- chiamato a intercedere contro la peste 6 e ra del Salvatore e della sua stessa presenza qui raffigurato nell’affresco del catino ab- nell’Eucaristia) rimandano a un sentimento sidale; come san Ciro, medico alessandrino meno utilitaristico e materiale della religio- martirizzato nel 303 d. C., poco conosciuto ne, a una concezione di salute spirituale, dalle nostre parti: ma a Maiolo anche i bam- alle domande fondamentali del credente: bini sanno che protegge dalle malattie, ogni salvezza eterna e illuminazione del buio, tipo di malattia, e, per chi non lo sapesse, salus e gnosis. E invitano lo storico ad ad- sul taglio del libro che ha in mano è scrit- dentrarsi, anche per i ceti più umili, oltre la

88 Girolamo Allegretti Icone devozionali e storia sociale: Sant’Apollinare di Maiolo scorza dei bisogni materiali: per un contadi- re della sanità della gola, e questa è la sua no, un bracciante, un povero, una messa di massima “specializzazione”. Ma è anche suffragio per un famigliare defunto può es- patrono di tessitori e lanaioli – ha infatti in sere più “necessaria” delle scarpe al figlio; e mano l’attrezzo del cardatore che fu lo stru- quante volte non s’è visto la predica quare- mento del suo martirio –, e non si può esclu- simale svuotare l’osteria e fermare i lavori dere che l’affermarsi del suo culto a Maiolo nei campi e nelle botteghe, sospendere fiere abbia a che fare con la famiglia Battilana, e mercati? Nel far testamento, poveri e ric- una delle notabili del luogo nel ‘500 e forse chi raccomandano a Dio e ai santi (nomi- prima 17. nandoli uno per uno) l’anima: non il corpo, non il bestiame, non le messi: e, benché Ora, il culto di san Biagio è considerato ciò obbedisca a formulari fissi e “colti”, in dagli storici un “fossile guida” per la loca- qualche modo imposti dall’alto, è nondime- lizzazione di un fenomeno che interessò le no significativo di una gerarchia dei valori regioni dell’Adriatico centrale tra la fine del che, almeno in fin di vita, s’intende onorare. ‘300 e gli inizi del ’500, quando si verificò Il santo, insomma, perfino per il rozzo una immigrazione massiccia dai paesi della contadino non è solo il taumaturgo, «mago sponda orientale – soprattutto Schiavonia e guaritore» 13, ma anche l’esempio, il Dalmazia Albania, ma anche Grecia Un- maestro, una speranza di riscatto (almeno gheria e perfino Turchia – verso le nostre nell’aldilà). regioni 18, spopolate prima dall’inurbamen- to massiccio del ‘200, poi dalla lunga crisi La terra di Maiolo aveva due chiese par- del ’300 e definitivamente dalla peste nera rocchiali, San Paolo e San Biagio, prima del 1348-49 19. A causa dello spopolamento che la frana del maggio 1700 le travolgesse le grandi proprietà soprattutto ecclesiasti- e inghiottisse assieme a tutto il paese. La ti- che e feudali andarono incolte, il bosco e il tolarità della prima fu trasferita a Maioletto, sodo tornarono a invadere i suoli che erano le funzioni della seconda vennero assegnate stati conquistati al seminativo e alla vigna alla chiesa di Sant’Apollinare al Poggio 14. fra il 1000 e il 1200. Rimettere a coltura le Se la titolarità della chiesa, una delle più terre inselvatichite, ripopolare le vaste pla- antiche del Montefeltro, restò ufficialmen- ghe deserte, in un parola “ricolonizzare” le te al santo vescovo ravennate (vissuto alla nostre regioni e particolarmente le campa- metà del II secolo 15), in essa la devozione gne, fu una delle grandi epopee della storia popolare per l’ospite nuovo arrivato, san italiana 20: e fu resa possibile – lo stesso Ri- Biagio vescovo e martire (fine III secolo), nascimento fu reso possibile – dall’afflusso subito prevalse ed è tuttora preminente: sua degli immigrati balcanici, uomini soprattut- è la statua che domina nel presbiterio, sua è to naturalmente, ma anche donne bambini la festa più importante dell’anno, il 3 feb- e vecchi, che sbarcavano sulle nostre coste braio, che vede rinnovare la tradizione an- alla spicciolata, a centinaia, spesso malvisti tica della distribuzione del pane benedetto. e osteggiati, ma anche ricercati e comunque San Biagio è un santo taumaturgo, «uno necessari, e nel giro di qualche generazione dei quattordici santi protettori» 16: anzitut- pienamente integrati 21. to, e per tutti, santo laringoiatra, protetto- Per sentirsi meno soli, meno strania-

89 Studi pesaresi 7.2019 ti, meno sradicati, gli immigrati balcanici mantennero vive le loro devozioni e creden- ze, vivo il culto dei loro santi. Il più carat- teristico dei quali fu per santa Veneranda 22, diffuso in molte località italiane (nelle va- rianti Veneranda/Venera/Venerina/Venere) e da noi nelle valli del Foglia 23 e del Me- tauro 24. Non se ne conoscono presenze in Valmarecchia, dove però si ha notizia certa di migrazioni slave penetrate in profondità. Scriveva sul finire del ’500 il conte Tomma- so di Carpegna Scavolino che un suo ante- nato, il conte Ugo di Gattara (1415-1497), «condusse di Schiavonia alcune famiglie ad abitar Gattara, e fece coltivar quel monte che era tutto macchie, con molt’utile [...] per averlo tutto smacchiato» 25. Ebbene, il culto di san Biagio – patro- no della gloriosa repubblica di Ragusa- Absidiola del XII secolo sulla fiancata sinistra Dubrovnik detta anche «repubblica di san della chiesa di Sant’Apollinare. Biagio», uno dei santi più venerati «sia in Oriente sia in Occidente» 26 – è ben radi- cato nella Valmarecchia. Gli erano dedicate abbiano introdotto o incrementato il culto di nel ‘500, oltre alla parrocchiale di Maiolo, san Biagio (che è anche patrono degli agri- quelle di Castiglione, Tausano, Sartiano; coltori 28). Uno di questi gruppi potrebbe oratori o chiese semplici a Tornano, San essere approdato a Maiolo (nelle terre del Donato, ancora Sartiano; altari o cappelle a vescovo?) e aver chiesto, e finito per ottene- Uffogliano e Schigno 27. re, una seconda parrocchia accanto a quella Per la verità il culto di san Biagio, a dif- più antica dedicata a San Paolo. Ciò ben si ferenza di quello di santa Veneranda, non accorderebbe con l’assenza della chiesa di basta da solo a provare la penetrazione sla- San Biagio nelle Rationes decimarum 29 e va in una determinata area, in quanto atte- negli altri documenti anteriori al ’500 30. stato in occidente un po’ ovunque e anche prima di questa vicenda. È tuttavia pensa- Lasciamo ora san Biagio – che ci ha for- bile che – prima del conte Ugo di Gattara nito vari stimoli ma nessuna certezza – alla – abbiano fatto arrivare contadini schiavo- solennità del presbiterio dove troneggia la ni e albanesi gli abati di Montetiffi, Valle, sua statua, e portiamoci in fondo alla chiesa Mont’Ercole, la mensa vescovile, le pievi dove un nicchione, corrispondente all’absi- e le altre maggiori proprietà – ecclesiasti- diola romanica che avevamo notato all’e- che e laiche – inselvatichite dallo spopola- sterno, richiama la nostra attenzione. Lo si mento trecentesco, e che in Valmarecchia dice, non so con qual fondamento, «monu- come altrove gruppi di rancatori balcanici mento nazionale» 31.

90 Girolamo Allegretti Icone devozionali e storia sociale: Sant’Apollinare di Maiolo

Originariamente, sul finire del XII seco- dicata a san Biagio, in quella avrebbero vo- lo, era l’abside di una chiesetta “orientata”: luto l’affresco; ma poi, gli attrezzi di disso- nell’ampliamento settecentesco finì per es- datori-rancatori-scozzatori quali essi erano sere una cappella laterale, e quello che era sarebbero stati l’accetta la vanga il piccone, l’altar maggiore (e quasi certamente unico) non l’aratro, e la loro forza le braccia, non fu sostituito da un’acquasantiera di recupe- i buoi. ro in funzione battesimale. Restava – e resta Si dovrà piuttosto pensare a una catego- – al suo posto nella semicalotta il pregevo- ria – è certo troppo parlare di corporazione le affresco quattrocentesco che sovrastava – di proprietari indigeni relativamente ric- l’altare, raffigurante la Madonna in maestà chi che, in possesso appunto di una coppia con quattro angeli e i santi Apollinare e Se- di buoi e dei costosi strumenti aratori, pre- bastiano. L’affresco va ascritto alla prima stassero a pagamento la loro opera anche metà del ’400, e in qualche modo sembra ri- nelle proprietà dei vicini non attrezzate 37 feribile alla presenza in zona di frescatori di (quelle che ancora due secoli più tardi, tro- talento quali Bitino da Faenza 32 o Antonio viamo indicate come «poderi di vanga» 18). Alberti da Ferrara 33. Citare questi nomi non Non sappiamo se fra le due categorie ci significa ovviamente proporre attribuzioni – fosse rivalità o conflittualità: quello che si non ne avremmo oltretutto la competenza, e può affermare è che i biulchi nel chiedere di ciò si occuperanno, se credono, gli storici a sant’Antonio di proteggere i loro buoi dell’arte 34 – ma solo suggerire un contesto intendevano anche affermare il loro ruolo culturale (gli artisti) e un ambiente sociale nell’economia del tempo e una loro distin- (i committenti). zione nella società locale 39. Nell’affresco maiolese, la figura di Richiama piuttosto il nostro interesse un sant’Antonio è ormai identificabile solo per altro affresco, ormai a malapena leggibile, il campanello che tiene nella mano sinistra situato a lato dell’arco absidale, che subi- appeso a un piccolo giogo a forma di tau. to ci appare come il più antico e venerando Non sembra che ai suoi piedi fosse raffigu- monumento dell’agricoltura feretrana. Rap- rato il porcellino, attributo ormai consueto presenta Sant’Antonio abate, e ai piedi del all’inizio del ’500: nel caso i buoi aratori santo un aratore chino sul perticaro trainato rappresentavano meglio le specifiche esi- da una coppia di buoi, e, sotto, la scritta de- genze dei committenti. dicatoria che il Franciosi cent’anni fa les- se «Li biulchi di questa contrada feno fare. Di sant’Antonio abate nella chiesa c’è 1409» 35, lettura che può conciliarsi con le anche una piccola statua in gesso – ai suoi poche lettere che ormai è possibile ricono- piedi in questo caso un asinello e il canonico scere salvo che per la data, meglio leggibile maiale –, che può risalire alla fine dell’800. come 1509, di circa un secolo dunque po- È noto il costume, più magico che religioso, steriore all’affresco absidale. di iterazione delle immagini: lo si riscontra Chi sono questi biulchi 36? Non gl’ipo- in molte chiese specie in età pretridentina. tetici immigrati balcanici, la cui presenza a Nella pieve vecchia di Ginestreto di Pesaro Maiolo appare probabile ma non provata. I ad esempio, singolare complesso di pitture quali se mai, avendo ormai una chiesa de- parietali votive datate tra 1477 e 1505, sono

91 Studi pesaresi 7.2019 raffigurati Antonio abate 4 volte, Sebastia- costituiscono un modello di storicizzazio- no 4, Ubaldo 3 (e forse 4), Rocco 2, e poi 9 ne della religiosità nelle sue manifestazioni Madonne 40. più popolari, e si rapportano in modo esem- Il sant’Antonio dell’affresco, chiamato plare all’evoluzione della “vita materiale” a preservare da malattie e disgrazie il be- e dell“immaginario collettivo” nella loro stiame dei biulchi che lo «feno fare», solo complessa interazione. Ma, avendone lo con loro ha contratto obbligazione, non scrivente trattato in altra pubblicazione 44, verso altri e successivi aventi interesse. Da economia vuole che ad essa si rinvii il let- ciò, secoli dopo, la necessità per i proprie- tore. tari di bestiame di richiederne la protezione Basterà adesso ricordare come il maiali- con una nuova immagine, da affiancare alla no, che nelle raffigurazioni più antiche era vecchia che restava comunque res propria un vispo diavoletto e alludeva alle «tenta- del santo e dunque ineliminabile anche se zioni di sant’Antonio» 45, divenne dappri- ormai inefficace: si poteva se mai ricoprirla ma il porchetto cinturato degli allevamenti con un velo di calce (come in mille casi si bradi 46 e, a partire dall’800, il grosso ani- fece). male della stalla contadina: compagno inse- Qui a Sant’Apollinare è possibile anche parabile e attributo inconfondibile del san- un’altra spiegazione: l’affresco era ormai to, il quale mai in vita sua aveva posseduto indecifrabile, e la gente delle campagne non questo o altri animali domestici e mai aveva poteva rischiare di affidare la protezione del avuto a che fare con loro. bestiame a un’immagine fuori corso, a un Questa trasformazione passò attraverso santo sbiadito se non addirittura scialbato. l’arrivo del corpo di Antonio in Francia (XI La statuetta, come anche quelle di san sec.), le miracolose guarigioni dal fuoco Luigi Gonzaga e di sant’Eurosia, è fatta in sacro (o fuoco di sant’Antonio), la fonda- Roma dalla ditta «Rosa Zanazio e C. for- zione dell’ordine ospedaliero degli anto- nitore di sua santità» 41. È accertato l’an- niani 47. Istituzione, questa, di immensa dirivieni dei contadini maiolesi per Roma fortuna: la congregazione degli antoniani, nella coltura stagionale delle vigne (mentre prototipo degli ordini ospedalieri, si diffu- dai paesi vicini si andava nelle Maremme se rapidamente in tutto il mondo (a Fabria- intorno a Corneto) 42. Probabilmente a qual- no nel 1313, a Pesaro almeno dal 1381 48). cuno di loro fu dato l’incarico di riportare In moltissimi centri minori e minimi (fra i in patria, magari in più anni, le tre statuette, quali, nel Montefeltro, Antico, Talamello, prodotti seriali di costo ormai abbordabile. Macerata, Borgo Maggiore; nel Pesarese Ginestreto, Monte le Vecchie, Monte Ba- Se la vicenda umana del santo eremita roccio 49) gli ospedali intitolati a sant’An- (morto a 106 anni nel 356 d. C.) interessa tonio furono fondati da confraternite laiche specificamente l’agiografia, l’evoluzione probabilmente aggregate all’ordine. del suo culto, diffusissimo e popolarissimo Poiché il fuoco sacro veniva curato ne- in tutto il mondo cristiano, riveste un pro- gli ospedali con applicazione di lardo suino, fondo interesse anche per la storia socia- gli antoniani impiantarono allevamenti di le 43. Le numerose e notevoli trasformazioni maiali, che – “scudati” dal riconoscimento di tale culto e della figura stessa del santo papale – comunità e signori incentivarono

92 Girolamo Allegretti Icone devozionali e storia sociale: Sant’Apollinare di Maiolo con immunità, legati e privilegi. Quando le può anche “prender partito” con atti pubbli- autorità per esigenze di igiene e decoro si ci di fidelizzazione, il più comune dei quali vedono costrette a proibire la libera circola- è appunto l’affresco votivo. zione dei maiali per le vie delle città, esen- Il santo ritratto nel dipinto (che beninte- tano dai bandi i porci degli antoniani che, so può essere anche su tavola o tela) viene riconoscibili da un campanellino al collo, la vincolato a proteggere – per l’area di sua superstizione popolare considera benedetti competenza: non si può chiedere a sant’A- e intoccabili. Da questo momento il maia- pollonia la protezione della gola, né a san lino è associato stabilmente a sant’Antonio, Biagio quella dei denti – il fedele che lo e col maiale già a metà del ‘300 gli altri “fece fare” 53, nominato nell’epigrafe sotto- animali domestici; e anche il campanellino stante, e naturalmente la famiglia e la casa diviene immancabile attributo dell’icono- del dedicante, con esclusione di ogni altro grafia del santo, assieme al fuoco, alla croce e altra. È una sorta di atto notarile che reca a T, talvolta al libro 50. quasi sempre in escatocollo la data: di so- lito l’anno, come nell’affresco dei biulchi, L’evoluzione, le trasformazioni, gli slit- talvolta anche il mese e il giorno, come in tamenti semantici del culto antoniano toc- uno degli affreschi della pieve vecchia di cano tanti altri aspetti, dal titolo all’abito Ginestreto: Hoc opus fieri [fecit] Iheroni- alle tutele e patronati: ma c’è un punto su mus Francisci MCCCCLXXXV die XXVI cui credo valga la pena di affacciarsi, ed è octobris. S. Laurentius 54, dove, integrando il rituale di «umiliazione dei santi» studiato l’immagine con il nome del santo “votato” per il pieno medioevo 51, ma che è dato ri- a scanso di equivoci, il cliens inchioda il scontrare anche in tempi recenti, e ad esem- patronus alle sue responsabilità. pio proprio in una “leggenda” raccolta nel Montefeltro, messa in rima e in ripulito ita- Il fedele che insulta, il santo vendicati- liano, dove un contadino furibondo per la vo: rapporti molto umani, e anche franca- morte delle sue bestie tira la veneranda bar- mente pagani 55. Contro paganesimo, su- ba del mancato protettore: «Un santo sei da perstizione, magia, mercimonio la teologia poco /– urlava irato – / oppure mi canzoni! condusse una guerra secolare: con risultati / […] / A dirla nuda e cruda / mi sembri un modesti, perché la Chiesa poteva stigma- incantato» 52. tizzare l’errore ma non alienarsi l’errante; A differenza del santo esemplare e del e perché non era in grado, malgrado le insi- santo magistrale, il santo taumaturgo è fra stenti “rogazioni” – a peste fame et bello, a noi, è un santo terreno, umano, colle virtù fulgure et tempestate, a flagello terræmotus, e i vizi degli uomini ma con un superiore ab insidiis diaboli –, di esorcizzare i terrori potere di intercessione: il santo è il patro- dell’uomo per mali e pericoli in questa vita, nus, i fedeli i suoi clientes: e dunque c’è il per minacciati tormenti nell’altra 56; soprat- patronaggio, c’è la raccomandazione, c’è la tutto per non rischiare di consegnare ai culti fidelizzazione, c’è il voto (votivo, votarsi, satanici mai del tutto spenti la gran massa ex-voto), c’è lo scambio. Il de-voto si affi- dei devoti. lia al santo con un atto personale e privato: La riforma tridentina molto s’impegnò un’invocazione, una preghiera, un voto; ma in questa battaglia, e qualche effetto l’otten-

93 Studi pesaresi 7.2019 ne, fra cui la copertura di tutti gli affreschi: vozione popolare può costituire un’impor- come dovette accadere a Ginestreto, dove tante e perfino curiosa e intrigante chiave di a fine ’500 l’arciprete Ludovico Schirpi lettura e interpretazione storica. Chi cerca fece scialbare le pareti affrescate della pie- la storia dell’uomo, e non solo l’infilzata ve vecchia, surrogando le dozzine di santi degli eventi “storici”, la trova anche in una e madonne con l’affresco – teologicamen- remota chiesetta sperduta fra i calanchi; in te corretto – di Cristo redentore e la dedica un romanico che è davvero piccola e povera pietatis ergo 57: per devozione, non più per cosa ma – nel contesto di uno stile costrutti- protezione. Di icone votive dopo di allora vo ampiamente attestato nel Montefeltro 58 non se ne faranno più sui muri delle chiese, – smentisce l’immagine tràdita di un terri- e gli ex-voto che presero a tappezzare i san- torio-selva con sparse radure e capanne per tuari furono sempre «P. G. R.», per grazia il ricovero di uomini appunto selvatici; la ricevuta: ringraziamenti, non più richieste trova in un affresco forse maldestro e oggi ricattatorie. Ma la speranza di poter conta- quasi illeggibile salvo che per il particolare re su “un santo in paradiso” non verrà mai del biulco aratore, che ravviva ai nostri oc- meno neppure quando ai santi non si cre- chi una pratica del resto ancestrale; la trova derà più. perfino nelle statuette in gesso o cartapesta che ragioni dottrinali hanno relegato nelle Il discorso, partito da Sant’Apollinare, soffitte delle nostre chiese, ma che non sa- se n’è allontanato non poco, per tornarvi ora rebbe futile raccogliere, musealizzare, stu- con l’accresciuta consapevolezza che la de- diare.

94 Girolamo Allegretti Icone devozionali e storia sociale: Sant’Apollinare di Maiolo

1 Su religiosità popolare e vita quotidiana: Al- 11 Luca Roveda, Sant’Eurosia di Jaca martire, fonso Di Nola, Antropologia religiosa, Firenze 1974; in www:santiebeati.it; BS, V, 1991, coll. 240-241. Religioni delle classi popolari, sezione monografica 12 BS, II, 1990, coll. 156-190. Cfr. la sequenza di “Quaderni storici” cur. Carlo Ginzburg, 41, 1979 liturgica “Si quæris miracula” (ivi, col. 172). (Premessa giustificativa del curatore alle pp. 393- 13 Aron Ja. Gurevič, Contadini e santi. Problemi 396); Religiosità popolare e vita quotidiana. Le tavo- della cultura popolare nel medioevo, Einaudi, Torino lette votive del territorio jesino-senigalliese, cur. Ser- 1976, p. 83. Il libro in realtà non si occupa di “con- gio Anselmi, Carjesi, Jesi 1980; Roberto Tagliaferri, tadini”, termine che del resto non compare nel titolo Il cristianesimo ‘pagano’ della religiosità popolare, originale, ma appunto di problemi della cultura popo- con ampia prefazione di Aldo Natale Terrin, Mes- lare (e della religione popolare) nel medioevo. Sulla saggero, Padova 2014. “creazione dei santi”: André Vauchez, La santità nel 2 Olimpia Gobbi, La religiosità del quotidiano, in medioevo, il Mulino, Bologna 2009; sulle canoniz- Gli affreschi di Ginestreto, cur. Girolamo Allegret- zazioni in età postridentina: Miguel Gotor, Chiesa ti, “Costellazione”, 3, Comune di Pesaro, V. Veruc- e santità nell’Italia moderna, Laterza, Roma-Bari chio 1989, p. 10. 2004. 3 Francesco V. Lombardi, La tragica frana di 14 Lombardi, La tragica frana di Maiolo cit.; Al- Maiolo dell’anno 1700, in Le frane nella storia del- legretti, La frana di Maiolo cit. la Valmarecchia, Rimini 1991, pp. 39-58; Girolamo 15 BS, II, 1990, coll. 239-248, col. 239. Allegretti, La frana di Maiolo, in “Marca/Marche”, 16 Farmer, Dizionario dei santi cit., p. 61; BS, 11, 2018, pp. 70-86. III, 1990, coll. 157-170. 4 https://it.wikipedia.org/wiki/Riforma_liturgica 17 Un Cesare Battilano da Maiolo è creato notaio (letto 1 ottobre 2018). nel 1565: Francesco V. Lombardi, Notizie storiche, 5 Francesco V. Lombardi (Mille anni di me- in Pietro Franciosi, Eligio Gosti, Majolo, Ghigi, Ri- dioevo, in Il Montefeltro. 2. Ambiente, storia e arte mini 1984, p. 43. nell’alta Valmarecchia, cur. F. V. Lombardi e G. Al- 18 Le Marche e l’Adriatico orientale: economia, legretti, Fondazione Cassa di risparmio di Pesaro, V. società, cultura dal XIII secolo al primo Ottocento, Verucchio 1999, pp. 108-112) data il manufatto alla atti convegno, Dep. st. p. Marche, Ancona 1978; Ita- seconda metà del XII secolo, più o meno coevo al lia felix. Migrazioni slave e albanesi in Occidente. duomo di San Leo (1173) e all’oratorio di Santa Ma- Romagna, Marche, Abruzzi. Secoli XIV e XVI, cur. rina al Mercato di Talamello oggi Novafeltria (1191). Sergio Anselmi, “Proposte e ricerche”, quad. 3, 1988; 6 David Hugh Farmer, Dizionario dei santi, F. Adriatico. Un mare di storia, arte, cultura, cur. Boni- Muzzio ed., Padova 1989, pp. 389-390; Bibliotheca ta Cleri, atti convegno in 2 voll., Maroni ed., Ancona sanctorum (in seguito BS), Città nuova ed., Roma, 2000. XI, 1990, coll. 776-801. 19 Athos Bellettini, La popolazione italiana 7 Filippo Caraffa, San Ciro martire, in dall’inizio dell’era volgare ai giorni nostri. Valuta- www:santiebeati.it; BS, IV, 1987, coll. 2-5. zioni e tendenze, in Storia d’Italia, Einaudi, V, Torino 8 Marco Moroni, La peste e la pietà, in Gli affre- 1973, pp. 505-507. schi di Ginestreto cit., pp. 12-15. 20 Sergio Anselmi, La ricolonizzazione agricola 9 Non ricordato nella visita apostolica: Girolamo dei secoli XIV e XV, in Id. (a cura), Economia e socie- Ragazzoni e la Feretranæ ecclesiæ visitatio. 1574, tà: le Marche tra XV e XX secolo, il Mulino, Bologna cur. Girolamo Allegretti, Studi montefeltrani, “Mo- 1978; Id., L’agricoltura marchigiana nella dimensio- nografie”, 9, 1989, p. 161, mentre è in evidenza nel ne storica, in Id. (a cura), Insediamenti rurali, case noto acquerello di Francesco Mingucci (Biblioteca coloniche, economia del podere nella storia dell’a- Apostolica Vaticana, cod. Barb. Lat. 4434, f. 102). gricoltura marchigiana, Carijesi, Jesi 1981. 10 Archivio Stato Roma, Buon governo, s. II, b. 21 Sergio Anselmi, Dopo la peste, in Santa Ve- 2220. nera degli schiavoni, cur. Girolamo Allegretti,

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“Costellazione”, 5, Comune di Pesaro, V. Verucchio Pasini e Anna Simoncini, cat. mostra, Verucchio 1990, p. 10. 2008. 22 Mario Sensi, Fraternite di Slavi nelle Marche: 33 Operante negli anni ‘40 a Talamello (Bonita il secolo XV, in Italia felix cit., pp. 192-212; Santa Cleri, Antonio Alberti da Ferrara: gli affreschi di Ta- Venera degli schiavoni cit. Per la ‘vita’ della santa: lamello, Studi montefeltrani, “Iconografie”, 4, 2001) Simone dello Spirito Santo, Vita di S. Veneranda det- e a Pennabilli (Pier Giorgio Pasini, Testimonianze ta dal volgo Santa Venera e da’ Greci S. Parasceve, d’arte tra XIV e XX secolo, in Il Montefeltro. 2 cit., Napoli-Pesaro 17032 (1.a ed. Napoli 1642). La santa pp. 309-310). è ignorata nella BS, sia in XII, 1990, sia nelle Appen- 34 L’affresco fu visto da Corrado Ricci nel 1913 dici del 1992 e del 2000. e ripetutamente restaurato, anche con distacco e ri- 23 A Santa Veneranda di Pesaro, Piagnano di collocazione (Franciosi e Gosti, Majolo cit. pp. 33, Sassocorvaro, Mondagano di Maceratafeltria: Santa 63). Alessandro Marchi (‘Viaggio pittorico’ intorno Venera degli schiavoni cit.; Girolamo Allegretti, agli affreschi quattrocenteschi della Val Marecchia, L’apporto delle migrazioni balcaniche alla ricoloniz- in “Studi montefeltrani, 15, 1988, pp. 61-83) ritenne zazione della montagna urbinate (secolo XV), in Un che i due affreschi fossero tutt’uno, datandoli perciò mare di storia cit., p. 211. entrambi al 1409 letto dal Franciosi – al tempo stesso 24 A Fermignano, Urbino, Acqualagna, Coldelce: attribuendoli ad «Anonimo marchigiano-romagnolo, Allegretti, L’apporto cit., pp. 211 sg. fine XV sec.» – e giudicandone «i pregi artistici poco 25 Tommaso di Carpegna Falconieri, Terra e più che modesti» (pp. 74, 76). memoria. I libri di famiglia dei conti di Carpegna- 35 Pietro Franciosi, Majolo antico castello del Scavolino (secoli XVI-XVII), Studi montefeltrani, Montefeltro, San Marino 19232, p. 32. “Fonti”, 1, p. 93. 36 Biolchi ancora oggi nella parlata locale, bifol- 26 BS, III, 1990, col. 159. chi in italiano, dal latino bubulci, conduttori di buoi. 27 Girolamo Ragazzoni cit., passim. Negli elen- 37 Oggi diremmo ‘contoterzisti’. Sulle “societa- chi telefonici 1999 dei sei comuni dell’alta Valmarec- tes plovi”, o “plovine”: Sergio Anselmi, Piovi, perti- chia figuravano, con 157 occorrenze, 10 dei cognomi cari e buoi da lavoro nell’agricoltura marchigiana (fra cui Alban-i/-esi e Turch-i/-ini/-etti) che gli stu- del XV secolo, Urbino 1975, p. 16. Sugli alti prezzi diosi attribuiscono all’emigrazione orientale: Alle- degli attrezzi agricoli in ferro o acciaio cfr. Oreste gretti, L’apporto cit., pp. 208-209. Delucca, L’abitazione riminese nel Quattrocento. 28 BS, III, 1990, col 165. Per tanti casi simili Parte prima. La casa rurale, Patacconi ed., Rimini Gurevič (Contadini e santi cit., p. 67) parla di «cu- 1991, p. 453 e passim; “Storia dei Castelli della Re- mulazione» delle «specializzazioni». pubblica di San Marino” a cura di Girolamo Alle- 29 Rationes decimarum Italiæ nei secoli XIII e gretti, vol. 8, Borgo Maggiore, Ente Cassa di Faeta- XIV. Marchia, cur. Pietro Sella, Città del Vaticano no – Banca di San Marino, V. Verucchio 2016, p. 52. 1950, “Montefeltro”, pp. 193-196. 38 Sulle “possessioni a mano” o “poderi di van- 30 Lombardi, Notizie storiche cit., p. 37-43. ga”: Girolamo Allegretti, Monte Baroccio 1513- 31 Franciosi, Gosti, Majolo cit., pp. 33-34 e 62- 1799, Comune di Mombaroccio, V. Verucchio 1992, 64; per l’esterno romanico v. supra, nota 5. pp. 46-47. Vangare, non arare, era l’abc del contadino 32 Operante a San Marino all’inizio del secolo: ancora nell’800: Pietro Rossi, colono dalla nascita, Anna Tambini, Bitino da Faenza pittore di Rimi- solo attorno ai 25 anni apprese «l’arte da bifolco:/ ni, in “L’arco”, n. n. spec., 2010, pp. 18-21; Elisa calcar l’aratro e far profondo il solco»: Raccolta Guidi, Bitino da Faenza: un pittore tardogotico a di poesie serie e giocose ed altre sacre, con la vita San Marino, in “Studi montefeltrani”, 32, 2010, dell’autore, di Pietro Rossi contadino sammarinese, pp. 153-181; La madonna disvelata. Il restau- Rimini 1854, p. 14, mentre i fratelli minori non erano ro dell’affresco quattrocentesco nella chiesa di di alcuna utilità al podere e alla casa «che piccoli eran Sant’Andrea di Serravalle, a cura di Pier Giorgio essi per vangare» (ivi, p. 13).

96 Girolamo Allegretti Icone devozionali e storia sociale: Sant’Apollinare di Maiolo

39 Nella chiesa di San Sisto (Piandimeleto) si ed. Paoline, Alba 1974-2003, II, pp. 134-141. Gli conserva una tela di arcaico vigore, assegnabile al ospitalieri antoniani li troviamo presto scaduti a fama tardo ‘500 o al primo ‘600, con la figura di sant’An- di avidi profittatori: «questi suoi gaglioffi col T nel tonio in paramenti abbaziali – poiché la chiesa del petto sono quelli che divorano e dannoci a credere luogo apparteneva agli abati del Sasso – circondato queste frasche», così Franco Sacchetti (Novelle, CX), da uomini alle prese con buoi e cavalli, di cui i san- e Dante: “Di questo [cioè di menzogne e false pro- sistesi, popolo di allevatori, chiedono la protezione messe] ingrassa il porco sant’Antonio / e altri assai al santo. che sono ancor più porci” (Paradiso, XXIX, 124-5). 40 Gli affreschi di Ginestreto cit., pp. 26-27. Suc- Il lungo declino dell’ordine antoniano si concluse nel cessivamente alla nostra pubblicazione il pregevole 1775 con l’incorporazione nell’ordine dei cavalieri complesso è stato sottoposto a restauro per iniziativa di Malta. Esistette anche un ordine cavalleresco di e liberalità della Fondazione Scavolini, cui si deve Sant’Antonio, fondato dai duchi bavaresi di Olanda- anche la pubblicazione degli esiti dell’intervento: Il Horinaut, anch’esso peraltro contraddistinto da croce restauro degli affreschi nella Pieve vecchia di Gine- in forma di T e campanella: Iohan Huizinga, L’autun- streto, cur. Maria Rosaria Valazzi, Pesaro 1993. no del medioevo, Firenze 1953, p. 115. 41 Per un primo approccio alla statuaria seriale: 48 La “scuola di S. Antonio” di Pesaro, che nel Delio Bischi, Statuaria sacra in gesso e cartapesta: 1485 si fuse con altre quattro confraternite cittadine Antonio Conti e Aldo Gamba, in “Proposte e ricer- dando vita a «un sol ospitale chiamato del Salvatore che”, 9, 1998, pp. 145-150. […] non era l’ultima a praticare a pro’ de poveri l’o- 42 Girolamo Allegretti, Le cognizioni di stato pere della pietà, misericordia e ospitalità […] soveni- libero per lo studio delle migrazioni stagionali. Il re i poverelli d’ospizio, di vitto, di panni, di denari, Montefeltro nel primo Settecento, in “Proposte e ri- e d’altre simili elemosine»: Memoria, evidentemente cerche”, 27, 1991, pp. 48-61; Id., A buscarsi il pane apologetica, del 1637, in Biblioteca Oliveriana Pesa- in Maremme. L’emigrazione stagionale da Maiolo e ro, ms. 379/II, cc. 277 ss. Dell’oratorio confraternale Antico, in Id. (a cura), I giorni del pane nero, Studi di S. Antonio a Pesaro, distrutto nel 1944, faceva par- montefeltrani, “Monografie”, 16, 1998, pp. 77-91. te L’angelo che mostra la via a sant’Antonio, tela del 43 Sulla figura del santo, il suo culto e la sua ico- Berrettoni ora nel palazzo vescovile (Niccolò Berret- nografia: Atanasio di Alessandria, Vita di Antonio, toni, cur. Liliana Barroero e Vittorio Casale, Studi cur. Davide Baldi, Città nuova, Roma 2015; Domeni- montefeltrani, “Iconografie”, 3, 1998). co Cavalca, Le vite dei Santi Padri, cur. C. Naselli, 49 Notizie tratte in parte dalle visite apostoliche Torino 1926, pp. 21-103; Enciclopedia cattolica, Cit- del 1574 (Archivio Segreto Vaticano, S. Congrega- tà del Vaticano 1948-1954, I, coll. 1534-1539; Biblio- zione del Concilio, Visite apostoliche, 28:Montefeltro theca sanctorum cit., II, coll. 106-136. e 31:Pesaro, edite rispettivamente in Girolamo Ra- 44 Girolamo Allegretti, Le metamorfosi di gazzoni cit., e in La visita apostolica della diocesi pe- sant’Antonio, in Gli affreschi di Ginestreto cit., pp. sarese (1574), a cura dello scrivente, in “Frammenti”, 16-20. Si veda ora Laura Finelli, Dall’eremo alla 3, 1997, pp. 45-125) altrimenti dalla toponomastica e stalla. Storia di sant’Antonio abate e del suo culto, da osservazione diretta di resti monumentali. Laterza, Bari-Roma 2011. 50 Antonio, considerato maestro di vita ascetica, 45 Soggetto fra i più frequentati da scrittori (dai ebbe numerosi seguaci e discepoli, fra cui sant’Ata- mistici medievali fino a Gustave Flaubert che ci spese nasio di Alessandria, suo biografo e “dottore della la vita) e pittori di tutte le epoche: fra i ‘moderni’ il Chiesa”. Si veda: Antonio abate, Detti, lettere (con giovane Bruegel, Bosch, Tiepolo, fino alle sensuali Atanasio di Alessandria, Vita di Antonio), cur. Lau- allucinazioni ottocentesche di Domenico Morelli. ra Cremaschi, ed. Paoline, Alba 1995. 46 Porci e porcari nel medioevo, a cura di Ma- 51 Gurevič, Contadini e santi cit., p 72; P. Gea- rina Baruzzi e Massimo Montanari, Bologna 1981. ry, L’humiliation des saints, in «Annales ESC», 34/1, 47 Dizionario degli Istituti di perfezione, 10 voll., 1979, p. 348.

97 Studi pesaresi 7.2019

52 Enea Gentili, Le amarezze di S. Antonio, in Foglia e del Conca, cur. G. Allegretti e F. V. Lom- “La piê”, 1955, pp. 21-23. bardi, Fondazione Cassa di Risparmio di Pesaro, V. 53 È significativo che non compaia mai – a meno Verucchio 1995, pp. 253-270; Id., Mille anni di me- che non si tratti di veri e propri cicli d’autore, come a dioevo cit., pp. 89-145 (alle pp. 104-112); Alessan- Talamello – il fecit del frescante, ma solo il fecit fieri dro Marchi, Il duomo di San Leo: l’architettura, in del committente. Il Medioevo. 2. cit, pp. 165-181; Guido Vannini, Cri- 54 Gli affreschi di Ginestreto cit., p. 27. stiano Cerioni, Cinzia Cosi, L’abbazia di Santa Ma- 55 Tagliaferri, Il cristianesimo ‘pagano’ cit. ria del Mutino. Per un programma di ‘archeologia 56 Jean Delumeau, La paura in Occidente (secoli leggera’ nel Montefeltro medievale, in L’abbazia di XIV-XVIII): una città assediata, Sei, Torino 1979. Santa Maria del Mutino, cur. Tommaso di Carpegna 57 Gli affreschi di Ginestreto cit., p. 26. Falconieri, Studi montefeltrani, «Atti convegni», 11, 58 Titoli più significativi e recenti di un’ampia 2004, pp. 117-136; I conventi degli ordini mendicanti bibliografia sul tema: Francesco V. Lombardi, La nel Montefeltro medievale. Archeologia, tecniche di chiesa romanica di Santa Marina di Novafeltria, No- costruzione e decorazione plastica, cur. Cristiano vafeltria 1991; Id., Architettura romanica e gotica, in Cerioni e Tommaso di Carpegna Falconieri, Firenze Il Montefeltro. 1. Ambiente, storia, arte nelle valli del University Press, Firenze 2012.

98 Un enigmatico ritratto cinquecentesco di donna e tre nuovi ritratti dei Della Rovere

di

Marcello Luchetti

Il museo della Casa natale di Raffaello a Urbino conserva un bellissimo ritratto fem- minile cinquecentesco, da sempre seppur in maniera dubitativa considerato quello di Lucrezia d’Este duchessa di Urbino, prima moglie del duca Francesco Maria II della Rovere, da lui sposata nel 1571. Il dipinto è stato attribuito in un primo tempo a Fe- derico Zuccari, successivamente alla scuola del Barocci e da ultimo assegnato più ge- nericamente ad un pittore marchigiano del sec XVI 1. Vi è raffigurata una giovane gen- tildonna dai capelli di color castano scuro, raccolti in una ricca acconciatura di perle e fiori in filigrana. Il suo viso, di un ovale quasi perfetto, ha guance colorite e la boc- ca lievemente a cuore, evidenziata ancor più dal rossetto. Le sopracciglia sono folte e gli occhi di un color azzurro-verde molto singolare. Il suo sguardo è profondo e sedu- Alonso Sánchez Coello, Ritratto di Maddale- cente, e mostra una pacata fierezza, come na Girón, (1567-1568 ca), Urbino, museo della si addice al suo nobilissimo rango, testimo- Casa natale di Raffaello. niato dall’abbigliamento di gusto spagnolo: un abito nero tempestato di preziose gemme e ornato da una gorgiera di pizzo finemente lavorato. Riesce assai difficile assegnare il dipinto ufficiale in voga a quel tempo alla corte del agli Zuccari, e ancor più alla scuola del Ba- re cattolico, i cui massimi rappresentanti rocci o a un pittore marchigiano 2. Si trat- furono Antonis Mor van Dashorst (Utrecht ta invece di un’opera risalente alla secon- 1520-Anversa 1576 o 1577), il suo allievo da metà del Cinquecento di chiaro ambito Alonso Sánchez Coello (Benifairó del Valls, spagnolo, nel gusto tipico della ritrattistica Valencia, c. 1531-Madrid,1588) pittore di

99 Studi pesaresi 7.2019 camera di Filippo II, e il suo discepolo Juan Pantoja de la Cruz (Valladolid 1553-Madrid 1608), anche egli al servizio di quel sovra- no. Ci chiediamo allora come possa esse- re finito a Urbino un dipinto spagnolo così bello, naturalmente chi ne sia l’autore, ma ancor di più chi sia la seducente fanciulla che vi è raffigurata, dal momento che la sua tradizionale identificazione con Lucrezia d’Este non è mai stata documentata o pro- vata in alcun modo. La soluzione del mistero non è in Spa- gna, ma a pochi chilometri di distanza da Urbino, in un quadro ormai abbastanza noto conservato al Museo Civico di Pesaro. Si tratta di una piccola tela, sino ad ora attribu- ita alla scuola del Barocci: il ritratto di una giovane dal viso riprodotto in primo piano, con una ricca acconciatura, incorniciato da una gorgiera di pizzo. Il dipinto provie- Federico Barocci, Ritratto di Maddalena Girón, ne dalla collezione Machirelli-Giordani e (1568-1569 ca), Pesaro, Musei Civici. dunque dal nucleo storico della pinacoteca pesarese, quella pervenuta con l’eredità di Annibale degli Abbati Olivieri, grande col- lezionista di memorie patrie oltre che stori- co illustre. Infatti è ricordato nell’inventa- rio di quella collezione, datato 1875, come Ritratto di una dama spagnuola, scuola del Barocci 3. Il suo ridotto formato, cm 32x27, rivela la sua originaria funzione: quella di quadretto “da viaggio”, poco più grande di una miniatura, evidentemente destinato ad essere portato con sé nei vari spostamenti dal suo possessore. Grazie ad una scritta sul retro della tela, conosciamo il nome dell’effigiata: Ritratto della Dama Spagnola della quale si era in- namorato D. Franc.co Maria Feltrio della Rovere, all’hora principe d’Urbino mentre si tratenne alla Corte Catt.ca a segno che voleva pigliarla per moglie 4. Retro del Ritratto di Maddalena Girón dei Musei Ad una più attenta osservazione dei due Civici di Pesaro.

100 Marcello Luchetti Un enigmatico ritratto cinquecentesco di donna e tre nuovi ritratti dei Della Rovere

Confronto dei due dipinti capovolti. dipinti, appare evidente che la fanciulla in dori e Alessandro Biacchini, subito dopo essi raffigurata è la stessa persona, sebbene la morte di Francesco Maria II, in vista del nella piccola tela di Pesaro ella abbia gli oc- trasferimento a Firenze delle collezioni ro- chi più grandi, il naso meno allungato e una veresche con l’eredità di Vittoria della Ro- espressione più serena e quasi sorridente. vere: Quadro uno simile con il ritratto di È difficile non identificare il dipinto con- una dama del Duca in Spagna. servato ad Urbino con quello già descritto L’aggettivo simile si riferisce al formato nell’inventario del palazzo ducale di Pesaro della tela, con richiamo a quello dei quadri e della sua Guardaroba redatto dal notaio elencati precedentemente, definiti mezzani, Fabrizio Fabbri di Lamoli tra il 26 settem- cioè di media grandezza, esattamente come bre 1623 e il 19 gennaio 1624, nella parte il ritratto urbinate 6. intitolata Quadri et retratti a c. 50v al n. Come è stato dimostrato, non tutti i di- 233, come Quadri uno in tela col retratto pinti delle collezioni roveresche elencati della dama del sig[no]r Duca in Spagna negli inventari del 1631 e in quelli prece- vestita di negro con molte gioie 5. La tela denti arrivarono a Firenze, ma solo quelli viene ancora ricordata a c. 27r al n. 411 in di attribuzione certa e dunque di più facile un altro inventario, redatto questa volta al valutazione. Molti rimasero a Pesaro e a Ur- palazzo ducale di Urbino tra il 25 giugno e bino e finirono venduti all’asta, dove furo- il 16 luglio 1631 dai notai Lucantonio Ama- no acquistati dalla nobiltà locale 7. Questo

101 Studi pesaresi 7.2019 spiegherebbe la presenza dei due quadri in due storiche collezioni private, la Viviani a Urbino e la Machirelli-Giordani a Pesa- ro. Se è vero che il dipinto pesarese non sembra ricordato negli inventari rovereschi come lo è quello urbinate (per quanto essi contengano spesso descrizioni generiche delle opere, che ne rendono non agevole l’identificazione), è altrettanto vero che i le- gami della famiglia Giordani con Francesco Maria II della Rovere furono strettissimi sino alla fine del ducato roveresco. Giulio Giordani (1550-1634) fu segretario e consi- gliere dell’ultimo duca e suo figlio Camillo (1588-1636) ambasciatore dei Della Rovere a Venezia 8. Si potrebbe così ipotizzare che la piccola tela pesarese sia stato un regalo fatto dal duca ormai vecchio ad uno dei due Giordani, suoi fedeli servitori. La nobile spagnola raffigurata nei due ritratti è dunque Maddalena Téllez-Girón de la Cueva, contessa di Ureña, nata il 17 Frontespizio del libro di Geronymo Gaudiel, ottobre 1545 9, figlia di Juan Téllez-Girón, Compendio de /algunas historias /de España, detto il Santo (1494-1558), nobile e mece- donde se tratan muchas an/tiguedades dignas nate, quarto conte di Ureña, e di Maria de de memoria y especialmente se da /noticia de la la Cueva y Toledo, seconda duchessa di Al- antigua familia de los Girones y /de otros mu- burquerque (+1566). Maddalena era sorella chos linajes..., Alcalà 1577. di Pedro Téllez-Girón de la Cueva y Toledo (Osuna, 1537-Madrid 1590), quinto conte di Ureña, creato duca di Osuna da Filippo dell’anno seguente, dopo soggiorni a Fer- II il 5 febbraio 1562, personaggio di spicco rara, Genova e Barcellona 11. Aveva sedici alla corte di Spagna, per la quale fu anche anni e il padre Guidubaldo II lo aveva in- ambasciatore in Portogallo e vicerè di Na- viato alla corte del re cattolico come segno poli dal 1582 al 1586 10. di lealtà verso uno storico alleato e pro- Maddalena fu il primo ed unico grande tettore dei Della Rovere ma, come ricorda amore di Francesco Maria II. Uno di quegli Matteo Zane, anche per recuperare grosse amori che non si dimenticano e che ci ac- somme di cui era creditore verso Filippo compagnano negli anni, come il più dolce II per stipendi anticipati alle truppe al ser- ricordo di gioventù. vizio della Spagna, di cui il duca d’Urbino Francesco Maria era partito da Pesa- era il comandante in Italia 12. Là il principe ro alla volta della Spagna il 30 dicembre d’Urbino, futuro duca, avrebbe anche potu- 1565, giungendo a Madrid ai primi di aprile to perfezionare la sua educazione secondo

102 Marcello Luchetti Un enigmatico ritratto cinquecentesco di donna e tre nuovi ritratti dei Della Rovere il costume spagnolo, quello più apprezza- avesse già compiuto ventun anni, e iniziò to presso le corti europee. Come lui stesso con entusiasmo trattative di matrimonio scrisse al suo arrivo al padre Guidubaldo, con il fratello di lei, don Pedro duca di Osu- venne accolto con tutti gli onori del suo ran- na, all’insaputa però di Guidubaldo II, che go da Filippo II in persona, da don Carlos e aveva invece ben altre idee per il figlio e da don Giovanni d’Austria 13. progettava di farlo sposare con una nobile L’incontro con Maddalena Girón fu appartenente ad una famiglia regnante e di un colpo di fulmine. La giovane aveva da dote cospicua. Gli erano già state proposte poco perduto la madre, Maria de la Cueva, anche le figlie del duca di Baviera, ma la morta il 19 aprile 1566, e le era succedu- loro dote non era ritenuta sufficiente 17. ta nel prestigiosissimo incarico di camare- Fu così che le intenzioni del principe ra maior della regina Isabella di Valois, a d’Urbino si scontrarono con quelle del pa- uno stipendio di 27 mila maravedi annui. dre Guidubaldo, che non riteneva Maddale- L’anno prima Maddalena, assieme a Maria na di rango abbastanza elevato e fornita di de la Cueva, aveva accompagnato la regina una dote adeguata, ma anche del cognato di Isabella a Bayonne in Francia, in visita alla lei, don Pedro Fajardo dei marchesi di Ve- madre Caterina de ‘Medici, con la pittri- lez, rimasto nel frattempo vedovo in quel- ce Sofonisba Anguissola, anche ella dama lo stesso anno 1566 della sorella Leonora, della regina. In quella occasione i francesi morta di parto il 6 luglio. Il Fajardo aveva erano stati colpiti dalla sua gran belleza y messo gli occhi sulla giovane cognata, ma discrecion 14. Pierre de Boudeille, signore Maddalena rifiutò sdegnosamente quell’ac- di Brantôme, nel suo Rodomontades espai- casamento, per il quale sarebbe stata anche gnoles, riferì il giudizio dato su di lei da un necessaria una dispensa papale, che comun- nobile spagnolo, rimasto impressionato dal- que non giunse mai. Chi invece parteggiava la sua bellezza ma anche da una certa sua per Francesco Maria era proprio lo stesso alterigia: «Juro a Dios que es tan brava y Filippo II. Secondo l’usanza, il re contribui- orgullosa por su beldad, que si el cielo se va alla dote delle dame di Corte, e una cedo- abaxase y se arrodillase addellante sus pies, la del 12 maggio 1567 documenta la costi- no se dennaria dezir le que se levantasse y tuzione di una somma di trentamila ducati se remetiesse un su lugar» 15. Ma Maddale- ordinata dallo stesso sovrano a favore di na era molto apprezzata in Corte anche per Maddalena. Si trattava certamente del con- la sua arguzia, per il piacevolissimo modo tributo che il re voleva offrire alla Girón per di conversare e per l’abilità nel partecipare le sue nozze con il principe d’Urbino, verso ai cosiddetti “motes”, che consistevano in le quali si era mostrato molto favorevole, un gioco molto in voga a quel tempo tra i anche se alcuni storici hanno insinuato, sen- cavalieri e le dame, nel quale i primi scrive- za alcun fondamento, che Filippo II avesse vano due versetti, di solito ottosillabi senza sulla giovane contessa mire di altro tipo e rima, contenenti una domanda o una tema, cercasse così di guadagnarsi i suoi favori 18. e la dama doveva rispondere, naturalmente Intanto però il costo del soggiorno alla in modo arguto 16. corte madrilena del principe d’Urbino sta- Francesco Maria se ne innamorò subi- va superando ogni previsione, e si aggirava to, sebbene Maddalena fosse più grande e ormai attorno all’enorme cifra di 200 mila

103 Studi pesaresi 7.2019 ducati. Scriverà più tardi in un memoriale Guidubaldo non mancò di manifestare il Guidubaldo II: «la stanza del Principe no- suo disappunto, che fu fatale per il progetto stro figlio in Ispagna ci ha dato una spesa matrimoniale del giovane principe d’Urbi- che passa i 150.000 scudi e che anzi si ac- no con Maddalena, di lì a poco destinato costa più alli 200 mila che alli 150 mila» 19. a fallire nonostante la favorevole interces- Oltre alle notizie sulle spese eccessive di sione di Filippo II, chiaramente espressa da Francesco Maria, giunsero ben presto a Pe- Ruy Gomez de Silva a Giovan Francesco saro anche quelle sul suo progetto segreto Landriani e a dispetto delle voci a Corte, di nozze. Scriveva al duca Guidubaldo da che davano già per certe le nozze. Guidu- Madrid il suo ambasciatore Giovan France- baldo II ribadì che avrebbe acconsentito sco Landriani, il 7 maggio 1568: alle nozze del figlio solo con una nobile di una casa regnante che avesse una dote di Se a Vostra Eccellenza venirà notizia almeno centomila scudi, requisiti entrambi che qua si parli che il Principe suo figlio mancanti in Maddalena 22. ha inclinato ad accasarsi con la sorel- Nel luglio 1568 23 Francesco Maria era la del Duca di Osunna nominata donna costretto ad un rapido rientro nel ducato Maddalena de Giron, Dama della Reina per motivi economici, avendo speso ogni di Spagna, con la quale si è creata da sua dotazione e dovendo ricorrere a un molti anni in qua essendo sua madre stata contributo di ben 60 mila scudi dello stes- sua cameriera maggiore et morta in que- so Filippo II per potersi pagare il viaggio sto servitio, saprà che così è con effet- di ritorno 24. Tuttavia egli partì continuando to, dimostrando che in lei corrono parti a sperare in un esito positivo della trattati- che li devono dare questa inclinatione et va di matrimonio con i Girón. Portò con sé meco si è già aperto in questo ma breve- dalla Spagna il ritratto di Maddalena, forse mente: a satisfatione di Vostra Eccellen- donatogli da lei stessa, quello giunto sino a za dirò che sta ben rissoluto per quanto noi e conservato ad Urbino nel museo del- con parola et con fede mi ha assicurato la Casa di Raffaello, che testimonia più di di non venire né in questo né in altro a ogni altro documento scritto l’esistenza di conclusione né ad obbligo alcuno senza una forte intimità spirituale tra i due giovani la satisfatione di Vostra Eccellenza 20. e la chiara volontà di unirsi in matrimonio. Lo scambio dei ritratti, all’epoca, era infatti Maddalena era stata inclusa anche in una una pratica diffusa tra i fidanzati quando or- lista dei partiti da proporsi per le nozze di mai erano quasi certi di convolare a nozze. Francesco Maria, documento senza data ma La conferma delle aspettative di nozze risalente quasi certamente a quei giorni di di Francesco Maria con Maddalena, anche maggio del 1568, ove era descritta al ter- dopo il suo ritorno nel ducato, ci viene da zo posto nell’elenco come «Figlia del conte una relazione del 1° agosto 1568 scritta a d’Orogna (Ureña), casa principalissima e Guidubaldo II da Giovan Francesco Lan- antichissima. Oggi il principale è il duca driani all’indomani della partenza da Ma- d’Ossuna, fratello della duchessa, la quale drid del principe d’Urbino, nella quale serve la Regina da coppiera. È bellissima et l’ambasciatore riferiva al duca degli impe- ha 23 anni» 21. gni presi dal giovane Della Rovere con la

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Girón e del favore goduto da quel progetto La fortuna non arrise agli sposi. Nove presso la corte madrilena 28. Ancora il 29 anni dopo, il 4 agosto 1578, Jorge de Lenca- settembre di quell’anno il Landriani riferiva stre morì nella battaglia di Alcacer Quibir, a Guidubaldo di aver fatto visita a Madrid nell’attuale Marocco, assieme a Sebastiano a don Pedro Girón il quale si era detto mol- I del Portogallo. Maddalena resterà sola con to contento del fidanzamento di Francesco la sua unica figlia Juliana (+1636), che sarà Maria con sua sorella Maddalena. Lo stes- la terza duchessa di Aveiro. Trascorrerà la so Filippo II, che il Girón aveva incontrato sua vedovanza nel palazzo di Aveiro, alle ad Aranjuez, aveva espresso il suo plauso. prese con le questioni legali relative alla Nella sua lettera il Landriani, ormai in dif- successione di Juliana, ma non sappiamo in ficoltà con il duca d’Osuna, ben sapendo che anno e come morì. La sua fama si legò della volontà contraria alle nozze di Gui- tuttavia ad un grande letterato del tempo, dubaldo II, gli chiedeva istruzioni su come amico di Cervantes, Luis Gálvez de Mon- comportarsi 26. talvo (Guadalajara 1549-Palermo 1591), Ma Maddalena era un partito molto am- che secondo gli studiosi fu da lei ispirato bito alla corte di Madrid, e una volta tornato per il suo celebre poema pastorale El Pastor in Italia il principe d’Urbino e appreso quasi de Fílida, pubblicato a Madrid nel 1582. certamente dallo stesso Landriani che Gui- Alcuni hanno sospettato che il Gálvez de dubaldo II si sarebbe opposto al matrimonio Montalvo e Maddalena avessero iniziato con sua sorella, don Pedro de Osuna e Ruy una relazione non solo platonica, terminata Gomez de Silva, che come al solito dava solo con il matrimonio di lei con Jorge de voce alla volontà di Filippo II, iniziarono Lencastre 30, ma la critica più recente tende a fare pressione su di lei perché sposasse ad escluderlo sebbene il poeta, molto inna- il nobile portoghese Jorge de Lencastre. morato, le dedicasse praticamente la sua in- Jorge, secondo duca di Aveiro e marchese tera opera letteraria. di Torres Novas, era nato nel 1548 e dun- Francesco Maria portò dunque con sé que più giovane di Maddalena di tre anni, dalla Spagna il ritratto della giovane fidan- e apparteneva ad una famiglia prestigiosa zata, quello che possiamo oggi ammirare che rivaleggiava con quella dei Braganza. ad Urbino, alla casa di Raffaello. Una volta Maddalena tentò di opporsi protestando di tornato a Pesaro, ne fece però realizzare una sentirsi promessa ad un altro uomo 27, nel- replica di formato più piccolo, che è quella la speranza che la trattativa di nozze con conservata al Museo Civico di Pesaro, ben Francesco Maria avesse un seguito. Fu tutto diversa dal ritratto freddo e ufficiale dipinto inutile, ed anzi sembra che per questa sua a Madrid. Volle che nella replica fossero ac- resistenza Filippo II l’avesse allontanata centuati gli occhi, di un colore azzurro-ver- dalla corte, fatto grave e senza precedenti. de davvero singolare, nella loro espressione Maddalena dovette infine cedere e il 26 ot- più dolce e intima, quella che egli amava tobre 1568 veniva siglato a Madrid, da suo più ricordare di Maddalena. fratello don Pedro, il contratto di nozze con Ma chi furono i pittori a cui dobbiamo Jorge de Lencastre 28. Il matrimonio venne questi due bellissimi ritratti? Per quanto ri- celebrato nel marzo 1569 a Peñafiel 29. La guarda quello spagnolo, riteniamo che possa dote di Maddalena era di 80 mila ducati. trattarsi di Alonso Sánchez Coello, che del

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Il palazzo dei Lencastre ad Aveiro, oggi in rovina, dove Maddalena Girón visse gli ultimi anni della sua vita.

resto negli stessi mesi realizzava alla corte Ma anche la replica di Pesaro è opera madrilena i ritratti della famiglia reale. La di un grande artista, che a nostro giudizio è straordinaria qualità dell’opera, databile agli Federico Barocci 32, il pittore più amato da anni del soggiorno in Spagna del principe di Francesco Maria. Urbino (1566-68), è certamente a livello del- La qualità del dipinto e la sua straor- le altre opere del Coello eseguite per Filippo dinaria espressività non possono essere II e la sua famiglia. In questi ritratti i soggetti il prodotto della bottega del maestro ur- appaiono raffigurati nella loro distaccata bel- binate, come si è fino ad ora sostenuto. Il lezza, con visi imperturbabili e pacati, men- giovane principe d’Urbino, infatti, non si tre indossano vestiti di uno sfarzo incredibi- accontentò di una semplice copia del dipin- le, come segno evidente del loro lignaggio. to spagnolo. Volle invece una replica con Negli anni Sessanta, in particolare, lo stile di varianti sostanziali, che evidentemente lui Sanchez Coello è minuzioso ma anche mor- stesso suggerì al pittore, a cominciare dalla bido e sfumato, e risente ancora molto della grande dolcezza del viso, che ricerca una lezione del maestro Antonis Mor, anche nella maggiore naturalezza e intimità rispetto al scelta dei colori, più caldi e accesi, laddove ritratto ufficiale spagnolo, con l’esaltazione negli anni seguenti si farà invece più asciut- dello sguardo e del particolare colore degli to e lineare. Decisivo appare l’accostamento occhi, verde-azzurri. Il ritratto del Museo con le opere del Prado, sebbene più tarde di Civico di Pesaro è il dipinto voluto da un qualche anno 31. innamorato, all’indomani del suo addio alla

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Alonso Sánchez Coello, Ritratto della Infanta Alonso Sánchez Coello, Ritratto di giovane Isabel Clara Eugenia, (1579), Madrid, Prado, donna, (1564 ca), mercato antiquario, già nella part. collezione Farnese. donna amata, un oggetto di piccolo formato Il ritratto di quest’ultimo, olio su tela, da portare in viaggio, il romantico ricordo misura cm. 61,50x40 e mostra l’ultimo di una infelice storia d’amore sacrificata duca, ormai cinquantenne, lo sguardo se- alla ragion di Stato. Per una strana beffa del vero e assorto, vestito di un semplice abito destino il ritratto che fu di Maddalena Girón scuro con colletto bianco. Non sfuggirà, ad conservato ad Urbino, fu creduto quello di una attenta osservazione, la presenza della Lucrezia d’Este, la donna che il duca di Ur- collana che però risulta priva del ciondolo. bino dovette forzatamente sposare nel 1571 Si tratta del Toson d’Oro, onorificenza che e che mai amò, tanto che ancora oggi in tut- Francesco Maria II ottenne dal re di Spagna te le pubblicazioni che riguardano la prin- nel 1585, il 15 settembre per la precisione, cipessa ferrarese viene riprodotto il dipinto come ricorda lui stesso nel suo Diario 33, e urbinate, che ritrae invece la dama spagno- che ostenta con orgoglio in tutti i suoi ri- la tanto amata da Francesco Maria II. tratti successivi. Nel dipinto in esame il ciondolo venne eliminato nel corso di una Il mercato antiquario ha restituito di re- riduzione di formato della tela, forse perché cente altre opere di grande rilievo per la sto- deperita in quel punto o per adattarla ad una ria dei Della Rovere. Si tratta di tre ritratti, cornice più piccola. L’opera è certamente del tutto inediti, rispettivamente di Guidu- una variante, limitata al solo busto, di un baldo II, di Vittoria Farnese e di Francesco quadro più grande con il ritratto dell’ulti- Maria II. mo duca a tre quarti di figura, oggi disperso

107 Studi pesaresi 7.2019 o perduto, dal quale sono poi derivate di- verse copie seicentesche, spesso sciatte e inespressive, conservate in varie collezioni private e transitate in diversi momenti sul mercato antiquario. Tra queste ricordiamo quella di debole fattura del Museo civico di Urbania 34, o quella della pittrice Camilla Guerrieri (n. 1628), oggi al Museo civico di Pesaro 35. Il bel dipinto appare databile attorno al 1599-1600. La data è desumibile proprio dal ritratto di Urbania nel quale il duca, che era nato nel 1549, è definito, in una scritta in alto a destra aetatis suae 50. La nostra tela potrebbe essere appartenu- ta alla serie dei ritratti dei duchi d’Urbino descritta nell’Inventario del Guardaroba di Pesaro del 1623-24 a carta 55v al n. 395 come «Quadri cinque con retratti de’ du- chi Federico, Guido, Fran[ces]co M[ari]a, Alonso Sánchez Coello, Ritratto della Infanta Guido Baldo et Fran[ces]co Maria regnan- Catalina Micaela, (1582-1585), part., San Pie- te simile al sudd[et])o» dove quest’ultimo troburgo, Hermitage. richiamo fa riferimento al dipinto facente parte della stessa serie e raffigurante Od- dantonio da Montefeltro, ricordato al n. 394 dell’Inventario della altezza di «un braccio incirca», a conferma delle dimensioni delle tele della serie 36.

Dello stesso autore, anche se meno in- tenso, appare un altro dipinto proveniente dal mercato antiquario, delle dimensioni di cm 63x52, ma leggermente ridotto nel- la parte sinistra, che raffigura il duca Gui- dubaldo II della Rovere a mezzo busto, su fondo scuro nel quale si intravedono sulla destra il bastone di comandante e una co- razza. Esso reca in alto la scritta Guidus Vbaldus Vrbini Dux V e quasi certamen- te faceva parte della medesima serie dal- la quale proviene il ritratto di Francesco Maria II descritto sopra, e già ricordata Giorgio Picchi, Ritratto di Francesco Maria II, dall’Inventario del 1623-24. La scritta con (1599 ca), mercato antiquario.

108 Marcello Luchetti Un enigmatico ritratto cinquecentesco di donna e tre nuovi ritratti dei Della Rovere il nome rivela l’originaria funzione del quadro, quella di ornamento della scaffala- tura di una libreria, assieme agli altri ritratti dei duchi di Urbino, forse la stessa Libraria del palazzo ducale di Pesaro. Il prototipo da cui esso deriva, è un ritratto transitato sul mercato antiquario dopo essere stato anche presso Bellesi di Londra 37. In esso il duca Guidubaldo II è in piedi, raffigurato a tre quarti, lo sguardo severo e regale, ve- stito con una casacca di pelliccia chiusa da bottoni e al collo ha una piccola gorgiera dalla quale pende la collana con il Toson d’oro. La sua mano sinistra è appoggiata sull’elsa della spada mentre con la destra regge un paio di guanti. Sullo sfondo, a de- stra, si vedono i due bastoni dei comandi militari da lui ottenuti, quello delle truppe di terra della Serenissima repubblica di Ve- nezia e di quelle del re cattolico di stanza Anonimo pittore roveresco, Ritratto di France- in Italia. Entrambi sono appoggiati dietro la sco Maria II, Urbania, Museo civico. corazza all’eroica con il caschetto a forma di animale mostruoso, realizzata dall’arma- iolo milanese Filippo Negroli 38. Il ritratto di Guidubaldo II a mezzo bu- sto, databile agli ultimi anni del Cinquecen- to, mostra i medesimi caratteri stilistici di quello di Francesco Maria II che abbiamo esaminato più sopra, le stesse rigidità nella resa dei lineamenti, la presenza del rosso sui bordi interni delle palpebre, il modo di di- pingere la barba e la bocca, ma in particolar modo la tecnica di ombreggiatura del volto, specie sulla fronte, realizzata non a pennel- lo ma con velature a tampone. Destinato ad essere visto a maggiore distanza, sulla som- mità della libreria, appare più semplificato e incisivo nella sua stesura rispetto a quello di Francesco Maria II, più accurato perché collocato in origine a una distanza più rav- vicinata allo spettatore. Giorgio Picchi, Ritratto di Guidubaldo II Della Quanto all’autore dei due dipinti a Rovere, (1595 ca), collezione privata.

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Giacomo Vighi detto l’Argenta, Ritratto di Gui- Giacomo Vighi detto l’Argenta, Ritratto di Vit- dubaldo II Della Rovere, (1566). mercato anti- toria Farnese (1566), mercato antiquario. quario. mezzo busto, si potrebbe ragionevolmente L’ultimo dipinto di cui parliamo, pas- avanzare il nome di Giorgio Picchi da Ca- sato al Dorotheum di Vienna nel 2016, ap- steldurante (1555 circa-1605), un pittore pare di sensazionale importanza essendo baroccesco al quale è stato già attribuito un il prototipo di tutti i ritratti a noi noti di ritratto di Francesco Maria II ora conserva- Vittoria Farnese, seconda moglie di Gui- to nella collezione della Fondazione Cassa dubaldo II. Opera di Giacomo Vighi detto di Risparmio di Pesaro, eseguito almeno un l’Argenta (Argenta, Ferrara c.1510-Torino decennio prima, attorno al 1586-87, dove il 1573), apprezzato ritrattista di area emilia- duca ancora giovane è dipinto a tre quarti na della seconda metà del Cinquecento 40, e mostra orgoglioso il Toson d’oro da poco è firmato e datato IACOBUS ARGENTA ottenuto. Il Picchi, ceramista e pittore, auto- F. MDLXVI, e mostra la duchessa in abito re di una significativa produzione tra Mar- nero di velluto trapuntato, con gorgiera, che e Roma, appare l’artefice più verosimile il capo velato come ella amava portare di dei due ritratti qui esaminati, per le comuni solito. Al suo collo pende un ciondolo d’o- caratteristiche di stile sopra evidenziate, a ro con una grossa pietra incastonata e una cui aggiungiamo il modo tutto particolare di perla, e dalla cintura un rosario con perle dipingere gli occhi, alquanto incavati e fis- di cristallo di rocca. Nella mano destra, si, e la resa cromatica degli incarnati, molto appoggiata ad un tavolo coperto di vellu- chiari e quasi diafani 39. to broccato d’oro, Vittoria mostra un me-

110 Marcello Luchetti Un enigmatico ritratto cinquecentesco di donna e tre nuovi ritratti dei Della Rovere daglione con l’effigie di Guidubaldo II in veresca, ad oggi mai segnalata da alcuna monocromo, recante l’iscrizione GVI[D] fonte, e dunque ancora tutta da indagare. V[B]AL[DVS] II VRBINI DVXIIII. Il di- A questo punto sia lo stile che le misu- pinto è ricordato nel citato Inventario del re, sostanzialmente coincidenti, ci portano a Guardaroba ducale del 1623-24 a carta concludere che il ritratto di Vittoria Farne- 60r al n. 520 come: «Quadri uno retrat- se facesse in origine pendant con quello di to di Madama Ser[enissi]ma mentre era Guidubaldo II più sopra descritto 43. A parte Duch[ess]a con una corona in mano et uno la posizione dei personaggi, l’uno di fronte scattolino col retratto del sig]no]r d[uc]a all’altro, anche il ritratto del duca di Urbi- Guido Baldo» 41. Da questo dipinto, come no ha gli stessi tratti stilistici dell’Argenta dicevamo, derivano tutte le copie ad oggi e una certa rigidità tipica della ritrattistica note del ritratto di Vittoria Farnese, tra le emiliana di quegli anni. Camilla Guerrie- quali quella di Camilla Guerrieri ai Musei ri, del resto, esegue le sue copie proprio da civici di Pesaro 42. Esso rappresenta an- questi due dipinti, che aveva certamente che la testimonianza del tutto inaspettata potuto ammirare quando erano ancora l’uno dell’attività dell’Argenta per la corte ro- accanto all’altro 44.

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Ringrazio il prof. Luigi Bravi, presidente dell’Accademia Raffaello di Urbino, e le dott. Francesca Banini e Michela Gaudenzi di Pesaro per la loro cortesia e disponibilità. Un particolare ringraziamento va anche a mia moglie Stefania Del Vecchio, cui si deve la felice intuizione di confrontare i due dipinti.

1 Il dipinto, olio su tela, cm. 62x50, provenien- 8 Diario di Francesco Maria II della Rovere, cur. te dalla collezioni Viviani, è stato acquistato dalla F. Sangiorgi, Urbino 1989, p. 268. Galleria Nazionale delle Marche nel 1934 per legato. 9 F. Rodríguez Marín, La Filida de Gálvez de Nell’Inventario redatto all’atto di donazione della Montalvo. Discursos leidos ante la Real Academia de collezione Viviani allo Stato, è attribuito dubitativa- la Historia en la recepción pública del Excmo. Señor mente allo Zuccari. Dal 1962 è in deposito all’Ac- Don Francisco Rodríguez Marín, Madrid 1927, p. 13. cademia Raffaello ed è esposto nel museo della casa 10 Sulla famiglia Girón resta fondamentale lo natale del Pittore. Cfr. G. Cucco (a cura), Casa natale storico libro di G. Gaudiel, Compendio de /algunas di Raffaello. Urbino, Accademia Raffaello, Urbino historias /de España, donde se tratan muchas an/ti- 1997, p. 88; Aa.vv., I Della Rovere. Piero della Fran- guedades dignas de memoria y especialmente se da cesca, Raffaello, Tiziano. Catalogo della mostra (Se- /noticia de la antigua familia de los Girones y /de nigallia, Urbino, Pesaro, Urbania, 4 aprile-3 ottobre otros muchos linajes ... / por ... Geronymo Gudiel, 2004), Milano 2004, p. 339, VIII.3 (nota di I. Fiumi). Alcalà 1577 per i tipi di Juan Inniguez de Lequeri- 2 Nella scheda del dipinto di I. Fiumi contenuta ca, commissionato dallo stesso don Pedro de Osuna. nel catalogo della mostra roveresca del 2004, dove Maddalena era l’ultima di cinque femmine, le prime l’opera è attribuita genericamente ad un “pittore due Leonora e Francesca morte ancora bambine, Ma- marchigiano”, pur senza arrivare a una attribuzione ria (1539-1562) sposata con don Manrique de Lara, si fa riferimento al Pulzone, artista invero assai più quarto duca di Najara, morta di parto a soli ventitré espressivo e naturale, pur nella ricercata compostezza anni e Leonora (1542-1566) sposata con Pedro Fajar- e levigatezza dei suoi personaggi, oltre che amante di do dei marchesi di Velez, anch’ella morta di parto il colori più forti e luminosi. 6 luglio 1566 a soli ventiquattro anni. Su Maddalena 3 Galleria dei quadri antichi del conte Vincenzo e i suoi fratelli in particolare si veda Gaudiel, op.cit., Machirelli-Giordani da Pesaro, Pesaro, tip. Fratelli pp. 120-122. Rossi, Pesaro 1879 (I° ed. 1875) pubblicato da G. 11 G. Scotoni, La giovinezza di Francesco Maria Patrignani, C. Barletta, Collezioni e collezionisti II ed i ministri di Guidubaldo Della Rovere, Bologna a Pesaro. Inventari di quadrerie dal Cinquecento 1896, p. 55; Diario di Francesco Maria II cit., p. 238. all’Ottocento, in “Pesaro città e contà”, 8, 1998, pp. 12 Scotoni, La giovinezza cit., pp. 55-57. La te- 43-46. Nell’inventario il dipinto è descritto al n. 70. stimonianza di Matteo Zane è in Relazioni degli Am- 4 C. Giardini, E. Negro, M. Pirondini (a cura), basciatori Veneti al Senato, II, Milano-Urbino, cur. Dipinti e disegni della Pinacoteca Civica di Pesaro, A. Segarizzi, Bari 1913, pp. 209-210. Modena, 1993, p. 254 n. 340, (scheda di C. Barletta, 13 Sui rapporti dei Della Rovere con la Spagna: S. con bibliografia precedente). Becker, Dynastische Politik und Legitimationsstrate- 5 Documenti urbinati. Inventari del Palazzo Du- gien der Della Rovere. Potenziale und Grenzen der cale (1582-1631), cur. F. Sangiorgi, 4, Accademia Herzoge von Urbino (1508-1631), Berlino, 2015, pp. Raffaello, Urbino 1976, p. 339. 182-199. 6 Ibidem, p. 235. 14 Così il biografo della famiglia Girón e suo 7 Si veda su queste vicende T. Biganti, L’eredità contemporaneo Geronymo Gudiel, Compendio cit., dei Della Rovere. Inventari dei beni in Casteldurante p. 122, descriveva le sue principali doti. (1631), con un saggio di G. Semenza, “Documenti de- 15 L’opera del signor di Brantôme in cui si ricor- gli archivi di Casteldurante”, Urbania 2007. da Maddalena Girón è Discours d’aucunes rodomon-

112 Marcello Luchetti Un enigmatico ritratto cinquecentesco di donna e tre nuovi ritratti dei Della Rovere tades et gentilles rencontres et parolles espaignolles. farà avere a Francesco Maria un prestito di 15 mila Abbiamo tratto la citazione dall’edizione Oeuvres ducati, grazie alla garanzia concessagli dal marchese du Seigneur de Brantôme. Nouvelle Edition, consi- di Pescara: Scotoni, La giovinezza cit., pp.58-62. dérablement augmentée, revue, accompagnée de Re- 20 Ibid., pp.71-72; Biblioteca Oliveriana, Pesaro marques historiques & critiques, & distribuée dans ms. 375, vol. VI, c.99v riportato anche in Calegari, un meilleur ordre, t. XIII, London 1779, p. 201. Alcuni rapporti cit., p. 308. 16 L. Astrana Marín, Vida ejemplar y heroica de 21 Il documento è conservato all’Archivio Segre- Miguel de Cervantes Saavedra, Madrid 1948, t. III, to Vaticano, arm. 60, t. XII, c. 209 e cit. da Scotoni, cap. XXXVII. La giovinezza cit., p. 73 (nota 1). 17 Scotoni, La giovinezza cit., pp.55, 69-71. 22 Ibid., p.74. Le trattative di matrimonio per Francesco Maria II 23 Diario di Francesco Maria II cit., p. 238. risalgono al 1565. Da una lettera del 24 agosto di 24 Scotoni, La giovinezza cit., p. 60; Archivio di quell’anno il cardinale di Trento, di passaggio per Stato di Firenze, Urbino, I, G, 112. Pesaro, aveva proposto a Guidubaldo II una figlia 25 Archivio Segreto Vaticano, arm.60, t. XII, del duca Alberto V di Baviera (Archivio di Stato di c.257 cit. da G. Scotoni, op.cit., pp.60,72. Firenze, Urbino, I, G, 183), ma non sappiamo se si 26 Scotoni, La giovinezza cit., pp.73-74; Biblio- riferisse a Maria Anna (1551-1608) o a Massimiliana teca Oliveriana, Pesaro ms. 375, vol. VI, c.115r. Anna (1552-1614), poiché da una relazione dell’epo- 27 Rodríguez Marín, La Filida cit. pp. 34-35. ca la possibile sposa era descritta tredicenne o poco 28 L’originale del patto matrimoniale Capitula- più, età compatibile in quell’anno (1565) con quella ciones matrimoniales, cartas de dote y arras, y otros di entrambe le duchessine. La perplessità di Guidu- documentos referentes al casamiento de Magdale- baldo II in merito al matrimonio di Francesco Maria na Girón, hija de Juan Téllez-Girón y María de la II con una delle duchesse di Baviera a motivo della Cueva, con Jorge Alencastre, duque de Aveiro y mar- scarsa dote di cui esse disponevano, è manifestata in qués de Torres Novas è conservato a Toledo, Archivo una sua lettera autografa al figlio a Madrid, datata 15 Histórico de la Nobleza, Osuna, c. 9, d. 26-27. agosto 1566, in Biblioteca Oliveriana di Pesaro, ms. 29 Rodríguez Marín, La Filida cit. p. 49. 375 (Monumenti Rovereschi), vol. VI, cc.33-35. 30 La tesi fu sostenuta da Rodríguez Marín, La 18 Astrana Marín, Vida ejemplar cit., cap. Filida cit. XXXVII. 31 M. Kusche, Retratos y retratadores. Alonso 19 Il brano, tratto da un documento conservato Sánchez Coello y sus competidores Sofonisba Anguis- all’Archivio Segreto Vaticano, arm. 60, t. XII, c. 257 sola, Jorge de la Rúa y Rolán Moys, Madrid 2003. e ricordato da M.G. Tacchi, Guidubaldo Della Rove- 32 Nell’inventario Machirelli-Giordani l’opera re e i suoi rapporti con la Spagna, tesi di laurea, re- è indicata come «scuola del Barocci», tesi ripresa latore R. Molinelli, Università degli studi di Urbino, da Calegari, Alcuni rapporti cit., p.320 nota 7, ed è Magistero, a.a. 1968-69, p.154, è riportato nel fonda- tuttora esposta con tale dicitura anche al Museo ci- mentale saggio di G. Calegari, Alcuni rapporti tra i vico pesarese. Più recentemente l’esimia studiosa ha Della Rovere e la corte spagnola, in Aa.vv., Pesaro espresso parere favorevole sulla paternità del Baroc- nell’età dei Della Rovere, “Historica Pisaurensia” III, ci. 2, Venezia 2001, pp. 307-322: 308, al quale rimandia- 33 Diario di Francesco Maria II cit., p. 10. L’ex- mo anche per la bibliografia sui rapporti tra le corti pediente de concesion è all’Archivio Historico Na- roveresca e spagnola. Le preoccupazioni di Guidu- cional di Madrid, Estado, 7690, exp. 26. baldo II per le eccessive spese del principe a Madrid 34 Urbania, Museo Civico, inv. 28, olio su tela risalivano al febbraio 1567, nel quale perveniva al cm. 120x94. Aa.vv., Gli ultimi Della Rovere. Il cre- duca di Urbino una nuova richiesta di denaro da parte puscolo del Ducato di Urbino, Quaderni della Soprin- del figlio, pressato dai mercanti e dai banchieri che gli tendenza per i Beni artistici e storici delle Marche, avevano fatto credito. Nel gennaio 1568 Ruy Gomez Urbino, cur. P. Dal Poggetto e B. Montevecchi,

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2000, p. 33-34 (con nota di A. Marchi). Al dipinto è ro nell’età dei Della Rovere, III, 1, Venezia, 1998, dedicata anche una dettagliata scheda di M. Moret- pp.293-295. ti in Aa.vv., I Della Rovere. Piero della Francesca, 39 Per il quadro della Fondazione Cassa di Ri- Raffaello, Tiziano cit., p. 459 con bibliografia prece- sparmio di Pesaro si veda Fondazione Cassa di Ri- dente. Il quadro viene ivi attribuito genericamente a sparmio di Pesaro. Palazzo Montani Antaldi. Le un “pittore roveresco”. collezioni d’arte, (a cura di A. Ambrosini Massari) 35 Giardini et al. (a cura), Dipinti e disegni cit., Urbania, 2013, p. 93 n. 10 (con nota della Curatrice), pp. 256-259 n. 343l (scheda di C. Barletta, con bi- per l’opera di Giorgio Picchi in generale cfr. M. Mo- bliografia precedente). retti, Giorgio Picchi da Casteldurante, in Aa.Vv., 36 Documenti urbinati. Inventari del Palazzo Du- Nel segno di Barocci. Allievi e seguaci tra Marche, cale (1582-1631) cit., p. 353. Umbria e Siena, Milano, 2005, pp. 198-219. 37 Il dipinto, olio su tela cm 110 × 94,50 circa, 40 Asta Dorotheum 19 aprile 2016 lotto n 17 olio già presso l’antiquario Bellesi di Londra, è riprodot- su tela cm 120x 94,50. to anche nella Fototeca Zeri al n. 40725 assieme ad 41 Documenti urbinati. Inventari del Palazzo Du- una sua replica, sostanzialmente identica, entrambe cale (1582-1631) cit., p. 364. Una copia del dipinto le opere con l’attribuzione generica a un non meglio in esame, realizzato su tavola, è descritto nel citato identificato “pittore veneziano”. Inventario al n. 341 come: «Quadri uno in tavola col 38 Si segnala di questo dipinto una copia al retratto di Mad[am]a Ser[enissi]ma con una veste ne- Kunsthistorisches Museum di Vienna (inv. n.179) gra, perle et gioie al collo et retratto del duca G[u] ed un’altra in miniatura al Metropolitan Museum di idibaldo in uno scattolino in mano”; ibid., p. 348. New York – con alcune varianti – olio su rame, ca. 42 Giardini et al. (a cura), Dipinti e disegni cit., 1580–85, cm 14 x 10.2, dono Arthur Ochs Sulzber- pp. 256-59 n. 343c, (scheda di C. Barletta, con biblio- ger, inv. n. 2009.22, identificabile con la miniatura grafia precedente). elencata assieme ad altre undici dipinte su rame e 43 La lieve differenza di altezza tra i due dipinti raffiguranti i Della Rovere ricordate nell’Inventa- (quello con Guidubaldo II appare di circa 10 cm infe- rio del Guardaroba del palazzo ducale di Pesaro del riore in altezza) è dovuto sicuramente ad una riduzio- 1623-24 a carta 54v al n. 358. Cfr. F. Sangiorgi, ne della tela operata in vecchi restauri. op.cit. p. 349. Su questa armatura si veda D. Dio- 44 Giardini et al. (a cura), Dipinti e disegni cit., tallevi, Le armi dei Della Rovere, in Aa.Vv. Pesa- pp. 256-259 n. 343f ed i.

114 La contea di Colle Lungo (Stato di Urbino)

di

Stefano Lancioni

Colle Lungo è una piccola contea (135 ettari circa) esistita per neanche un secolo (dal 1721 al 1816): il suo territorio si esten- deva all’interno dell’attuale comune di Apecchio (PU), tra i distretti di Pietragialla e Montevicino, entrambi appartenenti agli Ubaldini di Apecchio (poi, dal 1752, diretta- mente amministrati dalla Reverenda camera apostolica). L’origine del piccolo distretto ammini- strativo (poi contea) risale tuttavia quasi a due secoli prima quando, nella seconda metà del Cinquecento, a causa dei continui litigi di due rami dei conti di Montevicino (che controllavano Castiglione San Bar- tolo, Montevicino, Baciuccheto e tredici famiglie di Apecchio), il piccolo territorio fu scorporato da quello di Montevicino. Si moltiplicavano infatti i contrasti all’inter- no della consorteria feudale, divisa in due rami, facenti capo ai fratelli Federico e Girolamo (entrambi figli di Baldinaccio) che esercitarono congiuntamente la giu- risdizione sui quattro territori dagli anni venti del XVI secolo 1:morto il secondo (tra 1543 e 1544) e morti anche, negli Territorio di Colle Lungo (Archivio di Stato di anni successivi, i conti Scipione e Claudio Pesaro, Cessato Catasto Pontificio, Cagli, A5, (figli del conte Girolamo), era rimasta la Collelungo, mappa 00). loro madre Orivia (vedova del conte Giro- lamo), per altro ben introdotta nella corte ducale: prestava servizio, come dama di compagnia, presso Virginia della Rovere,

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«sorella del signor Duca», che avrebbe se- et di esso conte Girolamo fatto instanza, guito anche a Gravina 2. che si astringa il conte Federico parimen- Federico Ubaldini già dopo la morte del ti degli Ubaldini fratello del marito, che fratello aveva provato a reclamare l’intera venga alla divisione con lei in nome di giurisdizione dato che i nipoti erano, secon- chi ella interviene del dominio, il quale do lui, indegni di esercitarla per gli omicidi era comune a lui et al conte Scipione, et commessi (Scipione aveva ucciso il cugino ora è indiviso tra le parti posseduto fin Carlo; Claudio, secondo il conte Federico, qui, senza divisione dall’uno e dall’al- addirittura il padre), ma senza successo 3. tro, e noi per questo avutane buona in- Un nuovo tentativo del conte Federico di formazione, per chiarire quanto permette ottenere il controllo dell’intero feudo dopo la giustizia, e ritrovato essere di ragione la morte dei nipoti (morti l’uno a Siena nel che detta divisione si faccia ufficialmen- 1554 4, l’altro a Borgo San Donnino, in te per lo esercizio e comodità di questa, Lombardia, prima di tale data 5), suscitò la e di quello, dichiariamo, e vogliamo che netta opposizione della cognata, che ricorse ve ne andiate sul fatto et la facciate voi al duca di Urbino. con sincerità giustamente, di tal sorte che In un primo momento Guidubaldo II ciascuno di essi senza disequalità alcu- della Rovere, il 18 maggio 1554, ordinava na ne abbia la rata sua, chiamando prima al luogotenente d’Urbino di restituire «a tutti che vi hanno interesse, e consegnan- Madonna Orivia la giurisdizione, e domi- do poi a ciascuno la porzione che gli toc- nio, con tutto il resto, che possedeva il conte ca. De’ quali se alcuno non volesse com- Scipione suo figliuolo sinché sarà finita la parire per accettarla, lasciavetela voi per lite, che verte tra Lei, et il conte Federico consegnatala con la dichiarazione che vi Ubaldini, senza però pregiudizio de nessu- parrà ragionevole. Ma perché di mente na delle parti» 6. nostra non è di fare mai pregiudizio ve- Quindi, alla fine del 1555, persisten- runo a persona nessuna, diciamo ancora do i contrasti tra Federico e Orivia (ed es- che non intendiamo per questa nostra di- sendo pervenuta notizie sicure sulla morte chiarazione, e divisione, che farete voi, del conte Scipione), il duca Guidubaldo II ne abbia a seguir nessun pregiudizio alli ordinava al conte Federico di dividere «le detti interessati circa la proprietà del comodità et frutti» dei beni contesi 7 e, es- dominio, la comodità del quale ora ne sendo impossibile una gestione condivisa commettiamo che dividiate. Solleciterete del feudo, anche di dividerlo in due parti, dunque più che potete di venire ad effet- indipendenti l’una dall’altra. Tale decisione to de la presente nostra commissione. Di venne comunicata dal duca al luogotenente Pesaro li 19 di gennaro del 56 8. di Urbino (incaricato di effettuare l’opera- zione) nel gennaio 1556: Qualche giorno dopo, il 23 gennaio 1556, illuogotenente di Urbino si trovava Madonna Orivia moglie già del con- nel castello di Montevicino, dove convo- te Girolamo Baldinatio degli Ubaldini cava sia la contessa Orivia sia il conte Fe- avendone più volte dopo la morte del derico 9. Quest’ultimo, avuta notizia della conte Scipione suo figliuolo nato di lei decisione ducale, dichiarava

116 Stefano Lancioni La contea di Colle Lungo (Stato di Urbino)

quod ullo modo non intendit nec vult Nell’altra parte furono inserite le restanti consentire assertae divisioni, nec alicui famiglie di Montevicino («omnes reliquas actui fiendo super divisione dictorum familias… castri Montis Vicini») e tutte castrorum, nec consentire quod dictum quelle di Castiglione S. Bartolo. castrum et iurisdiciones, iura regalia, La prima rata fu affidata al conte Fede- comoditates et exercitia dividantur cum rico (che, pur mantenendo ferma la sua op- predicta domina Orivia una cum suis fi- posizione di principio alla divisione, di fatto liabus non poteva opporsi ad essa), la seconda alla contessa Orivia 10. in quanto spettanti per diritto feudale ai soli Da questo momento Collungo, ap- maschi. partenente originariamente al distretto di A sua volta il Luogotenente dichiarò di Montevicino, si trovò legato al feudo di voler obbedire alle lettere ducali e ammo- Baciuccheto, da cui era territorialmente di- nì il conte Federico ad essere presente il viso (aspetto che per altro non era a quel giorno dopo e nei giorni successivi per la tempo particolarmente importante). Anche divisione. Venne a questo punto registrata quando, nel 1593, alla morte della contes- un’ulteriore protesta del conte Federico che sa Orivia, il feudo fu riunificato dai nipoti minacciò di portar direttamente le sue ra- del conte Federico (Cesare, Federico e Car- gioni davanti al principe e agli uditori duca- lo, figli di Antonio Maria Ubaldini, a sua li (il che suona patetico, dato che la volontà volta figlio del conte Federico) 11, la rata in ducale è chiarissima). questione non fu più considerata parte del Il giorno successivo, alla presenza della territorio di Montevicino ma amministrata sola contessa Orivia, attestata l’assenza del insieme a Baciuccheto. E, nel 1615, in una conte Federico, veniva dal luogotenente fat- successiva divisione della casa (Carlo Ubal- ta la divisione dell’intero feudo in due par- dini da una parte e i nipoti Giulio e Clemen- ti equivalenti. In una parte furono inserite te Ubaldini, figli di Cesare Ubaldini dall’al- tutte le famiglie di Apecchio, tutte quelle di tra), Collungo, ormai considerato a tutti gli Baciuccheto e, «pro adequatione ipsarum effetti facente parte di Baciuccheto, venne partium», alcune famiglie di Montevici- assegnato, come questo centro e come Ca- no residenti a Colle Lungo (in particolare: stiglione S. Bartolo, ai secondi 12. le famiglie «heredum To[..]i de Collongo, Circa trenta anni dopo, nel 1649,alla Magnani de Collongo, Marini de Collongo, morte del conte Giulio, apparentemente Francisci Cilij de Collongo, Crencentij Pauli senza eredi (era già morto il fratello Cle- de Collongo, heredum Bettini de Collongo, mente), i due territori di Baciuccheto (con Bedini comitis Nardi, heredum Bartholomei Colle Lungo) e Castiglione S. Bartolo ven- comitis Nardi et Bernutij pro eo tamen quod nero devoluti alla Reverenda camera apo- ipse Bernutius possidet et tenet in Collon- stolica; i due feudi furono pertanto ammi- go»). La piccola località di Colle Lungo (o nistrati dal podestà di S. Angelo in Vado 13. Collongo), situata ai confini occidentali del In realtà c’erano due figli, che il conte distretto di Montevicino, si trovò pertanto, Giulio aveva avuto da una sua domestica, da questo momento scorporato dal resto del con cui aveva contratto, prima di morire, un distretto, a cui in precedenza apparteneva. matrimonio segreto: Angelo Maria e France-

117 Studi pesaresi 7.2019 sco Maria. I due iniziarono una lunghissima vendo, non era ancora pervenuto il neces- (e costosa) causa per dimostrare che, essen- sario chirografo pontificio (il conte Giulio do figli legittimi dell’ultimo conte, avevano Cesare attribuisce la mancata autorizzazio- diritto ai beni e alle giurisdizioni. La causa ne all’ostilità del cardinale Albani in quanto fu, «sin dall’anno 1667 lì 15 novembre per il Gaci era forestiero) 17. rogito di pubblico notaro», sostenuta finan- Nella stessa lettera il conte Giulio Cesa- ziariamente dai fratelli Ottavio, Orazio e re alludeva alla possibilità di rescindere tale Alessandro Boni e, dopo quarant’anni da contratto, ma poi evidentemente non se ne tale data (e dopo cinquantasette anni dalla fece nulla e il passaggio fu ratificato. Infatti, morte del conte Giulio (erano nel frattempo un’annotazione del Ghigi, presente in una morti Francesco Maria Ubaldini, Ottavio ed raccolta di memorie sulla famiglia Gaci di Orazio Boni; Angelo Maria si era sposato e Castiglion Fiorentino, viene precisato che i aveva un figlio, Giulio Cesare) si concluse conti Angelo (Maria) e Giulio (Cesare) ven- positivamente per i richiedenti. Così, tra la dettero la contea di Colle Lungo ai fratelli fine di giugno e l’inizio di luglio 1706 An- Bartolomeo e Neri Gaci con chirografo se- gelo Maria Ubaldini entrò in possesso del- gnato da papa Benedetto XIII il 27 settem- la giurisdizione di Baciuccheto (con Colle bre 1721 18. Lungo) e Castiglione S. Bartolo 14. Ma ormai la famiglia comitale aveva accumulato nel frattempo vari debiti e per- I conti Gaci tanto, progressivamente, vendette tali giuri- sdizioni, a rate, ai vari creditori: toccò dap- Dubito che i conti Gaci si siano mai fatti prima a Castiglione S. Bartolo che, tra 1707 vedere nel loro microfeudo di Colle Lungo, e 1708, venne vendute, in due rate, parte ai tant’è che, nelle lettere ufficiali della lega- Boni di Urbino, parte ai Brozzi di Arezzo 15. zione, indirizzate ai fari funzionari delle Fu la volta quindi di Colle Lungo, come ve- zone vicine, si confessa l’ignoranza su co- dremo, nel 1721. loro che erano titolari del feudo e anche il Il figlio di Angelo Maria, Giulio Cesare, cognome della famiglia è spesso storpiato non troppo contento dalla vendita di Casti- in Gaggi, o addirittura Gatti. Essendo gli glione (in una sua lettera indirizzata al car- abitanti del feudo solo una quindicina (in dinal Albani, accenna al fatto che il padre, tre abitazioni, come si vedrà, in un crinale spinto dalla sorella e per saldare un debito di una montagna appenninica) e essendo i di 500 scudi, aveva venduto una giurisdi- detentori dello stesso degli stranieri, abitan- zione che valeva 3000 scudi per 1200 e ma- ti in Toscana, non troppi avevano informa- nifesta l’intenzione di intentare una causa zioni su di loro. per recuperarla) 16, ci informa che, oltre a La famiglia Gaci era originaria di Ca- Castiglione, il conte Angelo Maria si era stiglion Fiorentino (Arezzo), da dove poi si accordato per vendere, già nel 1717, anche diffuse ad Orvieto (fu ascritta tra i nobili dei «tre famiglie annesse dal nostro feudo di quella città nel 1577), Firenze (Bernardino Basciucheto [evidentemente Colle Lungo] Gaci ottenne la cittadinanza fiorentina nel per scudi 125 romani» al signor Bartolomeo 1640) e Cortona (ebbe la nobiltà in quella Gaci ma che, al momento in cui stava scri- città nel 1764) 19.

118 Stefano Lancioni La contea di Colle Lungo (Stato di Urbino)

Ripartizioni amministrative e feu- dali della zona di Apecchio (situa- zione nel XVIII secolo).

Nei primi decenni del Settecento (nel nardino Gaci (altro ramo della famiglia) di 1721, ma le trattative erano iniziate diversi Castiglion Fiorentino 24. Neri Cesare si spo- anni prima, come visto) Neri Bartolomeo sò quindi con Giacobba dei marchesi Elisei Gaci (ricordato anche come Neri Gaci), fi- di Foligno, da cui «ebbe due figli, il conte glio di Giovanni Battista e Ottavia Onesti, Giuseppe e il conte Pietro. In prima non si nato il 25 agosto 1673, acquistò la picco- amarono tra fratelli: anzi è voce che il con- la contea (tre famiglie), dal conte Angelo te Giuseppe, datosi al Partito Giacobino, il Maria Ubaldini, insieme al fratello Barto- fratello lo denunciasse, e però fosse tenuto lomeo, celebre avvocato (famoso per aver carcerato nello Stato Romano» 25. composto, tra l’altro, un dizionario legale La simpatia di Giuseppe Gaci per il “par- pratico in moltissimi tomi) 20. tito giacobino” viene anche ricordata in altri Da Neri Gaci e da Diamante Ranuz- aneddoti e da altri documenti: il Ghigi ri- zi di Città di Castello nacquero Giuseppe corda testualmente che, all’arrivo dei Fran- Pandolfo, nato il 19 agosto 1706 (ricorda- cesi «dicea vender la contea per un falcone» to anche semplicemente come Giuseppe (e la contea in questione non può essere che Gaci) 21, e suo fratello Giovanni Battista quella di Colle Lungo); che venne ordinato (anch’egli avvocato) 22. al vicario di Arezzo, durante il periodo fran- Fu la volta quindi di Neri Cesare (figlio cese, dal presidente del Buongoverno, che di Giuseppe e Angiola Nucciarelli dei si- richiamasse Giuseppe Gaci «e gli dica che il gnori di Fasciano, nobili di Cortona), nato il nuovo governo non tutelerà chi si allontana 24 gennaio 1735 23. Ebbe due sorelle, Mu- dalla retta via e che la libertà del nuovo or- stiola e Curzia, sposatesi rispettivamente dine di cose non può confondersi con la li- conDario Sassi di Assisi e con il balì Ber- cenza»; che quando gli insorgenti del “viva

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Maria” entrarono a Castiglion Fiorentino come appare dalle fonti, saltuariamente e in (maggio 1799) venne arrestato e condotto condivisione con più feudi vicini. alle scuole normali (in tale occasione pensò Anche se non specificamente indicato, che sarebbe stato giustiziato: venne invece possiamo pensare che l’unico “fastidio” inviato in prigione a Perugia). «Pochi mesi per i possidenti di Colle Lungo fosse il pa- dopo, arrivati gli Austriaci, troveremo un gamento della colletta sopra terreni e alli- carteggio fra il Vicario di Castiglioni ed il brato, ma, non essendo giunto nessun do- nuovo Presidente del Buongoverno – d’ac- cumento in merito, anche questa è solo una cordo con il padre – volto a obbligare il congettura. Tale colletta si sarebbe pagata Gaci ad arruolarsi nella truppa Austriaca, forse il 10 luglio «alla ragione di un quattri- per calmare i suoi ardenti spiriti» 26. no ducale per ogni fiorino ducale» se la pic- Morto quindi il conte Neri Cesare il 28 cola comunità avesse continuato a seguire febbraio 1814, quando ancora la situazione le norme di Montevicino; il 15 agosto «alla politica della legazione era fluida, teorica- ragione di sei bolognini ducali per ogni 100 mente subentrò proprio il figlio Giuseppe fiorini ducali» se si fosse seguite quelle di (sposatosi con Tommasa Paglicci nel 1791), Baciuccheto 28. Naturalmente, come si ve- il quale però non sappiamo se abbia mai drà in seguito, fu molto più impegnativa la preso il possesso del feudo (come vedremo richiesta della Reverenda camera apostoli- amministrato in quegli anni dal podestà di ca del pagamento di tasse arretrate, intorno Apecchio) che in ogni caso, di lì a poco, fu alla metà del secolo (la riscossione coinvol- abolito, insieme agli altri feudi dello Stato se la comunità di Baciuccheto, alla quale, pontifico, il 6 luglio 1816 27. come visto, Colle Lungo era associata e in cui venne, almeno per tali arretrati, giuridi- camente assimilata). L’amministrazione Data la piccolezza del feudo, i titolari della giurisdizione avevano deciso di af- Il piccolo feudo di Colle Lungo, malgra- fidare l’amministrazione di più feudi con- do sia stato denominato nel Settecento con tigui ad uno stesso governatore: nel 1755 il pomposo nome di “contea”, non assunse tale carica era ricoperta da Gaetano Palto- mai l’aspetto di una vera comunità, data l’e- ni, residente in zona (a Baciuccheto), che siguità del territorio (tre case, 135 ettari cir- amministrava sia la contea del Fumo (degli ca) e della popolazione (una quindicina di Ubaldini di Jesi), sia la rata di Castiglione anime): non sono state trovate indicazioni di proprietà dei Boni di Urbino, sia Colle sulla presenza di case della comunità, con- Lungo del conte Gaci 29.In quell’anno la sigli di comunità (come c’era nel contiguo, Camera apostolica richiese a tutti i feudata- ma molto più grande e articolato, feudo di ri della legazione di dimostrare il legittimo Montevicino, da cui in origine Colle Lungo possesso dei titoli per valutare i diritti con dipendeva), archivi, scritture, entrate o usci- cui esercitavano la giurisdizione e preveni- te comunitative, o salariati (chirurgo, mae- re eventuali abusi: il commissario pertanto stro, ecc.). Il feudatario non aveva beni nel informò il conte Neri Cesare Gaci, che il 7 feudo e l’unico funzionario comitale atte- novembre 1755 scriveva da Città di Castel- stato è il commissario, peraltro presente,da lo a sua eminenza fornendo diverse infor-

120 Stefano Lancioni La contea di Colle Lungo (Stato di Urbino) mazioni riguardanti sia la richiesta di invio Sua Santità, né ho mai avuto in pensiero di dei documenti (che avrebbe raccolto e pre- disobbedire Vostra Eminenza che con tanta sto mandati), sia una richiesta di pagamento benignità si è compiaciuta manifestare»). Il di apposita colletta. Gagi infatti aveva inviato tutte le scritture Si trattava infatti di 29.24.4 scudi di ar- riguardanti il possesso del feudo a Roma, a retrati che la Tesoreria romana pretendeva monsignor Tesoriere e al signor Cesare Ri- dall’intero Baciuccheto e che quella comu- dolfi, uno dei segretari di Camera 33. nità aveva chiesto di dividere con gli ex territori della comunità, cioè con le contee Il successivo documento rintracciabi- Gaci e Marsili (quest’ultima era la “contea le nell’Archivio di Pesaro della contea di di Collerosso”, altro piccolo feudo della Colle Lungo è del 1794, quando la «Con- zona, creata dalla vendita di tre abitazioni di tea Gaggi» (sic!) era amministrata dal vice- Baciuccheto fatta nel 1725 da Giulio Cesare conte del vicino microfeudo diColle degli Ubaldini) 30. Precisiamo che gli ultimi dati Stregoni, come appare da una lettera di don attendibili (censimento del 1736), contava- Giambattista Ghigi, commissario di questa no per Baciuccheto 106 anime, di cui 75 del contea: feudo dei conti Ubaldini di Apecchio (nel 1752 devoluto alla Santa Sede per la linea Atteso la mia assenza, non ho potuto finita di quei conti), 15 della contea Marsili prima dar risposta all’Eminenza Vostra e 16 di quella Gaci (11 anime della cura di rapporto all’assegna delle anime che Santa Maria del Colle di Montevicino e 5 sono nella contea Gaggi, annessa a quel- della cura di San Patrignano di Montevici- la del mio signor conte Antonelli come no) 31. l’Eminenza Vostra m’indicò nel suo fo- Il conte Neri Cesare nella lettera indi- glio di 23 del corrente. La suddetta con- rizza al legato di Urbino precisa che, negli tea Gaggi dunque non è composta solo anni precedenti, avevano amministrato il che di quindici persone 34. feudo (essendo il Gaci minorenne ed essen- do evidentemente deceduto il padre) lo zio, Sembra pertanto che l’amministrazione «signor Emilio Ranuzzi, e il cognato, signor della contea continuasse ad essere attribuita balì Bernardino Gaci»; che costoro non a personaggi della zona con qualche compe- avevano fatto quello che dovevano per esso tenza nell’amministrazione di piccoli luo- all’Eminenza vostra»; che i «vassalli» (cioè ghi feudali e che, per il resto, il conte Neri i sudditi del feudo) erano pochi(«diecisette Cesare non si sia dato troppe preoccupazio- persone in circa)» e «miserabili», tanto che, ni nella gestione dell’amministrazione: del secondo lui, non era opportuno far pagare resto in quegli anni aveva problemi fami- loro la colletta 32. liari ben più gravi da affrontare, non solo L’anno successivo, ancora da Città di in campo politico (Castiglion Fiorentino e i Castello, Neri Cesare Gagi scriveva giusti- Gaci, come visto, si trovarono a dover sce- ficando il ritardo per l’invio della documen- gliere tra Francesi, insorgenti, Austriaci), tazione richiesta riguardante il possesso del ma anche familiari: il contrasto con il figlio feudo di Collungo («Né io mai ho avuto tan- Giuseppe, aderente al “partito giacobino” to ardire di esser contumace agli ordini di (e poi costretto ad arruolarsi con gli Au-

121 Studi pesaresi 7.2019 striaci) condusse ad un ricorso di Giuseppe Somma in tutto scudi 2674:39:4 alla Ruota fiorentina per ottenere quelli che dei due feudi: reputava suoi diritti (1797) 35; anche i rap- Dativa reale scudi 16:04:2 porticon la nuora, Tommasa Paglicci Gaci, di pavoli 6%: riguardanti l’educazione del nipote (il non- no voleva che fosse inviato in un collegio Possidenza 779:82 di Cortona, la madre al seminario vescovile di Colle Stregone di Pistoia), non dovettero essere particolar- Possidenza 1894:57:4 mente cordiali 36. di Collungo In ogni caso le successive vicende poli- Dativa reale 4:67:4 tiche degli anni 1796-1800 (guerra, occu- di Colle Stregone pazione dei Francesi, insorgenza) accreb- Dativa reale 11:36:3 bero la confusione. Purtroppo nei confusi di Collungo elenchi predisposti dai Francesi, che, ad esempio, il 22 marzo 1798 (2 germinale Dopo un tentativo di addossare ammini- anno VI), istituirono il dipartimento del strazione e riscossione delle imposte a don Metauro, non compare il toponimo di Col- Giambattista Ghigi, viceconte della conte di lelungo (per altro non sono menzionate Colle Stregone, che però rifiutò, la comu- neanche Pietragialla, Colle degli Strego- nità venne unita, nello stesso mese di giu- ni e Baciuccheto): è probabile che queste gno 1801, a quella di Apecchio, in attesa di piccole comunità di montagna siano sta- notizie da parte dell’avente diritto, il conte ti semplicemente dimenticate in quelle Gaggi (di cui si ignorava ad Apecchio qual- confuse circostanze o che venne dato per siasi informazione) 38. scontato che facessero capo alla comunità Nell’ultima occupazione napoleonica, più vicina. quella del Regno d’Italia (1807-1813), in- Nel 1801, al ritorno dei funzionari vece Colle lungo si trovava inserito nel mu- pontifici dopo la parentesi “giacobina”, la nicipio di Apecchio, insieme a Pietragial- contea ricostituita era senza giusdicente la, Montevicino, Fagnille e i piccoli feudi (o viceconte) e c’era addiritturaincertezza di Constrengone (= Colle degli Stregoni), anche su qual fosse il feudatario al quale Carlano, Migliara, Monte Fiore e contea del apparteneva: in un primo momento il po- Fumo 39. destà di Apecchio, tale Ottavio Gasparini, ebbe l’informazione che la conte non ap- parteneva al «conte Gatti» (come aveva Dopo l’abolizione della feudalità saputo), ma «ad un certo conte Gaggi, di 37 cui s’ignora e la patria e i domicilio» . Ritornati i legittimi detentori alla cadu- Inviava nella stessa missiva anche il fo- ta del napoleonico Regno d’Italia (1814), i glio con partite separate, in cui risultava feudi ebbero tuttavia vita breve. Il cardinal quanto segue dei due feudi di Colle Stre- Consalvi, segretario di Stato, rifiutando il ri- gone e Colle Lungo: torno al particolarismo feudale e comunale dell’antico regime, fece approvare una delle leggi più significative del suo segretariato

122 Stefano Lancioni La contea di Colle Lungo (Stato di Urbino) di Stato: il motu proprio 6 luglio 1816. Ven- Apecchio, aveva la seguente ripartizione nero in tale occasione abolite tutte le giuri- territoriale e vedeva ridotti gli appodiati sdizioni baronali e feudali esistenti, prima solo a quattro: «Carda e Serravalle» (559 dell’arrivo dei Francesi, nelle province di abitanti), «Carlano con Montefiore e Mi- seconda recupera dello Stato della Chiesa gliara» (183 abitanti), «Montevicino» (242 (Bologna e le Legazioni, le Marche e Be- abitanti) e «Pietragialla con Colle Rosso e nevento) 40 e si cercò di rendere uniforme Colle Stregone» 44. Colle Lungo, pertanto, l’amministrazione comunale e di riorganiz- si trovò, insieme a Colle Stregone e a Colle zarla completamente con l’istituto dell’ap- Rosso, accorpato a Pietragialla. E, nel ca- podiamento, in base al quale entità ammi- tasto pontificio, «Collelungo» fu inserito nistrative minori erano “appodiate” (unite, (insieme a Collerosso, Rencarieno e Suma- appoggiate) ad una comunità principale 41. lo) tra le mappe catastali facenti capo a tale Con il riparto territoriale allegato al motu comunità. proprio, Apecchio (2032 abitanti) venne confermata comune con tutte le frazioni già avute dal precedente municipio (più Carda), Proprietà, territorio, popolazione tutte organizzate in appodiati, tra i quali fi- gurava «Colstregone, Collelongo» insieme, La popolazione era molto limitata e Col- con soli 30 abitanti. le Lungo si presentava come uno dei meno L’anno successivo però l’editto 26 no- importanti feudi della zona, come il quasi vembre 1817 sancì un nuovo riparto che contiguo Colle degli Stregoni, al quale fu, prevedeva, per Apecchio, lo scorporo della in un certo momento associato (sia nel cen- Carda (appodiato a Cantiano) e la perma- simento del 1782, sia nell’amministrazione, nenza degli altri appodiati (Carlano, Colle verso la fine del secolo XVII): sono ricorda- Rosso, Col Stregone, Migliara, Montefiore, te infatti solo tre abitazioni, in cui vivevano Montevicino e Pietragialla). Rispetto all’e- una quindicina di persone. lenco precedente mancano in tale elenco A differenza di Colle degli Stregoni, Collelungo e Fagnille, che evidentemen- però, Colle Lungo ha una mappa propria nel te erano compresi, rispettivamente, in Col Catasto Pontificio, dal quale possiamo rica- Stregone e Montevicino (ciò è confermato vare la precisa ubicazione delle abitazioni anche dai dati della popolazione, che sono e la natura e l’estensione di ogni particella gli stessi dell’editto del 1816) 42. agraria. Le case censite sono complessiva- Il successivo riparto (allegato al motu mente cinque, di cui quattro a Collelungo, proprio 21 dicembre 1827) lasciò inalterata due delle quali (una colonica e una di pro- la situazione: unica differenza è l’indicazio- prio uso) di proprietà di Berioli Ferdinando ne che Colle Stregone (che comprendeva fu Giovanni e Collesi Luigi fu Lorenzo di Colle Lungo) comprendeva non più 30, ma Città di Castello, mentre le restanti due (una 31 abitanti 43. casa colonica con corte ed una di proprio Nel Riparto territoriale dello Stato Pon- uso) di Nicolucci prete Vincenzo fu Gaspa- tificio a tutto l’anno 1833, venivano con- re di Apecchio e Berioli Ferdinando fu Gio- fermati gli appodiati del motu proprio del vanni di Città di Castello. A queste si deve 1827 con un più razionale accorpamento. aggiungere la casa colonica di Chinardi, di

123 Studi pesaresi 7.2019 proprietà di Palleri Vincenzo di Giovanni di Complessivamente i proprietari erano i Apecchio. Si tratta quindi di tre case colo- seguenti niche e due a disposizione dei proprietari.

Proprietari Estensione (in tavole) 1 Berioli Ferdinando fu Giovanni e Collesi Luigi fu Lorenzo 148,78 di Città di Castello 2 Confraternita in Pietragialla della Beata Vergine del 60,69 Carmine 3 Corsi Antonio fu Filippo di Città di Castello 32,93 4 Ferri Bernardino fu Carlo di Offredi 13,94 5 Ferri Francesco fu Carlo di Offredi 15,70 6 Ferri Andrea fu Carlo di Offredi 17,96 7 Marchetti Guido fuMarco di Collelungo ora Pagliardini 10,04 Domenico e Luigi fu Barnardino 8 Mochi Mattia fu Domenico di Apecchio 54,85 9 Nicolucci prete Vincenzo fu Gaspare di Apecchio e Berioli 416,54 Ferdinando fu Giovanni di Città di Castello 10 Olivieri Domenico, Girolamo ed Angelo fu Nicola di Che- 56,48 bicchi 11 Palleri Vincenzo di Giovanni di Apecchio 446,49 12 Parrocchia in Apecchio di San Martino del Piano possedu- 11,75 ta da Andreoni don Angelo di Ubaldo 13 Parrocchia in Montevicino di S. Paterniano posseduta da 11,12 Raggi prete Lazzaro 14 Parrocchia in Collelungo di S. Maria della Cella posseduta 55,43 da Iotti prete Giuseppe fu Angelo TOTALE 1352,70

Il territorio poi (1352,70 tavole corri- ca), mentre il seminativo era appena il 13% spondenti a 135,27 ettari), situato intera- del totale; quasi assente il bosco da frutto mente in zona montana (o di alta collina), (solo 4 ettari circa), cioè il castagneto, come era in gran parte adibito a pascolo (82% cir- si può notare dalla sottostante tabella 45.

124 Stefano Lancioni La contea di Colle Lungo (Stato di Urbino)

17 nell’anno successivo 47. Nel 1782 sono tavole % indicate complessivamente 20 anime nei Bosco ceduo 16,03 1,19 due feudi di Colle degli Stregoni e Colle Lungo 48. Nel 1795 vengono ricordate, nel Bosco da frutto 39 2,88 solo Colle degli Stregoni, 15 persone 49. Nel Case 0,84 0,06 1816 Col Stregone e Colle Lungo hanno in- sieme 30 anime 50. Pascolo 1109,1 81,99 Nel 1853, quando fu organizzato l’ulti- Seminativo 176,53 13,05 mo censimento dello Stato pontificio, abita- Sterile 11,2 0,83 vano nel territorio di Colle Lungo solo due famiglie di coloni. A Chitofani (parrocchia TOTALE 1352,7 100,00 di Santa Maria di Celle) i due fratelli Valen- tini, Domenico e Luigi (entrambi sposati, La popolazione attestata nei secoli XVIII con madre e familiari: in tutto otto persone), e XIX era di una quindicina di persone. Nel nella parrocchia di Santa Maria di Celle 51; 1754 si contavano 16 anime (11 nella cura a Chinardi (parrocchia di San Patrignano e di Santa Maria del Colle, 5 nella cura di SS. Filippo e Giacomo) la famiglia di Tassi Montevicino, come già visto) 46, passati a Pietro (in tutto 6 componenti) 52.

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1 Archivio di Stato di Pesaro (d’ora in poi Asp), 8 Ivi, b. 10, LXI, lettera del Duca di Urbino al Legazione (d’ora in poi Leg.), Feudi, b. 10, LXI, let- luogotenente di Urbino (cfr. ivi, b. 9, v. 8523, LXI C). tera del duca di Urbino al luogotenente di Urbino 9 Ivi, cc. 398r-407v. (cfr. ivi, b. 9, v. 8523, LXI C). Stefano Lancioni, Gli 10 Ivi, cc. 398r-407v. Ubaldini di Montevicino e Baciuccheto, Fano 2006, 11 Lancioni, Gli Ubaldini di Montevicino cit., pp. 25 ss. p. 48. 2 Questo era il giudizio del conte Gentile Ubaldi- 12 Ibid., p. 59. ni di Apecchio nel 1592: «Et si diceva che lo teneva 13 Ibid., p. 86. per gratia del signor Duca perché servì già la signora 14 Ibidem. Donna Virginia, et andò a servirla per anco a Gravi- 15 Ibid., p. 87. na»: Biblioteca Universitaria di Urbino (d’ora in poi 16 Archivio Digitale Albani (http://www.archi- Bpu), ms. 157 (Miscellanea), Processum civile con- vioalbani.it/), segnatura 3-23-514, anno 1717. fectum in causa habita ad ann. 1592 a nobilibus viris 17 Ivi. Caesare, Federico, Carolo et Ubaldino de clarissima 18 Biblioteca comunale di Castiglion Fiorentini, gente Ubaldina de Carda dicta cum haeredibus Uri- (d’ora in poi Bccf), fondo Ghizzi, manoscritto 521. La viae Falleriae de Bonis quondam comitissae Montis notizia è nelle pagine iniziali (l’intera busta contiene Vicini, et Castilionis S. Bartholi, super successione carte non numerate). in dicto dominio, et jurisdictione (d’ora in poi Pro- 19 Vittorio Spreti, Enciclopedia storico.nobilia- cessum), copiato dal notaio Pietro Paolo Torelli di re italiana, III, Milano 1930, p. 302. Cupramontana, 9 ottobre 1788, n. 30). Concorda con 20 In Asp, Leg., b. 16, fede di don Michelangelo tale giudizio anche il capitano Federico Biocchino di Casucci sagrestano della collegiata di San Giuliano Urbino (Ivi, n. 19). della terra di Castiglion Fiorentino diocesi di Arezzo, 3 Davanti al vicario della cattedrale di Urbino tratta dal libro dei battezzati dellastessa parrocchia. e al canonico Giovanni Antonio Battiferro (deputa- Le indicazioni sulla professione e sull’opera compo- ti giudici della causa dalla Santa Sede), la contes- sta sono in F. Fucini, Compendio della storia della sa Orivia (madre dei due) e il conte Bernardino di famiglia Gaci nella Terra di Castiglione, lavoro non Pecorari dichiararono che i due convocati erano ir- pubblicato, presente in Bccf. reperibili, chiesero tempo per notificare le richieste 21 Asp, Leg., b. 16, fede di don Michelangelo Ca- (anche allegando le scuse che i due avevano portato succi sagrestano della collegiata di San Giuliano della con loro documenti importanti) e chiesero un tutore terra di Castiglion Fiorentino diocesi di Arezzo, tratta per le sorelle Cornelia e Porzia (minori di anni 25) dal libro dei battezzati dellastessa parrocchia. degli assenti (Lancioni, Gli Ubaldini di Montevicino 22 Bccf, Ghizzi,, ms 521, albero genealogico. cit., p. 18). 23 Asp, Leg., b. 16, fede di don Michelangelo Ca- 4 Alessandro Sozzini, Diario delle cose avvenu- succi sagrestano della collegiata di San Giuliano della te in Siena, dal 20 luglio 1550 a 28 giugno 1555, in terra di Castiglion Fiorentino diocesi di Arezzo, tratta “Archivio Storico Italiano”, tomo II, Firenze, 1842, dal libro dei battezzati dellastessa parrocchia; Bccf, pp. 204-205 (8 aprile 1554). Ghizzi, ms. 521. 5 Bpu, ms. 157 (Miscellanea), Processum, n. 31 24 Bccf, Ghizzi, ms 521, albero genealogico. testimonianza di Dominus Jo Innocentus Tardutius de 25 Ivi. Le brevi informazioni biografiche sul conte Barchi, 18 agosto 1592. Giuseppe sono state scritte dal Ghizzi in uno dei fogli 6 Asp, Leg., Feudi, b. 12, v. 8531, LV, 18 maggio successivi (al cui fianco, in rosso, c’è il numero 21). 1554. 26 Santino Gallorini, La primavera del “Viva 7 Ivi, LXV, 20 novembre 1555: Al conte Federico Maria”, Cortona 1999, pp. 211-212. che ha quindici giorni di dividere con madonna Ori- 27 Bccf, Ghizzi, ms 521, albero genealogico. Il via le comodità et frutti dei beni che contendono fra conte Giuseppe sposò, in seconde nozze, nel 1815, loro senza pregiudizio delle ragioni della proprietà. Francesca Paglicci.

126 Stefano Lancioni La contea di Colle Lungo (Stato di Urbino)

28 Asp, Leg., Lettere delle comunità: Apecchio, 36 Marzucchi, Artimini, Raccolta cit., 4, Firenze b. 1 (1752-1754), lettera del podestà Ubaldo Giunti- 1843, anno 1804, pp. 810 ss. ni, passim. Stefano Lancioni, Dopo la Devoluzione 37 Asp, Leg., Lettere delle comunità: Apecchio, (Apecchio dal 1752 al 1789), Fano 2009, p. 24. b. 8 (1800-1808), lettera del podestà Ottavio Gaspari- 29 Asp, Leg., Feudi 16, fascicolo Apecchio, lette- ni, Apecchio, 12 giugno 1801 ra del podestà di Apecchio, s.d. (1755). 38 Ivi, lettera del podestà Ottavio Gasparini, 30 Asp, Leg., Lettere delle Comunità: Apecchio, Apecchio, 24 giugno 1801: «In occasione dei venera- b. 1 (1752-1754),Apecchio, 23 novembre 1754, lette- tissimi ordini di Vostra Eminenza Reverendissima in ra del podestà Giampaolo Mazzarini.Su Collerosso v. data dei 12 cadente rapporto alla Contea di Collungo, Lancioni, Gli Ubaldini di Montevicino cit., pp. 88-89. ho l’onore manifestarle che ho fatto a me chiamare 31 Asp, Leg. Copialettere, ex 7161, cc. 93r-93v, il sacerdote don Giambattista Ghigi viceconte della 16 giugno 1754, al podestà di Apecchio. contea di Colle Stregone e, comunicandogli la prolo- 32 Asp, Leg., Lettere di sua eminenza: Apecchio, data dell’Eminenza Vostra, gli ho soggiunto se voleva b. 1 (1755-1756), lettera di Neri Cesare Gaci, Città continuare l’esigenza d’ambi i feudi col seguitare an- di Castello, 7 novembre 1755: «In venerazione del- cora ad esercitare la giurisdizione come viceconte e le intenzioni di Sua Santità e dell’Eminenza Vostra giudice: mi ha dato in precisa risposta di non essere in non tralascerò d’adempire a quanto mi viene ingiun- grado di far ciò per la Contea di Collungo, essendole to nella sua del dì sei ottobre, che ricevei il ventotto sufficiente soltanto quella di Col Stregone. In vista di del mese suddetto in riguardo del picciol feudo di ciò ordinai subito al Pubblico Segretario di fare il ri- Col Lungo, del quale per essere io in età minore ne parto sul catasto piano per il feudo di Collungo, e l’ho aveva data in questa Città di Castello l’incumbenza unito all’esigenza della Comunità di Apecchio addos- al signor Emilio Ranuzzi mio zio ed al signor balì sandone l’incarico all’esattore di questa comunità. Bernardino Gaci mio cognato, i qualinon avendo fat- In quanto poi all’esercizio della giudicatura di detto to quel che dovevano per esso dall’Eminenza Vostra, feudo, affinché quei popoli non abbiano da restare mi trovo in necessità di supplicarla in proprio a voler senza l’occorrente giusdicente, converrà che Vostra clementemente considerare che al soprannominato Eminenza si degni nominare per vice conte e giudice feudo non pare che si debbano collettare quei pochi di Collongo il podestà pro tempore d’Apecchio, senza vassalli, che l’Eminenza Vostra potrà informarsi non pregiudizio delle ragioni del conte Gaggi, principale, ascendere il numeropiù che a diecisette persone in quante volte l’Eminenza Vostra lo creda opportuno e circa e queste miserabili, non possedendo io se non quand’anche Vostra Eminenza non voglia servirsi di il puro feudale: onde umilmente prego l’Eminenza qualc’altro soggetto». Vostra a degnarsi di pazientarmi intanto, che metto 39 Francesco Corridore, La popolazione dello all’ordine gli necessari documenti, che vengano ordi- Stato Romano (1656-1901), Roma 1906, p. 253. nati dalla Santità Sua». 40 Motu proprio della santità di nostro signore 33 Asp, Leg., b. 16, fasc. “Collungo”, lettera di papa Pio settimo in data de’ 6 luglio 1816, Roma, Neri Cesare Gagi, Città di Castello, 8 aprile 1756 presso Vincenzo Poggioli stampatore della RCA, 34 Asp, Leg., Lettere delle comunità: Apecchio, pubblicato anche in Bullarii Romani continuatio, b. 7 (1790-1796),lettera di don Giambattista Ghigi, tomo XIV, Roma 1849, art.19: «Rimane confer- commissario di Colstrigone, Apecchio 10 dicembre mata l’abolizione delle giurisdizioni baronali nelle 1795. province di Bologna, di Ferrara, di Romagna, delle 35 Celso Marzucchi, Bartolomeo Artimini, Marche, d’Urbino e dei Ducati di Camerino e Be- Raccolta delle decisioni della Ruota fiorentina dal nevento». MDCC al MDCCCVIII, 1, Firenze 1836, 7 marzo 41 Roberto Ruffilli, L’ appodiamento ed il ri- 1797: Decisio VI: Castiglionis Florentini separatio- assetto del quadro territoriale nello Stato pontificio. nis inter patrem et filium et divisionis mobilium do- 1790-1870, Giuffrè, Milano 1968. mus, p. 147 ss. 42 Riparto dei Governi e delle Comunità dello

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Stato Pontificio con i loro respettivi appodiati, allega- 47 Asp, Leg., Lettere di Sua Eminenza: Apec- to all’editto di Pio VII del 26 novembre 1817, Roma chio, b. 1 (1755-1756), lettera di Neri Cesare Gaci, MDCCCXVII, pp. 61-62. Città di Castello 7 novembre 1755. 43 Il motu proprio 21 dicembre 1827 (Codex 48 Corridore, La popolazione cit., p. 249. reformatorius administrationis Status Ecclesiastici) 49 Asp, Leg., Lettere delle comunità: Apecchio, e la relativa tabella del riparto territoriale sono pub- b. 7, (1790-1796),lettera di don Giambattista Ghigi, blicati in Bullari Romani continuatio, tomo XVII, commissario di Colstrigone, Apecchio, 10 dicembre Roma, 1855, CCXXX, pp. 113-291. 1795. 44 Riparto territoriale allegato all’editto 5 luglio 50 Riparto dei Governi e delle Comunità dello 1831, pp. 264-265. Stato Pontificio1817 cit., pp. 61-62. 45 Asp, Catasto Pontificio, Cagli, 8 (Collelungo), 51 Stefano Lancioni, Apecchio nel censimento Matrice provvisoria per la successiva formazione sta- del 1853, Fano 2007, p. 31. Chitofani è chiamata, bile del Catasto rustico con l’estimo riveduto, comin- nelle mappe del Cessato Catasto Pontificio, Collungo ciata il giorno 9 luglio 1855. (CCP, Cagli, A5, Collelungo, tav. II). 46 Asp, Leg., Copialettere, 7161, cc. 93r-93v, al 52 Lancioni, Apecchio nel censimento del 1853 podestà di Apecchio, 16 giugno 1754. cit., p. 61.

128 Raffaello Carboni, un romantico eccentrico

di

Sara Lorenzetti

Di origini marchigiane (nacque ad Urbi- no nel 1817), Raffaello Carboni fu un per- sonaggio eclettico che attraversò il secolo XIX racchiudendo in sé, anche in modo con- traddittorio, le principali istanze del proprio tempo: sacrestano e insieme mazziniano convinto; capitano dell’esercito, ma anche sovversivo; interprete, musicista e scrittore di teatro; pervaso da un amore viscerale per la patria, seguì tuttavia le orme foscoliane nella scelta dell’esilio volontario. La ricostruzione biografica, che le fonti documentarie rendono possibile, fornisce il profilo di un’esistenza lunga ed intensa 1. Nella città natale, allora appena rientrata sotto il dominio papale dopo l’occupazione francese, Carboni ricevette una formazione religiosa, secondo l’orientamento tradizio- nale della sua famiglia che vantava legami con le gerarchie ecclesiastiche 2; quando, nel 1837, decise di lasciare Urbino per la capitale, probabilmente proprio queste rela- Raffaello Carboni. zioni gli permisero di ottenere l’incarico di sacrestano presso l’arciconfraternita della ss. Trinità dei Pellegrini, mentre nel 1841 si impiegò presso i Torlonia come corrispon- clandestine 3, venne presto scarcerato, ma dente estero presso la banca di famiglia. A nel 1843 scelse la via dell’esilio e fuggì a Roma entrò in contatto con la “Giovane Parigi. Italia” e aderì con entusiasmo alle idee di Questa fu solo la prima di una serie di Mazzini, divenendone un fedele proselita e partenze che lo costrinsero ad abbandonare maturando un atteggiamento anticlericale: la sua nazione, a cui tuttavia rimase sem- arrestato per il coinvolgimento in attività pre profondamente legato: rientrato tre anni

129 Studi pesaresi 7.2019 più tardi grazie all’amnistia politica con- minato capitano dell’esercito italiano e tra- cessa dal papa Pio IX, partecipò ai moti per sferito a Torino; si dimise improvvisamente la Repubblica romana, ma alla sua caduta, nel giugno del ’62, forse per un suo coin- deluso da un progetto in cui credeva ferma- volgimento nei fatti d’Aspromonte. Nono- mente, partì per Hannover e subito dopo, stante le nuove circostanze siano avvolte nel 1850, raggiunse Londra. Nella capitale dal mistero, Carboni intraprese di nuovo la inglese ebbe modo di visitare l’Esposizione via dell’esilio e, ripercorrendo le tappe del Universale che si tenne l’anno successivo al suo primo viaggio, partì per Parigi e poi per Crystal Palace, in cui il governo pubbliciz- Londra. zò l’apertura dei bacini auriferi in Australia: È il 1864 quando rientra in Italia e, de- forse suggestionato dalla visita, egli fu tra poste le ambizioni politiche, si stabilisce a quei trecentomila europei che nel 1852, so- Napoli, dove spera di trovare un ambiente gnando l’opportunità di arricchirsi, lascia- favorevole per dedicarsi finalmente alle pro- rono l’Europa alla volta del Nuovo Conti- prie aspirazioni artistiche. Anche in questo nente. caso subì profonde delusioni, dal momento La sua fama in Australia è legata proprio che per pubblicare le sue opere fu costretto alla sua partecipazione nel 1854 alla rivol- a ricorrere a sottoscrizioni e offerte, mentre ta dei minatori di Ballarat (Victoria), di cui i teatri della città partenopea si rifiutarono stese il resoconto nell’Eureka Stockade: in di mettere in scena le sue opere. Privo di quell’occasione fu arrestato per alto tradi- un impiego stabile, visse in questi anni del mento ma subito rilasciato ed eletto mem- sussidio economico previsto per gli esiliati bro del tribunale locale. Si trattenne in Au- politici e dovette attendere il 1870 per poter stralia un altro anno, poi partì di nuovo alla tornare a Roma: qui lavorò presso la banca volta dell’Italia ma, sebbene disponiamo di italo-tedesca come interprete e corrispon- scarse notizie su questo periodo, è noto che dente con l’estero. nel viaggio di ritorno attraversò l’India, l’E- Sebbene continuasse a sostenere formal- gitto, il Libano. Al rientro in patria, si valse mente i primi passi del nuovo Stato unitario dell’esperienza maturata all’estero e lavorò (prese parte al plebiscito per l’annessione come interprete e traduttore, soggiornando di Roma e commemorò Mazzini ai suoi fu- prima a Milano, poi a Genova. L’insurre- nerali), maturò in questi anni una profonda zione scoppiata a Palermo nell’aprile 1860 disillusione rispetto a un presente che gli riaccese l’entusiasmo di Carboni che si tra- sembrava tradire gli ideali risorgimentali sferì nel capoluogo siciliano dove, impiega- sancendo l’esclusione dalla vita politica di to presso l’Intendenza militare dell’esercito chi (come lui) aveva combattuto per l’Unità meridionale, curò la corrispondenza estera e decretando l’elezione di una classe politi- di Francesco Crispi e lavorò presso la se- ca dedita solo a perseguire interessi econo- greteria insieme a Luigi Salviati ed Ippolito mici personali. Nievo, con cui condivise l’incarico fino al Si spense a Roma nel 1874, senza che giorno della tragica scomparsa di quest’ul- l’edizione definitiva delle sue opere avesse timo. Dopo questa permanenza a Palermo, visto la luce. che egli avrebbe considerato uno dei mo- I dati biografici restituiscono l’immagine menti più felici della sua esistenza, fu no- di un intellettuale eccentrico, di una figura

130 Sara Lorenzetti Raffaello Carboni, un romantico eccentrico

Ballarat, Victoria (Australia), Eureka Stockade Memorial. che appare di estremo interesse sotto molte- giovane, l’incontro con le idee politiche plici profili, dalla storia politica, alle ricer- mazziniane nutrì in lui una passione travol- che sociologiche sull’emigrazione italiana 4 gente che lo condusse a una partecipazione fino alla letteratura teatrale; forse proprio attiva agli eventi risorgimentali, ma l’esito la varietà degli interessi rende il suo pro- spesso deludente degli episodi insurrezio- filo sfuggente e alimenta un’altra contrad- nali nonché le nuove classi dirigenti, che dizione che avvolge questo personaggio, non gli sembrarono tener fede agli ideali rendendo ragione dell’attenzione episodica patriottici professati, lo spinsero ad ab- che Carboni ha riscontrato tra gli studiosi bandonare la terra natale. Anche la scelta italiani 5, mentre è un personaggio sin dai esistenziale dell’esilio, rielaborata a livello suoi tempi estremamente noto in Australia e letterario sul modello foscoliano, si intrec- oggetto d’attenzione privilegiato nell’ambi- cia con l’Esotismo (nato in questi decenni, to della critica d’Oltremare 6. sarebbe divenuta una delle forme privile- Autobiografismo, esilio ed esotismo, giate dell’espressione artistica del XIX fondamentali tendenze del secolo, prendo- secolo) in cui coesistono la mitizzazione no forma in un’esistenza inquieta e intensa dei luoghi perduti e la ricerca del paradi- così come nella sua vasta produzione let- so perduto. L’espressione più tormentata teraria, dimidiata tra un Ideale e un Reale del conflitto tra Ideale e Reale si rinviene che sembra sempre incapace di accoglierlo in Carboni in un’aspirazione artistica che e rende impossibile realizzarlo. egli coltivò sempre con rigore e, viceversa, Il primo terreno in cui questo conflit- una precarietà economica che gli impedi- to prese forma fu quello politico. Sin da va di dedicarsi pienamente alla scrittura e

131 Studi pesaresi 7.2019 lo condannò a finanziare a proprie spese la zione in latino (ma talvolta anche in altre pubblicazione dei suoi lavori. lingue note all’autore 9) che anticipa il tema L’unica opera che gli valse un ampio ri- della narrazione. Tale componente parate- conoscimento in vita fu redatta e pubblicata stuale 10 si nutre di citazioni desunte dalla in Australia. Quando Carboni giunge nel letteratura classica (in particolare da Orazio Nuovo Mondo infatti, era un esule letterato e Virgilio) e dai testi biblici nonché dalla misconosciuto in patria, dove la sua produ- liturgia ecclesiastica e costituisce il primo zione non aveva trovato un editore disposto espediente letterario con cui Carboni, mo- ad accoglierla; nel biennio trascorso nel- dellando il proprio lavoro su una tradizione la colonia britannica raggiunse finalmente illustre, cercava di conferirgli dignità for- l’agognata celebrità legando il suo nome male 11. L’aspirazione artistica costituisce all’Eureka Stockade di Ballarat: l’espres- la principale motivazione per la redazione sione designa l’insurrezione dei cercatori di un’opera che l’autore spera lo renda ce- d’oro contro la tassazione imposta dagli lebre come letterato; l’ambizione ad essere inglesi ma l’episodio, caduto nel 1854, tra- ricordato dai posteri, a sua volta topos de- scese le intenzioni contingenti dei rivoltosi sunto dalla tradizione classica, traduce un e rappresentò la prima manifestazione dello anelito inesausto e coltivato già in Italia. spirito di indipendenza e del senso di ap- Carboni è mosso anche dal dovere di cele- partenenza del popolo australiano, declinati brare l’eroismo dei compagni morti durante secondo i principi dell’autodeterminazione, la rivolta per combattere la causa dei mina- della giustizia sociale e delle libertà demo- tori. L’intento epico è, tuttavia, sottoposto cratiche 7. Carboni non partecipò in prima all’esigenza di veridicità e lo scrittore in persona alla rivolta, ma fu arrestato mentre apertura del primo capitolo Favete linguis prestava soccorso a dei compagni feriti; egli promette che racconterà solo quanto ha vis- apparteneva alla Lega per le riforme della suto in prima persona con la sincerità che la città ed ebbe un ruolo decisivo nel tentativo drammatica vicenda richiede: «Cerco colui di dialogo intrapreso con le autorità inglesi che desidera conoscere la verità (e la trove- e nelle trattative intercorse. Di quello che rà in questo libro) solo la verità» 12. A que- viene ritenuto un momento fondamentale sto scopo risponde l’inserzione, nell’ambito della storia politica e sociale australiana e della narrazione, di stralci tratti da articoli una tappa fondamentale della lotta per la di giornali dell’epoca nonché di alcuni pas- conquista dei diritti civili, Carboni redasse si desunti dalla corrispondenza personale una cronaca. Il testo fu pubblicato in pri- intrattenuta con il funzionario del governo ma edizione nel 1855, l’anno successivo inglese William Archer, documentazione all’episodio insurrezionale e fu divulgato che dovrebbe conferire oggettività alla nar- proprio in occasione del primo anniversario razione. della rivolta 8. Rientrato due anni dopo in Se, generalmente, gli studiosi concor- patria, l’autore non riuscì tuttavia a soste- dano nel riconoscere all’opera il carattere nere le spese per curarne la traduzione in di una ricostruzione accurata e fedele, per lingua italiana. cui Carboni mantiene un atteggiamento di L’Eureka è strutturata in cento capitoli, equilibrio nel racconto, tuttavia egli non ciascuno dei quali introdotto da una titola- risparmia aspre critiche nei confronti del

132 Sara Lorenzetti Raffaello Carboni, un romantico eccentrico governo australiano ma anche della società pubblicana. Secondo Antonini, la cronaca civile. Sin dall’inizio della narrazione egli di Carboni vorrebbe dimostrare che l’epi- denuncia l’arroganza delle autorità inglesi e sodio rivoluzionario di Ballarat fu ricondu- i commissari addetti al controllo della licen- cibile all’esplosione della follia estremista, za, sfrontati e irrispettosi, gli appaiono per- scatenata dall’intervento di alcuni rangers petrare un abuso nei confronti dei diggers, americani 16. In realtà le parole del protago- oggetto di insulti e minacce 13. Del resto, il nista non sembrano dare riscontro a questa ruolo di cronista non gli permette di astener- interpretazione; l’Eureka Stockade mette in si dal riportare anche episodi degradanti che rilievo in modo costante il ruolo di prota- si verificavano negli accampamenti, dove i gonista dell’autore, soprattutto in qualità di minatori, dediti al consumo dell’alcol, tal- mediatore nei confronti dei minatori, a cui volta lasciavano esplodere la propria rabbia solo in un’occasione riserva parole di con- violenta e mostravano una natura rozza e danna; ad un certo punto della narrazione veniale. «Né ebbi sollievo allorché amici e Carboni rileva in effetti la presenza di emi- vicini mi raccontarono che l’Australia era granti americani dall’attitudine arrogante una colonia di forzati e chi dettava legge in ed ambigua, ma si interroga sul motivo per questa terra di carrettieri erano le feci della cui essi si sarebbero allontanati prima dello vecchia Europa: incalliti assassini, intrepidi scoppio della rivolta senza sostenere la cau- ladri, bushrangers assetati di sangue, trium- sa dei diggers. virato scellerato i cui aderenti venivano de- Particolare interesse riveste la vicenda nominati Vandemonians» 14. editoriale dell’opera e la storia della sua ri- Guidato da un intransigente rigore mora- cezione. Dopo la prima pubblicazione che, le, egli non risparmia critiche neppure alla avvenuta a spese dell’autore nel 1855, ebbe propria persona, quando confessa di aver un’accoglienza favorevole, sull’Eureka agito in qualche caso per assecondare la Stockade cadde l’oblio; per l’élite gover- propria cupidigia («La febbre dell’oro fece native dell’epoca, molto legata alle classi di nuovo appello alla mia avidità e ripresi la dirigenti inglesi, l’episodio rivoluzionario strada della vecchia Ballarat» 15) e la nota- di Ballarat rappresentò per diversi decenni zione si traduce in un’amara riflessione sul un avvenimento che non era opportuno ri- genere umano. cordare e che fu oggetto di revisione storica Gli studiosi presentano posizioni diver- (secondo questa lettura, i minatori avrebbe- genti sulla partecipazione di Carboni alla ro provocato la rivolta e respinto i tentativi rivolta e sull’atteggiamento da lui tenuto. di conciliazione 17); per questo la cronaca Egli senza dubbio prende le parti dei dig- fu dimenticata per quasi un secolo fino al gers oppressi, eppure va anche ricordato 1942, quando uscì in un’edizione dalla ve- che il fronte dei minatori era spaccato in ste grafica raffinata e in tiratura limitata, a gruppi che vissero gli eventi con finalità cura di Herbert Vere Ewatt, che considera- profondamente diverse e, se i moderati si va l’episodio di Ballarat come un momento proponevano di abolire la licenza e miglio- così emblematico del movimento operaio rare le condizioni di vita degli emigranti, da favorire l’acquisizione del linguaggio gli estremisti interpretavano già la rivolta della democrazia da parte della politica del come il primo passo verso un’Australia re- Nuovo Continente 18. L’ampia divulgazione

133 Studi pesaresi 7.2019 fu assicurata all’opera solo qualche anno ruolo di primo piano anche rispetto all’azio- dopo, nel 1947, quando Fitzpatrick, ritenen- ne scenica nonché ai personaggi. do che la prima manifestazione dello spiri- Forse una delle ragioni dell’insuccesso to democratico caratteristico della società dell’opera di Carboni presso i suoi con- australiana nel XIX meritasse un pubblico temporanei si deve attribuire alla scelta di ampio, ne curò un’edizione economica 19; un linguaggio eccentrico rispetto alle con- da questo momento Eureka Stockade venne suetudini letterarie dell’epoca, che apparve considerata una fonte fondamentale anche bizzarro ai contemporanei e nutrì il timore per la ricostruzione storica della corsa all’o- degli impresari che i suoi testi non sarebbe- ro australiana. Ad attendere ad una nuova ro stati apprezzati dal pubblico; per questo pubblicazione dell’opera fu nel 1963 Geof- l’autore visse alla ricerca continua di sov- frey Searle che, se condivideva con Fitzpa- venzioni per la pubblicazione e la messa in trick l’apprezzamento sul valore storico del scena delle sue opere che vennero rifiutate testo, a differenza del collega, non ne ap- dai teatri dell’epoca. prezzava la scrittura letteraria 20. L’edizione Il corpus letterario di Carboni è racchiuso più recente si deve a Thomas Kenelley, che nel volume Lo Scotta-O-Tinge originale ammirava la capacità di Carboni di ricostru- italiano di poesia e teatro 25, il cui titolo è ire le diverse prospettive e componenti ide- un gioco di parole che allude al cognome ologiche delle parti in gioco 21. Particolar- dell’autore e si ispira al modo di dire popo- mente tardiva fu la diffusione dell’opera nel lare, secondo cui il carbone brucia oppure paese d’origine dello scrittore, dal momen- macchia di nero. La produzione dramma- to che la prima traduzione in lingua italiana turgica, che l’urbinate pubblicò a sue spe- fu pubblicata solo nel 1980 a cura di Nino se tra il 1867 e il 1868, attende ancora una Randazzo 22. adeguata rivalutazione critica da parte degli Se la fama di Carboni si deve all’Eureka studiosi e sembra perpetuare anche presso i Stockade, inesausta rimase la sua aspirazio- posteri la condanna all’oblio che perseguitò ne artistica che egli affidava ad una vasta lo scrittore in vita. Sulla genesi dei testi tea- ed eclettica produzione di opere letterarie e trali notizie precise sono fornite dal fronte- teatrali. Mentre studiava presso gli Scolopi spizio, in cui l’autore riportava in modo det- di Urbino infatti, egli si formò presso il ma- tagliato il luogo e i tempo di composizione. estro Luigi Vecchiotti 23, fautore di una mu- Ammirato dalla scrittura letteraria di am- sica sacra che, grazie all’utilizzo di tutti gli bientazione storica (ebbe come modelli le strumenti, si rivolgesse al popolo. In segui- tragedie di Giovan Battista Niccolini e i ro- to, l’urbinate abbracciò le idee di Mazzini manzi di Francesco Domenico Guerrazzi), che, su una linea di poetica consonante, rite- egli spesso scelse di ambientare le vicende neva l’arte (ma in primo luogo la musica 24) in tempi passati o trasse ispirazione dalle uno strumento di indottrinamento del popo- vicende risorgimentali a cui partecipò in lo e, pertanto, uno dei mezzi attraverso cui prima persona. Il primo lavoro a cui attese realizzare la rivoluzione politica. In questo appena trasferito a Roma, Raffaello d’Urbi- senso si spiega la funzione che il coro e la no 26, è un’opera-ballo ispirata alla biogra- danza svolgono nell’opera drammaturgica fia del famoso pittore a lui conterraneo. Al- e lirica dell’autore, dove essi ricoprono un tre composizioni teatrali sono riconducibili

134 Sara Lorenzetti Raffaello Carboni, un romantico eccentrico ad una matrice politica: la commedia Buffi il 1853 ed il 1854 a Maldon presso le po- e Buffoni è ambientata nella Repubblica polazioni aborigene della tribù dei Tarrang, romana tra il 1848 ed il 1849, mentre La soggiorno a cui aveva dedicato anche un ca- Campana della Gancia 27 narra l’episodio pitolo della cronaca di Ballarat. Il titolo ri- rivoluzionario scoppiato a Palermo nell’a- prende il nome della protagonista, un’eroi- prile 1860; la tragedia Merode 28 (il titolo na indigena figlia del più anziano membro riprende il nome dell’omonimo monsigno- del clan, oggetto delle attenzioni di due spa- re, esimia personalità dello Stato pontificio) simanti, che si scontrano per ottenere il suo si fa portavoce dei sentimenti anticlericali amore; ad ambire alla mano della giovane dello scrittore che ritrae in modo corrosivo subentra anche un giovane cercatore d’oro la corruzione delle nuove classi dirigenti, e l’irruzione in scena del terzo contendente incapaci di tradurre in realtà gli ideali ri- diventa pretesto per uno scontro di civiltà sorgimentali. All’esperienza autobiografica che sfocia in una strage di aborigeni. L’am- australiana sono invece riconducibili la sa- biente incontaminato è oggetto dell’esoti- tira in versi La Santola 29, in cui l’autore ri- smo idealizzante dell’autore che vi mette in corre all’uso del dialetto (il titolo è una voce scena una popolazione che conduce un’esi- veneziana) che si fonde in un variegato plu- stenza in simbiosi armonica con la natura. rilinguismo, nutrito di numerose citazioni La peculiarità dell’opera risiede non solo dantesche, nonché la commedia Schianta- nel fatto che assume degli aborigeni come palmi 30, racconto delle vicende dell’omo- protagonisti, ma soprattutto nell’adozione nimo protagonista che, esiliato dopo i moti della loro prospettiva per raccontare la vi- del ’48, si reca a Ballarat dove si arricchisce cenda, che assurge a parabola emblematica come cercatore d’oro. dell’oppressione europea nei confronti del- Tra le opere letterarie di Carboni si di- le popolazioni indigene. L’eccentricità te- stingue il poema in terza rima Gilburnia matica trova rispondenza a livello formale, che, pubblicato nel 1872, rappresenta il dal momento che Carboni sceglie un metro paradosso di un testo di straordinaria ori- allora fuori moda come quello dantesco e ginalità, tuttavia quasi ignorato dai critici adotta uno stile classicheggiante, modellan- e ancora sconosciuto al pubblico 31. L’ispi- do un contrasto paradossale tra l’innovazio- razione è autobiografica, perché l’autore ne tematica e una scelta formale ossequiosa riporta un’esperienza di vita trascorsa tra della tradizione.

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1 Per un profilo biografico si può vedereJ ennifer blicano combattente per la democrazia australiana, Lorch, Carboni Raffaello, in Australian Dictionary “Lucifero”, 3, 2018 (CXLVIII), p. 3. of Biografy, 3, 1969 http://adb.anu.edu.au/biography/ 6 Gli studi più importanti su Carboni si devono a carboni-raffaello-3163 (consultato il 31 dicembre studiosi australiani, tra cui è fondamentale ricordare 2018). O’Grady, Raffaello Carboni cit., ma anche Gaetano 2 Desmond O’Grady, Raffaello Carboni. Gari- Rando, Raffaello Carboni e l’Australia, in “Il Veltro. baldino d’Australia, Istituto Poligrafico e Zecca dello Le relazioni tra l’Italia, l’Australia e la Nuova Zelan- Stato, Roma 2008, p. 11. da”, aprile-giugno 1973 e Gaetano Rando, Emigra- 3 In realtà il primo arresto risale al 1840 quando zione e letteratura: il caso italo-australiano, Cosenza Carboni fu accusato di alto tradimento e collusione 2004. Oltre a Sergio Pretelli, Il mazzinianesimo in con i repubblicani parigini; secondo la ricostruzione Australia con l’urbinate Raffaele Carboni, in Mi- che ne fornisce l’autore stesso, Carboni fu ingiusta- scellanea di studi per il bicentenario della nascita mente accusato da un prete, geloso di lui perché gli di , cur. Stefano Orazi, Istituto aveva sottratto l’amante. Ibid., pp. 25-26. per la storia del Risorgimento italiano, Comitato di 4 Gli studi sulle scritture della diaspora in lingua Pesaro-Urbino, 2006, pp. 117-130, un recente lavoro italiana (nelle due modalità degli italiani che si trafe- di ricostruzione della figura di Carboni si deve aG iu- riscono all’estero e degli immigrati che arrivano nel lia Gattafoni, Raffaele d’Urbino in Australia. Mi- Belpaese) sono state inaugurati da Armando Gnisci, grazione ed esilio nelle opere di Raffaello Carboni, autore di fondamentali studi sull’argomento, tra cui si tesi di laurea in Sociologia della Letteratura Italiana deve ricordare almeno, per le questioni metodologi- Contemporanea, Università degli Studi di Macerata, che, Armando Gnisci, Il rovescio del gioco, Carucci, a.a. 2013/2014. Roma 1992. Per una raccolta antologica di scritti di 7 Su questo vedi anche Gaetano Rando, Raffael- autori italiani emigrati nel Nuovo Mondo v. Giuseppe lo Carboni’s perception of Australia and Australian Luigi Abiuso, Michele Giglio, Valerio Borghese (a identity, “Journal of Australian Colonial History”, cura), Voci nostre: antologia italo-australiana di no- 2006, pp. 1-20, https://ro.uow.edu.au/cgi/viewcon- velle, commedie, poesie, ricordi scritta da emigranti tent.cgi?referer=https://www.google.it/&httpsredir=1 italo-australiani, Tusculum, Brighton Beach 1979; &article=1020&context=artspapers (consultato il 31 una panoramica sull’argomento in Alfredo Luzi, dicembre 2018). La letteratura italo-australiana in lingua italiana, 8 Raffaello Carboni, The Eureka Stockade: the in Pluriverso italiano: incroci linguistico-culturali consequences of some pirates wanting on quarter deck e percorsi migratori in lingua italiana, cur. Carla a rebellion, J.P. Atkinson and co., 1855. Carotenuto et al. , atti conv. Macerata-Recanati 10- 9 Gaetano Rando, Great works and Yabber- 11 dicembre 2015, EUM, Macerata 2018, pp. 75-98; Yabber. The language of Raffaello Carboni’s Eureka un’importante figura da ricordare in questo ambito è Stockade, University of Queensland, St. Lucia QLD quella di Gino Nibbi per cui vedi Carla Carotenuto 1998. (a cura), Gino Nibbi. Marchigiano d’Australia, Me- 10 Gérard Genette, Soglie. I dintorni del testo, tauro, Pesaro 2008. Einaudi, Torino 1989. 5 Si condividono le parole di Marco Rocchi che, 11 Gaetano Rando conduce un attento studio dei richiamando l’espressione Nemo propheta in patria, titoli e nota che le citazioni spesso sono manipolate ricorda che il personaggio è rimasto sconosciuto ai rispetto all’originale, probabilmente perché l’autore suoi concittadini fino al 1974 quando, per volontà sentì la necessita di adeguarle al passo in cui le inse- delle autorità australiane, nella città natale gli fu ap- riva o, più semplicemente, perché non ricordava in posta una lapide in via Santa Margherita; lo studioso modo esatto il testo originale. Cfr. Raffaello Carbo- rimarca che «È completamente (e colpevolmente) ni, La barricata dell’Eureka: una sommossa demo- passato sotto silenzio il centenario della nascita…»: cratica in Australia, cur. Gaetano Rando, Archivio M. Rocchi, L’urbinate Raffaello Carboni, un repub- Guido Izzi, Roma 2000, p. 49.

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12 Ibid., p. 59. Fermo e, dal 1822, frequentò il Conservatorio a Bo- 13 Cfr. Historical Studies: Eureka Supplement, logna; nel 1827 divenne Maestro della Cappella del Melbourne University Press, Carlton 1965, p. 63. Santissimo Sacramento ad Urbino mentre dal 1841 la 14 Carboni, La barricata dell’Eureka cit., p. 63. cappella della Santa Casa di Loreto, dove rimase fino 15 Ibid. p.67. alla morte. 16 Maria Antonini, The Eureka Stockade ovvero 24 Silvia Serini, «Il profumo dell’universo». La quando l’impegno politico si fa opera letteraria, Ga- concezione mazziniana della musica, in “Studi pesa- leati, Imola 1981, p. 86. resi”, 5, 2017, pp. 7-17. 17 Ernest Scott, A Short History of Australia, 25 Raffaello Carboni, Lo Scotta-O-Tinge, Loe- Oxford University Press, Oxford 1913. scher, Roma 1973. 18 Raffaello Carboni, The Eureka Stockade: 26 Id, Raffaello d’Urbino: dramma storico del the consequences of some pirates wanting on quarter secolo XVI per Grande Opera-Ballo, Tipografia Gar- deck a rebellion, cur. Herbert Vere Evatt, Sunny- giulo, Napoli 1871. brook Press, Pigeon 1942. 27 Id, La Campana della Gancia, Stamperia Ca- 19 Raffaello Carboni, The Eureka Stockade, rini, Palermo 1861. the consequences of some pirates wanting on quar- 28 Id, Merode, Perrucchetti-Morano, Napoli 1867. ter deck a rebellion, cur. Brian Fitzpatrick, Dolphin 29 Id, La Santola: dramma romano in 5 atti con Publications, Melbourne 1947. prologo, proponimento e passatempo, Tipografia De- 20 Raffaello Carboni, The Eureka Stockade, rossi e Dusso, Torino 1861. cur. Geoffrey Serle, Melbourne University Press, 30 Id, Schiantapalmi, ossia che effetto fa il santo Carlton 1975. sacramento del matrimonio?, Tipografia Gargiulo, 21 Raffaello Carboni, The Eureka stockade, Napoli 1867. cur. Tom Keneally, Melbourne University Press, 31 Raffaello Carboni, Gilburnia, cur. Tony Pa- Melbourne 1993. gliaro, Jim Crow Press, Daysleyford 1993. L’opera 22 Raffaello Carboni, La barricata di Eureka, si credette a lungo perduta fino a che all’inizio degli traduzione di Nino Randazzo, The Italian Arts Festi- anni ’90 il professor Pagliaro ne rinvenne fortuita- val Society, Victoria 1980. mente una copia in un mercatino dell’usato a Roma; 23 Luigi Vecchiotti (1804-1863), musicista lo studioso la pubblicò e la tradusse in inglese renden- apprezzato e compositore di musiche sacre, nacque dola fruibile. https://www.austlit.edu.au/austlit/page/ nell’attuale Servigliano; studiò Filosofia e Musica a A60136 (consultato il 31 dicembre 2018).

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I Giovanelli imprenditori della seta nella Pesaro dell’Ottocento

di

Cristina Ravara Montebelli

Il primo filandiere della famiglia Gio- Riva per questa sua importante opera appel- vanelli si chiama Amato ed è citato per la landolo «del Lario glorioso figlio» 5. prima volta in un documento del 1838 come Negli anni ‘60 dell’Ottocento, la filanda proprietario di una filanda con 6 caldaie, Giovanelli è la seconda di Pesaro per dimen- localizzata in contrada Giovanelli, nella sioni con le sue 54 caldaie, impiegando molte grande casa con giardino appartenente alla donne a lavorare, fra le quali due, Clelia Dini famiglia 1. Era figlio di Antonio Maria Gio- e Zenaide Dini, sono addirittura premiate nel vanelli indicato come intestatario dell’abi- 1861 all’Esposizione Italiana di Firenze. La tazione di famiglia nel Catasto gregoriano 2 filanda a quest’epoca appartiene ai fratelli e a sua volta figlio di quell’Amato, che nel Amato e Domenico Giovanelli, che ricevono 1768 era stato aggregato alla nobiltà pesa- premi per la loro seta grezza, ottenuta da boz- rese 3. zoli prodotti localmente, sia nel 1862 a Lon- Il 21 luglio 1824 il nobiluomo Amato dra che a Dublino nel 1865 6. si era sposato con la marchesa Maria Cle- Nel maggio del 1864 i due fratelli ave- mentina Antici e nell’ottobre dell’anno suc- vano però attirato l’attenzione del Ministero cessivo aveva fatto visita, insieme al padre dell’Interno, il quale aveva acquisito su di e alla sposina, a casa Leopardi a Recanati, loro queste informazioni: il conte Giovanel- come ricorda Paolina scrivendo al fratello li Amato era possidente di Pesaro ed aveva Giacomo: Mariuccia Antici è qua con il ma- 60 anni, mentre Domenico era possiden- rito e suocero da dieci giorni, risparmiando- te pesarese di anni 50, ma entrambi erano gli così il padre la loro villeggiatura», ovve- membri della Società di S. Vincenzo de’ Pa- ro il viaggio di nozze 4. oli 7 e schedati come reazionari 8. Le spiccate capacità imprenditoriali di Nel 1883 la filanda dei fratelli Giova- Amato lo portano ben presto a incrementare nelli è ancora la seconda di Pesaro con uno l’attività della sua filanda e a rivolgersi ad stabilimento a vapore con 54 bacinelle, alle un «ingegno veramente privilegiato da na- quali lavorano 110 operai, di cui 107 don- tura agli studi meccanici», Giovanni Riva di ne e 3 uomini, e una produzione media an- Como, il quale «pose in attività un opificio nuale di 850 kg, ma a questa data i fratelli di 54 caldaje a vapore per filare la seta nel- a gestirla sono i figli di Amato, Enrico ed le case di Amato Giovanelli di Pesaro con Augusto, e la sede è in via Abbati n. 18, non grande stupore di quella colta città». Giulia- molto lontano dalla precedente sede in via no Vanzolini dedicò addirittura un sonetto a Giovanelli 9.

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Pesaro, filanda Giovanelli (cortesia Archivio Stroppa Nobili).

Il prof. Augusto Giovanelli è un per­ alla pubblica ricchezza capitali, che ora sonaggio molto interessante della famiglia, vengono sottratti per l’uso di sistemi ormai perché almeno dal 1868 è professore di vecchi» 11. Nella sua lettura esamina la si- Computisteria ed estimo nella locale Scuola tuazione di Vicenza, dimostrando di cono- professionale ed industriale e lo stesso anno scere bene anche quella realtà e quella città compare nelle fila della Guardia nazionale dove spesso risiede, infatti dopo aver detto come sottotenente, poi insegnerà le stesse che «l’operaio ha l’istinto di migliorare se materie nel regio Istituto tecnico Bramante stesso, di rendere più vantaggiosa la condi- nel 1894, ma in altri periodi lo troviamo re- zione della sua famiglia, e perciò sente il sidente anche a Vicenza 10. La competenza bisogno d’imparare quanto prima non cono- di Augusto nel settore della trattura e sceva» dichiara con grande lungimiranza dell’industria serica in genere è infatti ben «se l’industria della seta è decaduta a Vi- documentata da una lettura tenuta il 10 mar- cenza, non è da incolpare la mancanza degli zo 1871 nella prestigiosa Accademia Olim- abili operai, ma piuttosto noi medesimi, che pica di Vicenza, alla quale era stato invitato non sottoponiamo ad essi quei mezzi neces- dal presidente, da lui definito «uomo d’affa- sari oramai, i quali in oggi in gran copia ci ri come sono io» e nella quale espone i dan- somministra la meccanica». ni incalcolabili derivanti all’Italia «dal non Giovanelli continua sottolineando l’im- adottare quei sistemi, che restituirebbero portanza dell’impiego nella trattura di «tut-

140 Cristina Ravara Montebelli I Giovanelli imprenditori della seta nella Pesaro dell’Ottocento ta quanta la materia prima nella maggior con il vecchio sistema delle filande a fuo- copia desiderabile, col saper cavare utilità co oppure con i nuovi macchinari a vapore da tutti quei prodotti secondari, che sino chiamati à la mariage, à la Jambon o meglio a qui non ci recarono grandi vantaggi, per ancora alla Keller e infine a presentare il se- causa dell’inesperienza dei filatori» e prima condo problema della decadenza della trat- di suggerire come porre rimedio all’arretra- tura della seta, non solo una buona gestione tezza ricorda «sebbene io non sia vicentino, dei libri di debito e credito della filanda in pure amo questa città, come mi avesse ve- termini economici, ma anche relativi alla duto nascere, dacché prima di sentirmi pe- formazione dell’operaia, costringendola sarese mi sento italiano, ed in conseguenza «ad apprendere sempre meglio il mestiere, sento l’obbligo di dichiararmi vostro con- la obbliga a porre tutta la sua perizia a pro- cittadino ed ho l’obbligo quindi di esporvi fitto del proprietario, dacché le si dà debito confidentemente il parer mio tutte le vol- quando i lavori non corrispondono ai desi- te, che mi paia questo tornare di vantaggio deri, le si dà credito quando sono eccellenti. alle industrie, il che vuol dire a tutti». Con Ecco la chiave amministrativa principale franchezza quindi dà il suo primo consiglio, per un’industria tanto ricca». E poi fa l’e- «introdurre dovunque i filatoi a vapore e i sempio della gestione di una filanda di 60 nuovi sistemi meccanici», non a caso la sua bacinelle, praticamente come la sua, per la filanda era a vapore, perché col vapore si quale bastano tre persone per la buona ge- può «moderare istantaneamente il calore stione dei libri contabili: della vostra bacinella, mentre se l’operazio- ne si fa a fuoco vi troverete davanti a due due operaie ed un contabile. Una di pericoli frequentissimi, che minano conti- esse ha l’incarico del pesare i bozzoli nuamente gli interessi del proprietario. Se da filarsi e di riscontrare la sera la rima- avete troppo fuoco, ecco l’ebollizione, che nenza della materia prima, e non altro. cuoce i bozzoli e non vi lascia ricavare da La seconda tiene il giornale del provino, quelli che cascame di seta […] o non avete tiene quello del serimetro, e tiene l’altro fuoco al grado voluto» e allora si rovinerà libro del peso della seta ottenuta da ogni la seta, perché «i bozzoli si spogliano del bacinella, senza curarsi dei bilanci, che loro filo senza punta regolarità in causa è ufficio riservato al contabile; il quale dell’acqua, che non ha forza sufficiente a con la scorta dei quattro libri prepara il disciogliere la gomma, che tiene aggomi- quadro del giudizio da farsi per ogni ope- tolato il tessuto del bozzolo; la mancanza raia. Egli infatti desumendo da quei libri, o l’eccesso del calore producono una seta vi risponderà chi delle 60 maestre abbia scolorita, senza lucido, senza titolo, sporca consegnato più seta con meno consumo e con molti altri difetti, mentre col vapore di bozzoli, non solo ma saprà distinguer- ben lungi dall’incontrare tutti questi incon- vi quella, che oltre a ciò avrà superato venienti s’otterrebbe di certo un prodotto il titolo del provino, o avrà superato nel apprezzatissimo sul mercato». serimetro, istrumento per verificare la La preparazione di Augusto nelle mate- torta e la sua elasticità, il quale serimetro rie economiche lo induce anche a presentare serve principalmente a rilevare quale e quadri economici relativi a costi e guadagni quanta sia stata la diligenza dell’operaia

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nel compiere il suo lavoro. Quella ma- trattura della seta la fondazione di una so- estra che abbia raggiunto queste qualità cietà serica che si occupi di risollevare non viene premiata a ogni tre giorni di lavoro solo le sorti della trattura, ma anche altre o una sol volta alla settimana. attività della seta quali la «doppiatura, colo- ritura e tessitura». Secondo il suo modello A questo punto Giovanelli per dimostra- imprenditoriale la società avrebbe dovuto re meglio quanto esposto, riferisce i risultati avere un grande opificio con 300-400 baci- di un esperimento fatto nella sua filanda: nelle impiegando un migliaio di operai e vi avrebbero dovuto concorre «tutte le classi, Feci porre, all’insaputa di tutta la mae- perfino gli operai», i piccoli produttori sa- stranza del filatoio, in due magazzini sepa- rebbero stati così azionisti della società ed rati chilogrammi 600 bozzoli secchi della avrebbero potuto vendere i loro bozzoli o fi- stessa qualità per ogni magazzino. Dipoi larli. Giovanelli conclude la sua lettura con ordinai che fossero filati quelli del primo una frase, che avrebbe voluto fosse scritta magazzino, senza preoccuparmi di un con- su ogni opificio: «Guai a quel laboratorio, trollo vale a dire, senza tenere il libro delle che ha per Direttore un uomo che sia scien- rendite. Finita che fu quella partita annun- ziato senza essere pratico». ziai alla maestranza, che avrei donato dieci Nel 1890 però la filanda sembra sia ge- lire a quella donna, che a libro di rendita stita solo dal fratello Enrico, il cui nome mi consegnasse più seta, e migliore titolo, compare in una lista elettorale redatta dal- per la torta, e per la sua elasticità; e questo la Camera di Commercio pesarese come quando avessi consumata tutta la quantità nato nel 1829 ed esercente la professione del secondo magazzino. Volete conoscere i di «filatore di seta» ovvero proprietario di risultati? La differenza fu di kg. 4.760 seta filanda 12. L’anno seguente la filanda dei più, che nel primo magazzino. In quell’an- fratelli Giovanelli, risulta «definitivamente no fu venduta a lire 106 per kg., il che vi chiusa» 13. dà lire 504.56 centesimi. Il filatoio lavo- L’esponente più illustre della famiglia rò sette giorni per filare la totalità dei kg. è però il figlio di Enrico, Ruggero, nato a 1200. Sette giorni alle due operaie sono Pesaro il 14 luglio 1857 dal matrimonio con lire quattordici, più lire 17.50 al contabi- Teresa Romani. Il 21 ottobre 1876 infatti il le, in tutto lire 31.50, furono distribuiti tre diciannovenne Ruggero fonda il Regio Os- premi a parità di merito, altre lire trenta, servatorio Bacologico di Pesaro, con annes- e più lire 76.16 per la mancanza dei stru- so Stabilimento per la confezione del seme si, che in quell’anno furono venduti a lire bachi cellulare sistema Cantoni Pasteur 14 16. Spesa totale lire 137.66, in confronto e inizia subito a fare le sue osservazioni e di lire 504.56, per la qual cosa si ebbero a comunicarle al “Giornale di agricoltura, in più sulla seta lire 366.90. Dopo un tale industria e commercio del Regno d’Italia”. felice risultato, si continua sempre quella La prima osservazione, datata 6 mag- registrazione. gio, è relativa alla campagna bacologica del 1877 e riferisce che i bachicoltori hanno ac- In conclusione Giovanelli prospetta quistato «seme indigeno confezionato cellu- come terza soluzione alla decadenza della larmente e selezionato col metodo Pasteur,

142 Cristina Ravara Montebelli I Giovanelli imprenditori della seta nella Pesaro dell’Ottocento hanno riposta piena fiducia in esso, ed ora si somministrati dalla società agraria di in parte questa viene confermata dall’anda- Lombardia e da altre case lombarde e mento degli allevamenti», infatti «le nascite piemontesi molto reputate, la maggior si sono effettuate regolarmente nonostante parte del seme posto è cellulare indigeno l’incostanza della stagione; solamente han- proveniente dalla Toscana, da Ascoli, da no lasciato a desiderare le sementi giappo- Urbino e Fossombrone e in parte confe- nesi di riproduzione ed i cartoni d’importa- zionato qui in Pesaro dal sig. Ruggero zione: ma siccome tanto questi che quelli Giovanelli per iniziativa di una Società sono in minime proporzioni, si può sperare la quale ha voluto procurare di emanci- che non influiranno in alcuna maniera sul pare i proprietari dal pericolo di prendere raccolto» 15. sementi di provenienza meno sicura e Il 15 maggio dello stesso anno inve- garantita. ce espone la situazione dei gelsi, la cui vegetazione è stata arrestata dal freddo e Guidi aggiunge poi interessanti note dalle piogge, ma sostiene che questo non biografiche sul giovane Ruggero: «allievo causerà carenza di «questo utile vegeta- dell’Istituto tecnico pesarese e poi della le essendovene in buona quantità. I bachi Stazione Bacologica di Padova, si è messo si trovano generalmente nella terza età, e in grandissimo amore a questa intrapresa e sebbene abbiano avuto a soffrire delle pe- per sua iniziativa privata ha impiantato un ripezie e per la temperatura e per il cattivo Osservatorio così ben ordinato da risponde- governo, pure avendo superata la prima e re pienamente all’importanza grande che ha la seconda dormita abbastanza bene, e mo- l’industria della seta in questa città» 17. strandosi ora vispi ed eguali, fanno aprire Il 26 maggio dello stesso anno Rugge- il cuore degli allevatori alla speranza di un ro presenta nelle sue osservazioni i danni pieno raccolto». A questo punto Ruggero causati dalla pioggia che hanno impedito lo rivela di avere un suo allevamento speri- sviluppo regolare della foglia, la quale «vie- mentale che «si trova agli sgoccioli: i miei ne esitata al prezzo da lire 20 alle lire 21 bachi, provenienti da seme nell’anno scor- il quintale. Siamo già arrivati ad un prezzo so da me confezionato cellularmente, sono così elevato da compensare appena le fati- nell’ultima età. La perfetta uguaglianza ed che degli educatori» di baco da seta. Suc- il vivo appetito danno a sperar bene sulla cessivamente fornisce i prezzi dei bozzoli loro sanità e robustezza» 16. sul mercato pesarese, oscillanti a causa del Qualche giorno dopo, invece è il prof. tempo instabile, ma «gli eccellenti risultati Luigi Guidi ad osservare le problematiche che, in generale, diedero le sementi cellula- causate dalla cattiva stagione, nonostante le ri, ed il prezzo maggiore ricavato dal loro quali però prodotto, daranno l’ultima spinta al risve- glio generale dei proprietari di non adope- non si sentono lagnanze il che è do- rare se non semi di nota provenienza e scelti vuto forse ad una maggior cura che i col metodo Pasteur» 18. proprietari finalmente cominciano a por- La prima sede dell’Osservatorio ed an- re nella scelta del seme. Infatti, tolto un che dello stabilimento bacologico, almeno numero non grande di cartoni giappone- dal 1883, è in via della Maternità, n. 4, dove

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Ruggero è il direttore insieme a Carlo Gio- vanelli, forse il cugino, che nel 1878 aveva frequentato il corso di bacologia presso la regia Stazione bacologica sperimentale di Padova, per imparare anche ad analizzare le uova della farfalla Bombyx mori con il mi- croscopio e verificare che non fossero con- tagiate dalla terribile pebrina, conseguendo come Ruggero il diritto di dirigere l’Osser- vatorio pesarese 19. In questi anni Ruggero comunica le sue osservazioni anche al “Bollettino di notizie agrarie” fino almeno al 1895, e solo a titolo di esempio citiamo quanto scrive il 17 mag- gio 1884 sull’importanza di utilizzare seme bachi selezionato: «Le nascite dei bacolini si sono effettuate regolarmente. Pochissime lagnanze per nascite fallite, che non dipen- Pubblicità Giovanelli su Guida pratica illustrata dono che dai mezzi empirici usati nel far di Pesaro 1911 scadente seme […]» 20. La società con Carlo però si scioglie in una data precedente al 1890, quando nella vanelli è direttore del R. Osservatorio ba- già citata lista elettorale, ritroviamo solo cologico di Pesaro (Ancona) che pone in Ruggero che per professione fa «confezione commercio parecchie migliaia di once di di seme bachi» 21. semenza l’anno ed ove sono impiegate ol- Almeno a partire dal 1894 la sede tre 50 operaie. Egli eseguì numerosi esa- dell’Osservatorio bacologico e della pro- mi microscopici, su campioni di seme per duzione di seme bachi si è spostata in via conto del pubblico e sono più di sessanta le del Governatore, come attesta l’Annuario operaie da lui istruite nella selezione tan- d’Italia di quell’anno, nel quale Ruggero è to con l’esempio pratico come teorico» 23. indicato sia come negoziante e produttore Nello stabilimento infatti erano seleziona- di seme bachi, che come direttore dell’Os- te e vendute «razze gialle-pure, robustissi- servatorio 22. me, resistenti alla flaccidezza, immuni da Le dimensioni e la rilevanza occupazio- atrofia pebrina, delle Cevennes, Brianza, nale raggiunta dallo Stabilimento bacolo- Ascolana», come indicato in una pubbli- gico si ricava dalla partecipazione di Rug- cità che compare sulla Guida pratica illu- gero Giovanelli all’Esposizione nazionale strata di Pesaro del 1911, dove lo stabili- di Torino del 1898, dove inviò un «ricchis- mento ha sede in via Governatore e studio simo album di fotografie», che raffigura- in Piazza Mamiani 24. vano il suo stabilimento «del quale ha pure Lo stabilimento risulta ancora aperto nel inviato un apprezzatissimo campionario 1924, quando il nome di Ruggero Giovanel- di bozzoli gialli, di ottima qualità: il Gio- li compare nell’Elenco alfabetico delle Dit-

144 Cristina Ravara Montebelli I Giovanelli imprenditori della seta nella Pesaro dell’Ottocento te esercenti l’industria della confezione del chiamato Enrico come il nonno paterno, il seme bachi 25 e lo ritroviamo ancora attivo quale però non seguì le orme del padre, ma nel 1933, citato nell’Annuario Generale fece la carriera militare fino a diventare uf- d’Italia, dove però è indicata solo la sede in ficiale dell’esercito, risiedendo a Milano 28. piazza Mamiani 5 26. Ruggero muore il 27 dicembre 1936, Ruggero aveva assunto anche cariche nella casa di via Diaz n. 17, dopo essere importanti nell’ambito culturale cittadino, rimasto vedovo della moglie Maria e il 9 infatti era stato per ben tre volte presidente febbraio 1938, Enrico «figlio del defunto dell’Ente Olivieri, ovvero della Bibliote- signor Ruggero e della defunta Maria nata ca e Musei Oliveriani, eletto il 30 gennaio Barilari» è autorizzato, «attesa la prove- 1907, il 22 marzo 1917 ed anche per l’anno nienza del suo patrimonio dallo zio ma- 1931 27. Il matrimonio con Maria Barilari, terno Barilari avv. Comm. Federico», ad figlia di Pacifico, aveva generato un solo aggiungere al suo cognome anche quello erede maschio, nato il 19 novembre 1899 e di Barilari 29.

1 Per una prima analisi delle filande pesaresi e in sonetto, stampato a Pesaro per i tipi Nobili nel 1854. particolare delle attività appartenute ai Giovanelli si 6 Ravara Montebelli, Filatoi cit., p. 120. veda Cristina Ravara Montebelli, Filatoi, filande e 7 La Società di Vincenzo de’ Paoli è una organiz- bachicultura a Pesaro fra XVIII e XIX secolo, in “Stu- zazione caritativa cattolica fondata a Parigi nel 1833, di Pesaresi”, 5/2017, pp. 112-124. che ebbe il riconoscimento della Santa Sede nel 1845 2 Nel Catasto Gregoriano la proprietà è indi- con breve apostolico di papa Gregorio XVI. cata con il n. 1208, che nei Brogliardi corrisponde 8 Pietro D’Angiolini, Ministero dell’Interno. alla casa di abitazione di Giovanelli Antonio Maria Biografie (1861-1869), in “Quaderni della Rassegna q.m Amato. Il nome compare nelle fonti anche come degli Archivi di Stato”, Roma 1964, p. 110. “Giovannelli”, in questo articolo lo abbiamo sempre 9 Le informazioni sono tratte dai Registri del- uniformato in “Giovanelli”. la Camera di Commercio di Pesaro, riportati in una 3 Vittorio Spreti, Enciclopedia Storico-Nobilia- tabella da Cristina Ortolani, Pesaro, La moda e la re, vol. 3, Bologna 1935, p. 472. memoria, il lavoro dei sarti 1900-1970, Pesaro 2008, 4 Giuseppe Piergilli, Lettere scritte a Giacomo p. 22; v. anche Annuario della Provincia di Pesaro Leopardi dai suoi parenti, con giunta di cose inedite e Urbino, Pesaro 1883, p. 106. Una copia di questa o rare, Firenze 1878, p. 136. Lettera di Paolina a Gia- pubblicazione è conservata presso l’Archivio Stroppa como, Recanati 21 ottobre 1825. Nobili, ringrazio il responsabile Gabriele Stroppa No- 5 Manuale della provincia di Como per l’anno bili per avermela segnalata. 1855, Como 1855, pp. 158-159. É pubblicato anche il 10 Sebastiano Gargano, Manuale Statistico Am-

145 Studi pesaresi 7.2019 ministrativo Storico ed Artistico della Provincia di sono però 52. Per la partecipazione al corso di Car- Pesaro e Urbino, Pesaro 1868, p. 40, p. 67; Mono- lo Giovanelli si veda Notizie intorno alle condizioni grafie storiche e scientifiche, Pesaro 1894, p. XXVIII; dell’agricoltura negli anni 1878-1879, vol. II, Roma nel luglio 1877 troviamo il nome di “Giovannelli 1881, p. 610; per i corsi di bacologia e in generale prof. Augusto, Vicenza” fra i membri del Congresso sulla funzione della Stazione bacologica di Padova Computistico in “L’Amministrazione italiana”, n. 29, e sulle industrie bacologiche in Italia, si veda Maria venerdì 20 luglio 1877. Pia Premuda Marson, Bombyx Mori. La dotta indu- 11 Augusto Giovannelli, Sulla trattura e indu- stria bacologica e l’importanza di un insetto nella stria della seta, in “Atti dell’Accademia Olimpica di vita dell’uomo, Padova 2011. Vicenza”, primo semestre 1871, Vicenza 1871, pp. 20 Bollettino di notizie agrarie, vol. 5, parte 1 233-257. Ringrazio Enzo Corbani, responsabile del (1884), p. 577 Museo della Seta Soncino per avermi segnalato que- 21 Per la lista si veda Ortolani, Pesaro, La moda sta pubblicazione. e la memoria cit., p. 30. 12 La lista elettorale prodotta dalla Regia Came- 22 Annuario d’Italia, Calendario generale del ra di Commercio di Pesaro nel 1890 è trascritta da Regno, parte seconda, Roma 1894 p. 1560-1561. Ortolani, Pesaro, La moda e la memoria, p. 30. 23 L’Esposizione Generale Italiana e d’arte Sa- 13 Annali di Statistica. Statistica Industriale. cra. Rassegna Popolare Illustrata, n. 20, Torino 17 Notizie sulle condizioni industriali della provincia di luglio 1898. Pesaro e Urbino, fasc. XXXIV, Roma 1891, pp. 43- 24 Ravara Montebelli, Filatoi cit., p. 120. 44 e tabella a p. 45. 25 Informazioni seriche. Rivista dell’industria 14 La data è indicata nell’elenco degli Osservatori bacologica e serica, n. 11-12, 5-20 giugno 1924, p. bacologici in Annuario della R. stazione bacologica 143. di Padova, Padova 1908, p. 123 n. 11, le altre infor- 26 Annuario Generale d’Italia, vol. II, Genova mazioni si ricavano da una pubblicità, la cui imma- 1933, p. 1209. gine è pubblicata in Ortolani, Pesaro, La moda e la 27 Antonio Brancati, La Biblioteca e i Musei memoria, p. 21. Oliveriani di Pesaro, Pesaro 1976, p. 116 n. 54, p. 15 Giornale di agricoltura, industria e commer- 117 n. 63 e p. 118 n. 75. cio del Regno d’Italia, s. n., II anno, 1877, vol. III 28 Spreti, Enciclopedia Storico-Nobiliare cit., (gennaio-giugno), Bologna 1877, p. 408. p. 472. 16 Ibid., p. 441. 29 Ringrazio Riccardo Paolo Uguccioni per aver 17 Ibid., p. 441-442. verificato l’atto di morte e avermi segnalato la data; 18 Ibid., p. 474 e p. 541. Gazzetta Ufficiale del Regno d’Italia, Foglio delle In- 19 Annuario della Provincia di Pesaro e Urbino serzioni n. 39, 17 febbraio 1938, p. 495. cit., Pesaro 1883, p. 106, dove le bacinelle segnalate

146 L’origine della stampa cattolica a Pesaro tra ’800 e ’900

di

Ernesto Preziosi

La nascita, nel 1903, di un giornale d’i- rivendite di libri denominate “Buona Stam- spirazione cattolica a Pesaro, “L’Idea Cat- pa”, ricorrendo, come nel caso di Pesaro, tolica sociale”, getta una luce su un capitolo alla formula cooperativa. Ma ciò avverrà ancora non affrontato completamente: lo solo anni più tardi. sviluppo della stampa cattolica nel territorio e, insieme, consente alcune considerazioni sulle caratteristiche della stampa cattolica Un lungo “sonno”: il clima culturale e la in regione tra ’800 e ’900 e sul sorgere di presenza dei cattolici nella seconda metà alcuni giornali diocesani 1. dell’800 a pesaro Le Marche hanno conosciuto un discre- to sviluppo editoriale-tipografico già in età Qual è il clima culturale che si vive a moderna 2; una crescita destinata a prose- Pesaro all’indomani dell’unificazione na- guire anche in conseguenza dei noti fatti zionale? In particolare, quale situazione politici che portarono a una liberalizzazio- vivono la Chiesa e i cattolici? Che ruolo ne della stampa, nel periodo napoleonico e hanno nella società e nel nuovo Stato che, nella stagione che segue l’unificazione na- superato il primo momento caratterizzato zionale 3. L’attività editoriale, come è noto, da punte anticlericali, va attestandosi, nella conosce un notevole sviluppo nel corso del nuova formula dello Stato laico? XIX secolo. Accanto alla stampa tradizio- Dopo la presa della città con le armi, da nale – fatta di volumi, così come di pieghe- parte del numeroso contingente dell’eser- voli devozionali e di scritti occasionali a ca- cito piemontese, l’11 settembre del 1860 e rattere celebrativo – si diffondono tutta una dopo il plebiscito che sancisce l’annessione serie di fogli volti a propagandare le “nuove al nuovo regno d’Italia, anche questo ter- idee”. Fogli che, non di rado, assumono un ritorio sarà interessato da una legislazione carattere apertamente antireligioso. Si dif- ecclesiastica che autorizza le soppressio- fondono anche le librerie 4 che propongono ni dei conventi e degli ordini religiosi con molte novità italiane e straniere e che in l’alienazione dei relativi patrimoni. Per la molti casi divengono anche l’epicentro di diocesi di Pesaro inizia un periodo di so- liberali di sicura fede, ai quali forniscono le stanziale silenzio. Il lungo episcopato di novità proibite 5. mons. Clemente Fares 6 che si estende dal Da parte loro i cattolici, nel secondo de- 1856 al 1896 è in sostanza un periodo di as- cennio del ’900, metteranno in piedi delle sestamento rispetto la nuova situazione cre-

147 Studi pesaresi 7.2019 ata dal processo risorgimentale: i cattolici, verso una partecipazione più attiva alla vita o meglio la Chiesa e la sua gerarchia, sono della Chiesa, di cui si faranno portatrici le ai margini della vita civile ed occorrerà at- prime associazioni laiche, a cominciare dal- tendere l’ultimo decennio del secolo per un la Società della Gioventù cattolica fondata a “risveglio” trainato dal nascente movimen- Bologna nel 1867 da Mario Fani e Giovanni to cattolico. Acquaderni. Società giovanile che, sul fini- Il momento dell’unificazione, le moda- re dell’800, si radica anche in diocesi a Pe- lità con cui è avvenuta a Pesaro e l’atteg- saro con il circolo San Terenzio 9. giamento dei cattolici nel nuovo Stato sono I cambiamenti prodotti anche all’interno state affrontate 7 anche in occasione del della compagine ecclesiale sono notevo- 150° anniversario, così come esistono va- li. Dopo un primo periodo in cui si ha una lidi studi sulla fase dell’occupazione fran- identificazione della cultura cattolica con cese e napoleonica vissuta nel passaggio tra quella ecclesiastica e una diffidenza verso il XVIII e XIX secolo 8. laicato 10, nasce un nuovo profilo, una nuo- Con la restaurazione si apre un periodo, va partecipazione fatta anche di responsabi- lungo alcuni decenni, dominato dall’accen- lità e ruoli giocati in prima persona da laici tuarsi di un laicismo, rivoluzionario prima, cattolici, promossa e benedetta dalla Chie- di Stato poi, che avversa la Chiesa, ne con- sa, anche se non senza difficoltà da parte fisca le strutture e i beni colpendo in profon- della stessa gerarchia ecclesiastica che ve- dità il suo vissuto, e produce effetti duraturi deva questo cambiamento «con diffidenza e nel tempo. In particolare, si deve a quella con viva preoccupazione, cercando, più che lunga stagione l’accentuarsi di un processo di dirigerlo, di comprimerlo e di limitarlo, di secolarizzazione che, se da un lato contri- se non proprio di soffocarlo» 11. buisce ad affermare l’opportuna distinzione In quegli anni infatti la dottrina ufficiale tra Chiesa e Stato, dall’altro radica un laici- stenta ad accogliere, anche in minima mi- smo che si alimenta di un anticlericalismo sura, quella che in seguito verrà addirittu- spesso becero, che ostacola l’integrazione ra definita una “teologia dei laici”. Infatti dei cattolici nel nuovo Stato. Non mancano «pur non ignorando il significato dell’ap- quindi punte più rumorose, dietro le quali partenenza sacrale del laico alla chiesa – ha va però assestandosi la situazione, da en- notato Gambasin – si dava maggior peso ai trambe le parti, in un certo quieto vivere che vincoli sociali e giuridici che lo legavano si adatta gradualmente al nuovo stato delle alla gerarchia. La situazione storica in cui cose. Le stesse proteste legittimiste si limi- viveva la Chiesa contribuì a porre l’accento tano a posizioni ufficiali e di principio e gli su quello che il laico “non era” nella Chiesa. atteggiamenti anticlericali più forti ad una Il laicato cristiano non aveva una carta dei minoranza rumorosa che si esprime sia tra il diritti, ma un codice dei doveri: non stava popolo più minuto sia, di contro, nelle élite nella Chiesa, ma di fronte e subordinato alla liberali e massoniche. Chiesa nelle cose spirituali e temporali» 12. Paradossalmente tra le conseguenze La nascita di associazioni laicali e il dispie- del laicismo non mancano effetti indiretti, garsi delle loro attività nel campo della car- come il far emergere – per necessità – un ta stampata sono un fattore non indifferente nuovo profilo del laicato cattolico, -attra di maturazione del laicato e di assunzione

148 Ernesto Preziosi L’origine della stampa cattolica a Pesaro tra ’800 e ’900 di un ruolo nuovo anche a fronte del fatto illuminismo giunto ai confini anche geogra- che la cultura ecclesiastica in quegli anni, fici della sua penetrazione «stemperato dal specie all’indomani del Concilio Vaticano I contatto con la plurisecolare tradizione pon- (tenuto nel 1870) e, prima ancora, con l’e- tificia – ad esso ostile – nella quale dovette manazione da parte di Pio IX del Sillabo pur inserirsi» e con la quale dovette neces- (1864), andava irrigidendosi ed esprimeva sariamente convivere. Una inculturazione, una forma di sospetto pregiudiziale verso nota Benelli, lenta e sui generis, che lascerà tante opere della letteratura italiana. notevoli tracce nella cultura locale. La cultura cattolica – scrive Raponi – In un contesto in cui anche il “proto- andava insomma perdendo di consistenza liberalisimo risorgimentale” sarà sostan- e godeva così scarsa considerazione che un zialmente moderato e registra una crescita osservatore belga, al congresso di Malines stentata, in mancanza di un florido ambiente del 1863, parlando della delegazione ita- culturale, lo stesso ambiente che vede i cat- liana scriveva che «i cattolici italiani somi- tolici locali adeguarsi alla nuova situazione. gliano proprio a gente sorpresa dall’ondata Per questo insieme di motivi la nascita delle rivoluzionaria durante il sonno: ne sono sta- prime testate cattoliche postunitarie, che si ti completamente travolti» 3. E un testimo- colloca in parallelo con quanto avviene in ne non sospetto, come Ruggero Bonghi, in- altre diocesi delle Marche, segna una sor- tervenendo in Parlamento nel dibattito sulla ta di ripresa del cattolicesimo nei territori soppressione delle facoltà di Teologia, dopo dell’ex Stato pontificio, dove si passa da una aver ricordato il contributo che nei paesi di prima fase di rigido legittimismo ad una so- lingua tedesca le facoltà teologiche aveva- stanziale quiescenza, ad una effervescenza no dato al progresso della cultura, consta- che stempera Il legittimismo nell’impegno tava con rammarico quanto fosse diversa la sociale 16. Tanto che, riferendosi alla realtà situazione in Italia ove gli studi religiosi e giovanile che fonda i primi circoli e le pri- tutte le scienze morali languivano misera- me associazioni, si può usare «l’appellativo mente: «Qui è abitudine e sonno ogni cosa di intransigenti solo ponendolo tra molte e io vorrei che fosse novità ogni cosa» 14. virgolette» 17.È un percorso «che dà forza Le novità invece suscitano sospetto, diffi- alle molte opere caritative, educative, as- denza. Situazione che caratterizza gli anni sistenziali, mutualistiche che si dispiegano dell’intransigentismo che confinano ai mar- nei più diversi campi» 18. gini del cattolicesimo ufficiale le voci di un cattolicesimo liberale. In quadro meno netto si ha in un terri- Il movimento sociale cattolico torio come Pesaro che esce dalla fine del- lo Stato pontificio avendo, nonostante la L’atteggiamento tenuto dalla Chiesa restaurazione, introitato pensieri, atteggia- diocesana al momento dell’unificazione, menti, convinzioni giunte al seguito delle l’intransigenza del vescovo Fares e, allo armate francesi del generale Bonaparte. stesso tempo, la scelta di non piccolo con- Giorgio Benelli ha parlato a proposito di un to del suo vicario generale, mons. Spinuc- diffuso «illuminismo di frontiera» 15. Non ci, che nel plebiscito, insieme ad altri sa- si tratta dell’illuminismo classico ma di un cerdoti, prende apertamente posizione per

149 Studi pesaresi 7.2019 l’unità d’Italia e scrive un pamphlet dove ricorda in un’analisi del tempo Romolo considera inutile per la libertà della Chiesa Murri, estraneo al carattere reazionario e l’esistenza di un proprio Stato augurandosi più vicino alle istanze sociali proposte dai che «In avvenire il vero segno d’intenderci giovani cattolici del movimento democrati- sarà questo. Religione e Patria – Patria e co-cristiano 21. Religione. Perché religione senza amore La nascita della stampa cattolica è lega- di patria non è vera religione; patria senza ta alla diffusione del Movimento cattolico, religione non ha durata» 19. talvolta lo precede, in altri casi lo segue, e Con il passare degli anni l’atteggiamen- in ogni caso ne accompagna la crescita e la to legittimistico di rivendicazione del pote- diffusione seguendone l’andamento. Se il re temporale si stempera e non coinvolge le ritardo con cui nascono i circoli giovanili nuove generazioni. La “questione romana”, cattolici è dovuto tra l’altro alla forte tra- che comunque segnerà non poco i decenni dizione anticlericale radicata un po’ ovun- che precedono e seguono l’inizio del XX que nel territorio ex pontificio 22, va anche secolo, avrà il suo peso, anche se i giova- detto che la disponibilità sociale trovava il ni cattolici, che si organizzano nelle varie suo humus nella spinta solidaristica di una associazioni nate già prima della presa di civiltà basata sulle tradizioni comunali e su Roma, manifestano una sensibilità religio- un’economia che, da quelle tradizioni, ave- sa e sempre più attenta al sociale accanto va ereditato lo spirito di corporazione 23. Il a quella rigidamente intransigente verso il ritardo del Movimento sociale cattolico nel- nuovo regno e la classe dirigente liberale le Marche è legato anche ad un altro fatto- che lo guida. È così per la Società della re: lo sviluppo economico che nella regione Gioventù cattolica, ed è così per i molti cir- coincide con gli esordi dell’età giolittiana, coli che incominciano a sorgere nelle dio- pur essendo segnato da contraddizioni e cesi e che, attraverso l’Opera dei Congressi limitato a zone ridotte, a causa degli squi- (sorta nel 1874 con una sempre più fitta libri dovuti in gran parte al ristagno dell’a- rete organizzativa), coprono il territorio, gricoltura, all’isolamento politico-culturale caratterizzandosi per sensibilità sociale e che impedisce un vero e proprio decollo per la capacità di interpretare e dare rispo- dell’economia. Così agli inizi del secolo sta alle istanze popolari. La Società della «anche nelle Marche si attendono i sintomi Gioventù cattolica nascerà anche a Pesaro, di uno sviluppo della produzione agricola, nel 1892, trent’anni dopo la fine del potere industriale, commerciale per effetto, sep- temporale 20. pur marginale e periferico, del progresso La generazione di giovani che si trova a economico nazionale» 24. Non esiste infatti vivere gli anni a cavallo del secolo è ormai un tessuto industriale sufficiente a rendere a tutti gli effetti figlia di quel regno che or- consapevole una ancora limitata popolazio- mai ha per capitale e sede del Parlamento ne operaia. Le Marche restavano anche al nazionale la città di Roma. nord, nonostante nella provincia di Pesaro In realtà il Movimento cattolico che si esistessero le miniere di zolfo e una nascen- sviluppa nelle Marche è caratterizzato da te industria della seta, una regione a caratte- un certo ritardo rispetto alle zone dell’Ita- re prevalentemente agricolo 25. lia centro-settentrionale, ma è anche, come Negli anni a cavallo del secolo i cat-

150 Ernesto Preziosi L’origine della stampa cattolica a Pesaro tra ’800 e ’900 tolici si organizzano e danno origine a un frangenti una sorta di timidezza, e però allo consistente movimento sociale. Si diffonde stesso tempo coltivi l’intento di guidare una nella realtà pesarese un discreto movimen- sorta di riscossa del pensiero e dell’azione to mutualistico e cooperativo, tendente ad dei cattolici, è necessario richiamare breve- alleviare la difficile situazione presentata mente qualche aspetto della storia di quegli dall’agricoltura e dall’industria pesarese di anni. fine 800 26 e nelle Marche più in generale. Non esistono ricostruzioni del percorso Il grande sviluppo di società di mutuo della stampa cattolica delle Marche, scar- soccorso sul finire dell’800 e dei primi del se sono le informazioni sul primo periodo, ’900 non è solo frutto della grande stagione quello che va dalla seconda metà del secolo sociale di cui l’enciclica di Leone XIII, Re- XVIII agli ultimi decenni dell’800 anche se, rum novarum, del 1891, è allo stesso tempo sul quadro nazionale, non mancano valide punto di arrivo e di partenza, ma è anche sintesi 30. Qualche riferimento si trova nelle frutto dell’eredità avuta dal Risorgimento; storie locali; esistono inoltre alcuni volumi di quello spirito solidaristico che ha segna- stampati in occasioni anniversarie e articoli to una stagione di riscatto del lavoro e una o saggi su singole testate. Il quadro che se prima assunzione di responsabilità da parte ne ricava è di una certa vivacità e collega delle classi lavoratrici nell’ambito del siste- questa stampa al nascente Movimento cat- ma economico sociale 27. Nasceranno così tolico 31. varie società di mutuo soccorso, il fenome- Tra i precursori della stampa cattolica no coinvolge anche la diocesi di Pesaro con italiana nell’800 “L’Amico di Italia” fonda- l’istituzione, nell’anno 1904, nel comune di to nel 1822 a Torino da Cesare d’Azeglio Candelara, di una cassa rurale denominata distintosi ai primordi del Movimento catto- di S. Stefano 28. lico nell’associazione denominata “Amici- La stampa cattolica che nasce in questi zia Cattolica” fondata da Pio Brunone Lan- anni è collegata a questa rete organizzata teri 32. In seguito un notevole contributo lo di presenza dei cattolici nel sociale, al darà don Giovanni Bosco con le sue “Let- fenomeno mutualistico e sindacale, ai cir- ture cattoliche” 33, che si porrà tra i primi il coli della Gioventù cattolica, che formano problema di un apostolato capace di interlo- i quadri dirigenti, alla diffusione di leghe e quire con la cultura diffusa. Una lunga se- società contadine e operaie 29. rie di testate è riconducibile a questo primo filone che segnerà il percorso del cattolice- simo italiano in una lunga transizione, nelle La stampa cattolica tra ’800 e ’900 permanenti difficoltà a relazionarsi, prima con i rispettivi Stati preunitari, poi con lo Il panorama editoriale cattolico marchi- Stato risorgimentale. giano di fine ’800 e dei primi anni del ’900 È la fase di estraneità dei cattolici dallo è ricco di iniziative editoriali. La stampa Stato unitario, la fase in cui i cattolici periodica vede sorgere in quegli stessi anni intransigenti si schierano con il Paese re- alcuni fogli di ispirazione cattolica o aper- ale contro il Paese legale. Con la Chiesa tamente cattolici. Per comprendere il moti- schierata in una posizione di estraneità ri- vo per cui la stampa cattolica mostri in quei spetto lo Stato liberale, a motivo delle legi-

151 Studi pesaresi 7.2019 slazioni antiecclesiastiche e, prima ancora, Stato mentre sono e si sentono inseriti, orga- della fine traumatica del potere temporale, nici alla società. Ne è un segno «il parroco una Chiesa estranea rispetto allo Stato, che promotore e presidente della cassa mutui e si schiera dalla parte del popolo. Le testate prestiti, il polemista politico dialettale mol- che nascono in quegli anni portano il nome to apprezzato anche dagli analfabeti ai quali “popolo” in primo piano: «La Difesa del venivano letti gli articoli la sera, durante la Popolo», «Il Popolo dei Berici», «L’Amico “veglia” nelle stalle […], i sindacalisti e il del Popolo», ecc. Il filone più consistente direttore del giornale» 36. dei periodici cattolici che si diffondono sul Anche attraverso la stampa un Movimen- territorio prendono sempre più la dimensio- to cattolico nato, non per scelta ma per le ne di fogli locali, sostenuti dalle prese di condizioni storiche elitarie, diviene popola- posizione dell’autorevole rivista dei gesuiti, re. Scrive Alberto Monticone a proposito del “La Civiltà Cattolica” 34. Le testate locali, Movimento cattolico di quegli anni: «Que- è il caso del giornale cattolico di Brescia, ste origini, con protagonisti aristocratici e in si qualificano come voce del popolo, ma ne parte borghesi ma con un seguito e un riferi- propongono anche la vita, la testimonianza, mento nella periferia e nel mondo popolare, la difesa; e in più ne sono i portavoce, gli presentano una preoccupazione di fondo che esponenti, gli araldi. Sono questi i termi- accentua l’attenzione verso gli strati meno ni che più spesso compaiono nelle testate abbienti e meno integrati nella cultura na- dei giornali nati allora; testate che indicano zionale». È una caratteristica che troviamo le funzioni del “giornale del popolo” e al- nelle pagine della stampa cattolica, e che ludono ad una crescita culturale in chiave esprime una ben precisa intenzione: «È la popolare. preoccupazione di una pedagogia cristiana Le testate che si diffondono in questo del popolo tale da educare le nuove gene- periodo hanno un respiro locale, anche se razioni o completare l’educazione delle ge- non mancano periodici con una distribu- nerazioni già adulte secondo i principi della zione nazionale come l’”Unità cattolica” morale cristiana e le indicazioni più esplicite di Firenze o “L’Osservatore Cattolico” di della Chiesa, a fronte di un diverso progetto Milano 35. Spesso portano nella testata il ri- pedagogico nazionale connesso non soltanto ferimento a qualche elemento simbolico del con gli ideali e i principî delle classi dirigen- territorio (“La Torre civica”; “Il Campani- ti uscite dal Risorgimento, ma anche con gli le ecclesiastico”). Si tratta pertanto di stare orientamenti e le influenze del mondo posi- dalla parte della gente, interpretandone le tivistico e dei primi passi verso una società istanze e dando voce ad una estraneità dal- industrializzata. Questa preoccupazione di lo Stato nazionale che si esprime attraverso una pedagogia cristiana si rivolge ovvia- temi generali e che riguardano i ceti popo- mente proprio alle classi meno abbienti, al lari, l’analfabetismo, l’esclusione dal corpo popolo, a coloro che vengono ritenuti più elettorale ecc. esposti alle suggestioni della cultura domi- In tal senso i giornali cattolici interpre- nante e ai pericoli anche sociali» 37. tano, per un verso, e alimentano, per l’altro, È la fase in cui i cattolici si trovano quel filone che diventerà poi il popolarismo, ad esprimere una posizione intransigente sentendosi allo stesso tempo estranei dallo specie nei territori dell’ex Stato pontificio 38,

152 Ernesto Preziosi L’origine della stampa cattolica a Pesaro tra ’800 e ’900 un atteggiamento che si riscontra anche a I principali protagonisti del Movimento Pesaro. Come è stato già notato: cattolico di quegli anni si dedicano a scri- vere su giornali e riviste e ne fondano di la stampa cattolica delle ex-legazioni nuove. La carta stampata è infatti una mo- ebbe un eccezionale rigore intransigen- dalità moderna che consente, anche grazie te; fu pesantemente reazionaria nei pri- alla conquista liberale della libertà di stam- mi anni dell’unificazione, malevola nei pa, di esprimere opinioni, di informare e confronti del nazionalismo unitario, au- formare l’opinione pubblica. Il Movimento striacante, faziosa. Tale atteggiamento si Cattolico utilizza così due “novità” dovu- attenuò nel ’62-’63, fino a giungere a un te al liberalismo: la libertà di associazione programma neoguelfo 39. e quella di stampa, per combattere le idee liberali. Esponenti di spicco come Murri Non mancano testate meno intransigen- si distinguono non solo per le riviste a lui ti, apertamente conciliatoriste, come sarà direttamente riconducibili, ma per l’influs- ad esempio “Il Rinnovamento cattolico”, so esercitato su una generazione di giovani giornale bolognese, nato nel 1871, sotto la cattolici che a loro volta fondano e animano direzione del sacerdote Giacomo Cassani, giornali, sostenendovi le tesi della Demo- già collaboratore de “Il Mediatore” di Carlo crazia Cristiana murriana 42. Una influenza Passaglia e anch’esso di tendenza concilia- che si registra anche a Pesaro, dove nei pri- torista. mi anni del secolo si renderanno manifesti Nei primi del ’900, numerosi sono i fogli frammenti che possono essere fatti risalire dei cattolici in Italia e nelle stesse Marche. alla seminagione murriana 43. Il fondatore della Società della Gioventù Lo stesso Giuseppe Toniolo è partico- Cattolica, Giovanni Acquaderni, ha da poco larmente presente sui periodici sociali così dato vita a Bologna a “L’Avvenire”, diretto come don Luigi Sturzo che vi porterà il suo dal 1898 al 1902 da Filippo Crispolti; in se- pensiero sociologico e la sua visione di lo- guito diretto da Cesare Algranati, più cono- calismo all’interno di uno Stato organico sciuto sotto il nome di “Rocca d’Adria” 40 dove «ogni organo ha la sua vita caratteri- (1902-1910), muta la testata in “L’Avveni- stica, la sua interiore autonomia, la sua ra- re d’Italia” imponendosi come uno dei più gion d’essere che nessun potere sociale può qualificati organi del cattolicesimo militan- violare» 44. Una visione localistica ricono- te. I suoi orientamenti piuttosto avanzati e, scibile nella stampa diocesana del primo soprattutto, l’appoggio esplicito alla “Lega ’900, che sarà locale anche perché attenta ai democratica nazionale” di Murri, gli attira- problemi dei municipi, all’azione ammini- no i severi avvertimenti da parte della Santa strativa, ad una politica cioè più vicina alla Sede e la diffidenza dell’episcopato. «Gli gente. Una vicinanza che darà il suo frutto. giovò la protezione dell’Arcivescovo di Bo- Sta di fatto che il Partito Popolare Italia- logna Card. Domenico Svampa che, al pari no, quando nascerà, sarà sostenuto da una dell’Arcivescovo di Milano Card. Andrea rete di periodici di ispirazione democratico- Carlo Ferrari, era persuaso della necessità cristiana fra cui 20 quotidiani e oltre 70 set- di una stampa cattolica non strettamente timanali 45. Tra questi, come abbiamo visto, confessionale, ma aperta» 41. anche “L’Idea cattolica sociale” di Pesaro.

153 Studi pesaresi 7.2019

A Pesaro nasce “L’Eco dell’isauro” valutazione positiva in quanto segna un aspetto della nuova iniziativa laicale nel Alla stampa i cattolici arrivano utiliz- contesto di una Chiesa imperniata o comun- zando le “libertà” dello Stato. Dopo la fine que ancorata sulle difensive, vi è chi sotto- dei regimi “di privilegio e di protezione” linea il «rinchiudersi del mondo cattolico assicurati alla religione cattolica dai con- in uno sterile isolamento e in un atteggia- cordati e dalle leggi degli Stati preunitari, mento di ostilità alla cultura e alla società interpretano e applicano «in senso libera- del tempo» 49. Un atteggiamento provocato le e separatista l’articolo dello Statuto che e favorito anche «dalla aggressività di cer- avrebbe potuto ricreare quel regime, ai cat- to anticlericalismo e da talune intemperan- tolici era data la possibilità di avvalersi del- ze poco rispettose del sentimento religioso la introduzione delle garanzie costituzionali provenienti da alcuni circoli e correnti cul- alla libertà di stampa per orientare l’opinio- turali». ne pubblica, per fare opera di informazione Le testate poi registrano una evoluzione. e di educazione morale, per contendere in Ad esempio la capofila dell’intransigenti- libera gara con le idee avversarie, per ga- smo, “L’Armonia” che nasce giobertiana e rantire e accrescere l’influenza e il prestigio «per nulla avversa al principio di nazionali- morale del cattolicesimo e delle sue istitu- tà» passerà all’opposizione solo in seguito zioni nella società» 46. La stampa cattolica al noto episodio delle elezioni del 1857 50. che nasce intorno agli anni dell’unificazio- Inoltre accanto a questa stampa più intran- ne nazionale è fatta di giornali e periodici, sigente che sorge in numerose diocesi vi è si differenzia dalla grande stampa d’opinio- anche, specie in contesti come quello lom- ne nella quale si affermano in quegli anni bardo, una stampa cattolica liberale 51. Si alcune testate destinate a divenire storiche; può concludere che: «il rilievo e l’influen- al contrario, se si eccettua il caso de “L’Av- za della stampa nella cultura italiana, nella venire” fondato, nel 1896 da Giovanni Ac- spiritualità personale e nel travaglio etico- quaderni 47, la stampa cattolica rimane lo- politico che agitò le coscienze dopo il ’59 cale. E questo perché, come è stato notato, furono dunque assai diversi» 52. Nei primi la stampa cattolica appare «incline a ridurre anni si nota una maggiore vivacità e un più tutti i problemi alla polemica stato-chiesa marcato impegno culturale da parte della e alla questione romana», finendo così per stampa conciliatorista e cattolico-liberale, «emarginare i problemi di maggior interes- caratteristiche che lasceranno il posto ad un se e di maggior impegno culturale». Il pun- «forte vigore polemico – non alieno da toni to è la scelta del territorio, della dimensione aspri e insolenti anche nei confronti di ve- locale, municipale, in cui anche a causa del scovi conciliatoristi e di esponenti cattolici non expedit, i cattolici sono ristretti. Valo- moderati – e l’integralismo della stampa in- rizzando questa dimensione ma rischiando transigente». Comune sarà però – come ha di non essere un veicolo culturale, in molti notato Raponi – l’impegno di «combattere casi rallentò la riflessione e l’impegno nel le interpretazioni radicali della laicità del- campo culturale dei cattolici 48. lo Stato e di respingere la concezione etica I giudizi sulla stampa intransigente di dello Stato cara a certi pensatori meridio- quegli anni sono diversi. Accanto ad una nali di ispirazione hegeliana, come lo Spa-

154 Ernesto Preziosi L’origine della stampa cattolica a Pesaro tra ’800 e ’900 venta, che, per la verità, non trovava troppo di Pesaro e Urbino” (febbraio 1876-gennaio seguito neppure nella pubblicistica liberal 1877), prima moderata, poi (dal 18 marzo moderata» 53. 1876, cioè dall’avvento della Sinistra al go- Allo stesso tempo si deve riconoscere verno) progressista, in linea con la politica alla stampa intransigente di essere stata, così “governativa”. Nella vicina Fano si stampa come l’intero movimento cattolico intransi- “Il Comunardo” (dal dicembre 1872 al gen- gente, uno strumento assai poderoso per la naio 1874) diretto da Espartero Bellabarba, formazione di una coscienza collettiva del di orientamento socialista, o il foglio pro- mondo cattolico italiano ponendosi come gressista “L’Annunciatore” (1873 -1898). elemento catalizzatore e unificante anche al Sempre a Fano si stampa per pochi mesi il di sopra delle propensioni personali e delle “Metauro” da maggio a dicembre del 1874, direttive dei singoli vescovi non inclini alla di orientamento cattolico moderato; il fra- eccessiva centralizzazione ecclesiastica. Ad tello di Mario Paterni, Gaetano, pubblica a ispirare la pubblicistica intransigente sarà Urbino “Il Democratico” (aprile 1874-di- “La Civiltà Cattolica” offrendole un fonda- cembre 1876), di orientamento repubbli- mento ideologico. cano 55. Giornali che hanno perlopiù una La stampa intransigente coltivava una breve esistenza ma che danno un segnale idea di libertà, che aveva dei margini di del dibattito di idee che attraversa quella ambivalenza e che «impediva poi in pratica stagione in cui i cattolici si inseriscono. d’invocarne l’applicazione quando si tratta- Il primo foglio a nascere, a ridosso della va sul serio di difendere la libertà religiosa fine dello Stato pontificio, è “L’Isauro”, con e la libertà di coscienza». Così come «altro il sottotitolo “Giornale Politico Popolare” errore della stampa intransigente appariva di indirizzo conservatore. Pubblicato a Pe- quello di non capire che la situazione italia- saro e stampato dalla tipografia Nobili con na, “lo stato delle cose” in Italia, si andava una periodicità bisettimanale, il foglio, che inesorabilmente consolidando e che quindi consta di 8 pagine e 2 colonne, esce per la era inutile o poco realistico invocare la re- prima volta il 21 settembre 1861 e termina staurazione del passato e parlare di crollo la pubblicazione il 14 dicembre dello stes- imminente del nuovo Stato nazionale» 54. so anno, avendo come gerente responsabile In quegli anni il silenzio è rotto dalla Giuseppe Orazietti. Il foglio è una meteora nascita di un periodico cattolico, “L’Eco di breve durata. d’Isauro” che durerà circa un triennio, dal Nella primavera del 1874 esce il pri- 1874 al 1876, collocandosi in un contesto mo numero del giornale cattolico pesarese in cui sul territorio esistevano già varie te- “L’Eco dell’Isauro” che viene sequestrato state giornalistiche che contribuivano ad con provvedimento prefettizio. Il giornale animare il dibattito politico facendo più porta sotto la testata la scritta “Periodico o meno esplicito riferimento ai partiti del settimanale cattolico popolare” e un motto tempo. Come ad esempio “La Gazzetta Pe- singolare, specie per quei tempi: Interfi- sarese” (1863-gennaio 1876), monarchico- cite errores – Diligite errantes; la frase di moderato, oppure il “Popolano” che esce Sant’Agostino che sarà poi riproposta da negli stessi anni de “L’Eco”, animato dal Giovanni XXIII che sottolineerà come usa- repubblicano Mario Paterni, “La Provincia re la carità nello scrivere non indebolisce

155 Studi pesaresi 7.2019 la verità, ma la rafforza perché la rende più che si preoccupa di rialzare la testa rispetto accetta 56. La stampa è presso la tipografia ai fatti accaduti, e a controbattere l’anticle- Nobili, la più rinomata della città, e in se- ricalismo largamente diffuso in città. guito presso la tipografia dei fratelli Rossi, Una lettera del vescovo Fares, nell’apri- direttore è un monaco camaldolese 57, don le 1874, presenta la finalità che ha portato a Piero Celestino Massi 58 e il gerente re- fondare il periodico «difendere gli interessi sponsabile è Enrico Brancaleoni. Il foglio, della Religione e della Civiltà» e «diffonde- dall’indirizzo politico cattolico-conservato- re un antidoto al veleno, che si propina in re, che consta di 4 pagine e 2 colonne, esce larga misura, e troppo spesso, dai perversi per la prima volta il 25 aprile 1874 e conta giornali»; infatti – continua il Vescovo – 25 numeri fino al 30 dicembre 1876. «oggidì non sono solo i Pubblicisti Cattolici Come spesso accade in quegli anni in che condannano la stampa licenziosa […] numerose diocesi, la testata è desunta da un che conduce diritto alla discordia religiosa, toponimo, riferito al territorio locale; Isau- alla sovversione degli Stati, allo scioglimen- rus è l’antico nome del fiume Foglia alla cui to della unità sociale, ma gli stessi liberali- foce nasce la città di Pesaro. Nell’estraneità moderati se ne sono allarmati» 62. Lo stesso conclamata dallo Stato unitario si assume direttore si premura di puntualizzare più un atteggiamento e nasce una cultura che dettagliatamente i motivi che hanno indotto si pone dalla parte della gente e fa suo il i cattolici a dare vita al periodico: da troppo riferimento al territorio, quasi ad intestar- tempo gli avversari si domandano perché i si le tradizioni locali in contrasto con uno cattolici non rispondano alle loro domande Stato percepito estraneo e lontano. La linea e lasciano intendere che sicuramente non del giornale è improntata all’intransigenza sanno tener testa alle loro osservazioni e ma vi si riconosce l’influenza esercitata dal alle critiche. È opportuno dunque dimostra- dibattito sociale; non si può parlare quindi re che la Chiesa non teme il dialogo; anzi è di una “stampa papalina”, anche se forte è certa di poter confutare le avverse ideolo- il legame con la curia e con il vescovo dio- gie, rimediando ai «gravissimi danni» che cesano. «la stampa irreligiosa e rivoluzionaria» reca Non si può parlare per Pesaro di un gior- non solo alla popolazione della nostra pro- nalismo che si rapporti in maniera dialettica vincia, ma anche a quelle vicine, dato che con l’autorità ecclesiastica, pur avendo una «da Bologna a Roma non una voce scende sua autonomia 59. Tra l’altro ancora il Mo- in campo per combattere a pro della morale vimento cattolico non si è radicato in dio- e della Religione» 63. cesi se non in forme embrionali. Il giornale Il giornale esprime un intransigente le- nasce con gli auspici di papa Pio IX, cui il gittimismo, avversando i nuovi movimenti direttore ha presentato il progetto editoria- di idee, sia quelle riformiste di vario grado le, avendone di ritorno una espressione che che si rifanno alla prima Internazionale, sia l’anno seguente verrà riportata anch’essa quelle positiviste, così come il liberalismo. sotto la testata: Deus vos benedicat et diri- È proprio la necessità di intervenire nel di- gat manus, corda et intelligentias vostras 60. battito delle idee che convince la parte più Dietro il progetto del giornale sta ovvia- sensibile della diocesi a scendere in cam- mente il vescovo Fares 61 e con lui il clero po utilizzando la stampa: «I nostri articoli,

156 Ernesto Preziosi L’origine della stampa cattolica a Pesaro tra ’800 e ’900 come ognuno può di leggieri immaginarsi, si. Scrive il foglio pesarese facendo eco al urtano i nervi alla stampa rivoluzionaria cit- discorso pronunciato a Venezia dal barone tadina, la quale da essi piglia argomento per Vita D’Ondes Reggio: «chi si professa cat- vomitare tutto il suo veleno contro Dio e le tolico e liberale, o moderato o di altre qua- cose più sante, a discapito del buon senso, lità, sieno pure eccellenti, non è cattolico e della logicità più ovvia e perfino della gram- non può che produrre scisma o eresia» 67. matica. Ammaestrati per lunga esperienza D’altra parte su “L’Eco d’Isauro” si riba- che i nostri avversari schivano una polemi- disce come «sotto l’aspetto politico siamo ca ragionata e seria, e che invece scendono legittimisti, sotto l’aspetto religioso siamo nel campo della discussione animati da spi- cattolici senza epiteto», una affermazione rito controversista e più spesso senza la me- che suona chiara e contesta l’aggiunta di noma scienza di quella verità che pigliano aggettivi come “cattolico-liberale” e “catto- a combattere, avevamo risoluto di cammi- lico-moderato” 68. nare tranquillamente per la nostra via senza La polemica con i cattolici liberali è più occuparci delle orribili bestemmie che piuttosto nutrita e costante: «Se i cattoli- liberamente si pubblicavano nella cattolica ci fanno bene, perché tanti rimproveri? Se Pesaro, ma… bisognerebbe rinunciare alla fanno male, perché li imitano? E se si riten- nostra Fede per riuscirci sempre e per non gono cattolici, per quale motivo oltraggiano sentici sovente addolorati agli oltraggi che i giornali fedeli alle direttive del Vaticano, si scagliano contro la Divinità da quegli mentre il Papa li loda? Dimostrano così di istessi che professano la misera arte di non non essere né cattolici, né liberali, dal mo- volerla conoscere» 64. mento che non concedono ai cristiani quella Il giornale si schiera sulla posizione in- libertà che pretendono per sé» 69. transigente e così come altre testate nate Una polemica che si ripete più volte in quel periodo ha riferimento principale sulle pagine de “L’Eco d’Isauro” quando la “Civiltà cattolica”, fondata a Napoli nel si afferma che i cattolici moderati o liberali 1850 e poi trasferitasi a Roma 65. La pole- intendono “conciliare la luce con le tenebre, mica riguarda il rapporto Chiesa-Stato e vi la verità con l’errore”, ma ciò gli è impedito è il netto rifiuto di quanto Cavour, nel di- dal loro essere nelle tenebre e dall’impossi- scorso alla Camera il 27 marzo 1861, ave- bilità, per questo di essere di giovamento. va definito nei termini di “libera Chiesa in Di qui l’obbligo di ritornare alla verità la libero Stato”. Su “L’Eco d’Isauro” rimbalza cui sorgente si trova soltanto nella Chiesa il motto lanciato da don Margotti in quello cattolica 70. stesso anno sulle pagine de “L’Armonia”: Non che i cattolici pesaresi disprezzi- «né eletti né elettori». Non è un caso che il no la patria e la politica. Ma partono da un periodico pesarese nasca in quel 1874 in cui principio rispetto cui non possono transige- dal Vaticano viene pronunciato il famoso re: «il benessere temporale dei popoli [è] non expedit 66; sempre riferendosi al conte- subordinato sempre ed in piena armonia sto in cui sorge il giornale, si può ricordare col benessere spirituale», per cui «è facile che in quello stesso anno a Venezia si tie- comprendere come la vera e sana Politica ne il primo Congresso dei cattolici italiani sia sotto l’alto dominio della Religione, la da cui prenderà vita l’Opera dei Congres- quale sola ha il legittimo potere d’insegnare

157 Studi pesaresi 7.2019 agli uomini gli eterni principi del vero e del il miglior mezzo per prosperare», e a chi giusto»; il periodico conclude riportando il vive nell’agiatezza propone di «dividere detto di Jean Domat «La Religione e la po- nei grandi bisogni col povero le proprie so- litica hanno lor fondamento nell’ordine di stanze, sicuri che ne riceveranno mercede Dio» 71. da Dio» 72. La polemica che vede schierato il gior- In sostanza il giornale accompagna, in nale contro i cattolici liberali e più in gene- quei pochi anni di esistenza, un primo risve- rale il liberalismo, avrà una replica di lì a glio dei cattolici pesaresi e in parallelo con poco nella ferma posizione tenuta rispetto quanto accade nel vicino contesto delle Ro- la prima Internazionale che chiuderà i bat- magne, il giornale lascia intravvedere come tenti di lì a poco, nel 1876 dopo aver accom- la ferma posizione intransigente, proprio pagnato la prima diffusione del socialismo. sul terreno della politica, apra uno spiraglio Di fronte ai moti suscitati in Romagna e motivato dalla speranza che il non expedit alle conseguenti incarcerazioni, il giornale possa essere riconsiderato tanto da consen- cattolico sostiene che non si sia trattato di tire che una rappresentanza di «spirito cri- moti originati dalle condizioni economiche stiano» possa entrare in Parlamento 73 nella e in particolare dal carovita insostenibile convinzione che «l’astensione o la parteci- bensì dagli «eccitamenti dell’Internaziona- pazione dei cattolici […] è cosa puramente le, setta malvagia che a spese del popolo disciplinare e mutabile» 74. vuol prevalere in Europa, che afferma di di- Con il passaggio del secolo i tempi, fendere gli operai […] ma non darebbe un dopo una lunga incubazione, saranno matu- soldo ad un povero quand’anche lo vedesse ri per vedere la nascita di un vero e proprio morire di fame». Aggiunge quindi che nel giornale di ispirazione cattolica che accom- Pesarese «la classe dei miserabili non è tan- pagnerà per gli anni seguenti la presenza to numerosa come in altre città della Marca dei cattolici in città. Sarà un modo nuovo, e della Romagna, e ciò in grazia dell’amore anche se polemico, di sentirsi parte del al lavoro, della carità cittadina e della Reli- Paese. Non sarà ancora una vera e propria gione che regna specialmente nella povera riconciliazione ma una integrazione sostan- gente». Raccomanda infine «al popolo la ziale, che avrà un ulteriore passaggio, come calma e di tenersi sempre lontano da quel- sappiamo, in occasione del primo conflitto le dimostrazioni che non sono certamente mondiale.

158 Ernesto Preziosi L’origine della stampa cattolica a Pesaro tra ’800 e ’900

1 Si v. ad esempio E. Preziosi, Stampa e stam- 10 Cfr. F. Traniello, Cultura ecclesiastica e cul- pa cattolica nella diocesi di Ascoli tra ‘800e ‘900, in tura cattolica, in Aa.vv., Chiesa e religiosità in Italia «Studia picena» LXXV (2010) pp. 433-482. dopo l’Unità (1861-1878), atti del quarto convegno di 2 Cfr. G. Merlini, Tipografi e periodici piceni tra storia della Chiesa (La Mendola, 31 agosto-5 settem- ‘800 e ‘900. Stampa di mare dal fondo Traini, San bre 1971), Relazioni, vol. II, pp. 3-28. Benedetto del Tronto 2008. Si v. ad es. R. M. Bor- 11 G. Martina, L’atteggiamento della gerarchia raccini Verducci, La tipografia nelle Marche. Tesse- di fronte alle prime iniziative organizzate di aposto- re per un mosaico da comporre, in La cultura nelle lato dei laici alla metà dell’Ottocento in Italia, in Spi- Marche in età moderna, cur. W. Angelini, G. Piccini- ritualità e azione del laicato cattolico italiano, vol. I, ni, Milano 1996, in particolare pp. 68-81. Padova 1969, p. 346. Pio IX e il suo segretario di Sta- 3 Cfr. Giornali Politici Marchigiani (1870-1950), to, cardinale Antonelli, diffidavano dei laici per mo- a cura di F. Dolci, Firenze 1978, Catalogo della Biblio- tivi diversi, ma erano ugualmente timorosi che essi teca nazionale centrale di Firenze che presenta i perio- tendessero a sostituirsi alla gerarchia, a rovesciare in dici ospitati nell’emeroteca della stessa Biblioteca. senso democratico la tradizionale struttura ecclesia- 4 Per l’intero territorio marchigiano in quegli stica (Ibid., p. 347). anni si contavano ben 73 librai censiti. Cfr. G. Otti- 12 A. Gambasin, Gerarchia e laicato in Italia no, La stampa periodica; il commercio dei libri e la nel secondo Ottocento, Padova 1969, p. 13; per il tipografia in Italia, Milano 1875, p. 11. cambiamento che si ha nel Vaticano II v. E. Schille- 5 Borraccini Verducci, La tipografia nelle Mar- beeckx, Definizioni del laicato cristiano,in La Chiesa che cit., p. 55. del Vaticano II, Firenze 1965, pp. 959-978. 6 Cfr. I. Corsini, La Chiesa di Pesaro e l’unifi- 13 Testimonianza riferita da R. Aubert, Il pon- cazione d’Italia. Il Vescovo Clemente Fares ed il tificato di Pio IX, p. 175. Stefano Iacini ricorda dal Commissario Valerio (1860-61), in Marche e Umbria canto suo che la delegazione italiana a Malines co- nell’età di Pio IX e Leone XIII. atti del XXI conve- stituiva «la quintessenza dell’integralismo clericale»: gno del Centro Studi Avellaniti, Fonte Avellana 1998; cfr. S. Jacini, Il tramonto del potere temporale nelle Id, Gli avvenimenti del settembre 1860 a Pesaro nel relazioni degli ambasciatori austriaci a Roma (1860- diario inedito di Clemente Fares, in “Frammenti”, 1871), Bari 1931, p. 112, cit. in N. Raponi, La cultura 3/1998, pp. 123-132. cattolica dopo l’unità tra cattolicesimo liberale e in- 7 E. Preziosi, L’annessione al Regno: l’atteggia- transigentismo, apparso con il titolo Dalla crisi del- mento della Chiesa pesarese, in “Pesaro città e con- la cultura cattolico liberale all’intransigentismo in tà”, 30/2011, pp. 55-79. Nello stesso numero contri- Aa.vv., Chiesa e religiosità in Italia dopo l’Unità cit., buti di R.P. Uguccioni, M. Severini, C. Colletta, M. pp. 29-64, ora in N. Raponi, Cattolicesimo liberale e Maoloni. modernità. Figure e aspetti di storia della cultura dal 8 S. Linfi, La Chiesa di Pesaro sotto il Regno d’I- Risorgimento all’età giolittiana, Morcelliana, Brescia talia napoleonico (1808- 1809) e i suoi presupposti 2002, p. 129 (da cui si cita) storici, giuridici e politici, in “Frammenti”, 10/2006; 14 Cit. in Raponi, Cattolicesimo liberale cit., p. 130. Id., La Chiesa di Pesaro sotto il Regno d’Italia napo- 15 A. Brancati, G. Benelli, Storia della città di leonico (1808-1814), in “Frammenti”, 12/2008; Id., Pesaro nel secondo Settecento. Metamorfosi di una Pesaro nella Rivoluzione francese. Aspetti politico- società di provincia fra tradizione pontificia e illumi- religiosi su documentazione dell’archivio storico dio- nismo di frontiera, Argalia, Urbino 2016, pp. 31 ss. cesano, in “Segnali”, 1/1994, pp. 99 ss. Ora in Id., V. inoltre A. Brancati, G. Benelli, Antaldo Antaldi La Chiesa di Pesaro nell’epoca napoleonica in Italia, (1770-1847), rivoluzionario e conservatore, tra Na- Archivio storico diocesano Pesaro, 2012. poleone e Gregorio XVI, Argalia, Urbino 2014, pp. 23 9 E. Preziosi, Giovani cattolici a Pesaro tra ‘800 ss.; cfr. E. Preziosi, Stampa e stampa cattolica nella e ‘900. Origine e primi sviluppi del circolo S. Teren- diocesi di Ascoli tra ’800 e ’900, in “Studia Picena”, zio Martire (1892-1902), Pesaro 1992. LXXV (2010), pp. 433-482.

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16 Cfr. Preziosi, Giovani cattolici a Pesaro tra sono trenta: di cui quindici di produzione e lavoro, ‘800 e ‘900 cit., pp. 16-28. sette cooperative di credito, di cui tre casse rurali, un 17 Si v. le osservazioni in tal senso formulate consorzio agrario, sette cooperative di consumo e tre già molti anni fa da E. Passerin d’Entrèves, nella società di mutuo soccorso. introduzione a Il cattolicesimo politico e sociale in 27 Si tratta di una spinta che investe tutte le real- Italia e Germania dal 1870 al 1914, cur. E. Passerin tà contadine per un verso (si pensi ai fenomeni delle d’Entrèves, K. Repgen, il Mulino, Bologna 1977, pp. casse rurali ma anche operaie e artigiane, alle banche 20-21. popolari e a fenomeni simili), ma che segna per i cat- 18 Cit. in E. Preziosi, Un altro Risorgimento. Alle tolici un momento di particolare fervore associativo, origini dell’Azione Cattolica per una biografia di in una stagione in cui il difficile rapporto col nuovo Giovanni Acquaderni, San Paolo, Cinisello Balsamo Stato unitario faceva sì che i principali esponenti del (Mi) 2018, p. 185. Movimento cattolico si sentissero di fatto estranei 19 P. Spinucci, Parole ai pesaresi sulle ragioni alla vicenda statale. M. Degl’Innocenti, Storia della che fanno contro il dominio temporale del Papa (tip. cooperazione in Italia. La Lega nazionale delle co- Nobili, a cura della Commissione Municipale, Pesa- operative 1886-1925, Editori Riuniti, Roma 1977; ro 1860), p. 41; v. Preziosi, L’annessione al regno di R. Zangheri, G. Galasso, V. Castronavo, Storia del Sardegna cit., p. 63; R.P. Uguccioni, “Chi vuol capi- movimento cooperativo in Italia 1886-1986, Einaudi, re capisca”. Le parole di Paolo Spinucci ai pesaresi Torino 1987. dopo il plebiscito del novembre 1860, in “Frammen- 28 Le casse rurali esistenti nel 1897 in Italia sono ti”, 4/1999, pp. 143-151. oltre 900 di cui 779 sono cattoliche. Anche in questo 20 Preziosi, Giovani cattolici a Pesaro tra ‘800 campo le Marche registrano un certo ritardo tanto che e ’900 cit. di casse rurali al 30 maggio 1910, pur con un note- 21 R. Murri, La democrazia cristiana nelle Mar- vole incremento, se ne contano solo 52, delle quali che, in «Cultura Sociale», II (1899), n. 21. 31 nella provincia di Ascoli Piceno, 12 in quella di 22 Su quest’argomento si era già pronunciato al Pesaro, 5 in quella di Macerata e 4 in quelle di Anco- V congresso regionale di Fano, definendo quello mar- na: A. Ferri, Appunti di storia della cooperazione del chigiano un «ambiente profondamente pagano» (Atti credito dalle origini al 1922, Ecra, Roma 1979, p. 20; e documenti del V Congresso Cattolico Marchigiano cfr. anche Aa.vv., 1883-1983 Cento anni fa nasceva adunatosi in Fano il 13 e 14 settembre 1897, Tip. eco- la prima cassa rurale. Atti del Convegno della fede- nomica anconitana, Ancona 1898, p. 33). razione marchigiana casse rurali e artigiane, Fermo 23 Preziosi, L’annessione al regno cit., p. 69. 17 dicembre 1983, Ancona 1984, p. 133. 24 P. Giannotti, E. Torrico, La questione mar- 29 Si v. E. Preziosi, Tra competizione e autono- chigiana (1884-1906). Nascita di una identità regio- mia. Il radicamento della CISL nella provincia di Pe- nale, Quattroventi, Urbino 1989, p. 45. Si vedano saro, Edizioni Lavoro, Roma 2000. anche le considerazioni coeve di D. Spadoni, Nelle 30 Si v. ad esempio A. Majo, La stampa cattolica. campagne marchigiane (note e riflessioni di un so- Storia e documentazione, Casale Monferrato 1992. cialista), in “Critica sociale”, IV (1894), nn. 17-18, 31 Sulla nascita e sulla caratterizzazione del Mo- pp. 10 ss. vimento cattolico nelle Marche, si v. R. Molinelli, 25 Secondo l’inchiesta agraria la popolazione Il movimento cattolico nelle Marche, Argalia, Urbino rurale delle Marche era di 612.246 abili e costituiva 1990. il 67% della popolazione totale: Atti della Giunta su 32 G. Verucci, I cattolici e il Liberalismo dalle l’inchiesta agraria sulle condizioni della classe agri- “Amicizie cristiane al modernismo”, Padova 1968; cola, Forzani e C., Tipografi del Senato, Roma 1884, C. Bona, Le “Amicizie”. Società segrete e rinascita vol. XI, t. II, p. 359. religiosa (1770-1830), Torino 1962; G. De Rosa, Il 26 Le cooperative che hanno richiesto la regi- Movimento cattolico in Italia, Roma-Bari 1970; V. strazione del tribunale di Pesaro dal 1883 al 1904, Michelini, Le amicizie cristiane, Milano 1977.

160 Ernesto Preziosi L’origine della stampa cattolica a Pesaro tra ’800 e ’900

33 G. Bosco, Letture cattoliche, Torino 1853- lì a poco “Pensiero e Azione”, diretto da Adelaide 1954. Su don Bosco si v. anche P. Braido, Don Bosco Coari. prete dei giovani nel secolo della libertà, vol. I, Roma 43 Cfr. Preziosi, L’annessione al regno cit. 2003, pp. 543 ss. 44 L. Sturzo, Del metodo sociologico (1950), in 34 Civiltà cattolica. 1850-1945, cur. G. De Rosa, Opera omnia, I, 12, Bologna 1970, p. 148. Firenze 1973, vol. I, pp. 9 ss.; cfr. G. Licata, 120 anni 45 Cfr. G. Spataro, De Gasperi e il Partito Po- di giornali di cattolici italiani, Milano 1981. polare Italiano, Roma 1975, pp. 113-116. 35 Si v. in proposito Il giornalismo italiano dal 46 Raponi, Cattolicesimo liberale cit., p. 133 1861 al 1870, atti del V congresso dell’Istituto na- 47 E. Preziosi, Un altro Risorgimento, cit., pp. zionale per la storia del giornalismo, Torino 1966; G. 238 e ss. Lucatello, Giornalismo cattolico, in Enciclopedia 48 Sulla stampa italiana dopo l’unità in generale cattolica, vol. VI, Città del Vaticano 1951; G. Peco- si veda V. Castronovo, La stampa italiana dall’unità ra, Don Davide Albertario, campione del giornali- al fascismo, Bari 1970. Sulla stampa cattolica si veda smo cattolico, Torino 1934; A. Canavero, Albertario l’appendice di G. Martina e R. Aubert, Il pontificato e l’osservatore cattolico, Roma 1988. di Pio IX (1846-1878), Torino 1964, pp. 799-803. Per 36 L. Cusinato, Lingua viva per una presen- una sintesi si veda F. Malgeri, La stampa quotidiana za cristiana, in Quando la vita del popolo divenne e periodica e l’editoria, in Dizionario storico del mo- giornale. Settimanale cattolico e vita sociale: antiche vimento cattolico in Italia, Vol. I/1. I fatti e le idee, radici e impegno attuale, a cura della Federazione ita- Casale Monferrato 1981, pp. 273-295. liana settimanali cattolici, atti del convegno per il 90° 49 Sull’”Armonia” si veda B. Montale, Linea- de “La vita del popolo”, Treviso 14-16 ottobre 1982, menti generali per la storia dell’Armonia dal 1848 Roma-Treviso 1983, p. 86. al 1857, in “Rassegna storica del Risorgimento”, 43 37 A. Monticone, Aspetti e vicende popolari del (1956), pp. 475-484; movimento cattolico in Italia nel ‘900, in Storia vis- 50 Nelle elezioni del 1857 vennero eletti alcuni suta del popolo cristiano, a cura di J. Delumeau (ed. cattolici, tra cui lo stesso Margotti, Cavour annullò it. a cura di F. Bolgiani), Torino 1986, pp. 1030-1031. le elezioni con il pretesto che era stato esercitato dal 38 Majo, La stampa cattolica cit., p. 70. clero una “coercizione morale” sugli elettori. Si v. C. 39 G. Licata, Il giornalismo cattolico italiano Pischedda, Elezioni politiche nel Regno di Sardegna: nel decennio 1860-’70, in Il giornalismo italiano dal (1848-1859), Giappichelli, Torino 1965. 1861 al 1870 cit., p. 165. 51 La stampa cattolico – liberale e conciliatori- 40 Nativo di Ancona e di origine israelitica, Al- sta, che ebbe il periodo di maggior fortuna fra il 1859 granati (1865-1925) dopo la conversione approda e il 1864, si distinse invece per una valutazione più al giornalismo. Dirige e fonda a “Lo Stendardo” di serena e più realistica della situazione italiana e per Cuneo (1897); dopo l’esperienza anconetana con la una maggior attenzione ai problemi culturali e reli- direzione de “La Patria”, approda a Bologna dove giosi. “Il Conciliatore” e “Il Carroccio” a Milano, “Il dirigerà “L’Avvenire d’Italia”. Fonderà infine un mediatore” e “La Pace” a Torino, gli “Annali catto- giornale satirico, “Il Mulo”, da contrapporre a quello lici” a Genova furono le testate più note e più im- anticlericale fondato da Podrecca: “L’Asino”. pegnate in un programma di fedeltà alla Chiesa e di 41 Majo, La stampa cattolica cit.,, p. 92; cfr. R. lealismo patriottico. Cit. in N. Raponi, cattolicesimo Aubert, Premessa a una storia di Avvenire, in “Hu- liberale, cit., p. 134. manitas” (1967), n. 4, pp. 488-512. 52 Ib. pp. 135-136. 42 Cfr. L. Bedeschi, Letteratura popolare e mur- 53 Ibidem. rismo, in “Humanitas”, (1972), n. 10. Non mancano 54 Raponi, Cattolicesimo liberale cit., p.136. in quel panorama giornali femminili come “L’Azio- 55 Cfr. D. Simoncelli, L’Eco d’Isauro e il pensie- ne muliebre” (1901), animato da Elena Da Persico, ro clericale italiano postunitario, in “Frammenti”, 3, espressione di un primo femminismo cattolico, e di 1998, pp. 136 ss.

161 Studi pesaresi 7.2019

56 Si v. Il discorso di Giovanni XXIII al terzo 62 “Eco d’Isauro”, 1-2, 21 aprile 1874, e n. 7, 12 Convegno nazionale dei Giornalisti il 4 maggio 1959. ottobre 1875. Come è noto papa Roncalli riproporrà il concetto 63 “Eco d’Isauro”, 1-2, 21 aprile 1874. nell’enciclica Pacem in Terris. 64 “Eco d’Isauro”, n. 48, 27 novembre 1875. 57 Sulla presenza dei camaldolesi a Pesaro vedi 65 Carlo Maria Curci (1809-1891), insieme ad L. Baffioni Venturi, I monaci Bianchi a Pesaro. I altri gesuiti, come L. Taparelli d’Azeglio e p. M. Li- Camaldolesi dall’Abbazia di San Decenzio al mona- beratore, nel 1849 fondò, e diresse fino al 1853, “La stero di Santa Maria degli Angeli, ed. Metauro, Pesa- Civiltà cattolica”, da difensore del potere temporale ro 2005, pp. 189-194. abbracciò le idee liberali e fu dimesso nel 1877 dalla 58 Si v. A. Brancati, Società e informazione a Compagnia di Gesù. Le sue ultime opere, La nuova Pesaro tra il 1860 e il 1922, Pesaro 1984, pp. 190- Italia e i vecchi zelanti (Firenze 1880), Il Vaticano re- 192 e 346-348. gio tarlo superstite della Chiesa cattolica (ivi 1883) 59 È evidente che la tutela della religione sia Lo Scandalo del “Vaticano regio” (ivi 1884), furono compito precipuo del papa e dell’episcopato e che messe all’indice. Ritrattati i propri errori, dieci giorni ai laici spetta invece solo il compito di prestare un prima della morte, fu riammesso nella Compagnia di «aiuto subordinato e disciplinato», di essere «esecu- Gesù. Cfr. G. Mucci, Carlo Maria Curci, Il fondatore tori e in nessun modo collaboratori»: cfr. G. Martina, della «Civiltà Cattolica», Studium, Roma 1988. L’atteggiamento della gerarchia di fronte alle pri- 66 Letteralmente “non giova, non conviene”. De- me iniziative organizzate di apostolato dei laici alla cretato dalla Penitenzieria apostolica, il 10 settembre metà dell’Ottocento in Italia, in Spiritualità e azione 1874. Più volte ribadito nel corso dei tre decenni suc- del laicato cattolico italiano, vol. I, Padova 1969, p. cessivi. Si v. S. Marotta, L’evoluzione del dibattito 346); sul “non expedit” all’interno della Curia romana tra 60 “L’Eco d’Isauro” verrà stampato fino al 31 di- il 1860 e 1889 in “Rivista di Storia della Chiesa in Ita- cembre 1876. lia”, vol. 68, n.1, gennaio-giugno 2014, pp. 95-164. 61 Mons. Clemente Fares (1856-1896) nasce in 67 I cattolici Liberali, in “Eco d’Isauro”, 18, 15 provincia di Ascoli Piceno, a Lapedona. Dopo una agosto 1874. vacanza di due anni, durante i quali la diocesi venne 68 Cfr. “L’Eco d’Isauro”, 48, del 27-11-1875. retta dal vicario apostolico Giovanni Battista Cerruti 69 I Cattolici Liberali in “L’Eco d’Isauro”, 22, di Genova, con la nomina di Fares la diocesi pesa- 12 settembre 1874. rese risorge a nuova vita. il nuovo presule, già nun- 70 I Cattolici Liberali, in “Eco d’Isauro”, 23, 19 zio pontificio in Toscana, Baviera, Francia e Rus- settembre 1874. sia, pose a servizio della Chiesa la sua non comune 71 Religione e Politica, in “Eco d’Isauro”, 32, 7 esperienza e il suo infaticabile zelo. La chiesa cat- agosto 1875. tedrale trovò in Lui un animoso restauratore, mentre 72 La miseria del popolo e l’Internazionale, in l’intera diocesi poteva contare sul suo multiforme e “L’Eco d’Isauro”, 11, 27 giugno 1874. generoso interessamento; governò per ben 40 anni, 73 I cattolici nelle prossime elezioni politiche, in il suo corpo riposa nella cappella del ss. Crocefisso “L’Eco d’Isauro”, n. 44, 28 ottobre 1876. in cattedrale. 74 Ibidem.

162 Stampa e Grande guerra: il “caso” miseno

di

Silvia Serini

Non c’è stato bisogno di arrivare a cele- Nel nome dell’anarchia: “Il solco” brare una ricorrenza così significativa come il centenario della Grande guerra perché L’uscita, il 3 maggio 1914, del primo l’esame del ruolo e dell’importanza della numero del giornale che aveva l’anarchico stampa, periodica ma non solo, del periodo Ottorino Manni come direttore, e Brenno relativo alla prima guerra mondiale benefi- Colocci nel ruolo di gerente, non passò cer- ciasse della giusta attenzione storiografica. to inosservata. Lo storico settimanale “La Complice l’anniversario però, il filone di Fiaccola”, nel numero del 16 maggio, sa- studi dedicato al tema della stampa ha tro- lutò la comparsa sulla scena del nuovo pe- vato rinnovato vigore dopo gli importanti riodico con queste eloquenti parole: «forte contributi del secolo scorso; basti pensare, e battagliero assertore di idee razionaliste. solo a titolo di esempio, a quella «inedita Contiene articoli di nobile ed elevata propa- prova di giornalismo “popolare”» 1 che fu- ganda anticlericale, ed il suo inizio è indice rono i giornali di trincea 2. A ciò si è inoltre promettente e sicuro della buona battaglia recentemente aggiunta la possibilità di con- che esso combatterà» 6. Una battaglia tut- sultazione di alcuni periodici on-line messa ta «vertente su la questione de la libertà di a disposizione da vari enti, istituti e biblio- teche sia nazionali che estere 3. Un rinnovato spirito di indagine dunque ha riguardato anche i corrispondenti studi di ambito locale 4 che, lungi dall’essere meno interessanti dei grandi giornali a tiratura na- zionale, rappresentano proprio per questo un campione più che significativo per la co- noscenza non solo di un territorio ma anche per la valutazione della diffusione di certe tesi e della recettività dei singoli tessuti ter- ritoriali. Esemplare, in tal senso, è il caso senigalliese che, pur soffrendo di una «dif- fusa frammentarietà e caducità» 5 destinata a protrarsi nel tempo, rappresentò in ogni caso un osservatorio privilegiato. Ottorino Manni.

163 Studi pesaresi 7.2019 pensiero e della laicità dell’individuo e del- dire che al disopra degli odi di razza, la società» 7. di nazionalità, di casta, di religione, v’è A poco più di una settimana dallo scop- la santità della vita umana, che a nome pio dell’“inutile strage”, il “Quindicinale di nessun feticcio è lecito violare e spez- razionalista” – così recitava il sottotitolo zare; v’è l’ideale e l’interesse dei popoli nella cui testata era riportato il motto «La avvinti dalle stesse fatiche e dalle stesse religione è l’oppio del proletariato» – in un miserie che, in nome del libero pensiero, lungo e vibrante articolo che campeggiava scuola di civiltà va rispettato! 12 in prima pagina, svolgeva una riflessione di ampio respiro sullo scenario internazionale Ed era ancora in nome della fratellan- e sulla terribile pagina che l’Europa intera za universale che il numero 7 del 9 agosto si apprestava a vivere, scegliendo di farsi veniva inaugurato da poche ma commosse «promotore di una campagna antibellici- righe dedicate al ricordo del leader pacifi- sta» 8. Il risultato era un atto di accusa sen- sta francese Jean Jaurès, colui che, «fiam- za mezzi termini rivolto agli Asburgo e alla ma viva d’ingegno e di amore, di poesia e loro politica che aveva «necessariamente» di bontà, era più che necessario fra gli uo- precipitato il mondo nel baratro. Con l’as- mini» 13. Seguiva un lungo intervento dal sassinio dell’arciduca Francesco Ferdinan- taglio polemico contro l’uso strumentale do, «simbolo della Croce e della Spada della religione da parte dei diversi schiera- congiunte e operanti per un sogno sfrenato menti in campo, ciascuno dei quali riven- di dominio e di grandezza» 9, si uccideva dicava come legittimato dall’alto il proprio in realtà «l’erede di un ancien régime dal- intervento: «Il buffo è che ogni stato parla la civiltà già condannato» 10. Ne risultava in nome di dio, perché ogni stato ha la sua che sulla casa asburgica non si era abbattu- Chiesa che lo inspira, o i suoi preti che vi ta un’immane tragedia bensì, in ottica lai- pregano!» 14. Al di là della generalità della camente deterministica, l’ineludibile legge considerazione riaffiorava, per poi palesar- della consequenzialità storica per la quale si esplicitamente, il ben noto motivo della «la violenza provoca violenza e il sangue denuncia contro l’Austria nella duplice ve- grida vendetta» 11. ste di calpestatrice delle nazionalità altrui e Nei numeri successivi lo spazio dedica- di baluardo di un cattolicesimo reazionario to alla guerra che ancora non coinvolgeva e liberticida. Motivo apparso già nel pre- l’Italia diventava sempre più cospicuo tanto cedente numero del quindicinale 15, e che da essere, già da quello seguente, l’argo- avrebbe continuato a ripresentarsi anche in mento di apertura. Senza mai abbandonare seguito con altri e non meno veementi ac- il filone della polemica antiasburgica, que- centi. sta volta ad occupare la prima pagina era un Se articoli come La barbarie della guer- accorato appello alla pace, sola garanzia di ra 16 e I tessitori 17 puntavano ancora più prosperità, di crescita e di libertà per i po- scopertamente il dito contro Austria e Ger- poli altrimenti destinati ad un perenne ruolo mania come principali quando non uniche di subalternità. Ecco allora che l’articolo si responsabili del conflitto, pronunciando chiudeva con un monito all’intera umanità nello stesso tempo un forte appello alla so- chiamata a levare la propria voce per lidarietà tra i popoli, con Il papa e la guer-

164 Silvia Serini Stampa e Grande guerra: il “caso” miseno ra, articolo d’apertura del secondo numero sione, anche altri due articoli, soprattutto di settembre 1914, la crociata anticattolica quello recante la firma di Ottorino Manni il si arricchiva di nuovi argomenti polemici. quale, dopo aver scritto un lungo pezzo dal Non ne veniva certo risparmiato il neo elet- marcato impianto persuasivo, si congedava to pontefice Benedetto XV, la cui prima en- dai lettori non senza aver ricordato loro che: ciclica ufficiale dedicata alla guerra, secon- «Non si dica più che i preti son neutrali ; do gli agguerriti giornalisti della testata, era essi sono stati sempre per la guerra, a danno un perfetto concentrato della doppia morali- dell’Italia e della libertà!» 22. tà e di tutta la colpevole “partigianeria” del Decisamente più originale era però, sia mondo cattolico. nella scelta dell’argomento che nel suo svolgimento, la riflessione formulata da Finché si tratta di un povero diavo- Italo Ciaurro, direttore del “Recensore”, lo, che in un momento di esasperazione, circa il ruolo, le funzioni e i limiti della let- dà una coltellata al suo più feroce per- teratura nel raccontare il conflitto. L’autore secutore: « Va in galera assassino! Va puntava la propria attenzione sulla difficoltà all’inferno, maledetto! » urlan i preti. (Il insormontabile per lo scrittore di rendere la papa non lo degna neppure d’uno sguar- verità effettiva di quanto accaduto, nono- do.) Ma quando si tratta dei monarchi di stante l’impegno e la sincerità degli intenti Cristo che portan la sventura dovunque, che risultavano tuttavia palesemente disat- e distruggono milioni di famiglie, e deso- tesi a causa di vincoli contingenti. Al punto lano migliaia di paesi; allora i medesimi che «lo scrittore, ancorché non abbandoni la pontefici – i vice-dio in terra – usano il penna per brandire la sciabola, rimane sem- linguaggio più ossequiente, la supplica- pre colpito nel suo lavoro, e, appartenga ad zione più cortigianesca! uno dei paesi o belligeranti o chiusi da più E in ciò è la parzialità della Chiesa, e o meno rigida neutralità, la fantasia à subito la morale cattolica a doppio uso! 18 un arresto, la serenità una scossa, il pensiero un deviamento» 23. Ideale prosieguo di quel duro intervento, Ancora una volta, bersaglio privilegiato Il digitus Dei condensava nelle sue righe, degli strali del periodico senigalliese resta- con un nutrito armamentario di citazioni, va però il vescovo di Roma, tacciato dal «le contraddizioni dei preti in materia di “libertario” – così si era firmato l’autore guerra» 19. Meno prolisso era invece l’ar- dell’articolo – di comportamenti ipocriti, ticolo proemiale della pagina successiva in incoerenti ed opportunisti, cosicché non cui si riportava la notizia dell’«inaudita e avrebbe dovuto destare straziante fine di una nazione così operosa e prosperosa» 20 quale il Belgio sotto i colpi nessuna meraviglia, quindi, se questo della vile aggressione tedesca guidata dal vaticanesco istrione, per non iscontentar «boia» 21 Guglielmo II. Contribuivano a te- nessuno, si disgusta tutti, se i giornali nere deste le bandiere dell’anticlericalismo Belgi gli rimproverano la pusillanimità e dell’ostilità antigermanica, strettamente del suo equilibrismo, se il governo di connesse nella costante equazione cattoli- Francia gli sequestra la preghiera per la cesimo-regresso e imperi centrali-oppres- pace perché… tendenziosa!

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A un papa di tal fatta, onta d’una reli- patriottico di molte figure di sacerdoti e, in gione che si rispetti, non resta ormai che particolar modo, dei cappellani militari si fare le valigie e partir dall’Italia! 24 rivelò un’arma quanto mai efficace e -per suasiva 29. Il tutto non solo per scacciare «l’immonda calunnia» di un accordo con Un quotidiano per i cattolici: i tedeschi, ma soprattutto per ribadire che “La Voce misena” «messa da un lato la loro innata avversione alla guerra, non altro guardano che il bene Un illustre giornale senigalliese quale vero della Patria in un’ora decisiva come «La Voce misena» non poteva rimanere in questa per i suoi grandi destini» 30. Quel- disparte rispetto ad un dibattito così coin- lo che traspare dalla lettura del giornale è volgente come quello sulla guerra. Se fino una sorta di senso di accerchiamento, qua- al fatale maggio 1915 si era speso in nome si come se lo stato attuale, riunendo sotto della pace – perché «quando si dice guer- un’unica schiera gruppi spesso nemici tra ra, si dice carneficina, si dice sterminio, si di loro, portasse i cattolici ad essere il ber- dice strage, si dice macello, si dice grande, saglio ideale di critiche congiunte. Era per- legittimo, universale assassinio» 25 – sen- tanto necessario correre ai ripari cercando za rifiutarsi di trattare «argomenti molto non solo di parare il colpo ma, ancor più, di sentiti» quale l’annosa questione relativa imparare la lezione che il conflitto poteva alla difficile distinzione tra «“nazionali- fornire. smo” e “patriottismo”» 26, all’indomani della sua fine sarebbe entrato subito nel La guerra attuale, si è detto e si è ripe- merito delle problematiche di stringente tuto, ha segnato il trionfo dell’organizza- attualità in relazione soprattutto al tema zione. […] Applichiamo questi insegna- dei reduci. menti alla lotta incruenta ma non meno L’argomento della difesa dell’operato terribile che i cattolici debbono sostenere papale assunse un’importanza crescente a ogni giorno contro gli avversari delle partire dal 1916 allorché, da più parti, co- loro idee e dei loro principi, contro quelli minciarono a moltiplicarsi le accuse contro che in fondo non hanno altro intento che il pontefice a scudo del quale “La Voce mi- di scristianizzare le masse servendosi sena” sarebbe intervenuta sia ribadendone il della stampa, della scuola e di tutti quei ruolo di instancabile tessitore di pace 27 sia mezzi che possono avere a loro disposi- dimostrando quanto nei fatti la sua azione, zione. sotterranea e lontana dai clamori giornali- Costituiscono forse costoro la mag- stici ma non per questo meno preziosa, e gioranza della nazione? Sono almeno quella del clero in generale, fossero costan- per intelligenza, per onestà, per cultura temente tese verso questo supremo obiet- superiori ai cattolici? Ma neanche per so- tivo e alla tutela dei prigionieri italiani 28. gno! Essi costituiscono l’enorme mino- L’accusa forse più grave da cui i cattolici ranza della nazione: ma sono meglio di sentirono di doversi difendere era quella noi organizzati, e possono quindi fare ed di filo-austrismo e di antinazionalismo ri- ottenere più di quello che non facciamo spetto alle quali la sottolineatura del ruolo ed otteniamo noi 31.

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Senigallia, ponte nuovo sul fiume Misa.

La posizione del fronte cattolico si po- danna, per cui Francesco Giuseppe veniva neva cioè come terza rispetto a visioni del consegnato alla storia tanto come «fedele mondo a suo avviso tanto deleterie quanto apostolo della Chiesa» quanto come colui sbagliate. L’unica vera strada percorribile su cui gravava «la responsabilità di aver ini- per giungere alla pace era quella indicata ziato la più tragica guerra» 33. Un dramma, dal Papa. quello del più immane conflitto sino ad al- lora combattuto, che in molti sembravano Nell’ultimo documento pontificio ignorare, fino ad assumere atteggiamenti […] si parla di pace giusta e duratura, esecrabili di irrisione e noncuranza verso «i figlia non del sopruso e della violenza, prodi soldati che tutti i giorni, tutti i minuti ma del consiglio e della ragione. danno il loro sangue, la loro vita in olocau- La prima condizione di una tale pace sto per la salvezza e la grandezza della Pa- è che non sia dettata da gretta parzialità tria» 34. Perciò occorre che «la popolazione o da angusto eroismo, e, diciamolo pure, si mantenga calma; [che] non ci sia chi […] dal concetto pagano e statolatra sia del diffonda lo scoraggiamento in mezzo a le nazionalismo imperialista come del sov- famiglie, nei pubblici ritrovi, nelle vie, nelle versivismo socialista 32. piazze, in nessun luogo» 35. Un programma di smobilitazione affron- Nel lungo articolo dedicato alla scom- tava di petto una delle questioni più scot- parsa dell’imperatore asburgico, il giornale tanti del dopoguerra; nell’articolo infatti si assunse una posizione a metà tra ammira- dichiaravano apertamente le speranze rela- zione autentica e severo giudizio di con- tive alle deliberazioni in materia del nuovo

167 Studi pesaresi 7.2019 ministro della Guerra Enrico Caviglia, dal delle attività artistiche presso il principale quale ci si attendeva un venire incontro alle teatro cittadino «La Fenice» dove si erano aspettative «del Paese, rendendo di pub- da poco conclusi i lavori di restauro re- blica ragione una specie di programma di sisi necessari a causa dei pesanti danneg- smobilitazione, nel quale saranno raccolte giamenti subiti durante il periodo bellico e possibilmente armonizzate organicamen- quando «era stato aperto per dare asilo a te fra loro le disposizioni emanate finora e migliaia di prigionieri» 40. i provvedimenti più urgenti che egli ha in animo di attuare» 36. La questione, declina- ta in tutti gli aspetti ad essa afferenti, sareb- “La Fiaccola” tra neutralismo be stata oggetto di una serie di articoli che e interventismo avrebbero avuto notevole risalto nei mesi successivi. Il problema della smobilitazio- Periodico di lunga durata in mezzo a ne dominava anche nella prima pagina del pubblicazioni destinate ad esaurirsi nel 5 aprile in cui un articolo a firma del grup- giro di un anno o poco più, “La Fiaccola” po senigalliese dell’Unione smobilitati 37 nacque come foglio espressione dell’Unio- denunciava i gravi ritardi e i limiti nell’ap- ne dei partiti popolari. Ebbe una vita che plicazione dei provvedimenti pur esistenti spaziò, nonostante diverse interruzioni, dal riservandosi di utilizzare tutti i mezzi di co- maggio 1906 agli albori del 1923, pur conti- municazione possibili per dare seguito alle nuando ad avere un forte «seguito […] negli proprie richieste. Richieste che si estende- ambienti democratici senigalliesi» 41. vano fino al riconoscimento del premio di A firma de “Il Pievano Arlotto”, nel smobilitazione e della polizza di assicura- luglio del 1914, compariva un pezzo di zione anche a «coloro che furono congelati attualità politica che metteva a nudo le od esonerati anteriormente alla data dell’ar- contraddizioni e le titubanze della politica mistizio […] e a tutti i militari che furono estera italiana 42. La denuncia delle simpa- soggetti durante la guerra ed in qualsiasi tie austro-vaticane del governo italiano si momento ai medesimi rischi e pericoli» 38. traduceva nella risoluta condanna dell’at- Anche nella cittadina misena il 24 mag- teggiamento conservatore della nostra poli- gio del 1919, nell’anniversario dell’en- tica che, allineatasi all’asse dei «commer- trata in guerra dell’Italia, si erano tenute cianti di popoli» 43, si era dimostrata «sorda solenni commemorazioni in ricordo dei alle voci delle nazionalità» 44 e dunque alle caduti al fronte. Del fatto dava notizia il istanze del movimento irredentista che numero del giorno seguente, nel quale si precisava che la giornata di suffragio ave- sebbene sopraffatto da questioni in- va poi previsto la celebrazione di una ce- terne gravissime – vive nella coscienza rimonia in memoria di quelle «giovinezze italiana che non dimentica essere ancora immolate» 39 tenutasi presso i locali del incompiuto il fatto storico e che – attra- seminario vescovile. Come segno di rina- verso l’anima di Giuseppe Mazzini – scita, pur nella consapevolezza della tra- vuole restituire a tutti i popoli i confini gedia da poco conclusa, a seguire poche naturali ed etnografici, poiché soltanto righe annunciavano con gioia la ripresa colle patrie complete, libere, indipenden-

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ti, può raggiungersi il desiderato sogno tà e arrestando il processo di promozione degli Stati Uniti d’Europa e del Mondo. civile delle libertà e dei diritti. Non manca- va inoltre un avvertimento rivolto ai vertici Il perseguimento della cieca e liberticida governativi affinché avessero piena contez- politica regia, del prevalere di una «ragion za delle «responsabilità cui vanno incontro dinastica» in nome della quale «per avvan- sacrificando il paese ad alleanze di natura taggiare i destini di una casta – si vendono e d’interesse strettamente dinastico» perché gli interessi e le aspirazioni di un popolo», «il popolo italiano saprà finalmente trovar aveva condotto l’Italia a sprofondare nelle la via per provvedere da sé ai propri miglio- braccia della Triplice Alleanza, spingendo- ri destini» 52. la a rinunciare definitivamente a Trento e a Richiami non dissimili da quelli presenti Trieste. nel successivo contributo nel quale, dopo Seguiva nella pagina successiva un bre- aver ricostruito brevemente le relazioni in- ve trafiletto nel quale si dava conto, pur nel- ternazionali in Europa dopo il 1870, L’In- la indeterminatezza delle cause, della chia- ternazionale spronava i proletari europei ad mata alle armi della classe 1891 45 a causa «impedire un macello che sarà la rovina e la della quale, infatti, «migliaia e migliaia di vergogna dell’Europa civile; d’un macello vite giovani sono sottratte alle opere fecon- che se i preti delle varie religioni benedi- de del lavoro per essere messe in armi» 46. ranno in nome del loro dio, noi, uomini li- In nome di cosa, si chiedeva il giornalista, beri, bolleremo col marchio dell’infamia in dal momento che l’Italia aveva dichiarato la nome dell’umanità!» 53. propria neutralità? «Corrono le più diverse Dedicato a mostrare l’inconsistenza e ipotesi. C’è chi afferma che si tratti di un l’illegittimità del concetto di pace armata contingente di uomini necessario per un in- che «può esistere nella letteratura del poli- tervento armato nelle questioni che si agita- cantismo ma nella realtà è un assurdo in- no nell’Albania» 47. concepibile» 54, era l’articolo proemiale di Il monito a non lasciarsi trascinare dai metà agosto 1914. In esso veniva facilmen- pericolosi venti di guerra che aleggiavano te demolito l’antico paradosso secondo cui in Europa animò anche le successive uscite si vis pacem para bellum, sotto la cui co- del giornale che, nel numero del 4 agosto pertura ideologica si erano trincerati quegli 1914 48, dopo aver dedicato l’apertura alla esecutivi che, aumentando insensatamente notizia del brutale assassinio di Jean Jaurès, il numero delle spese militari, anziché ac- «l’oratore più alto e possente che onorasse crescere la sicurezza internazionale, ave- la tribuna parlamentare di un paese libe- vano precipitato il mondo nell’abisso della ro» 49, moltiplicò gli inviti a mantenersi lon- guerra. tani dalla spirale bellica. E ciò sia invitando Di Ottorino Manni era invece la firma, i lettori a diffidare degli «adescamenti delle sempre sulla pagina principale, di un pezzo dimostrazioni di italofilia austriaca» 50, sia dal taglio più filosofico che politico in cui si ribadendo come il proletariato, «il paese auspicava il recupero in chiave innovativa che lavora» 51, fosse consapevole di quanto di concetti come quello di Patria che, mono- la guerra abbruttisse i popoli, inimicandoli polizzato dai nazionalisti, aveva finito per anziché incentivando la reciproca solidarie- essere il veicolo linguistico di un’ideologia

169 Studi pesaresi 7.2019 tesa a sfaldare e a distruggere piuttosto che Perché, pur senza pretendere ingrandimen- a unire e ad affratellare, sotto le insegne del- ti territoriali, non si potevano tacere come la libertà, i popoli 55. “logiche” le rivendicazioni legate alle terre In tema di guerra. (Variazioni e diva- irredente. gazioni poetiche) 56 fu un articolo di svol- ta perché propugnava un deciso cambio E per questo l’Italia non può at- di rotta. Con esso “La Fiaccola” voltò le tendere da altri, e forse invano, con- spalle alle tesi neutraliste, perseguite con cessioni od elemosine, deve agire per convinzione fino ad allora, per abbraccia- affermare i suoi indiscutibili diritti. E re la causa dell’interventismo di sinistra. pensiamo anche – e formuliamo con L’articolo si apriva con una sorta di rico- tutto il fervore del nostro spirito l’au- gnizione circa lo stato attuale del conflit- gurio che così sia – che l’Italia possa, to che vedeva al momento «la Francia, con un gesto energico fatto a proposi- la vecchia gloriosa sorella» 57 in procinto to, chiudere l’immane guerra più presto di «essere sopraffatta dalle preponderanti che non si creda e assumere il merito di forze teutoniche» 58, evento che prelude- avere affrettato la pace e salvato dalla va all’«annientamento morale del mondo furibonda tempesta i diritti dei popoli e latino» 59. In tale scenario, era quanto mai della giustizia 61. necessario ripensare la scelta italiana, ben tenendo presente che L’odio antitedesco permeava anche le poche righe che informavano della firma, se l’Italia ha da uscire dalla neu- nei pressi de L’Aja, della convenzione in- tralità, essa debba porsi a fianco della ternazionale di guerra. La notizia funse da Francia e dell’Inghilterra contro gl’im- mezzo per una nuova violenta invettiva con- peri del centro per liberare il mondo da tro il nemico teutonico, di cui stavolta ve- un militarismo, che minaccia di strin- nivano stigmatizzate «le barbare gesta» 62, gere e soffocare nelle sue spire gli altri messe in atto dai «soldati del Kaiser», de- paesi, e per ottenere, se la carta d’Eu- scritte senza smentita dai telegrammi e dai ropa s’abbia a rifare, che il principio comunicati ufficiali. Ma d’altronde, conti- delle libere nazionalità, sul quale essa nuava l’articolo, «chi, se non dei raffinati riposa, abbia a trionfare una volta per delinquenti, potrebbe usare tanto cinismo sempre 60. come quello di cui si dà mostra nella prosa tedesca?» 63. Inoltre, proseguiva l’articolo, era chiaro Stesso tono per la dura requisitoria di come ormai nel belpaese il fronte del neu- Ottorino Manni, stavolta indirizzata contro tralismo apparisse meno compatto che non il kaiser Guglielmo II, dipinto come l’«Us- all’inizio del conflitto. Non erano pochi co- sero della morte» 64 deciso a proseguire loro i quali cominciavano ad interrogarsi, nella sua folle ossessione di potere, insen- con sempre maggiore insistenza, se davvero sibile allo spettacolo di distruzione e morte avesse ancora senso attendere da fuori il di- che «da tutto il mondo civile, inorridito, si panarsi degli eventi o piuttosto esporsi, sul sprigiona» 65. fronte giusto, per far valere il proprio peso.

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Nel nome di Mazzini: “Il Dovere” chiedendosi se davvero i tedeschi del mar- zo 1918 fossero gli eredi di Lutero o i se- Non si esaurivano invece nel pur emble- guaci di Metternich: matico titolo e nei non meno significativi motti – «Resistere per esistere» e «Vincere Ma voi che «…siete Alemanni… per essere giusti» – le tante idealità maz- dite ai vostri», qual senso date alla vo- ziniane alla base de “Il Dovere”, quindi- stra parola? Di quale Alemagna parlate? cinale senigalliese ma stampato a Pesaro. Dell’Alemagna che opprime in nome Fortemente mazziniani erano infatti sia la della violenza, o di quella che benedice rivendicazione della “bontà” della lotta e in nome della potenza dell’intelletto? della giustezza della causa quando indi- Dell’Alemagna di Lutero o quella di rizzate all’affrancamento delle nazionalità Metternich? 68 oppresse, sia l’insistenza nella sottolinea- tura del «carattere democratico e antimili- I due principali articoli del numero suc- tarista dell’atteggiamento repubblicano» 66 cessivo erano rispettivamente di denuncia e dinanzi al conflitto. Naturale che, vista in di solidarietà. Nel primo si condannava sen- quest’ottica, i principali avversari venissero za mezzi termini il tradimento perpetrato da individuati nell’Austria – il nemico stori- quanti, considerata l’ormai evidente scon- co ereditato dal Risorgimento – e nell’in- fitta degli Imperi centrali, anziché piegare gombrante vicino tedesco, il cui aggressi- definitivamente il nemico ed accelerare le vo espansionismo egemonico veniva visto trattative di pace, avevano trascinato il pae- con crescente preoccupazione. Entrambi se verso la più ignominiosa disfatta militare rappresentavano, con la loro presenza nel- della storia italiana. lo scacchiere geopolitico europeo, a livel- lo continentale la negazione di quel “sano” Le maglie ordite da tedeschi e tede- principio di autodeterminazione dei popoli scofili, da austriaci ed austriacanti, da a cui, almeno formalmente, i futuri vinci- compratori e da comprati, da tiranni di tori del conflitto dichiararono di ispirarsi 67. fuori e da vigliacchi e venduti di dentro, Ne conseguiva che, per fronteggiare nella ci copersero di quella oscura rete che maniera opportuna i nemici continentali, manovrata dai Metternich e dai Bismark era necessario sbarazzarsi al più presto del in quattordicesimo degli imperi centrali timido neutralismo socialista come pure, diede a questi la iperbolica pesca di Ca- contestualmente, aver ragione dei non po- poretto. chi serbatoi di austrofilia propri di ampi Da tutte le parti ci venivano notizie di strati del mondo cattolico. pace, da tutte le parti ci giungevano gli L’ampio sottotitolo Ripassin l’Alpi echi delle invocazioni alla pace, ovunque e tornerem fratelli lasciava intravedere c’era la convinzione che per l’agognata come, per i giornalisti, nonostante la loro pace i nostri nemici (cogli osannati neo- alleanza, fosse opportuno scindere la re- imperatori alla testa) avrebbero addirit- sponsabilità dell’Austria-Ungheria da tura mostrato una certa arrendevolezza. quella della Germania. A quest’ultima in […] Ingenuità fatale!... Straziante sor- particolare si rivolgeva il professor Levi presa!... Catastrofe tragica ed immensa! 69

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Nel secondo si dichiarava la fratellan- «dopo le testimonianze di carissimi e seris- za verso il popolo boemo e i prigionieri simi amici personali e politici rimpatriati ceco-slovacchi che, nonostante la secolare (ricordiamo per tutti il nostro prof. Chio- oppressione dell’«Impero della Forca» nei stergi), abbiamo dovuto persuaderci che loro confronti, si erano offerti spontanea- la soldataglia e la sbirraglia del 1918 non mente, dopo essersi battuti con valore sui è in nulla inferiore ai delinquenti mangia- fronti russo e francese, per costituirsi in sego di Radetsky» 74. Ugualmente signifi- prima linea ed arruolarsi sul fronte italiano cativi i trafiletti in cui, nella sezione della contro l’impero multinazionale 70. Ardito- cronaca locale, si dava conto, nel primo, Alfa firmava invece un breve ma battaglie- della calorosa accoglienza mostrata dal ro corsivo in cui proclamava, sulla base di sindaco Belardi, dai pari gradi dei comuni ragioni storiche e di motivazioni contingen- del circondario e dalla cittadinanza tutta a ti, l’inopportunità della partecipazione del due delegati della Croce Rossa Americana, pontefice al futuro Congresso della pace 71. Stewens e Carroll 75. E, nel secondo, della Grande risalto ebbe il reportage sul grande partecipazione – sia numerica che Convegno delle nazioni oppresse – defini- emotiva – del pubblico che aveva riempi- to «Pietra miliare dell’Umanità» – tenuto a to la sala in cui si svolgeva la «splendida» Roma dall’8 all’11 aprile nel quale, dopo conferenza tenuta dal tenente Michelangelo anni di sterile «gesuitismo politico», gra- Zimolo, compagno d’armi di Cesare Batti- zie all’intervento delle varie delegazioni e sti 76. dei rappresentanti inglesi, francesi e statu- Con la guerra che si avvicinava alle bat- nitensi tute finali, i corsivi si occupavano di rinsal- dare il morale delle truppe ricordando loro si sono eliminate le ragioni di diffi- di essere ormai vicine al grande traguardo, denza fra Italiani e jugoslavi e si è rico- chiedendo un estremo sforzo finale per il nosciuta la necessità della lotta comune quale il ricordo delle «undici battaglie vit- contro i comuni oppressori riconoscen- toriose» 77, della beffa di Buccari e della do nella Monarchia Austro-Ungarica lo «beffa di Ancona (meglio di Senigallia)» 78 strumento della dominazione germanica dovevano costituire lo sprone decisivo. Alla e l’ostacolo fondamentale alla realizza- luce del nuovo auspicabile scenario, ai gior- zione delle aspirazioni e dei diritti dei nalisti appariva ancora più sospetto ed in- singoli popoli 72. tollerabile il comportamento del Papa che, pur risultando italiano «agli effetti, almeno, Non meno interessante l’articolo con il dello stato civile», non si era fatto scrupolo quale Demofilo denunciava la triste - real di «inviare le sue benedizioni ed i suoi au- tà del trattamento disumano attuato dagli guri all’austriaca Eco del litorale» 79. austro-ungarici nei confronti dei prigionieri Il successivo numero del giornale, ca- italiani, soprattutto se paragonato a quello dendo in un anniversario importante, era pieno di agi, comodità e «gentilezze (!) [ri- quasi interamente dedicato ad un’ampia servato] ai troppo fedeli Kaiserjagers» 73. riflessione sul significato delle scelte com- Si trattava di una situazione amara, foriera piute dall’Italia a tre anni di distanza da di nuove dolorose consapevolezze. Infatti, quel fatidico giorno di maggio. Sulla scia

172 Silvia Serini Stampa e Grande guerra: il “caso” miseno dell’entusiasmo, il 24 maggio 1915 veniva Nel secondo numero del mese tra il re- letto come il momento in cui «finalmente portage sui principali episodi di guerra e l’Italia ritrovava se stessa e con una risolu- la commossa commemorazione di Ferruc- tezza, di cui la banda teutonica non l’avreb- cio Balducci, caduto al fronte, c’era ancora be ritenuta capace, affermava la sua ferma spazio per un nuovo capitolo della battaglia volontà di esistere in sé e per sé, tutta in- anticlericale. Oggetto di biasimo stavolta tera, fuori di tutele e libera da oppressioni, era l’atteggiamento de «L’Osservatore ro- uguale in un consorzio di nazioni uguali e mano», reo di essersi colpevolmente sfilato sorelle» 80. Il riassunto dei sacrifici, degli dalla cerimonia del 24 maggio 85. alti e bassi di tre micidiali anni di conflitto, Che la ricorrenza di certi anniversari e si chiudeva con la chiamata a raccolta di un la relativa commemorazione di certe date popolo unito in un non fossero mera retorica ma sano eserci- zio di cittadinanza attiva veniva ribadito patto di fede e di concordia: di fede dall’articolo di apertura del 20 luglio, tutto nel valore dei fratelli nostri cui son affi- teso ad evidenziare «l’importanza immen- dati i confini della Patria e di concordia sa che hanno le celebrazioni mondiali del nella volontà assoluta, immutabile di re- giorno dell’indipendenza americana (4 lu- sistere a tutto e a costo di tutto, tenendo glio 1776) e del giorno della riscossa della ben aperti gli occhi sulle insidie che ven- Francia (14 luglio 1789)» 86. gono da fuori e soprattutto su quelle che Gli ultimi numeri della rivista, nei conte- serpeggian nell’interno del paese 81. nuti, ricalcavano i precedenti arricchendosi di slanci positivi in vista dell’imminente La celebrazione del 24 maggio continua- vittoria conclusiva e, al contempo, sottoli- va, con resoconti che occupavano la crona- neando la parabola distruttiva della Germa- ca locale 82, anche nel numero successivo in nia, paese convinto della propria superiorità cui, tra richiami a Leopardi cantore dell’e- ed invece rapidamente passato «dalla vitto- roismo greco e a Felice Cavallotti – esaltato ria alla sconfitta» 87. Non mancava infine, quale «bardo della democrazia» – si sottoli- nella cronaca locale, l’annuncio della pub- neava il valore periodizzante di una data in blicazione dell’opera del senigalliese Mario cui l’Italia si era fatta carico di una missione Puccini Dal Carso al Piave, un libro che universale issandosi come «faro radioso e faceva «fremere d’ira verso i traditori, di irraggiungibile da qualsiasi diabolica po- commozione verso le sventurate popolazio- tenza dei suoi nemici!» 83. Di gran lunga più ni friulane, d’ammirazione verso quei bra- accattivante era però il lungo articolo che vi soldati che han saputo fermare sul sacro riportava ampi brani del memoriale di ac- Piave l’avanzata de’ barbari» 88. cusa dell’ex ambasciatore tedesco a Londra in cui si tacciava il governo di Berlino di aver deliberatamente sabotato ogni tentati- La Grande guerra secondo il “Ça ira” vo per scongiurare la deflagrazione bellica e, quindi, di aver consapevolmente fatto di Il quadro sin qui tracciato, pur consen- tutto per precipitare ancor più il già instabi- tendo una buona ricostruzione del frasta- le equilibrio internazionale 84. gliato ventaglio di posizioni assunto dalla

173 Studi pesaresi 7.2019 stampa locale rispetto ai grandi eventi della fosse prevista nel momento dell’invio del guerra mondiale, risulterebbe comunque congedo quell’indennità di smobilitazione sghembo se omettesse di aggiungervi le si- invece riconosciuta ad altri. E ciò in virtù gnificative considerazioni emerse a seguito del fatto che essi avevano beneficiato di un della disamina dei coevi numeri unici. premio pari a L. 250 per gli anni o le frazio- Soprattutto del settimanale che, nell’im- ni di anni trascorse facendo il servizio mili- mediato dopoguerra, diede voce ai soste- tare. A metà tra il sarcasmo e l’indignazione nitori dell’Estrema. Sebbene avesse in- si collocava il commento del giornalista che trapreso le pubblicazioni a conflitto ormai così proseguiva: concluso 89, il “Ça ira” si presentava come un giornale dal taglio ben marcato, di chiara Quanta generosità! Quanta ricono- matrice anticlericale ma nello stesso tempo scenza! Ne viene che mentre il milio- anche piuttosto critico verso il bolscevismo. nario o il figlio del grande industriale Tra gli argomenti trattati nell’unico anno di o imprenditore che si è impinguato il vita, il 1919, particolarmente significativi portafoglio a spalle dello Stato durante appaiono due brevi scritti 90 dedicati alla la guerra, alla fine del servizio militare questione dei tanti ex-combattenti, la cui intasca qualche migliaio di lire; l’impie- causa venne pienamente sposata dal «Setti- gato dello Stato, che, servendo la patria manale senigalliese». ha perduto anni nella carriera e profitti Nell’articolo Interessi degli smobilitati eventuali derivanti dal genere del suo uf- il giornale affrontò di petto una questione ficio, viene mandato a casa sua con 250 particolarmente insidiosa nel turbolento misere lirette! 91 clima postbellico, quella della necessità di riconoscere agli ex prigionieri non solo le L’articolo si chiudeva con un ammo- indennità di guerra – deliberazione già ap- nimento al Governo affinché rivedesse le provata dal corrispondente ministro – ma proprie posizioni e con un accenno al pri- anche le polizze di assicurazione. Si trat- mo congresso dei combattenti svoltosi a tava di un argomento che, come la lettura Roma. Nel successivo Notizie militari si dell’articolo confermava, il “Ça ira” aveva annunciavano alcune disposizioni tecniche già trattato nei numeri precedenti, ma su cui e procedurali relative a pagamenti, nor- sentiva di dover tornare a causa del totale me e modalità di corresponsione riguar- silenzio dell’esecutivo in materia. In par- danti soldati ed ex prigionieri. Si trattava ticolare, si rimproverava al Governo non più che altro di precisazioni concernenti solo un’inspiegabile lentezza nella ratifica soprattutto le indicazioni delle categorie del provvedimento ma, ancor più, «un’altra di beneficiari delle liquidazioni di guerra taccagneria, per non dire ingiustizia […] nei e le modalità di erogazione delle stesse. rapporti di questi egregi funzionari che, la- Ancora più prescrittive le indicazioni ri- sciate le cure dei loro uffici, furono chiamati guardanti il cambio della valuta estera e a dare il loro braccio, talora la loro vita, alla il pagamento dei titoli di credito degli ex causa nazionale». Nei loro confronti infat- prigionieri per i quali si rimandava diret- ti lo Stato prevedeva che, diversamente da tamente alle casse dell’amministrazione tutti gli altri ufficiali non combattenti, non militare. Leggermente più articolata la

174 Silvia Serini Stampa e Grande guerra: il “caso” miseno procedura che attendeva invece tutti quei si rivolgeva direttamente ai «reduci della militari ex prigionieri che si trovavano o in trincea», forza motrice «sana e purissima» licenza illimitata o in congedo. Essi avreb- di una nazione alla quale, versando un gran- bero dovuto inoltrare richiesta allo stesso de tributo, avevano contribuito a donare la corpo di appartenenza o al Distretto Mili- vittoria e da cui ora era giusto esigere il me- tare mentre avrebbero dovuto inviare do- ritato riconoscimento. manda al Ministero per il pagamento delle dichiarazioni di credito. Voi dovete combattere ora le batta- Nella rubrica Corrispondenze veniva in- glie del pensiero, per abbattere dittature, vece dato spazio alle parole del deputato co- per detronizzare vecchi sistemi, per rin- rinaldese Sergio Stefanini che, pubblicando novare tutto ciò che è guasto, corrotto, il testo di un suo discorso pronunciato in cattivo, e sostituire tutto il traballante città, secondo «l’ineffabile periodico cleri- fradiciume dei muffosi edifizi piccoli e cale» – ovvero la “Voce Misena” – e l’“Av- grossi della burocrazia, con materiale venire d’Italia”, avrebbe suscitato il biasi- nuovo, sano e forte; per svalorizzare le mo della giunta comunale del paese per le croci e le commende, e sostituirle con le sue parole «inopportune». In esso Stefanini medaglie al valore e le croci di guerra 92.

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1 O. Bergamini, La democrazia della stampa. 23 Il libro nell’ora della grande guerra., ibidem. Storia del giornalismo, Laterza, Roma-Bari 2006, p. 24 L’equilibrista, ibid., 17 febbraio 1915. 214. Più in generale, i riferimenti principali sul tema 25 La grande caccia frutta molto bene, “La Voce si trovano in V. Castronovo, La stampa italiana misena”, 27 febbraio 1915. dall’Unità al fascismo, Laterza, Roma-Bari 1995 e G. 26 E. Grossi, Cattolici nel senigalliese (1897- Gozzini, Storia del giornalismo italiano, Mondadori, 1920), Edizioni 2G, Senigallia 1978, p. 78. Milano 2000. Sulla specificità del linguaggio giorna- 27 Il Pacificatore: Benedetto XV, “La Voce mi- listico durante la guerra si rimanda al contributo di A. sena”, 19 marzo 1916; e, ancora prima, Una nobile Pongetti, I giornalisti e la guerra, in I. Biagioli, M. iniziativa del Pappa per affrettare la pace, ibid,, 31 Severini (a cura), Visioni della Grande guerra, Mar- luglio 1915. silio, Venezia 2015, pp. 93-103. 28 La silenziosa opera del Papa per la restituzio- 2 Su tutti si veda M. Isnenghi, I giornali di trin- ne dei prigionieri invalidi, ibid., 9 luglio 1917. cea, Einaudi, Torino 1977. 29 Il patriottismo dei preti italiani, ibid., 19 3 A riguardo si rimanda agli indirizzi www.14- giugno 1915; I sacerdoti italiani, ibid., 26 giugno 18.it/, www.interculturale.it/, www.lastampa.it/ 1915; La calunnia oscena contro i sacerdoti ita- archivio-storico/, http://certosa.cineca.it/1/carlino. liani, ibid., 10 luglio 1915; La turpe campagna php?y=1915. contro i preti, fallita!!, ibid., 24 luglio 1915; Il 4 P. Boldrini, Vittorio Vettori e la tribuna de fallimento è addirittura completo, ibid., 31 luglio “L’Ordine”, in G. Piccinini (a cura), Le Marche e la 1915. Grande guerra (1915-1918), Assemblea legislativa 30 Un gruppo di valorosi al fronte, ibid., 11 set- delle Marche, Ancona 2008, pp. 321-329. tembre 1915. 5 L. Pupilli, M. Raffaeli (a cura), Riviste marchi- 31 Gli insegnamenti della guerra e i Cattolici, giane tra cultura e politica (1940-1980), in «Storia e ibid., 10 giugno 1916. problemi contemporanei», 58, Clueb, Bologna 2011, 32 La pace giusta e duratura, ibid., 1 settembre p. 27. 1917. 6 “La Fiaccola”, 16 maggio 1914. 33 La morte di Francesco Giuseppe, ibid., 2 di- 7 R. Giulianelli, Un eretico in paradiso. Ot- cembre 1916. torino Manni: anticlericalismo e anarchismo nella 34 Lassù si muore e qui si ride, ibid., 30 giugno Senigallia del primo Novecento, BFS, Pisa 2007, 1917. p. 66. 35 Dio salvi l’Italia, ibid., 10 novembre 1917. 8 Ibid., p. 68. 36 Un programma di smobilitazione, ibid., 8 feb- 9 La tragedia di Seraįevo, “Il Solco”, 11 luglio braio 1919. 1914. 37 Unione Smobilitati - Senigallia, ibid., 5 aprile 10 Ibidem. 1919. 11 Ibidem. 37 Ibidem. 12 Per la pace dei popoli, ibid., 25 luglio 1914. 39 Per i Prodi Caduti Senigalliesi, ibid., 25 mag- 13 L’idealista, «Il Solco», 9 agosto 1914. gio 1919. 14 La Provvidenza?!..., ibidem. 40 Alla «Fenice», ibid., 25 maggio 1919. 15 Vendetta celeste, ibid., 25 luglio 1914. 41 G. Castagnari (a cura), La stampa democrati- 16 La barbarie della guerra, ibid., 28 agosto 1914. ca e repubblicana nelle Marche (1867-1925), Istituto 17 I tessitori, ibidem. per la storia del movimento democratico e repubbli- 18 Il papa e la guerra, ibid., 19 settembre 1914. cano nelle Marche, Ancona 1986, p. 122. 19 Il digitus Dei, ibid., 3 novembre 1914. 42 Politica estera o politica dinastica, “La Fiac- 20 Il Belgio è morto!, ibidem. cola”, 18 luglio 1914. 21 Ibidem. 43 Ibidem. 22 Neutralità cattolica?!, ibid., 17 gennaio 1915. 44 Ibidem.

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45 Il richiamo alle armi della classe 1891, ibid., 68 Quale Germania amava Mazzini, “Il Dovere”, 18 luglio 1914. 16 marzo 1918. 46 Ibidem. 69 Occhi spalancati, ibid., 31 marzo 1918. 47 Ibidem. 70 Mandiamo in trincea gli Eroi Boemi!, ibidem. 48 Abbasso la guerra! La ragione del più forte!, 71 Il Papa e la pace, ibidem. ibid., 4 agosto 1914. 72 Sulla diritta via, ibid., 26 aprile 1918. 49 Ibidem. 73 Interessi e voci dei soldati, ibidem. 50 Ibidem. 74 Ibidem. 51 Ibidem. 72 Cronaca cittadina, ibidem. 52 Ibidem. 76 Ibidem. 53 L’Internazionale, ibid., 4 agosto 1914. 77 Verso la fine, ibid., 9 maggio 1918. 54 Il fallimento della “pace armata”, ibid., 18 78 Due brutte figure, ibidem. agosto 1914. 79 Il gran neutro!!!, ibidem. 55 Dalla terra alla patria, ibid., 18 agosto 1914. 80 XXIV Maggio, ibid., 24 maggio 1918. 56 In tema di guerra. (Variazioni e divagazioni 81 Ibidem. poetiche), ibid., 5 settembre 1914. 82 Cronaca cittadina, ibid., 13 giugno 1918. 57 Ibidem. 83 Sursum corda!, ibidem. 58 Ibidem. 84 L’ex ambasciatore tedesco a Londra accusa 59 Ibidem. la Germania d’aver voluto la guerra ad ogni costo, 60 Ibidem. ibidem. 61 Ibidem. 85 Né carne, né pesce, ibid., 29 giugno 1918. 62 Cinismo, ibid., 5 settembre 1914. 86 Internazionalismo concreto, ibid., 20 luglio 63 Ibidem. 1918. 64 L’Ussero della morte, ibid., 5 settembre 1914. 87 Dalla vittoria alla sconfitta, ibidem, 18 set- 65 Ibidem. tembre 1918. 66 Castagnari, La stampa democratica e repub- 88 Libri, riviste e giornali, ibidem. blicana cit., p. 172. 89 Il primo numero infatti recava la data del 29 67 Sulla contestata applicazione del principio di giugno 1919. nazionalità si rimanda, tra gli altri, alle pagine di F. 90 “Ça ira”, 29 giugno 1919. Fejtö, Requiem per un impero defunto. La dissoluzio- 91 Ibidem. ne del mondo austro-ungarico, Mondadori, Milano 92 Ibidem. 1990, pp. 380-391.

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Geo-cultura della differenza adriatica Conflitto e cooperazione tra le due sponde*

di

Fabrizio Battistelli

1. Differenze: Nord/Sud, Est/Ovest ne né la lungimiranza rooseveltiana della Tennessee Valley Authority sarebbe riu- La prima constatazione a livello di ana- scita più di tanto a modernizzare. Simme- lisi concerne gli imperialismi mentali che tricamente in Brasile, al sottosviluppo del impongono agli oggetti geografici ingiuste Nordeste si contrappongono l’operosità di ma non gratuite gerarchie. Innanzitutto vi San Paolo e l’ordine delle città tedesco- è l’imperialismo dei paralleli e dei meri- venete di Rio Grande del Sud. diani. È evidente, per quanto possa essere Alla differenza tra Nord e Sud, e quindi illogico, che esiste una gerarchia tra Nord della latitudine e dei paralleli, in Italia fa ri- e Sud, una circostanza conclamata a livello scontro la minore impellenza, nel discorso sia di ciò che oggi si conviene di definire pubblico così come nella vita quotidiana, il Nord globale e il Sud globale, sia degli della differenza tra Est e Ovest e quindi del- stessi due punti cardinali all’interno di uno la longitudine e dei meridiani. Concentrata stesso paese. Il predominio (economico, su (e in parte paralizzata da) circa centocin- politico, strategico, culturale) del Nord nei quant’anni di controversie tra Settentrione e confronti del Sud è ricorrente, così che il Meridione, la cui natura è interpretativa ma rango di uno spazio e degli altri oggetti soprattutto “politica”, l’opinione pubblica che vi sono collegati finisce per misurarsi italiana tende a trascurare la dimensione in base alla sua lontananza/vicinanza ri- longitudinale, quella tra Ovest ed Est. Le spetto all’Equatore e/o a uno dei due Poli. cause di tale trascuratezza sono moltepli- Non solo nell’emisfero boreale, ma anche ci e non unicamente soggettive. Con una in quello australe, chi si avvicina al Polo è morfologia fisica estremamente allungata, privilegiato, mentre chi si avvicina all’E- penisola che dalla Vetta d’Italia si spinge quatore è penalizzato. Negli Stati Uniti nel Mediterraneo fino a Lampedusa per d’America, agli stati del Nord del paese, ben 12 gradi di latitudine, non sorprende sviluppati e dinamici, viene talora contrap- che il nostro paese presenti differenze an- posto il Sud arretrato e polveroso che né il tropiche modellate principalmente lungo la rancore fraterno della guerra di Secessio- direttrice Nord/Sud. Questo ovvio dato di

* Il presente testo rielabora la relazione presentata alla tavola rotonda “Sponde” nell’ambito della quinta edizione di Demanio marittimo. KM-278, Marzocca di Senigallia.

179 Studi pesaresi 7.2019 fatto, peraltro, non dovrebbe farci ragiona- Italia», detto anche «modello adriatico», la re come se gli altri due punti cardinali non morfologia del territorio ha un peso cru- esistessero. E quindi come se non esistesse ciale. La costa bassa e sabbiosa creata in alcuna differenza tra il versante Tirrenico e centinaia di migliaia di anni dal Po nell’al- quello Adriatico del petrarchesco «bel pae- to Adriatico ha impedito la formazione di se / ch’Appennin parte e ‘l mar circonda e ampi golfi, mentre nel medio Adriatico la l’Alpe». vicinanza degli Appennini al mare ha im- pedito lo sviluppo di terreni pianeggianti, un prerequisito per l’evoluzione di centri 2. La differenza adriatica urbani molto grandi. Ecco quindi che, con l’eccezione di Bari e l’unicum geografico L’iniziale consapevolezza della diffe- e storico di Venezia, nell’Adriatico non si renza Est/Ovest matura in Italia in ambito sono sviluppate grandi porti e metropoli economico e sociale. Dalla seconda metà marittime del genere di Genova, Napoli, degli anni Settanta, nel paese, accanto al Palermo, ovvero collocate a ridosso del quadrante tirrenico basato sulla “grande” litorale come Roma. Piuttosto, una mi- scala del triangolo industriale, va emergen- riade di città piccole e medie proiettate sì do un quadrante adriatico basato sulla “pic- sul mare per pescare, costruire barche e cola” scala. Questa è, negli anni Settanta e navigare e quindi dotate di porti, ma nel- successivi, la scoperta della «Terza Italia». la modalità “tenue” del porto-canale. Ciò Descrivendo «l’industrializzazione diffusa» ha determinato l’assenza di concentrazioni fondata sul sistema delle piccole città e del- dense e talvolta esorbitanti di popolazio- le piccole imprese, gli economisti dello svi- ne, con tutte le potenzialità ma anche con luppo parlavano, per bocca dell’anconetano tutte le criticità che la dimensione metro- Giorgio Fuà, del «modello adriatico» (Fuà e politana comporta. Ne è scaturita una di- Zacchia, 1983). stribuzione demografica equilibrata che Si deve peraltro a un sociologo, Arnaldo ha trovato in età moderna il suo standard Bagnasco, la prima critica all’assolutizza- in centri di 10.000-50.000 abitanti, le cui zione della dicotomia italiana rappresen- dimensioni sono andate crescendo soltanto tata dal differenziale Nord-Sud, indiretta nel secondo dopoguerra. responsabile della sottovalutazione di altre Si realizza così, a partire da quella mor- direttrici e di altre esperienze nel nostro fologica, la seconda differenza che è di sviluppo economico e sociale. Nel Centro- carattere demografico, a sua volta concau- Nord-Est del nostro Paese, infatti, Bagnasco sa della terza differenza, che è di carattere (1977, p. 14) individua «caratteri economici socio-economico. In particolare, nel Medio propri e correlati sociali, culturali e politici Adriatico la relativa scarsità della popo- in misura significativa specifici, diversi in lazione così come dei terreni coltivabili, particolare da quelli dello sviluppo su base hanno reso rari, e quindi particolarmente di grande impresa, che ha caratterizzato le preziosi, entrambi questi fattori della pro- aree di Nord-Ovest». duzione; una circostanza che ha favorito Andando a ritroso nell’esame dei fattori nell’agricoltura (la produzione dominante che hanno generato il modello della «Terza per secoli) lo sviluppo della mezzadria, una

180 Fabrizio Battistelli Geo-cultura della differenza adriatica forma di contemperamento tra proprietà te progredito (New York) si contrapponeva e lavoro. Grazie ad essa il mezzadro non un West selvaggio ma primigenio, ricco e è semplicemente il contadino senza terra foriero di progresso (un mito duraturo che di altri contesti italiani (il bracciante del perdura oggi con la California e con la Sili- Sud o l’operaio agricolo del Nord), ben- con Valley). sì un socio (sia pure di minoranza) che ha Per quanto riguarda l’Italia, la dialettica con il “padrone” un rapporto contrattuale. tra la sua parte “orientale” e quella “occi- In questo quadro il mezzadro è in grado di dentale” è sempre rimasta marginale e nelle conferire all’impresa comune un lavoro or- rare volte in cui è emersa ha sempre man- ganizzato (quello della famiglia allargata), tenuto, a differenza di quella Settentrione/ di assumerne le responsabilità e di assicu- Meridione, un tono bonario. Come versan- rarne la gestione (Anselmi, 1990; Adornato te più piccolo e appartato, quello adriatico e Cegna, 2013). Pur senza idealizzare oltre ha dovuto, se mai ha inteso polemizzare, misura questa forma di rapporto, numerosi chiamare in causa l’altra e maggiore dicoto- studi sociologici ed economici hanno rico- mia, quella Nord/Sud. Sul piano simbolico nosciuto in esso i prodromi di una cultura l’Adriatico poteva appellarsi alla consuetu- imprenditiva che, passando dal mezzadro- dine per cui, nella mappa mundi di Ebstorf socio al «metal-mezzadro» (secondo la nota (1329) e diversamente dalla convenzione definizione di Fuà), sarebbe poi approdata moderna, per molto tempo le carte geo- al mezzadro-imprenditore. grafiche e marinare disegnavano lo Stivale Oltre alle differenze “oggettive” costru- non in piedi, bensì comodamente adagia- ite dalla natura e dalle circostanze stori- to sul Mediterraneo, con l’allora “Golfo che, sono poi da considerare le differenze di Venezia” in alto (superior) e il Tirreno “soggettive”, costruite (e, si potrebbe dire, in basso (inferior). Una persistenza di tale “inventate”) dagli esseri umani. Di questo percezione è nell’auto-posizionamento geo- tipo la superiorità di un territorio su un al- culturale degli studenti, così come mi viene tro. Abbiamo accennato alla opinabile (ma riferito da un collega esperto di politica e largamente accreditata) “superiorità” del territori all’università di Urbino. Terra di Nord rispetto al Sud: un tema sul quale in confine come poche altre (provincia di con- Italia, come nel resto del mondo, sono state fine di una regione di confine), alla doman- scritte intere biblioteche. All’incirca altret- da di dove i suoi studenti facciano iniziare tanto diffusa (sebbene più controversa, par- il Sud, la risposta è: «Sistematicamente a ticolarmente oggi) è la pretesa superiorità partire dal paese dopo il proprio». Dunque dell’Ovest rispetto all’Est. Paragonata alla per i romagnoli il Meridione inizia con le dicotomia Nord/Sud (o per essere più preci- Marche (nemesi della sfera terrestre, su un si alla vicinanza/distanza rispetto all’Equa- muro di Savignano sul Rubicone, 20 km a tore), all’interno di uno stesso paese, quella settentrione di Rimini, si legge la seguente Est/Ovest non riflette unranking altrettanto scritta: «Rimini = Sud»); per i marchigiani netto. Nella dimensione longitudinale, in- il Meridione inizia con l’Abruzzo; per gli fatti, pro e contro tendono a bilanciarsi. Si abruzzesi con la Puglia. «E per i pugliesi?», pensi agli Stati uniti del XIX secolo, dove domando io. Risposta del collega: «I pu- all’East colto (Boston) ed economicamen- gliesi a Sud di sé mettono la Calabria!».

181 Studi pesaresi 7.2019

Mappamondo di Ebstorf (part.), raffigurazione dell’Italia

3. I due Adriatici contrappone il ruolo di una vasta «regione di mezzo». Questa, che non è né (soltanto) Nell’ambito planetario, invece, ben altri- Oriente né (soltanto) Occidente, condivide menti aspra è stata ed è la dialettica Oriente/ molte norme e visioni e, sulle tracce degli Occidente. Anche senza risalire ai greci e ai imperi bizantino e ottomano, si estende persiani, basta pensare agli anni Cinquanta dall’«Adriatico al fiume Hindu» (Kitsikis, e alla Guerra fredda (quando la sineddoche 1993). Est-Ovest indicava la competizione tra due Ciò non esclude che i rapporti tra le due opposti regimi sociali-economici-politici e sponde dell’Adriatico, quella nostra e quel- i rispettivi paesi-guida Unione Sovietica e la abitata principalmente delle popolazioni Stati Uniti), così come è vero oggi (quando slave ed albanesi, sono stati spesso burra- Oriente e Occidente indicano la contrappo- scosi. Sebbene sia vero, come dice Renan sizione tra Islam ed euro-americani). Fortu- (1996), che un’identità politica basilare natamente più limitata la dialettica Orien- come quella nazionale si fonda, oltre che su te/Occidente in cui è coinvolto un piccolo memorie, anche su dimenticanze comuni, mare come l’Adriatico; un’articolazione di l’atto di dimenticare del tutto può implicare quel Mediterraneo che Platone paragonava la conseguenza non di archiviare gli erro- a uno «stagno»: attorno al quale tutti noi ri del passato, bensì di replicarli. Condivi- «viviamo come formiche e rane» (Fedone, dendo da secoli l’insediamento adriatico, 109 a-b). Alla relativizzazione filosofica dei in età contemporanea italiani e slavi hanno conflitti di un grande dell’antichità si uni- sperimentato un rispecchiamento politi- sce l’analisi di un altro greco, politologo co che, in certe fasi, storiche (ad esempio contemporaneo, che allo scontro di civiltà tra la prima e la seconda guerra mondiale

182 Fabrizio Battistelli Geo-cultura della differenza adriatica e relativi dopoguerra) è divenuto contrap- un ricordo indelebile, nel nostro caso trovo posizione e scontro. Gli italiani e “gli altri” utile riflettere, piuttosto che sulle differen- sono diventati, nel pieno senso della paro- ze in quanto tali, sulle conseguenze della la, “rivali”, cioè soggetti etimologicamente loro degenerazione, e quindi abbracciare il occupanti l’opposta “riva” (ripa) del fiume. metodo che gli americani chiamano delle Non è sempre stato così. Perché lo diven- «lezioni apprese». A cento anni dalla prima tasse è stato necessario che, indotta dalla guerra mondiale, ciò che possiamo appren- Rivoluzione francese e dalle armate napole- dere dalla crisi della regione adriatica è la oniche, in Europa si diffondesse quell’idea salvaguardia, giuridica e sostanziale, della di «comunità immaginata» che è la nazione sopravvivenza e dei diritti delle minoranze, (Anderson, 2000). Per gli uni e per gli altri, quale decisivo strumento di prevenzione dei il risveglio del principio di nazionalità ha conflitti. Come dimostra il caso delle encla- preso corpo, drammaticamente, nello stesso ve nazionali-religiose (krajine) all’interno tempo (il XIX e il XX secolo) e nello stesso di una compagine statale di diversa maggio- spazio. In zone come l’Istria e la Dalmazia, ranza, non garantire, anche internazional- la dialettica litorale vs aree interne, città vs mente, le minoranze conduce queste ultime campagna, mercanti e artigiani vs contadi- ad armarsi per difendersi. Così facendo, ni ecc. ha iniziato ad assumere le ben più esse inducono le comunità confinanti a fare coinvolgenti forme del nazionalismo, a sua altrettanto, in una spirale inarrestabile di so- volta incardinato su connotati identitari tra i spetto (ottica strategica del worst case) e di quali spicca in primo piano la lingua. aggressività, che ha come sbocco più pro- Due distinti processi risorgimentali – babile la guerra. Aver accettato che confini quello italiano e quello degli Slavi del Sud, amministrativi diventassero politici senza entrambi miranti all’indipendenza politica preoccuparsi di governare il processo, e dal dominio straniero impersonato dall’Im- anzi accelerandolo mediante precipitosi ri- pero asburgico – sono entrati in collisione conoscimenti unilaterali e senza condizio- tra loro nella misura in cui l’indipendenza ni, è la responsabilità di alcuni paesi euro- stessa comportava l’unificazione territoria- pei in particolare e, in generale, dell’allora le, inesorabile matrice di conflitti. Non è Comunità Europea. Cioè degli stessi attori certo questa la sede per ripercorrere le tappe istituzionali che sono chiamati ad affrontare della complessa «questione adriatica», così altre e non meno insidiose crisi. Mi riferi- come degli errori, dei soprusi e delle soffe- sco al default della Grecia o all’emergenza renze che essa ha comportato sia per l’una migranti, cioè a crisi che sono insieme eco- che per l'altra parte. Così come non avreb- nomiche, sociali e politiche. Quel coraggio be senso oggi rinfocolare le tensioni che, che non ebbe nel 1992-94 di impegnarsi a all’interno delle diverse nazionalità slave, prevenire il conflitto infra-jugoslavo, l’Eu- negli anni Novanta hanno condotto all’im- ropa deve trovarlo oggi nel tagliare il nodo plosione della Federazione Jugoslava. di Gordio delle sovranità statali dei suoi Se aver visto il ponte di Mostar ridotto singoli membri a favore di un’opzione au- a due moncherini e guardato il cielo di Sa- tenticamente e compiutamente federale. rajevo attraverso le mura bruciate e il tetto Processi incrementali – rispettosi di tut- scoperchiato della Biblioteca genera in me te le compatibilità e di tutte le procedure

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– sono possibili e restano positivi quando con tutti i vincoli, i limiti, le stanchezze di la situazione è “normale” o sul punto di una strategia diretta dall’alto. Ecco perché è normalizzarsi: e così è stato con l’adesione utile l’approccio che fa parlare le differen- all’Unione Europea, oggi conclusa da parte ze, cioè il patrimonio più qualificante della della Slovenia e della Croazia, mentre sono specie umana, come determinato sul piano in itinere quelle della Serbia e dell’Albania. naturale e su quello storico. E chi può par- Ma in condizioni come quelle odierne, nelle lare in modo convincente di differenze più quali crisi finanziarie e fenomeni migratori degli artisti? Per la loro attitudine e per la hanno portato alla luce in modo drammatico loro esperienza, gli artisti sono tra i soggetti le carenze della governance politica dell’U- maggiormente in grado di coniugare la forza nione, soltanto uno scatto in avanti verso dell’identità in cui si sono formati con l’a- la Federazione Europea, con un esecutivo pertura al mondo, condizione vitale al fine responsabile verso i cittadini e i loro rappre- di realizzare la propria vocazione. Incro- sentanti negli ambiti della politica economi- ciando le sensibilità, le competenze, le pro- ca, sociale, estera e di difesa, potrà offrire spettive, gli artisti come quelli che, insieme una soluzione alla rivalità e ai conflitti che agli architetti e agli urbanisti, si danno con- ancora perdurano, latenti come la brace sot- vegno ogni anno al Demanio marittimo di to la cenere, in questa parte d’Europa. Senigallia imprimono un ordine al caos e ri- La politica non può fare tutto. Però può conducono a un esito comune le differenze fare molto perché i vicini non siano “rivali”, originarie. Possono, usando l’espressione né tra loro né con quanti sono loro di fronte, dei mediatori romagnoli, «tagliare il mare bensì abitanti di sponde comunicanti. L’i- a metà». Quel mare che, per i Greci, era niziativa europea della Regione Adriatico- duplice. L’oceano mare, immenso e scono- Jonica è una policy interessante, che può sciuto contenitore di insidie (pélagos). Ma diventare coraggiosa. Ma da sola non ba- anche il mare per noi (thàlassa), quello che sta. Gestita unicamente dalle burocrazie, percorriamo in mille direzioni differenti, il resta una politica pubblica come un’altra, “nostro” mare.

Bibliografia territoriale dello sviluppo italiano, Bologna, il Mu- Adornato, F., Cegna A. (a cura) (2013), Le Mar- lino. che nella mezzadria. Un grande futuro dietro le spal- Frugoni, C. (2018), Uomini e animali nel Medio- le, Macerata, Quodlibet. evo. Storie fantastiche e feroci, Bologna, il Mulino, Anderson, B. (2000), Comunità immaginate. pp. 187-244. Origini e fortuna dei nazionalismi, tr. it. Roma, Ma- Fuà, G., Zacchia C. (1983), L’industrializzazione nifestolibri. nel Nord Est e nel Centro, Bologna, il Mulino. Anselmi, S. (1990), Mezzadri e mezzadrie nell’I- Ksitsikis, D. (1993), A comparative History of talia culturale, in P. Bevilacqua (a cura) (1990), Sto- Greece and Turkey in the Twentieth Century, Athens, rie dell’agricoltura italiana in età contemporanea, Hestia. vol. II, Venezia, Marsilio, pp. 211-259. Renan, E. (1996), Che cos’è una nazione?, tr. It, Bagnasco, A. (1977), Tre Italie. La problematica Roma, Donzelli (ed. or. 1882).

184 Notizie dal territorio

La difesa del litorale tra Pesaro e Senigallia nell’estate del 1803 Documenti dall’Archivio di Pesaro

di

Laura Ioni

L’estate del 1803 lungo la costa marchi- menti si evince che nei primi anni dell’800 giana è contraddistinta da giorni sereni: i il numero dei partecipanti era ancora eleva- rapporti delle vedette per i mesi di luglio e to 4. agosto non parlano mai di foschia o piog- Durante il periodo di svolgimento della gia 1. Il caldo torrido accompagna il fer- fiera, come ricordato, il pericolo di attacchi mento dei preparativi per l’annuale fiera di da parte di corsari aumentava: le spiagge Senigallia che richiamava mercanti perfino adriatiche, oggi luogo di villeggiatura, per dai paesi orientali 2, ma anche corsari e pi- secoli sono state flagellate su entrambe le rati, attratti dal maggior numero di imbar- sponde da incursioni di predoni provenienti cazioni e di merci che circolavano in quel non solo dalla costa croata, ma anche dai periodo. Proprio per fronteggiare questa paesi nord africani, come testimoniato an- minaccia vennero costituiti diversi posti di che dai tanti documenti presenti negli archi- guardia lungo la costa tra Pesaro e Senigal- vi delle città costiere interessate da questo lia. I rapporti e le lettere, redatti tra giugno fenomeno 5. Il pericolo di subire il furto del e agosto 1803, inerenti all’organizzazione proprio carico o addirittura di essere presi e alla gestione di questo cordone militare, prigionieri era drammaticamente reale, in sono conservati presso l’Archivio di Stato particolare dopo la presa di Otranto (1480) di Pesaro sotto la denominazione Difesa del da parte dei Turchi 6. Chi veniva catturato litorale dalle incursioni barbariche. Nella era reso schiavo e portato nelle terre sotto riflessione che segue esporremo brevemen- la reggenza barbaresca per essere venduto te le informazioni più interessanti che si all’asta, i familiari del malcapitato doveva- possono trarre dai suddetti documenti, in- no quindi raccogliere una somma di dena- quadrandole nel periodo storico. ro sufficiente per ottenerne la liberazione, La fiera di Senigallia era dedicata a San- a testimonianza di ciò rimangono le lettere ta Maddalena e si svolgeva in coincidenza dove si richiede l’elemosina per il riscatto con la festa della santa che cade il 22 luglio, e le suppliche per segnalare le persone da richiamando mercanti dall’Italia ma anche liberare 7. Chi viveva nelle città costiere da alcune zone del levante 3. Dopo il mas- si sentiva continuamente minacciato dal simo sviluppo avvenuto nel Settecento, agli momento che le incursioni per la cattura inizi del XIX secolo la fiera si avviava verso di schiavi non si limitavano agli equipaggi un lento declino, dovuto a ragioni politiche delle navi ma prendevano di mira anche la ed economiche internazionali, ma dai docu- popolazione a terra in prossimità della co-

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Il tratto costiero della delegazione apostolica di Urbino. sta 8. Sebbene nel XIX secolo la situazione trattano le lettere e i documenti conservati fosse migliorata, ancora agli inizi del 1800 nell’Archivio di Stato di Pesaro. si registrarono diversi atti di pirateria sia ad Le prime comunicazioni risalgono al opera delle navi inglesi, che di corsari: nel mese di giugno: una, datata 19 giugno, giugno 1803 di fronte a San Benedetto quat- definita «Proggetto delli più assennati pa- tro fregate, non è chiaro se inglesi o “tur- roni di Pesaro sulla presente situazione che”, avevano assaltato diverse imbarcazio- del mare Adriatico infestato da corsari» 11 ni da pesca rapendone i marinai, nell’agosto consiste nella proposta di fornire i pescato- 1804 a Giulianova alcuni trabaccoli prove- ri di fucili, sciabole, mitraglie e spingarde nienti dalla fiera di Senigallia vennero inse- con le munizioni e la polvere necessarie. guiti da due bastimenti turchi, il 2 maggio Nonostante i proprietari delle imbarcazio- 1809 tre velieri inglesi distrussero a colpi di ni si impegnino a non fare uscire le armi cannone la torre di Cesenatico e il 31 dello dalle barche e a tenerle sotto chiave quan- stesso mese a Pesaro alcuni velieri inglesi do le stesse sono ormeggiate, la proposta predarono dei bastimenti carichi d’olio 9. fu rifiutata in quanto venne ritenuto peri- Per contrastare il pericolo dei pirati le coloso fornire a chiunque, indistintamen- autorità pontificie avevano organizzato un te, delle armi. Alla necessità di approntare sistema di difesa costiera basato sulla pre- un efficace sistema difensivo e al timore senza di soldati e di torri di guardia 10 ed che traspare nella comunicazione dei pa- è in questo contesto che va inquadrata la roni, si contrappone la lucidità della rispo- costituzione del cordone di difesa di cui sta giunta immediatamente, il 21 giugno,

188 Laura Ioni La difesa del litorale tra Pesaro e Senigallia nell’estate del 1803 il cui scopo sembra rassicurare i pescatori Si tratta di un numero notevole di uomini. e chiarire quale sarà il piano d’azione. Si Per essere ancora più preciso il Baldelli de- ritiene necessario armare «alcune paranze scrive brevemente le imbarcazioni: la barca per assicurare la pesca ed il commercio» cannoniera è a una o due vele latine, la bar- ritenute più utili delle lance cannoniere im- caccia a remi è con una vela quadra, men- periali in quanto più agili e adatte a respin- tre la saicca presenta due vele latine e una gere le barcacce dei corsari e ad attaccare di trinchetto. Viene anche qui ribadito come i trabaccoli predati e armati dai turchi 12. sia «inutile armare le nostre barche: prive di Viene fatto notare che sei di queste paran- pratica, manca il necessario ed anche arman- ze armate sono sufficienti alla difesa del done cinque o sei sarebbero poche». litorale dello Stato di Urbino fino a Fiu- Prosegue poi occupandosi della difesa migino 13 e che la spesa per armarle è del costiera di Senigallia. «In Sinigaglia che tutto sostenibile (non vengono però fornite non vi sono monti per scoprire in molta di- cifre a riguardo). L’impiego di questo tipo stanza faranno la vedetta due paranze che di imbarcazioni in questa occasione è te- ore due prima del giorno usciranno dal stimoniato in diversi documenti analizzati, porto una verso Fano, una verso Ancona. in particolare nelle «Istruzioni in caso di Con otto persone saranno barche d’osser- sbarco», senza data, redatte da Luigi Bal- vazione». Un uomo munito di cannocchiale delli. Si tratta di indicazioni dettagliate su sarebbe salito sull’albero. Le due imbar- come comportarsi in caso di attacco pira- cazioni dovevano navigare a dieci miglia ta e dimostra la grande organizzazione e dal porto, dopo di che, se non avvistavano il dispendio di risorse messe in atto in tali nulla, potevano dedicarsi alla pesca, impie- situazioni. Ne riportiamo di seguito i pas- gando quindi in maniera produttiva il tem- saggi più significativi 14. po passato in mare. In caso di avvistamenti dovranno «dirigersi alla spiaggia e fare rap- Il primo ad approssimarsi alla costa porto al corpo di guardia e poi dare segnali è il canot 15 e la piccola barcaccia e ciò alle nostre barche che si ritirino in porto.» per scoprire se vi è resistenza a terra, la Anche dal porto di Pesaro sarebbe partita barcaccia più grande protegge lo sbar- una «paranza d’osservazione» con gli stessi co del canot e della barcaccia più pic- compiti. cola e trovando la facilità dello sbarco Oltre alla sorveglianza sul mare è ne- si approssima alla riva anche la bar- cessario un dispiegamento di forze di terra. caccia grande rimanendo alla difesa la Il cordone copre l’intero litorale dal mon- barcaccia cannoniera con il suo grosso te degli Schiavi (l’attuale colle San Barto- cannone. La forza degli uomini che ogni lo) fino alla zona di Senigallia detta Case nave puole mandare a terra mediante i Bruciate 17. Lungo la spiaggia sono istituiti suddetti quattro legni è di cinquantasei picchetti di guardia in zone strategiche sia persone e se altra nave unirà altra forza come punti di osservazione, le alture, che saranno le persone da sbarco centodo- come zone a rischio in caso di sbarco nemi- dici, se vi sarà anche la saicca 16 cen- co: la lanterna di Pesaro e di Fano, il monte toquarantasette non comprensive di chi degli Schiavi, la zona di monte Ardizio e rimane a bordo. fosso Sejore, Torrette, Marotta, il fiume Ce-

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tal caso sono atti quelli di Urbino che sono a Sinigaglia o li quattro da campagna che sono a San Leo» 21 e continua fornendo indicazioni sulla dislocazione dei pezzi di artiglieria nelle postazioni di Pesaro, Fano, Marotta, Senigallia e Case Bruciate e dando disposizioni sull’armamento e le munizio- ni necessarie. Oltre a respingere i corsari, i cannoni servivano per dare l’ allarme in caso di attacco. Le disposizioni in caso di avvistamento e sbarco sono precise e ripetute in vari do- cumenti, primo fra tutti la notificazione 22 di mons. Giovanni Cacciapiatti, delegato apostolico della provincia di Urbino. Rias- sumendo: in ogni picchetto ci dovranno es- sere due sentinelle; in ogni posto di guardia si eseguirà una pattuglia alle 8, un’altra alle 22; sia di giorno che di notte, per tutta la durata della fiera, saranno vietati e impediti gli sbarchi sulla spiaggia; in caso di avvista- Mons. Giovanni Cacciapiatti (1751-1833) mento di pirati saranno effettuate opportune segnalazioni con fumo di giorno e fuochi di notte, accesi sui monti San Bartolo, Ardizio sano, Senigallia, Case Bruciate. Alla truppa e Scapezzano 23. Nelle «Istruzioni» redatte di linea e alla cavalleria si può aggiungere da Luigi Baldelli si specifica che i fuochi la guardia civica, i cacciatori e volontari a devono essere accesi sia ad una distanza di cavallo in modo da garantire il pattuglia- dieci passi che di un miglio da ogni corpo mento sia notturno che diurno e la rapidità di guardia «in qualche casa di contadino» e delle comunicazioni 18. questo «sarà fuoco di inganno perché cre- Per l’occasione si dispone anche il tra- dano i corsari prossimi e molti li corpi di sferimento di quattro cannoni dal forte di guardia» 24. San Leo 19 in modo da rafforzare il sistema Per evitare falsi allarmi di notte era proi- di difesa. Purtroppo i pezzi d’artiglieria do- bito pescare. «Se tornano di notte paranze e vranno essere riparati perché tra le «spese barche da pesca» devono navigare a 2 mi- straordinarie occorse per il cordone» figura glia dalla spiaggia, altrimenti si rischia la la voce «riaggiustatura dei carri dei canno- multa o il carcere. I cancellieri di Sanità de- ni» venuti da San Leo, che vengono definiti vono avvertire di ciò «ogni barca che esca «fracidi e rotti» 20. La presenza dei canno- dal porto, anche quelle forestiere» 25. ni è ritenuta necessaria, lo stesso Baldelli Sia nelle «Istruzioni» che in altri do- nelle «Istruzioni in caso di sbarco» ricorda: cumenti si ipotizza un coinvolgimento dei «la difesa deve cominciare dal cannone, in contadini che abitavano nelle zone interes-

190 Laura Ioni La difesa del litorale tra Pesaro e Senigallia nell’estate del 1803 sate, i quali devono accorrere al suono delle invece «la sentinella non può accedere per- campane della chiesa più vicina o al colpo ché la torretta è chiusa» 30. Alle difficoltà del cannone per unirsi alla truppa regolare. organizzative si aggiungono le proteste dei Per attivare questi ingranaggi e soppe- soldati urbani che «non vogliono proseguire rire alle varie necessità si rese necessario il servizio non potendo vivere lontani dalle istituire una «tassa adriatica» che gravava loro famiglie con la paga di 15 baiocchi al sui paroni delle barche 26, i quali potevano giorno» 31. trovare qualche difficoltà a pagare quello Con l’avvicinarsi del periodo della fiera che in queste lettere viene benevolmente la corrispondenza si fa più serrata, comunica- chiamato «contributo». In una comunica- zioni e rapporti sono giornalieri mentre capi- zione datata 14 luglio si riferisce a mons. posto e soldati scrutano il mare temendo che Cacciapiatti che «il denaro è già partito alla all’orizzonte compaia qualche nave ostile. Il volta di Ancona, si tratta della prima rata tratto di mare è particolarmente affollato di del contributo […] Il secondo termine del imbarcazioni, soprattutto pescherecci, il cui pagamento della tassa non è ancora scaduto passaggio viene meticolosamente riportato e quindi i contribuenti non possono essere dalle vedette posizionate sul monte Ardizio costretti a pagare». Per sollecitarne il paga- e sul monte degli Schiavi 32. mento si suggerisce che «converrà dare li La tensione è alta e in quel clima uno più forti eccitamenti» 27. sbarco notturno non autorizzato non passa Il denaro veniva utilizzato per procurare inosservato. il necessario e armare i vari posti di guardia, Il 23 luglio il capoposto Silvani riferi- ma anche in questo caso si riscontra qual- sce al tenente de Armis che un bragozzo che problema: al 7 di agosto il posto verso da pesca, nel tentativo di entrare nel porto il ponte del Tavollo non è ancora operativo di Fano, combattendo inutilmente il ven- e anche l’allestimento del posto del Cesano to contrario, si è avvicinato alla spiaggia subisce ritardi 28. Inoltre la mancanza del di Torrette «per mettere un uomo a terra» necessario ai soldati di guardia è un tema violando le disposizioni che impediscono ricorrente in varie comunicazioni dove si sbarchi non autorizzati sulla spiaggia. Que- lamenta la penuria di paglia mentre è spes- sta azione costa l’arresto ai due paroni San- so la comunità a fornire i beni: a fosso Se- te Tarisci e Giuseppe Fargonesi e si ordina iore «i soldati hanno richiesto una tavola e che, qualora abbiano una regolare licenza di un banco consegnati dall’oste. Nell’osteria pesca, vengano rilasciati restituendo loro il c’è poco pane e non c’è sempre. Il vino co- pescato e ammonendoli del divieto di pesca sta caro ben 5 baiocchi al boccale. I soldati lungo la spiaggia «in tempo di cordone»; in chiedono il permesso di inviare uno o due assenza di licenza, invece, il pesce pescato di loro a Fano a prendere il necessario». andrà agli uomini di guardia come premio Mentre alla «Lanterna di Fano: […] Il sig. per aver eseguito il loro dovere mentre i due tenente de Armis ha ricevuto da questa co- paroni rischiano il carcere 33. Purtroppo non munità 1 letto e 2 sedie, richiede 1 lucerna, ci sono altre comunicazioni che permettano 1 comodo, 2 sedie, 1 concolina 29 con 1 or- di sapere quale fu la loro sorte. cio, una vetrata alla finestra» che poi, si an- Se l’avvicinarsi di una nave non autoriz- nota accanto, venne riparata. Alle Torrette zata causa agitazione tra i soldati, è proba-

191 Studi pesaresi 7.2019 bile che anche il tenente aiutante di piazza a forza, ed uno di questi era tuttavia con la Rovere, di stanza a Pesaro, abbia avvertito febbre, per timore che il Governo di Anco- un moto di apprensione vedendo giungere na consegnasseli agli Inglesi. Ho creduto di una piccola truppa di quattordici dragoni non agire con molta attività al recupero e francesi, provenienti da Fano, con al segui- scoprimento degli inglesi per non esporre to ventitré prigionieri inglesi, sotto il caldo il Governo ma lasciare alla casualità il loro sole delle 11,00 del 5 agosto, proprio lui rinvenimento» 37. E il Rovere è proprio in- che, nel rapporto del giorno precedente ave- tenzionato a non immischiarsi con i soldati va rassicurato «l’eccellenza reverendissima napoleonici tanto che si dimostra sordo alle monsignor Cacciapiatti» con un «tutto tran- loro richieste: «è qui tornato stamattina il quillo» 34. Il Rovere riferisce che «il capo picchetto di francesi che hanno scortato i del distaccamento francese è da me venuto prigionieri inglesi. Il sergente e il caporale per avere un locale onde situare li medesimi del medesimo mi hanno pressato affinché prigionieri. L’ho diretto alla segreteria degli fornissi loro un certificato della parte che alloggi da cui gli è stato destinato il con- mi avevano dato della fuga dei prigionieri, vento di San Giovanni». Ma gli inglesi si della loro perquisizione nella città e con- dimostrano piuttosto intraprendenti dal mo- vento di S. Giovanni de PP. Zoccolanti ed mento che Rovere viene informato, intorno infine di tutte le indagini da me praticate per alle 13.00 dello stesso giorno, dal capo del rinvenire li prigionieri». Il certificato venne distaccamento francese «tutto affannato», però negato dal momento che per redigerlo che il capo dei prigionieri è fuggito. Dal occorreva il permesso dei superiori 38. Rovere vengono allertati i capiposto delle La prudenza del tenente Rovere nel re- porte della città ma alle 23.00, del fuggiti- lazionarsi con i soldati francesi e la presen- vo ancora nessuna traccia. E non è la prima za degli stessi, con al seguito dei prigionie- volta che gli inglesi tentano la fuga: «ho ri inglesi, sulle nostre spiagge rientrano nel saputo che a Fano uno di detti prigionieri quadro del difficile periodo storico: alla inglesi, profittando della negligenza della fine del Settecento la città di Pesaro era sentinella francese sia fuggito, dopo aver sotto il governo dai giacobini e, una volta gettato in terra detta sentinella con un pu- caduta la Repubblica Cisalpina, dopo un gno, facendole sbalzare il fucile a 10 passi periodo di vuoto di potere e l’occupazione lontano» 35. Alla fine, riescono a fuggire tre da parte dei soldati dell’Impero Austriaco, prigionieri inglesi, ricorda il Rovere, che nel 1800 tornò in seno allo Stato Pontifi- aggiunge: «Da uno degli inglesi con cui ho cio di Pio VII 39. Nel 1803, quindi, queste parlato mi ha raccontato che nel porto di erano terre pontificie, ma già nel 1808 le Ancona ci sono delle fregate inglesi predate Marche entreranno a far parte del Regno da un armatore francese e quindi i loro pri- Italico proclamato da Napoleone 40. In gionieri sono stati trasportati via da Anco- quegli stessi anni si consumavano in Euro- na» 36. Sembra quindi che i prigionieri pro- pa le cosiddette Guerre Napoleoniche che vengano da quelle navi inglesi ormeggiate videro contrapporsi la Francia, guidata da ad Ancona. In un rapporto successivo riferi- Bonaparte, all’ Inghilterra. sce che «ho saputo essere (i fuggitivi) tutti La presenza degli inglesi sul mare malati nell’ospedale di Ancona, fatti partire Adriatico, inoltre, era causa di tensione dal

192 Laura Ioni La difesa del litorale tra Pesaro e Senigallia nell’estate del 1803 momento che questi si erano macchiati più Fano a quello di Pesaro, si riporta che a Ma- volti di atti di pirateria 41. Questo sentimen- rotta «è giunto uno squadrone di Dragoni to di apprensione nei loro confronti trapela francesi, la maggior parte senza cavalli […] anche in queste lettere: nei rapporti della pochi individui alla volta» 43. Non sembra vedetta sull’Ardizio viene sempre segna- trattarsi dello stesso gruppo di cui ci parla lato il passaggio di qualsiasi nave battente Rovere: la data è posteriore e non c’è alcun bandiera inglese e nel rapporto dell’uffi- riferimento ai prigionieri inglesi. Commuo- cio di Sanità di Pesaro del 12 agosto vie- ve l’evidente stanchezza dei soldati che ar- ne riportata la testimonianza del parone rivano alla spicciolata. Fraticelli, che con il suo tartanone, carico Il transito dell’armata francese proseguì di merci e con a bordo alcuni passeggeri, per diversi giorni come si intuisce da alcuni si stava dirigendo alla fiera di Senigallia. rapporti del colonnello Bracci 44, ma ormai Egli proveniva da Venezia e «ha riferito di la fiera è terminata e il cordone è in procinto aver veduto in Venezia ed in Trieste due di essere disarmato. legni armati inglesi», lo stesso riferisce un Nonostante il notevole dispiegamento di altro parone, Giuseppe Badia, che «colla risorse non è avvenuto fortunatamente al- sua barchetta andava in Venezia, e che nel cun attacco di pirati, tuttavia si continuerà viaggio era stato visitato da uno di detti le- a temere ancora l’arrivo di nemici dal mare. gni inglesi» e «lasciato dal medesimo subi- Occorrerà arrivare alla conquista francese to in libertà, perché aveva il passaporto di di Algeri, nel 1830, per eliminare il pericolo questo governo». Il rapporto conclude che della pirateria barbaresca nel Mediterraneo. «il suddetto Fraticelli riferisce di non aver Da allora si comincerà a scrutare il mare veduto in mare alcuno di detti legni inglesi con altri occhi, fino a dimenticare quei fatti né altro [legno] di apprensione» 42. tragici e a pensare alle spiagge come luoghi Per quanto riguarda la presenza france- di serena villeggiatura. A ricordarci l’ormai se, invece, lo squadrone di dragoni di cui remoto periodo delle incursioni e della di- dà notizia il tenente Rovere non è l’unico a fesa della costa rimangono le voci di quei transitare lungo costa: in una missiva del 19 soldati, capitani, colonnelli e capiposto con- agosto, indirizzata dal comando militare di servate nei nostri Archivi.

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1 Si veda, ad esempio, il resoconto di una vedetta le Cavezzi, I rumori del mare: di peste, di turchi e del monte di Pesaro, ovvero il colle San Bartolo, da- di navi corsare tra Fermo e Giulianova (1800-1815), tata 22 luglio 1803: « Allo spuntar del sole essendo ibid., pp. 206-221; De Nicolò, Paure e pericoli del un bel sereno si sono veduti chiaramente tutti li Monti mare cit., pp. 114-119. dall’altra parte». Tutte le lettere e i rapporti qui citati 9 Bruno Ballerin, L’uomo è preda tra gli uo- provengono dall’Archivio di Stato di Pesaro (d’ora in mini: pirateria d’occasione fra Ancona e Venezia, in poi Asp), Delegazione apostolica di Urbino e Pesaro, “Proposte e ricerche”, 43, 1999, pp. 234-252: 249; Difesa del litorale dalle incursioni barbariche, 1803. Gnola, Corsari cit., p. 40. 2 Sulla fiera di Senigallia si rimanda aM arinella 10 Alberto Silvestro, Mezzi di difesa della costa Bonvini Mazzanti, Senigallia, Quattroventi, Urbino picena contro i predoni di mare dal ‘400 all’800 in 1998, pp. 137-139 e 170-173. “Proposte e ricerche”, 43, 1999, pp. 160-170; Gian- 3 Sergio Anselmi, Trieste e altre piazze mercan- ni Volpe, La torre di guardia: i guardiani, ibid., pp. tili nella fiera di Senigallia ai primi dell’ottocento, 146-159; Id., Le torri di guardia tra Romagna, Mar- “Quaderni Storici”, 13, 1969, pp. 2-33, dove si riporta che, Abruzzo e Molise, in Sergio Anselmi (a cura), che la durata della fiera era di quindici giorni. Pirati e corsari in Adriatico, Pesaro 1998, pp. 47-74; 4 Ibid., p. 29: in base alle filze degli arrivi, nel Maria Lucia De Nicolò, Difesa del litorale marchi- 1803 furono 341 le navi che attraccarono in porto in giano (sec. XVI-inizi XIX), in “Atti e memorie” della occasione della fiera. Deputazione di st. p. Marche, 94, 1991, pp. 317-340. 5 La bibliografia a riguardo è assai vasta, per la 11 Asp, Delegazione, Difesa del litorale, lettera redazione del presente intervento si sono consulta- del 19 giugno ti: Davide Gnola (a cura), Corsari nel nostro mare, 12 Ivi, lettera del 21 giugno. Minerva, Bologna 2014; Salvatore Bono, Corsari e 13 Il toponimo si riferisce a Fiumesino, località pirati nel Mediterraneo, in “Proposte e ricerche”, 43, sotto il comune di Falconara Marittima, si veda Vol- 1999, pp. 11-19; Id., Schiavi. Una storia mediterra- pe, Le torri di guardia cit., p. 51. nea (XVI-XIX secolo), il Mulino, Bologna 2016; Ser- 14 Uno stralcio del lungo testo delle «Istruzioni» gio Anselmi, L’Adriatico tra antichità e XIX secolo: viene riportato anche da De Nicolò, Difesa del lito- pirateria e corsa, in “Proposte e ricerche”, 43, 1999, rale marchigiano cit., pp. 338-339, che ne sottolinea pp. 20-26;, Gabriele Cavezzi, I rumori del mare: di l’importanza per la chiarezza espositiva e la ricchezza peste, di turchi e di navi corsare tra Fermo e Giu- di dettagli che permettono di capire come era organiz- lianova (1800-1815), in “Proposte e Ricerche”, 43, zata la difesa del litorale. 1999, pp. 206-221: 208-209; Riccardo Paolo Uguc- 15 Francesismo per canotto piccola imbarcazione cioni, Pesaro 1808. L’annessione al regno italico, in a remi utilizzata anche per sbarchi militari, v. Grande “Pesaro città e contà”, 25, 2007, p. 128. dizionario della lingua italiana, Utet, II, s.v. 6 Marco Moroni, La Marca pontificia e i turchi: 16 Imbarcazione con due vele latine e una di trin- tre storie dopo Otranto, in “Proposte e ricerche”, 43, chetto, come viene spiegato più avanti. 1999, pp. 83-92. 17 Come scrive lo stesso Baldelli che ricorda 7 Sugli schiavi occidentali e il loro riscatto si anche la lunghezza del litorale: 35 miglia. Asp, De- veda: Gnola, Corsari cit., pp. 70-80; Salvatore legazione, Difesa del litorale, «Istruzioni in caso di Bono, Schiavi marchigiani dal Cinquecento al Sette- sbarco». cento, in Sergio Anselmi (a cura), Pirati e corsari in 18 Sull’utilizzo di uomini a cavallo (cavallari) Adriatico, Silvana editoriale, Milano 1998, pp. 123- per trasmettere velocemente le informazioni e per il 134; Maria Lucia De Nicolò, Paure e pericoli del pattugliamento delle zone costiere si veda: De Nico- mare nelle acque costiere tra Marche e Romagna nei lò, Paure e pericoli del mare cit., p. 106 e Volpe, La secoli XV-XVII, ibid., pp. 105-122. torre di guardia, cit., p. 149. 8 Carlo Vernelli, La paura degli “infedeli”, in 19 Asp, Delegazione apostolica, Difesa del lito- “Proposte e ricerche”, 43, 1999, pp. 171-184; Gabrie- rale, lettera del 16 luglio firmata dal podestà Alessan-

194 Laura Ioni La difesa del litorale tra Pesaro e Senigallia nell’estate del 1803 dro Ionj che si impegna affinché le «strade siano ben 32 I resoconti pressoché quotidiani inviati da riattate» per permettere un trasporto privo di danni. «Girolimo Prioli guardiano, vedetta del monte Ardi- 20 Ivi, «Spese straordinarie occorse per il cor- zio a mons. Cacciapiatti» sono estremamente precisi, done». riportano i vari tipi di imbarcazione transitati durante 21 Ivi, «Istruzioni in caso di sbarco». il giorno; in alcuni casi il conteggio delle navi sfiora 22 Unico documento a stampa conservato nel fal- il centinaio. done, la copia della notificazione era appesa nei vari 33 I rapporti riguardo la vicenda datano 23 lu- presidi. glio, sono redatti dal capoposto delle Torrette e dal 23 Sull’utilizzo di fuochi e fumo come sistema tenente de Armis da Fano. di comunicazione in caso di avvistamenti di vascelli 34 Asp, Delegazione apostolica, Difesa del lito- corsari si veda: Volpe, La torre di guardia cit., p. 154; rale, lettera del 4 agosto del tenente aiutante di piazza De Nicolò, Paure e pericoli del mare cit., p. 106. Rovere a mons. Cacciapiatti. 24 Asp, Delegazione apostolica, Difesa del lito- 35 Ivi, lettera del 5 agosto del tenente aiutante di rale, «Istruzioni in caso di sbarco». piazza Rovere a mons. Cacciapiatti. 25 Ivi, «Istruzioni in caso di sbarco» e 36 Ivi. «Notificazione», punto 12. I cancellieri di sanità era- 37 Ivi. no autorità portuali che rilasciavano alle navi in par- 38 Ivi, lettera del 7 agosto agosto del tenente aiu- tenza dal porto la fede di sanità, un documento che tante di piazza Rovere a mons. Cacciapiatti. attestava che sulla nave non c’erano focolai di conta- 39 Una disamina di quel travagliato periodo è gio: Gnola, Corsari cit., p. 50 stata fatta da Gilberto Piccinini, Pesaro tra Sette e 26 Asp, Delegazione apostolica, Difesa del lito- Ottocento (1798-1815), in Pesaro tra Risorgimento e rale, lettera datata, Senigallia 3 agosto. Sul ricorso a Regno Unitario, “ Historica Pisaurensia” V, Marsilio, tassazioni varie per sovvenzionare la difesa costiera Venezia 2013, pp. 3-13. v. Maria Lucia De Nicolò, Gravezze straordinarie 40 Ibidem. Nel 1815 Pesaro sarà di nuovo annes- e tassa delle galere. I costi della difesa del litorale sa allo Stato pontificio. adriatico pontificio nel Cinquecento, in “Proposte e 41 Ballerin, L’uomo è preda tra gli uomini cit., ricerche”, 43, 2999, pp. 132-145. pp. 240 ss. 27 Asp, Delegazione apostolica, Difesa del litora- 42 Asp, Delegazione apostolica, Difesa del lito- le, lettera datata Fano 14 luglio, firmata dal comandan- rale, «Rapporto dall’Ufficio di Sanità di Pesaro», 12 te Francesco Corbelli indirizzata a mons. Cacciapiatti. agosto. Dall’ufficio di Sanità di Pesaro sono - redat 28 Ivi, rapporto del 7 agosto e «Risposta alla vi- ti diversi documenti simili con le testimonianze dei sita fatta dall’amministratore Comandante Francesco paroni sugli avvistamenti di imbarcazioni potenzial- Corbelli alli posti armati per il cordone alla spiaggia», mente pericolose. senza data. 43 Ivi, dal comando militare di Fano al comando 29 Piccolo catino, bacinella. militare di Pesaro, tenente de Armis, 19 agosto. 30 Asp, Delegazione apostolica, Difesa del lito- 44 Ivi, colonnello Bracci a mons. Cacciapiatti, rale, «Risposta alla visita». Ancona, 27 e 28 agosto. 31 Ivi.

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Il fulmine che colpì la torre di Filippo Terzi, 13 marzo 1878

di

Marco De Santi

Da bambini ci intrufolavamo di nasco- allora già vecchio e scomparso ormai da sto sul campanile. Aspettavamo che Pietro, tanti anni. Raccontava numerosi aneddoti e il campanaro, aprisse il portone, girando la storie antiche sul nostro paese tramandate grossa chiave antica, e salisse verso la cella da secoli oralmente, dai legami coi duchi di campanaria. Allora, in silenzio, percorreva- Urbino, che si recavano spesso nel loro pa- mo l’angusta scala a chiocciola che porta lazzo di Barchi e che assistevano alla messa alla prima stanza, quella dei pesi, costitui- nascosti dietro due pareti in legno finemen- ti da antichi proiettili di bombarde, quindi te intagliate e dorate, lunghe cinque o sei salivamo ancora e giunti alla stanza dell’o- metri, ai segreti dei sotterranei del castello e rologio ci nascondevamo dietro la grande del palazzo ducale, dalla presenza di antichi macchina settecentesca, tra questa e il qua- sepolcreti, fino alla torre che un tempo era drante in pietra e aspettavamo in silenzio. dotata di merli e che fu rifatta dall’impre- Quando Pietro, finito il suo lavoro, scen- sa Innocenzi! Risentite queste parole, nella deva e se ne andava, eravamo finalmente registrazione, e ricollegatele al ricordo che liberi di salire fin sulla cella campanaria e avevo della mia infanzia, non ho potuto oltre, su per la dondolante scala lignea, fin fare a meno di andare a controllare in ar- sulla vetta, dove infilavamo le gambe tra i chivio. Amelio sosteneva, nell’intervista, pilastri della balaustra, tiravamo fuori qua- che a effettuare i lavori di ricostruzione del derni e penne e iniziavamo a fare i compiti, campanile fosse stata l’impresa Innocenzi, accarezzati dalla brezza che a quell’altezza del padre di Amilcare Innocenzi 1, anche soffia perennemente… Spesso fantasticava- lui imprenditore edile, che ho conosciuto mo sulla nostra Barchi e sulle antiche storie in quanto morì a oltre 100 anni; facendo un che i vecchi del paese ancora ricordavano, po’ di conti se la notizia era vera, i lavori una di queste narrava che il campanile, sulla dovevano essere stati fatti intorno agli anni cima del quale andavamo a fare i compiti, ’70-‘80 del XIX secolo. Così, cercando, ho immersi in un panorama immenso e bellis- trovato che nel libro dei Consigli di Barchi simo, anticamente era una torre dotata di 1878-1882, nella sessione ordinaria di pri- merli. mavera del 1878 si parla della necessità di Recentemente ho ritrovato un’intervi- «restaurare la macchina del pubblico orolo- sta, registrata su videocassetta e risalente gio, danneggiata dal fulmine del 13 marzo al 1991, che io e mio fratello facemmo ad ul. sc.» 2. Un fulmine quindi colpì l’antica un impresario barchiese, Amelio Biagioli, torre di Barchi danneggiando l’orologio,

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La torre cinquecentesca di Barchi, il palazzo comunale e la collegiata visti dal retro. ma la torre subì danni? Dobbiamo attende- giunta comunale del novembre 1878, quin- re il 15 agosto 1880 per avere una risposta, di pochi mesi dopo la caduta del fulmine, si quando il Consiglio delibera la proposta di decide di vendere dei materiali, mattoni e un prestito di 400 lire per «riparazioni ur- pietra, per ricavare i fondi «per accomodare genti al Campanile o Torre Comunale» per lo spigolo della Torre rotto dal fulmine», e «danni arrecati da un fulmine […] ritenuto si parla di appena 23,40 lire… 4. Due anni che non provvedendosi per l’esecuzione dei più tardi, come abbiamo visto, la situazione lavori suddetti, ammontanti alla somma di è degenerata e occorre intervenire per evita- £. 400 circa come alla perizia Dominici, pe- re che si rovini l’intero fabbricato e la som- rirebbe il resto del fabbricato rimasto in pie- ma necessaria e già salita a 400 lire. di, e rovinerebbe il palazzo Comunale…» 3. Passano ancora due anni senza interven- Dunque il fulmine aveva danneggiato anche to alcuno e la situazione si fa ancora più la torre, e, probabilmente, il fatto di aver grave, tanto che il 27 aprile 1882 5 si parla aspettato oltre due anni prima di intervenire di lavori urgenti da farsi al campanile con aveva aggravato la situazione. Inizialmen- un importo previsto dalla nuova perizia del te il danno alla torre non doveva essere di signor Zanchetti di Pesaro, ammontante a grande entità, infatti in una delibera della 2.103,98 lire, oltre alle 400 già stimate in

198 Marco De Santi Il fulmine che colpì la torre di Filippo Terzi, 13 marzo 1878 precedenza e per le quali si era già contrat- danno del palazzo sottostante» 9. Quindi la to un apposito prestito con la Cassa di Ri- torre era merlata! Come raccontava Biagioli sparmio di Senigallia. Viene approvata in nell’intervista, in cui parlava dei lavori fatti quella sede la nuova perizia, nonostante il dall’impresa Innocenzi, alla quale fu effet- parere contrario di un consigliere, il quale tivamente affidato il restauro… Deliberati avrebbe voluto un intervento atto soltanto i lavori in base alla perizia Zanchetti, con al restauro del danno provocato dal fulmi- un solo voto contrario, il 21 settembre 1883 ne. Nel luglio dello stesso anno, però, dopo si approva la sicurtà, vale a dire la garan- aver consultato il Genio Civile, viene rea- zia, e viene nominato il sorvegliante e una lizzata un’ulteriore perizia da parte del pe- commissione per sorvegliare i restauri 10. rito comunale Angelo Radicchi con un im- Finalmente, a distanza di oltre cinque anni porto molto inferiore alla precedente, pari a dal fulmine, i lavori iniziano, ma in due se- 802,95 lire; la perizia viene approvata e si dute dell’ottobre 1883 si parla già di «lavori decide di aprire una gara d’appalto 6. Tra- addizionali al campanile» 11. In particolare scorre ancora un anno e nel maggio 1883 si l’appaltatore ritiene di dover «applicare n. 4 parla di lavori di «riparazione stante i gravi chiavi alle imposte degli archi dei finestroni danni cagionati dal fulmine nel 1878», ag- che tengono collegati i quattro pilastri, base gravati come abbiamo visto da ben cinque di tutto il lavoro superiore”; poi di “collo- anni di rinvii, dovuti anche alla mancanza care n. 4 travetti di rinfianco agli archi me- di risorse. Ora il consiglio parla di «assoluta desimi», di adoperare mattoni nuovi per ri- urgenza dei lavori suddetti essendosi veri- costruire la volta e di sostituire la fascia in ficato che il resto del fabbricato pericola e pietra attorno al campanile, sotto i finestro- non potrebbe reggere nella ventura stagione ni, assai degradata, con una fascia in matto- invernale […] a modo che rovinerebbe l’in- ni. Dopo aver sentito il parere del respon- tero palazzo Comunale sottostante» 7 . Nel sabile della perizia Zanchetti, il Consiglio frattempo nessuno ha partecipato alla gara delibera di applicare le quattro chiavi, ma basata sulla perizia del tecnico comunale 8 e non i travetti, di permettere all’appaltatore si è dovuta indire una nuova gara, ora sulla l’utilizzo del materiale vecchio o quando base della perizia Zanchetti. Sono interve- occorra nuovo, purché provenga dalle for- nuti i tre fratelli Innocenzi, titolari di impre- naci di Castelleone o di Isola di Fano, infi- sa locale, che però chiedono, per eseguire i ne, relativamente alla fascia sotto i finestro- lavori, un aumento dell’importo di 850 lire, ni, di ricostruire in pietra corniola la parte cifra riconosciuta congrua dal Genio Civi- «della sola facciata che guarda la piazza» le. Il consigliere Roscini, per risparmiare, lasciando la vecchia pietra negli altri lati per insiste affinché si «risarcisca solo il guasto mancanza di fondi. Da un semplice inter- prodotto dal fulmine, senza alcuna riforma, vento di ripristino, che, forse, se fosse stato stante che ritiene assolutamente essere so- effettuato subito dopo il fulmine, sarebbe lido il pezzo del vecchio campanile», in- costato pochissimo, si è passati alla neces- terviene però il consigliere Rebecchini che sità di ricostruire la cima della torre, ormai dichiara che «con la perizia Zanchetti si vie- degradata e pericolosa, con una spesa net- ne a fare un lavoro stabile, non presentan- tamente maggiore. Nel novembre del 1883, do i merli [!] rimasti sicurezza alcuna, con poi, «l’appaltatore e il Perito sorvegliante ai

199 Studi pesaresi 7.2019 lavori di ricostruzione al campanile o Torre alizzò singolari effetti ottici e prospettici, Comunale hanno fatto presente essere ne- riconducibili al gusto tardo rinascimentale cessario un aumento di murato sopra i volti in voga all’epoca anche nel ducato urbinate. oltre quello indicato nella perizia Zanchetti, Disegnò ad esempio la Porta Nova, il nuovo altrimenti il campanile stesso risulterebbe arco di ingresso al castello, come se si tro- di forma goffa…» 12. Il nuovo intervento, vasse su un palcoscenico rispetto alla nuova approvato dal Genio Civile di Pesaro e dal piazza sottostante, con la rampa di accesso Consiglio, comporta nuovi costi per altre che in origine scendeva ad “abbracciare” la 242,81 lire… piazza (oggi è stata in parte modificata per I lavori saranno ultimati soltanto nel lu- far posto alla strada provinciale); la porta è glio del 1884, oltre sei anni dopo la caduta posta, inoltre, al centro della vista lungo la del fulmine, con un costo finale di 3.931,81 via che dà accesso al paese. Stessa accortez- lire 13, enormemente più alto delle 23 lire za riservò al grande palazzo nobiliare (oggi stimate per sistemare lo spigolo della torre, sostituito dalle scuole elementari), che fa- pochi mesi dopo il danno. ceva da contraltare alla porta, anch’esso Questa vicenda, innanzi tutto, ci insegna posto in alto, nel punto di fuga prospettico, che l’Italia non è poi cambiata tanto dacché dalla parte opposta della via. Effetti ottici fu unita, e seppure quelli non fossero tempi che si riscontrano anche nella torre. Questa, floridi, come spesso viene sottolineato nei infatti, fu progettata all’interno del palazzo Consigli, quando si lamenta la mancanza comunale in stretta proporzione con esso e di risorse da spendere, anche allora, come al centro della piazza del castello, sulla qua- oggi, lungaggini e ritardi portavano a danni le si affacciavano (e ancora si affacciano) e spese crescenti. Il secondo motivo di in- anche la chiesa di Sant’Ubaldo e il palazzo teresse è dato dal fatto che quello di Barchi dei duchi di Urbino, in rappresentanza dei non è un semplice campanile: si tratta in re- principali poteri del tempo. La torre, ancora altà di una torre progettata insieme al palaz- oggi, cambia aspetto a seconda del punto di zo comunale da Filippo Terzi, negli anni ’70 osservazione. Se la osserviamo dalla piazza del Cinquecento. È noto, infatti, che a par- ci appare quasi sbilanciata verso di noi, con tire dal 1571 il grande architetto riprogettò, un particolare effetto ottenuto decentrando- per volere del conte Pietro Bonarelli, nuovo la rispetto agli archi del palazzo comunale; signore di Barchi, l’intero abitato, trasfor- se la ammiriamo dalle mura verso il mare, mandolo in una piccola città ideale del Ri- invece, vediamo che non è più una torre, nascimento 14. Ridisegnò completamente bensì un cubo in perfetta proporzione con l’aspetto urbanistico del paese, creando la il palazzo, in una ricercata armonia con la nuova piazza al centro del castello e il lun- natura circostante; infine vista dalla vecchia go corso che lo taglia in due parti e dotò il porta di accesso al castello, la torre ci appa- paese anche di una grande piazza esterna, re come magicamente priva del palazzo che degna di una piccola città, disegnando le vie la circonda e, esattamente al centro della tutt’attorno sulle quali furono costruite le vista, si erge in tutta la sua altezza a simbo- case del borgo. Nel riprogettare la cittadina, leggiare il nuovo signore, rispondendo così disegnando anche i principali monumenti e ai principi dell’architettura del potere; non le nuove difese militari, Filippo Terzi, re- a caso la torre è costruita in forme antropo-

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Giovan Francesco Guerrieri, Madonna col Bam- La torre di Filippo Terzi e il palazzo dei duchi di bino e Santi Francesco e Maria Maddalena, Urbino in una foto d’epoca. Barchi, Collegiata (part.). morfe, secondo i concetti della “divina pro- te una punta meno slanciata, un cupolino, porzione”, a immagine e somiglianza, po- o una volta, subito sopra la balaustra; ma tremmo dire, del nuovo padrone.Ora, però, com’era prima la punta? Fortunatamente come si concilia l’intervento ottocentesco ci viene in aiuto il dettaglio di un dipinto con quanto detto sopra e con il rispetto delle nella chiesa di Sant’Ubaldo, da chi scrive proporzioni del corpo umano? E in che cosa attribuito a un giovanissimo Giovan Fran- è consistito il restauro? Dunque abbiamo cesco Guerrieri, risalente ai primi anni del appreso che la torre era merlata, cosa che Seicento 15; nel dipinto, sullo sfondo di una corrisponde alla tradizione orale, ora invece sacra conversazione di gusto baroccesco, è sulla sommità della stessa c’è una balaustra ritratto un paese in sostituzione dei consue- in pietra che ha sostituito la merlatura. Ab- ti torricini urbinati. Vi è dipinta una torre biamo pure visto che nel novembre 1883 merlata, con tanto di cella campanaria e l’impresario chiede di poter aumentare «il di campane, che fino ad oggi si era ritenu- murato sopra i volti», altrimenti il campani- ta frutto della fantasia del pittore. Ora alla le risulterebbe goffo e quindi viene costru- luce dei ritrovamenti d’archivio, guardando ita la cuspide a forma conica con otto lati, con attenzione l’immagine, è evidente che mentre la perizia prevedeva probabilmen- si tratta della torre di Barchi, corrispondono

201 Studi pesaresi 7.2019 perfettamente la fascia in pietra sotto i fi- architettonico forma simile e stessa base. nestroni e quella sopra in mattoni. La parte Possiamo quindi ammirare nel dipinto l’im- superiore, che si era ritenuta di fantasia, non magine antica della torre di Filippo Terzi, corrispondendo all’attuale immagine della sostenendo che l’aumento di muratura fina- torre, è invece una probabile “istantanea” le, nel restauro ottocentesco, ha ripristinato di come doveva apparire la torre prima del le dimensioni originali della torre. Cosa che fulmine e del restauro ottocentesco. Vedia- non poteva avere gran significato, se non da mo la torre sormontata da una merlatura di un punto di vista estetico, per i consiglieri foggia ghibellina che poggia sui beccatelli dell’Ottocento, all’oscuro dell’importante in pietra ancora oggi presenti, al di sopra è storia cinquecentesca del paese, ma che in- una cuspide, costituita da un elemento ar- vece è di grande rilevanza se si considera chitettonico elevato poggiante su dei con- che essa è stata costruita in forme antropo- trafforti laterali forse strutturali o forse solo morfe e, così come il palazzo del resto, nel decorativi, che danno nel complesso una rispetto dei canoni della divina proporzio- forma conico-piramidale, più elaborata, ne, con la volontà di rappresentare “fisica- ma non lontana, nelle dimensioni da quella mente” il nuovo signore 16. ottocentesca e attuale, avendo l’elemento

202 Marco De Santi Il fulmine che colpì la torre di Filippo Terzi, 13 marzo 1878

1 Amilcare era, a sua volta, padre di don Gual- L’adunanza si esterna in senso favorevole per esse- fardo Innocenzi, parroco della Madonna di Ponte re il Marcaccini persona solvibilissima e capace a Metauro di Fano, scomparso da poco, e di Innocenzo mantenere gli obblighi assunti…». Vengono nomi- Innocenzi, scrittore e poeta, il quale sosteneva che gli nati il sorvegliante, il perito comunale Radicchi (con Innocenzi fossero dediti all’attività edilizia da tem- compenso di £. 50), e la commissione di sorveglian- pi antichissimi; nella sua poesia A Barchi, del 1984, za (senza compenso), composta dai sig.ri Spallac- così descrive la sua famiglia: Il borgo dei natali so- ci Giuseppe, Rebecchini Ermenegildo e Lorenzetti latio e dell’infanzia e della fanciullezza, orfane età Luigi. mie, stente, e degli avi toscani di buon ceppo d’arte 11 Ivi, pp. 136-140. e di stampo antico…; cfr. I. Innocenzi, Indietro tutta, 12 Ivi, pp. 148-149. Fano 1984, p. 101. Ritroviamo un maestro Domenico 13 Acsb, Consigli, 1884-1888, p. 22, proposta n. Innocenzi, antenato dei nostri, come responsabile del- 29; il perito Radicchi redige lo stato finale dei lavori la costruzione della nuova cattedrale di Fossombrone, di restauro. su progetto dell’imolese Morelli, negli anni 1776- 14 Vedi: M. De Santi, Il Vicariato di Barchi e 1784, cfr. A. Vernarecci, Del comune di Sant’Ippo- la piccola città ideale disegnata da Filippo Terzi, lito e degli scarpellini e dei marmisti del luogo, Fos- in “Pesaro città e contà”, 19, 2004, pp. 49-62, e Id., sombrone 1900, pp. 144-145. L’architetto Filippo Terzi a Barchi, in Città e Terre 2 Archivio storico comunale di Barchi (da qui murate delle valli del Misa, Nevola e Cesano, cur. Ascb), Consigli, 1878-1880, p. 127, proposta n. F. Mariano, atti conv. Senigallia 18 aprile 2009, in 129: «Restauri alla macchina del pubblico orologio. “Castella Marchiae. Rivista dell’Istituto Italiano dei Il Consiglio intesa lettura della perizia di Giuseppe Castelli”, 10/11, 2008-2009, pp. 130-155. Fulvi di Mombaroccio il quale si assume l’incarico 15 Il dipinto è la Madonna col Bambino e Santi di restaurare la macchina del pubblico orologio rotta Francesco e Maria Maddalena nel terzo altare di de- dal fulmine caduto la notte del 13 marzo ul. sc., inteso stra della collegiata di Barchi, cfr. M. De Santi (pre- verbalmente il sunnominato orologiaio, ad unanimità fazione e descrizione simbologica di suor Maria Glo- di voti manifestati per alzata e seduta di fissare per ria Riva), Barchi. Chiesa della SS. Resurrezione. Le tali lavori la somma di £. 450…». opere restaurate, Comune di Barchi, Serra de’ Conti 3 Ivi, p. 192, proposta n. 213. 2012, pp. 73-79, nonché: Id., Gli altari laterali in pie- 4 Acsb, Giunta, 1876-1882, p. 81. tra della Collegiata di Barchi, in “Memoria Rerum”, 5 Acsb, Consigli, 1881-1883, p. 54. n. VII del 12/2016, p. 74. 6 Ivi, p. 61. 16 La torre, alta 28 metri, ha subito un restauro 7 Ivi, p. 104. ultimato nel 1991, quando fu consolidata la struttura 8 Ivi, p. 105: «…la maggioranza del Consiglio e ripristinata interamente la fascia in pietra sotto i fi- si addimostra favorevole ad adottare il progetto nestroni. È costruita in perfetta proporzione aurea (o Zanchetti per la ragione che altri esperimenti d’asta divina) con il palazzo comunale (rapporto tra altezza sono stati fatti in base a perizie dei sig.ri Dominici e della torre e larghezza del palazzo), a sua volta avente Radicchi per somme inferiori a quella progettata dal forma di un rettangolo aureo (rapporto tra altezza e sullodato Zanchetti, trattandosi di ricostruire soltan- larghezza della facciata). Nella sua altezza, la torre, to le parti degradate e pericolose, ma l’asta è andata è divisa dal cordolo sotto la cella campanaria in due sempre deserta». segmenti, il cui rapporto è di nuovo la divina pro- 9 Ivi, pp. 105-106. porzione o il numero aureo, ossia 1,618, così come 10 Ivi, pp. 122-123: «L’appaltatore dei lavori di avviene nel corpo umano, la cui altezza è divisa in restauro al campanile Sig. Enrico Innocenzi ha pre- due segmenti per la linea immaginaria che passa per sentato per sua sicurtà come agli obblighi assunti, l’ombelico; cfr. De Santi, L’architetto Filippo Terzi il Sig. Marcaccini Vincenzo, possidente di qui […] cit., pp. 142-147.

203

Abstract

Ettore Baldetti, Toponomastica e storia di Carthaginian army of Hasdrubal and prevented un comune medievale dell’alto Metauro: Urba- him from joining up with the troops of his bro- nia già Castel delle Ripe e Castel Durante ther Hannibal. This idea had been put forward L’esame dei toponimi medievali della zona di by the celebrated geographer Flavio Biondo, Urbania, “il comune dai tre nomi” dell’alta valle when a guest at Urbino in the late fifteenth cen- del Metauro, oltre a evidenziare i successivi aspet- tury. Biondo’s suggestion led to the place name ti topografico-storici del territorio, dalle originarie Monte Strovaldo being changed to Monte Astru- testimonianze mediterranee alle invasioni delle baldo by Urbino notaries and subsequently also popolazioni indoeuropee e alle prolungate domi- prompted etymological distortions in other local nazioni romana e germanica, fino alla nascita dei names in order to influence the interpretation of comuni medievali, ha anche permesso di diradare historical sources. le ombre sull’ipotizzato teatro della battaglia del Metauro del 207 a. C. La collocazione in loco Francine Daenens, L’erudito e la concubi- dell’evento militare – nel quale i Romani scon- na. Indagini su Pacifica Samperoli figgendo l’esercito cartaginese di Asdrubale ne Annibale degli Abati Olivieri fu chiamato scongiurarono il ricongiungimento con le truppe nel 1750 come consulente al tribunale vescovile del fratello Annibale – risalente al famoso geogra- di Pesaro nel corso del processo per la beatifi- fo Flavio Biondo, ospite di Urbino sul finire del cazione di Sveva di Montefeltro. Intervenne più ‘400, non solo condusse alla modificazione del volte, negli anni successivi, sulla figura di Paci- toponimo Monte Strovaldo in Monte Astrubaldo fica Samperoli, concubina di Alessandro Sforza da parte dei notai urbinati, ma indusse successi- che secondo la leggenda agiografica Alessandro vamente a forzature etimologiche di altri nomi lo- avrebbe sposato dopo la monacazione di Sveva, cali, tali da condizionare la stessa interpretazione una leggenda duramente contestata negli Acta delle fonti storiche. Sanctorum (Anversa, 1750). Sulla base di fonti The examination of Mediaeval place names documentarie diverse, tracciò la storia di Pacifi- in the area of Urbania, “the town with three ca nelle Memorie di Alessandro Sforza del 1785, names” in the Upper Metauro Valley highlights costruendo l’immagine della concubina come successive historical topographical aspects, peccatrice redenta. L’analisi condotta su alcuni from the earliest Mediterranean evidence to documenti – tra cui i Dispacci sforzeschi da Na- the invasions of the Indo-European peoples, the poli del 1462, il Canzoniere di Alessandro Sfor- prolonged Roman and Germanic dominations za e numerosi atti notarili – permette di gettare and the rise of the Mediaeval communes. But it una nuova luce sul ruolo di Pacifica Samperoli a also enables us to refute the theory of a local site corte, il suo matrimonio con il medico di corte, for the theatre of the celebrated battle of the Me- Gasparino Ardizi, i suoi rapporti con il convento tauro of 207 BC, when the Romans defeated the del Corpus Christi tra il 1463 e il 1479.

205 Studi pesaresi 7.2019

In 1750, Annibale degli Abati Olivieri was The study continues and further develops a simi- summoned as a consultant to the bishop’s tri- lar investigation conducted on the parish church bunal of Pesaro during the procedure for the of Ginestreto, near Pesaro. Stereotyped images beatification of Sveva di Montefeltro. In the fol- of saints are associated with the needs and aspi- lowing years, he intervened several times on the rations of everyday life and lead to reflections subject of Pacifica Samperoli, Alessandro Sfor- on broader historical phenomena (a statue of za’s concubine whom, according to the hagio- St Blaise, for example, is significant in terms of graphic legend, Sforza then married after Sveva the fifteenth-century migrations from the eastern had been forced to become a nun; this legend is Adriatic) or the magical and pagan character strongly contested, however, in the Acta Sancto- of certain aspects of popular religion (e.g. the rum (Antwerp, 1750). On the basis of various recurrent image of St Anthony the Abbot). documentary sources, Olivieri retold the story of Pacifica in the Memorie di Alessandro Sforza Marcello Luchetti, Un enigmatico ritratto (1785), portraying the concubine as a redeemed cinquecentesco di donna e tre nuovi ritratti dei sinner. The analysis of several documents, in- Della Rovere cluding the Sforza dispatches from Naples (Di- Per la prima volta a confronto due ritratti spacci sforzeschi, 1462), Alessandro Sforza’s femminili cinquecenteschi, il primo conservato Canzoniere and numerous notarial deeds has nel Museo della Casa natale di Raffaello a Urbi- shed new light on the role of Pacifica Samperoli no e il secondo al Museo Civico di Pesaro, fino at court, her marriage to the court physician, ad ora considerati senza alcun collegamento tra Gasparino Ardizi, and her relations with the loro ma in realtà raffiguranti lo stesso personag- convent of Corpus Christi from 1463 to 1479. gio, ovvero Maddalena Téllez-Girón della Cue- va, la dama spagnola di cui si era innamorato Girolamo Allegretti, Icone devozionali e Francesco Maria II della Rovere durante il suo storia sociale: Sant’Apollinare di Maiolo soggiorno giovanile a Madrid. La ricostruzione Storia sociale dell’arte (minore e minima) della vita della bella contessa spagnola, unico e storia sociale della religione (popolare e con- grande ma infelice amore del duca di Urbino, e tadina) sono le direttrici di una lettura dell’ico- l’attribuzione dei due ritratti rispettivamente al nografia devozionale applicate a una chiesetta grande pittore spagnolo Alonso Sànchez Coel- rurale della Valmarecchia – Sant’Apollinare di lo quello di Urbino e a Federico Barocci quello Maiolo –, continuazione e sviluppo di una in- di Pesaro, sino ad ora ritenuti opere di scuola dagine simile condotta in passato sulla pieve di a dispetto della loro straordinaria qualità. Infine Ginestreto nel Pesarese. Immagini anche stereo- la scoperta di tre ritratti inediti, rispettivamente tipate di santi si collegano a bisogni e aspirazio- di Guidubaldo II e di Francesco Maria II della ni della vita quotidiana, e inducono a riflessioni Rovere, che si aggiungono al catalogo del pit- su fenomeni storici di ampio respiro (alle mi- tore durantino Giorgio Picchi, ed uno di Vitto- grazioni quattrocentesche dall’Adriatico orien- ria Farnese, opera firmata e datata di Giacomo tale rimanda ad esempio la statua di san Biagio) Vighi detto l’Argenta, prototipo di tutte le effigi o sul carattere magico e pagano di certi aspetti ufficiali della duchessa di Urbino. della religione popolare (come nell’iterazione Two sixteenth-century female portraits are dell’immagine di sant’Antonio abate). compared here for the first time. The first is in The social history of minor and minimal art the Museo della Casa Natale di Raffaello, Ur- and the that of popular and rural religion are bino, and the second in the Museo Civico, Pe- the main strands in this interpretation of devo- saro. They have not previously been associated tional iconography applied to the rural church but they actually depict the same subject: Mad- of Sant’Apollinare di Maiolo in Valmarecchia. dalena Téllez-Girón della Cueva, the Spanish

206 7.2019 Studi pesaresi noblewoman whom the Duke of Urbino, Fran- counts Ubaldini), then sold to the Gaci family cesco Maria II della Rovere had fallen in love of Castiglion Fiorentino, who continued to con- with during his youthful stay in Madrid. After trol Colle Lungo from 1721 to 1816. In 1816, all a reconstruction of the life of the beautiful Spa- the fiefs of the Papal States were abolished and nish countess, the Duke of Urbino’s only great Colle Lungo became an appodiato (district with but unhappy love, the two portraits are attri- some independent rights) under Apecchio. buted to the celebrated Spanish painter Alonso Sànchez Coello and Federico Barocci, respecti- Sara Lorenzetti, Raffaello Carboni, un ro- vely, whereas in the past they had been conside- mantico eccentrico red works of these two artists’ schools, despite L’articolo si propone di riportare l’attenzione their extraordinary high quality. Lastly, three sulla figura di Raffaello Carboni, uomo politico, previously unpublished portraits of Guidubaldo intellettuale e scrittore poliedrico di origine ur- II, Francesco Maria II della Rovere and Vittoria binate emigrato in Australia, misconosciuto dai Farnese, respectively, are considered. The first contemporanei e oggi pressoché ignorato dalla two are added here to the catalogue of the pain- critica letteraria italiana. L’attivismo politico, la ter Giorgio Picchi, while the portrait of Vittoria vita da esule, la Sensucht verso una dimensione Farnese, signed and dated by Giacomo Vighi ideale e il conflitto con la propria epoca ne fanno called l’Argenta, is the prototype of all the offi- una figura emblematica dell’Ottocento roman- cial portraits of the Duchess of Urbino. tico. Il saggio in un primo momento ripercorre i tratti essenziali della biografia e dell’opera di Stefano Lancioni, La contea di Colle Lungo Carboni, ponendo in rilievo come la sua figura (Stato di Urbino) condensi tratti (anche contraddittori) dell’epoca; L’articolo ricostruisce la storia di una mi- la seconda parte prende in esame gli aspetti che nuscola contea situata vicino ad Apecchio, tra permettono di definirlo un “romantico attarda- Marche ed Umbria. La contea si estendeva per to”. circa 135 ettari e contava in tutto tre abitazioni The paper focuses on Raffaello Carboni, a (circa quindici abitanti). Il territorio in origine politician, intellectual and multifaceted writer faceva parte della contea di Monte Vicino, che originally from Urbino who emigrated to Au- era stata divisa nel 1556 per contrasti all’inter- stralia. Misunderstood by his contemporaries, no della famiglia dei conti Ubaldini. Colle Lun- today he is almost completely overlooked by Ita- go fu dapprima aggregato a Baciuccheto (altro lian literary critics and scholars. His political feudo dei conti Ubaldini), quindi venduto alla activism, life as an exile, yearning for an ideal famiglia Gaci di Castiglion Fiorentino, che lo world and conflict with his own age make him controllò dal 1721 al 1816. Nel 1816 tutti i feudi an emblematic nineteenth-century romantic. dello Stato della Chiesa furono aboliti e Colle After outlining the essential traits of Carboni’s Lungo fu appodiato ad Apecchio. biography and works, the paper focuses on how This paper reconstructs the history of a he sums up the often contradictory features of tiny contea (countship) near Apecchio, on the the period; the second part examines the aspects border between the Marches and Umbria. The that enable us to describe him as a “belated ro- countship extended for about 135 hectares mantic”. with only three houses and about fifteen inha- bitants. The territory was originally part of the Cristina Ravara Montebelli, I Giovanelli countship of Monte Vicino, which was portioned imprenditori della seta nella Pesaro dell’Otto- in 1556 because of contrasts in the Ubaldini cento family. Colle Lungo was first dependent on the La famiglia Giovanelli nel 1838 possedeva countship of Baciuccheto (another fief of the una filanda nell’omonima contrada. Amato Gio-

207 Studi pesaresi 7.2019 vanelli a metà Ottocento si rivolge ad un inge- Consente inoltre alcune considerazioni sulle gnere di Como per accrescere fino a cinquan- caratteristiche della stampa cattolica in regione taquattro il numero di caldaie all’opera nel suo tra ’800 e ’900 e sul sorgere di alcuni giornali opificio, che era allora il maggiore di Pesaro. La diocesani. Lo studio delle origini della stampa filanda, amministrata dai fratelli Amato eDo- cattolica a Pesaro tra Otto e Novecento chiede menico, ottiene così riconoscimenti nazionali un opportuno inquadramento per valutare il cli- e internazionali. Nella seconda metà dell’Ot- ma culturale e la presenza dei cattolici nei primi tocento, i figli Augusto ed Enrico continuano decenni di vita dello Stato unitario. Lo sviluppo l’opera avviata da Amato, in particolare il di- editoriale cammina di pari passo con il lento ri- ciannovenne Ruggero fonda nel 1876 il Regio sveglio della cattolicità nel nuovo contesto. La Osservatorio Bacologico di Pesaro, con annesso lunga estraneità, decretata dal non expedit, fa- Stabilimento per la confezione del seme bachi vorisce il sorgere anche a Pesaro di un inedito cellulare sistema Cantoni Pasteur, in via Ma- associazionismo laicale con caratteri di novità, ternità n. 4, di cui sarà anche direttore. Nel 1898 intorno al quale si sviluppa un vero e proprio lo Stabilimento bacologico, che nel frattempo si movimento sociale cattolico che dà voce a una era spostato in via del Governatore, dava lavoro parte degli strati popolari. Si passa così gradual- ad oltre cinquanta operaie e rimarrà aperto al- mente dall’estraneità intransigente, che vede na- meno fino al 1933. scere a Pesaro nel 1874, per un breve periodo, il In 1838, the Giovanelli family owned a silk periodico “L’Eco d’Isauro” (e prima ancora. nel spinning mill in the homonymous district of Pe- 1861. “L’Isauro”), ad una nuova fase dei rappor- saro. By the mid-nineteenth century, Amato Gio- ti Stato-Chiesa. Con “L’Eco” i cattolici pesaresi vanelli had turned to an engineer from Como to entrano nel dibattito in confronto con altre te- increase the number of boilers in his factory, by state locali ribadendo, in linea con altre testate then the largest in the town. The spinning mill, nate in quegli anni sul territorio nazionale, un managed by the brothers Amato and Domeni- intransigente legittimismo. Lo scontro anche a co, obtained national and international awards. Pesaro è aperto e si incrociano le armi della car- In the second half of the nineteenth century, ta stampata con i liberali e il liberalismo prima, Amato’s sons Augusto and Enrico continued con i socialisti poi. Un confronto che comporta the work started by their father, while the nine- l’affermarsi di una identità cattolica che entra teen-year-old Ruggero Giovanelli founded the nei problemi contemporanei e si esprime non “Royal Silkworm Rearing Observatory of Pesa- più solo dai pulpiti ma nel dibattito delle idee ro” in 1876, with an adjoining “Establishment con lo strumento laico dei giornali. Occorrerà for preparing cellular silkworm eggs according attendere non pochi anni per avere una presenza to the Cantoni Pasteur method” in via Materni- più partecipe della vita della città con la nasci- tà no. 4, of which he became director. In 1898, ta, nel 1903, di un nuovo giornale d’ispirazione the establishment, which in the meantime had cattolica a Pesaro, “L’Idea cattolica sociale”. moved to via del Governatore, employed over This paper offers an interpretation of the fifty workers and continued production until at Catholic presence in the newly founded King- least 1933. dom of Italy and casts light on a chapter that has not yet been fully addressed: the deve- Ernesto Preziosi, L’origine della stampa lopment of the Catholic press in the region of cattolica a Pesaro tra ‘800 e ‘900 Pesaro. It also reflects on some features of the Lo studio offre una lettura della presenza Catholic press in the area in the second half of cattolica nel regno d’Italia e getta una luce su un the nineteenth and early twentieth centuries and capitolo ancora non affrontato completamente: on the rise of diocesan periodicals. The study of lo sviluppo della stampa cattolica nel territorio. the origins of the Catholic press in Pesaro re-

208 7.2019 Studi pesaresi quires an appropriate framework to evaluate the strumenti privilegiati per ricostruire il dibattito a cultural climate and the presence of Catholics proposito del primo conflitto mondiale e per co- in the first decades of life of the unified state of gliere l’eterogeneità e le sfumature, anche con- Italy. The development of publishing went hand traddittorie, che lo contraddistinsero. L’esame in hand with the slow revival of Catholicism della situazione senigalliese attesta una grande in the new context. Its previous long exclusion vivacità culturale caratterizzata segnatamente from public debate, decreed by the Curia’s non dal protagonismo acceso di testate come “Il sol- expedit, favoured the rise also in Pesaro of an co” e “Il Dovere”, alfiere animose di un senti- unprecedented lay associationism with new fe- mento antitedesco, declinato seguendo i canoni atures, around which a Catholic social move- del più irriducibile anarchismo della prima a cui ment developed and gave a voice to a part of fa da contraltare l’autentica anima mazziniana the popular classes. There was thus a gradual della seconda. Sul fronte moderato e popolare shift from the intransigent position of no direct spiccano gli esempi de “La Voce misena”, por- involvement – which saw the publication of the tavoce delle istanze del mondo cattolico alle short-lived periodical L’Eco d’Isauro, founded prese con la difesa dei propri valori e impegnato in 1874 (and previously, in 1861, L’Isauro), in a smarcarsi dalle tenaglie rappresentate dal cre- Pesaro – to the new phase in State-Church rela- scente nazionalismo e da accuse di tradimento tions. With L’Eco the Pesaro Catholics entered della “causa” provenienti da entrambi gli schie- the debate with the rival local press. Moreover, ramenti, e de “La fiaccola” che, al neutralismo in line with other periodicals founded in those della prima ora, lascia progressivamente spazio years nationwide, it reaffirmed an uncompro- a un interventismo democratico e militante. mising stance defending its own legitimacy. Chiude il cerchio il “ Ça ira» che, pur essendo The struggle thus also spread to Pesaro and the pubblicato nel 1919, viene incluso nel novero arms of the press were wielded initially against delle riviste analizzate in quanto espressione del the liberals and liberalism and then against the coacervo di sensibilità e problematiche che av- socialists. The debate that entailed affirming a velenarono il difficile dopoguerra. Catholic identity in dealing with contemporary The paper examines press publications from issues was no longer expressed only from the the period of the Great War, and especially pulpit but also in the exchange of ideas using documentation published in Senigallia, now in the secular tool of the press. After this episode, the Biblioteca Antonelliana. The small local ob- several years elapsed before there was a more servation point has specific peculiarities which active presence in city life due to the creation nevertheless confirm what the examination of in 1903 of a new Catholic-inspired journal in this very important type of source has revealed Pesaro – L’Idea cattolica sociale at national level. The press, in fact, is one of the best means for reconstructing discourse about Silvia Serini, Stampa e Grande guerra: il the First World War and for an understanding “caso” miseno of its at times contradictory heterogeneity and Il saggio prende in esame le pubblicazioni nuances. The examination of the situation in a stampa relative al periodo della Grande guer- Senigallia reveals a great cultural liveliness, ra, concentrandosi sulla documentazione edita characterised mainly by the leading role of pub- a Senigallia e conservata presso la Biblioteca lications such as Il solco and Il Dovere, stan- Antonelliana. Il piccolo osservatorio locale dard-bearers driven by an anti-German feeling, presenta sue specifiche peculiarità che tuttavia according to the model of the most intransigent confermano ciò che la disamina di questa im- anarchism in the case of the former, contrasted portantissima tipologia di fonti ha rivelato a li- by the genuinely Mazzinian spirit of the latter. vello nazionale. La stampa, infatti, è uno degli On the moderate popular front, we find the ex-

209 Studi pesaresi 7.2019 ample of La Voce misena, a mouthpiece for the geomorphological) features, but therefore also Catholic world intent on defending its own val- demographic, social and cultural aspects, does ues ​​and avoiding the pincer attack from growing not mean only contrasting but rather also un- nationalism and accusations of betraying the derstanding the differences (in this case betwe- “cause”. La fiaccola, on the other hand, eventu- en the two shores of the Adriatic) to highlight ally renounced its initial neutralism and shifted the full significance of their relationship. While to a stance of militant democratic intervention- this is obviously interesting on the Italian side, ism. Lastly, Ça ira which, although published it becomes even more fascinating when contem- in 1919, is included in the category of the peri- plating the other side of the sea, as an otherness odicals analysed as the expression of the com- that can be experienced in terms of an interlo- plicated combination of sensibilities and issues cutor or as a rival, for example, in the Medi- that contaminated the difficult post-war period. terranean. This is an important contemporary topic, which starts from the other shore (riva) Fabrizio Battistelli, Geo-cultura della dif- of the Adriatic. ferenza adriatica. Conflitto e cooperazione tra le due sponde Laura Ioni, La difesa del litorale tra Pesa- In Italia (ma non solo), la quasi totalità ro e Senigallia nell’estate del 1803. Documenti dell’attenzione viene polarizzata dalle differen- dall’Archivio di Pesaro ze Nord/Sud. Se ciò è comprensibile in un pa- Presso l’Archivio di Stato di Pesaro è con- ese che, come il nostro, è una penisola lunga e servato un faldone che raccoglie comunicazioni, stretta che si spinge al centro del Mediterraneo dispacci e lettere risalenti all’estate 1803, relati- e che per circa mille anni è stato diviso in due vi alla difesa della costa tra Pesaro e Senigallia parti, non è tuttavia da trascurare la specificità dagli attacchi corsari. Nell’intervento si è cerca- dell’Est e dell’Ovest, ovvero del versante Adria- to di inquadrare i documenti in esame all’interno tico rispetto a quello Tirrenico. Mettere a fuoco del delicato momento storico (era da poco finita una caratterizzazione che è innanzitutto naturale la Repubblica Cisalpina e si preparava l’avvento (morfologica, orografica) e quindi demografica, di Napoleone con la proclamazione del Regno sociale e culturale, naturalmente non significa Italico) e di delineare l’organizzazione della di- contrapporre bensì comprendere le differenze fesa del litorale che ha le sue radici in un sistema (in questo caso quella Adriatica) per valorizzare di presidio delle zone costiere collaudato da se- la relazione. Qualcosa che, interessante all’in- coli di incursioni piratesche lungo le due sponde terno, è addirittura prezioso nel caso dell’altra dell’Adriatico. sponda del mare, un’alterità che può essere A folder in the Pesaro State Archives con- vissuta come interlocutrice o come rivale, ad tains material dating to the summer of 1803: esempio nel Mediterraneo. Un tema attuale, di communications, dispatches and letters concer- questi tempi. Cominciando intanto con l’altra ning the defence of the coast between Pesaro riva dell’Adriatico. and Senigallia from pirate attacks. The current In Italy (but also elsewhere), there is gene- paper provides the context to those documents rally a greater focus on North/South differences. from a delicate historical phase (the Cisalpine This is understandable in a country like Italy, Republic had just ended and the advent of Na- a long, narrow peninsula that reaches down to poleon had been prepared by the proclamation the heart of the Mediterranean and for about a of the new Kingdom of Italy) and outlines the thousand years has been divided into two parts. organisation of the defence of the coast, based Yet the specific features of the East and the West, on a system of guarding the shores that had been or the Adriatic and Tyrrhenian sides, should not tested over the centuries by pirate raids on both be overlooked. Focusing on mainly natural (i.e. sides of the Adriatic.

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Marco De Santi, Il fulmine che colpì la tor- The paper deals with the town tower of Bar- re di Filippo Terzi, 13 marzo 1878 chi designed by Filippo Terzi in the second half L’articolo tratta della torre civica di Barchi of the sixteenth century. At the behest of Count progettata da Filippo Terzi nella seconda metà Pietro Bonarelli, Terzi (the court architect of del XVI secolo, quando, per volere del conte the Dukes of Urbino) had converted the castle Pietro Bonarelli, l’architetto di corte dei duchi of Barchi into a small ideal Renaissance city. di Urbino trasformò l’antico castello di Barchi In the 1870s, however, the tower was struck by in una piccola città ideale del Rinascimento. lightning. The top was badly damaged and re- Scopriamo che la torre, sul finire dell’800, fu built in the same original dimensions but with a colpita da un fulmine che rovinò la punta, rico- spire instead of the old battlements, which, al- struita nelle stesse dimensioni originali, con una though lost forever, can still be admired in a fine cuspide che sostituì l’antica merlatura, perduta seventeenth-century painting. per sempre ma che possiamo ancora ammirare in un bel dipinto secentesco.

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Biografia autori

Girolamo Allegretti. Storico dei territori locali. Fabrizio Battistelli è professore ordinario di Cofondatore della Società pesarese di studi storici. Sociologia nell’Università di Roma “La Sapienza”, Ha diretto la rivista “Pesaro città e contà” dal 1991 dipartimento di Scienze sociali ed economiche; presi- al 2011 e la rivista “Studi montefeltrani” dal 1989 al dente dell’Istituto di ricerche internazionali Archivio 2009. Ha ideato e diretto “Costellazione”, collana di Disarmo, Roma, e presidente della Fondazione Ente monografie sui centri minori del comune di Pesaro Olivieri, Pesaro. Autore di numerosi studi sulla sicu- (dodici opuscoli dal 1988 al 1999), e “Storia dei Ca- rezza internazionale e interna e sulla gestione nonvio- stelli della Repubblica di San Marino” (nove volumi lenta dei conflitti. Tra i libri più recenti La sicurezza dal 2009 al 2017). Già presidente della Società di stu- e la sua ombra. Terrorismo, panico, costruzione della di storici per il Montefeltro e deputato per la Deputa- minaccia, Donzelli 2016 e La rabbia e l’imbroglio. zione di storia patria Marche, è attualmente membro La costruzione sociale dell’immigrazione, Mimesis del comitato scientifico di “Proposte e ricerche” e del 2019, in corso di stampa (fabrizio.battistelli@uniro- consiglio direttivo del Centro Sammarinese di studi ma1.it). storici ([email protected]). Francine Daenens (Gent, 1946) ricercatrice dell’ Ettore Baldetti (Barbara 1955) è docente di Sto- Università di Roma Tre fino al 2011; nel Dipartimen- ria e Filosofia presso il liceo scientifico “E. Medi” di to di Studi storici ha organizzato per alcuni anni un Senigallia. Ha ricevuto nel 1987 il premio “G. Crocio- “laboratorio di storia” sugli indici dei libri proibiti ni” per la tesi di laurea Aspetti topografico-storici dei del Cinquecento. Ha pubblicato saggi su Olimpia toponimi medievali nelle valli del Misa e del Cesano, Morata (1999), Camilla Pallavicini (2009), Lucrezia poi pubblicata nel 1988. Attivo soprattutto nel settore Gonzaga (2011) e Isabella Sforza (2008 e 2015). Ha paleografico, ha curato le edizioni del “Codice Bava- collaborato con “Studi pesaresi” nel 2016 con una ri- ro” (una fonte papiracea altomedievale sui possessi cerca su Camilla Sforza d’Aragona. Per il Dizionario bizantino-ravennati nella Pentapoli), dei volumi VI e Biografico degli Italiani (vol. 92, 2018) ha curato la VII delle Carte di Fonte Avellana, del Codice di San voce “Isabella Sforza”. Prepara l’edizione critica del Gaudenzio, delle fonti scritte dell’abbazia romualdina trattato Della vera tranquillità dell’animo, pubblicato di Santa Maria di Sitria e dell’originario comune di a Venezia nel 1544 sotto il nome di Isabella Sforza Cagli. Ha realizzato studi di topografia e onomastica ([email protected]). sulla patronimia romanza, sulla territorializzazione longobardo-bizantina in area marchigiano-romagnola Marco De Santi (Barchi 1968) si occupa da quasi e sull’ordine benedettino, fra cui La Pentapoli bizan- trent’anni del recupero dei beni culturali e della me- tina d’Italia tra Romania e Langobardia (on line in moria storica del suo paese e del territorio dell’antico mgh-bibliothek.de) e L’avvento dei Camaldolesi in ducato di Urbino. E’ autore di diverse pubblicazioni area marchigiana, negli atti del convegno per il mil- di carattere storico-culturale e ha collaborato con ri- lenario di Camaldoli ([email protected]). viste specializzate, fra le quali “Pesaro città e contà”,

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“Studi pesaresi”, “Castella Marchiae” e “Memoria Chiara Cretella; «Andare in mare senza barca». Le Rerum” ([email protected]). lettere di Monaldo Leopardi ad Annesio Nobili; e il recente Figurazioni del vuoto. Per una rilettura Laura Ioni (Pesaro 1979) dopo studi classici, se- delle “Novelle per un anno” di Pirandello (saralo- guendo la sua passione per l’antichità, intraprende la [email protected]). facoltà di Conservazione dei Beni culturali a indirizzo archeologico a Ravenna, sede distaccata dell’Universi- Marcello Luchetti (Pesaro 1962) è avvocato, tà di Bologna. Nel 2003 consegue la laurea in Topogra- docente, socio corrispondente della Deputazione di fia antica con una tesi su Approdi e popolamento nella storia patria per le Marche. Ha pubblicato diversi stu- fascia costiera tra Gabicce e Pesaro in età romana e di sul palazzo ducale di Pesaro; l’importante Storia medievale. L’anno successivo pubblica uno studio sov- del notariato a Pesaro e Urbino dall’alto Medioevo venzionato dal Comune di Morciano, Strade, approdi al XVII secolo; un saggio sulle imprese roveresche in e popolamento della Valle del Conca dalle origini al Pesaro nell’età dei Della Rovere, “Historica Pisau- medioevo, e nella rivista “Pesaro città e contà” il saggio rensia” III.1; studi su Girolamo Genga; la monografia Ipotesi sullo scalo di Santa Marina di Focara. Dopo Le confraternite a Pesaro dal XIII al XVII secolo, in aver lavorato nell’ambito dei beni culturali si è dedicata “Studi pesaresi”, 2, 2013; un saggio su Gian Giacomo al mestiere di libraia, continuando a studiare e coltivan- Leonardi conte di Montelabbate; Un’inedita veduta do la sua passione per la ricerca (laura.ioni@studio. seicentesca di Pesaro con il lazzaretto e la datazione unibo.it). della pianta prospettica del Blaeu, in “Studi pesare- si”, 4, 2016 ([email protected]). Stefano Lancioni (Pesaro, 1965), laureato in Let- tere presso l’Università degli Studi di Urbino, dal 1994 Ernesto Preziosi ha diretto le pubbliche relazioni è docente a tempo indeterminato di Italiano e Latino dell’istituto Giuseppe Toniolo, ente fondatore dell’U- (dal 1999 in servizio presso il Liceo scientifico “Torel- niversità Cattolica; è presidente del Centro ricerche e li” di Fano). È autore di diversi articoli di storia loca- studi storico-sociali (Roma) e membro del comitato le, pubblicati su “Studi Montefeltrani”, “Sguardi” e su scientifico dell’Archivio per la storia dell’Azione “Studi pesaresi”, riguardanti soprattutto le aree appen- cattolica e del Movimento cattolico italiano, che ha niniche e il territorio di Apecchio (stefanolancioni8@ diretto dal 1996 al 2006. Giornalista, nel 2000 ha gmail.com). promosso «Argomenti2000” (www.argomenti2000. it), presente sull’intero territorio nazionale con atti- Sara Lorenzetti, dottorato in Italianistica pres- vità rivolte al confronto e all’elaborazione di cultura so l’Università di Macerata con una tesi sui mano- politica. Nel 2013 è stato eletto al Parlamento italiano scritti leopardiani (con cui nel 2006 ha vinto il pre- nella XVII legislatura per la Camera dei deputati. Tra mio “Piancastelli”), ha poi ricoperto un assegno di le sue pubblicazioni: Il Vittorioso. Storia di un set- ricerca presso il medesimo Ateneo, dove oggi lavora timanale per ragazzi 1937-1966; Luigi Gedda nella come docente a contratto. Si interessa di letteratura storia della Chiesa e del Paese; Una sola è la città. dell’Otto e del Novecento (Pirandello, Volponi, il Per un rinnovato impegno politico dei credenti; e il Crepuscolarismo), di recente si è rivolta a studi di recente Un altro Risorgimento. Alle origini dell’Azio- genere (Sibilla Aleramo, Antonia Pozzi, Joyce Lus- ne Cattolica per una biografia di Giovanni Acqua- su) e alla scrittura migrante (Igiaba Scego, Ornela derni ([email protected]). Vorspi, Amara Lakhous). Nel 2018 ha conseguito l’abilitazione scientifica nazionale a professore as- Cristina Ravara Montebelli è archeologa libera sociato in Letteratura italiana. Partecipa a convegni professionista, cultore della materia “Topografia an- e ha pubblicato saggi, tra cui Architetture interiori. tica” presso il dipartimento Beni culturali dell’Uni- Immagini domestiche nella letteratura femminile versità di Bologna, campus di Ravenna. Amministra del Novecento italiano, curato nel 2008 insieme a la start innovativa YourBoost srls, dove si occupa di

214 7.2019 Studi pesaresi web marketing culturale. Impegnata in ricerche d’ar- fra i quali Alea iacta est. Giulio Cesare in Archivio chivio riguardanti archeologia, collezionismo e storia ([email protected]). della provincia riminese, pesarese e della repubblica di San Marino, ha partecipato come ricercatrice a pro- Silvia Serini è componente dell’Associazione getti europei (ROMIT, ADRIAS, B.A.R.C.A), come Clionet e docente di scuola secondaria. Curatrice del- relatrice a convegni, come docente a lezioni e semi- la rubrica “Clio ed Eva” presso la rivista “Clionet”, è nari universitari e a varie edizioni della International cultrice della materia in Didattica della storia presso Summer School “Mediterraneo” dell’Università di l’ateneo di Urbino. Inoltre sì occupa di storia cultu- Bologna. Ha pubblicato articoli scientifici e mono- rale e di storia delle donne. Fra le sue pubblicazioni grafie, da ultime La valle degli idoli. Bronzi prero- Moravia e il cinema: una rilettura storica, la curatela mani da Casalecchio e dalla Valmarecchia. Fonti di Le Marche e la grande trasformazione 1954-1970 archeologiche d’archivio; Le vie della seta a Rimini. e di Giulio Fagnani, matematico, filosofo e poeta”. Artefici e luoghi produttivi (XVI-XX secolo); Diplo- Nel 2018 ha pubblicato il volume collettaneo Donne matici e personalità ebraiche a San Marino (XIX- senza storia. Profili di donne di provincia fra Otto e prima metà XX sec.) e ha curato volumi collettanei, Novecento ([email protected]).

215 Finito di stampare nel mese di Giugno 2019 per conto della casa editrice il lavoro editoriale