Soprintendenza Archivistica Sezione anai per l’Emilia Romagna Emilia Romagna

Comune di Fiorano Modenese società di studi Assessorato alle Politiche Culturali ravennati

Centro studi nazionale sugli archivi ecclesiastici di fiorano e ravenna

LA MUSICA IN CHIESA: LE RACCOLTE MUSICALI NEGLI ARCHIVI ECCLESIASTICI DELL’EMILIA-ROMAGNA

Atti del convegno di ravenna (16 ottobre 2014)

a cura di Gilberto Zacchè

Mucchi Editore Centro studi nazionale sugli archivi ecclesiastici di Fiorano e Ravenna

Comitato scientifico: Enrico Angiolini, Gianna Dotti Messori, Euride Fregni, Nina Maria Liverani, Manuela Mantani, Marco Mazzotti, Barbara Menghi Sartorio, Lorenzo Pongiluppi, Giuseppe Rabotti, Carmelo Elio Tavilla, Stefano Vitali, Gilberto Zacchè

Organizzazione del Convegno: Nina Maria Liverani, Manuela Mantani, Marco Mazzotti, Giuseppe Rabotti

Segreteria: Susanna Dieci

Per informazioni: Assessorato alle Politiche Culturali del Comune di Fiorano Modenese tel: 0536.83.34.18 e-mail: [email protected]

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Arcidiocesi di Arcidiocesi di Ravenna-Cervia -Nonantola

isbn 978-88-7000-682-7

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Pubblicato in Modena nel settembre del 2015 Mauro Casadei Turroni Monti

La storia della musica nelle pertinenze musicali sacre italiane e d’Emilia Romagna (secc. XV-XIX)

Muovendo dal Quattrocento in avanti, va detto che nell’Italia di quei secoli correva un principio per il quale, dai franco-fiamminghi al Settecen- to, la storia della musica maggiore visse una sua parte essenziale attraverso le cappelle musicali 1. Esse figurarono tra gli emblemi di cui le corti o la Chiesa si dotavano 2, costringendone spesso le maestranze ad operare tra adulazione

1 La nostra storiografia di punta ha da tempo argomentato ed acquisito questa tesi, sulla qua- le ogni nostra riflessione al riguardo trova una piattaforma ermeneutica; tra le innumerevoli esemplificazioni disponibili, apro un articolo marginale, ma perfettamente orientato su quan- to detto, soprattutto laddove premette che «Durante i secoli XV e XVI la Cappella musicale ebbe il periodo di maggior fortuna e diffusione, dovuti all’esplosione di una vera moda. […] accanto alla musica sacra, eseguita durante le funzioni religiose private o pubbliche, veniva coltivata anche musica per intrattenimento e musica intesa come un’autonoma forma d’arte. Gli esiti musicali e sociali di questo fenomeno furono immensi e certamente contribuiscono, se non ne furono la causa, a fare dell’Italia quel portento musicale che fu dal Rinascimento all’Età classica» (U. Giani, 1860 - La Cappella musicale del duomo di Terni: un caso giuri- dico, in Comunità cristiana e società da Pio IX a Giovanni Paolo II nel territorio delle dioce- si di Terni-Narni-Amelia. Atti del Convegno di studi per il centenario della fondazione della Soc. “Terni”, Terni 29-30 novembre 1985, a cura di G. Bolli e P. Borzomati, Terni, Nuova editoriale, 1988, p. 353). Trovandoci all’interno di tematiche molto note, la presente introdu- zione cerca per il lettore una bibliografia a sostegno più aperta, inconsueta e sottostimata ta- lora, non direttamente specialistica talaltra. 2 Nel panorama nazionale, sulle cappelle musicali annoveriamo una bibliografia di studio davvero nutrita, anche recente. Invece di rincorrerla, ne consiglio solo alcune pagine, ormai tradizionalissime. Tra le vedute d’insieme, non perde smalto quella di O. Mischiati, Profilo storico della cappella musicale in Italia nei secoli XV-XVIII, in Musica sacra in Sicilia tra rinascimento e barocco. Atti del convegno di Caltagirone 10-12 dicembre 1985, a cura di D. Ficola, Palermo, S.F. Flaccovio, 1988 (Puncta, 5), pp. 23-45. Vi si affiancano approfon- dimenti per epoche cruciali e specifiche, da cui spunta il seguente, che torna utile anche per numerose informazioni emiliano-romagnole: La cappella musicale nell’Italia della Contro- riforma. Atti del Convegno internazionale di studi nel IV centenario di fondazione della cap- pella musicale di S. Biagio di Cento, 13-15 ottobre 1989, a cura di O. Mischiati e P. Rus- so, Firenze, L.S. Olschki, 1993 (Quaderni della Rivista italiana di musicologia, 27); qui, Mi- schiati offre un’altra panoramica nella prolusione Profilo storico e istituzionale della cappel- la musicale in Italia. Tra le ricostruzioni di misura regionale, non si perda quella del com- pianto G. Cattin, Formazione e attività delle cappelle polifoniche nelle cattedrali. La musi- ca nelle città, in Storia della cultura veneta, vol. III Dal primo Quattrocento al Concilio di

3 e propaganda. In tali ambiti la levitas emiliana si distinse e rinsaldò, partico- larmente nel segmento tra Ferrara e le urbanità centro-emiliane. Odiernamente, gli archivi delle cappelle musicali conservano le vicen- de di quel ruolo preminente e duraturo; ne rappresentano anzi la voce narran- te, quando si permette loro di raccontarci quella vita musicale. La qual cosa è avvenuta per il convegno ravennate La musica in chiesa: le raccolte musi- cali negli archivi ecclesiastici dell’Emilia Romagna, introdotto dal presente contributo, sintesi panoramica dei riflessi giunti a noi da quei sacelli musicali.

Le cappelle attrassero ed orientarono le vicende musicali maggiori anche grazie alla loro strutturazione efficiente di scuola annessa al coro (con orga- nista, e gruppo strumentale) 3, attraverso cui governare l’intero ciclo delle

Trento, a cura di G. Folena, Vicenza, N. Pozza, 1981, pp. 267-296. Se portassimo in primo piano le grandi città, da Milano a Venezia, Roma, etc., esse sono state debitamente studiate: p. es., tutti conoscono La cappella musicale di San Marco nell’età moderna. Atti del conve- gno internazionale di studi, Venezia 5-7 novembre 1994, a cura di F. Passadore e F. Rossi, Venezia, Edizioni Fondazione Levi, 1998 (ser. 3, studi musicologici. B, atti di convegni, 2). Se poi dovessi citare i lavori di altri autori vicini ai nostri argomenti, anche fermandomi ai miei ‘maestri’ ed ai colleghi che conosco di persona, siano essi Albarosa o Ruini, Bianconi, Fabbri, Luisi, Pompilio, Privitera, Tangari, Pozzi, Ziino, Donella, Carlini, Sacchetti, Dema- ria, non mi fermerei più. E gli altri contemporanei? I vari Rostirolla, Annibaldi, Passadore, Fabris, Picchi, Rossi… Appunto per questo, tra le pubblicazioni recentissime che non trascu- rano le cappelle musicali, ricordo unicamente la paradigmatica fatica collettiva Atti del Con- gresso internazionale di musica sacra, in occasione del centenario di fondazione del PIMS Roma, 26 maggio - 1 giugno 2011, a cura di A. Addamiano e F. Luisi, Città del Vaticano, Li- breria Editrice Vaticana, 2013 (Pontificio Istituto di Musica Sacra. Studi e ricerche, 3). 3 Se l’organico vocale-strumentale, nelle sue trasformazioni lungo i secoli, permise a quella produzione musicale di stare al passo coi tempi, e pure di guidarli, nell’immaginario storico- ecdotico la cappella musicale avrebbe dovuto identificarsi idealmente solo con la pura voca- lità. Tra Otto e Novecento, in molti ne parlavano, tra monito e nostalgia: «Il suono delle can- ne di un organo può sposarsi – meglio se, come nella polifonia classica e nell’uso millenario della Cappella dei Papi, se ne potesse fare a meno – o non sposarsi alla “preghiera cantata”; ma non fu, non è e non sarà mai l’organo che soppianterà la “voce” umana, la quale, al di so- pra di qualunque altro strumento, ha ed avrà sempre il diritto ed il privilegio di innalzare, do- mani, come oggi e come jeri, la “preghiera cantata” all’Onnipotente» (R. Casimiri, Autoor- gano, «Note d’archivio per la storia della musica», IX/1, 1932, che prendo dalla silloge “Au- to-organo” Barbieri. Alcuni giudizi in ordine cronologico dal marzo 1931 al giugno 1933, Milano, S.A.B.B.A.E.M., [1934?], p. 25). Anche i lessicografi generali non la pensavano al- lo stesso modo sulla variante musicale di “cappella”: «moltitudine dei musici deputati a can- tare in una chiesa» (A. Longhi - L. Toccagni, Vocabolario della lingua italiana… edizione settima novamente riveduta e migliorata da Giuseppe Picci, Milano, presso Ernesto Oliva, 1877); «i cantanti e sonatori addetti a una chiesa» (P. Petrocchi, Nuovo dizionario scolastico

4 tendenze e repertori musicali, tra produzione, trasmissione e conservazione. Un’identità didattico-performativa in grado di forgiare quelle istituzioni sia come salda tradizione che quali avamposti di strategie sacro-liturgiche (con rifrazioni teo-filosofiche) 4 e politico-comunicative, come si verificò, ad esem- pio, nelle controversie sull’ideale “a cappella” controriformistico o nel cru- ciale passaggio tra Cinque e Seicento dalla vocalità sacro-rappresentativa alle ardite sperimentazioni concertate, fino a seguire l’evoluzione delle cantate chiesastiche nell’età classica tra morigerazione e modernità.

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Un tale assetto si consolidò al punto da essere conservato, nel possibile, anche durante la decadenza delle cappelle musicali sacre nel corso dell’Otto- cento, quando l’Italia sarebbe stata incalzata da sommovimenti rivoluzionari della lingua italiana dell’uso e fuori uso…, Milano, Fratelli Treves, 1904); mi limito poi ad aprire due dizionari di latino-italiano destinati alle scolarità torinesi, di cui il primo adespoto, rinvenendo per “sacellum” la stessissima definizione, a sua volta già letta sopra: «per mol- titudine di musici deputati a cantare in una chiesa» (Vocabolario italiano-latino per uso de- gli studiosi di belle lettere nelle regie scuole di Torino… novissima edizione, t. I, in Venezia, presso Antonio Rosa e Pietro Sola, 1803; G. Pasini, Vocabolario italiano-latino ad uso del- le regie scuole di Torino… edizione novissima, t. I, Bassano, Tipografia Giuseppe Remondi- ni e figli, 1849). Beninteso, non sfuggiva ai nostri lessici musicali quella doppia accezione; nel fronte divulgativo, basta consultare il dizionario più diffuso nella prima metà del Nove- cento, per leggervi che cappella «è detto di musica polifonica vocale senza accompagnamen- to [… e] fu detto poi delle istituzioni di strumentisti, pure per servizi religiosi, quando l’or- chestra si aggiunse alla polifonia vocale o la sostituì» (A. della Corte - G.M. Gatti, Dizio- nario di musica, Torino [etc.], G.B. Paravia & C., 1925; voce non più ritoccata, almeno così vedo nella sesta edizione del 1959). Oggi che la musicologia ha ormai affinato strumenti sto- rico-lessicografici esaustivi, continuano comunque a circolare raccoltine per tutti, tra scienza e buona scrittura: dall’editoria minore cito G. Iudica, Mahler sul lettino di Freud e altre sto- rie, Milano, La vita felice, 2011 (I libri dell’alfabeto, 28), in cui troviamo pure sunteggiata “La cappella” (pp. 51-54), dove si nota opportunamente che anche a quell’altezza il confron- to tra corte e Chiesa non ebbe pace: «Assai famose furono alcune cappelle costituite in Italia presso le basiliche di grandi porporati o presso le corti di potenti signori. Il granduca milane- se Galeazzo Maria Sforza istituì nel 1471 la propria cappella (in concorrenza con quella, an- cor più antica, del duomo di Milano) con ben 40 musici, di cui 18 stabilmente impiegati per la musica da camera e gli altri 22 destinati alle funzioni religiose» (p. 52). 4 Tra Quattro e Cinquecento, certa complessità polifonica sconfinava in pianificazioni misti- co-intellettuali arcane, che sono oggi pretesto e cibo della postmoderna narrativa misterica; mi viene in mente l’interminabile romanzo di H. Krausser, Melodien. La musica del diavo- lo, Siena, Barbera, 2006, in cui si passa dall’alchimia nera alla Cappella Sistina rinascimen- tale in un batter d’occhi.

5 e patriottici 5, che soffiarono sul fuoco di una secolarizzazione fustigatrice del- le pratiche di fede 6. Senza sottovalutare, tuttavia, che la fede popolare avreb- be protetto abitudini musicali sacre e devozionali, da un lato efficaci nel con- servare forme partecipative cattoliche, dall’altro complementari alla forma- zione dell’italianità risorgimentale 7. Soprattutto in certi angoli rusticali che giusto Dio non dimenticava:

5 Un quadro problematico, nelle cui difformità rientrarono i tentativi di adattamento delle cappelle musicali ecclesiastiche: «Gli anni fortunati della coralità patriottica furono però an- che quelli altrettanto fecondi della musica sacra. In riferimento all’Ottocento si è sempre par- lato di crisi delle cappelle musicali estendendo un elemento istituzionale e linguistico a tut- to il settore, compresa la produzione. Certamente le soppressioni napoleoniche (e più tardi quelle sabaude) compromisero le basi economiche delle vecchie istituzioni che seppero però garantire una continuità nei servizi solenni grazie a un’alleanza con le nuove e vitali associa- zioni filarmoniche. L’entrata in chiesa del popolo “laico” dei filarmonici spalancò la strada alle sonorità gagliarde dei fiati, delle bande, delle orchestre e allo stile della letteratura teatra- le, provocando l’immediata espansione delle corali. In quasi tutto il paese – e in particolare nelle periferie (anche estreme) e nei centri più piccoli – si venne a creare un unico blocco di musicisti impegnati indifferentemente in teatro, come in chiesa e nelle piazze, appena scal- fito, dopo il 1890, dalla diffusione del movimento ceciliano (ma solo nelle regioni del Nord: Piemonte, Lombardia, Trentino, Veneto). La sostanziale indifferenza verso un modello stru- mentale universalmente codificato permetteva ovunque di unire voci e strumenti in maniera, verrebbe da scrivere, assolutamente casuale dettata da ragioni contingenti» (A. Carlini, «Sa- rà “Italia” feconda d’eroi»: Verdi e l’italianità del coro, in Fuori dal teatro. Modi e percorsi della divulgazione di Verdi, a cura di A. Carlini, Venezia, Marsilio - , Casa della mu- sica, 2015 (Musica in atto, 6), pp. 78-79). Per la stagione tra Otto e Novecento delle nostre cappelle musicali, si apra Fra Ratisbona e Roma: il cecilianesimo nelle valli alpine. Conve- gno di studi in occasione del Ventesimo di fondazione del Coro Santa Lucia di Magras (18- 19 settembre 2010), a cura di A. Carlini, Trento, Edizioni31, 2012. 6 Rimando a p. 153 e dintorni di M. Casadei Turroni Monti, L’incenso su Verdi. Sguardi cattolici italiani fin dentro al Novecento, in Fuori dal teatro cit. 7 Nel 2011 è trascorso il Centocinquantesimo dell’Unità d’Italia senz’accorgersi del contri- buto offerto dalla musica sacro-devota cattolica all’identità nazionale. E non bisogna essere indovini per immaginare che pure quest’anno, il centenario della Grande Guerra non lascerà dietro di sé una riflessione adeguata su un tal fattore così dirimente. Io me ne sono occupato qua e là in due circostanze: La musica sacra come luogo di trasmissione della fede, in Cri- stiani d’Italia. Chiese, società, stato, 1861-2011, vol. I, a cura di A. Melloni, Roma, Istituto della Enciclopedia Italiana, 2011, pp. 597-610 (in Internet: http://www.treccani.it/enciclope- dia/la-musica-sacra-come-luogo-di-trasmissione-della-fede_(Cristiani-d’Italia)/); Giusep- pe Verdi cathol(a)icus, in Verdi. L’invenzione del vero, direzione scientifica di A. Melloni, Roma, Istituto della Enciclopedia Italiana, 2013, pp. 39-58.

6 Chi è di voi, o lettori, che non abbia veduto nel dì della solennità, che porta il nome del Corpus Domini, una di quelle processioni che passa- no per le vie delle città, dei villaggi e attraverso le colline della più po- vera parrocchia? Là in bell’ordinanza difilano ragazze bianco-vestite, e giovani tutto pieni di lieta pietà; poi le confraternite distinte con abi- ti a diverso colore; e infine i sacerdoti che circondano e accompagnano il Re di quella festa, Gesù sacramentato. Altri pregano sommessamen- te, altri van riempiendo l’aria dei più soavi canti. Di qui tu vedi sparger- si fiori sul cammino, per cui deve passare il corteggio, e ti rallegri allo scorgere tutto all’intorno coperti i muri di drappi del ricco e di lini del povero. Quando ti vien fatto di ascoltare i lieti concenti dei bronzi e de- gli strumenti, quando lo sparo giulivo delle armi e dei mortaretti. Oh, come tutto prende una solennità di gioia! Uomini, donne, vecchi, fan- ciulli, cielo, terra, tutto è in festa 8.

Per la verità, la condizione delle cappelle musicali in quei decenni scon- tava ormai il cronicizzarsi di lassità etico-professionali anzitutto dovute ai direttori, sempre più saccenti e maldicenti, che masticavano male la polifo- nia, ancor peggio il latino, senz’aggiornarsi sul piano compositivo-didattico, culturale, e via discorrendo. Qualche tempo fa ne avevo trattato in un’indagi- ne sulla coralità, che trovò derive financo avvilenti:

Tra le analogie spiccano certo dilettantismo e la pigrizia dei maestri di coro, particolarmente nel rinnovare la propria preparazione e l’offerta didattica; questa appare pertanto routiniere, usurata cioè da meccanismi da “mestieranti”: soprattutto laddove gli argomenti siano spinosi e tali da richiedere sacrificio e studio, come – sulla scia delle mnemotecni- che interpretative – nel caso dell’apprendimento di metodiche nell’im- provvisazione canora (che aggiungerebbero al solfeggio cantato com- petenze di lettura a prima vista fino ad allora lasciata “nel campo empi- rico”): «Ma i maestri – compresi i direttori di società corali, conserva- tori, scuole, ecc., sono in generale troppo pigri e non richiedono ai loro allievi tutto ciò che veramente essi potrebbero dare e produrre, ché ciò apporterebbe con sé troppa fatica e troppo disturbo. Invece si contenta- no di immagazzinare, inculcare nelle menti o meglio negli orecchi dei poveri allievi una quantità di pezzi, di arie, di canzoni, intiere parti di opere, oratori, ecc. impedendo in tal modo – non sappiamo se talvolta

8 Dall’articolo senza firma Feste dell’anno, nell’“Almanacco pel 1855” «Il Galantuomo», II, 1854, pp. 75-76; uno dei tanti opuscoletti che spargevano “letture cattoliche” in tutt’Italia.

7 con intenzione – ogni progresso verso l’educazione riflessiva ed indi- pendente. D’altra parte gli allievi – compresivi cantanti solisti, coristi, ecc. – dovrebbero ben scolpirsi nella memoria che l’educazione voca- le non è né un passatempo né un giuoco qualsiasi, come purtroppo vie- ne sempre riguardata, ma bensì uno studio, un lavoro nobile e serio, più difficile forse della stessa sintassi latina; e non dimenticare che la musi- ca in generale e l’arte vocale in particolare sono, tanto fisicamente che moralmente, di un valore salutare immenso, preponderante» 9.

A volte fu l’appetito di patrocinatori e responsabili di quelle istituzio- ni a complicar le cose, stanti, per dire, le tentazioni modaiole d’accaparrarsi maestri insigni, talentuosi ovunque fuorché nei bisogni di chiesa. Fu questo il destino della cappella di Santa Maria Maggiore di Bergamo, che nel 1883 credé di tornare ai fastigi di Mayr e Donizetti, mettendo a stipendio l’Amilca- re Ponchielli della Gioconda:

Al direttore era fatto obbligo di provvedere con gli allievi della scuola alle funzioni religiose nelle maggiori solennità, nonché di scrivere ogni anno delle composizioni adatte alle solennità stesse. A dire il vero Ponchielli non era troppo adatto alla carica: era poco ver- sato alla musica liturgica; egli lo sapeva per primo, e lo sapevano anche gli altri. Ma il vanto di aver un Ponchielli a direttore era tale, che quei di Bergamo non andarono tanto per il sottile. Ponchielli, dal canto suo, […] cercò di confessare la propria incapacità, ma d’altra parte l’avvo- cato Ginami, ch’era il sovrintendente alla scuola per conto della Con- gregazione e che aveva avuto l’ordine di concludere «a tutti i costi», gli aveva fatto condizioni eccezionali. […] Il contratto fu concluso. Per fortuna il Ponchielli aveva trovato a Bergamo, nell’Istituto di cui era di- venuto direttore, un suo allievo, il maestro Antonio Vanbianchi, mila- nese, che […] divenne subito l’aiuto, il confidente, l’informatore, il di-

9 Cfr. Casadei Turroni Monti, Cenni sulla condizione delle scholae cantorum italiane nel primo Novecento, con riferimento ai giorni nostri, in Remus: Reggio Emilia Musica Univer- sità Scuola Studi e Ricerche sulla Formazione Musicale. Atti e Documentazioni del III e IV Convegno-concerto, anni 2006-2007, a cura di A. Coppi, Perugia, Morlacchi, 2008, pp. 147- 164: passim (in Internet, presso https://books.google.it); la presente citazione è da p. 153, che a sua volta sceglie un passo tratto da [L. Torchi], recensione a M. Battke, Primavista. Eine Methode, vom Blatt singen zu lernen (Berlin, 1900), «Rivista musicale italiana», anno VIII, n. 2, p. 483.

8 fensore del Ponchielli, e Ponchielli trovò in lui conforto alle molte tri- bolazioni che la nomina gli diede 10.

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Sotto l’insegna del cecilianesimo italiano 11, la riforma della musica sacra valicò stentatamente l’Ottocento, nella consapevolezza che il degrado del- le cappelle musicali 12 avrebbe minato alla base ogni futuro tentativo di rina- scita 13. Raffaele Casimiri, tra i giovani alfieri di quelle ‘nuove musiche’, lo ammise senza mezze misure in sede di convegno associativo, puntando sulla riqualificazione professionale dei cori, a cui anche il clero non poteva più sot-

10 G. Cenzato, Tribolazioni di un maestro di cappella, «La Scala», 44, luglio 1953, p. 27. Una lettera di Ponchielli all’allievo, sconfortata e insieme stizzita, ci fa entrare nella giornata industriosa d’un maestro di cappella, almeno per messa e vespri delle solennità: «Prima che io accettassi il posto costì, sapevano che non sempre avrei potuto scrivere, ora capisco non essere possibile proseguire in questo modo: sarà molto meglio che si procurino un maestro che soggiorni a Bergamo, così avranno musica nuova tutte le feste e io sarò più tranquillo. […] Parlo così perché il sig. Ginami scrissemi che “qualora facessi qualche pezzo per la Set- timana Santa sarebbe tutto dimenticato (!) e sarei assolto (!!)”. Quando io voglio l’assoluzio- ne vado a confessarmi addirittura!… Infine è una situazione che così non può prolungarsi e io abbandonerò quanto prima il posto» (p. 28). Autolicenziamento che, visto il contratto da- naroso, sarebbe avvenuto solo per la morte prematura di Ponchielli nel 1886. 11 Senza dubbio, un volume che ha preparato le più recenti conquiste della ricerca sul cecilia- nesimo è Aspetti del Cecilianesimo nella cultura musicale italiana dell’Ottocento, a cura di M. Casadei Turroni Monti e C. Ruini, Città del Vaticano, Libreria Editrice Vaticana, 2004 (Monumenta Studia Instrumenta Liturgica, 36). Per quel che possa servire, i wikipediani po- lacchi nella voce “Cecylianizm” non si scostano da una bibliografia esteuropea, salvo che per questo lavoro (in Internet: http://pl.wikipedia.org/wiki/Cecylianizm). 12 Su tale decadenza sono davvero indicative le descrizioni sparse nella miscellanea polemi- ca del frate minore conventuale G. Filippetti, La potenza del pane di Sant’Antonio nell’Azio- ne Cattolica, Recanati, Officine grafiche della “STER”, 1911. 13 Abbiamo scelto in questa sede di non oltrepassare le Alpi. Va da sé, tuttavia, che nell’Eu- ropa dove allignava la riforma musicale sacra, soprattutto tra Francia e regioni austro-ger- maniche, i musicografi erano altrettanto consci che nella salvaguardia e rinnovamento del- le scholae cantorum risiedesse il germe di una ripresa musicale generale. Così, lo storico di turno, nel presentare le iniziative corali di Vincent d’Indy: «De toutes le chapelles musicales récemment fondées, aucune n’a été plus fidélément fréquentée les principes d’enseignement d’un Conservatoire caduc, à donner aux musiciens une éducation plus intellectuelle, à cen- traliser les efforts et les directions de la jeune musique, et à constituer une critique historique et une bibliographie sérieuse de la musique française» (dal capitolo “Nos chapelles musica- les en 1908”, di C. Mauclair, La religion de la musique, , Librairie Fischbacher, [post 1909]8, p. 265).

9 trarsi dopo i provvedimenti musicali di Pio X tra il 1903 e l’8, dal Motu pro- prio a quanto di musicale rientrasse nella riforma dei seminari:

Cappelle musicali: se le basiliche, se le cattedrali, se le chiese maggio- ri e i maggiori santuarii debbono mantenere alto il decoro delle funzio- ni liturgiche anche ordinarie, non si può pretendere che né una schola cantorum di seminario, né una schola parrocchiale, né molto meno il popolo col canto popolare vadano giornalmente in chiesa, ad ora fissa, a disimpegnare il servizio musicale: occorre un nucleo di cantori, nu- cleo anche minimo che col maestro, l’organista e la annessa schola pue- rorum 14 siano la base fissa della Cappella musicale. Si curi pertanto con ogni mezzo anche il restauro delle Cappelle musicali, che furono per tanti secoli i veri focolari d’arte 15.

Era sottinteso il richiamo a custodire ed indagare i fondi archivistico- musicali legati a quel passato. Fu proprio in ragione di una così pertinente sta- gione di studio che sarebbero cresciute le condizioni per una legittimità sto- riografico-ecdotica di quei beni musicali, a sua volta preveggente, potremmo dire, di uno sviluppo delle ricerche giunto alle occorrenze dei nostri giorni. A quest’altezza, non va sottratto a Casimiri, sull’esempio autorevolissimo di Giovanni Tebaldini 16, il merito di essere stato tra i primi a concepire l’urgen-

14 Un’istituzione che fu ramo delle cappelle musicali fin dalle origini, per le ben conosciute ragioni liturgico-teologiche; anche in tal caso, si tratta di contesti già coltivati dalla ricerca entro luoghi noti o da riqualificare, come per l’articolo di M. Quaglia, La «Cappella puero- rum cantantium» del duomo di Asti, in A Ettore Desderi nel suo 70° Compleanno, , Conservatorio di musica “G.B. Martini”, 1963, pp. 119-122. 15 Appena sopra si ribadiva il fulcro del binomio scuola-coro per i futuri sacerdoti: «Scholae cantorum dei seminari – si faccia ogni sforzo per avere un bravo insegnante di canto grego- riano e musica figurata; si organizzi con serietà di propositi l’insegnamento fin dal primo an- no di ginnasio, quando gli adolescenti apprendono con minor fatica e con duraturo profitto, e si procuri di racimolare la mezz’oretta giornaliera per la scuola di canto nell’intervallo scolastico più opportuno» (R. Casimiri, Scholae cantorum e cappelle musicali in Italia, in XIV Congres- so nazionale dell’Associazione italiana di S. Cecilia, Roma 23-28 aprile 1928. Commemora- zione del IX centenario di Guido d’Arezzo, Vicenza, Ufficio centrale dell’A.I.S.C, 1928, p. 39). 16 Questo formidabile riformatore ceciliano mosse ogni propria attività dall’attenzione ver- so le cappelle musicali, sia come maestro di cappella che in qualità di storico e pubblicista: a fine Ottocento, si sapeva cosa accadesse in terra austro-tedesca dalle sue relazioni estere ospitate nella «Gazzetta musicale di Milano», per non dire delle sue monografie archivisti- che sulle cappelle maggiori di Padova e Loreto, che anche diresse – oltre che in S. Marco a Venezia –, senza dimenticare mille altri suoi apporti, tra cui scelgo le conferenze prenestine: nell’ordine L’Archivio Musicale della Cappella Antoniana in Padova. Illustrazione storico-

10 za di una rivisitazione sistematica degli archivi delle cappelle musicali, desti- nandovi la rivista «Note d’archivio per la storia della musica», da lui inaugu- rata e diretta nel periodo dal 1924 al 1943, anno della morte 17:

Tra le caratteristiche più rilevanti di Note d’archivio figura l’attenzio- ne particolare assegnata alla ricostruzione storica delle attività musica- li che si svolsero in molte cappelle musicali italiane, un tipo di ricerca in precedenza rimasta vieppiù ghettizzata in pubblicazioni di storia lo- cale – quali gli “Atti e memorie” regionali – di difficile reperimento 18. critica, Padova, Tipografia e Libreria Antoniana, 1895; L’Archivio Musicale della Cappella Lauretana. Catalogo storico-critico, Loreto, a cura dell’Amministrazione di S. Casa, 1921; Della musica sacra. Giovanni Pierluigi da Palestrina (conferenze)… II edizione riveduta ed aumentata, Padova, Editoria della Scuola Veneta di Musica Sacra, 1894. Tebaldini fu brac- cio destro di Amelli, a sua volta antesignano del cecilianesimo italiano, poi sua guida lungo la seconda età della riforma musicale sacra nel 1905-1909 (cf Casadei Turroni Monti, Let- tere dal fronte ceciliano. Le visioni di don Guerrino Amelli nei carteggi conservati a S. Ma- ria del Monte di Cesena, premessa di L. Crippa, prefazione di A. Melloni, Firenze, Olschki, 2011 (Historiae Musicae Cultores, 121), ad capitula). 17 Casimiri non solo fu ottimo musicista sacro, ma anche talentuoso e scaltro ceciliano – va- le a dire rampollo di Amelli, pur se devoto a De Santi –, che fregiò la riforma musicale di un’imprescindibile retrospettiva attraverso gli archivi musicali ecclesiastici. In tal senso fu ‘topo d’archivio’ ante litteram, instancabile nel restituire il passato delle cappelle musicali attraverso l’attività ecdotico-editoriale e pubblicistica, fondando «Note di archivio per la sto- ria della musica, sulla quale pubblicò gran parte degli appunti che costituivano il frutto delle sue pazienti ricerche nei fondi documentari di basiliche e cattedrali, e – spesso in puntate suc- cessive – studi di fondamentale importanza, tra cui si ricordano quelli dedicati a Palestrina, Ingegneri, Victoria, Lasso e agli Anerio. A lui si deve la realizzazione, dal 1939, della colla- na di monografie umbreTadinum . A partire dal 1924 svolse anche una intensa importante at- tività di editore musicale: pubblicò tra l’altro (Roma 1924-34) Anthologia Polyphonica Au- ctorum Saeculi XVI, in due volumi, dedicata agli istituti di musica sacra e agli allievi dei se- minari, e comprendente una abbondante produzione musicale italiana e straniera; la serie So- cietatis Polyphonicae Romanae Repertorium (Roma 1921-34), in sei volumi; iniziò nel 1929 la serie Monumenta Poliphoniae Italicae, in due volumi, in collaborazione con E. Dagnino; e nel 1938 l’edizione dell’Opera omnia di Palestrina, progettata in trenta volumi, che lasciò, morendo, al diciottesimo» (M. Caraci, voce Casimiri, Casimiro Raffaele, in Dizionario Bio- grafico degli Italiani, 21, Roma, Istituto della Enciclopedia Italiana, 1978 (in Internet: http:// www.treccani.it/enciclopedia/casimiro-raffaele-casimiri_(Dizionario-Biografico)/). Un ri- tratto ceciliano del giovane e scalpitante Casimiri sta in Casadei Turroni Monti, Lettere dal fronte ceciliano cit., ad capitulum. 18 E. Surian, Introduzione a Note d’archivio per la storia musicale (1924-1927, 1934-1943), RIPM, 2004, pp. XVII-XVIII (in Internet: http://www.ripm.org/pdf/Introductions/NARintro- or.pdf). Si consideri pure che prima di Casimiri, i testi critici sulle cappelle musicali anda- rono da prototipi di eruditi a quadri firmati da specialisti internazionali; da una parte, basti

11 Dunque, un periodico ricco di informazioni per noi irrinunciabili, consi- derando che sulle cappelle musicali Casimiri costantemente scriveva e faceva scrivere 19. Da qui una letteratura critica che fu propedeutica ai progressi stori- co-archivistici del secondo dopoguerra, siano essi legati a studiosi come Ron- caglia e Sartori, o dovuti a progetti editoriali mirati quali la “collana di catalo- ghi e bibliografieBibliotheca musicae” 20. Negli anni più vicini a noi, l’attenzio- ne alle cappelle di «Note d’archivio» avrebbe trovato continuità nella «Rivista internazionale di musica sacra» (RIMS), nata nel 1980, orientandosi anzitutto sugli studi di mons. Luciano Migliavacca, recentemente scomparso, che fin dal 1957 era stato distinto maestro di cappella nel duomo di Milano 21. Non segna- lo altro, salvo il pericolo didattico «La Cartellina» (1975), seguito da «Le fon- ti musicali in Italia» (1987).

scorrere l’opuscolo del patriota, numismatico e storico bergamasco D. Muoni, Gli Antignati organari insigni e serie dei maestri di cappella del duomo di Milano. Spigolature, Milano, Bortolotti di Dal Bono e C., 1883; dall’altra, scomodiamo A. Gastoué, La Cappella musicale e l’ufficio di cantore ecclesiastico, «Bollettino ceciliano», 1929, XXIV, pp. 58-60. 19 Due esempi di siffatte collaborazioni, distribuite su più numeri: R. Paolucci, La cappella del duomo di Fano (1423-1899), «Note d’archivio per la storia della musica», III, 1926, pp. 81-168 e IV, 1927, pp. 100-115; M. de Carolis, La Cappella musicale della ven. collegiata S. Lorenzo M. in Sant’Oreste sul Monte Soratte, «Note d’archivio per la storia della musica», VIII, 1931, pp. 58-68, 106-131, 156-195, 245-277. Su tale foglio uscì pure il saggio d’argo- mento ravennate del sacerdote R. Casadio, La Cappella musicale della cattedrale di Raven- na nel sec. XVI, «Note d’archivio per la storia della musica», XVI, 1939, pp. 136-185, con appendice documentaria alle pp. 226-237 (riedito in Don Renato maestro di cappella. Nel centenario della nascita, a cura M. Pierpaoli, Ravenna, Stear, 2001). 20 È doveroso ricordare anche quei lavori che in questi ambiti costituirono autentici hits: G. Roncaglia, La Cappella musicale del duomo di Modena, Firenze, Olschki, 1957 (Historiae musicae cultores. Biblioteca, 5); C. Sartori, Assisi. La Cappella della basilica di S. Fran- cesco. I - Catalogo del fondo musicale nella Biblioteca Comunale di Assisi, Milano, Istitu- to Editoriale Italiano, 1962 (Bibliotheca musicae, 1). Come si vede, quest’ultima pubblica- zione aprì la collana sopra ricordata, che lo stesso Sartori guidò. Nel novero delle iniziative odierne sensibili alle istituzioni musicali ecclesiastiche, contiamo pianificazioni ormai salde e tradizionali (la serie promossa dalla Provincia autonoma di Trento in relazione alla Biblio- teca musicale Feininger) o di più recente ma solida prospettiva (il catalogo delle pubblicazio- ni sotto l’egida di “Musifon”, progetto di ricerca facente capo ad Università e Conservatorio musicale di Udine, coordinato da R. Calabretto, di cui faccio parte). 21 Fino agli anni Novanta, gli autori si dedicarono prevalentemente alle cappelle d’area lom- barda; la rivista aveva esordito però con tre puntate di Migliavacca sopra un famoso musici- sta faentino del sec. XVIII, anche direttore musicale presso la cattedrale meneghina: L. Mi- gliavacca, Giuseppe Sarti: un operista maestro di cappella, «Rivista internazionale di mu- sica sacra», I, 1980, pp. 42-48, 222-257, 369-379.

12 

Rimanendo nel quadro delle riflessioni iniziali, per l’Emilia Romagna va sottolineato, con soddisfazione, che l’esteso sommario del nostro Convegno ravennate è in buona parte rivolto ai centri pulsanti dell’articolata topografia regionale, lungo fondi musicali finora inesplorati o per aggiornamenti storio- grafici, ecdotici (stilistici e critico-analitici delle musiche); spesso inerpican- dosi su corpora archivistici lacunosi. Restano fuori dal programma aree com- plementari, in genere anch’esse già setacciate da ‘cercatori’ locali più o meno ispirati, a cui danno una mano talvolta indagini rimarchevoli. Penso ad alcuni casi riferiti alle zone orientali, anch’esse pienamente inserite nella vivida rete provinciale di cappelle sostenute dalle curie. Tanto per cambiare, anche in tali circostanze la ricomposizione storica può inciampare nella precarietà dei fondi documentali. Rispetto a condizioni operative così problematiche, riten- go ancora esemplare la lettura che Mischiati riuscì a svolgere oltre vent’an- ni fa della cappella musicale nella cattedrale di Comacchio, assegnata al car- dinal legato di Ferrara, la quale avrebbe conosciuto il suo più alto momento nel Seicento, con le composizioni di Mezzogorri e Tomasi 22. Per le cappelle viciniori a quella comunità, prendiamo esempio da quanto Da Col ricostrui- sce per Cento 23. Inoltre, per tutte le zone affacciate sul mare occorre ricono- scere che i rapporti con l’Emilia interna si nutrivano peculiarmente median- te la circolazione di musicisti presso le cappelle musicali anche minori; indi- cativo, per dire, che nella cappella della cattedrale di Carpi, fin dal Rinasci- mento l’azione liturgica fosse «scandita dalla costante presenza di maestri di cappella regolarmente stipendiati dalla curia. Questi provenienti in massima parte dalla stessa Carpi o dall’intera area romagnolo-estense, raggiungono, in complesso, il numero di 51 alla data del 1796» 24, prima che iniziasse a spi- rare il rigido vento delle soppressioni. Non c’è bisogno, infine, di scendere in Romagna; ci hanno già pensato i nostri convegnisti, che potranno comun- que usufruire di una base di ricerca anche per queste terre caparbia e puntua-

22 O. Mischiati, La cappella musicale e l’organo nella cattedrale, in Storia di Comacchio nell’età moderna, vol. I, Casalecchio di Reno (Bologna), Grafis edizioni, 1993, pp. 229- 266. 23 P. Da Col, L’archivio della cappella musicale di S. Biagio di Cento, in La cappella musi- cale nell’Italia della Controriforma cit., pp. 9-16. 24 Così per M. Bizzoccoli, Cappella musicale ed istituzione pubblica tra il 1795 e il 1825, «Ravennatensia», XIV, Atti del Convegno di Carpi (1987). Chiese locali in epoca napoleo- nica (1789-1823), Cesena, Centro studi e ricerche sulla antica provincia ecclesiastica raven- nate, 1993, p. 71.

13 le 25. Resta fuori Cesena, ch’ebbe cappelle musicali conformi a quanto espo- sto finora. Ne ho studiato più d’una volta la fase ceciliana, in cui quellescho - lae cantorum conobbero un quarto d’ora di notorietà nazionale meritatissimo; toccò prima a Perosi, di passaggio a Cesena nei primi del Novecento, rimaner sorpreso: «fu per alcuni giorni ospite del p. Abate e poi tornò con altri egre- gi professori per il collaudo del nuovo organo del duomo, disse: – Cesena, in fatto di musica liturgica e di canto gregoriano, è in Italia un’oasi rigogliosa e rara»; poi sarebbero stati Amelli e Tebaldini a far di tutto, quasi riuscendovi, per organizzare nell’autunno del 1906 a Cesena un convegno ceciliano regio- nale, che «sarebbe stato costola della programmazione ceciliana nazionale» 26. Da allora più nulla, se non questo nostro XIV Convegno ravennate, in cui vor- rei invitare a riconoscere l’occasione nella quale finalmente si concretizza, sul piano dell’attuale ricerca, quel sogno cesenate di farsi portavoce regionale per acquisizioni riformistiche che avrebbero influenzato l’andamento delle cap- pelle musicali italiane prima che la riforma liturgica s’incamminasse verso il Concilio Vaticano II.

25 Un’indicazione per città, seguendo la via Emilia diretta al mare, con deviazione a un certo punto per Ravenna: P. Bedeschi, La Cappella musicale della cattedrale d’Imola e i suoi cele- bri maestri (da Pietro Aron a Lorenzo Perosi), «Il nuovo diario», 1966, nn. 29-35; M. Gab- brielli, La Cappella musicale di San Francesco in Faenza. Contributo per una storia, Firen- ze, Bonechi, 1986 (dentro vi collabora A. Varotti); L. Bandini - O. Gambassi, Vita musicale nella cattedrale di Forlì tra XV e XIX secolo, con un’appendice bibliografica sugli oratorii a Forlì nel Settecento, Firenze, Olschki, 2003 (Historiae musicae cultores, 101) (Bandini fu un mio intelligente allievo di Storia della musica, che persi di vista a malincuore, per ritrovarme- lo con gioia accanto a Gambassi in tale prestigiosa collana); P. Fabbri, Tre secoli di musica a Ravenna, dalla Controriforma alla caduta dell’Antico Regime, Ravenna, Longo, 1983 (MIT: Musica, Immagine, Teatro, 1); F. Dell’Amore, La voce degli angeli. Musica sacra a Cesena nei secoli XVII e XVIII, in Storia della Chiesa di Cesena, II, a cura di M. Mengozzi, Cesena, Editrice Stilgraf, 1998, pp. 351-457; P. Righini, La cappella musicale dell’antica cattedrale di Rimini nel Cinquecento. Note d’archivio, Rimini, Il ponte, 2008. 26 Su corsivo mio, i due passi da M. Casadei Turroni Monti, La Cesena di Bonifacio Krug, prima della classe in “Cecilianesimo”. Alcuni riordini tra Otto e Novecento, in Un papa, la Madonna e il loro monastero 1814-2014, a cura G. Spinelli, Cesena, Editrice Stilgraf, 2014 (numero straordinario del bollettino «La Madonna del Monte», novembre 2014), pp. 2 e 12.

14 Tiziano Fermi

La musica nel Duomo di Piacenza dal XII al XVII secolo: il fondo musicale dell’Archivio-Biblioteca Capitolare della cattedrale

Una brevissima introduzione all’Archivio-Biblioteca Capitolare del- la cattedrale di Piacenza deve almeno permettere di dire che il medesimo è attualmente suddiviso in due sedi: quella antica si trova nella parte superio- re della cappella delle Ss. Orsola e Caterina, fu voluta dal Vescovo Claudio Rangoni nel XVII secolo e venne abbellita, alla fine del XVIII secolo (1794), con un prezioso mobilio in stile Luigi XVI 1; la seconda sede è stata invece costituita nel 1957 ed è collocata nei locali vicini alla sacrestia superiore. In questa parte dell’archivio è stato ordinato ed è ora conservato il fondo musi- cale; una prima menzione dell’intero patrimonio venne presentata da Claudio Sartori sulla rivista Fontes artis musicae 2. Successivamente, il fondo venne inventariato e descritto nel 1967 dal musicologo Francesco Bussi alla cui cura fu affidata la pubblicazione «Piacenza, Archivio del Duomo, Catalogo del fondo musicale» 3. All’interno delle raccolte musicali della Cattedrale emerge la documentazione legata ai due momenti che, a buon motivo, possono esse- re ritenuti i maggiori all’interno della storia musicale della chiesa maggiore piacentina: quello della produzione dei codici manoscritti 4 (almeno 38 riguar- dano la musica liturgica) e quello interessato dal successivo canto polifoni- co, con le antologie manoscritte dalla fine del Quattrocento in avanti, e la rac- colta della musica a stampa sino alla fine del Seicento e oltre. In questo breve ma significativo itinerario, cercheremo di dare alcune coordinate per la cono- scenza del fondo e di presentarle anche attraverso un piccolo catalogo icono- grafico. Come sostengono vari studiosi, il fondo manoscritti della Bibliote- ca Capitolare della cattedrale è cospicuo a confronto con altre cattedrali della

1 T. Fermi, Cattedrale S. Maria Assunta, Piacenza, Tipolito Farnese, 2006, pp. 29-30. 2 C. Sartori, L’archivio del Duomo di Piacenza e il Liber XIIII di Costanzo Antegnati, in «Fontes artis musicae» 4, 1957, pp. 28-37. 3 Piacenza, Archivio del Duomo, Catalogo del fondo musicale, a cura di F. Bussi, Milano, Istituto editoriale italiano, 1967. Cfr. sull’Archivio e Biblioteca nel complesso: Archivio e biblioteca capitolari della Cattedrale, a cura di I. Musajo Somma in Storia della diocesi di Piacenza, I*: Guida alle fonti, a cura di Luca Ceriotti et al., Brescia, Morcelliana, 2004, pp. 61-64. 4 F. Bussi, Il canto liturgico nel Medioevo piacentino attraverso la tradizione manoscritta, in AA. VV., Storia di Piacenza, II, Piacenza, Cassa di Risparmio di Piacenza, 1984.

15 Pianura Padana, eppure è stato poco studiato 5. L’Archivio-Biblioteca doveva esistere dall’età carolingia, ma la documentazione è posteriore 6. La parte dei codici manoscritti richiama alla schola e ad uno scriptorium che certamente dovevano essere istituiti presso la cattedrale ove si insegnava tra le materie di studio la musica e in particolare il canto per le celebrazioni liturgiche. È dove- roso iniziare questa rassegna piacentina partendo dal XII secolo, e perciò dal Codice 65 (detto Codice magno o per la funzione assunta Liber magistri 7), il quale contiene tutte quelle parti che interessavano la ricca liturgia della Eccle- sia piacentina; è ritenuto il totum liturgico e la copia mastro da cui ciascun libro liturgico doveva prendere origine. Le 450 carte (recto e verso) da cui è composto il Codice presentano in ordine: un primo tonario, un salterio-inna- rio, un secondo tonario, il graduale che comprende il kyriale con incorporato il tropario e il sequenziario, un compendio di teoria musicale, un terzo tona- rio e un antifonario. È significativo addentrarsi in quelle pagine del Codice 65 che costituiscono un compendio di teoria musicale ed erano alla base dell’i- struzione musicale; vi si riportano i testi tratti dal De musica di Cassiodoro, una parte della Summa musicae artis (che fornisce un contributo per la dif- fusione delle posizioni teoriche di Guido D’Arezzo) ed un tonario con i suoi commentari. A corredo dei brani si trovano alcune bellissime e note minia- ture: alle cc. 262 r.-v. sono rappresentati gli strumenti, secondo la tipologia nominale, con le raffigurazioni di personaggi che suonano strumenti a percus- sione, a corda tesa e a fiato (percussionales, tensibilia, inflatilia). Nelle suc- cessive carte troviamo una rappresentazione alquanto importante del sistema degli otto tradizionali modi ecclesiastici, i quattro autentici e i quattro plagali.

5 M. Ferrari, Sui codici più antichi nella Biblioteca della Cattedrale di Piacenza, in La tra- ma nascosta della Cattedrale di Piacenza, Atti della giornata di studi del 25 ottobre 2013, a cura di T. Fermi, di prossima pubblicazione, Piacenza, Tip.le.co., 2015. 6 Ibidem. 7 È in corso un ampio dibattito sulla datazione di questo manoscritto; G. Zanichelli e B. Møl- ler Jensen lo datano all’incirca al 1142, M. Ferrari sposterebbe la datazione sino al 1192. Cfr. Møller Jensen, Liber Magistri. Commentario esplicativo, Piacenza, Tip.le.co., 1997, pp. 11- 14; G. Zanichelli, Strategie comunicative nelle cattedrali riformate: analisi di alcune scelte iconografiche, in Medioevo: l’Europa delle Cattedrali. Atti del IX Convegno Internaziona- le di Studi, Parma 19-23 Settembre 2006, a cura di A.C. Quintavalle, Milano 2007, pp. 414- 423; M. Ferrari, Per la datazione del Liber Magistri di Piacenza, in Quod ore cantas corde credas: studi in onore di Giacomo Baroffio Dahnk, a cura di L. Scappaticci, Città del Vati- cano, Libreria Editrice Vaticana, 2013, pp.189-202; M. Ferrari, Codici per la Cattedrale di Piacenza nelle note obituarie del Liber Magistri, in Studi in onore di Francesca Flores d’Ar- cais, a cura di M.G. Albertini e M. Rossi, Milano, Vita e pensiero, 2010, pp. 21-31.

16 Figura 1 Gli strumenti a corda e quelli a fiato (tensibilia, inflatilia), Codice 65, Liber Magi- stri, sec. XII, c. 262 v. (Biblioteca Capitolare Cattedrale di Piacenza [d’ora in poi BCPc]

Figura 2 Tono autentico, Codice 65, Figura 3 Tono plagale, Codice 65, Liber Magistri, sec. XII, c. 264 v. (BCPc) Liber Magistri, sec. XII, c. 267 v. (BCPc)

17 Le modalità autentiche sono rappresentate iconograficamente da quattro re, mentre le quattro modalità plagali sono sempre identificate con due figure che si contrappongono, una nuda nell’atto di ricevere indicazioni da una vestita, la quale, spesso, indica il testo soprastante.

Figura 4 I tropi della Pasqua, Codice 65, Liber Magistri, sec. XII, c. 234 v. (BCPc)

Senza rimanere troppo a lungo su questo manoscritto è importante poter osservare un’altra delle pagine più significative, quella contenente i tropi del- la Pasqua, ove si osserva anche la disposizione delle parti musicali su due colonne e una notazione a piccoli neumi su rigo di quattro o cinque linee, fra cui una rossa e una gialla. I codici manoscritti, cronologicamente successivi e di interesse musi- cale, possono permettere di intravedere l’evoluzione dei libri liturgici e del- le parti cantate riguardanti le celebrazioni, tema carico di risvolti e attual- mente da approfondire. È doveroso grazie a una prima analisi degli inventa- ri di sagrestia, dal XIII secolo (il più antico risale al 1266 8), tentare di capire quali codici di interesse musicale possedesse la chiesa cattedrale e che tipo di aggiornamento stesse avvenendo: nel primo documento si citano quattro

8 Archivio Capitolare della Cattedrale di Piacenza (d’ora in avanti ACCPc): Inventari di sagrestia, Cantonale II, vol.1, dal 1266 al 1600. Cfr. Tononi, Gli inventari delle due chie- se maggiori S. Antonino e Cattedrale di Piacenza dei secoli XII-XIV, Parma, Tip. L. Battei, 1892.

18 antifonari notturni, due vecchi e due nuovi, tre antifonari diurni, uno vec- chio e due nuovi, un graduale con le sequenze, ben otto sequenziari, due sal- teri, cinque processionali e due volumi che contengono l’ordine dell’uffi- cio della Chiesa piacentina 9. Per la prima volta nel posteriore inventario del 1358 si evidenzia in elenco la presenza del codice «magistrale, scilicet liber magnus» 10. In un successivo inventario del 1400 11 il numero di volumi cre- sce notevolmente e i redattori precisano alcuni elementi dei volumi elencati: si cita ancora il Libro del Maestro, dichiarando che il volume è notatum e si trova in medio chori, si rinvengono due degli antifonari notturni e tre degli antifonari diurni, i sequenziari antichi sono ora dodici e, inoltre, si elenca- no un salterio antico, un graduale anch’esso notato e un pontificale che vie- ne definito addirittura antichissimo, ma di cui purtroppo oggi abbiamo perso ogni traccia. Nel 1481 12 l’elenco dei libri è molto cospicuo, di molti si sotto- linea la nuova realizzazione (ad es. «item graduale unum novum») e in parti- colare si trovano tre antifonari nuovi secondo l’uso della Curia romana così come due salteri nuovi secondo l’uso della Curia romana «… de auro fac- ti pro R. d. Episcopum et Capitulum Ecclesia maioris». Un esplicito riferi- mento alla musica è presente nell’elencare i «processionarii quatuor notati» e altri due processionali con la musica «pro letaniis et processionibus». Il «liber magnus qui apelatur magistrale» risulta sempre collocato nel coro 13. Per quanto riguarda la teoria musicale bisogna soffermarsi su quel pic- colo trattato dell’arte musicale e tonario, che sta in apertura del Codice 54 («incipit de consonantiis musice artis qualiter quisque agnoscere debeat» 14), a cui segue un antifonario completo di oltre 330 carte (recto e verso) che sono una diretta filiazione del Liber magistri, la datazione proposta porta al XIII secolo 15; la notazione è a piccoli neumi, in genere su quattro linee, anche in questo caso troviamo capilettera miniati, didascalie e titoli rubricati, e l’uti- lizzo della foglia oro per alcune decorazioni.

9 ACCPc, Inventari di sagrestia, 1266, Arco IV, XI-II, f. 1 r.-v.; cfr. Tononi, Gli inventari… cit., pp.7-9. 10 ACCPc, Inventari di sagrestia, 1358, Arco IV, XI-II, f. 5 v.; cfr. Tononi, Gli inventari… cit., pp. 28-31. 11 ACCPc, Inventari di sagrestia, Arco IV, XI-II, ff. 1-3. 12 ACCPc, Inventari di sagrestia, Inventarium bonorum Ecclesie maioris Placentie anno M°CCCC°XXXI, Arco IV, XI-II, ff. 18-24. 13 Ibidem. 14 ACCPc, Biblioteca Capitolare, Codice 54, f. 1 r. 15 A.C. Quintavalle, Miniatura a Piacenza. I codici dell’Archivio Capitolare, Venezia, Ne- ri Pozza, 1963, pp. 149-152. Cfr. Piacenza, Archivio del Duomo, Catalogo… cit., p. 197.

19 Figura 5 Beatissima virgo Iustina, Codice 54, Tonario-antifonario, sec. XIII, c. 271 r. (BCPc) Il Codice 51, composto da un salterio e un antifonario, di fattura grafica e decorativa più semplice, riporta importanti notizie sulla storia degli stessi mano- scritti, riprendendo diverse parti dal Codice 65 (ad es. il calendario-obituario) 16; fra gli altri manoscritti conservati attualmente nella Capitolare e citati negli anti- chi inventari di sagrestia, si possono ricordare sinteticamente i libri processio- nali (Codici 7 e 8), che portano notazione quadrata su 4 linee fra cui spicca la rossa e talora anche la gialla. Fra i codici datati tra la fine del XIII e inizi XIV secolo vi è un antifonario-cantatorio (Cod. 41); anche questo manoscritto uti- lizza principalmente la notazione quadrata su rigo di quattro linee, con la rossa e la gialla in evidenza 17. Di provenienza e datazione certa è il Codice 55 antifo- nario-graduale che riporta la seguente iscrizione: «fecit fieri domina soror Pal- merina de Bubiano, familia monasterii ecclesie beate Marie Vallis Virdi Pla- centine, inceptum millesimo trecentesimo cinquantesimo primo» 18. La notazio- ne è quadrata nera con rigo di 4 o talora 5 linee, la rossa e la gialla in eviden- za. Fra la fine del XIII e gli inizi del XIV secolo è importante segnalare il codi- ce 32 19, Pontificale romano, di bellissima fattura artistica, che riporta per le par-

16 Quintavalle, Miniatura a Piacenza … cit., pp. 140-144. 17 Piacenza, Archivio del Duomo, Catalogo… cit., p. 164. 18 Piacenza, Archivio del Duomo, Catalogo… cit., pp. 159-160, cfr. Quintavalle, Miniatu- ra a Piacenza … cit., pp. 171-173. 19 Quintavalle, Miniatura a Piacenza … cit., pp. 156-160.

20 ti musicali (alle cc. da 68 a 117 antifone e responsori) notazione quadrata nera su rigo tetrastico rosso, stesse caratteristiche che si trovano nel Salterio Codi- ce 66 (codice di grandi dimensioni che anticipa la serie dei codici contrassegna- ti dalle lettere dell’alfabeto), in cui si cita la volontà del vescovo Marliani, del prevosto e dei canonici di far redigere quello stesso manoscritto tra il 1479 e il 1480: «Fabritius de Marliano episcopus Placentinus una cum dominis preposi- to et canonicis fecerunt fieri hoc psalterium» 20.

Figura 6 Haec est domus Domini, Codice 32, Pontificale, secc. fineXIII/inizi XIV, c. 58 v. (BCPc)

Cronologicamente segue poi la raccolta dei grandi graduali e antifonari (mm. 600 x 430) per tutto l’anno liturgico, predisposta nel primo quarto del XVI secolo, sedici codici indicati con le lettere alfabetiche dalla A alla R; i graduali dalla A alla E, gli antifonari dalla F alla R 21. Erano stati predispo- sti per far sì che la Cattedrale avesse una serie di libri corali per l’ufficiatu- ra completa, tra le pagine del Graduale E si trova la seguente nota: «factum expensis Capituli cathedralis Ecclesie Placentie. Et scriptum, notatum et fini- tum per me presbiterum Tadeum Musonum prebendarium huius ecclesie» 22.

20 ACCPc, Biblioteca Capitolare, Codice 66, f 246 r. Cfr. Piacenza, Archivio del Duomo, Catalogo… cit., p. 195. 21 ACCPc, Biblioteca Capitolare, Codici A-R. 22 ACCPc, Biblioteca Capitolare, Codice E, f. 176 v.

21 Questi codici presentano una grande notazione quadrata con note nere su rigo tetrastico rosso o su righe di 4 o 5 linee di cui una rossa e una gialla.

Figura 7 Terribilis est locus iste, Graduale D, sec. XVI, c. 209 r. (BCPc)

Fra i ritrovamenti più rilevanti avvenuti durante lo spostamento del mate- riale archivistico alla nuova sede, sono da ricordare le antologie manoscrit- te della fine del XV e inizi del XVI secolo in cui figurano composizioni di Antifone, Inni, Litanie, Magnificat, Messe, Passioni di autori ignoti e di gran- di compositori quali Giovanni Matteo Asola, Pietro Lappi, Antonio Mortaro, Josquin des Prez, Adriano Willaert. Una parte molto significativa dell’Archi- vio è poi costituita dalla raccolta di musica a stampa dove furono rinvenute diverse edizioni complete di opere che in altre biblioteche-archivi storici risul- tavano prive di parti. Il fondo nell’insieme aiuta a ricostruire la vicenda del- la cappella istituita presso la cattedrale; dal materiale rimasto in situ possiamo individuare una importante influenza di autori dell’area lombarda-veneta ed un apporto di artisti di fama internazionale quali Palestrina, Orlando di Lasso. La parte più cospicua della musica a stampa risale al periodo compreso tra il 1561 e il 1710 quando la cappella del Duomo di Piacenza rivestì un ruolo pri- mario, sollecitata da eminenti vescovi e dalla committenza della corte farne- siana 23. Le edizioni a stampa nel formato «a parti separate» riguardano preva-

23 F. Bussi, Avvenimenti, personaggi e casi della musica in Piacenza nel ‘600, regnanti i duchi Farnese, pp. 610-635, in AA. VV., Storia di Piacenza, IV, Piacenza, Tip.le.co., 1999. Cfr. G.

22 lentemente musica sacra (ad es. antifone, cantici spirituali, responsori, salmi fra cui composizioni di Ingegneri Lamentationes e sacrae cantiones, Salmi del Viadana) ma si trovano pure tracce di una presenza di musica profana (fra cui Orazio Vecchi Selva di varia ricreatione e Orfeo Vecchi Mottetti e Madriga- li, Monteverdi-Coppini Musica tolta dai madrigali e fatta spirituale, Claudio Merulo Libro I dei madrigali) o di musica strumentale quale Mottetti e ricer- cari a due voci di Orlando di Lasso (unicum), Sacrae Symphoniae di Giovan- ni Gabrieli, il Liber XIIII di Costanzo Antegnati, ignoto ai tempi della sistema- zione dell’Archivio capitolare e segnalato per la prima volta nel 1957, contras- segnato da una dedica dell’autore al Card. Federico Borromeo 24. Guardando alla seconda metà del Cinquecento ed al Seicento è necessario ricordare due figure di riferimento per la Diocesi di Piacenza e in particolare per la cattedra- le: l’azione del vescovo Paolo Burali (1568-1576) fu volta a seguire i dettami del Concilio di Trento e ad acquisire perciò musica sacra che favorisse mag- giormente una ascetica gravitas; tra queste raccolte troviamo quelle del cita- to Palestrina (Hymni totius anni, Messe a 4, 5, 6 voci) e, a sottolineare il lega- me con l’ambito milanese e la figura di Carlo Borromeo, le opere di Vincenzo Ruffo (Messe a cinque voci, edite nel 1580), maestro di cappella del Duomo di Milano, ove leggiamo nel frontespizio «nuovamente composte» come si dice esplicitamente, «secondo la forma del Concilio Tridentino e in questa secon- da impressione da molti errori con diligenza purgate» 25. I massimi studiosi del fondo musicale della Cattedrale di Piacenza fan- no notare che in questa raccolta di musica a stampa e manoscritta tra il XVI e il XVII secolo, non siano presenti molti autori piacentini di nascita o di resi- denza: fra quei pochi, figura importante è Giuseppe Allevi 26, detto il Piacen- za, che diresse la cappella del Duomo per quasi vent’anni dal 1652 al 1670 lasciando nove parti manoscritte dei Salmi e del Magnificat, ed una parte del- la stessa raccolta a stampa conservata nell’Archivio, con libretti che recano la sua firma. Tra i piacentini d’adozione figurano, fra gli altri, oltre il cremonese Tiburzio Massaino, Luigi Roince detto il Francese che riscosse l’approvazio- ne del Burali, come testimonia una sua lettera al Capitolo: «mi contento che si conduca per Maestro di Cappella quel sig. Aluigi Francese» 27.

Nello Vetro, Dizionario dei musicisti e della musica di Piacenza, Piacenza 2010, pp. 155-156. 24 Sartori, L’archivio del Duomo di Piacenza … cit., pp. 29-30. 25 ACCPc, V. Ruffo, Messe a cinque voci, 5 fasc., Stampati n. 55, Fascia 9. 26 Nello Vetro, Dizionario … cit., p. 13. 27 ACCPc, Lettere al Capitolo della Cattedrale, Cassetta XII, n.1, 14 maggio 1572. Cfr. Bus- si, Avvenimenti, personaggi… cit., p.621.

23 Figura 8 Lettera del vescovo mons. Paolo Burali al Capitolo della cattedrale, 14 maggio 1572 (Archivio Capitolare cattedrale di Piacenza, Lettere, Cassetta XII)

Discendente da una famiglia di musicisti piacentini fu Gasparo Villani 28, organista del Duomo di Piacenza dal 1595 che dedicando la raccolta di Mis- sa, Psalmi ad Vesperas et Motecta (conservata alla Biblioteca del Conser- vatorio di Bologna) al vescovo Claudio Rangoni nella Prefazione sottoli- nea e dichiara: «Ego vero, qui in iam dicta Ecclesia organici officium pluri- bus ab hinc annis profiteor tuo tutus patrocinio maiora quoque aggredi non timeam» 29. L’organista e compositore Villani ricorda perciò l’opera di mece- nate dell’arte dell’appena citato presule mons. Rangoni (vescovo di Piacen- za tra il 1596 e il 1618), come si evidenzia anche dalla ricchezza di opere rac- colte tra la fine del Cinquecento e il primo quarto del Seicento in Cattedrale, e, come ricorda sempre il medesimo musicista, per la convocazione in loco di musici «chiamati da fuori con grande spesa e con meraviglia de’ Piacentini e de’ forestieri» 30. Egli donò infatti gran parte della raccolta piacentina (mol- ti dei libretti parte portano la dedica «Claudius Rangonus episcopus dono dedit ecclesiae» 31); lo stesso presule fu il grande mecenate che, non a caso,

28 Nello Vetro, Dizionario … cit., pp. 142-144. 29 Catalogo della biblioteca del Liceo musicale di Bologna compilato da Gaetano Gaspari, a cura di F. Parisini, vol. II, Bologna, Romagnoli Dall’Acqua, 1890, p. 152. 30 Ibidem. 31 Piacenza, Archivio del Duomo, Catalogo… cit., pp. 7-9.

24 volle decorare due spicchi della volta del presbiterio della Cattedrale con un Paradiso rappresentato come un’orchestra musicale ad opera del pittore bolo- gnese Ludovico Carracci e qui vediamo angeli impegnati con vari strumen- ti musicali.

Biblioteca Capitolare della Cattedrale di Piacenza

Elenco dei codici manoscritti contenenti materia musicale.

N° Data

7 Processionale XIV sec. 8 Processionale XIV sec. 9 Lezionario XIV sec. 10 Processionale per l’ottava di Pasqua XV sec. 11 Processionale XV sec. 14 Rituale piacentino XIII sec. 26 Sermone di S. Agostino XVI sec. 32 Pontificale XIV sec. 36 Libro corale per la festa della concezione della Vergine XV sec. 41 Antifonario-Cantatorio XIII-XIV secc. 42 Messale XII-XIII secc. 43 Messale XV sec. 44 Messale XIII sec. 45 Messale XIV sec. 46 Messale XV sec. 48 Salterio XVI sec. 49 Salterio XVI sec. 50 Antifonario e Lezionario XIV-XV secc. 51 Salterio-Antifonario XIII sec. 54 Trattato sul canto liturgico e Tonario-Antifonario XIII sec. 55 Antifonario-Graduale XIV sec. 65 Libro del Maestro (tonario, salterio-innario, tonario, graduale, tropario e sequenziario, compendio di teoria musicale, tonario e antifonario). XII sec. 66 Salterio XV sec. 67 Salterio XIV sec.

A Graduale (dalla I domenica di Avvento) XVI sec.

25 B Graduale (dalla domenica avanti la domenica di Passione) XVI sec. C Graduale (dalla Pentecoste) XVI sec. D Graduale (dal Comune dei santi, dei defunti, della B.V.Maria) XVI sec. E Graduale (dal Proprio dei santi) XVI sec. F Antifonario (dalla I domenica di Avvento) XVI sec. G Antifonario (dall’Epifania) XVI sec. H Antifonario (dalla I domenica di Quaresima) XVI sec. I Antifonario (dalla domenica delle Palme) XVI sec. L Antifonario (dalla domenica in Albis) XVI sec. M Antifonario (dalla I domenica di Pentecoste) XVI sec. N Antifonario (dalla festa di santo Stefano) XVI sec. O Antifonario (dalla Cattedra di san Pietro) XVI sec. P Antifonario (dalla festa di san Lorenzo) XVI sec. Q Antifonario (dalla festa di Ognissanti) XVI sec. R Antifonario (dal Comune dei santi) XVI sec.

Immagini: Per gentile concessione del Capitolo della cattedrale di Piacenza. Foto n. 1-4 di P. Campioni; n. 5-7 T. Fermi; n. 8 S. Quagliaroli.

26 Cesarino Ruini

Il canto liturgico a Parma nel Medioevo attraverso i corali nell’Archivio della Fabbriceria e della Cattedrale

I codici di canto liturgico della Cattedrale

I manoscritti di canto liturgico del duomo di Parma ancor oggi conser- vati sono poco più di una ventina, divisi tra Archivio capitolare e Archivio della Fabbriceria 1. La loro redazione, collocabile nella prima metà del seco- lo XV presso uno scriptorium locale 2, rispecchia sostanzialmente il model- lo “secundum consuetudinem Romanae Curiae”, diffuso dai Francescani nel corso del Trecento in buona parte dell’Europa a scapito delle varie tradizioni locali 3. I loro conventi, grazie alla capillare e repentina espansione dell’Ordi- ne, furono dei punti di riferimento per quelle istituzioni che avevano neces- sità di procurarsi ex novo o di aggiornare la dotazione dei libri di canto, per- ché è probabile che tra le loro mura si trovassero, oltre ai libri ‘ufficiali’, le attrezzature e il know-how necessari per l’esecuzione dei laboriosi libri corali di grandi dimensioni, forniti della tipica notazione quadrata, che allora entra- rono in voga. Si può averne un riscontro se si controllano le numerose rubriche che costellano questi libri e che riprendono il dettato dell’Ordo breviarii e dell’Ordo missalis prescritto per i Francescani dal loro generale Aimone di Faversham 4, spesso ricopiandolo senza operare gli opportuni adattamenti. Ad esempio: alla c. 110v del graduale F 04 della Fabbriceria, all’inizio della Lavanda dei piedi del Giovedì santo si legge: «Post nudatione altarium, hora competenti, fratres, signo cum tabula facto, conveniunt ad faciendum manda- tum». Casi analoghi si ripetono ogni qualvolta nell’Ordo missalis di Aimone vengono menzionati i frati cui era diretta la prescrizione rubricale; ciò signifi- ca che il copista dei corali parmensi non si è premurato di sostituire il termine

1 Cfr. G. Zarotti, Codici e corali della Cattedrale di Parma, «Archivio storico per le pro- vincie parmensi», IV s. XX (1968), pp.181-216. 2 Cfr. G. Zanichelli, I conti e il minio: codici miniati dei Rossi 1325-1482, Parma, Univer- sità, Istituto di Storia dell'Arte, 1996, pp. 99-122 3 Cfr. S.J.P. van Dijk, Sources of the Modern Roman Liturgy. The Ordinals by Haymo of Faversham and Related Documents (1243-1307), vol. I: Introduction, Description of Manu- script, Leiden, Brill, 1963. 4 I formulari e le rubriche dell’Ordo breviarii e dell’Ordo missalis sono consultabili in van Dijk, Sources of the Modern Roman Liturgy …, vol. II: Texts.

27 “clerici” a “fratres”, che compariva nei suoi antigrafi, come avrebbe dovuto fare per adattare i libri al diverso contesto di fruizione. Questa dotazione di libri corali dimostra che il clero della Cattedrale ave- va recepito, almeno a livello di repertorio, le direttive liturgiche unificatrici della Curia romana, che lasciavano margini sempre più esigui alle tradizioni locali. Per una conferma di questo stato di cose sul piano dei contenuti è suf- ficiente controllare la lista dei versetti alleluiatici delle domeniche dopo Pen- tecoste contenuta nelle cc. 46r-54r del codice AC 12 dell’Archivio capitola- re: è facile constatare, anche sotto questo aspetto, la perfetta corrispondenza con l’Ordo missalis di Aimone.

Il livellamento tuttavia, come avvenne in altri luoghi, non fu radicale: alcuni studiosi, conducendo ricerche approfondite su questi preziosi testimo- ni, hanno messo in luce interessanti tratti distintivi, che sono indice di come, nel secolo XV, sopravvivessero tracce di tradizioni precedenti. Ciò si verifica soprattutto nel repertorio dei tropi e delle sequenze, che in gran parte serviva per la celebrazione dei santi locali. Maria Lucia Inguscio, in un primo studio dedicato alle 65 sequenze del tropario-sequenziario ms. AC 12 dell’Archivio capitolare 5, ne mette la con- fezione in relazione con un decreto del vescovo Ugolino Rossi (24 gennaio 1341) che, constatata la «librorum inopiam» della cattedrale, ordinava l’ac- quisizione di due corali, uno dei quali riportasse gli uffici propri di santa Maria Maddalena e di san Bernardo degli Uberti, e osserva: «Non è da escludere che il corale di cui parla Ugolino sia proprio PrC 12 contenente alla c. 62r la sequenza Laudes sancto Bernardo per la festa di san Bernardo e alla c. 108v la sequenza Mane prima sabbati per la festa di santa Maria Maddalena» 6. Il confronto delle sequenze parmensi – nove delle quali sono unica dal punto di vista melodico e una, Aula caeli iubilet per san Barnaba (c. 94v), del tut- to sconosciuta altrove anche sotto il profilo testuale – con i repertori consue- ti di questo genere mette in luce un fatto abbastanza singolare: ben due terzi del corpus parmense non ha concordanze con i sequenziari italiani anteriori al

5 M.L. Inguscio, Le sequenze nella tradizione della Chiesa di Parma, «Rivista internaziona- le di musica sacra», XXI (2000), pp. 195-233, lo studio è seguito dall’edizione integrale (mu- sica e testo) del corpus delle sequenze. 6 Ibid., p. 201. La sequenza per s. Bernardo degli Uberti («In festo sancti Bernardi episcopi parmensis»), trascritta ibid., p. 215, insieme ad altri brani del repertorio liturgico parmense, è stata incisa dalla Schola Gregoriana del Coro Päer nel CD Cuncti precemur. Preghiera e canto nei manoscritti medievali parmensi, allegato al volume Vivere il Medio Evo. Parma al tempo della cattedrale, Cinisello Balsamo, Silvana, 2006.

28 1200 7. Di ciò non viene fornita una spiegazione, ma è facile argomentare che la distanza cronologica tra le fonti duecentesche e il più recente sequenziario di Parma è sufficiente a giustificare la discrepanza per via del forte incremen- to nella produzione di questo genere di canti tra i secoli XIII e XV 8. I tropi d’introito contenuti nello stesso manoscritto, esaminati dalla stes- sa Inguscio in uno studio successivo, le hanno consentito di identificare sedi- ci solennità per le quali nella chiesa madre di Parma era prevista, prima della messa («ante officium»), l’esecuzione di tali componimenti 9. Poiché questi in genere erano frutto di elaborazioni estemporanee di determinati centri, la loro diffusione e fortuna era legata alla circolazione lungo le direttrici degli scam- bi culturali e commerciali. A proposito di questo corpus, dopo aver posto in evidenza l’unicità della testimonianza parmense del tropo Circumdederunt me – Circumdederunt me (c. 22r), per la domenica di Settuagesima (un pro- dotto locale?), la studiosa instaura un confronto con 44 fonti italiane, svilup- pando attraverso le concordanze una mappatura che «permette di evidenzia- re scuole liturgiche, centri di diffusione del repertorio e possibilmente scambi culturali tra le diverse aree» 10. La rete di corrispondenze che ne emerge e toc- ca i centri di Vercelli, Monza, Verona, Mantova, Padova, Aquileia, Bobbio, Nonantola, Ravenna, Pistoia e Volterra (solo tre le concordanze con i mano- scritti beneventani), porta a concludere che

il Tropario-Sequenziario PrC 12 si inserisce a buon diritto all’interno di quella congerie che è stata definita “cultura padana”. L’analisi melodi- co-testuale ha messo però in luce delle varianti significative che rendo- no il nostro codice testimone di una tradizione propria e, in alcuni casi, unica in ambito italiano e straniero 11.

Dei tropi si sono interessati anche Alba Scotti e Michael Klaper i quali, dopo aver osservato che «il tropario […] risulta essere uno degli ultimi rap-

7 Cfr. L. Brunner, Catalogo delle sequenze in manoscritti di origine italiana anteriori al 1200, «Rivista italiana di Musicologia», XX (1985), pp. 191-276. 8 Secondo Inguscio, Le sequenze…, p. 202: «l’analisi del contenuto, della scrittura, delle mi- niature e il confronto con gli altri corali conservati nella Cattedrale consente di stabilire con buona approssimazione che la parte più consistente di PrC 12 è stata copiata tra la fine del XIV e gli inizi del XV secolo». 9 M.L. Inguscio, I tropi d’introito nella tradizione della Chiesa di Parma, in «Rivista inter- nazionale di musica sacra», XXIII (2002), pp. 65-117; anche in questo caso lo studio è segui- to dall’edizione integrale (musica e testo) del corpus tropistico. 10 Ibid., p. 68. 11 Ibid., p. 74.

29 presentanti in Italia ed in Europa di un manoscritto liturgico di questi tipo» 12, hanno confrontato il contenuto del tropario AC 12 con i tropi dei coevi gra- duali F 01 e F 05 dell’Archivio della Fabbriceria. Queste due fonti compren- dono ciascuna solo una parte dell’anno liturgico (F 01 il Ciclo del tempo; F 05 il Ciclo dei santi) e riportano una selezione dei tropi del tropario AC 12, citan- do spesso i tropi col solo incipit testuale. La perfetta sintonia tra i tre libri con- sente tuttavia agli studiosi di affermare come «i tre codici siano rappresenta- tivi della stessa tradizione», argomentando che «venivano considerati come tre libri liturgici complementari» 13. Un altro aspetto della loro indagine, basa- to sul confronto dei tropi di Parma con quelli tramandati dalle fonti europee, porta a constatare che «sette dei tropi presenti a Parma sono trasmessi soltan- to in manoscritti italiani», per cui «risulta chiaro come il tropario parmense si inserisca in una tradizione italiana settentrionale, nord-occidentale, costituita dalla coesistenza di materiale recepito da regioni site ad ovest del Reno facen- ti parte dell’impero franco, ed una produzione locale di tropi», con un partico- lare legame con Piacenza per via del tropo Spiritus almus presente, oltre che a Parma, solo nel graduale 65 della cattedrale piacentina 14.

Mentre i tropi e le sequenze hanno rivelato alcune peculiarità connesse con la storia e le tradizioni cittadine, i due innari AC 5 e AC 14 dell’Archi- vio capitolare, entrambi del secolo XV e contenenti l’intero repertorio inno- dico dell’anno liturgico, studiati da Rodobaldo Ribaldi, confermano la nor- malizzazione in senso romano della liturgia parmense: per gli inni «le melo- die impiegate rispecchiano pienamente le consuetudini secolari successive al Breviario romano-francescano» 15. Nonostante ciò lo studioso non manca di segnalare alcune singolarità: come, ad esempio, il fatto che la notazione musi- cale sia presente in tutte le strofe (mentre, di norma, dato che essa era ripetu- ta identica per tutte le strofe, veniva riportata solo sulla prima), oppure la pre- senza di due intonazioni diverse per l’inno mariano Ave maris stella, per cui ipotizza due differenti tradizioni musicali per la celebrazione delle feste del- la Vergine, una più antica e austera e una più recente introdotta in un secon-

12 A. Scotti, M. Klaper, Il ruolo della cattedrale nella trasmissione medievale dei tropi ed il caso del duomo di Parma, «Polifonie. Storia e Teoria della Coralità», VIII (2008), p. 14. 13 Ibid., p. 16 sg. 14 Ibid., pp. 17-20; si tratta del manoscritto Piacenza, Biblioteca capitolare 65. 15 R. Tibaldi, Gli inni nella prassi liturgico-musicale della cattedrale di Parma (Parma, Ar- chivio Capitolare, AC 05 e AC 14): alcune riflessioni, «Paideia», LXVI (2011), p. 263; lo studio comprende anche l’inventario generale dei due innari e l’indice tematico delle melo- die (pp. 274-282).

30 do tempo per le occasioni più solenni, come, ad esempio, la festa dell’Assun- ta, alla quale era dedicata la cattedrale 16.

Forme di polifonia primitiva nelle funzioni liturgiche e nella pratica devo- zionale

Nel corso della sua indagine Tibaldi afferma di avere riscontrato «un numero piuttosto limitato di testi specifici per le feste del Santorale. In quest’ultimo non vi è traccia di una qualsiasi tradizione locale o di inni dedi- cati a santi particolarmente venerati a Parma» 17. In effetti, se si eccettua la sequenza per il patrono della diocesi Bernardo degli Uberti, Laudes sancto Bernardo canat ecclesia mater, pubblicata da Inguscio sulla base del tropa- rio sequenziario AC 12 18, e il versetto alleluiatico in onore del medesimo santo, Caritate vulneratus, presente nello stesso codice (c. 61v), a Parma si nota la tendenza ad utilizzare anche per i santi locali i formulari del Comu- ne dei santi invece che testi appositamente creati. È quindi il caso di segna- lare uno dei pochi canti propri – anche questo per il santo vescovo Bernar- do – che si trova nel codice F 11 (cc. 49v-50r) dell’Archivio della Fabbrice- ria FIG 03, un manoscritto tardo (secolo XVII) che raccoglie materiale ete- rogeneo (alcune antifone, diverse sequenze e un Credo). L’epigrafe lo qua- lifica come «Responsorium Sancti Bernardi», ma in effetti è una compo- sizione in dimetri giambici formata da due strofe tetrastiche più il Gloria Patri finale (presumibilmente intonate da un solista) intercalate da un ritor- nello che, come indica la rubrica, è affidato al coro. Il testo, Portenta gen- tes canite; che allude ai miracoli operati dal santo a beneficio dei parmensi, è intonato con una melodia caratterizzata da un breve modulo ritmico ricor- rente che assomiglia a una tecnica isoritmica e asseconda la scansione degli accenti verbali (Es. mus. 1)

16 Ibid., p. 269 sg. 17 Ibid., p. 260. 18 Cfr. supra note 7 e 8.

31 È una composizione in canto fratto, cioè creata secondo uno stile che applica valori misurati al canto liturgico. Innestata sul grande tronco del can- to gregoriano, questa pratica si diffuse in Europa a partire dal secolo XIV, ma divenne oltremodo feconda dal Seicento in poi. Marco Gozzi ne ha rintrac- ciato le origini alla fine del Duecento in una particolare intonazione del Cre- do connessa con una forma di polifonia a due voci di stampo improvvisativo che per la sua facilità è stata chiamata ‘polifonia semplice’:

Il ritmo proporzionale applicato alla melodia che accompagna il lungo testo del Credo ha la funzione di rendere più agevole, definita e regolata l’esecuzione polifonica, oltre a quella di rendere più vario (meno mono- tono) il procedere melodico. È probabile che questa esperienza sia nata in Francia meridionale alla fine del XIII secolo e che una grande spinta

32 al nuovo linguaggio (che non faceva uso di hoqueti e di minimae come la più elaborata polifonia d’arte) sia venuta dalla bolla Docta Sancto- rum (1325), che nel paragrafo finale elogia la polifonia semplice. L’i- potesi è confortata dalle numerose versioni a due voci non solo del Cre- do cardinalis, ma anche di altri Credo (numerosissime se le rapportia- mo alla povertà di testimonianze di polifonia semplice applicate ad al- tri generi di canti) 19.

La constatazione che in numerosissime fonti del Credo cardinalis è tra- mandata solo una linea melodica ha indotto lo studioso a ipotizzare che essa non vada considerata come un brano monodico, bensì come «una costruzione melodica che tradisce una attitudine polifonica», perché i cantori, al momen- to dell’esecuzione, potevano facilmente aggiungere una seconda voce in poli- fonia. Una calzante riprova di questa intuizione Gozzi la trova proprio nel già citato graduale F 04 dell’Archivio della Fabbriceria, in cui questo Credo è ricopiato due volte, la prima nelle quattro carte iniziali, la seconda nelle cc. 165v-174r 20: le due redazioni presentano soluzioni diverse quanto al disegno melodico della seconda voce 21. Un’altra intonazione del Credo con caratteristiche simili a quelle del Cardinalis, il Credo regis, ha goduto di ampia fortuna fin dagli inizi del seco- lo XIV. Gozzi l’ha identificata come composizione del re Roberto d’Angiò (1277-1343), aiutato in ciò anche da una rubrica preposta a questo brano nel graduale-kyriale F dell’Abbazia di S. Giovanni Evangelista in Parma: «Credo Regis Sicilie» 22 (c. 37v). Una versione dello stesso Credo (monodica, come quella del ms. di S. Giovanni) si trova nel graduale F 04 dell’Archivio del- la Fabbriceria (cc. 299v-300v), dove è preceduta da un Gloria e seguita da un ordinario della messa caratterizzati da intonazioni simili tra di loro, che fan-

19 M. Gozzi, Alle origini del canto fratto: il Credo cardinalis, «Musica e Storia», XIV (2006), p. 262. 20 In entrambi i casi si tratta di brani (forse anche di carte) aggiunti posteriormente alla reda- zione originaria del codice: sec. XIV per le prime quattro carte, sec. XVI per le cc. 165-174. 21 Gozzi, Alle origini …, p. 260: «Un contrappunto […] più semplice (con molti unisoni e frequenti incroci fra le due voci) si incontra nelle carte di guardia iniziali del manoscritto F 9 della Cattedrale di Parma». «Come esempio conclusivo, molto istruttivo, si osservi […] la versione che si incontra nello stesso manoscritto parmense […], ma che è più tarda ed è co- struita con una concezione totalmente diversa del contrappunto. La seconda voce segue qui infatti le regole del contrappunto tardo quattrocentesco, con sincopi, ritardi preparati e alte- razioni in cadenza. In sostanza si tratta di un bicinium in perfetto stile fiammingo, con terze parallele, e cadenze già molto moderne». 22 Ibid., pp. 245-250.

33 no pensare a «una melodia che pretende l’amplificazione polivocale attraver- so una seconda voce» 23. Le considerazioni sviluppate circa lo stile e l’esame della documentazione relativa al suo contesto inducono a ritenere che

questo Ordinarium di Messa sia stato costruito ‘attorno’ al Credo regis, con lo stesso stile e lo stesso intento. […] Il ciclo è stilisticamente assai compatto e omogeneo, formato solo da brevi e semibrevi a coppie, con cadenze quasi unicamente al sol e pattern ritmico-melodici ricorrenti. Forse l’autore è lo stesso Roberto d’Angiò, ma è anche possibile che il ciclo sia da attribuire ad un altro musicista attivo nella sua corte o nel- la corte avignonese 24.

Le testimonianze di questa pratica musicale sospesa tra oralità e scrit- tura, in uso nella Cattedrale parmense trovano una singolare corrisponden- za nelle descrizioni che il francescano Salimbene da Parma ci offre attraver- so la sua Cronica: dal punto di vista storico-musicale il passo più informativo è quello relativo ai due confratelli, frate Enrico Pisano e frate Vita da Lucca, che sembra mettano in atto le tecniche compositive ed esecutive della polifo- nia semplice e del canto fratto documentate nei corali degli archivi del duo- mo e della Fabbriceria.

Frater Henricus Pisanus […] sciebat […] notare cantus pulcherrimos et delectabiles invenire, tam modulatos, id est fractos, quam firmos. Sol- lemnis cantor fuit. […] Multas cantilenas fecit frater Henricus et mul- tas sequentias. […] Item de resurrectione Domini fecit sequentiam, lit- teram et cantum, scilicet: Natus, passus Dominus resurrexit hodie. […] Secundum vero cantum, qui ibi est, id est contracantum, fecit frater Vita ex Ordine fratrum Minorum de civitate Lucensi, melior cantor de mun- do tempore suo in utroque cantu, scilicet firmo et fracto. […]

23 M. Gozzi, La Missa di Parma, in Idem (a cura di), Cantus fractus italiano: un’antologia, Hildesheim, Zürich, New York, Olms, 2012, p. 176; le loro somiglianze sono descritte co- sì: «la melodia è fatta solo di brevi e semibrevi, con cadenze quasi esclusivamente a sol, for- mule cadenzali ricorrenti e situazioni melodiche semplici, con evidenti simmetrie e richiami melodico-ritmici tra versetti (spesso da considerare a due a due)». 24 Ibid., p. 176 sg. Nelle pp. seguenti l’autore offre la trascrizione moderna della messa. Se- gnalo altre interessanti composizioni in canto fratto sui quattro racconti evangelici della pas- sione, riportate nel codice AC 03 dell’Archivio capitolare (ultimo quarto del sec. XIII): quel- la del vangelo di Matteo è stata studiata e pubblicata in trascrizione moderna da D. Toigo, Una Passione di Parma, in Gozzi, Cantus fractus italiano …, pp. 201-208.

34 Hic fecit illam sequentiam: Ave, mundi spes, Maria, litteram et can- tum. Hic fecit multas cantilenas de cantu melodiato sive fracto, in qui- bus clerici seculares maxime delectantur. Hic fuit meus magister in can- tu in civitate sua Lucensi eo anno quo sol ita horribiliter obscuratus fuit, MCCXXXIX. Item cum dominus Thomas de Capua, qui erat Romanae curie cardina- lis et melior dictator de curia, fecisset sequentiam illam: Virgo parens gaudeat, et rogasset fratrem Henricum pisanum ut faceret ibi cantum, et fecisset delectabilem et pulchrum atque ad audiendum suavem, frater Vita fecit ibi secundarium cantum, id est contracantum. Semper enim, quando inveniebat aliquem fratris Henrici simplicem cantum, libenter ibidem faciebat secundarium cantum 25.

25 Salimbene De Adam da Parma, Cronica, 2 voll., testo latino a cura di G. Scalia, traduzio- ne di B. Rossi, Parma, 2007, vol. I, pp. 504-510.

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Sauro Rodolfi

Il fondo musicale dell’archivio capitolare della cattedrale di Reggio Emilia

Assottigliato da dispersioni e sottrazioni intensificatesi sul finire del secolo XVIII, il fondo musicale dell’archivio capitolare della cattedrale di Reggio Emilia fu trasferito, durante il 1974, dalla sede originaria, ubicata nel palazzo dei canonici, a quella del seminario vescovile (al civico 93 di via- le Timavo). In via provvisoria venne allegato, e in parte unito, a fondi musi- cali di altra provenienza: quello del seminario vescovile, nonché quelli del- la «Professione di musica sacra» e della «Società corale e orchestrale» (due sodalizi sorti nel capoluogo tra Otto e Novecento). Siccome al presente è oggetto di riordino e inventariazione, le nostre annotazioni – frutto di alcune indagini necessariamente cursorie, in attesa di una futura e piena accessibilità – valgono soltanto come primi appunti, da approfondire al termine delle ope- razioni di ripristino 1. Ebbene, per spiegare la ragione del suo trasferimento e, ciò che più con- ta, per illustrarne seppure sommariamente talune peculiarità di natura musi- cale occorre qui premettere alcuni accadimenti di contesto, utili alla compren- sione della sua attuale morfologia 2.

Cenni storici

Grazie a un recente studio sulle vicende della cappella musicale del- la cattedrale, apprendiamo che in un documento del 1279 si menzionava un corredo di libri liturgici funzionali al canto, laddove spettava ai campana- ri il compito di «portare in chorum et reportare ac gubernare libros in cho-

1 Ringrazio mons. Daniele Gianotti, delegato della diocesi di Reggio Emilia - Guastalla per la musica sacra, che ha cortesemente facilitato i miei sopralluoghi durante la primavera del 2014. 2 A tutt’oggi manca una bibliografia specifica sull’archivio capitolare della cattedrale e sul suo fondo musicale. La storia della sua biblioteca è invece illustrata in L. Tondelli, La Bi- blioteca Capitolare di Reggio-Emilia, «Studi e documenti della R. Deputazione di Storia Pa- tria per l’Emilia e la Romagna - Sezione di Modena», V, 1941, fascicoli III, IV, pp. 152-165, 194-204.

37 ro necessarios ad canendum» 3. Il corredo, collocato in sagrestia e attinente al repertorio gregoriano, veniva poi registrato in tre inventari datati 4 marzo 1484 4, 15 dicembre 1528 5 e 17 gennaio 1544 6, la cui comparazione fa emer- gere un crescente arricchimento tramite l’aggiunta di altre unità librarie. Tale progresso patrimoniale derivava da un’inattesa prosperità delle risorse capito- lari, scaturita dal generoso lascito testamentario del notaio Giroldo Fiordibel- li, predisposto nel 1450. L’erogazione del benefattore aveva tra l’altro con- sentito ai canonici di fondare, con atto notarile del 19 dicembre 1532, la cap- pella musicale, nella quale operavano diverse figure in pianta stabile: il mae- stro di cappella, l’organista, il cerimoniere, una quindicina di sacerdoti can- tori, compresi un suddiacono e un diacono che intonavano l’epistola e il van- gelo delle messe solenni. Oltre agli inventari che elencano i libri di canto fermo conservati in sagrestia, sono state rintracciate due importanti registrazioni del 1577 e 1606 attinenti ai libri di contrappunto riposti «in camera musice», sede del fondo musicale e delle attività concertative, situata al primo piano del palazzo cano- nicale, in un vano attiguo a quello della libreria o biblioteca capitolare 7. La «camera musice» era fornita non solo di partiture musicali riposte in appositi scaffali, ma anche di arredi utili alle prove: tre panche, un tavolo, alcuni leggii e un piccolo gruppo di aerofoni, adottati per raddoppiare alcune parti voca- li durante le esecuzioni polifoniche. Da principio vi erano stivati tre trombo- ni, impiegati per sostenere le voci gravi, e in seguito si aggiunsero alcuni cor- netti, utilizzati a rinforzo delle voci soprane e contraltili. Infatti, se l’esecu- zione dell’antico repertorio monodico spettava ai sacerdoti raggruppati negli stalli absidali della chiesa, quella della polifonia si realizzava in una canto- ria “pontile” della navata maggiore, con le voci di cantori laici e «putti sopra- ni» (questi ultimi scelti all’interno della scuola dei chierici della cattedrale), raddoppiate da detti strumenti a fiato. Dedicati dunque ai titoli polifonici, gli inventari del 1577 e del 1606 consistono in due lunghe liste che rappresen- tano la quintessenza della musica sacra del secolo XVI. Volendo menziona- re, per esempio, l’autore più emblematico di quel periodo, Giovanni Pierluigi

3 S. Rodolfi, Musica e musicisti nella cattedrale di Reggio nell’Emilia dal medioevo all’i- nizio del secolo XVII (1058-1614), in Vere Dignum. Liturgia, musica, apparati, Atti della III giornata di studio sulla Cattedrale di Reggio Emilia (Reggio Emilia, 13-14 ottobre 2006), a cura di C. Ruini, Bologna 2014 («Ecclesia Regiensis», 4), p. 272. 4 Archivio di Stato di Reggio Emilia, Fondo notarile di Reggio Emilia, b. 107, notaio Gaspa- re Pittori, 4 marzo 1484. 5 Ibidem, b. 1159, notaio Petronio Parisetti, 15 dicembre 1528. 6 L’inventario del 17 gennaio 1544 è stato pubblicato in Rodolfi, cit., pp. 185-186. 7 Gli inventari del 1577 e del 1606 sono editi in Rodolfi, cit., pp. 212-213, 253-254.

38 da Palestrina, diremo che le sue composizioni erano approdate alla «camera musice» in modo progressivo, con un incremento culminato ai primi del Sei- cento. A fronte di un ingresso iniziale risalente al 1568 mediante l’acquisto di un non meglio specificato «libro del Palestrina» 8, l’inventario del 1606 offre la più ampia sequenza di titoli del compositore romano, assegnandogli la pre- dominanza su tutta la raccolta coeva, manoscritta o a stampa. All’inizio del secolo XVII il fondo musicale conobbe la sua massima fio- ritura, accresciuta da nuove partiture che adottavano le novità in corso, vale a dire la monodia accompagnata, il basso continuo, lo stile concertato e il reci- tativo. Inoltre, il canonico pro tempore che soprintendeva alla musica ebbe anche l’incarico di gestire l’adiacente libreria, legando in un unico vincolo la conservazione di tutti i beni librari del Capitolo, sia quelli musicali sia quel- li attinenti ad altri campi disciplinari. In occasione dei riti e delle azioni litur- giche spettava sempre ai campanari, su esplicita richiesta del maestro di cap- pella, il trasloco dei libri di musica dalla sagrestia e dalla «camera musice» alla chiesa, secondo l’antica consuetudine che già vigeva nel 1279 e che ven- ne rinnovata il 3 luglio 1624 con la seguente disposizione: «[Li campanari] similmente devono tenere, con diligenza, cura dei libri del choro et meterli sopra i legili secondo le occasioni del cantare et levarli […] secondo li biso- gni che occorreranno» 9. Frattanto il patrimonio librario si era accresciuto a dismisura ed eccede- va la capienza dei vani deputati a contenerlo. Dapprima vennero accantona- ti i cosiddetti «libri vecchi della musica e della libreria» in alcuni credenzo- ni posti fuori mano, poi nel 1625 si stabilì di «vendere i libri […] della chie- sa, poiché non sono buoni per essa, per quel maggior prezzo che potranno», almeno «per cento ducatoni da lire 8» e che «li detti cento ducatoni si impie- ghino in comprare una lampada d’argento» 10. Si trattava della prima aliena- zione di cui abbiamo memoria, l’inizio di un periodo di stagnazione e quindi di una parabola discendente. I tempi peggiori sopraggiunsero a fine Settecento con le turbolenze poli- tiche scaturite dall’ascesa della Repubblica Cispadana. Sappiamo che in quel frangente l’autorità costituita requisì tutto il patrimonio cartaceo del Capitolo, non solo l’archivio, ma anche la biblioteca e il fondo musicale. Con l’avven- to però della prima Restaurazione estense, nel biennio 1799-1800, i canonici

8 Cfr. Rodolfi, cit., p. 200. 9 Archivio vescovile di Reggio Emilia, Collazione di parrocchie, b. 2, Cattedrale, c. sc., sub data. 10 Archivio capitolare della cattedrale di Reggio Emilia, Libro delle provvigioni D, aa. 1624- 1631, ad annum.

39 si affrettarono a chiederne la restituzione, recuperando tuttavia solo una parte dell’esproprio, non il fondo musicale che, evidentemente, era andato disper- so 11. Oggi, a distanza di oltre due secoli, possiamo rintracciare segmenti resi- duali di tale confisca in alcune istituzioni civili: com’è noto, una parte dell’ar- chivio si trova nell’Archivio di Stato di Modena e una parte della biblioteca, alcuni libri corali, nonché diverse partiture sono conservate nella Biblioteca municipale “Antonio Panizzi” di Reggio Emilia 12. Spostiamoci ora ad anni più vicini, allorché nel periodo del concilio Vati- cano II (1962-1967) i Capitoli canonicali delle diocesi hanno iniziato a perde- re la loro funzione liturgica ed ecclesiale. Nella cattedrale reggiana, come in altre sedi congeneri, dapprima venne sospesa l’ufficiatura corale quotidiana, poi quella festiva (eccetto la celebrazione dei vespri). Di pari passo fu smo- bilitata la cappella musicale, parzialmente sostituita da quella del seminario vescovile, e infine – come tutti sanno – mutò radicalmente il repertorio della musica liturgica successiva al concilio. In definitiva, il fondo musicale capi- tolare non era più adeguato alle azioni celebrative, nemmeno quelle solenni, sicché, perdendo la sua funzione caratterizzante, iniziava a diventare un bene museale. In previsione poi di interventi edilizi da realizzarsi nel palazzo dei canonici, nel 1974 l’imminente apertura del cantiere rese necessario liberare alcuni vani e, come già detto, trasferire il fondo musicale nella sede odierna.

Note descrittive del fondo musicale

Le dispersioni intercorse negli ultimi anni del secolo XVIII, se da un lato segnarono la grave perdita di un corpus musicale che vantava origini tardomedievali, dall’altro sollecitarono senza indugio i canonici a rifondare ex novo la raccolta. Ciò spiega perché l’attuale consistenza del fondo decor- ra soltanto dall’inizio dell’Ottocento e non altrimenti. In realtà, vi si conser-

11 Cfr. Tondelli, cit., pp. 197-199. 12 Sulla storia della Biblioteca Panizzi e del suo fondo di musica sacra cfr. M.A. Cancella- ro, Il fondo “musica sacra” della Biblioteca Municipale “A. Panizzi” di Reggio Emilia, Te- si di laurea, Università degli studi di Bologna, a.a. 1980-1981, rel. prof. A. Gallo; La Biblio- teca Panizzi di Reggio Emilia, a cura di M. Festanti, Reggio Emilia, Cassa di Risparmio di Reggio Emilia, 1997; La biblioteca la città. Palazzo San Giorgio storia, cronaca, protago- nisti, a cura di R. Marcuccio e C. Panizzi, Reggio Emilia, Biblioteca Panizzi, 2015. Grazie a un intervento della Fondazione Giulia Maramotti, nel 2002 è stato e acquistato a un’asta lon- dinese un salterio corale del tardo XV secolo, proveniente dalla cattedrale, e ora donato alla Biblioteca Panizzi, cfr. Cantare la preghiera. Il ritorno a Reggio Emilia di un antico Salterio miniato della Cattedrale, Reggio Emilia, Fondazione Giulia Maramotti, 2003.

40 vano anche alcune musiche dei secoli precedenti, ma si tratta di trascrizioni ottocentesche a uso pratico della cappella. Quando esse risultano manoscritte rimandano a un assaporamento interno alla cattedrale, dove ancora si apprez- zavano taluni autori del passato, quando invece appaiono a stampa deriva- no dalla rivisitazione della tradizione polifonica operata dal cecilianesimo: in ogni caso – lo ripetiamo – si tratta di materiale recenziore, decorrente appun- to dal secolo XIX. Espunto il lotto di queste trascrizioni (fatto salvo però il loro pregio docu- mentario di un retrogusto da indagare), va infine considerata un’ampia sezio- ne di stesure originali, manoscritte o a stampa, le quali rivelano caratteristiche specifiche e un interesse non trascurabile. Ci riferiamo a una serie di compo- sizioni liturgiche uscite dalla penna di autori o maestri di cappella locali vis- suti tra Otto e Novecento, il cui nome ha travalicato i confini municipali ed ha raggiunto un certo rilievo nel panorama della musica italiana di quel tempo: Bonifacio Asioli (1769-1832), Achille Peri (1812-1880), Guglielmo Mattioli (1857-1924), Pietro Melloni (1871-1937) e Aurelio Barbieri (1895-1978). Le loro opere conservate nel seminario vescovile coprono l’arco di 150 anni di musica cultuale e arrivano a lambire le prime avvisaglie del Vaticano II, con una corposa presenza di movenze stilistiche legate al movimento ceciliano, oggidì al centro di inedita attenzione musicologica 13. Siccome le operazioni di riordino tentano, tra l’altro, di ricostruire la sto- ria e quindi la tipologia di provenienze eterogenee, dovrebbero ricevere cor- retta collocazione non solo le composizioni di pertinenza rituale, ma anche le pagine profane qua e là affioranti dalla moltitudine delle carte. Se, per esempio, alcuni spartiti per intrattenimenti ricreativo-teatrali andranno tolti dal fondo musicale capitolare e ricollocati in quello del seminario, altri titoli – valgano per tutti i seguenti di Aurelio Barbieri: A Neera, su versi di Giosuè Carducci, per coro misto e orchestra; Ouverture, per grand’orchestra – tro- veranno naturale approdo nella raccolta della «Società corale e orchestrale». In prospettiva, si auspica che le anzidette operazioni archivistiche fini- scano a breve e sia reso fruibile per la consultazione e lo studio un materiale misconosciuto, ma di indubbio interesse musicale.

13 Si vedano, in particolare, Aspetti del Cecilianesimo nella cultura musicale italiana dell’Ot- tocento, a cura di M. Casadei Turroni Monti e C. Ruini, Città del Vaticano, LEV, 2004; M. Casadei Turroni Monti, Lettere dal fronte ceciliano. Le visioni di don Guerrino Amelli nei carteggi conservati presso la Badia di S. Maria del Monte di Cesena, Firenze, Olschki, 2012 («Historiae Musicae Cultores», 121).

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Lorenzo Pongiluppi

Musica presso il duomo di Modena nelle testimonianze del XIX secolo: la catalogazione del fondo antico, la formazione del repertorio, la circolazione delle partiture

Nel presente contributo prenderò in considerazione le testimonianze documentarie del XIX secolo che riguardano le musiche conservate presso l’Archivio capitolare del duomo di Modena, provenienti dal repertorio della Cappella. Il discorso cercherà di esaminare documenti e fonti musicali insie- me, seguendo l’ordine cronologico di queste ultime: vedremo quindi innanzi- tutto la catalogazione del fondo musicale antico, che fu effettuata nella secon- da metà dell’Ottocento. Passeremo poi a trattare del fondo moderno, detto semplicemente della ‘Musica’: del suo deposito, avvenuto probabilmente all’inizio del Novecento, e del suo successivo ordinamento; delle musiche più antiche in esso inserite, secondo le descrizioni che ne furono fatte nel- la seconda metà dell’Ottocento; infine, delle varie e numerose testimonian- ze documentarie ottocentesche (inventari, carteggi, resoconti delle riunioni capitolari ecc.) relative alle fonti musicali, limitandoci, per motivi di spazio, al periodo dei primi tre maestri del secolo, Antonio Maria Giuliani, Gaetano Malagoli e Angelo Catelani, attivi tra il 1808 e il 1866 – e rinunciando, per lo stesso motivo, alla catalogazione delle musiche citate, che pure avrebbe dato completezza al discorso, ma che potrà essere affrontata in modo dettagliato in altra sede.

La catalogazione delle musiche del XVI e XVII secolo

Il primo aspetto che prendiamo in considerazione dunque è quello del- la significativa ‘riscoperta’ ottocentesca dei libri di musica del Cinque e Sei- cento, segnati semplicemente come Manoscritti musicali e Stampe musicali 1.

1 Si tratta per l’esattezza di quattordici libri mss. di polifonia del XVI secolo, di cui dodi- ci volumi in formato corale e due raccolte, incomplete, in libri-parte (Mss. musicali, I-XIV); ventitre edizioni del XVI secolo (St. musicali, I-XXII, XXXVII), di cui dieci libri in forma- to corale (uno è in due esemplari), e raccolte in libri-parte; quattordici edizioni in libri-parte, quasi tutte incomplete, del XVII secolo, delle quali dodici datate tra il 1607 e il 1629, e due rispettivamente 1684 e 1686 (St. musicali, XXIII-XXXVI). Per i manoscritti, si rimanda al- le catalogazioni complessive più recenti: Manuscrits de musique polyphonique. XVe et XVIe

43 Premettiamo che per buona parte di questi libri è possibile dimostrare l’ap- partenenza effettiva al repertorio della Cappella: molti manoscritti e stampe del Cinquecento hanno infatti corrispondenza in due elenchi dei libri musica- li consegnati al maestro, datati 1564 e 1604; e su varie edizioni in libri-par- te, del Cinque e Seicento, si trovano, sparse su frontespizi e coperte, le note di possesso della fabbriceria della cattedrale, o ‘Fabbrica di San Geminiano’, come veniva comunemente chiamata 2. Consegnati all’Archivio nel momen- to, non precisato, della loro dismissione dall’uso, li troviamo descritti da tre studiosi nella seconda metà dell’Ottocento:

- 1860: la prima citazione di queste fonti, a quel che ci risulta, è del 1860, e proviene dal canonico Gregorio Adani (Modena 1807-1867) 3, che aveva avuto nel luglio di quell’anno l’incarico di aiutare l’ormai anziano archivi- sta canonico Sigismondo Caula. Adani, nella veste di ‘coadiutore archivista’, effettuò una ricognizione integrale dell’Archivio capitolare e in due grossi volumi manoscritti descrisse, armadio per armadio, tutto ciò che vi trovava conservato. Sul primo dei due volumi annota l’inizio del lavoro: 25 settembre

siècles. Italie, ed. by Nanie Bridgman, München 1991 (RISM B/V/5); Census-Catalogue of Manuscript Sources of Polyphonic Music. 1400-1550, 5 voll., Neuhausen-Stuttgart 1979- 1988; L. Pongiluppi, Il fondo musicale dell’Archivio capitolare di Modena. Mss. musicali I- XLIV, Modena 2005. Le stampe sono tutte inventariate nella serie Einzeldrucke vor 1800, 14 voll., Kassel 1971-2003 (RISM A/I/1-9, 11-15) e in Recueils imprimés. XVIe-XVIIe siècles, München-Duisburg 1960 (RISM B/I/1); per una descrizione, cfr. L. Pongiluppi, Libri musi- cali tra Cinque e Seicento presso la Cappella del Duomo di Modena: studio bibliografico e osservazioni sul repertorio, in Barocco padano 6. Atti del XIV Convegno internazionale sul- la musica italiana nei secoli XVII-XVIII (Brescia, 16-18 luglio 2007), a cura di A. Colzani, A. Luppi, M. Padoan, Como 2010, pp. 409-488. Molte indicazioni e riferimenti bibliografi- ci anche nella scheda dell’Archivio capitolare di Modena sulla Guida alle biblioteche e agli archivi musicali italiani: con la relativa bibliografia musicologica, a cura di G. Rostirolla, con la collaborazione di L. Luciani, Roma 2004, pp. 431-433, 946. 2 La lista del 1604 è stata pubblicata per la prima volta da G. Roncaglia, La Cappella mu- sicale del duomo di Modena, Firenze 1957, pp. 80-81 (testo fondamentale per gli argomenti qui trattati, al quale si farà riferimento molto spesso). Essa è tratta dagli Atti capitolari, cioè dai resoconti delle sedute dei canonici del duomo di Modena. La lista del 1564 è invece un fascicolo a parte, ora in Archivio capitolare di Modena (d’ora in poi ACMo), Fabbriceria, 48: Inventari. Per una descrizione dei due elenchi e del repertorio superstite, rimando a Pon- giluppi, Libri musicali, cit. 3 Date e luoghi di nascita e morte dei sacerdoti modenesi sono tratte da G. Casolari, Sche- de dei sacerdoti modenesi, dattiloscritto esistente presso l’Archivio storico diocesano di Mo- dena.

44 1860 4. Egli riporta che «vi sono diversi libri, e manoscritti musicali di antica proprietà dell’Archivio, non notati negl’Indici» – riferendosi con quest’ulti- ma frase ad alcuni inventari redatti dal canonico Ferdinando Bassoli, prede- cessore di Caula. Passa quindi all’enumerazione, contrassegnando i libri con lettere alfabetiche, e fornendo di ciascuno gli elementi minimi per l’identifi- cazione: in genere, ove presente, il titolo che vedeva sul dorso o sulla coper- ta, a volte l’indicazione di incipit ed explicit del testo, in qualche caso altre brevissime annotazioni bibliografiche ritenute interessanti. I volumi di gran- di dimensioni sono sempre segnalati come di formato in foglio, o in foglio massimo. Nonostante la sintesi della descrizione, non è difficile riconosce- re i libri tuttora esistenti in Archivio; dall’ordine pressoché casuale in cui li enumera Adani, il quale alterna spesso i titoli di libri polifonici con quelli dei libri di canto fermo, e non rispetta in alcun modo la loro sequenza cronologi- ca, immaginiamo che all’epoca essi giacessero sugli scaffali privi di qualsia- si ordinamento, al di là della distinzione tra manoscritti e stampati, e del rag- gruppamento per omogeneità di formato.

- ottobre 1861 - gennaio 1862: Angelo Catelani (Guastalla 1811 - S. Martino di Mugnano MO 1866), maestro di cappella del duomo di Modena dal 1848, forse informato dal canonico Adani dell’esistenza di fonti musicali antiche nell’archivio del Capitolo, ne compila un secondo elenco descrittivo, che pubblica tra l’ottobre 1861 e il gennaio 1862 sulla Gazzetta musicale di Mila- no con il titolo «L’archivio di musica della cattedrale di Modena» 5. Catela- ni presenta i libri dai più antichi ai più recenti, applicando alle due serie dei manoscritti e degli stampati una virtuale segnatura numerica in cifre romane.

4 ACMo, Biblioteca, O.V.7-8 (cfr. M. Al Kalak, Inventario dei manoscritti dell’Archivio capitolare di Modena, vol. II, Modena 2005, pp. 60-61). La descrizione dei libri musicali è sul volume O.V.7, pp. 377-390. 5 «Gazzetta Musicale di Milano», XIX/42 (20 ott. 1861), XIX/44 (3 nov. 1861), XIX/46 (17 nov. 1861), XIX/47 (24 nov. 1861), XIX/50 (15 dic. 1891), XIX/51 (22 dic. 1861), XX/1, supplemento (5 gen. 1862); cfr. spoglio e indici in Répertoire International de la Presse Mu- sicale. Gazzetta musicale di Milano 1842-1862, 5 voll., Baltimore 2000. Per un inquadra- mento della figura di Catelani, oltre alle voci su dizionari biografici ed enciclopedie, si veda soprattutto Roncaglia, La Cappella, cit., in particolare pp. 216-231, 303-305 (la citazione degli articoli della «Gazzetta musicale di Milano» è a p. 228); e A. Chiarelli, L’opera al Te- atro comunale, il contesto musicale coevo e la funzione aggregante della corte fino all’Unità nei libretti ottocenteschi della Biblioteca Estense, in Teatro, musica e comunità. Da Modena capitale a Modena italiana, Modena 1996 (Quaderni dell’Archivio storico, 4), pp. 29-126: 35, 37, 75-77, saggio ripreso in Idem, Spettacoli in musica da fine Settecento all’Ottocento: i libretti Ferrari-Moreni, «Quaderni estensi», I (2009), pp. 173-193. Altri riferimenti biblio- grafici più specifici alle note 11, 12, 73.

45 L’ordine cronologico è naturalmente rigoroso per le edizioni a stampa, più impreciso per i manoscritti, soprattutto per quelli contenenti composizioni anonime, del tutto privi di elementi espliciti di datazione 6. Per quanto riguar- da i manoscritti, Catelani indica di ciascun volume il numero dei pezzi e i nomi degli autori rappresentati; per le stampe, fornisce una ampia descrizio- ne bibliografica delLiber quindecim missarum pubblicato a Roma da Andrea Antico nel 1516 7, l’edizione più antica presente in archivio, mentre delle altre si limita a trascrivere i frontespizi. I canonici gli avevano dato il permesso di visitare l’archivio, come leggiamo negli atti delle riunioni capitolari al gior- no 31 luglio 1861; gli ribadiscono però l’obbligo di non asportare alcunché, e – precoce applicazione delle normative su diritti d’autore e riproduzione dei beni culturali – gli vietano esplicitamente di trascrivere le composizioni musicali in modo integrale:

Il Maestro Catelani chiede notizie musicali dall’Archivio capitolare, e di ordinare, e illustrare la Musica ivi raccolta / Il Segretario legge po- scia una domanda del Maestro Angelo Catelani per ottenere il nome e cognome de’ Maestri di Cappella della chiesa nostra, come pure di or- dinare, ed illustrare i diversi pezzi di musica più interessanti per l’arte, i quali si trovano nell’Archivio capitolare. Il Capitolo sentita la relazio- ne sul proposto dal S.r Canonico Archivista, e dal S.r Canonico Ada- ni coadiutore ha deliberato che i medesimi S.ri Canonici sono abilita- ti a secondare la domanda del S.r Maestro Catelani, con avvertenza che non sia portato fuori dell’Archivio alcuno dei monumenti ricercati, ov- vero non sia fatta copia letterale delle produzioni musicali, di cui vuol- si fare illustrazione 8.

Qualche mese dopo, il giorno 30 ottobre 1861, il Capitolo, «fermo restan- do nella massima di non permettere che sia asportato fuori dell’archivio verun documento», gli dà anche l’autorizzazione a tenere in casa per qualche tempo, a scopo di studio, una copia del Liber quindecim missarum di Andrea Anti- co, dell’Archivio capitolare, «per la circostanza propizia di avere due esem- plari di detto stampato» 9.

6 L’errore più evidente è l’assegnazione al Quattrocento dei Mss. segnati come I e II, raccol- te anonime rispettivamente di salmi e responsori, le quali sono invece chiaramente ascrivibili al secolo successivo (cfr. Pongiluppi, Il fondo musicale, cit., pp. 75-85). 7 RISM B/I/1 15161. 8 ACMo, Atti capitolari, 1859-1870, p. 73. Citato anche da Roncaglia, La Cappella, cit., p. 228. 9 ACMo, Atti capitolari, 1859-1870, p. 83; cfr. anche Roncaglia, La Cappella, cit., p. 228. Approfitto di questa sede per segnalare una svista di chi scrive: il secondo esemplare delle

46 Forse approfittò troppo dei permessi: sappiamo infatti che nel dicembre 1861 fece avere all’amico Gaetano Gaspari (Bologna 1808-1881) due fasci- coli provenienti dall’Archivio capitolare di Modena (e segnati di mano antica «della fabrica di Santo Geminiano di Modona»), perchè potesse completare un’opera altrimenti frammentaria della biblioteca del Liceo musicale di Bolo- gna. All’Archivio capitolare, la raccolta rimaneva in ogni caso incompleta; ma era una sottrazione che i canonici non avrebbero sicuramente approvato! 10 Al di là dell’episodio, è comunque per noi interessante collocare la cata- logazione delle fonti musicali antiche del duomo di Modena pubblicata da Catelani nel contesto dell’epoca. Catelani era un erudito: stando alle sue Memorie autobiografiche, per altro di piacevolissima lettura, era stato pro- prio il sopra citato Gaspari, tra il 1848 e il 1849, ad introdurlo nell’ambiente dei dotti e a stimolare in lui il gusto per la musica del passato. Su argomen- ti di storiografia, bibliografia, collezionismo musicale, i due avevano iniziato nel 1848 un fitto carteggio, che continuò fino alla morte di Catelani 11. Cate-

Messe edite da Andrea Antico, come si vede, era già presente in archivio da tempo, e non è stato donato dal canonico Giuseppe Pistoni nel 1955, come erroneamente ho riportato in Li- bri musicali, cit., pp. 413, 454 (il volume donato nel 1955 è una raccolta di altre due rare stampe di Andrea Antico, ovvero il libro secondo e terzo delle Frottole in edizione del 1520, legati insieme: ACMo, St. musicali, CLXXVII). 10 Si trattava della raccolta dei Concerti di Andrea e Giovanni Gabrieli, del 1597 (RISM B/I/1 15871), formata complessivamente di dodici libri-parte. L’esemplare dell’Archivio del duomo era formato di otto parti (A, T, B, 5, 6, 9, 11, 12); Catelani cedette quelle di Tenore e Quintus. Il canonico Adani, che scriveva proprio in quel periodo, fu forse consapevole del- la sottrazione operata da Catelani, perchè indicò già di sei fascicoli la consistenza dell’ope- ra, confondendosi però nell’elencare le voci presenti (T, A, B, 5, 6, 11). Lo spostamento dei due libri-parte è stata segnalato nella relazione di P. Da Col, “Musica duplex et responsiva ac alternata”. Produzione policorale e pratica del repertorio concertato nella Basilica di S. Petronio tra Cinque e Seicento, tenuta all’incontro di studio La musica policorale tra Cinque e Seicento: Italia-Europa dell’Est (Venezia, Fondazione Levi, 15-16 maggio 2009); l’infor- mazione si rileva anche dalle schede cartacee del catalogo Gaspari della Biblioteca del Li- ceo musicale, ora on-line («mancano quindi il Tenore e il Quinto. Queste due parti esistono nel’Archivio del Duomo di Modena. E si ebbero in dono nel dicembre 1861, completando così questa rara opera»), mentre non è riportata sulla versione a stampa dello stesso. Cfr. an- che Pongiluppi, Libri musicali, cit., pp. 458, 460. 11 Negli anni 1848-1849, scrive Catelani, «[…] trovai un sollievo nell’amicizia del Maestro Gaspari di Bologna, con cui si avviò un carteggio non più interrotto. Il dottissimo amico mi provvide di buona copia di libri antichi e mi trascinò a dare alle stampe i poveri miei scritti e la Gazzetta Musicale di Milano diventò la mia palestra, prima sotto l’anonimo, poi a nome scoperto, quantunque per cortese soperchieria della redazione. I miei articoli ottennero e ot- tengono il compatimento degli eruditi; il famoso Fètis volle introdurmi nella sua Biographie universelle ed onorarmi recentemente di lettera compitissima. Conservo nel mio carteggio lu-

47 lani pubblicò diversi saggi di storiografia musicale; raccolse un buon numero di partiture e trattati musicali del passato, che furono acquisite in tempi diver- si dalla Biblioteca del Liceo musicale di Bologna e dall’Estense di Modena; lavorò molto sui fondi musicali di quest’ultima, compilando alcuni inventari e ottenendo anzi all’interno di questa istituzione, con nomina governativa del 28 ottobre 1859, la carica di ‘bibliotecario aggiunto’, addetto specificamen- te ai depositi musicali 12. Erano quelli anni in cui dal collezionismo musica- singhiere testimonianze di parziale amicizia, per parte di scrittori e maestri distintissimi ita- liani e stranieri». Così nelle sue memorie, che troviamo pubblicate in una collana di opusco- li di argomento musicale curata dal conte Luigi-Francesco Valdrighi: A. Catelani, Catalo- ghi della musica di composizione e proprietà del M.° Angelo Catelani preceduti dalle sue memorie autobiografiche, Modena 1894 (Musurgiana, s. II, 1) (rist. anast. Bologna 1980). La corrispondenza tra Catelani e Gaspari è conservata presso l’attuale Museo internaziona- le e Biblioteca della musica di Bologna e comprende ben 692 lettere (del solo Catelani per gli anni 1848-1855, di entrambi per gli anni 1856-1866). È stata studiata da V. Bazzocchi, “L’illustrazione della biblioteca” del Liceo musicale di Bologna nel carteggio Gaspari-Ca- telani (1846-1866), «L’Archiginnasio», 78 (1983), pp. 267-284, negli aspetti che evidenzia- no «la nascita, avvenuta, almeno in Italia, nel XIX secolo, di biblioteche destinate a conser- vare materiali a carattere musicale e parallelamente lo sviluppo di una bibliografia musica- le» (p. 270). Sui carteggi di Catelani cfr. anche A. R. Venturi, Il lascito e le raccolte di An- gelo Catelani alla Biblioteca Estense, «Accademie e Biblioteche d’Italia», XLI/3 (1993), pp. 70-73; e le annotazioni introduttive del Valdrighi in Catelani, Cataloghi della musica, cit., in particolare p. VIII. 12 Gli studi di Catelani apparsi sulla «Gazzetta musicale di Milano» tra il 1851 e il 1860 (in alcuni casi ristampati come opuscoli a sé stanti) riguardano: Pietro Aaron, Nicola Vicenti- no, Ottaviano Petrucci, Orazio Vecchi, Claudio Merulo; troviamo, inoltre, un immaginario Epistolario di autori celebri in musica e la già citata descrizione dell’Archivio del duomo di Modena (cfr. elenco in B. Cagli, s.v. «Catelani, Angelo», in The New Grove. Dictionary of Music and Musicians 2th ed., 2001, vol. V, pp. 282-283: 283). Negli ultimi anni di vita pub- blicò poi il saggio Delle opere di A. Stradella esistenti nell’Archivio musicale della Biblio- teca Palatina di Modena, «Atti e memorie delle RR. Deputazioni di storia patria per le pro- vincie modenesi e parmensi», III (1865), pp. 333-354; e Di Antonio Maria Pacchioni e delle sue opere musicali, «La scena», , 7 giugno 1866 (cfr. Roncaglia, La Cappella, cit., p. 302). Aveva inoltre pronti appunti sui Bononcini: cfr. L. F. Valdrighi, I Bononcini da Mo- dena. Musicisti nei secoli XVII e XVIII, Modena 1882 (Musurgiana, s. I, 8). Per un elogio a Catelani studioso, cfr. C. Gianturco, Catelani rivisitato, in Alessandro Stradella e Modena, atti del Convegno internazionale di studi (Modena, 15-17 dicembre 1983), a cura di C. Gian- turco, Modena 1985, pp. 11-16. Catelani compilò due inventari per la Biblioteca Estense già negli anni Cinquanta; divenuto bibliotecario, realizzò uno schedario più completo, che si di- sperse e divenne però quasi inutile con il trasferimento della Biblioteca nell’attuale sede, nel 1881. Sugli interventi catalografici di Catelani, cfr. R. Biblioteca e Museo Estense. Elenco dei cataloghi, Modena 1892, pp. 28, 30, 31; A. G. Spinelli, Della raccolta musicale estense, «Memorie della Regia accademia di scienze, lettere ed arti di Modena», s. 2, IX (1893), pp.

48 le dei privati e dalle raccolte bibliotecarie spuntavano i primi frutti di caratte- re scientifico nel campo delle descrizioni bibliografiche e dei cataloghi; Cate- lani stesso parla di una «china attualmente favorevole agli studi e alle minute investigazioni della bibliografia», e afferma che «ai giorni nostri … la passio- ne predominante è intenta agli studi della storia e della cronologia… La gara di raccogliere e di osservare è nata, o piuttosto è cresciuta, in questi ultimi anni anche negli artisti di musica…» 13. Egli stesso del resto dette il suo contri- buto: che, seppure meno imponente per la mole, sta accanto a quello di alcuni celebri collezionisti e musicologi di quel periodo, come Kiesewetter a Vien- na, Fétis a Bruxelles, e soprattutto – l’esempio più vicino – Gaspari a Bolo- gna, maestro di cappella in San Petronio, direttore della Biblioteca del Liceo musicale dal 1855, e curatore, in quest’ultima, del vasto catalogo poi pubbli- cato in più volumi 14.

- 1892-1896: l’ultima descrizione delle fonti musicali antiche è del canoni- co Antonio Dondi (Modena 1829-1905), arciprete, archivista della cattedra- le, ed esperto di cose musicali: egli ne fece un elenco con brevissima descri- zione, inserito dapprima in un inventario generale dell’archivio, manoscritto datato 1892, poi in un dotto dizionario del Duomo di Modena, pubblicato nel 1896 15. Dondi fu il primo ad ordinare fisicamente il fondo, riportando sui dor- si dei libri più voluminosi, e sui frontespizi di quelli più piccoli, la numerazio- ne romana fissata negli elenchi di Catelani, preceduta dalla generica indica- zione ‘Manoscritti musicali’, e ‘Stampe musicali’: questa è tuttora la segnatu-

21-34; E. Milano, Vicissitudini della Biblioteca Estense alla Corte di Modena, in Lo Stato di Modena: una capitale, una dinastia, una civiltà nella storia d’Europa, atti del Convegno (Modena, 25-28 marzo 1998), a cura di A. Spaggiari e G. Trenti, Modena 2001, pp. 151- 179: 179. Gli inventari della sua collezione di libri musicali vennero riportati dal Valdrighi in Catelani, Cataloghi della musica, cit., pp. 77-123; per studiarne l’attuale collocazione, si possono consultare il catalogo on-line del Liceo musicale di Bologna, oggi ‘Biblioteca della musica’, e i carteggi amministrativi della Biblioteca Estense segnalati sulla voce a lui dedi- cata nel Catalogo alfabetico descrittivo della raccolta musicale estense (Biblioteca Estense Universitaria, d’ora in poi BEMo, Cataloghi, 22.A.1). 13 «Gazzetta musicale di Milano», XIX/42 (20 ott. 1861); XIX/47 (24 nov. 1861). 14 François-Joseph Fétis (1784-1871) e Georg Raphael Kiesewetter (1773-1850) lasciarono diverse scritti di musicologia; le loro collezioni private si trovano oggi nelle biblioteche sta- tali di Bruxelles e Vienna. Il lavoro di schedatura di Gaspari apparve postumo: G. Gaspari, Catalogo della biblioteca del Liceo musicale di Bologna, 4 voll., a cura di F. Parisini, L. Tor- chi, R. Tadolini, Bologna 1890-1905 (rist. anast. Bologna 1961 e 1970). 15 A. Dondi, 1892. Archivio capitolare di Modena, ms. in ACMo, Biblioteca, O.V.10, pp. 16-23; Idem, Notizie storiche ed artistiche del Duomo di Modena, Modena 1896 (rist. anast. Modena 1976), pp. 159-164.

49 ra utilizzata nelle catalogazioni moderne, continuata poi inserendo nelle due serie anche i libri di canto fermo. In quel periodo, o in anni di poco successi- vi, venne realizzata anche una catalogazione dei pezzi contenuti nei vari volu- mi, in ordine alfabetico per autore, su schede cartacee redatte in bella calligra- fia, intestate a stampa con l’indicazione «Archivio capitolare / Catalogo musi- cale – Dondi».

Il fondo ‘Musica’

Ben distinto dalla sezione antica è il fondo cosiddetto della ‘Musica’. Esso comprende un piccolo numero di composizioni di Antonio Maria Pac- chioni (Modena 1654-1738), maestro di cappella dal 1694 al 1738; poche altre composizioni del Settecento; molte di più dell’Otto e Novecento. Anche in questo caso, si tratta principalmente delle partiture e parti già in uso alla Cappella e depositate all’archivio nel momento della dismissione; di altri nuclei inseriti nella raccolta, per i quali non esiste, o non è possibile stabi- lire con certezza, un collegamento con la Cappella musicale, non tratteremo in questa sede. La distinzione tra il fondo Musica e il nucleo antico è dovuta dunque soltanto alla distanza temporale e quindi alle inevitabili differenze di stile, di organico, anche di organizzazione materiale – per esempio la totale scomparsa di musica a stampa dal Settecento in poi – tra i due repertori. Pri- ma di passare in rassegna la documentazione che ci parla delle partiture del fondo Musica, proviamo a ricostruirne le tappe dell’arrivo e della configura- zione all’interno dell’archivio:

- 1860-1892: i tre autori che descrivono l’Archivio capitolare in questi anni non citano il materiale che oggi troviamo nella sezione Musica, con l’ecce- zione di poche composizioni attribuite ad Antonio Maria Pacchioni; questo evidentemente perché a quell’epoca la maggior parte della musica della cap- pella era ancora negli ambienti della cattedrale. Dondi infatti nella sua descri- zione dell’archivio del 1892, dopo aver elencato la musica antica e i pochi manoscritti attribuiti a Pacchioni, aggiunge: «Nota. Non pochi altri lavori musicali scritti possiede il Capitolo di Modena, che sono custoditi dal Mae- stro pro tempore della Cappella, presso del quale esiste pure il relativo inven- tario. Manca copia di questo nell’Archivio» 16.

16 Dondi, 1892. Archivio, cit., p. 23.

50 - 1899: inizia il suo servizio il maestro don Evaristo Pancaldi (Savignano s. Panaro 1872 - Modena 1950), con incarico provvisorio il 27 dicembre, defini- tivo il 19 dicembre dell’anno successivo. Sono gli anni in cui si andava com- piendo nella chiesa una riforma della musica sacra ormai in germe da molto tempo, e Pancaldi si era dato come intento programmatico quello di rinnovare completamente il repertorio della cappella del duomo 17. Anche se non ho tro- vato nessuna traccia documentaria in proposito, possiamo ipotizzare che sia stato lui, nel 1899-1900 o negli anni successivi, a consegnare in toto all’archi- vio storico il vecchio repertorio ottocentesco in uso più o meno fino ad allora, ma per lui ormai privo di ogni interesse 18;

- 1906-1950: in questo intervallo di tempo fu effettuata la sistemazione com- plessiva e omogenea del primo nucleo della raccolta, suddivisa in 325 pez- zi ordinati alfabeticamente per autore, numerati ed etichettati in modo unifor- me, in alcuni casi rilegati con l’inserimento di una coperta moderna. Al 1906 sono datati i brani più recenti 19; quelli più antichi, come detto, sono a caval- lo tra Sei e Settecento. Furono preparate le relative schede cartacee di catalo- go, con indicazione di autore, titolo, organico, tipologia del materiale (parti- tura, parti) e tonalità. La catalogazione e la sistemazione sono con ogni proba- bilità opera dello stesso maestro di cappella Evaristo Pancaldi, che il 12 giu- gno 1928, già eletto canonico dal 1920, venne nominato anche archivista del Capitolo (risultando per altro già da prima ‘aiuto-archivista) 20

17 Su Pancaldi, si veda soprattutto il capitolo a lui dedicato in Roncaglia, La Cappella, cit., pp. 261-281; sul suo intento di riforma della musica sacra, cfr. anche C. Giovannini - P. Tol- lari, Antichi organi italiani. La provincia di Modena, Modena 1991, pp. 348-350. 18 Nessun riferimento sugli Atti delle sedute capitolari dal 1899 in poi. Unico indizio signi- ficativo: in fondo a una delle partiture, la raccolta dei salmi di Innocenzo Gigli (ACMo,Mu - sica, 132), dopo una lunga nota, di tre mani diverse, che riferisce dei passaggi di proprietà della stessa tra Sette e Ottocento, troviamo aggiunta la seguente indicazione autografa: «Nel 1906 alli 23. 2. 906 consegnata detta partitura all’Archivio capitolare. D. E. Pancaldi M.° di Cappella». Forse in quel periodo, se non in quel giorno esatto, Pancaldi depositava all’Archi- vio tutte le partiture della Cappella, ma lo segnava soltanto su un volume che aveva già una ‘storia’ conosciuta e da completare. 19 Inno, offertorio e messa solenne composti da Guglielmo Mattioli per l’VIII centenario del- la traslazione del corpo del patrono della città san Geminiano (aprile 1906); ACMo, Musi- ca, 211-214. 20 Sono di mano di Pancaldi un indice alfabetico del fondo, che ha le sembianze di una bozza di inventario (conservato in ACMo, Miscellanea, 8, fasc. c); alcune schede di catalogo rima- ste allo stato di bozza, con scrittura a matita (mentre non è possibile attribuirgli con certezza la versione definitiva e calligrafica delle stesse schede); i titoli apposti sulle coperte moder-

51 - dopo il 1950: nel 1950 Pancaldi muore; diventa archivista mons. Giuseppe Pistoni, già arciprete maggiore (Monchio di Palagano 1900-Modena 1990). Pistoni integrò la raccolta continuando la numerazione progressivamente, ma ricominciando l’ordine alfabetico; sono di sua mano le schede di catalogo e le etichette da 326 a 724. Di sua mano sono anche le etichette apposte sui car- toni rossi nei quali venne sistemato a sua cura l’intera raccolta. Pistoni inse- rì molte stampe di musica sacra contemporanea di propria donazione; le ope- re dello stesso Pancaldi e quelle dei suoi contemporanei, locali (come Arturo Vezzalini, organista del duomo negli anni 1912-1920), e non (in primo luogo Lorenzo Perosi e Guglielmo Mattioli); le composizioni del successore di Pan- caldi, maestro don Giovanni Valentini; inoltre, diverse partiture antiche per qualche motivo rimaste fuori dall’ordinamento precedente. Una terza tranche della raccolta fu curata da mons. Guido Vigarani negli ultimi due decenni del secolo scorso, inserendo gli archivi musicali degli ultimi maestri di cappella.

Le composizioni già presenti in Archivio nella seconda metà dell’Ottocento

Per quanto riguarda le composizioni più antiche inserite nel fondo Musi- ca, testimoniate in archivio come abbiamo detto già nella seconda metà dell’Ottocento, prendiamo come riferimento la descrizione di Adani e quel- la di Dondi 21. Adani elenca i titoli delle composizioni, prima quelle anoni- me, poi quelle di Pacchioni (l’attribuzione è riportata solo alla lettera i, ma va estesa verosimilmente anche alle composizioni seguenti):

[Anonimo]: b) Sanctorum meritis c) Iesu redemptor omnium; d) Caelestis urbs Ierusalem; e) Pange lingua gloriosi; f) Ut queant laxis; g) Salutis humanae; h) Pange lingua gloriosi (di nuovo); i) Pacchioni: Messa conventuale da Requiem; ne. Sono invece di mano di Bernardino Ricci, canonico archivista fino al 1928, alcune anno- tazioni sulle partiture attribuite a Pacchioni e ad Antonio Bulgarelli. 21 ACMo, Biblioteca, O.V.7, p. 377-378; Dondi, 1892. Archivio, cit., p. 22. Secondo Cate- lani, «i manoscritti di Pacchioni non si trovano nell’archivio del duomo: sono dispersi, non perduti» («Gazzetta musicale di Milano», XIX/46, 17 nov. 1861); l’errore è segnalato anche da Roncaglia, La Cappella, cit., p. 301.

52 j) Libera me Deus; k) Requiem aeternam, Dies irae; l) Requiem aeternam, Benedictus qui venit, Agnus Dei; m) Messe [Messa?] a 8 voci; Basso, secondo coro; n) Ave maris stella; o) Veni creator Spiritus, Placare Christe servulis, Vexilla regis prodeunt; p) Iam sol recedit igneus; q) Crudelis Herodes Deum; r) Deus tuorum militum; s) Ave maris stella (di nuovo)

Dondi fornisce invece una descrizione più sintetica:

Pacchioni Sac. Antonio M° della Cappella della Cattedrale di Modena: Messa da morto. Sec. XVII°. Idem: Inni ecclesiastici numero 13. Sec. XVII°. Idem (?): Frammenti di una messa a otto voci. Sec. XVII°

L’elenco di Adani e la descrizione di Dondi coincidono parzialmente. I tredici inni indicati da Dondi corrispondono nel numero con quelli di Ada- ni, contando gli inni politestuali come singole composizioni, oppure contando i testi musicati; Dondi però li attribuisce tutti a Pacchioni, mentre Adani solo una parte. Quanto alle messe, Adani (che riferiva i titoli che aveva sott’occhio) ne conta di più, mentre Dondi sembra semplificare l’elenco. Le composizioni in questione, inni e frammenti di messe, sono tutte anonime; il nome di Pacchioni, quando c’è, è di mano posteriore. Nell’attuale catalogo gli inni portano il nume- ro di catalogo 223 e sono complessivamente undici melodie diverse; quanto alle messe, riunite sotto il numero 222, si presentano in stato frammentario, e sono in tutto quattro distinte, di cui due da requiem, più un responsorio Libera me, da inserire forse in una di queste due. Ulteriori approfondimenti potranno risolvere le problematiche di attribuzioni, confronti ed eventuali ricostruzioni 22.

22 Riportiamo di seguito almeno l’elenco degli inni: a tre voci, 2 violini e organo: Sanctorum meritis, Mi; a quattro voci e organo: Ave maris stella, Re min.; Ave maris stella, Re min.; Crudelis Herodes, Si min.; Iam sol recedit igneus, Sol; Iesu redemptor omnium, Re; Pange lingua, Re min.; Salutis humanae / Exultet orbis gaudiis, Sol; Veni creator / Placare Christe / Vexilla regis / Deus tuorum militum, Mi min.; a quattro voci, due violini e organo: Ut queant laxis, Fa; a quattro voci, due violini, archi e organo: Caelestis urbs Ierusalem, Fa. Un elen- co delle composizioni di Pacchioni conosciute (ma sempre con citazione generica di quelle

53 Il repertorio della Cappella

Come altre istituzioni analoghe, la cappella musicale del duomo di Modena aveva a disposizione un gruppo di partiture e parti – non abbondan- tissimo, in verità – che veniva consegnato al maestro di volta in volta entran- te in carica. I libri rimanevano di proprietà della cattedrale, o, più specifica- mente, della ‘Fabbrica di San Geminiano’: era quest’ultima infatti che gesti- va, attraverso una propria cassa, i costi per la cura dell’edificio e per l’attività liturgica, compresi in quest’ultimo campo i compensi dei musicisti, e – quello che ci interessa qui – le spese eventualmente necessarie per acquisto, copiatu- ra, riparazione di partiture e parti musicali. L’amministrazione della Fabbrica di San Geminiano spettava anticamente a un massaro laico, poi passò all’ini- zio del Seicento a due canonici eletti a turno come ‘fabbricieri’ 23.

Per quanto riguarda la prassi della consegna dei libri musicali, essa ci è testimoniata in antico dai due preziosi elenchi fortunatamente sopravvissuti in archivio, uno del 1564, e uno del 1604, ai quali abbiamo accennato sopra; non risultano purtroppo, almeno allo stato attuale delle ricerche, testimonian- ze simili per i due secoli successivi, mancanza che va di pari passo con l’as- senza o la povertà di fonti musicali rimaste in archivio 24. Per trovare un nuovo elenco di consegna dei libri dobbiamo arrivare al 1848: ma esistono comun- que a partire dall’inizio del secolo molte altre tracce documentarie che ci dan- no notizie sul repertorio, e che hanno riscontro diretto sulle partiture ancora conservate nel fondo Musica.

La prima informazione che riportiamo, tratta dai resoconti delle sedu- te capitolari, è che, almeno negli anni tra Sette e Ottocento, doveva esserci dell’Archivio capitolare di Modena) è riportato in Roncaglia, La Cappella, cit., pp. 176-178, oltre che sulle principali opere enciclopediche musicologiche. Almeno in parte pare che le opere di Pacchioni siano passate a Innocenzo Gigli, e da questi ad Antonio Maria Giuliani, suoi successori come maestri di cappella; cfr. nota 58. 23 Cfr. le voci «Massariato del Santo» e «Massari del Santo, elenco» in Dondi, Notizie, cit., pp. 142-153. 24 La lacuna nel patrimonio musicale dell’archivio (mancano di fatto completamente le mu- siche della cappella tra il 1630 e l’inizio del Settecento) non ha spiegazioni evidenti e non corrisponde certamente a una interruzione dell’attività musicale nella cattedrale di Modena, nella quale anzi furono attivi in quel periodo musicisti di rilievo come Marco Uccellini e Gio- vanni Bononcini; cfr. D. Torelli, Marco Uccellini da Forlimpopoli Maestro di cappella del Duomo di Modena: i “Salmi concertati” (1654), in Marco Uccellini, atti del convegno (For- limpopoli, 26-27 ottobre 1996), a cura di M. Caraci Vela e M. Toffetti, Lucca 1999, pp. 73- 96, e S. Roncroffi, Appendice biografica, ibidem, pp. 243-269.

54 un custode dei libri musicali. Nell’ottobre 1808 infatti, morto Antonio Bul- garelli (Modena 1716-1808), maestro di cappella dal 1772, i canonici accor- dano la carica di maestro ad Antonio Maria Giuliani (Ravenna 1739-Modena 1831), «come pure il di lui posto di Custode dell’Archivio di Musica a Luigi Bertoni Supplente già del Giuliani, e Cantore in Capella» 25. Di un ‘Deposita- rio’, o custode, degli spartiti musicali, e dei suoi compiti, parlerà diffusamen- te anche un regolamento della Cappella del dicembre 1878. Da esso in ogni caso si capisce che la cura degli spartiti era finalizzata non solo a tutela dall’u- sura e dalla dispersione, ma anche a garanzia di una sorta di diritto all’irripe- tibilità del repertorio: «Non potrà il custode consegnare alcuna sorta di musi- ca per uso di altra Chiesa, dovendo questa servire unicamente per la Metro- politana; e così pure non potrà somministrarla a chichesia per essere copiata senza l’adesione in iscritto del reverendissimo Capitolo» 26. In un contesto in cui la musica sacra circolava quasi esclusivamente manoscritta, queste norme ecclesiastiche contribuivano ad evitare trascrizioni nascoste e a preservare il lavoro dei copisti professionisti, o comunque autorizzati 27. I libri musicali stavano in un armadio, o armadietto, nei pressi dell’orga- no; la consegna da un maestro all’altro era pertanto di fatto la consegna di una chiave. La descrizione del repertorio fatta da Angelo Catelani nel momento in cui prendeva il posto di Gaetano Malagoli (Castellarano 1768ca. - Modena 1848), prima come aiuto maestro, nel dicembre 1847, poi come maestro effet- tivo, nel dicembre successivo, inizia appunto con queste parole 28:

25 Compendio degli Atti capitolari, 7 voll., mss. in ACMo, vol. V, ad diem 8 ott. 1808 (p. 80). Gli Atti capitolari dicono soltanto che Bertoni, già cantore ‘coadiutore’, viene accettato co- me stipendiato, andando a occupare il posto lasciato vuoto da Giuliani (ACMo, Atti capito- lari, 1797-1816, p. 231. Per informazioni sui maestri legati al duomo di Modena, si rimanda sempre principalmente a Roncaglia, La Cappella, cit. 26 Capo IV, articolo 4°, paragrafo 7 del Regolamento per la Cappella Musicale della Metro- politana di Modena, 24 dic. 1878, ms. in ACMo, Fabbriceria, 205, fasc. Regolamenti della Cappella. Nel successivo Regolamento per la Cappella Musicale della Basilica Metropoli- tana di Modena, 24 mag. 1902, ibidem, si dirà soltanto: «Il Maestro […] Custodisce la musi- ca della Cappella e ne tiene esatto catalogo» (p. 4). Sui due regolamenti, cfr. Roncaglia, La Cappella, cit., pp. 249-251, 257, 264, 270. 27 Problematiche simili di preservazione della musica sacra custodita negli archivi si riscon- trano anche presso altre istituzioni analoghe: cfr. ad esempio San Marco: vitalità di una tra- dizione. Il fondo musicale e la Cappella dal Settecento ad oggi, a cura di F. Passadore, F. Rossi, 4 voll., Venezia 1994-1996, vol. I, 1994, pp. 126-127, 131-132 (per la relativa norma- tiva, soprattutto tra il 1818 e il 1873, si veda sullo stesso volume il capitolo Due secoli di re- golamenti dei musici, pp. 389 sgg). 28 ACMo, Fabbriceria, 205, fasc. Angelo Catelani. Citato da Roncaglia, La Cappella, cit., p. 189.

55 10 aprile 1848. Illustrissimi e Reverendissimi Signori. Consegnatami dal Sig.r Dott. Malagoli Maestro della Cappella di questa Cattedrale la chiave del piccolo archivio di musica esistente sulla Cantoria dell’Or- gano, ho creduto necessario di verificare a mia istruzione e discarico quanto in esso archivio si contiene: ed ecco la nota esatta della musi- ca rinvenuta.

Un inventario generale della cattedrale compilato negli anni 1856-1857 dal canonico fabbriciere Giuseppe Montecuccoli parla degli «Oggetti musica- li» che sono «Presso il Maestro della Cappella, nell’Armario dell’Organo» 29. Non ci sono più cenni, in queste due testimonianze di metà Ottocento, ad un ‘custode’ della musica, e l’unico responsabile sembra essere il maestro. Per quanto riguarda i secoli precedenti, mancano documenti che ci dicano dove venisse conservato il repertorio della Cappella, ma uno stipetto presso l’or- gano dev’essere stato senz’altro in ogni epoca il punto più naturale. L’orga- no del duomo fu per quasi tre secoli collocato su una cantoria sospesa, tra la navata sinistra e quella centrale, rimasta in opera dal 1595 al 1887; prima e dopo quelle date, esso era ed è tuttora posizionato sul lato sinistro del presbi- terio, che nel duomo di Modena è sopraelevato 30.

Vediamo ora nel dettaglio l’elenco dei libri musicali compilato da Cate- lani e presentato ai canonici il 10 aprile 1848, di cui abbiamo riportato sopra l’introduzione, e che è l’unico repertorio rinvenuto dopo le antiche liste del 1564 e del 1604. Nell’ultima colonna, entro parentesi quadra, riportiamo la corrispondenza, o le possibili corrispondenze, con il catalogo attuale; il punto interrogativo indica che non sono state individuate composizioni con le carat- teristiche descritte 31. 32 33

29 Inventario generale di tutti gli oggetti appartenenti alla Chiesa Metropolitana di Modena […] economicamente compilato dal canonico Giuseppe Montecuccoli fabbriciere nell’anno 1856-57, ms. in ACMo, Fabbriceria, 48. 30 La trattazione più completa sull’organo del duomo di Modena è il capitolo ad esso dedica- to in Giovannini - Tollari, Antichi organi, cit., pp. 331-405. 31 Alcune delle partiture di questo elenco presentano una vecchia segnatura alfanumerica (A.3, C.4 ecc.), riportata nella tabella accanto alla moderna; segnature simili, che per noi ri- mangono prive di significato, non si trovano su nessun’altra partitura del fondoMusica . 32 La partitura è al n. 114, le parti ai numeri 434 e 435. 33 La partitura del Tantum ergo di Bulgarelli (ACMo, Musica, 372.3) presenta nell’ultima pagina l’inizio di un Pange lingua, frammentario e cassato con tratti a penna.

56 Nome Numero Qualificazione dei pezzi dell’autore delle parti NN Kyrie e Gloria uniti, il primo in Sol C, il secon- 10 [?] do in Do ¾ Alliani Credo in Sib ¾ [8] 11 [8] NN Id. in Sol C 11 [?] Orsoni Id. in Re C 12 [219] Id. Kyrie e Gloria uniti, in Re C (fuori d’uso) 11 [219] Giordani Id. Id. Id. il primo in Sol C, il secondo in Do C 10 [139/A.3] Pantaleoni Id. Id. Id. il primo in Sol C, il secondo in Re ¾ 11 [?] Fusco Salmodia Vespertina 11 [114], [434-435]32 Bulgarelli Inno Tristes erant apostoli 10 [373.2] Id. Id. Ut queant laxis, che serve anche per l’8.a 9 [374/C.4] del Corpus D.ni e per i 2.di vespri di S. Stefano e S. Gio. Evang. NN Iste Confessor 7 [37.7] NN Inno de’ Ss. Pietro e Paolo (con parti confuse) 10 [372.1/E.7] o [37.4] NN Crudelis Herodes per l’Epifania (fuori d’uso) 6 [372.2/E.8] o [37.5] NN Id. per l’Epifania (fuori d’uso) 11 [372.2/E.8] o [37.5] NN Inno dei Ss. Fabiano e Sebastiano 11 [37.6] NN Pange lingua 7 [372.4/C.21] o [322] NN Inno pel giorno della Ss. Trinità (fuori d’uso) 1 [373.4/E.10] NN Inno per la Dedicazione della Chiesa 2 [?] NN Inno dei Ss. Pietro e Paolo (fuori d’uso) 2 [372.1/E.7] o [37.4] NN Inno Iesu Redemptor omnium 7 [?] NN Inno pel giorno di tutti i Santi 7 [37.3] NN Pange lingua 5 [372.4/C.2] o [322] NN Veni creator per la Pentecoste 8 [37.1 ] NN Tantum ergo, con Pange lingua in fine (fuo- 3 [372.3] ri d’uso)33 NN Dies sanctificatus per Natale 12 [37.8] o [373.3/E.6] Bulgarelli Sequenza pel giorno di Pasqua (fuori d’uso) 1 [?] Fusco Salmi di Terza 13 [113/D.3] Bulgarelli Litanie 13 [372.5] Gilij Salmi di Compieta (da riformare per voci 11 [134] maschili) Bulgarelli Regina coeli 10 [?] Id. Sequenza pel Corpus D.ni (fuori d’uso) 13 [373.1] NN Messa da morto a 4 con violini ad libitum 11 [35/A.7] NN Sinfonia in Sib 6 [?] NN Te Deum a 4. 15 [135]? NN Sequenza di Pentecoste a 2. 8 [38] Gilij Salmi di Terza (fuori d’uso) 11 [133]

57 Id. Salmodia Vespertina (con parti necessarie e 7 [436] Partitura mancanti) NN Messa da Requiem a 4 breve con Organo solo 6 [36/E.4] (fuori d’uso) NN Graduale per il giorno di Natale (fuori d’uso) 0 [37.8] o [373.3/E.6] NN Pange lingua (solo strumentale) - [?]

Dobbiamo osservare innanzitutto che alcune composizioni anonime, e pre- sentate come tali da Catelani, possono essere però attribuite a Bulgarelli perché redatte con la stessa grafia, particolarmente caratteristica, dei brani che porta- no il suo nome (ACMo, Musica, 35, 37.1, 37.3, 37.4, 37.5, 372.1, 372.2, 372.3, 372.4, 373.3, 373.4); allo stesso modo il Te Deum a quattro, anonimo, potrebbe essere quello (ACMo, Musica, 135) oggi attribuito ad Innocenzo Gigli (Fina- le E. 1708-Modena 1772), predecessore di Bulgarelli nella direzione della cap- pella (1738-1772), per il confronto con la mano delle altre sue composizioni. A questo punto, le corrispondenze con il patrimonio rimasto sono tutto sommato abbastanza immediate e coprono quasi tutte le voci dell’elenco 34. Quello che è certo è che il repertorio che Catelani si trovò a disposizione all’inizio del suo servizio era tutt’altro che aggiornato: sembrava anzi per così dire bloccato all’epoca di Bulgarelli, il compositore decisamente più rappresen- tato. Dei pochi altri autori citati, oltre a Innocenzo Gigli, don Francesco Orso- ni (il nome si completa dalla partitura) è uno dei maestri di cappella della cor- te estense attestato nella seconda metà del Settecento; Giordani e Pantaleoni, senza indicazione del nome, non sono immediatamente identificabili; solo con Nicola Aliani (il nome si ricava anche in questo caso dalla partitura) e Michele Fusco (Napoli 1770ca.-Modena 1827) si arriva ai primi decenni dell’Ottocen- to 35. Mancano completamente i contributi dei successori di Bulgarelli, Antonio Giuliani (1808-1826) e Gaetano Malagoli (1826-1848); l’assenza delle compo-

34 Lo stesso repertorio verrà descritto in modo generico nell’inventario generale del 1856- 1857: «Presso il Maestro della Cappella, nell’Armario dell’Organo / Messe da vivo N. 5 e da Morto N. 2 / Salmodia vespertina / Inni, Sequenze N. 22 / Salmi di Terza e Litanie / Sinfonia e Pange lingua / Pezzi diversi disusati». Se contiamo i brani dividendoli per genere nell’in- ventario del 1848, la corrispondenza con il successivo non è perfetta, ma dobbiamo conside- rare, tra l’altro, che nel frattempo poteva essere già inserita in sostituzione o in aggiunta qual- che composizione di Catelani. 35 Per d. Francesco Orsoni, cfr. la citazione in Roncaglia, La Cappella, cit., p. 189; G. Bar- boni Yans, Contributo alla storia degli spettacoli nel Ducato estense, in Teatro e musica nel ’700 estense. Momenti di storia culturale e artistica, polemica di idee, vita teatrale, econo- mia e impresariato, a cura di G. Vecchi e M. Calore, Firenze 1994 (Historiae musicae cul- tores. Biblioteca, 73), pp. 225-326: 265. Un suo Tantum ergo dedicato al duca Francesco IV è datato 1815 (P. Lodi, Catalogo delle opere musicali. Città di Modena. R. Biblioteca Esten-

58 sizioni liturgiche di quest’ultimo è particolarmente strana perché, come vedre- mo, esse sono più volte citate nei documenti della segreteria del Capitolo.

In quegli stessi documenti Malagoli e Catelani ci hanno lasciato alcuni commenti interessanti su questo repertorio, sottolineandone l’esiguità e l’ina- deguatezza. Si tratta di richieste o rimostranze inviate ai canonici, con le rela- tive risposte, e dei verbali delle riunioni del Capitolo che trattano delle stesse questioni; poichè sono testimonianze che hanno vari punti di interesse, le ripor- tiamo integrali in Appendice, rimandando ad essa nel commentare alcuni passi. Già nel 1811, Malagoli denunciava con una certa sfrontatezza la pover- tà del repertorio del duomo di Modena nel campo degli inni, offrendo i pro- pri – ma i canonici, verificata la consistenza dell’archivio musicale, declina- no l’offerta (cfr. App. 1, 2). Nel 1829, circa due anni dopo la nomina a mae- stro, lamenterà di dover eseguire «quelle messette sempre le stesse con diso- nore de’ Padroni, e del Maestro, e alla nausea di chi le ascolta» (cfr. App. 3). Anche Catelani, appena preso servizio, segnala la povertà del repertorio, ma in termini più discreti: «Prego le Signorie vostre notare […] Che non esiste di materiale […] quanto è indispensabile in tutte le solennità e funzioni annua- li», e ripeterà la stessa protesta l’anno successivo (cfr. App. 13, 14). Entrambi lamentano poi l’inadeguatezza dei brani disponibili: le com- posizioni di Gigli non si potevano più eseguire perché prevedevano le voci bianche, scomparse dall’organico; anche quelle di Bulgarelli, o degli ano- nimi compositori di epoca vicina, scritte per sole voci maschili, risultavano comunque ormai antiquate, o inutilizzabili per l’usura del materiale. Malago- li temeva che il repertorio tardo settecentesco venisse attribuito a lui: «non voglio assolutamente sfigurare con pezzi antichissimi creduti miei, sempre gli stessi», scrive nel 1829 (cfr. App. 6). Aveva critiche per tutti: «La Salmo- dia Fosco [Fusco] è troppo incomoda pel Tenore; se questo manca, è inese- guibile», dice nel 1817 (cfr. App. 3); nel 1829, cita il «Magnificat Fusco trop- po breve per la sacra cerimonia dell’incensazione», e «quel brutto Iste Con- fessor dello sterile Bulgarelli enunciato falsamente d’Orlandi di Parma» (cfr. App. 6); nel 1838, prende di mira i pezzi a quattro voci: «ineseguibili, e per mancanza del Contralto, e per lo Stile, dovendosi cercare di tutte le cose il decoro del Tempio, e le convenienze degli esercenti» (cfr. App. 9). All’arri- vo di Catelani, nel dicembre 1847, nulla era mutato, e il repertorio si presen- ta ancora decisamente arretrato (cfr. App. 13, 14); anche perché per qualche motivo le composizioni di Malagoli non erano rimaste in cattedrale. Passano se, Parma 19, p. 50). Per Nicola Aliani (in antico più spesso Alliani), l’epoca di attività è ri- costruibile consultando le principali risorse catalograficheon-line.

59 gli anni, ma il Capitolo non trova mai denaro da impiegare in questo campo, e ancora nel 1865 Catelani deve denunciare «che il materiale dell’archivietto corrente è tanto invecchiato e stucchevole per l’uso lunghissimo, da meritare un rinnovamento progressivo e continuato annualmente per opera del Mae- stro o di chi meglio piacesse» (cfr. App. 18). Come si vede, egli usa toni più pacati del suo precedessore. Inoltre, quello che è più significativo, denota un atteggiamento più riflessivo nei confronti delle opere di Innocenzo Gigli, che non considera più vecchie, ma ‘antiche’, e degne di essere conservate. Ecco perché nel 1848 egli si rammarica con i canonici per una grave lacuna: «alcu- ne opere interessanti per merito ed antichità sono scomplete. Fra queste spe- cialmente la Salmodia Vespertina del Gilij mancante dello Spartito e dei libri di Violino 1°, Violino 2°, Contrabasso ed Organo» (cfr. App. 13). La raccolta in questione, datata 1742, per coro a quattro voci, archi e basso continuo, era formata dal versetto Domine ad adiuvandum, sedici salmi e Magnificat. Sul- lo ‘spartito’, ovvero partitura, di quest’opera avremo modo di tornare, per le vicende complicate che lo riportarono in duomo.

Per ottenere un rinnovamento del repertorio, in una lettera del 1849, Catelani consigliò ai canonici di porre come obbligo per i futuri maestri di cappella la composizione periodica di nuovi pezzi da lasciare alla cattedra- le – naturalmente dietro compenso aggiuntivo rispetto allo stipendio ordina- rio (cfr. App. 14). La proposta però cadde nel vuoto, anche perché non c’era mai stata presso il duomo di Modena l’usanza di vincolare i maestri alla pro- duzione di nuove composizioni, cosa che invece si faceva in molte altre isti- tuzioni analoghe 36. Stava al buon cuore del maestro lasciare alla cattedrale le proprie opere, o alla sua abilità venderle alla Fabbriceria. Altrimenti, queste restavano a lui, e alla sua morte, se non si disperdevano, passavano ai familia- ri o ai discepoli. A volte, la cattedrale restava proprietaria soltanto delle par- ti, copiate a spese della Fabbriceria, mentre la partitura rimaneva al compo- sitore. Forse il Capitolo di Modena non si preoccupò mai particolarmente di acquistare le partiture del maestro di cappella in carica perché sapeva che il suo successore ne avrebbe portate con sé altre; ma in questo modo il reperto- rio non si aggiornava.

36 Solo per fare qualche esempio tra i tanti, obblighi di nuove composizioni per il maestro so- no documentati per l’Ottocento nelle cattedrali di Adria, Como, Rieti, e in San Marco a Ve- nezia; cfr. Il fondo musicale dell’Archivio capitolare della Cattedrale di Adria, a cura di F. Passadore, Roma 1989 (Cataloghi di fondi musicali italiani, 11), p. XII; F. Rainoldi, Sentie- ri della musica sacra. Dall’Ottocento al Vaticano II. Documentazione su ideologie e prassi, Roma 1996 (Bibliotheca Ephemerides liturgicae. Subsidia, 87), pp. 83, 442; San Marco. Vi- talità di una tradizione, cit., vol. I, passim.

60 Il ‘repertorio di San Geminiano’: musica a noleggio e acquistata

Nei decenni centrali dell’Ottocento, i maestri della cattedrale ebbero comunque a disposizione un repertorio aggiuntivo, conservato in luogo a par- te e destinato specificamente per la festa di San Geminiano, celebrata con grande solennità il giorno 31 gennaio e la vigilia 37. Lo sappiamo da alcune testimonianze fortunatamente rimaste nell’archivio della segreteria dei cano- nici, mentre un elenco delle musiche in questione ci è fornito dall’inventario generale della cattedrale del 1856-1857; inoltre, le partiture stesse e le relati- ve parti sono ancora quasi tutte conservate, facilmente riconoscibili per l’o- mogeneità della legatura e delle intitolazioni. L’introduzione e la pratica di questo repertorio appaiono legate non tanto a scelte artistiche programmate, quanto piuttosto all’intraprendenza e alle premure di singole persone legate al duomo di Modena: il canonico Lazzaro Bortolotti (Magrignana di Montecre- to 1779-Modena 1848), che nel 1843 acquista alcune musiche e le dona gene- rosamente alla Fabbriceria, per evitare a quest’ultima la spesa di noleggio che solitamente si praticava; il cantante Antonio Manni, o Manna (Modena 1782- 1854), di cui parleremo meglio più sotto, ovvero – se la ricostruzione è cor- retta – colui che vende quelle musiche, dopo averle per un certo periodo date a noleggio; e soprattutto il mansionario don Ferdinando Magelli (Modena 1806-1873), in servizio dal 1835 fino alla morte avvenuta nel 1873, che assu- me con entusiasmo il compito di custode del piccolo repertorio così formato, aggiungendo poi lui stesso altre composizioni di sua proprietà 38. La prima testimonianza in ordine cronologico si trova sugli Atti delle sedute capitolari. Al giorno 23 gennaio 1843 leggiamo questo resoconto 39:

37 Per avere un’idea della solennità di questa giornata dall’epoca medievale in poi si possono leggere le pagine di G. Pistoni, San Geminiano vescovo e protettore di Modena. Nella vita, nel culto, nell’arte, Modena 1983, pp. 195, 197-200, 236-240. 38 Ferdinando Magelli fu insegnante nel Seminario cittadino di canto fermo (1854-1873) e liturgia (1868-1873) (cfr. G. Pistoni, Il Seminario metropolitano di Modena. Notizie e docu- menti, Modena, 1953, pp. 181, 183); supplì come organista nei momenti di bisogno (Ronca- glia, La Cappella, cit., p. 232); compose e donò Capitolo «un libro che contiene l’Inno Iste confessor solito cantarsi ogni giorno della Novena preparatoria alle Feste solenni di S. Gemi- niano glorioso taumaturgo Protettor Nostro nel 31 Gennaio, per opera sua maestrevolmente modulato colle note di canto fermo o Gregoriano in nove foggie tutte belle, gravi, e di vero stile» (ACMo, Atti capitolari, 1859-1870, p. 155: 15 aprile 1863; per alcune melodie in can- to fratto dell’Iste confessor, cfr. Pongiluppi, Il fondo musicale, cit., ad indicem). 39 ACMo, Atti capitolari, 1840-1851, p. 139.

61 Musica pel giorno di S. Geminiano offerta dal canonico Bortolotti. / Av- vicinandosi poi la solennità del Glorioso Protettore S. Geminiano li Si- gnori Adunati incaricarono li Sig.ri Canonici Fabbricieri a dare le op- portune determinazioni acciò tale solennità venisse celebrata secondo il praticato degl’anni andati. E qui il Sig.r Canonico Bortolotti Fabbri- ciere prese la parola facendo conoscere alli Sig.ri Adunati, che doven- dosi ogni anno in tale occasione prendere a nolo la Musica per la Mes- sa, e il Vespro, oltre di dover pagar il detto nolo, andavasi di sovente a rischio che la musica non fosse conveniente alla Chiesa, e molte volte ancora di Autori poco accreditati, e che quindi per togliere tale inconve- niente egli a sue spese aveva acquistato due Messe, ed i Salmi del Ve- spro di celebri autori Napoletani, avendo già a quest’ora fatto eseguire li spartiti per li Cantori, e per li singoli Istrumenti musicali: conchiude- va poi il detto Sig.r Canonico che di questa musica ne faceva un dono alla Fabbrica di S. Geminiano. Aggradirono li Sig.ri Adunati il pensie- re, e l’interessamento del Benefattore, e fattigli i dovuti ringraziamen- ti stabilirono, acciò detta Musica non avesse a servire per altre Chiese, di nominare un Mansionario in Custode dell’Archivio Musicale, il qua- le raccolta presso di sé tutta la Musica di ragione della Cattedrale, e di- sposta in buon ordine, questi ne avesse la custodia, e che soltanto nelle solennità frà l’anno la dispensasse alli Suonatori, e Cantanti, ritirando- la immediatamente terminata la Funzione.

Il verbale riporta quindi che, su proposta dei Fabbricieri, come custo- de delle musiche appena acquisite viene scelto il mansionario Ferdinando Magelli, il quale «per la sua abilità anche nel canto figurato ritenevasi capace pel disimpegno di tale uffizio» 40. Ventitré anni dopo, don Magelli si trova ad avere, per circostanze non specificate, un grosso debito con la Fabbrica. È l’occasione per lui di enume- rare i meriti della sua attività, ormai decennale e fino a quel momento gratu- ita, di ‘custode della musica di san Geminiano’, prima di implorare un aiuto economico dal Capitolo. Dal suo memoriale, apprendiamo alcuni dettagli, tra cui il nome di Antonio Manni venditore del nucleo iniziale delle musiche 41:

40 Alcuni anni più tardi troviamo la seguente annotazione: «1 ottobre 1849 / […] è stata let- ta la domanda del Mansionario Magelli per ottenere l’intero godimento di un armadio come da supplica onde conservarvi la musica della Cattedrale. Il Capitolo annuisce […]», (ACMo, Atti capitolari, 1840-1851, p. 350). Al momento della morte però le musiche risultavano a casa sua (cfr. nota 47) 41 ACMo, Mons. Giuseppe Pistoni, b. 20, fasc. Archivio capitolare. Musica.

62 Promemoria / Io sottoscritto fin da quando entrai Mansionario in que- sta Metropolitana, che fu in gennaio 1835, mi adoprai presso il fu Rev. mo Can.° D. Lazzaro Bortolotti, di cui godeva la piena fiducia, affinchè facesse acquisto di tutto l’assortimento musicale per la Funzione solen- ne di S. Geminiano, all’oggetto di liberare il R.mo Capitolo dalla spesa così detta di nolo che richiedevasi annualmente da chi prestava il mate- riale della Musica. Io stesso feci la scelta dei Salmi più belli che si tro- vassero allora presso il fu Antonio Manni, come pure di due Messe con- certate per il Pontificale; e tutto riuscì a meraviglia con piena soddisfa- zione di tutti. Formato così l’Archivio musicale di S. Geminiano per la munifica do- nazione fattane alla Fabbriceria dal prefato Can.° Bortolotti, non resta- va che stabilire un Custode archivista della Musica stessa; e a ciò prov- vide il R.mo Capitolo nominando a tale ufficio la mia povera persona, che di buon grado si prestò al nuovo incarico, attesa l’inclinazione ge- niale che ha sempre avuta per quest’arte nobilissima. Fin d’allora non ho mai mancato di tenere in buon ordine Salmi, ed Inni, e Messe coi rispettivi Sanctus, ed Agnus, distribuendone alla Vi- gilia tutte le parti, e raccogliendole finita la Funzione, e rivedendole ad una ad una, affinchè nessuna vada smarrita. Più volte ho risarcito alcuni pezzi logorati dall’uso e dagli anni, trascrit- te delle parti per alcuni strumenti aggiunti, e di più aumentato l’Archi- vio stesso di una Messa del Conte di S. Giorgio, ossia Rabitti, d’un Cre- do d’Allinovi, e di un Confitebor del Lusignoli, tutti di mia proprietà. Per tutto ciò e per un sì lungo servigio di circa trent’anni, non ho mai domandato al Rev.mo Capitolo la minima gratificazione […]. Modena 7 Agosto 1866 / Ossequentissimo ed obbligatissimo Servitore D. Ferdi- nando Magelli Mansionario della Metropolitana

La documentazione, al di là degli squarci di vita quotidiana che ci offre, è interessante innanzitutto come testimonianza dell’uso di noleggiare musi- ca sacra manoscritta 42. L’occasione, nel caso specifico, era quella della festa di San Geminiano, alla quale era consuetudine, almeno per il periodo che stiamo trattando, e salvo le annate economicamente difficili per le casse del-

42 Alcuni aspetti della circolazione dei manoscritti musicali (diritti d’autore, prezzi, modali- tà di pubblicità, vendita o noleggio) – anche se in riferimento al contesto di qualche decen- nio precedente, e principalmente alle opere strumentali e teatrali – sono trattati in B. Antoli- ni, Editori, copisti, commercio della musica in Italia: 1770-1800, «Studi musicali», XVIII/2. (1989), pp. 273-375, soprattutto pp. 285, 299, 311-313, 320-321, 349, 351-357.

63 la Fabbrica, invitare musicisti aggiuntivi rispetto agli stipendiati della Cap- pella, che intervenivano ai Primi vespri e alla Messa pontificale. Il noleggia- tore sembra essere stato l’Antonio Manni citato nel promemoria di Magelli, variamente documentato tra il 1805 e il 1853 come cantante basso della Cap- pella, e, come vedremo, fornitore abituale di musiche alla cattedrale. Stando alle parole di Magelli, il noleggio si praticava nel 1835, quando entrò in ser- vizio come mansionario, e pare si sia interrotto con l’acquisto effettuato nel 1843. Non possiamo però avere un riscontro esatto dai registri della Fabbri- ceria di questo periodo, perché essi riportano sempre soltanto la somma tota- le della spesa per la musica di San Geminiano. Solo per pochissime annate possiamo conoscere il dettaglio delle voci, grazie ad alcune liste sparse tra la documentazione della Fabbriceria, ma anche queste non sono sempre chiare; da esse risulta comunque che qualche piccola spesa per il repertorio del gior- no di San Geminiano – fosse per nolo, o per copiatura di parti che mancava- no – si sia praticata anche dopo l’acquisto della ‘musica di San Geminiano’ 43. Il secondo aspetto significativo di questa documentazione è naturalmente la possibilità di individuare un repertorio e di poterne ricostruire le coordinate dell’esecuzione. L’elenco esatto dei titoli ci proviene come anticipato dall’in- ventario del fabbriciere Montecuccoli, che numera i pezzi da 12 a 35 (i numeri precedenti sono applicati a libri di canto fermo); da notare che la numerazio- ne si trova riprodotta quasi sempre anche sulle coperte delle partiture. Nella seguente trascrizione, aggiungiamo tra parentesi quadra il riferimento all’ordi- namento attuale, in corsivo le datazioni eventualmente presenti sulle partiture, e alla fine, ove documentata con certezza, la data o l’epoca di acquisizione 44.

Musica solenne di San Geminiano / Presso il Custode dell’Archivio della Musica di San Geminiano 45

12 Domine ad adiuvandum del M.° Catelani [80] 13 Dixit Dominus del M.° Ugolini [320]

43 Le poche distinte della spesa della musica per San Geminiano del XIX secolo sono rac- colte in ACMo, Fabbriceria, 205, fasc. Spesa per la musica di San Geminiano (s.d. [1840- 1854], 1848, 1856, 1857, 1859, 1866, 1874, 1880, 1886); da queste risulta un pagamento di l. 2.30 per «Regalia a Malagoli per Messa di Mercadante» e l. 1.15 per «Regalia a Manna per le Litanie della B.V.», su un foglio databile agli anni 1840-1854; di l. 3.25 per «Nolo musi- ca» al 1856; di l. 3 per «copia di parti» al 1857; di l. 3 per «Musica» al 1859; di l. 3 «Per la musica» al 1866; e infine di l. 2 per «Nolo musica» al 1886. 44 Inventario generale, cit., ms. in ACMo, Fabbriceria, 48, cc. 101a-103b 45 Alla pagina successiva: «Presso il Mansionario Custode dell’Archivio della Musica di S. Geminiano».

64 14 Confitebor del M.° Nicolini [218] 15 Altro del M.° Lusignoli [149] 1843-1857 16 Beatus vir del M. Allinovi [4] 17 Altro del M.° Orlandi [221] 18 Laudate pueri del M.° Zuccardi [324] 19 Laudate Dominum omnes gentes del M.° Ugolini [321] 20 Inno Iste confessor del M.° Manni [195] 21 Magnificat del M.° Finali [?] 22 Altro del M.° Lusignoli [147] 23 Spartito grande (senza le parti strumentali, e cantabili) [132] 1742 1853 di tutta la Salmodia a 4 voci del M.° D. Innocenzo Gigli 24 Spartito con parti del Te Deum del M.° Pilotti [237] 1854 25 Kyrie e Gloria del M.° Lillo [144] 26 Credo del M. Allinovi [5] 1837 1843-1857 27 Sanctus e Agnus del med.° M.° Allinovi [7] 28 Kyrie, e Gloria del M.° Orlandi [220] 29 Credo in Do del M.° Fusco [111] 30 Kyrie, e Gloria del Cav.e di S. Giorgio (Rabitti) [?] 1843-1857 31 Kyrie, Gloria, e Credo del M.° Prampolini [225] 1831 32 Kyrie, e Gloria (spartito grande per S. Cecilia) del M.° [107, 118] 1810 1853 Fusco 33 Kyrie, e Gloria del M.° Fusco [116] 34 Credo in Re dello stesso [112] 35 Credo del M.° Lillo (senza le parti istrumentali e can- [144] tabili)

A parte poche eccezioni, gli autori rappresentati non sono locali, anche se per lo più di area padana: parmensi Giuseppe Alinovi (1790-1869), Ferdi- nando Orlandi (Orland, Orlando; 1774-1838) e Tommaso Lusignoli (XVIII- XIX s.); toscano ma legato a Parma Luigi Finali (Bagnone di Lunigiana 1794-Parma 1831); piacentino Giuseppe Nicolini (1762–1842); bolognese Giuseppe Pilotti (1784-1838), maestro di cappella in San Petronio dal 1825; reggiano Giovanni Battista Rabitti-Sangiorgio (1801-Parma 1844); sassole- se Antonio Prampolini (1812-Ripatransone 1867). Ugolini potrebbe essere il fiorentino Disma (1755-1828), ma anche Antonio, organista della cattedrale di Guastalla e maestro del giovane Catelani (il quale possedeva di lui quat- tro salmi nella propria collezione personale). Non identificato Zuccardi – esi- ste però un clarinettista correggese Girolamo (documentato negli anni 1822- 1826); Manni potrebbe essere Ignazio (Modena 1814-1886), figlio di Anto- nio, maestro concertatore al Teatro comunale di Modena dal 1832, futuro maestro di cappella nel duomo (dal 1877). Meridionali infine il pugliese Giu- seppe Lillo (Galatina 1814-Napoli 1863) e il già citato Michele Fusco, napo-

65 letano ma trasferito a Modena a inizio Ottocento, e quindi di fatto legato al contesto locale 46. Il canonico Bortolotti parlava molto genericamente di com- posizioni «di celebri autori napoletani», avendo in mente forse questi ultimi due autori. Quanto al genere di composizioni, si tratta per lo più di brani a tre o quattro voci (solisti e coro), archi, varie combinazioni di fiati (flauto, clari- no, oboe, corno – meno frequenti fagotto, trombe, trombone), e organo, la cui parte era scritta sotto forma di basso cifrato, e poteva senz’altro venire raffor- zata con altri strumenti; composizioni insomma appropriate all’evento festi- vo, che richiedevano un elevato numero di esecutori.

Per quanto riguarda infine la collocazione temporale della loro esecuzio- ne, possiamo considerare all’incirca il periodo tra il 1835 e il 1873, anno del- la morte di Magelli; forse anche successivamente, perché nel 1873 i canoni- ci rinnovarono la nomina di un custode di quello specifico repertorio, questa volta nella persona di don Davide Muratori (Modena 1807-1889), altro man- sionario della cattedrale, fidato ed esperto di musica 47. Di alcune partiture per

46 È probabile che anche gli autori non modenesi rappresentati in questo elenco avessero co- munque, chi più chi meno, una rinomanza nell’ambiente cittadino. Per esempio, i nomi di Ni- colini, Orlandi, Alinovi e Finali si trovano saltuariamente all’interno dei programmi delle ac- cademie della Società filarmonica di Modena tra il 1816 e il 1840 (cfr. M. Lucchi, La Socie- tà filarmonica modenese, in Teatro, musica e comunità, cit., pp. 127-203: 155-179); opere di Nicolini, Orlandi, Lillo, furono rappresentate nei teatri modenesi, seppur raramente (cfr. V. Tardini, I teatri di Modena. Contributo alla storia del teatro in Italia, 3 voll., Modena 1899- 1902, vol. III: Opere in musica rappresentate dal 1594 al 1900, ad indicem). Opere di Ali- novi, Lusignani, Nicolini, Orlandi, Rabitti e Ugolini (Antonio) sono poi presenti nella colle- zione privata di Catelani: cfr. Catelani, Cataloghi della musica, cit., pp. 85-103. Indicazioni bibliografiche su di essi si trovano sulle principali enciclopedie e repertori; per Luigi Finali, cfr. N. Pelicelli, Storia della musica in Parma: dal 1400 al 1860, Roma 1936; per i musici- sti modenesi e reggiani, cfr. F. Malagodi, Dizionario dei musicisti di Modena e Reggio Emi- lia, Modena 2000; per Girolamo Zuccardi, cfr. A. Ghidini, Storia di un Teatro di Provincia. Dalla Sala di Corte al Teatro Comunale «Bonifazio Asioli», Correggio 2002, p. 283 (ringra- zio Sauro Rodolfi per la segnalazione). 47 Al 30 dicembre 1873, dopo l’annotazione della morte di don Ferdinando Magelli, gli Atti capitolari riportano la seguente deliberazione: «Come poi il Defunto aveva presso sé la Mu- sica di S. Geminiano, il Capitolo affidò al R.mo Fabriciere Montecuccoli e questo al Mansio- nario D. Davide Muratori a ritirarla e verificare se nulla mancasse». Due settimane dopo la questione venne conclusa: «Addì 14 Gennaio 1874 / Ritiro della Musica di S. Geminiano da- gli Eredi Magelli: l’incarico di custodirle s’affida a D.D. Muratori / E il R.mo Montecuccoli riferisce avere il Mansionario D. Davide Muratori adempiuto l’incarico affidatogli di ritira- re dagli eredi del defunto Mans. D.F. Magelli la Musica di S. Geminiano e aver ritirato tutte le partite della medesima, meno due piccole, che spera poter trovare con ulteriori ricerche. E intorno a ciò si propone e si adotta il partito che l’incarico di custodire detta Musica si affidi

66 altro conosciamo la data d’ingresso: oltre ai pezzi procurati da Magelli, come si deduce dal suo Promemoria, tra il 1843 e il 1857 (Kyrie e Gloria di Rabit- ti, non più rintracciabile, Credo di Alinovi e Confitebor di Lusignoli), di altre abbiamo testimonianza attraverso gli Atti capitolari: il Te Deum di Pilotti nel 1854, procurato ancora da Magelli 48; vari pezzi acquistati direttamente dal Capitolo presso Antonio Manni, su suggerimento dell’arciprete, tra il 1852 e il 1853, ovvero due messe (non meglio identificate), il Beatus vir d’Orlandi, il Magnificat di Lusignoli, la Messa di Santa Cecilia di Michele Fusco, e lo spartito della Salmodia di Gigli, che finalmente rientrava in Duomo 49. Di un certo interesse suscitato dalle partiture di Manni, e della sua figura, accenne- remo meglio più sotto.

al predetto Mans. Muratori che potrà custodirla nella stanza ove si custodisce la Cassa Capi- tolare e ritirare dai Musici le partite all’atto del pagarli» (ACMo, Atti capitolari, 1871-1881, pp. 236, 238-239). Su don Davide Muratori, mansionario dal 1833, cfr. Pongiluppi, Il fondo musicale, cit., p. 253. 48 «30 dicembre 1854 / Te Deum per l’Epifania / […] venne approvato che nel giorno dell’E- pifania nel tempo della Processione fosse cantato un nuovo Te Deum in musica, che per pre- mura del Mansionario Magelli era stato portato da Bologna» (ACMo, Atti capitolari, 1851- 1859, p. 203). 49 «16 novembre 1852 / Il Sig. Arciprete a nome del cantante della Cappella capitolare Man- na ha insinuato al Capitolo se, a profitto della Fabbrica, voglia dal medesimo Manna acqui- stare due Messe da lui compendiate sopra le messe grandi per la spesa di l. aust(riache) 20 venti. Li sig.ri adunati hanno assentito al detto acquisto, e convenuto nella spesa, purchè i predetti spartiti, coll’altra musica, sieno consegnati, ed affidati al Mansionario Magelli»; «16 febbraio 1853 dopo l’Ufficiatura serale / Avendo dopo ciò il Sig.r Arciprete rifferito che, il Cantante Manna sarebbe in caso di cedere al Capitolo la musica del Beatus vir d’Orlandi, e del Magnificat di Rosignoli (recte: Lusignoli) per il prezzo di quattordici lire austriache, li Sig.ri adunati hanno abilitato il Sig.r Arciprete sud.tto come Fabbriciere ad ordinare l’op- portuno mandato approvandone l’acquisto»; «26 ottobre 1853 dopo Nona. Acquisto di va- rie composizioni musicali dal sig.r Antonio Manni. / Il Sig.r Arciprete propose l’acquisto dal sig.r Antonio Manni, Musico della Cappella di questa Cattedrale, di varie composizioni mu- sicali, che sono: 1° lo spartito della Salmodia di D. Innocenzo Gigli 2. La parte dell’organo della Salmodia del m.° Fosco 3. La Messa solenne con le sue parti dello stesso Fosco, che de- ve servire per la solennità di S. Geminiano. I Sig.ri Canonici hanno acconsentito all’acquisto per il prezzo di due pezzi d’oro da 20 franchi». (ACMo, Atti capitolari, 1851-1859, pp. 99, 120, 158). Abbiamo riportato integralmente le citazioni per la loro vivezza nel ricostruire le prassi dei canonici del duomo, nonché come fonti per un eventuale studio dei prezzi usuali nel mercato delle copie musicali dell’epoca.

67 Integrazioni all’inventario

Rimangono da segnalare alcune integrazioni a matita sull’inventario del 1856-1857, quasi certamente di mano di Antonio Dondi: sono elencati pezzi acquisiti forse dopo il 1857. Le riportiamo di seguito, indicando come sempre tra parentesi quadra il riferimento al catalogo attuale; da notare che un grup- po di questi brani si presenta con un’impostazione grafica omogenea ben rico- noscibile (coperta in carta cerulea, dorso in carta marmorizzata viola, etichet- ta con bordo rosso), ad indicare un’acquisizione, o una sistemazione succes- siva, unitaria 50.

Per Cappella Credo Morelli [217] Messa breve [18] Ch. Gl. Credo Allinovi [1] ? [2]?, [3] Ch. Gl. Allinovi [1]? [2]? Mandanici Sanctus, Agnus, Credo [192], [193] Credo Anonimo [?] Bona Kyrie, Gloria [54] Cavazza Credo [95]

Regina caeli [?] Tantum ergo N. 3 [?] Compieta a 3 voci di Gaet. Malagoli [?] Te Deum brevissimo, con partitura [79]

(Dramma Malagoli) [?]

Sinfonie 5, [due ?] Manni, [?] 1a Rossini, 2a Rolla Messe brevi Chirie e Gloria Savi [?] Credo del m. Savi [307]? [308]? Id. Orsoni [219] Id. Anonimo [?] Chirie e Gloria Giordani [139] Credo Alliani [8] Andante Benediz(ione) [?]

50 Inventario generale, cit., ms. in ACMo, Fabbriceria, 48, sui margini di cc. 102b, 103a, 103b. Alcuni dei titoli aggiunti erano elencati già nella lista del 1848 (ACMo, Musica, 8, 139, 219); altri (contrassegnati con punto interrogativo) risultano mancanti.

68 Contributi di maestri e musicisti alla formazione del repertorio

Oltre agli inventari citati sopra, la documentazione della segreteria del Capitolo contiene diversi accenni ad acquisizioni di partiture musicali. Le pre- sentiamo di seguito, raggruppandole sotto il musicista di riferimento (maestro di cappella o altro) 51.

BERTONI. «Dilettante di musica», come viene chiamato, è il custode – non meglio identificato – della chiesa del Voto, o Chiesa Nuova, santuario civi- co che sorgeva vicino alla cattedrale; nel dicembre 1820, propose al Capitolo l’acquisto di due spartiti di Messe di buon autore, poi acquistati su consiglio del maestro Giuliani interpellato in proposito 52:

20 dicembre 1820. Disposizioni per acquistare Musica per la Cattedrale / Fu letta in seguito una petizione al Capitolo dal Custode della Chiesa votiva dilettante di Musica colla quale proponeva di vendere due spar- titi di Musica per due Messe Cantate, che assicurava essere ambedue le Messe composte da un ottimo, ed accreditato Professore, ed essere ad- dattate alla musica della Capella di questa Cattedrale. I Sig.ri Aduna- ti ignorando se potesse una tal musica essere a proposito, e non volen- do d’altronde trascurarne l’acquisto, quando fosse stata utile, ed adatta- ta rimisero il plico portante la detta Musica al Sig.r Maestro di Capella Antonio Giuliani perché l’esaminasse, e per potere dietro il di lui sen- timento determinarsi; ed ordinarono che la Petizione venisse rescritta con tal mente.

27 dicembre 1820. / È disposto di pagare al Bertoni l. 30 italiane per Musica. / La Capella non era molto provvista di Messe in Musica per cui non vi era luogo nelle solennità di cambiare Musica, e che d’altron- de la Musica esibita dal Bertoni era di ottimo Autore addattatissima ai Cantanti, e suonatori della Capella, e che poteva essere posta in opera senza incontrare altra ulteriore spesa, determinarono di farne acquisto, pel prezzo di italiane lire trenta, come addimanda il Venditore, ed inca- ricarono i Sig.ri Fabbricieri ad ordinare la spedizione del Mandato cor- rispondente alla detta somma, ed a favore del detto Bertoni.

51 Per le informazioni sui maestri e gli organisti citati, oltre a quanto riportato nelle pagine precedenti, si rimanda a Roncaglia, La Cappella, cit., passim. 52 ACMo, Atti capitolari, 1820-1828, pp. 13, 15.

69 Stando alla prassi consueta, quelle messe acquistate dovrebbero esse- re state depositate nell’armadietto vicino all’organo, e conservate insieme al resto del repertorio della cappella a disposizione del maestro.

ANTONIO MARIA GIULIANI. In duomo era stato cantore, già ai tempi di Innocenzo Gigli, di cui fu allievo; quando, quasi settantenne, ottenne la nomi- na a maestro di cappella, era musicista ormai ben noto per vari impieghi cit- tadini. Non sono conosciute sue composizioni; stando a Gaetano Malago- li in effetti «non scrisse mai una sillaba musicale» 53. Nel 1873 i curatori del- la Cronistoria dei teatri di Modena di Alessandro Gandini riferiscono che «Possedeva una bella e copiosa biblioteca e molte stampe» 54. Sicuramente la sua collezione di libri comprendeva anche partiture, perché in data 14 ottobre 1826, come riferiscono gli Atti capitolari, chiesta e ottenuta la giubilazione, «in attestazione di gratitudine offre in dono al Capitolo tutti i pezzi di Musi- ca che sono di sua proprietà, e che servono attualmente per la Cappella del- la Cattedrale» 55. Questa affermazione è in contrasto con quanto aveva affer- mato Malagoli in una lettera del 1817, e cioè che Giuliani eseguiva principal- mente musica di Malagoli stesso, o da lui rifornita (cfr. App. 3); ma Malago- li cercava di mettersi in buona luce in vista di una successione, e le sue affer- mazioni sono da valutare con riserva. Quali siano i pezzi di musica di Giulia- ni passati alla cattedrale nel 1826 è difficile dirlo. L’unico indizio per prova- re la provenienza dalla sua collezione è un’etichetta bianca, con il suo nome stampigliato, che si trova soltanto su tre partiture: una Messa breve di Miche- le Fusco; Le Sette parole del Redentore sulla Croce poste in Musica strumen- tale di Haydn; una messa da requiem di un non meglio identificato Manfredi- ni 56. A queste tre partiture va aggiunto lo spartito della Salmodia di Gigli, che non ha l’etichetta, ma una nota di possesso autografa di Giuliani 57.

53 ACMo, Fabbriceria, 205, fasc. Gaetano Malagoli, 1829 feb. 5 (cfr. App. 6). La frase è nell’ultima parte della lettera, non trascritta in App. 54 A. Gandini, Cronistoria dei teatri di Modena dal 1539 al 1871, arricchita di interessanti notizie e continuata sino al presente da L. F. Valdrighi e G. Ferrari-Moreni, 3 vol., Modena 1873, vol. I, p. 135. Ancora in L. F. Valdrighi, Alcune ristrette biografie di musicisti mode- nesi e dell’antico dominio estense specie degli ultimi tempi, Modena 1886 (Musurgiana, s. I, 14) si ripete: «Bibliofilo ed artista ebbe ricca e copiosa raccolta di stampe preziose» (p. 20). L’informazione è riportata anche da J. Rosselli, Il cantante d’opera. Storia di una professio- ne (1600-1990), Bologna 1993, pp. 66, 77. 55 ACMo, Atti capitolari, 1820-1828, pp. 307-308; cit. da Roncaglia, La Cappella, cit., p. 202. 56 Rispettivamente ACMo, Musica, 116, 142, 191. 57 ACMo, Musica, 132.

70 In realtà, due, forse tre, di queste partiture risultano entrare nel patri- monio della cattedrale non nel 1826, ma successivamente. Sulla messa da requiem di Manfredini l’etichetta di Giuliani è cassata e a fianco è annota- to: «D. E. Pancaldi M.° di Capp. del Duomo / offre all’Archivio Capitolare / Li 18.2.908», il che fa sembrare che a quell’epoca la partitura fosse proprie- tà personale di Pancaldi. La partitura dei salmi di Gigli, come abbiamo visto, entrò in cattedrale nell’ottobre 1853. Infine, la messa breve di Fusco compa- re tra le musiche di San Geminiano nell’inventario del 1856-1857, e teorica- mente dunque essa è tra quelle acquisite dalla Fabbriceria nel 1843, oppure aggregate tra il 1843 e il 1857. Una ricostruzione delle vicende della colle- zione di Giuliani – promessa alla cattedrale di Modena nel 1826, ma forse in qualche modo o in qualche porzione variamente dispersa – può essere inte- ressante per esempio per qualche autore modenese del Settecento in essa rap- presentato, come Pacchioni e appunto Gigli 58.

MICHELE FUSCO. Anch’egli musicista conosciuto a Modena, si propose per la carica di maestro di cappella come successore di Giuliani, ma gli fu pre- ferito Malagoli. Varie sue composizioni si conservano però nel fondo Musi- ca, e di alcune partiture possiamo ricostruire la vicenda grazie a qualche trac- cia documentaria rimasta. Per esempio, sappiamo che la sua raccolta per i vespri (versetto Domine ad adiuvandum, quattordici salmi, Magnificat e inno Ave maris stella), che troviamo citata nell’elenco del 1848, venne donata dal compositore al vescovo Tiburzio Cortese, e da questi consegnata ai canoni- ci 59:

A 9 Agosto 1810 / […] Lettera di S. E. Rev.ma con plicco spedita. Filza O n. 4 / Poscia si passò ad aprire un Plico di S.E. Rev.ma nostro Vesco- vo spedito al Capitolo accompagnato da graziosissima sua contenente la Salmodia posta in Musica dal S.r Maestro Michele Foscho dedicata alla prelodata S.E. Rev.ma addattata alle solenni Funzioni, che frà l’an-

58 Catelani annota su un Kyrie e Gloria oggi alla Biblioteca Estense: «Questo autografo del famoso Antonio Maria Pacchioni fu di proprietà di d. Innocenzo Gigli, allievo del Pacchioni stesso. Passò in seguito a d. [!] Antonio Maria Giuliani, erede della musica del suo maestro. L’intestatura che si vede nella prima pagina è di mano del Giuliani». Annotazione analoga su uno attribuito a Pacchioni, ma forse di Antonio Bononcini (cfr. BEMo, Ca- talogo alfabetico descrittivo della raccolta musicale estense, cit.). Entrambe le partiture era- no nella collezione privata di Catelani. Giuliani aveva in casa anche le composizioni di In- nocenzo Gigli, come dalla testimonianza di Girolamo Tiraboschi (cfr. paragrafo successivo). 59 ACMo, Atti capitolari, 1796-1816, p. 252. La lettera del vescovo citata nel verbale, datata 30 luglio 1810, è in ACMo, Fabbriceria, 205, fasc. Varie.

71 no si celebrano in questa Cattedrale, e trasmessa in dono allo stesso Ca- pitolo l’Originale, e l’analoga distribuzione delle parti del lavoro mede- simo, amando però, che tale operazione venga posta alla pratica, e che d’altronde se ne conservi stabile memoria. Considerando li SS.ri Radu- nati tale lavoro, ed insieme la premura del Prelato per vieppiù conde- corare le Funzioni della Chiesa con tale composizione hanno decreta- to, che si passi una discreta recognizione al soprannominato S.r Mae- stro Foscho per le spese inevitabili, e poscia i S.ri Deputati sopra il Ca- pitolo ringrazino il Prelato del dono fatto.

Da notare che i salmi di Fusco, entrati in quell’anno nel repertorio della cattedrale, sia stato per l’impulso del vescovo, o per la qualità della musica, ebbero grande fortuna nel duomo di Modena, sostituendo forse nella prassi l’analoga raccolta di Innocenzo Gigli del 1742. L’uso frequente è testimonia- to dalle diverse serie di parti esistenti, ricopiate varie volte nel corso del seco- lo a causa dell’usura: di alcuni salmi esistono addirittura fascicoli del primo Novecento. Anche Catelani si preoccupò di farne copiare una nuova raccol- ta di parti, nell’aprile 1866 (cfr. App. 22). Come sappiamo, quando interve- nivano strumentisti aggiuntivi, come per la festa di San Geminiano, si pote- vano eseguire le composizioni raccolte e custodite da Magelli, ma nelle altre occasioni festive probabilmente si cantavano regolarmente i salmi di Fusco, che richiedevano due violini, tre voci maschili e organo. Fa riferimento cer- tamente ad essi una richiesta di prestito da parte di Catelani, per poterli ese- guire fuori dal duomo 60:

Nel giorno 13. luglio 1854. Il Sig.r Arciprete Maggiore dicesi commis- sionato dal Sig.r Maestro di Musica Cattalani, di domandare al Capito- lo in prestito lo spartito musicale dei Salmi del Vespro, che si cantano nella Cattedrale, per servirsene in occasione che i MM. RR. PP. Gesuiti celebrano le feste dei BB. Giovanni de’ Britto, e Andrea Bubole di fre- sco canonizzati.

Nessuna traccia invece è rimasta all’Archivio, come vedremo, della sal- modia di Malagoli, nonostante l’autore la vantasse come migliore di quella di Fusco. Nel 1828, pochi mesi prima di morire (morirà l’8 agosto), Fusco conse- gnò un’altra raccolta, questa volta direttamente al Capitolo. Si trattava dei sal- mi di Terza, che si cantavano prima della messa pontificale, e anche in que-

60 ACMo, Atti capitolari, 1851-1859, p. 191.

72 sto caso il dono sembrava opportuno per sostituire la vecchia raccolta di Gigli già esistente nel repertorio 61:

Adì 9 Aprile 1828 / Terza Cantata in Musica dal Maestro Fosco accet- tata / Poscia furono abbilitati i Sig.ri Fabbricieri a favorire mandato di Modenesi l. 36 a favore del Sig.r Maestro Fosco, e queste per una Ter- za cantata in Musica a tre voci umiliata al Capitolo, e da esso accetta- ta, ordinando che la sud.ta Messa fosse collocata in Archivio coll’altra.

Delle altre opere di Fusco conservate nel fondo Musica, ne abbiamo viste alcune inserite nel ‘repertorio di San Geminiano’ (una di queste sappiamo essere stata di Antonio Giuliani, un’altra fu acquistata presso Antonio Manni nel 1853); tra le altre esistenti, segnaliamo una messa da requiem con anno- tazione di consegna: «Al Capitolo metropolitano D. E. Pancaldi / 1910» 62, e una versione de «Le 3 Ore d’Agonia di N. S. G.», da eseguirsi il Venerdì San- to, musica che, come i salmi, ebbe tanta fortuna da essere eseguita in duomo ancora nei primi decenni del Novecento 63.

GAETANO MALAGOLI. Medico di professione, musicista comunque affer- mato in ambito locale, ottenne la carica di maestro di cappella nel dicem- bre 1826, soprattutto grazie alla raccomandazione del ministro dell’istruzione marchese Luigi Rangoni. L’Archivio capitolare conserva soltanto cinque sue opere: un Te Deum a tre voci, datato 1811, l’inno Ut queant laxis a due voci, due versioni de Le Sette parole del Redentore, e un Credo – queste ultime tre composizioni destinate alla funzione cosiddetta dell’Agonia, che si teneva il Venerdì santo 64. Mancano molti altri brani, di uso ordinario, a cui lo stesso Malagoli fa più volte cenno nelle sue lettere al Capitolo. Prima di ottenere l’in- carico dai canonici di Modena aveva più volte dichiarato che le sue composi- zioni si eseguivano spesso in cattedrale: «e posso gloriarmi, che Giuliani bat-

61 ACMo, Atti capitolari, 1820-1828, p. 352. 62 ACMo, Musica, 110. 63 ACMo, Musica, 421, 422 (spartito e partitura). Cfr. Roncaglia, La Cappella, cit., p. 202. Le composizioni sulle Sette parole di Cristo dell’Archivio capitolare di Modena (ce ne sono diverse, oltre a quella di Fusco, compresa una delle tante lasciate da Nicola Zingarelli) non sono registrate nei repertori di M. Marx-Weber, Musica per le tre ore di agonia di N.S.G.C. Una funzione del Venerdì santo nell’Italia del tardo Settecento e del primo Ottocento, «Nuo- va rivista musiale italiana», XXI/1-2 (1989), pp. 33-59, né di F. Bruni - F. Refrigeri, Musi- che per le tre ore di agonia di N.S.G.C. Nuove fonti per lo studio della funzione del Venerdì santo in Italia, «Nuova rivista musiale italiana», XXVIII/3 (1994), pp. 483-506. 64 Rispettivamente ACMo, Musica, 186, 187, 189, 190, 187.

73 teva, ed io produceva maisempre la Musica», scrive nel 1817. Tra le sue com- posizioni, cita spesso un Magnificatparticolarmente gradito e di durata appro- priata al rito dell’incensazione che si svolgeva durante il canto. Aveva inoltre già pronta un’abbondante produzione nuova, che avrebbe utilizzato in caso di assunzione: la salmodia e gli inni di tutto l’anno, tra cui due versioni dell’Iste confessor per la festa di S. Geminiano (cfr. App. 1, 3, 4). Una volta diventato maestro però, sembra che non sia riuscito a introdurre le sue composizioni per l’insubordinazione dei membri della cappella, come risulta da due sue prote- ste del 1828 e del 1829 (cfr. App. 5, 6): e questo nonostante un esplicito invito del Capitolo a comporre nuovi brani (cfr. App. 7). Dieci anni dopo, nel 1838, presenta la sua produzione al Capitolo: «Diciasette Salmi, diciasette Inni, tre Sequenze, una Messa da requie, due da vivi coi rispettivi Credo, un Te Deum, Compieta, le Litanie, il tutto più breve della Musica finora eseguita, a riser- va del Magnificat, il quale strozzar non farà la sacra cerimonia dell’incensa- zione Corale, come il corto d’adesso»; e chiede un compenso per copiare per- sonalmente le parti dei cantanti (cfr. App. 8, 9). Il compenso viene approva- to, anche se forse venne dato con ritardo (cfr. App. 10, 11); e Malagoli accen- na esplicitamente al numero di pagine e al formato dei fascicoli prodotti o in corso di preparazione (cfr. App. 12). Tuttavia, nessuna di queste composizio- ni risulta attualmente nel fondo Musica, né sotto forma di parti, né sotto forma di partiture, con l’eccezione del Te Deum (sempre che quello esistente sia lo stesso che Malagoli intendeva citare nell’elenco); anche della Compieta, pur segnata a matita da Dondi come aggiornamento all’inventario del 1856-1857, non esiste traccia. Forse l’anziano maestro ritirò le sue opere nel momento – il dicembre 1847 – in cui venne eletto come suo ‘coadiutore’ Catelani (il quale infatti non le trovò alla ricognizione dell’armadio delle musiche); forse aveva l’abitudine di tenerle con sé e a casa sua rimasero al momento della sua mor- te; forse si rifiutò intenzionalmente di farne omaggio alla cattedrale ricordando le difficoltà incontrate per farle eseguire negli anni passati: non sapremo però mai esattamente come andarono le cose.

ANTONIO MANNI (o MANNA). Fu cantante basso della Cappella, varia- mente attestato nei documenti della segreteria del Capitolo e della Fabbrice- ria tra il 1805 e il 1852. Il figlio Ignazio, che abbiamo citato sopra, sarà mae- stro di cappella in duomo nel 1877; un Pietro Manni, di cui si trovano attesta- zioni come violinista dagli anni Quaranta al 1886, è forse un altro suo figlio 65.

65 Dall’atto di nascita del figlio Ignazio, al 14 gennaio 1814, trascritto inR oncaglia, La Cap- pella, cit., p. 246, ricaviamo le seguenti informazioni su Antonio: figlio del fu Pietro, di anni trentadue, domiciliato in Modena, «di professione cantore»; la moglie è Elisabetta Picchio-

74 Salvo errori di identificazione, Antonio Manni fu anche contrabbassista, atti- vo in numerose occasioni della vita musicale cittadina; nell’atto di morte è definito «Maestro di Musica» 66. Abbiamo inoltre varie attestazioni della sua attività di copista, e fu anche un raccoglitore, e rivenditore di musiche 67. Da lui infatti, come abbiamo visto sopra, si riforniva la Fabbriceria per il noleg- gio del repertorio di San Geminiano, acquisito nel 1843; da lui, tra il 1852 e il 1853, su consiglio dall’arciprete, il Capitolo acquistò diverse altre partiture, tra le quali quella settecentesca dei Vespri di Innocenzo Gigli 68. Due carte sciolte provenienti dalla segreteria del Capitolo ci mostrano il tipo di interesse che poteva suscitare una raccolta come quella di Antonio Manni 69. Le carte, non firmate né datate, sono di due mani diverse; sono state compilate in concomitanza con gli acquisti di partiture presso Manni, di cui abbiamo documentazione tra il 1843 e il 1853. Il primo foglio è infatti una retti del fu Ignazio, di anni trentuno. Sempre Roncaglia riferisce che Ignazio Picchioretti e il di lui padre Gioacchino erano stati violoncellisti alla corte estense (p. 306). Nel 1805, trovia- mo Manni citato negli Atti capitolari, per la sua richiesta di un compenso per «avere servi- to in questa Capella da sopranumerario per molto tempo» (2 aprile), e per trattarne la possi- bile assunzione (24 settembre) (ACMo, Atti capitolari, 1797-1816). Al 30 gennaio 1839, li- cenziato per una mancanza non meglio specificata, viene riammesso anche per «le premure di Mons. Vescovo» (ACMo, Atti capitolari, 1828-1840, p. 362); nel 1852 il Capitolo decreta la sua sostituzione con un cantante più giovane (ACMo, Fabbriceria, 205, fasc. Addetti del- la Cappella XIX s.). Pietro Manni è documentato come violinista e direttore d’orchestra pres- so varie istituzioni (cfr. Chiarelli, L’opera al Teatro comunale, cit., pp. 69, 99, per gli an- ni 1847-1859; Tardini, I teatri di Modena, ad indicem, per gli anni 1863-1873); in Duomo, figura come violinista aggiunto dagli anni Quaranta fino al 1886 (ACMo, Fabbriceria, 205, fasc. Spese per la musica di San Geminiano; cfr. nota 43). 66 Valdrighi, parlando di Ignazio Manni, definisce Antonio «cantore di corte e contrabassi- sta» (Valdrighi, Alcune ristrette biografie,cit., p. 22); in effetti, Antonio Manni è documen- tato anche come suonatore di contrabbasso in diverse fonti della prima metà dell’Ottocento, e ancora nel 1851 (cfr. per es. Malagodi, Dizionario dei musicisti, cit., p. 177; G. Ghirardi- ni, L’ orchestra del Teatro Comunale fino all’Unita d’Italia, in Orchestre in Emilia-Roma- gna nell’Ottocento e Novecento, a cura di M. Conati e M. Pavarani, Parma 1982, p. 227- 237: 235). La morte di Antonio Manni, avvenuta il 7 agosto 1854, è registrata al giorno suc- cessivo sullo Stato civile ora all’Archivio storico comunale di Modena (anno 1854, n. 1595). 67 Su Antonio Manni copista, cfr. F. Bugani, Musica e teatro in un archivio di frammenti del Sette e Ottocento, «Quaderni estensi», I/0 (2009), pp. 163-187; un elegante spartito «copia di Antonio Manni» è alla Biblioteca Estense (M. Portogallo, Frenar vorrei le lacrime, ms. in BEMo, Musica, F.957; cfr. Lodi, Catalogo, cit., p. 254). 68 Cfr. nota 49. Un caso analogo di cantante-rivenditore è segnalato per Venezia da Antolini, Editori, copisti, cit., p. 356: tal Francesco Rolfi, musico della cappella ducale di San Marco, commerciava presso la propria abitazione musica sacra e strumentale nel 1792. 69 ACAMo, Varia, b. 55, fasc. Musica di chiesa.

75 sorta di presentazione del venditore, redatta forse da un canonico e destina- ta a una riunione capitolare; interessanti l’accenno iniziale, seppur vago, alla necessaria riforma della musica da chiesa (di cui si iniziava a parlare proprio in quel periodo), e la consapevolezza del valore storico del repertorio sette- centesco:

Promemoria. Nel compiegato N.° della Gazzetta di Bologna si parla d’uno Stabili- mento musicale diretto al fine di rimettere la buona Scuola dello stile ecclesiastico. Nel commettere gli acquisti di musica ecclesiastica da servire per le Chiese di Modena, bisogna avvertire che qui manchiamo di Soprano; e che perciò tutt’i pezzi, anche i più solenni, dovranno essere eseguibili a sole tre voci, cioè Tenori e Basso. Il suonatore Manna, il padre, possiede e venderebbe molte bellissime composizioni da Chiesa, che sono opera del famoso nostro D. Innocen- zo Gilli, stato prete della Mensa comune in duomo. Le dette composi- zioni sono profonde e gravissime, ma non potrebbero servire che per istudio, senza che fossero eseguibili, per mancanza del Soprano com’è detto di sopra.

Il secondo foglio è l’elenco della Musica da Chiesa di proprietà di Anto- nio Manni, divisa nelle quattro categorie Kyrie e Gloria, Sanctus e Agnus, Credo, Salmi. Esso è interessante per i riscontri che possiamo fare: buona par- te dei titoli infatti li ritroviamo tra il repertorio del duomo (per lo più fanno parte della ‘Musica di san Geminiano’ custodita da Magelli, o si riconoscono tra le integrazioni posteriori sull’inventario) e la collezione privata di Catela- ni, segno delle buone possibilità che, almeno in certi casi, godeva il commer- cio della musica d’autore. 70.

ANTONIO FERRARI. Fu organista del duomo tra il 1834 e il 1884; come sappiamo dagli Atti del Capitolo, anch’egli, nel 1857, offrì musiche (le sue?)

70 Ecco la trascrizione: «Musica da Chiesa di proprietà di Antonio Manni / Chirie, e Gloria / 1. Bonfichi / 2. Idem / 3. Melora / 4. Orland. /5 Cavazza / 6 Idem / 7. Fusco / 8. Savi / 9. Al- linovi / Sanctus ed Agnus / 1. D. Gilj / 2. Allinovi / Credo / 1. Fusco / 2 Morelli / 3. Idem / 4. Idem / 5. Savi / 6. Cavazza / 7. Allinovi / 8. Asioli / 9. Paer / Salmi / 1. Domine Paer / 2. Idem Catelani / 3. Dixit Nicolini / 4. Idem Donelli / 5. Confitebor Nicolini / 6. Idem Allinovi / 7. Beatus vir Bonfichi / 8. Idem Orlandi / 9. Laudate pueri Nicolini / 10. Idem Allinovi / 11. Laudate Dominum Paer, e Fusco / 12. Magnificat Donelli, e Bonfichi». Da confrontare con Catelani, Cataloghi della musica, cit., pp. 85-103.

76 per la cattedrale, ma questa volta esse vennero senza troppe spiegazioni rifiu- tate 71:

Addì 21 Ottobre 1857 […] Esibita di Musica per la Cappella / Monsi- gnor nostro Arciprete notifica l’esibita fata dal Sig.r Organista Ferra- ri d’alcuni pezzi di nuova Musica per la Cappella di questa Metropoli- tana, all’oggetto che il Capitolo credendolo opportuno ne faccia acqui- sto. I Signori Canonici rispondono, di non ritenere necessario un tale acquisto.

ANGELO CATELANI. Chiese più volte un compenso per nuovi brani da comporre, senza mai ottenerlo (cfr. App. 15-21), se non per alcuni pezzi scrit- ti appositamente per la venuta di Pio IX a Modena, nel giugno del 1857 72. Comunque, nonostante non risulti alcuna traccia della cessione delle sue com- posizioni alla cattedrale, queste sono oggi presenti in abbondanza nel fondo Musica, complete di partiture e parti 73. Alcune sono datate agli anni preceden- ti l’inizio del servizio in duomo (dicembre 1847); altre sono state composte chiaramente allo scopo di rinnovare il repertorio della Cappella, perché si tro- vano musicati alcuni testi caratteristici della lista del 1848, come la sequenza Victimae paschali e il graduale natalizio Dies sanctificatus,entrambi per coro a tre voci maschili, due violini e corni. Solo dopo la sua morte, in una lette- ra alla sorella Giulia del 1869, si trova un riferimento a questo repertorio: il segretario del Capitolo infatti, a nome dei canonici, elogia il defunto maestro per l’impegno avuto nello svolgere l’incarico presso la Cappella, «fornendo anche il suo archivio di diversi Inni, e Sequenze, di cui andava privo, con scel- ta musica» (cfr. App. 25). Grazie alla sorella Giulia, l’archivio della cappella si arricchì di partitura e parti della messa pastorale Pisa (dal nome della vil- la ove fu composta, presso San Martino di Mugnano, nella campagna mode- nese) (cfr. App. 24, 25).

71 ACMo, Atti capitolari, 1851-1859, p. 285. Nel fondo Musica si trovano ora tre sue com- posizioni: una Messa a tre voci e organo datata 1855 (copia di d. Ferdinando Bonacini, del 1863); una raccolta di cinque litanie; una raccolta di versetti per l’organo (queste ultime due autografe); rispettivamente ACMo, Musica, 102, 103, 104. 72 Cfr. Roncaglia, La Cappella, cit., p. 225. 73 Per il catalogo e il confronto con le numerose opere dello stesso Catelani conservate pres- so la Biblioteca Estense si rimanda al lavoro di Alice Molinari: A. Molinari, Fonti di Ange- lo Catelani e Bonifacio Asioli presso l’Archivio capitolare di Modena, tesi di diploma acca- demico di II livello in Discipline musicali, Istituto superiore di studi musicali “Orazio Vec- chi - Antonio Tonelli” di Modena, corso di Canto, rel. Alessandra Chiarelli, correl. Giovan- ni Indulti, a.a. 2006-2007.

77 Storia di una partitura: i Vespri di Innocenzo Gigli

Per concludere, riportiamo le quattro annotazioni poste in fondo al «Parti- to in cui contengonsi tutti li Salmi per il Vespero di tutto l’anno a cappella con strumenti, e senza se piace», di Innocenzo Gigli, datato 11 novembre 1742 74. Sono di quattro mani diverse, qui di seguito indicate con lettere alfabetiche:

[A] Questo originale unico fu regalato a me Antonio Maria Giuliani dal Sig.r Geminiano Salvatori lì 7 gennaio 1792.

[B] Lì 2 dicembre 1828. Il sud(ett)o Giuliani ne fece un presente all’e- simio Signore Maestro Antonio Gandini. In segno della vera sua stima. / Ignazio Manni di commissione

[C] Nell’anno 1847 ai 5 di Luglio fu da me sottoscritto acquistato dal Sig.r Antonio Manni ultimo proprietario in prezzo di zecchini sei, ossia di modenesi lire 180. D. Ferdinando Magelli.

[D] Nel 1906 alli 23. 2. 906 consegnata detta partitura all’Archivio Ca- pitolare D. E. Pancaldi M.° di Cappella

Da queste annotazioni e dalle varie tracce già incontrate nel trattare del repertorio della cattedrale di Modena, possiamo ricostruire la seguente crono- logia della nostra partitura:

- tra il 1772 e il dicembre 1828: passa da Gigli a Geminiano Salvatori, organi- sta del duomo dal 1769, e da questi ad Antonio Giuliani, che lo ha tra le mani sicuramente nel gennaio 1792. Questi due passaggi sono coerenti con quanto riportava Girolamo Tiraboschi nel 1786 a proposito di Gigli 75:

Molte sono le composizioni musicali da lui lasciate, la maggior par- te delle quali conservansi presso il Sig. Geminiano Salvatori primo Or- ganista di Modena, e presso il Sig. Antonio Giuliani scolaro del Gigli, e pieno di tenera riconoscenza per la memoria del suo amato Maestro.

74 Volume di 222 pagine nel consueto formato oblungo; la legatura è piuttosto ricercata (piat- ti rivestiti in carta marmorizzata di due colori e dorso in pelle, con titolo a inchiostro nero). Per il contenuto della raccolta, vedi sopra. 75 G. Tiraboschi, Biblioteca modenese, 7 voll., Modena 1781-1786, vol. VI, parte II, 1786, p. 587. Su Geminiano Salvatori, cfr. Roncaglia, La Cappella, cit, ad indicem.

78 - tra il gennaio 1792 e il luglio 1847: passa da Giuliani (che morì il 21 febbra- io 1831) ad Antonio Gandini, poi ad Antonio Manni. Gandini era il maestro di cappella della corte estense, dal 1814; Ignazio Manni, che registra il passag- gio a quest’ultimo, è certamente il figlio di Antonio. Nel momento in cui egli scrive, la partitura poteva essere già presso il padre; ma poteva anche essere ancora presso Gandini, perché Ignazio ebbe fin da giovanissimo rapporti con l’ambiente di corte 76;

- 5 luglio 1847: viene acquistata dal mansionario Magelli, all’epoca già ‘custode della musica di San Geminiano’;

- 10 aprile 1848: Angelo Catelani protesta coi canonici per la «Salmodia Vespertina del Gilij mancante dello Spartito» (erano presenti solo alcuni libri-parte);

- 26 ottobre 1853: il Capitolo la acquista, su proposta dell’arciprete; diffici- le spiegare come mai la si dice acquistata «dal sig.r Antonio Manni, Musico della Cappella di questa Cattedrale», e non da Magelli, che doveva esserne il proprietario da circa sei anni. Nel prezzo «di due pezzi d’oro da 20 franchi», sono inclusi altri due brani, la parte dell’organo della salmodia di Fusco e la messa solenne di Santa Cecilia dello stesso;

- 1856-1857: la si trova registrata tra le musiche ‘di San Geminiano’: «Sparti- to grande (senza le parti strumentali, e cantabili) di tutta la Salmodia a 4 voci del M.° D. Innocenzo Gigli»;

- 23 febbraio 1906: Pancaldi, maestro di cappella da circa sei anni, consegna la partitura all’Archivio capitolare, forse insieme a tutte le altre partiture del Sette-Ottocento ancora presenti negli ambienti della cattedrale.

La vicenda della partitura dei Vespri di Gigli coinvolge straordinaria- mente tutte le figure più significative che abbiamo visto operare tra Sette e Ottocento con le musiche del duomo di Modena: Giuliani, Catelani, Pancal- di, maestri, don Ferdinando Magelli ‘custode della musica di San Geminia- no’, Antonio Manni, cantante di cappella e rivenditore di musiche; ma anche Geminiano Salvatori, organista del duomo, Ignazio Manni, futuro maestro di

76 A corte, nel 1821, fanciullo di sette anni, si era esibito sul pianoforte; cfr. Roncaglia, La Cappella, cit., p. 247; a corte, nel 1834, sarà impiegato come secondo organista (cfr. Chia- relli, L’opera al Teatro comunale, pp. 69, 73).

79 cappella, e un musicista di spicco nel contesto cittadino come Antonio Gan- dini 77. La storia di questo volume, e delle persone che lo hanno avuto tra le mani, è un esempio estremo del dinamismo che abbiamo visto tra Sette e Ottocento attorno alle partiture: comprate e noleggiate, custodite e date in prestito; disprezzate o ricercate; donate disinteressatamente o offerte per trar- ne profitto; ereditate, trasmesse, collezionate, archiviate, a volte perdute. C’e- ra attorno ad esse un interesse abbastanza diffuso, anche al di là del valore artistico; tanto che i nomi dei privati proprietari di questa o quella musica si pubblicavano senza scrupoli di indiscrezione su libri e opuscoli, così come fece uno scrittore del calibro di Tiraboschi a proposito delle partiture di Gigli.

77 Un’ulteriore tappa è recentissima: il 13 e 24 maggio 2013 Daniele Bononcini, attuale mae- stro di cappella del duomo di Modena, nell’ambito di un progetto di valorizzazione delle zo- ne colpite dal terremoto del maggio 2012, ha diretto buona parte dei Vespri di Gigli ed altre sue composizioni, su trascrizione di Giovanni Indulti, nel duomo di Modena e a San Felice sul Panaro (registrazione: Innocenzo Gigli. Mottetti, coro Cantores Sancti Ioseph, ensemble da camera de “La Grande Orchestra” di Faenza, organo Davide Zanasi, direttore Daniele Bo- noncini, Regione Emilia-Romagna, 1 CD, 2015).

80 Appendice II

Testimonianze di Gaetano Malagoli e Angelo Catelani riguardanti il repertorio della Cappella musicale del Duomo di Modena

A) Gaetano Malagoli e il Capitolo della cattedrale di Modena

1) 1811 aprile 13: Malagoli ai Fabbricieri (ACMo, Fabbriceria, 205, fasc. Gaetano Malagoli).

N. 154. Regno Italico. Sassuolo lì 13 Aprile 1811. Ai Signori Fabbricieri del- la Cattedrale di Modena Gaetano Dottore Malagoli Compositore di Musica / Il fortunato compatimento ottenuto da alcune Messe, Salmi (in ispecie un Magni- ficat), ed altra Musica in codesta Cattedrale per mio onore prodotta mi inco- raggia ad offrir la solita mia Penna per comporre gli Inni delle Solennità tutte dell’Anno a quelle discrete condizioni, che saprà dettarvi, o Signori, la Vostra sagacità. Veramente la Vostra Cattedrale è affatto sprovveduta di tal genere di Cantici, come continuamente se ne lagnano gli addetti alla Cappella, che bra- merebbero eseguire mie produzioni. Quando avrete il compimento ancor degli Inni, che farei conforme al comparto da riportarsi dal Maestro Sig.r Giuliani, in allora il Vostro Archivio sarà sufficientemente corredato. In attenzione di grato Vostro riscontro, o Signori, ho l’onore di confermarmi a tutte prove del- le Signorie Loro Devotissimo, Obbligatissimo Servidore / Gaetano Malagoli

2) 1811 aprile 17: il Segretario del Capitolo a Malagoli (ACMo, Fabbrice- ria, 205, fasc. Gaetano Malagoli) 1.

[indirizzo] All’ornatissimo Signore / Il Signor Dottor Gaetano Malagoli Compositore di Musica / Sassuolo [lettera] Regno d’Italia / Modena 17. Apri- le 1811 / Il Segretario del Capitolo della Cattedrale al Sig.r Dott.re Gaetano Malagoli Compositore di Musica / Dalli Sig.ri Canonici Fabbricieri fu espo- sta ieri mattina a questo Reverendissimo Capitolo una Lettera di V.S., nella

1 Sui verbali delle adunanze capitolari la questione è trattata al 16 aprile 1811 (ACMo, At- ti capitolari, 1797-1816). Al 29 luglio 1813 gli Atti capitolari ci testimoniano di una secon- da lettera di Gaetano Malagoli, nella quale egli nuovamente offre la composizione di inni; i canonici rispondono come la volta precedente, stupendosi «di tale inchiesta di belnuovo fat- ta». (ibidem, pp. 202-203).

81 quale gentilmente Ella si esibiva di comporre in Musica gli Inni delle Solen- nità tutte dell’Anno, supponendo che questa Cattedrale fosse affato sprove- duta di tal genere di Cantici. Li Sig.ri Radunati come hanno sentito con com- piacenza varie altre produzioni della di Lei penna, così sono stati grati ad un tal pensiere. Richiamando per altro sott’occhio l’Archivio di Musica inser- viente alle Funzioni di questa Cattedrale, hanno osservato che egli è fornito abbondantemente di composizioni musicali fatte da celebri Maestri sopra tut- ti gli Inni, è Cantici; così che non solo vi è il servizio necessario della Cap- pella, ma v’è ancora il modo di poter variare il Canto, come, e quando si vole. Quindi è che dietro questo rilievo hanno li Sig.ri Radunati incaricato me sot- toscrito a renderle grazie della cortese esibizione, riservandosi di approfittare dei di lei talenti in altra più rimarchevole circostanza, che si potesse loro pre- sentare. Nell’atto di eseguire la Commissione ingiuntami, ho il vantaggio di protestarmi con pienezza di stima Devotissimo, Obbligatissimo Servitore D. Luigi Masini Segretario Capitolare.

3) 1817 agosto 8: Malagoli al Capitolo (ACMo, Fabbriceria, 205, fasc. Gae- tano Malagoli) 2 n. 155 / Dominj Estensi / Modena li 8. Agosto 1817 / Al Reverendissimo, ed Illustrissimo Capitolo della insigne Cattedrale di Modena / Gaetano Mala- goli Modenese Publico Maestro di Cappella / Illustrissimi, e Reverendissimi Signori, da lungo tempo ho l’onore, che questa Cattedrale eseguisce sempre miei Pezzi Musici, avendola sempre volentieri, e gratuitamente fornita di tuttociò, che il mio amico Giuliani mi domandava tanto di mie deboli com- posizioni, quanto di Messe solenni d’altri celebri Autori, e posso gloriarmi, che Giuliani batteva, ed io produceva maisempre la Musica. Esistono tutta- via in codesto archivio i miei caratteri in testimonianza. Mosso da quasi un diritto acquisito sull’animo delle Signorie Loro lllustrissime, e Reverendis- sime, che tanto mi hanno finora compatito, oso aspirare alla ormai vacante carica di Mastro di Cappella della Loro Cattedrale, un tempo occupata dal mio Maestro il Bulgarelli. Ho preparato la raccolta di tutti gl’Inni dell’anno, ed anche di due Iste confessor, l’uno corrente, l’altro solenne pel Glorioso Nostro Protettore S. Geminiano, e la Salmodia di tutto l’anno intera, tessuta sullo stile di quel mio Magnificat, che ha saputo meritarsi il benigno compa- timento di Chi ha avuto pazienza d’ascoltarlo. La Salmodia Fosco [Fusco] è

2 La questione venne trattata nella seduta del Capitolo del 13 agosto 1817: i canonici deci- dono di soprassedere alla domanda di successione (ACMo, Atti capitolari, 1816-1820, p. 53; trascrizione in Roncaglia, La Cappella, cit., pp. 199-200).

82 troppo incomoda pel Tenore; se questo manca, è ineseguibile. Io saprò schi- vare tale ovvia difficoltà. Spero, che le Signorie Loro lllustrissime, e Reve- rendissime si degneranno accogliere queste mie deboli fatiche in primo atte- stato del profondo mio rispetto, e queste arricchiranno maggiormente l’ar- chivio. […]

4) In allegato alla precedente:

Requisiti del Maestro Malagoli onde sperare la preferenza su qualche Fore- stiere / […] 4. Il Malagoli ha provveduto da lungo tempo la Cappella di pez- zi d’ogni genere, vari di celebri Autori moderni oltre molti de’ propri […] 7) Senza il menomo ringraziamento, senza la menoma pretesa, dedicherà al Rev.mo Capitolo una intera Salmodia sullo stile del noto Magnificat con tut- ti gl’Inni del’anno; ed alla minima inchiesta scriverà sempre Pezzi adattati al genio de’ Signori Canonici suoi Padroni, producendo sempre Messe nuove, Sequenze inedite ecc. e così raddoppierassi codesto archivio. […]

5) 1828 aprile 9: verbale dell’adunanza capitolare (ACMo, Atti capitolari, 1820-1828, p. 352; trascrizione in Roncaglia, La Cappella, cit., p. 210).

Supplica del Maestro di Capella / Fu letta petizione del Sig.r Malagoli Mae- stro di Capella di questa Cattedrale colla quale supplica l’Ill.mo Capitolo a fare una correzione alli Sig.ri Professori di Canto, i quali non solo [non] inten- dono di intervenire alle prove della Musica da lui composta, e da cantarsi nei giorni di Sollenità, ma di più vogliono, che il Maestro esseguisca quella Musica, che loro più piace. Ciò udito venne rimessa al Sig.r Canonico Camu- ri affine di accomodare le parti, e riconciliarli.

6) 1829 febbraio 5: Malagoli al Capitolo (ACMo, Fabbriceria, 205, fasc. Gaetano Malagoli) 3.

Illustrissimi, e Reverendissimi Signori. È tanto il rispetto, e tanta l’ubbidien- za, che professo alle Signorie LL. Illustrissime, e Reverendissime, che sem- pre deggio farmi un dovere di eseguire i veneratissimi cenni Loro, a norma

3 La lettera prosegue trattando altre questioni: l’indisciplina dei cantanti, la cattiva gestione dell’organo, le difficoltà che incontrava svolgendo il suo servizio, ignote ai suoi predecessori. La petizione viene letta nell’adunanza capitolare del 10 febbraio 1829 (ACMo, Atti capitola- ri, 1828-1840, p. 24), nella quale vengono incaricati alcuni canonici di trovare una soluzione che riporti la serenità (trascrizione in Roncaglia, La Cappella, cit., p. 210-211).

83 della Lettera Capitolare rispettabile degli 11. giugno 1827, che qui ho l’o- nore d’umiliare in copia. Desideravo ubbidiente di riformare a poco a poco, come si usa dapertutto, or l’un pezzo rancido, or l’altro dell’Archivietto musi- co della Cattedrale, di commutare quel brutto Iste Confessor dello sterile Bul- garelli enunciato falsamente d’Orlandi di Parma, di ripiegare al Magnificat Fusco troppo breve per la sacra cerimonia dell’incensazione, di andar varian- do quelle messette sempre le stesse con disonore de’ Padroni, e del Maestro, e alla nausea di chi le ascolta, e tutto questo a tutte mie spese senza aggra- vare d’un millesimo la Cassa capitolare, onde lasciar dopo morte all’Archi- vietto una debole mia memoria, essendo questo lo stile de’ Maestri. A que- ste mie rette intenzioni, a queste mie ubbidienze spontatamente si è sempre opposto un subalterno, un pagato, in tempo, che cerca, ed ottiene, aumenti per non faticare; questa è un’impudenza senza esempio. E poi che fatica è mai quella di cantare una cosa facile piuttosto, che l’altra? È poltroneria, o mali- zia. Io non incomoderò mai a prove gente venale, che non vuol fare un mez- zo passo senza paga; basta per le cosette guardare tre ore prima la particella. Io voglio ubbidire a’ miei superiori, e non voglio assolutamente sfigurare con pezzi antichissimi creduti miei, sempre gli stessi. Supplico il Rev.mo Capito- lo a degnarsi di gradire queste mie meschine offerte, e queste mie sincere ed onorate intenzioni […]

7) In allegato alla precedente 4:

Copia / Modena li 11 Giugno 1827 / Il Capitolo della Cattedrale Al Sig.r Pro- fessore Gaetano Malagoli Maestro di Capella / Sarebbe di sommo aggradi- mento al Capitolo, anche per soddisfare alle brame esternate da S.E. Rev. ma Monsignor nostro Vescovo, che V.S. nelle principali solennità di questa Chiesa producesse qualche pezzo nuovo di musica, per questa Capella, giac- ché Ella è conosciuta, qual Compositore applaudito. Quand’ella si compiac- cia di corrispondere a questo invito, il Capitolo si lusinga, che i professori di Canto, e di suono saranno ugualmente compiacenti per disporsi di buon gra- do ad eseguire i diversi pezzi di nuova produzione. Ci pregiamo frattanto di dichiararci con particolare, e vera stima di V.S. / Devotissimi obbligatissimi Servitori, Can. D.r Luigi Barbieri e Collega assente, Fabbricieri

4 Non risultano sugli Atti capitolari del giugno 1827, né nei mesi vicini, riferimenti a que- sta lettera in copia.

84 8) 1838 giugno 13: verbale dell’adunanza capitolare (ACMo, Atti capitola- ri, 1828-1840, p. 349).

A dì 13 giugno 1838 […] Viene presentato un fascicolo di Musica. / […] il Sig.r Canonico Caselgrandi esibì un Fascicolo di Musica composta dal Mae- stro di Capella Sig.r D.r Malagoli per Messe, e Vespri solenni, e con tal piego si trovava una rappresentanza dello stesso Professore Malagoli che fu letta, e con cui pregava il Capitolo ad aggradire un lavoro del medesimo prepara- to ad onore di S. Geminiano, riservandosi soltanto l’autore di trarne le oppor- tune copie per le parti dei Cantanti. Aggradirono i Sig.ri Adunati l’offerta, e per potere poi avere una norma nello stabilire gratificazione analoga al meri- to della Musica, incaricarono il Sig.r Fabbriciere Gallinari a scandagliare l’a- nimo dell’offerente su di ciò, e a rilevare la spesa occorrevole per la Copia.

9) 1838 luglio 3: Malagoli al Capitolo (ACMo, Fabbriceria, 205, fasc. Gae- tano Malagoli).

3 luglio 1838 / Illustrissimi, e Reverendissimi Signori. / Diciasette Salmi, dicia- sette Inni, tre Sequenze, una Messa da requie, due da vivi coi rispettivi Credo, un Te Deum, Compieta, le Litanie, il tutto più breve della Musica finora esegui- ta, a riserva del Magnificat, il quale strozzar non farà la sacra cerimonia dell’in- censazione Corale, come il corto d’adesso, formano l’occorrente di tutto l’an- no per la Cappella della insigne Vostra Cattedrale, e nell’istesso tempo sono un meschino tributo che offre a Voi, Illustrissimi, e Reverendissimi Signori, il sot- toscritto Vostro servo, quale si esibisce d’insegnare gratis, a chiunque ne abbi- sogna, tutti codesti pezzi veramente da chiesa, e propri della santità del luogo; e tutto ciò, onde venga meglio adempito il musicale Divino Servizio. E qui si coglie l’opportunità di supplicar le SS.rie vostre Illustrissime, e Reve- rendissime a degnarsi di affidare all’offerente stesso l’impegno di trascriver- ne le rispettive parti, per due motivi 1° perché vadano esenti dai frequenti errori degli amanuensi, e qui si richiederebbe una seconda laboriosa opera- zione di correrle tutte, e correggerle. 2° perché tornando sott’occhio dell’Au- tore i suoi Autografi possono essere migliorati. Già in questo il Capitolo nul- la soffre, perché da qualche mano devono esser copiate le Parti. In verità abbisognava d’una riforma più moderata, e maestosa [sic] la musi- ca vecchia, tanto più che molti pezzi a 4 sono ineseguibili e per mancanza del Contralto, e per lo Stile, dovendosi cercare di tutte le cose il decoro del Tem- pio, e le convenienze degli esercenti. Chi fu Censore d’altri alla R. Corte di Parma, e nella Grande Filarmonica di Bologna, mal soffrirebbe, che questo suo umil dono fosse sottoposto al giudi-

85 zio di qualche emulo, e non se ne indovinerebbe il perché. L’esecuzione solo deciderà. La carica orrevolissima, di cui mi vestiste Voi stessi, mi fa sicuro abbastanza della vostra schietta, e libera accettazione, e degno allora mi fece di Vostra Protezione, e fiducia. Che se si trattasse d’un novizio, d’un estra- neo, d’un non vostro addetto, non avuto riguardo al vistoso numero d’Aggre- gazioni, sarebbe forse non inconveniente la cosa. Lascia così l’Offerente post mortem una meschina sua perenne memoria al Capitolo, che tanto venera, seguendo l’uso degli altri Maestri, che ad ogni venti, o trenta anni al più rinnovano l’Archivio. E qui col rispettoso bacio delle sacre mani si dà l’onore di confermarsi con profonda venerazione delle Ss.rie Loro Illustrissime, e Reverendissime umilissimo, devotissimo, ossequentissimo Ser- vidore Gaetano Malagoli Maestro attuale della insigne Cattedrale di Modena

10) 1838 luglio 3: verbale dell’adunanza capitolare (ACMo, Atti capitolari, 1828-1840, p. 349).

Regalia da darsi al Maestro di Capella / Dopo ciò il Sig.r Canonico Gallina- ri in seguito della commissione avuta nell’adunanza del 13 giugno p.p. disse di aver tenuto parola col Maestro Malagoli relativamente alla Musica offer- ta alla Fabbrica, e alla spesa di scritturazione per la formazione delle parti, e di aver potuto conoscere essere questi contento di un regalo di ital. l. 100. Li Sig.ri adunati abbilitarono li Fabbricieri a spedire corrispondente mandato.

11) 1838 luglio 20: Malagoli a uno dei canonici fabbricieri (ACMo, Fabbri- ceria, 205, fasc. Gaetano Malagoli).

Ill.mo, e Rev.mo Signore / “Dum tempus habemus…”: a V.S. Ill.ma, e Rev. ma caldamente raccomando lo scioglimento del mio affaruccio già dal Capi- tolo di questa Cattedrale intrapreso favorevolmente. Mi si prepara un lun- ghissimo, ed attento lavoro. Finchè le giornate mi sono senza intemperie, e alla luce propizie, vorrei impegnarvene. Non l’offendo, se mi raccomando a spingere, com’ella egregiamente [?] conobbe, la ricognizione, mentre trattasi materialmente di carta venale, e di diuturna manualità. Non perciò volentieri e per Dio, e per Lei, e per la Chiesa tutta, volentieri, dissi, mi accingo a quan- to privatamente mi si conviene. Arrossisco; reputo la mia Persona seccante, e son poco contento di me stesso; questo è il motivo per cui la penna ha fatto le mie veci. Ho l’onore preciso di ripetermi, confermarmi con singolar rispetto, e dovuta venerazione / di V.S. Ill.ma, e Rev.ma / Um.mo, Obbl.mo Dev.mo Servidore Gaetano Malagoli il seccatore / Di casa li 20. Luglio 1838.

86 12) In allegato alla precedente.

Promemoria. Secondo il giudizio del Sig.r Bernabei il minimum delle copie musiche, e carta a spese del copista è di centesimi 40 per foglio. Sebbene le Parti cantanti richieggano doppio lavoro, ciò non si considererà; e per mag- giore economia scriveransi gli inni tutti uniti, schivando così lo smarrimen- to di parti volanti, che spesso accade, e coprendo tanti vacui, che resterebbe- ro ad uno ad uno; e saranno posti in libro, come i Salmi. Io dono poi intere le Litanie, la Sequenza di Pasqua di Resurrezione, e qualche Parte d’un Credo. Il resto è di fogli circa 104. NN

B) Angelo Catelani e il Capitolo della cattedrale di Modena (dal 1856: Ca- pitolo metropolitano di Modena)

13) 1848 aprile 10: Catelani ai canonici. Elenca il contenuto dell’archivio della musica, come lo ha trovato prendendo servizio dopo Malagoli (ACMo, Fabbriceria, 205, fasc. Angelo Catelani).

[…] Prego le SS. VV. RR. di osservare 1 che una gran parte della sunnotata musica è pressochè inservibile, sia per vetustà, sia per la quantità e qualità delle voci per cui fu scritta 2 Che non esiste di materiale (compreso il citato all’Art. 1) quanto è indi- spensabile in tutte le solennità e funzioni annuali 3 Che alcune opere interessanti per merito ed antichità sono scomple- te. Fra queste specialmente la Salmodia Vespertina del Gilij mancante dello Spartito e dei libri di Violino 1°, Violino 2°, Contrabasso ed Organo. Le SS. VV. RR. provvedano in quanto saviamente crederanno opportuno. E siccome il detto Archivio è mal custodito dalla imposta e serratura annessa, interesso le prelodate SS. VV. RR. a voler ordinare il risarcimento della prima, e munir la seconda di doppia chiave, una delle quali debba resta- re nella Sagrestia, l’altra presso il Maestro.

14) 1849 maggio 1: Catelani al Capitolo (ACMo, Fabbriceria, 205, fasc. Angelo Catelani) 5.

Promemoria. Al Reverendissimo Capitolo della Cattedrale di Modena / Fino da quando il sotto(scritto) ebbe l’onore di esser essere nominato supplen-

5 La questione, citata anche in Roncaglia, La Cappella, cit., p., 224, non è discussa sugli At- ti capitolari.

87 te all’ora defunto M.° Gaetano Malagoli fu cura sua principale di verifica- re quanto di Musica si contenesse nell’Archivietto dell’Organo, riferendo al Rev.mo Capitolo 1 Che una gran parte della Musica esistente è quasi inservibile per la sua anti- chità, anche riguardo alle voci bianche per cui fu scritta. 2 Che mancano vari pezzi di musica necessari in alcune solennità 3 Che una qualche pregiata composizione antica, degna di esser custodita e conservata, quantunque posta in disuso da gran tempo, è incompleta e come non esistente Per ovviare agl’inconvenienti che provengono dagli articoli 1° e 2° sarebbe necessario che il Rev.mo Capitolo, a norma di quanto si pratica in quasi tutte le Cappelle, incaricasse il Maestro a provvedere l’Archivio di quanto è neces- sario, obbligandolo a comporre espressamente per la Cappella non meno di sei pezzi nuovi ogni anno; i quali pezzi dovrebbero previamente essere deter- minati dal Capitolo e considerati nella proporzione seguente: Ogni Salmo, Inno, Sequenza, Graduale ecc, con Violini, considerato Pezzo 1 Ogni Messa da vivo con Violini e Corni, considerata Pezzi 5 Ogni Messa da morto con solo accompagnam.° d’Organo, considerata Pezzi 4 Id. Id. con Violini e Corni, considerata Pezzi 5 Ogni Assoluzione al Catafalco con o senza Violini, considerata Pezzo 1 In Paradisum e Benedictus con o senza Violini, considerati Pezzi 1 Ogni Te Deum con Violini, considerato Pezzi 2 Ogni Litania della B.V. con Violini, considerata Pezzi 2 Ogni Sinfonia, considerata Pezzo 1 In tal maniera, e in pochi anni, tutta la Musica necessaria annualmente sareb- be rinnovata, ed il servigio sarebbe decoroso e variato, dappoichè non si pro- scriverebbe l’antica musica riconosciuta meritevole e conveniente. Le piccole spese di Copiatura delle parti sarebbero a carico del Capitolo, e l’annua provvisione al Maestro per l’obbligo della Composizione verrebbe fissata dalla saggezza del prelodato Capitolo. Modena 1. Maggio 1849. Ange- lo Catelani M.ro della Cappella del Duomo.

15) 1849 luglio 17: i canonici a Catelani (ACMo, Fabbriceria, 205, fasc. Angelo Catelani).

Modena 17 Luglio 1849. L’Adunanza Capitolare del detto giorno determi- na che la proposta come entro verrà presa in considerazione all’opportunità. Canonico Gaetano Montagnani per Segretario.

88 16) 1854 [marzo] 26: Catelani ai canonici. Chiede un miglioramento nel trattamento economico, per sé e per gli altri «Cantanti, e Suonatori apparte- nenti alla detta Cappella»; qualora l’aumento fosse anche per sè, provvede- rebbe gratuitamente la Cappella di nuove composizioni (ACMo, Fabbrice- ria, 205, fasc. Angelo Catelani).

[…] lo chè acconsentendo benignamente le SS.e VV. Ill.me, e volendo pur comprendere nella economica riforma anche il sottoscritto, si obbliga di scri- vere appositamente o provvedere la Cappella di que’ pezzi di Musica che fos- sero creduti necessarj o gli venissero commessi in determinate circostanze […] Modena 26 [marzo] del 1854

17) 1854 marzo 21 [sic]: verbale dell’adunanza capitolare. (ACMo, Atti capi- tolari, 1851-1859, pp. 175-176; cit. in Roncaglia, La Cappella, cit., p. 225).

[…] la Fabbrica di S. Geminiano si trova così scarsa di mezzi e così aggra- vata di altre spese che per ora non può acconsentire il richiesto miglioramen- to di stipendi.

18) 1865 novembre 5: Catelani al Capitolo. Riporta una richiesta dei musi- cisti di aumento di stipendio, e segnala per parte sue alcune altre problema- tiche della Cappella, tra cui l’arretratezza del repertorio (ACMo, Fabbrice- ria, 205, fasc. Angelo Catelani).

[…] il materiale dell’archivietto corrente è tanto invecchiato e stucchevole per l’uso lunghissimo, da meritare un rinnovamento progressivo e continuato annualmente per opera del Maestro o di chi meglio piacesse […]

19) 1865 novembre 8: il Capitolo a Catelani (ACMo, Fabbriceria, 205, fasc. Angelo Catelani).

Addì 8 novembre 1865. Il Capitolo incarica i Sigg.ri Canonici Fabbricieri a presentargli un prospetto degli Stipendi in corso per i Musici della Cappella, ed un altro delle diverse feste, e funzioni in cui questi intervengono. Can.° D.r Gaetano Ferrari Segr. Cap.

20) 8 novembre 1865: verbale dell’adunanza capitolare (ACMo, Atti capito- lari, 1859-1870, p. 351; cit. in Roncaglia, La Cappella, cit., p. 225).

Successivamente il Sig.r Arciprete legge ad alta voce una lettera del 4 corren- te, colla quale il Sig. Angelo Catelani Maestro di Cappella accompagna una

89 supplica dei Cantori della Cappella stessa […] Aggiunge poi […] che il mate- riale dell’Archivietto della Cappella, oggimai invecchiato e reso stucchevole pel lungo uso, dovrebbe essere rinnovato. I Signori Congregati hanno ricono- sciuto che tutto ciò merita di essere preso in considerazione, e riserbandosi di trattarne in avvenire hanno incaricato […].

21) 1865 dicembre 27: verbale dell’adunanza capitolare (ACMo, Atti capi- tolari, 1859-1870, p. 357-358; cit. da Roncaglia, La Cappella, cit., p. 225).

[…] i signori congregati hanno risolto che una convenevole risposta sia data verbalmente dai Sig.ri canonici Fabbricieri. Essi renderanno persuaso il Sig. Maestro di Cappella che le odierne difficili circostanze, e più poi l’incertez- za dell’avvenire, e l’aumento incessante dei pubblici pesi non permettono al Capitolo di aggravare la Fabbrica di nuovi dispendi.

22) 9 aprile 1866: Catelani al canonico fabbriciere Polacci (ACMo, Fabbri- ceria, 205, fasc. Angelo Catelani).

Ill.mo Sig.r Canonico. / La copiatura delle parti vocali e stromentali de’ Vespri importerà Centesimi 70 per ogni foglio di otto pagine, compresa la carta. È un prezzo giusto ed onesto. Il lavoro poi verrà fatto come si deve, essendo Stri- nasacchi un bravo ed esatto copista. Se crede, può far anticipare al medesi- mo tre o quattro scudi; io farò da controllore e riferirò a suo tempo il nume- ro dei fogli scritti, sino a lavoro compiuto. I libri vecchi per verità non erano più servibili dopo tanti anni di servizio, ed i bisogni della Cappella e del pic- colo archivio non si limitano alla sola rinnovazione dei libri vesperali. Spe- riamo che le sorti economiche del Capitolo non corrano funeste, acciò io pos- sa avere il coraggio di proporre altre e più importanti disposizioni. Ho l’ono- re, Sig. Canonico Ill.mo, di confermarmele [sic] Suo Dev.mo Servo A. Cate- lani / Casa, 9 Aprile 1866.

23) 1866 aprile 11: il Capitolo a Catelani (ACMo, Fabbriceria, 205, fasc. Angelo Catelani) 6.

Addì 11 Aprile 1866. Il Rev.mo Capitolo nell’odierna sessione ha incaricato i S.ri C.ci Fabbricieri ad intendersi col S.r Maestro Catelani, perché sia ese- guita la copiatura de’ nuovi libri musicali; ritenuto che i vecchi da smettersi

6 Nelle adunanze capitolari è trattata lo stesso giorno (ACMo, Atti capitolari, p. 377; cit. in Roncaglia, La Cappella, cit., p. 225).

90 saranno consegnati all’Archivietto musicale del Capitolo. Can. D. G. Ferra- ri Segr. Capitolare.

24) 1869 febbraio 5: Giulia Catelani, sorella di Angelo, al Capitolo (ACMo, Fabbriceria, 205, fasc. Angelo Catelani) 7.

Reverendissimo Capitolo / Per la Cappella Metropolitana, di cui era maestro, il compianto mio fratello Angelo Catelani ebbe a comporre una Messa pasto- rale, per la cui esecuzione furono le partiture [recte: parti] fatte estrarre a spe- se di uno tra i Reverendi Signori Canonici, del quale non saprei indicare il nome. Verificandosi pertanto il caso che due distinti proprietarii avrebbe(ro) l’anzidetta Messa divisa nello spartito e nelle partiture, ho creduto di offeri- re e spedire queste e quello come fo colla presente a codesto Rev.mo Capi- tolo. Pregando di un cortese cenno di ricevimento, ho il pregio rassegnare al Rev.mo Capitolo la mia distinta osservanza. Modena 5. Febbraio 1869 / Giu- lia Catelani.

25) 1869 maggio 22: il Capitolo a Giulia Catelani (ACMo, Fabbriceria, 205, fasc. Angelo Catelani).

22 maggio 1869 / Alla sig.ra Giulia Catelani / Questo Capitolo mi commette di farmi interprete presso la S.V. dei sensi di stima, e gratitudine che Egli pro- fessa alla memoria del compianto di Lei fratello per lo zelo, premura e senno con cui sempre si distinse nel dirigere la Cappella musicale di questa Chiesa Metropolitana, fornendo anche il suo archivio di diversi Inni, e Sequenze, di cui andava privo, con scelta musica. / Rinnova pure il Capitolo la sua ricono- scenza alla S.V. per essersi compiaciuta inviargli in dono lo spartito per mes- sa pastorale intitolata Messa Pisa che fu più volte sentita con pieno aggradi- mento di tutti, e che conserverà sempre a memoria perenne dei distinti meri- ti del benemerito di lei fratello. / Accolga V.S. i sentimenti della mia più pro- fonda stima, e pari considerazione.

7 Sul retro della lettera: «N. 226 / Approvato l’acquisto come ecc.».

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Marco Mazzotti

Nota informativa sui fondi musicali dell’Archivio Capitolare di Faenza

L’azione liturgica costituisce indiscutibilmente l’aspetto più significati- vo e la più solida linea di continuità nella storia delle nostre cattedrali e l’ele- mento musicale è quello che maggiormente la connota. In un convegno vene- ziano del giugno 2014 dedicato al libro religioso antico Mirella Ferrari ha ben rilevato quanto i testi liturgici, e quindi musicali, rappresentino le più auten- tiche espressioni di una comunità e il primo fondamento di una biblioteca ecclesiastica 1. Anche nella Cattedrale faentina è attestata un’attività liturgica e musi- cale millenaria, dal momento che già nel più antico documento conserva- to nell’Archivio Capitolare 2, datato 23 aprile 1045, si dichiara che precipuo compito dei canonici è quello di «servire la chiesa giorno e notte con mattu- tini e messe solenni ed offici vespertini con inni e salmi e cantici spirituali» 3.

1 M. Ferrari, Il valore culturale del libro religioso antico, relazione al convegno “Il libro religioso antico. Esperienze e progetti di conoscenza e valorizzazione”, organizzato dall’As- sociazione Bibliotecari Ecclesiastici Italiani, Venezia 24 giugno 2014 (atti in corso di pub- blicazione). 2 Per una descrizione generale si rimanda a G. Lucchesi, L’Archivio Capitolare di Faenza, «Ravennatensia», III (1972), pp. 611-628; Archivio Capitolare della Cattedrale di Faenza, scheda a cura di M. Mazzotti, in Guida degli Archivi Capitolari d’Italia, vol. I, «Quader- ni di Archiva Ecclesiae», 6 = «Pubblicazioni degli Archivi di Stato. Strumenti», CXLVI, pp. 140-144 (http://www.archivi.beniculturali.it/dga/uploads/documents/Strumenti/Strumenti_ CXLVI.pdf); M. Mazzotti, L’Archivio del Capitolo della Cattedrale di Faenza, in Gli archi- vi capitolari dell’Emilia Romagna. Atti del Convegno di Spezzano, 6 settembre 2000, e di Ravenna, 11 ottobre 2000, a cura di E. Angiolini, Modena 2001, pp. 159-179. Tuttavia, l’u- nico strumento di accesso ancora oggi utilizzabile è l’Inventario rapido dell’Archivio Capi- tolare di Faenza, a cura di G. Lucchesi, quaderno manoscritto, 1969. Esso attribuisce defini- tivamente la segnatura alle unità archivistiche, anche se occorre tenere presente il caso non infrequente di vecchie pubblicazioni che citano segnature anteriori, come pure il nuovo rior- dinamento del 1986 che ha modificato l’assetto topografico dell’Archivio. 3 Archivio Capitolare di Faenza [d’ora in poi abbreviato ACaFa], Pergamene, n. 263, alla data. Il documento, citato anche come carta di Etico dal nome del vescovo pro tempore che la sottoscrive, costituisce una sorta di atto costitutivo dell’archivio medesimo, dal momento che ripercorre sommariamente la fondazione del capitolo faentino dopo che un incendio ave- va distrutto la cattedrale e le «chartulae» ivi contenute. Esso è conosciuto a diverso titolo da tutti gli eruditi faentini, ma manca a tutt’oggi uno studio critico sulle problematiche che esso

93 I fondi musicali della cattedrale faentina sono interamente di natura sacra e la loro formazione risente palesemente delle finalità pratiche dell’ani- mazione liturgica. Per semplicità esplicativa si possono in questa sede ricon- durre a tre generici ambiti cronologici e tipologici di raggruppamento: medie- vale, rinascimentale-barocco ed otto-novecentesco. Esiste, inoltre, un mode- sto nucleo di materiale musicale prodotto nella seconda metà del XX seco- lo, espressione delle innovazioni liturgiche introdotte dal Concilio Vaticano II, ancora disseminato in diversi luoghi e privo di qualsiasi descrizione. Ne consegue, pertanto, una tipologia documentaria assai eterogenea, che spazia dai corposi codici medievali alle effimere realizzazioni ciclostilate novecen- tesche e che, unitamente all’evoluzione costante dei gusti e delle prassi litur- gico-musicali, ha ostacolato all’interno della Cattedrale faentina il tramandar- si ed il sedimentarsi delle conoscenze e di una specifica tradizione musico- logica, finendo piuttosto col favorire discontinuità gestionali, tanto che anco- ra oggi si stenta a riconoscere gli eventi distruttivi e dispersivi, le operazio- ni inventariali e descrittive e molti altri elementi utili al fine della redazione di una storia musicale globale della Cattedrale faentina che ancora manca 4. In questa sede ci si limiterà ad una presentazione sommaria dei tre nuclei sopra accennati, prestando maggiore attenzione ai primi due, che, peraltro, sono i più conosciuti e quelli che conferiscono maggiore notorietà alla Biblio- teca Capitolare di Faenza. Il nucleo medievale comprende in primo luogo tre antifonari notturni appositamente commissionati per la cattedrale faentina nei primi anni del XIV secolo e che devono la loro celebrità all’apparato iconografico minia-

sottende. Fra le diverse edizioni e trascrizioni si cita la più recente in M. Mazzotti, Le perga- mene dell’Archivio Capitolare di Faenza dalle origini alla metà del secolo XII, tesi di laurea, Università degli Studi di Bologna, rel. prof. R. Ferrara, a.a. 1989-1990, vol. 2, pp. 1-11. Il te- sto originale è il seguente: «Et pro his omnibus datis remunerationibus constituit ipsos super- scriptos .XXX. canonicos die noctuque deservire eidem supradicte æcclesie cum matutinali- bus et missarum sollempniis et vespertinis officiis cum ymnis et psalmis et canticis spiritua- libus». Analoghe dichiarazioni si leggono pure in altre pergamene coeve. 4 Una prima occasione di riflessione su queste problematiche fu costituita dalla mostra “Li- bri liturgici manoscritti e a stampa”, svoltasi a Faenza dal 6 al 27 settembre 1981, e dall’o- monimo catalogo, a cura di A.R. Gentilini, A. Savioli, M.G. Tavoni, Faenza 1981. Tale mo- stra consisteva in una selezione dei più significativi testi liturgici dal XIV al XIX secolo pos- seduti dalle tre biblioteche di conservazione cittadine, ovvero la Comunale, la Capitolare e la “Cicognani” del Seminario e si trattò di un’esperienza pionieristica sotto diversi punti di vi- sta, fra cui un innovativo approccio al libro liturgico, e quindi musicale, in un periodo in cui non godeva ancora di quella attenzione che ricevette in seguito.

94 to dal giottesco Neri da Rimini 5. Essi sono stati descritti, studiati ed esibiti in numerosi censimenti, pubblicazioni e mostre fino agli anni più recenti 6, ma rimangono pressoché ignorati per quanto concerne l’aspetto liturgico e musi- cale, anche se più volte sono stati oggetto di attenzione da parte di speciali- sti del settore 7. Poi ancora si segnala un graduale in cinque parti (del tempo e dei santi) della metà del XV secolo, anch’esso conosciuto pressoché esclusi- vamente per l’apparato decorativo 8, tre salteri ed innari 9, un antifonario diur- no 10, un lezionario al cui interno è rilegato il più antico calendario liturgico faentino pervenutoci 11 e un rituale che definisce pure alcuni riti processiona- li locali 12, anch’essi del XV secolo. Tutti i corali sopra accennati mantengo- no un’integrale o sostanziale originalità nelle legature, anche se nel corso dei

5 ACaFa, Libri corali nn. 4 (già 10), 5, 6 (già 11). Il secondo antifonario è privo della nume- razione primitiva, dal momento che venne alienato fra la fine del XIX e gli inizi del XX se- colo, successivamente acquistato da Leo Olschki, poi divenuto proprietà demaniale e riuni- to agli altri due. 6 Per limitarsi agli ultimi casi, si citerà solamente Faenza. La Basilica Cattedrale, a cura di A. Savioli, Firenze 1988, pp. 188-192; Neri da Rimini: il Trecento riminese tra pittura e scrittura, catalogo della mostra tenutasi a Rimini nel 1995, Milano 1995, parte introdutti- va e pp. 98-119; F. Lollini, Antifonario, scheda descrittiva in Corali miniati di Faenza, Ba- gnacavallo e Cotignola: tesori dalla Diocesi, catalogo della mostra tenutasi a Bagnacaval- lo nel 2000, a cura di F. Lollini, Faenza 2000, pp. 171-173; I manoscritti datati della Clas- sense e delle altre biblioteche della provincia di Ravenna, a cura di M.G. Baldini, Firenze 2004, pp. 67-68; A. Tambini, Storia delle arti figurative a Faenza: vol. 2: Il Gotico, Faenza 2007, pp. 259-315. 7 Tutti i libri corali della Cattedrale faentina sono stati esaminati da Giacomo Baroffio, con relativo inserimento nella banca dati “Iter liturgicum italicum” al sito http://www.hymnos. sardegna.it/iter. 8 ACaFa, Libri corali nn. 9 (già 16), 10 (già 14), 11 (già 17), 12 (già 15), 13 (già 12). Per questi e per i codici successivi si veda A. Tambini, Un’introduzione ai corali quattrocente- schi del Duomo di Faenza, in Corali miniati di Faenza, cit., pp. 93-106, 179-183 e Idem, Sto- ria delle arti figurative a Faenza: vol. 3: Il Rinascimento: pittura, miniatura, artigianato, Fa- enza 2009, pp. 131-200. 9 ACaFa, Libri corali nn. 1 (già 9), 2 (già 4), 3 (già 6). 10 ACaFa, Libri corali n. 7 (già 8). 11 ACaFa, Libri corali n. 8 (già 2). Sul direttorio liturgico si veda F. Lanzoni, Il più anti- co calendario ecclesiastico faentino, «Bollettino diocesano di Faenza», 1914, pp. 34-38, 55- 57, 106-108, 121-124, 141-143, 154-158, 170-172; rist. in F. Lanzoni, Storia ecclesiastica e agiografia faentina dal XI al XV secolo, a cura di G. Lucchesi, Città del Vaticano 1969, «Stu- di e testi» 252, pp. 391-412. 12 ACaFa, libri corali n. 14 (già 1) Si veda R. Domenicali, La tradizione musicale e liturgica della Cattedrale di Faenza durante i secoli XIII e XIV secondo il codice 1 dell’Archivio Ca- pitolare, tesi di laurea, Università degli Studi di Bologna, a.a. 1974-1975; P. Genovese, Un

95 secoli vi sono stati effettuati diversi interventi conservativi ed alcune versa- no in precarie condizioni. Presso la Biblioteca Capitolare è pure depositato un codice del XV seco- lo proveniente dall’Archivio del Collegio dei Parroci Urbani di Faenza e con- tenente le liturgie funebri in suffragio dei benefattori, in buona parte musica- te 13. L’usura delle carte denota un uso selettivo di alcune parti del medesimo, anche se si riscontra come l’attenzione sia stata prevalentemente rivolta alle liste dei nominativi dei benefattori (divise per parrocchie) mentre non risul- ta che il manoscritto sia mai stato studiato sotto l’aspetto codicologico e litur- gico musicale. I corali capitolari, ad eccezione di quello proveniente dal Collegio dei Parroci che ne presenta una propria 14, recano una segnatura numerica ripor- tata in piccole etichette. Essa non pare che superi la cifra «17», si riscontra pure in tre volumi musicali a stampa del XVII secolo 15 e venne verosimilmen- te applicata in tempi successivi all’alienazione del secondo antifonario minia- to da Neri da Rimini, dal momento che quel codice ne è privo 16. Tale sistema di segnatura viene spesso confuso con quello più recente, attribuito sul finire degli anni Sessanta del XX secolo dal bibliotecario mons. Giovanni Lucche- si in occasione del riordino dei materiali documentari della Cattedrale faenti- na e sanzionato nell’inventario contestualmente redatto. Nel complesso il numero dei manoscritti musicali medievali pervenutici pare alquanto esiguo rispetto a quello che verosimilmente dovette contrasse- gnare l’antica dotazione liturgica e musicale della Cattedrale faentina, anche se già un raffronto con l’antico inventario del 1444-1448 17, che ne elenca relativamente pochi, induce a supporre che essa sia stata dissolta in tempi pre- cedenti. E qui si ripropone il quesito sulle ragioni per cui a Faenza, a dispetto processionario dell’Archivio Capitolare di Faenza, tesi di laurea, Università degli Studi di Pavia, rel. prof. F.F. Minetti, a.a. 1987-1988. 13 Una sommaria descrizione di questo piccolo ma importante ed ancora poco conosciuto ar- chivio è fornita da M. Mazzotti, Notizie sul Collegio dei parroci Urbani di Faenza e il suo archivio, in Realtà archivistiche a confronto: le associazioni dei Parroci Urbani, a cura di G. Zacchè, Modena 2011, pp. 121-130. In essa il codice dei benefattori è solamente accennato. 14 N. 52. La numerazione afferisce ad un’inventariazione generica dei materiali di quell’Ar- chivio. 15 Precisamente un Psalterium Romanum del 1621 (n. 3), un altro Psalterium del 1642 (n. 7) e una raccolta di Hymni sacri Breviarii Romani del 1652 (n. 13). 16 Vedi nota n. 5. 17 E. Bonzi, L’inventario del 1444-1448 della Cattedrale faentina, «Ravennatensia», VI (1977), pp. 83-104 = Studi sulla Cattedrale di Faenza nel V centenario della fondazione, «I quaderni della Cattedrale di Faenza», 5 (1977), stessa numerazione di pagine.

96 dell’importante e notevole attivismo religioso e culturale, si siano conservati pochissimi testi integri di età medievale e, al contempo, numerosi frammen- ti, anche musicali 18. Un contrasto che induce ad ipotizzare una serie di consa- pevoli alienazioni e di eventi dispersivi, per il momento solo ipotetici e come tali ancora tutti da verificare, quantificare e studiare. Il fondo musicale rinascimentale e barocco è intimamente connesso all’attività della cappella musicale, erede della «schola» medievale ed attesta- ta a partire dalla fine del XV secolo e che coincide con il periodo di maggiore vitalità liturgica e musicale della Cattedrale faentina 19. Si tratta di un’ottanti- na di gruppi di partiture e volumi prevalentemente a stampa, contenenti opere del repertorio della musica sacra cinquecentesca e barocca. Tuttavia il calcolo del posseduto rimane alquanto approssimativo, sia perché manca un conteg- gio attendibile di tutti i fascicoli, sia perché non vi sono compresi i libri litur- gici con parti musicali, tradizionalmente esclusi dal fondo musicale ed anco- ra oggi privi di catalogazione di qualsiasi tipo. Dal punto di vista contenutistico si ritrovano molti importanti nomi del panorama compositivo coevo, come Adorno bresciano, Paolo Alberghi, Gio- vanni Matteo Asola, Giovanni Battista Bassani, Angelo Berardi, Caterino Bianchi, Giovanni Ambrogio Bissone, Giovanni Bonachelli, Antonio Brunel- li, Tullio Cima, Orazio Colombani, , Florido de Silve- stri, Massimiano Emiliani, Marzio Erculeo, Stefano Fabri, Giovanni Battista Falcidio, Francesco Foggia, Andrea Gabrieli, Giulio Cesare Gabussi, Camillo Giovannotti, Giovanni Guidetti, Tommaso Antonio Ingegneri, Paolo Isnardi,

18 Presso la Biblioteca Capitolare i frammenti musicali sono scarsi, anche se non mancano due grossi fogli con parti in notazione neumatica, provenienti da un lezionario verosimilmen- te attribuibile all’XI secolo (nei piatti interni della legatura del libro corale n. 12, già 15). A Faenza, il nucleo più considerevole di frammenti di manoscritti di epoca medievale, anche musicali, è conservato presso la Biblioteca Comunale ed in gran parte sembrano provenire da legature e coperte dei registri dell’antico archivio notarile. Numerosi frammenti pergame- nacei si rinvengono anche in registri conservati presso la Sezione di Archivio di Stato di Fa- enza, soprattutto nei fondi delle congregazioni religiose soppresse e delle antiche istituzio- ni assistenziali. 19 Manca ancora una ricerca scientifica e completa sulla cappella musicale della Cattedrale faentina, anche se si dispone di diversi studi che utilizzano fonti archivistiche, fra cui R. Bri- ghi, La cappella musicale del duomo di Faenza, tesi di laurea, Università degli Studi di Bo- logna, rel. prof. G. Vecchi, a.a. 1968-1969, 3 volumi, e D. Tampieri, Giovanni Battista Spa- da e Tomaso Fabri: fonti e testimonianze di musica strumentale nella Cattedrale di Faenza tra la fine del Cinquecento e l’inizio del Seicento, in La cappella musicale nell’Italia della Controriforma, atti del convegno di studi tenuto a Cento il 13-15 ottobre 1989, a cura di O. Mischiati e P. Russo, Città di Castello 1993 («Centro studi Girolamo Baruffaldi. Documen- ti e studi», 8), pp. 279-301.

97 Orlando di Lasso, Paolo Magri, Tiburtio Massaino, Claudio Merulo, Dome- nico Micheli, Giovanni Pier Luigi da Palestrina, Dominique Phinot, Cristo- foro Piochi, Costanzo Porta, Vincenzo Pozzo, Bartolomeo Ratti, , Vincenzo Ruffo, Costante Ruggieri, Giovanni Felice Santi, Orazio Tar- diti, Orazio Tigrini, Elia Vannini, Ludovico Viadana, Sisto Visconte, Camillo Zanotti. Non mancano, poi, capolavori della tipografia musicale cinquecen- tesca, quali il Liber quindecim missarum di autori fiamminghi edito nel 1516 da Andrea Antico, rivale del più celebre Ottaviano Petrucci, il Missarum liber secundus di Cristoforo Morale stampato a Roma da Valerio Dorico nel 1544 e le Sex missae suavissimis modulationibus di Jacobo de Kerle pubblicate nel 1562 a Venezia da Antonio Gardano. Il fondo musicale rinascimentale e barocco sembra avere goduto all’in- terno della Cattedrale di una particolare attenzione e tradizione descrittiva. I primi inventari conosciuti risalgono al 6 dicembre 1639 e 10 giugno 1659 20. Pur nella loro genericità consentono di impostare una sommaria verifica dei materiali esistenti in quel periodo e successivamente dispersi ed una prima indagine sulle modalità di trasferimento delle partiture dal Capitolo al mae- stro di cappella o fra gli stessi maestri, molto importanti per la ricostruzione della tradizione musicologica faentina. Un repertorio archivistico del 1698, redatto in duplice copia, segnala che la «musica e di lei libri diversi di can- to fermo e figurato» è collocata all’interno dei «cancelli A e B» dell’armadio che allora ospitava l’archivio 21. Tale notizia pare molto significativa, nel sen- so che dimostra come i materiali musicali venissero già a quel tempo consi- derati alla stregua di quelli archivistici, quanto meno dal punto di vista della collocazione fisica, e conferma che fu proprio da “contaminazioni” di questo tipo che in enti ecclesiastici di antica attività come la cattedrale faentina si consolidò nel corso del tempo un’unica prassi gestionale che ha fatto in modo che entrasse in uso indifferentemente la denominazione di Biblioteca o di Archivio Capitolare. Successiva a tale data è l’attribuzione di un ordinamento numerico semplice e progressivo, che pare concludersi al «77». Al momen- to non si è in grado di collocare cronologicamente tale intervento e, soprattut- to, di appurare se la segnatura numerica sia stata assegnata a tutte le partiture in un’unica tranche o se essa sia stata conferita in diversi momenti. Non aiu- tano a dirimere i dubbi le sigle numeriche che si riscontrano all’interno delle

20 1639, 6 dicembre. Inventario delli libri di musica della Catedrale di Faenza e Adì 10 giu- gno 1659. Inventario di tutte l’opere in musicha della Catedrale di Faenza, fatto alla presen- za del signor canonico Leoni camerlengo, di don Iulio Cesare Biandrà et del molto reveren- do padre don Constante camaldolense novo maestro di capella di detta Chiesa Cathedrale, AcaFa, “Busta con inventari delle musiche”, B7,a. 21 AaCaFa nn. 192 e 193, alla lettera “M”.

98 partiture, in quanto paiono di diversa mano ed epoca. Certo è che tale segna- tura numerica fu ripresa in diversi “cataloghi” a schede, di cui non si riesce ancora a conoscere i nominativi dei redattori ed i rapporti di dipendenza l’u- no dall’altro 22, e riportata nel dorso delle carpette in cartone entro cui le par- titure sono ancora oggi conservate 23. Tale numerazione mantiene ancora piena validità, essendo stata recepi- ta nei repertori specializzati e in numerose pubblicazioni. Infatti, le musiche capitolari faentine sono descritte a vario titolo in tutti i principali strumenti informativi, come ad esempio quello avviato da Claudio Sartori 24, il RISM 25, o la guida dell’Istituto di Bibliografia Musicale di Roma 26, mentre un elen- co sommario è proposto da Ernst Hilmar in un contributo del 1971 27 ed altri dati sono forniti in un breve saggio di Anna Rosa Gentilini del 1988 28. Da tali repertori i dati relativi alle musiche capitolari sono stati in tempi recenti river- sati nei grandi cataloghi nazionali “Sbn Musica” ed “Edit XVI”, seppure con descrizioni a livello minimo trattandosi di dati non riscontrati sugli esempla- ri originali. Numerosi i musicologi che hanno consultato le partiture capitolari per ricerche su autori specifici, come ad esempio Wolfgang Boetticher che visi- tò l’archivio negli anni Cinquanta del XX secolo, verosimilmente in occa- sione dello studio su Orlando di Lasso 29, ed indicò le edizioni più rare o non comprese nel vecchio repertorio di Robert Eitner 30. Oppure, in tempi più vici-

22 AcaFa, “Busta con inventari delle musiche”, B7. 23 La numerazione presente nei dorsi delle carpette di cartone a prima vista pare identica a quella che identifica i libri corali, ma in realtà si tratta di due serie numeriche separate. Il cri- terio differenziante è la presenza, a destra dei numeri della serie dei corali, di un semplice puntino nero. 24 http://www.urfm.braidense.it. 25 http://www.rism.info e https://opac.rism.info/metaopac. 26 Guida alle biblioteche e agli archivi musicali italiani con la relativa bibliografia musico- logica, a cura di G. Rostirolla con la collaborazione di L. Luciani, Roma 2004, pp. 246-247. 27 E. Hilmar, Die Musikdrucke im Dom von Faenza, in Simbolae Historiae Musicae. Hellmut Federhofer zum 60. Geburtstag überreicht von Freunden, Kollegen und Schülern, Mainz 1971, pp. 68-80. 28 A.R. Gentilini, Fondi musicali nell’Archivio Capitolare, in Faenza. La Basilica Catte- drale, cit., pp. 196-206. 29 W. Boetticher, Orlando di Lasso und seine Zeit, 1532-1594. Repertoire-Untersuchungen zur Musik der Spätrenaissance, Kassel und Basel, 1958. 30 R. Eitner, Biographisch-Bibliographisches Quellen-Lexikon (1900-1905), Leipzig 1900- 1905.

99 ni, Mary Lewis in fase di ricerca per il censimento delle opere dei Gardano 31. Infatti, le partiture del Capitolare, alcune delle quali risultano esemplari uni- ci, supportano con sempre maggiore frequenza gli studiosi nella ricostruzio- ne di quel particolare “puzzle musicologico” cinque-secentesco, completan- do censimenti specifici e permettendo la ricomposizione integrale di opere i cui fascicoli superstiti risultano disseminati in biblioteche diverse, soprattut- to quando si ricercano peculiarità bibliologiche, quali varianti, lettere dedica- torie e altri elementi editoriali. Al momento non si dispone ancora di sufficienti elementi per appurare l’ampiezza delle dispersioni, sicuramente ingenti perché molte partiture sono incomplete e già alla fine del XIX secolo alcune di esse versavano in preca- rio stato di conservazione, palese indizio di una generale incuria e dell’affer- marsi di nuovi gusti musicali. Per questa ragione è facile comprendere perché abbiano forse goduto più attenzione i testi liturgici a stampa tradizionalmente intesi (quali antifonari, salteri, innari, ecc.), dal momento che essi, a differen- za delle partiture che maggiormente risentivano dei gusti musicali, venivano utilizzati senza soluzione di continuità nel corso di diversi secoli e come tali non confluirono nel fondo musicale, rimanendo piuttosto nelle disponibilità dei mansionari e dei sacerdoti addetti all’animazione liturgica 32. Anche nella Cattedrale di Faenza i fondi musicali presentano forti impli- cazioni archivistiche. Ci si riferisce in primo luogo ad uno specifico “tessuto relazionale” che si scopre in svariate serie documentarie dell’Archivio Capi- tolare – quali ad esempio gli atti capitolari, i registri delle mansionerie e di altre contabilità, gli inventari ed altro ancora - per quanto attiene a nomine, contratti, pagamenti, richieste, lavori, e tutti quegli elementi che contribuisco- no a meglio ricostruire la vita musicale 33. In realtà la cappella musicale faentina deve essere ancora studiata sot- to una molteplicità di punti di vista. Del resto ogni partitura serba una storia a se stante, ma tutte insieme contribuiscono a delineare un contesto musica- le ben più ampio. Basti pensare all’usura delle carte (alcune pressoché logore mentre altre sono quasi intonse), che si configura come privilegiato elemento indicatore dei gusti musicali seguiti, tradendo fra l’altro una preferenza ver- so autori che paiono più legati alla Cappella musicale bolognese di S. Petro- nio. Come pure viene spontaneo interrogarsi sulla presenza e/o sull’assenza

31 M.S. Lewis, Antonio Gardano, Venetian music printer, 1538-1569: a descriptive bibliog- raphy and historical study, 3 volumi, New York – London 1988-2005. 32 In questo senso è illuminante un Catalogo dei libri corali di questa insigne Cattedrale di Faenza compilato l’anno di nostra redenzione 1892 da me don Pompeo Perroni capocoro, AcaFa, “Busta con inventari delle musiche”, B7,d. 33 Vedi nota 19.

100 di certi autori e su cosa implichino le note di possesso presenti nei frontespizi delle partiture in termini di tradizione musicale e culturale. In tal senso non si può omettere un accenno alla solida presenza musicale camaldolese all’inter- no della Cattedrale faentina, dal momento che a tale congregazione monasti- ca appartennero diversi maestri di cappella, quali Gabriele Fattorini, Costante Ruggieri, Orazio Tarditi 34. Una presenza peraltro riscontrabile anche nei pas- saggi di partiture da un religioso all’altro e nel fatto che in Cattedrale si trova un Pontificale Romano del 1640, recante una nota di provenienza dal mona- stero camaldolese di S. Ippolito, verosimilmente lasciato in Duomo dal Tar- diti o dal Ruggeri anche se non ve ne era alcuna necessità, esistendone già diversi esemplari a corredo delle cerimonie episcopali. Il ruolo dei camaldo- lesi richiama, peraltro, una più ampia e seria indagine sulla cultura musicale all’interno della “rete” dei conventi e delle accademie cittadine, che per Faen- za non risulta sia ancora stata effettuata. Il terzo nucleo in cui si può convenzionalmente dividere il fondo musica- le capitolare è quello delle partiture otto-novecentesche. Anche in questo caso si tratta di musiche manoscritte e a stampa e si trovano raccolte in 13 grandi buste ed in ordine sparso entro un armadietto. Si tratta di materiali assai ete- rogenei, che testimoniano l’evoluzione della pratica liturgica nella Cattedrale faentina dai primi decenni del XIX secolo fino ai primi decenni del successi- vo. Un periodo durante il quale i gusti musicali subirono profonde variazioni e in cui la parte esecutiva passò dalla vecchia cappella musicale al gruppo dei mansionari ed altre formazioni di sacerdoti, cantori ed artisti esterni. Si trat- ta della parte forse meno studiata della storia musicale del Duomo faentino e come tale in grado di fornire diversi spunti di ricerca ancora inediti, come ad esempio la ricezione del repertorio dei precedenti compositori e maestri di cappella, l’affermazione di nuovi autori e tecniche espressive e il rapporto fra compositori locali e i grandi movimenti di indirizzo della musica sacra, come ad esempio il Cecilianesimo. L’utilizzo di queste musiche fino a tempi relati- vamente recenti pare averne ostacolato un’inventariazione anche approssima- tiva e a scopi eminentemente pratici pare doversi ricondurre la compilazio- ne di liste sommarie risalenti grosso modo agli inizi del XX secolo ed appli-

34 Sui compositori camaldolesi si rimanda agli studi di D. Torelli, Orazio Tarditi ed i com- positori della Congregazione Camaldolese, in Atti del XIII Convegno internazionale sul- la musica italiana nei secoli XVII-XVIII (Brescia, 18-20 luglio 2005), a cura di A. Col- zani, A. Luppi, M. Padoan, Como 2008 («Contributi musicologici del Centro Ricerche dell’A.M.I.S, Como», 17 - «Barocco Padano», 5), pp. 125-176, anche in http://www.acade- mia.edu/2285436; Idem, «Quel celebre Professore di musica»: cultura musicale e musicisti camaldolesi nella prima età moderna, Atti del convegno “L’Ordine Camaldolese in età mo- derna e contemporanea”, Camaldoli 29 maggio - 2 giugno 2013, in corso di pubblicazione.

101 cate nei dorsi delle 13 buste di cartone 35. Queste liste censiscono 127 posi- zioni, che descrivono materiali fra loro assai eterogenei, dalla partitura anti- ca manoscritta, alla musica organistica, a periodici di musica sacra degli ulti- mi anni del XIX secolo. Gli autori sono i più svariati, quali ad esempio Anto- nio Bisoni, Paolo e Francesco Alberghi, Angelo Giuseppe Pettinati, Giacomo Valvassori, Gaetano Gajani, Girolamo Barbieri, Antonio e Giuseppe Cico- gnani e molti altri, anche anonimi. Tuttavia l’ordinamento originario è sta- to pesantemente alterato ed incrementato da un intervento di riordino esegui- to in diverse fasi a partire dai primi anni Sessanta dalla studiosa california- na Gloria Eive. Tale intervento mirava ad un catalogo cumulativo della musi- ca capitolare, intento perseguito nel medesimo periodo anche da musicolo- gi locali quali Ino Savini (1904-1995) e padre Albino Varotti (1925), rima- sto di fatto incompiuto anche se le classificazioni introdotte dalla Eive sem- brano essere state recepite nel “Catalogo nazionale dei manoscritti musicali” avviato dal Sartori e confluito presso la Biblioteca Braidense di Milano 36. Dai censimenti e dalle descrizioni sopra accennate restano esclusi altri materia- li manoscritti e a stampa che si trovavano fino a pochi anni addietro in ordine sparso in diversi luoghi della Cattedrale. Le precedenti erano solo alcune parziali “coordinate” relative ai fondi musicali della Cattedrale di Faenza, ma che si ritengono sufficienti per sugge- rire la complessità di una tradizione millenaria ancora in gran parte da studia- re e da conoscere, ma che sicuramente costituisce una delle più significative espressioni di fede vissuta nella Chiesa faentina.

35 In alcuni casi, sotto la numerazione attuale delle buste cartonate, se ne legge una preceden- te con cifre comprese fra «50» e «60», probabile residuo di un ordinamento anteriore, anche se, stando alla tipologia dei numeri, di poco precedente. 36 http://www.urfm.braidense.it/cataloghi/catalogomss.php.

102 Alessandra Chiarelli

L’archivio musicale di San Petronio in Bologna: cenni di studio e valorizzazione

Un discorso completo, sia pure sintetico, sul prezioso patrimonio con- servato nell’Archivio Musicale della Basilica di San Petronio e sulla storica Cappella Musicale – per la quale esso è in gran parte prodotto – richiederebbe una destinazione più ampia e specifica, mentre non è possibile comprimerlo nello spazio riservato in questa sede più generale, dove si può solo dare una traccia rapida. Pertanto ci si limita a pochi cenni indispensabili tratti dai mol- ti e perspicui studi condotti nel tempo, già assai noti, e si riferiscono in breve, a mo’ di esempi, solo alcuni casi di maggiore interesse, tratti dai risultati più recenti forse non ancora ampiamente conosciuti, inserendo appena un accen- no a qualche indizio ancora da investigare.

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Il prezioso fondo conservato nell’Archivio Musicale di S. Petronio è frutto della ininterrotta produzione della storica Cappella Musicale che dal- la metà del Quattrocento ha annoverato maestri ed esecutori tra i più accredi- tati nel tempo 1. Come è noto, la basilica è nata come chiesa della popolazione bologne- se, legata al Comune e con gestione autonoma: fin dall’origine il Primicerio e il capitolo erano affiancati da laici, tutti nobili o cittadini eminenti, che costi- tuivano la Fabbriceria e per i quali la cultura e la musica furono sempre tra le prime cure. Infatti una Schola di grammatica e musica per i chierici viene isti- tuita a seguito di una bolla di papa Eugenio IV data da Bologna il 4 ottobre 1436; dopo circa un secolo l’organico è ormai stabile e all’altezza della poli- fonia coeva. È pure noto che tra il 1471 e il 1475 la basilica viene dotata di un organo, di Lorenzo da Prato, che risponde alle più alte esigenze della pro-

1 Per la storia della Cappella Musicale si rinvia soprattutto a Osvaldo Gambassi, La Cappel- la musicale di S. Petronio: maestri, organisti, cantori e strumentisti dal 1436 al 1920, Firen- ze, Olschki, 1987. Una successiva utilissima traccia, pur se molto rapida e sintetica, delle in- formazioni fondamentali sulla Cappella stessa si trova in Oscar Mischiati, La Cappella mu- sicale e il suo Archivio, in La basilica di San Petronio in Bologna, testi di vari, Bologna, Fon- dazione Cassa di Risparmio in Bologna, 2003 (seconda edizione), II, pp. 323-330. Da questi testi, salvo diverso avviso, sono tratti i pochi dati essenziali su storia e vicende della Cappel- la, riportati in questa sede.

103 duzione organistica e della tecnica organaria coeva, per le dimensioni di ven- ti piedi, per i dieci registri e per la serie completa di cinquantuno canne nel- le due facciate. Nel 1596 si aggiunge il secondo organo costruito da Baldas- sarre Malamini da Cento, di sedici piedi, con cinquanta note e registri carat- terizzati dalla presenza di tre flauti. Alla costruzione degli strumenti contri- buirono anche artigiani di ottimo livello, per le strutture lignee, per le pittu- re delle portelle e per altre decorazioni. A metà Seicento i due strumenti furo- no collocati all’altezza della sesta e ultima campata, il più antico a destra e il più recente a sinistra. Entrambi rimaneggiati nel tempo – ad opera di organa- ri famosi come i Cipri, i Colonna, i Traeri, i Gatti – nel 1986 hanno subito un restauro accurato e storicamente documentato da parte della ditta Tamburini 2.

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L’Archivio Musicale: breve traccia dei nuclei e delle fasi di formazione

Il profilo dell’attività e della produzione della Cappella è attestato dalla ricchissima documentazione nell’Archivio Storico di S. Petronio 3, ma anche dal costante deposito delle musiche via via composte o aggregate per la Cap- pella stessa, conservato appunto nell’Archivio Musicale 4. Sono manoscrit- ti ed edizioni, in prevalenza di musica sacra ma talvolta contenenti composi- zioni profane vocali e strumentali, per lo più cantate o sonate da camera, oltre a qualche . Coprono un arco cronologico dal XVI al XIX secolo con alcuni pezzi ancora più antichi: nel complesso, circa 3000 titoli tra manoscrit- ti e stampe, contenenti opere dei maestri e di musicisti della Cappella – in particolare dei più grandi come Giovanni Spataro, Andrea Rota e poi Mauri- zio Cazzati, Giovanni Paolo Colonna, Domenico Gabrielli, Giacomo Anto- nio Perti, – e di esterni di fama – come Pierre Cadeac, Pierre

2 Per un profilo esauriente sui due organi (costruzione, struttura, caratteristiche e contesto dell’arte organistica e della tecnica organaria coeve) si vedano Oscar Mischiati – Luigi Fer- dinando Tagliavini, Gli organi, in La Basilica di San Petronio cit., pp. 313-322; ma soprat- tutto Oscar Mischiati – Luigi Ferdinando Tagliavini, Gli organi della Basilica di San Pe- tronio in Bologna, revisione e aggiornamenti di Mario Fanti, Luigi Ferdinando Tagliavini, Lieuwe Tamminga, Bologna, Patron, 2013. 3 Sull’Archivio generale si veda soprattutto Mario Fanti, L’Archivio della Fabbriceria di San Petronio in Bologna. Inventario, Bologna, Costa, 2008. 4 Per un profilo su consistenza e formazione dell’Archivio Musicale, basti rinviare a Oscar Mischiati, L’archivio musicale della Basilica di San Petronio a Bologna - nota informativa, in Vanitatis fuga, aeternitatis amor. Wolfgang Witzenmann zum 65.Geburtstag, «Analecta Musicologica», 2005, pp. 105-112.

104 Certon, Claude Goudimel, Cristóbal de Morales, Giovanni Pierluigi da Pale- strina, Orazio Vecchi – tutti esponenti di spicco della produzione soprattutto del Cinque e Seicento. La massima parte del patrimonio è già molto nota: una dovizia di studi, pubblicati o inediti (questi, costituiti in buona parte da tesi dottorali soprattutto straniere), è stata prodotta nel tempo sui più importanti tra i compositori qui attestati 5. Se la musica conservata in San Petronio riflette puntualmente, nel tem- po, la produzione e l’attività della Cappella, la formazione della raccolta si deve non solo al deposito diretto di tale attività, ma soprattutto a donazioni, lasciti e acquisti dei compositori e dei loro eredi 6. Insomma, anche se la Fab- briceria pagava l’allestimento e la copia delle musiche necessarie alle esecu- zioni 7, esse restavano in possesso dell’autore che poi ne disponeva il deposi- to assieme a diversa produzione propria o di altri 8. A questi lasciti si aggiun- gono altre acquisizioni, sempre in connessione diretta o indiretta con l’attivi- tà della cappella o con i suoi maestri. Per una breve traccia almeno delle aggregazioni più importanti, si comin- cia dal lascito di Giovanni Spataro, in base al testamento del 27 luglio 1527 (confermato a più riprese fino al 1540) 9: comprende almeno sette libri cora- li polifonici identificabili con quelli numerati I-Bsp 10, A XXI, XXIX, XXXI, XXXVIII, XLV, XLVI 11. Segue quello di del 1678: si trat-

5 Si darà conto, ai luoghi opportuni, dei testi essenziali rispetto singoli temi o argomenti qui accennati. 6 Oscar Mischiati, L’archivio musicale della Basilica di San Petronio cit., pp. 105-106. 7 Ivi, p. 105, nota 3, si ricorda che almeno una parte dei corali polifonici fu allestita a spese della Fabbriceria e fece parte dell’archivio almeno dal 1558, data del primo inventario stori- co conservato: Assignatio librorum cantus D. Jo: Francisco Milioli magistro Capelle Eccle- sie S. Petronij Die 29 novembris 1558, Archivio della Fabbriceria di San Petronio (d’ora in poi AFSP, secondo la sigla usualmente utilizzata), busta 414, fasc. 27 a. 8 Ivi, p. 106, nota 4, si sottolinea che la lacuna più incisiva riguarda il lascito di Giovanni Pa- olo Colonna, come si dirà successivamente. 9 Oscar Mischiati, L’archivio musicale cit., p. 106, nota 5 rinvia a Lodovico Frati, Per la storia della musica in Bologna dal secolo XV al XVI – nuovi documenti, in «Rivista musica- le italiana», 24, 1917, pp. 449-478, in particolare 459 segg. e 464-467. 10 Sigla con la quale si indica l’Archivio Musicale di San Petronio, secondo il Répertoire In- ternational des Sources Musicales (RISM); poiché le fonti citate nel presente testo sono qua- si esclusivamente di questo archivio, la sigla viene data solo qui, una volta per tutte, e si in- dicano ai luoghi opportuni soltanto le localizzazioni diverse, sempre secondo la sigla RISM. 11 Ivi, p. 106, nota 6, si rinvia a Frank Tirro, Renaissance Musical Sources in the Archive of San Petronio in Bologna, I: Giovanni Spataro’s Choirbooks, Neuhausen-Stuttgart, Ameri- can Institute of Musicology, 1986, (Renaissance Manuscript Studies 4), che però non consi- dera A XXI, come peraltro fa Nanie Bridgman, Manuscrits de musique polyphonique XVe et

105 ta di dodici libri corrispondenti alle collocazioni attuali C I, II/VI, III, V, IX, XI/XII, XIII, XIV/XV, XVIII (le coppie contraddistinguono le composizioni a doppio coro) 12. Le due aggregazioni aprono e chiudono, con poche eccezio- ni, il deposito nel tempo dei libri corali polifonici oggi nell’Archivio Musica- le e comprendenti molte composizioni anonime, oltre a produzione di maestri come Andrea Rota, Girolamo Giacobbi, Francesco Milani e altri anche ester- ni, ai quali si darà cenno successivamente. Riguardo le aggregazioni posteriori, sembra mancare in massima parte il lascito di Giovanni Paolo Colonna: non sono pervenute le parti delle com- posizioni in stile concertato conservate in partitura a Tenbury, St. Michael’s College (oggi in deposito a Oxford, Bodleian Library) e soprattutto a Vien- na, Österreichische Nationalbibliothek (queste ultime fatte copiare dall’impe- ratore Leopoldo I) 13. Del compositore resta altra musica a Modena e Londra: nell’insieme, una testimonianza quasi completa della sua abbondante produ- zione. Con i lasciti di Giacomo Antonio Perti e Giuseppe Maria Carretti si for- ma la maggior parte della sezione attuale di fonti dal Sei fino al pieno Sette- cento (collocata in un nucleo omogeneo e conservato compatto, ordinato per lettera – iniziale dell’autore – e numero); il primo perviene con il testamen- to di Perti del 1759 14, il secondo in base al testamento di Carretti del 1774 15.

XVIe siècles – Italie, München, in Répertoire International des Sources Musicales (RISM), serie B IV, vol. 5, Kassel, Bärenreiter, 1991, pp. 77-87. 12 Oscar Mischiati, L’archivio musicale cit., p. 106 e nota 7; i libri sono elencati nell’Inventa- rio de libri di musica per servitio della Chiesa di San Petronio consegnati al Sig: Gio: Paolo Colonna moderno mastro di capella di detta, adi 21 giugno 1679, conservato in AFSP, busta 414, fasc. 27 f. Inoltre Oscar Mischiati, L’archivio musicale cit., p. 106, nota 7 cita Id., Cazzati, in Dizionario Biografico degli Italiani, Roma, Istituto della Enciclopedia italiana,vol. 23, 1979, pp. 174-179 dove già aveva supposto l’identificazione di questi codici con quelli del lascito. 13 Oscar Mischiati, L’archivio musicale cit., p. 106 e nota 4 (ibidem, si rinvia a Oscar Mi- schiati, Colonna, in Dizionario biografico degli Italiani, cit. vol. 27, 1982, pp. 245-253. 14 Oscar Mischiati, L’archivio musicale cit., p. 106 e nota 8; cfr. AFSP, busta 412, fasc. 4 g e busta 414, fasc. 28: Indice de manoscritti e libri stampati di musica parte lasciati per testa- mento del fu Giacomo Antonio Perti maestro di capella della chiesa di San Petronio e parte di proprietà della R.da Fabrica che servivano anticamente e che in parte servono presente- mente alle occorrenze, compilato nel 1765 da Giuseppe Maria Carretti. 15 Oscar Mischiati, L’archivio musicale cit., p. 107 e nota 9; cfr. AFSP, busta 29, Libro degli Atti XI (1773-82) cc. 37 (delibera del 29 luglio 1774) e i vari inventari conservati in AFSP, bu- sta 414 cit, fasc. 30 ae, in particolare l’ultimo: Indice delle composizioni musicali lasciate per testamento dal Sig. D. Giuseppe Carretti alla R.da Fabrica di San Petronio servibili per detta chiesa, compilato da Valerio Tesei, 16 dicembre 1774; inoltre anche AFSP, busta 412, fasc. 4 h.

106 Nel 1794 entra il lascito di Valerio Tesei 16 e nel 1817 quello di Giovan- ni Andrea Callisto Zanotti 17 (musiche del tardo Settecento e primo Ottocento, ora collocate in un nucleo omogeneo in sé ma a parte rispetto la sezione pre- cedente, a mo’ di sua Appendice). Nel corso dell’Ottocento seguono successive aggregazioni: l’acquisto delle composizioni di Stefano Antonio Sarti nel 1848 18; nel 1911 il dono, da parte degli eredi, del lascito di Tommaso Marchesi 19. Altri ingressi sono meno omogenei: si acquista parte del lascito di Giuseppe Pilotti, proposto dagli eredi nel 1864 (la Fabbriceria volle la sola musica sacra e recuperò la spesa mediante la cessione alla biblioteca del Liceo Musicale di 56 edizioni a stampa, promossa da Gaetano Gaspari nel 1865-6) 20; nel 1889 si acquistano

16 Oscar Mischiati, L’archivio musicale cit., p. 107 e nota 10; cfr. le varie delibere e memo- rie che attestano i rapporti intercorsi tra il Tesei e la Fabbriceria: AFSP, busta 31, Libri degli Atti XIII (1793-1802) cc. 29v-30 (delibera del 9 dicembre 1794), nonché le memorie del Te- sei in AFSP, busta 59 (Posizioni relative agli Atti anni 1793-1805) n. 30 (letta nella predet- ta seduta) e n. 63 (3 nov. 1796), copia identica in AFSP, busta 414, fasc. 32, con il contiguo fasc. 31 Inventario delle composizioni musicali fatte da diversi autori e che esistono nell’ar- chivio presso il Sig. Maestro di Capella della chiesa di S. Petronio di ragione della Rev. Fabrica datato 1794. Oscar Mischiati, ibidem ricorda che il memoriale è edito in Osvaldo Gambassi, La cappella musicale di S. Petronio cit., pp. 504 segg., senza data e senza alcu- na relazione al contesto; Oscar Mischiati, ibidem, ricorda pure le proprie riserve in merito. Sempre Id., ibidem rinvia, per le musiche donate o composte dal Tesei, all’elenco da lui re- datto il 21 marzo 1796 (presa di consegna 8 giugno 1805) in AFSP, busta 414, n. 33. 17 Oscar Mischiati, L’archivio musicale cit., p. 107 e nota 11; cfr. AFSP, busta 34: Libro de- gli Atti XV (1817-1821) pp. 121 segg. (seduta 13 nov. 1817); e la corrispondente posizione AFSP, busta 61 (anni 1817-1818) n. 131 (4 nov 1817); inoltre elenco in AFSP, busta 60 (an- ni 1804-1816) nn. 192-193. 18 Oscar Mischiati, L’archivio musicale cit., p. 107 e nota 12; cfr. AFSP, busta 40, Libro de- gli Atti XXI (1842-1844) parte 3 (Gran capella) pp. 44 seg. (seduta 13 nov. 1844); e la cor- rispondente posizione AFSP, busta 68 (anni 1842-1844) n. 267; AFSP, busta 42, Libro degli Atti XXIII (1848-1850) parte 1, pp. 45 segg. (seduta 7 giu. 1848); e la corrispondente posi- zione AFSP, busta 70 (anni 1841-1850) n. 27. 19 Oscar Mischiati, L’archivio musicale cit., p. 107 e nota 13; cfr. l’offerta da parte di Augu- sto Flandoli che menziona Marchesi come “bisavolo materno”, lettera del 30 mag. 1911, pro- tocollata nello stesso anno (AFSP, busta 91) al n. 82 e conservata in AFSP, busta 83 assieme alla risposta di accettazione della Fabbriceria del 12 gen. 1912 (prot. n. 10) a seguito di delibe- ra nella seduta del 26 luglio 1911 AFSP, busta 48, Libro degli atti XXIX (1902-1921) p. 238. 20 Oscar Mischiati, L’archivio musicale cit., pp. 107-108 e note 14 e 15; le due vicende sono attestate in AFSP. Per l’acquisto: busta 46, Libro degli Atti XXVII (1861-1881) pp. 86 (se- duta 30 mar. 1864), 89 seg. (1 giu.), 92 seg. (6 lug.), 97 (3 genn. 1865), 108 (5 apr.), 111seg. (12 apr.) e 115 (13 giu.); e la corrispondente posizione busta 75 (anni 1861-1865) n. 143. Per la cessione di edizioni antiche al Liceo Musicale, che finanzia la spesa dell’acquisto: bu- sta 46, Libro degli Atti XXVII cit., pp. 108 e 111seg. (sedute citate), nonché pp. 128 (13 dic.

107 le composizioni di Francesco Roncagli e di altri autori 21. Tutte queste musi- che dall’Otto al Novecento sono ora collocate in un nuovo Fondo Moderno solo da poco dotato di un inventario topografico.

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Le fonti conservate nell’Archivio musicale: uno sguardo veloce

Si è detto che l’archivio musicale di San Petronio è notissimo ai musi- cologi, grazie alle composizioni di autori tra i più accreditati nel tempo. Però attualmente dispone, oltre che degli inventari storici, solo del vecchio catalo- go a stampa del primi del Novecento 22, non ancora della completa cataloga- zione musicale in linea secondo gli standards aggiornati e previsti dalle rego- le nazionali; tale catalogazione aggiornata rientra in un progetto di valorizza- zione, cui si darà cenno in questa sede. La parte di massimo interesse rientra nel catalogo a stampa e consta della produzione dei maestri o di altri compositori, legata all’attività della cappella e ascrivibile ad un arco cronologico dal XVI al primo XIX secolo. Le acqui- sizioni tarde, come già indicato, comprendono materiali dei secoli XIX e pri- mo XX, non compresi nel catalogo a stampa e a lungo privi persino dell’in- ventariazione topografica. Per dare un rapido conto, basti riferire a grandi linee la natura, le catego- rie prevalenti – evidentemente correlate alle fasi di formazione già viste sopra – e i dati eminenti, accennando in breve al contesto coevo 23 e a poche fonti specifiche, selezionate secondo i criteri indicati in premessa 24.

1865), 130 (3 genn. 1866), 133 seg. (17 genn.) e 140 (7 mar.) e la corrispondente posizione busta 76 (anni 1866-1870) n. 210. 21 Oscar Mischiati, L’archivio musicale cit., p. 108, nota 15; cfr. AFSP, busta 47, Libro de- gli Atti XXVIII (1882-1901) pp. 170 (seduta 18 mag. 1889) e 174 (27 giu.). 22 Alfredo Bonora, Emilio Giani, Catalogo delle opere musicali teoriche e pratiche di auto- ri vissuti sino ai primi decenni del secolo 19., esistenti nelle biblioteche e negli archivi pub- blici e privati d’Italia. Città di Bologna: Biblioteca della R. Accademia Filarmonica, Biblio- teca privata Ambrosini, Archivio e museo della Basilica di S. Petronio, Parma, Officina Gra- fica Fresching, [1939?] (Associazione dei musicologi italiani). 23 Per quanto verrà riferito in relazione al contesto di storia e attività della cappella, si rin- via alla nota 1. Oltre alla bibliografia ivi riportata, merita un cenno il rapidissimo ma effica- ce excursus di Piero Mioli, Mill’anni di musica sacra a Bologna, http://www.tomoquarto.it/ notizie/argomenti/millanni-di-musica-sacra-bologna/, visitato il 23 settembre 2014. 24 Di questi pochi esempi si danno qui necessariamente solo la citazione breve e pochi dati significativi, rinviando per ogni dettaglio e per un’analisi efficace alla bibliografia via via in- dicata per i singoli autori o per le fonti specifiche.

108 La produzione dei secoli dal XVI al primo XIX si articola in vari nuclei: libri corali polifonici dei secoli dal XVI al XVIII, manoscritti del Sei e Set- tecento, manoscritti del tardo sec. XVIII e del primo XIX, edizioni dei seco- li dal XVI al XVIII.

I libri corali polifonici, una cinquantina, sono per lo più manoscritti ma anche a stampa, ascrivibili in prevalenza al Cinquecento (di altri, riconduci- bili ai secc. XVII e XVIII, si dirà oltre) e contenenti musica sacra di compo- sitori famosi e di noti maestri di cappella in San Petronio (come soprattut- to Andrea Rota e Giovanni Spataro, ma anche molti altri di fama) che istrui- scono e guidano cantori in un numero da sette nel 1512 a trentatre nel 1598. Nel corso del Cinquecento i maestri sono scelti tra i più accreditati del tempo, come Giovanni Spataro, Domenico Maria Ferrabosco, Nicolò Mantovano, Gianfrancesco Melioli, Bartolomeo Spontoni, Andrea Rota 25, alcuni ancora attestati nell’Archivio Musicale. Dunque, grazie a un organico e a maestri di tutto rispetto, la produzione di e per la cappella può accogliere influenze esterne (soprattutto veneziane e lombarde) che orientano decisamente le scelte musicali, come l’uso dei cori battenti (qui introdotto con significativa frequenza soprattutto da Andrea Rota nel secondo Cinquecento) e lo stile concertato di matrice lombarda (dagli ini- zi del Seicento, in particolare con Girolamo Giacobbi). Tra le fonti di maggiore interesse, non si può tacere di alcuni mottetti anonimi ma attribuiti a Giovanni Spataro, maestro dal 1512 al 1540 (avendo come organista il borgognone Ogerio) e primo di grande fama in San Petro- nio, in carica nel 1530 quando nella basilica si svolge la cerimonia di inco- ronazione di Carlo V, per la quale ai cantori imperiali e pontifici dovette aggiungersi anche la Cappella petroniana. I mottetti sono Gaude Maria Vir- go, 4 Voci (fig.1) e Nativitatis tua 5 / 6 Voci, entrambi un in un codice del sec. XVI, segnato A XLV. Come si è già detto, il codice fa parte del lascito Spataro, assieme agli altri (pure già menzionati) A XXIX, A XXXI, A XXXVIII, A XLVI, in buo- na parte dovuti alla mano del maestro e contenenti composizioni anonime 26. Tra gli altri compositori identificati in queste fonti si trovano contrappuntisti

25 Per questi cenni cfr. note 1 e 23. 26 Per questi cenni su Spataro basti New Grove Dictionary of Music and Musicians, London, Macmillan, 2001, alla voce, vol. 24, pp. 160-162. Per le informazioni relative alle fonti del lascito si rinvia alle note 9 e 11.

109 Figura 1 [Giovanni Spataro], Gaude Maria Virgo, 4 Voci, libro corale ms., sec. XVI (Archi- vio Musicale di San Petronio [d’ora in poi I-Bsp], A XLV) oltremontani di fama come ad es. Josquin Després, Clément Janequin, Pierre de La Rue, Jean Mouton, Jean Richafort, Philippe Verdelot 27. Alla morte di Andrea Rota attivo nella cappella dal 1583 al 1596, la com- pagine contava una trentina di cantanti, tre trombonisti, un cornettista, un vio- linista e due organisti (di fama: Ottavio Vernizzi e Giovanni Battista Mecchi): infatti, nel 1596 viene costruito l’organo Malamini. Con il maestro il doppio coro diventa una caratteristica costante del repertorio di San Petronio 28. La produzione di Rota si trova nell’Archivio musicale tra i libri corali sotto le collocazioni R XIX e R XX (per un esempio cfr. fig. 2) e tra la musica a stam- pa in parti alle collocazioni 201-203. Tra i libri corali polifonici del Cinquecento spiccano alcune edizioni di pregio che contengono composizioni sacre di autori esterni, tra i più noti del tempo, come Pierre Cadeac, Pierre Certon, Claude Goudimel, Jean Maillard, Cristóbal de Morales, Giovanni Pierluigi da Palestrina, Tomàs Luìs da Vic- toria.

27 Per queste poche notizie basti Census-Catalogue of Manuscript Sources of Polyphonic Music 1400-1550, Neuhausen-Stuttgart, American Institute of Musicology, Hänssler Verlag, 1979-1988, 5 vol., (Renaissance Manuscript Studies), vol. 1, pp. 83-85 e vol. 4, pp. 283-286. 28 Per questi cenni basti Oscar Mischiati, La Cappella musicale e il suo Archivio cit., II, p. 324.

110 Tra queste vanno citate almeno alcu- ne. Un’edizione, con la segnatura LIX, priva di frontespizio ma con attribuzio- ne a Palestrina in testa alla prima pagina di musica, si può probabilmente riferire alle Messe a 4-5-6 Voci libro I, in base al colophon: Impressum Romae apud Valerium Doricum et Aloysium fratres Anno Domini 1554 (figg. 3 e 4). Anco- ra Ioannis Petraloisii Praenestini Mis- sarum Liber Tertius, Romae apud Hae- redes Valerij et Louisii Doricorum Fra- trum, 1570, segnatura LX (fig. 5) mostra frontespizio, colophon e capilettere con una ricca decorazione che sottolinea il pregio tipografico (come peraltro nell’e- dizione precedente). Del pari alcune pre- Figura 2 Andrea Rota, Messe a 4,5 e 6 giate edizioni francesi del 1558, di auto- voci da capella del Rota, libro corale ms., sec. XVI (I-Bsp, R XIX) ri vari, sono esempio di una produzione esterna di altissimo livello aggregata alla cappella petroniana. Bastino Missae tres a Claudio de Sermisy, Ioanne Mail- lard, Claudio Goudimel cum quatuor vocibus conditae, Lutetiae, apud Adria- num Le Roy et Robertum Ballard, Regis Typographos, 1558 (fig. 6), (segnatu- ra non più presente sul testo, in corso l’ordinamento), dove di nuovo la deco- razione sottolinea il pregio tipografico. Lo stesso in altre fonti a stampa come Magnificat omnitonum cum quatuor vocibus Christophori Moralis Hispani Aliorumque Excellentium Virorum…, Venetijs apud Antonium Gardanum, 1562 (fig. 7) (segnatura non più presente sul testo, in corso l’ordinamento). Dei libri corali polifonici, alcuni sono del Sei e Settecento, contenenti pro- duzione di compositori in San Petronio come Girolamo Giacobbi, Francesco Milani, Maurizio Cazzati, Giuseppe Maria Carretti. Come si è detto, soprattutto dai primi anni del Seicento, allo stile “osser- vato” (fedele alla salda perizia del contrappunto) si va affiancando sempre più incisivamente lo stile concertato, peculiare per cantabilità, ricchezza timbri- ca ottenuta anche con efficaci interventi strumentali e un impianto struttura- le mirato ad effetti sonori di sontuosa efficacia in rapporto ai vasti spazi della basilica (si andrà affermando soprattutto l’impiego delle trombe). Con Girolamo Giacobbi, che fu maestro dal 1604 alla morte nel 1628, la pratica del doppio coro e l’uso degli strumenti furono potenziati, tanto che l’organico vocale della sua produzione liturgica (quella conservata in San

111 Figura 3 Giovanni Pierluigi da Figura 4 Giovanni Pierluigi da Pale- Palestrina, [Messe a 4-5-6 Voci strina, [Messe a 4-5-6 Voci libro I], libro I], Impressum Romae apud Impressum Romae apud Valerium Dori- Valerium Doricum et Aloysium fra- cum et Aloysium fratres Anno Domi- tres Anno Domini 1554, libro corale: ni 1554, libro corale: colophon in fine prima pagina di musica recante l’at- (I-Bsp, LIX) tribuzione a Palestrina (I-Bsp, LIX) Petronio consta di due libri corali manoscritti alle collocazioni [G] VIII e G XXXV e di musica a stampa in parti, nella sezione specifica, alle collocazioni 115-118) si amplia incisivamente, accompagnato dai due organi e da altri stru- menti, tra i quali due corni e alcuni tromboni. Dei due corali manoscritti basta accennare a Hymnorum Liber ([G] VIII) in cui il frontespizio reca in basso a destra l’attribuzione: del Giacobbi; Messe A Quattro Voci Di Girolamo Gia- cobbi M[aest]ro di Capella nella insigne Collegiata Chiesa dj S. Petronio Di Bologna Alli Illustriss.mi Signori Presidenti e Fabricieri (G XXXV). In vari codici la dedica è completata dall’elenco di tutti i fabbricieri in carica, elemento importante per la ricostruzione del contesto coevo, a più livelli. Così ad esempio in quelli di composizioni di Maurizio Cazzati. Mae- stro dal 1657 al 1670, apre il periodo che costituirà l’apice della produzio- ne e dell’attività della Cappella, innovandone la struttura (licenzia tutti i 45 elementi per riassumere solo quelli giudicati idonei) e mirando soprattutto a potenziare la pratica della musica concertata 29. Dal suo lascito del 1678, già

29 Per questi cenni al periodo tra Giacobbi e Cazzati si rinvia alle note 1 e 23.

112 Figura 5 Giovanni Pierluigi da Figura 6 Claudin de Sermisy, Jean Palestrina, Ioannis Petraloisii Pra- Maillard, Claude Goudimel, Mis- enestini Missarum Liber Tertius [a sae tres a Claudio de Sermisy, Ioan- 4-5-6 Voci], Romae apud Haeredes ne Maillard, Claudio Goudimel cum Valerij et Louisii Doricorum Fra- quatuor vocibus conditae, Lutetiae, trum, 1570, libro corale (I-Bsp, LX) apud Adrianum Le Roy et Robertum Ballard, Regis Typographos, 1558, libro corale (I-Bsp, segnatura non sopra menzionato, provengono i cora- presente, B) li manoscritti corrispondenti alle col- locazioni attuali C I, II/VI, III, V, IX, XI/XII, XIII, XIV/XV, XVIII tutti di sue musiche 30; oltre a questi si trova musica a stampa in parti, nella sezione specifica, alle collocazioni 41-51. A mo’ di esempio basti accennare al Libro Per le Domeniche dell’Anno Di Mes- sa Inni e Magnificat. Di Mauritio Cazzati Mastro di Capella dell’Insigne Col- legiata di S. Petronio. Dedicato Agl’Ill.mi Signori Presidente e Fabriceri (C III), recante a c. 2r l’elenco dei dedicatari: Innocenzo Facchinetti, Giovan- ni Lodovico Bovio, Carlo Luigi Scappi, Filippo Carlo Ghisilieri, Francesco Angelelli, Giovanni Zambeccari.

I manoscritti del Sei e pieno Settecento constano complessivamente di 154 buste in partiture e parti, contenenti opere di maestri o membri della cap-

30 Per una sintetica ma efficace informazione relativa alle musiche di Cazzati in San Petronio basti Oscar Mischiati, La Cappella musicale e il suo Archivio cit., II, p. 326.

113 pella, come soprattutto Giuseppe Maria Carretti, Giovanni Paolo Colonna, Petro- nio Franceschini, Domenico Gabrielli, , Giacomo Antonio Perti, Giuseppe Jacchini, Giuseppe Torel- li. Infatti il grande impulso e l’alto livel- lo che Cazzati genera nella produzione e attività della Cappella sono portati a estre- ma perfezione dai suoi successori, soprat- tutto Giovanni Paolo Colonna e Giacomo Antonio Perti, compositori di fama ben oltre i confini bolognesi per un impegno a tutto campo nelle diverse forme di pro- duzione sacra e profana. Cresce l’impiego di strumenti, peraltro favorito fin dal pri- mo Seicento, soprattutto con l’aggiunta di Figura 7 Cristóbal de Morales, oboi e trombe. Nel periodo corrisponden- Magnificat omnitonum cum quatuor te alla guida di Perti, malgrado momen- vocibus Christophori Moralis Hispani ti di crisi (come soprattutto fra il 1696 e Aliorumque Excellentium Virorum…, Venetijs, apud Antonium Gardanum, il 1701), l’organico conta almeno venti- 1562, libro corale (I-Bsp, segnatura quattro elementi, con qualche oscillazio- non presente) ne in più o in meno, ma le principali feste religiose (soprattutto quella del Patrono) contano anche su musicisti assunti per l’occasione, tanto che il coro e l’orche- stra possono giungere fino a circa centocinquanta elementi 31. Giovanni Paolo Colonna fu, tra l’altro, esponente di spicco della pro- duzione coeva di cantate e oratori, a Bologna ma non solo. Basta accennare alle cantate profane per la corte dei Medici e agli oratori destinati a Modena dove, per iniziativa del duca Francesco II d’Este, furono promosse esecuzioni dal 1680 al 1694 32. Si è già detto come le sue fonti conservate nell’Archivio

31 Per questi e altri cenni al contesto coevo si rinvia di nuovo a note 1 e 23. 32 È utile ricordare che anche a Modena si trovano in buon numero cantate e oratori di Colon- na. Il suo più importante oratorio modenese Mosè, legato di Dio e liberator del popolo ebreo è del 1686 e se ne trova una fonte in Modena, Biblioteca Estense Universitaria (d’ora in poi I-MOe secondo la sigla RISM), Mus. F. 299. Inoltre alcune delle sue cantate sono contenute, assieme ad altre di vari, in un notissimo manoscritto, decorato da splendidi disegni del bolo- gnese Carlo Buffagnotti, in I-MOe, Mus. C. 312. A c. 1v Angelo Catelani dichiara il mano- scritto come donato da Colonna al duca Francesco II d’Este e menziona al riguardo una let- tera del compositore a un ministro ducale, datata 21 sett. 1689, rinviando per questa in modo

114 musicale attestino solo parte della sua produzione; molta musica sacra resta comunque in San Petronio (collocata alle segnature C 55-56, oltre a musiche a stampa in parti, nella sezione specifica, alle segnature 20, 60-69) dove fu maestro dal 1674 alla morte nel 1695. Si tratta di messe, mottetti, antifone e salmi per vespri, composizioni per le feste dell’anno, in gran parte forse per- venuti tramite il lascito di Perti 33, articolati in varie sezioni, con una sinfonia introduttiva e ritornelli strumentali intercalati. Nell’insieme Colonna utiliz- za un vivace contrappunto assieme al virtuosismo delle parti solistiche voca- li e contribuisce allo sviluppo dello stile concertato (per un esempio ben noto, si rinvia alla fig. 13 relativa alle edizioni a stampa). Ricorre anche al doppio coro e alle trombe, caratteristiche ormai costanti nel repertorio in San Petro- nio e adatte alla sonorità della basilica 34. Di Giacomo Antonio Perti, maestro a San Petronio dal 1696 al 1755 (poco prima della morte nel 1756), si è detto che lascia alla basilica con testamento del 1759 buona parte dei materiali oggi conservati in questa sezione dei mano- scritti dal Sei al pieno Settecento, musica propria e di altri. Anche Perti scrive per ogni forma e genere, come attestano fonti conservate in varie biblioteche: cantate e musiche da camera (molte anche in San Petronio) sono composte in

generico all’Archivio di Stato di Modena. Le composizioni musicali, su carta, si alternano al- le illustrazioni di Buffagnotti, su pergamena. 33 Francesco Lora, Giacomo Antonio Perti: il lascito di un perfezionista. Aspetti della per- sonalità per una nuova ipotesi sull’entità numerica e quantitativa delle opere, in Un anno per tre Filarmonici di rango. Perti, Martini e Mozart. Un principe, un “definitore” e un fuoriclas- se da celebrare nel 2006, Atti del convegno, Bologna, Accademia Filarmonica, 3-4 novem- bre 2006, a cura di Piero Mioli, Bologna, Patron, 2008, pp. 47-76, in particolare pp. 61-62. 34 Per questi cenni su Colonna bastino: Dizionario Enciclopedico Universale della Musica e dei Musicisti, Le biografie, vol. II, Torino, Unione Tipografico Editrice Torinese, 1987, pp. 293-296 (in cui l’autore Carlo Vitali affianca alla completa ricognizione sulla bibliografia del tempo l’arricchimento di dati tratti dalla visione diretta delle fonti); New Grove Dictiona- ry of Music and Musicians cit., vol. 6, pp. 153-154. Per una sintetica ma perspicua informa- zione relativa alle fonti e al contesto in San Petronio bastino Oscar Mischiati, La Cappella musicale e il suo Archivio cit., II, pp. 325-326 e in parte Francesco Lora, Giacomo Antonio Perti: il lascito di un perfezionista cit., p. 52-58. Importantissimi contributi sono costituiti da Marc Vanscheeuwijck, De religieuze Musikproduktie in de San Petronio-Kerk te Bologna ten Tijde van Giovanni Paolo Colonna (1674-1695). Een onderzoek naar culturele, histori- sche, liturgiche en muzikale aspekten uit de bolognese hoog-barok, 2 v., stampa da PC con CD allegato, diss. Rijksuniversiteit Gent, relatore prof. F.J. De Hen; Id.The cappella musica- le of San Petronio in Bologna under Giovanni Paolo Colonna (1674-95). History, organiza- tion, répertoire, Brussels - , Brepols, 2003.

115 parte per Aurora Sanseverino 35 o per Leopoldo I d’Asburgo (dedicatario del- le Cantate morali e spirituali a una, et a due voci, con violini e senza… opera prima, stampate a Bologna da Giacomo Monti nel 1688); la produzione di ora- tori è data soprattutto ma non solo a Bologna; i drammi in musica a Venezia, Bologna e altre scene teatrali, in particolare Firenze o meglio la Villa Medicea di Pratolino. La sua musica in San Petronio (corrispondente alle collocazioni P 1-61, oltre ad attribuzioni tra gli anonimi alle collocazioni A 8, 11-14; si tro- vano infine edizioni a stampa in parti, nella sezione specifica, alle collocazio- ni 188-189), stimata da coevi e posteri come il meglio dell’attività bologne- se del tempo, è abbondantissima e molto varia: soprattutto Kyrie e Gloria con pochi Credo separati, antifone, inni, Magnificat, mottetti, musica strumentale destinata alla liturgia, parecchi versetti separati che indicano l’uso di adattare le messe a diverse occasioni di vario livello e fasto; tutta in manoscritti in par- te di sua mano, in parte corretti di sua mano 36. Tra tutto questo materiale, già ampiamente percorso da studi ben noti, va dato cenno almeno ad alcune fonti, oggetto da poco tempo di altre analisi. Dei mottetti, studiati di recente soprattutto da Francesco Lora 37, si men- zionano in breve quelli composti per il genetliaco di Cosimo III de’ Medi- ci ed eseguiti il 14 agosto dal 1704 al 1709, nel Santuario della Santissima Annunziata. Le celebrazioni – volute dal figlio di Cosimo, Ferdinando III, presso il quale Perti fu introdotto grazie a Francesco De Castris, responsabile

35 Va ricordato almeno Ausilia Magaudda - Danilo Costantini, Aurora Sanseverino (1669- 1726) e la sua attività di committente musicale nel Regno di Napoli. Con notizie inedite sulla napoletana congregazione dei Sette Dolori, in Giacomo Francesco Milano e il ruolo dell’a- ristocrazia nel patrocinio delle attività musicali nel secolo XVIII. Atti del Convegno Inter- nazionale di Studi (Polistena - San Giorgio Morgeto, 12-14 ottobre 1999), a cura di Gaetano Pitarresi, Reggio Calabria, Laruffa, 2001, pp. 297-415. 36 Per questi cenni bastino: Dizionario Enciclopedico Universale della Musica e dei Musi- cisti, Le biografie cit. vol. V, pp. 655-658 (anche qui Carlo Vitali unisce preziosi dati trat- ti da ricognizioni dirette); New Grove Dictionary of Music and Musicians cit., vol. 19, pp. 464-466. 37 Francesco Lora, I mottetti di Giacomo Antonio Perti per Ferdinando de’ Medici principe di Toscana. Ricognizione, cronologia e critica delle fonti, tesi di laurea, Università di Bolo- gna, a.a. 2005-2006; Id., Mottetti grossi di Perti per le chiese di Bologna, in Giacomo Anto- nio Perti, numero monografico di «Rassegna storica crevalcorese», 4, dicembre 2006, pp. 27- 58; Giacomo Antonio Perti, Integrale della musica sacra per Ferdinando de’ Medici prin- cipe di Toscana… (Firenze 1704-1709), introduzione ed edizione critica a cura di Francesco Lora, Bologna, Ut Orpheus, 2 vol, 2010-2011 (Tesori musicali emiliani, 2-3). Sui mottetti pertiani cfr. anche Giacomo Antonio Perti, Five-voice Motets for the Assumption of the Vir- gin Mary, a cura di Rodolfo Zitellini, Madison, A-R Editions, 2007 (Recent Researches in the Music of the Baroque Era, 147).

116 dei drammi per musica nel teatro della Villa Medicea di Pratolino 38 – sono di grandissimo fasto, concepite anche come vigilia della festività mariana del 15 agosto. L’incarico di comporre anno per anno il mottetto celebrativo fu affi- dato a Perti da Ferdinando dopo il rifiuto del compositore al ruolo di suo mae- stro di cappella 39. Sono composti secondo un modello esportato dall’espe- rienza bolognese di Perti (prevalentemente con due brani corali – nella pro- duzione per Firenze, spesso con sinfonia introduttiva – che aprono e chiudo- no una serie di più brani solistici, qui spesso fino a tre o quattro); l’organico è per Voci, oboe o tromba, archi, basso continuo e organo 40. Si tratta di 41: Gau- deamus omnes, 1704, P 14.23 (partitura autografa – idiografa e parti); Date melos date honores, 1705, P 13.9 (partitura autografa – idiografa e parti); Cantate laeta carmina, 1706, P 14.22 (partitura autografa – idiografa e par- ti) e P 16 (parti staccate); Cessate mortis funera, 1707, P 16.1 (partitura auto- grafa – idiografa); Canite cives, 1708, P 15.4 (partitura autografa – idiografa e parti); Alleluia (in testa: In Nomine Domini; cfr. figg. 8-9), 1709, P 16.2 ma rinvenuto in P 17 (partitura autografa); per questa esecuzione è documentato l’oboista Ludwig Erdmann, di grande abilità e appena assunto dai Medici 42. Oltre ai mottetti, altre composizioni di genere sacro furono prodotte per Firenze 43: La lingua profetica del Taumaturgo di Paola, oratorio, 2 aprile 1700, A 11.1 44 (partitura apografa, adespota); Benedictus a 8 e a 5 Voci, Chie-

38 Francesco Lora, Introduzione a Giacomo Antonio Perti, Integrale della musica sacra per Ferdinando de’ Medici cit., vol. I, pp. V-XVIII, in particolare V. Come è noto, anche Per- ti mise in musica (oggi perduta) drammi per Pratolino, sottoposti a una recente ricognizio- ne con nuovi risultati sempre da Francesco Lora, I drammi per musica di Giacomo Anto- nio Perti per il Teatro della Villa Medicea di Pratolino (1700-01;1707-10), tesi di dottorato, relatore interno Paolo Cecchi, relatore esterno Francesco Giuntini, Università di Bologna, 2012; Francesco Lora, Introduzione cit., p. VII, ne indica – ove possibile – le date esatte, in base agli studi condotti. Sullo stesso argomento si veda almeno Marcello de Angelis, Il te- atro di Pratolino tra Scarlatti e Perti: il carteggio di G. A. Perti con il principe Ferdinan- do de’ Medici (1705–1719), in «Nuova Rivista Musicale Italiana», XXI, 1987, pp. 606-40. 39 Francesco Lora, Introduzione cit., pp. V-VI. 40 Ivi, p. V. 41 Un elenco breve, a mo’ di anticipazione della sua analisi su ogni singola composizione, è dato ivi, p. VII, con citazione delle fonti: come si è detto, le esecuzioni si tennero sempre il 14 agosto nel Santuario della Santissima Annunziata, negli anni via via successivi dal 1704 al 1709. Si avverte che la collocazione citata da Lora non corrisponde sempre alla posizio- ne riscontrata nella recente ricognizione inventariale e pure qui indicata (se diversa) accan- to all’altra. 42 Francesco Lora, Introduzione cit., p. X. 43 Elenco, attribuzioni e localizzazioni ivi, p. VII. 44 Già confermata in questa posizione, ma recentemente risultata irreperibile alla medesima.

117 Figura 8 Giacomo Antonio Perti, Alleluia, mottetto, 8 Voci e strumenti, partitura ms., sec. XVII: prima pagina di musica, recante l’invocazione In nomine Domini (I-Bsp, P. 16 ma rinvenuto in P. 17)

Figura 9 Giacomo Antonio Perti, Alleluia, mottetto, 8 Voci e strumenti, partitura ms., sec. XVII: incipit del canto (I-Bsp, P. 16 ma rinvenuto in P.17)

118 sa di Santa Felicita, 5 e 6 aprile 1708, P 53.2 e P 53.4 (partitura autografa idio- grafa, in P 53.4 con parti staccate integrative). Tra gli oratori di Perti conservati nell’Archivio musicale di San Petronio e pure ampiamente studiati 45, si può dar cenno almeno ai seguenti 46. Di una serie collocata in P 54 (alcune fonti anche in P 55) e in parte adespota fanno parte ad esempio: Sara, identificabile con Abramo vincitor de’ proprii affetti, libretti- sta Gregorio Malisardi, prima esecuzione Bologna Arciconfraternita dei Santi Sebastiano e Rocco, 10 dicembre 1683 (rivisto per Modena 1685 – nell’am- bito delle esecuzioni volute da Francesco II d’Este e tenute per lo più in Qua- resima nell’oratorio di San Carlo dal 1680 al 1694 – poi come Agar per Bolo- gna 1689), indicato anche con gli altri titoli spuri Agar scacciata e Abramo; più copie con varianti dell’Oratorio della Passione (cfr. fig. 10), librettista

45 Basti menzionare almeno Juliane Riepe, Gli oratorii di Giacomo Antonio Perti: cronolo- gia e ricognizione delle fonti, «Studi musicali», XXII, 1993, pp. 115-231. 46 Si danno le informazioni minime, indicando solo la prima esecuzione e l’eventuale revi- sione, rinviando per il resto ai repertori e alla bibliografia citati.

Figura 10 Giacomo Antonio Perti, Oratorio della Passione a 5 con Stromenti, partitura ms., sec. XVII: prima pagina di musica recante autore e titolo (I-Bsp, P. 54)

119 Giacomo Antonio Bergamori, prima esecuzione Bologna 1685 (rivisto con il titolo di Gesù al sepolcro nel 1703), scritto per l’usuale esecuzione di un ora- torio sulla Passione ogni Venerdì Santo, promossa dall’Arciconfraternita di Santa Maria della Morte (da non confondere con gli altri oratori pertiani La Passione di Cristo, Bologna 1694 e La sepoltura di Cristo Bologna 1704) 47; La nascita del Signore, non datato e finora privo di altre informazioni. E anco- ra San Petronio, mancante alla collocazione P 57 data dal vecchio catalogo a stampa ma probabilmente corrispondente alla fonte omonima reperita in P 58, riferibile all’oratorio su libretto di Giovanni Battista Rampognani, Bolo- gna 17 marzo 1720. In A 11 si trovano altri oratori anonimi ma riconducibili a Perti; tra questi Mosè, riferibile al Mosè conduttor del popolo ebreo, libret- tista Giovanni Battista Giardini, dato a Modena nel 1685 sempre per iniziati- va di Francesco II d’Este. Sempre in A 11 San Francesco, oratorio a 5 vo­ci e strumenti, mostra personaggi 48 che sembrano corrispondere a San Francesco in Egitto, librettista e compositore non menzionati, Bologna, Chiesa di Santa Maria di Galliera dell’Oratorio di S. Filippo Neri, sera della Domenica delle Palme 1720 (ivi Perti fu maestro di cappella dal 1706 al 1750). Tra le messe 49, va riservato almeno un cenno alle seguenti. Quella a otto voci del 1683 (P 2, ma anche altri materiali in P 6 e presso il Museo Interna- zionale e Biblioteca della Musica, d’ora in poi I-Bc 50) dovrebbe essere stata cantata nella cattedrale bolognese di San Pietro (dove nel 1683 era maestro lo zio Lorenzo Perti, sostituito da Giacomo Antonio nel 1690, mentre San Petro- nio era ancora sotto la guida di Colonna notoriamente ostile al nipote) il 21 settembre, occasione dedicata alla liberazione di Vienna dall’assedio turco. Le fonti in San Petronio sembrano contare anche su una seconda versione con varianti e su altri materiali che potrebbero rapportarsi a un rifacimento molto posteriore 51. Interessante anche In Nomine Domini Messa a 12 con strum.[en] ti 1687 (P 3) scritta per l’Accademia Filarmonica in corrispondenza dell’ele-

47 Tra i vari studi sugli oratori pertiani, va ricordato almeno Rudi Schnitzler, The Passion- of Giacomo Antonio Perti, tesi di laurea, Ohio University, 1967. 48 San Francesco,­ Canto; Compagno, Alto; Sacerdote, Basso; Capitano, Tenore; Soldato, Canto. 49 Tra la bibliografia specifica va ricordata almenoA nne Schnoebelen, The Concerted Mass in San Petronio in Bologna c.a 1660-1730, diss., University of Illinois, 1966; Id., Performing Practices at San Petronio in the Baroque, in «Acta Musicologica», XLI, 1969, pp. 37-55. 50 Sigla RISM. 51 Francesco Lora, Giacomo Antonio Perti: il lascito di un perfezionista cit., pp. 47-76, in particolare p. 55 e nota 21.

120 zione di Perti a Principe della medesima 52. Infatti al Principe era affidata la composizione del Kyrie e del Gloria per la messa solenne che veniva celebra- ta nella chiesa di San Giovanni in Monte in occasione della festa di Sant’An- tonio (considerato il protettore dell’Accademia); nella circostanza Perti com- pose anche il Mottetto all’Elevazione, mentre i compositori delle altre sezio- ni della messa furono Giuseppe Felice Tosi (Introito), Giovanni Bononcini (Sinfonia dopo l’epistola), Domenico Micheletti, (Credo), Pietro Degli Anto- ni (Mottetto all’Offertorio). La messa fu ripresa poi nel 1688 a Parma, chie- sa di Santa Maria della Steccata e nel 1748 ancora in San Petronio 53. I mate- riali delle fonti (conservati anche in I-Bc) mostrano due differenti versioni. Parte della produzione pertiana nasce nel contesto di grandi eventi. Oltre alla citata messa del 1683, basta ricordare a mo’ di esempi: Il Domine ad adiu- vandum datato 1722 (P 24) per i Vespri della festa di San Petronio alla pre- senza di Giacomo III Stuart e di Clementina Sobiewsky 54; la Messa a quattro cori (P 8.1 e P 19.3 con materiali anche in I-Bc) scritta nel 1749 in omaggio a Benedetto XIV (il bolognese Prospero Lambertini) e con tutta probabilità alla sua enciclica Annus qui del 19 febbraio 1749, nella quale le raccomandazioni per il decoro nelle chiese e nelle funzioni si estendevano anche alla musica 55. Altri membri della cappella contribuiscono in Bologna all’impulso di alcuni aspetti della produzione musicale. Domenico Gabrielli, a fine Seicento, dà rilievo al ruolo del violoncello componendo anche produzione specifica; lo attestano pure composizioni stru- mentali manoscritte per archi e 1-2 trombe (presenti in San Petronio – assie- me a sua musica sacra – alla segnatura G 1), che portano ad altissimo livel- lo un genere assai affermato a Bologna nel tardo XVII secolo. Il 20 dicembre 1680 Gabrielli diventa violoncellista nella Cappella, grazie alla fama di vir- tuoso per la quale è impiegato anche altrove, in particolare alla corte esten- se di Modena. La sua abilità compositiva si esprime in varie forme di produ- zione, in particolare oratori per Bologna, Modena e Lucca e soprattutto dram- mi per musica (dodici in sette anni a partire dal 1683) per Venezia, Mode- na e Torino, oltre che Bologna; tanto che l’interferenza degli impegni esterni

52 Già oggetto di studi in passato e recentemente di un’analisi particolare da parte di Miche- le Vannelli, La Messa à 12 (1687) di Giacomo Antonio Perti. Storia, fonti, analisi ed edi- zione, tesi di laurea, Università di Bologna, a.a. 2008-2009 e Id., La Messa à 12 (1687) di Giacomo Antonio Perti: alcune considerazioni all’indomani della prima ripresa moderna, in Giacomo Antonio Perti, numero monografico di «Rassegna storica crevalcorese», 4, di- cembre 2006, pp. 59-78. 53 Ivi, pp. 65-67. 54 Francesco Lora, Giacomo Antonio Perti cit., p. 63 e note 61 e 62. 55 Ivi, pp. 66-67 e soprattutto nota 77.

121 con il servizio provoca la sua destituzione il 14 ottobre 1687 (fu subito assun- to dal duca Francesco II d’Este), revocata il 23 marzo 1688, poco prima del- la morte 56. Giuseppe Torelli è assunto come regolare in San Petronio nel 1686, pri- ma come violetta e viola tenore, poi come violinista con pagamenti attestati fino al 1695 (con qualche breve interruzione), poi di nuovo nel 1701 (dopo il servizio ad Ansbach dal 1696 al 1699) nella cappella riformata da Perti. Dedi- ca parte della sua produzione, soprattutto a partire dal 1688, alle composizio- ni con trombe (che in San Petronio recano in prevalenza le date 1690, 1692, 1693) certamente ispirate dall’eccellente Giovanni Pellegrino Brandi (esecu- tore straordinario nelle festività di San Petronio dal 1679 al 1699 e probabile ispiratore anche di Perti e Gabrielli nei brani strumentali di apertura solenne alle messe); inoltre afferma nella basilica l’impiego di concertino e concerto grosso che si andava diffondendo ovunque tra fine Seicento e primo Settecen- to 57. Nella sua produzione compare spesso anche l’oboe, nel contesto dell’im- piego sempre più incisivo di questo strumento. Le composizioni di Torelli si trovano alle segnature T 1-3 (alcune anonime sono a lui attribuite in A 14.7, A 16.5, A 16.9, 10 e forse 13) e tra le musiche a stampa in parti, nella sezione specifica, alle collocazioni 214-215. Sono state in massima parte identifica- te in rapporto al catalogo Giegling 58 (basti come esempio la Sinfonia a quat-

56 Per questi cenni cfr. Dizionario Enciclopedico Universale della Musica e dei Musicisti, Le biografie cit., vol. III, alla voce. 57 Come nota Carolyn Gianturco, La vita di Alessandro Stradella illustrata da alcune te- stimonianze musicali, in Alessandro Stradella e Modena, musica, documenti, immagini, Ca- talogo della mostra Biblioteca Estense, Sala dei Manoscritti, novembre 1983-gennaio 1984, [Modena], [Teatro Comunale, Comune di Modena], [1984], pp. 13-22, in particolare 16-17, testimonianze databili su questa pratica sono già in varie composizioni di Alessandro Stradel- la, a partire dall’oratorio San Giovanni Battista, dato in prima esecuzione a Roma, 31 marzo 1675, e rieseguito a Modena nel 1688 (fonte in I-MOe, Mus. F. 1136). 58 Per questi cenni bastino Dizionario Enciclopedico Universale della Musica e dei Musici- sti, Le biografie cit., vol. VIII, pp. 68-69; New Grove Dictionary of Music and Musicians cit., vol. 6, pp. 153-154. Riguardo le identificazioni annotate da Oscar Mischiati sui manoscritti petroniani, va citato come fonte delle stesse Franz Giegling, Giuseppe Torelli – Ein Beitrag zur Entwicklungsgeschichte des italienischen Konzert, Kassel, Bärenreiter, 1949, contenen- te il catalogo con incipit tematici delle composizioni manoscritte conservate in San Petronio. È esplicitamente menzionato da Oscar Mischiati, L’archivio musicale della Basilica di San Petronio cit., p. 105, nota 1, che riporta anche Jean Berger, Notes on Some 17.th Century Compositions for Trumpets and Strings in Bologna, in «The Musical Quarterly», 37, 1951, pp. 354-367, nonché dissertazioni dottorali inedite di vari studiosi. Sempre Oscar Mischiati, ibidem avverte che la segnatura di collocazione D (creata negli anni 1950-’60 da Sergio Pa- ganelli, allora archivista, per tenere riunite tutte le composizioni con tromba) spesso utiliz-

122 tro in Do magg, Giegling 33, T 3 n. 18 ma reperita in T 2 durante una revi- sione del 2014). Il complesso di tutti i nomi sopra indicati rivela, accanto alla cura costan- te di raccogliere musica dei compositori più accreditati (in ambito nazionale e oltre), come l’attività di San Petronio sia strettamente interconnessa a quel- la delle altre principali istituzioni bolognesi. Infatti buona parte dei maestri di cappella che depositano la loro produzione nell’Archivio Musicale sono anche membri della storica, prestigiosissima Accademia Filarmonica, a parti- re da Colonna che è tra i fondatori nel 1666 e Principe negli anni 1672, 1674, 1685, 1691 59. Inoltre Perti riceve il titolo filarmonico di compositore nel 1681 ed è Principe negli anni 1687 (si è citata sopra la Messa a dodici voci), 1693, 1697, 1705, 1719 quando diventa “diffinitore perpetuo” 60; Gabrielli è ammes- so nel 1676 e Principe nel 1683 61; Torelli consegue il titolo filarmonico di suonatore di violino nel 1684 62. Nel secondo Settecento, di seguito al magistero pertiano, Giuseppe Maria Carretti è maestro petroniano di feracissima produzione, dal 1756 al 1773: restano due libri corali a stampa (nella sezione specifica, alla segnatura C) in più copie e senza legatura (entrambi dati a Bologna, Lelio Dalla Volpe, 1737), ma soprattutto moltissimi manoscritti alle segnature C 2-54. Il lasci- to di Carretti nel 1774 (cfr. sopra) viene a integrare quello di Perti e, insieme, va a costituire la maggior parte di questo nucleo di fonti del Sei e pieno Sette- cento. Grazie al maestro, l’affiancamento strumentale (già incisivo in prece- denza) si rafforza nella quantità e nei timbri. Così, nel tempo, rimane un solo organista, ma i violini crescono nel numero e nella funzione (il primo strumentista farà da “capo d’orchestra”), mentre ricompare il trombone e si introducono stabilmente uno e poi due oboi, un fagotto (solo per poco), due trombe, un contrabbasso; per contro si limitano le voci, con la scomparsa graduale di soprani e contralti 63.

zata in bibliografia e discografia, non è più attuale, perché Mischiati stesso ha ricollocato le musiche nelle buste originarie. Va inoltre ricordato almeno Francesco Passadore, Catalogo tematico delle composizioni di Giuseppe Torelli (1658-1709), Padova, I Solisti Veneti, 2007, che riporta identificazioni e indicazioni di autografie. 59 Basti New Grove Dictionary of Music and Musicians cit., vol. 6, pp. 153-154. 60 Basti vedere ivi, vol. 19, pp. 464-466. 61 Basti Dizionario Enciclopedico Universale della Musica e dei Musicisti, Le biografie cit., vol. III, alla voce. 62 Basti New Grove Dictionary of Music and Musicians cit., vol. 25, pp. 615-619. 63 Per questi cenni si rinvia di nuovo a note 1 e 23.

123 I manoscritti del tardo Settecento e primo Ottocento (oggi conservati a parte rispetto il gruppo precedente, in una sorta di sua Appendice che ha come estremi le segnature da A 1 a Z 66) comprendono musiche di vari composito- ri attivi a Bologna, come Giovanni Battista Martini Stanislao Mattei, Angelo e Valerio Tesei, Giovanni Calisto Andrea Zanotti. Come si è già detto, i materiali derivano in massima parte dai lasciti del 1794 di Tesei (maestro di canto figurato nella scuola annessa alla Cappella dal 1775 e coadiutore del maestro di cappella dal 1786 alla morte nel 1805) 64 e del 1817 di Zanotti (maestro dal 1774 al 1816). In questo arco cronologico i cantori di San Petronio vanno calando incisi- vamente, mentre crescono gli strumentisti: un flauto, un clarinetto due fagotti, due “clarini” cioè trombe, uno o due corni e dodici violini. Nello stesso periodo il maestro di cappella – non solo in San Petronio – diviene via via un vero e proprio responsabile della musica da chiesa: oltre alla produzione per la liturgia e alla scelta delle musiche di repertorio, deve occuparsi anche del coordinamento, della formazione di cantori e strumenti- sti e delle funzioni amministrative. Il ruolo è conseguito mediante un concor- so pubblico, con la selezione di una commissione esperta della quale spesso fa parte Giovanni Battista Martini (di cui, presso l’Archivio-Biblioteca della Basilica di San Francesco a Bologna, restano i giudizi per i concorsi a Mae- stro di Cappella di San Petronio e per altre istituzioni fuori Bologna come il Duomo di Milano e la chiesa, pure milanese, di Santa Maria alla Scala). Padre Martini, allievo di Perti, fu accademico filarmonico, ebbe grande fama come erudito di musica, compositore e docente di composizione, fu maestro di cap- pella nella chiesa di San Francesco e fu sempre a stretto contatto con i maestri di San Petronio (dove restano alcune sue composizioni vocali – un Magnifi- cat e dodici duetti – alla collocazione M 6; per un esempio cfr. fig.11). Alla sua scuola si formarono vari musicisti, tra i quali i notissimi Giuseppe Sar- ti e Stanislao Mattei; quest’ultimo, pure maestro in San Petronio (dal 1817 al 1824) e presente nell’Archivio Musicale con sue composizioni (alle segnatu- re M 7, 10 e 11), fu anche primo docente di Contrappunto presso il Conserva- torio bolognese 65. Riguardo Martini, va accennato che la sua preziosa raccol- ta è oggi in possesso del Museo Internazionale e Biblioteca della Musica, a completare il cerchio dei legami e della circolazione musicale bolognese: cir- colazione di professionalità ma anche di repertorio e di fonti musicali. Tuttavia nell’Ottocento è inevitabile che la Cappella venga man mano a risentire della fase di declino che la musica sacra conosce in tutta Italia.

64 Oscar Mischiati, L’archivio musicale della Basilica di San Petronio cit., p. 110, nota 23. 65 Per questi cenni si rinvia di nuovo a note 1 e 23.

124 Il cospicuo gruppo di edizioni a stampa dei secoli XVI-XVIII, quasi tutte di grande pregio, consta di circa 240 titoli di opere dovute a composi- tori tra i più accreditati. In parte sono maestri o membri della cappella, come Rota (cfr. fig. 12), poi Giacobbi, poi ancora Cazzati, Colonna (cfr. fig. 13, già anticipata), Perti, Torelli (cfr. fig. 14), Giovanni Battista Vitali. Nume- rosi e di gran fama anche i composi- tori esterni come Girolamo Conver- si, Andrea Gabrieli, Giacomo Gastol- di, Paolo Isnardi, Orlando di Lasso, , Luca Marenzio, Claudio Merulo, Filippo de Monte, , Pomponio Nen- Figura 11 Giovanni Battista Marti- ni, Magnificat a 4 Pieno con Violini, parti na, Costanzo Porta, Cipriano de Rore, ms., sec. XVIII: frontespizio della parte di Alessandro Striggio, Orazio Vecchi. organo (I-Bsp, Appendice M.6.1) Si tratta di produzione polifonica in prevalenza sacra (quasi tutte le for- me del genere) ma in buona parte anche profana (madrigali, ma pure canzo- ni e canzonette) e di musica strumentale da camera, il tutto in parti staccate. I titoli rivelano opere di massimo rilievo tra quelle prodotte dagli autori citati, sia petroniani (dei quali si è già detto in massima parte) sia esterni. I tipi sono dei più diffusi stampatori, con forte (scontata) prevalenza di quelli attivi a Venezia e Bologna: ricorrono i veneziani Ricciardo Amadino, Angelo Gardano, Girolamo Scotto ed erede, Alessandro e Giacomo Vincenti, nonché i bolognesi Giacomo Monti e i Silvani (Marino e fratelli). È probabile dover attribuire al nucleo non un solo momento di aggre- gazione, bensì varie e diverse fasi di deposito. Va da sé che una parte possa essere entrata con i lasciti di Perti e Carretti, ma non si possono escludere – soprattutto riguardo autori non attivi nella cappella – acquisti estemporanei e altre forme di acquisizione, anche in tempi diversi: va effettuata una veri- fica sistematica degli inventari e dei documenti d’archivio per questo intero gruppo.

125 Figura 12 Andrea Rota, Andreae Rotae magistri in choro musico eccl. S. Petronii Motectorum Liber Primus quae quinque, sex, septem, et octo vocibus concinuntur, Venetiis, apud Angelum Gardanum, 1584, parti: fron- tespizio della parte di Canto (I-Bsp, Musica a stampa, 202)

Figura 13 Giovanni Paolo Colonna, Mes- sa e Salmi concertati a 3, 4, e 5 voci se pia- ce, con Strumenti e Ripieni a beneplacito… Opera decima, In Bologna, per Pier Maria Monti, 1691, parti: frontespizio della parte di Canto (I-Bsp, Musica a stampa, 68)

Figura 14 Giuseppe Torelli, Sinfonie a tre e Concerti a quattro. Op. quinta…, In Bologna, per Gioseffo Micheletti,1692, par- ti: frontespizio della parte di violino primo; nella pagina successiva, l’Avvertimento al lettore raccomanda la pratica di moltiplicare gli strumenti nell’esecuzione (I-Bsp, Musi- ca a stampa, 214)

126 Le aggregazioni di metà Ottocento e primo Novecento

Successivi incrementi avvengono da metà Ottocento ai primi del Nove- cento. Sono acquisizioni tarde, aggregate come si è già visto in preceden- za: nel 1848 acquisto delle composizioni di Stefano Antonio Sarti (organi- sta in San Petronio dal 1842 al 1854); acquisto parziale (solo musica sacra) del lascito di Giuseppe Pilotti (attestato come maestro dal 1830 al 1837), pro- posto dagli eredi nel 1864 e finanziato dalla cessione (promossa da Gaeta- no Gaspari nel 1865-1866) di 56 edizioni a stampa alla Biblioteca del Liceo Musicale; nel 1889 acquisto delle composizioni di Francesco Roncagli (orga- nista dal 1855 al 1884 e facente funzione di maestro di cappella nel periodo 1855-1856) e di diversi autori; nel 1911 dono del lascito di Tommaso Mar- chesi. Si è detto che i materiali sono conservati a parte, in un Fondo Moderno di recente sottoposto a inventariazione topografica. Vi figurano sessantatre compositori tra i quali i Busi, Gaetano Gaspari, Luigi Palmerini, Stefano Antonio Sarti, ma anche Bonifacio Asioli, Vincenzo Bellini, Luigi Cherubini, Gaetano Donizetti, Eugenio Lohr, Saverio Merca- dante, Giovanni Pacini, Giovanni Paisiello, Lorenzo Perosi, Gioachino Ros- sini, Nicola Zingarelli. Il più ampio è il dono Marchesi, di circa 360 composizioni manoscritte (su almeno un centinaio compaiono date tra il 1790 e il 1832), in buona par- te di musica vocale sacra, mentre solo una settantina di composizioni sono per lo più arie in trascrizioni da camera, con qualche cantata e pochi metodi o esercizi didattici, nonché compiti di esame per l’ammissione all’Accademia Filarmonica); 250 sono di Marchesi, il resto composizioni di vari suoi allie- vi, tra i quali Palmerini. Cospicuo anche il lascito Sarti: circa 90 composizioni manoscritte dello stesso, quasi esclusivamente musica vocale sacra legata all’attività nella cap- pella di San Petronio (sulle fonti compaiono date, esplicitamente o presumi- bilmente di esecuzione, tra il 1843 e il 1853).

Fonti musicali diverse

Altri materiali sono estranei all’Archivio musicale, ma sempre legati a San Petronio e alla sua cappella, ora collocati sia nell’Archivio generale sia nel Museo annesso alla Basilica: ma non può mancare qui almeno una mini- ma menzione, per il valore in rapporto alla storia libraria, grazie soprattutto alla ricca decorazione.

127 Si tratta dei noti codici liturgici miniati di fine Quattro e primo Cinque- cento, in prevalenza graduali con alcuni antifonari e tutti in notazione qua- drata. L’insieme, di formazione omogenea e continuativa, fu fatto allestire per impulso dei Bentivoglio e a spese del Comune. Dal 1473-1474, si avvia la stesura scritta (nel 1473 pagamenti a un “Paulo quondam Serafini de Gazo- lis de Novaria” che viene da Orvieto; nel 1474 è compensato “pro notatu- ra gradualis” “Henrico senza paura de Alemania” riconosciuto come Enrico da Amsterdam); nel 1476 è attestato il primo intervento di un miniatore nel- la persona di Taddeo Crivelli, il più grande illustratore della Bibbia di Bor- so d’Este, che nel 1473 aveva effettuato interventi nei corali di San Procolo. È il momento in cui il presidente perpetuo della Fabbriceria, Galeazzo Mare- scotti de’ Calvi, si fa promotore di rinnovamenti e sviluppi all’interno della Basilica: dal 1473 Agostino de’ Marchi da Crema lavora al coro ligneo, per le cui tarsie fornisce cartoni Francesco del Cossa; tra il 1471 e il 1475 si alle- stisce l’organo di Lorenzo da Prato. L’intervento del Comune, costantemen- te ricordato nella miniatura dalla presenza dello stemma o di altri simboli di Bologna, mira a sottolineare il carattere cittadino e autonomo della prestigio- sa basilica. Va dato almeno un cenno a Taddeo Crivelli che nel 1476 è paga- to per i codici di San Petronio, ma che interviene ben poco, perché lascia qua- si subito il lavoro a motivo di suoi comportamenti scorretti (tra le sue minia- ture sembra essere un’iniziale ornata con la scena della Pentecoste (fig. 15). Così dal 1477 si affida la decorazione prevalentemente a Martino di Giorgio

Figura 15 Graduale, notazione quadrata, ms., sec. XV fine, miniato: iniziale raffigurante la Pentecoste; un’ipotesi di attribuzione la ascri- ve a Taddeo Crivelli (I-Bsp, Museo, 98)

128 da Modena (fig. 16) ma affiancato anche da altri nomi, finché nel corso del primo sec. XVI viene prevalendo tra i vari decoratori Giovanni Battista Cavalletto 66.

Figura 16 Graduale Commune Sanctorum, notazio- ne quadrata, ms., sec. XV fine, miniato: iniziale raf- figurante un Santo vescovo; un’ipotesi di attribuzio- ne la ascrive a Martino di Giorgio da Modena (I-Bsp, Museo, 93 ma 91)

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Tentativi di valorizzazione dell’Archivio Musicale

La Cappella musicale, via via caduta di livello e di consistenza già nel corso dell’Ottocento, conosce in tempi moderni una rinascita a partire dagli ultimi anni Ottanta del Novecento, in concomitanza con il restauro degli orga- ni (curato con la consulenza scientifica di Oscar Mischiati e Luigi Ferdinan- do Tagliavini), sotto la guida di Sergio Vartolo e poi di Federico Salce, aven- do come organista principale Lieuwe Tamminga. All’organico guidato da Michele Vannelli è oggi affidata l’esecuzione, ossia la valorizzazione peculiare di ogni patrimonio musicale. Tuttavia essa deve fondarsi su un lungo lavoro preliminare che porti alla conoscenza esat- ta delle fonti scritte e della loro collocazione nel contesto coevo; senza tale conoscenza l’esecuzione stessa viene a perdere almeno parte di senso e vali- dità.

66 Per questi pochissimi cenni si rinvia al profilo sintetico ma perspicuo tratteggiato daG ior- dana Canova Mariani, I corali, in La basilica di San Petronio in Bologna cit., 2003 (secon- da edizione), II, pp. 249-267, in particolare 249-250 e 264, e alla documentazione e biblio- grafia ivi citate.

129 Del pari, il valore di un archivio o di una biblioteca sta nella conservazio- ne non fine a se stessa ma posta al servizio della fruizione a tutto campo, sia in chiave storico-musicologica, sia più strettamente mirata all’esecuzione musi- cale, sia con fini didattici o di informazione divulgativa. Una risposta efficace alle esigenze di tanti e diversi fruitori, sempre più ampie e articolate, implica l’interesse perspicuo delle istituzioni e della società a tutti i livelli, una pronta consapevolezza dei mutevoli bisogni dei destinatari, una corrispondente atti- vità di creazione o aggiornamento degli strumenti di accesso alle fonti con- servate, infine un’adeguata informazione a tutto campo.

Se tutto ciò è scontato tale non è la sua realizzazione, ostacolata o tal- volta del tutto impedita da carenza o mancanza di risorse (umane e finanzia- rie), oppure da problemi logistici o comunque contingenti, non sempre sor- montabili. L’Archivio Musicale di San Petronio vive da sempre per il ruolo docu- mentario e per il funzionamento della Cappella e da sempre ha ricevuto cure adeguate alla sua doppia valenza: si ricordi la lunga serie di inventari stori- ci ubicati nell’Archivio generale 67; l’attenzione per materiali e fruitori è pro- seguita anche in tempi moderni, ma fortemente ristretta nei limiti imposti dai problemi accennati. Così da qualche tempo all’interno della Basilica si muovono i primi passi per un intero recupero conservativo della musica su una traccia precisamente articolata e scandita nelle priorità, elaborata dalla scrivente 68. Vi sarebbe inclusa una nuova ubicazione dell’Archivio Musicale in un ambiente sempre interno ma più adatto alla funzione di deposito: i locali sono in via di adeguamento ai criteri previsti per la conservazione dei beni cultura- li. Il recupero procede per ora dall’ordinamento fisico del patrimonio secon- do aggiornati criteri di durevolezza della conservazione (le musiche dell’e- stremo Settecento e dell’Ottocento – fascicoli e fogli finora totalmente privi di protezione – costituiscono ora un omogeneo Fondo Moderno e sono con- dizionati in camicie e buste adeguate, delle quali si doterà in seguito il resto della collezione petroniana), all’inventariazione di nuclei finora non registra- ti (sono gli stessi materiali dotati di nuove buste, finora sottratti persino alla minima conoscenza e sicurezza garantite da un inventario topografico), alla verifica puntuale del patrimonio già schedato, mediante un nuovo inventario

67 Cfr. Oscar Mischiati, L’archivio musicale della Basilica di San Petronio cit., pp. 105- 108, in particolare le note 3, 7-16, 22. 68 Approvata dalla Basilica nel merito, ma per ora priva di un apposito finanziamento, quin- di di non facile realizzazione.

130 topografico ora in corso, posto a confronto con il vecchio catalogo a stampa e con gli inventari antichi. Ma queste operazioni, attuate o in corso grazie alle forze interne volon- tarie 69, sono solo il punto di partenza.

Infatti le fasi centrali del recupero dovranno essere la catalogazione in linea e la digitalizzazione, indispensabili per garantire la conoscenza e la fru- izione a tutto campo delle fonti petroniane. Per ora sono solo in previsione, poiché richiedono interventi sistematici a tempo pieno con operatori a rego- lare progetto. L’intervento catalografico, il più urgente in quanto base indispensabile di ogni altra forma di valorizzazione, dovrà seguire le regole e gli standards per la catalogazione in linea delle edizioni e dei manoscritti musicali – aggiorna- te di recente secondo il Servizio Bibliotecario Nazionale (SBN) – in modo da garantire la totale fruibilità dei dati nella base dati collettiva. In particolare, le nuove regole per i manoscritti sono ancora in via di perfezionamento nell’am- bito del Gruppo nazionale per la catalogazione musicale, coordinato dall’Isti- tuto Centrale del Catalogo Unico del Ministero dei beni e delle attività cultu- rali e del turismo (MIBACT); se sarà possibile realizzarlo entro breve, l’enti- tà dell’intervento renderà tale applicazione un’efficace messa alla prova del- le regole stesse. Per tutto si intenderebbe utilizzare la procedura Sebina Open Library (il sistema utilizzato da tutti i poli catalografici dell’Emilia Romagna, da sempre compatibile e facente parte dell’architettura SBN) nella linea per la musica, dopo avere opportunamente previsto le forme e i modi della parte- cipazione, in particolare l’impiego di catalogatori con un’apposita formazio- ne in scuole e istituti accreditati e con una sicura esperienza culturale e pro- fessionale secondo percorsi specifici e ampiamente riconosciuti. La completezza del percorso di recupero e valorizzazione prevederebbe infine un archivio digitale in linea del patrimonio, realizzato secondo criteri adeguati (in particolare, compatibili con quelli previsti dalla Biblioteca Digi- tale Italiana, iniziativa e base dati digitale del MIBACT, sulla base di stan- dards internazionali) 70 e un eventuale restauro di fonti bisognose, sebbene queste operazioni siano inevitabilmente di previsione ancora lontana. Riguardo il restauro (pure da attuare nel rispetto dei principi e dei cri- teri sanciti in sede nazionale e su base internazionale), sarà raccomandabi-

69 In particolare la scrivente e Mauro Amedeo Pernici. 70 Quando si getteranno almeno le basi per questa attività, si dovrà tener conto, oltre che dell’ottemperanza agli standards citati, anche di un contatto con il Portale Archivi della Mu- sica della Direzione Generale agli Archivi, sempre del MIBACT.

131 le un intervento sugli involucri settecenteschi nei quali è attualmente con- servato il fondo antico, quando questo sarà stato condizionato nelle nuove buste adeguate alla corretta conservazione. Infatti i contenitori antichi sono da salvaguardare come testimonianza della conservazione bibliotecaria coe- va e soprattutto come riflesso di una determinata fase di ordinamento. In par- ticolare, essi attestano la connessione tra le scritte che recano (collocazioni e indicazioni brevi di autore e titolo) e gli inventari storici.

Va da sé che, intanto, momenti parziali di valorizzazione possano con- cretarsi grazie a interventi di maggiore visibilità: non solo esecuzioni ma pure mostre, lezioni a vari livelli o iniziative a tema; al proposito è in corso la ste- sura di alcuni progetti 71 che prevedono il coinvolgimento delle altre istituzio- ni musicali storiche della città. Sarebbe infatti auspicabile un agire comune, a ripristinare l’unità di circolazione e di intenti che per secoli ha caratterizzato la professione e l’attività musicale a Bologna.

71 Da parte della scrivente e del musicologo, bibliotecario e catalogatore musicale Raffaele De Luca, attivo anche nell’associazione Tomo Quarto sorta in connessione con i Conserva- tori di Bologna e Milano e mirata in particolare alla costituzione di una base dati digitale di fonti di musica sacra.

132 Lars Magnus Hvass Pujol

Il fondo musicale della cattedrale di S. Pietro in Bologna: formazione e organizzazione fra Seicento e Ottocento

Questo contributo intende partecipare alla ricognizione di una delle prin- cipali cappelle musicali della Bologna storica: la prima per gerarchia eccle- siastica e antichità, la seconda per vitalità e risorse dopo quella della basilica di S. Petronio. Nell’Archivio Generale Arcivescovile di Bologna è collocato l’archivio musicale in uso tra i secoli XVII e XIX per l’esecuzione di musi- ca in seno alla liturgia nella Metropolitana di S. Pietro. Benché ineludibile sia l’incrocio delle sue fonti con altri documenti d’archivio, esso è il più prezio- so testimone diretto dell’attività musicale nella cattedrale. Non di rado, l’ab- bondanza di fonti e l’importanza del loro contesto ha paradossalmente sco- raggiato l’indagine scientifica anziché spronarla: in tale orizzonte, l’archivio musicale di S. Pietro è stato fino a oggi pressoché ignorato dagli studiosi, in tal modo escludendo la riappropriazione di una parte cospicua del patrimonio musicale manoscritto felsineo. Nella sede presente, l’intento pionieristico è compreso tra entusiasmo e limiti intrinseci: l’attuale constatazione dello stato del fondo tenderà nel tempo a un esame più attento e strutturato. 1 Lo studio dell’archivio musicale di S. Pietro è iniziato nel gennaio 2014 con il lavoro di pulizia e spoglio dei suoi circa 1330 manoscritti. 2 In tale

1 La bibliografia sulla cappella musicale della cattedrale di Bologna si riduce a pochi artico- li: cfr. Elita Maule, La formazione musicale dei chierici della cattedrale di S. Pietro a Bo- logna: la scuola di canto, «Quadrivium», 1994, pp. 119-166; Ead., La Cappella Musicale di S. Pietro a Bologna nel XVIII secolo, «Il Carrobbio», 1989, pp. 210-216; Ead., Immagini di vita musicale nella metropolitana di S. Pietro a Bologna, «Quadrivium», 1994, pp. 167-177. Nella vasta letteratura sulla musica a Bologna, i riferimenti sparsi rimangono vaghi; persino nello studio di Marc Vanscheeuwijck, The Cappella Musicale of San Petronio in Bologna under Giovanni Paolo Colonna (1674-95), Brussels - Rome, Brepols, 2003, le fonte dei rife- rimenti a S. Pietro sono unicamente la vetusta Bologna perlustrata di Antonio Masini (Bolo- gna, Erede di Vittorio Benacci, 1666) e il codice M.51 (Liceo, Cappella di S. Petronio e Cap- pella della Metropolitana di Bologna. I Professori dei tre pubblici Stabilimenti di musica in Bologna, la cappella di San Petronio, quella di S. Pietro e il Liceo Comunale di musica) del Museo internazionale e Biblioteca della Musica di Bologna. 2 L’archivio musicale del Capitolo della Metropolitana di Bologna (Fondo Musicale) fu depositato nell’Archivio Generale Arcivescovile (AAB; I-Bdg secondo le sigle RISM) nel 1980. Nel rapporto annuo del 1981 sulle attività e novità dell’archivio, circa il nuovo materia- le entrato in archivio, Mario Fanti scrive: «Archivio musicale della cattedrale: 24 grossi maz- zi di spartiti musicali dei secc. XVIII-XIX, ritirato da ripostigli vari della cattedrale nel 1980»

133 momento, essi erano ubicati al secondo piano del deposito dell’Archivio, per- lopiù legati tra loro in pile e senza alcun ordine. 3 I manoscritti sono stati divi- si in due sezioni. La prima è costituita dai manoscritti registrati nell’ultimo indice approntato, il quale si deve a Petronio Belvederi e risale al 1845 con integrazioni successive: 4 essi sono stati ripristinati nell’ordine stabilito da tale indice. La seconda sezione è invece costituita dai manoscritti non contem- plati nell’indice di Belvederi, la provenienza dei quali è spesso di complessa individuazione. La catalogazione generale e la messa in sicurezza del fondo è ancora in corso a tutto marzo 2015. Nel contempo, prosegue e si intensifi- ca l’esame di documenti d’archivio quali diari, decreti e registri di pagamen- to, necessari per circostanziare le fonti musicali nel contesto culturale e nel calendario liturgico della cattedrale bolognese. Durante le ricerche, si chiari- ficano modi, ritmi e coefficienti della confluenza di fonti nell’archivio musi- cale di S. Pietro: ora per deposito (una volta effettuato l’uso pratico in cat- tedrale), ora per dono (sia dei maestri di cappella sia di musicisti legati alla cattedrale), ora per acquisto (volontà di integrare la raccolta con importan- ti lasciti).

(AAB, Archivio dell’Archivio Generale Arcivescovile, cart. 20, fasc. B, doc. 28: Relazio- ne sull’attività dell’Archivio presentata all’Ordinario Diocesano per gli anni 1976-1980). 3 Pochi sono gli interventi che hanno modificato l’ordine nel quale il Fondo Musicale per- venne all’Archivio Generale Arcivescovile. Il primo fu probabilmente dovuto a Elita Maule: giunta in archivio nel luglio 1983 in vista dei suoi citati studi musicologici, nel dicembre del 1984 iniziò un riordino e la schedatura (non conservata) del Fondo Musicale; nel rapporto del 1980-84 Fanti scrive: «La dott.ssa Elita Maule, bibliotecaria del Conservatorio di Castel- franco Veneto, ha iniziato la schedatura degli spartiti musicali del fondo della Cattedrale; si tratta di un lavoro specialistico che non può essere eseguito che da un musicologo. La dott. ssa Maule è interessata a compierlo per suo studio e alla fine l’Archivio avrà questo fondo ca- talogato, mentre diversamente sarebbe rimasto ancora per chissà quanto tempo nelle condi- zioni in cui è sempre stato» (AAB, Archivio dell’Archivio Generale Arcivescovile, cart. 20, fasc. B, doc. 42. Relazione sull’attività dell’Archivio presentata all’Ordinario Diocesano per l’anno 1985); il lavoro, tuttavia, non fu mai ultimato. Questo riordino adottava peraltro un criterio diverso da quello secondo il quale l’archivio musicale era stato indicizzato l’ultima volta (1845): a un ordine per autore e generi se ne sostituiva uno per soli generi; Maule non era però in condizione di conoscere la precedente sistemazione, giacché i relativi indici fu- rono depositati nell’Archivio Generale Arcivescovile solo il 27 gennaio 1987, quando Oscar Mischiati, dopo averli trovati nell’archivio musicale della basilica di S. Petronio, li dirottò d’ufficio in S. Pietro presso il fondo cui si riferivano (AAB, Archivio dell’Archivio Genera- le Arcivescovile, cart. 25, lib. 3: Registro degli Studiosi dal 1982 al 1993, 1987, 27 gennaio). 4 Quattro sono gli indici storici, il dettaglio dei quali è fornito oltre; essi risalgono rispettiva- mente ca. al 1820 (Primo Inventario Mazzoni), al 1825 (Secondo Inventario Mazzoni), ca. al 1837 (Inventario Terzo) e al 1845 (Inventario Belvederi).

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I. Maestri di cappella e musica per S. Pietro

Per comprendere il funzionamento della cappella musicale, fondamen- tale è la conoscenza dell’assetto gestionale della cattedrale e delle relazio- ni personali e istituzionali che avevano luogo in questa sede, la quale era in uno stesso tempo teatro liturgico alle sue stesse necessità e centro ammini- strativo sovrintendente alla diocesi di Bologna. Gli organi istituzionali di riferimento erano due: la persona dell’arcivescovo e il consesso del Capi- tolo; all’uno e all’altro corrispondevano specifici riti e cerimonie, esigen- ze musicali e circuiti economici; entrambi avevano a corredo del rispettivo ufficio un archivio documentario: l’Archivio della Mensa Arcivescovile nel primo caso, l’Archivio Capitolare nel secondo. 5 La spesa per la musica del- la cantoria era ripartita di caso in caso tra le due entità; così, per esempio, il pagamento dell’onorario del maestro di cappella spettava alla Mensa, men- tre quello dell’organista spettava al Capitolo. Le spese straordinarie erano finanziate dalla parte che organizzava le celebrazioni nelle singole feste reli- giose, ovvero da diverse eredità nelle clausole delle quali si contemplava- no obblighi di natura musicale (è il caso di quelle abitualmente citate come ‘Eredità Pini’ e come ‘Conte Orsi’). Per quanto le provenienze finanziarie si presentassero alquanto eterogenee, tutto invita a considerare il Capitolo come diretto responsabile e legittimatore dell’attività della cappella musica- le; esempio chiaro di questa organizzazione è la serie di volumi denomina- ta Liber secretus: essi contengono i decreti emanati dal Capitolo e, tra mol- ti altri aspetti amministrativi, liturgici o economici, regolamentano anche le attività della cappella musicale. Decreti di pertinenza musicale non trovano l’equivalente nei documenti della Mensa Arcivescovile; ciò non implica che il Capitolo godesse di assoluta libertà decisionale in tale materia: esso sog- giaceva infatti nondimeno all’autorità dell’arcivescovo e alle direttive della Santa Sede. A loro volta e in modo significativo, le richieste di assunzione nella cappella musicale, o petizioni varie di musicisti già in essa strutturati, nel corso del secolo XVIII sono sempre indirizzate secondo questa formula: 6

5 L’Archivio della Mensa Arcivescovile è parte dell’Archivio Generale Arcivescovile e gia- ce tuttora non inventariato. Per un catalogo dell’Archivio Capitolare, cfr. invece Mario Fan- ti, L’Archivio Capitolare della Cattedrale Metropolitana di San Pietro in Bologna (secoli X- XX), Bologna, Costa, 2010. 6 Tutte le trascrizioni qui presentate sono diplomatiche; le abbreviazioni sono sciolte in cor- sivo, mentre sono lasciati intatti i troncamenti con un punto o due punti; le integrazioni sono riportate entro parentesi quadre.

135 «Alli Illustrissimi, e Reverendissimi SS.ri Li SS.ri Camerlengo, e Canonici della Metropolitana». 7 Le vie attraverso le quali si andò formando l’archivio musicale di S. Pie- tro sono incerte, e i documenti che ne attestano l’evoluzione sono pochi e relativamente tardi. Di certo ne facevano parte i manoscritti con composizioni dei maestri di cappella in carica, per quanto un vincolo legale che li obbligas- se a lasciare lì le loro composizioni – o anche solo una tradizione in tal senso – sembri non esistere fino al tardo secolo XVIII. Nell’archivio sono presenti manoscritti risalenti alla fine del secolo XVII, con musiche dei maestri di cap- pella quali Giacomo Antonio Perti (in cattedrale tra il 1691 e il 1696) e Gia- como Cesare Predieri (tra il 1696 e il 1753; con Angelo Caroli come coadiu- tore dal 1742); la loro scarsa quantità – una decina di Perti, non tutti ascrivibi- li al periodo del suo magistero in S. Pietro, e sette di Predieri – mette in dub- bio il sistematico deposito in archivio, né si ha prova che essi fossero lì sta- ti collocati in concomitanza dei due magisteri. La scarsa presenza di musiche di Perti non stupisce, se si considerano la sua breve permanenza in S. Pietro – va però osservato che prima del 1691 egli era già coadiutore dello zio Loren- zo, maestro di cappella in carica – e la sua abitudine di tenere con sé i pro- pri manoscritti. 8 Più clamoroso è invece il caso di Predieri, che dopo il breve magistero di Perti resse la cappella della cattedrale per ben quarantasei anni. Singolare e vistosa è l’assenza di manoscritti del successore di Predieri, ossia il citato Caroli, maestro di cappella dal 1753 (con coadiutore dal 1768) fino al 1778. 9 È invece ricco il lascito dei tre maestri successivi: Antonio Mazzo- ni (in carica dal 1779 al 1785) è presente con più di cinquanta manoscritti, Gabriele Vignali (1785-1798) con più di centodieci e Ignazio Fontana (1798- 1820) con una sessantina.

7 Archivio Capitolare della Cattedrale Metropolitana di S. Pietro in Bologna (ACB, all’inter- no dell’Archivio Generale Arcivescovile), cart. 107, fasc. 14, doc. 20, s.d.: lettera da France- sco e Filippo dall’Occa al Capitolo di S. Pietro, per richiedere i ruoli di primo e secondo vio- lino nella cappella musicale della cattedrale di S. Pietro in Bologna. 8 Francesco Lora, Giacomo Antonio Perti: il lascito di un perfezionista. Aspetti della per- sonalità per una nuova ipotesi sull’entità numerica e qualitativa delle opere, in Un anno per tre filarmonici di rango. Perti, Martini e Mozart, Atti del Convegno di Studi (Bologna, Ac- cademia Filarmonica, 3-4 novembre 2006), a cura di Piero Mioli, Bologna, Pàtron, 2008, pp. 47-76: 54: «È attendibile che la maggior parte delle composizioni sacre pertiane – con parti- colare riferimento a quelle di più ampie proporzioni – databili a un periodo anteriore al 1696 (anno nel quale il Nostro fece il proprio ingresso a S. Petronio) fosse destinata alla Metropo- litana di S. Pietro». 9 L’indice del 1825 annovera quattro messe a stampa di questo autore, ma l’esemplare già in S. Pietro è oggi perduto.

136 A fronte di tali cospicui lasciti, Giuseppe Pilotti (in carica dal 1820 al 1825, anno della sua elezione a maestro di cappella in S. Petronio) costituisce un’eccezione con un solo manoscritto depositato. Il suo successore Giovan- ni Tadolini (1825-1872; tuttavia spesso assente per impegni operistici in Ita- lia e a Parigi, con supplenze di Antonio Fabbri, Benedetto Donelli e Giuseppe Busi) lasciò invece all’archivio settantacinque brani registrati nell’Indice Bel- vederi, ma ne sono conservati oltre altri centotrenta lì non contemplati; con- siderato che la compilazione di questo indice avvenne a metà del periodo di magistero tadoliniano, 10 è del tutto plausibile che un alto numero di compo- sizioni sia rimasto escluso dall’elenco (per il processo di formazione di que- sto nucleo, vedi oltre). Tra gli autori rappresentati nell’archivio, Tadolini fu di certo il più prolifico e apprezzato (a dispetto della sua formidabile carrie- ra, Perti ebbe d’altra parte con S. Pietro un rapporto assai più breve). Dopo di lui, e visto il rifiuto di Giuseppe Busi in ragione dell’età avanzata, nel dicem- bre 1872 il Capitolo nominò maestro di cappella Antonio Fabbri: di lui riman- gono in archivio una quindicina di manoscritti. Nel settembre 1887 Fabbri fu sostituito da Federico Parisini, del quale si trovano soltanto due manoscritti di musiche per la Madonna di san Luca. Con la sua elezione, avvenuta all’ini- zio del 1891, Alfonso Milani chiude la serie di maestri di cappella del secolo XIX: in archivio è rimasta un’unica composizione sua, all’interno di una pic- cola serie di brani bandistici per la Madonna di san Luca. L’archivio musicale è altresì ricco di manoscritti musicali di autori bolo- gnesi che non furono maestri di cappella nella cattedrale. Nella maggioranza dei casi è difficile determinare come questi manoscritti entrarono nell’archi- vio, problema che peraltro si pone spesso anche per la musica dei maestri di cappella stessi. Di alcuni casi si può però dare conto ed esempio: essi non solo chiariscono come l’archivio musicale si formò e per quali vie i manoscritti vi confluirono, ma anche permettono di osservare le relazioni tra i musicisti di S. Pietro e i loro colleghi bolognesi impiegati in altre istituzioni. Al periodo di Predieri risale il più antico manoscritto datato dell’archi- vio: si tratta di un Domine [ad adiuvandum] a 4:º Concertato con Strumenti di Lorenzo Gibelli, del 1746. 11 La presenza di Gibelli in cattedrale è attesta-

10 Sebbene è vero che verso il 1870 l’indice fu accresciuto con le composizioni incorporate nel archivio dal 1845, tanti manoscritti di Tadolini (come per esempio quelli acquistati agli eredi di Tadolini nel 1873) rimasero comunque senza censire. 11 Cfr. AAB, Fondo Musicale, Gibelli.8 (questo tipo di segnatura è quella indicata da Petro- nio Belvederi nel suo indice): Domine a 4:º Concertato con Strumenti del Sig:r Maestro Gi- belli.

137 ta quantomeno durante le rogazioni minori per la Madonna di san Luca; 12 la rilevanza artistica e pedagogica di questo personaggio rende comunque com- prensibile la sua copiosa attestazione nell’archivio, attraverso un alto numero di manoscritti perlopiù autografi. Indagando le relazioni tra la cappella musicale di S. Pietro e i musicisti bolognesi altrove impiegati, è interessante segnalare l’appartenenza di Gibel- li alla Pia Unione dei Professori di Musica della Beata Vergine di san Luca, fondata nel 1753 e con sede nel santuario di S. Maria della Vita. Poco si sa di questa istituzione, cui furono affiliati altri musicisti di S. Pietro, come Bene- detto Donelli, Francesco Barbieri, Francesco Righetti o lo stesso Angelo Maz- zoni. 13 La presenza in archivio di molte musiche mariane di Gibelli, nonché il fatto che egli partecipasse come cantore alle rogazioni minori della Beata Vergine, sembra attestare legami forti: non solo quello ben noto tra la Madon- na di san Luca e la cattedrale di S. Pietro, ma anche quello tra la Pia Unione e la cattedrale stessa, e per conseguenza tra i rispettivi due gruppi di musicisti (alcuni legati sia all’una sia all’altra istituzione). Sostengono questa congettu- ra i manoscritti autografi segnati Gibelli.4 e Gibelli.17; insieme essi traman- dano una messa scritta nel 1782, con titolo: A trè Voci di due Tenori, e Basso Conc:ta con Strum:, e Corni. Composta l’Anno 1782. dal Sig:r Maestro Loren- zo Gibelli Accademico Filarmonico, Uno degl’Uniti alla Prima Unione de’ Musici Devoti della B. V. da S. Luca da cantarsi nella loro annua Funzione. 14 Il manoscritto del 1743 è di certo anteriore alla fondazione della Pia Unione, ma potrebbe essere stato aggiunto dopo tale data a un gruppo di manoscritti con musiche mariane via via confluiti nell’archivio musicale di S. Pietro. A corroborare quest’ipotesi è un’annotazione autografa di Gibel- li, «Per la B V. della Vita», apposta sulla carta di guardia del manoscritto Gibelli.18 del 1786. 15 Un’informazione diversa è data nel manoscritto auto- grafo Gibelli.16, un Magnificat a quattro voci del 1803, nella carta di guar- dia del quale l’autore annotò «per l’accademia de’ filarmonici». 16 La presen- za di questo manoscritto e di altri con contenuto non mariano fa supporre che

12 Cfr. AAB, Azienda Rogazioni Minori, car. 1, fasc. 3, 1801: Ricevuta autografa del mae- stro di cappella Fontana nella quale si specifica la presenza di Gibelli come uno dei quattro cantori soprano alle «Tre Messe Cantate Solenissime in detta Chiesa di S. Pietro il Lundi, Martedì, e Mercoledi giorni delle rogazioni». 13 Cfr. AAB, Pia Unione dei Professori di Musica della B.V. di S. Luca: cartella unica conte- nente diverse copie dello statuto ottocentesco e un registro delle messe celebrate per i mem- bri defunti dal 1825 al 1897. 14 AAB, Fondo Musicale, Gibelli.4: Credo e Gibelli.17. Kyrie, e Gloria. 15 AAB, Fondo Musicale, Gibelli.18: Gloria a 4.º 16 AAB, Fondo Musicale, Gibelli.16: Magnificat à 4:º Con:to con VV: Oboè, e Corni:

138 la confluenza in archivio potesse avvenire tramite il lascito a qualche cono- scente anch’egli attivo in S. Pietro. Per esempio, un’annotazione di Belvede- ri sul retro della copertina del manoscritto Gibelli.6 sembra attestare cordiali relazioni tra Gibelli e Angelo Mazzoni (1755-1835), mansionario della catte- drale e responsabile dell’archivio musicale:

Nota. Questo Credo fù scritto espressamente per la prima Messa del Sig.r D. Angelo Mazzoni, egregio Cantante nell’Anno 1778, e da questo rubata al possessore in occasione, che dopo cinquant’anni di Sacerdo- tio fece cantare in S. Pietro il giorno di Natale la stessa Messa. Tale fur- to fù fatto in ossequio del Maestro, ed all’oggetto d’arrichire l’Archi- vio musicale di d.a Chiesa dal med.o custodito con gran zelo, e gelosia. 17

Il «furto» avvenne però nel 1828, sedici anni dopo la morte di Gibelli nel 1812; il possessore anonimo cui fu rubato il manoscritto doveva dunque esse- re il suo erede. Non a caso, questo Credo è assente dall’inventario redatto da Mazzoni nel 1825, mentre figura in quello di Belvederi del 1845. La presenza degli altri manoscritti di Gibelli nell’inventario del 1825, nonché in quello pre- cedente di Mazzoni stesso, indica invece che il manoscritto del Credo entrò in archivio in modo diverso dagli altri. Se dunque i rapporti di Gibelli con la cat- tedrale sono ampiamente comprovati, i modi nei quali i suoi manoscritti con- fluirono in S. Pietro non lo sono affatto (con l’eccezione del Gibelli.6).

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II. Donazioni: politica e propaganda

Nella società dell’età tardo-moderna, ove la dipendenza dal potere era l’unica via, o la più ovvia, per legittimare la produzione artistica, non stupi- rebbe poi che Gibelli stesso inviasse le sue musiche al Capitolo di S. Pietro, al fine di accrescere la propria fama con l’esecuzione in cattedrale e con il depo- sito dello spartito in archivio. Di questo copione manca nondimeno la prova scritta, importante per ufficializzare i vantaggi di un simile dono e degna d’es- sere archiviata con zelo per preservare la futura memoria. Tale è per l’appun- to il caso del primo ingresso documentato di carattere straordinario nell’ar- chivio, ossia quello della Messa a quattro Voci di Luca Antonio Predieri,

17 AAB, Fondo Musicale, Gibelli.6: Credo a 4:º Voci con Strum:. La partitura non è auto- grafa, ma lo sono molte parti staccate; altre parti staccate sono invece della mano di Ange- lo Mazzoni.

139 inviata al Capitolo come dono dall’autore nel 1766; partitura e parti staccate erano accompagnate dalla seguente lettera:

All’Ill:mo e Reverend:mo Sig:re Sig:re Padron: Colend:mo Il Sig:re Canonico Dolfi. Casa

Ill:mo e Reverend:mo Sig:re Sig:re Padron: Colen:mo Non pretendo di farle un qualche Regallo col trasmetterle la mia mise- rabile messa Ill:mo e Reverend:mo Sig:re Canonico intendo solo di umi- liarle una cosa Loro. Unito al mio Originale mando tutte le parti anco- ra; resterà a mia perpetua mortificazione l’avergli così malamente ser- viti; e l’aver loro Ill:mi Sig:ri contribuito con tanta generosa bontà acciò nulla mancasse perche comparisse al publico quella che veramente non è. Glie ne rendo dunque li miei più ossequiosi ringraziamenti, non ritro- vando apresso di me altro merito che quello d’aver ubbi[di]to; e col più profondo rispetto passo a dirmi di V. S. Ill:ma e Reverend:ma Umilis:mo Dev:mo Servitore Luca Ant:º Predieri 18

Quand’anche il manoscritto di Predieri non figuri in tutti gli inventari ottocenteschi e risulti dunque dubbia la sua ubicazione tra gli ultimi anni del Settecento e i primi decenni dell’Ottocento, la lettera attesta in modo certo la prassi di donare manoscritti musicali, anche in istituzioni ecclesiastiche e non solo a potenti mecenati, come segno di gratitudine o per ottenere favori; da parte sua, l’istituzione ecclesiastica non solo sosteneva le spese d’esecuzione, ma anche – come la lettera asserisce – ne rendeva pubblica la musica incre- mentando così la fama del compositore. Contorni differenti ha il dono fatto da Belvederi nel 1848, tre anni dopo la compilazione dell’indice. Significativa è innanzitutto la lettera indirizzata al Capitolo:

18 AAB, Fondo Musicale, Fuori.Inventario.IV.B.2.1 (segnatura provvisoria): Messa a quat- tro Voci con Violini, e diversi altri Strumenti composta dal Sig.r Luca Antonio Predieri in at- tuale Servizio di S.M.R.I., ed’Apostolica MARIA TERESA Imperatrice, e Regina d’Ungaria, e Boemia &c. &c. &c. &c. In occasione che in questo cor.te Anno 1766. è stata trasportata con solenne pompa la Miracolosa Immagine di M.V. detta di S. Luca. nella Insigne Metro- politana di S. PIETRO. La lettera autografa di Predieri è conservata insieme con la partitura e la serie di parti staccate.

140 Illustrissimi, e Reverendissimi Signori Un non mai interotto servizio di 58 anni a questa Metropolitana Chie- sa, 39 de’quali dedicati a particolare sudditanza di questo Reverendissi- mo Capitolo, e l’affezione contratta a ciò che riguarda l’una, e l’altro mi hanno determinato allo sproprio di quella Messa a due Cori, la quale a mia preghiera fù cominciata a scrivere dal P. Stanislao Mattei, poscia per circostanze compita dal Caval.e Maestro Tadolini, e per la seconda volta eseguita in quest’anno nella festa di Nostra Protetrice Maria da S. Lu[c]a. Ella è di già collocata nell’Archivio Musicale di questa Metropol.a quin- di in proprietà del Reverendissimo Capitolo, onde all’evenienza possi servirsene al maggior Culto di Nostra Santissima, e de’ suoi Santi, non che all’uso più addatto dell’ecclesiastiche funzioni, ed a conservare de- gna memoria dello scrittore, onore della Patria nostra, ed esemplare di emulazione a chi voglia applicarsi alla scienza musicale. Nel desiderio che venghi accolta la tenue offerta in piccolissimo testimo- nio di stima, e di rispetto verso il Reverndissimo Capitolo hò l’onore di dichiararmi col dovuto ossequio Delle SS. LL. II. e Reverendissime Li 5 Giugno 1848 Devotissimo, Obbligatissimo Serv.e D. Pet.o Belvederi Econ.o Capitolare 19

Significativa è del pari la testimonianza, sempre autografa di Belvede- ri, scritta nel retro della copertina della partitura del Chirie di questa messa:

Questa Messa fù cominciata nel 1815 dal P. Maestro Mattei ad istanza del Sacerd.e Petronio Belvederi nella circostanza che si doveva dal Re- verendissimo Capitolo Metr.o fare il ringraziamento per la restituzione de’ suoi Stati alla S. Sede. Per certe lagnanze di quei suonatori che re- stavano esclusi non volle compirla, ne consegnare li pezzi già scritti, e quindi se ne rimase privi. Accaduta la morte del P. Maestro furono rino- vate dal Sacerd.e sudd.o le premure presso gli Eredi per averla, e dal Re- verndo Parroco di S. Cattarina di Saragozza, ora Monsignore, Battesti- ni fù restituita tal quale si trovava. Fù poscia consegnata al Sig.e Caval.e Maestro Gio. Tadolini, il quale pregato, ebbe la compiacenza di termi- nare il giorno 12 Agosto 1845 un lavoro degno della memoria di que- gli che si distinse frà celebri scrittori, e maestri di matteria musicale. 20

19 ACB, cart. 174, fasc. 21, doc. 1. 20 AAB, Fondo Musicale, Fuori.Inventario.IV.C.1.9 (segnatura provvisoria). Sette fascico- li con le diverse parti della messa in partitura: Chirie a 2 Cori del P.M. Mattei; Gloria, Lau-

141 In qualche modo rinnovando le intenzioni di Predieri, Belvederi dona dunque il manoscritto affinché proprio nella prestigiosa sede di S. Pietro sia conservata «degna memoria dello scrittore». Nel contempo, passa in secondo piano la volontà di accrescere la già notevole fama dell’autore o di rafforza- re il suo già solido rapporto con il Capitolo. Domina piuttosto l’intento astrat- to di testimoniare i legami storici tra istituzioni e persone in àmbito cittadino, attraverso il testo simbolico di una messa per la restituzione dei territori pon- tifici al papa regnante. Per ciò che riguarda la donazione di manoscritti da parte di maestri di cappella, al di là della tradizione di depositare nell’archivio le partiture appo- sitamente composte per S. Pietro, si individuano almeno tre casi: quello in apparenza spontaneo di Donelli nel 1837 e i due di Tadolini nel 1839 e 1870. 21 Indicativo del legame tra magistero di cappella e archivio musicale è il pro- cesso donativo del 1839. In quell’anno morì all’improvviso Donelli, maestro di cappella ad interim durante il lungo soggiorno parigino di Tadolini; a tale riguardo, con lettera del 20 marzo (attualmente perduta) il Capitolo informò il musicista sia del decesso sia della nuova nomina di Fabbri; Tadolini rispo- se il 30 marzo chiedendo al Capitolo di recuperare alcune sue partiture lascia- te a Donelli e di ricollocarle nell’archivio musicale:

damus, Gratias a due Cori con accompagnamento d’Organo, Corni, Contrabasso, e Violon- cello del Maestro Gio: Tadolini; Trè Domine a due Cori, del P. Maestro Mattei; Qui Tollis, Suscipe, Qui sedes a 2. Cori con accompagnamento d’Organo, Corni, Contrabasso, e Vio- loncello del Maestro Gio: Tadolini; Quoniam, e Cum Sancto a 2 Cori con accompagnamento d’Organo, Corni, Contrabasso, e Violoncello. del Maestro Gio: Tadolini; Credo a due Cori f. S. M. Bb; Suonata a 2 Organi con accompagnamento di Massi, e Contrabassi. 21 La donazione del 1837 è attestata dalla minuta della lettera di ringraziamento inviata il 6 luglio dal Capitolo di S. Pietro al compositore. ACB, cart. 107, fasc. 25, doc. 3: «Al Sig.r Benedetto Donelli Organista, Maestro di Cappella ed Accademico Filarmonico. | Il Capito- lo della Metropolitana di Bologna. | Avendo inteso il Capitolo stesso, che V.S. ha voluto cor- redare l’Archivio musicale di due Salmi del Vespro, cioè Dixit Dominus, e Laudate Pueri da cantarsi al’opportunità nelle musiche solenni... col farne un grazioso dono, Le appalesa colla presente i più vivi sentimenti di riconoscenza e di aggradimento, esser cosa, che tornerà cer- tamente a maggior lustro e decoro delle Sacre Funzioni, perché prodotto di V.S. di cui è no- ta abbastanza l’abilità, la vivezza, e lo spirito nelle operazioni di contrappunto. | A nome per- tanto del Capitolo medesimo, e per tutti gl’individui che lo compongono conferma gli enun- ciati sentimenti di gratitudine il sottoscritto | Gio: Paolo Bacialli Canonico Segretario | Dalla Residenza Capitolare questo di 6 Luglio 1837». I due manoscritti citati sono oggi riconosci- bili nel Donelli.20, Dixit: breve a trè Voci TT, e Basso con Strumenti, e nel Donelli.21, Lau- date pueri. a trè Voci. TT, e B:º con Strumenti.

142 Illustrissimo Signor Canonico, La sua pregiatissima del 20. corr.te di cui debbo ringraziarla, mi ha reso dolentissimo per l’infausta notizia della morte del M.ro Donelli. Sento poi con piacere che una tale perdita sia stata, per quanto era possibile, riparata colla scelta saggiamente fatta dal Capitolo Metropolitano del Sig.r Maestro Fabbri. Allorquando partii di Bologna lasciai al M.ro Donelli diverse messe in musica, ed altri vari pezzi, i quali tutti mi lusingo verranno rimessi al di lui successore, dovendo essi servire esclusivamente pel servizio del- la Cappella. Conto ben presto di restituirmi in Patria, ed avere cosi il bene di espri- merle personalmente i sensi dall’alta stima, e dovuto rispetto con cui in- tanto mi rassegno Di Lei Illustrissimo Sig.r Canonico Parigi, 30. Marzo 1839. Devotissimo Obbligatissimo Servitore Giovanni Tadolini 22

Dando séguito alla richiesta di Tadolini, il 9 aprile il Capitolo inviò una lettera alla vedova di Donelli; essa ebbe riscontro il 15 aprile con un elenco dei manoscritti tadoliniani effettivamente rimasti presso Donelli:

Illustrissimo e Reverendissimo Signore D’appresso al di lei preg.o foglio 9 corrente, fatta osservare la musica lasciata dal fu mio marito Benedetto Donelli di b. m., se ne sono trovati N.º 13. pezzi del Sig.r Maestro Giovanni Tadolini, tutti descritti nell’u- nita nota, di cui Ella trovera due copie da rimanere una presso code- sto Reverendissimo Capitolo Metropolitano, e da tornarmi l’altra con un cenno di ricevuta, di che prego V. S. Illustrissima e Reverendissima ad opportuno scarico mio, ove mio Marito avesse lasciata al S:r Tadoli- ni sud:to una ricevuta all’atto che gli vennero consegnati detti pezzi. In attesa di ciò dalla bontà di lei passo all’onore di rassegnarmi un distin- to ossequio Di Lei Illustrissimo Reverendissimo Signore Casa 15. Aprile 1839. Umilissima Devotissima Serva Teresa V.ª Donelli. 23

22 ACB, cart. 107, fasc. 24, doc. 12. 23 ACB, cart. 107, fasc. 24, doc. 13.

143 Restituiti i manoscritti all’archivio, il Capitolo diede per chiusa la fac- cenda e ne ringraziò Tadolini. È probabilmente questa la missiva la più inte- ressante, della quale si conserva la minuta:

Pregiatissimo Signore Questo Capitolo Metropolitano ricevuta appena la graditissima lettera direttagli dalla S. V. in data delli 30 Marzo si fece premuroso di ritira- re dalla vedova dell’egregio maestro Donelli i pezzi di musica dei qua- li piacque alla prelodata S. V. far dono all’Archivio Musicale del Capi- tolo stesso. Ora m’incombe il medesimo di ricambiare coi sentimenti più distinti di riconoscenza quest’atto generoso che nel tempo stesso fa palese l’amore che Ella nutre pel decoro delle sacre funzioni, non sen- za tacerle che per la prossima solennità di S. Pietro s’attende che Ella compisca l’opera prestandosi a dirigere la musica, giacchè ci è toccato in sorte d’averla in quest’anno alcun poco fra noi. Nell’assicurarla che tornerà graditissimo al Capitolo che Ella annuisca a cotesto invito, mi pregio di rassegnarle novellamente i sensi dell’alta mia stima coi quali mi sottoscrivo [&] 15 Giugno 1839. Al Sig.r Maestro Tadolini Giovanni 24

Si coglie come per Tadolini fosse scontato che quelle composizioni lasciate a Donelli per la musica in cattedrale dovessero essere incluse nell’ar- chivio musicale; la lontananza fisica del maestro di cappella titolare rese necessario scrivere su carta ciò che nella prassi di S. Pietro sarebbe in ogni caso dovuto accadere tacitamente. Ma non tutte le composizioni verosimil- mente approntate per la cattedrale furono girate su due piedi all’archivio. È il caso di un graduale per la Beata Vergine forse composto per S. Pietro e dona- to nel 1870: 25

24 ACB, cart. 107, fasc. 24, doc. 14. 25 In modo analogo un altro graduale, per san Pietro ed eseguito nel 1867, fu donato dal mansionario Luigi Zarri nello stesso aprile 1870: cfr. ACB, cart. 174, fasc. 24, doc. 1. Il ma- noscritto del graduale per san Pietro è da identificarsi nell’attuale Tadolini.26 (AAB, Fon- do Musicale, Tadolini.26: Graduale per Voce di Baritono Composizione del Maestro Cava- liere Giovanni Tadolini In Occasione del Giorno di S. Pietro il 29 Giugno 1867 Composto espressamente pel molto Reverendo Signor Don Luigi Zarri Mansionario nella Metropolita- na di Bologna:). Il manoscritto del graduale per la Beata Vergine è da identificarsi nell’attua- le Tadolini.27 (AAB, Fondo Musicale, Tadolini.27: Graduale della B.V. - Ave Maria - Cori con Orchestra del Cav.re Maestro Giovanni Tadolini regallato al Capitolo nel 1869). Tutti e due i manoscritti furono inseriti nell’Indice Belvederi posteriormente alla prima stesura del

144 Illustrissimo S.r Cavaliere Il Capitolo della Metrop. lieto di aver potuto arricchire il suo Archivio musicale col pregiatissimo di Lei dono del Graduale Ave Maria gliene rende le grazie che sa e può maggiori. Egli assicura la S. V. Illustrissi- ma che sarà sempre oggetto per lui di viva gioia e di singolar compia- cenza ogni qualvolta possa rendere il detto Archivio viemmaggiorm. pregevole per qualche parto del di Lui ingegno affatto singolare. Accol- ga il S.r Cavaliere nella sua gentilezza questi sensi di sincera gratitudi- ne onde il Capitolo pieno di verace stima e di profondo ossequio ha il bene di potersi ripetere Di Lei Illustrissimo S.r Cavaliere Bologna 27 Aprile 1870 Pel Capitolo Devotissimo Obbligatissimo Servo Camillo Elmi Can. Camerlengo All’Illustrissimo Signore Padron Colendissimo Il S.r Cavaliere Giovanni Tadolini. 26

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III. Acquisti «ex eo quod sint magistraliter compositi»

Come già detto, i manoscritti potevano entrare nell’archivio anche come acquisto di materiale musicale utile alle celebrazioni in S. Pietro e in qualche modo già legato ai membri della cappella. Nel 1842, tre anni dopo la morte di Donelli, la vedova scrisse la seguente lettera al Capitolo:

Illustrissimi, e Reverendissimi Signori Colla perdita dell’ottimo mio Marito Maestro Benedetto Donelli, e del- la buona mia figlia Mariotta, poc anzi defunta, hò perduto il più valido sostegno alli giorni che mi restano a vivere, ciò fece motivo a dovermi determinare di vendere anche in detaglio, la Musica del su lodato Ma- estro, che tutta fin ad ora presso di me si conserva; e sapendo che mol- ta di questa fù scritta per il buon servizio della Capella di S: Pietro, hò voluto perciò, prima d’ogni altro, far noto alle sue SS: LL: Illutrissime, e Reverendissime le mie determinazioni pregandole a farne quell’ac-

1845, come appare dalle diverse calligrafie presenti nell’indice in questione. Il dono dei due graduali fu accettato nella seduta del Capitolo del 26 aprile (cfr. ACB, cart. 73, lib. XII.P.IIº: Acta 1865-83, p. 451) 26 ACB, cart. 147, fasc. 25, doc. 1.

145 quisto, che più le possa interessare, e sollevare nel tempo stesso la tri- ste mia situazione. Se troverò, come spero, tanta bontà nei loro cuori di anuire a miei voti, sarà per me eterna la gratitudine per protestarmi sempre Casa li 15 8bre 1842. Sua Umillissima Serva Teresa Chiarelli vedova Donelli. 27 Il 19 ottobre il Capitolo diede incarico agli assunti alla musica Antonio Tassoni e Antonio Canzi (due canonici responsabili dei rapporti con la cap- pella musicale) di condurre un’indagine per decidere se acquistare o meno i manoscritti. 28 Con lettera del 31 ottobre gli assunti comunicarono al Capito- lo di trovare conveniente l’acquisto di undici pezzi al prezzo di venti scudi (la vedova vi aggiunse in dono la partitura di un Tantum ergo). 29 Come si legge nel decreto del Capitolo dello stesso 31 ottobre:

Vocatur Circulus ad audiendam relationem exaratam a Reverendissi- mis Assumptis ad Musicam circa Musicæ supradictæ a Vidua Donelli exhibitæ, qui legerunt pagellam, in qua descripti sunt concentus musi- ci, quos ipse defunctus composuerat magna ex parte pro hac nostra Me- tropolitana. Hi concentus sunt varii pro Missis et pro Vesperis, uti vi- dere licet in ipsa pagella. Prælaudati Reverendissimi Assumpti retule- runt, Capitulum acquirere posse prædictos concentus, ex eo quod sint magistraliter compositi, pro pretio circiter viginti scutatorum. Reveren- dissimi omnes præsenti votum Assumptorum probavere, indixeruntque Mansionario Rigosa Archivistæ Musicæ, ut in Archivio ponat, addatque in indice distinctim concentus ipsos, nec non Æconomo, ut solvat Vi- duæ viginti Scutata. 30

Per quanto il proposito del Capitolo fosse soprattutto aiutare la vedova di un suo salariato, appare comunque chiara la volontà di arricchire un archivio musicale nel quale doveva rispecchiarsi la sontuosità delle funzioni nella cat- tedrale. Nei decenni di mezzo del secolo XIX è infatti documentata la ricer- ca del massimo splendore delle celebrazioni: l’orchestra fu significativamen-

27 ACB, cart. 117, fasc. 29, doc. 1. 28 ACB, cart. 73, lib. XII.P.Iª: Acta 1841-64, p. 25: «Die 19 ejusdem. [Octobris] | [...] Legitur etiam alia Epistola Theresiæ Chiarelli Viduæ Donelli, qua rogat Capitulum, num velit acquir- ere aliquos concentus musicos, attentis ipsius criticis circumstantiis. Reverendissimus Cam- erarius remittit Epistolam Reverendissimis Assumptis ad Musicam cum plena facultate». 29 Cfr. ACB, cart. 107, fasc. 29, docc. 2-3. 30 ACB, cart. 73, lib. XII.P.Iª: Acta 1841-64, p. 25 sg.

146 te incrementata e il nome di Tadolini fu esibito con orgoglio. Da ciò derivò il più imponente acquisto documentato di manoscritti, ossia quello di gran par- te dell’archivio privato di Tadolini. Non si conoscono le ragioni che indussero gli eredi del maestro di cap- pella ad alienare il suo archivio privato, ma il 20 novembre del 1873, un anno dopo la morte del compositore, il Capitolo registrò il seguente decreto nel Liber Secretus:

20 Novembris. | […] significatum fuit Reverendissimo Capitulo Here- des Equitis Joannis Tadolinii magistri symphoniacorum in templo nostro velle musicam sacram ejusdem alienare, et optionem ante omnes ipsi Capitulo facere aquirendae pretio ultimo mille argenteorum italicorum. Capitulum auditis viris ad hoc idoneis, et animo perpendens hanc musi- cam et merito suo peculiari, et propterea quod tantum in templo nostro habita fuerit, decere omnino non distrahi, sed in archivio nostro adser- vari. […] Collecta suffragia, et palam facta cuncta alba reperta sunt. 31

Il 4 dicembre Antonio e Diomeo Tadolini firmarono la ricevuta, dichia- rando d’aver ricevuto 1000 lire dall’economo del Capitolo Gaetano Trombet- ti in cambio di «diversi pezzi di Musica Sacra, come al Catalogo presentato al Capitolo»; 32 detto catalogo elenca settantasette composizioni più una serie di «Spartiti raddoppiati». 33

 IV. L’organizzazione dell’archivio: quattro inventari ottocenteschi

Per uso, dono e acquisto, l’archivio musicale di S. Pietro andò dunque arricchendosi fino al culmine segnato dall’annessione del materiale tadoli- niano. Come già accennato, in diverse fasi l’archivio è stato oggetto di rior- dino e indicizzazione; a ciò si deve una sua descrizione accurata presso quei momenti. Gli indici sono quattro e se ne dà di séguito il dettaglio. Il primo indice (Primo Indice Mazzoni) fu preparato da ignoto ma è autentificato in fine dalla mano di don Angelo Mazzoni: «Il Sacerd: Mansio- nario Angelo Mazzoni Archivista afferma:». 34 Mazzoni ebbe un ruolo impor-

31 ACB, cart. 73, lib. XII.P.IIª: Acta 1865-83, p. 481. 32 ACB, cart. 107, fasc. 30, doc. 2. 33 ACB, cart. 107, fasc. 30, doc. 1: Catalogo Della Musica Ecclesiastica del Celebre Mae- stro Cavaliere Giovanni Tadolini. 34 ACB, cart. 107, fasc. 28, doc. 1, s.d.: Inventario de Pezzi di Musica custoditi dal Reverend.o Sig.r D. Angelo Mazzoni Mansionario.

147 tante per la vita musicale in S. Pietro: oltre che essere cantore – in quanto mansionario; e cantore di pregio, come informa la nota di Belvederi nel pezzo segnato Gibelli.6 – fu maestro di canto fermo al Liceo Musicale di Bologna dal 1814 al 1817; si prestò assiduamente a copiare musica: di sua mano sono molte partiture e serie di parti staccate, o parti integrative di serie già esistenti nell’archivio. L’inventario non reca data ma è da collocarsi tra il magistero di cappella di Fontana (del quale sono registrate le musiche) e il 1825, anno nel quale il secondo inventario ne ricalcò in parte gli schemi (l’unico manoscritto di Pilotti, successore di Fontana, è già presente in questo indice, ma è proba- bile che il pezzo entrasse nell’archivio prima della nomina a maestro di cap- pella). La compilazione di simili inventari avveniva di solito con l’avvicen- damento di diversi maestri di cappella: Mazzoni ne avrebbe dunque preparato uno nel passaggio da Fontana a Pilotti (1820) e un secondo nel passaggio da Pilotti a Tadolini (1825). L’indice è composto da dieci carte rilegate insieme, e ripartisce l’archivio musicale in due sezioni (cui corrispondono tipi diver- si di carta), a loro volta suddivise secondo le lettere A, B e C, probabili riferi- menti all’ubicazione nella scaffalatura. Nella prima sezione, la lettera A com- prende le messe con e senza strumenti; la B (in due elenchi diversi) i graduali per i santi e per tutte le domeniche dell’anno; la C è divisa in tre parti: gli inni per i vespri (distinti in inni con strumenti e senza), i salmi e le edizioni a stam- pa (elenco che reca il titolo Messe, e Salmi a Capella i diversi Autori Antichi). Nella seconda sezione, la lettera A comprende le messe da morto; la B (in due elenchi diversi) le messe di gloria («messe diverse»), i salmi senza strumen- ti e le laudi di Maria Vergine; la C (in tre parti) gli inni Exultet e altra musi- ca per la novena di san Pietro apostolo, gli introiti a cappella e la musica per i mattutini. Alcuni elenchi recano una numerazione che corrisponde a quel- la nei manoscritti (si veda l’angolo in alto a destra della prima pagina), e in tutto registra ca. 434 composizioni musicali (delle quali soltanto una piccola minoranza non facilmente identificabile si presentava in edizione a stampa). Il secondo indice (Secondo Indice Mazzoni), tutto autografo di Mazzo- ni, reca in fine una nota d’altra mano: «Fù consegnato dal Reverendo Sig.r D. Angelo Mazzoni li 15. Xbre 1825. al Reverendissimo Capitolo». 35 Esso regi- stra diciassette edizioni a stampa e circa 445 manoscritti ordinati secondo l’uso liturgico; alcune sezioni riportano anche una numerazione interna. Le edizio- ni a stampa, testimoni delle musiche più antiche (autori quali Francesco Passa- rini, Maurizio Cazzati, Giovanni Paolo Colonna o Giuseppe Antonio Silvani),

35 ACB, cart. 107, fasc. 28, doc. 2, 1825, 15 dicembre: Inventario di Musica che si ritrova nell’Archivio di questa Chiesa Metropolitana di spetanza di questo Reverendissimo Capito- lo di S. Pietro.

148 non compaiono già più nel catalogo del 1845 e sono oggi tutte disperse. L’in- dice contiene quasi tutte le musiche dell’inventario precedente, anche se l’or- dine e la numerazione sono mutati, e vi aggiunge in particolare i manoscrit- ti dei fratelli don Angelo e don Valerio Tesei. L’annessione è da ricondurre alla morte di Angelo (avvenuta nel febbraio del 1825, undici anni dopo quel- la di Valerio), che forse lasciò all’archivio musicale la propria raccolta com- prensiva delle musiche del fratello. La suddivisione operata in questo indice è un poco diversa da quella del Primo Indice Mazzoni, e le numerazioni che si trovavano in esso non sono rispettate in quello del 1825. Tutto fa credere che al 1825 risalga il primo riordino sistematico dell’archivio: la rilegatura della maggior parte dei manoscritti, la uniformazione dei titoli e delle numerazio- ni marca questo sottile passaggio da insieme di manoscritti a vero e proprio archivio. Il Secondo Indice Mazzoni è composto da dodici carte e suddivide i manoscritti in diversi gruppi secondo il loro uso e la presenza o meno di stru- menti; segue l’elenco – la numerazione è aggiunta – delle suddivisioni:

1. [Messe] 2. Versetti volanti per il Gloria 3. [Crucifixus] 4. [Credo] 5. Sequenze, Graduali per le Domeniche[,] feste, e Sollenità. Senza Stru: 6. Graduali con Strumenti per le Domeniche, e Sollenità, ed altro. 7. Graduali Proprij de’ Santi, e de’ Comuni. Senza Istrum: 8. Graduali con Strum: per li Santi, e per tutti li Comuni. 9. Nel fondo Messe, e Salmi in stampa. 10. Salmi ed Inni [Domine, Dixit, Confitebor, Beatus Vir, Laudate Pueri, Letatus Sum:, Nisi Dominus, Laudate Dominus, Credidi, Beati omnes, De profundis, In Convertendo, Domine Probasti, Magnificat] 11. Inni senza Strum: 12. Inni con Strumenti. 13. Uffizi della B. V. ed altro. 14. [Miscellanea] 15. Settimana Santa. 16. Lezioni per li Mattutini. 17. Altro per la Settim: S. [e altro] 18. Antifone Tu es Pastor. Inni Exu[l]tet per la Novena di S. Pietro. 19. Sub tuum Pres: Littanie. e Tantum Ergo. 20. Responsori. e Messe alternative per li Defunti. 21. [Miscellanea] 22. Messe, e Salmi senz’Istrum: 23. Salmi, ed altro

149 Il terzo indice (Indice Terzo), preparato da ignoto e senza data, si può col- locare tra quelli del 1825 e 1845. 36 Il lasso temporale può essere però ristretto: il terminus post quem è dato dal dono del Dixit Dominus e del Laudate Pueri di Donelli nel 1837 (fatto documentato nell’Indice Terzo), mentre il terminus ante quem è dato dal citato acquisto del 1842 (le musiche in questione figure- ranno solo nell’indice del 1845). 37 Tra le due date si contempla, nel 1839 e al solito, il passaggio del magistero di cappella da Donelli a Fabbri, e a tale anno si può verosimilmente ascrivere la preparazione dell’indice in oggetto (nell’in- dice del 1845, tuttavia, non sono ancora registrate musiche di Fabbri). L’Indi- ce Terzo presenta caratteristiche ancora differenti rispetto ai due anteriori; da un lato suddivide l’archivio musicale secondo la collocazione in quattro «can- celli», dall’altro ripartisce i manoscritti – come già nel Secondo Indice Maz- zoni – secondo l’uso, dotandoli tutti di una nuova numerazione. Anche se in tale numerazione si potrebbe auspicare una più precisa identificazione dei pez- zi, numerosi sono i casi nei quali un singolo numero si riferisce a una raccolta di manoscritti di vari autori. A mo’ d’esempio, il primo numero dei Graduali per ogni Festa dell’Anno con Strumenti, e senza, ubicati nel secondo cancel- lo, è indicato con questa dicitura inequivocabile: «Quarantasei Graduali a 4- coll’accompagnamento dell’Organo di Vari Autori». 38 Così, i 445 manoscrit- ti elencati nel Secondo Indice Mazzoni scendono nell’Indice Terzo a sole 362 unità archivistiche, delle quali peraltro un certo numero consiste nelle acqui- sizioni dell’ultimo decennio. Il raggruppamento di più manoscritti in singo- le unità non solo ne rende oggi complessa la quantificazione, ma anche ren- de impossibile in molti casi l’individuazione di un manoscritto contemplato sia nel Secondo Indice Mazzoni sia nell’Indice Belvederi, ma non contempla-

36 Cfr. ACB, cart. 107, fasc. 28, doc. 3, s.d.: Archivio di Musica per uso della Capel:la di S. Pietro. 37 Nella citata corrispondenza tra la vedova Donelli e il Capitolo si rispecchia l’acquisto (1842) di undici composizioni facilmente riconoscibili nell’Indice Belvederi; eccone l’elen- co (tra parentesi quadre, la segnatura di Belvederi): «Composizioni musicali del Prof. Bene- detto Donelli delle quali è stato proposto l’acquisto al Reverendissimo Capitolo metropolita- no. | 1. Kyrie a tre voci in RE. [Donelli.3] | 2. Kyrie a tre voci in DO. terza minore. [Donel- li.1] | 3. Gloria intera in LA. [non identificato] | 4. Gloria intera in MI. bemolle. [Donelli.5] | 5. Gratias e Domine a tre pieno in LA. [Donelli.8] | 6. Qui tollis a tenore solo in MI bemolle. [Donelli.9] | 7. Quoniam a tenore e basso in MI. [Donelli.11] | 8. Credo intero in RE. [Donel- li.16] | 9. Graduale pel santo Natale a voce sola in RE. [Donelli.12] | 10. Graduale per le feste della B.V. a voce sola in DO. [Donelli.15] | 11. Graduale per la festa di S. Pietro a voce sola in FA. [Donelli.13]» (ACB, cart. 107, fasc. 29, doc. 3). 38 ACB, cart. 107, fasc. 28, doc. 3: Archivio di Musica per uso della Capel:la di S. Pietro, c. 3v.

150 to in modo esplicito nell’Indice Terzo; è questo il caso del brano segnato Tan- tum Ergo.47 di Donelli, 39 presente nel Primo Indice Mazzoni («T. ergo a 4. V. pieno Donelli») 40 e nel Secondo Indice Mazzoni («altro [Tantum Ergo] a 4 p. M. Donelli», 41 vagamente identificabile nel Indice Terzo come uno dei sette manoscritti del numero due in Tantum ergo di vari Autori: «2: Tantum ergo N.º 7 a 4 pieni di vari Autori». 42 Oltre ai due manoscritti già citati di Donelli, la più rilevante novità in questo indice è la presenza delle musiche di Tadolini, maestro di cappella per un primo periodo già dal 1825 al 1829. L’ultima riorganizzazione dell’archivio musicale si deve a Don Petronio Belvederi, 43 che fu nominato economo del Capitolo nel 1814 44 e svolse un’im- portante attività amministrativa fino alla sua morte, avvenuta nel 1853. 45 La precisione dei conti e l’accurata archiviazione dei documenti economici testi- moniano lo zelo che egli profuse nello svolgimento del suo incarico presso la cattedrale di Bologna. Al di là delle benemerenze nella gestione dell’ammini- strazione, Belvederi si interessò anche di questioni musicali: come accennato in precedenza, commissionò a Stanislao Mattei la messa a due cori per cele- brare la restaurazione degli Stati Pontifici e ne donò la partitura all’archivio musicale. In una lettera del 29 ottobre 1845, il Capitolo ringraziava Belvede- ri per il suo lavoro di riordino del medesimo archivio:

Molt’Illustre e Reverendo Signore. Dietro rapporto dei Reverendissimi Signori Canonici Assunti alla Mu- sica avendo rilevato questo Capitolo Metropolitano che la S. V. ha con molta diligenza e precisione riordinato l’Archivio Musicale con l’ag- giunta di un doppio indice e dei componimenti e dei rispettivi Autori, il

39 Cfr. AAB, Fondo Musicale, Tantum ergo.47: Tantum ergo a 4 Voci pieno. 40 ACB, cart. 107, fasc. 28, doc. 1, s.d.: Inventario de Pezzi di Musica custoditi dal Reverend.o Sig.r D. Angelo Mazzoni Mansionario, c. 8v. 41 ACB, cart. 107, fasc. 28, doc. 2, 1825, 15 dicembre: Inventario di Musica che si ritrova nell’Archivio di questa Chiesa Metropolitana di spetanza di questo Reverendissimo Capito- lo di S. Pietro, c. 10v. 42 ACB, cart. 107, fasc. 28, doc. 3, s.d.: Archivio di Musica per uso della Capel:la di S. Pie- tro, c. 7v. 43 Cfr. AAB, Fondo Musicale, Indici I e II, s.d.: Indice Generale dell’Archivio Musicale e Indice dei Pezzi. 44 Cfr. ACB, cart. 104, fasc. 16, doc. 1, 1814, 5 luglio: Elezione dell’Economo fatta dal Re- verendissimo Capitolo di S. Pietro nella Persona del Sig.r D. Petronio Belvederi. 45 Cfr. ACB, cart. 104, fasc. 18, doc. 1, 1853, 15 settembre: Lettera di Clemente Maj offren- do i suoi servizi come economo del Capitolo dopo la morte di Belvederi avvenuta il 13 set- tembre.

151 Capitolo stesso mi commette di significarle essergli riuscito di moltis- simo gradimento cotesta di Lei operazione, e di averla accolta siccome nuovo contrassegno dello zelo e della premurosa sollecitudine che Ella ha sempre dimostrato per tutto ciò che lo riguarda. Nell’adempire l’ufficio commessomi ho il bene di dirmi con particola- re stima Di V. S. Bologna 29 Ottobre 1845 Aff[sic.]mo per servirla Gio: Paolo Bacialli Canonico [illeggibile] del sud:o Capitolo. 46

L’Indice Belvederi è organizzato per autori e per generi: comprendeva originariamente diciannove autori rubricati in ordine alfabetico (Alberghini, Basili, Beccantini, Bertoni, Caretti, Dallari, Dal’Fiume, Donelli, Favi, Fon- tana, Gibelli, Mazzoni, Martini, Predieri, Perti, Tesei D. Angelo, Tesei D. Valerio, Tadolini e Vignali), nonché sette categorie determinate dalla desti- nazione liturgica delle composizioni (Settimana Santa, Inni Exultet, Tantum Ergo, Te Deum, Litanie, Beata Vergine, Per Defonti). A queste fu aggiunta in un secondo tempo dallo stesso Belvederi una nuova categoria per Mattei; l’indice comprendeva così 586 manoscritti distribuiti in ventisette categorie. Altri sei manoscritti (cinque nell’Inni Exultet e uno nel Tantum Ergo) furo- no registrati da mano ignota in un’epoca successiva; un ultimo inserimento di manoscritti è databile ai primi anni Settanta dell’Ottocento: 47 furono aggiunti cinquantotto manoscritti (dal 18 al 75) per Tadolini, quattro per Tantum Ergo, e furono create ex novo le categorie di Franchini, Natali Arcangelo e Trom- betti Alessandro, comprendenti sette manoscritti in tutto; questo Indice gene- rale dell’Archivio Musicale comprendeva così 661 manoscritti. Per facilitare la consultazione, Belvederi aveva inoltre compilato un secondo indice (Indi- ce dei Pezzi) che permetteva la ricerca per generi attraverso i rimandi all’in- dice generale; comprendeva ventisei categorie (Chirie, Chirie, e Gloria, Glo- ria, Pezzi di Gloria, Graduali, Credo, Pezzi di Credo, Domine ad Adjuvan- dum, Dixit Dominus, Confitebor, Beatus Vir, Laudate Pueri, Laudate Domi- num, Nisi Dominus, Letatus sum, Credidi, In Convertendo, Domine probasti, De Profundis, Inni, Magnificat, Tantum Ergo, Messa a pieno, Introiti, Antifo-

46 AAB, Fondo Musicale, 1845, 29 ottobre: lettera ritrovata tra i manoscritti e priva ancora di segnatura. 47 Visto che l’aggiunta non contempla ancora i manoscritti acquistati dagli eredi di Tadolini nel 1873, questa è databile senz’altro prima di questa data. Mentre invece l’aggiunta riporta i manoscritti Tadolini.26 e Tadolini.27, che costituiscono rispettivamente i doni già citati di Zarri e Tadolini nel 1870.

152 ne e Te Deum, più una aggiunta databile al 1851-52 (Alfieri) creata per ospi- tare l’opera 56 a stampa di Pietro Alfieri. 48 Le integrazioni all’indice generale furono registrate anche nell’indice per generi. Tale riordino fu accompagna- to da un consistente intervento di risistemazione dei materiali: furono rilegati i manoscritti lasciati sciolti da Mazzoni; fu imposta a tutti i volumi la nume- razione corrispondete all’Indice Belvederi, riportata anche su una linguetta di carta sporgente dal dorso della legatura funzionale al rapido reperimento sul- lo scaffale. Le acquisizioni posteriori all’aggiunta del 1870-73 non furono registra- te. Dei circa 640 manoscritti fuori inventario almeno settantasette sono quel- li acquistati dagli eredi di Tadolini nel 1873, uno contiene la messa donata da Predieri nel 1766 e alcune decine sono parti staccate relative a composi- zioni censite da Belvederi ma scorporate dalle rispettive partiture. Un’altra cospicua acquisizione avvenne alla fine del secolo XIX: si tratta di oltre 150 manoscritti che recano un prezzo in Lire sulla copertina o nella prima pagina; la maggior parte riporta annotazioni manoscritte che ne attestano la proprie- tà di Giovanni Battista Dotti, e Luigi Curti o Giuseppe Monti, in alcuni casi di entrambi. Un ultimo gruppo di venti manoscritti datati tra il 1855 e il 1903 testimonia l’attività musicale in S. Pietro fra i secoli XIX e XX: contengono perlopiù musiche per banda destinate ad accompagnare l’ingresso della vene- rata immagine della Madonna di S. Luca in cattedrale. Questa prima ricognizione del Fondo Musicale è stata condotta, di neces- sità, in modo schematico; risulta altresì condizionata dalla mancanza di docu- menti relativi ad alcuni periodi della storia dell’archivio. Essa consente tut- tavia di individuare aspetti significativi del rapporto tra musicisti, istituzioni ecclesiastiche e società bolognesi nell’arco cronologico che va dalla fine del secolo XVII ai primi anni del XX; tale rapporto è testimoniato, in ultima ana- lisi, dalla stessa consistenza fisica dei manoscritti che hanno progressivamen- te determinato l’assetto dell’archivio musicale della cattedrale. La vicenda del Fondo è stata influenzata da necessità liturgiche e musicali, nonché dalle decisioni e dalle iniziative dei membri del Capitolo, dei maestri di cappella e dei musicisti in servizio presso la basilica: la ricostruzione della storia dell’ar- chivio fornisce pertanto un importante strumento di supporto a studi musica- li e musicologici intorno alla cappella di S. Pietro e alla vita musicale felsinea in generale, consentendo non solo di fissare un’utile, seppur sommaria, cro- nologia delle attività musicali in cattedrale, ma anche di indagare la sostanza

48 Cfr. AAB, Fondo Musicale, Settimana Santa.48: Le Lamentazioni di Geremia Profeta con note di canto gregoriano pubblicate da Monsignor Alfieri Romano. Opera 56.(Roma, Mon- aldi, 1851).

153 compositiva e la prassi esecutiva della musica che vi era destinata. In questa prospettiva, si auspica che i futuri studi del fondo non si limitino a indagar- ne la consistenza bibliografica, ma rendano ai manoscritti il valore di oggetti pronti alla realizzazione sonora della musica che contengono.

154 Alberto Brunelli

Il fondo musicale dell’Archivio Storico Diocesano di Ravenna e rapporto con la Cappella Polifonica del Duomo

Come in tutti gli archivi che contengono fondi musicali anche per Raven- na si verifica lo stesso iter formativo: quello che viene conservato deriva da ciò che rimane dalla produzione e dall’utilizzo di musiche di conventi e cap- pelle musicali. Anche l’apparire inaspettato di frammenti di pergamene antichissime riutilizzate per rilegature di volumi, è indice di quanto si scriveva e si usava. Data la preziosità dei materiali e la complessità della produzione specialmen- te di pergamene e manoscritti, non c’era spazio per esercizi di pura astrazio- ne. Si scriveva (per lo meno per la musica) ciò che serviva: messali, graduali, antifonari e in seguito brani polifonici per le varie feste liturgiche. Nell’Archivio Storico Diocesano di Ravenna sono presenti tra gli altri frammenti di pergamena con un tipo di notazione detta appunto “ravenna- te” del XII sec.: un primo frammento contiene i responsori del III Notturno e le antifone delle lodi mattutine della memoria di S. Lucia (13 dicembre) ed è tratto da un Antifonario secolare; un secondo frammento tratto sempre da un Antifonario contiene due responsori mutili del III notturno e le antifone del- le lodi dal Comune di più martiri; un terzo frammento proviene da un Antifo- nario monastico contenente 7 responsori del mese di ottobre e 11 del mese di novembre più parte dell’Ufficio votivo della Trinità. Già da così pochi fram- menti si vede che i manoscritti di canto gregoriano erano usati nelle diverse comunità monastiche o clericali, come potevano essere i Canonici del Duo- mo o di S. Maria in Porto. Lo stesso accade per i più voluminosi Antifonari o Graduali presenti nell’Archivio Storico provenienti infatti dai conventi di S. Francesco (France- scani), S. Vitale (Benedettini) e S. Giovanni Battista (Carmelitani) e dal Capi- tolo della Cattedrale o dal cosiddetto Convento dei Parroci. Da qui si vede come l’arte musicale fosse portata avanti da conventi e capitoli secolari. L’epoca della polifonia con la presenza della Cappella Musicale del- la Cattedrale ha lasciato numerose tracce documentarie nell’Archivio dato che una delle funzioni esplicite dei Maestri di Cappella era comporre i brani necessari alla liturgia. Nel Cinquecento emerge la figura di Costanzo Porta (Cremona 1529 - Padova 1601), maestro di Cappella a Ravenna dal 1567 al 1574 e dal 1580 al

155 1589, del quale è conservato un manoscritto contenente Salmi e Magnificat e due copie di un volume a stampa del Primo Libro delle Messe (1578). Di questo secolo sono conservati solo altri due volumi ambedue contenenti dei Magnificat: il primo di Cristobal De Morales (Siviglia 1500-Malaga 1553) stampato nel 1562 e il secondo di Giovanni Animuccia (1514-1571) stampa- to nel 1568. Già solo questi pochi libri ci danno l’idea di come dovesse essere il canto nella liturgia: Vespri con salmi cantati e Magnificat in polifonia, mes- se con l’ordinario in polifonia e il proprio in gregoriano, com’era prassi nel- la chiesa post-tridentina. A fine Seicento troviamo una ventina di manoscritti di opere del Maestro di Cappella ravennate (dal 1677 al 1703) padre Elia Vannini (Medicina 1644- 1709) contenenti salmi, inni, responsori e due messe per i defunti. Sempre del Seicento si conservano alcuni volumi a stampa dei seguen- ti autori: Giovanni Paolo Colonna (Bologna 1637-1695), composizioni per doppio coro: Messe (1684), Messe, salmi e responsori per i defunti (1685), Compieta e sequenze (1687); Stefano Filippini (Rimini 1601-1690), Concerti sacri op. 7 (1671, una sola parte); Agostino Filippucci (Bologna 1621-1679), Messe a 4 voci op. 2 (1667); Giovanni Giacomo Gastoldi (Caravaggio 1555 - Milano 1609), Salmi a 5 voci e b.c. (1673); Alessandro Grandi (Sicilia 1575 - Bergamo 1630), Salmi per i Vespri della Madonna e Litanie a 8 voci op. 1 (1680, solo due parti); Francesco Passarini (Bologna 1636-1694), Messe a doppio coro op. 4 (1690); Filippo Vitali (Firenze 1590-1653), Inni a 4 voci (1636). Si può notare che quasi tutti i volumi contengono musiche di autori romagnoli o bolognesi, segno dell’influenza che esercitavano grazie ai con- tatti più ravvicinati. A inizio Settecento è Maestro di Cappella del Duomo di Ravenna Ber- nardo Pascoli del quale si conservano sette manoscritti con Inni, antifone, mottetti e una messa a più voci e un volume a stampa con mottetti a voce sola op. 1 (1705). Dopo di lui per lungo tempo (dal 1723 al 1760) è attivo il francescano padre Alessandro Salvolini (Cervia o Meldola, fine ’600 - Bolo- gna, ?) del quale sono conservati una decina di manoscritti con Inni e Messe per lo più a 4 voci e organo. Dei successivi maestri di cappella rimane qual- che manoscritto solo di tre: due volumi con i Responsori per la notte di Nata- le (1770 e 1772) di Giacomo Carcani (Parma 1734 - Piacenza 1820); un Ora- torio per la Vergine del Sudore (1779) di Antonio Pio (Ravenna 1753-1795), credo il più avventuroso dei maestri di cappella figlio di un violoncellista ferrarese, allievo al Conservatorio di Napoli, cantante e compositore d’ope- ra attivo fino in Russia; una messa a tre voci e org. di Luigi Eredi (Ravenna 1751-?) maestro di cappella in duomo negli anni 1797-1798 negli anni turbo- lenti della Repubblica Cisalpina.

156 Oltre alle composizioni dei maestri di cappella locali, si conservano nell’archivio queste altre composizioni: Ferdinando Antonolini (Venezia 2ᵃ metà del XVIII sec. - Pietroburgo 1824), Miserere a 4 voci in ms.; G. Arrigo (?), Messa a 3 v. e org.; Filippo Baroni (Ancona, metà sec. XVII-?), Salmo- dia vespertina a 2 cori (1710); Paolo Benedetto Bellinzani (Mantova o Fer- rara 1690 - Recanati 1757), Salmi a 8 v. op. 2 (1718); Calandrelli (?) Mot- tetto per Tenore, Coro e org. in ms.; Giovanni Battista Casali (Roma 1715- 1792), Offertorio per due tenori e org. in ms.; Sebastiano Cherici (Pistoia 1647-1704) Mottetti a due e tre voci op. 4 (1700); Bartolomeo Felici (Firen- ze 1695-1776), Messa da requiem a tre v. e org. in ms.; Angelo Rivotorto (?) Salmi di Terza a due cori in ms.; Giuseppe Antonio Silvani (Bologna 1672- 1727), Inni a 4 voci (1705). Nell’Ottocento hanno lasciato una consistente traccia di sé alcuni mae- stri di cappella del Duomo. Dei tre Ligi (Luigi, maestro dal 1828 al 1830, Andrea, dal 1831 al 1864 e suo figlio Giuseppe, prima organista dal 1865 al 1876 e poi maestro dal 1877 al 1906) sono conservati complessivamente 115 manoscritti di brani per la liturgia, di cui 48 sono attribuiti ad Andrea. Anche il successore di Andrea Ligi, Angelo Triccoli, maestro dal 1865 al 1868, ha lasciato in breve tempo ben 40 manoscritti. Tre spartiti, di cui due pubblica- ti, sono di Apollinare Ferrari Miani, maestro dal 1869 al 1873, l’unico che si sia attenuto alla vecchia tradizione dell’uso del solo organo come strumento concertante, mentre gli altri hanno scritto per coro e orchestra rispecchiando il gusto del tempo per la musica operistica e bandistica. Del ravennate Anto- nio Traversari (1810-?) si conservano cinque manoscritti e di Giulio Mascan- zoni (S. Alberto 1846 - Ravenna 1905) una Cantata a due voci, coro e organo. Oltre a vari altri autori per lo più sconosciuti l’Archivio conserva un mano- scritto famoso: la Messa detta appunto di Ravenna di Gioacchino Rossini riportata alla luce nel 1960 da Renzo Calamosca, figlio di Giuseppe (Imola 1882 - Ravenna 1972), maestro di cappella del Duomo dal 1907 al 1935 del quale si conservano ben 89 fascicoli quasi tutti in edizione a stampa. A questo già notevole patrimonio, nel settembre di quest’anno 2014 si è aggiunto l’archivio musicale della Cappella musicale della Cattedrale con le musiche in uso nel XX sec. fino al Concilio Vaticano II, vero spartiac- que per la musica nella liturgia. La coincidenza della celebrazione del Con- cilio immediatamente precedente alle contestazioni degli anni dal ’68 in poi, ha provocato nella musica liturgica una vera rivoluzione. Anche a Ravenna ci sono stati i contraccolpi. L’ultimo Maestro di Cappella “vecchio stile” è stato lo stimatissimo mons. Renato Casadio (Grosseto 1901 - Portomaggio- re 1985), maestro dal 1936 al 1968 affiancato dall’ugualmente apprezzato mons. Luigi (Gino) Bartolucci (Ravenna 1911-1999), organista dalla costru-

157 zione del grande organo Mascioni, 1936, al 1995 quando ha passato il testi- mone a me. L’elenco dei compositori comprende tutti i nomi allora conosciuti del movimento ceciliano fino al famoso don Lorenzo Perosi, maestro della Cap- pella Sistina dal 1903 all’anno della sua morte, il 1956. Concludo con questo elenco dei nomi più famosi del tempo: Bottazzo, Capocci, Casimiri, Dobici, Donini, Ett, Haller, Mitterer, Pagella, Ravanello, Refice, Renner, Remondi, Rheinberger, Tebaldini, Terrabugio, Vittadini, Witt, Yon….

Riferimenti bibliografici:

Renato Casadio, La Cappella Musicale della Cattedrale di Ravenna nel sec. XVI, Roma, Psalterium, 1940; Barbara Cipollone, Audivi de caelo. Il patrimonio musicale dell’Archivio arcivescovile di Ravenna, Ravenna, Danilo Montanari, 2009; Paolo Fabbri, Tre secoli di musica a Ravenna, dalla Controriforma alla caduta dell’Antico Regime, Ravenna, Longo, 1983; Michele Raffaelli, Musica & musicisti di Romagna, Forlì, Filograf, 1997.

158 Paola Dessì

La musica delle comunità regolari e monastiche nei codici conservati all’Archivio storico diocesano di Ravenna

L’Archivio storico diocesano di Ravenna, oltre a conservare il fondo musicale della cappella del duomo, è depositario di un cospicuo numero di codici liturgico-musicali provenienti da diversi monasteri e conventi cittadi- ni. Il materiale, membranaceo e cartaceo, copre un periodo che va dal XIII al XVIII secolo. Si tratta di una preziosa raccolta con degli unica, nell’am- bito del patrimonio musicale sacro e liturgico, che confermano la ricchez- za dei beni conservati nell’Archivio. A queste preziosità musicali va aggiun- ta senz’altro la Carta ravennate 15118ter, pergamena scritta e notata, unica sul versante delle intonazioni d’amore in volgare tra la fine del XII secolo e l’inizio del XIII. Essa contiene infatti il sonetto Quando eu stava e la linea melodica per la sua intonazione, studiata e restituita in trascrizione da Danie- le Sabaino 1.

1. I codici liturgico-musicali

I testimoni più antichi appartennero alla comunità regolare dei france- scani conventuali che dal 1261 avevano la chiesa di San Pier maggiore, l’at- tuale San Francesco. Si tratta di sette manoscritti di periodi diversi. I primi cinque sono databili al 1263 ca. e costituiscono un ciclo completo di antifo- nari che copre l’ufficio delle ore per l’intero anno liturgico, da Pasqua alle domeniche post pentecostes compreso il comune dei santi. Gli altri due sono riferibili alla prima metà del Trecento e contengono il repertorio di canti per le messe 2. Il ciclo duecentesco di antifonari presenta al suo interno alcune eccezio- nalità dal punto di vista iconografico, musicale e liturgico, soprattutto per la chiesa ravennate e il culto dei santi “colombini”. Tra le molteplici miniature

1 D. Sabaino, Intonazioni d’amore in volgare tra la fine del secolo XII e l’inizio del XIII. Ri- flessioni e ipotesi sul rapporto musica-poesia nella Carta ravennate 15118ter e nel Fram- mento piacentino Archivio di Sant’Antonino cass. C. 49, fr. 10, in Tracce di una tradizione sommersa. I primi testi lirici italiani tra poesia e musica, a cura di M.S. Lannutti e M. Locan- to, Firenze, SISMEL, 2005, pp. 85-122: 85-117. Cfr. anche M. Locanto, Le notazioni musi- cali della carta ravennate e del frammento piacentino, ivi, pp. 123-156: 123-146. 2 P. Dessì, Cantantibus organis: musica per i francescani di Ravenna nei secoli XIII-XIV, Bologna, CLUEB, 2002.

159 che arricchiscono le carte del ciclo, alla c. 122v del II antifonario 3, all’interno del capolettera C del responsorio Cantantibus organis, troviamo la più antica rappresentazione di santa Cecilia con uno strumento musicale: un organo. Il miniatore del codice di Ravenna dà inizio ad un modello iconografico per la Santa che arriverà sino all’Estasi di Santa Cecilia e quattro santi di Raffaello (1514 ca.), tela oggi conservata nella Pinacoteca di Bologna 4. Alla c. 143r dell’antifonario IV 5 troviamo un’eccezionalità liturgico-musi- cale: l’antifona per l’ufficio di san Liberio, inserito nel calendario il 30 dicem- bre. Si tratta di Liberio III vescovo definito dal testo dell’antifona “colombi- no”, ossia eletto per volere della colomba discesa sul suo capo. Si tratta del quindicesimo della lista episcopale, nonché l’ultimo vescovo colombino della serie dei dodici dopo Apollinare secondo la Vita Caloceri, scritta, come indica Ropa 6, sotto l’episcopato di Filippo (1250-1270). La devozione si era svilup- pata in seguito alla promozione del culto dei santi ravennati voluto proprio dal vescovo Filippo il quale, oltre ad aver donato ai francescani la chiesa di San Pietro poi San Francesco, vi aveva traslato il corpo di san Liberio III all’inter- no dell’arca che ancora oggi funge da altare principale nella chiesa 7.

ASDRa, Codici musicali, n. 2, c. 143r

3 ASDRa, Codici musicali, n. 5. La nuova numerazione fa riferimento all’inventario inedi- to redatto nell’anno 2014: Elenco dei codici musicali, a cura di E. Bottoni, Ravenna, 2014. 4 Dessì, Cantantibus organis, pp. 91-109. 5 ASDRa, Codici musicali, n. 2. 6 G. Ropa, Agiografia e liturgia a Ravenna tra alto e basso Medioevo, in Storia di Raven- na, III, Dal Mille alla fine della signoria polentana, a cura di A. Vasina, Ravenna, Comune, Marsilio, 1993, pp. 341-393: 369. 7 Dessì, Cantantibus organis, pp. 71-78.

160 Se l’antifona è di notevole importanza per la chiesa ravennate come uni- cum musicale dedicato al Santo, essa si rivela di ancor maggiore interesse dal punto di vista della storia della musica per la sottoscrizione che l’accom- pagna: «Magister Jacobus scriptor scripsit et notavit et fecit cantum, 1324». Dal punto di vista paleografico è di conforto l’analisi della paleografa Pao- la Degni: «la data della sottoscrizione è compatibile con quella dell’antifona aggiunta. La mano di Iacobus è una gotica ad andamento cancelleresco, ese- guita con penna tagliata a sinistra come la textualis dell’antifona» 8. Si potreb- be trattare di una composizione scritta notata e composta da Jacopo da Bolo- gna, noto come Magister Jacobus, che nel 1324 si sarebbe trovato nella cit- tà romagnola che aveva ospitato sino a qualche anno prima Dante Alighieri. Tale circostanza non sarebbe stata così inusuale se si considera l’iter giova- nile già vissuto in altre città romagnole per esempio da Marchetto da Padova, che soggiornò a Cesena negli anni tra il 1317 ed il 1324 invitato, molto pro- babilmente, dall’allora signore della città Rainaldo De Cintis. Questi amava circondare la propria corte di letterati, poeti e musicisti. Fu proprio in quegli anni che Marchetto scrisse il Pomerium e iniziò il Lucidarium, poi comple- tato a Verona 9.

ASDRa, Codici musicali, n. 2, c. 143r, particolare

8 Ringrazio la prof.ssa Paola Degni del Dipartimento di Beni culturali dell’Università di Bo- logna per l’analisi del documento. 9 J. Herlinger, Marchetto da Padova, in Grove Music Online. Oxford Music Online, Oxford University Press, accessed April 1, 2015, http://www.oxfordmusiconline.com/subscriber/ article/grove/music/17738.

161 L’aggiunta di san Liberio nel manoscritto duecentesco risulta utile, inol- tre, ai fini dell’attribuzione ai francescani conventuali anche del ciclo incom- pleto dei due graduali trecenteschi. I due manoscritti contengono il repertorio di canti per le messe: uno, il santorale, comprende il comune dei santi oltre all’ufficio della Vergine per tutto l’anno liturgico, e all’ufficio per lo Spirito Santo e per la Santa Croce; l’altro, il temporale, include i brani per la messa da Pasqua alla Domenica XXIV dopo Pentecoste 10. In quest’ultimo, nelle lita- nie dei santi per la vigilia di Pentecoste a c. 59v si trovano i santi Vincenzo, Liberio, Francesco, Antonio, Domenico, e ancora più avanti le sante Agne- se, Agata e Chiara, sicuri indizi della provenienza dei graduali dal convento francescano di Ravenna. È proprio la presenza di san Liberio che ha permes- so di identificare il graduale mancante: si tratta del temporale segnato COR III.2, conservato nella biblioteca provinciale del Convento di San Francesco in Bologna, contenente i brani per la messa dalla III Domenica di Quaresima a tutto il Sabato Santo. Nelle litanie dei Santi che chiudono la vigilia pasqua- le del Sabato Santo si ricorda ancora una volta il nome di san Liberio oltre a quelli di Francesco e Chiara 11. Proseguendo in questa panoramica del patrimonio liturgico musicale in prospettiva cronologica va segnalato un codice contenente la messa e l’uffi- cio per i defunti ad uso probabilmente del coro del capitolo, datato da Giu- seppe Rabotti al sec. XV, e con aggiunte sino all’anno 1740 in cui si specifi- ca «ad usum chori Ravennae» 12. Seguono due graduali membranacei datati 1605 13. I due manoscritti, di gran- de formato con un’altezza superiore ai 70 cm, appartengono al medesimo ciclo: uno contiene i brani per la messa dal Mercoledì delle Ceneri al Sabato della IV Domenica di Quaresima; l’altro i brani per la messa dalla Domenica di Passione alla vigilia di Pentecoste compresa. Si tratta di due graduali che si distinguono da tutti gli altri codici della raccolta per il gran numero di decorazioni presenti all’interno dei capilettera, spesso con disegnati castelli, ponti, scene di vita mari- na, cavalieri, elementi naturali come foglie, ghiande e frutti. Abbondano inoltre gli stemmi di varie famiglie. Dalla presenza delle celebrazioni per san Vitale è probabile che i due codici provenissero dal rispettivo monastero benedettino 14.

10 ASDRa, Codici musicali, nn. 6-7. 11 Dessì, Cantantibus organis, pp. 119-120. 12 ASDRa, Codici musicali, n. 18. 13 ASDRa, Codici musicali, nn. 8-9. 14 In quell’anno l’abate è P. Giustiniani e il vescovo Pietro Aldobrandini, nominato cardina- le il 3 settembre 1604. Cfr. S. Bernicoli, Elenco cronologico degli abati dei principali mo- nasteri di Ravenna e di luoghi dipendenti tratto dai riassunti delle pergamene delle corpo- razioni religiose, ms. conservato in Biblioteca Classense di Ravenna, Rav. Cam. B, Armadio

162 Coevi a questi nella stesura, e provenienti sempre dal monastero benedettino di San Vitale, i quattro codici datati 1607 15. Per completare questo primo sguardo d’insieme vanno poi aggiunti i 4 manoscritti cartacei provenienti dal monastero dei carmelitani dell’abbazia di San Giovanni Battista: il supplemento all’antifonario datato 1698 e il sup- plemento al graduale datato 1702, oltre al Kyriale con data 30 giugno 1747 e l’Antifonario datato dicembre 1749 16. Chiude la raccolta il codice contenente la messa e l’ufficio dei defunti ad uso del cosidetto Convento dei parroci datato 1770 con in appendice a stam- pa le Sacrae lectiones ex propheta Job del 1714 17. La raccolta è formata dunque da 19 codici manoscritti: 14 in pergamena e 5 cartacei, provenienti principalmente dalla comunità regolare dei francescani con- ventuali (7 manoscritti) e dalle comunità dei monaci benedettini (6 manoscritti) e dei frati carmelitani (4 manoscritti), come riassunto nella tabella di seguito 18.

Datazione Francescani Benedettini Carmelitani Coro Convento S. Francesco S. Vitale S. Gio. Battista Cattedrale Parroci XIII sec. 5 antifonari XIV sec. 2 graduali XV sec. liturgia defunti 1605 2 graduali 1607 4 codici 1698 suppl. antifonario 1702 suppl. graduale 30.06.1747 Kyriale dicembre Antifonario 1749 1770 liturgia defunti

5.I5/4, pubblicato in P. Novara, Ad religionis claustrum construendum: monasteri nel medio- evo ravennate: storia e archeologia, presentazione di G. Orioli, in appendice l’inedito Elen- co cronologico degli abati dei pricipali monasteri di Ravenna e dei luoghi dipendenti di S. Bernicoli, [Ravenna], Associazione storica Quelli del ponte, [2003], pp. 131-169: 149-150 e 168-169. Cfr. anche la lista degli abati compilata da Pietro Paolo Ginanni (pubblicata in M. Fantuzzi, Monumenti ravennati de’ secoli di mezzo per la maggior parte inediti, 6 voll., Ve- nezia, dalle stampe di Francesco Andreola, 1801-1804, VI, 1804, p. 262) e le due serie com- pilate da Benedetto Fiandrini che si trovano in Biblioteca Classense, ms. 1792 e Archivio di Stato di Ravenna, Fondo Corporazioni religiose soppresse, S. Vitale, vol. 708, c. 3. 15 ASDRa, Codici musicali, nn. 10-13. 16 ASDRa, Codici musicali, nn. 14-17. 17 ASDRa, Codici musicali, n. 19. 18 In tondo sono indicati i codici membranacei, in corsivo quelli cartacei.

163 2. I codici di San Vitale datati 1607

La serie di codici provenienti dal monastero di San Vitale e datati 1607 costituisce un ciclo unitario che contiene musiche e testi per la celebrazione delle messe e dell’ufficio. Si tratta di quattro codici pergamenacei, di formato importante, circa 680x480 mm. I quattro codici furono scritti nel 1607 duran- te l’amministrazione di Ambrogio da Brescia, procuratore generale del mona- stero, come si legge a c. 12r del codice n. 10 nella prima o di Domino: D[omin]o Ambrosio Brixiano procurante fieri 1607. Fatto nel 1607 mentre era procuratore Ambrogio da Brescia 19.

Sempre nei manoscritti troviamo l’indicazione del copista, un certo Sera- fino da Montopoli professo di Farfa, come lui stesso scrive in altri due distin- ti codici: Dominus Seraphinus a Montopolis professus Sancte Marie Farfensis scripsit hunc librum cum tribus aliis scilicet missarum dominicae: pen- tecostes: vesperas et antiphonas feriales ad laudem dei et S. Vitalis mar- tiris anno domini 1607 20. Serafino da Montopoli, [monaco] professo di Santa Maria di Farfa scrisse questo libro, con altri tre, s’intende messe domenicali, di pente- coste, vespri e antifone feriali per la lode di Dio e di San Vitale martire, nell’anno del Signore 1607.

Dominus Seraphinus a Montopolis scripsit 21. Serafino da Montopoli scrisse.

19 Nella nota di inventario si legge: «Ambrogio da Brescia compare come monaco professo di S. Vitale il 7 aprile 1532 (ASRa, CR, vol. 708, c. 9v); come abate negli anni 1592-1593 e 1597-1599 (ASRa, CR, vol. 2561 S.Vitale fasc. 1, c. 5v = fasc. 3, c. 18r) oppure nel solo mar- zo 1596 (Ibid., fasc 2, c. 10v = fasc. 4, c. 26v)», cfr. Elenco dei codici musicali, p. 7. Dato il grande arco temporale è probabile che si tratti di casi di omonimia. Tuttavia se il procuratore generale del monastero, che aveva anche il compito dell’amministrazione temporale del ce- nobio, fosse un esterno proveniente da Brescia, non meraviglierebbe: in quel periodo infatti era consuetudine consolidata che il procuratore fosse un forestiero. Cfr. C. Casanova, Potere delle grandi famiglie e forme di governo, in Storia di Ravenna, 6 voll., IV, Dalla dominazio- ne veneziana alla conquista francese, a cura di Lucio Gambi, Ravenna-Venezia, Comune di Ravenna-Marsilio, 1994, pp. 39-129: 47. 20 La nota rubricata in rosso a fine libro in caratteri grandi si legge a c. 75v del codice n. 11. 21 La linea di testo è riportata come cornice della o di Hoc est preceptum nel codice n. 12, c. 84r.

164 ASDRa, Codici musicali, n. 11, c. 75v

La relazione tra i monasteri di San Vitale e di Santa Maria di Farfa non deve sorprendere: da sempre i monasteri, sebbene lontani, avevano continui scambi grazie ad una fitta rete di comunicazione che si dipanava lungo le principali vie consolari. Nelle Costituzioni per l’Ordine datate 1607, inoltre, si legge che le abbazie di San Vitale in Ravenna e di Santa Maria di Farfa in Sabina facevano parte della Provincia benedettina romana insieme a S. Paolo vicino e fuori della mura in Roma, S. Scolastica di Subiaco, S. Pietro di Peru- gia, S. Maria in Cesena, S. Procolo di Bologna e S. Benedetto di Ferrara 22. Il codice n. 13 a c. 81r restituisce, invece, il nome dell’abate e quello di un altro copista:

Dominus Gillius monacus Lerinensis scripsit tempore r.p.d. Iustiniani abbatis monasteri S. Vitalis Ravennae 23.

22 Costitutione del SS. nostro signore Paolo Papa V, sopra la riforma de’ deffinitori, e con- servatori, e sopra l’altre persone Regolari dell’Ordine di S. Benedetto della Congregazione Cassinese, in Regola del Santissimo Padre Benedetto, che serve alle persone dell’uno, e l’al- tro sesso della Religione di detto Santo, Mantova, nella Stamperia di S. Benedetto per Alber- to Pazzoni, 1699, pp. 151-157: 152. 23 Nella nota di inventario si legge: «Giustiniano da Este è attestato come abbate dal 1602 al 1607 e dal 1613 al 1616 o al 1618 (Cfr. ASRa, CR, vol, 2561 S. Vitale fasc. 1 cc. 5v-6r = fasc. 3 c. 18r; fasc. 2 c. 10v = fasc. 4, c. 26v). Il notaio Vitale Crespoli attesta Giustiniano come abate già

165 Gillius monaco di Lerino scrisse al tempo del reverendo padre Giusti- niano abate del monastero di S. Vitale in Ravenna.

Il contenuto liturgico dei quattro codici appare piuttosto articolato: - il manoscritto n. 10 è un Graduale contenente 9 messe 24: 1. Messa da Requiem, cc. 1r-16v 2. Messa votiva per S. Benedetto, cc. 16v-20v 3. Messa votiva per la S. Trinità, cc. 20v-23v 4. Messa votiva per lo Spirito Santo, cc. 23v-27v 5. Messa votiva per la Santa Croce, cc. 27v-31v 6. Messa per le Domeniche in tempo di Avvento, cc. 31v-35v 7. Messa dalla Natività alla festa di Purificazione, cc. 35v-39v 8. Messa dalla festa di Purificazione a Pasqua, cc. 39v-42v 9. Messa per la Pentecoste, cc. 42v-45v

- il codice n. 11 può essere definito un Kyriale-Graduale-Antifonario 25. - il codice n. 12 è un Breviario-Antifonario-Innario 26: contiene i testi, e in alcuni casi le musiche, di antifone, salmi e inni per i diversi momen- ti del Tempo (Avvento, Epifania, Passione, Resurrezione, Pentecoste) e per alcune festività dei santi, compreso il comune. Da notare la festa per san Benedetto (c. 52r) e quella per san Vitale (c. 53r). - il codice n. 13 è un Breviario-Antifonario contenente i testi e alcune musiche con le antifone per il Triduo pasquale 27: la Feria V in Cena Domini, la Feria VI in Parasceve e il Sabato Sancto.

Rispetto al contenuto liturgico, il manoscritto più interessante è il n. 11: dopo le due antifone d’apertura per la benedizione dell’acqua (Asperges me e Vidi aquam), troviamo 6 cicli di Ordinario (Kyrie, Gloria, Sanctus e Agnus Dei) dedicati a particolari festività, conclusi da un’antifona con salmo per la Domenica “ad tertiam”; seguono 5 Credo, oltre ad una serie di antifone per la il 15 giugno 1601 (ASRa, AN., vol. 797, c. 192v) e il suo successore Luca da Boiano già il 7 no- vembre 1606 (ASRa, AN, vol. 802, c. 515r). Fiandrini nel suo elenco degli abati (ASRa, CR, vol. 708, c. 5v), attribuisce Giustiniano da Este alla famiglia dei Giordanelli», cfr. Elenco dei codici musicali, p. 8. La presenza di un altro copista oltre a Serafino dà luogo a due ipotesi: il copista Gillius si affianca a Serafino, oppure manca un codice dei quattro dichiarati a firma di Serafino. 24 ASDRa, Codici musicali, n. 10. 25 ASDRa, Codici musicali, n. 11. 26 ASDRa, Codici musicali, n. 12. 27 ASDRa, Codici musicali, n. 13.

166 Pasqua, per la Natività della Vergine e per il comune dei santi. Da segnalare anche l’introito per la messa di san Benedetto e la sequenza Lauda Sion sal- vatore, una delle cinque sequenze preservate nel Missale Romanum pubblica- to nel 1570 in seguito al Concilio di Trento (1545-1563). Meritano attenzione i 5 Credo di seguito ai cicli dell’Ordinarium missae. La serie rimanda alla prassi del canto fratto, ossia del canto cristiano liturgi- co con valori proporzionali ed elementi mensurali che rompono il ritmo libe- ro del canto piano rendendolo pertanto “fratto”. L’indagine da me condotta nell’ambito del progetto interuniversitario Raphael, progetto di rilevante interesse nazionale, su oltre una cinquantina di volumi liturgico-musicali, per lo più manoscritti, conservati nelle città di Ravenna, Faenza e in alcuni centri vicini come Lugo, Bagnacavallo e Coti- gnola, aveva già attestato nel 2006, anche nella provincia di Ravenna, la pras- si vocale del canto fratto 28. La documentazione scritta, peraltro assai limita- ta, conserva in Romagna rare testimonianze di questo repertorio, soprattutto per i secoli XIV e XV considerati quelli iniziali del fenomeno. In particolare, nelle fonti scritte d’area ravennate gli elementi ritmico-proporzionali sembre- rebbero comparire solo a partire dal XVII secolo. Eppure la pratica del can- to fratto e la tradizione orale ad essa legata dovevano essere differenti rispet- to a quanto ci hanno trasmesso le fonti scritte. Almeno due testimoni, infatti, provenienti uno da Bagnacavallo e l’altro da Faenza 29, documentano come la prassi vocale con elementi ritmici, nelle diverse gradazioni del frazionamen- to (proporzionale e non), doveva essere non solo nota, ma praticata nella pro- vincia di Ravenna almeno sin dal XIV-XV secolo. A Ravenna, il codice più antico contenente testimonianza del canto frat- to è proprio il n. 11 conservato nell’Archivio diocesano. Il testimone docu- menta una pratica canora che doveva essere sicuramente in uso sin dai seco- li precedenti, sebbene non attestata per iscritto. D’altronde il canto fratto era una prassi legata alla tradizione orale che solo occasionalmente trovava spa- zio nel supporto scrittorio. La serie ravennate si compone così: Credo, mutilo, cc. 33v-36v Credo, acefalo, cc. 43r-45v Credo rubricato “Apostolorum”, cc. 45v-49v Credo rubricato “Doctorum”, cc. 49v-53v

28 P. Dessì, Il fenomeno del canto fratto nei secoli XIV e XV. Il caso di alcuni centri della Ro- magna, «Rivista internazionale di musica sacra», 27/2, 2006, pp. 151-164. 29 Bagnacavallo, Biblioteca comunale, Tomo III; Faenza, Archivio Capitolare, ms. 1.

167 Ai quattro Credo mensurali appena descritti il manoscritto associa il Cre- do rubricato “Dominicale”, cc. 53v-57v, che presenta una notazione senza “frattura” ma composta solo di virga e di punctum. Esso corrisponde, sep- pur con qualche variante non significativa, al Credo I della Vaticana scritto in notazione quadrata – ossia privo di quelle indicazioni ritmiche che lo avvici- nerebbero al Credo Miazga I.124. Questi Credo in canto fratto non fanno che aggiungersi ai già numerosi testimoni noti 30. Il primo Credo, sebbene mutilo degli ultimi quattro versetti, è identificabile infatti con il cosiddettoCardinalis , ossia il Credo più conosciu- to e citato dai teorici sin dalla fine del XV secolo – già Franchino Gaffurio lo citava nella Practica Musicae del 1496 31. Censito in un gran numero di testi- moni dal Miazga, lo troviamo nel suo repertorio con il numero 279 32. È l’e- sempio più tipico di canto fratto, considerato prototipo e capostipite del gene- re 33. Tra i tanti testimoni occorre ricordare i trentotto censiti da Baroffio 34, i sette manoscritti conservati nella biblioteca Feininger segnalati da Ruini 35

30 Cfr. la tabella con le melodie di Credo più diffuse nella tradizione manoscritta in M. Goz- zi, Esempi di canto fratto italiano: il CD audio allegato, in Il canto fratto: l’altro gregoria- no, atti del convegno internazionale di studi, Parma-Arezzo 3-6 dicembre 2003, a cura di M. Gozzi e F. Luisi, Roma, Torre d’Orfeo, 2005, pp. 507-546: 508. 31 Per il Credo Cardinalis vedi M. Gozzi, I prototipi del canto fratto: Credo regis e Cre- do cardinalis, in Cantus fractus italiano: un’antologia, herausgegeben von M. Gozzi, Hil- desheim [etc.], Olms, 2012, pp. 137-154: 141-144 e 152-154. Cfr. nello stesso volume le pp. 2-3, 17, 23-32, 38, 61, 276, 301, 303, 373-374, 488-489; cfr. ancora Il canto fratto: l’altro gregoriano, ad indicem. 32 T. Miazga, Die Melodien des einstimmigen Credo der römisch-katholischen lateinischen Kirche: eine Untersuchung der Melodien im den handschriftlichen Überlieferungen mit be- sonderer Berücksichtigung der polnischen Handschriften, Graz, Akademische Druck-u. Ver- lagsanstalt, 1976, pp. 74-77. Il Credo M 279 coincide con il Credo IV Vaticano nella lezio- ne del Graduale Triplex (p. 776), dove il Cardinalis è stato privato di qualsiasi indicazione ritmico-proporzionale. 33 M. Gozzi, Il canto fratto: prima classificazione dei fenomeni e primi esiti del progetto RAPHAEL, in Il canto fratto: l’altro gregoriano, pp. 7-58: 12-17. 34 G. Baroffio - E.J. Kim, “Symbolum”. Le melodie del “Credo” nelle fonti italiane, «Rivi- sta internazionale di musica sacra», XX/1, 1999, pp. 323-346, n. 555. A questi trentacinque testimoni, di cui la maggior parte già presenti in Miazga, si aggiungono gli altri tre presenti nell’aggiornamento on-line: Id., Le melodie del Credo nelle tradizioni italiche (13 febbraio 2000), http://www.lim.it/rims/CREDO.doc, n. 667. 35 C. Ruini, Esempi di notazione mensurale nei codici liturgici della Biblioteca Feininger, in Il canto fratto: l’altro gregoriano, pp. 185-201: 191-193 e 195-196. Vengono citati i 2 Credo in Forlì, Biblioteca Comunale “A. Saffi”, mss. D.AA.32, cc. 23v-24r e D.AA.3, c. 3r, oltre ai 5 Credo nei manoscritti Feininger FC 35, 40, 58, 71, 87, già segnalati in Id., I manoscritti liturgi- ci della biblioteca musicale L. Feininger presso il Castello del Buonconsiglio di Trento, 2 voll.,

168 e i sette libri a stampa dello stesso fondo indicati da De Salvo Fattor 36; infine i cinque registrati da Giulia Gabrielli per l’area di Trento 37. Il Credo successivo, acefalo dei primi cinque versetti e mezzo, è iden- tificabile con il cosiddetto Angelorum, diffusissimo nelle fonti manoscritte e a stampa 38: Miazga segnala settanta manoscritti che lo tramandano 39. Oltre a questi vanno ricordati almeno 40 gli altri trentasei testimoni censiti da Barof- fio 41; i due testimoni censiti da Gabrielli sempre per l’area di Trento 42 e i quat- tro ulteriori da me individuati per l’area di Faenza e Bagnacavallo 43; infine per la collezione Feininger i quattro manoscritti segnalati da Ruini 44 e i dodi- ci a stampa indicati da De Salvo Fattor 45.

II, Repertorio analitico dei testi, Trento, Provincia autonoma di Trento, Servizio beni librari e archivistici, 2002 (Patrimonio storico e artistico del Trentino, 25), pp. 162, 175, 251, 296, 423. 36 S. de Salvo Fattor, Annotazione sulla tradizione a stampa dei Credo in canto fratto nei testimoni della Biblioteca musicale L. Feininger di Trento, in Il canto fratto: l’altro grego- riano, pp. 431-445: 445. 37 G. Gabrielli, Il canto fratto nei manoscritti della Fondazione Biblioteca S. Bernardino di Trento, Trento, Provincia autonoma di Trento, Soprintendenza per i beni librari e archivisti- ci, 2005 (Patrimonio storico e artistico del Trentino, 28). M 279 nei codici nn.: 1, c. 45v; 2, c. 82r; 4, c. 25v; 5, c. 36r, 6, c. 169r. Per il Credo M 279 presente nel manoscritto n. 4 in cata- logo cfr. anche Id., Il manoscritto 327 della Fondazione Biblioteca San Bernardino di Tren- to, in Il canto fratto: l’altro gregoriano, pp. 93-120: 106-107. 38 Miazga 194, Credo III Vaticano. Cfr. Cantus fractus italiano, pp. 373, 488. 39 Ai settanta testimoni riportati al n. 194, va aggiunto anche il n. 195, melodia presente in un manoscritto polacco che mostra una sola variante rispetto alla melodia precedente. 40 Si segnalano qui solo una parte dei testimoni contenenti le melodie dei Credo Miazga 194 e 195. Una prima panoramica illustrativa si vede in Gozzi, Il canto fratto, pp. 37, 40-41, 45, 47, 49, 53; e Id., Esempi di canto fratto, pp. 515, 517-519. 41 Baroffio - Kim, “Symbolum”, n. 154. A questi trentatre testimoni, di cui 17 già in Miazga, si aggiungono gli altri tre presenti nell’aggiornamento: Id., Le melodie del Credo, n. 172. 42 Gabrielli, Il canto fratto nei manoscritti: M 194 nel codice n. 18, c. 21v; M 195 nei codi- ci nn.: 4, c. 33r; 5, c. 44r; 6, c. 180; 7, c. 41r. Per il Credo M 195 presente nel manoscritto n. 4 in catalogo cfr. anche Id., Il manoscritto 327 cit., p. 107. 43 Dessì, Il fenomeno del canto fratto: M 194 in Bagnacavallo, Biblioteca comunale, Tomo III, cc. 47v-48r, Faenza, Biblioteca Manfrediana, BC 8, XVII sec., cc. 26v-29v, e ivi, BC 6, XIX sec., cc. 98r-102r; M 195 in Faenza, Biblioteca Cicognani, Kyriale, secc. XVII-XVIII, cc. 10r-12v. 44 Ruini, I manoscritti liturgici della biblioteca musicale L. Feininger: M 194 in FC 58, n. 155, p. 252 ricordato anche in Id., Esempi di notazione mensurale, p. 192. Per il Credo M 195 nella stessa collezione di manoscritti cfr.: FC 37, n. 299, p. 168; FC 119, n. 101, p. 574; FC 124, n. 786, p. 595. 45 De Salvo Fattor ha segnalato la presenza dei Credo Miazga 194 in cinque testimoni a stam- pa e Miazga 195 in altri sette libri. Cfr.: de Salvo Fattor, Annotazione sulla tradizione a stampa, pp. 431, 433.

169 Mi sembra interessante sottolineare la lacuna esistente tra il Credo Car- dinalis e l’Angelorum perché, facendo un calcolo delle carte mancanti, pos- siamo supporre con una certa sicurezza che tra il Cardinalis e l’Angelorum vi fosse un ulteriore Credo andato perduto; possiamo spingerci nell’ipotesi che le perdite della fine del Cardinalis e dell’inizio dell’Angelorum siano con- seguenza dell’eliminazione delle quattro carte che contenevano questo altro Credo, di cui però non è possibile sapere l’intonazione. Dopo l’Angelorum segue il terzo Credo rubricato “Apostolorum”. In realtà il Credo noto come Apostolorum corrisponde al Credo repertoriato da Miazga come 319. Il Credo ravennate invece corrisponde al Miazga 252, un Credo molto poco diffuso segnalato da Miazga in soli 2 testimoni censiti anche da Baroffio 46: uno reperito a Perugia all’Archivio di Stato di S. Pie- tro (ms. B, c. 187), datato XV-XVI secolo, l’altro ad Arezzo nella Biblioteca Capitolare (ms. s.s., c. 56v), del XVIII secolo.

ASDRa, Codici musicali, n. 11, cc. 45v-46r

46 Baroffio - Kim, Le melodie del Credo, nn. 143 (già 126 in Id., “Symbolum”) e 559.

170 Chiude la serie dei Credo in canto fratto il Patrem omnipotentem rubrica- to Doctorum che appartiene alla serie delle intonazioni più diffuse: il Miazga 32, pur con leggere varianti finali, sebbene non sostanziali 47.

Numero M B G Denominazione Nota Incipit musicale Credo48 iniziale 1 279 555+667 14 [Cardinalis] A -7 7 -2 -2 -1 -2 2 -2 -2 2 2 3 2 2 1 2 194 154+172 2a [Angelorum] Acefalo 3 252 126+559 Apostolorum A -4 4 -2 -3 1 -1 -2 7 3 -2 -1 -2 2 -4 -1 4 32 512+610 Doctorum D -5 5 -2 0 -1 -2 0 5 -5 -2 2 -2 -2 -1 3 48 Nonostante si tratti di musiche non scritte ad hoc per il monastero bene- dettino, ma appaiano in fonti più antiche già repertoriate, la loro presenza attesta in forma scritta come all’interno della liturgia ravennate sin dal XVI secolo convivessero stili molteplici di esecuzione canora, dal canto “piano” – ossia basato sul ritmo libero della parola – al canto “fratto”, ossia ritmica- mente frazionato.

47 Si ricordano qui i cinquantaquattro testimoni di Miazga, i ventidue segnalati in Baroffio, Le melodie del Credo cit., n. 610 (già 512) di cui 12 già in Miazga, i due in Ruini, I mano- scritti liturgici cit., FC 37, n. 292, p. 168 e FC 58, n. 156, p. 252. A questi aggiungo un mio ulteriore testimone in Dessì, Il fenomeno del canto fratto: Bagnacavallo, Biblioteca comuna- le, Tomo III, cc. 48v-49r. Per alcuni esempi figurativi si rimanda a Gozzi, Esempi di canto fratto cit., pp. 39, 41, 47, 49, 53, 57. 48 Nella tabella sono indicati: i Credo del manoscritto segnati con un numero d’ordine da 1 a 4; i tre principali repertori citati, ossia Miazga (M), Baroffio (B) e Gabrielli (G); la denomi- nazione del Credo rubricata o attribuita se posta tra parentesi quadre; la trascrizione dell’in- cipit musicale secondo un codice alfanumerico composto dall’altezza melodica della prima nota, indicata secondo il sistema anglosassone, seguita dai numeri indicanti le posizioni degli intervalli tra i suoni espressi in semitoni (ad es. 2 significa tono ascendente, -2 significa tono discendente, 0 significa unisono).

171 Appendice 1

Graduale

1607, [Farfa - Ravenna ?]

Copista: [Serafino da Montopoli ?]

Collocazione: Ravenna, Archivio storico diocesano

Segnatura: ASDRa, Codici musicali, n. 10

Membr.; cc. I, 45, I (cc. di guardia e controguardie membr.); cartulazione nell’ang. inf. dx in rosso incipiante con n. 58 alla c. 3; cartulazione moderna a matita nell’ang. inf. dx in cifre arabe.

Dimensioni: mm 729x510 ca.

Fascicolazione: 1 ternione mutilo dell’ultima c. + 1 folio + 1 bifolio + 1 folio + 1 bifolio + 1 quaternione + 1 bifolio + 1 quaternione + 1 bifolio + 1 ternio- ne mutilo del primo folio.

Rigatura ad inchiostro rosso per le doppie linee verticali ai lati, ad inchio- stro molto chiaro le linee orizzontali. Fori sul margine esterno che indicano le linee orizzontali. Specchio: mm 505x315.

1 Legenda abbreviazioni brani della messa e dell’ufficio: K = Kyrie G = Gloria S = Sanctus A = Agnus I = Introito Gr = Graduale T = Tratto Seq = Sequenza Co = Communio O = Offertorio L = Lezione H = Inno Ant = Antifona

172 Scrittura gotica in inchiostro bruno con titoli e rubriche in rosso, a piena pagi- na, di mano unica. Si contano cinque linee di testo.

Decorazione: capilettera colorati.

Notazione quadrata nera neumatica su tetragramma rosso con chiavi C, F e custos, indicazione del Sib.

Legatura di restauro in piena pelle marrone su piatti di legno con 6 nervi sul dorso; 5 borghie sul piatto superiore e 4 sul piano inferiore. Su ogni piatto si conserva parte della pelle originale con decorazioni a secco.

Stato di conservazione: buono.

Restauro: non documentato.

Note: nella guardia sigla a matita RG 2083; il ms. fa parte di un ciclo com- prendente i codici nn. 11-13.

Note storiche: a c. 12r nella o di Domine si legge: «D. Ambrosio Brixiano procurante fieri 1607».

Incipit: Requiem eternam dona Explicit: Petite et accipite mutilo

Contiene 9 messe tra cui una per san Benedetto (c.16r).

A cc. 1r-45v: Graduale: cicli di proprium missae 1r-16r [missa defunctorum] (Requiem,KTSeqCo) 16r-20r [missa] votiva Sancti Patris Benedicti (IGrOCo) 20r-23v [missa] votiva Sancte Trinitatis (IGrOCo) 23v-27v [missa] votiva Spiritus Sancti (IGrOCo) 27v-31v [missa] votiva Sancte Crucis (IGrO) 31v-35r [missa] votiva de Dominica tempore adventus (IGrOCo) 35r-39r [missa] a nativitate usque ad Purificationem (IGrOCo) 39r-42v [missa] a Purificatione usque ad Pascham (IO: O =Felix ; Tempore paschali O = Beata es virgo maria) 42v-45v [missa] pro [die] Pentecostes (IOCo)

173 Kyriale-antifonario

1607, [Farfa - Ravenna ?]

Copista: Serafino da Montopoli

Collocazione: Ravenna, Archivio storico diocesano

Segnatura: ASDRa, Codici musicali, n. 11

Membr.; cc. I, 75, I (cc. di guardia e controguardie membr.); cartulazione antica in cifre arabe con inchiostro marrone nell’ang. inf. dx; cartulazione moderna a matita nell’ang. inf. dx in cifre arabe.

Dimensioni: mm 682x480 ca.

Fascicolazione: 5 ternioni + 1 folio + 1 bifolio + 1 ternione mancante + 2 ter- nioni + 1 bifolio mutilo della quarta c. + 1 ternioni + 1 ternione con un bifo- lio inserito

Rigatura ad inchiostro rosso per le doppie linee verticali, ad inchiostro molto chiaro le linee orizzontali. Specchio: mm 500x340 ca.

Scrittura gotica in inchiostro bruno con titoli e rubriche in rosso, a piena pagi- na, di mano unica. Si contano cinque linee di testo.

Decorazione: iniziali decorate; capilettera ad inchiostro blu, rosso, verde alternato.

Notazione quadrata nera neumatica su tetragramma rosso con chiavi C, F e custos, indicazione del Sib. Cinque righi per pagina. Notazione mensurale alle cc. 33v-53r.

Legatura di restauro in piena pelle marrone su piatti di legno con 6 nervi sul dorso; 5 borchie su ogni piatto; cantonali su entrambi i piatti.

Stato di conservazione: buono.

Restauro: non documentato.

174 Note: nella guardia sigla a matita RG 2080; il ms. fa parte di un ciclo com- prendente i codici nn. 10, 12-13.

Note storiche: a c.75v «Dominus Seraphinus a Montopolis professus Sancte Marie scripsit hunc librum cum tribus aliis scilicet missarum dominicae: pen- tecostes: vesperas et antiphonas feriales ad laudem dei et S. Vitalis martiris anno domini 1607».

Notabilia: a c. 59v rubrica rossa con caratteri grandi: «In festo Sanctissimi Patris Nostri Benedicti Abbatis»; notazione mensurale alle cc. 33v-53r.

Incipit: Asperges me domine Explicit: In odorem unguentorum

Contiene i brani:

A cc. 3r-33r: Kyriale (cicli di ordinarium KGSA) 3r Asperges me 3v tempore paschali Vidi aquam 4v Solemnitatum et Apostolorum 9v De dominica 15r Angelorum 19v Dominicis diebus 24r Infra octavam duplicibus 28v Paschalis et XII lectionum

B cc. 33r: Antifonario 33r Dominica ad tertiam antiphona

C cc. 33v-56v: Credo 33v [Cardinalis] 43r [Angelorum] 45v Apostolorum 49v Doctorum 53v Dominicale

D cc. 57r-75v: Antifonario: antifone (e brani del proprium missae) 57r Tempore paschali ad tertiam antiphona 57v [In nativitate Virginis antiphona] (Nativitas est hodie sancte Marie virginis)

175 59v In Festo Sanctissimi Patris Nostri Benedicti Abbatis (I Iustus ger minabit sicut lilium) 62v In Festo Corporis Christi (Seq Lauda Sion Salvatorem) 69v Ante communionem ad tertiam de apostolis [Ant] 73r De uno martire antiphona 73v De pluribus martiribus [Ant] 74r Confessorum non pontificum [Ant] 74v De virgine antiphona 75r De non virgine antiphona

Breviario-antifonario-innario [1607, Farfa - Ravenna ?]

Copista: Serafino da Montopoli

Collocazione: Ravenna, Archivio storico diocesano

Segnatura: ASDRa, Codici musicali, n. 12

Membr.; cc. I, 127 (122-127 cartaceo), I (cc. di guardia e controguardie mem- br.); cartulazione posteriore in cifre arabe, con inchiostro scuro nell’ang. inf. dx; cartulazione moderna a matita nell’ang. inf. dx in cifre arabe.

Dimensioni: mm 685x495 ca. Ultimo fascicolo: c.1 mm 582x445 ca.

Fascicolazione: 4 folii + 1 bifolio + 1 quaterno + 1 ternione + 1 bifolio + 1 quaterno + 1 bifolio + 2 quaterni + 1 bifolio + 1 quaterno (mutilo di cc. 5 e 8), 1 quaterno, 1 bifolio + 1 quaterno + 1 bifolio +1 quaterno + 1 bifolio1 quater- no + 1 bifolio + 1 quaterno + 1 quaterno (mutilo di cc. 1 e 3).

Rigatura ad inchiostro rosso per le doppie linee verticali ai lati, ad inchio- stro molto chiaro per le linee verticali ed orizzontali in presenza di solo testo o sino a quattro tetragrammi; rigatura ad inchiostro rosso per le doppie linee verticali ai lati in presenza della pagina con cinque tetragrammi. Specchio: mm 500x315 ca.

Scrittura gotica in inchiostro bruno con titoli e rubriche in rosso, a piena pagi- na, di mano unica. Si contano 15 linee di testo che diminuiscono sino a 5 in presenza dei tetragrammi.

176 Decorazione: capilettera colorati; iniziali dei versetti in rosso e blu.

Notazione quadrata nera neumatica su tetragramma rosso con chiavi C, F e custos, indicazione del Sib.

Legatura di restauro in piena pelle marrone su piatti di legno con 6 nervi sul dorso; 4 borghie su ogni piatto; cantonali e fregio metallico al centro.

Stato di conservazione: buono.

Restauro: non documentato

Note: nella guardia sigla a matita RG 2078; il ms. fa parte di un ciclo com- prendente i codici nn. 10-11, 13.

Note storiche: a c. 84r nella o di Hoc est preceptum leggiamo: «D. Seraphi- nus a Montopolis scripsit».

Incipit: [Dixit] dominus domino deo Explicit: Dixit dominus domino meo

Contiene i testi di antifone, salmi e inni per Avvento, Epifania, Passione, Resurrezione, Pentecoste. Da notare le festività per san Benedetto a c. 52r e san Vitale a c. 53r.

A c. 1r-121v: Antifonario-innario: contiene i testi dell’ufficio delle ore dai primi vespri al magnificat, compreso di inni e antifone, per Avvento, Epifa- nia, Passione, Resurrezione, Tempo pasquale, Pentecoste, feste della Vergi- ne, feste di alcuni Santi e comune. 6r In festo Sancti Venantii (H Lucis creator optime) 2 8r feria II ad vesperas antiphona 13r feria III ad vesperas antiphona 17r feria IV ad vesperas antiphona 24r feria V ad vesperas antiphona 29r feria VI ad vesperas antiphona 33v sabbato ad vesperas antiphona 37v In adventu domini ad vesperas (H Conditor alme siderum) 38v Ad vesperas in festo Sancti Iosephi (H Te Ioseph celebrent)

2 Tra parentesi in corsivo l’incipit degli inni e delle antifone con musica.

177 40r In epiphania Domini (H Hostis Herodes impie) 40v In dominica Sancti nostri (H Adeste sancti plurimo) 41v In festo Sancti nominis Iesu (H Iesu dulcis memoria) 42r In feriis (H Audi benigne conditor) 43r De passione domini (H Vexilla regis prodeunt) 44r In resurrectione domini (H Ad cenam Agni) 45r In translatione domus Lauretanae (Ant. Domum tuam domine) 46v In festo Sanctae Elisabeth hymnus 47r Ad magnificat in primis vesperis antiphona (Ant. Et nunc reges intelligite) 47v In festo Pentecostes (Ant. Veni creator spiritus) 48v In festo Corporis Christi (Ant. Pange lingua gloriosa) 50r In dedicatione ecclesiae (Ant. Urbs hierusalem) 51r In solemnitate Beatae Mariae virginis (Ant. Ave maris stella) 52r In festo Sancti nostri abbatis Benedicti (Ant. Laudibus cives resonent canoris) 53r In festo Sancti Vitalis martiris (Ant. Tuam ipsius animam) 55r In festo Sancti Ioannis Baptiste (H Ut queant laxis) 56r In festo Sancti domini Iesu (Ant. Fecit mihi magna) 3 61r In festo Sanctorum apostolorum Petri et Pauli (H Petrus beatus catenarum) 63r In secundis vesperis (H Aurea luce et decore roseo) 70r Hymnus Sanctae Martinae (H Martinae celebri plaudite) 72r Hymnus super de Sanctis Angelis custodibus 72v In solemnitate Omnium Sanctorum (H Christe redemptor omnium) 73v In festo Sancti Thome de Villanova (Ant. Dispersit dedit paupe ribus iustitia eius) 73v Sanctorum monachorum (H Avete solitudinis claustrique) 75r Incipit commune Sanctorum et primo apostolorum (H Exultet celum laudibus) 76r De communi virginis martiris (Ant. Deus tuorum militum) 77r De communi plurimorum martirum (H Sanctorum meritis inclita) 78r Plurimorum martirum tempore paschali (H Rex gloriose martirum) 78v De communi confessorum (H Iste confessor domini) 79v De communi virginum (H Iesu corona virginum) 80v De communi unius sanctae nec virginis nec martiris (Ant. Fortem virili pectore)

3 Il brano è seguito da altri canti musicati: ad magnificat antiphona e antiphona ad tertiam.

178 87v In festo unius martiris ad vesperas antiphona (Ant. Qui me confessus fuerit) 93v In festis plurimorum martirum in primis vesperis antiphona (Ant. Omnes sancti quanta passi) 101r In festo Sancti Iosephi (L Iacob autem genuit) 106r In festo Sanctorum Doctorum antiphona (Ant. O doctor optime) 106v In festo unius confessoris non pontificis in primis vesperis antiphona 109v In festo virginum in primis vesperis antiphona (Ant. Hec est virgo sapiens) 113r De nec virgine nec martire ad vesperas antiphona (Ant. Dum esset Rex) 117v Suffragia Sanctorum (Ant. Sancta Maria succurre) 119v In nativitate domini hymnus 121v Tempore paschali ad vesperas antiphona (Ant. Alleluia. Dixit) 122r Ego dilecto meo [carta aggiunta tarda] 123r Aurea luce et decore roseo 4

Breviario-antifonario

[1607, Ravenna ?]

Copista: Gillius monaco di Lerino

Collocazione: Ravenna, Archivio storico diocesano

Segnatura: ASDRa, Codici musicali, n. 13

Membr.; cc. I, 95, I (cc. di guardia e controguardie membr.); cartulazione in inchiostro marrone nell’ang. inf. dx; cartulazione moderna a matita nell’ang. inf. dx in cifre arabe.

Dimensioni: mm 685x467 ca.

Fascicolazione: 15 ternioni + 1 ternione mutilo della prima c.

Rigatura ad inchiostro molto chiaro per le linee orizzontali e verticali. Fori per le linee orizzontali. Specchio: mm 490x320 ca.

4 Si tratta di un fascicolo cartaceo tardo (cc. 123r-127r) con elementi ritmici nel canto piano.

179 Scrittura gotica in inchiostro bruno e rubriche in rosso, a piena pagina, di mano unica. Si contano 15 linee di testo e 5 in presenza dei tetragrammi.

Decorazione: capilettera colorati; iniziali dei versetti in rosso.

Notazione quadrata nera neumatica su tetragramma rosso con chiavi C, F e custos, indicazione del Sib.

Legatura di restauro in piena pelle marrone su piatti di legno con 6 nervi sul dorso; 5 borghie sul piatto inferiore.

Stato di conservazione: buono.

Restauro: non documentato

Note: nella guardia sigla a matita RG 2079; il ms. fa parte di un ciclo com- prendente i codici nn. 10-12.

Note storiche: c. 81r si legge «Dominus Gillius monacus Lerinensis scripsit tempore r.p.d. Iustiniani abbatis monasteri S. Vitalis Ravennae».

Incipit: [Z]elus domus tue Explicit: Tibi christe splendor mutilo

A cc. 5r-90v: Antifonario: contiene i testi di antifone, alcune delle quali musicate e qui indicate, salmi ed inni per la settimana di Passione. 5r Avertantur retrorsum et erubescant 5 7r Deus meus eripe me 8v Liberavit dominus pauperem 11v Cogitaverunt impii et locuti sunt 14v Exsurge domine et iudica 16r Dixi iniquis nolite 18r Terra tremuit et quievit 20v In die tribulationis 23r Iustificeris domine in sermonibus 25v Dominus tamquam ovis 28r Contritus est cor meum 31r Exhortatus es in virtute tua

5 Inizia la serie di antifone musicate per la feria V in cena domini.

180 34r Astiterunt reges terrae 6 35v Astiterunt reges terrae 39r Diviserunt sibi vestimenta 41v Insurrexerunt in me 44r Vim faciebant qui querebant 47r Confundantur et revereantur 48v Alieni insurrexerunt in me 51r Ab insurgentibus in me libera 53v Longe fecisti notos meos 56r Captabunt in animam 59r Proprio filio suo non 61v Anxiatus est in me 64r Ait latro ad latronem nos quidem 67v Cum conturbata fuerit 68v Memento mei domine 70r In pace in idipsum dormiam 7 72r Habitabit in tabernaculo tuo 73v Caro mea requiescet in spe 75r Elevamini portae eternales 77v Credo videre bona 79r Domine abstraxisti 80v Deus adiuvat me 82r In pace factus est locus eius 84r Factus sum sicut homo 87r O mors ero mors tua 88r Plangent eum quasi unigenitum 90v Attendite universi populi 93r Introibo in domum tuam

6 Inizia la serie di antifone musicate per la feria VI in parasceve. 7 L’antifona, che dà inizio alla serie per il Sabbato Sancto, ha un capolettera figurato con “Gesù fustigato è legato alla colonna”.

181

Lilia Ponzio

Il fondo musicale dell’Archivio Capitolare di Forlì

L’Archivio Capitolare di Forlì è un archivio formatosi come naturale deposito dell’attività della Cappella musicale della Beata Vergine del Fuoco di Forlì, la cui storia è stata ricostruita da Osvaldo Gambassi e Luca Bandini (Vita musicale nella Cattedrale di Forlì tra xv e xix secolo, Firenze, Olschki, 2004) sulla base della documentazione sopravvissuta e da loro rintracciata nell’Archivio Capitolare della Cattedrale di Forlì e nell’Archivio di Stato di Forlì. Le fonti pervenute, tuttavia risalgono solo alla fine del sec. xviii e arri- vano fino alla metà delxix . La ricognizione sistematica del fondo musicale è stata invece effettuata dalla scrivente in occasione della propria tesi di laurea in Conservazione dei Beni Culturali 1 nel 2005. I dati tratti dalle fonti sono poi da me stati letti alla luce dei risultati a cui erano pervenuti il Gambassi e il Bandini studiando le fonti documentarie. L’Archivio Capitolare di Forlì è posto in una stanza della Cattedrale al di fuori del corpo principale della chiesa e vi si accede attraverso la sagrestia maggiore. L’Archivio, essendo privo di ordinamento e schedatura efficace, non è aperto alla libera consultazione. Il fondo musicale ha trovato una prima e ordinata sistemazione grazie a don Livio Lombardi, parroco della Cattedrale fino a pochi anni fa. Non esisto- no inventari di antica data; Adamo Pasini menziona due inventari manoscrit- ti 2 (che egli giudica disordinati, incompleti e non privi di errori), ora perduti. Non sappiamo perciò se inventariassero anche il fondo musicale. Il Capitolo di Forlì non poteva e non può permettersi un archivista pro- fessionista e dunque don Lombardi ha intrapreso, una ventina di anni fa, il riordino del materiale musicale, che sino ad allora era rimasto accatastato in alcuni armadi. Come da lui riferito, don Lombardi ha diviso il materiale: per autore, se questo corrispondeva al maestro di Cappella o a musicisti preferiti nell’ambito dell’esecuzione nella Cappella musicale; secondo un unico rag-

1 L. Ponzio, Il fondo musicale della Cappella della B.V. del Fuoco a Forlì: il repertorio e nuovi spunti sull’attività a fine Settecento e nell’Ottocento, tesi di laurea in Conservazione dei Beni Culturali, presso Università degli Studi di Bologna, sede di Ravenna, aa. 2003-2004, relatore prof. Alessandra Chiarelli. 2 A. Pasini, L’Archivio Capitolare di Forlì, Imola, Tipografia editoriale Galeati, 1924, p. 4: 1. inventario compilato nel 1679 da Bartolomeo Riceputi in appendice alla Cronaca Alber- tina; 2. inventario presente nel primo volume delle Visite Pastorali, c.157.

183 gruppamento denominato “autori vari”, in tutti gli altri casi. Ha poi numerato tutti i pezzi 3 e li ha collocati in apposite buste all’interno dell’armadio ligneo che reca in alto, con impressione dorata, il nome “Archivio Musicale”. Il deposito bibliografico consta di due sezioni, una antica ed una moder- na (sec. xx).

Sezione moderna

Nel corso del 1900 al nucleo storico del fondo musicale si sono aggiunti altri materiali che formano la cosiddetta parte moderna dell’Archivio, aggre- gata con le acquisizioni post mortem, nel corso del Novecento, di musica composta da preti della diocesi di Forlì, quali don Lino Venturi, don Gaeta- no Lugaresi, don Giuseppe Prati, conosciuto come don Pippo, Bartoletti mae- stro Virgilio, don Egisto Morgagni. Tutte queste acquisizioni sono state ordi- nate e catalogate, da mons. Livio Lombardi, secondo la precedente apparte- nenza. Le opere sono state poste in raccoglitori di cartone e collocate su scan- sie lignee coperte da veneziane, di fronte all’ingresso dell’archivio. Tutte le opere contenute nei raccoglitori presentano un timbro con il numero di cata- logazione apposto da mons. Livio Lombardi. Quale criterio egli abbia adotta- to nella scelta della successione delle varie opere non è ben chiaro. I compositori non erano professionisti, né alcuno di loro rivestiva un incarico ufficiale di maestro di cappella o simile, all’interno del Duomo di Forlì. Alcuni di loro, non hanno mai prestato servizio nel Duomo di Forlì. Erano solo dilettanti ai quali i rudimenti impartiti dal seminario erano servi- ti come base per uno studio da autodidatti. Scrivevano musica e la eseguiva- no per diletto personale e per accompagnare preghiere e liturgie senza pretese artistiche. Inoltre raccoglievano musica con intento collezionistico ma anche per eseguirla in sede privata. Per questo la quasi totalità delle musiche a stam- pa contenute nei raccoglitori è in riduzione per pianoforte.

Sezione antica

Il fondo antico si è formato come naturale deposito dell’attività della Cappella, ma poiché niente testimonia che il Capitolo considerasse di sua

3 La numerazione parte dal 1001, e talvolta si interrompe per lasciar spazio ad eventuali ri- trovamenti. Tuttavia alcune opere ritrovate recentemente sono state numerate con “ante 1001 n°…”.

184 esclusiva proprietà le composizioni prodotte o copiate dai maestri di Cappel- la, ci si deve chiedere se il materiale oggi esistente nell’Archivio si offra nel- la sua totalità o abbia perso una sua parte nel corso del tempo. Sicuramente una parte della produzione musicale attestata dai documenti è andata perduta, ed è quella che va dall’istituzione della Cappella musicale (1400 circa) sino alla metà del Settecento. Il Gambassi e il Bandini 4 affermano di avere appre- so da “qualificati ‘addetti ai lavori” 5 che durante i due conflitti mondiali, tal- volta si fece uso del materiale conservato in Archivio come combustibile per far fronte ai rigori dell’inverno. Riferiscono anche una notizia di mons. Etto- re Sozzi, profondo conoscitore della storia della Cattedrale e, in questo caso, testimone oculare delle sue vicende: nel secondo dopoguerra, nell’intento di “ripulire” l’Archivio, si sono mandate al macero numerose carte conservate in Archivio, nonché il patrimonio di vacchette, ivi conservato. Il fondo antico consta di 960 unità bibliografiche di musica manoscritta e a stampa (numerate progressivamente da 990 6 a 1950), in buona parte costi- tuite da brani scritti appositamente per la Cappella musicale ai quali sono state incorporate altre composizioni (manoscritti coevi) di autori di un certo rilievo, quali Giovanni Aldega, Gaetano Capocci, Niccolò Jommelli, Saverio Mercadante, Giovanni Pierluigi da Palestrina, 7. Essendo il fondo un deposito dell’attività della Cappella, è naturale che le fonti di produzione interna siano in quantità preminente. Sono presenti tutti i generi di musica sacra composta appositamente per le funzioni litur- giche della Cattedrale. A questo nucleo più cospicuo si aggiungono, come poco sopra detto, un certo numero di manoscritti e fonti a stampa di opere di compositori di fama, probabile riflesso della loro circolazione nelle principa- li chiese italiane. I manoscritti dell’Archivio Capitolare non sono in buono stato di conser- vazione. Infatti le condizioni dell’ambiente non sono ottimali: l’umidità, in primo luogo, ha reso i manoscritti feltrosi; su molti di essi sono evidenti attac- chi da microrganismi; alcuni presentano importanti lacerazioni del materia- le cartaceo o evidenti fenomeni di scolorimento e ossidazione dell’inchiostro e necessiterebbero di un’azione di risanamento. La maggior parte dei mano- scritti sono privi di camicia o legatura ed il testo inizia nella prima carta pre- ceduto dalla semplice indicazione di titolo e autore. I formati delle carte sono

4 O. Gambassi - L. Bandini, Vita musicale nella Cattedrale di Forlì tra XV e XIX secolo, Fi- renze, Olschki, 2004, pp. VII-VIII. 5 Id., cit., p. VII. 6 Da ante 1001 n°… (990 e così via). 7 Cfr. oltre.

185 principalmente oblunghi per le partiture e verticali per le parti staccate spes- so redatte da mani differenti; probabilmente si adeguava di volta in volta il repertorio a seconda del tipo e del numero degli esecutori di cui si disponeva; abbiamo pertanto adattamenti di parti vocali su altri registri, aggiunta di stru- menti rispetto agli organici originali, riduzioni per organo. Anche la diversi- tà del materiale cartaceo, degli inchiostri, della tracciatura dei pentagrammi, oltre alla grafia, testimoniano i momenti differenziati di compilazione delle diverse componenti di un manoscritto. La veste dimessa e la fattura modesta dei manoscritti senza legatura sembra connotare una destinazione d’uso: uso dei pochi proprietari esterni identificati mediante note di possesso; oppure dei cantori e degli strumentisti, il cui nome è spesso riportato sulla prima carta. Le musiche conservate all’interno del fondo antico rispecchiano l’attività della Cappella Musicale. Osvaldo Gambassi e Luca Bandini hanno magistral- mente ricostruito, sulla base delle poche fonti sopravvissute e da loro pazien- temente rintracciate nell’Archivio Capitolare del Duomo di Forlì e nell’Ar- chivio di Stato di Forlì, la storia della Cappella musicale della Cattedrale di S. Croce (chiamata Cappella della Beata Vergine del Fuoco) dal xv al xix seco- lo. È al loro contributo 8 che rinvia questa sintesi sulla storia della Cappella musicale della Beata Vergine del Fuoco. I primi cenni ad un embrionale aggregato di preti cantori risalgono ai primi anni del Quattrocento. Giovanni di Mastro Pedrino, cronista forlivese, annota nella sua opera 9 la messa solenne cantata il 20 febbraio 1419 alla pre- senza di Papa Martino V 10. Così si è visto che le prime tracce di musica nel- la Cattedrale di Forlì risalgono alla prima metà del 1400 e si riconducono alla figura dell’arcidiacono Ugolino da Orvieto che curava il canto affidato al col- legio dei canonici e ai mansionari 11, forse occasionalmente anche fuori sede. Nell’Archivio della Cattedrale troviamo fonti documentarie a partire dal- la metà del 1700. Grazie ai registri contabili 12 il Gambassi e il Bandini han-

8 O. Gambassi - L. Bandini, cit. 9 Giovanni di Mastro Pedrino dipintore. Cronaca del suo tempo, a cura di G. Borghezio e M. Vattaso, I (1411-1436), Roma, Biblioteca Apostolica Vaticana, 1929. 10 Giovanni di Mastro Pedrino dipintore, cit., p. 61. 11 La creazione del Collegio dei mansionari del coro della Cattedrale (detti anche mansiona- ri corali o ordinari) avvenne in tempi remoti, probabilmente nei primi secoli di storia della chiesa locale, ma non è pervenuta del relativo deposito documentario. Cfr. O. Gambassi - L. Bandini, cit., p. 23. 12 Archivio del Capitolo della Cattedrale di Forlì (ACF), Amministrazione dei fondi per le spese del culto dal 1686 al 1720, v. 15, mss., sec. xviii; Amministrazione dei fondi per le spese del culto dal 1724 al 1726, v. 16, mss., sec. xviii; Libro della massa capitolare ammi- nistrata da me canonico Bonifacio Pontiroli camerlengo degli anni 1787-1789, b.92, doc. 4.

186 no potuto ricostruire la serie cronologica dei maestri di Cappella dal 1429 al 1886, nonché la serie cronologica degli organisti dal 1645 al 1880 13. L’individuazione dei ruoli vocali e strumentali all’interno della Cappel- la è stata possibile, seppur con notevoli difficoltà, solo a partire dalla secon- da metà del Settecento 14. L’organico vocale era inizialmente costituito solo da Bassi e Tenori. Dalla metà del Settecento, secondo quanto riferisce il canoni- co Scanelli 15, si aggiunsero Soprano e Contralto. Nel 1827, Soprano e Con- tralto erano ancora parte integrante dell’organico della Cappella. A causa dell’assenza di testimonianze relative agli organici della Cappella tra il 1828 e il 1835, non ci è dato, però, di sapere quando i due registri vocali siano venuti meno: certamente ciò accadde dal 1836 in poi, come testimoniano i documenti superstiti. Rispetto ai Regolamenti che si sono susseguiti vi sono sempre delle discrepanze con i mandati di pagamento dai quali risultano stipendiati meno voci rispetto a quelle previste. Le discrepanze sono emerse anche dall’anali- si delle fonti che ha messo in evidenza come l’organico vocale previsto dai Regolamenti sia assai esiguo rispetto al repertorio che la Cappella si trova- va ad affrontare. Queste discrepanze hanno fatto ipotizzare al Gambassi e al Bandini 16, che i musicisti non inclusi nei mandati di pagamento mensili svol- gessero la mansione di “soprannumerari”, senza stipendio fisso mensile, ma remunerati di volta in volta o con elargizioni straordinarie a fine anno. Que- sti soprannumerari affiancavano i cantori dell’organico ordinario in tutte o quasi le funzioni celebrate in Cattedrale, nonché in occasione della festa del- la Madonna del Fuoco quando, in rinforzo della Cappella stabile, venivano chiamati a prestare servizio musicisti extra, sia cittadini che forestieri. All’interno della Cappella musicale era operante anche un organico stru- mentale composto da archi, fiati e strumenti a percussione per il sostegno e l’accompagnamento delle voci. Anche in questo caso, pur essendo presen- ti regolarmente, non tutti gli strumentisti facevano parte dell’organico stru- mentale ordinario della Cappella. E dunque vale anche per l’organico stru-

Altre fonti: frontespizi di opere a stampa composti dai maestri di Cappella e le disposizio- ni sinodali del 1693: Constitutiones et Decreta Diocesanae Synodi Foroliviensis, Forlì, Syl- va, 1692. 13 Cfr. Serie Cronologica dei maestri di Cappella (1429-1886) e Serie Cronologica degli or- ganisti (1645-1880) in Appendice a O. Gambassi - L. Bandini, cit., pp. 137-140. 14 Per le ipotesi di dispersione dei documenti cfr. O. Gambassi - L. Bandini, cit., pp. vii-viii. 15 C. Scanelli, Relazione dei ricorsi fatti in Forlì alla SS.ma Vergine del Fuoco in occasione dei terremoti del 4 aprile e del 17 luglio 1781, Forlì, Barbini, 1781, p. 51. 16 O. Gambassi - L. Bandini, cit., pp. 54-55.

187 mentale la tesi postulata per l’organico vocale dal Gambassi e dal Bandini 17: pur non facendo parte dell’organico ufficiale, molti strumentisti erano ugual- mente protagonisti delle esecuzioni musicali in Cattedrale. La loro prestazio- ne veniva, così come per i cantanti, retribuita con un’elargizione straordina- ria a fine anno. Dall’analisi delle fonti documentarie e musicali emerge come la compa- gine strumentale si ampli sempre più sino a metà 800 rivelando l’intento di colpire ad effetto, non soltanto in occasione degli eventi solenni. È evidente come una formazione strumentale così ampia risponda alle esigenze dello sti- le compositivo dell’epoca, influenzato dall’opera lirica. Dal 1862 scompare dai Regolamenti anche la figura dell’organista. Si suppone che fosse usualmente lo stesso maestro di Cappella a rivestire entrambi i ruoli e che in occasione delle grandi festività venisse investito del ruolo di organista una seconda persona ingaggiata per l’occasione. La Cappella musicale era tenuta ad eseguire musica durante tutto il corso dell’anno sia all’interno della Cattedrale, cantando le parti della Messa, Lita- nie e Vespri, sia nelle chiese della diocesi forlivese, in occasione delle prin- cipali festività. Nei giorni di festa solenne, come quelli della Madonna del Fuoco e di San Valeriano, veniva allestita una liturgia solenne preceduta da una novena che si concludeva con una Messa grande il giorno della festa 18. La musica eseguita in tutte le occasioni era composta dal maestro di cappella. La ricognizione del fondo musicale ha permesso di ricostruire almeno a grandi linee il repertorio effettivamente eseguito dalla Cappella della Bea- ta Vergine del Fuoco nel tardo Settecento e Ottocento e di effettuare un con- fronto tra l’attività della Cappella ricostruita dal Gambassi e dal Bandini 19 e le prestazioni testimoniate dal repertorio. Le musiche conservate presso l’Archivio Capitolare sono destinate alle funzioni liturgiche quotidiane, messe, vespri, alla liturgia natalizia e pasqua- le, alla festa di tutti i Santi e dei defunti. È interessante, però, rilevare la pre- minenza di opere dedicate alla Madonna, forse dipendente dalla particola- re importanza che a tale figura è data dal calendario liturgico: Purificazione, Annunciazione, Visitazione, Assunzione, Natività, Immacolata Concezione, nonché il mese mariano, maggio. Tale preminenza potrebbe, però, dipende- re anche dalla dedicazione della Cappella alla Beata Vergine del Fuoco: era infatti cosa ovvia un’attenzione celebrativa particolare.

17 Id, cit., pp. 59-61. 18 Id., cit., pp. 81-83. 19 Id., cit.

188 Per quanto riguarda il repertorio da eseguirsi in occasione della festa del- la Madonna del Fuoco, è attestata la liturgia modellata per la festività (Tan- tum Ergo, Litanie, Offertorio, Kyrie) ed eseguita a due voci, coro e grand’or- chestra. Comprende non soltanto le composizioni per la Beata Vergine in buona parte delle occasioni a lei dedicate, ma anche numerosi brani di una liturgia specifica, destinata a conferire maggiore solennità alla dimensione religiosa. Sono attestate anche una Cantata di Archimede Montanelli (musi- cista e storico della musica locale, insegnante nella scuola comunale di musi- ca nella seconda metà dell’Ottocento) dal titolo Maria Virgo ab Igne, Foro- liviensium Patrona 20 del 1878, e la prima parte di un oratorio sacro storico di Luigi Silvagni La Vergine del Fuoco 21, pervenutoci in copia manoscritta. Tutto il repertorio da eseguirsi in occasione della festa della Madonna del Fuoco, a noi pervenuto, fu prodotto principalmente dai maestri della Cappella musicale di Forlì: A. Favi, L. Favi, Romagnoli. Era infatti compito del mae- stro di cappella comporre per tutte le destinazioni: funzioni liturgiche quoti- diane, feste e liturgie del ciclo annuale, festa della BeataVergine del Fuoco. A questa larga parte si va ad aggiungere un gruppo di opere di autori esterni alla Cappella musicale di Forlì, ma che probabilmente con essa ebbero contatti. Si tratta del già nominato Montanelli, del Rossi e del Silvagni. Il Montanelli era un musicista e storico della musica locale, insegnante nella scuola comu- nale di musica nella seconda metà dell’Ottocento, il cui rapporto con la Cap- pella musicale non è chiaro. Tuttavia è possibile che il suo legame con la cit- tà di Forlì e le sue istituzioni, lo abbia spinto a dedicare una cantata alla Beata Vergine del Fuoco. Del Rossi si legge in M. Raffaelli, Musica e musicisti di Romagna, che negli ultimi anni della sua vita (1875-1926) durante la perma- nenza a Forlì, dove poi morì, arricchì il suo già cospicuo repertorio 22. Questa notizia sembra suggerire una sua collaborazione con la Cappella, seppur per la sola composizione di musica per la festa della B.V. del Fuoco. Del Silvagni non si sono trovate notizie ai repertori, ma possiamo affer- mare con certezza un suo rapporto con la Cappella musicale di Forlì per la presenza di un’annotazione sulla fonte 1638 “Proprietà di D. L. Silvagni”. Buona parte della musica pervenutaci, composta ed eseguita in occasio- ne della festa della Madonna del Fuoco, è caratterizzata da una preminenza solistica, dove la voce (per lo più del Tenore) viene esaltata al ruolo di pro- tagonista assoluto, secondo la pratica musicale ecclesiastica coeva, allinea-

20 Fonte n. 1868 musica a stampa. 21 Fonte n. 1700. 22 Cfr. M. Raffaelli, Musica e musicisti di Romagna, Forlì, ed Filograf, 1997, sub voce.

189 ta sul gusto del teatro d’opera, poco rispettoso del messaggio sacro ma certa- mente di effetto 23. Altra caratteristica comune anche alla produzione per le altre principali festività, è la presenza in tutte le musiche (anche in quelle del rito quotidiano) dell’accompagnamento orchestrale 24: in queste occasioni, probabilmente era necessario soprattutto accrescere la solennità con un volume di suoni più cor- poso e di maggiore impatto sugli ascoltatori. Altro dato da rilevare è la presenza di composizioni dedicate a santi come sant’Andrea Avellino, sant’Antonio, santa Cecilia, san Francesco, san Luigi, san Mercuriale, san Pellegrino. La presenza di queste opere, oltre che alle consuete celebrazioni di Santi particolarmente venerati, è legata all’obbligo della Cappella musicale di prestare servizio nelle festività della diocesi forli- vese, anche presso altre chiese, in occasione di funzioni solenni 25. Esistevano (e in qualche caso esistono ancora) chiese o cappelle dedicate a questi santi 26. La presenza di queste opere è quindi da ricondurre a tali prestazioni obbliga- te. Si tratta di circa 40 composizioni in larga parte dei maestri di Cappella, dal Cirri al Romagnoli. Questo repertorio si è però arricchito col tempo di quelle musiche che circolavano uniformemente nel territorio dello Stato Pontificio 27. La forma prevalente è l’inno dedicato al corrispettivo santo. Sono pre- senti tuttavia un buon numero di responsorii e di graduali composti per le rispettive feste, nonché messe e offertori. Rientrano tra le occasioni strettamente collegate alla Cattedrale, oltre alla festività di Santa Croce, dedicataria della Cattedrale stessa, le festività di San Valeriano, antico protettore della Città, san Mercuriale, cui è dedica- ta una basilica in Forlì, san Pellegrino Laziosi, venerato a Forlì per un anti- co miracolo 28.

23 Cfr. M. Fanti, Intervento di Mario Fanti alla tavola rotonda, in La cappella musicale nell’età della Controriforma, Convegno Internazionale di studi: Cento, 13-15 ottobre 1989, a cura di O. Mischiati e P. Russo, Firenze, Olschki, 1993. 24 Il rito quotidiano era caratterizzato, però, da una formazione strumentale ridotta rispetto a quella delle feste: circa sei strumenti. 25 Cfr. O. Gambassi - L. Bandini, cit., p. 60. 26 Cfr. G. Viroli, Le chiese di Forlì, Forlì, Cassa di Risparmio di Forlì, 1994; Storia di For- lì, 4 v, Bologna, 1990-1992, ad voces. 27 Cfr. oltre. 28 Si narra che san Pellegrino all’età di 60 anni ebbe una piaga alla gamba destra, causata dal- le vene varicose. La malattia raggiunse un grado di gravità tale che i medici dell’epoca riten- nero necessaria l’amputazione della gamba. Durante la notte precedente all’operazione, Pel- legrino pregò con fervore davanti all’immagine del Crocifisso per ottenere la guarigione. As- sopitosi, in sogno vide Gesù che sceso dalla Croce lo liberava dal male. Il mattino seguente,

190 Rimane senza spiegazione alcuna, invece, la presenza di una composi- zione di Giovanni Tebaldini dedicata a sant’Ambrogio, santo che non è sta- to possibile in alcun modo ricollegare al contesto forlivese. Potrebbe trattarsi di un’acquisizione da ricondursi alla veicolazione del repertorio della Chie- sa, di cui sotto. Il repertorio della Cappella musicale si arricchì dalla seconda metà dell’Ottocento di musica manoscritta e di fonti a stampa di opere di compo- sitori di un certo rilievo, quali Aldega, Capocci, Jommelli, Mercadante, Pale- strina, Rossini. L’aggiunta di questo nucleo di composizioni appare come un probabile riflesso delle contemporanee esecuzioni nelle principali chiese italiane e dun- que suggerisce una distribuzione uniforme in tutte le chiese dello Stato Pon- tificio attraverso la produzione di manoscritti e il sostegno dell’editoria musi- cale 29. Nel 1904 in ottemperanza al Motu proprio de musica sacra, emanato nel 1903 da Papa Pio X, venne istituita dal vescovo di Forlì una commissio- ne Capitolare per la riforma delle esecuzioni musicali in Cattedrale. La com- missione, composta dai tre canonici amministratori del Santuario, affrontò le problematiche prospettate dal documento pontificio: lo scioglimento della Cappella musicale, da anni in precarie condizioni economiche e artistiche, si impose come scelta quasi obbligata 30. Si concluse in questo modo, dopo qua- si cinque secoli la storia della Cappella musicale della Beata Vergine del Fuo- co di Forlì.

quando il medico giunse per l’amputazione poté constatare l’avvenuta e totale guarigione. Il miracolo accrebbe la venerazione che i forlivesi avevano per lui. Cfr. Storia di Forlì, ii, a cu- ra di A. Vasina, Bologna 1990. 29 Cfr. La cappella musicale nell’età della Controriforma, Convegno Internazionale di studi: Cento, 13-15 ottobre 1989, a cura di O. Mischiati e P. Russo, Firenze, Olschki, 1993, p. 344. 30 ACF, Relazione della commissione capitolare per studiare un progetto di riforma del- le esecuzioni musicali nella Cattedrale di Forlì. Letta il primo marzo 1904 alla presenza di Monsignor vescovo del Reverendo Capitolo, b. 87, doc. 168.

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Annarosa Vannoni

Le fonti per la storia della musica dell’Archivio Storico Diocesano di Rimini

L’argomento del convegno di quest’anno è particolarmente stimolante per chi, nel campo della musicologia fa ricerche d’archivio ma ancora di più per quanti, in questo specifico percorso, si occupano di musica sacra. Il tema, infatti, è dedicato alle raccolte musicali conservate negli archivi ecclesiastici, quegli accumuli librari costituiti prevalentemente dalle partiture cui attinge- vano i maestri di cappella per le esecuzioni legate al culto. Punto di partenza per qualsiasi studio musicale è la ricerca bibliografi- ca pertanto il censimento delle fonti e la loro analisi è un presupposto indi- spensabile per qualsiasi indagine intrapresa secondo criteri di correttezza e scientificità. Inoltre, esaminare il patrimonio locale – molte volte dimenticato perché giudicato, per situazioni minori, di secondaria importanza – che qua- si sempre è stato tramandato solo manoscritto, ci consente di ricostruire non solo una realtà circoscritta, ma contribuisce a fare emergere con maggiore chiarezza connessioni e scambi tra i vari repertori, altrimenti difficili da rico- noscere, rendendo così possibile una lettura su più livelli. La sensibilizzazione nei confronti di queste tematiche, anche da parte dei media, ha contribuito, nel corso degli ultimi anni, a consapevolizzare addirit- tura i ‘non addetti ai lavori’ nei confronti della tradizione archivistica facen- do prendere coscienza, perfino agli amministratori – una categoria di ammi- nistrativi generalmente poco propensi ad occuparsi di questa materia – di una ricchezza unica e imprescindibile per la conoscenza del nostro passato e la ricostruzione del nostro vissuto antropologico e storico; non solo: si è cerca- to di attirare l’attenzione sul fatto che quel patrimonio, se non adeguatamente tutelato e conservato corre il rischio di andare disperso e di conseguenza irri- mediabilmente distrutto 1. Non è scontato ricordare che il documento non è un semplice oggetto di curiosità culturale, per lo meno non è solo questo. Il suo valore è essenzial- mente legato al contenuto che ci tramanda, un senso fatto rivivere da studio- si specializzati in grado di interpretarlo nonostante in alcuni casi si trovino di

1 Il lavoro portato avanti dal Centro studi internazionale sugli archivi ecclesiastici di Fiorano e Ravenna, con la sua attività ininterrotta dal 1998 e la pubblicazione degli atti dei convegni, è la prova tangibile di un rinnovato interesse nei confronti della nostra eredità intellettuale e del patrimonio ad essa correlato.

193 fronte a testimonianze molto lacunose se non addirittura mutile. Diversamen- te, in assenza di chi li sappia giustamente collocare, questi materiali rimarreb- bero documentazione incompleta la cui esistenza sarebbe legata solo all’og- getto in quanto tale (studio della carta, inchiostro, filigrana, bellezza intrinse- ca, ecc.) penalizzando il messaggio che il corso degli eventi ha loro consegna- to: oggetti muti oppure ‘letti’ in modo superficiale, se non addirittura fuor- viante, dall’’esperto’ di turno o, nella migliore delle ipotesi, in giacenza nel- le biblioteche o negli archivi. Ai fini dello studio della storiografia musicale un posto particolare è occupato dagli archivi ecclesiastici – da quelli diocesani a quelli parrocchia- li – dei capitoli e delle collegiate, delle congregazioni e degli ordini religio- si in quanto la storia del nostro Paese – in particolare quella della musica che nel panorama culturale si colloca in una posizione privilegiata per la quali- tà e quantità della sua produzione – da secoli segnata dalla potestà del potere ecclesiastico, rende importante quanto tramandato fino ai nostri giorni. In Italia le principali attestazioni custodite sono il prodotto delle cappelle musicali: documenti che ci consegnano secoli di attività di natura molto varia non solo dal punto di vista del contenuto, ma anche bibliografico e codicolo- gico. Questo materiale veniva generalmente conservato direttamente in chie- sa in appositi armadi o in locali attigui adibiti, appunto, ad archivio. Oggi tali varietà di fonti sono generalmente collocate o negli archivi ecclesiastici o sono confluite in biblioteche, più raramente negli archivi di sta- to. Si tratta di testimonianze composite in quanto assieme alle partiture sono custodite le carte inerenti la gestione della cappella e l’attività musicale di quella chiesa: registri contabili, ricevute di pagamento, registri delle funzioni liturgiche da eseguirsi con musica, registri delle presenze dei musicisti, lette- re, e altro materiale ancora. Ci troviamo di fronte a due tipologie di documen- ti ben distinti dal punto di vista della loro amministrazione e della capacità di renderli fruibili al pubblico ma non per questo, il secondo (quello amministra- tivo), di minore importanza rispetto al primo (le partiture) ai fini della rico- struzione della storia di quella specifica realtà. Differenze che sono lo spun- to per l’apertura di un dibattito tutt’altro che risolto sulla destinazione, ai fini conservativi e di consultazione da parte degli utenti, di questo materiale. La loro gestione richiederebbe infatti personale con competenze ben diversifica- te che difficilmente sono ricoperte dalla stessa persona. Anche se originariamente collocato in un archivio il corretto trattamento di una partitura musicale, sia manoscritta sia a stampa, necessita di un approc- cio di tipo biblioteconomico e non archivistico proprio perché possa avere più visibilità e di conseguenza essere meglio raggiungibile da parte degli stu- diosi molti dei quali sono musicisti non sempre ugualmente interessati ai due

194 nuclei documentari. Non a caso gli archivi delle cappelle sono fra i più pena- lizzati per quanto riguarda la loro dispersione attraverso i secoli. Interi depo- siti sono andati perduti o confluiti, nel migliore dei casi, presso altri enti. Inte- ri codici sono stati smembrati per utilizzarne le pergamene come legature di altri volumi mentre le partiture, giudicate ormai inutili perché non più in uso, sono state eliminate 2. In tempi più recenti è con le soppressioni napoleoniche che si è verificata la dispersione più consistente dei materiali che non neces- sariamente sono andati distrutti ma in alcuni casi giacciono ancora abbando- nati in attesa di essere ricollocati nel loro giusto contesto. Alcuni fondi di musica sacra sono tutt’ora sconosciuti e questo rende molto difficile e lacunosa quella possibilità di ricostruzione delle singole atti- vità ma anche delle connessioni e dei rapporti cui si accennava prima. Allo stato attuale della ricerca la conoscenza della musica prodotta dalle cappel- le musicali è ancora non solo insufficiente e disomogenea: se per l’attivi- tà di alcune chiese abbiamo disponibili anche cataloghi a stampa, per altre non conosciamo neppure l’esistenza di una vita musicale. Mancano i proces- si fondamentali per lo studio della musica sacra: i censimenti sistematici del- le opere, indispensabili alla conoscenza della tipologia del materiale e la tute- la dello stesso, non c’è catalogazione adeguata, fondamentale per le informa- zioni bibliografiche, manca, processo assolutamente auspicabile, la digitaliz- zazione di questi materiali per un’indagine immediata, sono carenti i progetti scientifici che promuovano uno studio serio della musica sacra 3. La ricchezza costituita dalla moltitudine delle carte d’archivio offre diversi percorsi di ricerca attraverso i quali è possibile ricostruire la realtà del vissuto di quella Chiesa o diocesi nelle sue molteplici sfumature aiutandoci a capire meglio la sua realtà nel contesto in cui è inserita. Il documento d’archivio è la testimo- nianza dell’attività di un soggetto o di un’istituzione a prescindere dal luogo in cui viene conservato; a qualificarlo è il cosiddetto vincolo archivistico – che rivela l’origine del documento e lo mette in relazione con il resto del materiale – anche se, come vedremo nel nostro caso, non è immediatamente riconoscibile.

2 Emblematico il caso di Giacomo Carissimi i cui documenti furono saccheggiati e le prezio- se carte vendute a peso ai pizzicagnoli e pescivendoli romani. Cfr. U. Onorati, Excellentis- simus et celebris famae symphonieta, in Giacomo Carissimi: integrale degli oratori, Flavio Colusso direttore, Roma, Musicaimmagine, 1996, registrazione sonora. 3 Allo stato attuale degli studi un programma globale sulla musica sacra può essere visto nell’ Enciclopedia della Musica Sacra, una serie di pubblicazioni in lingua tedesca, ancora in corso di stampa, che mira ad analizzare sotto vari aspetti – importanza nella storia, dimen- sione liturgica e culturale, rapporto con le altre forme di arte, contesto sociale, ecc. – il gran- de panorama musicale dedicato al sacro. M Schneider, J. Sedycias, W, Bretschneider, a cu- ra di, Enzyklopädie der Kirchenmusik, 6 voll., Germany, Laaber, 2011-in corso di stampa.

195 Non sempre è sufficiente partire dal materiale giunto fino a noi: non biso- gna infatti dimenticare di recuperare ciò che a volte potrebbe essere confluito in altri enti (ad esempio nelle biblioteche e negli archivi di stato sono convo- gliati singoli volumi o complessi documentari di corporazioni religiose, opere pie, istituzioni assistenziali, ecc.) non solo per colmare le lacune ma per esse- re in grado di leggere, tramite questi riscontri incrociati, in modo più esausti- vo quello che è sopravvissuto. Gli archivi diocesani sono gli archivi della curia vescovile e documen- tano l’attività di governo del vescovo e dei suoi collaboratori; sono il prodot- to dell’istituzione che lo ha generato: corrispondenza, visite pastorali, sinodi, documenti amministrativi, ecc. Il materiale che vi afferisce è il frutto di più realtà anche diverse tra loro. Una parte importante di questo coacervo di car- te è infatti costituita dagli incartamenti delle istituzioni che dipendevano dal vescovo quali le cappelle musicali, le parrocchie, le confraternite, il semina- rio, conventi, monasteri o il capitolo della cattedrale che generalmente opera- va in grande autonomia. Nel tentativo di rintracciare una eventuale testimonianza musicale rela- tivamente alla diocesi di Rimini negli archivi ecclesiastici, occorre ripercor- rere, anche sommariamente, le vicende dell’Archivio storico diocesano che può essere brevemente sintetizzata in alcuni punti fondamentali. Allo stato attuale esso conserva fonti estremamente importanti non solo per la storia del- la Chiesa ma per la storia della città in senso lato. I documenti conservati nel corso dei secoli sono stati ampiamente consultati, citati e anche integralmen- te trascritti da chi si è dedicato a studi storici e questo permette al ricercato- re moderno di colmare delle lacune createsi nella conservazione dei materia- li. Presso i locali dell’Archivio Diocesano di Rimini 4, sono oggi depositati, al completo – per quanto è sopravvissuto alle varie vicende – l’Archivio del Capitolo della Cattedrale 5, l’Archivio Vescovile che documenta, a partire dal

4 La storia è stata ricostruita da A. Turchini nel saggio L’Archivio del Capitolo della catte- drale di Rimini in Problemi di conoscenza e di integrazione: gli Archivi delle diocesi aggre- gate, decentrate e soppresse, Atti dei convegni di Spezzano (4 settembre 2002) e di Raven- na (5 ottobre 2002), a cura di E. Angiolini, Modena, Mucchi 2003. Cfr. anche Don A. Amati, L’Archivio diocesano di Rimini, in, Gli Archivi diocesani dell’Emilia Romagna: patrimonio, gestione e fruizione, Atti dei convegni di Spezzano (13 settembre 2007) e di Ravenna (27 set- tembre 2007), a cura di G. Zacchè, Modena, Mucchi, 2008; M. C. Antoni, L’Archivio Stori- co Diocesano “G. Garampi”, in La biblioteca diocesana Emilio Biancheri, Rimini, Il ponte, 2008; Archivio Diocesano di Rimini in Guida degli Archivi capitolari d’Italia, III, a cura di V. Monachino e altri, Associazione Archivistica Ecclesiastica – Quaderni di «Archivia Ec- clesiae», Pubblicazioni degli Archivi di Stato, Quaderni della rassegna degli Archivi di Sta- to, 85, 1997-98, pp. 298-99. 5 L’Archivio del Capitolo, fra tutti gli archivi ecclesiastici riminesi e del circondario, è quel- lo più importante non solo per la sua antichità, ma anche per la millenaria conservazione, sen-

196 1540 le visite pastorali, l’Archivio del Seminario che fu fondato nel 1586 6, gli Archivi di alcune Parrocchie con registri di battesimi, matrimoni, defunti e stati delle anime, gli Archivi di Confraternite, Archivi di Prelati e l’Archivio dell’Azione Cattolica. Allo stato attuale, nonostante le complesse vicende cui è stato sottoposto quali parziali distruzioni e dispersioni varie avvenute attra- verso i secoli – in alcuni casi difficilmente valutabili –, spostamenti – pensia- mo al cambio di sede della cattedrale presso la quale si trovava l’Archivio del Capitolo e del Vescovo –, le soppressioni napoleoniche e non ultimo la guer- ra, possiamo affermare che è giunto ai nostri giorni in uno stato di conserva- zione discreto e con una cospicua dotazione di documenti anche se molti di questi appartenenti solo alla storia più recente. Attualmente l’Archivio Stori- co Diocesano «card. Giuseppe Garampi» è collocato, assieme alla Biblioteca Diocesana «Emilio Biancheri» in un locale attiguo al Seminario Vescovile. Il materiale, anche se nel corso dei secoli, prima di confluire presso l’Archivio, ha subito qualche parziale movimentazione, è stato sistemato, in maniera temporanea, come vedremo, pure presso altri enti quali il locale Archivio di Stato 7 e la Biblioteca Gambalunga; sedi diverse da quelle origi- naria che lo storico deve tenere in considerazione, soprattutto la Gambalunga, alla quale l’Archivio per motivi storici e culturali si è legato. La prestigiosa biblioteca riminese ha visto alla sua guida succedersi una schiera di intellettuali e importanti studiosi i quali, proprio per le loro ricer- che, avevano accesso anche agli archivi ecclesiastici. Per seguire il filo del lavoro di ricerca nel tentativo almeno di recuperare i titoli di un corpus di za soluzione di continuità, presso la cattedrale e per l’importanza storica del materiale con- servato. All’archivio del Capitolo appartengono i documenti più vetusti – la data più antica che si conosca è il 994 –, le pergamene – poco meno di mezzo migliaio – e altre serie docu- mentarie come, ad esempio, conti e libri mastri. Cfr. Archivio Capitolare della Cattedrale di Rimini in, Guida degli Archivi capitolari d’Italia, a cura di S. Palese e altri, Associazione Archivistica Ecclesiastica – Quaderni di «Archivia Ecclesiae», Pubblicazioni degli Archivi di Stato Strumenti CXLVI, Città del Vaticano, 2000, pp. 276-78. 6 Per la storia di questo nucleo archivistico e maggiori approfondimenti cfr. G. Lascaro, Il seminario di Rimini ed il suo archivio, in, Gli Archivi dei seminari, Atti dei convegni di Spezzano (3 settembre 2003) e di Ravenna (11 ottobre 2003), a cura di E. Angiolini, Mode- na, Mucchi 2004. 7 In Archivio di Stato è conservata tutta la documentazione relativa alle Corporazioni reli- giose soppresse. Il materiale è corredato di un indice che contiene sia l’elenco delle corpora- zioni religiose sia la lista dei documenti ad esse correlati. Esiste anche un inventario ottocen- tesco redatto nel 1865 da Giuseppe Corsi, funzionario dell’archivio comunale. L’inventario proviene dalla Biblioteca Gambalunga presso la quale, come vedremo, il materiale era stato depositato. Questi documenti hanno mantenuto la collocazione originale, ‘Congregazioni re- ligiose soppresse AB’ dove la sigla AB indica la collocazione presso la Gambalunga. Cfr. L. Vendramin, Gli archivi 1: Rimini, in «Storia illustrata di Rimini», a cura di P. Meldini e A. Turchini, IV, Milano, Nuova editoriale AIEP, 1991.

197 musiche non più conservate, è opportuno soffermarci brevemente su alcu- ne di queste figure di bibliotecari-sacerdoti-musicisti che in alcuni casi sono anche alla guida della cappella musicale. La Gambalunga è stata istituita come biblioteca pubblica dall’omonimo proprietario nel 1617. Il primo bibliotecario è stato Michele Moretti cui suc- cesse il sacerdote Girolamo Avanzolini, mansionario della cattedrale e mae- stro di cappella 8. Le sue musiche forse venivano eseguite e facevano parte dell’archivio musicale a disposizione della cappella ma per il momento sono solo ipotesi; allo stato attuale delle ricerche si può affermare che nelle istitu- zioni riminesi non ne rimane nessuna copia e non vi sono testimonianze sul- la sua attività musicale. Grande studioso di storia patria per le sue memorie intorno alle gesta di Rimini consultò il materiale dell’archivio al quale, in vir- tù delle sue mansioni ufficiali doveva avere facile accesso. Stessa cosa può dirsi per alcuni dei suoi successori. Gli subentrò, nella guida dell’istituzione, il canonico Vittore Silvio Grandi (1668-1739). Esperto collezionista, a detta del Nardi 9, di «tutto ciò che apparte- neva alle memorie sacre di Rimino. Egli deve aver veduti specialmente nell’in allora ricchissimo Archivio Capitolare infiniti diplomi» e altri documenti 10.

8 Sacerdote, bibliotecario (dal 1649 al 1678) e maestro di cappella, raccolse diverse memorie sulla città di Rimini. Tra i meriti come bibliotecario gli va riconosciuto quello di accaparrar- si manoscritti e codici. Per quanto riguarda la musica sappiamo dal Tonini che oltre a essere maestro di cappella della cattedrale, ne fece restaurare l’organo lasciando alla medesima un legato perpetuo per le spese musicali da sostenere nelle festività. Delle sue opere si conserva- no pochissime composizioni censite nel R.I.S.M. (Répertoire international des sources mu- sicales serie A I e II) contenenti messe, mottetti e salmi. Cfr. G.M. Mazzuchelli, Gli scritto- ri d’Italia cioè Notizie storiche, e critiche intorno alle vite, e agli scritti dei letterati italiani del conte Giammaria Mazzuchelli bresciano, In Brescia, presso a Giambatista Bossini, 1753- 1763, vol. II; C. Tonini, Storia di Rimini: Rimini dal 1500 al 1800, vol. VI parte II, Rimini, Tipografia Danesi già Albertini, 1888. 9 La figura di Luigi Nardi è stata piuttosto importante per la città di Rimini. Sacerdote nato a Savignano sul Rubicone nel 1777, dedicò parte della propria vita allo studio. Fu tra i fonda- tori dell’Accademia dei Filopatridi. L’attività pastorale, condotta sempre in modo irrepren- sibile, rimase subordinata a quella di studioso. Accolse quindi con grande soddisfazione, nel 1815, un primo incarico come collaboratore del bibliotecario della Gambalunga Lorenzo An- tonio Drudi. Subentrato alla guida dell’istituzione dal 1818 al 1837, compilò un indice delle cose più importanti della Gambalunga, uno strumento ancora oggi indispensabile per la chia- rezza e il corredo di informazioni affidabili e di vasta cultura. Successe al Drudi nella com- pilazione del Catalogo dei Codici manoscritti conservati nella Libreria Gambalunghiana in due volumi (BGR, SC-MS 1-400 e 401-1257). 10 L. Nardi, Cronotassi dei pastori della s. chiesa riminese aumentata e corretta…, Rimini, 1813. Ristampa anastatica Rimini, Luisè, 1995, pp. 52-53.

198 Nella sua Cronaca 11 non fa menzione alla musica eppure, il fatto che a pren- dere la guida della biblioteca sia stato Grandi, è per noi particolarmente signi- ficativo non solo per gli studi condotti sul materiale dell’archivio ma perché, oltre a essere uomo estremamente erudito, era anche lui compositore e maestro di cappella 12. Sotto questa duplice veste di letterato e musicista ce lo presenta anche il Tonini 13 che nella sua Storia di Rimini gli attribuisce una serie di ope- re delle quali fu autore del testo poetico e della musica 14. Dal punto di vista più strettamente musicale non ci risulta siano arrivate ai giorni nostri sue partitu- re, ci rimane solo un documento autografo, redatto appositamente per la chiesa riminese, in cui descrive, con grande cura e dovizia di particolari, l’attività della cappella che con le sue frequenti funzioni in musica scandiva la vita cittadina 15. Dopo questo susseguirsi, in Gambalunga, di personalità della cultura che per i loro studi e ricerche, anche spinti da un rinnovato interesse per la storia, si interessarono non poco ai documenti degli archivi ecclesiastici, sarà la volta

11 V.S. Grandi, Cronica ariminense, BGR SC-MS. 226 Sec. XVIII. La cronaca tratta molti argomenti a carattere prevalentemente storico. Dalla sua lettura si capisce come il Grandi ab- bia consultato molti materiali archivistici. 12 Rare le notizie su di lui. Figlio del più noto Alessandro fu, come il padre letterato, musici- sta e maestro di cappella della Cattedrale. Nulla di musicale è giunto ai giorni nostri ad esclu- sione di un breve frammento conservato nel Fondo Gambetti (cfr. Appendice N. 2). Si sa che scrisse varie opere che contengono le vite dei santi e dei beati riminesi. Cfr. G. Garampi, Me- morie ecclesiastiche appartenenti all’istoria e al culto della B. Chiara di Rimini, In Roma, Appresso Niccolò, e Marco Pagliarini, MDCCLV; A. Mazza-P. Pasini, Seicento inquieto: arte e cultura a Rimini, Milano, Motta, 2004; G. Moroni, Dizionario di erudizione storico- ecclesiastica… vol. LVII, In Venezia, Dalla Tipografia Emiliana, MDCCCLII; C. Padiglio- ne, Dizionario bibliografico e istorico della Repubblica di S. Marino, Napoli, Tipografia del- la Gazzetta di Napoli, MDCCCLXXII; L. Tonini, Storia civile e sacra riminese, Rimini, Tip. Orfanelli e Grandi (poi altre), 1848-1888, ristampa anastatica Rimini, B. Ghigi, 1971, 6 voll. 13 C. Tonini, Rimini dal 1500 al 1800, cit., vol. VI parte II, Rimini, Tipografia Danesi già Al- bertini, 1888. 14 Le affermazioni del Tonini trovano conferma nei libretti di oratori ancora oggi conserva- ti. Cfr C. Sartori, I libretti italiani a stampa dalle origini al 1800: catalogo analitico con 16 indici, Cuneo, Bertola & Locatelli, 1990-94, 7 voll.; A. Vannoni, Catalogo dei libretti della Gambalunga di Rimini, dattiloscritto. 15 Come possiamo leggere in questo dettagliato scritto, nonostante l’attività principale della cappella si svolgesse in cattedrale, non mancavano occasioni, soprattutto durante le funzioni solenni, per recarsi nei conventi, oratori ed altre chiese della città. ASD C14, À Lode, e Glo- ria di S. Colomba. Istruttione per la Chiesa Cathedrale di Rimino, 1698. Un altro documen- to sopravvissuto che lo riguarda è una stipula di contratto con i musicisti in servizio presso la cappella musicale da lui diretta e dai medesimi sottoscritto. ASR, Archivio Notarile Nota- io Domenico Antonio Giorgetti vol. 3910. Si ringrazia il prof. Giovanni Rimondini per aver- melo segnalato.

199 di un altro grande studioso: Giuseppe Garampi 16. Nominato vice custode del- la Biblioteca ebbe modo di dedicarsi alla lettura di codici e pergamene prima di diventare Prefetto dell’Archivio Segreto Vaticano e degli archivi di Castel Sant’Angelo. La documentazione relativa ai suoi studi sull’Archivio capitola- re sono oggi conservati manoscritti presso la biblioteca Gambalunga 17. Anche questa figura è importante per il nostro percorso musicale in quanto Giuseppe – fratello di Francesco, a sua volta scienziato, astronomo e musicista – man- tenne rapporti epistolari con Padre Martini, il frate bolognese annoverato tra le figure più autorevoli del Settecento musicale europeo come testimoniano la ricchissima biblioteca e la quadreria accumulati nel corso della vita 18. Nono- stante la sensibilità per quest’arte, nessun accenno alla vita musicale riminese si trova nei suoi regesti e documenti ancora oggi conservati. Dagli scritti di questi bibliotecari emerge chiaramente come, per i loro stu- di, abbiano consultato l’Archivio e questo ci fa supporre quanto fosse consuetu- dine una circolazione molto libera e poco controllata dei documenti, alcuni dei quali potrebbero essere stati dimenticati, anche involontariamente, in Gamba- lunga. Nessuna testimonianza emerge, invece riguardo la presenza di musica. Un altro momento storico importante per l’archivio e per l’eventuale patri- monio musicale conservato, è legato alle soppressioni napoleoniche. Nel 1798 la cattedrale di Santa Colomba viene trasformata in caserma mentre le funzio- ni liturgiche vengono spostate prima a S. Agostino, poi, nel 1809, a S. France- sco (Tempio Malatestiano) 19. L’Archivio capitolare viene preso in carico dal Demanio unitamente ai documenti delle Congregazioni soppresse, movimen-

16 Nato a Rimini nel 1725 fu avviato agli studi storici e scientifici da Giovanni Bianchi (Ja- no Planco). Rimase legato alla Biblioteca Gambalunga per tutto il corso della vita aiutando sempre l’istituzione a qualificarsi e ad implementare il patrimonio. Morto a Roma nel 1792 lasciò alla Gambalunga il nucleo più prezioso della sua raccolta tra cui spiccano codici e in- cunabili. Cfr. D. Vanysacker, Cardinal Giuseppe Garampi (1725-1792): an enlightened ul- tramontane, Bruxelles, Institut historique belge de Rome, 1995; Idem, Il Cardinale Giusep- pe Garampi (1725-1792): Uomo della Chiesa Romana, viaggiatore ed intellettuale, Edizio- ni Sette Città, 2014. 17 I manoscritti a lui attribuiti sono Schede, Apografi e Lettere a lui dirette (22 volumi). BGR, SC-MS 199-207; 227-238; 208. 18 Giuseppe Garampi non è l’unico riminese ad avere una corrispondenza con il frate bolo- gnese. Un estratto dell’epistolario martiniano conservato al Museo della Musica di Bologna è consultabile in A. Schnoebelen, Padre Martini’s Collection of Letters in the Civico Museo Bibliografico Musicale in Bologna, New York, Pendragon Press, 1979. 19 L’edificio, noto alle fonti dal 1015, fu sede del comune fino al 1204 per diventare poi la cattedrale di Rimini. Nel 1798 il titolo fu ceduto prima alla chiesa di S. Agostino e, dal 1809, al Tempio Malatestiano. Cfr. C. Brandi, Tra Medioevo e Rinascimento: scritti sull’arte da Giotto a Jacopo della Quercia, Milano, Jaca Book, 2006.

200 tazione che causò la dispersione di alcuni materiali: «non si riesce a capire con quali modalità si proceda ad una divisione fra quanto viene assunto in carico dall’amministrazione civile e quanto resta alla precedente istituzione ecclesia- stica, è probabile che a quest’ultima siano lasciati più che materiali economi- ci o giurisdizionali, quelli culturali […]» 20. Intanto negli anni 1796-97 le ric- che biblioteche degli ordini religiosi furono depositate in Gambalunga. Questo ingresso consistente di volumi – più di cinquemila – rese necessaria una rior- ganizzazione degli spazi per accogliere in modo adeguato il nuovo materia- le che doveva essere censito e catalogato. Per questo compito venne chiamato il Drudi 21, studioso riminese molto apprezzato. Per collocare le nuove acqui- sizioni «Tra il ‘97 [1797] e il ‘98 Drudi allestisce una nuova sala, sala E, per accogliere i materiali provenienti dalla soppressione napoleonica delle con- gregazioni religiose» 22. I volumi della sala secentesca presero la collocazione E seguita da un’altra lettera ad indicare l’armadio di riferimento e un numero di catena. Compilò anche un indice delle opere a stampa e fece la descrizione analitica del fondo manoscritto. Un lavoro, assolutamente all’avanguardia per i tempi, proseguito poi dal suo collaboratore e successore Luigi Nardi. Nel 1861 il bibliotecario della Gambalunga, Luigi Tonini, istruisce la pratica, che andrà a buon fine, per la restituzione di quanto era stato invece depositato nell’archivio demaniale di Forlì dando disposizioni affinché venis- se portato in Gambalunga. Questi sono tempi molto importanti per la storia della cappella musica- le che dagli anni trenta circa aveva incominciato ad avere una struttura orga- nizzata con cantanti e strumentisti che, sotto la guida di un maestro, erano al servizio della chiesa 23. La costante attività musicale deve avere prodotto non poco materiale che si andava accumulando nell’archivio capitolare. Altro momento cruciale per la storia di Rimini e del suo patrimonio è la seconda guerra mondiale. I danni subiti dalla città sono stati drammatici non solo in termini di vite umane ma anche per l’oltraggio subito dal patrimonio culturale. 24 Dal tremendo impatto non si salvò neppure il Tempio Malatestia-

20 A. Turchini, cit., p. 347. 21 Lorenzo Antonio Drudi, medico discepolo di Giovanni Bianchi. Fu bibliotecario dal 1797 al 1818. 22 P. Delbianco, La Biblioteca Gambalunghiana in «Storia illustrata di Rimini», a cura di P. Meldini e A. Turchini, IV, Milano, Nuova editoriale AIEP, 1991, p. 1129. 23 Cfr. A. Vannoni, La musica sacra a Rimini tra ‘800 e ‘900, in Storia della chiesa rimine- se, IV, in corso di stampa. 24 La città fu colpita da circa 400 bombardamenti aerei, navali e terrestri che distrussero oltre l’82% delle abitazioni. Un tributo altissimo che venne riconosciuto nel 1961 dall’allora Pre- sidente della repubblica Giovanni Gronchi che insignì la città con la medaglia d’oro al valor

201 no che vide raso al suolo l’abside e i locali ad esso connessi dove era conser- vato l’archivio della chiesa. Bisognerà aspettare gli anni Settanta del XX secolo per avere la colloca- zione attuale di tutti i materiali: quelli del capitolo, come si diceva all’inizio, presso la biblioteca del seminario mentre quelli delle congregazioni soppres- se, grazie a una convenzione stipulata dal bibliotecario Piero Meldini, presso l’Archivio di Stato dove è confluita la parte strettamente archivistica che era depositata in Gambalunga 25.

Soffermiamoci ora sull’Archivio Diocesano. Il materiale, da me atten- tamente vagliato, per quanto riguarda la musica si suddivide nelle sezioni seguenti:

1. Memoria sulla erezione della cappella musicale [s.d.] 2. Libro di amministrazione della cappella musicale, 1834-1842 3. Stato delle attività della cappella musicale, 1844-1848 4. Id. 1847-1850 5. Carte concernenti la cappella musicale (cantori, organizzazione, cor- rispondenza) 1836-1858 6. Sul maestro di cappella e le partiture musicali, 1837-1850 I documenti, ben conservati (ancora con in mezzo qualche calcinaccio) sono prevalentemente di tipo amministrativo. Di grande interesse la docu- mentazione del vescovo Ferretti inerente la costituzione della cappella con l’emanazione dello statuto e la regolamentazione dei rapporti con la società civile e la locale Accademia Filarmonica. Contestualmente sono presenti libri contabili, ricevute di pagamento per musicisti – strumentisti e cantanti – tra- sporto degli strumenti, per il copista della musica. Non manca un abbondan- te carteggio tra musicisti e maestro di cappella e maestro di cappella e prela- to preposto dal vescovo alla musica. Si tratta di richieste di permessi, aumen- ti di stipendio, polemiche varie. Questi documenti ci permettono in modo sufficientemente esaustivo di ricostruire le vicende della cappella, i rapporti con la città, il repertorio esegui- to, lo stato sociale dei musicisti. Si tratta di fonti di grande valore documenta- rio per la storia della musica. Inoltre dai tanti elenchi delle feste con musica, civile. Cfr. C. Muscolino-F. Canali, a cura di, Il Tempio della meraviglia: gli interventi di restauro al Tempio Malatestiano per il giubileo, 1999-2000, Firenze, Alinea, 2007. 25 «Nel ‘78 si distaccheranno dalla biblioteca anche gli Archivi cittadini (storico comunale, notarile, delle congregazioni religiose soppresse e delle antiche giusdicenze, affidati dal Co- mune mediante convenzione di deposito alla locale Sezione d’Archivio di Stato, istruita già nel ‘72». Cfr. P. Delbianco, cit., p. 1135.

202 che erano sancite dal vescovo, è possibile risalire alla tipologia di composi- zioni eseguite 26. Che la cappella possedesse anche un archivio musicale conte- nente partiture è testimoniato da un elenco dei volumi a disposizione:

Salmi Bellinzani (Libri 9) Inni di D. Carlo Lancellotti (Libri 5) Messe del Colonna (Libri 9) Terza senza autore (Libri 9) Mattutino del S. Nattale, e Vitime Paschali (Libri 5) Primo giorno di quaresima sciolto Quattro domeniche di quaresima sciolte, con altro servizio simile Tre domeniche dell’Avvento, con altro servizio simile, sciolte Domenica delle Palme, duplicato parimenti sciolte Mattutino del mercoledì santo (Libri 6) Mattutino del giovedì santo (Libri 6) Mattutino del venerdì santo (Libri 6) Messa del venerdì santo (Libri 8) Messa e benedizione delle candele sciolto Antifone di S. Colomba sciolte Antifona del mattutino del S. Natale, sciolta (partitura senza parti) Antifona per il vespro del S. Natale, sciolta (partitura senza parti) Invitatorio della notte del S. Natale Antifone per li Vespri dell’Epifania sciolte Graduale della 4 domenica di quaresima con partitura ed orchestra Graduale del S. Natale, come sopra Graduale dell’Epifania come sopra Graduale per la purificazione come sopra Servizio per il giovedì santo sciolto Altro servizio simile.

In calce al documento c’è scritto: «Io Rafelle Solustri 27 m.ro di Capella in Rimini dichiaro di aver ricevuto tutti i sopraccenati pezzi di musica dal Rd.mo Capitolo il giorno 25 aprile 1837» 28.

26 Cfr. Appendice N. 1. 27 Raffaele Solustri, di Fossombrone, assunse l’incarico di maestro di cappella nel 1836. Al- lievo di Mattei nel 1803 fu aggregato all’Accademia Filarmonica di Bologna dove, ancora oggi, sono conservate le sue prove d’esame. Cfr. A. Vannoni, La musica sacra a Rimini tra ’800 e ’900, cit. 28 ASD, C 6. Come si evince da molti documenti ottocenteschi l’intero Archivio Musicale veniva dato in consegna al Maestro di Cappella che ne diventava il responsabile sia per quan-

203 Del materiale citato, molto del quale, purtroppo, è anonimo, in archivio c’è solo la parte del basso, tra l’altro mutila della prima carta, dei Salmi di Bellinzani. Assieme a questo elenco è conservata anche una lettera scritta nel 1844 dal canonico Brioli con la quale il prelato dichiara di voler cedere, in comoda- to gratuito, della musica del concittadino Benedetto Neri maestro di cappella a Rimini prima di divenirlo della Metropolitana a Milano 29.

Ill.mi, e Rev.mi Sig.ri Sig.ri Col.mi Mi è riuscito d’aver dieci pezzi di Musica del Ch. Nostro Concittadino Sig.re Prof. Benedetto Neri di f. m. Maestro di Cappella della Metropolitana di Milano. Ritenuto, che non dispiaccia alle SS. LL. Ill.me, e Rev.me, se oso di farne dono a questa nostra Chiesa Cattedrale per servirsene nelle sacre sue funzioni, e principalmente nella Festa della B. V. della Pietà, e della Miseri- cordia, cui consacro in modo speciale le Litanie, e l’Ave Maria, vorrei pregar- le di permettermi la riserva della proprietà solamente vita mia naturale duran- te, e di somministrare qualunque dei d.i Pezzi di Musica, che in ogni tempo fosse richiesta a questi RR. PP. Cappuccini per qualche straordinaria Funzio- ne che potessero avere nella loro chiesa. Si degnino di accogliere benignamente questa tenue offerta a dimostra- zione di verace affetto verso la nostra Chiesa, e di molta stima per le SS LL Ill.me, e Rev.me, alle quali mi protesto riverentemente Rimini 30 Ott.re 1844 Ill.mi, e Rev.mi Sig.ri Dignitari, e Can.ci della Catt.e di Rimini Um.o Div.mo, ed Obb.mo Servitore Michele Can.co Brioli 30 to ne riguarda la conservazione sia l’accrescimento musicale. 29 Benedetto Neri, nato a Rimini nel 1771, è stato il primo maestro di cappella del XIX seco- lo. Poco si sa della sua vita professionale, soprattutto degli esordi, e le scarse notizie in nostro possesso sono quelle riportate da De Matthias. La formazione avvenne presso il Conservato- rio di Napoli dove fu allievo di Piccinni. Rimase nella città partenopea quattro anni e al suo ritorno in patria, poiché era morto il maestro di cappella Savini, il vescovo Ferretti gli offrì di prendere il suo posto; siamo nel 1796. Ricoprì questa carica fino alla partenza prima per No- vara – dove rimase per circa tre anni sempre in qualità di maestro di cappella – e poi per Mi- lano dove fu chiamato come docente del conservatorio e maestro di cappella. Poiché assun- se l’incarico milanese nel 1824, è probabile che fino circa il 1820 rimase a Rimini. Cfr. M. De Matthias, Biografia del professore Benedetto Neri, Rimini, Tipi Orfanelli e Grandi, 1844 30 ASD, 6 Vescovi e cattedrali, busta 4 1825-1850 sul capitolo: corrispondenza col vescovo per le riforme, carte non numerate.

204 Nonostante la lontananza Neri mantenne sempre buoni rapporti con la città di origine e ogni tanto vi faceva ritorno come dimostra un suo carteggio conservato nella biblioteca cittadina 31. Ma torniamo in Gambalunga e alla musica in essa conservata. Questa può essere suddivisa in quattro segmenti: - acquisizioni per donazione o acquisto - partiture o libri inerenti la musica presenti nel catalogo Staderini e dislo- cati nei vari locali-depositi della biblioteca. - brani musicali custoditi nel fondo Gambetti - fondo musicale manoscritto inventariato, collocato in un apposito locale, ma non catalogato. Riguardo il primo punto si tratta di materiale non coinvolto in questa indagine in quanto il suo ingresso in biblioteca, essendo relativamente recen- te, è documentato ed ha ben diversa provenienza rispetto quello ad uso delle cappelle musicali. Le cose si complicano se volessimo rintracciare i libri musicali disloca- ti in biblioteca. L’unico strumento per la loro rintracciabilità è la lettura del catalogo Staderini. Il soggettario non è esaustivo e le schede catalografiche non sono state riversate in sbn. Eppure questo materiale ha un certo interes- se ai fini del nostro studio quindi dobbiamo tenerne conto; successivamen- te alla ricollocazione della sala E molti titoli con questa segnatura sono con- fluiti in altri spazi con una disposizione diversa e sono andati a implementa- re questa sezione 32. Il terzo segmento riguarda la musica depositata nel ‘Fondo Gambetti’ 33 che prende il nome dal bibliofilo che l’ha assemblato nel corso di una vita. Poco più che ventenne Gambetti incominciò a raccogliere notizie biografi- che sui riminesi illustri e ad acquistare il maggior numero di opere possibi- li sugli stessi. Non solo: non dimenticava mai di visitare le tipografie cittadi-

31 BGR, FG MMR, fasc. Neri Benedetto. 32 Dalla lettura del catalogo cartaceo risulta infatti che molti volumi hanno una segnatura preesistente contrassegnata con la lettera E. 33 Il canonico Zefirino Gambetti (1803-1871), uomo di vasta cultura e intelligente collezio- nista di materiale inerente Rimini, fu ordinato sacerdote nel 1826. L’anno seguente ebbe l’in- carico, da Luigi Nardi, di descrivere le stampe conservate in Gambalunga. Il catalogo fu ter- minato dopo un trentennio ed è ancora oggi uno strumento indispensabile per la consultazio- ne della sezione antica. Ormai anziano e indigente il canonico decise di vendere la sua col- lezione, che giunse in biblioteca solo dopo la sua morte, al comune. Di questa, oltre al mate- riale citato, fanno parte svariati autografi fra cui particolare importanza ricoprono le lettere di Giovanni Bianchi. I documenti sono di grande interesse per chi si occupa di storia locale. Cfr. M. C. Antoni, Il Fondo Gambetti della Biblioteca Gambalunga: la miscellanea mano- scritta riminese, «Studi Romagnoli», LXII, 2011.

205 ne per farsi dare copia di quanto passava sotto i loro torchi accumulando così un numero consistente di bandi, avvisi, sonetti, ecc.; tutta la documentazio- ne cartacea, anche abbandonata, era da lui raccolta e ordinatamente collocata conferendo al suo personale deposito una connotazione estremamente varie- gata. Il risultato di una vita di studi e ricerche è oggi conservato nel fondo che prende il suo nome. Viene subito da chiedersi quale sia la provenienza della musica. Non è possibile rintracciare come questa sia arrivata nelle sue mani ma è probabile che alcune partiture gli siano state regalate. Parte di questo materiale, nel complesso non molto 34, è composto da bra- ni di musica sacra. Dopo una attenta analisi di quanto conservato da Gambetti possiamo dire che le partiture non hanno note di possesso, si tratta prevalente- mente di fogli sciolti senza nessuna rilegatura. Le pagine denotano una certa usura e lo stato di conservazione della carta lascia pensare che queste musiche fossero custodite non tanto a scopo conservativo ma piuttosto per un utilizzo pratico. Credo sia corretto prendere in considerazione l’ipotesi che, anche se parzialmente, possa trattarsi di materiale ad uso della cappella musicale poi abbandonato perché mutilo in alcune parti e forse appartenente a un reperto- rio non più interessante. Il Gambetti, che in qualità di canonico della cattedra- le aveva libero accesso all’archivio, potrebbe avere raccolto quelle pagine che altrimenti sarebbero andate distrutte. L’ultimo nucleo musicale è quello più interessante. Di questa sezione fanno parte 13 libri corali e alcuni manoscritti musicali di vario genere.

Libri corali della soppressa Corporazione religiosa dei P. P. Riformati di Verucchio.

1) Incipit psalterium - cartaceo 2) Psalterium sive nocturnum - membranaceo 3) Hymnarius - cartaceo 4) Antiphonarium - membranaceo 5) Antiphonarium feriale - membranaceo 6) Antiphonarius - membranaceo 7) Antifonario - membranaceo 8) Dominica Ressurectionis - cartaceo 9) Liber: o crux ave - cartaceo 10) Graduale festivum (1500) cartaceo 11) Graduale feriale (1499) cartaceo

34 Cfr. Appendice N. 2. L’elenco riportato è stato compilato in base al catalogo generale del fondo consultabile anche on-line.

206 12) Opusculum in quo aliquas Missas (1851) cartaceo 13) Kirie, quia pius es - cartaceo Ritirati l’8 luglio 1868 dal Sig. Giulio Parigi Economo del Comune di Rimini a seguito ordine ministeriale. (Cfr. Arch. Stor. Comunale Tit. X. 1868).

La provenienza dei corali ci è nota in quanto il loro ingresso in bibliote- ca è accompagnato da una certificazione che ne spiega l’iter

Accaduta la Soppressione delle Congregazioni Religiose nel febbraio 1868, ai primi di marzo furono immesse nella Civica Biblioteca Gambalun- ga le Librerie conventuali dei PP. Cappuccini e delle Grazie e dei PP. Mis- sionari del P. S. In aprile, il 30, l’Economo comunale Giulio Parigi, rimetteva copia dei cataloghi di esse al Sig. Sindaco per l’inoltro alla Prefettura. Nello stesso tempo venivano devoluti alla Biblioteca Civica Gambalun- ga tredici libri corali dei PP. Riformati di Verucchio 11 cartacei e 2 membra- nacei artisticamente miniati del secolo XV. 35

La dichiarazione, oltre a chiarire l’origine dei codici, è un’ulteriore con- ferma al fatto che i tomi delle congregazioni soppresse fossero presi in carico dalla biblioteca. Questi codici hanno la segnatura E. Meno semplice è capire la derivazione dei restanti manoscritti. Anche in questo caso non ci sono documenti che ne attestano la provenienza e l’in- gresso in biblioteca. Ad una prima analisi i volumi si presentano ben conser- vati. Si tratta di non molti pezzi, alcuni dei quali espressamente composti per festività locali. Ci sono partiture ma anche fogli sciolti per uso espressamen- te liturgico. Da un’analisi più approfondita del materiale non risultano note di possesso ma in alcuni documenti è scritto fr. seguito da un nome che ci fa pensare a un vecchio proprietario in abito religioso. Solo pochi libri hanno incollato un talloncino con un numero progressivo, scritto dalla stessa mano, e posizionato nello stesso punto a sottintendere non solo un unico proprieta- rio, ma una collocazione in un armadio. Fondamentale è lo studio delle segnature di questi volumi in quanto ne documentano la movimentazione nel corso degli anni. Una buona parte di essi riporta la sigla E seguita da una lettera, la conferma che queste partiture appartenevano a delle congregazioni religiose poi soppresse, mentre altri han- no lettere e numeri che si riferiscono ad altre sale.

35 Entrambi i documenti sono allegati all’inventario topografico. BGR, SC-MS 1-6.

207 Fanno parte di questo nucleo bibliografico, dicevamo, anche molti fasci- coli e fogli sciolti con musiche per il culto. L’aspetto dimesso e un po’ con- sunto lasciano intuire come fosse materiale d’uso pratico. Queste carte han- no avuto un numero di collocazione solo in tempi piuttosto recenti ma la cosa non ci deve far precludere il fatto che potessero appartenere allo stesso nucleo delle altre partiture che, da un punto di vista bibliologico, si presentano con un aspetto più nobile perché ben rilegate e quindi più degne di attenzione. Il bibliotecario Drudi, che prese in carico tutto questo materiale, di fronte a una quantità considerevole di cinquecentine e altri documenti preziosi da colloca- re, non si deve essere preoccupato più di tanto di sistemare adeguatamente dei fogli, anche di difficile interpretazione per chi non abbia competenze musica- li, pertanto potrebbe averli accantonati in attesa di una maggiore disponibili- tà a trattarli. In questo senso trova una spiegazione anche il fatto che non tut- te le partiture fossero confluite nella sala E. Alcuni di questi manoscritti si presentano più accurati di altri e fanno pensare a un uso meno pratico e più personale, forse libri appositamente con- fezionati su commissione o acquistati. Inoltre il genere non è solo liturgico. A questo punto viene spontaneo chiedersi come sia possibile la presenza di questo materiale in un archivio ecclesiastico. A Rimini erano presenti molti monasteri femminili dei quali è documentata l’attività musicale. Ne cito uno come esempio, quello di S. Maria degli Angeli. Una benefattrice del mona- stero, certa Angela Quadrelli, già ospite della comunità come laica, prese i voti «… in età di Anni ottanta in circa […] con licenza di Monsig. Vescovo per mezzo di suplica fatta dalle RR. Monache» 36. Poco dopo la suora morì e il suo lascito testamentario, piuttosto consistente, oltre a denaro, suppelletti- li in argento, quadri, e altro consisteva anche in un cembalo che sicuramen- te la defunta suonava. Assieme allo strumento ci sarà stata anche la musica. Nei conventi e nei monasteri era prassi non solo l’esercizio del canto sacro, ma anche di quello profano e questo rende la produzione musicale femminile all’interno dei chiostri più interessante di quella delle altre istitu- zioni curiali. A Rimini tra le congregazioni soppresse c’erano anche conven- ti femminili dove il canto e la musica erano espressioni artistiche coltivate 37. Ora spetta ai musicisti fare rivivere queste pagine e agli studiosi intraprende- re nuovi percorsi di ricerca.

36 ASR, Memorie del Monasterio delle RR. Madri di S.ta Maria de gli Angeli. Di Rimini, MS, AB 384, c 31. 37 G. L. Masetti Zannini, “Melodia della voce” ed “Armonia della Mente”. Note e docu- menti sulla vita musicale nei monasteri femminili di Rimini(secoli XVI-XVIII) in «Atti e me- morie-Deputazione di Storia Patria per le Province di Romagna», LI.

208 Appendice

N. 1

Vincenzo de’ Conti Ferretti Patrizio Anconitano Vescovo di Rim.no Della Santità di N. Signore Prelato Domestico, ed Assistente al Soglio Pon- tificio. Delle Cappelle, ed altre Funzioni da farsi con musica Elenco, in servizio del- la Nostra Chiesa Cattedrale.

Gennaro. I Circoncisione di N. Sig.re: Messa con li Stromenti. Vespro, Veni Creator, e Tantum Ergo. 6. Epifania del Sig.re: Primo Vespro, e Messa con li Stromenti. 20. SS. Fabiano, e Sebastiano: Processione.

Febraro. 2. Purificazione di M. V.: per la benedizione delle candele si rispon- de a tutti li Oremus. Si canta senza Stromenti: Lumen ad revelationem &c. Nunc dimittis. Quia viderunt &c. finchè dura la distribuzione delle medesi- me. Si risponde al procedamus in pace. In tempo della Processione si canta Responsum accepit &c. Obtulerunt pro eo &c. finchè sia giunto il Celebrante avanti l’Altare Corale; poscia la Messa con li Stromenti. S. S. Agata V. e M.: Messa, e Vespro.

Aprile. Processione per il Terremoto, dopo la quale si canta il Te Deum in musica, Tantum ergo a solo, o a due con li Stromenti. 25. S. Marco: Processione con le Litanie de’ Santi doppie. Messa delle Roga- zioni senza Stromenti.

Maggio. Giugno. 29. S. S. Apostoli Pietro, e Paolo. Primi Vesp. e Messa con li Stromenti.

Luglio. Agosto. 15. Assunzione di M. Verg.e: Primi Vesp. e Messa con li Stromenti. 22. S. Cordula, e Fortunata: Messa, e Vespro. 30. Anniversario della Dedicazione della Chiesa Cattedrale: Primi Vesp. e Messa con li Stromenti. Secundi Vespri.

Settembre. 2. Santi Joventino Pellegrino, Facundino, e Felicita. Messa, e Vespro.

Ottobre. 14. S. Gaudenzio princip. Protettore. Primi Vespri, e Messa con Stro- menti. Secondi Vesp. e Processione alla Chiesa di S. Gaudenzio.

209 Novembre. 1. Festa di tutti li San: Primi Vesp. e Messa con li Stromenti 2. Commemorazione de’ defonti: Messa da requie. Libera me Domine & c. all’assoluzione del tumulo con Stromenti. 3. Commemorazione di tutti i Vescovi defunti Riminesi.: Messa requie, come sopra.

Dicembre. 1. Festa del B. Giovanni: Primo Vesp. Messa, e secondo Vespro. 13. S. Lucia V. e M.: Messa, e Vespro. 25. Natività di N. Signore. Primo Vespro, Mattutino, Messa della notte e Mes- sa solenne il tutto con li Stromenti. Al Mattutino dovrà cantarsi in Musica con li Stromenti l’Invitatorio, l’Inno, le Antifone a capella, li Responsorj delli tre Notturni con li Stromenti, e Te Deum. 26. S. Stefano Protom.: Messa con li Stromenti. 27. S. Giovanni Apost. Ed Evangel.: Messa con li Stromenti. 31. S. Colomba titolare della Chiesa Cattedrale: Primi Vespri, Messa, secon- di Vespri col Te Deum, che si canterà un versetto col popolo.

ELENCO

Delle Feste Mobili, e di altre Funzioni Mobili, Primo giorno di Quaresima, alla benedizione delle Ceneri: Exaudi nos Domi- ne & c. Salvum me fac. Nella distribuzione delle Ceneri: Immutemur habitu & c. Inter vestibulû Emendemus in melius & c. finchè durerà la distribuzione. Messa, il tutto senza Stromenti. Si avverta, che il Versetto Adjuva nos Deus salutaris noster & c. va cantato nell’atto, che il Vescovo si pone in ginocchio sul Faldistorio. Domenica quarta di Quaresima: Messa con li Stromenti. Domenica delle Palme. Benedizione delle Palme: Hosanna filio David & c. Collegerunt Pontifices & c. In monte Oliveti & c. Si risponda al Prefazio. Pue- ri Hebraeorum & c. finchè durerà la distribuzione delle Palme. In tempo della Processione li Musici canteranno: Cum appropinquaret & c.. Giunta la Proces- sione alla porta della Chiesa, li Musici entrino in Chiesa. li Cantori del Coro al di fuori cantino, Gloria, laus, & honor & c. Israel es tu Rex, si canti dai Musici dentro la Chiesa: terminata questa li Musici cantino Ingredientes Domino & c. Al principio della Messa si canterà l’Introito Domine, ne longe facias & c. con il Kyrie. Finita l’Epistola il Graduale: Tenuisti manum & c. per fino che il Vescovo ha letto l’Epistola. Al Passio le turbe in musica. Finito il Passio, l’Offertorio: Improperium, Sanctus, Agnus Dei, e Postcommunio. Pater, si non potest & c.

210 Nel dopo pranzo di detto giorno Processione del Venerabile: Pange lingua, e Tantum ergo per la benedizione a solo con li Stromenti. Lunedì santo, Tantum ergo a solo con li Stromenti. Martedì santo, Tantum ergo a solo con li Stromenti. Mercoledì santo, Processione per la deposizione delle quarant’ore. Pange lin- gua, e Tantum ergo a solo con li Strumenti. Nel dopo pranzo di detto gior- no al Mattutino delle tenebre. Le Antifone di tutti tre li Notturni si cantino a capella. Li Salmi dal Coro. La prima Lamentazione si canti dal Soprano; la seconda dal Contralto; la terza dal tenore, o Basso. Li Responsorj delle nove lezioni in musica. Alle Laudi, Antifona del Benedictus: Traditor autem & c. in musica. Benedictus, Christus, Miserere secondo il solito.: Lo stesso meto- do si pratichi nelli Mattutini del Giovedì e Venrdì santo, lasciandosi in libertà il Maestro di Capella il variare le Lamentazioni a quei Musici, che egli vorrà. Giovedì santo. La mattina non si canta Terza in musica, ma in Coro in tono feriale. Nell’incamminarsi la Processione all’Altar maggiore, incomincia l’Organo e li Stromenti a sonare. Giunto il Celebrante all’Altare, subito si comincj il Kyrie solenne con li Stromenti, ed il Gloria in excelsis. Finito il Gloria cessano li Stromenti, e si prosegue la Messa dalli soli Musici con il suono o del Cembalo, o d’un solo registro dell’Organo. Finita l’Epistola, si canta dalli Musici il Graduale: Christus factus est & c. Dopo il Vangelo si canta il Credo, e l’Offertorio: Dextera Domini & c. Alla benedizione dell’o- glio santo si risponde Amen & c. si canta Agnus Dei. Alla consecrazione del- li Oglii li Musici cantano, O Redemptor, ed i Cantori del Coro in processione rispondano l’altra stroffa dell’Inno: indi li Musici rispondono al Prefazio, ed Orazioni. Terminata la consecrazione degl’Olii, i Cantori cantano Ut novetur & c. ed i Musici cantano il Postcommunio. Terminata la Messa i Musici in processione cantano il Pange lingua glorio- si. Posto il Sagramento nel Sepolcro i Musici cantano il Tantum ergo, e Geni- tori a Capella. Terminato il Vespro, li Musici cantano alla lavanda, Manda- tum novu. Beati immaculati & c. Postquam & c. Magnus Dominus & c. fin- ché dura la lavanda; ed in fine rispondono a tutti li Versetti della medesima. Venerdì santo. Messa senza li Stromenti. Cantata la Profezia, Haec dicit Dominus & c. li Musici cantano il Tratto Domine Audivi & c. Cantata l’Epi- stola, i Musici cantano il Tratto, Eripe me Domine & c. Qui cogitaverunt & c. Acuerunt & c. finché il Vescovo ha finito di leggere l’Epistola, ed il Trat- to. Al Passio i Musici cantano le turbe. Rispondono tutti li Oremus. Allo scoprimento della Croce i Musici rispondono: in quo salus mundi pependit; Venite adoremus. Quando principia l’adorazione della Croce, i Musici can- tano l’Improperie, e seguitano finché dura la suddetta adorazione. Quando si leva il Santissimo dal Sepolcro i Musici cantano il Vexilla Regis prodeunt.

211 Lo proseguono in processione, e l’ultima stroffa quando il Santissimo giun- ge all’Altare. Sabbato Santo alla Messa. Li Musici cantano il Kyrie piuttosto lungo sen- za Stromenti. Gloria in excelsis solenne con li Stromenti, co’ quali si prose- gue tutta la Messa. Finita l’Epistola il Celebrante intona tre volte Alleluja, e li Musici rispondono tre volte Alleluja. Indi li Musici proseguono il verset- to Confitemini & c. ed il Tratto, Laudate Dominum & c. Al Postcommunio li Musici cantano Alleluja & c. Laudate Dominum & c. Il Vespere autem sab- bati si canta a Capella, ed il Magnificat solenne con li Stromenti. Pasqua di Resurrezione. Messa con li Stromenti. Finita l’Epistola si canta la Sequenza, Victimae Paschali & c. Il giorno Vespro. Seconda Festa, Messa co’ Stromenti. Terza Festa, Messa co’ Stromenti. Li tre giorni delle Rogazioni, Processione, e Messa. Ascensione di N. Sig. Primo Vespro, e Messa con li Stromenti. Secon- do Vespro. Pentecoste. Primo Vespro, e Messa con li Stromenti. Secondo Vespro. Seconda Festa, Messa con li Stromenti Terza Festa, Messa co’ Stromenti. SS.ma Trinità. Primo Vesp. e Messa co’ Stromenti. Secondo Vespro. Corpus Domini. Primo Vespro, e Messa co’ Stromenti. Processione. Secondo Vespro, e Tanrum Ergo a solo per la benedizione. Ottava del Corpus D.ni. Processione, e Tantum ergo a solo co’ Stromenti. Giorno anniversario dell’Incoronazione del So. Pontefici. Messa co’ Stro- menti. Giorno anniversario dell’elezione del Vescovo vivente. Messa co’ Stromenti. Giorno anniversario della morte dell’ultimo Vescovo. Messa da Requie co’ Stromenti. Tutte le Domeniche, e Feste dell’anno non descritte nel sud. Elenco vi dovrà essere la musica, riserbando a Noi, ed al Sig.r Canonico Deputato alla musi- ca il dare ai Musici, se si crederà, qualche vacanza nelle Feste non descrit- te, fuori per altro delle Domeniche del mese e Feste d’Avvento, e Quaresima. Tutte le terze Domeniche del mese vi farà la musica col Pange lingua e Tan- tum ergo a capella. Si permette ai Musici in tempo di Carnevale soltanto l’andare ai Teatri esteri, e dovranno lasciare a loro spese una voce naturale della Città, da approvarsi dal Sig. Can.co Deputato. Il M.ro di Capella, e niun musico potrà servire altre Chiese nelle Feste sopra indicate, se non prima, o dopo il servizio della Cattedrale, sotto pene ad arbi- trio.: Che oltre le dette funzioni, sia obbligato il M.ro di Capella, e musici a

212 servire gratis la Chiesa di S. Girolamo per la festa di detto Santo, e Novena di Natale; e lo stesso con la Confraternita del Suffragio nell’ottavario de’ morti, e per li primi Vespri Messa, e secondi Vespri nella festa di S. Antonio, che si solenizza nella Cattedrale. Dato dal n.ro Palazzo Vesc. Li 15 Dicemb. 1782. V. Vescovo di Rimini. 1

N. 2 Arcari Gaetano. - [1800?]. - 1 fasc. (7 documenti). (7 spartiti. - Data del cat. in base all’analisi delle forme grafiche). [s.d.]. “ a organo di me G. A.”. 2 c. [s.d.]. “Pastorale del sig. Gaetano Arcari”. 1 c. [s.d.]. “Ad uso di me Gaetano Arcari da Rimini”. 7 c. [s.d.]. “Sessione dei suoni...”. 4 c. [s.d.]. “Sinfonia per cembalo”. 5 c. [s.d.]. “Di Gaetano Arcari”. 4 c. [s.d.]. “Di G.Arcari”. 2 c. Catalogo Gambetti, ANP-ARI, 194 Belli Giulio. - [1700?]. - 1 fasc. (1 documento). [s.d.]. “Alcune edizioni delle opere di Giulio Belli di Longiano Maestro di cappella”. 1 quad., 10 c. Catalogo Gambetti, BAT-BEN, 97 Bianchini Francesco. - [1850?]. - 1 fasc. (1 documento). (Data del cat. dall’a- nalisi delle forme grafiche). [s.d.]. “Suonate per organo o pianoforte di Francesco Bianchini”, copiate da Agostino Trentanove. 1 quad., 4 c. Catalogo Gambetti, BIA-BOD, 9 Corradi maestro. - [1800-1850]. - 1 fasc. (2 documenti). (2 spartiti. - Data del cat. dall’analisi del documento). [s.d.]. “Tre pezzi dell’opera Zadig ed Astartea. Maestro Vaccaj. Ridotti per pian=forte... Agostino Trentanove copiò”. 1 spartito, 14 c. [s.d.]. “Scena e rondò Ah così dolce istante nell’opera Zadig ed Astartea del signor maestro Nicola Vaccaj ridotta per piano=forte dal maestro Corradi. Agostino Trentanove copiò”. 1 spartito, 10 c. Catalogo Gambetti, COR-COV, 78

1 ASD, C 11, p. 485.

213 Grandi don Silvio. - 1734. - 1 fasc. (2 documenti). [s.d.]. Litanie latine. 1 c. Catalogo Gambetti, GRA-GUA, 12,13

Lancellotti don Carlo. - [17.?]. - 1 fasc. (4 documenti). (Data del cat. da ana- lisi delle forme grafiche). [s.d.]. “Tantum ergo a tenore solo con strum.i del signor don Carlo Lancellot- ti”. Partitura musicale. 4 c. [s.d.]. Allegro, adagio e preludio di Carlo Lancellotti. 2 c. Catalogo Gambetti, IST-LAV, 125

Morandi Pietro. - [prima del 1815]. - 1 fasc. (Data del cat. anteriore alla mor- te di Morandi). [s.d.]. Composizioni musicali di Pietro Morandi per organo e frammento di Carlo Lancellotti. 49 c. Catalogo Gambetti, MON-MOV, 102

Neri Benedetto. - 1787-1836. - 1 fasc. (17 documenti). 1787. “Due suonate per organo ad uso di Benedetto Neri riminese”. 1 quad., 4 c. Catalogo Gambetti, NEG-NUZ, 14 1567

Nicolini Giuseppe. - [1850?]. - 1 fasc. (1 documento). ((Data del cat. in base ad analisi dei segni grafici. [s.d.]. “Overtura del sig. Giuseppe Nicolini” e “Allegro del sig. Ferari [sic]”. 1 quad., 4 c. Catalogo Gambetti, NEG-NUZ, 90

Vasconi Gaetano. - 1809-1812. - 1 fasc. (2 documenti). ((Spartiti musicali. 1809-1812. “Fughe per cembalo d’autori diversi ad uso di me Gaetano Vasco- ni riminese” (Gambetti nella coperta originale del fascicolo lo qualifica come corianese). 1 quad., 40 c. [s.d.]. “Sinfonia a grande orchestra obbligata a violino solo del sig. maestro Salvatore Caruso ridotta per organo dal signor Gaetano Vasconi di me Luigi Bigi”. 1 quad., 14 c. 2134 LEGENDA:

ASD Rimini, Archivio Storico Diocesano ASR Archivio di Stato Rimini BGR Rimini, Biblioteca Gambalunga

214 Mario Fanti

Conclusioni

L’amico Giuseppe Rabotti mi ha combinato un tiro un po’birbone impe- gnandomi per le conclusioni di questo convegno. Indubbiamente un musi- cologo o un cultore di studi paleografico-musicali avrebbe potuto entrare nell’argomento enucleando aspetti che, per il loro elevato grado di specializ- zazione, richiedono una preparazione specifica. Ma credo che Rabotti abbia pensato a me perché, aldilà del tema trattato, quello delle raccolte musicali, il convegno è, come tutti gli altri che lo hanno preceduto, un convegno archi- vistico: e perciò ha voluto impegnare un archivista di lungo corso e che nel- la sua attività presso la Basilica di S. Petronio di Bologna poteva avere qual- cosa da dire anche in materia di raccolte musicali negli archivi ecclesiastici. Preciso subito che la mia attività in S. Petronio ha riguardato esclusiva- mente l’archivio storico, cioè l’archivio della Fabbriceria, e non l’archivio musicale della famosa cappella petroniana. Ma anche in questo compito ho avuto molte occasioni di conoscere e di confrontarmi con valenti musicologi e cultori della storia delle istituzioni musicali, italiani e stranieri, i quali, come ovvio, non potevano non valersi dell’archivio storico per studiare i modi e l’e- voluzione della prassi esecutiva musicale nella Basilica. È dall’archivio sto- rico, infatti, che si possono desumere quei dati sul numero e l’identità degli esecutori che per secoli si succedettero nel fornire, alle liturgie solenni che si svolgevano nella Basilica, l’indispensabile supporto musicale, e degli autori delle composizioni che venivano eseguite. Con questo genere di esperienza ho seguito le relazioni che si sono suc- cedute nel convegno odierno: da esse è apparsa, in primo luogo, la straor- dinaria ricchezza dei depositi storico-musicali ancora esistenti negli archivi ecclesiastici della regione, da Piacenza all’estremo limite della Romagna, e la loro varietà: dai corali e altri libri liturgici del Medioevo agli spartiti rinasci- mentali, barocchi e ottocenteschi fino alle estreme manifestazioni della musi- ca da Chiesa riformata col movimento Ceciliano del primo Novecento. Da queste rassegne dei depositi musicali è emerso, ed era ovvio, il ruolo fonda- mentale che per secoli è stato svolto dai Capitoli delle chiese cattedrali i qua- li, dovendo occuparsi statutariamente delle officiature feriali e festive della chiesa più importante della diocesi, non potevano non avere speciale attenzio- ne alla musica sacra. Mi rallegro quindi con gli archivisti che hanno diligen- temente riferito sullo stato dei depositi musicali esistenti nei loro archivi, e con gli studiosi che, già in questo convegno, hanno potuto fornirci importanti

215 panorami per la storia della musica nelle pertinenze musicali sacre dell’Emi- lia-Romagna, praticamente dal secolo xiii a tutto il xviii. Dal punto di vista archivistico i depositi musicali presentano, rispet- to alla comune documentazione storica degli altri archivi, una caratteristi- ca peculiare. La comune documentazione storica è direttamente accessibi- le ed usabile da ogni studioso fornito delle cognizioni necessarie: sono paro- le, frasi, annotazioni contabili e memorie ancor oggi intellegibili. Ma davanti a un archivio composto di spartiti in cui non le parole ma le note sono il tra- mite per la trasmissione di un messaggio, soltanto potendo ascoltare quelle musiche in esecuzione filologicamente corrette sarà possibile decifrare il sen- so storico, culturale, religioso e artistico che quelle note conservano nel loro apparente silenzio. Fin dai primi tempi della mia attività archivistica in S. Petronio avevo avvertito la necessità di poter ascoltare le composizioni conservate nell’ar- chivio musicale petroniano, come contributo per la comprensione storica del- la vicenda attestata dall’archivio della Fabbriceria: una vicenda in cui conflu- ivano politica, religione, storia dell’arte, della mentalità e dell’economia. Ma soltanto dalla metà degli “anni Sessanta” del secolo scorso, con le prime ese- cuzioni filologicamente curate da Luigi Ferdinando Tagliavini e dal m° Tito Gotti, fu possibile disporre di registrazioni discografiche di musiche conser- vate nell’archivio della Cappella di S. Petronio, a cui seguirono poi ulterio- ri esecuzioni e concerti effettuati in Basilica, cioè nell’ambiente per il quale i testi musicali erano stati composti 1. Queste esecuzioni, assieme al restauro dei due famosi organi effettuato nel 1973-1982, hanno permesso un ricupe- ro dello storico patrimonio musicale della Basilica petroniana, che continua tuttora con concerti in occasione della festa del Santo (4 ottobre) diretti dal maestro di cappella Michele Vannelli, e con l’esistenza di nuove registrazioni favorite dal progresso tecnico verificatosi negli ultimi decenni.

1 Mi sembra opportuno ricordare alcune di queste discografie fondamentali per la conoscen- za del patrimonio musicale petroniano: Les grandes heures de San Petronio de Bologne, ope- re di Torelli, Pasquini, Gabrielli, Manfredini; Marie-Claire Alain e L.F. Tagliavini agli or- gani, direzione Tito Gotti (ERATO, LD 3318, esecuzione del 1964); Splendore del barocco bolognese, musica in San Petronio, opere di Cazzati, Colonna, Vitali, Toselli, Perti; Achille Berruti e L.F. Tagliavini agli organi, direzione Tito Gotti (BDM LM 3001 E, esecuzione del 1965); Antichi organi italiani. Gli storici organi di San Petronio in Bologna (1475 e 1594), organista Giuseppe Zanaboni (Vedette Recording, esecuzione del 1969); Antichi organi ita- liani, collana curata da L.F. Tagliavini: Organo Lorenzo da Prato in S. Petronio, organista Achille Berruti (Dischi Ricordi, esecuzione del 1971); Antichi organi italiani, collana a cu- ra di L.F. Tagliavini: Organo Malamini di S. Petronio, organista Gianfranco Spinelli (Dischi Ricordi SHRI 1011, esecuzione del 1971).

216 Come archivista e cultore delle discipline storiche sono convinto che “disseppellire” il patrimonio conservato nei fondi musicali dei nostri archi- vi ecclesiastici sia un’operazione altamente proficua per la cultura, ma che non può limitarsi al solo fine di favorire gli studi specialistici degli “addetti ai lavori”: è necessario, ai fini di una rieducazione e di una risensibilizzazio- ne estesa ad ampie categorie di potenziali fruitori, ridare alle nostre tradizio- ni musicali un posto adeguato nella prassi liturgico-musicale dei giorni nostri. Non è questa la sede né il momento per rinnovare le osservazioni criti- che in cui eccelleva il mio amico e valente musicologo e organologo Oscar Mischiati, purtroppo prematuramente scomparso. Ma non possiamo nascon- derci che a noi archivisti, come agli studiosi, spetta un compito importan- te per contrastare l’atmosfera di “rottamazione” culturale che si è afferma- ta da mezzo secolo a questa parte nel campo della musica sacra. Per cui, più che mai, occorre conservare i fondi musicali ecclesiastici e catalogarli ade- guatamente affinché possano rivivere (e qui il compito passa ai musicisti e a chi presiede alla liturgia) come prezioso patrimonio della fede e della storia, ancora in grado di suscitare positivi effetti nella società. Pertanto è necessa- rio che accanto ai fondi musicali ecclesiastici cartacei si vadano formando, col tempo, paralleli archivi sonori delle già avvenute e delle future auspicabi- li esecuzioni degli spartiti conservati. Gli antichi cristiani dicevano che la legge del vivere (lex vivendi) deri- va dalla legge del credere (lex credendi) e questa deriva a sua volta dalla leg- ge del pregare (lex orandi). Di migliorare la attuale pratica della lex oran- di anche ricuperando una parte dell’antica bellezza, profondamente intrisa di spiritualità, ne abbiamo tutti molto bisogno: sia i credenti, sia le tante perso- ne che affollano il cosiddetto “cortile dei gentili” col desiderio di conoscere e di gustare quanto più alto in tutti i campi, compreso quello musicale, ha sapu- to creare l’incontro fra la fede e l’arte. Anche per questo il Convegno di studi sulle raccolte musicali negli archivi ecclesiastici dell’Emilia-Romagna, che si è felicemente svolto oggi, mi sembra assuma implicazioni che vanno oltre il mero ambito archivistico da cui ha preso le mosse. Grazie per l’attenzione.

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Indice

Mauro Casadei Turroni Monti La storia della musica nelle pertinenze musicali sacre italiane e d’Emilia Romagna (secc. XV-XIX)...... p. 3

Tiziano Fermi La musica nel Duomo di Piacenza dal XII al XVII secolo: il fondo musicale dell’Archivio-Biblioteca Capitolare della cattedrale...... p. 15

Cesarino Ruini Il canto liturgico a Parma nel Medioevo attraverso i corali nell’Archivio della Fabbriceria e della Cattedrale...... p. 27

Sauro Rodolfi Il fondo musicale dell’Archivio Capitolare della cattedrale di Reggio Emilia...... p. 37

Lorenzo Pongiluppi Musica presso il duomo di Modena nelle testimonianze del XIX secolo: la catalogazione del fondo antico, la formazione del repertorio, la circolazione delle partiture ...... p. 43

Marco Mazzotti Nota informativa sui fondi musicali dell’Archivio Capitolare di Faenza...... p. 93

Alessandra Chiarelli L’archivio musicale di San Petronio in Bologna: cenni di studio e valorizzazione...... p. 103

Lars Magnus Hvass Pujol Il fondo musicale della cattedrale di S. Pietro in Bologna: formazione e organizzazione fra Seicento e Ottocento...... p. 133

Alberto Brunelli Il fondo musicale dell’Archivio Storico Diocesano di Ravenna e rapporto con la Cappella Polifonica del Duomo...... p. 155 Paola Dessì La musica delle comunità regolari e monastiche nei codici conservati all’Archivio Storico Diocesano di Ravenna...... p. 159

Lilia Ponzio Il fondo musicale dell’Archivio Capitolare di Forlì...... p. 183

Annarosa Vannoni Le fonti per la storia della musica dell’Archivio Storico Diocesano di Rimini...... p. 193

Mario Fanti Conclusioni...... p. 215 Atti dei Convegni del Centro Studi Nazionale sugli Archivi Ecclesiastici

1. Gli archivi parrocchiali: organizzazione, gestione, fruizione e ricerca storica, Atti dei convegni di Fiorano Modenese (4 settembre 1996) e di Ravenna (5 ottobre 1996), a cura di E. Angiolini, Modena 1997.

2. L’amministrazione archivistica e gli archivi parrocchiali, Atti del convegno di Spezzano (18 settembre 1997), a cura di E. Angiolini, Modena 1998.

3. Libri canonici e stato civile: segretazione o consultabilità? Orientamenti legisla- tivi e storiografici, Atti del convegno di Spezzano (4 settembre 1998), a cura di E. Angiolini, Modena 1999.

4. Le vie della devozione: gli archivi dei santuari in Emilia Romagna, Atti dei con- vegni di Spezzano (3 settembre 1999) e di Ravenna (1° ottobre 1999), a cura di E. Angiolini, Modena 2000.

5. Gli archivi capitolari dell’Emilia Romagna, Atti dei convegni di Spezzano (6 set- tembre 2000) e di Ravenna (11 ottobre 2000), a cura di E. Angiolini, Modena 2001.

6. Gli archivi delle chiese collegiate. Problemi e prospettive, Atti dei convegni di Spezzano (4 settembre 2001) e di Ravenna (5 ottobre 2001), a cura di E. Angiolini, Modena 2002.

7. Problemi di conoscenza e di integrazione: gli archivi delle diocesi aggregate, de- centrate e soppresse, Atti dei convegni di Spezzano (4 settembre 2002) e di Raven- na (5 ottobre 2002), a cura di E. Angiolini, Modena 2003.

8. Gli archivi dei Seminari, Atti dei convegni di Spezzano (3 settembre 2003) e di Ravenna (11 ottobre 2003), a cura di E. Angiolini, Modena 2004.

9. Le pergamene nell’era digitale, Atti dei convegni di Spezzano (3 settembre 2004) e di Ravenna (24 settembre 2004), a cura di E. Angiolini, Modena 2005.

10. Cum tamquam veri. Gli archivi conventuali degli ordini maschili, Atti dei con- vegni di Spezzano (16 settembre 2005) e di Ravenna (30 settembre 2005), a cura di E. Angiolini, Modena 2006. 11. Vite consacrate. Gli archivi delle organizzazioni religiose femminili, Atti dei con- vegni di Spezzano (18 settembre 2006) e di Ravenna (28 settembre 2006), a cura di E. Angiolini, Modena 2007.

12. Gli archivi diocesani dell’Emilia Romagna. Patrimonio, gestione e fruizio- ne, Atti dei convegni di Spezzano (13 settembre 2007) e di Ravenna (27 settembre 2007), a cura di G. Zacchè, Modena 2008.

13. La casa di Dio. La fabbrica degli uomini. Gli archivi delle fabbricerie, Atti del convegno di Ravenna (26 settembre 2008), a cura di G. Zacchè, Modena 2009.

14. Condividere la fede. Archivi di confraternite dell’Emilia-Romagna, Atti del con- vegno di Spezzano (10 settembre 2009), a cura di G. Zacchè, Modena 2010.

15. Realtà archivistiche a confronto: le associazioni dei parroci urbani, Atti del con- vegno di Ravenna (24 settembre 2010), a cura di G. Zacchè, Modena 2011.

16. Le conseguenze sugli archivi ecclesiastici del processo di unificazione naziona- le: soppressioni, concentrazioni, dispersioni, Atti del convegno di Modena (19 otto- bre 2011), a cura di G. Zacchè, Modena 2012.

17. Mille anni di storia camaldolese negli archivi dell’Emilia-Romagna, Atti del convegno di Ravenna (11 ottobre 2012), a cura di G. Zacchè, Modena 2013.

18. Porta Fidei. Le registrazioni pretridentine nei Battisteri tra Emilia-Romagna e Toscana, Atti del convegno di Modena (8 ottobre 2013), a cura di G. Zacchè, Mo- dena 2014.

19. La musica in chiesa. Le raccolte musicali negli archivi ecclesiastici dell’Emi- lia-Romagna, Atti del convegno di Ravenna (16 ottobre 2014), a cura di G. Zacchè, Modena 2015.

Finito di stampare nel mese di settembre del 2015