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GUIDA AL MNDO DEGLI

(VOL.2)

@Sterish Sharow

INTRODUZIONE

Per scrivere i due volumi di “Guida al mondo degli anime” ho visionato circa una 50ina di anime, rivisto quasi tutti gli episodi, non volevo scrivere un libro sugli anime simile a quelli in circolazione negli ultimi decenni. Questo libro è qualcosa di speciale e vissuto. Chi scrive ha visto nascere il fenomeno a partire dagli anni 70, è cresciuto con i personaggi degli anime. Questo progetto è nato più di 10 anni fa, per arrivare a qualcosa di più concreto con la stesura di questo libro a cominciare dal 2015, per poi essere diffuso gratuitamente sul web nel 2019, dopo quasi 4 anni. Nel primo volume: la storia degli anime e ; le origini degli anime; la storia di 15 anime tra i più famosi ed amati; come si crea un anime; i Fan Movie.

In questo secondo volume: la storia di 33 anime tra i più famosi e i meno conosciuti; la storia di alcuni generi di anime; i telefilm giapponesi; i giudizi obbiettivi su anime apprezzati e su quelli che mi hanno più deluso rivedendoli dopo anni. La maggior parte degli anime presenti nei due volumi hanno lasciato il segno in ognuno di noi e al contrario di quanto scrissero sui giornali circa 40 anni fa, sono costruttivi, ognuno di essi ha qualcosa da insegnare. Nel 1978 l’Italia non era ancora pronta agli anime (cartoni animati giapponesi) e manga (fumetti giapponesi), oggi, al contrario, fanno parte ormai della vita di tutti i giorni, come il sushi ed altri cibi etnici, per un mondo sempre più etnico e globalizzato.

Sterish Sharow

3 IL PRIMO ANIME IN ITALIA E’ QUELLO DEI BARBAPAPA’

L’anime dei “Barbapapà” è del 1974, trasmesso in Italia il 13 gennaio 1976 da Rai 2. C’erano voci che volevano questa serie non un vero anime giapponese, perché è frutto di una coproduzione tra la Tv olandese Polyscope, la K & S, e lo studio giapponese Top Craft. In più i creatori dei Barbapapà sono la francese Annette Tison e suo marito americano Talus Taylor, autori e disegnatori del fumetto pubblicato in Francia nel 1970 e in Italia nel 1976, dalla Arnoldo Mondadori Editore. Tison e Taylor si rivolsero ai giapponesi, - tra i migliori nelle produzioni di cartoni animati- per ottenere una serie animata, nata in Giappone, disegnata dai giapponesi, fedeli ai personaggi originali. La regia è di Atsushi Takagi, Katsuhisa Yamada, Kouichi Sasaki, soggetto di Masaki Tsuji, Dir. artistica Tadami Shimokawa, quindi … più giapponese di così?

È una bellissima serie, ecologica, con messaggi di rispetto naturalistico ed umanitario. Me li ricordo perfettamente i Barbapapà, ero un bambino a metà degli anni 70, amatissimi dal pubblico, ricordo come fosse ieri i libri illustrati a colori. Sono in un certo senso i “genitori” dei Puffi, arrivati negli anni 80, e dei più recenti Teletubbies. Il nome “Barbapapà” proviene dall’espressione francese “Barbe à papa”, che significa “barba di papà” che sarebbe lo zucchero filato. La mitica frase “resta di stucco … è un barba trucco” è entrata prepotentemente nella lingua italiana, come vero tormentone. I Barbapapà sono degli esseri di gomma coloratissimi che possono assumere diverse forme: Barabapapà è rosa, Barbamamma è nera, con dei fiori rossi in testa, i loro sette figli sono: Barbabella (viola), Barbaforte (rosso), Barbalalla (verde), Barbabarba (nero), Barbottina (arancione), Barbazoo (giallo) e Barbabravo (blu). Generosi, con un grande cuore, costruiscono una casa che ospita tutti gli animali bisognosi. Ad un certo punto della serie lasceranno la terra inquinata per trasferirsi altrove, su un’ astronave, da li osserveranno la terra, in attesa di qualche positivo cambiamento. Rientreranno nel nostro pianeta con tutti gli animali –ricorda un po’ l’Arca di Noè- quando l’uomo imparerà finalmente a rispettare la natura, questo avviene alla fine della serie. Purtroppo si tratta di finzione, nella vita reale l’inquinamento è aumentato sulla terra, le cose non son migliorate come si sperava 40 anni fa, all’epoca dei Barbapapà.

All’inizio della serie Barbapapà è guardato con sospetto dagli uomini, il padre dei due ragazzini [Carlotta e Francesco] spedisce il povero Barbapapà allo zoo, che, grazie alle sue trasformazioni, riesce a scappare in cerca di altri Barbapapà. Incontrerà Barbamamma, con la quale metterà al mondo sette figli, e riuscirà ad ottenere la fiducia dagli uomini. Carlotta e Francesco saranno sempre grandi amici della famiglia dei Barbapapà. La serie è composta di 45 episodi, l’ultimo si intitola “Ritorno sulla terra”. Segue una seconda serie di 55 episodi. Nel 1999 è stata realizzata una nuova serie dai giapponesi, dal titolo “Barbapapà in giro per il mondo” di 50 episodi.

In origine gli unici doppiatori della prima serie erano Claudio Lippi e Orietta Berti, che diedero la voce a tutti i personaggi maschili e femminili. Qui riportiamo i nomi dei doppiatori per il nuovo doppiaggio del 2006:

4 Luca Semeraro (Barbapapà), Maddalena Vadacca (Barbamamma), Tosawi Piovani (Carlotta), Irene Scalzo (Francesco).

Talus Taylor, co- creatore dei Barbapapà, è morto il 19 febbraio 2015.

VICKY E’ IL SECONDO ANIME IN ITALIA

Quando vidi “Vicky il vichingo” a metà degli anni 70 –ed ero ancora un bambino- pensavo fosse un cartone animato francese, o tedesco, lo associavo spesso ad “Asterix”, solo nel decennio scorso ho scoperto che è un anime giapponese, per giunta il secondo trasmesso in Italia, dopo “Barbapapà”, prima ancora di “Heidi”, nel lontano 1976. È ispirato ad una serie di libri dello scrittore svedese Runer Jonsson, pubblicati negli anni 60 per i più piccoli. Ecco, questo è uno dei rari casi in cui possiamo affermare tranquillamente che l’anime di cui stiamo parlando è per un pubblico di bambini –al contrario di “Atlas Ufo Robot”, “Lady Oscar”, “Lupin III” o “Capitan Harlock”-. La regia è di Hiroshi Saito, il character design è affidato a Shuichi Seki, ed è stato trasmesso in Giappone nel 1974.

Che dire di questo anime? Molto divertente. Cosa viene in mente pensando al personaggio? Si pensa subito ad un bambino vivace, intelligente, timido, che appena gli viene in mente un’idea geniale che salva gli adulti si strofina il naso con il dito. Vive tra gli adulti, vichinghi robusti, forti, rozzi, che vivono quasi tutti i mesi dell’anno sulla nave. Il loro capo è il papà di Vicky, si chiama Halvar, ed è geloso dell’intelligenza del figlio, non vuole fare brutta figura davanti alla ciurma, e quindi farsi superare dal figlio in fatto di intelligenza. La mamma Ylva invece sa apprezzare la qualità di Vicky, e lo difende. Alla fine il piccolo Vicky è la mente, la ciurma e il loro capo sono il braccio.

Nel primo episodio “Il piccolo uomo”, Vicky viene sfidato dal padre Halvar. Vince chi riesce a spostare per primo per 100 metri un mucchio di massi, vinceranno i muscoli di Halvar o il cervello di Vicky? La mamma è già convinta che vincerà Vicky. Infatti l’astuzia del bambino batterà la forza del padre. Tutti sono entusiasti di Vicky, compreso chi tifava per Halvar. Anche questo è un insegnamento. Come premio l’elmetto di vichingo, non solo, si imbarcherà con il padre, nonostante le preoccupazioni della madre. La piccolina Ilvi fa sempre il tifo per Vicky.

In Italia nel 1976 sono stati trasmessi 75 episodi dalla RAI, in realtà 78 sono gli episodi, trasmessi successivamente. All’inizio la voce di Vicky era di Rosalinda Galli, che preferisco, nonostante sia una donna, poiché rendeva Vicky più buffo, sostituita poi da Christian Fassetta, presente fino all’ultimo episodio –mi riferisco al 75° e non al 78°- , dal titolo “La cena a casa di Tjure”. Una cena che non ci sarà mai, poiché la moglie è una pazza furiosa che si rifiuta di cucinare. Maltratta il marito Tjure, lo picchia, sbattendolo fuori dalla porta di casa. Tjure voleva solo cenare a casa sua con i suoi amici: Halvar con il piccolo Vicky, il piccoletto di statura Snorre, il cantore Ulme, il

5 grassone gigante buono Faxe e il vecchio saggio Urobe. Il buon Tjure è disperato, piange, Halvar gli fa preparare una modesta cena da Ylva, l’uomo mangia in lacrime. Urge un’idea, questa volta viene a Snorre, che vedendo la marionetta di Vicky suggerisce di costruire un mostro per spaventare la donna, la quale abbocca come un pesce. Abbraccia così il marito Tjure e gli chiede perdono. La coppia va finalmente d’amore e d’accordo, ma dura poco, visto che nel finale la donna insegue minacciosa il povero marito.

Nel 2013 è stata trasmessa una nuova serie australiana di Vicky, composta anche questa volta di 78 episodi, in 3D –come è successo per “L’Ape Maia” e “Heidi”- i personaggi sono simili all’anime giapponese. Personalmente non amo molto i remake, ancor meno in 3D. Nel 2009 è uscito nelle sale tedesche un Live action di Vicky, si tratta di un film con attori in carne ed ossa. Rimpiango l’anime del 1974, che piaceva anche agli adulti.

I doppiatori originali: Rosalinda Galli e Christian Fassetta (Vicky), Guido Celano e Aldo Barberito (Halvar), Alina Moradei (Ylva), Laura Boccanera e Francesca Guadagno (Ylvi), Sergio Graziani (Tjure), Pino Locchi (Snorre), Dario Penne (Faxe), Gino Pagnani (Ulme), Stefano Sibaldi (Urobe).

Il titolo in giapponese è “Chiisana Viking Vicke” in tedesco “Wickie und die starken Manner”. L’arma del successo fu l’ironia e la semplicità dell’anime. Ci incuriosiva molto quel bambino timido e allo stesso tempo vivace che trovava improvvisamente idee per tirare fuori dai pasticci tutti i vichinghi, compreso suo padre Alvar –omone dal cuore tenero- semplicemente strofinando il naso e schioccando le dita –simile un po’ a Samantha del telefilm “Vita da strega”- . Il villaggio dove vive il piccolo è in Normandia ma assieme ai vichinghi viaggia su una nave enorme solcando i mari. L’anime non è violento.

RYU, IL RAGAZZO DELLE CAVERNE E LE SUE CONTRADDIZIONI

Chi scrive non vedeva questo anime da anni, dal lontano 1979. È stato bello rivederlo, come allora, ci è rimasto impresso. Scopriamo che è tratto dal manga del 1969, di , l’anime è stato realizzato nel 1971, regia di Takeshi Tamiya e Masayuki Akehi. Titolo “Ryu, il ragazzo delle caverne”. Nell’anime non sono state inserite scene fantascientifiche, fortunatamente presenti solo nel manga, sarebbe stato poco credibile. Già nell’anime sono presenti delle incongruenze, come i dinosauri che coesistono con i mammiferi, gli ominidi e gli Homo sapiens nella stessa epoca, ecc., figurarsi inserire anche la fantascienza nel “minestrone”. Va bene così, con tanto di contraddizioni, compreso Ryu che parla la lingua degli uomini nonostante sia stato allevato da un Homo Erectus o

6 qualcosa di simile. In poche parole, nell’anime i dinosauri vivono con animali dei tempi nostri, che poi i dinosauri storicamente non vissero nello stesso periodo degli uomini. Gli uomini con i grandi scimmioni della preistoria … lascia perplessi! Anche qui ritroviamo la tesi infondata che vuole le grandi scimmie nostri antenati. Discorso a parte, Ryu emoziona. È emozionante vedere la madre scimmia Kitty che alleva Ryu come un figlio, e che sacrifica la vita per lui. Rivedendo Ryu ci si accorge quanto si fosse ispirato per certi personaggi da lui creati qualche anno dopo. Koji Kabuto è simile a Ryu, Jun del Grande Mazinga è molto simile alla ragazza di colore Ran, amica di Ryu. Ryu è completamente diverso dalla gente del suo popolo, lui ha la pelle bianca, e per loro, seguendo le tradizioni pagane, un bimbo dalla pelle chiara è portatore di sventura. La madre è costretta ad abbandonarlo, contro il suo volere, obbligata dal capo tribù. Ryu viene così allevato ancora in fasce dalla scimmia Kitty, che ha perso il suo cucciolo, e rivede in Ryu il suo piccolo. Il grande nemico è il tirannosauro con un occhio solo, che uccide Kitty e il resto della tribù, Ryu grida vendetta. Dopodiché decide di cercare sua madre, in compagnia di Ran, che a sua volta cerca il fratello. Altra cosa curiosa nel primo episodio è quando fanno vedere Ryu appena nato, e subito dopo appare la scritta “circa 10 anni dopo” con Ryu quasi ventenne. Inoltre Ryu ricorda un po’ anche Tarzan nella giungla. In tutti gli episodi c’è la lotta per la sopravvivenza, per Ryu e Ran non sarà affatto facile, tra gente ostile che continua a perseguitare Ryu per via della pelle bianca, e il tirannosauro Tirano, che continuerà a distruggere qualsiasi cosa, dando spesso filo da torcere a Ryu. Il ragazzo alla fine della serie ucciderà Tirano, ormai rimasto cieco, in questo modo vendicherà la morte di Kitty. Troverà la madre che resterà con Ryu, Ran e altri compagni di viaggio conosciuti durante la serie come Don, il fratellino di Ran e il cucciolo di dinosauro Prendidon.

I doppiatori: Massimo Rossi (Ryu), Emanuela Rossi (Ran), Fabio Boccanera (Dom), Renzo Stacchi (Taka), Andrea Lala (Tanga), Romano Malaspina (Miros).

LA SAGGIA PELINE

Quando penso agli anime classici e alla mia infanzia non posso non pensare a Peline. È un personaggio che mi è rimasto impresso nella mente, ricordo che seguivo tutti gli episodi in Tv e che Peline aveva un cane che le faceva compagnia. Ricordo che viaggiava con un asinello che trainava un carro, non posso dimenticare la drammaticità della storia. Peline aveva un nonno che ricorda un pò il nonno di Heidi. Non ricordavo altro purtroppo. “Peline Story” è stata trasmessa poche volte in Tv, sono passati troppi anni, non vedevo l’anime dal 1980 e rivedendolo mi sono tornate in mente certe scene che avevo rimosso. Mi sono tornati in mente personaggi antipatici come Tarel, con la voce di Gastone Pescucci che doppiò anche Gargamella nei “Puffi”, difficile da dimenticare e molti altri. Peline ha avuto diverse doppiatrice, non ricordavo fossero addirittura … quattro! La prima mi è rimasta impressa, è presente dall’episodio 1 fino al 9, la voce è di Rita Baldini che si alternava con la sorella Antonella, infatti nel primo episodio si sentono due voci diverse. Dall’episodio 10 al 40 c’è la voce di Roberta Paladini, dal 41 al 53 a doppiare c’è Laura Lenghi, la stessa dell’odiosa Iriza in “”.

7 L’anime di 53 episodi è disegnato da Junichi Seki, la regia è di Hiroshi Saito, questo dall’episodio 2 al 29, dal 30 al 53 è di Shigeo Koshi. L’anime è del 1978, trasmesso in Italia nel 1980, ed ispirato al romanzo “In famiglia” di Hector Malot, al quale è rimasto piuttosto fedele, con qualche differenza.

La storia inizia con Peline e sua madre che decidono di lasciare la Bosnia per raggiungere la Francia, seguendo la richiesta di suo padre, morto solo 5 giorni prima, la sua preoccupazione era di lasciare la moglie e la figlia sole. Avrebbero dovuto raggiungere il nonno con le proprie forze. La madre di Peline all’inizio non vuole partire, non in quel momento a pochi giorni dalla morte del marito, ma Peline insiste, così decidono di non perdere tempo, di prendere il loro carro, trainato dall’asino Palikare, il cane Barone –assente nel romanzo-, e partire per la Francia, direzione Maroucourt. Il viaggio che le aspetta è lungo e pieno di imprevisti. La madre di Peline è anglo-indiana, il padre era francese, così Peline ha imparato a parlare diverse lingue, compreso l’inglese. Peline però non sa che il nonno era contrario al matrimonio dei genitori e che tuttora è ostile alla donna. Peline sembra più coraggiosa della madre, anche di fronte alla morte del padre e al lungo viaggio che l’aspetta. È una ragazza giudiziosa. Il padre faceva il fotografo ambulante e Peline pensa di sfruttare la sua macchina fotografica per guadagnarsi da vivere scattando foto. Siamo alla fine del 1800. Non capisco perché hanno usato per le prime puntate due voci per Peline, la differenza fra loro è notevole e ridicolizza un pò l’anime. Nella maggior parte dei dialoghi Peline parla con la voce di Rita Baldini, la stessa di Mary del telefilm “La casa nella prateria” e qui ci sta bene, poi in certi punti all’improvviso parla con la voce di una bambina più piccola, la sorella Antonella. Durante il viaggio la madre di Peline si allena a scattare foto, Peline cerca di attirare le persone e convincerle di farsi fotografare, ma nessuno sembra interessato. A quei tempi la fotografia era poco conosciuta ed era abitudine farsi fotografare solo in occasioni speciali, come le feste. A Peline viene un’idea, convince la madre ad indossare il sari indiano, in questo modo le persone avrebbero accettato più volentieri di farsi fotografare. E così accade, un vero successo. Dopo cinque mesi di viaggio Peline e la madre raggiungono finalmente Parigi, ma la salute della madre peggiora sempre più, debilitata dal viaggio. Nonostante Peline avesse venduto le cose più importanti per compare le medicine, come: il carro, l’asino Palikare, i pochi gioielli che possedevano e la macchina fotografica, la madre muore nel 21° episodio dal titolo “Le ultime parole”. Poco prima di morire la donna svela a Peline che il nonno e il padre non si scrivevano lettere da ben 15 anni, non avevano più alcun rapporto fra loro, e che il nonno era ostile a lei e alla figlia, perché contrario al matrimonio. In punta di morte la madre dice a Peline: “Per essere amata dovrai prima amare gli altri. Tu sarai felice nella tua vita e tutti ti vorranno bene. Tutti. Tu sarai felice Peline”. E muore. Non ricordavo che la madre sarebbe morta. Così Peline rimane sola con il cane Barone, orfana anche della madre, a soli 13 anni. Parte in treno verso Maroucourt. Commovente quando Peline rincontra con l’aiuto del cane Barone, l’asinello che ha venduto, in quel momento Peline è debole di salute e viene portata subito in ospedale. Nel 27° episodio “Il volto gelido” Peline, che usa un altro nome, - da qui fingerà di chiamarsi Aulerie-, vede da vicino il nonno, che non si accorge di lei, e viene a sapere da Rosalie che è cieco.

8 Peline si fa assumere con il nome di Aulerie nella fabbrica del nonno come operaia carrellista. Successivamente diventa sua interprete e traduttrice sostituendo l’interprete gravemente malato. Il nonno ignaro sulla vera identità della ragazza, prende Aulerie (Peline) in simpatia, così la promuove come sua segretaria personale, invitandola a vivere nella sua villa, continuando a svolgere così il suo lavoro. Il nonno continua a fare ricerche per ritrovare il figlio, ignorando che fosse morte. Peline dovrà tradurre tutte le lettere dall’inglese al francese, tenendo dentro il suo dolore e nascondendo la sua identità, sopportando le confidenze amare del nonno e le parole dure nei confronti di sua madre. Crede tutta la famiglia in India, con il figlio “prigioniero” della moglie, la quale gli impedirebbe di rivedere il padre, nonno di Peline. Naturalmente le cose non sono andate realmente così. Alla fine il nonno viene a sapere che suo figlio è morto in Bosnia, mentre tentava con la moglie e la figlia di raggiungere la Francia. Il vecchio cade nello sconforto, la presenza di Aulerie (Peline) lo aiuta molto e questo lo confida alla vecchia balia del figlio, che a sua volta gli confida la straordinaria somiglianza di Aulerie con il figlio. Queste parole sono decisive, scatta nel vecchio il forte desiderio di avere più informazioni su Aulerie, spinto dal sospetto: “E se fosse mia nipote?”.

Contatta l’avvocato in segreto, il quale comincia a svolgere alcune ricerche, ricordandosi che Aulerie è stata a Parigi. Da li riesce a risalire all’asino Palikare e alla sua nuova padrona, con le prove sufficienti si incontra con il vecchio, il quale non fa uscire dalla stanza Aulerie e suo nipote Theodore, interessato solo all’eredità. Come “smascherare” Peline? Chiedendole dell’asino Palikare e della sua nuova padrona, Peline ignara della domanda a trabocchetto risponde emozionata al solo sentire il nome di Palikare, da lì l’avvocato capisce subito che si tratta di Peline. Tutto questo avviene nel 49° episodio “Lacrime di felicità”. L’avvocato: “A Parigi ho visto Palikare e devo dire che era molto in forma”, Peline “Ah davvero? Palikare!”, “ Si, e quella donna dall’aspetto un po’ mascolino che si chiama, che si chiama… vediamo un pò” , “La Signora Laleckly”, risponde Peline, e l’avvocato “Esatto Laleckly, quella Signora mi ha pregato di ricordarla a te… Signorina Peline!”.

Il nonno si alza dalla sedia in lacrime, era come sospettava, Aulerie è sua nipote Peline. La chiama, la ragazza le corre tra le braccia, entrambi piangono di felicità. È la fine di tante sofferenze per Peline. Il nonno di Peline, Vulfran Paindavoine, verrà beneficiato dalla presenza di Peline, e non solo lui. La ragazza convincerà il nonno nel far costruire un asilo nido e nuovi alloggi che sostituiranno i cameroni malsani dove erano costrette a vivere diverse persone. Il nonno comincerà ad interessarsi delle condizioni di vita dei suoi operai. Riacquisterà la vista, dopo l’intervento agli occhi, in questo modo vedrà finalmente il volto di Peline, simile al figlio scomparso. Tutti vogliono bene a Peline, persino gli odiosi Tarel e Theodore cominceranno a volerle bene. Ciò che disse sua madre si è ormai realizzato, Peline è finalmente felice, al suo fianco, oltre al nonno, i suoi vecchi amici di sempre e compagni d’avventura, come il cane Barone e l’asinello Palikare, rivenduto dalla Signora Laleckly e comprato dal nonno per Peline.

Nel finale il narratore dice le seguenti parole: “Anche se la strada è stata lunga e faticosa, Peline ha finalmente trovato la felicità, questa lunga storia è finita, io mi auguro che tutti voi diventiate come Peline, non pensiate solo a voi stessi, ma pensiate soprattutto a voler bene al prossimo”.

9 Questo anime è di insegnamento, ed istruttivo come pochi altri. Ora capisco perché piaceva tanto anche a mia madre e a mia nonna.

Una curiosità: il nome corretto di Peline è Perrine, tradotto in italiano Pierina, nel romanzo di Hector Malot.

I doppiatori: Rita Baldini, Antonella Baldini, Roberta Paladini e Laura Lenghi (Peline), Francesca De Stradis (la mamma di Peline), Laura Lenghi (Rosalie), Gastone Pescucci (Tarel).

Come è accaduto per Peline, che ha avuto ben quattro doppiatrici, anche il nonno e il padre di Peline hanno avuto quattro doppiatori:

Elio Pandolfi, Gino Pagnani, Ettore Conti e Renato Cortesi (il nonno di Peline), Dario Penne, Erasmo Lo Presto, Giorgio Piazza e Franco Latini (il padre di Peline).

DAL FUTURO (PER NOI PASSATO) ARRIVA CONAN!

Il primo episodio di “Conan” è “L’isola perduta” ed inizia con un’introduzione in giapponese. Lo scenario è sempre quello della maggior parte degli anime di fantascienza degli anni 70: catastrofi, guerre, scene apocalittiche, città futuristiche, il pianeta terra che va verso l’autodistruzione ecc. Sinceramente tutto questo mi ha un pò stancato. Non mi sembra avessero molta fantasia i giapponesi all’epoca. Siamo nel 2028 all’indomani di una guerra globale catastrofica. L’introduzione in italiano dovrebbe essere così:

“Nel mese di luglio dell'anno 2008, la razza umana sfiorò la completa estinzione. In pochi istanti, le armi elettromagnetiche cancellarono più di metà degli esseri umani dalla faccia del pianeta. Il cataclisma causò uno spostamento traumatico dell'asse terrestre, e i continenti finirono quasi interamente sommersi dalle acque.” Nel 2008 ci sarebbe stata la terza guerra mondiale, secondo l’anime. Solo pochi sopravvissuti riuscirono a salvarsi dalle ondate di marea. L’unica città- stato basata sulla tecnologia è Indastria. Tuttavia guardando l’anime, in particolare il primo episodio, sembra tutt’altro: ambientato su un isola “Isola Perduta”, abitata da un vecchietto che ricorda Geppetto, il nonno di Pinocchio, e un buffo ragazzino di 12 anni, sveglio, coraggioso e simpatico. Riesce persino ad uccidere uno squalo per portarlo al nonno. Si chiama Conan è figlio di due astronauti, e il nonno è l’ultimo degli astronauti sopravvissuti. Conan non ha mai visto nessuno in tutta la sua vita, tranne il nonno. Trova sull’isola una ragazza svenuta, la trova guidato da un gabbiano, attorno alla ragazza stormi di gabbiani. Poi scoprirà che si chiama Lana e che capisce il linguaggio degli uccelli. La ragazza era inseguita da un aereo ed è naufragata sull’isola, viene curata dal nonno di Conan. I due ragazzi fanno subito amicizia, ma il bello dura poco, sull’isola arriva un aereo da Indastria, i soldati cercano Lana. Il nonno ha una conversazione piuttosto accesa con i soldati, li caccia via minacciandoli, perde la vita, non subito però. A nulla è servito, i soldati prendono Lana, Conan li insegue gettandosi sull’aereo, per poi scivolare, perdere l’equilibrio e finire in mare. Perde così le tracce di Lana, ma non demorde.

10 Lana appartiene alla pacifica isola di High Harbor, Indastria invece è una città futuristica, con persone non certo dall’animo buono. Rapiscono Lana perché è nipote dello scienziato dottor Rao, tramite le sue scoperte costruirono le bombe elettromagnetiche che distrussero il mondo, vogliono sfruttare le sue conoscenze, compreso il segreto dell’energia solare, che conosce solo lo scienziato, in questo modo vorrebbero soggiogare il mondo.

Il finale è positivo: Indastria sprofonda sotto le acque, la gente è libera da ogni schiavitù, gli abitanti vanno a vivere nella pacifica High Harbor. Purtroppo il dottor Rao muore durante il viaggio. Conan e Lana assieme agli abitanti di Indastria e High Harbor vanno a colonizzare l’Isola Perduta, sulla quale viveva Conan con il nonno, forse inizia una nuova era di pace. L’Anime è di , trasmesso in Giappone nel 1978 e in Italia nel 1981, con il titolo “Conan”, in seguito è stato modificato in “Conan, il ragazzo del futuro”. È ispirato al romanzo di fantascienza “The Incredible Tide” di Alexander Key. Purtroppo nel 2007 hanno ridoppiato l’Anime, con altre voci.

Curiosità: tutti i paesi hanno intitolato la serie con il titolo “Conan, il ragazzo del futuro”, tranne l’Arabia Saudita, che l’ha intitolata “Adnan e Lina”, probabilmente la loro intenzione era di dare rilievo ai due protagonisti, Conan e Lana, che, chissà per quale misterioso motivo, si chiamano Adnan e Lina, forse per facilitare i bambini arabi a pronunciare e a memorizzare più facilmente i nomi?

Esiste un altro Conan, il noto Detective Conan, serie nata successivamente a questa.

Doppiatori primo doppiaggio: Marco Guadagno (Conan), Monica Caudieri (Lana), Enrico Luzi (nonno di Conan).

DAL FAR WEST ARRIVA SAM!

Altro anime che rivedo molto volentieri e che non vedevo da anni è “Sam il ragazzo del west”. Sam è un ragazzo di 13 anni cresciuto da tre banditi, ignora il fatto di vivere da anni con tre persone senza scrupoli, senza cuore. Diventa un pistolero piuttosto abile, ma fino ad ora si è allenato a sparare a bersagli non umani, come le lattine. La sua preparazione stupisce i tre banditi che pretendono sempre di più da Sam, e ad ogni minimo sbaglio lo mandano a letto senza cena. Deve ormai imparare a sparare agli uomini, secondo loro un vero uomo è un assassino, da lontano Sam vede arrivare una persona, non è in grado di sparargli e si rifiuta, ignorando di aver risparmiato la vita a suo padre.

I tre banditi cominciano a picchiarlo per punirlo. Non contenti gli ordinano di uccidere il piccolo cucciolo di cane al quale si è affezionato, e si rifiuta nuovamente. Sotto insistenza prende la pistola e finge di sbagliare mira, a quel punto interviene la madre del cagnolino, che muore sotto i colpi di uno dei banditi. Sam è senza parole, prende la pistola mirando il responsabile, il ragazzo in lacrime e con un’enorme rabbia nel cuore gli da del vigliacco. È una lezione di vita: mai uccidere un innocente.

11 Purtroppo guardando il secondo episodio, verrà picchiato di nuovo, accettando così quasi in silenzio la sua condizione.

Volevo guardare gli altri episodi su YouTube ma li hanno rimossi per i diritti di copyright, un vero peccato, fortunatamente ho visto in tempo il primo episodio. Senza rassegnarmi continuo la ricerca su internet e li ritrovo su Dailymotion.

Nel secondo episodio “Il primo duello” i tre banditi costringono Sam ad avere un duello con un uomo, che viene ucciso, da quel momento il ragazzo apre gli occhi e capisce la cattiveria dei tre banditi e sapendo di essere il colpevole urla contro i tre il suo odio e fugge via col cavallo. Getta via la pistola, promettendo a se stesso di non usarla più in vita sua. Ma nel minaccioso west pieno di insidie è praticamente impossibile non avere una pistola e questo Sam lo imparerà a sue spese, così la userà solo per difendersi. Il ragazzo fugge alla ricerca di suo padre, che riabbraccia nell’ultimo episodio “Finalmente riuniti”. Il vero nome di Sam è Isamu, suo padre è giapponese e sua madre una pellerossa. L’Anime è tratto dal Manga del 1971 di Sohji Yamakawa e Noboru Kawasaki. È stato trasmesso in Giappone nel 1973 e in Italia circa 10 anni dopo, nel 1982.

Nello staff per l’anime alcune future stelle come , character design, lavorerà su “Lady Oscar” e “I cavalieri dello zodiaco”, e Hayaho Miyazaki, suoi sono “Il castello errante di Howl” e “Principessa Mononoke”. In “Sam il ragazzo del west” cura l’animazione.

Doppiaggio: Oreste Baldini (Sam), Laura Boccanera (Barbara), Roberto Del Giudice (Alan), Giorgio Locuratolo (Smith), Diego Reggente (Big Stone), Massimo Rossi (Dan).

HUCK E JIM

Altro anime che non vedevo più dal 1980 è “Le avventure di Huckleberry finn”, ed era trasmesso dalla RAI. Il protagonista è Huckleberry finn, un ragazzino americano, che ricorda per certi versi un pò Pippi calze lunghe. Di questa serie ricordo lui, noto anche come Huck e il suo amico di colore Jim. Siamo negli Stati Uniti d’America, una nazione all’epoca ancora nascente, quando la schiavitù non era abolita. Huck è noto nel villaggio come vagabondo, scansafatiche, figlio di un’ubriacone, il quale manca da casa da un anno e mezzo, insomma, un ragazzino da evitare e da tenere alla larga dai propri figli, naturalmente i ragazzini e bambini stravedono per lui e non seguono l’ordine dei genitori. Per ogni furto viene ingiustamente incolpato. In realtà è un ragazzino generoso ed onesto, pronto a smascherare i veri ladri. Riesce a farli catturare, così la vedova Douglas propone alla comunità di adottarlo, il ragazzo all’inizio rifiuta questa proposta, poi accetta.

Huck ha 13 o 14 anni ed è orfano di madre, Jim è uno schiavo fuggitivo che vuole diventare un uomo libero, sono inseparabili.

12 Il padre di Huck decide di tornare, attratto dai soldi del ragazzo e lo rapisce. Huck architetta un piano, si finge morto e fugge via. Inizia così il viaggio di Huck con Jim sul fiume Mississippi.

L’anime è di Hiroyoshi Mitsunobu, trasmesso in Giappone nel 1976, ed è ispirato al romanzo omonimo di Mark Twain pubblicato nel 1884. Nel 1999 è strato trasmesso da Mediaset, purtroppo con un nuovo doppiaggio e un nuovo titolo “Un fiume di avventure con Huck”.

Il doppiaggio originale: Rori Manfredi (Huck finn), Giorgio Locuratolo (Jim), Fabrizio Mazzotta (Buck), Francesca Guadagno (Ketty), Franco Latini (padre di Huck).

ANNA DAI CAPELLI ROSSI E’ UN FIUME IN PIENA

Altro anime interessante è “Anna dai capelli rossi”, sono rimasto stupito nel rivederlo, per la sua storia, che non ricordavo così intensa. Anna Shirley è un orfanella scozzese, figlia di due insegnanti di liceo, magrolina, con due occhioni blu, un viso sveglio e pieno di lentiggini, incorniciato dai suoi capelli rossi, che lei non sopporta. È molto socievole, quando parla è un fiume in piena, conquistando in questo modo chiunque. È una grande sognatrice, sogna ad occhi aperti, ed ha fantasia da vendere. Per esternare il suo apprezzamento per un panorama, per la natura ecc. inventa nomi romantici ai luoghi, come “Bianco viale delle delizie” che sarebbe il viale dei meli in fiore e “Lago delle acque splendenti” un comunissimo stagno, sicuramente molto bello, ma pur sempre uno stagno.

L’Albero di prugne lo definisce così: “sembrano danzatori vestiti di bianco che piroettano sulle punte in allegria”, sicuramente è una ragazzina fuori dal comune e questo fa sorridere.

Tutto ciò conquista il buon vecchio e baffuto Matthew Cuthbert che la va a prendere alla stazione di Bright River per portarla con se alla sua fattoria chiamata “Tetto verde”. Lui e sua sorella Marilla, entrambi avanti con l’età e mai sposati, hanno fatto richiesta all’orfanotrofio di adottare un ragazzino di 10, 11 anni, e chi si ritrova Matthew alla stazione? Una ragazzina chiacchierona, totalmente diversa da lui. Il suo desiderio era di adottare un ragazzino per i lavori nei campi, dato che il signor Matthew ha ormai 60 anni e problemi al cuore, cosa fare? E cosa dirà sua sorella Marilla quando lo vedrà tornare con una ragazzina al posto di un maschio? Matthew non osa dire niente ad Anna, non ha il coraggio, non vuole rovinare quei bellissimi momenti temendo di deluderla. Ma Anna saprà la verità una volta arrivata al “Tetto verde” e la verrà a sapere senza alcuna preparazione da parte di Matthew, in modo assai brusco. I due entreranno in casa e la signora Marilla che rimarrà stupita chiederà del ragazzino e perché quella ragazzina è lì al suo posto. Anna è profondamente delusa, tutto quello che aveva sognato ad occhi aperti fino a pochi minuti prima si è dissolto nell’aria. Il suo sogno di sempre era quello di avere anche lei una madre e un padre, scoppia a piangere interrottamente. Marilla cerca di calmarla, ma a nulla serve, il carattere un pò freddo, autoritario ed austero della donna non sono affatto d’aiuto, in più decide di riportare indietro il giorno dopo la ragazzina. Anna si sente come un pacco postale, Matthew che ha un carattere mansueto e taciturno, nascosto dietro ai suoi baffoni chiede alla sorella di tenere Anna e che

13 avrebbe risolto la questione assumendo un ragazzino per i lavoro nei campi, ma Marilla è irremovibile. Il giorno dopo Marilla e Anna sono già in viaggio. Durante questo viaggio Marilla chiede alla ragazzina di farsi raccontare la sua triste storia, che Anna accetta di raccontare dopo una certa titubanza. Sotto quella scorza dura c’è un cuore anche per Marilla, che rimane colpita dalla storia di Anna. Quanta solitudine e tristezza ha vissuto la piccola. Arrivano a casa della Signora Spencer per cercare assieme una soluzione giusta e migliore per Anna, prima di decidere di riportarla all’orfanotrofio. Da quell’incontro Marilla capisce come è nato quel disguido. La Signora Spencer le dice che la Signora Blauwet ha bisogno di qualcuna che possa svolgere i lavori in casa, in quel momento arriva l’arcigna Signora Blauwet, il suo comportamento fa riflettere Marilla, che decide nel 5° episodio “Marilla prende una decisione” di riportare indietro con se Anna, alla casa dal Tetto verde, il giorno dopo avrebbe deciso assieme al fratello se riportare Anna all’orfanotrofio, o tenerla con loro, ma non hanno alcuna intenzione di lasciarla alla Signora Blauwet. Nel 6° episodio “Anna dai Tetti Verdi” Marilla comunica ad Anna che rimarrà con loro, ma ad una condizione, sarà Marilla stessa ad occuparsi dell’educazione di Anna. All’inizio non è facile, Anna è una grande sognatrice romantica, piena di fantasia, quella fantasia che l’ha aiutata ad andare avanti nei momenti più difficili, parla con la natura. Marilla è tutto l’opposto, crede che la fantasia non serva a nulla, lei non ha mai sognato ad occhi aperti e guarda sempre al lato pratico delle cose. Anna ha bisogno di educazione, ma soprattutto d’affetto, ed ha un grandissimo bisogno di avere un’ amica con la quale condividere tutto, Diana Barry diventerà la sua migliore amica.

In autunno Anna comincia ad andare a scuola, è semianalfabeta e viene ammessa in quarta elementare all’età di 11 anni, qui conoscerà Gilbert Blythe, l’amico- nemico, rivale che segretamente la amerà senza esternarlo, anzi, per farsi notare il ragazzo comincia a prendere in giro Anna per via dei suoi capelli rossi, soprannominandola “Pel di Carota”. Pessima idea, ma si sa, chi disprezza vuol comprare. Questo prenderla in giro farà stare Anna alla larga da lui il più possibile, ed inizierà una specie di sfida da parte di Anna: superarlo nei voti scolastici. Questo l’aiuta a spronarla e a dare il meglio di se negli studi. Per quasi cinque anni Anna non rivolgerà più la parola a Gilbert, il ragazzo più ammirato della scuola. Un anno è passato dal momento in cui Anna è stata adottata da Marilla e Matthew, il quale ha l’idea il giorno del primo anniversario di portare Anna negli stessi luoghi che hanno attraversato in calesse un anno prima: “il bianco viale delle delizie” e “il lago delle acque splendenti”. Successivamente Anna rischierà di annegare con la sua barchetta proprio nel “lago delle acque splendenti”, verrà salvata da… Gilbert, che le chiederà di nuovo scusa per il suo comportamento, Anna sembra che non riserbi più rancore nei suoi confronti, tuttavia non vuole ammetterlo e l’orgoglio prende il sopravvento. Rifiuta le scuse, Gilbert si offende e se ne va. Anna se ne pente ma è ormai troppo tardi. L’insegnante Muriel Stacy influenzerà positivamente negli studi il futuro di Anna, la quale si impegnerà al massimo dando tutto se stessa.

Cresce, diventa una signorina di 15 anni e il suo carattere cambia, da bambina esuberante e chiaccherona, diventa una ragazza molto studiosa e un po’ pensosa. Questo Marilla lo nota subito, così si preoccupa per Anna, ormai l’ama profondamente. Il pensiero di Anna è adesso superare l’esame di ammissione all’Accademia, risulterà prima tra gli studenti. Dovrà lasciare Marilla e Matthew per trasferirsi altrove per gli studi. Inizia l’anno scolastico alle scuole superiori, la ragazza studia intensamente per ottenere il diploma in un anno, spinta dalla rivalità con Gilbert, il quale

14 frequenta il suo stesso corso intensivo. Lo studente più brillante in letteratura inglese potrà ottenere la borsa di studio, altro obbiettivo per Anna da raggiungere. Non vorrà diventare più una maestra come la signorina Stacy, bensì proseguire gli studi, vuole andare all’università e laurearsi. Le condizioni di salute di Matthew peggiorano, Anna non ha mai saputo dei problemi di Matthew, il quale ha un ennesimo attacco al cuore. Anna scopre il fatto, lascia gli studi e torna immediatamente a casa per assicurarsi che Matthew stia meglio, Marilla la tranquillizza per non distrarla dagli studi, in realtà il fratello è gravemente malato. Matthew sa che Anna vincerà gli studi e questo la incoraggia, anche se la ragazza quasi non ci spera più di vincerla la borsa di studio, i fatti daranno ragione a Matthew, Anna vincerà la borsa di studio e Gilbert la medaglia d’oro. Il ragazzo però dovrà rinunciare all’università, per la spesa eccessiva che non può affrontare ed Anna rimarrà delusa, la voce del narratore spiega nel 45° episodio “Progetti per l’avvenire”: “Anna si era illusa di avere ancora Gilbert come compagno di studi, ha pensato: ‘sono stata spinta dalla rivalità con Gilbert per tanto tempo, potrò impegnarmi negli studi con la stessa foga senza il mio amico rivale?’. I suoi sogni ambiziosi sembrarono non contare più, con questa pena rimase a lungo al buio a riflettere”.

Gilbert rinuncia a proseguire gli studi accontentandosi di insegnare alla scuola di Avonlea. Matthew la sera prima di morire dice ad Anna che nemmeno una dozzina di ragazzi avrebbe potuto sostituirla, questo come risposta alla domanda che la ragazza rivolge a Matthew: “Avresti preferito che all’orfanotrofio non si fossero sbagliati e che al Tetto Verde fosse arrivato il ragazzo che desideravi?”. Matthew muore stroncato da un infarto, la causa è stata la notizia che ha letto sul giornale del fallimento della banca dove erano depositati tutti i suoi risparmi. Così Anna decide di rinunciare a continuare gli studi per rimanere al fianco di Marilla, malata agli occhi, Gilbert scopre la cosa e si sacrifica per Anna, rinunciando ad insegnare ad Avonlea, per cederle il posto. Anna lo viene a sapere da una vicina di casa, il ragazzo insegnerà in un posto più scomodo e lontano. Se questo non è amore … Anna incontra Gilbert e lo ringrazia, davanti alla casa dal Tetto Verde, sotto gli occhi di Marilla. La conversazione dura mezz’ora. Finalmente sono grandi amici e forse qualcosa di più, facendo sperare in un amore e quindi in un futuro matrimonio. Anna è finalmente in pace con se stessa e con il mondo intero, come dice il titolo del 50° ed ultimo episodio “Sono in pace con il mondo”. Fine della storia, più bella di quanto mi ricordassi.

L’anime è del 1979, trasmesso in Italia nel 1980, regia di e Shingeo Koshi, progetto e pianificazione di Hayao Miyazaki, ispirato al romanzo di Lucy Maud Montgomery “Anna dai capelli rossi” noto anche come “Anna dei Tetti Verdi” e “Anna dei verdi abbaini” del 1908, dal quale è stato scritto un altro romanzo ben 100 anni dopo, da Budge Wilson, che riporta però la storia dei primi anni d’infanzia di Anna “Sorridi, piccola Anna dai capelli rossi” pubblicato nel 2008, e da considerare come libro precedente.

Budge Wilson ha avuto il consenso dagli eredi di Lucy Maud Montgomery, in occasione del centenario del romanzo “Anna dai capelli rossi”. La non è da meno, in occasione del trentennale dell’anime decide di realizzare una nuova serie, tratta dal romanzo “Sorridi, piccola Anna dai capelli rossi”. Non il seguito, bensì un prequel, che significa “Antefatto”, una storia antecedente a quella a noi nota. La serie si intitola “Sorridi, piccola Anna dai capelli rossi” ed è del 2009, trasmessa in Italia nel 2010. Ignoravo tutto questo, sia del “nuovo/vecchio” romanzo, sia

15 dell’anime, che non ho mai visto, né intravisto in Tv. Ho guardato il primo episodio e l’ultimo su YouTube. In effetti riporta la storia di Anna prima ancora di incontrare Marilla e Matthew. È un Anna piccolissima, che sgobba precocemente dalla mattina alla sera, accudendo bambini, verrà affidata a diverse famiglie prima di arrivare al “Tetto Verde”. L’anime, pur adottando dei mezzi più moderni per realizzare immagini, scenografia ecc. ha mantenuto lo stesso personaggio della serie del 1979. La regia è di Katsuyoshi Yatabe.

I doppiatori storici: Antonella Baldini (Anna), Mirella Pace (Marilla), Erasmo Lo Presto (Matthew), Susanna Fassetta (Diana).

LA VERA AMICIZIA TRA BELLE E SEBASTIEN

Altra serie bellissima “Belle e Sebastien”. Dopo i vari telefilm “Lassie”, “Rin Tin Tin” con cani come protagonisti e come spalla un ragazzino, amico inseparabile di tante avventure, avevamo bisogno di un cartone animato giapponese che seguisse quel filone? La risposta è SI, questa serie è davvero imperdibile.

I protagonisti sono il cane Belle, che nella versione originale giapponese si chiama Jolie, cane da montagna dei Pirenei, dal carattere molto buono ed intelligente, e Sebastien, un bambino vivace, simpatico e sveglio di 7 anni, che per scappare dai suoi coetanei che vogliono picchiarlo, salta sui tetti delle case, si arrampica sugli alberi, credevo avesse almeno 10 anni. È proprio Sebastien a dare al cane il nome Belle. Entrambi vengono rincorsi dalla gente, emarginati, non potevano che unirsi una volta diventati amici, assieme a loro c’è il piccolo cane Pucci, è talmente piccolo che può entrare persino nella tasca della giacchetta di Sebastien.

Belle viene trattata [è una femmina] male ingiustamente dalla popolazione, qualsiasi buona azione il cane compia, viene mal interpretata e presa come una cattiva azione. Sparano contro il cane, gli tirano i sassi, la gente crede sia un cane pericoloso, lo chiamano stupidamente “il diavolo bianco”. Sebastien lo incontra sulla montagna, non crede che il cane sia pericoloso, fanno subito amicizia.

Il bambino è orfano, vive assieme al nonno adottivo Cesar e Angelina, vera nipote di Cesar, che cresce Sebastien come se fosse un figlio, nonostante possa essere per l’età la sorella maggiore. La vera madre di Sebastien è ancora viva, si chiama Isabelle ed ha promesso a Cesar che un giorno sarebbe tornata a riprendersi il figlio. La donna è di origini gitane e sposò un italiano, dal quale nacque Sebastien. In questo modo Isabelle ha infranto il codice d’onore degli zingari, che proibisce di sposarsi altri uomini che non siano gitani. L’uomo è morto poco prima della nascita di Sebastien. Per questo motivo il bambino viene preso in giro dalla gente, in particolar modo dai bambini, perché non ha la madre e non va a scuola. Cosi due emarginati come Belle e Sebastien diventano amici inseparabili e lasciano tutto, scappando in continuazione, lo scopo di Sebastien è quello di trovare sua madre. Nel 2° episodio “Nasce un’amicizia” Sebastien vuole sapere di sua madre e nonno Cesar gli racconta la storia, rivelandogli che è viva e che si trova in Spagna, -Sebastien vive in Francia-. La gente continua ad accanirsi contro Belle, veramente non capisco la loro stupidità, non sanno che quel tipo di cane è pacifico? solo Cesar lo sa. Gli danno la caccia e Sebastien lo

16 difende, dicendo di non sparargli e se proprio vogliono ammazzarlo devono passare prima sul suo corpo, questo è quanto ha detto Sebastien alle forze armate. Nel 3° episodio “Caccia spietata” Belle salva la vita a Sebastien che rischia di cadere dal precipizio e gli cura la distorsione alla caviglia. Belle salva la vita anche a Jean uno dei soldati che gli da la caccia e fratello di Angelina, questo nel 4° episodio “Fuga oltre il confine” e lo comunica alla sorella. In quello stesso episodio commovente Cesar e Angelina vedranno da vicino Belle ed avranno la conferma del buon carattere del cane. Alla fine dell’episodio Belle e Sebastien superano il confine, li i soldati non potranno fare più nulla a Belle, Sebastien abbraccia per l’ultima volta Angelina che l’ha inseguito – qui non si possono trattenere le lacrime- e se ne va.

Alla fine della storia Sebastien ritrova la madre e Belle viene finalmente riconosciuto come un cane innocuo. Faranno tutti ritorno ai Pirenei, Sebastien andrà a scuola, Angelina si sposa, insomma, uno dei pochi anime con un lieto fine.

La serie è di Kenji Hayakawa, è del 1981, trasmessa nello stesso anno anche in Italia. Cosa piuttosto inusuale poiché gli altri anime sono arrivati in Italia alcuni anni in ritardo rispetto al Giappone. “Belle e Sebastien” è tratto dai racconti di Célie Aubry.

Doppiatori: Massimilano Manfredi (Sebastien), Sandro Pellegrini (nonno Cesar), Laura Boccanera (Angelina).

IL FINALE STRANO DI DAITARN 3

Altro classico dell’animazione giapponese è “Daitarn 3” o come si pronuncia Daitan 3, trasmesso la prima volta in Italia nel lontano 1980, non persi un episodio. Ricordo perfettamente persino il primo “Arriva Haran Banjo”, sicuramente perché rivisto negli anni 90 per via delle VHS in circolazione. È una serie divertente, dinamica, per niente superata, potrebbe benissimo essere un anime degli anni 2000, con pregi e difetti. Tuttavia non giustifica il grandissimo successo che ha riscontrato, infondo è un robot come tanti, a mio avviso non è migliore di Mazinga, Goldrake o di Jeeg Robot, e lo vedrei alla pari di altri robot secondari come Trider G7 per esempio.

Ricorda un po’ le avventure di James Bond, l’ automobile Mach Patrol può anche volare e andare sott’acqua. Chi è il pilota del Robottone Daitarn 3? di chi stiamo per parlare? Ma di Koji Kabut… oops! di Rio il ragazzo delle cavern…. Oops! volevo dire di Haran Banjo, è talmente simile agli altri due eroi degli anime che ci si può confondere facilmente, l’unica differenza è che ha i capelli… verdi (ops! Un punk?). Le sue assistenti ricordano anche loro i film di James Bond agente 007: una bionda e una mora. La bionda è svampita e si chiama Beauty, ha la stessa voce di Lamù e di Venusia di Goldrake, quindi della doppiatrice Rosalinda Galli. La mora è un ex agente dell’Interpol, è molto intelligente e si chiama Reika. Le due mi ricordano un po’ le Charlie’s Angeles, che erano però in tre. Altri protagonisti della serie sono il maggiordomo Garrison, -e qui mi ricorda un po’

17

Batman-, e il piccolo Toppy, orfanello –tanto per cambiare- e molto simpatico. Insomma, una serie piena di riferimenti e di scopiazzature.

Il Daitarn 3 è tra i robot più enormi, con una trasformazione lunghissima, - l’autore ha voluto spettacolarizzare?- talmente lunga che se non si da una mossa, il mostro avversario fa in tempo a distruggere tutto, bersi un caffè (?!) ed andarsene soddisfatto. La cosa strana è che Daitarn ha una bocca e una mimica facciale, sorride persino, e questo a volte lo rende poco credibile, ecco perché all’epoca pensavo che la serie fosse realizzata da… italiani, pensai che stavano copiando i giapponesi ed anche maluccio. Invece la serie è giapponesissima e la cosa strana è che l’autore del Daitarn è lo stesso autore del… Gundam, un robot fin troppo serio per i miei gusti. Non parliamo poi delle armi, senza poca fantasia, forse per colpa del doppiaggio: Daitarn spada, Daitarn laccio, Daitarn ventaglio, Daitarn energia, ecc. Non parliamo poi di certi meganoidi, ridicoli e con voci stupide.

Il primo episodio è disegnato molto bene, piuttosto professionale, non posso dire la stessa cosa degli episodi successivi, piuttosto ridicoli, questa serie sembra la parodia dei robot precedenti, forse volutamente. Comunque si ride, ricordo le risate che mi facevo da bambino e gli episodi che io e i miei amichetti commentavamo tutto il pomeriggio al cortile sotto casa, eravamo affascinati da Haran Banjo “ma è lo stesso pilota di Mazinga Z?” e l’altro “ma no, però a pensarci bene gli somiglia”, “perché ha i capelli verdi?” e l’altro “bho…”. Solo quel romanaccio di Renzo Stacchi – lo dico simpaticamente- poteva dare la voce a quel truzzo di Banjo (sorrido). La serie è di , è del 1978 e trasmessa in Italia nel 1980.

I nemici di Daitarn 3 sono i Meganoidi: cyborg creati su Marte, dal professor Haran Sozo, padre di Banjo. Il professor Sozo perse il controllo dei Meganoidi che si ribellarono –in questo ricorda Kyashan-, ecco perché Banjo conosce molto bene il nemico, che odia con tutte le forze. Questi cyborg sono controllati da un mostro, che ricorda Frankenstein, dal nome Don Zauker, si scoprirà alla fine della serie che è rimasto per tutto il tempo incosciente, guidato e comandato dal suo braccio destro Koros, donna meganoide spietata, glaciale, inquietante. I Meganoidi si possono trasformare in mostri, i Megaborg, combattuti da Daitarn 3, che con l’energia solare da il colpo di grazia ad ognuno di loro. Nell’ultimo episodio “Banjo svanisce all’alba”, il Daitarn combatte nello spazio, e ci va con tutti i suoi assistenti. Lo scopo di Koros è quello di schiantare Marte contro la Terra, lo scopo di Banjo è di attaccare Marte per arrivare al Castello di Don Zauker. Banjo odia persino il padre, per aver creato i meganoidi, spara su Koros, che vedendosi l’arma di Banjo puntata, invoca aiuto a Don Zauker, che risponde immediatamente uscendo allo scoperto. Tornato cosciente dopo molti anni, riacquista la parola, - prima emetteva solo suoni strani-. Corre in soccorso di Koros, si butta sul nemico Haran Banjo. Gli chiede “Chi sei?” e Banjo gli risponde: “Sono Banjo, figlio del professor Sozo”, Don Zauker gli dice: “Cosa, Banjo? Io ricordo Banjo quando era molto piccolo, che cosa ho fatto in tutto questo tempo Banjo?”, ciò dimostra che era completamente incosciente.

Alla fine, quando capisce che Banjo è il nemico, si scaglia contro di lui, il ragazzo attiva il Daitarn, cominciando così un combattimento contro Don Zauker, che aumenta di dimensioni. Diventa sempre più grande, persino più del robot. Don Zauker si sposta su una nuvola enorme, vuole

18 uccidere Banjo, solo per aver oltraggiato Koros. All’improvviso Banjo sente la voce del padre che gli dice: “Figlio, figlio mio, puoi ancora vincere. Le onde celebrali di Koros lo hanno portato ad una coscienza temporanea, lo spirito dell’essere umano può vincerlo”. Con l’attacco solare colpisce direttamente al cervello di Don Zauker, distruggendolo. Koros vede con gli occhi la morte di Don Zauker, ed anch’essa muore. C’è stato un grande amore tra Don Zauker e Koros, anche se sembra assurdo.

Il finale è strano. Nello spazio Banjo vivo e vegeto sul Daitarn 3, guarda Marte allontanarsi dalla terra. Nel frattempo tutti lasciano la villa, traslocano: Beauty, Reika e Toppy, ma di Banjo nemmeno l’ombra, dove sarà? Anche Garrison se ne va, esce dalla villa, mette il lucchetto al portone. Indossa il cilindro e forse il Frack, che ricorda la canzone di Domenico Modugno “Vecchio Frack”, si ripara dalla pioggia con l’ombrello, comincia a canticchiare la sigla dell’anime in giapponese “Daitarn 3, Daitarn 3”, guardando verso la villa. Aspetta un bus, che lo porta via. Banjo dovè? Svanito nel nulla, o svanito all’alba, come suggerisce il titolo.

Altro anime con un finale strano, viene spontaneo dire “Che cavolo di finale!”

Ecco la spiegazione. Ci sono stati tagli e cambi di dialogo a stravolgere il tutto. Questo mi ricorda un altro anime dalla stessa sorte, anche se appartenente a un genere totalmente diverso: “Candy Candy”, anch’esso con un finale diverso da quello reale. In realtà cercando sul web sembrerebbe che la guerra sia iniziata proprio da Banjo, spinto dall’odio verso il padre per aver coinvolto anche la madre e il fratello nei suoi esperimenti. Se Banjo non avesse mai iniziato la guerra contro i meganoidi, questi non avrebbero mai attaccato la terra, perché interessati a colonizzare solo lo spazio. Don Zauker ricorda di Banjo bambino, perché? È il … padre di Banjo! in poche parole: il professore folle, - non trovo altro termine-, è stato trasformato o si è fatto trasformare nel capo dei meganoidi, Koros era innamorata di lui e ne era l’amante. La voce che sente Banjo di suo padre, quando gli dice “Figlio, figlio mio, puoi ancora vincere. Le onde celebrali di Koros lo hanno portato ad una coscienza temporanea, lo spirito dell’essere umano può vincerlo”, non è frutto della sua immaginazione, o la voce del padre morto che gli arriva dal cielo, bensì è il padre nel corpo di Don Zauker a parlargli, ecco perché Banjo non apprezza questo aiuto e continua ad odiarlo. Quando Banjo dice di fronte al cadavere di Koros “Hai avuto quello che ti meritavi maledetta”, in realtà dice “Ma cosa ho fatto?”, quindi hanno stravolto la storia. Nella villa non rimane nessuno, forse Banjo, richiuso a pensare, a riflettere sui suoi errori, ecco perché tutti lo lasciano e se ne vanno, forse risentiti per essere stati coinvolti in una guerra iniziata stupidamente proprio da Banjo.

Come sono strani questi giapponesi…geniali, originali, ma contorti e strani, almeno per noi occidentali. Nel 2000 o 2001 hanno ridoppiato l’intera serie, che non ho ancora avuto modo di vedere. Anche se è più fedele alla storia originale, sapendo che hanno usato altre voci non mi invoglia a vederla. Persino la voce di Banjo non è più quella di Renzo Stacchi.

Doppiatori storici: Renzo Stacchi (Haran Banjo), Rosalinda Galli (Beauty), Mariù Safier (Reika), Gino Donato (Garrison), Riccardo Rossi (Toppy), Antonia Forlani (Koros) e Vittorio Di Prima (Don Zauker).

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Con Daitarn 3 iniziano gli anni 80! A dire il vero, quando apparve Daitan 3 per la prima volta sugli schermi di alcune emittenti private italiane, nel 1980 – la prima volta in Maggio su Milano Tv-, pensammo fosse un Robot italiano, come già detto: un po’ comico, con i lineamenti umani, per noi strani a quei tempi dopo essere abituati a Mazinga, Goldrake ecc. I protagonisti –compreso i nemici- erano troppo strambi per essere degli eroi, questa fu la prima impressione. Ma ci appassionammo subito alle avventure di questo Robot, pilotato da Haran Banjo: spaccone, troppo sicuro di se, con i capelli pettinati alla Koji Kabuto dal colore strano…verde. Le sue assistenti Beauty (la bionda svampita) e Reika (la mora ex agente dell'Interpool) sono letteralmente pazze di Banjo, e molto gelose, la loro rivalità a volte non le aiuta nel lavorare insieme. Il doppiaggio all’epoca era indovinato con i personaggi della serie, peccato che recentemente hanno ridoppiato i protagonisti con altre voci –come nel caso di “Charlotte”-. Il titolo originale è “Muteki Kojin Daitan 3”, che significa “Daitan 3, l'invincibile uomo d'acciaio", la “R” è stata aggiunta nella versione americana. La serie è del 1978, composta di 40 episodi ed è prodotta dalla , creata da Yoshiyuki Tomino.

Banjo iniziava il combattimento con il suo Daitan con queste parole: “Daitaaaaaaaaaaaaaaaaaan 3! Per mantenere la pace nel mondo combatterò i meganoidi con il Daitan 3. Se non avete paura di questa potenza…combattete!” La serie è ambientata nel primo decennio del XXI secolo.

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RE ARTU’: LA MITOLOGIA

Altra serie che non vedevo più da anni, dal 1981, è “La spada di King Arthur” che inizia con il compleanno del piccolo Artù. Il padre Re Uther ha la voce troppo giovane, quella di Marco Guadagno. Artù ha un segno che assomiglia ad un fiore sulla spalla sinistra, emblema della famiglia. L’ambizioso Re Lavik comincia a tramare, lui al contrario ha la voce troppo da anziano, l’ha doppiato Gino Donato, già voce di Re Vega in “Atlas Ufo Robot”, nel primo episodio è ancora giovane. Lavik ha il suo primo incontro con la strega Medessa ed alla fine si alleano.

Merlino non è un Profeta, come dice nell’anime, ma un mago. Ha un incontro con Re Uther e gli comunica che diventerà padre di Artù e di ciò che accadrà di negativo al piccolo quando compierà 3 anni. Re Uther si ricorda di questo dopo tre anni, il giorno del compleanno di Artù e lo comunica alla moglie. Lavik uccide in quello stesso giorno Re Uther, che lo riconosce poco prima della morte. Lo scopo è uccidere anche Artù, la madre scappa con il piccolo in braccio tra le fiamme e lo affida a Merlino, il quale promette che lo affiderà ad un nobile cavaliere che lo alleverà come se fosse un figlio. Artù ha solo 3 anni e non si ricorderà da grande di quanto gli è accaduto, convinto che il

21 cavaliere fosse il suo vero padre. Lavik pensa che Artù sia morto nell’incendio del castello. Tutti credono che il responsabile dell’attentato sia Re Ban.

Sono trascorsi 12 anni e Artù ha ormai 15 anni. Vengono convocati tutti i sovrani in cattedrale per un rito sacro dall’Arcivescovo, che rivelerà una “rivelazione divina”: colui che sarà in grado di estrarre la spada di Excalibur dall’incudine in cui è infissa [infilzata in una roccia] sarà nominato capo supremo di Wrogless, Lavik è sorpreso. Lì ci sono tutti, persino Artù, il padre adottivo con suo figlio Kay, più o meno coetaneo di Artù. Ci provano tutti, compreso Lavik, ma nessuno riesce ad estrarre la spada, così Artù scoppia in una risata, Lavik indignato ordina di prendere il ragazzo e lo sfida ad estrarre la spada, in caso di fallimento gli avrebbero tagliato la testa. Sotto lo stupore di tutti Artù riesce ad estrarre la spada, solo il padre adottivo sapeva già che il ragazzo ci sarebbe riuscito. Lavik è scioccato. L’Arcivescovo chiede ad Artù il nome di suo padre, il ragazzo dice che suo padre è Hector il cavaliere, interviene a questo punto il padre adottivo che svela che non è il padre e che il ragazzo è Artù, figlio di Re Uther. Lavik non crede a quanto ha udito e chiede di poter vedere la spalla sinistra del ragazzo. Artù ha il segno sulla spalla e Lavik esclama subito “Sei tornato dall’Inferno!”. Così lo riconoscono come Artù, figlio di Re Uther e Lavik bramerà contro di lui.

Finale:

Nell’ultimo episodio vediamo la Nave di Artù che … vola! proprio come l’Alkadia di Capitan Harlock, bellissima l’armatura di Artù, ricorda un po’ quella dei Cavalieri dello Zodiaco, altra serie creata successivamente a questa. Si scopre che lo spirito di Medessa è ancora in vita, la sua risata stridula è proprio da strega. Lavik presente anche nell’ultimo episodio, si serve dell’aiuto di Medessa, Artù lotta così contro le magie servendosi del suo scudo e della spada. Sconfigge Medessa con la spada di Excalibur e fa esplodere il castello con dentro Lavik alle prese con uno dei suoi uomini che gli chiede di essere salvato, i due litigano e muoiono entrambi.

I resti di Medessa finiscono nell’urna, cosi non ci sarà più alcun pericolo, e l’affidano all’Arcivescovo. Nel finale Artù torna con i suoi amici a Camelot. Fine di questa storia mitologica.

I cavalieri della Tavola Rotonda erano tra gli uomini più valorosi della corte di Re Artù, i più noti sono: Lancillotto, Ivano, Parsifal, Galaad, Walwain e Tristano. Nella serie è presente anche la Principessa Ginevra, che sposerà Re Artù.

L’anime è di Mikuriya Satoru, prodotto da Toe Animation, trasmesso in Giappone nel 1979 e in Italia nel 1981. La serie è stata ridoppiata con altre voci nel 1997 e con un altro titolo “Re Artù, King Arthur”. Il doppiaggio storico del 1980:

Luca Ward (Artù), Cristiana Lionello (Ginevra), Riccardo Rossi (Lancillotto), Sergio Gibello (Merlino), Gino Donato (Re Lavik), Sergio Matteucci (Hector), Noemi Gifuni (Medessa), Marco Guadagno (Re Uther).

22 QUEL PASTICCIONE DI SPANK 

Divertentissimo questo anime del 1981, “Hello Spank”, ricordo di aver visto l’intera serie nel lontano 1982, tratto dal manga di Shun’ichi Yukimura e Shizue Takanashi del 1979. Il protagonista è Spank, un cagnetto buffo, pasticcione, casinista, ma anche intelligente e sensibile. Non mancano le risate con lui, merito anche delle due doppiatrici Liù Bosisio e Isa di Marzio. Il suo linguaggio lo capisce solo la sua padroncina Aika, che lui chiama “bimba” o “iaia”. È davvero buffo, fa anche tenerezza, è innamorato di Micia ed amico del gatto Torakiki, buffo e strambo quanto Spank, con l’accento tedesco ed una cravatta al collo vistosa di colore rosso. Nei decenni scorsi hanno creato ogni tipo di oggettistica con la faccia di Spank, un po’ come negli ultimi anni con “Hello Kitty” o “Peppa Pig”, ma Spank è un’altra cosa.

Aika è una ragazzina di 14 anni, con la voce della bravissima ed immancabile Laura Boccanera, negli anni 80 la sua voce era ovunque, doppiava qualsiasi ragazzina orfanella, ognuna di queste simili nell’aspetto e nel carattere. Ascoltando Aika mentre parla non può non venire in mente Candy Candy, o la Regina Maria Antonietta, ma anche Lulù l’angelo tra i fiori, la Principessa Zaffiro e Mimì della nazionale di pallavolo, naturalmente Candy Candy è la prima che viene in mente.

La storia inizia con Aika che si trasferisce dallo zio con la sua cagnetta Papi. Andando a fare una corsetta vicino al mare Aika vede subito uno yacht, le viene in mente suo padre, che crede ancora vivo e che un giorno sarebbe tornato da lei. La madre vive in Francia per lavoro, Aika vive adesso in una località balneare in Giappone. Papi incontra sulla spiaggia uno strampalato cagnetto, è Spank per l’appunto, subito dopo fa amicizia anche con Aika. Papi muore attraversando la strada, investito da un furgone. È una tragedia, Aika è disperata, ma verrà consolata da Spank e deciderà di prenderlo con se alla fine del primo episodio. Papi era un regalo di compleanno ricevuto dalla mamma di Aika. Spank e Aika sono uniti dallo stesso destino, anche Spank è solo, è morto il suo padrone travolto dalle onde del mare, era a bordo di uno yacht, lo aspetta ancora a distanza di tempo, come Aika aspetta il suo papà. Nell’ultimo episodio la madre di Aika, tornata in Giappone, le rivela che il padre in realtà è morto da tempo, Aika all’inizio non crede a quanto la madre le dice, poi riesce ad accettare serenamente la notizia ed accetta di trasferirsi con la madre e Spank a . Negli anni 90 è stata ritrasmessa l’intera serie con un altro titolo “Spank, tenero rubacuori” e un’altra sigla, secondo me è inaccettabile cambiare il titolo ad una serie, come già è accaduto con le altre, o cambiare le voci con un nuovo doppiaggio e trovo persino inutile cambiare la sigla. Nel 1982 è stato realizzato un OAV di 95 minuti dal titolo “Le pene d’amore di Spank”.

I doppiatori: Liù Bosisio e Isa Di Marzio (Spank), Laura Boccanera (Aika), Alba Cardilli (madre di Aika), Mauro Bosco (zio di Aika), Massimo Rossi (Rey), Sandro Pellegrini (il gatto Torakiki), Laura Lenghi (Serina), Rosalinda Galli e Rossella Acerbo (Micia), Riccardo Rossi (Rio), Cinzia De Carolis (Shinako), Fabio Boccanera (Seya). Insomma, hanno mobilitato per questa serie i migliori doppiatori: voce di Candy Candy, di Lady Oscar, di Terence, di Andrè, di Neal e Iriza, e persino di Venusia. Ma ne è valsa la pena.

23 CHARLOTTE E’ LA “CANDY CANDY MORA”

“Memorabile compleanno” è il titolo originale del primo episodio di “Charlotte”, ridoppiato anni dopo con il titolo di “Il compleanno di Charlotte”. Altro caso di ridoppiaggio, davvero hanno stancato con questi ridoppiaggi, rivogliamo le serie di anime con i doppiaggi originali. La nuova voce di Charlotte ricorda … l’Ape Maia, preferivo l’originale del 1980 con Paola Del Bosco. La nuova voce sembra quella di una bambina delle elementari, in realtà Charlotte è una ragazzina adolescente, la voce originale quindi era più adeguata. Fortunatamente sono riuscito a recuperare il primo episodio con il doppiaggio originale.

Ed ecco la “Candy Candy mora” –che ho visto prima di Candy tra l’altro- , fortunatamente non ha la voce di Candy [Laura Boccanera] altrimenti avrebbe avuto troppe cose in comune. Questo anime ricorda “Candy Candy” , “Heidi” per via delle pecorelle e persino Actarus e Venusia in “Atlas Ufo Robot”, per via del ranch. Purtroppo come abbiamo già detto è stato ridoppiato, avrei voluto rivedere l’intera serie con il doppiaggio originale del 1980 al quale ero abituato. Fortunatamente la voce narrante nel nuovo doppiaggio è di … Cinzia De Carolis, un marchio di garanzia. Da allora non ho più visto questa bellissima serie, che inspiegabilmente non ha avuto il grande successo di altre serie come “Candy Candy” o “Georgie”. Stessa sorte di “Charlotte” l’ha avuta “Peline Story”, altra bellissima serie quasi dimenticata.

Ci sono tutti: Charlotte –nel ridoppiaggio viene chiamata anche “Char” diminutivo di Charlotte- , il suo amico Sandy, il Cavaliere – un misto tra Terence e il Principe di Candy- , la cattiva e altrettanto brutta Bella, - “Bella” solo di nome, ma non di fatto-, ecc. Anche questo anime inizia con il compleanno della protagonista. Charlotte vive in un ranch in Canada con il padre Andrè, il giorno del suo compleanno viene a sapere proprio dal padre, che la madre Simone non è morta e vive a Parigi. Charlotte prende male la notizia pensando “possibile che in tutti questi miei 12 anni non si è mai fatta viva?”. Il padre racconta a Charlotte che è stato il nonno ad allontanarli dalla madre. La verità è che il padre di Charlotte proviene da una famiglia francese molto ricca, sposando la madre di Charlotte – che non ha origini nobili- è andato contro ogni regolamento, per questo motivo il nonno di Charlotte allontanò la madre – e qui ricorda la storia di Peline-, lasciando la piccola ancora in fasce sola con il papà, il quale decise di lasciare la Francia con Charlotte diretto verso il Canada. Da allora la madre ha cercato in tutti i modi di rintracciarli, ma la malattia che l’ha costretta a letto

24 per ben 10 lunghi anni ha rallentato le ricerche. Il Cavaliere li ha ritrovati, in questo modo la madre potrà raggiungerli per vivere tutti e tre insieme felici e contenti.

Ma le cose non andranno così, nel terzo episodio “Un brutto sogno” la nave dove si trova la madre di Charlotte affonda, a causa di una terribile tempesta, il padre tenta disperatamente di salvarla usando una barca, ma muore annegato. È Sandy a dare la terribile notizia a Charlotte, il ragazzo era andato al porto preoccupato per il Signor Andrè. Charlotte all’inizio non crede alla notizia della morte di suo padre, così decide di tornare al porto con Sandy. A nulla serve, Charlotte non sa però che su quella nave sua madre non c’era, - o è stata salvata da qualcuno- così il padre ha rischiato la vita per nulla. Al funerale del padre Charlotte si presenta con tutti gli animali del ranch, per dare un ultimo saluto, gli animali gli erano davvero affezionati e questo commuove. Come quando Charlotte viene condotta da una carrozza fino ad un hotel di lusso. Il padre aveva prenotato poco prima di morire, per lui, Charlotte e Simone. Charlotte non se la sente di rifiutare ed accetta. Passa dei momenti indimenticabili, provando un misto di gioia e dolore, per fortuna rincontra il misterioso Cavaliere, che scompare spesso per poi riapparire come Albert di Candy Candy. Un giorno i signori Gordon decidono di voler adottare Charlotte, ma la ragazza si rifiuta. Tutti sono interessati al ranch e vogliono impossessarsene, il Signor Gordon per primo, ma anche la famiglia Garson dell’antipatica Bella –l’unica buona della famiglia è la sorellina più piccola-, solo che sottovalutano gli animali, questi obbediscono solo agli ordini gentili di Charlotte.

Nel 10° episodio “Il Festival della neve” Charlotte rincontra suo padre redivivo. In realtà non è lui, ma lo zio Albert, cugino del padre ed identico al papà di Charlotte nell’aspetto, ma non nell’anima. Svelato il mistero lo zio convince la ragazza a seguirlo fino in Francia, dove l’aspetterà sua madre. In realtà è un inganno, il primo dei tanti, la madre è viva, ma non si trova in Francia, è ricoverata in un ospedale in Canada. Il Cavaliere scoperto l’inganno rincorre a cavallo la strada che porta verso il porto di Saint Johns, dove partirà Charlotte, con il Cavaliere c’è Sandy, innamorato di Charlotte, anche se non l’ha mai ammesso, è persino geloso del Cavaliere. Il Cavaliere fa in tempo ad urlare a Charlotte di non partire, poiché la madre si trova a Québec e non a Parigi, la ragazza tenta così di scendere dalla nave, ma ormai è troppo tardi. Charlotte è triste, solo il suo inseparabile criceto Spica capisce cosa prova in fondo al cuore. Tuttavia tenta in ogni modo di fuggire dallo zio e di tornare indietro in Canada, purtroppo ogni tentativo fallisce, senza mai rassegnarsi. Avviene l’incontro con il nonno che la fa incontrare con una donna facendola passare per sua madre, ma Charlotte intuisce subito che si tratta di un altro inganno. In realtà si tratta di Milene – con la voce di Laura Boccanera nel ridoppiaggio-.

Charlotte grida davanti a tutti, compreso al nonno, rivolgendosi a Milene –dopo l’inganno della lettera-: “Tu non sei affatto la mia mamma, lei non avrebbe commesso un’azione così spregevole, hai utilizzato quella pagina come lettera, le persone che vivono qui dentro sono tutte persone sporche e spregevoli, i cuori degli animali che vivono nel mio ranch sono molto più puliti dei vostri. Non voglio restare un attimo di più in questa casa, fatemi andare via!”

25 Queste parole scuotono gli animi dei presenti. Milene aveva mandato la falsa lettera scritta da Charlotte al Cavaliere, facendo credere al Cavaliere che la ragazza era fuggita diretta verso la nave che l’avrebbe riportata in Canada.

Un giovane di nome Louis l’aiuta a fuggire, ma è malato di tisi, in stato avanzato, sulla strada Charlotte mentre cerca aiuto per soccorrere il ragazzo, incontra la vera madre, ma non la riconosce non avendola vista prima. La donna misteriosa li aiuta portandoli da un dottore, l’incontro tra Charlotte e la madre è intenso. Quando Simone se ne va per incontrare il Cavaliere, questi le dirà che Charlotte è scappata dalla villa del nonno, in compagnia di un amico malato, lì Simone ricollegherà i fatti accaduti con le descrizioni del Cavaliere e capirà di aver incontrato sua figlia. Questo è nel 15° episodio “Charlotte incontra la mamma/ Verso Cherbourg”. Così la donna con il Cavaliere tornano nel punto dove ha lasciato Charlotte, riusciranno ad incontrarsi?

Purtroppo quando Simone e il Cavaliere arrivano, Charlotte e Louis non ci sono più. I due per strada incontrano un disegnatore che fa a loro un ritratto, Charlotte nota subito un ritratto con il volto della donna che li ha soccorsi e chiede all’artista di strada il nome della donna, quando viene a sapere che si chiama Simone capisce subito di aver incontrato la sua vera madre. Così Charlotte torna da sola nel luogo in cui ha incontrato la donna. Louis è partito. Charlotte durante il tragitto rincontra la finta madre Milene, che la riconduce dal nonno, lì Charlotte conoscendo la verità dirà tutto al nonno, il quale farà per la prima volta una buona azione, facendo rintracciare Simone. In questo modo madre e figlia si incontreranno. Le due si abbracciano finalmente, per la prima volta! entrambe in lacrime, sono lacrime di felicità.

Ma la storia non è ancora giunta al suo termine. Il nonno ha fatto incontrare Charlotte a sua madre, ma a patto che Simone sarebbe partita al più presto per il Canada, approfittando di risolvere la faccenda del ranch, ormai in pericolo nelle mani di Gordon e Garson. Charlotte quindi dovrebbe rimanere con il nonno. Saputo questo la ragazza si ribella. La conversazione tra madre e figlia viene interrotta da Milene, in collera con Simone per averle “rubato” il fidanzato, il papà di Charlotte –la donna era interessata solo al patrimonio naturalmente- . Non solo, il Cavaliere è il fratello minore di Milene. Purtroppo Simone parte senza Charlotte, in lacrime per non poter tornare assieme a sua madre in Canada. Inoltre Charlotte è preoccupata perché Simone non ha esperienza nei lavori che si dovranno svolgere nel ranch, viene rassicurata, non dovrà preoccuparsi, perché sua madre non sarà sola, ci sarà con lei il Cavaliere ad aiutarla. Adesso il compito di Charlotte è quello di conquistare il nonno – un po’ come avviene per Peline-. Il primo incontro con la perfida Marie non è dei migliori, che appena vede Charlotte invece di darle la mano in segno di saluto la schiaffeggia, spintonandola e accusandola colpevole delle pessime condizione di salute del suo fidanzato Louis, partito per il Canada nonostante fosse malato. Poi la perfida non poteva che allearsi con una sua simile. Marie, Milene e Albert si incontrano per escogitare un piano contro Charlotte. Alla fine si scopre che Marie non è innamorata veramente di Louis. Charlotte riparte per il Canada, purtroppo sulla nave ci sono anche Marie, Milene e Albert con dei loschi piani. Finalmente Charlotte riabbraccia Sandy, Fiocco la pecorella e sopratutto sua madre, ma l’aspetterà anche una triste notizia, tutte le mucche sono morte di antracnosi, una malattia trasmessa da una delle mucche. Nel 30° ed ultimo episodio “E’ primavera” Charlotte è davanti alla tomba di Louis, il nonno ha raggiunto la nipote, ormai è affezionatissimo a lei, tutti piangono per Louis. Ma non ci sono solo notizie brutte, il vecchio

26 Melville, nonno di Sandy e grande appassionato di stelle, diventa il sindaco del paese. Il nonno di Charlotte farà una domanda singolare alla nipote, le chiede dei suoi sentimenti per Sandy, Charlotte arrossisce, dicendo che per lei Sandy è solo un amico, il nonno le rivela che vuole portare con se Sandy a Parigi ed adottarlo come figlio. Charlotte è sorpresa. Sandy ha accettato e Charlotte è furiosa con il ragazzo, la conversazione fra lei e Sandy finisce con Charlotte che corre piangendo, non vuole che Sandy lasci il paese. È amore? Ma non finisce qui, Charlotte vedrà il Cavaliere andare a salutare Simone assieme ad una ragazza, è la sua fidanzata. Charlotte è gelosa, non vuole vedere nessuno, nemmeno Sandy che vuole salutarla prima della sua partenza. Sandy non demorde, usa una scala per entrare nella stanza di Charlotte per parlarle. Ha accettato di partire per la Francia solo perché nonno Melville ha insistito, lì il ragazzo potrà studiare e diventare una persona istruita. Charlotte così si calma e saluta Sandy serena, questo dopo aver promesso che si prenderà cura del vecchio Melville. Comincia a scrivere una lettera al Cavaliere, dove lo ringrazia per tutto quello che ha fatto per lei e sua madre, il Cavaliere ha diritto di costruirsi una vita.

Nel finale Charlotte consegna a Sandy la lettera per il Cavaliere, lo saluta, assieme al nonno e a tutti gli altri, promettendo che presto li avrebbe raggiunti a Parigi con la mamma, e lì potrà rivedere Sandy. L’ultimo episodio non me lo ricordavo. Purtroppo cercando informazioni su internet si trova poco su questa serie, ho dovuto rivedermi quasi tutti gli episodi. Questo mi ha riportato indietro nel tempo, a quando ero un ragazzino, più o meno la stessa età di Charlotte. Oggi sono un uomo e devo dire che mi sono commosso lo stesso nel rivederla, non lo nascondo.

Charlotte è di Eiji Okabe, la serie è una produzione di Nippon Animation, trasmesso in Giappone nel 1977 e in Italia nel 1980.

Nel 2015 è stato creato un nuovo anime con il titolo “Charlotte”, niente a che vedere con la nostra Charlotte degli anni 70/ 80. Il nuovo anime non ha alcun collegamento con Charlotte, tra l’altro è solo il titolo dell’anime, poiché nessuno porta il nome di Charlotte.

Doppiatori primo e secondo doppiaggio: Paola Del Bosco e Eva Padoan (Charlotte), Stefano Carraro e Massimo De Ambrosis (il Cavaliere), Eva Ricca e Eleonora De Angelis (Simone madre di Charlotte), Mimmo Palmara e Stefano Mondini (Andrè padre di Charlotte), Mimmo Palmara e Bruno Alessandro (il nonno di Charlotte), Vittorio Guerrieri e Roberto Gammino (Sandy), Roberto Del Giudice e Fabrizio Manfredi (Louis), Piera Vidale e Laura Lenghi (Marie), Anna Teresa Eugeni e Laura Boccanera (Milene) Eva Ricca e Cinzia De Carolis (voce narrante).

IL LIBRO CUORE: GRANDE CLASSICO DELLA LETTERATURA

Altro anime capolavoro “Il libro Cuore”, sono felice di occuparmi anche di questo cartone animato. Onestamente non ho mai letto il libro “Cuore” ma ho visto questa serie in Tv nei primi anni 80, se ricordo bene su Rete 4. È ricco di insegnamenti, è una storia positiva, ambientata a Torino, si intravede la Mole Antonelliana. I protagonisti sono i bambini delle scuole elementari, e questo mi riporta indietro ai tempi della scuola. L’atmosfera è proprio quella scolastica: il mal di pancia quando ci sono gli esami, gli scherzi prima che rientri il maestro in aula, il malumore quando

27 cambiano maestro e non è lo stesso dell’anno prima, la cartina geografica appesa al muro storta, la presentazione di ogni singolo alunno il primo giorno di scuola, il copiare i compiti dal vicino di banco, il secchione della classe da ammirare ed invidiare, il bullo della classe da evitare il più possibile, il giocherellone della classe che fa sempre il buffone, anche nei momenti meno opportuni, insomma, tutto ciò che ha a che fare con la scuola.

Il primo episodio “Il nuovo anno scolastico” racconta di Enrico Bottini, che inizia la terza elementare e viene a sapere che non ci sarà più la Signorina Delcati, sempre premurosa e gentile, ad insegnare, al suo posto ci sarà il maestro Perboni. Ascoltando le dicerie è severissimo e renderà l’anno scolastico ai ragazzi un “inferno”. Enrico è preoccupatissimo e non ha nessuna voglia di rientrare a scuola, il padre lo rimprovera dicendogli che non si possono giudicare le persone senza conoscerle, basandosi solo sulle dicerie. Il padre avrà ragione, poiché il maestro Perboni si mostrerà diverso da come è stato descritto. Certo, nell’aspetto è severo, in realtà ha un grande cuore, interrompe la lezione preoccupandosi della salute di un alunno che tossisce, gli si avvicina, per assicurarsi che tutto sia a posto e che l’alunno non abbia la febbre. Così il maestro Perboni fa un discorso che colpisce e rimane impresso nella mente degli alunni:

“Statemi bene a sentire. Si dice che io sia uno dei maestri più severi, ma da oggi ho deciso di abolire ogni punizione. Io non ho famiglia, avevo mia madre, ma ora è morta. Ora non mi restate che voi, siete voi la mia sola famiglia. Da oggi in poi mi dedicherò esclusivamente a voi. Per questo penso che diventeremo amici, ed anzi, più che amici, una vera famiglia. Io il padre e voi dei figlioli affettuosi ed obbedienti. E se davvero saremo come una famiglia, non ci sarà certo bisogno di punizioni, ci limiteremo a lavorare serenamente ed io vi sarò da guida e voi potrete parlare di tutti i vostri problemi con me”.

L’anime è di Eiji Okabe, è del 1981, trasmesso in Italia nel 1982 e basato sul romanzo “Cuore” di Edmondo de Amicis, pubblicato nel 1886. È molto simile al romanzo, con alcune varianti.

Il protagonista è Enrico Bottini che scrive la storia sottoforma di diario, nell’anno scolastico 1881- 82.

“ Questo libro è particolarmente dedicato ai ragazzi delle scuole elementari, i quali sono tra i 9 e i 13 anni, e si potrebbe intitolare: Storia d'un anno scolastico, scritta da un alunno di terza d'una scuola municipale d'Italia. - Dicendo scritta da un alunno di terza, non voglio dire che l'abbia scritta propriamente lui, tal qual è stampata. Egli notava man mano in un quaderno, come sapeva, quello che aveva visto, sentito, pensato, nella scuola e fuori; e suo padre, in fin d'anno, scrisse queste pagine su quelle note, studiandosi di non alterare il pensiero, e di conservare, quanto fosse possibile, le parole del figliuolo. Il quale poi, 4 anni dopo, essendo già nel Ginnasio, rilesse il manoscritto e v'aggiunse qualcosa di suo, valendosi della memoria ancor fresca delle persone e delle cose. Ora leggete questo libro, ragazzi: io spero che ne sarete contenti e che vi farà del bene.” (Edmondo de Amicis)

28 Questa è la prefazione di Edmondo de Amicis, scritta nel libro con un linguaggio antico, d'altronde il libro appartiene ad un’ altra epoca, stiamo parlando del 1886, più di 100 anni fa.

Enrico ha un fratellino di nome Nino e una sorella di nome Silvia.

Nel 26° ed ultimo episodio “Il pic-nic e l’addio”, Enrico e i suoi compagni di scuola hanno organizzato assieme ai genitori un pic-nic, vogliono festeggiare l’ultimo giorno di scuola. Hanno prenotato un Omnibus, che sarebbe una grande carrozza che si usava nell’800 al posto del nostro bus, l’Omnibus era trainato dai cavalli. Ma i ragazzi sono tanti, così gli altri salgano sulla carretta di uno dei compagni di scuola. Durante il pic-nic, vanno a raccogliere tartufi, facendosi aiutare dal piccolo criceto del fratellino di Enrico –l’animaletto lo trovarono nel primo episodio, credo sia un criceto- . La giornata è tra le più belle di Enrico, cantano “Quel mazzolin di fiori”, sono tutti amici ormai, e il loro desiderio è continuare ad esserlo anche da adulti. Riflettono su questo, ognuno dice cosa vorrebbe fare da grande, la maggior parte seguirà le orme del padre. Scende un velo di tristezza, la loro amicizia durerà per sempre? Spesso nella vita ognuno prende la sua strada, perdendo di vista l’ex compagno di scuola, così è la vita. La felicità dura poco. Qualche giorno dopo il padre di Enrico comunica all’intera famiglia che dovranno lasciare Torino per trasferirsi a Roma, poiché il padre sarà direttore di un giornale nella capitale. Enrico è triste. Per non piangere non dirà subito ai suoi amici che lascerà Torino, così si impegna per gli esami finali, arrivando al secondo posto, preceduto all’inarrivabile De Rossi e seguito da Garrone, sarà il maestro Perboni a dare la notizia di Enrico, l’intera classe è triste. Questo anime ci ricorda cosa sia veramente l’amicizia, come pochi altri anime. Alla stazione per la partenza si presentono tutti i compagni di Enrico, ognuno con un regalo, con loro c’è la signorina Delcati (dalla penna rossa) e il maestro Berboni. In lacrime Enrico lascia e saluta Torino, promettendo a se stesso che avrebbe scritto un libro sui suoi compagni di scuola.

Non potrà mai dimenticare il più bello e bravo Ernesto De Rossi, il grosso e forte Garrone, il muratorino Antonio Rabucco, noto per la sua simpatia e per saper imitare l’espressione del coniglio, porta sempre con se una marionetta, il generoso Robetti, che è rimasto storpiato ad una gamba per aver salvato un bambino, il discolo Franti, il responsabile Coretti e tutti gli altri.

Nel libro “Cuore” ed anche nell’anime sono presenti i “racconti mensili” che il maestro Perboni dettava ai ragazzi ogni mese: “Il piccolo patriota padovano”, “La piccola vedetta lombarda”, “Il piccolo scrivano fiorentino”, “L’infermiere di Tata”, “Sangue romagnolo”.

Purtroppo non sono stati inseriti nell’anime: “Il tamburino sardo” – presente nel testo della sigla cantata dai “Cavalieri del re”-, “Valor civile” e “Naufragio”.

Non poteva mancare però “Dagli Appennini alle Ande”, esiste anche un anime dedicato interamente a “Marco dagli Appennini alle Ande”.

Doppiatori: Christian Fassetta (Enrico Bottini), Massimiliano Alto (il fratellino Nino), Rosalinda Galli (la sorella Silvia), Anna Teresa Eugeni (la madre Adriana), Gabriele Carrara (il padre Alberto), Valerio Ruggeri (Maestro Perboni), Sergio Luzi (De Rossi), Francesco Crispino (Garrone), Marco Guadagno (Franti), Mariella Furgiuele (Maestra Delcati).

29 MARCO DAGLI APPENNINI ALLE ANDE

Non ricordo di aver visto prima questo anime, forse qualche episodio anni fa e devo dire che non ricordavo nulla della trama. Una storia commovente, straziante, per via di Marco di 10 anni che lascia Genova da solo per andare sino in Argentina per avere notizie della madre. I disegni ricordano l’anime di “Heidi”, la storia è tratta dal libro “Cuore” di Edmondo De Amicis. Questo anime è un po’ differente dal racconto “Dagli Appennini alle Ande” letto dal Maestro Perboni per la classe di Enrico Bottini e presente nel libro. L’episodio nell’anime “Il Libro Cuore” è più fedele al racconto, tuttavia l’anime “Marco”, cambiato successivamente in “Marco dagli Appennini alle Ande” è interessante, ed è di Isao Tahakata, trasmesso in Giappone nel 1976 e in Italia nel 1980.

La madre di Marco deve lasciare il marito e i due figli, tra questi il più piccolo Marco. Perché proprio la madre e non il padre? Lo stipendio del padre non è sufficiente, a Genova non c’è lavoro per la madre, bensì un’interessante nuova opportunità in Argentina, come dirlo a Marco? Come prenderà la notizia? Per timore la madre sceglie di dirglielo quasi poco prima della partenza, anzi, Marco lo viene a sapere ascoltando per caso la conversazione tra la madre e un’amica di famiglia – o parente-. È il dramma, il bambino è arrabbiatissimo e quasi non vuole salutare la madre. All’ultimo minuto corre sino al porto per salutarla. La mamma di Marco lascia l’intera famiglia col cuore a pezzi. Tuttavia madre e figlio continueranno a scriversi spesso, e Marco racconterà ogni minimo dettaglio della sua vita, fino a quando non riceverà più lettere dalla madre, questo dopo un anno dalla partenza. Marco si preoccupa, nonostante l’età è un bambino maturo, con un carattere che sa farsi voler bene da tutti. Contro il volere del padre e del fratello Tonio, decide di partire da solo per l’Argentina, dove si rimboccherà le maniche per cercare sua madre.

Quando Marco arriva in Argentina gli rubano tutti i soldi, in più non vi è alcuna traccia della madre, che sia morta? Pepe e la sua famiglia lo aiutano ad intraprendere il lungo viaggio tra Buenos Aires e Bahia Blanca, dove potrebbe trovarsi sua madre. Niente, della madre nemmeno l’ombra. In più il lontano parente Francesco Merelli è il responsabile della sparizione delle lettere che la madre inviava sempre a Marco, il quale non le riceveva. Tornato a Buenos Aires, Marco ritrova tracce della madre, e viaggiando da una città all’altra riesce finalmente a riabbracciarla, scopre che la madre è gravemente malata. La donna deve affrontare un’operazione che potrebbe salvarle la vita e la presenza di Marco l’aiuterà molto. Finalmente madre e figlio ripartono per Genova, nel frattempo Tonio è diventato ingegnere, il padre ha quasi finito di pagare i suoi debiti e Marco sogna di diventare dottore. Un giorno forse torneranno tutti insieme in Argentina per riabbracciare tutti gli amici che hanno aiutato Marco e sua madre.

Doppiatori: Fabrizio Vidale (Marco), Oreste Baldini (Tonio), Silvia Pepitoni (la mamma Anna), Dario Ghirardi (il padre Pietro).

30 LULU’ L’ANGELO TRA I FIORI

Personalmente rispetto al passato non amo questo genere di anime, con protagonista una maghetta o streghetta, come “Bia, la sfida della magia” o “Lalabel”, forse gli autori di questi anime si sono ispirati ai telefilm americani degli anni 60 come “Vita da strega” e “Strega per amore”. Tuttavia “Lulù l’angelo tra i fiori” è carino per via dei personaggi, che ricordano molto, -anche per via dei doppiatori- i personaggi in “Candy Candy”, la sigla è affidata anche in questo caso ai Rocking Horse. L’anime di “Lulù, l’angelo tra i fiori” è inferiore a “Candy Candy”, - che ritengo nel suo genere un vero capolavoro-, “Candy Candy” naturalmente non ha niente a che fare con le maghette e quindi con la magia. Lulù è in pratica Candy Candy in versione maghetta –anche se in realtà Lulù è una terrestre che assume i super poteri tramite una spilla affidatale dal cane Dundù e dal gatto Nanà-, Celi è un miscuglio tra Antony, Terence e Albert –i tre di Candy-, Togenisha sembra Lady Oscar incattivita –non a caso ha la voce di Cinzia De Carolis-, il procione gigante o uomo procione Yavoque è una sorta di Clean di Candy e il Telegattone di “Superclassifica show”, insomma, ce né per tutti i gusti, con diversi ingredienti.

La cosa positiva è che Lulù durante il suo viaggio da un paese all’altro è sempre pronta a portare amore, aiutando il prossimo. Non solo, anche il giovane fotografo Celi fa la sua parte, regala sempre dei semi di fiori ad ogni persona aiutata da Lulù, per ricordar loro la lezione imparata. Come ad esempio nel primo episodio “Due strani amici”, Lulù ferma improvvisamente il treno perché vede in lontananza una casa in fiamme, i passeggeri del treno si ribellano, convinti che il viaggio debba continuare ugualmente, Lulù insiste chiedendo soccorso, di fronte a tanto egoismo la ragazza decide di scendere dal treno ed aiutare da sola la famiglia in difficoltà tra le fiamme, la segue Dundù e Nanà, non solo, al suo fianco c’è Celi. Lulù punta la sua spilla verso un fiore, pensa intensamente ad una tuta infiammabile ed ecco che si trasforma in una super eroina che sfida il pericolo, salvando il bambino tra le fiamme. La seguono Celi e il papà del bambino. Presi dal rimorso i passeggeri chiedono di tornare indietro per aiutare a spegnere il fuoco. Finalmente gli uomini collaborano fra loro. Alla fine tutti risalgono sul treno tranne Celi, che regala alla famiglia dei semi di Verbena, il fiore simboleggia lo spirito di cooperazione. Ogni fiore ha il suo significato ed è in tema con l’episodio, ed ogni episodio insegna qualcosa, oltre ad amare i fiori. Celi stesso è un ragazzo sensibile, che salva i fiori dalla rotaie e questo è apprezzato molto da Lulù, che si innamorerà del ragazzo. Nel 50° ed ultimo episodio “Felicità piena di fiori”, lo scopo di Celi è quello di far amare i fiori a tutti gli uomini sulla terra. Sarà questa la sua missione una volta tornato sulla terra, con un lieto fine: Lulù e Celi abbracciati, per sempre insieme e felici.

Ma torniamo all’inizio della storia: gli spiriti delle piante vivevano felicemente sulla terra con gli uomini, ma cominciarono ad emigrare dal momento in cui gli esseri umani diventarono avidi e crudeli, così gli spiriti delle piante migrarono verso un nuovo mondo, che chiamarono “Stella dei fiori”. Fino a qui sembra una fiaba per bambini. Tuttavia sulla terra rimasero terrestri dall’animo buono che avevano conosciuto il vero significato dell’amore. Dundù e Nanà vengono mandati sulla terra con le sembianze di cane e gatto parlanti, e questo creerà a loro diversi problemi con la gente,

31 per vivere in pace dovranno fare molta attenzione, ed evitare quindi di parlare in presenza di terrestri. Sulla Terra dovranno cercare il “Fiore dei Sette Colori”, che permetterà di far salire al trono il nuovo sovrano della “Stella dei fiori”. Solo una persona discendente sia dagli spiriti dei fiori, che dagli uomini potrà aiutarli a trovare il “Fiore dei Sette Colori”, questa persona è “La ragazza dei fiori”. Così Dundù e Nanà cominciano a cercarla, fino ad arrivare a Lulù, una ragazzina di 15 anni, è lei “La ragazza dei fiori”! Una ragazza orfana –tanto per cambiare- che vive in Francia con i nonni. Lulù, Dundù e Nanà attraverseranno così tutta Europa, perseguitati da Togenisha – o Togenicha- e Yavoque, della tribù dei Fiori Spinosi –non ne avevamo dubbi-. Tanta fatica per nulla, alla fine Lulù scoprirà che non doveva poi andare molto lontano, il “Fiore dei Sette Colori” sboccerà nel giardino dei nonni, fra gli altri fiori. Il Fiore è sbocciato probabilmente tramite l’energia scaturita dall’amore di tutti i semi spediti a Lulù da parte di ogni persona incontrata durante il viaggio in giro per l’Europa, quindi è l’amore la chiave di tutto.

Lulù andrà per la prima volta sulla “Stella dei fiori”, su una carrozza che ricorda Cenerentola, in compagnia di Dundù e Nanà con le reali sembianze –erano più carini come cane e gatto-. Lì la ragazza incontrerà i sovrani che come ricompensa vorranno farla sposare al loro figlio, che diventerà il nuovo sovrano. Lulù si rifiuta, perché ama un altro ragazzo sulla terra, si tratta di Celi naturalmente. Colpo di scena! Arriva Celi, è lui il figlio maggiore dei sovrani che Lulù dovrà sposare, e non il fratello più piccolo. Sulla vera identità di Celi erano all’oscuro persino Dundù, Nanà, Togenisha e Yavoque. A malincuore Lulù rifiuta, non vuole abbandonare i nonni sulla Terra. Per amore Celi rifiuta al trono, cedendolo al fratello, così potrà partire con Lulù verso la terra e sposarla.

E i terribili Togenisha e Yavoque? Torneranno anche loro sulla terra ma alla ricerca di nuovi seguaci, forse Togenisha vorrà diventare la regina della Terra? Sicuramente il suo piano fallirà, finendo per litigare con Yavoque, che si mangerà per un’ennesima volta la coda per la rabbia. Già me lo immagino.

L’anime è del 1979, è di Shiroh Jinbo, ed è stato trasmesso in Italia nel 1981.

Nomi originale dei personaggi: Lun Lun (Lulù), Serge (Celi), Nubo (Dundù), Cat (Nanà), Yaboki (Yavoque).

Doppiatori: Laura Boccanera (Lulù), Massimo Rossi (Celi), Vittorio Di Prima (Dundù), Liliana Sorrentino e Rosalinda Galli (Nanà), Cinzia De Carolis (Togenisha), Franco Latini (Yavoque)

KISS ME LICIA E CRISTINA D’AVENA

Devo ammettere che “Kiss me Licia” non è tra i miei anime preferiti, anche se mi divertono molto ancora oggi Marrabbio –sia di nome che di fatto- padre di Licia, e il gattone Giuliano. Negli anni 80 aveva gli ingredienti giusti per avere il successo che poi ha avuto, soprattutto in Italia: musica, romanticismo, comicità. Era il primo anime sulla musica, anche se non era l’unica protagonista – che faceva quasi da contorno-. La protagonista era per l’appunto Licia, ragazzina acqua e sapone, ingenua, dallo sguardo sognante, di 18 anni –gliene darei 14-, orfana di madre, vive con il padre Marrabbio, con il quale lavora tutto il giorno nel piccolo ristorante “Mambo”, specializzato in

32 polpette – in realtà nella versione giapponese la specialità del locale è l’okonomiyaki, tipico piatto agro-dolce giapponese –.

Anacleto Marrabbio è un uomo di vecchio stampo, sembra un siciliano degli anni 50, dal carattere sanguigno, forte, severo, iperprotettivo con Licia -anche troppo-, possessivo. Per lui Licia è una bambina e lo sarà sempre. Questo è secondo me il personaggio più simpatico della serie, assieme al gattone, -il più grasso che abbia mai visto- di nome Giuliano. Il gatto odia tutte le donne, tranne Licia. È un ex gatto randagio, tradito dalla prima gattina che ha amato, è molto scontroso, scettico, pensa ad alta voce con delle battute esilaranti. Fa subito amicizia con Marrabbio per via delle polpette. Il suo padroncino è il bimbo dai capelli ricci, di color blu (?!) di nome Andrea, fratellino del cantante Mirko dei Bee Hive [Beehive tutto attaccato significa “Alveare”], con il quale vive in un appartamento, sono orfani. Andrea è molto solitario e vede in Licia la mamma che avrebbe sempre voluto.

Nell’anime non manca la storia d’amore che faceva sognare le ragazzine e che un po’ irritava noi ragazzini di allora. Licia si innamorerà di Mirko, cantante biondo dal ciuffo riccio e rosso, che ricorda anche nel modo di vestire quei cantanti glam-pop-rock degli anni 80. Non si può non pensare a David Bowie e a John Taylor bassista dei Duran Duran. Musicalmente è molto pop italiano, almeno nella versione italiana. Marrabbio naturalmente è contrario a questi musicisti rock, cappelloni, effeminati e scansafatiche, come li definisce. Lui tra l’altro ama la musica tradizionale giapponese, se fosse stato italiano avrebbe amato sicuramente Claudio Villa e Nilla Pizzi, o il folklore italiano. All’inizio dell’anime Licia è innamorata dell’altro componente dei Bee Hive, il tastierista e cappellone Satomi. La sua folta chioma ricorda quella di Brian May chitarrista dei Queen, l’unica differenza è il colore, quello di Satomi è tra il viola e il blu. Nel manga Licia nei primi numeri pensava addirittura che Satomi fosse gay. I Bee Hive sono cinque componenti, come la maggior parte dei gruppi anni 80. Tra un tour e l’altro i Bee Hive diventano sempre più famosi in Giappone e alla fine della serie dovranno suonare persino in America. Nell’ultimo episodio, con molta difficoltà Marrabbio accetta finalmente la storia d’amore tra Licia e Mirko –nel manga addirittura i due hanno consumato una notte d’amore- , ed impone ai ragazzi di fidanzarsi ufficialmente –nel manga propone a loro di sposarsi- . Come prova d’amore Mirko è disposto ad abbandonare la sua carriera di musicista per stare al fianco di Licia, e questo viene molto apprezzato da Marrabbio. Nell’ultimo episodio non vuole più partire per gli Stati Uniti, Licia però cerca di farlo ragionare e si arriva ad un compromesso: Mirko partirà con i Bee Hive per l’America, solo dopo essersi fidanzato ufficialmente con Licia. Così finisce la storia.

I fans italiani insoddisfatti proposero un seguito alla serie animata, così la Fininvest –o Mediaset- decise di realizzare una serie di telefilm con personaggi in carne ed ossa, doppiati dagli stessi doppiatori dell’anime. La parte di Licia sarà affidata alla cantante della sigla Cristina D’Avena. Il telefilm si intitola “Love me Licia” del 1986, ed avrà un tale successo che verranno realizzate altre tre serie: “Licia dolce Licia” 1987, “Teneramente Licia” 1987 e “Balliamo e cantiamo con Licia” 1988. Anche gli album con le canzoni avranno un tale successo, che arriveranno ai primi posti della

33 Hit Parade –classifica dei dischi più venduti-. Le quattro serie del telefilm sono talmente imbarazzanti secondo me che faccio fatica a guardarle anche solo per pochi minuti, per non parlare poi dei personaggi, l’ riuscito meglio è proprio … Marrabbio, identico a quello dell’anime, sembra sia uscito dell’animazione per materializzarsi in un uomo in carne ed ossa, con gli stessi baffetti e le stesse espressioni. Complimenti all’attore Salvatore Landolina e al doppiatore Pietro Ubaldi, che ha doppiato pensate un po’ anche… il gattone Giuliano!

Cristina D’Avena dopo aver interpretato le quattro serie sarà la protagonista del spin-off “Arriva Cristina”. Nell’ultimo episodio di “Balliamo e cantiamo con Licia”, Licia riceve una telefonata da Cristina –sdoppiata per l’occasione- che le annuncia che sarà la cantante di una nuova band, anticipando così la nuova serie. I Bee Hive, che oltre ad essere attori sono anche musicisti continueranno a pubblicare dischi con quel nome, anche negli anni più recenti, con il nome “Bee Hive Reunion”.

I veri nomi dei personaggi: Yaeko detta Yakko (Luciana detta Licia), Go Kato (Mirko), Hashizo Kato (Andrea), Giuliano (Giuliano), Satomi Okawa (Satomi), Shigemaro “Shige-san” Mitamura (Anacleto Marrabbio).

I doppiatori: Donatella Fanfani (Licia), Ivo De Palma (Mirko), Paolo Torrisi (Andrea), Pietro Ubaldi (Marrabbio e Giuliano), Gabriele Calindri (Satomi).

L’anime è di Kaoru Tada, trasmesso in Giappone nel 1983 e in Italia nel 1985, tratto dal manga del 1982.

Il titolo originale del manga e dell’anime è “Love me Knight”, che significa “Amami mio cavaliere”, cambiato in “Kiss me Licia”, che significa “Baciami Licia”.

DALTANIOUS DAL FUTURO! ANNO… 1995 (?!)

Ennesimo anime genere robotico “Daltanious”, proiettato in un futuro lontano –il … 1995, per noi è già passato- con la terra minacciata da extraterrestri invasori. Kento e compagni sono costretti a rubare cibo, perché la terra ridotta ormai alla fame. Kento si riscatterà agli occhi di Dani e Sanae, diventerà il pilota di Daltanious! Ma ciò avviene all’improvviso, senza alcuna preparazione. Kento e co. si trovano in una grotta che porta a una base sotterranea, comandata da uno strano personaggio, con barba e capelli lunghi e grigi – nell’aspetto ricorda Leonardo da Vinci- , il Dottor Earl, il quale costringe a questo punto Kento e Dani a pilotare il robot Antares (Kento) e il Jet Giumper (Dani). Il robot Antares diventerà il mitico Daltanious! La trasformazione degli abiti civili dei ragazzi in tuta spaziale è strana, non si cambiano nemmeno, ci pensa un raggio a trasformarli e questo solo nei cartoni giapponesi poteva succedere. I nemici sono altrettanto strani, ricordano vagamente i nemici del Grande Mazinga, ce n’é uno assai ridicolo con un fungo gigante al posto della testa ed un occhio incastrato al centro, sono gli alieni Akron.

34 Io ricordo però Daltanious con un enorme testa di leone sul petto, questa non si vede sino al terzo episodio “Il ritorno di Beralios”. Nei primi due episodi Kento non è ai comandi di Daltanious, ma del robot Antares, che ricorda: Zorro, per via della mascherina; Daitarn 3 – l’autore è lo stesso- entrambi hanno un naso e una bocca; ed infine i tre moschettieri, il robot ha una croce sul petto, una sul braccio destro ed una sul braccio sinistro. Il nome Daltanious però è ispirato a D’Artagnan. Nel terzo episodio entra in scena il leone meccanico Beralios, che unendosi ad Antares e al Jet Giumper formerà l’intero robot Daltanious, al grido “Trasformazione totale!”. Alla fine dell’episodio e soprattutto nel quarto episodio “Vivere da principi”, Kento viene a sapere dal Dottor Earl di essere il principe del pianeta Helios, il ragazzo è il nipote dell’imperatore Nishimura. Tuttavia Kento si rifiuta di vivere da principe, andando contro il volere del Dottor Earl.

Nell’episodio 38 “Il ritorno di Harlin”, Kento riabbraccia finalmente suo padre Harlin, che credeva morto, e nell’ultimo 47° episodio “La tragedia di Ormen”, distrutto il nemico, il padre Harlin decide di fondare una grande repubblica galattica, invece di restaurare l’antico impero Helios: “Comincerà una nuova era. Mi impegnerò per stabilire l’unione di tutti i pianeti, in una grande repubblica galattica”. Queste sono le parole di fronte ad uno sbigottito Dottor Earl. Kento e i suoi amici invece vivranno sulla terra, dove si occuperanno della ricostruzione del pianeta.

L’anime è di Yoshiyuki Tomino, trasmesso in Giappone nel 1979 e in Italia nel 1981. È un anime con molti colpi di scena e lo ritengo assai più interessante di “Daitarn 3”, non capisco perché non ha avuto lo stesso successo, Daitarn è oggi considerato un cult, alla pari della trilogia di Go Nagai [Goldrake e i due Mazinga], invece Daltanious, per quanto fu un grande successo nel 1981, oggi viene ricordato come uno dei tanti anime robotici “Mecha”.

Curiosità: Daltanious è il primo robot ad avere una componente animale. Per la serie i migliori doppiatori italiani degli anni 80, come: Massimo Rossi, Laura Boccanera, Fabrizio Mazzotta, Renzo Stacchi e Romano Malaspina. È la prima volta – e forse l’unica- che si sente Massimo Rossi doppiare – ed anche molto bene- il pilota di un robot, eravamo abituati a sentirlo nei panni di Ryu, di Terence (Candy), di Andrè (Lady Oscar) o di Goemon (Lupin). Romano Malaspina da eroe, (Actarus ed Hiroshi Shiba), si è calato in questa serie nel ruolo di nemico cattivo, doppiando il crudele Supremo Kloppen.

Doppiatori: Massimo Rossi (Kento), Oliviero Dinelli (Dani), Dario De Grassi (Dottor Earl), Laura Boccanera (Sanae), Corrado Conforti (Manabue), Fabrizio Mazzotta (Jiro), Gino Pagnani e Renzo Stacchi (Toragora) Vittorio Di Prima (Principe Harlin, padre di Kento), Romano Malaspina (Supremo Kloppen).

MIMI’ MICERI O MIMI’ AYUHARA?

“Mimì e le ragazze della pallavolo” è molto meglio di “Mimì e la nazionale di pallavolo”, nostro parere personale. Le due Mimì non sono la stessa persona, quella della serie qui presente si chiama Mimì Miceri, in giapponese Mimì Hijiri, l’altra si chiama invece Mimì Ayuhara. L’anime è del 1977, trasmesso in Italia nel 1982, ed è di Shiroh Jinbo. Alcune voci nel doppiaggio sono ridicole, come la voce del narratore, in certi punti sembra … castrato. La voce di Monica Caudieri è

35 indovinata per Mimì, in più per una volta Laura Boccanera non doppia la protagonista, e nemmeno un personaggio buono, ma quell’antipatica di Jenny. Finalmente qualcosa di diverso.

La nostra Mimì vuole formare una squadra di pallavolo, anzi, vuole riaprire il club di pallavolo Tachibana, ma è ostacolata da … un fantasma. O meglio, le altre ragazze, saputa la storia della tragica morte di un’allieva, rifiutano di iscriversi, perché influenzate dalle voci in circolazione che vogliono far credere che si aggiri il fantasma nella sede del club. Con tanta fatica Mimì riesce a formare una squadra di sei persone. Quell’antipatica di Jenny accetta di iscriversi ad una condizione: diventare il capo squadra, e quindi occupare il posto di Mimì, la ragazza accetta di cederle il posto, ignorando che Jenny non ha alcuna intenzione di seguire la squadra. Ha accettato solo perché così potrà starsene a braccia conserte senza fare nulla, stranamente non ha l’ambizione di dare ordini e quindi di comandare. Mimì e le altre ignorano però che Jenny sa giocare molto bene a pallavolo, inoltre non sanno nulla della ragazza, che nasconde qualcosa, ed è piuttosto misteriosa. Una squadra di pallavolo che non sa nulla del loro capitano, dimostra che manca l’affiatamento fra loro, e questo è un punto debole a loro sfavore. Inoltre a Jenny non importa nulla della squadra, è Mimì la vera leader a portare avanti il gruppo. Jenny comincerà a fare sul serio nel 4° episodio “La prima partita”.

Alle ragazze viene offerta un’opportunità, quella di giocare contro una squadra di soli uomini e per giunta marinai. Mimì e le altre accettano, è un modo per mettersi alla prova, Jenny è contraria, crede sia prematuro giocare contro una squadra avversaria, poiché alle ragazze manca l’esperienza. Mimì è del parere contrario, è convinta che non sia importante vincere, bensì partecipare, divertirsi ed imparare. Una sconfitta può essere istruttiva, spesso si impara dagli errori. Jenny invece pensa che un incontro si accetti solo con lo scopo di vincere.

L’incontro ha inizio, i marinai partono svantaggiati, le ragazze sembrano più agguerrite, così ad un certo punto i marinai decidono di fare sul serio, se vincono acquisteranno le divise. Perdono le ragazze. Mimì non si scoraggia e i marinai ringraziano per aver avuto l’opportunità di battere una squadra femminile ben preparata. Si dimostreranno generosi, rifiuteranno le divise e doneranno alle ragazze il denaro per le nuove divise. Nell’11° episodio “Il passato di Jenny” scopriremo molte cose su Jenny. Durante un incontro Jenny non riuscirà a dare il meglio di se, a causa di un incendio all’esterno del palazzetto dello sport che le ricorderà il suo terribile passato. Quando sua madre in casa rimase intrappolata tra le fiamme, nessuno l’aiutò per salvarla, tranne Jenny, che vista la codardia e l’egoismo della gente, si decide di correre verso sua madre. Il padre non era presente in quel momento, perché impegnato col lavoro. Jenny fu salvata proprio dall’allenatore della loro squadra, il professor Michael O’ Hara –la voce “castrata”- , purtroppo la madre morì. Ecco perché Jenny non riesce a battere i suoi avversari, la sua squadra rischia di perdere a causa sua. Mimì cerca più volte di aiutarla, ma Jenny rifiuta il suo aiuto, non vuole l’aiuto di nessuno. L’incendio che uccise sua madre le ha tolto la fiducia verso il prossimo, per questo motivo Jenny è sempre scontrosa, antipatica e diffidente. Inoltre ignora che le salvò la vita proprio il professor Michael O’ Hara. Il padre di Jenny che sta assistendo l’incontro alla tv, vede sua figlia in difficoltà e decide di correre da lei.

36 Durante questo episodio succedono un po’ di cose strane, forse per via del doppiaggio, il padre invoca Allah L’Onnipotente –ma è musulmano?- il grassone Sankiki passa dal sacro al profano, scoraggiato per la partita fa una pessima battuta su Dio, per poi invocare Allah, , Krishna, tutti insieme. Inoltre diversi doppiatori prestano la voce a più personaggi –compreso il “castrato”- , forse per risparmiare sui costi? Ecco, questo è il primo caso in cui sarebbe meglio che doppiassero di nuovo questo anime, di solito siamo contrari al ridoppiaggio. È un vero peccato, la storia è bella, ma il doppiaggio scoraggia nel vedere l’intera serie. L’abbiamo fatto, solo per poter recensire l’anime. Il padre di Jenny incarica Sankiki di dare il suo messaggio a Jenny, in questo modo la ragazza trova le forze per continuare l’incontro con ottimi risultati. Mimì e le ragazze scoprono la verità su Jenny, sentendo per caso la conversazione tra il padre di Jenny e il professor O’ Hara, e chiedono scusa a Jenny, che sentendosi umiliata corre via. Questo causa molti problemi, le ragazze adesso sono senza il loro capitano, che si rifiuta di tornare a scuola e di rimanere nella squadra. Il numero si riduce a cinque elementi, ciò è impossibile per una squadra di pallavolo, che si vede costretta a dividersi. Rimane solo Mimì, che nonostante tutto continua da sola gli allenamenti. Sotto il suggerimento di O’ Hara, Mimì va a trovare Jenny. Avrebbe voluto farlo prima, ma conoscendo il carattere imprevedibile di Jenny, che avrebbe pensato non ad una visita di cortesia, bensì ad una visita con lo scopo di farla tornare in squadra, ha rinunciato più volte Mimì nell’andare a trovarla. Finalmente Jenny e Mimì diventano amiche, e questo giova molto all’intera squadra. Jenny decide così di restituire il ruolo di capitano a Mimì, la persona più adatta. Purtroppo il grande affetto di Mimì verso Jenny rovina tutto. Mimì vuole che sia Jenny ad avere l’apprezzamento di tutti, questa sarà la causa dello scarso rendimento di Mimì e dell’intera squadra. Fortunatamente Mimì verrà ripresa da O’ Hara che la convincerà a tornare in se, in questo modo la sua squadra ne uscirà vincente, come avremmo modo di vedere nel 23° ed ultimo episodio “Campioni!”. Doppiatori: Monica Caudieri (Mimì), Laura Boccanera (Jenny), Leo Valeriano (professor ‘O Hara e Sankiki), Gabriella Andreini (Karin).

GAIKING NON E’ GAKEEN

Dopo Goldrake, i Mazinga, Jeeg, Daitan 3 e Gundam le emittenti private tra il 1979 e il 1982 continuavano a trasmettere quasi esclusivamente serie robotiche in modo ossessivo. Era veramente

37 un “lavaggio del cervello”, noi li guardavamo tutti, solo che, alla fine, cominciavano a stancare anche noi. Proponevano più o meno le stesse idee e ognuno di questi robot somigliava a questo o a quell’eroe d’acciaio. Le serie minori che guardavamo –fra le tante- sono: Zambot 3, Baldios, Astro robot, Trider G7, Space Robot, Jet Robot, e Gakeen dai nomi quasi simili. Il primo nell’aspetto è simile a Mazinga, Goldrake + Daltanious. Il secondo ricordava Gundam più qualcos’altro. “Gaiking il Robot Guerriero” è del 1976, trasmesso in Italia nel 1982 da Telecity (44 episodi). L’idea era di Go Nagai, questo spiega la somiglianza con i robot nagaiani, idea poi abbandonata per via della rottura dei rapporti tra Nagai e la . La regia è di , dietro all’anime c’è un lavoro di gruppo addetto alla: sceneggiatura, character design e all’animazione, tra i molti citiamo Akio Sugino nell’Animazione, character designer di “Rocky Joe”, “Jenny la tennista” e “Occhi di gatto”. Solito attacco della terra da parte del nemico, in questi casi di Black Darius, aiutato dai Grandi Quattro e dall’Armata dell’orrore nero. A difenderla c’è Gaiking, pilotato da Sanshiro e progettato dal Professor Daimoni. Il nostro eroe alla fine distruggerà tutti, poiché il bene vince sul male. Perché Sanshiro accetta di pilotare Gaiking? Per vendicarsi dell’attacco delle Armate dell’orrore nero i quali gli hanno procurato una ferita al polso che gli ha impedito di proseguire nella sua carriera di giocatore di baseball. Ad affiancarlo nella lotta contro il nemico invasore c’è: Pete, capitano nell’equipaggio del Drago Spaziale; Sakon, il quale sostituisce Daimoni; Yamatake, pilota del Bazoora; la dolce Midori e molti altri. Nell’edizione home video della Yamato hanno cambiato i titoli degli episodi.

( Nella foto Sanshiro e Pete)

Più originale ed interessante è la serie “Gakeen, magnetico Robot” o “Gackeen, il robot magnetico” del 1976 (39 episodi) e trasmesso in Italia da Telenova nel 1980. La trasformazione avviene per la prima volta tra l’unione dei corpi di un uomo (Takeru Hoyo) e di una donna (Mai). Takeru diventa l’Uomo Magnete Plus e Mai diventa l’ Uomo Magnete Minos, che unendosi diventano una parte del Gakeen. Il resto dei pezzi vengono lanciati dal Dottor Kazuki, padre di Mai. Takeru è esperto di karatè, ottenne straordinari poteri per via di un fulmine che colpì lui e la madre, la quale perse la vita. Il ragazzo così ha una potente resistenza all’elettricità. Altri collaboratori: Hitoshi, pilota del jet Delivery; Futoshi, controparte di Hitoshi e pilota anch’esso del jet Delivery. Mai è stata addestrata dal padre e sottoposta ad esperimenti per diventare l’Uomo Magnete Minos, tutto questo per sconfiggere il nemico (gli Izariti). La serie è ideata da Shinobu Urakawa e Tomoyoshi Katsumada. Buon lavoro di sceneggiatura e disegni ben curati. Forse meritava di più.

38 Sotto la trasformazione di Gakeen

39 IL “PADRE” DI CAPITAN HARLOCK CREA DANGUARD!

Ultimo anime sui robot presenti in questo libro è “Danguard”. Non potevamo non concludere con l’unico robot di , “padre” di Capitan Harlock, infatti alcuni personaggi nelle due serie sono molto simili. L’anime è di Leiji Matsumoto con Dan Kobayashi, è del 1977 ed è stato trasmesso in Italia la prima volta nel 1978, anche se ha raggiunto la popolarità agli inizi degli anni 80.

Lo scopo del gruppo di ricerca capitanato dal dottor Galax è quello di raggiungere il decimo pianeta del sistema solare, Prometeo è il suo nome. Questo per sfruttare le risorse naturali del pianeta per garantire un futuro per l’umanità. Anche il malvagio scienziato Doppler è interessato a Prometeo, per ben altre ragioni: fare del pianeta una patria per una razza nuova di eletti. Così manda contro la base del dottor Galax dei mostri per distruggerla. La storia inizia 10 anni prima, quando Doppler organizza un attentato contro una navicella pilotata dal capitano Cosmos per la prima “missione Prometeo”, Cosmos viene considerato dai più ignoranti un traditore, in realtà non lo è mai stato, inoltre è il padre di Arin, futuro pilota di Danguard. Cosmos muore nello spazio lasciando Arin orfano. Il ragazzo cresce tra gli insulti della gente, che lo considera “figlio del traditore”, inoltre non dimenticherà mai la morte del padre. Passano dieci anni ed Arin diventa un giovane pilota promettente, il suo sogno è quello di pilotare Danguard. Durante la serie incontrerà un uomo con la maschera d’acciaio, fuggito dalla base di Doppler, si rifugerà nella base del dottor Galax, conquisterà la stima di tutti, di Galax compreso, e diventerà l’istruttore dei giovani piloti, fra questi Arin. L’uomo con la maschera ha perso la memoria, non ricorda nulla del passato, quindi deciderà di farsi chiamare “Mister X”, ribattezzato “Capitan Dan” dal dottor Galax. “Dan” sono le iniziali di “Danguard”. Dopo alcuni episodi Arin potrà finalmente pilotare il robot Danguard, che distruggerà i mostri di Doppler. Il robot ha il naso e la bocca come Daitarn 3 e Daltanious.

Dopo un’esplosione il Capitano Dan riacquista la memoria, ma terrà segreta la sua identità, ne è a conoscenza solo il dottor Galax. Il Capitano Dan non è altri che il padre di Arin! Rivelerà la sua identità solo quando il figlio diventerà un bravissimo pilota. Nel 33° episodio “Le truppe di Doppler all’attacco”, il Capitano Dan rischia di nuovo la vita, in un esplosione si distrugge la maschera che gli copriva il viso. Arin corre verso il suo capitano con il viso annerito per via dell’esplosione, Arin gli pulisce il viso con la mano e cosa rivede davanti a se? Il volto di suo padre. Il Capitano Dan/ Cosmos è simile nell’aspetto a Capitan Harlock, ha persino la cicatrice, solo che non porta la benda su un occhio, ma un paio di baffoni anni 70 sulle labbra, ed Arin è simile a Tadashi, assistente di Harlock. Cosmos viene riportato alla base nell’episodio successivo “Lacrime di Arin”. Arin è confuso ed anche arrabbiato, si chiede perché gli hanno nascosto la vera identità del Capitano Dan. Il dottor Galax gli rivela il motivo. Emozionante quando Arin corre dal padre, gli toglie le bende

40 che ricoprono il viso, solo per rivedere il volto che aveva visto da bambino. L’uomo viene operato, ma solo il 10% ha probabilità di salvarsi. Arin urla disperato. Tuttavia continua a lottare contro Doppler, perché questo è il volere del padre, continuare nonostante tutto. Nel 35° episodio “La stella di Dan brilla sempre” il padre di Arin muore, la sua salma vagherà nello spazio, per Arin sarà una stella che non smetterà mai di brillare.

Ma veniamo al 56° ed ultimo episodio “La meravigliosa stella della libertà”. Doppler impazzisce, abbandona i suoi uomini e muore schiantandosi contro Prometeo, - qui ricorda la fine di re Vega in “Atlas Ufo Robot”-. L’anime finisce con Arin e co. che vanno a vivere felici su Prometeo.

Quasi tutti i nomi dei personaggi –come è successo con “Atlas Ufo Robot/Goldrake” sono stati cambiati con il doppiaggio italiano.

Arin si chiama Takuma Ichimonji, Cosmos si chiama Dantetsu Ichimonji, il Dottor Galax in giapponese è Dottor Oedo, Nova in origine è Lisa Kirino, Tony è Hideto Oboshi, Kudon è Gudon, Katula è Kanaya, Kauban è Kubo, Sigma è Hechi Fuku, il Colonnello Fritz Arkhen è Tony Harken.

Nel 1977 e nel 1978 in Giappone sono usciti due cortometraggi: “Il Robot planetario Danguard A contro l’esercito degli insetti robot” e “Danguard A: la grande battaglia nello spazio”, inediti in Italia.

Doppiatori: Paolo Torrisi (Arin), Cesare Ferrario (Capitano Dan/ Cosmos), Alarico Salaroli (Dottor Galax), Veronica Pivetti (Nova), Fulvio Ricciardi (Doppler), Augusto Di Bono e Cesare Ferrario (Colonnello Fritz Arkhen).

MEGLIO L’APE MAIA O L’APE MAGA’?

“L’Ape Maia”

Di H. Saito, S. Endò e M. Kaminashi, anime del 1975, co- prodotto dalla giapponese Nippon Animation e dall’astro- tedesca Apollo Film, trasmesso in Italia con grande successo dalla RAI nel 1980. Tratto dal romanzo omonimo dello scrittore tedesco Waldemar Bonsels, pubblicato nel 1912, dal titolo “Die Biene Maja und ihre Abenteuer”, che significa “L’Ape Maia e le sue avventure”, pubblicato anche in Italia nel 2011 da Kappa Edizioni. Nel finale Maia salverà l’alveare, forte della sua esperienza nel mondo esterno. Il finale del romanzo è abbastanza simile all’ultimo episodio della prima serie. Cercando su internet trovo informazioni anche sul secondo romanzo di Waldemar Bonsels “Il popolo del cielo” pubblicato nel 1915, per realizzare l’anime si sono ispirati anche al secondo romanzo.

È un anime istruttivo, che ci trasporta nel mondo degli insetti, è la cavalletta Flip –che sembra un maggiordomo- ad introdurci nella storia. Maia è un ape vivace, molto curiosa, continua ad esplorare, come fanno molti bambini nei primi anni di vita, e vuole conoscere il mondo fuori dall’alveare, non può, essendo ancora molto piccola. La sua maestra è Cassandra, il suo “vicino di

41 banco” è Willi, un piccolo fuco [maschio dell’ape domestica], che diventa il suo migliore amico. Anche l’estroso e simpatico Flip diventa amico di Maia. Tra i personaggi: Alessandro il topo, Kurt lo scarafaggio, Max il lombrico, Tecla il ragno, Puck la mosca e il Colonnello capo militare delle formiche. Crescendo l’Ape Maia visiterà posti nuovi con la compagnia di Flip e di quel pigrone di Willi, che pensa solo a dormire.

La prima serie è composta di 52 episodi, così anche la seconda, di un totale di 104 episodi, solo 94 sono stati trasmessi in Tv. La De Agostini in seguito ha pubblicato tutti i 104 episodi in Dvd. L’ultimo episodio della prima serie dal titolo “Maia torna a casa” potrebbe essere il finale definitivo della storia. Mi è piaciuto molto, davvero un bel finale: Maia torna al suo alveare dopo 1 anno di assenza, nel frattempo ha fatto esperienza vivendo all’esterno, disobbedendo però all’ordine di non allontanarsi. È stata catturata dai calabroni, fa in tempo a fuggire per comunicare il loro piano alle sue amiche api. I calabroni vogliono attaccare l’alveare di Maia. La piccola ape è stanca, fa un lungo viaggio, ed arriva al suo alveare con gli occhi chiusi, seguendo l’istinto, non riuscendo a trovare la strada. Riabbraccia Cassandra e Willi, deve però comunicare alla Regina il terribile piano dei calabroni. Le api si organizzano per l’attacco, Maia adesso deve solo riposare per riacquistare le forze, ma non riesce, con il pensiero di quello che sta per accadere, così si alza e si unisce alla sue amiche, in “barba” a quel fifone di Willi, che scappa di fronte al pericolo, anche se dopo prenderà coraggio. Le api sconfiggono i calabroni, sono salve, Maia viene perdonata dalla Regina per aver lasciato l’alveare per più di 1 anno e le affida il compito di insegnante per i più piccoli, al posto dell’ormai stanca Cassandra.

Il primo episodio della seconda serie si intitola “Alessandro il grande”, l’ultimo episodio mai trasmesso dalla Tv italiana e pubblicato dalla De Agostini si intitola “Due brutti momenti” . Nel 2009 è stato creato un rifacimento della serie, che ho avuto modo di vedere, trasmesso in Italia nel 2012. Si tratta di una co-produzione belga con il titolo “Ape Maia in 3D”. I personaggi sono simili all’anime a noi noto.

Doppiatori: Antonella Baldini (Maia), Fabio Boccanera (Willi), Gino Pagnani (Flip).

“L’Ape Magà”

Purtroppo non è la versione originale trasmessa in Italia nel 1979, dal titolo “Le avventure dell’Ape Magà” che avevo visto, bensì la riedizione del 1995, trasmessa da Mediaset con tanto di censure, tagli e ricuci dal titolo “Un alveare d’avventura per l’Ape Magà”, sicuramente più adatta ad un pubblico infantile. L’unica nota positiva è che in questa versione Magà è un maschio, quindi un fuco, e più fedele all’originale in giapponese, anche se il vero nome non è Magà bensì Hutch. In Italia diedero il nome Magà per fare concorrenza all’Ape Maia, così pensarono di farla passare per femmina, creando un po’ di confusione, soprattutto in certe scene dove si innamora di altri insetti femmine. Magà quindi non è femmina, né ha preferenze per altre femmine, ma è un maschietto. L’anime è di Tatsuo Yoshida, e più datato dell’Ape Maia, è stato trasmesso in Giappone 5 anni

42 prima, nel 1970. È composto di 91 episodi, il primo si intitola “L’Ape Magà comincia a volare”, cambiato per la riedizione del 1995 in “Benvenuto Magà”. La riedizione trasmessa da Mediaset, opera della compagnia di produzione televisiva americana “”, che ha avuto la triste idea di unire la prima e seconda serie giapponese, eliminando molte parti, è composta di 65 episodi. L’ultimo episodio si intitola “Finalmente insieme” cambiato per la riedizione in “Il grande incontro”. Ma veniamo alla storia. Il primo episodio è abbastanza simile al primo e un po’ all’ultimo di “L’Ape Maia”. Nell’ ultimo dell’Ape Maia i calabroni attaccano l’alveare, nel primo dell’Ape Magà sono le vespe ad attaccare l’alveare. In Maia tutto è più leggero e comico, in Magà è tutto più crudo e drammatico. Si vedono le vespe che uccidono le api e mangiano le loro uova. In Maia e Magà c’è la nascita del protagonista della serie, la curiosità di esplorare il mondo esterno, ed in questo le due api sono simili, ma credo sia un fatto del tutto naturale. Per il resto non sono affatto uguali. Innanzitutto i disegni dell’anime di Magà sono superiori a quelli realizzati per Maia, poi Magà è orfano e viene allevato da una femmina di Bombo – tipo diverso di ape- che cresce Magà come fosse un figlio suo, lasciandolo vivere tra i suoi veri figli, i quali nutrono gelosia ed antipatia per Magà, stranamente diverso da loro. Magà spinto dalla curiosità per il mondo esterno infrange il regolamento della madre adottiva uscendo dall’alveare, lo seguono i fratelli adottivi, che finiscono nei guai. Una mantide –credo sia questo l’insetto- cattura una delle sorelle adottive di Magà, tutti fuggono, tranne Magà, che non esita a difendere e salvare la sorellina, la quale proverà riconoscenza per lui. Purtroppo verranno a sapere che Magà non fa parte della loro famiglia, e cominciano a maltrattarlo, solo la sorellina lo difende. A questo punto Magà vuole sapere la verità, la madre adottiva così gli rivela la sue origini: un uovo con dentro Magà si era salvato dall’attacco delle vespe, ed è stato trovato dalla mamma adottiva. Magà così decide di andare alla ricerca della sua vera madre, che non è altri che l’ Ape Regina. Incontrerà nuovi amici, come le farfalle, i topi, i bruchi ed altri tipi di api, li vedrà morire davanti agli occhi. Lotterà contro i ragni, i serpenti, le vespe, le mantidi, i rettili e persino le trappole e i veleni dell’uomo. Alla fine incontrerà la sua vera sorella e poi la sua vera madre. Il finale è positivo. Ecco cosa accade nell’ultimo episodio: i calabroni catturano la madre di Magà, intenzionati a catturare anche Magà, per usarlo come esca ed ottenere il miele. Gettano Magà nella fossa dei serpenti, ma viene salvato da un grosso insetto, suo amico (una mantide?). Alla fine la mantide e Magà organizzano un piano per salvare l’Ape Regina, ed aiutati da tutti gli amici di Magà, conosciuti durante gli episodi della serie, sconfiggono i calabroni e salvano la Regina. Finalmente Magà potrà abbracciare la sua vera madre e vivere con lei felice per tutta la vita. All’incontro sono presenti tutti gli amici di Magà, compreso la madre adottiva e i suoi figli. Per non fare confusione chiariamo che: la prima serie è “Le avventure dell’Ape Magà” del 1970, la seconda “Il ritorno dell’Ape Magà” del 1974, il remake del 1989 è “Di fiore in fiore con l’Ape Magà”, il riadattamento statunitense del 1995 è “Un alveare di avventure per l’Ape Magà” e un lungometraggio trasmesso in Giappone nel 2010 è “Storia di insetti – l’Ape Hutch - la melodia del coraggio”.

Doppiatori originali: Laura Lenghi (Magà), Ilaria Stagni (Maya/ Alli), Antonia Forlani (L’Ape Regina).

Doppiatori riedizione: Marcella Silvestri (Magà), Elisabetta Cesone (L’Ape Regina), Maddalena Vadacca (voce narrante).

43 KYASHAN E HURRICANE POLIMAR

Kyashan e Polimar sono i due androidi creati a metà anni 70, il primo è una produzione ed opera della Tatsunoko, il secondo ideato e prodotto da Tatsuo Yoshi. Due anime originali, non i soliti robot pilotati da persone esperte. Kyashan ( ningen kyashan) è del 1973, Polimar (Hurricane Polymer) è del 1974. Hurricane Polimar è un supereroe stile americano, tipo Marvel. Cominciamo con Kyashan, ecco la Trama: Lo scienziato Azuma –padre di Tetsuya (Kyashan)- costruisce 4 androidi umanoidi, fra questi Briking, che impazzisce dopo un forte fulmine. Briking si ribella e costringe Azuma a costruire robot guerrieri ed assassini, fortunatamente prima di questo Azuma cede alle pressioni del figlio, che diventa Kyashan, super androide che lotta per l’umanità. La madre diventa il cigno robot preferito di Briking, ed informerà Kyashan sulle mosse del nemico. Il cane robot Flender affiancherà Kyashan. Flender è il suo vecchio cane ucciso dai robot, diventato cane robot dai diversi poteri, come trasformarsi in veicoli –come Polimar-. Altra aiutante di Kyashan è la fidanzata Luna. Briking verrà sconfitto ma non si saprà se Kyashan potrà mai tornare Tetsuya. Nella serie di Kyashan, a differenza di altri cartoni giapponesi, mancano personaggi comici, smancerie amorose, si combatte nel mondo reale e la trama prende spunto dalla vita reale: case e città in perfetto stile anni 30-40. Inoltre, in questa storia il Giappone non è il paese protagonista, Kyashan si sposta ovunque e non salva la terra. È si un eroe, ma più reale. Hanno recentemente girato un film con attori umani dedicati all’anime di Kyashan, ma siamo convinti che non sia all’altezza dell’originale.

Ecco la trama di Polimar: Polimar può trasformare il suo corpo in diverse armi: come un sottomarino, un jet o un carro armato, grazie al casco tecnologico. Chi è in realtà Polimar? È Takeshi Onikawara, figlio del direttore dell’Interpol. Takeshi non vuole lavorare con il padre e preferisce indagare a modo suo, così va via di casa con il cane San Bernardo Barone. È solo grazie al casco polimet regalato dallo scienziato Oregasteru prima della sua morte che Takeshi diventa Polimar. Si fa assumere come assistente dall’investigatore privato Jo Kurama ed interviene come Polimar al momento giusto, lottando contro i nemici. Taru sarà la giovane assistente di Polimar. A differenza di Kyashan, nella serie di Polimar si ride molto per la presenza di goffi personaggi.

44 IL SUO NOME E’ KEN FALCO!

Dopo l’invasione dei robot e delle bambine, arrivarono in Italia anche altri anime dai generi più svariati, fra questi lo sport, come: l’automobilismo, la pallavolo, lo Judo, il calcio e tanti altri. Qualcosa di automobilismo e di ciclismo c’era già nella Saga di Mazinga, in “Lupin III”, in “Jeeg Robot”, in “Daitarn 3”, ma non eravamo ancora abituati ad un intero anime di gare automobilistiche: “Il suo nome è Ken Falco, non lo batteranno mai” questo era il ritornello della sigla cantata dai Superobots – gli stessi del “Grande Mazinga”-. L’anime in questione è proprio “Ken Falco” o “Falco il Super bolide”, titolo originale “Machine Hayabusa”, del …1976! Pensavamo fosse meno vecchio, visto che da noi è giunto sugli schermi negli anni 80, disegnato dal grande… Go Nagai –altra sorpresa per noi, non lo sapevamo nemmeno-, per la Toei Animation, in soli 21 episodi. L’Hayabusa Special è la macchina in stile futurista guidata da Ken, progettata da suo padre. Ricorda molto un’aereo. È potente, ed è pilotata da Ken per sconfiggere gli avversari della Scuderia Black Shadow, capitanata da Mr Ayab, che ha ucciso il fratello di Ken. Quindi Ken non dovrà solo vincere per non farsi uccidere, visto che è questa l’intenzione di Mr Ayab, anche di vendicare la morte del fratello. È questo il motivo principale della determinazione del protagonista. Non è affatto un cartone animato per bambini, per quanto fosse proprio quello il pubblico dell’epoca. Il cognome di Ken è proprio Hayabusa, come il nome della macchina e corre per la Scuderia Sayogi, di cui fanno parte anche: Gatentzu, Kamikaze (?!), Mutzu, Yamato e la sorella del proprietario della scuderia, l’intraprendente Sakura. Come tutti i nemici dei diversi anime, Mr Ayab è assai particolare come personaggio e…misterioso. Il nome intero è Ayab Mobil Dick –nome per niente originale- , si tratta solo di un nome inventato da lui stesso –per fortuna- il suo vero nome è Benny Kramer, ex pilota squalificato a vita per aver ucciso ben 13 piloti. Della sua scuderia fanno parte: il Barone Nero, Ryu e Romy -unica donna-. Alla fine della serie Ken sconfiggerà tutti. C’è molta competizione, dinamismo. Davvero una bella serie, che oggi farebbe sorridere per le improbabili armi della Hayabusa Special.

45 KEN IL GUERRIERO

Dopo aver visionato per questo libro più di 36 anime che hanno fatto parte della mia infanzia ed inizio adolescenza, con “Ken il Guerriero” si inizia con una di quelle serie a me quasi sconosciute, e devo dire che è anche stimolante. Ho visto di recente il primo episodio e mi è piaciuto. Ken è dotato di superpoteri, è un guerriero, non solo, è dotato di grande generosità per il prossimo e sensibilità. Queste doti mi hanno stupito, per un anime che ho sempre evitato di guardare per la sua violenza e quindi snobbato. Ma sarà così anche con il resto della serie? Una serie davvero lunga, con un numero altissimo di episodi, fino ad ora è la serie più lunga che abbia mai visto.

L’anime è di e Ashida Toyoo, composto di 152 episodi, un numero impressionante! Conosco persone che li hanno visti tutti, e sanno a memoria i dialoghi, parola per parola. La prima serie è del 1984, la seconda serie è del 1987, ma il grande successo in Italia arriva soprattutto negli anni 90. Infatti “Ken il Guerriero” rappresenta per me gli anni 90, periodo in cui non ero attratto dagli anime trasmessi in Tv, perché li ritenevo inferiori a quelli che ho sempre seguito negli anni precedenti ed amato. È tratto dal manga del 1983.

La storia inizia così: 199X (che anno è?!). “Siamo alla fine del 20° secolo, il mondo intero è sconvolto dalle esplosioni atomiche – dice la voce del narratore- . Sulla faccia della terra gli oceani erano scomparsi e le pianure avevano l’aspetto di desolati deserti, tuttavia, la razza umana era sopravvissuta”.

Questo inizio è presente anche negli episodi successivi della prima serie. Un inizio simile a molti anime robotici o di fantascienza già visti. Proseguiamo. Una banda di guerrieri teppisti, di corporatura possente, che gira per le strade con la moto, la cresta da punk e una “z” segnata sulla fronte semina violenza dappertutto. Si chiama “la banda di Z”, questi teppisti attaccano le persone più deboli. Un uomo cammina solitario per le strade, è Ken, e lotterà contro la prepotenza, a difesa dei più deboli. Affronterà “la banda di Z”, con i suoi super poteri: squarcia i corpi (che schifo), senza procurare ferite, o far uscire sangue. La testa degli sconfitti si gonfia per poi esplodere. Impressionante, anime abbastanza violento assolutamente inadatto ai bambini. Ken e gli altri rischiano di morire di fame, hanno bisogno di acqua –qui mi ricorda “Daltanious”-, rubano quello che possono per sopravvivere. Ken viene così sbattuto in cella, lì conosce un ragazzetto [Bart] e una bambina muta [Lynn]. La bambina fa da guardia, porta ai due l’acqua e da mangiare. È diventata muta dal giorno in cui ha visto con i suoi occhi l’intera famiglia uccisa da gente malvagia. Ken con i suoi poteri le ridà la parola. Incredibile… Ken ha la costellazione dell’Orsa Maggiore come segno sul suo petto. Il potere che la costellazione da a chi nasce sotto il suo segno, come Ken, è terrificante, distruttivo. Il finale del primo episodio è positivo, Ken è perennemente in viaggio per aiutare la gente in pericolo, è un personaggio piuttosto misterioso ed interessante, ma chi è in realtà? Il nome completo è Kenshiro, è il 64° successore della scuola di arti marziali “Divina Scuola di Hokuto” –ecco la spiegazione delle sue mosse durante i combattimenti- . La tecnica di combattimento è abbastanza vicina ai principi dell’agopuntura con effetti devastanti.

46 Bart e Lynn seguiranno Ken nei suoi viaggi, i due ragazzini cresceranno con lui, sempre al suo fianco. Nell’ultimo episodio “Addio, Ken” i poteri di Ken sono aumentati, i disegni peggiorati –Ken sembra un mostro indemoniato- , se non avessi visto il primo episodio avrei sicuramente continuato ad evitare la serie. Però nonostante tutto anche alla fine Ken è un eroe positivo, risparmia la vita al suo più temibile avversario Kaio, che gli chiede il colpo di grazia. In punta di morte si presenta a Kaio suo fratello adottivo Hyo in fin di vita, che gli chiede perdono e muore tra le sue braccia. Kaio con le forze rimaste, un enorme buco nel petto e in lacrime va con Hyo in braccio verso la lava, e muore. Assieme a Ken rimane Bart con in braccio Lynn priva di sensi, sotto l’effetto di una tecnica strana di Kaio. La ragazza a causa di questo, una volta ripresi i sensi, si innamorerà del primo uomo che vedrà davanti a se. Sembra scontato dire che sarà Ken l’uomo di cui si innamorerà, poiché è sempre stata innamorata di lui, sin dal primo incontro, senza alcun bisogno di tecniche, magie o di chissà cos’altro. Ken rifiuta prim’ancora che la ragazza riaprisse gli occhi, non potrebbe renderla felice, in quanto l’uomo sarà sempre in viaggio alle prese con nuovi combattimenti. Insomma, Ken è destinato a combattere per tutta la vita. Così affida Lynn a Bart, sarà lui l’uomo che la ragazza amerà quando riaprirà gli occhi. Nel cuore di Ken c’è Julia, da sempre, la povera donna è morta da tempo a causa di una grave malattia ai polmoni.

Così si conclude la storia, una storia senza fine. Un anime che ha avuto una popolarità pazzesca, ancora oggi. Sono state create successivamente miniserie uscite in Dvd, Prequel, film d’animazione, film live action, videogiochi. Insomma, di tutto e di più.

Doppiatori: Alessio Cigliano (Kenshiro), Graziella Polesinanti, Alessio Cigliano e Massimo Milazzo (Bart), Daniela Caroli (Lynn).

I CAVALIERI DELLO ZODIACO

Altra serie simbolo degli anni 90, da me poco conosciuta come “Ken il guerriero” e le successive. Anche in questo anime i protagonisti sono alle prese con temibili nemici da sconfiggere.

“I Cavalieri dello Zodiaco” è di Masami Kuramada, del 1986, arrivato in Italia nel 1990 e tratto dal manga pubblicato nello stesso anno. Il character design è affidato a Shingo Araki e Michi Himeno, coppia vincente già collaudata con “Lady Oscar” ed in effetti ho notato una certa somiglianza con i personaggi. Il doppiaggio italiano ha aggiunto quella teatralità che all’anime mancava, con tanto di citazioni colte: Ugo Foscolo, Dante, Omero e Leopardi. Inutile dire che questo anime ha avuto un successone stratosferico. Anche questo come “Lupin III”, “Ken il guerriero”, “” e pochi altri, ha avuto un merchandising senza precedenti: card, action figures, videogiochi, magliette, cappelli ecc. Anche qui l’anime inizia con catastrofi, distruzioni, una specie di Apocalisse. Ed ecco l’antica schiera di guerrieri apparire, sono i Cavalieri dello Zodiaco. Mitici eroi devoti ad Atena e protettori della terra. Entra in scena Pegasus di Luxor, uno dei futuri cavalieri dello zodiaco, che per poterlo diventare deve sconfiggere il gigante Cassios,

47 allievo della temibile e mascherata Tisifone, inizialmente nemica di Pegasus e compagni, successivamente sarà un’alleata. Anche qui qualche scena violenta, Cassios nell’aspetto sembra uno della Banda Z in “Ken il guerriero”. Il terribile Cassios perde un orecchio durante il combattimento contro Pegasus, e il “piccolo mocciosetto impertinente” come lui lo chiama, lo sconfigge. Vince così Pegasus che ottiene in questo modo l’armatura di Pegasus –come mai ha lo stesso nome? Mistero, diventando a tutti gli effetti un Cavaliere dello Zodiaco. Tisifone incapace di rassegnarsi per la sconfitta di Cassios, decide di battersi contro Pegasus, il quale non riesce a combattere perché il suo avversario è una donna, riprenderà le forze e durante il combattimento si dividerà in due la maschera di Tisifone, mostrando così il volto. Pegasus è l’allievo della donna mascherata (anche lei?) Castalia, la quale indicherà al ragazzo la direzione verso il porto di Atena, da lì Pegasus raggiungerà Nuova Luxor. Lo scopo di Pegasus è di ritrovare sua sorella Patricia -potrebbe essere Castalia, anche se nella serie non verrà mai confermato-, che non vede da 6 anni. Incontra a Nuova Luxor Lady Isabel la quale non ha saputo più nulla di Patricia e gli propone che se avrebbe accettato di combattere per il grande torneo dove ha inizio la Guerra Galattica, la Fondazione di Lady Isabel si sarebbe impegnata per ritrovare la sorella di Pegasus. Il ragazzo malvolentieri accetta.

La storia di questo anime è piuttosto lunga a complicata da spiegare. Il vero titolo della serie è “”, i cavalieri noti sono i “cavalieri di bronzo”, soprattutto i cinque: Pegasus, Sirio il Dragone, Crystal il Cigno, Andromeda e , seguiti da: Asher, Aspides, Black il Lupo, Lionet, Bear e Nemes. Poi ci sono: i Cavalieri neri, i Cavalieri d’argento, i Cavalieri d’oro, i Cavalieri di Asgard e i Cavalieri di Nettuno. Roba da mal di testa. L’anime inoltre ha alcune differenze con il manga. Nell’ultimo 114° episodio “Il trionfo della giustizia” le catastrofi ed alluvioni cessano e il sole torna a brillare, con i cinque cavalieri sani e salvi. Dopo questa serie è stata realizzata un’altra serie dal titolo “I Cavalieri dello Zodiaco- Saint Seiya- Hades”, tanto per complicare le cose. È del 2002, trasmessa in Italia nel 2008. Si tratta di una trilogia di serie OAV, seguita da un’altra serie del 2014 “Saint Seiya- Soul of gold”, da diversi film d’animazione, Musical, film live action, ecc.

I doppiatori: Ivo De Palma (Pegasus), Andrea De Nisco (Andromeda), Luigi Rosa (Crystal) Pasquale Ruiu, Gabriele Calindri e Marco Balzarotti (Sirio), Tony Fuochi (Phoenix).

DRAGON BALL

Altro anime che mi lascia perplesso, non capirò mai l’enorme successo che ha riscosso. Il primo episodio l’ho trovato piuttosto infantile, saprà nel corso della serie conquistarmi? Siamo di fronte ad un'altra serie con protagonista un eroe che lotta contro il male, fin’ora tra “Ken il Guerriero”, “I Cavalieri dello Zodiaco” e “Dragon Ball” preferisco sicuramente il primo. Il protagonista si chiama Goku, nome completo Son Goku, ragazzino di 12 anni, anche se nell’aspetto mi sembra molto più piccolo, che vive solo immerso nella natura. Non conosce la modernità, non ha mai incontrato una persona, fino a quando fa il suo primo incontro con Bulma. Nell’aspetto Goku mi ricorda una scimmia, non solo, ha una coda che lo differenzia dagli altri esseri umani. Possiede dei super poteri di cui lui stesso ignora di avere, o meglio, sa di averli ma non si rende conto che è fuori dalla norma.

48 “Banzai” è la parola che usa spesso quando combatte. Parla con una sfera che crede suo nonno. L’incontro con Bulma fa quasi ridere, non ha mai visto un altro essere umano, la ragazza ha un radar con se, il “Dragon Radar” che localizza i posti dove potrebbero trovarsi le sfere del drago [“Dragon Ball” significa proprio “Sfera del drago”], e quando incontra Goku continua a segnalare la presenza delle sfere, così Bulma accetta di andare con Goku a casa sua. Lì vedrà la sfera di Goku che comincia ad illuminarsi, perché Bulma ne ha altre due, così la ragazza se ne vuole impossessare, ma Goku è contrario, per lui quella sfera è suo nonno. Bulma gli racconta così la storia delle 7 sfere magiche, chi riesce a trovarle tutte potrà veder realizzare i suoi desideri, e il desiderio più grande di Bulma è …. trovarsi un fidanzato. Pensavamo chissà cosa. Goku accetta di lasciare la sua casetta per seguire Bulma nei viaggi alla ricerca delle sfere. La ragazza viene catturata da una bestia mostruosa ma Goku non demorde e libera Bulma.

Questo è l’inizio dell’anime, di , trasmesso in Giappone nel 1986, ed arrivato in Italia nel 1989. Negli anni 90 “Dragon Ball” ottenne un grandissimo successo –inspiegabile- che dura tutt’oggi. In fatto di episodi supera di una puntata “Ken il Guerriero” di 152 episodi, l’intera serie di “Dragon ball” è composta di 153 episodi, tratti dal manga del 1984. Sono stati realizzati ben quattro film e due sequel [due serie successive] dal titolo “” del 1989 e “” del 2015, non solo, esiste anche una serie creata circa 20 anni prima a quest’ultima ma cronologicamente più avanti, dal titolo “Dragon Ball GT” del 1996.

Tornando alla trama di “Dragon Ball”, Goku incontrerà il Maestro Muten che lo allenerà per poter partecipare al Torneo Tenkaichi, dopodiché proseguirà la ricerca della sfera con quattro stelle, ultimo ricordo del nonno. A questo seguono allenamenti, scontri, ancora allenamenti, tornei –come “I Cavalieri dello zodiaco”- e la morte di Muten. Nel finale il grande scontro tra Goku e Piccolo, vincerà naturalmente Goku, sposerà Chichi, ed insieme lasceranno su una nuvola d’oro l’isola del torneo. Avviene nell’ultimo episodio “Il matrimonio”, dove Goku, ormai grande, con un abito bianco, dello stesso colore della sposa, diventa il marito di Chichi. Che fine ha fatto Bulma? Si è sposata con , il “principe dei saiyan”, inizialmente nemico, poi amico di Goku. Questa serie è basata sul combattimento, è abbastanza violento, ironico, è un anime in stile orientale –ispirato a “Il viaggio in Occidente” dell’autore cinese Wù Chéng’én, del 1590-, ma devo dire che non mi ha entusiasmato e quindi non mi ha fatto cambiare opinione. Includendo “Dragon Ball” in questo libro non significa che l’anime sia migliore di certi anime che non ho inserito.

Doppiatori: Massimo Corizza e Paolo Torrisi (Goku), Beatrice Margiotti (Bulma), Renato Montanari (voce narrante).

ARRIVA NARUTO!

Ennesimo anime sul combattimento, cos’è una moda? “Naruto” inizia con una volpe a Nove Code e con un Ninja (Naruto?) invocato dalla gente per imprigionare lo spirito della volpe. Naruto è un ragazzetto che crede in se stesso, dalla risata stupida da perfetto idiota e che non ha bisogno degli altri, almeno apparentemente,–come dice la sigla- , mi vengono in mente quei ragazzetti che ho visto nei social che si identificano anche troppo con questo personaggio. In certi punti del primo episodio l’anime fa ridere, in altri è più commovente.

49 Naruto è orfano, come il suo amato maestro Iruka, è per questo motivo che il ragazzo fa di tutto per attirare l’attenzione, commettendo bravate. Ruba il rotolo proibito per imparare le tecniche in modo da diventare un vero ninja. Mizuki gli è alle calcagna per impossessarsene, interviene Iruka, che combatte contro Mizuki, rischiando la vita per salvare Naruto. Alla fine sconfigge Mizuki e rivela a Naruto le qualità che il ragazzo possiede per diventare un vero ninja. Alla fine dell’episodio gli regala la fascia che porterà sempre sulla fronte. Naruto Uzumaki insegue il sogno di diventare alla fine un Hokage, il ninja più forte del paese e ci riuscirà. Dopo aver lottato a lungo duramente, otterrà il rispetto degli abitanti e da perfetto ragazzetto idiota diventerà il settimo Hokage.

L’anime è di , del 2002 e trasmesso in Italia nel 2006, tratto dal manga del 1999. 220 sono gli episodi della prima serie, superando così “Dragon Ball”, la seconda serie “Naruto Shippuden” è di 429 episodi, trasmessi in Giappone dal 2007 e in Italia dal 2008, la serie non è ancora giunta al suo termine. Dalla serie sono stati tratti 11 film animati, sette OAV tratti dal manga, due romanzi, giochi, video giochi, Spinn-off, sei databook, quattro art book ed una rappresentazione teatrale.

Doppiatori: Leonardo Graziano (Naruto), Emanuela Pacotto (Sakura), Alessandro Rigotti (Sasuke)

DETECTIVE CONAN

Ed eccoci arrivati al saputello so tutto io di questi tempi. Il bambino occhialuto, perfettino, che risolve i casi più complicati degli adulti. Risulta persino presuntuoso ed antipatico. Conoscendo meglio la sua storia non è poi così antipatico, perché vittima di un ingiustizia che gli condizionerà tutta la vita. Questo lo rende sfortunato in partenza, ma con una marcia in più rispetto agli altri. Questo Conan non ha niente a che fare naturalmente con Conan nell’anime degli anni 80 “Conan il ragazzo del futuro”, è un piccolo detective. Un po’ di informazioni prima di raccontarvi la storia e di svelarvi cosa sia successo a questo ragazzetto.

L’anime è di Gosho Aoyama, regia di Kenji Kodama e Yasuichiro Yamamoto, è addirittura del … 1996, arrivato da noi nel 2002, non ancora terminato, più di 900 sono per ora gli episodi, incredibile. Ispirato al manga del 1994, che ho avuto modo di leggere una volta, -l’ho trovato assai noioso-. Innumerevoli i film, gli OAV, i videogiochi, i live action e gli special a lui dedicati. C’è persino l’improbabile incontro con Lupin III nel film per il cinema “Lupin Terzo vs. Detective Conan” del 2013, preceduto dal film per la Tv “Lupin III vs. Detective Conan” del 2009.

Chi è in realtà Conan? Si chiama Shinichi Kudo, ed ha… 16 anni! Non è effetto da nanismo, gli è accaduto qualcosa di terribile. La serie inizia con Shinichi, apparentemente uno come tanti liceali adolescenti, con un hobby che diventa quasi una professione: investigare i casi più complicati collaborando con la polizia. E il bello è che li risolve tutti, dandogli la popolarità fra la gente, le ragazzine impazziscono per lui. Questo gli crea problemi con la sua amica Ran, molto gelosa e

50 segretamente innamorata di lui –anche Shinichi è innamorato segretamente di Ran- , non solo, il padre della ragazza è il detective Kogoro Mori, che a causa della concorrenza di Shinichi sul piano lavorativo, perde molti clienti. Kogoro Mori in realtà è un detective incompetente ed ex poliziotto, se perde molto del lavoro è a causa della sua incapacità di risolvere molti casi. Il sogno di Shinichi è di diventare il nuovo Sherlock Holmes al quale si ispira, nei suoi discorsi lo cita spesso.

Si caccia nei guai proprio a causa della sua , insegue degli uomini sospetti vestiti di nero, lasciando Ran alle spalle, che vede la figura di Shinichi allontanarsi. La ragazza ha il presentimento che non lo rivedrà più, pensa in lacrime: “Non andare, non seguire quegli uomini. Torna indietro, ho uno strano presentimento, io ho paura di non rivederti più Shinichi”. Ran non si sbaglia. Shinichi tiene d’occhio uno degli uomini vestiti di nero, viene scoperto da uno di loro. La tragedia. Viene colpito da un’arma e cade a terra. Non contenti gli fanno ingerire, ormai privo di sensi, una nuova ed improbabile sostanza inventata dai loro scienziati, chiamata “APTX4869”, non è mai stata provata su un essere umano, quindi non si conosce l’effetto. Il ragazzo invece di morire comincia a cambiare nell’aspetto e diventa … un bambino di 7 anni. Questo nel secondo episodio.

Ringiovanito di 10 anni, viene trovato ferito da alcuni poliziotti, gli chiedono “Stai bene piccolo?”, Shinichi non capisce. Si accorge improvvisamente di avere gli abiti troppo larghi per la sua corporatura, cosa gli sarà accaduto? Spaventato scappa via e si rifugia dal professor Hiroshi Agasa, che naturalmente non lo riconosce. Dopo un po’ di prove il professore capisce di trovarsi di fronte a Shinichi… rimpicciolito – la tragedia comincia a diventare quasi una comica – e decidono insieme di non dire nulla a nessuno. Ran è preoccupata, ha perso le tracce di Shinichi, non si trova più da nessuna parte, così decide di andare a cercarlo. Si dirige dal professore che lo trova assieme ad un bambino, da lì il piccolo, non potendo usare il suo vero nome, deciderà di chiamarsi Conan, prendendo spunto dal nome di uno scrittore scozzese, Arthur Conan Doyle (1858/1930), fondatore di due generi letterari: il giallo e il fantastico –proprio come questo anime-. Lo scopo di Conan è quello di trovare gli uomini vestiti di nero, e prendere l’antidoto per tornare così l’adolescente Shinichi. Conan è doppiamente sfortunato, Ran gli rivelerà l’amore che prova per Shinichi, ma il bambino non potrà fare nulla, poiché in quello stato è impossibile perché irriconoscibile.

Nella serie Conan continuerà ad indagare, collaborerà con quel fallito del detective Kogoro Mori. Purtroppo nessuno ha ancora visto il finale, poiché la serie è interminabile. Conan come Naruto terrà col fiato sospeso i fans ancora per molto tempo, un vero peccato, sarebbe stato meglio realizzare meno episodi per arrivare al finale. Come vorrei che terminasse? Naturalmente con Conan che trova l’antidoto per tornare ad essere Shinichi, rivelare subito dopo a Ran, -che già sospettava qualcosa-, tutta la storia per poi dichiarare il suo amore e sposarla. Conoscendo l’imprevedibilità dei giapponesi, vuoi vedere che l’autore non farà mai trovare l’antidoto a Conan, il quale rimarrà piccolo e sfigato per tutta la vita? E magari anche con Ran che, ormai rassegnata per la scomparsa di Shinichi, si consola fidanzandosi con un altro. Oppure l’autore deciderà che per Conan non ci sarà mai un finale, come è successo per Lupin. Sarebbe il colmo, speriamo un po’ di buon senso. Comunque sia l’anime mi sembra meglio del manga.

Doppiatori: Irene Scalzo (Conan), Davide Garbolino (Shinichi), Debora Magnaghi (Ran), Oliviero Corbetta (detective Kogoro Mori), Maurizio Scattorin (professor Hiroshi Agasa).

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Terminiamo con “One Piece” di del 1999, arrivato in Italia nel 2001, ed ispirato al manga del 1997. La serie è ancora in programmazione, quindi nessuno ha ancora visto il finale, se mai ci sarà. Pare sia già pronto, da molto tempo ormai, un finale sempre rimandato per via dell’enorme successo dell’anime –per questo motivo il numero degli episodi sono aumentati- ed anche perché l’autore è talmente entusiasta di questa serie, ed affezionato ed essa che non riesce farne a meno. Il finale era già programmato, la serie doveva durare 5 anni –già troppi- ed invece dopo 20 anni siamo ancora qui ad aspettare. Più di 800 sono per ora gli episodi. Una serie con personaggi bizzarri, grotteschi, surreali, dai lineamenti irregolari, sembrano delle brutte caricature in movimento, anche divertenti. Il protagonista è un ragazzetto smilzo, magro come il manico di una scopa, con un cappello di paglia in testa, molto simile a quello di Sampei, ma più malconcio e sgangherato come lui, si chiama Monkey D. Rufy, o anche Monkey D. Luffy, ma per tutti è Rubber. Vuole diventare un pirata, il più grande di tutti i tempi, per salire su una nave escogita un piano, si infila in un barile. È in arrivo una nave pirata, con il profilo di un teschio con un grande cuore al posto del cervello, la testa di una papera è la parte davanti, più bizzarri di così? Per non parlare del capitano: un donnone orrendo, che fa terrore a tutti, il capitano Alvida [o Albida], si rivolge a quello sfigato di Kobi: “Chi è il capitano più affascinante di questo oceano? Rispondi!” e Kobi risponde ridendo, sapendo di dire una bugia: “E’ lei, il grande capitano Albida”. Kobi dall’aspetto sembra un Nerd [secchione introverso], con i capelli lisci di colore rosa e un paio di occhiali da vista, dal fisico gracilino e dal carattere debole. Il suo sogno è quello di entrare in marina, sbaglia nave, finendo tra i pirati capitanati da Albida. Da allora è lo schiavetto di cui burlarsi, il mozzo della nave pirata. Gli è stato imposto questo ruolo, altrimenti l’avrebbero ammazzato. Incontra Rubber, anche lui finito per sbaglio su quella nave, questo incontro è fondamentale. Rubber è figlio del capitano rivoluzionario Monkey D. Dragon, il suo corpo è … di gomma, a causa di un frutto che ha mangiato per sbaglio da piccolo, il Gom Gom. La determinazione di Rubber conquista Kobi, perchè lo sprona a raggiungere il proprio obbiettivo, il ragazzo acquisisce coraggio e fiducia in se stesso. Queste parole di Rubber lo colpiscono: “Non so se sono in grado o meno, ma diventerò re [dei pirati] perché … LO VOGLIO! Ho deciso di ottenere quel titolo, quindi se cadrò in battaglia, sarà stato alto per tenere il nome del mio ideale” Kobi riflette: “non avevo mai visto tanta determinazione. Chissà magari potrei tentare anche io, ma dovrei essere pronto a rischiare la vita”. Dopo questo primo incontro, ed aver dato della brutta megera ad Albida, Rubber e Kobi fuggono insieme. Rubber diventerà il miglior pirata e Kobi farà parte della marina. Altro obbiettivo di Rubber è quello di trovare il tesoro “One Piece”, e di formare un gruppo di persone che faranno parte della sua ciurma. Il primo a farne parte sarà Zoro. Durante la serie si rincontrerà con Kobi, suo amico/ nemico, il quale prova per il giovane pirata una grandissima riconoscenza. Devo dire che guardando i primi episodi mi sono divertito come non mai, chissà il seguito.

Esistono anche film, episodi extra, special Tv, crossover ecc.

Doppiatori: Luigi Rosa (Rubber), Patrizio Prata (Zoro), Paolo Torrisi (Kobi).

52 GO NAGAI

Come non dedicare un capitolo a questo grande autore di manga? Go Nagai, vero nome Kiyoshi Nagai, nato a Wajima in Giappone il 6 Settembre 1945, ha cominciato nel mondo dei manga nel 1965, collaborando con Shotaro Ishinomori, il quale notò immediatamente il ventenne Nagai, apprezzando il suo stile per il primo lavoro “Black Lion” –foto sopra-, così due anni più tardi, nel 1967 Nagai crea il manga dal titolo “Meakashi Porikiki”. Avete presente la famosa Dynamic Production? L’ha fondata lui nel 1970. L’anno successivo pubblica il manga “Mao Dante”, ispirato alla “Divina Commedia” di Dante, che nel 2002 diventerà un anime trasmesso in Tv. L’illustrazione del pittore ed incisore francese Gustave Dorè per la “Divina Commedia” ispirerà Go Nagai anche per il suo primo anime, stiamo parlando di “”, creato per un pubblico adulto. Dopo l’anime arriva il manga. L’anno 1972 è fondamentale per Nagai, crea la ragazza androide “” per l’anime e manga, non solo… il mitico “Mazinga Z”! Da lì esplode la robot-mania. Tra un robot e un altro, Nagai crea il suo manga più impegnativo e maturo “Violence Jack”, 17 anni di duro lavoro per concluderlo, dal 1973 al 1990. Seguono dal 1974 al 1976: Il Grange Mazinga, Space Robot, Jet Robot, Jeeg Robot d’acciaio, Ufo Robot Goldrake, Gaiking il robot guerriero e Ken Falco, l’unico a non essere un robot, ma un pilota di formula uno. Da non dimenticare i vari remake dei suoi capolavori, i film OAV in cui i robot più amati si uniranno per combattere contro i nemici. Il personaggio al quale è più legato è proprio Koji Kabuto, il pilota di Mazinga Z, che apparirà anche nella serie del Grande Mazinga e Ufo robot Goldrake, al fianco di Actarus, nei panni di Alcor –nome utilizzato solo in Europa-.

ANIME: genere SPORTIVO

Cominciamo con quello sportivo, denominato “spokon”, o “supokon”, contrazione di “supotsu konji” che significa “tenacia sportiva”. Nel genere sportivo si trovano anime sia per ragazze “shoujo”, sia per ragazzi “shònen”.

Ken Falco” o “Falco il Super bolide”, titolo originale “Machine Hayabusa”, del 1976. Disegnato da Go Nagai, per la Toei Animation, di 21 episodi. L’Hayabusa Special è la macchina in stile futurista guidata da Ken.

53 L’Uomo Tigre, conosciuto anche come “” o “L’uomo tigre il campione”. L’anime è della Toei Animation e diretto da Takeshi Tamiya. La prima serie (1969-1971) è di 105 episodi disegnati da Keiichiro Kimura con Naoto Date come protagonista, la seconda è di 33 episodi con Tommy Haku al posto di Naoto. Il titolo originale è “Tiger Mask Nisei/ Tiger Mask II”. Ken era impegnato nelle gare automobilistiche e l’Uomo Tigre nei combattimenti di Wrestling, sport diventato noto in questi ultimi decenni, in Giappone subito dopo la programmazione dell’anime. Non sono solo questi due gli eroi del piccolo schermo, ce ne sono molti altri, come…

“Grand prix e il campionissimo” alternativa a “Ken Falco”. Creato da Kougo Hotomi e prodotto dalla solita Toe Animation. La Todoroki Special è la macchina pilotata da Takaya Todoroki per la scuderia Katori Motors, l’anime è del 1977 e di 44 episodi.

Dall’anime vicino alla realtà, ad un altro più inverosimile. Questa volta è un veicolo ad energia solare che diventa efficiente solo con l’unione di cinque auto, stiamo parlando di “Supercar Gattiger”. È del 1977, di 25 episodi, nato da un’idea di Hitoshi Chiaki. Il titolo originale è “Cho Supercar Gattiger” e i cinque piloti sono: Joe Kabuki, Hiroki, Sakio, Ken e Kajumi. Tra le curiosità: il mitico Tony Fusaro si occupa del doppiaggio italiano, è stato il primo cronista del Wrestling inizio anni 80, quando si chiamava ancora “Catch”, tra i doppiatori nientepocodimenochè… Anna Merchesini e Massimo Lopez, del trio Marchesini- Solengi-Lopez! E non finisce qui! Dal mondo dello Judo arriva “Judo Boy”, creato da Tatsuo Yoshida nel lontano 1969, l’anime ha 26 episodi, il titolo originale è “Kurenai Sanshiro”, che sarebbe il nome del protagonista, pronto a vendicare la morte del padre, grande maestro di judo. Infatti il testo della sigla italiana dice: “Sulla mia moto corro presto, lo troverò quel maledetto, e con un colpo mio mortale, vedrai gliela farò pagare. Ragazzo tu non mi seguire, rispetta questo mio dolore”. Per non diventare un modello negativo il ritornello dice anche: “Judo boy, judo boy, sappiamo che per te è importanza, ma non usare la violenza, il tuo dolore ti ha accecato , non diventare come lui”.

54 Altro sport violento è la boxe, dal Sol Levante giunge… “Rocky Joe”. Titolo originale “Ashita no Jo” che significa “Joe del domani”. La prima serie è del 1970 di 79 episodi, la secondo è del 1980, di 47 episodi. Anche questo anime, come per molti altri, è tratto dal manga, ed è stato trasmesso in Italia tra la fine degli anni 70 ed inizio anni 80 in emittenti private. Il protagonista è lo sfortunato Joe Yabuki, orfano, senza una casa dove vivere, si trova a lottare sul ring giovanissimo, all’inizio della serie ha solo 15 anni. Non è stato mai amato e sfogherà tutta la sua rabbia con la boxe. Ucciderà il suo unico amico e alla fine della serie… morirà dopo il suo ultimo scontro. Storia molto triste di un personaggio anti-eroe. Scritto da Asao Takamori, disegnato da Tetsuya Chiba, regia di , lo stesso di “Lady Oscar”, “Lupin” e “Jenny la tennista”. Curiosità: qui in Italia, nella versione Fininvest, Joe non muore ed addirittura vince l’incontro.

Lo sport più popolare ed amato resta il football, “Arrivano i Superboys” è il primo, o uno dei primissimi anime dedicati al calcio. Titolo originale “Akakichi No Eleven” , che significa “Gli undici rosso sangue”, diretto da Takeshi Yamada, del 1970, di 52 episodi. Shingo Tamai è il protagonista della serie. Anche questo anime è piuttosto violento, con pugni, gomitate e schizzi di sangue, ha una concezione nipponica, i protagonisti sembrano più samurai che calciatori. Quindi veri lottatori, che sudavano davvero per dare il meglio di se stessi. La cosa che fa sorridere sono i lanci del pallone, la forma ovale durante il lancio, possente fino al punto da bucare la rete.

I più attuali “Holly e Benji” naturalmente sono solo dei “pivellini” a confronto. Arrivato in Italia nel 1986, l’anime è del 1983, ideato da Yoichi Takahashi. La prima serie – titolo originale “Capitan Tsubasa”- , ha 128 episodi, la seconda ha 46 episodi, ed è del 1994. Nel 2001 è la volta della serie dal titolo “Road to 2002” di 52 episodi, trasmessa in Italia nel 2004 con il titolo “Holly e Benji forever”. Oltre al manga e all’anime, esistono gli special, i film, i videogiochi, insomma, un fenomeno di massa, come è avvenuto con “Lupin III” o il più recente “Naruto”. Ed arriviamo alle beniamine sportive. Ci vengono in mente tre nomi in questo momento: Jenny, Mimì e Mila, rappresentati del tennis e della pallavolo. “Jenny la tennista” è addirittura del 1973, arrivato in Italia 10 anni dopo, ed ha 26 episodi. Il titolo originale è “Ace wo Nerae!”, con protagonista la nostra Jenny, che in realtà si chiama nella versione originale “Hiromi”. Ci risulta l’unica serie trasmessa qui da noi, di Sumika Yamamoto, regia di Osamu Dezaki – la stessa di “Lady Oscar”… e si vede-. In Giappone è stata trasmessa la seconda serie di 25 episodi nel 1978, dal titolo “Shin Ace wo Nerae!”. Non si tratta di un seguito, ma del remake delle prime avventure di Jenny.

55 Se dobbiamo parlare di Mimì, quale delle due? Si perché due sono le Mimì che conosciamo, entrambi giocatrici di pallavolo, ennesimo scherzo del doppiaggio italiano?, -vedi Alcor e Rio Kabuto, che in realtà si tratta della stessa persona, il mitico Koji Kabuto-. Non sono la stessa persona, anche se hanno lo stesso nome e lo stesso ruolo. La prima e più conosciuta è Mimì Ayuhara di “Mimì e la nazionale di pallavolo” del 1969, -così vecchio? Non sembra-, di 104 episodi. Il titolo originale è “Attack number 1”, di Urano Chikako, regia di Okabe Eiji e Kurokawa Fumio. La seconda è Mimì Miceri – Mimì Hijiiri nella versione originale-, di “Mimì e le ragazze della pallavolo” del 1977, di 23 episodi. Nonostante fosse più recente, sembra più vecchio del precedente, per la grafica. Il titolo originale è “Ashita e Attack!”, di Shiroh Jinbo, regia Fumio Kurokawa.

Il seguito di “Mimì e la nazionale di pallavolo” dovrebbe essere “Mila e Shiro, due cuori nella pallavolo”, poiché nella versione italiana è stato creato un legame di parentela tra Mila e Mimì, in realtà è un legame inesistente, nella versione originale Mimì non viene mai nominata nella serie, quindi…niente cugine. Il titolo originale è “Attacker you!”, di Jun Makimura e Shizuo Koizumi, del 1984, di 58 episodi.

Sotto Mila e le due Mimì

ANIME: genere STORICO

Dobbiamo ammettere sinceramente che non è stato affatto facile trovare informazioni su alcuni anime, decidere quali inserire anche perché qui non si tratta solo di storie realmente avvenute e appartenenti alla storia, anche di storie inesistenti ma in contesti storici. Iniziamo il nostro viaggio nella storia, questo capitolo siamo sicuri interesserà soprattutto gli adulti.

56 “La spada di King Arthur” con tutti i personaggi della leggenda, da Lancillotto a Parsifal, da Ginevra al Mago Merlino ai Cavalieri della Tavola rotonda. Re Artù è il figlio di re Uther Pendragon e fa parte della leggenda della Gran Bretagna, la sua è una storia inventata in un contesto storico medioevale. Fa ormai parte della letteratura gallese. L’anime è arrivato in Italia nel lontano 1981, tutti noi ricordiamo quando fu trasmesso su Italia 1, in Giappone è stato trasmesso in Tv nel 1979 con il titolo “Entaku no Kishi Monogatari: Moero Arthur”. È una produzione Mikuriya Satoru/ Toei Animation di 30 episodi la prima serie, la seconda è di 22. La sigla dei Cavalieri del Re diceva così nel testo “C’è un gran castello nella contea di Camelot con mille e più scudieri al servizio di un grande Re dal sangue blu”, parla di Camelot, di sacra Spada – quella che lui usava in combattimento- , di Tavola rotonda.

Più recente è “Kenshin Samurai vagabondo” del 1994, creato da Nobuhiro Watsuki. Il protagonista è Battòsai Himura ispirato a Kawakami Gensai, personaggio realmente esistito (1834- 1871), era un rivoluzionario giapponese. Battòsai viaggia con la sua spada a lama, il suo obbiettivo è proteggere le persone, abbiamo modo così di assistere a combattimenti tra samurai. In Tv è stato trasmesso nel 1996 e 95 sono gli episodi.

Nello stesso genere esistono altre serie come “Samurai 7” del 2004 che si basa sul film del 1954 “I 7 samurai” di Akira Kurosawa. L’autore dell’anime è Toshifumi Takizawa, di 26 episodi. Altro anime sui samurai è “I cinque samurai” del 1988 di 39 episodi. L’autore è Hajime Yatate.

Esiste anche un anime ispirato ad Alessandro Magno dal titolo “Alexander- Cronache di guerra di Alessandro il Grande” del 1999, basato sul romanzo di Hiroshi Aramata. La storia si svolge a metà del 300 a.C. in Macedonia. Regia di Yoshinori Kanemori. Alessandro Magno è uno dei più grandi conquistatori di tutti i tempi, in soli 12 anni conquistò l’Impero Persiano: Egitto, Pakistan, Afghanistan, India e Asia Minore. Nacque il 20 luglio del 356 a. C e morì a Babilonia nel 323 a.C. forse per avvelenamento. Dall’Impero di Alessandro Magno adiamo ancora più indietro nel tempo, all’epoca della preistoria. Forse molti di voi lo ricorderanno, noi siamo particolarmente legati a questo anime, si tratta di “Ryu il ragazzo delle caverne” della Toei Animation arrivato in Italia nel 1979, in realtà in Giappone è stato trasmesso la prima volta in Tv nel 1971. È ispirato al manga di Shotaro Ishinomori, la regia è di Takeshi Tamiya e Masayuki Akehi. Solo 22 è il numero di episodi. Ryu cerca la madre, tra mille avventure e pericoli: dinosauri, piante carnivore, cambiamenti climatici ecc…

57 “Lady Oscar”. Titolo originale “Versailles no ” tradotto come “Le rose di Versailles” e tratto dal manga del 1972 di Riyoko Ikeda, l’anime è del 1979, trasmesso in Italia nel 1982 di 40 episodi. È ambientato nell’epoca della Regina Maria Antonietta (1755- 1793) sposata a Re Luigi XVI (1754- 1793) di Francia, verrà ghigliottinata alla fine della storia. Tutti i personaggi sono realmente esistiti come il Re Sole Luigi XIV (1638- 1715) e Robespierre (1758- 1794), tranne i due protagonisti, Lady Oscar appunto e Andrè, che perderanno la vita verso il finale. Le ultime puntate sono ambientate nel periodo della Rivoluzione Francese che precede Napoleone (1769- 1821) fondatore del Primo Impero Francese. Questo anime è tra i migliori, ricco di colpi di scena, azione e romanticismo mai scontato, molto poetico. Lady Oscar è stata cresciuta dal padre come un uomo e diventerà soldato della Regina, alla fine però Oscar seguirà il cuore, innamorandosi del suo migliore amico Andrè. È stato fatto un altro anime simile a Lady Oscar per la collocazione storica, con gli stessi personaggi realmente esistiti come Maria Antonietta. È rivolto però ad un pubblico più giovane: “Il tulipano nero”, titolo originale “Rà Senù no Hoshi” tradotto come “La Stella della Senna” del 1975 -due anni prima di Lady Oscar- di 39 episodi. L’autore è Mitsuro Kaneko, in Italia è stato trasmesso nel 1984. La protagonista è Simone Lorène -ricorda Lady Oscar-, il finale però è totalmente diverso da quello della serie di Lady Oscar, Simone molto più fortunata lascerà Parigi assieme a Robert per costruirsi una vita insieme. La storia inizia nel 1784 e si conclude nel 1793 nel periodo della Rivoluzione Francese. Si sono ispirati al manga di Lady Oscar, quando l’anime è uscito non si sapeva ancora che l’autrice di Lady Oscar (Riyoko Ikeda) avrebbe deciso due anni più tardi di far uscire la versione anime di Oscar.

58 Sotto periodo preistorico e Alessandro Magno

Re Luigi XIV noto come Re Sole e la Rivoluzione Francese

Un Samurai e la leggenda di Re Artù

59 I CARTOON UMANI “

Tra la fine degli anni ‘70 ed inizio anni ‘80 in Italia, cavalcando l’onda del successo degli anime giapponesi, arrivarono sempre dal Sol Levante i telefilm con supereroi-androidi interpretati da attori in carne ed ossa, una specie di fumettoni umani. Il risultato era secondo noi, una brutta copia degli eroi degli anime, insomma, come potevano eguagliare, se non addirittura superare i mitici Kyashan, Polimar o Tekkaman? Impossibile. Sarebbe stato come proporre Mazinga con personaggi umani, risultato ridicolo. Persino le movenze degli attori, un misto tra le facce buffe di Bruce Lee e i movimenti goffi di Boss Robot, rendevano il risultato non credibile, erano più veri i vari Tetsuya di Mazinga o Actarus di Goldrake che i supereroi proposti da questi attori. I telefilm o come li chiamavamo noi “cartoon umani” si chiamavano in realtà “Tokusatsu” che significa “effetti speciali”, da non confondere con “Tonkatsu” come è successo a noi, che è in realtà un piatto giapponese, una specie di braciola di maiale impanata e fritta, quindi nulla a che fare con i “cartoon umani”. Questo genere “Tokusatsu” è ispirato ai vari film di serie “” come Godzilla reinventando nuovi eroi, spesso provenienti da pianeti lontani e vestiti in gomma e calzamaglia in lotta con mostruosi alieni giganti in città di cartapesta! Da qui sono nati i vari “Megaloman”, “”, “Ultralion”, “Zaborger”, “Spectraman” ecc…

Ricordate i “Power Rangers” negli anni successivi ? prodotto originariamente nipponico “The Super Sentai Series”, poi rifatto negli U.S.A., una brutta copia americanizzata dei loro predecessori.

“Megaloman” è creato da Tetsu Kariya ed è stato trasmesso in Giappone nel 1979, gli episodi sono 31.

“Ultraman” è ancora più vecchio, la prima serie risale addirittura al 1967, più di 50 anni fa, con 40 episodi, seguono i successori Ultraman Ace, Ultraman Taro, Ultraman Leo e i più recenti Ultraman The Next (2004), Ultraman Max (2005) e Ultraman Moebius (2007).

“Kamen Rider” altra serie interminabile, quella del motociclista mascherato da insetto, che dal 1971 ad oggi imperversa in tv e al cinema.

60 Poi ci sono anche gli eroi Made in China come “Inframan” o “Aoteman”, quest’ultimo scoperto in una libreria cinese che teneva esposti i vari volumi patinati a colori dei “fumettoni umani”. Pensavamo fosse un eroe giapponese tradotto in cinese ma in realtà, cercando su internet sembrerebbe che sia proprio …cinese. Abbiamo subito acquistato una copia, non poteva mancare nella nostra collezione! (Foto a sinistra “Aoteman”).

61 GIUDIZIO FINALE SUGLI ANIME PRESENTI NEI DUE LIBRI

Mi dispiace che “Katsudo Shashin” sia così breve, gli altri anime invece hanno ritmi troppo lenti perché datati, soprattutto “La leggenda del serpente bianco” e “”, il migliore resta “Kimba il leone bianco”, salverei però solo la prima serie. Per quanto riguarda le serie dedicati ai robot sono troppe. I migliori senza alcun dubbio sono “Mazinga Z”, “Il Grande Mazinga”, “Atlas Ufo Robot/ Goldrake” e “Jeeg Robot”, guarda caso il loro creatore è Go Nagai. Degli altri quattro robot qui presenti “Gundam”, “Daitarn 3”, “Daltanious” e “Danguard” salverei gli ultimi due, soprattutto “Danguard” che trovo davvero interessante. Che dire dei finali strani? Non possono non venirmi in mente le due serie per eccellenza: “Candy Candy” e “Daitarn 3”. Di “Candy Candy” tutti avremmo voluto vedere Terence lasciare Susanna per tornare definitivamente da Candy. Un bel matrimonio nel finale sarebbe stato il massimo. Di “Daitarn 3” vedere Banjo lottare contro i nemici per una giusta causa come gli altri robot, sarebbe stato più logico. Avremmo voluto vederlo felice nel finale con gli altri protagonisti della serie, cosa che non è avvenuta purtroppo. Il più deludente? “Daitarn 3”. Partito benissimo con il primo episodio, aveva tutte le carte in regola per diventare un anime tra i migliori nel suo genere. Proseguendo con la serie la qualità è scesa di livello, fino ad arrivare ad un finale - per fortuna- censurato e modificato – come è successo con “Candy Candy”-. Quelli che ho apprezzato di più? Oltre ai già citati quattro robot di Nagai, aggiungendo nella lista anche “Danguard”, direi che mi hanno entusiasmato molto: “Heidi”, “Remì”, “Candy Candy”, “Capitan Harlock”, la prima serie di “Lupin III”, “Lady Oscar”, “Ryu”, “Peline”, “Sam”, “Anna dai capelli rossi”, “Belle e Sebastien”, “Charlotte” e “Il Libro Cuore”. Molti di questi mi hanno stupito per la loro intensità. Inserirei anche “Barbapapà” solo per il fatto che mi ricorda la mia infanzia e per il messaggio ambientalista, anche se come serie a dire il vero è troppo infantile. Quelli che mi hanno stupito di più e che ho apprezzato sono: “Ken il Guerriero”, “Detective Conan” e “One Piece”. Dovrebbero però realizzare meno episodi, troppo lunghe queste serie, non conosciamo nemmeno il finale, “Ken il Guerriero” a parte. Deludenti –parere mio personale- “I Cavalieri dello Zodiaco”, “Dragon Ball” e “Naruto”, ho cercato di mettere da parte i pregiudizi, purtroppo non è servito, confermando quello che pensavo di queste serie. Con “One Piece” invece mi sono davvero divertito. Ci sono alcuni anime che ho rivisto con l’intenzione di inserirli in questo libro, ed ho avuto dei ripensamenti riguardandoli. Non me ne vogliate.

Georgie: interessante il primo episodio, leggendo però la trama mi ha scoraggiato: i fratelli adottivi cresciuti con lei come fratelli si innamorano di lei, cosa che credo sia impossibile nella vita reale, poiché Georgie è stata trovata in fasce, da allora ha vissuto ed è cresciuta con i due fratelli come una vera sorella, non è andata a vivere con la famiglia adottiva già grande. Poi le differenze tra l’anime e il manga, non conoscendo bene entrambi ho trovato il compito assai difficile. Le scene erotiche nell’anime, è un altro motivo che mi ha fatto cambiare idea. Nel manga Georgie rimane incinta da uno dei due fratelli adottivi.

Tekkaman: mi piace come anime, solo che a causa dell’insuccesso in Giappone, hanno diminuito il numero degli episodi della serie, con l’ultimo episodio che non ha un finale. Peccato, hanno così cestinato un’idea che poteva essere valida e vincente. In Italia la serie ha avuto un buon successo. Non mi piace però la trasformazione di George in Tekkaman, è terrificante.

62 Rocky Joe: scene di violenza, il personaggio è spavaldo, troppo sicuro di sé, irritante, la boxe ovviamente è uno sport violento. In più, nell’inverosimile Rocky Joe ha solo 15 anni ed è in grado di mettere a tappeto un “esercito” di persone. I disegni tuttavia sono eccellenti, c’è molta azione, ma non mi sembra un personaggio positivo.

Jenny la tennista: ragazzina di 15 anni, sciocchina, come le ragazze che la circondano. Sogna ad occhi aperti e vive provando un’ammirazione esagerata per una tennista più grande e molto più brava di lei. Anime esclusivamente per ragazzine, al contrario di Candy Candy e simili, che possono piacere anche ad un pubblico maschile, la storia di Jenny non risulta romanzata ed interessante, come quella di Candy e co. Molto belli i disegni dell’anime.

Kyashan: E’ presente con Polimar in questo libro. Non mi è piaciuto che Tetsuya, alias Kyashan abbia rinunciato ad essere un uomo per diventare un cyborg, anche se è per difendere l’umanità, ricorda un po’ Hiroshi di Jeeg Robot d’acciaio, che è stato trasformato in una specie di cyborg a sua insaputa e contro il suo volere, e il dottor Kenzo Kabuto in “Il Grande Mazinga”, morto e trasformato in cyborg. Inverosimile che i cyborg cattivi creati dal padre di Kyashan disobbediscano ai comandi degli uomini. Emozionante invece il cane che muore e che viene prontamente trasformato in un cyborg per combattere i cattivi. L’anime ricorda molto gli altri anime, e quindi qualcosa di già visto e stravisto, anche se in realtà Kyashan è stato creato prima di molti anime noti. Bello il costume di Kyashan, ma non basta.

Judo boy: su internet è introvabile il doppiaggio in italiano, per motivi di copyright, ho cercato su YouTube e Dailymotion, ed ho trovato solo il doppiaggio in francese e in spagnolo. Anime violento, belle le immagini mescolate ad alcune scene reali. Solito ragazzo che perde il padre e che cerca il responsabile per vendicarsi. Il ragazzo è assetato di vendetta.

Mimì e la nazionale di pallavolo: Ne avevo un bel ricordo, che mi riportava alla mia adolescenza negli anni 80, quando l’anime è stato trasmesso in Italia. Riguardandolo è stato deludente. Anime esclusivamente per ragazzine, come “Jenny la tennista”. Mimì è una ragazzina un pò strafottente, che assieme al suo gruppo di amiche scansafatiche, passa il tempo a chiaccherare senza voler studiare, e qui non lancia un buon messaggio, pensando solo al ballo e a guardare le altre ragazze che giocano a pallavolo, verso la fine della prima puntata si vede Mimì dare dei colpi alla palla, in difesa dagli attacchi di altre ragazze “secchione”. L’anime è abbastanza datato. Ho trovato il doppiaggio storico solo su Dailymotion, in pessima qualità, con audio bassissimo che si sente solo da un lato, con la bellissima voce di Laura Boccanera. Su YouTube c’è invece il nuovo doppiaggio, con la nuova voce di Mimì a mio avviso insopportabile. Molto meglio invece è l’altra Mimì, in “Mimì e le ragazze della pallavolo”, che ho scelto.

Falco il superbolide: un polpettone di tutto e di più, nulla di nuovo. Macchine che sembrano tutto tranne vere macchine da corsa. Le gare sembrano quasi dei combattimenti tra robot, Go Nagai che ha creato l’anime forse era troppo immerso nei suoi Mazinga per distaccarsene almeno per questo anime. Mi aspettavo di più, proprio vero, rivedere un anime a distanza di anni può dare un altro effetto sulle persone.

63 SOMMARIO

Introduzione (3)

Il primo anime in Italia è quello dei Barbapapà (4)

Vicky è il secondo anime in Italia (5)

Ryu, il ragazzo delle caverne e le sue contraddizioni (6)

La saggia Peline (7)

Dal futuro (per noi passato) arriva Conan! (10)

Dal Far West arriva Sam! (11)

Huck e Jim (12)

Anna dai capelli rossi è un fiume in piena (13)

La vera amicizia tra Belle e Sebastien (16)

Il finale strano di Daitarn 3 (17)

Re Artù: la mitologia (21)

Quel pasticcione di Spank  (23)

Charlotte è “la Candy Candy mora” (24)

Il Libro Cuore: grande classico della letteratura (27)

Marco dagli Appennini alle Ande (30)

Lulù l’angelo tra i fiori (31)

Kiss me Licia e Cristina D’Avena (32)

Daltanious dal futuro! Anno… 1995 ?! (34)

Mimì Miceri o Mimì Ayuhara? (35)

Gaiking non è Gakeen (37)

Il “padre” di Capitan Harlock crea Danguard! (40)

Meglio l’Ape Maia o l’Ape Magà? (41) Kyashan e Hurricane Polimar (44)

Il suo nome è Ken Falco! (45)

Ken il Guerriero (46)

I Cavalieri dello Zodiaco (47)

Dragon Ball (48)

Arriva Naruto! (49)

Detective Conan (50)

One Piece (52)

Go Nagai (53)

Anime: genere Sportivo (53)

Anime: genere Storico (56)

I cartoon umani “Tokusatsu” (60)

Giudizio finale sugli anime presenti nei due libri (62)

2019