Guida Al M Ndo Degli Anime
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GUIDA AL MNDO DEGLI ANIME (VOL.2) @Sterish Sharow INTRODUZIONE Per scrivere i due volumi di “Guida al mondo degli anime” ho visionato circa una 50ina di anime, rivisto quasi tutti gli episodi, non volevo scrivere un libro sugli anime simile a quelli in circolazione negli ultimi decenni. Questo libro è qualcosa di speciale e vissuto. Chi scrive ha visto nascere il fenomeno a partire dagli anni 70, è cresciuto con i personaggi degli anime. Questo progetto è nato più di 10 anni fa, per arrivare a qualcosa di più concreto con la stesura di questo libro a cominciare dal 2015, per poi essere diffuso gratuitamente sul web nel 2019, dopo quasi 4 anni. Nel primo volume: la storia degli anime e manga; le origini degli anime; la storia di 15 anime tra i più famosi ed amati; come si crea un anime; i Fan Movie. In questo secondo volume: la storia di 33 anime tra i più famosi e i meno conosciuti; la storia di alcuni generi di anime; i telefilm giapponesi; i giudizi obbiettivi su anime apprezzati e su quelli che mi hanno più deluso rivedendoli dopo anni. La maggior parte degli anime presenti nei due volumi hanno lasciato il segno in ognuno di noi e al contrario di quanto scrissero sui giornali circa 40 anni fa, sono costruttivi, ognuno di essi ha qualcosa da insegnare. Nel 1978 l’Italia non era ancora pronta agli anime (cartoni animati giapponesi) e manga (fumetti giapponesi), oggi, al contrario, fanno parte ormai della vita di tutti i giorni, come il sushi ed altri cibi etnici, per un mondo sempre più etnico e globalizzato. Sterish Sharow 3 IL PRIMO ANIME IN ITALIA E’ QUELLO DEI BARBAPAPA’ L’anime dei “Barbapapà” è del 1974, trasmesso in Italia il 13 gennaio 1976 da Rai 2. C’erano voci che volevano questa serie non un vero anime giapponese, perché è frutto di una coproduzione tra la Tv olandese Polyscope, la K & S, e lo studio giapponese Top Craft. In più i creatori dei Barbapapà sono la francese Annette Tison e suo marito americano Talus Taylor, autori e disegnatori del fumetto pubblicato in Francia nel 1970 e in Italia nel 1976, dalla Arnoldo Mondadori Editore. Tison e Taylor si rivolsero ai giapponesi, - tra i migliori nelle produzioni di cartoni animati- per ottenere una serie animata, nata in Giappone, disegnata dai giapponesi, fedeli ai personaggi originali. La regia è di Atsushi Takagi, Katsuhisa Yamada, Kouichi Sasaki, soggetto di Masaki Tsuji, Dir. artistica Tadami Shimokawa, quindi … più giapponese di così? È una bellissima serie, ecologica, con messaggi di rispetto naturalistico ed umanitario. Me li ricordo perfettamente i Barbapapà, ero un bambino a metà degli anni 70, amatissimi dal pubblico, ricordo come fosse ieri i libri illustrati a colori. Sono in un certo senso i “genitori” dei Puffi, arrivati negli anni 80, e dei più recenti Teletubbies. Il nome “Barbapapà” proviene dall’espressione francese “Barbe à papa”, che significa “barba di papà” che sarebbe lo zucchero filato. La mitica frase “resta di stucco … è un barba trucco” è entrata prepotentemente nella lingua italiana, come vero tormentone. I Barbapapà sono degli esseri di gomma coloratissimi che possono assumere diverse forme: Barabapapà è rosa, Barbamamma è nera, con dei fiori rossi in testa, i loro sette figli sono: Barbabella (viola), Barbaforte (rosso), Barbalalla (verde), Barbabarba (nero), Barbottina (arancione), Barbazoo (giallo) e Barbabravo (blu). Generosi, con un grande cuore, costruiscono una casa che ospita tutti gli animali bisognosi. Ad un certo punto della serie lasceranno la terra inquinata per trasferirsi altrove, su un’ astronave, da li osserveranno la terra, in attesa di qualche positivo cambiamento. Rientreranno nel nostro pianeta con tutti gli animali –ricorda un po’ l’Arca di Noè- quando l’uomo imparerà finalmente a rispettare la natura, questo avviene alla fine della serie. Purtroppo si tratta di finzione, nella vita reale l’inquinamento è aumentato sulla terra, le cose non son migliorate come si sperava 40 anni fa, all’epoca dei Barbapapà. All’inizio della serie Barbapapà è guardato con sospetto dagli uomini, il padre dei due ragazzini [Carlotta e Francesco] spedisce il povero Barbapapà allo zoo, che, grazie alle sue trasformazioni, riesce a scappare in cerca di altri Barbapapà. Incontrerà Barbamamma, con la quale metterà al mondo sette figli, e riuscirà ad ottenere la fiducia dagli uomini. Carlotta e Francesco saranno sempre grandi amici della famiglia dei Barbapapà. La serie è composta di 45 episodi, l’ultimo si intitola “Ritorno sulla terra”. Segue una seconda serie di 55 episodi. Nel 1999 è stata realizzata una nuova serie dai giapponesi, dal titolo “Barbapapà in giro per il mondo” di 50 episodi. In origine gli unici doppiatori della prima serie erano Claudio Lippi e Orietta Berti, che diedero la voce a tutti i personaggi maschili e femminili. Qui riportiamo i nomi dei doppiatori per il nuovo doppiaggio del 2006: 4 Luca Semeraro (Barbapapà), Maddalena Vadacca (Barbamamma), Tosawi Piovani (Carlotta), Irene Scalzo (Francesco). Talus Taylor, co- creatore dei Barbapapà, è morto il 19 febbraio 2015. VICKY E’ IL SECONDO ANIME IN ITALIA Quando vidi “Vicky il vichingo” a metà degli anni 70 –ed ero ancora un bambino- pensavo fosse un cartone animato francese, o tedesco, lo associavo spesso ad “Asterix”, solo nel decennio scorso ho scoperto che è un anime giapponese, per giunta il secondo trasmesso in Italia, dopo “Barbapapà”, prima ancora di “Heidi”, nel lontano 1976. È ispirato ad una serie di libri dello scrittore svedese Runer Jonsson, pubblicati negli anni 60 per i più piccoli. Ecco, questo è uno dei rari casi in cui possiamo affermare tranquillamente che l’anime di cui stiamo parlando è per un pubblico di bambini –al contrario di “Atlas Ufo Robot”, “Lady Oscar”, “Lupin III” o “Capitan Harlock”-. La regia è di Hiroshi Saito, il character design è affidato a Shuichi Seki, ed è stato trasmesso in Giappone nel 1974. Che dire di questo anime? Molto divertente. Cosa viene in mente pensando al personaggio? Si pensa subito ad un bambino vivace, intelligente, timido, che appena gli viene in mente un’idea geniale che salva gli adulti si strofina il naso con il dito. Vive tra gli adulti, vichinghi robusti, forti, rozzi, che vivono quasi tutti i mesi dell’anno sulla nave. Il loro capo è il papà di Vicky, si chiama Halvar, ed è geloso dell’intelligenza del figlio, non vuole fare brutta figura davanti alla ciurma, e quindi farsi superare dal figlio in fatto di intelligenza. La mamma Ylva invece sa apprezzare la qualità di Vicky, e lo difende. Alla fine il piccolo Vicky è la mente, la ciurma e il loro capo sono il braccio. Nel primo episodio “Il piccolo uomo”, Vicky viene sfidato dal padre Halvar. Vince chi riesce a spostare per primo per 100 metri un mucchio di massi, vinceranno i muscoli di Halvar o il cervello di Vicky? La mamma è già convinta che vincerà Vicky. Infatti l’astuzia del bambino batterà la forza del padre. Tutti sono entusiasti di Vicky, compreso chi tifava per Halvar. Anche questo è un insegnamento. Come premio l’elmetto di vichingo, non solo, si imbarcherà con il padre, nonostante le preoccupazioni della madre. La piccolina Ilvi fa sempre il tifo per Vicky. In Italia nel 1976 sono stati trasmessi 75 episodi dalla RAI, in realtà 78 sono gli episodi, trasmessi successivamente. All’inizio la voce di Vicky era di Rosalinda Galli, che preferisco, nonostante sia una donna, poiché rendeva Vicky più buffo, sostituita poi da Christian Fassetta, presente fino all’ultimo episodio –mi riferisco al 75° e non al 78°- , dal titolo “La cena a casa di Tjure”. Una cena che non ci sarà mai, poiché la moglie è una pazza furiosa che si rifiuta di cucinare. Maltratta il marito Tjure, lo picchia, sbattendolo fuori dalla porta di casa. Tjure voleva solo cenare a casa sua con i suoi amici: Halvar con il piccolo Vicky, il piccoletto di statura Snorre, il cantore Ulme, il 5 grassone gigante buono Faxe e il vecchio saggio Urobe. Il buon Tjure è disperato, piange, Halvar gli fa preparare una modesta cena da Ylva, l’uomo mangia in lacrime. Urge un’idea, questa volta viene a Snorre, che vedendo la marionetta di Vicky suggerisce di costruire un mostro per spaventare la donna, la quale abbocca come un pesce. Abbraccia così il marito Tjure e gli chiede perdono. La coppia va finalmente d’amore e d’accordo, ma dura poco, visto che nel finale la donna insegue minacciosa il povero marito. Nel 2013 è stata trasmessa una nuova serie australiana di Vicky, composta anche questa volta di 78 episodi, in 3D –come è successo per “L’Ape Maia” e “Heidi”- i personaggi sono simili all’anime giapponese. Personalmente non amo molto i remake, ancor meno in 3D. Nel 2009 è uscito nelle sale tedesche un Live action di Vicky, si tratta di un film con attori in carne ed ossa. Rimpiango l’anime del 1974, che piaceva anche agli adulti. I doppiatori originali: Rosalinda Galli e Christian Fassetta (Vicky), Guido Celano e Aldo Barberito (Halvar), Alina Moradei (Ylva), Laura Boccanera e Francesca Guadagno (Ylvi), Sergio Graziani (Tjure), Pino Locchi (Snorre), Dario Penne (Faxe), Gino Pagnani (Ulme), Stefano Sibaldi (Urobe). Il titolo in giapponese è “Chiisana Viking Vicke” in tedesco “Wickie und die starken Manner”. L’arma del successo fu l’ironia e la semplicità dell’anime. Ci incuriosiva molto quel bambino timido e allo stesso tempo vivace che trovava improvvisamente idee per tirare fuori dai pasticci tutti i vichinghi, compreso suo padre Alvar –omone dal cuore tenero- semplicemente strofinando il naso e schioccando le dita –simile un po’ a Samantha del telefilm “Vita da strega”- .